Icona del vivere ampezzano

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8 C.M. ~ COSTUME C.M. ~ COSTUME 9 icona del vivere ampezzano Incontro con Rosa Menardi de Vico nel suo brite di Lalla Facco e Sergio Maioni del Vecia “Quando si scrive delle don- ne, bisogna intingere la penna nell’arcobaleno” - Denis Diderot I ncontrare e conoscere Rosa è pura emozione. Lei si definisce con orgoglio una “montanara” ma dopo pochi istanti di conversazione parla la bella donna che si racconta con perfetta coerenza storica: in lei convivono il passato ed un’attualità che si anima e tocca vette di surre- alismo inedito. Siamo di fronte ad una storia viven- te. Rosa intende subito chiarire: “Cor- tina è solo il villaggio centrale del- l’Ampezzo”, ridimensionando così un nome ch’è parte di un contesto di villaggi ugualmente belli. Lei abi- ta in uno di questi: Gilardon. Il brite (malga, ricovero montano per ani- mali e loro guardiani) è una block- house (costruzione in legno) poco discosto dalla sua ciasa (casa) che bruciò nel 1936. Altre ciase accanto la sua nella ristrutturazione han- no invece dimenticato i motivi per i quali sono nate. Nel 1976 Rosa festeggia i 500 anni del brite sopra la cui porta d’in- gresso si legge ancora molto bene il nome di chi lo abitò già dal ‘700. Un certo Ludovico Gilardoni, fratel- lo del famoso Bartolomeo, invento- re dello sciòpo a vènto (fucile ad aria compressa), che si trasferì a Vienna chiamato a costruire fucili per Na- poleone. La quotidianità di Rosa è scono- sciuta perchè a Cortina si viene “solo” a far vacanza. Ma l’Ampezzo, dove vive Rosa, conserva con capar- bia dignità la tradizione dura e vera della montagna e sfugge inosser- vata. Rosa è “montanara” attuale ed emancipata che ci racconta che a 11 anni, quando non doveva lavo- rare in casa, andava a leggere l’en- ciclopedia Treccani presso la scuola d’arte di Ampezzo dove poi inse- gnerà trent’anni ricamo e merletto. Si reca in Francia per frequentare un corso di tintura vegetale e ci rac- conta la magia dei colori: “L’indaco serve a fare il blu, dal ga- ranza ch’è una graminacea e dalla cocciniglia ch’è un insetto si rica- va il rosso, la cicuta serve a fare il giallo e con mia madre ci siamo quasi avvelenate cuocendola…” e mentre racconta ride come una ra- gazzina e i suoi occhi si riempiono di lacrime dei ricordi e prosegue: “ ho tutto qui dentro” posandosi le mani incrociate al petto ”…non ne parlo mai e adesso che racconto mi commuovo…” mentre si guarda intorno e l’aria nella stua azzurra è densa di lei. La bellezza di Rosa è fatta di occhi vivaci e limpidi come i suoi raccon- ti, dall’espressione mutevole come i suoi stati d’animo ed dalla capa- cità di raccontarci con perfezione e completezza come tesseva pannelli con due telai di legno con la lana che lei colorava con maestria. Rosa vive dal 4 marzo 1928 nel suo brite ch’è una stratificazione di ri- cordi eguagliabile ad una archeo- logia a vista: qui non occorre sca- vare perché ogni oggetto, mobile, frammento di pavimento, suppel- lettile parla da solo. Racconta che voleva studiare quando sua madre invece dopo le elementari la im- piega come contabile presso foto Ghedina. “ C’era bisogno di lavora- re per portare a casa il denaro. Gli animali non erano sufficienti per il sostentamento della famiglia” ma lei aveva il fuoco della conoscenza e continua: “…non volevo numeri ma elementi vivi”. Grazie alle suore Orsoline che avevano una scuola a Ronco accede al liceo tecnico e in un anno e mezzo prende il diploma di magistero della donna. Ha 21 anni e studia nella stua (stanza di solito rivestita in legno riscaldata dalla stube) alla luce fievole di una lampada che ancora conserva. Grazie al diploma passa a fare l’aiu- to segretaria a scuola e da lì all’in- segnamento di cucito e ricamo e si reca a Monaco di Baviera per ac- quistare un libro sulla tessitura. Nel brite vivevano anche animali di cui oggi rimangono 11 pecore e 7 capre mentre le sue mucche le ven- dette per acquistare una seicento: “ Ho pianto perché pensavo alle mie vacche che avevo sacrificato per quella macchina…ma così potevo accompagnare in giro la mamma e la zia con cui vivevo…” e Rosa rac- conta questi aneddoti con intensità in un fiume di parole, di frasi in per- fetto ampezzano alternate all’italia- no e a citazioni in tedesco. Rosa Menardi è testimonianza della storia che appartiene a tutti e che la distrazione hanno già condanna- to all’oblio. R osa è pura emozione. Lei si de- finisce con orgoglio una “monta- nara” ma dopo pochi istanti di con- versazione parla la bella donna che si racconta con perfetta coerenza storica: in lei convivono il passato ed un’attualità che si anima e tocca vet- te di surrealismo inedito. Rosa intende subito chiarire: “Corti- na è solo il villaggio centrale dell’Am- pezzo”, ridimensionando così un nome ch’è parte di un contesto di villaggi ugualmente belli. Lei abita in uno di questi: Gilardon. Il brite è una block-house poco discosto dalla sua ciasa che bruciò nel 1936. Altre ciase accanto la sua nella ristrutturazione hanno invece dimenticato i motivi per A sinistra: Rosa Menardi in costume tipico ampezzano. Sopra: particolare del suo brite. - Sotto: un ritratto di Rosa da giovane ed alcuni ricordi. Above: primi giorni di ottobre mentre i prati di fondovalle sono ancora verdi, il rifugio Nuvolao è già stretto nella morsa dell’inverno.

