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I.I.S “Benedetto Castelli” – Brescia Classe 5^O metallurgia Esame di stato A.S. 2012/2013 Estrusione Candidato: Rodolfi Andrea

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I.I.S “Benedetto Castelli” – Brescia

Classe 5^O – metallurgia

Esame di stato

A.S. 2012/2013

Estrusione

Candidato:

Rodolfi Andrea

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DEDICA

Dedico questo lavoro a mio nonno Angelo recentemente scomparso, che nel tempo mi ha

accompagnato nella crescita e ha fatto maturare in me l’interesse

per la natura e per la sua salvaguardia.

Un grazie va poi alla mia famiglia in generale per gli insegnamenti e

soprattutto per il continuo incoraggiamento a proseguire i miei

studi nell’ambito industriale metallurgico.

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PREFAZIONE Ho scelto come argomento principale della mia tesina l'estrusione poiché ho avuto una

bella esperienza di stage durante l'anno scolastico 2012-2013. Esperienza di una settimana,

appunto in una azienda che produceva estrusi d'alluminio. Un'azienda bresciana di

modeste dimensioni, caratteristica che mi ha dato la possibilità di analizzare il processo

produttivo in tutti i suoi passaggi. Ciò che mi ha fatto appassionare di questo processo

sono la sua modernità, la sua sorprendente praticità e la sua caratteristica di essere un

metallo pulito (amico dell'ambiente).

INTRODUZIONE: L'argomento principale della tesina è l'estrusione, argomento che fa parte del programma

di "Processi di produzione metallurgica", in particolare dell'alluminio materiale

relativamente giovane nel campo dell'uso industriale. Strettamente collegata è "Scienza dei

materiali" dove vado a studiare i trattamenti termici che subisce l'alluminio durante il

processo. Essendo poi l'alluminio un metallo definito "pulito", cioè che inquina poco, è

d'obbligo il collegamento con un tema d'attualità che ci riguarda da vicino: l'inquinamento.

In particolare tratterò l'inquinamento prodotto dalle nostre aziende bresciane, ciò mi ha

dato la possibilità di collegare "Matematica" facendo lo studio di una serie storica

riguardante appunto le emissioni inquinanti in aria e in "Sistemi organizzativi

metallurgici" di studiare i metodi utilizzati per abbattere le emissioni in atmosfera di

sostanze inquinanti.

Parlando di alluminio, in ambito italiano pochi sanno che il primo edificio il cui progetto

prevedeva l'alluminio è stato Palazzo Montecatini, progettato e presentato dall'architetto

Giovanni Ponti (detto Giò) e successivamente costruito fra il 1935 e il 1938; anni, a cui

collego "Storia", nei quali l'Italia attaccava l'Etiopia grazie alle mire espansionistiche di

Mussolini.

Per finire in “Italiano”, porto un grande personaggio della letteratura italiana che aderì al

movimento Fascista, Ungaretti Giuseppe.

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MAPPA CONCETTUALE

Estrusione

Alluminio e le

leghe leggere

Inquinamento

atmosferico

Analisi statistica dell'

inquinamento atmosferico

da PTS in Brescia

Extrusion

and recycling

aluminum

Palazzo Montecatini

“Ungaretti” e i

rapporti con il

fascismo

Trattamento

dei fumi

Trattamenti

termici

Cla

ssif

icaz

ione

del

le l

eghe

Mussolini e il

Fascismo: Guerra

d'Etiopia

Classificazione

della leghe

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ESTRUSIONE

Introduzione

L’estrusione è una tecnica di

trasformazione adottata per molti

metalli, ma particolarmente

importante per le leghe di alluminio,

perché consente la realizzazione con

elevata produttività di semilavorati

di forma anche complessa dotati di

buone proprietà e prestazioni.

Il principio dell’estrusione è molto

semplice (figura 1a): il materiale da

estrudere, la billetta, viene inserito

ad elevata temperatura in un contenitore, e viene sospinto da un pistone contro uno

stampo, la matrice, dotato di una apposita fenditura, attraverso la quale il metallo può

fuoriuscire assumendone la sezione.

Il ciclo di fabbricazione degli estrusi di alluminio può essere schematizzato come indicato

nella figura 1b.

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La macchina destinata ad operare l’estrusione è la pressa, ed il cuore del processo è la

matrice o filiera, costituita nella sua forma più semplice da un disco di acciaio adatto a

lavorare a caldo, in cui una fenditura, realizzata con criteri particolari, riproduce la forma

del profilato che si vuole ottenere.

La matrice è contenuta, insieme ad altre attrezzature ausiliarie, in una slitta

che fa parte della pressa (figura 4).

Contro la slitta è tenuto strettamente aderente un contenitore ove viene introdotta la

billetta – un formato solitamente di sezione cilindrica realizzato

per colata semicontinua – preventivamente riscaldata ad una temperatura compresa tra

450 e 500 °C a seconda del tipo di lega. L’uniformità di temperatura della billetta è

assicurata dal fatto che anche il contenitore è riscaldato, in genere mediante resistori

incorporati.

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Contro la billetta preme l’asta pressante, che porta al suo estremo libero la testa pressante,

destinata ad assorbire l’usura del contatto col metallo caldo in movimento e quindi ad

essere periodicamente sostituita. Provvede alla spinta un pistone principale mediante olio

idraulico, tenuto in pressione nel cilindro principale da apposite pompe. Alle temperature

considerate, la resistenza allo scorrimento delle leghe di alluminio è molto bassa, quindi

sotto l’azione di questa spinta la billetta può scorrere attraverso il foro della matrice,

generando una barra estrusa che ha come sezione retta quella del foro stesso, a meno dei

ritiri di raffreddamento.

Prima che la testa pressante, nel movimento di avanzamento dell’asta, tocchi la matrice, il

processo viene arrestato. Il contenitore scorre all’indietro verso il cilindro liberando la

matrice cui resterà aderente il residuo di billetta (fondello); l’asta pressante arretra ed il

fondello viene distaccato dalla matrice mediante una cesoia che scende dall’alto.

TIPI DI ESTRUSIONE

L’estrusione può essere eseguita sia a caldo che a freddo:

- A freddo:

Si estrudono materiali metallici con bassa resistenza a deformazione o per pezzi di

piccole dimensioni, come piombo, rame, stagno, zinco. In questo tipo di estrusione si

usano presse verticali.

- A caldo:

Si estrudono materiali con elevata resistenza a deformazione come ottoni, acciaio,

alluminio. In questo tipo di estrusione si usano presse orizzontali.

I metodi di estrusione sono vari:

- Estrusione idrostatica

Caratteristica del processo di estrusione è la rilevante intensità delle forze d`attrito tra il

metallo estruso, il contenitore e la matrice. A queste forze è legata, la presenza di

tensioni residue nel prodotto estruso, la tendenza all’incurvamento di questo per la

diversità di resistenza all`efflusso del metallo estruso in diverse zone della sezione

nonché, globalmente, un sensibile aumento dell’intensità dello sforzo di estrusione e

quindi dell’energia spesa per unita di massa del prodotto.

Per ridurre l’influenza negativa di questi parametri si e proposto il processo di

estrusione idrostatica, fondato sul

criterio di provocare insieme con

l`estrusione del metallo la continua

fuoruscita di un velo liquido in forte

pressione, costretto ad uscire anch’esso

dal foro della matrice per l'avanzare del

pistone motore.

Lo schema dell`estrusione idrostatica e

illustrato in figura.

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Si noti che in questo processo il lingotto e sottoposto ad una pressione uniforme da

parte del liquido in ogni direzione, sia assiale che radiale.

Su tutta la superficie della billetta agisce la pressione del liquido, mentre è evitato il

contatto col contenitore e quindi lo sviluppo delle forze di attrito, che nel processo

normale incrementano notevolmente la resistenza da vincere per l’estrusione.

L’estrusione del metallo attraverso il foro della matrice è quindi prodotta dall’aliquota

dello sforzo totale esercitato dalla pressione del liquido sulla billetta che non è

compensata in corrispondenza della sezione della barra estrusa.

Il liquido per la forte pressione si insinua anche nel foro della matrice, assicurando una

lubrificazione che abbassa di molto anche in questa zona

la resistenza d’attrito.

Le pressioni da raggiungere nel liquido in questo processo sono dell’ordine delle

migliaia di MPa (Mega Pascal). Ciò porta a problemi di non semplice soluzione per la

tenuta delle guarnizioni del pistone e per l’improvviso violento efflusso della massa

liquida dal foro della matrice alla fine del passaggio della billetta estrusa.

Il processo, pertanto, può avere applicazioni per casi particolari, ma non può sostituire il

processo comune; inoltre può essere eseguito soltanto a temperature inferiori a quella di

ebollizione del liquido, quindi sensibilmente più basse di quelle alle quali si opera nel

processo ordinario.

- Estrusione ad urto o a impatto

L’estrusione dell’acciaio, come si é accennato, ha offerto per molto tempo difficoltà

pratiche insormontabili, infatti è di recente ideazione (1940).

L’alta resistenza alla deformazione di queste leghe anche a temperature elevate non ha

consentito di eseguire l`estrusione con le stesse modalità possibili per le leghe non

ferrose o per metalli di bassa resistenza, come rame, alluminio e piombo.

Alle alte temperature occorrenti per ridurre convenientemente la resistenza dell’acciaio

da estrudere, si abbassano le caratteristiche degli acciai impiegati per la costruzione del

contenitore e del pistone, anche se si

ricorre ai tipi più adatti per questi

impieghi.

Se, d’altra parte si ricorresse ad un

sistema di raffreddamento intensivo

del contenitore, inevitabilmente si

produrrebbe, durante la fase di

estrusione, un sensibile

raffreddamento periferico del blocco da estrudere, con rapido aumento della sua

resistenza alla deformazione e quindi dello sforzo totale e della potenza richiesta alla

pressa per portare a termine l’operazione.

L’estrusione dell’acciaio e divenuta tecnicamente possibile ricorrendo

all’impiego di presse molto veloci, e quindi di grande potenza, che consentono di

esaurire la fase di lavoro di un lingotto in pochi secondi. In

un tempo così breve la cessione di calore dal lingotto al contenitore è limitata, pertanto

non si da tempo ne ad un periferico raffreddamento, ne ad un aumento della resistenza

alla deformazione.

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- Estrusione trasversale

È un’estrusione con

flusso di materiale

trasversale alla

direzione ad angolo

retto del movimento

della barra in uscita

rispetto al pistone e la

matrice fissa durante

l’operazione di

estrusione (figura a

sinistra). A causa del

cambiamento di

direzione del flusso di

materiale estruso, si

verifica un attrito

interno ed esterno

particolarmente grande, che provoca il riscaldamento del materiale e difficili condizioni

di scorrimento del materiale stesso. Il processo prevede lo scarto del fondello, si estrude

billetta su billetta e le si salda. Non vengono usati lubrificanti. Il processo è

particolarmente indicato per la fabbricazione di rivestimenti a base di piombo e di

alluminio (figura a destra).

- Estrusione inversa

estrusione indiretta o inversa (figura 5b); nell’estrusione inversa il materiale fluisce in

direzione opposta rispetto a quella diretta; la peculiarità di questo processo è il punzone

si estrusione cavo su cui

viene fissata la matrice.

Fra contenitore e billetta

non vi è alcun tipo di

moto relativo, non

esistono quindi reazioni

di attrito e tutta la

potenza della pressa viene

utilizzata per l’estrusione

della billetta.

Inoltre non si ha lo

sviluppo di calore per

attrito, quindi la temperatura del materiale durante la deformazione risulta uniforme.

Di conseguenza la qualità della barra estrusa è considerevolmente più uniforme.

A parità di materiale quindi con questo processo, rispetto all’estrusione diretta, si può

estrudere con una velocità maggiore (circa tre volte superiore) ed aumentare le

dimensioni della barra e quindi aumentare la produzione.

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Insieme a questi lati positivi, l’estrusione inversa presenta alcuni limiti: si è visto ad

esempio che in estrusione diretta la parte corticale della billetta, sempre ricca di ossidi e

di precipitati duri, rimane praticamente ferma contro la parete del contenitore e viene

spazzata dalla testa pressante che ne provoca il riflusso nel fondello. In estrusione

inversa ciò non avviene: la parte corticale della billetta va a formare la superficie del

profilato, sulla quale si trasferiscono così eventuali difettosità, con possibili conseguenze

sull’aspetto estetico.

Altra importante limitazione dell’estrusione inversa consiste nel fatto che il profilato

deve passare entro l’asta portamatrice, e ciò limita sensibilmente le dimensioni

trasversali ottenibili nell’estruso.

- Estrusione diretta

- estrusione diretta semplice, è la tecnica base come illustrato nell'introduzione (schema

A); nell’estrusione diretta, la spinta della pressa genera entro il contenitore delle pressioni

molto elevate che fanno aderire la periferia della billetta alle pareti del contenitore stesso;

poiché il contenitore è fermo e la billetta avanza, il cuore della billetta si muoverà più

agevolmente delle pareti periferiche per via delle notevoli reazioni di attrito, che possono

assorbire oltre il 20% della potenza della pressa, limitando le possibilità di estrusione in

particolare per le leghe dure e per bassi spessori.

- estrusione diretta con foratore (schema B); viene utilizzata nell’estrusione dei profilati

cavi quando per vari motivi non siano utilizzabili le matrici tradizionali.

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Nell’estrusione diretta con il foratore, il ciclo avviene in genere secondo le seguenti fasi:

1) pistone ed apparato foratore avanzano solidali, finché la testa pressante non si appoggia

sulla billetta;

2) rimanendo ferma l’asta pressante, avanza l’apparato foratore; la spina attraversa la

billetta forandola (ma solitamente la billetta è già forata) e si arresta quando la sua

estremità è penetrata nel foro della matrice;

3) rimanendo ora ferma la spina, avanza l’asta pressante; la billetta si estrude attraverso lo

spazio rimasto libero fra la matrice e la spina, e si genera un profilato cavo;

Le leghe d’alluminio vengono deformate prevalentemente mediante estrusione diretta,

senza lubrificazione del contenitore e a una temperatura solitamente inferiore di 200°C a

quella di solidificazione. Questo processo ha raggiunto un alto livello tecnologico per

quanto concerne la produttività, specialmente con i prodotti di alta estrudibilità;

caratteristiche dell’alta produttività sono: la massima produzione con un ottima qualità e

costi minimi. Questi obiettivi sono stati raggiunti grazie ad opportuni accorgimenti che

mirano a sfruttare al massimo le capacità della pressa.

Di seguito approfondiremo il metodo di estrusione principale di uso industriale per la

produzione di profilati in alluminio: l’estrusione diretta.

Lubrificanti

Di seguito è data una tabella con i lubrificanti usati per ogni tipo di estrusione, non è un

elenco completo ma contiene i processi maggiori.

