I testi qui raccolti per la prima volta in traduzione

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I testi qui raccolti per la prima volta in traduzioneitaliana documentano la continuità e rilevanzadell’interesse che Marsilio Ficino nutrì perl’astrologia.Pur avendo riunito, nell’inedita Disputatio contraiudicium astrologorum, molti dei più classiciargomenti della polemica antiastrologica, daCicerone a Favorino ad Agostino, Marsilio si valsepoi largamente di motivi astrologici, e nel suoepistolario discusse con competenza temi natali,transiti e cicli planetari. Ad onta di ogniapparenza, non si trattò di un percorsoincoerente.Il rifiuto degli usi fatalistici dell’astrologia, e ilripudio del preteso profetismo astrale, nonconfliggono infatti con il ricorso all’arteastrologica, ove essa sia intesa come complesso ditecniche volte alla diagnosi delle disposizioniindividuali. Nel ricavarne un metodo di indaginesulla costituzione dei temperamenti, Marsilio faconvergere il motivo della corrispondenza macro-microcosmica (per la quale "il cielo è dentro dinoi"), ed una visione dell’astrologia comestrumento di analisi delle inclinazioni con le quali,in ciascuna esistenza, si confronta la consapevoledecisione morale. Mentre conduce verso sviluppioriginali la ripresa della tradizione platonica eneoplatonica, guarda all’arte astrologica come aduna forma di conoscenza, dalla quale trarrepreziosi elementi di appoggio per la medicina deicorpi e delle anime, tracciati nei libri De vita.

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Ornella Pompeo Faracovi ha studiato filosofia aFirenze; collabora attualmente con il Dipartimentodi Filosofia dell’Università di Pisa.

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Marsilio Ficino

Scritti sull’astrologiaa cura di ORNELLA POMPEO FARACOVI

Biblioteca Universale Rizzoli

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Proprietà letteraria riservata

© 1999 RCS Libri S.p.A., Milano

eISBN 978-88-58-65688-4

Prima edizione digitale 2013

In copertina: Filippino Lippi, Marsilio Ficino,particolare del trionfo di San Tommaso 1489-93,

Roma, Santa Maria sopra Minerva, Cappella Carafa.(© Foto Vasari-Roma)

Per conoscere il mondo BUR visita il sito www.bur.eu

Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

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INTRODUZIONEL’attenzione per l’astrologia attraversa moltiscritti di Ficino. Difficile ridurla a fatto episodico,o circoscriverla a riflesso acritico di motivi diffusi.Certo si esprime nelle diverse opere in forme econ risultati diversi, tanto da destare a prima vistaun’impressione di non linearità, se non proprio diaperta contraddittorietà. Alle critiche svolte nellaDisputatio contra iudicium astrologorum, scrittanel 1477, ma divulgata soltanto attraverso l’inviodel breve proemio a Francesco Ippolito Gazolti, siaffianca il ricorso ininterrotto a tecnicheastrologiche, in quella sorta di paratesto che ècostituito dalle epistole, coeve e successive, dovecon passione e competenza Ficino si sofferma sutemi natali, transiti e cicli planetari.1

L’inserimento di alcuni motivi dell’astrologiaoroscopica, a sostegno e fondamento dellaparticolarissima medicina dei corpi e delle anime,tracciata in quel De vita (1489) che è forse il suoscritto più originale; la stessa saldatura, nel DeSole (1493), fra quei temi e il neoplatonismoermetizzante della filosofia ficiniana della luce,sembrano volutamente circoscritti, nel lorosignificato, dalle Apologie che seguono le dueopere. A parziale ritrattazione sembrano suonarele precisazioni fornite nella famosa lettera aPoliziano, scritta al prender forma della durarequisitoria antiastrologica delle pichianeDisputationes adversus astrologiam divinatricem.Ma sarà di nuovo l’astrologia a fornire argomenti

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al libello antisavonaroliano del 1498.2

Qual è il senso complessivo della posizioneficiniana? Che cosa è più meditato e autentico: lecritiche della Disputatio; la rielaborazione del Devita; l’articolata esposizione del De Sole; leassicurazioni a Poliziano, o il ricorso a tecnicheastrologiche, nell’epistolario e nello scritto controSavonarola? Fra i diversi testi vi è contrasto,oppure la varietà dei loro punti di arrivo esprimeun itinerario complesso, ma non privo di internacoerenza? Difficile riproporre ancora la vecchiatesi, che nel lungo rapporto con l’astrologialeggeva soltanto la storia dell’incapacitàdell’uomo di sottrarsi al fascino perverso dell’arte,che il filosofo condannava. Pur autorevolmentesostenuta a suo tempo, si tratta di una rispostadebole. In primo luogo, perché spiega troppo,senza spiegare gran cosa: dissolvere nel ricorso acaratteristiche temperamentali, o alle spigolositàdelle biografie dei filosofi, gli aspetti della loroopera di cui si fatica a restituire il nesso colquadro complessivo, o che mal si accordano conchiavi di lettura sperimentate, è una di quellesoluzioni sempre a portata di mano, cheesprimono in realtà soprattutto una difficoltà diinterpretazione. In secondo luogo, perchéscaturisce dall’assunzione acritica di unpreconcetto, o quanto meno di un luogo comune,non sufficientemente messo a fuoco: quellosecondo il quale tutta l’astrologia, in tutte le sueforme, rientra inevitabilmente nel vastocontinente delle credenze superstiziose, ed èimpossibile che un pensatore serio se ne interessiper ragioni diverse dalla debolezza di carattere. In

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terzo luogo, perché occulta, prima ancora diformularla, la vera questione, colta per primo daHans Baron nel predisporre l’edizione critica deltesto della Disputatio.3 Lo spazio nel quale Ficinosi muove, con spostamenti significativi tra l’una el’altra opera, non è quello dell’alternativa traaccettazione e rifiuto; è piuttosto quello delladiscussione e del confronto fra diverseinterpretazioni, e utilizzazioni, dell’astrologia. Lariflessione sull’astrologia non è esterna ai nucleiteorici del pensiero di Ficino; consente alcontrario, come un attento filone di ricerca hainiziato a mettere in luce,4 di dar forma a uninteresse per l’analisi dei temperamenti, laclassificazione dei caratteri, se si vuole lapsicologia individuale, che costituisce uno degliapporti più innovativi e sorprendenti della suaopera. Sarà questa l’ipotesi di lettura alla lucedella quale cercheremo di esaminare, nel suoinsieme, l’itinerario di Ficino in rapportoall’astrologia.