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“Quando si scrive delle don- ne, bisogna intingere la penna nell’arcobaleno” - Denis Diderot quella macchina…ma così potevo accompagnareingirolamammae laziaconcuivivevo…”eRosarac- contaquestianeddoticonintensità inunfiumediparole,difrasiinper- fettoampezzanoalternateall’italia- noeacitazioniintedesco. RosaMenardiètestimonianzadella storia che appartiene a tutti e che ladistrazionehannogiàcondanna- toall’oblio. 8

Transcript of Icona del vivere ampezzano

8 C.M.~COSTUME C.M.~COSTUME 9

icona del vivere ampezzanoIncontro con Rosa Menardi de Vico nel suo brite

di Lalla Facco e Sergio Maioni del Vecia

“Quando si scrive delle don-ne, bisogna intingere la penna nell’arcobaleno” - Denis Diderot

Incontrare e conoscere Rosa èpura emozione. Lei si definiscecon orgoglio una “montanara”madopopochiistantidiconversazioneparlalabelladonnachesiraccontaconperfettacoerenzastorica:inleiconvivonoilpassatoedun’attualitàchesianimaetoccavettedisurre-alismoinedito.Siamodifronteadunastoriaviven-te.Rosa intendesubitochiarire: “Cor-tinaèsolo il villaggiocentraledel-l’Ampezzo”, ridimensionando cosìunnomech’èpartediuncontestodivillaggiugualmentebelli.Leiabi-tainunodiquesti:Gilardon.Ilbrite(malga, ricoveromontanoperani-malie loroguardiani)èunablock-house (costruzione in legno) pocodiscostodallasuaciasa (casa)chebruciònel1936.Altreciaseaccantola sua nella ristrutturazione han-noinvecedimenticatoimotiviperiqualisononate.Nel1976Rosafesteggiai500annidel brite sopra la cui porta d’in-gressosileggeancoramoltobeneilnomedichiloabitògiàdal‘700.UncertoLudovicoGilardoni,fratel-lodelfamosoBartolomeo,invento-redellosciòpo a vènto(fucileadariacompressa),chesitrasferìaViennachiamatoacostruirefuciliperNa-poleone.La quotidianità di Rosa è scono-sciuta perchè a Cortina si viene“solo”afarvacanza.Mal’Ampezzo,doveviveRosa,conservaconcapar-biadignitàlatradizioneduraeveradellamontagna e sfugge inosser-vata. Rosa è “montanara” attualeedemancipatacheciraccontache