MATERIALE DA ESTRUDERE

Acciaio a

basso tenore

di C

Acciaio a medio

tenore di C e acciai

poco legati

Acciai

inossidabili e

leghe di Ni

Leghe di Al e

leghe di Mg

Rame e sue

leghe

ES

TR

US

ION

E

A

caldo

-Grafite spray

-Grasso

grafitato

-Bitume con

grafite

-Grasso grafitato

-Bitume con grafite

-Vetro

-Vetro

-Grafite con

MoS2

-Senza

lubrificanti

-Grafite spray

-Teflon

-Grafite in

olio o grasso

A

freddo

-Oli minerali

-Saponi

-Sego

-Sego

-Grafite

-MoS2 in olio

-Fosfati

-Saponi

-Oli clorurati

-Bagni di ossalati

-Resine

metacriliche

-Oli

-Lanolina

-Stearato di Zn

-Fluoruri

-Fosfati

-Saponi

-Oli

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IL PROCESSO

Caratteristica dell’estrusione diretta,

come già detto, è il coincidere del

verso della spinta del pistone con

quella della barra estrusa e la

posizione fissa dell’utensile durante il

processo di deformazione (estrusione

con utensili rigidi).

Questo processo, a seconda del

materiale, si esegue senza pelatura o

con pelatura, cioè asportando per

deformazione plastica la parte esterna della billetta. Il pistone di estrusione, azionato

idraulicamente e separato dal materiale da estrudere per mezzo del disco di estrusione

(calibrato in base alle dimensioni del contenitore e di solito spruzzato con una sostanza

distaccante), estrude il materiale attraverso la matrice. Notare che il contenitore è

riscaldato tramite resistenze elettriche in modo da non far perdere calore alla billetta. La

billetta non viene estrusa completamente, ma ne viene lasciato un pezzo detto fondello che

è poi staccato dalla matrice tramite una cesoia.

Durante l’estrusione diretta, come detto in precedenza, di creano delle reazioni di attrito a

cui segue uno sviluppo di calore; e se la matrice presenta anche un mandrino si deve

aggiungere anche il calore prodotto dall’attrito tra materiale a mandrino.

Se da un lato queste forze influenzano la forza di estrusione totale necessaria alla

deformazione, dall’altro il calore sviluppato per attrito aumenta la temperatura del

materiale. Poiché questo aumento di temperatura ha effetti negativi sul materiale, in molti

casi tale fenomeno deve essere limitato riducendo la velocità di estrusione.

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L’impianto di estrusione

Nel tipico impianto di estrusione, si parte da billette

cilindriche (figura accanto) con diametri variabili tra 50 e

500 mm e lunghezza compresa tra 6000 e 7000 mm, che

prima di essere introdotte nel contenitore della pressa,

vengono riscaldate in un apposito forno.

All’uscita del forno le billette vengono sottoposte alla

cesoiatura a caldo, cioè al taglio in spezzoni di lunghezza

adeguata a quella prevista per le barre di estruso.

Come le billette, anche le matrici, prima di essere messe in

macchina, vengono riscaldate in un apposito forno per il

riscaldo delle matrici. All’uscita della macchina, il profilato

può subire la tempra alla pressa, passando entro una vasca

contenente acqua a temperatura ambiente oppure sotto una

batteria di ventilatori, dopodiché si distende sul banco di scorrimento. Per la stragrande

maggioranza dei prodotti, un buon raffreddamento alla pressa in aria ventilata è del tutto

sufficiente ad assicurare agli estrusi la capacità di indurire per invecchiamento.

Ritornando al ciclo operativo dell’estrusione, il profilato in uscita dalla pressa viene

trascinato da un puller o tiraprofili, che esercita una lieve trazione; non si tratta quindi di

una stiratura a caldo, ma di una operazione che ha lo scopo di mantenere in sesto il

profilato ed evitare svergolamenti, ondulazioni, sciabolature, deformazioni di alette e

simili.

Il puller ha inoltre l’importante funzione di mantenere pareggiate le lunghezze dei profilati

in uscita da una matrice a più luci, sempre che la differenza di lunghezza che si avrebbe

senza puller fra il profilato più lungo e quello più corto del gruppo non sia eccessiva.

Una segatrice a caldo provvede al taglio degli estrusi al termine di ogni billetta (o ad

intervalli intermedi a seconda delle necessità).

Una volta tagliato, l’estruso viene trasferito verso la stiratrice su un banco solitamente

raffreddato da ventilatori disposti al di sotto del pianale; è importante infatti che i profilati

pervengano freddi alla stiratura, poiché altrimenti questa operazione conferirebbe alle

superfici un tipico aspetto corrugato, difetto conosciuto con il termine ”buccia d’arancia”.

La stiratura, effettuata con macchine a teste mobili per adattarsi alle varie lunghezze

estruse, ha lo scopo di eliminare qualsiasi curvatura del profilato determinata dalla

differente velocità di raffreddamento delle sue varie parti; ciò si ottiene con un tiro in

grado di determinare un allungamento permanente del 2÷3%. Se l’allungamento fosse

eccessivo, anche sui profilati freddi potrebbe comparire il fenomeno della buccia d’arancia.

Dalla stiratrice, il profilo viene fatto passare su un banco di taglio a misura dove avviene il

taglio a lunghezza finita mediante segatrice a freddo a riscontro; infine, l’estruso viene

caricato in apposite ceste per l’invio al forno di invecchiamento o comunque alle

lavorazioni successive.

Le varie traslazioni degli estrusi dall’una all’altra sezione dell’impianto vengono effettuate

secondo tecniche sempre più raffinate e sofisticate, in modo da evitare o limitare il più

possibile danneggiamenti ai profilati, come le ammaccature, specialmente quando le barre

sono ancora calde.

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Altri difetti possono prodursi per non corretto stivaggio dei profilati nelle ceste, o per

scarsa cura durante le manipolazioni che le ceste devono subire.

Un altro difetto di natura microstrutturale si può generare sul banco di movimentazione,

dove il profilato viene raffreddato da aria soffiata dal basso, ma si raffredda di più dove la

sua luce è libera che non nelle zone d’appoggio; in tal modo si possono determinare

diversità nella struttura metallurgica dell’estruso, con la possibile comparsa di differenze di

colore dopo eventuale ossidazione anodica.

La pressa

Il dato fondamentale per la progettazione di una pressa per estrusione è il valore massimo

dello sforzo da esercitare sul lingotto lavorato.

L’intensità della forza occorrente per questa lavorazione dipende dal rapporto di

estrusione, cioè il rapporto fra la sezione della billetta e la sezione dell’estruso, a sua volta

funzione decrescente della temperatura, dalla velocità di estrusione e dalla complessità del

foro della matrice.

Il rapporto di estrusione può variare tra limiti estesi, a differenza della trafilatura in cui

questo rapporto è ben definito entro limiti ferrei.

Il tipo di metallo e la temperatura di lavoro determinano il valore della resistenza alla

deformazione. L’estrusione può essere eseguita a temperatura ambiente solo per i metalli

con bassa resistenza alla deformazione come stagno, piombo e loro leghe. Per altri metalli

si opera a temperature opportunamente elevate per ridurne la resistenza alla

deformazione. Conviene quindi adottare temperature il più possibile elevate

compatibilmente con le caratteristiche di resistenza dell’acciaio con cui si costruiscono

contenitore e matrice.

La pressione applicata al fondo della billetta per produrre l’estrusione è sempre molto

elevata e può andare da 30 a 1200 N/mm2. Per l’alluminio e leghe siamo fra i 30 e i 240

N/mm2.

Lo sforzo totale di estrusione da applicare alla billetta in funzione della corsa mostra un

andamento sensibilmente diverso nell’estrusione diretta ed inversa come vediamo nei

grafici.

Pressa da estrusione

da 600 tonnellate

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La differenza dei due grafici, come detto in precedenza, è dovuta alla presenta di attrito fra

billetta e pareti del contenitore nell’estrusione diretta.

L’aliquota dello sforzo quindi, dovuta all’attrito aumenta proporzionalmente alla lunghezza

alla lunghezza del lingotto che striscia nel contenitore.

Quando il pistone raggiunge la parte finale del contenitore, lo sforzo di estrusione comincia

a salire rapidamente per il motivo spiegato in precedenza.

La pressione di estrusione

La forza che deve essere applicata dalla pressa per far avvenire l'estrusione è funzione di

vari fattori. Primo fra tutti è il metodo con cui si estrude, come si vede nei grafici del

paragrafo precedente; escludendo questo si possono vedere alcuni fattori comuni a tutti i

metodi di estrusione.

La temperatura a cui avviene il processo: si può vedere nei grafici qui sotto che alzando la

temperatura, la forza massima richiesta alla pressa diminuisce dato che il materiale

diventa più malleabile; i limiti di variazione di questo parametro sono dati dal materiale

che stiamo lavorando, cioè la temperatura che fornisce la plasticità necessaria e la

temperatura a cui si hanno fusioni parziali del materiale: bisogna stare all'interno di questo

intervallo di temperature.

La velocità di estrusione è un secondo fattore che influenza la forza e questa va regolata in

base a altri fattori e anche seguendo l'esperienza del capo produzione. I fattori qui seguiti

sono il rapporto di estrusione, la resistenza del materiale ad essere deformato, il tipo di

sezione dell'estruso (la complicatezza) e il tutto va bilanciato tramite varie prove, in modo

da produrre un estruso con caratteristiche uniformi lungo tutta la barra e con una finitura

superficiale, per i pezzi a vista, praticamente finita salvo casi in cui è richiesta la

verniciatura o anodizzazione.

Nei moderni impianti si è studiato un sistema con termocoppie per controllare la velocità

di estrusione in base alla temperatura del materiale: se supera la soglia superiore il sistema

abbassa la velocità del punzone, al contrario invece accelera il punzone per rialzare la

temperatura.

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Comportamento del materiale

Il flusso del materiale nell’estrusione viene influenzato non solo dal materiale da estrudere,

ma anche dallo stato di sollecitazione. Questo dipende dalle condizioni di attrito tra

materiale e utensile nonché dalle eventuali variazioni di temperatura che avvengono

durante l’operazione di deformazione. I fenomeni termici che avvengono sono illustrati

nell’immagine.

Per un ragionevole equilibrio fra qualità e produttività occorre uno studio del flusso del

materiale. In quest’ottica sono state condotte ricerche volte all’analisi del comportamento

del materiale da estrudere, in funzione dalle condizioni di sollecitazione e delle sue

proprietà al fine di definire delle condizioni ottimali.

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Mediante il metodo visioplastico è possibile produrre diagrammi di flusso del materiale in

funzione del materiale e delle rispettive condizioni di compressione, e suddividere i vari

risultati in quattro tipi di scorrimento.

Tipi di scorrimento

Scorrimento di tipo S: l’attrito in questo scorrimento può ritenersi nullo; lo scorrimento

del materiale avviene appena prima della matrice, in una zona sottile di deformazione (di

spessore u) a forma di imbuto, dietro la quale si forma una sottile zona morta. Per zona

morta si intende la zona, sottostante la zona di deformazione, che non partecipa al flusso

del materiale. Il flusso del materiale e con esso anche le proprietà dell’estruso sono molto

uniformi, ma la superficie della billetta diventa la superficie della barra, per questo motivo

la billetta deve essere tornita o pelata.

Inoltre presenta uno scarto molto basso.

Scorrimento di tipo A: anche qui l’attrito può ritenersi nullo; rispetto allo scorrimento di

tipo S, si genera una zona di deformazione ed i scorrimento estesa, e quindi anche una

zona morta più ampia. Il nucleo della barra estrusa precede le zone periferiche . Le

proprietà della barre sono ancora relativamente omogenee. Anche qui la superficie della

billetta va a formare la superficie della barra estrusa e quindi anche qui si ha la tornitura

della billetta. Il materiale residuo avrà uno spessore pari a quello della zona morta.

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Scorrimento di tipo B: qui l’attrito è da considerare; le zone

periferiche della billetta e della barra scorrono più

lentamente rispetto alla parte centrale. Prima della matrice

si crea una zona di deformazione e di scorrimento molto

estesa, di conseguenza risulta grande anche la zona morta e

quindi aumenta anche il materiale residuo. Qui si ha il

pericolo che difetti periferici vadano all’interno della barra;

le proprietà variano lungo tutta la lunghezza dell’estruso.

Scorrimento di tipo C: si ha con un attrito elevato; di

conseguenza la zona di deformazione e di scorrimento,

nonché la zona morta, sono considerevolmente estesi

rispetto agli altri tipi di scorrimento. Se si lavora con residui

di estrusione non sufficientemente grandi,questo

scorrimento tende alla formazione di difetti.

Naturalmente non si verificano mai tipi di scorrimento puri,

ma solo tipi misti.

Caratteristica comune a tutti i tipi di scorrimento è che

innanzi alla matrice si forma una zona di deformazione di

ampiezza u, a forma d’imbuto, la cui estensione dipende

dalle condizioni di attrito e dietro la quale si forma una zona

morta, cioè una zona che non partecipa al flusso di

materiale. Questa zona morta viene rimessa in scorrimento

solo quando si opera senza materiale residuo, come

nell’estrusione billetta su billetta, oppure quando si opera

con un residuo di estrusione più piccolo della zona di

deformazione u.

Notare che il residuo non si estrude molto facilmente,

perché la deformazione che deve subire è notevolmente più

complessa. Si usa quindi rinunciare all’estrusione

dell’ultimo tratto della billetta, che richiederebbe alla pressa

una forza molto superiore e dato che il fondo contiene la

maggior parte delle impurezze e delle imperfezioni

superficiali conviene scartarlo.

La pressa a tal fine quindi è costruita in modo da consentire

l’allontanamento del contenitore per la rimozione del

residuo non estruso e la carica del nuovo blocco, il tutto

dopo che il pistone dia ritornato alla posizione iniziale.

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LA MATRICE

Questo pezzo è intercambiabile, dovendo essere sostituito quando si passa alla

fabbricazione di un nuovo profilato o quando l’usura o l’alterazione di forma abbia

superato i limiti accettabili in relazione alle tolleranze richieste.

La matrice prima di essere montata nella pressa viene preparata tramite un

preriscaldamento (alla temperatura di lavoro) in forni elettrici, in appositi “cassetti”

sottovuoto e atmosfera inerte (azoto) per alcune ore, in modo da prepararli al contatto con

la billetta ad alte temperature.

Il profilo assiale di una matrice è quello mostrato nell’immagine 1-142.

Lo spessore a è un piccolo tratto calibrato che determina la sezione del prodotto, allo scopo

di ridurre al minimo la resistenza di attrito all’efflusso del metallo. A tal fine converrebbe

profilare direttamente la matrice col foro calibrato a spigolo vivo, ma il consumo per

abrasione, dovuto alla pressione esercitata nell’estrusione, sarebbe troppo rapido come si

vede nell’immagine 1-143.

Le matrici per estrusione si costruiscono con acciai legati o leghe speciali che conservano

elevata durezza e resistenza alle temperature di lavoro. Si usano anche matrici sinterizzate

a base di carburi di tungsteno e di altri metalli, come titanio e niobio, con le quali so può

operare a più elevate temperature di quelle consentite dagli acciai, anche altamente legati.

