iill ANNO II #3 Ke Ka Kò - koinoniagb.org · 29 IGNACE MOTUMBO News dalla Sede Federale 30 IL...
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Ke Ka Kòilil ANNO II • #3 • SETTEMBRE 2018
KERIGMA KARISMA KOINONIA
LA DONNA, LA DONNA, UNA VOCEUNA VOCEAL SERVIZIO AL SERVIZIO DELLA CHIESADELLA CHIESA
1 EDITORIALE
2 PADRE RICARDO
3 «MI MANCAVA L’ESPERIENZA DI GESÙ VIVO»
La Testimonianza
5 UNA BUONA PREPARAZIONE PER UN BEL MATRIMONIO
Fidanzarsi? Perché? Cosa significa?
6 KOINONIA GIOVANNI BATTISTA, QUARANT’ANNI DI FEDELTÀ ALLA CHIAMATA DEL SIGNORE
Camparmò in festa
8 SEGUIRE IL SIGNORE PROCLAMANDO IL VANGELO
Scuola di Evangelizzazione
9 LA DONNA NELLA KOINONIA GIOVANNI BATTISTA
Dossier
10 SEMPRE FECONDE PERCHÉ CHIAMATE A DARE FRUTTO Dossier
11 GRAZIE SIGNORE, CHE MI HAI ACCOLTO Dossier
6
SOMMARIO
DIRETTORE RESPONSABILE:Nicola Scopelliti
SEGRETERIA: Mario Zuccato
REDAZIONE:Federazione delle Koinonie Giovanni Battista, Via Casale 20 36010 Cogollo del Cengio (VI) Tel. 0445320442 E-mail: [email protected]
HANNO COLLABORATO:Argañaraz Ricardo, Bocchin Sandro,De Biase Roberto, De Nardi Giuseppe, Girelli Letizia, Grammatica Alvaro,Hakos Marcel, Hetzyg Robert,Lunardi Cristina, Keller Andrej,Krawczak Przemyslaw,Rutigliano Alessandro, Salvatore Giuseppe, Sawey Christine, Sulek Iwona,Vanuzzo Cristina, Zuccato Alessandra.
DIFFUSIONE E AMMINISTRAZIONE:Mario Zuccato
PROPRIETARIO:Federazione delle Koinonie Giovanni Battista, Via Casale 2036010 Cogollo del Cengio (VI) Tel. 0445320442
STAMPATipse, Via Jacopo Stella, 3831029 Vittorio Veneto (TV)
REGISTRAZIONE:Iscrizione al n.11 del Registro Stampa del Tribunale di Vicenza del 15 giugno 2017
in copertina:La donna, una voce al servizio della Chiesa
14 IO NON POSSO LOTTARE CONTRO DIO Dossier
16 LA CONDIVISIONE È IL NOSTRO STILE DI VITA
Dossier
18 SONO STATA CHIAMATA A QUESTA COMUNITÀ Dossier
20 DAVIDE Figure della Bibbia
21 PERCHÈ PREGARE? In primo piano
24 KOINONIA STENDI LE TUE MANI: È TEMPO DI ATTRAVERSARE IL
GIORDANO Seminario a Praga
26 «ACCOGLIERE TUTTI COLORO CHE CERCANO IL SIGNORE» I viaggi del padre Fondatore
27 NEGLI USA UNA COMUNITÀ ALLA RICERCA DI GESÙ I viaggi del padre Fondatore
29 MICHAL E JONATAN News dalla Sede Federale
29 IGNACE MOTUMBO News dalla Sede Federale
30 IL SIGNORE È FEDELE E CHIUDE OGNI CERCHIO RIMASTO APERTO
Cristina Vanuzzo, dottore in filosofia
31 ANNUNCIARE LA PAROLA DI DIO NEL MONDO
Tappa estiva italiana
32 LA KOINONIA GIOVANNI BATTISTA È LA NOSTRA CASA News dalla Sede Federale
11114444 IIOOOO NNNNNOOOONNNN PPPPOOOSSSSSSSOOOO LLLLOOOOTTTTTTAAARRRRREEEEEE
“È tempo che le donne si sentano non ospiti, ma pienamente parteci-pi dei vari ambiti della vita sociale ed ecclesiale. Questa è una sfi da non più rinviabile” (dal discorso del papa Fran-cesco alla Plenaria del dicastero della Cultura, incentrata sul tema “Le cultu-re femminili: uguaglianza e differenza” il 7 febbraio 2015).
Con queste parole si esprime papa Francesco, sostenendo la necessi-tà di offrire spazi sempre più ampi alle donne, e favorendo una presenza femminile sempre più incisiva nella comunità, che le coinvolga mag-giormente nelle responsabilità pastorali. Questa è una sfi da alla quale la Koinonia Giovanni Battista vuole dare una riposta, promuovendo una collabora-zione maggiore tra l’uomo e la donna nell’annuncio della Pa-rola e nei vari ministeri.
La Koinonia è un popolo in cammino, fatto di tante espressioni: laici, consacrati e sacerdoti, bambini, giovani e anziani che insieme annun-ciano il Regno di Dio. Un solo corpo che, insieme, vuole evangelizzare, sotto l’a-zione dello Spirito Santo. Ognuno è chiamato a dare il meglio di sé, così come è: uomo e donna, laico e sacerdote, singoli e famiglie. Solo nell’unità della diversità è possi-bile far risplen-dere l’immagine di Dio.
È in questa direzione che la Koino-nia vuole camminare. È una sfi da sem-pre aperta alla quale siamo chiamati a rispondere con maggiore apertura ed entusiasmo. Anche nel favorire una presenza femminile più incisiva nei vari ambiti ecclesiali e una collabora-zione maggiore dell’uomo e della don-na siamo chiamati ad essere una voce profetica nella Chiesa. La donna, nella
sua specifi cità, è una grande ricchezza di cui la Chiesa, la società ha bisogno. Se l’immagine di Dio trova espressio-ne nell’uomo e nella donna considerati nella loro unità, allora è in questa dire-zione che si deve procedere: la donna ha una ricchezza che l’uomo non ha e viceversa. Solo mettendo insieme que-ste ricchezze l’annuncio del vangelo sarà più effi cace.
La donna deve sempre più partecipare attiva-mente alla vita eccle-
siale, nei vari mini-steri e servizi.
La Koinonia vuole favorire un maggior coinvolgimen-to femminile nelle varie re-sponsabilità pastorali. Ciò che conta è saper discernere il carisma di ognuno. Donne
e uomini possono avere il cari-sma dell’evangelizzazione o del
governo ed esercitarlo con la pro-pria specifi cità, condividendo così
la propria ricchezza. La strada per una più grande collaborazione tra uomo e donna è agli inizi, ma solo percorren-dola con coraggio sapremo dare una
risposta più effi cace alle esigenze attuali.
Cristina Vanuzzo
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Cristina
in o iniessioni:
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. Un solo vuvuololee
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Editoriale
Carissimo, carissima,
eccomi da te con questa lettera, per parlarti di uno dei temi fondamenta-li della vita della persona umana su questa terra; ma, in particolare, fonda-mentale per la nostra comunità Koi-nonia Giovanni Battista: la preghiera. Ti dico subito qualcosa di capitale importanza: la preghiera è il respiro della nostra vita spirituale; se manca, moriamo. Magari potessi incidere nel tuo cuore con segni indelebili l’impor-tanza vitale che la preghiera ha per noi, membri e amici della Koinonia Gio-vanni Battista.
È fondamentale, perché con la pre-ghiera le tue capacità di conoscenza sono illuminate dal “sole della giusti-zia”, cioè Gesù il Signore, che si è de-fi nito “luce del mondo”, pertanto non camminiamo nelle tenebre, ma nella luce. È fondamentale, perché tutte le nostre capacità affettive sono riscalda-te dal fuoco che è Gesù il Signore. È fondamentale, perché è nella preghiera che siamo modellati dall’azione dello
Spirito Santo, ospite del nostro cuore. Bisogna dire, insieme a Teresa d’Avi-la che, perseverando nel fare giornal-mente la preghiera personale, qualsiasi compromesso con il peccato viene sconfi tto, superato, facendo scompari-re dalla propria volontà qualsiasi tipo di peccato abitudinario. E bisogna affermare insieme a Sant’Alfonso che: “chi prega si salva; chi non prega si danna”. Quest’affermazione vale già in questa vita, perché chi non prega non avrà la forza per fronteggiare atteggia-menti peccaminosi; in questo senso va detto che si condanna a vivere una vita di peccato, cioè lontano dalla fonte di luce, gioia e pace che è Dio.
La Koinonia Giovanni Battista è nata come comunità di preghiera e deve proseguire nella storia come una comunità di preghiera. Cosa vuol dire “comunità di preghiera”? Prima di tutto va affermato che si distingue da una comunità di lavoro, il cui centro è il lavoro, cioè, in pratica, il servizio ai fratelli, cosa davvero santa, perché è esercizio di carità. Comunità di pre-
ghiera signifi ca che il centro è la preghiera, ossia che tra la preghiera e il lavoro, la prio-rità va data sempre alla pre-ghiera. Il monastero, sorto intorno al VI secolo dell’era cristiana, è una comunità di preghiera. Signifi ca che sono stabiliti momenti di preghie-ra, che non si lasciano perché si deve lavorare, ma vanno fatti come va fatto il momen-
to del pranzo, della cena, del riposo. In una comunità di lavoro non è impor-tante stabilire il tempo della preghiera, perché ciò che conta è il lavoro. Invece, la comunità di preghiera non tralascia mai i momenti di preghiera; e, quindi, non si lascia mai la preghiera comuni-taria delle lodi, dei vespri e il tempo di preghiera personale; come, ripeto, non si lascia il momento del pranzo, della cena, del riposo. Ciò che defi nisce la comunità di preghiera è la preghiera intesa come atteggiamento inderoga-bile, irrevocabile, incancellabile, in-sopprimibile, perché è come l’anima che dà vita al corpo comunitario.
Questo vale in modo particolare per coloro che vivono in un’oasi. I nostri fratelli che vivono nelle proprie fa-miglie appartengono a una comunità di preghiera nella misura in cui, loro stessi nella propria casa, non soppri-mono mai il momento di preghiera, sia personale che comunitaria tra ma-rito e moglie, tra genitori e fi gli ecc. Dico dunque a coloro che vivono in famiglia e lavorano fuori della comu-nità che, nella misura in cui respirano questa caratteristica dell’oasi, in quella misura vivono davvero come membri di una comunità di preghiera.
Ti invito dunque, fratello, sorella, a fare il fermissimo proposito di non tralasciare mai il tuo momento di preghiera, in modo che tu possa dirti “Koinonia Giovanni Battista”.
Tuo Fondatore p. Ricardo
Cristo è risorto!
La lettera
FRATELLO,NON TRALASCIARE MAI IL TUO MOMENTO DI PREGHIERA
2 _ settembre 2018
«Tutto iniziò con
un pellegrinaggio
a Medjugorje»
«Mi chiamo Fabrizio, sono un me-
dico-dentista di Torino e con la fami-
glia, mia moglie Rosanna e le fi glie
Federica e Francesca, frequentiamo
da oltre 8 anni l’Oasi di Biella della
Koinonia Giovanni Battista».
Ci puoi raccontare le tue precedenti esperienze?
«Nasco da una famiglia di atei,
mia mamma francese di Parigi, dove
ho anche vissuto da bambino, e mio
padre italiano. Un matrimonio fi ni-
to purtroppo con un divorzio; ma,
a dispetto di tutto, i miei genitori
hanno sempre continuato a frequen-
tarsi da buoni amici insegnandomi il
rispetto per gli altri. Forse erano sem-plicemente dei “credenti non consa-pevoli”: ricordo l’amore infi nito di mia madre per tutti e in fondo anche per Gesù, alla fi ne della sua vita. Mi sono laureato a Torino in Medicina e Chirurgia, specializzato poi in chirur-gia odontoiatrica a Parigi e successiva-mente a Göteborg (Svezia) e all’Avana (Cuba) dove in 6 anni ho conseguito un PhD in chirurgia sperimentale. Tutto questo però rappresentava il mio “uomo vecchio”, con le ambizio-ni del mondo, di cui parla l’apostolo Paolo, e fi nalmente arrivò la chiamata del Signore, anche se avvenne in ma-niera brusca».
