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MARCO TRABUCCHI I VOLTI DELL’INVECCHIARE

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Troppo spesso si guarda alle perso­ne anziane con disattenzione, con pregiudizio: “Tanto sei vecchio...”. Invece la raccolta di una storia, da quella tipica della clinica a quella che si fonda sulla relazione e la vici­nanza, è spesso il modo per salvare la vita dell’anziano dalla dimenti­canza collettiva e quindi dall’irrile­vanza umana.

MARCO TRABUCCHI

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© EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2016Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano)www.edizionisanpaolo.itDistribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l.Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano)

ISBN 978-88-215-9885-2

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PRESENTAZIONE

Non sono i numeri della demografia e quelli dell’e-pidemiologia a indurre alla lettura dei mille volti dell’an-ziano. Infatti, che gli ultrasessantacinquenni siano or-mai il 22% della popolazione italiana e che nel 2014 vi sia stato un bilancio nati-morti di 94.000 unità sono dati di scarso rilievo, perché in linea con quanto da tem-po noto, e relativamente poco utili per costruire il fu-turo. Molto più importante è rifarsi al titolo di un vec-chio editoriale di una rivista americana che invitava a valorizzare «la democrazia e non la demografia» («De-mocracy and not demography»); infatti, suggeriva di ap-profondire la conoscenza della realtà umana che sta die-tro ai numeri, perché solo così è realmente possibile co-struire situazioni adatte al nostro tempo drammatico. Lo stesso significato ha la frase che mette dialetticamen-te a confronto «l’invecchiamento della specie e la vec-chiaia della persona». A chi oggi si avvicina all’età avan-zata non interessano i problemi della specie, che invece coinvolgono la collettività; però il focus sulla vecchiaia della persona deve tener conto anche dell’altro polo del-la dialettica, perché gli intrecci sono rilevanti.

Con la paura dei numeri non si producono cambia-

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menti nell’organizzazione sociale, dei quali vi è grande necessità, e neppure si aiuta il vecchio che ci vive accan-to a sperare nel futuro. I numeri, per quanto drammati-ci, non possono dominare la prospettiva, pena il dimen-ticare la nostra vera collocazione umana. Oliver Sacks è stato il grande maestro che si è posto dentro alla condi-zione anziana, facendone capire il senso: «Mio padre, che ha vissuto 94 anni, diceva spesso che la decade dei suoi 80 anni è stata una delle più piacevoli. Ha provato, e an-ch’io sto provando, non una restrizione, ma un allarga-mento della vita mentale e della prospettiva umana. Uno ha visto trionfi e tragedie, successi e fallimenti, rivoluzio-ni e guerre, grandi conquiste e profonde ambiguità. Uno ha visto la crescita di grandi teorie, poi sepolte dai fatti. Uno è divenuto più cosciente della sua transitorietà e, forse, della bellezza. Posso immaginare, sentire nelle mie ossa, cosa significa un secolo, percezione che non potevo avere a 40 o 60 anni. Non penso alla vecchiaia come a un tempo sempre più triste, che devo sopportare, ma co-me un tempo di benessere e di libertà. Libero dalle ur-genze superficiali delle età precedenti, libero di esplorare quello che voglio, e di collegare assieme pensieri e sensa-zioni di una lunga vita»1.

In questo scenario di libertà possibile, il volume de-scrive alcuni “volti” che compongono il popolo degli anziani, per offrire una lettura delle loro mille vite. Lo scopo è accompagnare il lettore a comprendere cosa av-viene nel cuore e nel cervello dei vecchi, nonché nelle loro gambe, per meglio costruire rapporti significativi

1 Sacks O., «New York Times», 7.7.2015.

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a livello individuale e convivenze possibili sia nella fa-miglia sia negli altri luoghi comunitari.

Fino a qualche tempo fa, molti avevano stretti con-tatti con i vecchi della propria famiglia; conoscevano, quindi, come il tempo modifica il corpo e la mente, an-che se spesso gli stereotipi dominavano l’esperienza dei rapporti intergenerazionali. Oggi, invece, molte perso-ne non hanno la possibilità di costruire conoscenze ap-profondite all’interno delle famiglie; vi è un maggior bisogno di capire i significati e i messaggi di un mondo che vive accanto al resto della popolazione, ma troppo spesso separato.

In molti luoghi, una persona su quattro è “teorica-mente” anziana: siamo in grado di capirne la vita? Un ul-teriore motivo per cui è necessario approfondire le cono-scenze di questo mondo deriva dal riferimento teorico al momento che segnerebbe l’ingresso nella vecchiaia: in-fatti, assieme alle modificazioni demografiche, sono av-venuti in questi anni cambiamenti umani significativi, per cui classificare come anziano un ultrasessantacin-quenne è un’operazione che oggi fa solo la burocrazia. Tuttavia, invece di perdere tempo nell’ipotizzare un’altra barriera che caratterizzi il divenire vecchi, è più impor-tante sul piano della convivenza, e anche utile per chi de-ve prendere decisioni, descrivere come vivono le persone che oggi costituiscono la parte più avanzata per età. Se queste divengono una popolazione nota, vicina, contat-tata, sarà poi più facile costruire risposte alle loro richie-ste soggettive e ai loro bisogni oggettivi. Riconoscendo-ne l’enorme variabilità che impone una conoscenza ap-profondita, anche nella normalità della vita quotidiana.