I criteri di base per la costruzione di una matrice da estrusione tengono conto dei seguenti

elementi fondamentali:

- la matrice è un pezzo meccanico complesso, di materiale particolarmente pregiato e

molto resistente e per ragioni di costo e di lavorabilità deve avere dimensioni quanto

più possibile contenute;

- la matrice è sottoposta a sollecitazioni elevate alle quali deve poter validamente

opporsi senza cedimenti sotto la spinta della pressa.

Da questi semplici principi deriva la conseguenza che la matrice ha bisogno di un insieme

di attrezzature ausiliarie, tali da consentirle di esplicare le sue funzioni.

Esistono tre categorie fondamentali in cui si possono suddividere le matrici da estrusione:

- matrici piane: sono matrici utilizzate per l’estrusione dei profilati aperti. Nella figura 9

(pacco dell’attrezzatura di estrusione) è rappresentato l’assemblaggio tipico: un porta

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matrice, per consentirne l’inserimento nella slitta, una sottomatrice con una fenditura

ad apertura di poco superiore a quella della matrice, una serie di anelli (bolsters)

completa infine il sostegno riempiendo lo spazio disponibile nella slitta.

- matrici per profilati cavi porthole:

risolvono il problema di ottenere il

foro e lo schema di figura 11 mostra

come possa venir risolto nel caso più

semplice. Una matrice riproduce il

contorno esterno del profilato, un ago

o mandrino quello interno; sotto la

spinta dell’asta pressante, il metallo

della billetta si suddivide in tanti filoni

corrispondenti alle aperture del

mandrino (fori di alimentazione); per

l’azione delle fortissime pressioni in

gioco, i quattro filoni di metallo

tornano a saldarsi nella camera

interna generata dall’unione di ago e

matrice estrudendosi infine attraverso

lo spazio libero rimananete.

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- matrici per profilati cavi spider (il loro nome deriva dall’andamento a zampa di ragno dei

sostegni dell’ago): questo tipo di attrezzatura presenta la stessa utilizzazione delle matrici

porthole, con la differenza che ago e matrice sono inoltre

inscritti in una superficie conica e ciò comporta la necessità di un porta matrice a sede

interna conica. La tecnologia avanzata tende a ricorrere sempre più spesso alle matrici tipo

spider, sia perché sono più

semplici da lavorare e questo ne

diminuisce il costo, sia perché

questa attrezzatura consente una

maggior velocità di estrusione. Il

loro difetto è che sono meno

resistenti rispetto alle porthole e

quindi vengono preferite per

estrusi di forma piuttosto

raccolta e simmetrica.

Non si dovrà però dimenticare

che, nonostante gli sforzi ed i

miglioramenti, l’estrusione è una

tecnica di formatura a caldo, con

tutti i limiti che ciò comporta,

primo fra tutti quello di non

consentire tolleranze

eccessivamente ristrette su

superfici di lavorazione

meccanica.

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Nitrurazione delle matrici

Dopo la cementazione è questo il secondo e più importante procedimento di trattamento

termico di diffusione, con il quale si ottiene un indurimento superficiale degli acciai. Nel

campo delle matrici per estrusione il più utilizzato però è la nitrurazione.

Aspetti:

- l’indurimento superficiale collegato alla nitrurazione è conseguente alla formazione

di composti dell’azoto (nitruri, carbonitruri, ecc.) che induriscono la superficie

dell’acciaio attraverso un tipico fenomeno di indurimento per precipitazione.

- la nitrurazione viene fatta dopo la bonifica ed è l’ultima operazione del ciclo

produttivo.

- Mentre lo spessore della cementazione è dell’ordine del millimetro, quello della

nitrurazione è solo di qualche decimo di millimetro (due o tre non di più); una

matrice durante la sua vita subisce più nitrurazioni e la durata di una campagna

dipende dal materiale estruso (più il material e è facile da estrudere più lunga sarà la

campagna).

- Mentre la durezza raggiungibile con la cementazione è di circa 700 Vickers con la

nitrurazione si può arrivare fino a 1200 Vickers.

Il complesso e delicato meccanismo della nitrurazione (cenni):

- L’azoto molecolare N2 è quasi insolubile nel Fe anche se si opera in condizioni di

temperature e pressioni elevate.

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- La diffusione dell’azoto nel ferro richiede condizioni ben definite: si opera a circa

520°C (la temperatura migliore per far avvenire la reazione

NH3 + 4Fe Fe4N+3/2 H2), in corrente di ammoniaca.

- Non conviene in generale superare lo spessore di 2-3 decimi di millimetro per lo

spessore nitrurato per non aumentare la fragilità dello strato nitrurato stesso e per i

pericoli di scagliatura.

DIFETTI NEL PROCESSO DI ESTRUSIONE Oltre ai difetti già elencati in precedenza ne vanno riportati altri.

La maggior facilità di efflusso del metallo estruso nella zona assiale tenderebbe a far

assumere alle fibre centrali della barra una lunghezza superiore in confronto alle fibre

superficiali. In queste viene a crearsi quindi uno stato di tensione, bilanciate da tensioni di

compressione che restano nella zona centrale, come illustrato in figura.

Per via di queste tensioni che vengono a crearsi si possono produrre lesioni trasversali

sulla superficie delle barre, specialmente nelle zone in cui è più sensibile l’attrito che frena

l’efflusso del metallo, ne vediamo un esempio in figura.

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Nel caso di sezioni non simmetriche

rispetto al centro, le diverse velocità di

efflusso che si hanno in diverse zone

portano ad un incurvamento dell’asse del

prodotto estruso o ad una ondulazione dei

bordi, come illustrato in figura.

Questo effetto può essere eliminato

compensando la diversa resistenza

d’attrito sulle varie parti del prodotto

estruso. L’aumento di spessore in

corrispondenza delle parti larghe della

sezione vi rallenta l’efflusso del metallo, la

diminuzione lo agevola nelle parti sottili,

come illustrato sotto.

La velocità di efflusso del metallo dal foro risulta come già detto in precedenza più grande

in corrispondenza dell’asse che nella zona periferica dell’estruso, che è frenata dall’attrito

superficiale. Con il progressivo avanzamento del pistone ad un certo punto si produce una

cavità imbutiforme nella zona centrale posteriore del lingotto, che si allunga nella

direzione della maggiore velocità del flusso producendo un difetto assiale.

La superficie di questa cavità è ossidata così da impedire che il metallo si risaldi sotto la

pressione subita passando dal foro della matrice. Questo difetto può estendersi per circa il

20% della barra estrusa e per evitarlo si può aumentare lo sfrido (ad un livello

inaccettabile), oppure:

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1. si da preventivamente una forma convessa al terminale della billetta in modo da

fornire un maggior volume di metallo nella zona in cui si potrebbe formare il

risucchio

2. Si fa in modo di eliminare durante l’estrusione la pelle superficiale ossidata che,

ripiegandosi, andrebbe a formare la cavità; a tal fine si usa un pistone di sezione

leggermente inferiore a quella del contenitore così da lasciare una luce di qualche

millimetro libera.

PROGETTAZIONE

La progettazione inizia quando la commessa di un profilo arriva all'ufficio tecnico, qui il

profilo viene adattato se così com'è non può essere prodotto. Dopo una attenta discussione

dal punto di vista economico se il profilo viene mandato in produzione l'azienda fa

produrre la matrice di quel profilo, dato che viene prodotta per elettroerosione la

produzione può richiede anche qualche settimana. Una volta arrivata la matrice si inizia

facendo qualche prova, correggendo in sede se la matrice presenta qualche piccolo difetto.

Sistemata la matrice i profili corretti si mandando come campione al cliente e se viene

accettato la produzione vera e propria avrà luogo.

Di seguito si ipotizza un possibile studio (nei limiti della conoscenza scolastica).

Materiale:

Classica lega da deformazione plastica, 6082 classificata anche come AlMgSi1.

Lunghezza:

Viene richiesta una lunghezza di 10 metri; questa sarà la lunghezza che dovrà arrivare al

nostro incestatore quindi bisogna aggiungere degli scarti che avremo durante il processo.

Questi scarti sono la testa e la coda dell'estruso che verranno schiacciati nell'operazione di

stiratura e prima dai puller; quindi arriviamo ad una lunghezza di 12 metri. Per una

questione economica le aziende estrudono più di un solo profilo per volta in modo da far

gravare il costo dello scarto su più prodotti invece che su uno solo.

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Disegno profilo in AutoCAD:

Sezione calcolata con il programma pari a 550mm2.

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Il primo passo nel progettare la matrice è dimensionarla: il dimensionamento è un passo

semplice fatto sempre tramite CAD; si trova la circonferenza che inscrive il profilo e

avendo così il diametro lo si maggiora di 1.5 volte. Il diametro che troviamo è quello del

contenitore; valore che è costante per l'azienda per chi dispone di una sola una pressa e

quindi loro faranno un procedimento diverso da questo, ma come già detto questo è un

calcolo di massima prettamente scolastico.

Una volta trovato il diametro del contenitore si passa al rapporto di estrusione.

Dove:

- A0 è la sezione del contenitore di cui abbiamo il diametro;

- A1 è la sezione del profilo estruso, 550mm2.

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Il rapporto di estrusione è però espresso sotto forma di logaritmo:

In seguito per non fare calcoli inutili si va a controllare, in base al materiale richiesto, se

l'estrusione può avvenire: dalle tabelle a nostra disposizione troviamo che R per la nostra

lega è di 250 e la deformazione logaritmica è di 5.5; siamo quindi ben dentro i limiti

consentiti.

In una singola corsa della pressa si possono estrudere più profili, basta aumentare le luci

(così si chiamano i fori calibrati nelle matrici) della matrice. Quindi il rapporto di

estrusione varierà secondo questa relazione:

I passaggi fatti in precedenza sono sempre validi; ripetendoli vediamo che con 2 o 4 luci la

deformazione logaritmica non varia molto, rispettivamente sono di 3.6272 e 3.9000.

Quindi il processo resta eseguibile e cambia quindi la dimensione del contenitore, sempre

secondo il criterio mostrato prima. I progettisti della matrice staranno bene attenti a

produrre una matrice con uno spazio fra le luci sufficiente a far resistere la matrice alla

imponente pressione esercitata dalla pressa.

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Ora passiamo al calcolo del volume da estrudere per generare la nostra barra da 12 metri.

Il calcolo è molto semplice, noi conosciamo la sezione e la lunghezza del prodotto finale

quindi: ; un volume ragionevole per una barra di quelle dimensioni.

Ora dobbiamo calcolare la corsa del punzone, la lunghezza della billetta introdotta nel

contenitore in pratica; dato che l'estrusione è una trasformazione a volume costante,

possiamo tranquillamente ricavare questa quota.

Questa è la lunghezza da estrudere, ma nel processo bisogna contare anche uno sfrido o

scarto che non viene estruso, quindi il prossimo passo sarà calcolare la lunghezza dello

sfido.

Questo sfrido è caratteristico del tipo di scorrimento che

avviene nel materiale durante l’estrusione; quindi

conoscendo il materiale, noi sappiamo la sua attitudine ad

essere estruso e quindi il tipo di scorrimento.

Abbiamo una lega Al-Mg-Si, utilizzando il manuale:

troviamo che questa ha una media estrudibilità, questo ci

dice che lo scorrimento sarà di tipo B.

Avendo uno scorrimento di tipo B: l’attrito è medio ( =

0.05 0.10), l’angolo alfa è di 65°, e che l’altezza dello

sfrido è pari a circa 0.5 volte il diametro del contenitore.

Quindi lo sfrido sarà lungo:

Ciò significa che la lunghezza a cui tagliare la billetta sarà di circa 382mm.

Ora che il dimensionamento è completato di può fare un disegno, per dare l’idea di cosa

avvenga nel cuore del processo.

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Una volta fatto il dimensionamento del materiale e della matrice si può passare al

dimensionamento della pressa; si comincia con il calcolo del lavoro.

Il lavoro totale nell’estrusione è dato

dall’area sottesa da questa funzione

accanto, cioè al suo integrale definito;

per semplicità di calcoli si è preferito

fare in modo diverso.

Identificando i vari lavori come:

L1 = lavoro per la ricalcatura della

billetta;

L2 = lavoro per avviare lo stato di

scorrimento (attrito statico);

L3 = lavoro per la deformazione vera e

propria del materiale;

L4 = lavoro per vincere l’attrito tra billetta e contenitore

L5 = lavoro per estrudere l’ultima parte della billetta (qui il processo viene fermato

all’aumento della forza).

Si è visto che le componenti maggiori erano L3 e L4, quindi si è deciso di calcolare solo

questi due e i restanti lavori sono stati incorporati il una costante chiamata ηestr

(rendimento di estrusione), data la loro minima influenza.

;

- V0, D0, L0, A0 sono le dimensioni della billetta prima della deformazione e A1 quindi è

la sezione della barra.

- è il coefficiente di attrito fra la billetta e il contenitore.

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- 0 è la resistenza che oppone alla deformazione il materiale, alla temperatura di

estrusione.

Prima di poter passare ai calcoli quindi ci mancano dei dati indispensabili, come la 0.

Questo valore è calcolabile tramite la formula empirica: . Di questa formula ora andremo a calcolare la velocità di deformazione (epsilon punto), la

quale nel caso dell’estrusione assume questo forma:

- vp è la velocità di avanzamento del punzone;

è facilmente calcolabile sapendo il rapporto di estrusione (R=40.3038), sappiamo

quindi che la velocità del punzone è 40.3038 volte minore quella della barra. Fissando

la velocità della barra (vb) a 18 metri al minuto (valore preso dal manuale) possiamo

calcolare la velocità del punzone.

= 0.0074

- è l’angolo che viene a formarsi per lo scorrimento di tipo B;

Ora avendo la velocità di deformazione di può applicare la formula empirica citata prima;

K’ e m sono dette costanti reologiche, a le si trovano sul manuale scegliendo una

temperatura di lavoro.

Scegliendo una temperatura di 450°C i valori sono: K’=44 e m=0.120.

Quindi inserendo questi valori correttamente, con l’unità di misura imposta dalla formula

empirica (K’ in

e in s-1), noi troviamo la 0.

Avendo tutti i valori ora possiamo procedere al calcolo del lavoro.

= 0.084 MJ

Notare che nell’estrusione inversa e idrostatica L4 è uguale a zero, per la mancanza di

attrito fra billetta e contenitore.

Dopo il calcolo di queste due componenti maggiori, si passa alla stima del lavoro totale di

estrusione; come detto in precedenza i restanti valori sono contenuti in una costante

sperimentale (ηestr) la quale in assenza di dati può essere assunta fra 0.4 e 0.7 (prendiamo

una media, 0.55).

η

Quindi per estrudere una barra da 12 metri, teoricamente, dobbiamo fare 2.3MJ di lavoro.

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Terminato il calcolo del lavoro si passa al calcolo delle forze in gioco: la forza massima, la

forza media; con cui andremo a dimensionare la nostra pressa calcolando la potenza

massima e media.

La forza massima nell’estrusione diretta è la somma della forza necessaria per la

deformazione vera e propria e della forza per vincere l’attrito statico; anche in questo caso

si tiene conto del rendimento di estrusione.