Come è iniziata la conversione?
«Negli anni ‘90 ho vissuto la mor-te di mio cognato, all’età di 33 anni, per leucemia, poi di mio padre e di mia madre, e infi ne io e mia moglie perdiamo tre bambini nel corso del-
le gravidanze; insomma, la chiamata era forte e palese! Ma anziché buttarsi nella depressione incominciammo a scoprire l’amore di Dio: chi ci è venu-to a mancare nella nostra vita diventa come un angelo per noi, è cambiata solo la relazione! Si frequentava la chiesa, a volte si pregava, ma manca-va qualcosa, in realtà mancava tanto: l’esperienza di Gesù vivo nella nostra vita personale!»
Il Signore ti stava chiamando?
«Sì, ma ancora non si sapeva dove e come, la svolta, la chiamata vera arrivò circa 13 anni fa. Iniziò tutto con un pellegrinaggio a Medjugorje: ricordo con un gruppo di Padova, le due guide che avevamo facevano par-te del Rinnovamento Carismatico e sentii per la prima volta la preghiera in lingue, cosa che in realtà non mi sembrò strana e che accolsi subito pur non essendo ancora capace di farla. In quella località della Bosnia (esistono varie comunità religiose, ognuna con il suo specifi co carisma) rimaniamo colpiti dalla Comunità Cenacolo fon-data da suor Elvira. Nel cuore sentivo fortissima la chiamata ad una missio-ne per aiutare come potevo gli altri, così forte da togliere il sonno! Ma non succedeva nulla! Avendo una persona-le amicizia con Viska, una dei veg-genti, le porsi la domanda: quando e come? Lei candidamente mi rispose di affi dare tutto a Dio che già aveva realizzato il suo piano e solo di aspet-tare i suoi tempi. E così fu!».
La testimonianza
«MI MANCAVAL’ESPERIENZADI GESÙ VIVO»
settembre 2018 _ 3
A Tu per Tu«Arrivò la Arrivò la chiamata chiamata
del Signore, del Signore, anche se avvenneanche se avvenne
in maniera brusca in maniera brusca»
«Arrivò la chiamata
del Signore, anche se avvenne
in maniera brusca»
Puoi raccontarci come?
Tutto iniziò con una richiesta alle no-
stre guide se conoscevano un gruppo di
preghiera forte che potesse esistere vici-
no a casa nostra, così, subito, ci dettero
il numero di telefono di Antonietta, una
signora della Koinonia con un forte cari-
sma di profezia! Appena la chiamammo,
rispose subito: “vi stavo aspettando!”…
più chiaro di così! Questo quasi nove anni
fa. Fu così che iniziò la nostra avventura
in questa bellissima famiglia, dove, come
dice p. Alvaro: “si entra per chiamata, ma
si rimane per amicizia”. E fu in questa
Comunità che fi nalmente sperimentai
l’incontro vero con Gesù, l’Amore che si
fa amico e fratello per te, dove nei fratelli
vivi e sperimenti questo amore».
Eri contento?
«Non so. Nel mio cuore però rima-
neva forte il desiderio della missione!
Anche questo iniziò a realizzarsi circa 6
anni fa con l’esperienza di volontariato
nella Comunità Cenacolo dove si cura-
vano i ragazzi tossicodipendenti, opera
che come dentista svolgo ancora adesso.
Il mio desiderio di missione però non si
placava ancora, questo non lo ritenevo
suffi ciente! Dio però aveva già scritto la
storia, e anche questa iniziò secondo i
suoi tempi».
Come si manifestò tutto ciò e dove pensi che possa portare?
«Esattamente il 30 aprile dello scorso anno, durante un incontro di preghiera nell’Oasi di Biella, ricevetti nel cuore una parola, che scrissi ma non volli su-bito condividere con tutti se non con il mio pastore p. Luca. Il mese successivo, era maggio, si svolse a Praga il Semina-rio sulla Famiglia, in quell’occasione p. Luca volle che condividessi con p. Alvaro la parola, ricordo che appena la ascoltò, si illuminò in volto, non di-menticherò mai il suo sorriso! Subito, con un discernimento di una rapidità sconvolgente, grande in lui questo ca-risma, disse: “A ottobre partirà la realtà di Torino”».
E così fu!
«A ottobre dello scorso anno, infat-ti, grazie a circostanze direi incredibili, ma sicuramente guidate dall’intervento di Dio che le ha rese possibili, partì al Sermig quella che io per ora chiamo: “l’avventura di Torino”. È una nuova esperienza di evangelizzazione in questa città durante la quale vogliamo affi dar-ci completamente a Lui! Forti anche di una parola profetica avuta da Antoniet-ta, proclamiamo la Vittoria di Cristo per tutta Torino! Ecco la missione, ecco l’Opera del Signore che incomincia a realizzarsi».
Che rifl essioni puoi fare su tutto questo?
Alla luce di tutto ciò, e soprattutto volgendo gli occhi indietro, possiamo renderci conto che nelle varie fasi della nostra vita, molti avvenimenti, fatiche, croci, sofferenze, se accettate docilmen-te, secondo una visione che non ci ap-partiene ma che fa parte dei piani di Dio, concorrono alla realizzazione dell’Opera Salvifi ca di Cristo e alla realizzazione dell’Amore per Dio e tra i fratelli. Confi -do e prego che il Signore mi dia la grazia di non distogliermi mai dal suo Sogno, dal suo Progetto che Lui ha per me e per ognuno di noi».
Cristina Lunardi
Nasce il 14 febbraio 1957 a Tori-no da una famiglia atea che poco dopo divorzia, mantenendo però un bel rapporto tra tutti. Nel 1984 consegue la Laurea in Me-dicina e Chirurgia all’Università di Torino e nel 1986 la specia-lizzazione in Chirurgia Odonto-iatrica (École Salpêtrière, Parigi). Successivamente, Master in Paro-dontologia a Göteborg nel 2001 e dal 2008, PhD in Chirurgia Sperimentale a La Universidad S. Allende, La Habana. Attual-mente gestisce un centro odonto-iatrico in Torino assieme ad una decina di collaboratori. Nel 1989 si sposa con Rosanna e negli anni 1998 e 2005 nascono Federica e Francesca. Negli anni ‘90 vive la morte del cognato a 33 anni per leucemia, del papà, della mam-ma e di tre bambini in gravidan-za. Nel 2005 fa vari pellegrinaggi a Medjugorje e frequenta in modo saltuario gruppi di preghiera, ca-rismatici e no. Nel 2010 conosce la Koinonia Giovanni Battista e poco dopo ne diviene membro presso l’Oasi di Biella (BI) dove attualmente è coordinatore. Dal 2012 è volontario presso la Co-munità Cenacolo presso Saluzzo (CN). Dal 2017, con la famiglia e insieme al suo pastore p. Luca e ai consacrati della Comunità, svol-gono regolari incontri di evange-lizzazione nella città di Torino, iniziando una nuova Comunità familiare dell’Oasi di Biella.
A Tu per Tu
4 _ settembre 2018
Nella Koinonia Giovanni Battista abbiamo dato molta importanza al fi danzamento. Oltre ad un corso specifi co per fi danzati, abbiamo voluto che il fi danzamento si uffi -cializzi in un giorno comunitario, quello della Koinonia, attraverso una celebrazione specifi ca. In questa celebra-zione si assumono gli impegni per iniziare il cammino verso il matrimonio cristiano.
Abbiamo voluto che i fi danzati s’impegnino a pre-pararsi e una di queste preparazioni è vivere la castità, chiedendo loro che facciano l’impegno di astenersi dai rapporti prematrimoniali. In questa astensione, che è attuata dalla virtù della castità, l’amore viene custodito, valorizzato e rafforzato. L’unione intima è infatti segno e sigillo dell’amore che necessariamente ha bisogno di crescere nella prospettiva di totalità, defi nitività, per tutta la vita.
Questo periodo di preparazione è fondamentale per-ché i due giovani hanno modo di scoprirsi e magari anche rendersi conto che non sono l’uno per l’altro e quindi che non continuino il cammino verso il matri-monio.
Ci vuole un tempo necessario e suffi ciente. Non può essere meno di un anno. Inoltre dipende da molti fattori, l’età, la vicinanza, la qualità della relazione, la provenienza, ecc. Conoscersi per poter sintonizzarsi sul comune progetto di vita nel Signore richiede tempo, sforzo, metodo, conversione.
Si tratta di un tempo favorevole nel quale i fi danza-ti si dispongono a ricevere il dono dello Spirito Santo che è l’indissolubilità matrimoniale, amore che dura nel tempo. Ciò richiede preghiera, comprensione, virtù. Il ‘per sempre’ è così costitutivo dell’amore che porre la possibilità della provvisorietà è minarlo alla radice.
Il tempo di fi danzamento è decisivo per la formazione di un buon matrimonio. Senza questo periodo si rischia un matrimonio infelice, fragile, impreparato a superare le crisi.
Si tratta dunque di un tempo nel quale ci si prepara all’amore in questi aspetti:
• mutuo amore;
• essere capaci di dare la vita per l’altro;
• far sì che per lui il centro sia lei e il cen-tro per lei sia lui, ponendo sempre Gesù al primo posto;
• sacrifi cio;
• immolazione mutua;
• trasparenza, apertura di cuore;
• preghiera personale e comunitaria;
• accoglienza degli altri;
• dialogo costruttivo;
• avere una buona situazione economica: un minimo necessario e suffi ciente perché vi-vano bene.
Con una buona preparazione sarà un bel matrimonio. Nel matrimonio sorgeranno inevitabilmente diffi col-
tà, crisi, sofferenze spesso inaspettate, ma una coppia ben preparata e inserita nel tessuto d’amore comuni-tario sarà sostenuta per vivere l’amore coniugale e fa-migliare in modo sempre più bello e fecondo. L’ac-compagnamento della coppia giovane da parte di altre coppie più anziane, del coordinatore e del pastore, è la via maestra e sicura per crescere secondo la vocazione
propria del matrimonio nella Koinonia Giovanni Bat-tista. Sarà quindi importante condurre le famiglie
ad una partecipazione sempre più frequente e intensa ai momenti comunitari.
Oggi, in cui il matrimonio vive una crisi di identità, parlare e attuare il tempo di fi danzamento in maniera dichiarata e se-guita, è una manifestazione chiara del valore del matrimonio-famiglia cel-lula vivente della società e del futuro dell’uomo.
UNA BUONA UNA BUONA PREPARAZIONE PREPARAZIONE
PER UN BEL PER UN BEL MATRIMONIOMATRIMONIO
UNA BUONA UNA BUONA PREPARAZIONE PREPARAZIONE
PER UN BEL PER UN BEL MATRIMONIOMATRIMONIO
Fidanzarsi? Perché? Cosa significa?
compagnamentocoppie più anziavia maestra e sic
propria del matista. Sarà q
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Sandro Bocchin
settembre 2018 _ 5
Camparmò in festa
Al termine di un grande evento, chi non è stato presente sovente avanza una domanda: come è stato? Ebbene per ri-spondere a questa richiesta non ci si può illudere cercando una risposta che com-prenda tutto o che, ancor più diffi cile, voglia defi nire l’evento stesso. L’anniver-sario del 40° della Profezia su Campar-mò è stato un'occasione in cui coloro che erano presenti hanno avuto coscien-za di trovarsi davanti ad un mistero, che non si può esperire ma solo aver consa-pevolezza di esserne all’interno cercando di guardarlo con meraviglia, gratitudine e fede. A quest'atmosfera di riconoscen-za e fede si è giunti attraverso la parteci-pazione di pastori, responsabili di realtà, fratelli e sorelle che hanno accolto il ca-loroso invito del p. Fondatore arrivando a Camparmò da diverse parti del mon-
QUARANT’ANNI
DI FEDELTÀ ALLA CHIAMATA DEL SIGNORE
KOINONIA GIOVANNI BATTISTA,
6 _ settembre 2018
Camparmò in festa
do in cui la Koinonia sta annun-ciando il Vangelo. Per l’occasione, i quasi 500 fratelli hanno parteci-pato all’Eucarestia, presieduta da p. Ricardo, ascoltando dapprima la forte testimonianza di Antonietta, la sorella di Biella che ha ricevuto dal Signore Gesù, il 25 agosto del 1978, la Profezia su Camparmò.