a11anni,quandonondovevalavo-rareincasa,andavaaleggerel’en-ciclopediaTreccanipressolascuolad’arte di Ampezzo dove poi inse-gneràtrent’anniricamoemerletto.SirecainFranciaperfrequentareuncorsoditinturavegetaleecirac-contalamagiadeicolori:“L’indacoserveafareilblu,dalga-ranzach’èunagraminaceaedallacocciniglia ch’è un insetto si rica-va il rosso, la cicuta serve a fareilgialloeconmiamadrecisiamoquasi avvelenate cuocendola…” ementreraccontaridecomeunara-gazzinaeisuoiocchisiriempionodi lacrime dei ricordi e prosegue:“hotuttoquidentro”posandosilemani incrociate al petto ”…nonneparlo mai e adesso che raccontomicommuovo…”mentresiguardaintornoel’arianellastuaazzurraèdensadilei.LabellezzadiRosaèfattadiocchivivacielimpidicomeisuoiraccon-ti,dall’espressionemutevolecomeisuoistatid’animoeddallacapa-citàdiraccontarciconperfezioneecompletezzacometessevapannellicon due telai di legno con la lanacheleicoloravaconmaestria.Rosavivedal4marzo1928nelsuobritech’èunastratificazionedi ri-cordi eguagliabile ad una archeo-logiaa vista:quinonoccorresca-vare perché ogni oggetto, mobile,frammento di pavimento, suppel-

lettileparladasolo.Raccontachevolevastudiarequandosuamadreinvece dopo le elementari la im-piega come contabile presso fotoGhedina.“C’erabisognodilavora-reperportareacasaildenaro.Glianimalinoneranosufficientiperilsostentamento della famiglia” maleiaveva il fuocodellaconoscenzae continua: “…non volevo numerimaelementivivi”.GrazieallesuoreOrsolinecheavevanounascuolaaRoncoaccedeal liceo tecnicoe inunannoemezzoprendeildiplomadi magistero della donna. Ha 21anni e studia nella stua (stanza disolito rivestita in legno riscaldatadallastube)allalucefievolediunalampadacheancoraconserva.Graziealdiplomapassaafarel’aiu-tosegretariaascuolaedalìall’in-segnamentodicucitoericamoesireca aMonaco di Baviera per ac-quistareunlibrosullatessitura.Nelbritevivevanoancheanimalidicui oggi rimangono 11 pecore e 7caprementrelesuemuccheleven-detteperacquistareunaseicento:“Hopiantoperchépensavoallemievacche che avevo sacrificato per

quella macchina…ma così potevoaccompagnareingirolamammaelaziaconcuivivevo…”eRosarac-contaquestianeddoticonintensitàinunfiumediparole,difrasiinper-fettoampezzanoalternateall’italia-noeacitazioniintedesco.RosaMenardiètestimonianzadellastoriacheappartienea tuttiecheladistrazionehannogiàcondanna-toall’oblio.

Rosa è pura emozione. Lei si de-finisce con orgoglio una “monta-

nara” ma dopo pochi istanti di con-versazione parla la bella donna che si racconta con perfetta coerenza storica: in lei convivono il passato ed un’attualità che si anima e tocca vet-te di surrealismo inedito.Rosa intende subito chiarire: “Corti-na è solo il villaggio centrale dell’Am-pezzo”, ridimensionando così un nome ch’è parte di un contesto di villaggi ugualmente belli. Lei abita in uno di questi: Gilardon. Il brite è una block-house poco discosto dalla sua ciasa che bruciò nel 1936. Altre ciase accanto la sua nella ristrutturazione hanno invece dimenticato i motivi per

A sinistra: Rosa Menardi in costume tipico ampezzano.Sopra: particolare del suo brite. - Sotto: un ritratto di Rosa da giovane ed alcuni ricordi.Above: primi giorni di ottobre mentre i prati di fondovalle sono ancora verdi, il rifugio Nuvolao è già stretto nella morsa dell’inverno.