η

Il passaggio successivo sarà quindi quello di calcolare le incognite che abbiamo al

numeratore.

La forza di deformazione plastica è calcolabile ricordando la definizione classica di lavoro:

L = Forza * Spostamento; noi conosciamo lo spostamento (l0) e il lavoro (L3), con una

semplice formula inversa ne ricaviamo la forza.

Mentre la forza di attrito è calcolabile come la forza di attrito globale (poiché diminuisce

all’accorciarsi della billetta) moltiplicata per il coefficiente d’attrito ().

Facilmente riconoscibile come la formula inversa dell’area del triangolo L4:

; dove: L0= base e Fattrito = altezza.

Quindi la forza massima è ora calcolabile:

η

Il prossimo passo è il calcolo della forza media seguendo le formule date nel manuale:

η

Disponendo delle forze ora possiamo passare all’ultima fase, calcolare le potenze in gioco e

quindi conoscere la pressa necessaria per il nostro prodotto.

η

η

Dove il η

è il rendimento meccanico della pressa, stimato fra 0.75 e 0.85.

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ALLUMINIO LEGHE E TRATTAMENTI TERMICI

Generalità

L’alluminio a causa della sua alta reattività chimica non si trova in natura allo stato

metallico ma sotto forma di ossidi, idrati e silicati che costituiscono circa l’8% della crosta

terrestre. In termini di abbondanza, l’alluminio è il 3° elemento dopo ossigeno e silicio.

Nelle rocce sedimentarie l’alluminio si trova in quei minerali che provengono dalla

disgregazione delle rocce eruttive e nelle argille. Il minerale più conveniente per

l’estrazione del metallo è la bauxite, altri minerali dai quali è possibile estrarre l’alluminio

sono: la criolite, la leucite.

L’alluminio è presente sotto la forma di allumina, un refrattario, elemento che cristallizzato

puro costituisce il corindone, l’elemento più duro dopo il diamante; quando contiene un

elemento che lo colora in modo particolare è utilizzato come pietra preziosa, mentre

varietà più comuni sono impiegate come abrasivi.

La bauxite, di formula chimica di

riferimento Al2O3·nH2O, cioè

un’allumina idrata, è una roccia di

natura vulcanica o sedimentaria, di

colore che va dal rosso-bruno al

giallo. Fa parte delle terre rosse che

comprendono anche argille, quarziti e

terre refrattarie. La bauxite deve il suo nome alla località di Les Baux, vicino a Marsiglia

(Francia), dove fu individuata per la prima volta nel 1821. Ha un colore che varia dal color

crema al marrone scuro se la quantità di ferro contenuto è molto elevato.

L’alta refrattarietà e l’alta temperatura di fusione dell’allumina non consente di ricavarne

il metallo mediante processi pirometallurgici. D’altra parte non è possibile ottenere

l’alluminio direttamente dalla bauxite mediante processi elettrolitici, in quanto ferro e

silicio, presenti in quantità apprezzabili nel minerale, verrebbero a codepositarsi al catodo:

e quindi è necessario un processo preliminare per ottenere allumina alla massima purezza.

Inizialmente l’alluminio fu scoperto dal danese Oersted nel 1825, veniva ricavato

sufficientemente puro, ma il processo era costoso, tanto da renderlo un metallo prezioso.

Al nuovo metallo si appassionò il francese Louis Héroult che nel 1886 brevettò il processo

elettrolitico per ottenere l’alluminio, da cui iniziò la concreta produzione. Ma la storia

industriale vera e propria dell’alluminio inizia solo nel 1886 quando l’americano

Martin Hall e il francese Paul Héroult svilupparono, in maniera del tutto indipendente, un

processo per la decomposizione elettrolitica dell’allumina in un bagno di criolite

(3NaF*AlF3) fusa a circa 1000°C. Questa scoperta accoppiata al processo chimico

sviluppato da Karl Bayer nel 1888 per ottenere l’allumina dal minerale, da vita al sistema

moderno per la produzione dell’alluminio, che consentiva di produrre alluminio a costi

sufficientemente ridotti da permettere l’utilizzo in campo industriale.

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L’allumino è per tali motivi uno

degli ultimi arrivati tra i materiali

di importante uso industriale come

si denota anche dal grafico a fianco.

In meno di un secolo l’alluminio ha

avuto una evoluzione notevolissima

quanto a produzione ed impieghi,

ed oggi è secondo come importanza

soltanto all’acciaio.

Proprietà del metallo puro

- Ha densità bassa, 2,7 g/cm3;

- Il punto di fusione è favorevole, 660°C, ma ne deriva l’inutilizzabilità ad alte temperature;

- Cristallizza nel reticolo CFC (cubico a facce centrate) e quindi presenta un

comportamento duttile e quindi facilmente lavorabile alle macchine utensili;

- Ha una buona conducibilità elettrica e termica;

- È molto resistente alla corrosione dovuta agli agenti atmosferici e in generale una buona

resistenza alla corrosione, perché si ricopre di uno strato di ossido aderente e non poroso e

quindi protettivo. L’Al2O3 è chimicamente stabile tra pH 4 e pH 8. L’elevata resistenza alla

corrosione fa si che la sua riciclabilità sia molto alta.

- Non è magnetico;

- Non presenta limiti di fatica come gli acciai. Gli si attribuisce convenzionalmente un

limite di durata (10 milioni di cicli);

- Ha un buon carico di snervamento. Il carico di snervamento è quindi definito come il

carico applicato che produce, una volta rimosso, una deformazione dello 0,2%. In lega

raggiunge carichi di snervamento caratteristici di alcuni acciai da costruzione (275

N/mm2);

- Presenta elevata plasticità. L’alluminio e le sue leghe presentano notevoli

caratteristiche di imbutibilità, duttilità e malleabilità. Si presta in modo particolare a tutte

le operazioni di lavorazione plastica sia a freddo che a caldo;

- È facilmente saldabile. L’unico inconveniente da tenere in considerazione è la reazione

rapida con l’ossigeno che forma uno strato d’ossido. Questo inconveniente è stato

eliminato lavorando in atmosfera inerte (Argon o Elio) detta saldatura MIG (metal-inert-

gas);

- È aspinterogeno, quindi se urtato non provoca scintille;

- La resistenza all’abrasione e all’usura sono basse;

- Si presta a trattamenti superficiali come l’anodizzazione;

- Possiede una elevata riflettività per radiazioni che vanno dall’infrarosso all’ultravioletto,

che lo rende un materiale ideale per molti tipi di riflettori per apparati di illuminazione.

Con accurate finiture superficiali, si può ottenere fino al 95% di riflessione della radiazione

luminosa e fino al 98% di quella termica;

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- È inalterabile al contatto dei cibi e di molte sostanze liquide, per cui trova ampie

applicazioni nell’industria alimentare e nel campo degli imballaggi.

LE LEGHE LEGGERE

Proprietà delle lege d’alluminio

L’allumino puro è tenero e duttile. Questo è un limite perché nella maggior parte delle

applicazioni si richiede un livello di resistenza meccanica decisamente superiore a quanto

il metallo puro possa offrire. Per questo l’alluminio viene normalmente alligato con altri

metalli, allo scopo di migliorarne le caratteristiche (fisiche o meccaniche o di finiture o di

lavorabilità, ecc.).

Pur essendo numerosi i metalli con sufficiente affinità ed in grado di formare leghe con

l’alluminio, solo alcuni di essi trovano applicazioni come veri e propri leganti; i principali

di essi sono Cu, Si, Zn, Mg, Mn, che, possono essere aggiunti singolarmente per formare

leghe binarie, o abbinati ad altri per formare leghe complesse.

Altri elementi (Mn, Fe, Ni, Ti, Sn, Cr, B, Zr) sono correttivi,cioè vengono introdotti per

ottenere importanti modifiche strutturali, fisiche o tecnologiche come l’affinazione del

grano, la neutralizzazione di alcune impurità nocive, innalzamento della temperatura

critica di ricristallizzazione, il miglioramento della lavorabilità all’utensile, l’incremento di

resistenza ad elevata temperatura.

Sono da considerare leganti quegli elementi che caratterizzano la lega, ossia ne

determinano e definiscono le caratteristiche.

Le leghe a base d’alluminio sono anche note come leghe leggere in virtù del loro basso peso

specifico.

In virtù della elevata resistenza raggiungibile, presentano, a differenza del metallo puro,

una resistenza particolarmente elevata. È da notare inoltre l’alto coefficiente di dilatazione

lineare (doppio rispetto a quello del ferro) al quale occorre porre la massima attenzione nel

caso di accoppiamenti con materiali diversi esposti a variazioni termiche significative.

È inoltre da segnalare che , in virtù del tipo di reticolo cristallino dell’alluminio (CFC:

cubico a corpo centrato), esso presenta un comportamento favorevole per gli impieghi a

bassa temperatura, la resilienza sia dell’alluminio che delle sue leghe, non varia

apprezzabilmente, comportamento ben visibile nella prova di resilienza in temperatura con

il pendolo di Charpy.

I vari elementi destinati alla preparazione di leghe posso essere aggiunti sostanzialmente

in due modi:

- Per introduzione diretta dell’elemento nell’alluminio;

impiegato per quegli elementi che presentano un punto di fusione inferiore o uguale a

quello dell’alluminio, come Sn, Zn, Mg, Si (utilizzato anche per il silicio in modo che si

disciolga velocemente).

- Per introduzione nell’alluminio di una lega, generalmente binaria d’alluminio, contenente

il legante nella massima percentuale possibili;

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applicato per gli altri elementi che, pur disciogliendosi egualmente nell’alluminio fuso,

per la loro elevata temperatura di fusione, presentano una velocità di dissoluzione troppo

bassa.

Le leghe di alluminio cosi ottenute, con l’aggiunta dei leganti e dei correttivi previsti e

successiva colata in forme opportune, in base al loro futuro utilizzo: se di fonderia vengono

colate in lingottiere metalliche, mentre se destinate alla lavorazione plastica, attualmente,

si preferisce per motivi economici e di produttività il metodo della colata semicontinua in

acqua.

Classificazione delle leghe leggere

Ma la classificazione adottata può operare in tre modi:

1) Secondo la composizione chimica

a. classificazione EN, prevede che la classificazione delle leghe avvenga secondo

l’elemento predominante; le sigle più importanti ad esempio sono Al-Cu, Al-Si, Al-

Mg, Al-Mn, Al-Zn.

Le sigle per contrassegnarle si formano facendo seguire a una lettera un trattino e

il simbolo dell’elemento. Le lettere indicano l’utilizzo della lega: P per le leghe da

lavorazione plastica, G per le leghe da fonderia primaria, SG per le leghe da

fonderia secondaria, GD per le leghe da pressofusione.

Esempio: P – AlMg…

Inoltre si da spazio (dove ci sono i puntini) nel caso in cui ci sia un ulteriore

elemento di cui è necessario indicare la presenza e la concentrazione.

Esempio: P – AlMgSi1

Questo metodo ha dei grandi limiti perché ci possono essere leghe molto

differenti che presentano la stessa sigla, allora si preferisce utilizzare la

designazione UNI.

b. Classificazione UNI, il nuovo metodo adottato dalla normativa UNI è basato sulla

designazione “umerica” delle leghe.

Le leghe sono contraddistinte con numeri di

quattro cifre: la prima indica la famiglia di

appartenenza, la seconda indica con 0 la lega

originale e con cifra diversa da 0 la lega con

variazioni rispetto alla composizione base; la

terza e la quarta contraddistinguono la

purezza nelle leghe della serie 1000 (1070 =

99.70% di Al) mentre identificano ciascuna

lega nelle altre serie.

Nelle leghe da fonderia (serie 1, 2, 4, 5, 7) le

cifre sono precedute da “A” a indicare il

metallo base e da B o C a indicare rispettivamente una lega per pani da rifusione o

per getti.

Come per tutte le leghe, anche le proprietà dell’alluminio e quindi il loro impiego,

dipendono molto dallo stato di fornitura, ossia dalle ultime operazioni di trattamento

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termico e di lavorazione; ma per le leghe leggere questa varietà degli stati di fornitura è

particolarmente notevole e richiede quindi una esplicita illustrazione. Le indicazioni sono

contenute nella norma EN 515.

Limitandosi ai punti fondamentali, le principali lettere e cifre hanno il seguente significato:

- F :”grezzo di laminazione” definisce il materiale uscente dal normale ciclo di

produzione tanto che le proprietà meccaniche non vengono garantite;

- O :”ricotto” definisce la qualità più dolce dei prodotti semilavorati;

- H :”incrudito” definisce i materiali le cui proprietà meccaniche sono state aumentate

per sola deformazione plastica a freddo.

~ H1 :”incrudito” in questo caso la cifra successiva ad 1 indica

il grado di deformazione plastica a freddo: spesso è aggiunta; un'altra cifra per indicare il

grado di controllo della lavorazione o per identificare una combinazione di altre proprietà;

~ H2 :” incrudito e parzialmente ricotto” Si applica ai materiali di massimo

incrudimento, portati poi al livello voluto di proprietà meccaniche con un trattamento

termico di parziale ricristallizzazione.

~ H3 : “incrudito e stabilizzato”. Si applica solo alle leghe di alluminio-magnesio

deformate e riscaldate successivamente a bassa temperatura per fissare nel tempo le

proprietà. Il grado di incrudimento dopo la stabilizzazione è indicato sempre utilizzando

una o più cifre.

- W :”temprato ed invecchiato naturalmente”, si applica solo alle leghe che invecchiano

a temperatura ambiente dopo tempra di solubilizzazione (viene indicato il tempo di

invecchiamento).

- T : “trattato termicamente”. Si applica solo ai materiali trattati termicamente,

incruditi o meno, ed è seguita da una cifra che va dallo 0 (nessun trattamento) al 10.

Gli stati H si applicano alle leghe da incrudimento mentre gli stati T alle leghe da

trattamento termico.

Esempio: Al-Mg 0.6 Si 1-TA

6082-T6

Lega con 0.6% di Mg e 1% di Si la quale ha subito un trattamento termico di soluzione (o

tempra strutturale) seguito da un trattamento termico di invecchiamento artificiale a

temperatura superiore ai 50°C (indicato dalla lettera A).

2) Secondo l’impiego tecnologico

a. Leghe da lavorazione plastica: comprendono quelle leghe che sono destinate a

lavorazioni plastiche sia a caldo sia a freddo, come laminazione, estrusione e

trafilatura;

b. Leghe da fonderia: comprende quelle leghe destinate alla realizzazione di getti

per colata in terra, in forma o sotto pressione;un esempio classico sono le leghe

Al-Si (e derivate Al-Si-Mg, Al-Si-Cu ecc.) che presentano una ottima fluidità e

colabilità.

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3) Secondo la risposta al trattamento per l’uso, meccanico o termico

a. leghe non trattabili termicamente, ovvero induribili solo per deformazione

plastica a freddo (incrudimento);

b. leghe trattabili termicamente, cioè induribili tramite un trattamento termico.