Essa ha testimoniato come l’ha ricevuta e come l’ha tra-smessa a p. Ricardo.
Di seguito il Fondatore ha volu-to trasmettere il come in questi 40 anni ha vissuto la Profezia e come questa si è realizzata nel tempo. Ed è proprio per l’importanza di segnare la storia che il Fondatore ha voluto erigere un monumento marmoreo ad perpetuam memo-riam perché ognuno che giunga a Camparmò sia raggiunto dalla grazia del Signore. L’importanza di questa profezia per la Koinonia è possibile coglierla nel parallelo con Israele che è diventato un popolo dopo che ha accolto e stipulato l’Alleanza con Dio nel Sinai, così la Koinonia portando e vivendo in sé la Profezia sia ciò che è chiamata a diventare per volontà del Signore. Questi 40 anni sono iniziati con fede e generosità, senza alcun mez-zo di sostentamento, essi sono sta-ti, come dice p. Ricardo, come un salto di fede, un salto in una pisci-na senza acqua, ma con la fi ducia nel Signore che porta avanti la Sua opera e la sostiene.
Roberto De Biase
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Osservando la realtà nella quale viviamo, ci rendia-mo conto dello sviluppo e del progresso continuo a livello tecnologico che invade la nostra quotidianità, dunque delle possibilità di comunicazione e delle im-pressionanti ricerche e scoperte dell’uomo. Per quanto queste scoperte siano utili, l’urgenza di portare il mes-saggio del Vangelo pare sempre più grande e inevita-bile.
Qui sta la sfi da di porsi coraggiosamente delle do-mande del tipo – stiamo rispondendo alle esigenze attuali del mondo? Riusciamo a presentare il Risorto in un modo che stupisce e attrae, con un linguaggio fresco e comprensibile e una testimonianza di vita che mette in discussione coloro che ci incontrano ogni giorno?
Senza cadere in una conclusione superfi ciale e affret-tata, evitando di assumere un atteggiamento
dai toni rivoluzionari o progressisti, vo-gliamo piuttosto incontrare il mon-
do che ci circonda e le persone che stanno accanto a noi scoprendone la bellezza. Lasciamoci provocare e scuotere dalle nostre comodità, dalle nostre sicurezze per seguire il Signore nell’avventura di pro-clamare il Vangelo. Così potremo
riscoprire ed apprezzare la chia-mata del Signore alla Nuova Evan-
gelizzazione nella Koinonia Giovanni Battista, che è molto più grande di tutti
noi: è veramente un dono davanti al quale ri-maniamo sempre a bocca aperta. Non ci lascia in pace, ci risveglia e ci spinge a continuare con più slancio a preparare nuovi evangelizzatori pronti a reagire alle nuove necessità e ad affrontare le nuove esigenze pa-storali attuali.
Anche in quest’anno vi presentiamo e vi invitiamo a partecipare al nostro programma formativo. Deside-riamo che non si tratti solamente di un programma, quanto piuttosto di una scuola che mira alla creazione di un ambiente familiare con vari momenti comunita-ri che accendano la passione per portare la speranza del Vangelo e favoriscano l’acquisizione di abilità pratiche nel campo della preghiera, dell’evangelizzazione e della metodologia dei corsi di formazione.
Marcel Hakos
SEGUIRE IL SIGNOREPROCLAMANDO
IL VANGELO
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gelizBattista
Scuola di evangelizzazione
8 _ settembre 2018
settembre 2018 _ 9
perché chiamate a dare frutto! Sempre feconde
Ho sempre considerato la mia Koinonia Giovanni Battista un unico popolo costituito da uomini e donne, da giovani e bam-bini, da sposati e consacrati, senza distinzioni particolari di stato. E poi ciò che è decisivo, come diceva lo slogan del Con-gresso nel 2009, è un popolo in cammino cioè non è statico e passivo, ma è attivo e partecipativo. Ognuno e tutti insieme alla fine contribuiamo per creare e formare un unico popolo di Dio pronto ad uscire per evangelizzare nella potenza dello Spirito ricevuto.
Essere in cammino significa p rocedere p ortando a vanti i l progetto del Signore, un progetto in fieri, c he s i s ta a ncora rivelando e sviluppando secondo la nostra disponibilità e apertura. La nostra esperienza di quasi 40 anni di cammino insieme ci fa constatare che siamo un corpo vivo e presente, che agisce nel mondo e la sua pienezza inizia proprio dalla partecipazione alla missione di ogni singolo membro e tutto il popolo insieme, senza sottolineare alcune presenze più e altre meno. Solo insieme nelle rispettive differenze possiamo presentare il vero volto della Chiesa d’oggi, e la Koinonia è testimone proprio di questo: uniti nella chiamata, un popolo che vuol camminare insieme, legato e forte della speranza.
E noi, donne, in questo progetto abbiamo una parte impor-tante, insostituibile ed unica da svolgere. Facendo parte integrante del popolo di Dio, non dobbiamo combattere per i nostri diritti, né forzare o cercare di imporre la nostra posi-zione o voler essere a tutti i costi notate, ma essere coscienti
della chiamata ricevuta, che ci valorizza davvero e ci fa sentire amate e accolte.
In che modo possiamo contribuire a quest’opera della nuova evangelizzazione che la Koinonia vuole realizzare? Soprat-tutto nell’essere sorelle, amiche, mogli, madri, evangeliz-zatrici secondo la chiamata ricevuta, con tutto quello che abbiamo, dedicandoci e consacrandoci allo stare insieme e nel partecipare pienamente alla vita della comunità. Quindi anche noi facciamo parte di questo meraviglioso progetto del Signore, con lo stesso spessore, con le stesse responsabi-lità e altrettanto impegno per poter realizzare la nostra voca-zione diffondendo il profumo della Sua conoscenza nel mondo intero (2 Cor 2, 14).
Dobbiamo essere donne felici, perché amate e chiamate dal Signore a portare frutto, per vivere nella fecondità secondo il proprio stato di vita, secondo i talenti ricevuti. E come Koinonia dobbiamo portare nel mondo, dovunque il Signore ci chiami, il nostro proprium, cioè il nostro essere un popolo unito, compatto, chiamato ad annunziare e a profetizzare il futuro già nel pre-sente.
10 _ settembre 2018
CHI ÈAntonella Feriotto vive nei sobborghi di Como, dove è nata. Infermiera da trent’anni, da tredici anni lavora in una casa di riposo per anziani a Chiasso, in Svizzera. È stata
è una consacrata nel mondo per la Koinonia Giovanni Bat-
lo stesso cammino koinoni o con Massimiliana.
Nicola Scopelliti: Come sei entrata a far parte della Koinonia Giovanni Battista?Antonella Feriotto: Nel 1999 sono stata invitata da una collega a partecipare ad un incontro in una Casa di preghiera. Allora abitavo e lavoravo a Sondrio, dove un anno prima mi ero tra-sferita per ricongiungermi a mio marito, che da anni lavorava in quella città. Mi trovavo in uno stato emotivo molto incerto. Ero stata abbandonata dopo sette anni di matrimonio e pur di non restare da sola, ero disposta ad andare ovunque. Nel frattempo avevo già perso tutto. Dopo qualche mese di con-divisione, nella Casa di preghiera, si parlava di organizzare un corso. L’iniziativa mi incuriosì e così decisi di parteciparvi. Veniva trattato il tema della “Storia della Salvezza oggi”. L’e-sperienza mi segnò molto. In quell’occasione mi si fece vicino Gesù, interessato alla mia persona, al mio passato, al presente, ma soprattutto al mio futuro. Senza giudizi e senza nulla pretendere.
Nicola: Qual il tuo primo impatto?
Antonella: All’inizio pensai di essere entrata in una gabbia di matti. Ma scoprii subito un aspetto di non poco conto: la gioia. Questa gabbia però manteneva una porticina aperta: non mi soffocava e mi permetteva di muovermi con libertà. Sapevo che i presenti avevano più o meno vari problemi. Ma il mio era pesante e mi obbligava a mantenere un certo contegno, non potevo cantare, ballare. Ero triste. All’inizio, mi dava un po’ fastidio tutta quella gioia, quella contentezza troppo palese, che non mi appartenevano, ma non volevo andarmene. C’era una sorta di calamita che mi attirava e mi tratteneva. E quando mi ritrovavo da sola ne sentivo la man-canza.
Nicola: Hai provato ad andartene?Antonella: Quando sono ritornata a Como avevo deciso di non ritornare più nella Casa di preghiera. Però non ci sono riuscita e così mi sono ritrovata a percorrere 200 chilometri alla settimana, tra andata e ritorno, per non mancare agli appuntamenti comunitari a Sondrio.
Nicola: Oltre alla gioia cosa ti ha colpito? Antonella: Il rispetto. Le persone mi hanno avvicinato non con curiosità, ma come fratelli. Potevo manifestare i miei sentimenti, oppure stare in silenzio tutta la serata, senza sen-tirmi giudicata. Avevo bisogno di ascoltare e condividere me
Grazie Signore, che mi hai accolto
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La donna nella Koinonia
La donna nella Koinonia
stessa con gli altri. Improvvisamente i problemi altrui diven-tavano più grandi dei miei. Era la prima volta che mi trovavo a pregare per gli altri e con la certezza che il Signore poteva cambiare le situazioni perché questo stava succedendo a me, che ero l’ultima arrivata. Non meritavo nulla, mi portavo dietro un bagaglio di esperienze sconfortanti, ferite, sensi di colpa e relazioni che credevo solide e autentiche, ma che si erano frantumate nelle mie mani, come delle olive sotto tor-chio. Per la prima volta mi sentivo al posto giusto, anche se il dolore c’era ancora e mi condizionava.
Nicola: Antonella: In modo molto saltuario. Preghiere già formu-late, magari nel momento del bisogno, prima di un esame o in situazioni difficili, ma senza la consapevolezza di essereascoltata.
Nicola: Antonella: Sì, come tutte le mie coetanee. Pregavo sempre, suscitando così nel mio parroco il dubbio che ci potesse essere una chiamata alla consacrazione. Un dubbio dichiarato, ma mai preso in considerazione. Ho avuto la grazia di frequentare le scuole superiori dalle Canossiane e una mia insegnante suora, mi disse che vedeva in me un dono stra-ordinario che meritava di essere scoperto, ma in realtà, un po’ per paura e un po’ per le sollecitazioni mondane, in quel momento per me più affascinanti o forse perché non era ancora il mio tempo, decisi di soprassedere a questa ipotesi e di andare avanti come potevo in attesa che accadesse qualcosa.
Nicola:
Antonella: Intorno ai 20 anni ho smesso di pregare regolar-mente, di andare a messa, non c’era più bisogno di disturbare quel Dio che mi aveva già dato tutto: un lavoro, amicizie, un fidanzato che mi adorava. Ricordo bene quel che pensavo: “Io non ho bisogno di Dio”. E così mi sono allontanata. Andarea messa a Natale e Pasqua era ipocrisia, quindi decisi di non andarci più.
Nicola:
Antonella: Dopo aver accolto Gesù come Signore e Salvatore, avergli consegnato le macerie della mia vita, il Signore non tardò a restituirmi un’esistenza nuova e in pienezza, fatta di riconciliazioni, ma anche di fatiche e ricadute. Innanzitutto con la mia famiglia di origine, che presa dalla curiosità di sapere le ragioni del mio cambiamento, rimase impigliata anch’essa nella rete della Koinonia, ma soprattutto si è legata
a Gesù. Non immaginavo che cosa il Signore avesse in serbo per me, a dire il vero anche oggi, dopo quasi vent’anni dal mio primo sì, a volte non capisco dove mi stia conducendo e cosa voglia da me. Ma il Signore riesce sempre a stupirmi.
Nicola:
Antonella: Il primo sì è stata la sottomissione della mia vita al Signore. Nel 2006 ho pronunciato il secondo sì, cioè quello che mi ha legato per sempre a Lui come sua sposa. Era arri-vato il tempo di rispondere a quella chiamata, che sentivo già da bambina nel mio cuore, ma che non volevo prendere in considerazione e della quale neppure il Signore ha permesso che qualcuno potesse verificare la veridicità.