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i quali sono nate. Nel 1976 Rosa festeggia i 500 anni del brite sopra la cui porta d’ingresso si legge ancora molto bene il nome di chi lo abitò già dal ‘700. Un certo Lu-dovico Gilardoni, fratello del famoso Bartolomeo, inventore dello sciòpo a vènto, che si trasferì a Vienna chia-mato a costruire fucili per Napoleo-ne. La quotidianità di Rosa è sconosciu-ta perchè a Cortina si viene “solo” a far vacanza. Ma l’Ampezzo, dove vive Rosa, conserva con caparbia dignità la tradizione dura e vera della mon-tagna e sfugge inosservata. Rosa è “montanara” attuale ed emancipata e ci racconta che a 11 anni, quando non doveva lavorare in casa, anda-va a leggere l’enciclopedia Treccani presso la scuola d’arte di Ampezzo dove poi insegnerà trent’anni ricamo e merletto. Si reca in Francia per fre-quentare un corso di tintura vegetale ed apprende la magia dei colori:“ L’indaco serve a fare il blu, dal ga-ranza ch’è una graminacea e dalla cocciniglia ch’è un insetto si ricava il rosso, la cicuta serve a fare il giallo e con mia madre ci siamo quasi avvele-nate cuocendola…”. Mentre racconta ride come una ragazzina e i suoi occhi si riempiono di lacrime. “ Ho tutto qui dentro” posandosi le mani incrociate al petto ”…non ne parlo mai e ades-so che racconto mi commuovo…” e si guarda intorno e l’aria nella stua az-zurra è densa di lei.La bellezza di Rosa è fatta di occhi vivaci e limpidi come i suoi raccon-ti, dall’espressione mutevole come i suoi stati d’animo e dalla capacità di raccontarci con perfezione e comple-tezza come tesseva pannelli con due

telai di legno con la lana che lei colo-rava con maestria. Rosa vive dal 4 marzo 1928 nel suo brite ch’è una stratificazione di ricor-di eguagliabile ad una archeologia a vista: qui non occorre scavare per-ché ogni oggetto, mobile, frammento di pavimento, suppellettile parla da solo. Racconta che voleva studiare quando sua madre invece dopo le elementari la impiega come con-tabile presso foto Ghedina. “ C’era bisogno di lavorare per portare a casa il denaro. Gli animali non erano sufficienti per il sostentamento della famiglia” ma lei aveva il fuoco della conoscenza e continua: “…non vole-vo numeri ma elementi vivi”. Grazie alle suore Orsoline che avevano una scuola a Ronco accede al liceo tec-nico e in un anno e mezzo prende il diploma di magistero della donna. Ha 21 anni e studia nella stua alla luce fievole di una lampada che ancora conserva.Grazie al diploma passa a fare l’aiuto segretaria a scuola e da lì all’inse-gnamento di cucito e ricamo. Si reca a Monaco di Baviera per acquistare un libro sulla tessitura.Nel brite vivevano anche animali di cui oggi rimangono 11 pecore e 7 ca-pre mentre le sue mucche le vendet-te per acquistare una seicento: “ Ho pianto perché pensavo alle mie vac-che che avevo sacrificato per quella macchina…ma così potevo accompa-gnare in giro la mamma e la zia con cui viveo e a citazioni in tedesco.Rosa Menardi è storia vivente che appartiene a tutti e che la distrazione dei tempi mondani hanno già con-dannato all’oblio.

Dall’alto a destra: il gatto che abita con Rosa ed alcuni dei suoi lavori realizzati a mano, tessuti, ricami, dipinti e disegni di tutta una vita.Above: primi giorni di ottobre mentre i prati di fondovalle sono ancora verdi, il rifugio Nuvolao è già stretto nella morsa dell’inverno.