Le leghe da trattamento termico, o da bonifica, sono le più indicate per

applicazioni strutturali e le uniche in grado di raggiungere gli elevati valori di

resistenza meccanica richiesti in alcuni ambiti.

I TRATTAMENTI TERMICI

Per trattamento termico si intende, secondo una definizione delle norme UNI,

un’operazione o successione di operazioni mediante le quali un metallo od una lega

metallica vengono sottoposti, al di sotto del punto di fusione, in ambiente di natura

determinata, ad uno o più cicli termici (riscaldamento, permanenza a temperatura,

raffreddamento) entro temperature, durate e velocità di variazioni delle temperature

prefissate, nell’intento di impartire

loro determinate proprietà.

Il riscaldo che precede le operazioni di deformazione plastica (fucinatura, laminazione

ecc.) non è un trattamento termico.

Il trattamento termico comprende tre operazioni essenziali che lo caratterizzano: riscaldo,

permanenza in temperatura e il raffreddamento.

Ognuna di queste operazioni è dipendente da due variabili fondamentali, tempo e

temperatura. È nell’ambito del campo di oscillazione di questi due parametri e del loro

rapporto che è possibile indurre nelle leghe tutte le possibili trasformazioni strutturali.

Infatti riscaldi e raffreddamenti molto lenti, lunghe permanenze tenderanno a creare

strutture di equilibrio, stabili a temperatura ambiente e senza tensioni interne, per cui si

parlerà di ricotture; mentre variazioni veloci di temperatura, soprattutto nel

raffreddamento creeranno strutture instabili, facilmente decomponibili con forti tensioni

interne, per cui si parlerà di tempra.

Da questo punto di vista, nel campo delle leghe di alluminio i trattamenti termici possono

essere classificati in tre grandi categorie mostrate di seguito.

Trattamento di ricottura

Tendono a portare la lega in condizioni di equilibrio chimico e strutturale secondo i

diagrammi di stato relativi. A seconda delle condizioni di partenza del materiale e dei

risultati che si vogliono ottenere si cercherà di agire in un modo conveniente sui due

parametri tempo – temperatura.

Si parlerà quindi di:

a) Ricottura di omogeneizzazione, quando si tende a creare le condizioni di equilibrio

chimico – fisico con le fasi separate e finemente disperse, attenuando le liquazioni e le

segregazioni delle strutture primarie di cristallizzazione.

b) Ricottura di eterogeneizzazione, quando si tende a far separare nettamente le fasi

provocando la coalescenza dei composti che si trovano dispersi finemente (classico per le

leghe Al – Mg al fine di migliorarne la resistenza alla corrosione: il composto Al3Mg2 che

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precipita in forma continua ai bordi dei grani si raggruma ed interrompe la sua continuità

che è la causa della corrosione intercristallina).

c) Ricottura di ricristallizzazione, quando si tende a rigenerare le strutture incrudite di

lavorazione plastica a freddo.

d) Ricottura di distensione, per eliminare le tensioni che si creano per esempio nei getti

complessi durante il raffreddamento nelle staffe.

e) Ricottura di stabilizzazione, per quei pezzi che dovendo lavorare a temperature più alte

della normale (es. pistoni di motori a scoppio) subirebbero deformazioni durante il primo

riscaldo per variazioni strutturali.

Il riscaldo di stabilizzazione dovrà essere di qualche grado superiore a quello di normale

utilizzo del pezzo.

Trattamento di tempra

La tempra consiste in un raffreddamento rapido della lega da una temperatura

determinata fino alla temperatura ambiente. Quasi sempre si parte da una temperatura

tale da far entrare in soluzione, nella matrice di alluminio, determinati composti ed

elementi che costituiscono la lega. Tale soluzione si ritrova, se il raffreddamento è stato

sufficientemente rapido, a temperatura ambiente in condizioni di metastabilità. Si parla in

questo caso di tempra di soluzione.

Invecchiamento

L’invecchiamento tende a far precipitare in forma più o meno microscopica i composti o gli

elementi che si trovano in soluzione solida soprassatura immediatamente dopo la tempra

di soluzione. L’invecchiamento può essere:

a) naturale, se avviene a temperatura ambiente;

b) artificiale, se avviene a temperature superiori ai 100°C fino ad un massimo di 220°C;

c) esiste ancora una forma di invecchiamento associata ad un incrudimento meccanico

eseguito immediatamente dopo tempra, che permette di raggiungere durezze superiori.

Siamo in presenza in questo caso di un trattamento “termomeccanico”.

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L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO

Con il termine inquinamento atmosferico si

intende la presenza di qualsiasi sostanza

immessa direttamente o indirettamente

dall‘uomo nell'aria ambiente che può avere

effetti dannosi sulla salute umana o

sull’ambiente nel suo complesso.

Il fenomeno dell’inquinamento atmosferico

e in gran parte connesso al nostro modello

di sviluppo economico e sociale. Le fonti

principali sono costituite dalle emissioni dei

mezzi di trasporto, dal riscaldamento degli

edifici, dall’attività industriale ed agricola e

da fonti naturali.

Nel corso degli anni la tipologia

dell’inquinamento é cambiata. In seguito

alla radicale trasformazione degli impianti

di riscaldamento domestici e alle

innovazioni motoristiche e di abbattimento

delle emissioni, si e registrata una vistosa

riduzione nelle concentrazioni in aria di

alcuni dei principali inquinanti tradizionali.

Nelle figure seguenti si mostrano le serie

storiche rilevate a Milano a partire dal 1957

per il particolato e le PTS (polveri totali

sospese).

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Ambiente è tutto ciò che ci circonda: aria, acqua, suolo. In esso, oltre all'uomo, vivono

molte altre specie animali e vegetali. Tutti gli esseri viventi utilizzano l'ambiente per la

propria vita: l'aria per respirare, il suolo e l'acqua per ricavare il nutrimento, muoversi,

costruire le proprie case, o tane, o nidi.

Anche l'attività umana, fino all'inizio dell'era industriale, non provocava mutamenti

profondi e rapidi dell'ambiente. La situazione è cambiata radicalmente con la nascita della

grande industria moderna. Lo sviluppo delle varie tecnologie ha permesso di estendere

enormemente le possibili attività dell'uomo, di moltiplicare sia il numero di prodotti

diversi sia la rapidità con cui essi vengono prodotti e, quindi, la quantità totale che diviene

disponibile. Parallelamente si sono accelerati i ritmi degli interventi umani sull'ambiente. I

processi di produzione industriale danno origine anche a quantità enormi di sostanze

secondarie e materiali di scarto, la maggior parte delle quali è stata per lungo tempo im-

messa direttamente nell'aria o nell'acqua, e solo in tempi recenti si è cominciato a

predisporre misure sistematiche per evitare tale immissione.

L'industrializzazione, inoltre, ha favorito il trasferimento di molte persone dalla

campagna alle città e, di conseguenza, alcune zone hanno finito con l'avere un'alta densità

di popolazione. Nella vita quotidiana si producono rifiuti di vari tipi, e la loro quantità è

tanto maggiore quanto maggiore è il numero di persone che vivono in una data zona. Molti

di questi rifiuti sono stati riversati nelle acque (attraverso le fognature) o nel suolo

(attraverso le discariche di rifiuti).

Una delle più vistose conseguenze dell'industrializzazione è stata l'enorme diffusione di

autoveicoli, che scaricano nell'aria le sostanze che si originano dalla combustione della

benzina.

Per lungo tempo si è guardato all'aria e all'acqua come a riserve immense, in grado di

assorbire tutti i rifiuti senza subire modificazioni sostanziali delle proprie caratteristiche e,

particolarmente, di quelle caratteristiche che più ci interessano: la purezza dell'aria che

respiriamo, o dell'acqua che beviamo. Però la quantità di sostanze immesse nell'aria e

nell'acqua in tutte le parti del mondo, ma soprattutto nei paesi industriali, è diventata

ormai così grande da provocare dei cambiamenti non facilmente reversibili. Proprio questi

cambiamenti hanno fatto ricordare che l'aria e l'acqua sono presenti sulla Terra in quantità

limitate, seppure enormi. Esse sono in grado di assorbire una certa quantità di sostanze

estranee e di neutralizzarne gli effetti mediante processi naturali; ma se la quantità di

sostanze estranee diviene eccessiva, tale neutralizzazione non è più possibile e l'aria e

l'acqua si inquinate. Le sostanze che provocano l'inquinamento si chiamano sostanze

inquinanti

Gli equilibri «naturali» dell'ambiente sono complessi, perché i fattori in gioco sono molto

numerosi: fattori fisici, meteorologici, geologici, e la vasta gamma di fattori legati alla

presenza di esseri viventi. Proprio per questo è difficile prevedere a priori gli effetti

dell'immissione nell'ambiente di una sostanza «nuova»: è difficile prevedere con quali fra

gli equilibri esistenti potrà interagire e quali saranno i risultati. Inoltre, sostanze

inquinanti diverse possono reagire fra loro e creare nuove sostanze che non erano state

immesse direttamente nell'aria o nell'acqua, e questa possibilità rende il quadro ancora più

complesso.

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L'ATMOSFERA

L'atmosfera è una fascia di gas che avvolge la Terra fino all'altezza di alcune centinaia di

chilometri, rarefacendosi man mano che ci si allontana dal livello del suolo. In essa si

distinguono varie fasce: la troposfera(circa 2o km), la stratosfera ( 2o a 5o km), la

mesosfera (da 5o a 8o km) e l'eterosfera, la parte più esterna, estremamente rarefatta. A

livello del mare, la composizione dell'aria secca (cioè senza tener conto del vapor d'acqua)

è la seguente:

- azoto (N2) 78,03%

- anidride carbonica (CO2) 0,03%

- ossigeno (o2) 20,99%

- argon (Ar) 0,94%

- altri gas (idrogeno, gas nobili) 0,01%

L'atmosfera è indispensabile alla vita sulla Terra, perché contiene l'ossigeno: tutti gli esseri

viventi (sia gli animali che le piante) hanno bisogno dell'ossigeno per le proprie attività

vitali, e lo preleva-no dall'atmosfera attraverso la respirazione.

Classificazione degli inquinanti dell'aria

Le principali fonti di inquinamento dell'aria sono gli autoveicoli, le industrie, gli impianti

termoelettrici e, nei mesi invernali, gli impianti di riscaldamento degli edifici. Le particelle

immesse nell'aria da queste fonti vengono classificate in base alle loro dimensioni. La

prima grande distinzione è fra particelle allo stato gassoso, cioè singoli atomi, molecole o

ioni di varie sostanze, e particolato, cioè particelle di dimensioni maggiori. Queste ultime,

a loro volta, vengono distinte in particolato fine (PM-2,5), costituito da particelle con

diametro inferiore a 2,5 micron, e particolato grossolano (PM-10), costituito da particelle

con diametro maggiore di 2,5 micron. L'aria inquinata è nociva alla salute di uomini e

animali perché il loro apparato respiratorio non è in grado di impedire che le sostanze

inquinanti raggiungano i polmoni. Se l'aria che inspiriamo contiene altre sostanze oltre a

quelle che fanno parte della sua composizione naturale, anche queste sostanze penetrano

nei polmoni con l'inspirazione; molte di esse possono provocare effetti dannosi. Inoltre,

l'aria inquinata è dannosa per le piante e danneggia i monumenti. Gli effetti dipendono

dalla natura delle particelle, dalla loro concentrazione e dal tempo di esposizione, cioè dal

tempo che una persona trascorre nell'ambiente in cui è presente un dato inquinante. È

particolarmente importante conoscere le relazioni fra la concentrazione di un dato

inquinante e l'entità degli effetti dannosi, perché ciò consente di stabilire dei valori al di

sopra dei quali la concentrazione viene considerata pericolosa e, quindi, diviene necessario

adottare misure adeguate.

Inoltre, l'entità degli effetti dipende dallo stato di salute dei singoli individui.

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SOSTANZE INQUINANTI: IL PARTICOLATO

Come abbiamo già visto, il particolato si distingue in particolato fine (PM-2,5) e particolato

grossolano (PM-10) a seconda delle dimensioni delle particelle che lo costituiscono. Le

dimensioni sono tali per cui le particelle non vengono fermate a livello delle primissime vie

aeree, ma vengono inalate. Arrivano cosi a depositarsi negli alveoli polmonari, formando

uno strato che ostacola lo scambio gassoso fra l’aria e il sangue. Inoltre, possono essere

nocive per la loro natura chimica o perché adsorbono sulla propria superficie altri

inquinanti presenti nell’aria.

La durata della loro permanenza nell’aria dipende anche da fattori climatici quali la

presenza o assenza di venti, la temperatura e il livello di umidità. Vengono trasportate

verso il suolo dalle precipitazioni (pioggia o neve).

Le particelle del particolato fine hanno le dimensioni tipiche degli aerosol e possono essere

sia allo stato solido sia allo stato liquido. Grazie alle loro piccole dimensioni, queste

particelle possono rimanere a lungo sospese nell’aria e

spostarsi lontano dalla sorgente da cui vengono emesse.

Vengono prodotte principalmente dalla combustione dei carburanti degli autoveicoli, dalle

centrali termoelettriche, da alcuni impianti industriali e, nei mesi invernali, dalla

combustione di oli per il riscaldamento.

Fra gli effetti della presenza del PM-2,5 si sono riscontrati disturbi cardiaci e dell’apparato

respiratorio, diminuzione della funzionalità dei polmoni e casi di morte prematura.

Le particelle del PM-10 vengono prodotte principalmente dalle lavorazioni che danno

origine a polveri (ad esempio, preparazione del cemento o macinatura di certi materiali).

L’effetto più comune della loro presenza è un aggravamento dei disturbi in chi soffre di

asma o altre malattie dell’apparato respiratorio.

Possono causare danni anche alle coltivazioni: le polveri emesse dai cementifici si

depositano nelle aree circostanti e, ricoprendo le foglie con uno strato di polvere,

danneggiano le piante.

Le polveri fini (PM10) si presentano a livello mondiale come gli inquinanti più difficili da

combattere perché spesso la loro accumulazione e collegata a fattori meteo-climatici su cui

e difficile se non impossibile intervenire. E’ questo il caso particolare della Regione

Lombardia caratterizzata da un contesto meteo-climatico sfavorevole tipico della pianura

padana (elevata stabilita atmosferica e ridotta velocità del Vento) che da luogo a scarsa

capacita di rimescolamento dell’atmosfera ed all’accumulo di inquinanti soprattutto nel

periodo invernale.

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Inquinamento da PM e salute dei cittadini

Il PM10 è oggi il più diffuso indicatore dello stato di qualità dell’aria ed e il parametro più

utilizzato negli studi sugli effetti sanitari dell’inquinamento ambientale. Un elemento

fondamentale nella valutazione degli effetti é rappresentato dalla corretta misura

dell’esposizione agli inquinanti. Le centraline di rilevamento della qualità dell’aria,

presenti nel territorio regionale, sono importanti strumenti per la stima dell’esposizione

della popolazione

residente, che consentono di seguire l’evoluzione temporale del fenomeno e permettono di

effettuare una valutazione modellistica dell’esposizione.