L’interesse ficiniano per l’astrologia sembravertere inizialmente non tanto su questioniinterne all’arte, quanto su un terreno di incontrofra astrologia e filosofia della natura, già definitoin epoca tardoantica su linee contigue a quelle delpensiero stoico,5 e presto divenuto una sorta diluogo comune largamente accreditato. Si trattadella diffusissima dottrina della simpatia checollegherebbe i quattro elementi della sferaterrestre alle quattro triplicità dagli stessi nomi(terra acqua aria fuoco), che agli astrologiforniscono una delle possibili griglie disuddivisione dei segni zodiacali.6 A essa Ficino

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opera un preciso riferimento nella primaredazione del commento al Simposio, quandoscrive di «una qualche amicizia, di cui si occupal’astronomia», fra le stelle e i quattro elementi:7

dove va subito segnalata una scelta semanticalargamente sedimentata nella tradizionemedievale, l’uso del termine astronomia perindicare non solo lo studio dei moti degli astri, maanche le loro relazioni con il mondo terreno.8 Latesi della simpatia universale diviene così parte diuna visione del mondo che in esso configura ununico grande organismo, ogni aspetto del quale sicongiunge all’altro in virtù di una natura comune;si salda, dunque, alla versione ficiniana delplatonismo, maturata attraverso il confronto contesti classici del platonismo antico e medievale –da Macrobio a Calcidio, da Porfirio a Proclo aimaestri di Chartres – e il lavoro svolto suglioriginali greci dei dialoghi platonici, volti in latinofra il 1463 e il 1466.

Così il magnete attrae il ferro, l’ambra strofinatale pagliuzze, il fuoco lo zolfo. Il Sole volge verso disé diversi fiori e foglie, come la Luna le acque;Marte è solito suscitare i venti, e diverse erbeinvitano variamente diversi tipi di animali.9

Più circostanziato, ampio e analitico, è l’esamedell’astrologia, in quanto ricerca specificadelineato nel primo dei testi qui presentati, laDisputatio contra iudicium astrologorum, scrittatre anni dopo la conclusione della Theologiaplatonica. Un opuscolo che, lo si è già detto, nonvenne divulgato, poiché Marsilio ne lasciòincompiuta la revisione, limitandosi a riprenderne

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brani in una epistola del 1481 a Federico daMontefeltro, duca di Urbino, e nel commento aPlotino, stampato, insieme alla traduzione delleEnneadi, nel 1492. In esso l’astrologia è presa inesame non solo nei suoi punti di intersezione conla problematica filosofica – prima fra tutte, laquestione della sua compatibilità con la libertàumana –, ma anche dall’interno, attraversol’indagine dell’articolazione e delle implicazionidelle sue tecniche specifiche. Ne risulta un esamecritico, le cui coordinate sono attinte non a unaconcezione genericamente neoplatonica, ma,specificamente, ad alcuni passi delle Enneadi II,III e IV.

Quando scrive la Disputatio, Marsilio ha giàvolto in latino gli Inni orfici, Esiodo, gli Inniomerici, il Corpus hermeticum, i dialoghi diPlatone. Non ha ancora intrapreso il lavoro ditraduzione e commento delle Enneadi, checompirà – anche per suggerimento di Pico dellaMirandola – fra il 1484 e il 1486; ma tracce dellalettura di Plotino non mancano già nella Theologiaplatonica, in diciotto libri, composta fra il 1469 e il1474, e pubblicata nel 1482.10 Proprioall’astrologia, letta alla luce di categorieplotiniane, sono dedicate le pagine dellaTheologia, che con qualche variante Marsiliorifonderà nella Disputatio. Fra i temi di quellepagine svolge un ruolo importante una teoria cheaveva costituito per secoli, con riprese anche inambiente cristiano, uno dei punti di riferimentoobbligati per chi intendesse combattere ilfatalismo astrologico, senza rinunciare a unamoderata accettazione di motivi astrologici: quella

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del valore significante, ma non causativo, delleposizioni astrali. Pur ammettendo la tesi,largamente diffusa, che in un universointerconnesso i corpi celesti esercitino influssifisici sui corpi inferiori, Plotino aveva escluso chele posizioni e i movimenti degli astri possanoavere valore di causa rispetto a quanto investe lavita dell’anima, principio di per sé superiore aicorpi, terrestri o celesti che siano. Gli astripossono intervenire, insieme ad altre cause, sullastruttura corporea; «ma come potrebbero essifarci saggi o ignoranti, grammatici, retori, citaristio altrimenti artisti, ricchi o poveri?».11

La riflessione sull’astrologia si colloca cosìall’interno di una metafisica per la quale ciò che èumano nell’uomo è soltanto l’anima, e ladimensione corporea, comune anche agli altriesseri del mondo, costituisce una sorta di limiteesterno, generatore di sollecitazioni negative, diturbamento e dispersione. Perciò bisognariconoscere a noi ciò che è nostro; sino a ciò che ènostro e al nostro essere giungono sì gli effettidell’universo, ma bisogna distinguere ciò chefacciamo noi da ciò che subiamo necessariamente,e non attribuire tutto agli astri.12

Se poi si sostenesse che i corpi celesti sianoanimati divinamente, bisognerebbe ammettereche in nessun caso essi possono essere causa delmale: è questo un argomento che, pur convarianti, conoscerà larghissima fortuna,ripresentandosi in autori tanto diversi comeGiamblico, Calcidio, Agostino; ma affacciandosianche, come si vedrà, negli amichevoli rimproverimossi da Giovanni Cavalcanti a un Marsilio troppo

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preoccupato per un problematico transito diSaturno.13 Gli eventi umani si collocano a un livellonel quale la causazione fisica si intreccia con altrilivelli di cause, propriamente umane: gli astri,dunque, non li causano. Le configurazioni astrali,tuttavia, non sono prive di significato, poiché in ununiverso unitario, che la provvidenza riconduceall’ordine, tutto è legato a tutto in un rapporto dianalogia. Se non hanno funzione causativa, leposizioni celesti hanno funzione significante; «gliastri sono parti, e non piccole, del cielo;collaborano coll’universo e servonomagnificamente da segni; essi annunciano tuttociò che accade nel mondo sensibile».14

Respinta in quanto sapere dell’universalenecessità, l’indagine astrale ritrova un proprioruolo come tecnica capace di preannunciare glieventi sensibili, nei quali si esprime l’ordineprovvidenziale. Chi sa leggere l’alfabeto dellestelle può predire il futuro, allo stesso modo di chisa decifrare il volo degli uccelli e in genere i segnidi cui si avvale la divinazione artificiale.