Nicola:
Antonella: Se avessi risposto da ragazzina, probabilmente avrei solo seguito suggerimenti altrui, che non coincide-vano con i miei desideri. Nel 2006, quando a Camparmò ho
pronunciato i miei impegni, con-sacrandomi nel mondo, alla pre-senza di p. Emanuele, di p. Sandro e della Comunità lombarda, era il mio cuore che decideva. Eravamo io e Lui e non avevo altro deside-rio che chiudere il cerchio della mia vita, appartenendo solo a Lui.
Nicola: Ed eri certa che questo coincideva con la volontà del Signore?Antonella: Il Signore mi aveva lasciata libera di fare ciò che volevo, ma non mi aveva mai
perso di vista, rimanendo fiducioso che un giorno sarei stata io ad implorarlo di prendermi come Sua sposa. Dico implo-rarlo, perché non nego che non è stato facile far accogliere la mia volontà per un sì definitivo al Signore.
Nicola: Eri già divorziata?Antonella: Su suggerimento di p. Emanuele avevo intrapreso la causa di del matrimonio, dichiarato tale nel 2005. Era un altro passo che metteva ordine nella mia vita.
Nicola: Dunque eri libera dal vincolo del matrimonio…Antonella: Sì. Poco dopo cominciarono ad arrivare da più parti i suggerimenti, che potevo rifarmi una vita costruen-domi un’altra famiglia, e che forse sarebbe andata meglio della prima. Lo stesso p. Emanuele m’invitò a riflettere su questa possibilità.
Nicola: Perché p. Emanuele ti suggeriva di risposarti?Antonella: Credo che volesse mettermi alla prova. Verificare la mia chiamata. Lui sapeva che non poteva esserci spazio
La Chiesa deve con-tinuare ad essere madre, e come tale seguita a pregare
per i suoi figli
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per nessun’altra strada nella mia vita, se non quella di seguire
totalmente il Signore.
Nicola: C’è stato un altro “sì”?
Antonella: C’è stato un terzo sì. È stata la risposta positiva ad
una grande sfida del mondo contemporaneo.
Nicola: Di cosa si tratta?
Antonella: Essere una consacrata nel mondo. Ho fatto i voti
perpetui e vivo in un appartamento con Massimiliana, una
sorella, anch’essa consacrata. Nel 2005, accomunate dalla stessa
esperienza di Gesù e dalla stessa chiamata, ma non certo
dallo stesso carattere, il Signore ci chiese di mettere insieme le
nostre forze, debolezze, povertà e ricchezze, ma anche i nostri
beni spirituali e materiali e di iniziare a condividere un’amicizia
autentica, attingendo forza dalla preghiera quotidiana e comu-
nitaria, dall’amicizia in Gesù che ci ha scelto per i suoi progetti.
Nicola: Da quanti anni dura questa sfida?
Antonella: Va avanti da tredici anni e non nego che non è
sempre stato facile: siamo due donne. Diverse nel carattere e
con esperienze di vita completamente differenti. In questi anni
abbiamo imparato ad accoglierci, a stare insieme. Sono con-
tenta di aver detto ancora una volta sì alla proposta del Signore.
Ancora una volta Lui ha ragione. Lui non delude mai.
Nicola: Vivi in una Casa di preghiera? E il tuo parroco cosa
dice?
Antonella: La mia presenza nella chiesa locale è limitata. Non
ho incarichi, ma non mi tiro indietro quando mi viene chiesto
di fare qualcosa. Il nostro parroco è a conoscenza della Casa di
preghiera e della frequentazione di alcuni parrocchiani. Ci inco-
raggia ad andare avanti.
Nicola: Cosa fa la Chiesa per la carenza di vocazioni?
Antonella: È vero che le vocazioni scarseggiano, il problema non
Nicola: E tu cosa fai per le vocazioni?
Antonella: Prego. Prego tanto. Ricordo che anni fa, incontrai
un sacerdote che oltre a pregare per me, mi incoraggiava a
frequentare la Koinonia. Se il Signore ha chiamato me, perché
non può chiamare tanti altri? La proposta della Koinonia per la
società odierna è appropriata. È adeguata per tanti altri fratelli
e sorelle, che oggi non trovano risposte alle proprie domande.
Non cambierei nulla della Koinonia. Penso che non debba fare
niente di diverso di ciò che già fa, per supportare la Chiesa nella
riscoperta delle vocazioni. Sappiamo usare bene l’arma della
testimonianza. Credo sia la carta vincente.
Nicola: Cosa dicono di te al lavoro?
Antonella: Lavoro come infermiera in una casa di riposo per
anziani. Tutti sanno che sono una consacrata nel mondo. Non
mi sembra che la mia presenza condizioni in modo deter-
minante l’andamento del turno di lavoro. Quando i colleghi
hanno necessità di “svuotare il sacco”, di alleggerire i pesi fami-
liari o altro, sono loro stessi a cercarmi. Aprono il loro cuore,
attendendo una parola di speranza. Ma queste confidenze e
aperture non sono destinate a me, quanto a Lui. Inconsapevol-
mente cercano il Signore. Lo cercheranno finché non lo trove-
ranno.
Nicola: Una professione importante la tua, a sostegno degli
anziani.
Antonella: Seguo anziani ammalati, con demenze, ma anche
anziani che lo sono solo sulla carta d’identità. Con quest’ultimi,
particolarmente con le donne, non è difficile iniziare a parlare
di Gesù o pregare insieme. Sono i superstiti di una generazione
abituata a confidare nella Provvidenza, a ringraziare per il poco
che hanno e a condividere il di più. Sono i vecchi che ancora
pregano per i figli, per i nipoti, per i sacerdoti. A volte le anziane
più affidabili le coinvolgo nell’intercessione di questioni perso-
nali; non mi fanno tante domande e iniziano a sgranare il rosa-
rio e si illuminano di gioia perché si sentono valorizzate. Con
gli uomini invece è più difficile. Un’attenzione particolare è ai
parenti dei pazienti. Le relazioni familiari a volte sono molto
deteriorate e mi trovo impegnata a riportare questi cuori ribelli
e sofferenti, a riconciliarsi con i loro cari; a perdonare. Spesso
purtroppo non si fa in tempo.
Nicola: Ti senti in prima linea a diffondere la Koinonia?
Antonella: Sarà Gesù a guidare i passi di ciascuno. In fondo così
è stato per me. Nessuno mi ha obbligato a scegliere, a rimanere
e quando mi sono state presentate altre realtà da frequentare, il
Signore ha saputo dirigere i miei passi e suscitare in me la scelta
migliore. Oggi la Koinonia ha bisogno di me, del mio piccolo
contributo. Come non diffondere quanto ho ricevuto e come
non dire “Io ci sto Koinonia, conta su di me!”. Mi sento una pio-
niera della Koinonia Giovanni Battista.è che il Signore non chiama più, ma che non si risponde alla
chiamata. La Chiesa deve continuare ad essere madre e come
tale seguita a pregare per i suoi figli, affinché essi rscoprano la
bellezza della chiamata.
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CHI È?
e due femmine e nonna di 9 nipoti. È stata professoressa di matematica nelle scuole integrate dell’Irlanda del Nord. Una scuola integrata è un istituto in cui le famiglie di entrambe le tradizioni cattoliche e protestanti decidono
distinte, come di norma avviene in tutta l’Irlanda del Nord.
Christine Sawey: Come hai conosciuto David?Claire O’Connor: Abbiamo frequentato la Queens University di Belfast negli anni ‘70. Un fine settimana ero stata invitata ad andare a una festa, ma rifiutai perché avevo dei compiti di matematica da fare. La persona che mi aveva invitato mi disse: “Ma se trovo qualcuno che ti faccia i compiti, andrai? E ho detto “Sì, certo!”. La persona che mi ha aiutato era David. Ci siamo sposati tre anni dopo.
Christine: La Koinonia quando l’hai incontrata?Claire: Ho incontrato la Koinonia quando sono andata al corso Filippo. David era stato invitato da p. John Murray in Italia per la tappa estiva della Scuola internazionale nel 1996 e quando tornò era molto strano, totalmente diverso. Non condivideva molto su quello che aveva vissuto. Ricordo di aver pensato tra me e me: “Cosa sta accadendo? Non parla. Penso che gli sia successo qualcosa di serio”. Ricordo di aver immaginato: “Ha una relazione? Non credo”. E allora? Deve essere qualcosa che ha a che fare con Dio e io non posso lottare contro Dio».
Christine: Che cosa è accaduto per sbloccare la situazione?Claire: Un giorno David mi chiese di accompagnarlo a un corso Filippo e lì ho avuto un’esperienza incredibile molto forte del Signore. La mia vita in realtà stava precipitando. La situazione matrimoniale era molto pesante. La nostra unione era a rischio. Mi sono rivolta a Lui. Ero arrabbiata. Ho gridato. Poi ho vissuto un’incredibile sensazione di pace. Mi rendevo conto che mi era successo qualcosa di veramente speciale e che la mia vita non sarebbe stata più la stessa. Ero consape-vole che avevo davvero avuto un’esperienza di Gesù.
Christine: Cosa ti ha attratto alla Koinonia? Claire: Le relazioni di amicizia. Il modo in cui sei accolto. Con il passare degli anni ho conosciuto tante, tantissime persone. Sono veri amici e posso andare a casa di chiunque ed anche chiacchierare con loro. Sei accettato per quello che sei e questo è il modo in cui Dio vuole che sia.
Christine: Claire, come vivi la tua chiamata nella comunità?Claire: Sperimento soprattutto che Lui ha dei programmi per ognuno di noi, sia individualmente che comunitariamente. E so che ciò che devo fare è dargli il mio “sì”, per qualsiasi cosa abbia preparato per noi, sia come persone singole che come comunità. Mi fido ciecamente di Lui. In modo partico-lare per quello che sta accadendo in Koinonia: nuove case di preghiera in posti in cui non avremmo mai pensato che saremmo andati.
Christine: Ad esempio?Claire: Essere coinvolti nel portare un gruppo di 120 giovani di estrazione sia cattolica che protestante al Summer Mad-
Io non
posso lottare controDio
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ness, un festival cristiano annuale, che attira oltre 2500 gio-vani. Essere anche attivi nella parrocchia. Quando ti viene chiesto di fare qualcosa nella parrocchia, ci vai e fai: sarà il Signore a dirigere i nostri passi.
Christine: Che tipo di attività svolgi nella tua parrocchia?Claire: Anni fa, alcuni parrocchiani ci hanno chiesto di creare un gruppo di preghiera. Ci ritroviamo quindi ogni settimana per questo impegno che sta dando molte benedizioni e che ha aperto non poche porte favorevoli. Per esempio: ora abbiamo una casa di preghiera per la parrocchia. Abbiamo anche organizzato un laboratorio di lode, serate con pre-ghiera di guarigione e un corso Filippo. La parrocchia ha accolto tutti con grande gioia.
Christine: Un ricordo?Claire: Il laboratorio di lode è stato davvero meraviglioso. C’è stata un’enorme affluenza di persone; molti anziani, ma anche tantissimi giovani. Gli anziani adorano quest’iniziativa. Hanno detto che è stata una boccata d’aria fresca. È stato davvero così edificante vedere cantare tutti quei giovani che avevano passato l’intera giornata ad imparare i canti.
Christine: Qual è la tua perla preziosa che vorresti condivi-dere con gli altri?Claire: Essere coinvolti insieme in Koinonia significa cono-scere chi sei e dove sei con il Signore. Sapere che Lui è l’unica
persona di cui fidarsi e che il piano che ha per noi è migliore. Tutto ciò che dobbiamo fare è essere fedeli, tenere le nostre mani verso di lui e dargli tutto ciò che abbiamo, sapendo che ciò che facciamo è per Lui e non per noi stessi.
Christine: Ora che sei una sessantenne, senti di avere di più da dare alla Koinonia?Claire: L’unico modo in cui posso vivere pienamente la mia chiamata cristiana come donna è quando posso dare, con-dividere la mia testimonianza. Ad esempio, quando ho vis-suto il terrore e l’angoscia della preoccupazione per i miei figli al tempo dei conflitti a Belfast: sparatorie, case in fiamme e tutto il resto, ero sempre preoccupata per i miei ragazzi, ma quando ho fatto davvero un’esperienza di Gesù sapevo che tutto ciò che dovevo fare era riconsegnare i miei figli al Signore, perché si sarebbe preso cura di loro molto meglio di me. E ora, allo stesso modo, posso aiutare non solo i miei figli, ma anche gli altri giovani che vengono in Koinonia attraverso Summer Madness, indirizzandoli sulla via del Signore e affi-dandoli alla sua guida.