L’elevata mobilita di gran parte della popolazione e il numero di ore passate in ambienti

indoor (quali l’abitazione, gli uffici, i negozi i ristoranti ecc.) rendono comunque

problematica una stima accurata dell’esposizione effettiva con la sola misura degli

inquinanti presenti all’esterno (outdoor).

In alcune condizioni e momenti della giornata le concentrazioni degli inquinanti

indoor sono di assoluto rilievo tossicologico e andrebbero quindi attentamente valutate

specie in previsione della fissazione di limiti per l’ambiente generale.

Agli inquinanti di origine interna si sovrappongono quelli di origine esterna a causa dei

ricambi d’aria naturali e forzati. Le attività svolte nei diversi locali comportano tempi di

esposizione molto diversificati.

Le fonti di inquinamento indoor sono molteplici e il loro contributo complessivo alla dose

assorbita (indoor + outdoor) e di difficile quantificazione.

Aspetti tossicologici del PM10

Il PM10 e una complessa miscela di elementi metallici e composti chimici organici ed

inorganici dotati di differente tossicità per l’uomo, quando individualmente considerati, e

che possono avere azione tra loro sinergica.

Una delle componenti più rilevanti del PM10 anche dal punto di vista tossicologico é il

particolato emesso dai motori diesel.

Una importante componente del PM10 é rappresentata dai metalli come Pb, Fe, Mn,Cr, Ni,

Pt, dotati di azione generale o localizzata di tipo irritativo, allergico o tossico sistemico.

Aspetti epidemiologici del PM10

Gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute possono essere acuti o cronici. I primi

si manifestano lo stesso giorno dell’esposizione o seguono a distanza di pochi giorni

mentre i secondi si manifestano anche ad anni di distanza dopo esposizioni prolungate nel

tempo.

Gli effetti a breve termine sono stati oggetto di indagini molto ampie e rigorose negli Stati

Uniti ed in Europa che hanno fornito risultati concordanti. Disponiamo anche di dati

riguardanti la situazione italiana, in particolare lo studio "MISA" (Metanalisi Italiana degli

Studi sugli effetti a breve termine

dell’inquinamento Atmosferico) che ha interessato 15 grandi centri urbani italiani, tra cui

la città di Milano nel periodo 2000-2010. Lo studio ha stimato l’incremento della mortalità

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per cause respiratorie e per cause cardiovascolari, nonché dei ricoveri ospedalieri non

programmati per patologie respiratorie, cardiache e cerebro-vascolari, in rapporto ad

incrementi della concentrazione degli inquinanti atmosferici.

NO2, CO e PM10 si sono dimostrati gli inquinanti di maggior rilievo: il loro incremento e

associato ad un aumento della mortalità nei giorni immediatamente successivi a carico di

tutte le cause naturali, le cause respiratorie e le cause cardiovascolari.

Nel complesso, emerge da tutti gli studi condotti sia in Italia sia all’ester0 un’indicazi0ne

concorde circa gli effetti dannosi dell’inquinament0 atm0sferic0 sulla salute umana, sia

nei giorni immediatamente successivi alla comparsa di picchi, sia nel lungo periodo. Le

stime di incremento della mortalità e dei ricoveri ospedalieri sono variabili sia tra città sia

tra studi.

COME PREVENIRE L’INQUINAMENTO DELL’ARIA

Per prevenire l’inquinamento dell’aria bisogna evitare di immettervi le sostanze che la

inquinanti. I metodi sono diversi a seconda che si tratti di inquinanti emessi da industrie o

di inquinanti prodotti nell’ambito di quella che potremmo chiamare la vita quotidiana

(appartiene a quest’ultima categoria, ad esempio, l’inquinamento da automobili) In questo

paragrafo considereremo le tecniche

di prevenzione che riguardano più specificamente l’industria.

Il particolato (comprese le polveri) può essere abbattuta mediante filtrazione meccanica,

precipitazione elettrostatica, separazione tramite ciclone, separazione tramite lavaggio, e

impiego di metodi acustici.

La filtrazione intesa come separazione di particelle da un fluido gassoso può essere

necessaria:

· per ragioni economiche, ovvero per recuperare la parte di polvere che come prodotto o

reattivo non trasformato altrimenti andrebbe dispersa;

· per motivi igienici e ambientali, ovvero per limitare la dispersione di polveri in ambiente

di lavoro oppure nell’ambiente esterno.

E’ bene evidenziare la distinzione tra polveri, fumi e nebbie:

· polveri : particelle solide di dimensione media compresa tra 10 e 50 micron;

· fumi: particelle solide fine di dimensione media comprese tra 1 e 15 micron;

· nebbie: sospensione di gocce liquide di dimensione tra 2 e 15 micron , in un gas.

Il meccanismo usato per separare le tre tipologie è analogo, ovvero si tratta sempre di

trattenere all’uscita la parte corpuscolare dispersa nel fluido, processo realizzato

utilizzando filtri nelle tipologie a secco o a umido:

· sono filtri a secco quelli che separano le particelle per azione meccanica o elettrostatica.

· sono filtri a umido quelli che separano le particelle mediante “lavaggio” del gas in

opportune colonne a riempimento.

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FILTRO A MANICA

I filtri a manica sono costituiti da un insieme di tubi di tela a trama fitta tenuti ad una

estremità da anelli fissati a loro volta in una camera, con fori in corrispondenza ad ogni

tubo. L’aria entra nei tubi come indicato nello schema a fianco, e deposita la polvere sulla

superficie interna della tela mentre l’aria

depurata esce; la polvere viene scossa mediante sistemi automatici e raccolta in un cassone

alla base.

La pulizia delle tele può avvenire mediante getti di aria compressa dall’interno verso

l’esterno delle maniche, attraverso delle elettrovalvole, comandate mediante controllo

elettronico.

La capacità filtrante del sistema così come le condizioni ambientali in cui può essere

utilizzato dipendono dalle caratteristiche del tessuto: così ad esempio filtri in lana di vetro

possono essere usati per il funzionamento a temperature di esercizio di 200 °C.

La camera che contiene le maniche è generalmente ispezionabile attraverso opportuni

portelloni.

I diversi tipi di tessuto per diverse granulometrie di polveri definiscono anche la velocità di

filtrazione, che sarà maggiore per dimensioni maggiori delle polveri.

Il dimensionamento di un filtro a maniche necessita dei seguenti dati:

- caratteristiche chimico-fisiche delle polveri;

- temperatura dell’aria da trattare;

- posizione della fase che genera le polveri relativa a quella dell’impianto di abbattimento e

altezza da terra dell’impianto.

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Campi di applicazione e limiti di operatività

I filtri a maniche trovano impiego nei seguenti settori: produzione ceramiche, alimentari,

gomma , cementifici, industria estrattiva.

Operazioni di stoccaggio, movimentazione, trasporto pneumatico, miscelazione, pesatura e

confezionamento di materiali solidi polverulenti

- Operazioni di levigatura, sabbiatura, smerigliatura, carteggiatura, bordatura, taglio di

superfici di vario tipo e materiale.

- Operazioni di fusione di materiali metallici, vetrosi ed altro tipo

- Operazioni di combustione di materiale solido e rifiuti

- Operazioni di verniciatura con prodotti in polvere

Efficienza di abbattimento

L’efficienza di abbattimento può essere molto alta e raggiungere il 99%, purché il

dispositivo sia utilizzato nelle condizioni ottimali, soprattutto per i filtri a maniche.

L’efficienza dei sistemi di filtrazione si valuta esaminando i vari parametri che influenzano

l’abbattimento del particolato.

La temperatura operativa dei vari filtri deve sempre essere superiore al punto di

condensazione dei vapori presenti nell’aria da depurare. Infatti se l’acqua condensa, lo

strato di polveri già depositato sulla superficie del filtro si inumidisce e questo causa un

aumento della resistenza al passaggio dell’aria. Inoltre la presenza di una fase acquosa

favorisce la dissoluzione di eventuali composti acidi presenti nei depositi e quindi alla

lunga porta alla corrosione dei vari componenti dell’impianto, in particolare maniche ed

intelaiature di sostegno. Per evitare questo rischio, è possibile ricorrere al

preriscaldamento del sistema di abbattimento prima dell’utilizzo.

L’installazione di un pressostato (misura la pressione dell’aria) permette di valutare la

caduta di pressione lungo gli elementi filtranti, per verificare che i valori rientrino nei

limiti di riferimento e che non vi siano degli intasamenti.

L’individuazione delle infiltrazioni d’aria nell’impianto riveste un ruolo fondamentale, in

genere se sono udibili bisogna anche valutarne la portata.

La semplice osservazione dei camini di scarico risulta molto utile, in genere un aumento

delle emissioni visibili indica una riduzione nell’efficienza di abbattimento. La causa di una

evidente fuoriuscita di polveri dal camino può essere ricondotta alla rottura dei filtri, ad un

problema di tenuta causato da una installazione non corretta, oppure a errata

progettazione e dimensionamento (non si usano gli elementi filtranti più idonei).

Il problema del distacco delle sacche filtranti può essere dovuto ad un difetto dei supporti,

ad un deposito di polveri eccessivo, ad un ciclo di pulizia troppo frequente, ad uno

scuotimento troppo violento, e nei sistemi che usano aria compressa per la pulizia ad una

pressione eccessiva.

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Costi di investimento e di esercizio

Il costo di investimento è relativamente contenuto, e dipende fortemente dalle

caratteristiche degli elementi filtranti (tessuto di cui sono fatte le maniche) e dei dispositivi

di controllo della pressione.

Il costo di esercizio è legato alle caratteristiche del flusso da trattare e all’usura che genera

sulle maniche, richiedendone la sostituzione.

La manutenzione ordinaria non richiede di norma interventi specialistici, ma di semplice

controllo e pulizia.

Vantaggi e svantaggi nell’utilizzo

Si tratta di sistemi di semplice gestione che spesso in funzione dell’intervallo

granulometrico delle polveri, devono essere preceduti da altri dispositivi di abbattimento

come ad esempio cicloni per garantire la massima efficienza.

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FILTRI ELETTROSTATICI

I filtri elettrostatici sfruttano la precipitazione elettrostatica; le particelle opportunamente

caricate in un campo elettrico, si muovono con velocità più elevate di quelle realizzabili in

campi gravitazionali ed inerziali.

Il particolato è in genere elettricamente neutro e pertanto per sfruttare la precipitazione

elettrostatica, è necessario caricarlo elettricamente. Questo avviene all’interno del filtro

stesso, sfruttando l’”effetto corona”.

L’effetto corona si realizza mediante un dispositivo costituito da due elettrodi, di cui uno è

un filo e l’altro un elettrodo ad ampia superficie. Tra i due elettrodi si impone una

differenza di potenziale di alcune decine di migliaia di volt, tale da rendere l’aria

conduttiva per dissociazione elettrica dei gas che la compongono. Se il filo è caricato

negativamente, si forma intorno ad esso un’area costituita da uno strato sottile a forma di

corona nel quale il campo elettrico è sufficientemente intenso per causare la dissociazione

delle molecole di gas; in questa zona intorno al filo, si crea e si autosostiene una densa

nube di ioni positivi e di elettroni a forma, appunto, di corona . Essendo il filo caricato

negativamente gli elettroni si muovono verso la parete dell’elettrodo positivo e,

allontanandosi vengono catturati dalle molecole dei gas costituenti l’atmosfera locale, che,

di conseguenza, si caricano a loro volta negativamente: le particelle solide che si trovano

tra filo e parete del tubo, assorbono nelle loro porosità le molecole di gas e risultano così

caricate.

A questo punto le particelle di polvere muovono veloci verso il tubo (elettrodo positivo)

dove vengono catturate e trattenute.

L’aria o il gas contenente polveri viene aspirato e convogliato nella zona del campo

elettrico, dove il materiale solido inizia a depositarsi sulla parete. Tale deposito deve essere

periodicamente rimosso o attraverso l’azione detergente di un liquido, in particolare nei

casi in cui sia necessario associare all’abbattimento una reazione di trasformazione chimica

delle polveri stesse, oppure mediante azioni meccaniche come percussione o vibrazione

che porta a raccogliere le polveri in un serbatoio.

La manutenzione ordinaria richiede che periodicamente gli elementi metallici che

costituiscono il filtro vengano estratti lavati.

Per semplificare e rendere meno onerosa la manutenzione nei dispositivi più moderni il

lavaggio viene fatto automaticamente dalla macchina stessa, secondo cicli predeterminati:

i filtri autopulenti per vibrazione sono generalmente usati per polveri con basso contenuto

di umidità (fumi da saldatura ed emissioni da lavorazioni meccaniche a secco), gli

autolavanti ad acqua trovano impiego per il trattamento delle emissioni caratterizzate da

nebbie oleose e polveri umide (da lavorazioni meccaniche ad umido con acqua emulsionata

o fluidi da taglio).

Comunemente vi sono 3 tipi diversi di precipitatori elettrostatici:

- gli elettrofiltri a secco con corona negativa;

- gli elettrofiltri ad umido con corona negativa;

- gli elettrofiltri ad umido con corona positiva.

Di questi i primi sono di gran lunga i più diffusi nelle applicazioni industriali.

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Campi di applicazione e limiti di operatività

Il campo di applicazione degli elettrofiltri a secco si suddivide in due settori:

· il settore professionale nell’ambito civile di filtrazione aria ambiente da inquinanti come

fumo di sigaretta, polveri, pollini;

· il settore industriale per la

filtrazione di nebbie oleose,

fumi di saldatura, polveri

fini.

Il sistema non è adatto a

qualunque tipo di polvere:

devono essere particelle che

sono in grado di caricarsi,

che non creano problemi di

flusso e che hanno una

opportuna resistività le

particelle con resistività

superiore causano una

caduta di tensione

all’interno dello strato di

polvere sulla parete del tubo, con formazione di turbolenze nel deposito e di bolle d’aria

cariche negativamente che respingono l’ulteriore accumulo di particelle, mentre resistività

inferiore a 104Ohm*cm rende probabile la perdita di carica da parte delle particelle, con

conseguente perdita di coesione del deposito che tende a disperdersi nuovamente nel

flusso di aria.

E’ possibile comunque, nel caso manchino le condizioni ideali, modificare opportunamente

il flusso di particelle per aggiunta di sostanze che influenzino positivamente la condizione

non rispettata.

Per alcune particelle ad esempio la resistività può essere aumentata operando ad una

temperatura opportuna, mentre, se la resistività è troppo elevata, può essere abbassata per

aggiunta di anidride solforosa, acido solforico, carbonato di sodio.

Efficienza di abbattimento

L’efficienza di abbattimento può essere molto alta e raggiungere il 99%, anche su

granulometrie molto ridotte. L’indicatore più diretto del rendimento dell’elettrofiltro è

l’opacità del flusso d’aria in uscita. Alcuni grandi precipitatori elettrostatici sono dotati di

monitor appositi detti opacimetri che sono in grado di rilevare anche le piccole deviazioni

nell’opacità media. Comunque le rilevazioni sulle emissioni visibili possono essere fatte

anche a vista, risulta infatti abbastanza facile intuire un malfunzionamento

dell’elettrofiltro se all’uscita compaiono degli sbuffi di fumo.