Pensiamo dunque che gli astri siano come lettereche si scrivano a ogni istante nel cielo, o megliogià scritte e moventisi, le quali pur compiendoun’altra funzione abbiano anche la facoltà disignificare alcunché: e così nel mondo, come in unvivente retto da un solo principio, si può da unaparte conoscerne un’altra.15

Alla distinzione tra valore causativo e valoresignificante degli astri si collega il taglio deciso

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operato da Plotino all’interno del vasto campodelle tecniche astrologiche. Nelle Enneadi, lateoria degli astri-segni consente la legittimazionedella divinazione astrale, lungo una lineasostanzialmente affine ai modi della più anticamantica astrale, riservata a sacerdoti-indovini, cuile civiltà mesopotamiche avevano affidato lapredizione di grandi eventi collettivi: guerre,pestilenze, inondazioni, durata di regni.16 Segna,nello stesso tempo, il ripudio della genetliaca, latecnica volta alla stesura e all’interpretazione deitemi natali, tracciati per ogni individuo rispetto almomento e al luogo di ogni singola nascita. Sitratta certo di un’operazione non indolore, poichéciò che Plotino in tal modo respinge èprecisamente quanto di nuovo avevacaratterizzato l’arte di Urania dal momento nelquale, a partire dai primi oroscopi individualicompilati alla fine del V secolo a.C., si eracollegata a procedure esattamente matematizzate,ciò che dell’astrologia aveva fatto una máthesis,17

ossia una disciplina strutturata e insegnabile.Della genetliaca, Plotino assume come un dato lastrutturale compromissione con la teoria dellacausazione astrale: ne accetta dunque, perrespingerla poi come incompatibile con lasuperiorità essenziale dell’anima rispetto al corpo,l’interpretazione stoicizzante, che aveva fattotesto per larga parte del mondo antico. È unastrada sulla quale nella Disputatio Ficino loseguirà fedelmente, per imboccarne infine, da uncerto punto in poi, una in parte diversa.

Alla parte critica della riflessione plotinianasull’astrologia Ficino aveva attinto già nella

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Theologia platonica, in pagine che avrebbe poiquasi completamente riassorbite nella Disputatio.L’approccio di Enneadi II e III, sia per quantoattiene all’impostazione filosofica generale – sesono corpi, gli astri non agiscono sull’anima; sesono dèi, non causano il male – sia per quantoriguarda più specifiche obiezioni ai presupposti ealle tecniche – assurde le teorie astrologiche suireciproci rapporti fra gli astri, sul variare dellaloro forza in rapporto alla posizione, sul loroessere ora benevoli ora malevoli; infondate leteorie sulle variazioni dell’influenza lunare;insostenibile la ricerca di indicazioni sultemperamento dei padri attraverso l’oroscopo deifigli –, viene puntualmente ripreso da Ficino.Ordinato sacerdote nel dicembre 1473, il pioMarsilio si attiene fedelmente alla variantecristiana, che punta sulla identificazione delleanime degli astri con altrettante intelligenzeangeliche: la Disputatio è, da questo e da altripunti di vista, altrettanto programmaticamenteortodossa quanto la Theologia platonica. Sullosfondo metafisico, nel quale campeggia la teoriadell’essenziale libertà dell’anima, Ficino innestapoi una critica dell’astrologia fatalistica, cherisulta più ampia e circostanziata di quanto nonaccadesse nella sua fonte. L’armamentario criticodi Plotino viene allargato, alla luce di motivi attintisia alla letteratura antiastrologica tardoantica, siaall’astrologia araba, sia allo stesso Tolomeo, che alfatalismo astrologico antico aveva contrappostouna astrologia congetturale, cui Plotino non avevadedicato alcun riferimento.18 Cicerone, Favorino,Origene, Eusebio, Agostino, ma anche Abû

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Ma’shar e Tolomeo, vengono così fatti entrare ingioco nella costruzione di un climax di argomenti,per il quale Ficino può avvalersi anche di unaconoscenza delle tecniche, più dettagliata diquella esibita nelle Enneadi.19 Si allargano le fonti;si complicano i riferimenti tecnici; cambia, almenoin parte, il linguaggio; la critica dell’antica teoriadella necessitazione astrale si traduce, nellinguaggio della tradizione antiastrologicatardomedievale, nella critica dell’astrologiagiudiziaria.

Il termine giudiziaria è invalso in Occidente, apartire dalla metà del secolo XII, in rapporto aldiffondersi delle versioni latine di testi astrologiciin lingua araba: il Kitab almudhal al-kabir di AbûMa’shar, l’Albumasar dei latini, è tradotto daGiovanni di Siviglia, nel quarto decennio delsecolo, con il titolo Liber Maioris Introductorii adscientiam iudiciorum astrorum;20 di iudiciaastrorum si parla nella traduzione di Abenragel; diiudicia nativitatum, in quella di Albohali; di resiudicialis in quella di Ibn Ezra. Dopo di allora, digiudizi e giudiziaria si parlerà correntemente: diquelle espressioni, ancora sconosciute alPolicraticus di Giovanni di Salisbury, scritto primadel 1180, lo Speculum astronomiae attribuito adAlberto Magno si varrà come di lemmi dalsignificato consolidato.21 Il termine giudiziariarimanda all’arabo siña’t ahkām al-nujūm, reso inlatino come ars iudiciorum stellarum. Nellatrattatistica tardomedievale questi lemmi servonoprevalentemente per indicare quella che contermine greco veniva detta dagli astrologi antichigenetliaca (indagine di temi natali, cicli,

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rivoluzioni e progressioni), distinta dallo studioquadrivialis o doctrinalis degli spostamenti degliastri. Di giudiziaria, invece, non si parla affattonel mondo antico, che segue in genere Tolomeonel considerare l’astrologia come la parte pratica,applicativa, dell’astronomia – scienza degli astri –e per indicarla usa principalmente il termineapotelesmatica, letteralmente studio degli effettidei pianeti.22 Il termine è estraneo anche ai testialtomedievali, che seguono Tolomeo nelconsiderare astronomia e astrologia come due lati,teorico e applicativo, della stessa indagine, edistinguono semmai un’astrologia naturale (voltaa indagare, ad esempio, gli effetti degli astri sulclima) da un’astrologia superstiziosa, negatricedel libero arbitrio. In ambiente medievale, anchedopo la diffusione delle traduzioni dall’arabo, itermini astrologia e astronomia sono quasi sempreintercambiabili; può anche accadere che sia ilprimo a indicare lo studio puramente teorico deimoti degli astri, e il secondo – in virtù del suocontenere il termine nómos, legge – venga usato aindicare l’indagine che verte sugli effetti degliastri sui comportamenti umani.23 Ma nel modo diintendere il giudizio degli astri, cui si fauniversalmente riferimento dopo l’assimilazionedell’astrologia islamica, sembra inserirsi qualchecosa di più: un elemento fatalistico, che nessunodei vecchi termini – genetliaca, astronomia,astrologia, apotelesmatica – di per sé conteneva.