Christine: Allora, non è il momento di andare in pensione…Claire: Assolutamente no. Mi ritirerò quando avrò i piedi sotto terra!.
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La donna nella Koinonia
CHI ÈBeata Wójtowicz è dottoressa in teologia pastorale, diret-trice della Scuola di Evagelizzazione della Koinonia Gio-vanni Battista in Polonia e coordinatrice della Regione di
-tista; in passato animatrice nel Movimento Luce e Vita e coordinatrice della comunità del Rinnovamento Carisma-tico. Attualmente insegna catechesi in un liceo di Craco-
hanno lavorato insieme nella Koinonia polacca. Hanno due
Beata, da molti anni sei coinvolta nella Chiesa, nella Koino-nia…, hai una forte personalità, sei una leader. Vorresti con-dividere la tua esperienza di persona laica coinvolta nella vita comunitaria? Come sei riuscita a conciliare il tuo lavoro di evangelizzazione con la realizzazione della chiamata alla vita matrimoniale, con la maternità e con il tuo lavoro professio-nale a tempo pieno? Come vivi oggi da vedova?
MOGLIEAl tempo del nostro fidanzamento eravamo entrambi molto coinvolti in attività pastorali. Mi ricordo che abbiamo comin-ciato a lavorare come partner, coscienti di essere uguali di fronte a Dio, nessuno dei due dominava, non c’era rivalità fra di noi. Quando ci siamo sposati siamo rimasti fedeli alla prima descrizione della creazione dal Libro della Genesi: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gen 1,27). Lo studio di questa Parola e l’ese-gesi portata avanti da Giovanni Paolo II ci ha dato chiarezza: l’uomo e la donna sono uguali di fronte a Dio per quanto riguarda la dignità e la responsabilità. E noi vivevamo così nel nostro matrimonio: mio marito non mi obbligava a fare niente, né tantomeno io lo costringevo a fare qualcosa. Abbiamo sempre dialogato per prendere delle decisioni comuni. A volte sono stata io a dargli ragione, altre volte si è adeguato lui alla mia opinione. Nessuno dei due era più importante dell’altro. Lo imparavamo e cercavamo di trasmetterlo anche nell’ambito della nostra comunità. Siamo uguali come uomo e donna, ma la femminilità e la mascolinità sono due realtà diverse che si completano in modo meraviglioso, si arricchi-scono a vicenda e possiedono delle doti proprie. Queste doti
La condivisione è il nostro stile di vita
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non sono per noi stessi, ma per servire gli altri e la Chiesa. Vivendo così si evitano situazioni nelle quali una delle due parti impone qualcosa all’altra o “il marito decide”. Io non ho mai avuto difficoltà quando mio marito proponeva qualcosa; dopo averne parlato insieme, accoglievo il suo parere. Anche lui si comportava così nei miei confronti. Ringrazio il Signore perché mio marito non aveva un’immagine diversa riguardo al matrimonio. Una volta qualcuno mi ha detto che dovevo sentirmi fiera perché mio marito era sindaco. Ho risposto che ero sicuramente fiera, non tanto per mio marito, ma in quanto figlia di un grande Dio. Guardare a me stessa così come mi vede Dio, l’ho imparato da Andrzej, mio marito.
MADRENella nostra famiglia avevamo una gerarchia ben chiara cor-rispondente piuttosto ad un puzzle, perché i vari aspetti della vita famigliare, del lavoro e del coinvolgimento nella vita della Koinonia si compenetravano a vicenda. Quando si pone Gesù al primo posto nella propria vita, allora tutte le altre cose, la vita famigliare, il lavoro e la comunità sono sottomesse a Lui, tenendo presente che la vita di famiglia e tra gli sposi esige una certa esclusività nella loro relazione. Per noi un’indica-zione chiara è stata in questo caso la parola dalla Lettera agli Ebrei: “Il matrimonio sia rispettato da tutti e il letto nuziale sia senza macchia. I fornicatori e gli adùlteri saranno giudicati da Dio” (Ebr 13,4). Per questo abbiamo sempre cercato di custo-dire del tempo da dedicare solo alla famiglia. La comunità sapeva che un certo giorno della settimana era riservato per stare tra di noi e lo rispettava. Nessuno ci chiamava, non orga-nizzavamo nessun incontro.
La nascita dei nostri figli è stata una bellissima esperienza per noi, ma dovevo tenere conto che da quel momento avrei avuto meno tempo per le altre attività. In quel periodo stavo concludendo gli studi per il dottorato e Andrzej mi raccon-tava tutto ciò che stava succedendo nella comunità, così che non mi sono mai sentita esclusa dalle nostre responsabilità che avevamo in Koinonia. Eravamo sempre insieme e Andrzej mi aiutava in ogni cosa. Se lui non mi avesse aiutato non avrei potuto farcela. La condivisione continua è diventata il nostro stile di vita, per cui non mi sono mai sentita messa da parte o dominata.
VEDOVAPer me è un’esperienza sempre nuova, sto imparando come essere vedova. Il papa Francesco poco tempo fa parlando dell’amore ha ricordato le parole di san Paolo quando dice che l’amore è più forte della morte. E io lo sperimento. Andr-zej è con me, anche se in un modo diverso, mi aiuta in questa mia vedovanza e nel lavoro di evangelizzazione. Non mi immagino di lasciare tutto ciò che facevamo insieme nella Koinonia, solo perché lui non c’è più. Questo sarebbe come tradirlo. Essere coinvolta nella comunità, essere responsabile per l’evangelizzazione e condividere la mia fede con gli altri sono cose che mi fanno vivere la pienezza della vita, nono-stante il fatto che mio marito non sia più al mio fianco. Mi manca Andrzej, ma incontrarmi con altre persone e condivi-dere con loro la fede mi fa tornare la voglia di vivere.
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settembre 2018 _ 17
CHI ÈMarta Kilianova nata a Brno, Repubblica Ceca e cresciuta in
infermiera, è entrata nel monastero delle monache trappi-ste a Vitorchiano, Roma. Si è fermata due anni, secondo le sue stesse parole, nonostante un clima molto bello, è uscita. La ragione? Non aveva ancora incontrato Gesù vivo. Un giorno, per caso, andando a trovare una suora a Brno, ha partecipato ad un incontro di evangelizzazione della Koi-nonia Giovanni Battista, organizzato dalla religiosa, sua amica. Ha incontrato Gesù vivo e il seme della chiamata
a vivere e a germogliare in lei. Fa parte della Koinonia da
Pilsen in Repubblica Ceca.
Robert Hetzyg: Marta, quest’intervista non ci sarebbe, se tu fossi membro di un ordine classico o di una semplice con-
gregazione, perché vorrei parlare del ruolo della donna nella nostra comunità. Prima però, per cominciare, vorrei domandarti se è bene che la nostra comunità sia di carat-tere misto, cioè che nella comunità di vita consacrata ci siano fratelli e sorelle.Marta Kilianova: Non posso dire se sia bene o no, perché ogni comunità religiosa ha il suo carisma, la Koinonia è nata mista, quindi l’essere mista è un suo carattere fondativo, che si deve accogliere in quanto tale. Non è questione che piaccia o meno, il fatto è che la comunità è nata così e così deve rimanere.
Robert: Ma per te personalmente?Marta: Io sono stata chiamata a questa comunità, e il fatto che sia mista mi fa molto piacere. Penso che sia un bene, parlando in ambito generale. Infatti l’essere misti mostra la ricchezza della vita consacrata e la complementarietà nel suo aspetto femminile e maschile. Nello stesso tempo è un segno che valorizza l’aspetto umano, dove uomini e donne possono vivere assieme la stessa chiamata a seguire il Signore nella verginità.
Sono stata CHIAMATA a questa COMUNITÀ
18 _ settembre 2018
Robert: La nostra comunità è un posto favorevole per le donne? Ti senti a tuo agio?Marta: Essendo mista vuol dire che ci sono anche le sorelle e mi sembra che le sorelle abbiano un ruolo fondamentale e pari-tario rispetto ai fratelli, ognuno nella sua specificità. Quindi è un posto dove la donna si può realizzare come donna, infatti non siamo messe accanto ai fratelli per dei servizi, ma siamo corresponsabili della vita comunitaria e della missione. Penso che questo sia in linea con le indicazioni magisteriali con-temporanee. Personalmente mi trovo molto a mio agio, e mi sento come in una famiglia naturale, non sarebbe così se la comunità fosse solo maschile o femminile.
Robert: Chi è allora e quale ruolo svolge una sorella nella nostra comunità? In che cosa è insostituibile secondo te?Marta: Una sorella nella nostra comunità ha le stesse mansioni di un fratello. Certamente ci sono compiti più adatti ai fratelli e altri alle sorelle per vari motivi, anche storici e culturali. A livello di ministero ci sono alcuni carismi che sono tipici dei fratelli, quali il sacerdozio, ma comunque questo non fa nes-suna differenza riguardo la vita comunitaria, dove abbiamo delle sorelle con uguali compiti di responsabilità, quali il pastore e la direzione di alcuni ministeri. La sorella è insosti-tuibile in quanto sorella, perché porta quella gioia e quella bellezza tipica femminile. La sorella è come se fosse una nota di creatività e di unità all’interno della comunità. Bellezza, cre-atività, accoglienza ed unità sono le quattro note che contrad-distinguono la presenza femminile nella comunità.
Robert: Sentendoti valorizzare il fatto di essere misti, mi viene da domandarti, in che cosa le sorelle abbiano biso-gno dei fratelli?Marta: Essendo la nostra comunità mista, ci completiamo a vicenda. Questo significa che senza l’altra parte non siamo completi e quindi abbiamo bisogno gli uni degli altri. Come sorelle abbiamo bisogno dei fratelli che ci aiutano a relativiz-zare le problematiche e ad andare all’essenziale. Credo che la presenza maschile ci aiuti ad essere più attente agli scopi fondamentali e a non perderci in cose secondarie. Se le sorelle danno questa nota di creatività, i fratelli danno la visione a questa creatività; usando un’immagine oserei dire che le sorelle sono come una freccia lanciata mentre fratelli aiutano la freccia ad andare dritta all’obiettivo.
Robert: Hai avuto esperienza della vita religiosa. Potresti descrivere eventuali differenze nel modo di vivere la tua vita consacrata in una comunità femminile e in una mista?Marta: Ho vissuto per più di due anni nel monastero di clau-sura delle trappiste, con le quali ho ancora un buon rapporto di stima, anche loro stesse sono contente che io viva nella Koinonia Giovanni Battista. Eravamo tutte donne il cui centro era la preghiera liturgica fatta assieme; si viveva, si pregava, si lavorava sempre insieme. Nella Koinonia ho trovato lo stesso spirito comunitario, ma con una nota in più: ci sono i fratelli e
la loro presenza trasforma la comunità religiosa in una fami-glia. La differenza è che una comunità solo femminile è una famiglia costruita, noi invece siamo quasi una “famiglia natu-rale”, e quindi le relazioni sono più libere e spontanee.
Robert: Che valore ha per te la cosiddetta “autorealizza-zione” e nella nostra comunità ti sembra utile e possibile?Marta: Mi domando se il termine “autorealizzazione”, così come si intende, non sia stato caricato di un significato mon-dano. Cosa vuol dire autorealizzarsi? Qui bisogna avere il coraggio di essere radicali. Autorealizzazione significa dare la vita per i propri fratelli e, come per Giovanni Battista, “l’altro deve crescere ed io diminuire”, questa è la vera autorealizza-zione. La mia autorealizzazione è vivere come sorella nella comunità e fare di tutto perché la comunità possa essere una vera Koinonia. Le varie autorealizzazioni personali sono utili se aiutano a questo, altrimenti sono dannose, molto dannose. Qui dobbiamo essere esigenti con noi stessi e veritieri.
Robert: E infine: chi vorresti essere nella comunità?Marta: Una sorella, sempre e solo una sorella, amica delle sorelle e dei fratelli.