Spesso i picchi di opacità si possono ricondurre al rientro del particolato nel flusso d’aria

trattato durante l’azione dei percussori oppure ad un aumento della presenza del

particolato a monte dell’elettrofiltro. Anche le variazioni nella resistività del particolato

possono comportare un aumento delle emissioni a valle del precipitatore elettrostatico.

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Il controllo delle variazioni del voltaggio, della corrente e del numero delle scariche

elettriche permette di evidenziare eventuali problemi di funzionamento.

Nel dispositivo di percussione è necessario controllare periodicamente le condizioni

generali strutturali, l’intensità delle percussioni e la loro frequenza in modo tale da

regolarle sulla base delle condizioni di resistività del articolato; in generale, infatti, la

frequenza delle percussioni è maggiore nella parte in corrispondenza dell’entrata del flusso

d’aria da trattare, dove la deposizione è

maggiore, mentre diminuisce progressivamente verso l’uscita.

Se la resistività è bassa, il particolato viene trattenuto debolmente e quindi frequenza e

intensità delle percussioni devono essere moderate, mentre se la resistività è alta il

particolato aderisce più tenacemente per cui serve una maggiore intensità e frequenza, nel

rispetto dei limiti di resistenza meccanica e strutturale dei percussori stessi e delle piastre

di raccolta.

Un altro problema che si può verificare è quello delle infiltrazioni d’aria nell’elettrofiltro.

Queste infiltrazioni possono portare spesso ad una perdita dell’isolamento degli elettrodi o

alla corrosione

delle parti metalliche a causa delle condensazioni acide favorite dall’umidità.

Costi di investimento e di esercizio

Il costo di investimento del sistema è piuttosto elevato; una stima dei costi di investimento

per un impianto di caratteristiche medie, al netto di opere aggiuntive è di circa 10 - 12 euro

al m3 di portata.

I costi di esercizio dipendono dall’energia impiegata e dalle necessarie manutenzioni e

controlli.

Vantaggi e svantaggi nell’utilizzo ambientali

Opera con alte efficienze e base perdite di carico, ma comporta ingombri notevoli e costi di

installazione e manutenzione tutt’altro che trascurabili; l’ingombro elevato è dovuto al

fatto che il funzionamento dei dispositivi è ottimale per velocità dell’aria inferiori a 1,5

m/sec, quindi è necessario operare con grandi sezioni.

Tra i principali vantaggi ricordiamo:

· la possibilità di ottenere alte efficienze di filtrazione. Sono, infatti, frequenti rendimenti

superiori al 99%;

· la possibilità di abbattere particelle di diametro molto ridotto, non esistendo un limite

teorico inferiore per la ionizzazione dei corpuscoli;

· la possibilità di ottenere il recupero del particolato senza modificarlo, allo stato secco; ciò

rende possibile, in molti processi produttivi, il reimpiego di materie prime costose;

· l’assenza di parti in movimento, che aumenta l'affidabilità;

· la possibilità di operare a temperature di esercizio molto elevate e in condizioni

ambientali aggressive (ad esempio in nebbie corrosive);

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· la relativamente bassa potenza installata rispetto al flusso trattato, 1 kW per un

elettrofiltro da circa 10.000 m3/h.

Tra gli svantaggi:

· il costo iniziale alto;

· il fatto che gli elettrofiltri funzionano bene solo in condizioni operative costanti;

· l'ingombro del filtro che a volte può diventare eccessivo;

· la necessità di ricorrere ad una prefiltrazione per non sovraccaricare il filtro;

· la necessità di impiegare particolari cautele, visto l'impiego di tensioni molto elevate.

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LA GUERRA D’ETIOPIA

I motivi dell’impresa

In campo coloniale, la politica del regime fascista

fu inizialmente rivolta a consolidare i possedimenti

italiani in Africa come la Libia, l’Eritrea e la

Somalia.

In precedenza tra il 1921 e il 1930 in Libia, il

Maresciallo Garzani aveva stroncato la resistenza

degli arabi facendo ricorso anche a rappresaglie,

deportazioni, esecuzioni e provocando migliaia di

vittime.

Vennero lanciate bombe incendiarie sui campi

d’orzo dei ribelli, con mitragliamenti in numerose

oasi. Non si trattava di azioni contro forze armate,

bensì di bombardamenti indiscriminati della

popolazione civile, con l’obiettivo di indurla a non appoggiare gli uomini in armi. Si voleva

fare “terra bruciata” attorno ai ribelli e, in effetti, questa politica del terrore spinse migliaia

di uomini, donne e bambini a lasciare la Libia. A tal fine si sganciarono anche bombe

cariche di gas tossici, da parte delle forze armate italiane appare ancor più riprovevole se si

considera che le grandi potenze si erano formalmente impegnate a non farne uso.

Nonostante l’estrema durezza della repressione, in alcune regioni la resistenza libica

sopravvisse, Badoglio (governatore della Libia), decise allora di occuparsi personalmente

del problema. Egli fece deportare e chiudere in campi di concentramento circa 100000

Arabi, questa cifra rappresenta esattamente la metà degli abitanti indigeni. In nessun’altra

colonia italiana la repressione ha assunto i caratteri e le dimensioni di un autentico

genocidio.

Nelle colonie vennero quindi assegnati ai contadini italiani 65000 ettari di terre incolte e

con il sostegno del governo, imprese do colonizzazione: furono costruite strade e

infrastrutture e venne sviluppata la produzione di cotone e di banane, impegnando la

manodopera indigena.

In una prima fase si può vedere che Mussolini aveva puntato alla creazione di una

atmosfera di pace; si trattava di una strategia obbligata per consolidare il regime fascista e

migliorarne l’immagine in Europa.

In una seconda fase, il regime si sentì più forte e ritenne di potersi affermare anche oltre

confine, incoraggiando il militarismo e il riarmo (ciò determinò un inasprimento dei

rapporti internazionali). Ponendosi dunque nell’ottica della valorizzazione della forza della

nazione italiana, aveva già deciso di conquistare nuovi territori in Africa. Con questa

impresa intendeva trasformare in realtà le affermazioni secondo cui il regime fascista

avrebbe portato l’Italia a diventare una grande potenza e quindi a raggiungere l’obiettivo

che il precedente Stato liberale non aveva conseguito.

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Mussolini decise di rompere gli indugi e di

dare inizio a una politica di espansione in

Africa ai danni dell’impero abissino in

Etiopia, uno stato indipendente allora

retto da Hailé Selassié. Si trattava di

completare la conquista del corno d’africa,

dove già esistevano colonie italiane.

Ricordiamo che l’Abissina era un

tradizionale obiettivo coloniale italiano, lì

era maturata la cocente sconfitta di Adua

del 1896, e che l’Etiopia costituiva

pressoché l’ultimo lembo di terra africana

rimasto indipendente dalle potenze

occidentali e quindi l’unica occasione per

dimostrare a livello nazionale la solidarietà

interna del regime fascista.

Secondo Mussolini la conquista

dell’Etiopia avrebbe ottenuto un tacito

consenso di Francia e Gran Bretagna e la

Società delle Nazioni non sarebbe intervenuta. Ma pochi giorni dopo l’aggressione l’Italia

venne condannata in quanto aggressore di un altro paese membro dell’associazione.

Tuttavia questo non indebolì Mussolini, anzi gli diede la possibilità di assumere

atteggiamenti vittimistici, denunciano l’ennesimo tentativo di «strangolare» l’Italia e

impedire di conquistare il suo «posto al sole». Un ottimo argomento propagandistico che

garantì al regime il consenso dell’opinione pubblica nazionale fu un dono di massa: milioni

di sposi donarono le proprie fedi nuziali alla patria e i giornali denigrarono gli etiopi come

popolo da civilizzare. Fu probabilmente questo il periodo in cui il Fascismo ebbe il maggior

successo popolare.

L’aggressione

Il 3 ottobre 1935 il duce approfittò di un attacco di bande etiopiche contro un presidio

italiano per aprire le ostilità senza dichiarazione di guerra e ordinò alle truppe presenti in

Eritrea (guidate dal generale De Bono) e in Somalia (guidate dal generale Graziani) di

superare il confine, adducendo come motivazione la “missione civilizzatrice” dell’Italia e il

suo diritto ad avere un “posto al sole”. I soldati mobilitati erano 110000 provenienti

dall’Italia e 50000 truppe coloniali.

L’”avventura” dei militari italiani risultò ardua, per le grandi difficoltà incontrate nella

guerra contro l’impero abissino: sia per la guerriglia scatenata dalla popolazione locale, sia

per la vastità e l’asperità del territorio nel quale si sarebbero svolte le operazioni militari,

che era privo di strade e ricco invece di zone montuose.

La campagna richiese sette mesi per arrivare ad occupare Addis Abeba, la capitale.

I due generali non esitarono durante la campagna a ricorrere all’uso di armi come gas

asfissianti e tossici.

MAPPA DEL CORNO D'AFRICA CON LE

OFFENSIVE DEI MILITARI ITALIANI

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La proclamazione dell’impero

Il 9 maggio 1936 Mussolini poté annunciare la fine della guerra e la nascita di un”impero

dell’Africa orientale italiana”: offrendo la corona di imperatore d’Etiopia a Vittorio

Emanuele III (con Badoglio viceré). Il Duce, al quale fu attribuito il titolo di “fondatore

dell’impero”, raggiunse allora il massimo del consenso e della popolarità.

Anche se dal punto di vista economico l’Etiopia non si rivelò un paese ricco di risorse e

poco adatto alla coltivazione, dal punto di vista politico l’operazione fu un successo:

nell’estate stessa le sanzioni imposte dalla Società delle Nazioni furono ritirate e Francia e

Gran Bretagna riconobbero l’impero italiano d’Africa. In questo la Società delle Nazioni

manifestò la sua impotenza a risolvere le controversie di tale portata.

Le conseguenze e l’ Asse Roma-Berlino

La guerra costò all’Italia l’uscita dalla Società delle Nazioni

(che aveva adottato delle sanzioni contro il nostro paese) e

l’isolamento in ambito europeo,. In tale situazione Mussolini,

vedendo preclusa la possibilità di rinnovare l’intesa con Gran

Bretagna e Francia, si risolse a cercare un’alleanza con la

Germania di Hitler. La Germania durante la Guerra d’Etiopia

venne in aiuto dell’Italia con una serie di interventi

economici: infatti non aderendo alla Società delle Nazioni essa

non era vincolata al rispetto del blocco.

Così questo avvicinamento si trasformò rapidamente in

un’alleanza politica che si concretizzò nell’ottobre del 1936

con un accordo definito dallo stesso Mussolini Asse Roma-Berlino. Tale accordo in verità

non costituiva una vera e propria alleanza militare, ma riconosceva il rapporto sempre più

stretto fra i due paesi, in quanto prevedeva l’impiego comune a lottare contro il

comunismo e una reciproca consultazione sulle questioni internazionali.

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GIUSEPPE UNGARETTI E I

SUOI RAPPORTI COL FASCISMO

L’importanza storica di Ungaretti si lega non solo al valore artistico della sua poesia ed

all’influenza che ha esercitato sulle esperienze letterarie successive, ma anche per la sua

personalità. Da una parte egli cercava l’equilibrio, la purezza e l’armonia; dall’altra sentiva

il bisogno di tensione e trasgressione: il culto della parola è stato l’elemento poetico di

collegamento fra le due componenti. A tale proposito mi è parso interessante notare come

anche il suo rapportarsi con la realtà politica del tempo ed in particolare il fascismo, possa

rientrare in tale dinamismo caratterizzato da aspetti contrastanti.

La sua vita in sintesi

- Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1888, e trascorre l’infanzia in

Africa, dove il padre lavora per la costruzione del Canale di Suez. Dopo il liceo si

trasferisce a Parigi, dove conosce molti intellettuali.

- Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, si arruola volontario per il fronte del

Carso. Da questa esperienza nascono alcune sue poesie.

- Dopo la guerra ritorna in Francia. Rientra in Italia nel 1921.

Nel 1933 esce "Il sentimento del tempo", la raccolta che segna l’inizio della sua

seconda fase poetica. Le liriche sono più lunghe e le parole più complesse.

- Nel 1939, si trasferisce in Brasile per insegnare letteratura italiana all’Università di

San Paolo. Nel 1944 inizia la terza fase di produzione poetica, più meditativa e

stilisticamente meno innovativa. Il poeta riflette sulla vita, derivata dall’età.

- Torna in Italia nel 1942, a Roma, dove insegna all’Università di Roma appunto.

- Muore a Milano nel 1970, dopo la sua ultima lirica "L’impietrito e il vellutato".

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Caratteri

Le poesie di Ungaretti, sono molto diverse da quelle degli altri poeti contemporanei, infatti

viene definito il precursore dell’ermetismo (movimento letterario che verrà definito negli

anni trenta). Esse sono a volte composte da una sola frase, mancano di punteggiatura ed il

titolo ha notevole importanza.

Le caratteristiche principali di Ungaretti sono:

- Poesie brevi: questa forma letteraria, difatti, dà poca importanza alla lunghezza della

poesia, esaltando invece le emozioni forti, a volte molto evidenti, a volte nascoste, suscitate

tramite una parola, la religione della parola: parola che si carica di un enorme significato.

- Mancanza della punteggiatura: la mancanza della punteggiatura dà alla poesia un senso

di dolore. Infatti, le poesie di Ungaretti sono molto tristi, essendo ispirate dalla Prima

Guerra Mondiale. Anche gli spazi tra una strofa e l’altra sono importanti: danno alla poesia

un ritmo simile ad un singhiozzo e per dare alla parola il massimo risalto e la massima

efficienza espressiva.

- L’importanza del titolo: il titolo, nelle poesie ermetiche, è molto importante. In esse,

infatti, è racchiuso tutto il significato della poesia, e, a volte, ne è racchiusa la morale.

- Sconvolgimento della metrica: adotta versi per lo più brevissimi, fino a far coincidere il

verso con la parola.

- Potenzia al massimo l’espressività dei nomi e dei verbi usati spesso in modo assoluto e

isolati sulla pagina con l’uso dello spazio bianco.

- Ribellione alla forma poetica tradizionale.

- Taglio autobiografico della poesia: lui più di altri fa tesoro delle sue esperienze di vita e le

riporta nelle sue produzioni in modo unico.

L’adesione di Ungaretti al fascismo

«Patria e rivoluzione: ecco il grido nuovo. (...) Aderisco ai fasci di combattimento, il solo

partito che intende la tradizione e l'avvenire, in modo genuino.»

Con queste parole espresso su “Il Popolo d'Italia” il 13 novembre 1919 Ungaretti

esprimeva un parere favorevole all’iniziale movimento fascista.

Egli aderì al fascismo firmando il “Manifesto degli intellettuali

fascisti” nel 1925.