È un elemento veicolato in partedall’espressione latina iudicium astrorum, dove ilgenitivo può riferirsi sia al giudizio formulatodall’astrologo a partire dagli astri, sia al giudizio

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emesso dagli astri stessi. Le due diverse forme digiudizio tendono dunque a presentarsi comereciprocamente convergenti, in un movimento nondel tutto assente dall’espressione araba ahkām al-nujūm, che mette in relazione giudizio e stelle,senza definire univocamente la modalità di talerelazione. 24 Non conta qui, evidentemente,soltanto il suono delle parole. Attraverso lapolisemicità del linguaggio si fa luce un temafilosofico preciso: quello della necessitazioneuniversale, che l’astrologo legge nelle stelle; temacollegato a sua volta all’ampia riemergenza dimotivi stoici in ambiente islamico, così bendocumentata in un classico lavoro sulla profezianell’Islam.25 Una delle formulazioni più notedell’idea che sta alla base di tutto questo, quelladi un universo in cui tutto è rigorosamenteindeterminato, e le difficoltà della previsione sonorelative soltanto alla limitatezza dell’approccioumano, è quella fornita nel secolo IX da al-Kindi:Se infatti fosse dato a qualcuno di comprenderel’intera condizione dell’armonia celeste, costuiconoscerebbe pienamente il mondo degli elementicon tutte le realtà contenutevi in qualsiasi luogo etempo, come il causato attraverso la causa.26

Fra gli astrologi, in ciò concordementedisapprovati dai maggiori filosofi islamici, questariemergenza di motivi stoici aveva impresso unacurvatura fatalistica alla pratica astrologica; l’artedel giudizio delle stelle era divenuta l’arte dileggere nel cielo un tessuto di eventi che gli astri,strumenti del fato, inevitabilmentepreannunciano.27 Nel Kitab al-mudhal al-kabir, chein Occidente sarebbe divenuto celeberrimo, Abû

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Ma’shar trae dall’aristotelico Perì hermeneías ladistinzione fra possibile e necessario, perrovesciarne il senso, cancellando sostanzialmenteil motivo aristotelico dei futuri contingenti: ciò chele stelle annunciano come impossibile, ènecessario che non sia; ciò che annunciano comepossibile, è necessario che sia.28 D’altra parte, lasaldatura fra le tecniche astrologiche e ilfatalismo della cosmoteologia stoica aveva giàtrovato espressione in alcune grandi opere dellaletteratura astrologica antica, come quelle diManilio o di Vettio Valente, e si era nutrita deglisviluppi che il nesso tra provvidenza e fato avevaconosciuto presso i filosofi in pagine famose, comequelle di di Seneca:Quid est boni viri? Praebere se fato. Grandesolatium est cum universo rapi: quicquid est quodnos sic vivere, sic mori iussit, eadem necessitateet deos alligat; irrevocabilis humana pariter acdivina sursus vehit. Ille ipse, omnium conditor etrector scripsit quidem fata, sed sequitur; semperparet, semper iussit.29

Attraverso le maglie della concezione stoica delLogos che tutto governa, compresi i destini e levicende degli uomini, la pratica dell’astrologia – diper sé sapere operativo, arte, complesso ditecniche, non filosofia – aveva dunque assuntoassai spesso come proprio sfondo filosofico ilmotivo del fato che, in un universo tutto materiale,traduce in una catena di eventi meccanicamenteinterconnessi il decreto divino. Tale concezioneera sopravvissuta alla fine dello stoicismo, fino aimprontare di sé larga parte della tradizioneastrologica di tutti i tempi. Ne era stato

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influenzato non solo l’uso delle tecnichedell’astrologia mondiale (tesa alla previsione deigrandi eventi collettivi), ma anche quello dellagenetliaca (volta alla stesura e all’interpretazionedel tema natale [génesis] del singolo individuo),intesa come strumento per la predizione deglieventi inevitabili, attraverso i quali si volevaarticolata ogni singola esistenza. La versionefatalistica dell’astrologia, che ne era risultata,aveva avuto risonanza tanto grande, che largaparte della polemica antiastrologica si era svoltaper secoli tutta e soltanto in rapporto a essa,identificata assai spesso, senza sfumature nédistinzioni, con l’astrologia tout court.Prendendone le distanze, Tolomeo aveva tracciatonella Tetrabiblos l’interpretazione dell’astrologiacome indagine congetturale, appoggiata a unacosmologia di stampo peripatetico: agli eventisublunari, che pur risentono dell’influsso fisicodelle stelle, è intrinseco un margine diindeterminazione, non ulteriormente riducibile,che ne impedisce costitutivamente la totaleprevedibilità; quella degli astrologi è unaprevisione probabile, non un sapere certo.30

Contro l’astrologia fatalistica, Plotino aveva fattoappello alla distinzione fra valore causativo evalore significante degli astri; sotto ladenominazione, ormai comunemente accettata, diastrologia giudiziaria, essa era stata combattutada filosofi e teologi tardomedievali per la suaincompatibilità con il libero arbitrio.31

È questa anche l’immagine dell’astrologiacontro la quale Ficino scrive la Disputatio. Comevuole il suo titolo stesso, obiettivo polemico

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dell’opera è il giudizio degli astrologi, inteso, allamaniera tardomedievale, come giudizio che sipretende traduzione definitiva e indubitabile di undecreto altrettanto definitivo, e ineluttabile, degliastri. La sorte individuale non può e non deveessere predetta: è questo, fin dal proemio, untema di fondo della Disputatio, che è tantoconcentrata nella critica della giudiziaria,applicata agli oroscopi individuali, da non curarsidi riprendere l’ordinata scansione delle opereantiastrologiche del tardo Medioevo, così precisenell’elencare e confutare sistematicamente, unadopo l’altra, tutte le diverse tecniche astrologiche,dalla genetliaca alle interrogationes,dall’astrologia mondiale alle electiones. Contro ilfatalismo astrologico Ficino difendecontemporaneamente una provvidenza chetrascende l’ordine materiale, e l’essenziale libertàdell’anima: questo il nucleo dell’opera, come eglistesso lo riassume ogni volta che, nellacorrispondenza, fa cenno a quelle pagine.Condotta con strumenti teorici attinti per largaparte a Plotino, quella della Disputatio è in effetti,ancor prima che una critica dell’astrologia,un’apologia della libertà, intesa nella sua formapiù estrema, come libertà di indifferenza.32 Suquesto punto, il rifiuto della necessitazione, e ladifesa dell’alterità e superiorità dell’anima neiconfronti dell’universo fisico, Marsilio non sismentirà mai: a questo riguardo non c’è nei suoitesti, coevi e successivi, nessuna vera oscillazionerispetto all’ispirazione e alle conclusioni delloscritto del 1477.33