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Figure della Bibbia
Il libro dei Giudici conclude così: “In quel tempo non c’era un re in Isra-ele; ognuno faceva come gli sembrava bene”. Questo ritornello che compare già altrove nel libro, fotografa la con-dizione politica e religiosa delle tribù israelite dopo la presa di possesso della terra promessa e mostra un dato ine-quivocabile: l’improvvisazione. Israele dipende dalle circostanze, a seconda delle quali il Signore suscita per l’oc-casione un giudice, lo mette di fronte al popolo e gli conferisce l’unzione necessaria per organizzare e guidare la battaglia. Alla lunga, questa improv-visazione carismatica, genera inquie-tudine e insicurezza, a tal punto che il popolo si stanca e chiede al profeta Samuele un re. Il Signore si rattrista perché vuole essere Lui il re d’Israele, ma alla fi ne cede alla richiesta.
Tra l'"anarchia" del tempo dei giu-dici e il regno di Salomone - che sarà poi immagine di quello che verrà, cioè regno di pace e prosperità messianica a cui la storia tende - abbiamo l’unzio-ne regale di Saul il cui nome signifi ca proprio ‘richiesto’ e poco dopo quella di Davide: ‘amato’. Essi sono modello di due realtà che nell’arco della storia si trovano in un rapporto dialettico, tutti e due unti dal Signore. Saul è immagi-ne della “struttura” ed è la realtà stessa che lo richiede. Davide è fi gura cari-smatica che guida un popolo profetico attraverso tre tappe fondamentali.
Prima tappa: grotta di Adullàm. “Davide si rifugiò nella grotta di
Adullàm... Si radunarono allora con lui quanti erano nei guai, quelli che avevano debiti e tutti gli scontenti...” (1Sam 22,1-2).
Questa fase è caratterizzata dalla spontaneità e dal ‘sentire’ il bisogno di essere liberati da guai e da angustie della vita, da debiti e da tutto ciò che genera scontentezza e amarezza. Le necessità spingono la gente ad andare verso questo luogo di nascondimento, dove vige un’atmosfera familiare, nel-la quale tutti si sentono ugualmente bisognosi. È in questo periodo che, secondo gli studiosi, Davide compilò il Salmo 34 (33): “Benedirò il Signore in ogni tempo... Ho cercato il Signo-re: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato...”. C’è la gioia propria del sentire e sperimentare la presenza del Signore, nonostante la precarietà di mezzi.
Seconda tappa: Ebron. “Vennero allora tutte le tribù d’Israele da
Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne...». Il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore...” (2Sam 5,1.3). La caratteristica di Ebron vie-ne proprio dalla radice stessa della parola ebraica: amicizia. Da relazioni spontanee si passa ad un profondo senso di appartenenza ad immagine dei legami familiari (ossa e carne), e dal sentire si passa al ‘volere’ essere amico. È il momento di impegnarsi pubblicamente con un patto davanti alla comunità e ciò denota maturi-tà nell’amore, infatti l’amore non si identifi ca con i sentimenti, pur es-sendo questi una componente impor-tante, ma è una decisione libera che, a volte, va in contrasto con gli stessi sentimenti.
Purtroppo molti non passano questa tappa e si allontanano colmi di nostal-gia per il tempo trascorso nella grotta e di giudizio e amarezza nei confronti dei fratelli che non ci sono più.
Terza tappa: Gerusalemme. “Davide con tutto Israele andò
a Gerusalemme...” (1Cr 11,4).La città santa è sinonimo di univer-
salità e, oltre ad essere un luogo fi sico dove convergono le tribù d’Israele, nel Nuovo Testamento diventa im-magine della Sposa di Cristo. Dimo-rare in Gerusalemme signifi ca quindi ‘rimanere’ nella decisione presa, solo così possiamo essere “uno affi nché il mondo creda”, secondo la preghiera dello Sposo.
Giuseppe De Nardi
20 _ settembre 2018
PE R C HÉ P R E GAR
E?
In primo piano
Perché pregare? È una domanda che apparentemente sembra inopportuna e superfi ciale, ma in realtà è profonda perché mette a nudo le intenzioni dei cuori, soprattutto dei credenti.
Solitamente si risponde dicendo che si deve fare così perché lo chiede Dio, lo chiede la Bibbia, lo chiede la Chiesa, perché siamo necessitati, ecc. Tutte affermazioni che però non vanno alla radice della questione.
Questa volta vorrei rinunciare alle solite risposte e cer-carne almeno una che sia più convincente. Non che le altre non lo siano, ma le ritengo non esaustive.
Parto dal fatto di essere un uomo che ha un’interiorità. Il robot è programmato per dare soluzioni possibili, l’animale per trovare vie di uscita istintive legate alla sopravvivenza; l’uomo invece è segnato dalla libertà e quindi dalla capacità di pensare diversamente e di trovare vie fi nora inesplorate.
Nell’uomo, c’è un bisogno esistenziale di non identifi carsi con nulla che sia transitorio, una spinta spirituale ad andare oltre per trovare ciò che è capace di suscitare meraviglia. Solo l’uomo vede semplici cose e sa dire “bello”; macchine e animali vedono cose e “dicono” cose. L’uomo sa attribuire un nome diverso perché per-cepisce una realtà che va oltre le cose; sa percepire la realtà spirituale.
Ecco la nota tipica dell’uomo che lo rende persona e non una cosa: lo spirito.
Lo spirito è la capacità di percepire altro. Quest’altro è in realtà un Altro con la lettera maiuscola, Dio. Ed è con lo spirito che si crea istintivamente un ponte che ci porta oltre l’immediato; si entra in contatto con qualcosa che si riconosce simile, un altro
essere dotato di profondità, con la stessa capacità di andare oltre. L’uomo incontra così Dio.
Il linguaggio dello spirito è la preghiera; lo spirito parla con le parole della preghiera.
La preghiera è infatti la grammatica comunicativa tipica dell’uomo, lo strumento attraverso il quale si crea un nuo-vo linguaggio, un linguaggio che indica non più cose ma signifi cati; un linguaggio che sa creare parole quali amo-re, bellezza, fedeltà, bontà, comunione, ecc. Queste parole sono le parole del Vangelo, le parole che Gesù ha usato per parlare con noi.
Ecco che, quindi, possiamo giungere ad una prima con-clusione: la preghiera è la modalità comunicativa tipica dell’uomo che, comunicando con Dio, crea un linguaggio di amore. Le parole creano relazioni, signifi cati, strutture ed offrono al nostro cuore punti di appoggio per non cadere imprigionati nella tirannia del presente.
Pregando ci esercitiamo a costruire una relazione di si-gnifi cati reali con Dio stesso, ci rendiamo capaci di vede-re e sentire il suo amore che diversamente non potremmo percepire.
Più si prega, più si diventa capaci di dialogare con Dio e chi dialoga con Dio diventa capace di comunione con l’u-niverso intero, con gli altri uomini che possiedono la stessa capacità comunicativa. La preghiera diventa il linguaggio di amore di un popolo che scopre di essere capace di dare la vita per amore.
Ecco qui la seconda conclusione: quando si prega, si for-ma un popolo capace di sognare oltre le proprie debolezze, che non si ferma alla sterile giustizia e si apre verso il perdo-no e la generosa accoglienza.
Forse con queste risposte ho complicato le cose, ma mi piace pensare che la preghiera è il mio
vero e unico modo per creare una nuova realtà fatta di eternità, per scoprir-
mi uomo che vede esseri e sa dire “amore”.
Perché pregare? Per essere e ri-manere uomo e non ridurmi a robot o ad un animale.
Perché pregare? Per scoprire cosa signifi chi amare.
Perché pregare? Per entrare in una relazione di amore con
Dio e con i miei fratelli.
Alvaro Grammatica
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realtàmi
“
settembre 2018 _ 21
Perché c’è così tanto bisogno di pre-gare? A che cosa serve e che cos’è? In fondo la preghiera è una semplice for-ma di comunicazione di cui l’uomo si serve come ultima spiaggia perché ha bisogno di un miracolo, o almeno
così si dice. O è forse, il luogo comu-ne e personale, che non per forza deve avere una location ben defi nita, se non quella del cuore di ogni uomo? La preghiera ci permette di entrare nel sacrario di ogni singola persona: la sua anima, il suo tabernacolo, la sua parte spirituale che la rende persona unica e irripetibile in questo mondo.
Mi rendo conto che quando chie-do alla gente perché occorre pregare, la diffi coltà nel rispondermi non sta tanto nel dirmi che non vogliono pre-gare perché non credono, ma nel non sapere come farlo. È il come pregare che li mette in crisi e produce che si allontanano e preferiscono lasciar perdere, o ciò che gli viene proposto non è più allettante di un’uscita con gli amici.
Conclusione? Perché non rendere il nostro pregare come “un’uscita con l’Amico per eccellenza”?
Ho chiesto a due giovani ragazze che cosa signifi ca pregare per loro.
Chi sei e cosa fai nella vita?«Sono Ester, studio, vivo fuori casa
e già questa è un’esperienza. Quest’an-no ho ripreso a suonare la chitarra e pian piano la vergogna di suonare in pubblico se ne sta andando».
Hai un sogno?«Sì, ho un sogno: mi piacerebbe
evangelizzare di più con la musica insieme al ministero musica della co-munità di cui faccio parte, la Koino-nia Giovanni Battista».
Mi parli di evangelizzare, si-gniı ca allora che sai che cosa
vuol dire pregare per te…«Da una parte sì, ma dall’altra devo
ancora scoprirlo. La preghiera per me è
un rendere grazie al Signore per tutto quello che ci dona e per quello che farà nelle nostre vite. Prego affi nché il pro-getto di Gesù che Lui ha preparato per ognuno di noi, si realizzi anche in noi».
Quando è la prima volta che ti ricordi di aver pregato?«Ricordo fi n da piccola. Sono nata
che i miei genitori già facevano un cammino di fede in comunità, per cui fi n da piccola frequentavo gli incon-tri di preghiera con loro. Insieme agli altri bambini si pregava in maniera molto semplice, durante gli accampa-menti estivi, gli incontri. Era fi n da subito una cosa naturale per me tanto da diventare quasi un’abitudine, era parte della mia giornata e non me ne vergognavo».
Ora qualcosa è cambiato?«Beh, rispetto a quando ero bam-
bina ora le cose sono notevolmente cambiate. Crescendo comunque ho continuato a frequentare le attività varie che proponeva la comunità: i campeggi estivi, i corsi, le serate con i giovani, gli incontri di preghiera. Tut-to questo mi ha fatto maturare non solo come persona ma anche nella preghiera; ho iniziato a sperimenta-re davvero il Signore Gesù che agiva concretamente nella mia vita».
Quindi oggi cosa puoi dire quando ti si chiede cosa signiı ca per te pregare?
«Pregare per me signifi ca ricono-scere il Signore Gesù come l’amico fedele, avere fede in Lui, sapendo che Lui è il nostro aiuto e ci dà sempre la forza».
In primo piano
GESÙ È IL NOSTRO AMICO FEDELEGESÙ È IL NOSTRO AMICO FEDELEPIÙ TI AVVICINI A LUI E PIÙ LO SCOPRIPIÙ TI AVVICINI A LUI E PIÙ LO SCOPRI
22 _ settembre 2018
Quando preghi di solito? «Faccio fatica a dire quando prego,
perché in realtà la preghiera è parte della mia vita ed è sempre presente. Quando mi sento più staccata da Lui, che sto andando in un altro sentiero e mi sto perdendo, dovunque mi trovo inizio a pregare perché ho paura di per-derlo e non voglio, inoltre so che con Lui, quando lo incontro nella preghie-ra, le paure che ho scompaiono».
Cosa vuoi dire a chi magari non sa ancora come meglio
pregare?«Tutti sappiamo pregare: basta co-
minciare con solo un “grazie” o un “ti prego Signore...” e il Signore ascolta ogni singola cosa che si dice. Più chie-di, più ringrazi, più ti avvicini a Lui e lo sperimenti sempre più presente nella tua vita e vivi delle esperienze straordinarie».