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Questo è quindi lo scopo del libro: aiutare a capirsi non sulla base di stereotipi, oppure della retorica buo-nista o del pessimismo dei numeri, ma partendo dal ri-conoscimento dell’individualità, della sua ricchezza, an-che delle sue crisi. In alcuni casi utilizzando l’empatia, soprattutto quando pesa la fatica di vivere: è la base di un rapporto che apre alla solidarietà e a gesti di vicinan-za. L’empatia è anche un mezzo per evitare la strada so-litaria di chi si illude dei propri poteri, illusione che non allontana le angosce. Il rapporto solidale con l’altro evi-ta le rincorse impossibili e dà il senso di una realtà che può essere vissuta senza disperazione.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha presen-tato nel 2015 un report su Ageing and Health. Tra le molte specifiche condizioni per un invecchiamento in salute vi è l’indicazione per la costruzione di un mon-do amico dell’età avanzata, cioè in grado di garantire a ogni cittadino anziano le condizioni per vivere in mo-do dignitoso e rispettoso della sua specificità e quindi «condizioni di vita che le generazioni precedenti non avrebbero nemmeno potuto immaginare».

L’elenco dei volti potrebbe sembrare improntato al-la prevalenza di condizioni di sofferenza e di fatica di vivere. Non è stata una scelta a priori pessimista, ma deriva dalla constatazione che il dolore e la sofferenza sono fattori di differenziazione molto forti. Conoscere l’itinerario che con il passare degli anni collega l’indivi-duo con le sue difficoltà alla forma vitale che via via va assumendo, è un operazione necessaria, perché così si comprende l’oggi come frutto di un’evoluzione del sin-golo e non come un evento che compare senza un fon-

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damento, quasi fosse la fortuna o la sfortuna a determi-nare la vita. Inoltre, si comprende anche come le con-dizioni di svantaggio sono quelle che oggi sono respon-sabili di una salute compromessa e di una vita più bre-ve. Perché il passato non finisce mai. Finché non finia-mo noi, continua a lavorare e a cambiare dentro la no-stra vita. Certamente si deve lasciare spazio all’impre-vedibile e all’inconoscibile. Il progresso scientifico non ha ancora descritto (e forse mai potrà) tutti i possibili itinerari della vita; però, più si approfondiscono le co-noscenze, maggiore sarà la capacità di intervenire per-ché le generazioni possano migliorare, con serenità ed equilibrio.

Su queste premesse poggia il senso di questo volu-metto: descrive le diverse condizioni vitali della perso-na che invecchia, in modo da rendere palese anche a chi non ha esperienze dirette o capacità psicologiche la ric-chezza dei mondi che ci circondano.

Scorrendo l’indice si possono leggere i volti della vec-chiaia nelle loro varie espressioni, quelle della salute e della malattia, della gioia e della tristezza, della solitu-dine e della ricchezza di relazioni. Lo scopo è introdur-re il lettore in questo mondo così vero, e spesso – for-tunatamente – così diverso dai pregiudizi che abbiamo costruito attorno alla persona anziana. Ancora una vol-ta, l’insegnamento di papa Francesco indica un percor-so, con semplicità, ma con estrema chiarezza: «Gli an-ziani sono uomini e donne, padri e madri che sono sta-ti prima di noi sulla nostra stessa strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per una vi-ta degna. Sono uomini e donne dai quali abbiamo ri-

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cevuto molto. L’anziano non è un alieno. L’anziano sia-mo noi: fra poco, fra molto, inevitabilmente comun-que, anche se non ci pensiamo. E se noi non imparia-mo a trattare bene gli anziani, così tratteranno noi»2.

Due volumi recenti, tra i moltissimi significativi e in-cisivi sul tema, potrebbero rappresentare la cornice entro la quale si muovono queste pagine che parlano della vita dei vecchi. Uno descrive il volto di centenari (Elena Mi-glioli, Renato Bottura, Rimango qui ancora un po’, Paoli-ne, 2015), perché rappresentano concretamente le po-tenzialità umane, espressione di una vita significativa, che testimonia il successo della persona. L’altro (Michele Fa-rina, Quando andiamo a casa?, Bur, 2015), invece, descri-ve le vicende degli anziani affetti da demenza e delle loro famiglie; rappresenta il volto della malattia, anche se in alcune vicende si ritrovano generosità, affettività, senso. Tra questi due poli si colloca l’esistenza normale degli in-dividui di “una certa età” (come si diceva una volta), che hanno il coraggio di vivere nelle difficoltà senza arren-dersi, nella semplicità del “giorno per giorno”.

Alcuni passaggi del volume potrebbero sembrare dif-ficili, alcune letture dei volti poco realistiche, ma sullo sfondo deve restare l’impressione positiva attorno a un mondo che si muove, lentamente, ma senza soste, ver-so una condizione diversa da quella di oggi, ma sempre significativa, perché «invecchiare non è una malattia!».

Oggi è il mondo di altri, domani potrebbe diventa-re il nostro.

2 Papa Francesco, Udienza generale, 4.3.2015.

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