Lo strumento teorico di quel rifiuto, e di quella

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difesa, è costituito dalla ripresa delladivaricazione, in chiave neoplatonica, eneoplatonico-cristiana, fra i due concetti che laprospettiva stoica aveva portato a convergere,fato e provvidenza. Se il fato è la concatenazionemeccanica degli eventi del mondo corporeo, e laprovvidenza l’ordinamento finalistico degli esseriin vista del bene, l’ambito di applicazione delprimo risulta, in una prospettiva neoplatonica,assai più ristretto di quello del secondo. Il fato,come dice Boezio, e Salutati ripete, èl’espressione della provvidenza nel mondocorporeo. 34 Ad esso, scrive Proclo, sonointegralmente sottomesse le nature inferiori. Lenature superiori sono sottoposte alla solaprovvidenza; quelle intermedie, composte dianima e corpo, sono sottoposte, in gradi variabili,a tutte e due le istanze. 35 L’uomo dunque, che lasua parte corporea colloca al livello delle realtàinferiori, è capace di sollevarsi, attraverso l’animasuperiore, al disopra del fato: perciò puòallontanarlo, a patto che, come suggeriscePorfirio, riesca a conoscere il proprio demone, lapropria più profonda natura spirituale.36 Soccombeinvece al fato quando rinuncia a vivere al livellodell’anima superiore, e si lascia integralmenteassorbire dalla vita corporea. «Soggetto al fato»aveva detto Plotino «vive solo quell’essere che èprivo di quest’anima; per lui quaggiù gli astri nonsono soltanto dei segni, ma diventa egli stesso unframmento del mondo, di cui è una parte. »37

È nel quadro concettuale così definito che aFicino, come già alle sue fonti, si pone la domandase sia possibile una lettura non fatalistica

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dell’astrologia. Dall’interno degli studi astrologici,era stato soprattutto Tolomeo a fornire allaquestione risposta positiva, tracciando il profilo diun mondo sublunare nel quale l’influsso celeste siinserisce come causa degli eventi, ma non comecausa unica e nemmeno come causa decisiva,poiché con esso interagiscono altri livelli dicausalità, legati ai margini di indeterminatezzapropri delle materie terrestri, e alla dimensionedella deliberazione umana. Marsilio non ignoraquesto orientamento, anzi se ne avvale citandospesso Tolomeo – non diversamente da quantofarà più tardi Pico – a sostegno della battagliacontro la tentazione di conferire caratteredefinitivo e necessario ai giudizi degli astrologi.Ma, come accadrà anche nelle Disputationespichiane, nello scritto del 1477 Tolomeo funzionapiù come riserva di argomenti contro le eccessivepretese degli astrologi, che come alternativacompatta e credibile al fatalismo astrologico. Ciòrimanda in primo luogo alle difficoltà dei lettoritardomedievali e rinascimentali nel mettere afuoco le differenze che separavano da Tolomeol’astrologia islamica, così intimamentestoicizzante, nel contesto della quale, e attraversola quale, quel testo era rientrato in Occidente:sarà soltanto nella prima metà del Cinquecentoche l’istanza umanistica di restituzione dellalezione originale dei testi greci darà i suoi fruttianche in rapporto alla Tetrabiblos. 38 Rimanda,anche, alla lontananza da Ficino del quadroconcettuale di stampo eclettico, ma fortementesegnato dal modello peripatetico, che sorreggel’astrologia di Tolomeo. È dunque ancora a Plotino

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e ai neoplatonici, non allo scienziato alessandrino,che Ficino attinge, in prima istanza, gli strumentiper una lettura non fatalistica dell’astrologia.Respinta l’idea della necessitazione universale,che involge anche la vita dell’anima; sottratta agliastri la dimensione causativa nei confronti dellavita dell’anima, Plotino aveva riconosciuto agliastri il valore di segni del piano provvidenziale,recuperando, relativamente agli eventi sensibili, ilruolo predittivo dell’astrologia. Su questa strada,la Disputatio lo segue altrettanto fedelmentequanto su quella della critica dell’idea dellanecessitazione astrale, pur nel quadro nuovo, eper molti aspetti più complesso, definito daglisviluppi che la teoria degli astri-segni avevaconosciuto in rapporto alle tre religionimonoteistiche, ebraica, cristiana e musulmana.39

Il problema si era posto già alla patristicaantica, di fronte ai passi scritturali che sembranolegittimare l’idea che i movimenti degli astriconsentano, a chi sa interpretarli, la decifrazionedella volontà di Dio: tra i riferimenti importanti, lastella che aveva condotto i Magi.40 Era necessarioammettere che i dotti orientali conoscessero lafunzione degli astri, come segni di eventiprovvidenziali: su ciò avevano concordato Ignazioe Tertulliano, Origene, Eusebio e Agostino. Ma, siera aggiunto, la divinazione astrale era stata lecitasolo fino alla nascita di Cristo: a conferma di talesvolta suonava il ritorno dei Magi per una stradadiversa da quella percorsa all’andata. Ricondottoin questi limiti, il motivo del valore significantedella stella si era liberato da ogni sospettaconnessione con antichi politeismi astrali ed era

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entrato stabilmente a far parte della tradizione edell’iconografia ufficiali.41 Una diversa e piùeterodossa linea di sviluppo del tema delladivinazione astrale si era profilata nella culturatardomedievale, in rapporto alle suggestioni delcongiunzionismo islamico ed ebraico. Le radici diquesta celeberrima teoria, che a sua voltarielabora antichi motivi zoroastriani, sono nei testidi Masha’allah, al-Kindi, Abû Ma’shar. Il suonucleo consiste nella attribuzione alle periodichecongiunzioni dei pianeti superiori (Saturno eGiove) del significato di altrettante scansioni nellastoria del mondo, con particolare riguardo allacomparsa dei profeti e alla nascita delle nuovereligioni.42 Estraneo all’astrologia antica, ilcongiunzionismo arabo comporta una sorta direciproca ibridazione di motivi astrologici eprofetici. Facendo della decifrazione dei segnicelesti una sorta di profezia, costituisce forse ilfrutto più caratteristico della rinascita di motivistoici all’interno dell’astrologia islamicamedievale; ha fin dall’inizio sapore eterodosso,poiché in ambiente islamico la valorizzazionestoica della divinazione artificiale è pocoapprezzata, e la profezia viene intesa come donodi Dio, concesso semmai in rapporto a specialidoti dell’anima.43 Ripresa in chiave messianica daastrologi ebrei, quasi sempre in conflitto con irispettivi rabbini, questa teoria non mancherà diesercitare suggestioni nell’Occidente cristiano:Ruggero Bacone e Pierre d’Ailly se ne serviranno,in chiave profetica, in contesti e misure diversi;alimenterà annunci pseudoprofetici di eventiepocali lungo tutto l’arco della cultura del