Chiara ha 20 anni, anche lei è nata nell’ambiente koinonico, ma poi ha lasciato per una decina d’anni. Ora, nonostante sia oberata di lavoro tutti i giorni della settimana fi no a ore tarde, attraverso le vicissitudini della vita, ha incontrato di nuovo gli amici di un tempo. Ecco allora la mia domanda:
Che fı ne ha fatto la preghiera in quest a decina d’anni? La risp ost a è subito
pronta e incalzante: «In questo tempo ho vissuto la mia
vita, c’ero solo io e la mia famiglia e i miei amici, la preghiera era sempli-cemente un mondo a parte che co-noscevo, ma che non toccava il mio. Le cose poi sono cambiate: adesso il tempo per la preghiera e la comunità si trova sempre!».
La comunità? «Sì, intendo la comunità di Cogol-
lo: pregare con i fratelli e le sorelle consacrati mi piace. Si respira un cli-
ma di unità tra di noi e con il Signore. Da questi momenti
poi ho ripreso anche la mia preghiera giornaliera: è importante per me tro-vare un tempo per Lui. È un tempo speciale».
Come lo viviquest o momento sp eciale?«Ci sono diversi modi, dipende
da come mi sento. Leggo sempre la Bibbia perché da lì conosco chi è il Signore Gesù, e poi ogni volta che la leggo, si accende in me la certezza che qualcuno mi sta ascoltando e anche non da troppo lontano. Ricordo an-cora una volta, ero ad occhi chiusi, ho cominciato a cantare nelle lingue, mi sono sentita avvicinata a Lui, la sen-sazione era come se stessi per volare, ma poi toccando il mobile mi sono resa conto che avevo ancora i piedi per terra. Feci una grande risata, ero piena di gioia. È stata un’esperienza davvero bella perché ero vicinissima a Gesù, sentivo la sua presenza e il suo amore: fi nalmente stavo con l’Amico per eccellenza».
Chiara, esist e qualcuno che non sa pregare?
«Secondo me no, tutti sanno pre-gare, basta esercitarsi. Non esiste un modo giusto o un modo sbagliato. Tutti lo possono fare. Pregare è spen-dere del tempo, anzi no, è piuttosto dedicare del tempo a un amico».
Perché pregare?«Perché vale la pena dedicare un
tempo prezioso a Gesù».
Cosa vuoi dire a quelliche ti leggeranno?
«Prova a pregare! Anche per me c’è stato un tempo in cui non pregavo, avevo bisogno di qualcosa in più e l’ho trovato pregando e stando con quell’amico speciale che per me è Gesù. Nel libro del Siracide è scritto che chi trova un amico trova un teso-ro; forse è l’amico per eccellenza che ci permette di scoprire il tesoro che sta in noi. Ecco qui la sfi da: conoscilo nella preghiera. A te la scelta!».
In primo piano
Alessandra Zuccato
settembre 2018 _ 23
24 _ settembre 2018
Seminario a Praga
Quest’ultimo incontro è stato inaugurato da una parola profetica che ha illuminato e orientato i par-tecipanti nei giorni seguenti, e che è un invito a fare provviste di viveri in vista del passaggio del Giordano (Gs 1,11). Si ha quindi il sentore che la Koinonia si stia affacciando su un nuovo scenario e come un tuffatore su un trampolino ancora più alto, sia in attesa di tuffarsi in un mare tutto da conquistare. Dopo 40 anni di cammino, non facile ma pieno di entusiasmo, il fondatore p. Ricardo, p. Alvaro, p. Sandro insieme agli altri pastori e coordinatori fanno il punto della situazione. Considerata la sto-ria della Koinonia, in continua ten-sione tra la forza dello Spirito Santo e la fragilità della natura umana, tra il richiamo alle radici e il canto delle sirene del mondo contemporaneo, i relatori hanno deciso di dare indica-zioni precise su come edifi care oggi il corpo santo di Cristo. S. Paolo nella prima lettera ai Corinzi (3,4-6.8-9) ci ricorda che siamo collaboratori di Dio, campo di Dio e che è Lui che fa crescere, è Dio che edifi ca e in quan-to collaboratori siamo chiamati a rin-novare e rinvigorire il dono ricevuto, la nostra chiamata a essere Koinonia Giovanni Battista. Per fare questo dobbiamo risvegliare il nostro cuore affi nché diventi un cuore che ama il campo donato, un cuore pronto a le-garsi ai fratelli senza pretese e giudizi, in docilità e fi ducia, un cuore che si lascia espropriare. Edifi care la comu-nità è quindi un impegno sia perso-nale che comunitario che richiede
KOINONIA STENDI LE TUE MANI:È TEMPO DI ATTRAVERSARE IL GIORDANO
Si è da poco concluso, a Praga, l’ultimo seminario dell’anno pastorale
intitolato “Edificare la Koinonia”,al quale hanno partecipato
duecentottanta persone provenientida ben quattordici paesi.
zioni precise su cocorpo santo di Crprima lettera ai Cci ricorda che siamDio, campo di Dicrescere, è Dio chto collaboratori sianovare e rinvigorirla nostra chiamataGiovanni Battistadobbiamo risvegliaffi nché diventi ucampo donato, ungarsi ai fratelli senin docilità e fi duclascia espropriare.nità è quindi un nale che comuni
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gratitudine verso Dio per il dono, misericordia e accoglienza verso i fratelli. È nel campo di Dio, da noi spesso denigrato, che troviamo tutti gli strumenti necessari per lavorare: “La Chiesa dalla virtù del Signore ri-suscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le affl izioni e le dif-fi coltà, che le vengono sia dal di den-tro che dal di fuori.” (L.G. 8). Nella Koinonia, chiesa di Dio, troviamo il preziosissimo dono della santità, se-gno di appartenenza e relazione con Colui che è Santo. Sebbene chiamata a lavorare nel mondo è tenuta a di-stanziarsene nella mentalità, nello stile di vita senza conformarsene. A livello personale la santità ci spinge ad aprirci agli altri, senza giudicare e senza scandalizzarci, ci rende respon-sabili proprio lì dove siamo, secondo il nostro stato di vita, a prendere l’i-niziativa per realizzare nuove forme di comunione. È solo attraverso il corpo comunitario che possiamo vivere autenticamente la santità e lasciarci convertire sempre più fi no a dare la vita gli uni per gli altri. La santità, nutrita dai consigli evangelici e dall’ascolto della Parola, ci spinge alla sequela di Cristo, a vivere quin-di un’amicizia che si concretizza nel mettere la propria vita nelle mani del fratello: dare la mia vita per vivere una vita nuova e abbondante. Per noi Koinonia, l’amicizia santa è la chiave per entrare nel recinto della carità e del perdono, ed essere al sicuro da-gli impetuosi venti della divisione, dell’autonomismo, della pretesa.
Questo è il tempo di fare provviste di santità, coraggio, docilità, fedel-tà per essere pronti a passare al di là del fi ume, insieme, per sempre. C’è una terra da conquistare, una comu-nità da riedifi care, così che la nostra Koinonia sia sempre più unita, santa, capace di convivere con le proprie aree “incolte”, fi duciosa e paziente nell’attesa che si trasformino in un giardino.
Letizia Girelli
I viaggi del padre Fondatore
Se mi si chiedesse di valutare un viaggio, non prenderei in considerazione quan-ta strada si è percorsa, ma le orme dei passi che rimangono impresse e che lasciano il segno nel proprio animo attraverso incontri, eventi storici e soprattutto osservando come la mano del Signore guida la storia e in particolare la storia della nostra Comunità.
Come è scritto in Siracide 34,9-10: “Chi ha viaggiato conosce molte cose… chi ha viaggiato ha accresciuto l’accortezza”. Questa parola mi ha dato luce sul viaggio che p. Ricardo ha svolto nel mese di luglio, attraversando la Germania per soggior-nare in Polonia, visitando l’oasi di Chemnitz, di Blotnica e le realtà di Bojano e di Malbork. Visitare per p. Ricardo è sempre un andare oltre, che non è solo superare le diffi col-tà, ma altresì guardare avanti con fede per le nuove conqui-ste da fare, un gioire nel raccogliere ciò che si è seminato nel passato, trasmettere incessantemente la propria espe-rienza di vita spirituale ad ogni membro della Comunità e segnare tappe nuove da percorrere incoraggiando i fratelli.
Un incoraggiamento rivolto alla comunità di Chemnitz a guardare alle potenzialità dell’evangelizzazione che la terra e il popolo tedesco offrono. Pregare incessantemente perché il fuoco della fede, che è stato coperto dalle ceneri della secolarizzazione e del comunismo, riprenda vigore e forza, perché gli incontri di Koinonia siano testimonianza e ma-nifestazione di salvezza per chiunque arrivi.
Ed è proprio nell’ottica di accogliere coloro che cercano il Signore e la sua
salvezza che p. Ricardo ha benedetto sia la prima pietra, presa dal suolo della casa madre Camparmò, sia le fondamenta della costruzione del-la nuova sala di preghiera nell’oasi di Blotnica. L’oasi, situata nella Pomerania occidentale, vede cre-scere il numero dei membri della
Koinonia, in particolare delle fa-miglie, che riconoscono e rafforzano
la propria identità di Giovanni Batti-sta ruotando attorno l’oasi, la massima
espressione della nostra Comunità. Il tutto è stato caratterizzato da grande gioia, che scaturiva
non solo per la nuova costruzione ma, anche nel vedere come l’attesa di avere un’oasi, dove vivere pienamente l’es-sere Koinonia, ha avuto il suo compimento; un periodo di tempo nel quale si è pregato e lavorato perché la promessa di un’oasi avesse luogo.
Le iniziative sorte nel passato nei cuori, le attese che ora si vivono e il compimento che si intravede caratterizzano anche la realtà di Bojano, un piccolo paese alle porte di Gdynia. Questa realtà è nata dal proposito di alcune fa-miglie, che da molti anni camminano nella Koinonia, di costruire le proprie case vicine l’una all’altra per vivere con maggiore intensità la chiamata ad essere famiglia all’inter-no della stessa. Tale vicinanza permette loro di incontrarsi con più facilità e quindi crescere insieme nell’essere fami-glie che vivono e testimoniano l’unico Vangelo di Cristo.
«ACCOGLIERE TUTTI COLOROCHE CERCANO IL SIGNORE»
settembre 2018 _ 27
I viaggi del padre Fondatore
Alla bellissima età di quasi 82 anni, portando nel cuore la
preoccupazione per la crescita e la formazione della Koinonia di tutto il mondo, il nostro fondatore pa-dre Ricardo ha voluto affrontare un nuovo viaggio. Volendo incoraggiare nella fede e nel cammino koinonico non solo il vecchio continente, tra la fi ne di maggio e i primi giorni di giugno ha voluto sorpassare nuova-mente l’Oceano Atlantico per andare a visitare gli Stati Uniti. Avendo a di-sposizione solo due settimane a causa dei vari impegni pastorali, portando su di sé la “missione apostolica” per tutte le comunità, il programma del nostro fondatore è stato molto inten-so, ma questo non lo ha scoraggia-to anzi, ricco di forza dal Vangelo e per il popolo affi datogli dal Signore, ha portato a termine il suo compito visitando le diverse realtà americane della costa est e del centro.
Arrivato a Filadelfi a a fi ne maggio, ha visitato la piccola realtà di quel luogo, composta da famiglie prove-nienti soprattutto dal Messico che
parlano prevalentemente spagnolo, le quali si sono sentite molto onorate per la visita e il tempo dedicatogli.
Essendo nelle vicinanze di New York, nei giorni seguenti c’è stata l’opportunità di sostare e far visita alla nostra oasi di fratelli e sorelle celibi di Red Hook, Brooklyn. La chiesa neo restaurata della Visitazio-ne della Santissima Vergine Maria, affi data alla comunità e sostenuta dal parroco padre Claudio Antecini, ha avuto l’opportunità di riempirsi di persone assetate della presenza sa-nante e liberatrice del Signore Gesù, il quale è stato presente in modo effi cace e così hanno potuto tutti insieme glorifi care il nostro Dio du-rante la celebrazione dell’eucarestia conclusasi con la preghiera di guari-gione, presieduta da padre Ricardo. I quattro giorni trascorsi a New York sono stati dedicati non solo allo sta-re insieme alla comunità di fratelli e
È straordinario, ascoltando le loro testimonianze e i loro dialoghi con il Fondatore, vedere come in questi anni lo Spirito Santo ha posto nel cuore di Zenek, responsabile della realtà e della regione, e nei cuori del-le famiglie più anziane, un medesi-mo sentire, una comunione di inten-ti e allo stesso tempo una forte presa di coscienza di fare un ulteriore pas-so per approdare in una nuova tappa verso un’oasi. Il consensus fi delium koinonico dei fratelli di Bojano con-sente di vedere come il Signore porti avanti la Koinonia Giovanni Battista perché diventi ciò che è chiamata a diventare, così come traspare dalla Profezia.