L’adesione al fascismo da parte di Ungaretti è un problema

notevole della critica letteraria e biografica, che appare curioso ed

andrebbe indagato a fondo sebbene non sia mai stato preso

seriamente in considerazione.

Le sue poesie contro la guerra e poi la sua sensibilità e umanità

chiaramente espresse sono in stridente contraddizione con

l'adesione ad un movimento che faceva della persecuzione politica e

poi dell'alleanza con il nazismo, i suoi mezzi di lotta correnti.

Contraddizione ancor più evidente se si pensa al nuovo massacro del secondo conflitto

mondiale, del tutto simile a quello a cui lo stesso Ungaretti si riferiva e che condannava

nelle sue liriche del 1915-1916. Non a caso nel 1944 scrisse contro la guerra: "Non gridate

più", e la raccolta del "Dolore".

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Tuttavia le sue pubblicazioni non inficiarono i suoi rapporti con il fascismo e con

Mussolini, da cui ricevette innegabili vantaggi, come la cattedra di Letteratura italiana

all’Università di Roma.

Interessante, a questo proposito appare il ritrovamento di una lettera, in cui il poeta

come rivolgendosi ad un mecenate chiedeva a Benito Mussolini di stendere una

prefazione alla sua raccolta poetica.

Il capo del fascismo, secondo il poeta, era l'unico, in quel momento, capace di offrirgli un

riconoscimento ufficiale adeguato al proprio valore artistico, attraverso il quale migliorare

anche il tenore di vita.

E' quanto emerge dalla lettera inedita con la quale Ungaretti richiese a Mussolini

(ottenendola) la prefazione alla sua più celebre raccolta poetica, ''Il porto sepolto'',

stampata a La Spezia nel 1923.

Il documento autografo, conservato all'Archivio Centrale dello Stato, e' stato ritrovato da

Francesca Petrocchi, ordinario di letterature moderne comparate all'università' di Viterbo,

che lo ha inserito nel volume ''Scrittori italiani e fascismo'', di prossima pubblicazione

dall'Archivio Guido Izzi di Roma.

La scoperta mostra che fu proprio Ungaretti a contattare direttamente Mussolini, senza

la mediazione di Ardengo Soffici o Ettore Serra, come sostenuto da alcuni studiosi.

La lettera datata 5 novembre 1922 (il 31 ottobre il leader fascista era diventato capo del

governo, tre giorni dopo la marcia su Roma) ed apre il ''fascicolo Ungaretti'' conservato tra

le carte della Segreteria Particolare del Duce.

In essa Ungaretti ricordava che il suo ''valore di poeta'' era stato riconosciuto tra gli altri,

da Soffici, Papini e Prezzolini, così come da molti illustri intellettuali francesi (Apollinaire,

Breton), i quali lo avevano esaltato ''con parole non più usate da lungo tempo verso uno

scrittore d'Italia''.

Scriveva perciò a Mussolini: ''Meriterei di essere da un pubblico più vasto conosciuto ed

amato. Finora non conosco bene che la fame. L'Italia nuova deve sapere dare di più al

valore. Vuole Vostra Eccellenza che la rinnovata italianità sta consacrando, innalzare

anche la mia fede? Ricorro a V. E. come a un signore della Rinascenza. Quando l'Italia e'

stata grandissima nel mondo, i potenti non sdegnarono di coronarla di bellezza ch'e' la

sola cosa non peritura”.

A parere di Ungaretti, ''poche righe di prefazione'' da parte del nuovo capo di governo -

''quando le gravi cure dello Stato le daranno un momento di tregua'' - sarebbero state per

lui ''agli occhi di tutti, un gran segno d'onore''.

Conclusione

Non abbiamo alcuna notizia di un ripensamento di Ungaretti in merito alla sua adesione

al fascismo, neppure dopo la caduta del regime stesso.

Tale interesse per il fascismo rimane, dunque, una grande ombra sulla sua vita e sulla sua

dimensione morale. D'altra parte la sua poesia e le sue riflessioni, cariche di umanità,

testimoniano la genuinità della sua lirica, che non era certo al servizio del "regime".

Non pare esserci una risposta certa all’interrogativo su come potesse conciliarsi in

Ungaretti l'alta valenza morale ed umana delle sua poetica con la propria posizione

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politica: forse la motivazione è da ritrovarsi più che nel poeta nell’uomo che vive il suo

tempo e crede in ciò che fa , nella propria parola e vuole affermarla in tutti i modi.

Il caso “Ungaretti” come per altri autori italiani (si consideri per esempio Pirandello)

consente di capire quanto l’autore in rapporto alla realtà sociale e politica del suo tempo

abbia assunto una posizione originale. Egli, infatti si è posto più su un piano biografico-

che prettamente ideologico: in fondo forse il suo era un volere dichiarare il proprio IO

lirico e la storicità della sua poesia quale espressione di un sentire anche collettivo.

A seguire si presentano in sintesi alcuni aspetti fondamentali delle sue tre principali

raccolte.

RACCOLTE

La poetica di Ungaretti è legata alla sua biografia, poiché le esperienze di vita del poeta

influenzano notevolmente il suo modo di scrivere e i temi trattati. In particolar modo, la

guerra e il suo ruolo di soldato ispirano alcune tra le sue opere più famose nelle quali

esplora e spiega un aspetto della vita a lui nuovo.

Le sofferenze patite, la morte che ritrova continuamente sui campi di battaglia e nelle

trincee e molti altri drammi causati dal conflitto di cui è protagonista, donano al poeta

nuovi strumenti espressivi.

Consideriamo brevemente nei loro tratti distintivi le tre fondamentali raccolte poetiche di

Ungaretti : “L’Allegria”, “Sentimento del tempo”, “Il dolore”.

“L’ allegria”

La raccolta “Allegria di naufragi”, mette in luce lo

stile particolare del poeta; i versi sono spezzati e la

metrica viene completamente alterata. Alcuni versi

sono composti da singole parole e l'elemento

dominante è senza dubbio l'analogia, tipica

dell'ermetismo. La poesia, per rendere meglio, andava

quindi recitata.

L'espressione ermetica era basata quindi sul tentativo

di restituire alla poesia un valore e un significato

essenziale e a tratti profondo ed oscuro.

L’Allegria è il titolo definitivo assunto dalla

raccolta “Allegria di naufragi”, il cui nucleo originario è

costituito dalle poesie di “Il porto sepolto”. L’Allegria fu sottoposta a numerose

rielaborazioni, aggiunte e varianti, fino all’edizione definitiva del 1942.

Tema fondamentale dell’Allegria è quello della guerra, a cui il poeta partecipò in prima

persona. I versi di Ungaretti scoprono nella guerra la solitudine e la fragilità della sorte

umana, che proprio nel momento della sofferenza fanno emergere il senso di fratellanza e

di solidarietà che istintivamente legano ciascun uomo. Nel momento del più elevato

rischio, quando la condizione umana sfiora di continuo la morte, tanto più forte si fa

l’attaccamento alla vita e il desiderio “religioso” di armonia con l’universo.

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La prima esile raccolta di liriche, “Il Porto Sepolto”, comprende le poesie scritte al fronte

durante la prima guerra mondiale, per ognuna delle quali l’autore ha indicato la data e il

luogo di composizione. Il nucleo originario è costituito dalle poesie scritte quasi tutte in

trincea, annotate su pezzi di carta, e sono prevalentemente legate all’esperienza dolorosa

della guerra.

Il porto sepolto, cui allude il titolo della prima raccolta, è l’antico, mitico porto

sommerso di Alessandria. La poesia di apertura, che ha lo stesso titolo, è al tempo stesso

una dichiarazione di poetica: il poeta è colui che si immerge fino al porto sepolto,

ritornando alla luce con i propri versi. La metaforica discesa fino al porto sepolto è

un’immersione che si spinge a ritrovare il nucleo nascosto, un “segreto” che non sarà mai

possibile sciogliere, ma il poeta può capire qualche cosa di più, e deve restituire agli altri i

frammenti di verità che è giunto a conoscere, lasciando una traccia misteriosa, quasi

invisibile, e tuttavia inesauribile.

Il titolo successivo, “Allegria di naufragi”, fa riferimento alla drammaticità della guerra

ma anche, più in generale, alla vita, costellata da tutta una serie di naufragi, di sconfitte, di

delusioni, di tragedie. Da ogni sconfitta bisogna però risollevarsi e ricominciare da capo.

L’allegria rappresenta, appunto, la forza vitale insita nell’uomo, capace di risollevarsi e

riprendere il cammino. La poesia che dà il titolo alla raccolta presenta un altro tema

centrale, quello del viaggio, dell’uomo naufrago.

Nell’Allegria la metrica tradizionale si disgrega, scompare la punteggiatura, il verso si

spezza e si frantuma. La brevità del verso mette in evidenza la parola poetica, che fa

riemergere dal fondo della memoria momenti di vita intensamente vissuti, immagini e

frammenti di verità che, ripescati dal vuoto e dal nulla, nella loro essenzialità assumono un

senso profondo. La poesia tende ad esaltare l’essenzialità delle parole, che non sono quelle

letterarie, ma del linguaggio di tutti. Il verso scarnificato si compone spesso di poche

sillabe, l’uso degli spazi bianchi, delle pause di silenzio, obbligano a una lettura lenta,

scandita e suggeriscono sensazioni, immagini, sentimenti.

“Sentimento del Tempo”

La raccolta,intitolata "Sentimento del tempo" (scritta

nel 1933) mostra un cambiamento nella poetica di

Ungaretti. In essa, possiamo assistere a quello che è di

fatto un tentativo di recupero delle fede, intesa come

un'ancora di salvezza per l’uomo tormentato.

In questa seconda raccolta il poeta mette in secondo

piano, rispetto alla raccolta precedente, i temi

autobiografici e punta molto di più su riflessioni

generali e di tipo esistenziale. Anche la metrica subisce

un'evoluzione, riavvicinandosi a stili e regole più

tradizionali.

Il titolo allude al sentimento del rapido fluire del

tempo, della vita che scorre veloce, del destino di provvisorietà dell’uomo. Non troviamo

più i frammenti di vita vissuta in trincea, ma meditazioni sul tempo che fugge inesorabile,

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sulla memoria, sulle persone amate, sulla morte, sui miti, su Dio e l’eterno. Con

“Sentimento del Tempo”, Ungaretti orienta la sua poetica e il suo stile verso il recupero

della tradizione aulica e di una forma più esuberante, adottando metri classici come

l’endecasillabo; anche il discorso acquista un respiro più ampio, mentre si fa più intensa la

componente religiosa della sua poesia. Qui il poeta ha la consapevolezza che il tempo è

cosa effimera rispetto all’eterno. La poesia aspira a dar voce ai conflitti eterni, a

interrogativi drammatici: solitudine e ansia di una comunicazione con gli altri, rimpianto

di un’innocenza perduta e ricerca di un’armonia col mondo.

“Il Dolore”

La terza raccolta del 1947 "Il dolore" vede il ritorno della biografia nella poesia di

Ungaretti, in seguito alla morte del figlio Antonietto, a cui dedica alcune delle liriche. Essa

è molto significativa e importante sia dal punto di vista letterario che biografico.

“Il dolore” contiene 17 liriche dedicate al figlio e altre poesie di contenuto storico (sulla II

guerra mondiale). Qui il discorso diventa più composto, quasi rasserenato. Toni e parole

paiono affiorare da un’alta saggezza raggiunta al prezzo di una drammatica sofferenza. Il

poeta esprime una inappagata ma inesauribile tensione alla pace e all’amore universali.

Nel Dolore la riflessione sulle sventure personali si intreccia a quella sulle sofferenze

universali in un unico tragico senso dell’esistenza.

Nelle ultime raccolte, la prospettiva cambia ancora in senso più intimista e Ungaretti,

ormai vecchio, medita su se stesso e tenta un bilancio complessivo della propria esperienza

di uomo e di poeta.

I versi di Ungaretti sono riuniti nel volume “Vita di un uomo”, che uscì l’anno prima della

morte dello scrittore nel 1970.

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PROCESSI DI PRODUZIONE METALLURGICA:

Bibliografia:

- Spour G. – Stöferle T., Enciclopedia delle lavorazioni meccaniche – vol.5 lavorazioni per deformazione, Tecniche nuove, Milano 1987.

Sitografia:

- www.aluplanet.com

- www.ing.unitn.it

SCIENZA DEI MATERIALI:

Bibliografia:

- Nicodemi W., Metallurgia, Zanichelli, Bologna 2007.

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- Veschi D., L’alluminio e le leghe leggere, Hoepli, Milano 2003.

Sitografia:

- www.aluplanet.com

- www.dmfci.unict.it

- www.gianottielio.it

- www.ing.unitn.it

SISTEMI ORGANIZZATIVI METALLURGICI:

Bibliografia:

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- Mammino L., Chimica aperta - edizione rossa, D'Anna G., Torino 2012.

Sitografia:

- www.arpalombardia.it

- www.aslbrescia.it

- www.comune.brescia.it

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Bibliografia:

- Brancati A.-Pagliarani T., Dialogo con la storia e l’attualità (L’età contemporanea vol.3), La Nuova Italia, Firenze 2012.

- Feltri F.M- Bertazzoli F.M., Chiaro scuro. Dal Novecento ai giorni nostri, SEI Torino 2012.

- Garzantina, Atlante storico. Enciclopedia tematica, Milano 2003.

- Palazzo M.- Bergese M.- Rossi A., Storia magazine. Il Novecento e l’inizio del XXI secolo, Editrice la Scuola, Brescia 2009.

ITALIANO:

Bibliografia:

- Baldi G. – Giusso S. - Razzetti M. – Zaccaria G., Il libro della letteratura vol.3/2, Paravia, Trento 2011.

- Guglielmino S., Guida al Novecento, Principato, Milano 1980.

Sitografia:

- www.adnkronos.com

- www.liberacultura2013.wordpress.com

- www.libriantichionline.com

FONTI

Cap

ito

lo:

Som

mar

io

64

SOMMARIO

SOMMARIO

Dedica .....................................................................................................................................2

Prefazione ............................................................................................................................. 3

Introduzione: ....................................................................................................................... 3

Mappa concettuale ..............................................................................................................4

Estrusione .............................................................................................................................4

Tipi di estrusione .................................................................................................................. 7

Il processo ........................................................................................................................... 12

La matrice .......................................................................................................................... 20

Difetti nel processo di estrusione ...................................................................................... 24

Progettazione ..................................................................................................................... 26

Alluminio ............................................................................................................................ 34

Le leghe leggere .................................................................................................................. 36

I trattamenti termici .......................................................................................................... 39

L’inquinamento atmosferico .......................................................................................... 41

Sostanze inquinanti: Il particolato .................................................................................... 44

Come prevenire l’inquinamento dell’aria .......................................................................... 46

Filtro a manica ................................................................................................................. 47

Filtri elettrostatici ........................................................................................................... 50

La Guerra d’Etiopia........................................................................................................... 54

Giuseppe Ungaretti e i suoi rapporti col fascismo ................................................. 57

Fonti ..................................................................................................................................... 63

Sommario ........................................................................................................................... 64