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Quattrocento.L’utilizzazione della teoria degli astri-segni,

tracciata nella Disputatio dal pio Marsilio, eripresa tematicamente nel De stella Magorum, sivuole strettamente ortodossa. È esclusivamentealla stella dei Magi che Ficino fa riferimento,insistendo sul suo essere semplice segno,proiezione di un evento soprannaturale più ancorache fatto naturale: è stata la nascita di Cristo acausare la comparsa della stella, scriveriecheggiando Agostino, non il contrario.44 Delresto, il tema dei Magi lo interessa anche comespia della presenza, nel mondo antico, di quellaprisca theologia, tradizione religiosa e filosoficache singolarmente anticipa verità cristiane, la cuiindividuazione costituisce un motivo centrale delsuo pensiero.45 La fondatezza delle preteseprofezie astrali, proiettate sul prossimo verificarsidi eventi epocali regolarmente smentiti dai fatti, èrespinta, non senza qualche ricorso all’ironia. Inquesta critica dell’astrologia divinatrice Marsilioanticipa l’orientamento, e in qualche puntopersino i temi, delle più tarde Disputationespichiane, di cui potrà legittimamente affermare dipoter condividere, su questo punto,preoccupazioni e convinzioni.46 Tutto ciò induce aritenere verosimile che non siano ragioni diprudenza, del tipo di quelle che avevano dettatol’accantonamento della giovanile traduzione degliInni orfici, a trattenere Marsilio dal divulgare laDisputatio.47 Se a sconsigliare la pubblicazione erastato allora il timore di apparire un divulgatore didottrine pagane, le idee espresse ora eranolargamente circolanti; il tema dei Magi, in

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particolare, sarebbe stato trattatosuccessivamente, nel sermone De stella Magorum,con ricchezza assai maggiore di riferimentiastrologici, e qualche ulteriore e più rischiosaconcessione alle più audaci applicazionidell’astrologia, come negli accenni48 all’oroscopodi Cristo. Nemmeno dovettero essere decisive lecircostanze esterne49 che presumibilmenteinterruppero l’immediata revisione del testo: altriscritti rimasero a lungo nei cassetti di Marsilio,ma videro poi, anche a distanza di anni, la luce. Ainterrompere il completamento dello scritto contòdi più, probabilmente, una qualcheinsoddisfazione rispetto ai risultati raggiuntinell’opera; quella stessa che spingerà Marsilio,nei successivi lavori, ad allontanarsi su puntisignificativi dalle soluzioni strettamente plotinianein essa proposte.

Nel riprendere, nella Disputatio, la teoria degliastri-segni, Marsilio incontra in effetti unproblema cruciale: quello della consistenzadell’idea di divinazione artificiale. Esistonotecniche umane capaci di cogliere quel livelloprofondo di verità, che si colloca al disopra e al dilà del tessuto degli eventi sensibili? Grandi filosofiantichi avevano risposto negativamente,ammettendo soltanto la divinazione «naturale», daPlatone ricondotta alla divina mania, presenzaimmediata del divino alla mente; collegata inveceda Aristotele a particolari condizioni corporee,generatrici di speciali esperienze psichiche. Conla vistosa eccezione di Panezio, la scuola stoical’aveva invece ammessa, conferendo alladivinazione astrale un posto d’onore all’interno

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del grande campo delle tecniche mantiche,seguita, su questo punto, anche da Plotino; laconvinzione che la decifrazione dell’alfabetoastrale consentisse di anticipare esattamente ilfuturo era stata, infine, alla base delle «profezie»congiunzionistiche. Ma può la predizione veridica,più esattamente ancora, la profezia, scaturiredall’uso di una semplice tecnica umana? Larisposta che la Disputatio adombra è dubitativa: siprofetizza anche e soprattutto con l’aiuto di Dio, eper doti naturali dell’animo, scrive infatti Marsilio,implicitamente correggendo Plotino; e subitoricorda che proprio l’antico filosofo, come attestail suo allievo Porfirio, appariva in possesso dicapacità straordinarie; furono quelle aconsentirgli più di una volta un rapporto direttocon la divinità.50 Sullo sfondo sta non solo ladistinzione ortodossa tra profezia e divinazione,ma anche la riflessione sul tema del furor, ladivina mania, ritrovato attraverso il Simposio, ilFedro e lo Ione, e svolto nella Theologia platonicae nei commenti a Platone.51 In Marsilio il motivo sisviluppa in quello della profezia come strumentodell’azione di Dio, dimostrazione dell’esistenzadella provvidenza, e, insieme, della meravigliosapotenza dell’anima : motivo che nello scritto del1477 è soltanto accennato, ma è tale da metterein discussione, su di un punto importante, leconclusioni plotiniane sull’astrologia.

Fino a quel punto Marsilio aveva adottato nonsolo le categorie, ma anche le soluzioni di Plotino.Al rifiuto del fatalismo aveva saldato unosmontaggio, al limite della prolissità, delletecniche di lettura e interpretazione dei temi

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natali, con particolare insistenza sulle difficoltàconnesse alla determinazione del momento esattodi ogni singola nascita, alla scelta fra ora delconcepimento e ora della nascita, alle somiglianzee differenze presenti negli oroscopi dei gemelli.Contestualmente, aveva accolto l’idea che l’unicoutilizzo possibile dell’indagine astrale fosse quelloche assumeva gli astri come segni di eventigenerali; ma questo punto di arrivo lo avevaindotto, infine, alla problematizzazione dell’idea didivinazione artificiale. L’argomentazioneplotiniana si rivelava debole proprio nella suaparte propositiva: la percezione di questo limite èuna spia, all’interno del testo stesso dellaDisputatio, di quella insoddisfazione rispetto aisuoi risultati, che spiega forse il suo essere restataallo stato di abbozzo, la mancanza di equilibrio frale sue diverse parti, la prolissità, e ripetitività, dialcuni suoi sviluppi, il suo irrimediabileconfigurarsi, come è stato detto efficacemente,come un «fiacco zibaldone».52