Questa sensibilità all’azione dello Spirito Santo è un fermento anche nella Realtà di Malbork, un lievito che p. Ricardo ha constatato pregan-do e dialogando con i membri della Koinonia. La presenza nella comu-nità di numerose giovani coppie di sposi, volenterosi di vivere e testi-moniare con effervescenza la propria fede e il loro incontro personale con Gesù Risorto, è stata di grande inco-raggiamento.
Lungo questi tremila chilometri si è consolidata la consapevolezza di come il Signore continua a scol-pire la sua opera nella terra polacca. Come insegna il Fondatore, è im-portante saper vedere le opportuni-tà in ogni sfi da, e non vedere solo pericoli, affi nché la Koinonia possa vivere il passo di Is 54,2-3: “Allarga lo spazio della tua tenda… poiché ti allargherai a destra e a sinistra e la tua discendenza entrerà in possesso delle nazioni, popolerà le città un tempo deserte”.
Alessandro Rutigliano
continua a pag. 28
Momento dalla preghiera comunitaria durante l’incontro per i coordinatori
e i responsabili delle comunitàdegli Stati Uniti.
I viaggi del Fondatore
28 _ settembre 2018
NEGLI USA UNA COMUNITÀIN CAMMINO
sorelle celibi, ma anche a un tempo in cui il fondatore ha potuto stare e partecipare alla formazione dei coordinatori e degli animatori di casa di preghiera.
Dopo questi giorni, sempre intensi e ricchi della presen-za del Signore, ha ripreso il viaggio verso Blaine, nel Min-nesota. Qui, nei primi giorni di giugno, si sono radunati i coordinatori e i vari responsabili delle comunità degli Stati Uniti. Erano circa una quarantina di persone, quasi tutti di lingua spagnola. Tutti hanno vissuto con gioia ed entusiasmo l’esperienza di poter ascoltare ed essere forma-ti dall’esperienza fondatrice di padre Ricardo riguardo ai fondamenti della nostra comunità.
Il ritiro dei coordinatori americani si è concluso con la festa dei voti perpetui di Monica, sorella consacrata dell’o-asi di Los Angeles, discendente da una famiglia messicana, ma nata e cresciuta nel Minnesota.
I cinque giorni seguenti sono stati dedicati al ritiro delle comunità celibatarie di New York e Los Angeles, riunite-si per l’occasione. È sempre un grande dono per ognuno di questi fratelli e sorelle parlare con il padre fondatore, conoscerlo da vicino, trascorrere un tempo insieme in un clima di amicizia, di gioia ed accoglienza mutua, con te-stimonianze e insegnamenti.
La visita è proseguita nella realtà nascente di Milwaukee nel Wisconsin e si è conclusa con la Koinonia di Chicago, con fratelli e sorelle provenienti da varie parti, non solo dall’Illinois, ma anche dall’Indiana e dal Kentucky.
Due settimane intense tra viaggi, prediche e momenti comunitari nelle quali i nostri fratelli d’oltreoceano hanno potuto vivere l’esperienza di conoscere, stare e pregare con padre Ricardo, il quale non smette di donarsi per l’incari-co che gli ha affi dato il nostro Signore Gesù Cristo.
Andrej Keller
segue da pag. 27
Il Fondatore incontra fratelli e sorelle a Blaine,Minnesota
Padre Ricardo riceve in dono dei dolci locali da parte delle comu-nità famigliari di Minnesota
News dalla Sede Federale
Sabato 23 giugno il nostro fratello Ignace Mutombo è stato ordinato sa-cerdote da Mons. Stanisław Dziuba, vescovo di Umzimkulu, Sudafrica. La celebrazione si è svolta nella catte-drale della diocesi a Lourdes Mission, dove la Koinonia Giovanni Battista vive e lavora. È stata una bellissima esperienza della fedeltà e dell’amore di Dio. Parenti e amici da diverse parti del mondo si sono uniti a noi per la celebrazione, insieme al coro diocesano che ha reso la cerimonia ancora più bella.
Sia benedetto Dio per il suo amore e la sua cura costanti!
Il giorno 16 giugno nella cattedrale di Košice sono stati ordinati sacerdoti, in-sieme ad altri 6 candidati della diocesi di Košice, due nostri fratelli, Michal Irsák e Jonatán Petrik, per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di Sua Eccel-lenza Mons. Bernard Bober, arcivescovo di Košice. Alla celebrazione sono stati presenti il fondatore p. Ricardo, il pastore generale p. Alvaro, insieme ad altri sacerdoti e pastori della Koinonia, sacerdoti della diocesi e fra-telli e sorelle consacrati da varie oasi. Dopo l'ordinazione si è proseguito con pranzo fe-stivo nell’oasi di Vyšný Kátov.
IGNACE MUTOMBO
settembre 2018 _ 29
Il 22 giugno ho conseguito il dottorato in fi losofi a su una tesi che concerneva il diritto naturale in Giambat-tista Vico. È stata per me una grande conquista! Il Si-gnore è fedele e mi ha donato di concludere una tappa iniziata tanto tempo prima.
All’età di 20 anni, avevo intrapreso lo studio della fi -losofi a all’università. In quel tempo ero atea e alimen-tavo con questo studio le mie idee nichiliste. Ma non riuscii a completare gli studi. In seguito all’esperienza fatta nel buddismo, iniziai a stare male psicologicamen-te: non ero più in grado di studiare e dovetti abbando-nare tutto. Iniziò per me un tempo di depressione, in cui cercai anche il suicidio. Nel momento della massi-ma disperazione mi parlarono di Camparmò come un luogo in cui il Signore Gesù si manifestava, guarendo e trasformando la vita delle persone. Andai con i miei ge-nitori e iniziò così un cammino che mi avrebbe portato alla vita piena.
Nel salmo 87,6 è scritto: «Là costui è nato». Davvero a Camparmò, nella Koinonia Giovanni Battista, posso dire di essere nata di nuovo perché ho sperimentato la grazia e la misericordia del Signore. Per un anno fre-quentammo questo monte santo, pregavano per me e piano piano sentivo che qualcosa cambiava. Il 31 ot-tobre 1992 accadde il miracolo inaspettato: durante il corso Isaia il Signore toccò profondamente il mio cuo-re. Per la prima volta nella mia vita sentii che quel Gesù conosciuto solo per sentito dire, ora si presentava a me,
potevo speri-mentare la sua presenza e il suo amore. Gesù non era una favola inventata dagli uomini per placare la loro inquietudine, ma era una persona viva che voleva in-contrarmi. Mi rivolsi a Lui chiedendogli di entrare nel-la mia vita e di cambiarla. E così accadde. Fu un’espe-rienza di rinascita, di risurrezione. Lo Spirito Santo mi riempì della sua presenza, della sua gioia e sperimentai la guarigione e la salvezza concreta di Gesù. Da quel momento la mia vita cambiò radicalmente. Entrai in comunità per seguire Gesù nella verginità. Sono passati 25 anni e continuo a seguirlo con rinnovata gratitudine e gioia per le meraviglie che ha operato e continua ad operare nella mia vita!
Aver concluso il dottorato dopo 30 anni non è un fatto qualsiasi. A livello spirituale è stata una grande conquista, un riscatto e il segno concreto della fedeltà del Signore nella mia vita: quello che Lui ha iniziato lo porta a compimento!
Ringrazio i miei fratelli e sorelle studenti per il loro sostegno e incoraggiamento in questi anni. Ringrazio p. Ricardo perché mi ha incoraggiato a intraprendere e portare a termine questa sfi da. Mi ha trasmesso la fi du-cia di poter conquistare questa ardua vetta. Il Signore è fedele e chiude ogni cerchio rimasto aperto!
Cristina Vanuzzo
Cristina Vanuzzo, dottore in filosofia
IL SIGNORE È FEDELEE CHIUDE OGNI CERCHIO
RIMASTO APERTOeri-
sua il suo
30 _ settembre 2018
Quest’anno, dal 4 al 13 agosto, presso l’Hotel Casa tra Noi, a Roma, nei pressi del Vaticano, ha avuto luogo la Tappa estiva della Scuola di Evan-gelizzazione nazionale. All’apertura, il coordinatore Manuel Rossi ha subito reso noto gli obiettivi, l’im-portanza e la serietà che quest’esperienza presentava e cioè la possibilità di vivere, in un clima personale e comunitario, un momento che potesse cambiare il modo di vedere e di pensare dei partecipanti ri-spetto a come vivere l’evangelizzazione. In un cam-mino come il nostro, vivere una “tappa” signifi ca prendere coscienza e confermare la chiamata a cui si è scelto di aderire e cioè essere come Giovanni Battista, che prepara la strada. Infatti si è cercato di dare una visione più ampia dell’evangelizzazione che non si limiti solamente all’annuncio, ma che preveda anche la capacità di elaborare strategie e di
porre degli obiettivi da realizzare insieme perché la nostra missione è portare frutto e che questo frutto rimanga nel tempo.
I due corsi proposti sono stati il “Segreto di Paolo” e il “Corso Mosè” che hanno visto la partecipazione di circa 30 membri ciascuno provenienti dalle realtà italiane della Koinonia Giovanni Battista.
Il clima nel quale si sono vissuti è stato, fi n da subito, sereno e intenso, sia per i partecipanti che per l’equipe che ha svolto un lavoro equilibrato, di confronto e di reciproca stima.
Signifi cative, almeno per il primo corso, sono state le esperienze vissute a Roma, presso la Basi-lica delle Tre Fontane, dove si è sperimentato che nonostante le diffi coltà della vita e del mondo, la Parola di Dio riecheggia perché non può rimanere incatenata.
Da tutto questo emerge che la tappa estiva è un momento signifi cativo che dà la possibilità di fare un salto di qualità perché, parafrasando Papa Fran-cesco, tutta la Koinonia torni a costituirsi in uno “stato permanente di missione” (cf. E.G. 25).
Pertanto, per il prossimo anno, come tappa estiva, è già stato fi ssato il “Corso Paolo” per tutta la realtà italiana.
Giuseppe Salvatore
Tappa estiva italiana
ANNUNCIARELA PAROLA DI DIO
NEL MONDO
...tutta la Koinonia torni a costituirsi in uno "stato permanente di missione"...
(cf. Evangelii Gaudium 25)
settembre 2018 _ 31
Lucia Zborovancíková e Filip Kucharczyk,dall’Oasi di Błotnica (Polonia), 15 agosto
Sarah Marcincinová, dall‘Oasi di Vyšný Klátov (Slovacchia), 26 agosto
News dalla Sede Federale
cíková e Filip Kucharczykk,
LA KOINONIA GIOVANNI BATTISTA È LA NOSTRA CASAIn questi ultimi 3 mesi, 6 fratelli e sorelle hanno
pronunciato i loro voti perpetui di vita consacrata nella comunità interna. Condividiamo con voi
alcune foto di questi momenti preziosi e benedetti dal Signore.
Monica Godinez Gonzalez, dall’Oasi di Los Angeles (USA),
3 giugno
Janine Weigel, dall’Oasi di Chemnitz (Germania), 10 giugno
Alessandro Penzo, dalla casa di Cogollo (Italia), 29 luglio
32 _ settembre 2018
CostoIscrizioni entro il:
31.03.2019 15.05.2019
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Chiusura definitiva delle iscrizioni
online il 15 maggio 2019
Informazioni e iscrizioni online:
40 PRAGA22-24 a g o s t o2019
CO N G R E S S O IN T E R N A Z I O N A L ED E L L A KO I N O N I A GI OVA N N I BAT T I S TA
ANNIDIFEDELTÀ
ad una chiamataVenne un uomo mandato da Dio, come testimone della luce,perché tutti credessero per mezzo di lui: il suo nome era Giovanni.
(cfr. Gv 1,6-7)