Davvero l’unica alternativa al fatalismo,all’interno dell’astrologia, era la decifrazione deisegni di eventi generali, esposta a tutti i rischiimpliciti nel conferimento di un valore profetico auna tecnica umana? A questa prima domandapoteva saldarsene una seconda: era davveroinevitabile respingere, insieme alla giudiziaria e alsuo fatalismo, anche la genetliaca, con le sueanalisi dei temperamenti individuali? Davveroall’abbandono del fatalismo conseguiva la rinunciaa parlare astrologicamente dell’individuo? Chequella di Plotino finisse per configurarsi come unarete a maglie troppo strette, emerge con

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sufficiente chiarezza dalle lettere nelle quali, findagli anni della Disputatio, Ficino adopera iriferimenti astrologici in una direzioneparzialmente diversa.53 In esse l’astrologia nonsuggerisce soltanto eleganti immagini letterarie,come nella lettera del 19 giugno 1477 a BernardoBembo, dove missive lente nel giungere adestinazione e missive veloci sono posterispettivamente in rapporto con Saturno eMercurio.54 Torna anche nella forma dellaconsiderazione plotiniana degli astri come segni dieventi generali nel Consilio contro la pestilenzia,del 1479, o nella lettera a papa Sisto IV, dovel’interpretazione profetica dei miracoli che sidicevano operati a Volterra dalle reliquiedell’apostolo Pietro viene fatta convergere conquella dei segni celesti, nel preannuncio del futurotrionfo del pontefice sugli eventi nefasti.55 Manell’epistolario l’interesse si appunta soprattuttosu oroscopi individuali: quelli di Pico, di RinaldoOrsini, di Pierfilippo Pandolfini, di Lorenzo ilMagnifico, di Lorenzo il giovane, e, soprattutto,quello dello stesso Marsilio.

Talvolta il tema natale si presentava comestrumento di lettura di vocazioni eccezionali,come quella dello stesso Marsilio, cui Saturno incasa nona avrebbe segnalato l’epocale missionedella renovatio antiquorum, astrologicamentescandita dai cicli di transito del pianeta.56 Piùspesso, si discuteva delle note saturnine, gioviali osolari dei temperamenti, e di transiti, favorevoli(come quelli che riguardavano Cavalcanti oErmolao Barbaro) o temibili (come quellipersonalmente sofferti, o quelli preannunciati al

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Magnifico). Le tecniche della genetliaca, ad ontadelle difficoltà così minuziosamente elencate nellaDisputatio, Marsilio continuava ad adoperarle perindagare disposizioni psicologiche e periodi felicie sfortunati; per riflettere su se stesso e la propriaopera; per intrecciare rapporti con i potenti esviluppare le relazioni con gli amici. Non si eraarrestato, dunque, alla soluzione plotiniana, e allaliquidazione, a essa connessa, degli oroscopiindividuali. Emanciparsi dalla giudiziaria senzarinunciare alla genetliaca; leggere nell’oroscopoindividuale non una catena di eventi già scritti, maun complesso di disposizioni, di potenzialità, diinclinazioni: questa la possibilità che Marsilio, nonsenza incertezze e contraddizioni, e persino conalcune concessioni a una sorta di superstiziosotimore di fronte a pianeti e transiti negativi,cercava di mettere a fuoco, quando discutevadelle note saturnine del temperamento proprio, odi quello di Pico, della giovialità dell’arcivescovodi Firenze, o dei cicli di Saturno. Uno deidocumenti più singolari di questa ricerca ècertamente costituito da quella che Gombrichdefinì la «strange epistle» a Lorenzo diPierfrancesco de’ Medici:57 dove, nellacorrispondenza fra astri e uomo, i pianetidiventano altrettante metafore di disposizioniinteriori, e l’astrologia si rivela strumento disottile indagine psicologica e veicolo di possibilematurazione spirituale.

Era questo forse ciò che dell’astrologia piùinteressava Marsilio: il suo fornire una sorta disemiologia della psiche; una tecnica, anche, didecifrazione della costituzione della personalità

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individuale, da intendere non come chiusa fatalità,ma come complesso di disposizioni, da assumere esviluppare attraverso la consapevole iniziativaumana. Astra inclinant, non necessitant: non erauna interpretazione nuova del significatodell’astrologia, potendo richiamarsi, comeMarsilio ben sapeva, addirittura a Tolomeo,principe degli astrologi, e a Tommaso d’Aquino,doctor angelicus. Ma se attinse volentieriargomenti sia al primo che al secondo, non fu inchiave tolemaica, né in chiave tomistica, cheMarsilio rielaborò, accantonata la Disputatio, ilproprio interesse per l’astrologia. Fu piuttostolungo due linee di sviluppo reciprocamente noncoincidenti, tutte e due raccordate, in modidiversi, alle categorie del neoplatonismo. Laprima, presente soprattutto nelle epistole, puntaalla delineazione di una corrispondenza fra gliastri e l’uomo, per la quale i primi possano essereassunti come metafore di disposizioni umane:riprende, dunque, la teoria plotiniana del valoresignificante degli astri, applicandola però, controPlotino, agli oroscopi individuali. La seconda,presente nel De vita e nel De Sole, si prospettacome una sorta di sintesi di motivi neoplatonici edi spunti ermetici, accentuando il temapropriamente ermetico dell’utilizzazione attiva, inchiave medico-magica, dell’analisi astrologica.

Per esplicita dichiarazione di Ficino, il De vitacoelitus comparanda fu scritto ancora in marginea Plotino; per identificare i passi cui il testo siriferisce si è discusso a lungo; che esso siponesse, assai più che sotto il segno di Plotino,sotto quello di Ermete, è stato sostenuto

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soprattutto dalla Yates; altri, e in particolare B. P.Copenhaver, hanno rivendicato il caratterefondamentalmente neoplatonico dello scritto.58

Non va dimenticato che fra il 1486 e il 1492 (glianni al cui interno si colloca la redazione del Devita) Ficino traduce Proclo e lo Pseudo-Psello, elavora su Giamblico: si muove dunque in unorizzonte che non è più strettamente plotiniano, èpiuttosto quello del tardo neoplatonismo,imbevuto di motivi ermetici, da Numenio diApamea ad Apuleio di Madaura a Proclo, conl’inserzione dei motivi propriamente magici,derivanti anche dalla diretta lettura, ormai bendocumentata, di Picatrix.59 Della saldatura, delresto già presente in gran parte di queste fonti,fra motivi ermetici e categorie neoplatoniche, unindizio interessante può essere individuatoproprio nella diminuita insistenza sulla teoriadegli astri-segni, e nell’assunzione dellagenetliaca, in quanto tecnica di analisi dellacostituzione psico-fisica individuale, comepresupposto imprescindibile dell’interventomedico-magico.

È giustamente famosa, del De vita, l’immagine –non dimentica delle suggestioni del neoplatonismodi Chartres60 – di un universo tutto permeato dallavita che l’anima del mondo sprigiona in ogni luogoe comunica a ogni essere:In verità la vita è insita in tutte le cose del mondo,ed essa formicola per le erbe e per gli alberi, chesono come peli e capelli del corpo del mondo. Siinsinua nelle pietre e nei metalli, che sono come isuoi denti e le sue ossa. Palpita persino nelleconchiglie, che si abbarbicano alla terra e ai sassi.

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Queste cose non vivono infatti di vita propria, madella vita stessa del tutto, che hanno in comunecol corpo del mondo.61

Famoso, anche, il profilo delle ordinate catenedegli esseri, attraverso le quali si ritmano lecorrispondenze fra l’uno e l’altro livello di realtà,le relazioni fra gli astri, gli elementi, gli animali ele piante: «Dall’altezza di ciascuna stella (perparlare come i Platonici) giù fino alle bassureestreme pende la serie delle cose che le èpropria».62 Va tuttavia di nuovo sottolineato, inquesto disegno, il ruolo dell’astrologia, cui già neiprimi due libri De vita è attinta la descrizione eclassificazione degli ambiti di significato propridei diversi pianeti, con particolare attenzione aquelli connessi alla vita intellettuale: Mercurio eSaturno, indicatori l’uno dell’impulsoall’investigazione, l’altro della perseveranza nellaricerca del sapere, e del pensiero astratto 63 Ma ènel terzo libro che più esplicitamente si fa postoalla genetliaca, come tecnica di analisi dellacostituzione individuale, che sola consente diadeguare a ogni singolo caso le prescrizioniigieniche e i consigli volti al felice godimento dellavita: «Concludiamo infine, con Galeno, chel’astrologia è indispensabile al medico». 64

Marsilio delinea così un’ampia ripresa deicapisaldi della tecnica: teoria dei pianeti, segni,case, aspetti. Si tratta, come tutto il percorso diFicino rende prevedibile, di una genetliacasottratta all’abbraccio della giudiziaria: propriol’intervento risanatore, volto alla tutela,all’allungamento e al miglioramento della vita,

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costituisce la migliore dimostrazione che le coseumane non sono governate dalla necessità; chel’intelligenza, l’attenzione e la diligenzapermettono di rafforzare la costituzione naturale,migliorando e prolungando la vita. Già riferitonella Disputatio, torna anche nel De vita longal’aneddoto di Erodico, che grazie all’opportunacura di sé visse fino a cento anni, pur essendo dicostituzione cagionevole.65 Ma mentre nel 1477l’argomento, indirizzato contro il fatalismoastrologico, non lasciava spazio alla tecnica deglioroscopi individuali, nel 1489 la tecnicagenetliologica è accolta proprio per la suacapacità di fornire strumenti utili a sconfiggerenel concreto dell’esistenza la necessitazione che lastruttura corporea in essa tenta di inscrivere. Suquesto punto decisivo, Marsilio si rivela scolaronon più di Plotino, ma di Ermete: riprendendo daitesti ermetici (dai trattati teologici ma anche dagliscritti più propriamente magici)66 unainterpretazione dell’astrologia che in essaindividua lo strumento atto a ricostruire la tramadei condizionamenti che gravano sulla strutturacorporea, e a fornire le condizioni di un interventovolto al loro padroneggiamento, alla loro guida, alloro contenimento. Veicolo, dunque, non disottomissione, ma di liberazione dal fato.

Nel dialogo con il figlio Tat, cui è dedicato ildodicesimo trattato del Corpus hermeticum,Ermete afferma che il fato incombe su tutti gliuomini, in quanto esseri corporei; ma da essopossono liberarsi quanti riescono a elevare lapropria anima fino alla contemplazione del Noûsdivino.67 Chi è capace di immettere nella propria

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anima un raggio della luce divina riduceall’impotenza le potenze astrali e infrange ilconfine della necessitazione materiale: èun’esperienza rigeneratrice quella attraverso laquale Tat, guidato da Trismegisto, si emancipadagli influssi celesti, rappresentati dai dodicisegni dello Zodiaco, e corrispondenti adaltrettante perversioni dell’anima:

Questa tenda dalla quale siamo usciti, figlio mio, èstata formata dal cerchio dello Zodiaco, compostoanch’esso di dodici elementi (tanti quanti i vizi chetormentano l’uomo), di un’unica natura, ma ditutte le forme, per indurre l’uomo in errore.68

Non si tratta di un’esperienza facilmentegeneralizzabile, poiché di essa sono capaci inpochi; l’intelletto, infatti, è il dono celeste di cuisolo l’umanità gode, non però tutti gli uominiindistintamente, ma pochi, quelli la cui anima siacapace di accogliere un tale beneficio.69

Sono testi il cui accento non è lontano da quellodelle pagine di Bardesane, riportate in Eusebio(che Marsilio ben conosce), nelle quali la volontàdell’uomo è descritta come capace di annullare lafatalità che dipende dai corpi celesti; né dai passidegli Oracoli caldaici (altro testo caro a Ficino)che esortano a «non aumentare il fato», quel fatoche segna invece il mondo della natura.70 In essiMarsilio ritrova il tema dell’emancipazionedell’anima dalla dimensione della fatalità; unaemancipazione che passa ora, con più nettezza diquanto egli non ammettesse in passato, ancheattraverso il padroneggiamento di quellacorporeità, nella quale sono inscritti gli influssi

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planetari. Ciò che distingue qui la sua riflessioneda quella delle sue fonti è una visione menopessimistica dei doni dei pianeti, che nel De vitadiventano infine fonti, più che di vizi, dipotenzialità, anche positive, dell’anima.

Le basi della genetliaca sono di nuovo espostenel De Sole, pubblicato dopo il De vita, quasi aribadirne, per questo aspetto, le tesi. Questodunque sembra essere stato, riguardoall’astrologia, il punto di arrivo di Marsilio: laconvinzione che la libertà dell’anima stia anchenella sua capacità di intervenire nella vita delcorpo, per modificarne i ritmi in vista del miglioreesercizio della vita spirituale. Il corpo non piùsoltanto come ostacolo alla vita dell’anima, maanche, e soprattutto, come possibile alleato diun’anima divenuta capace di usarloconsapevolmente; la costituzione corporea comesecondo volto, in qualche modo, della vitaspirituale. Sarebbe tuttavia fuorvianteinterpretare il punto di vista così acquisito comeuna sorta di finale ritorno a quell’atomismo, le cuisuggestioni erano state veicolate dal giovanileinteresse per Lucrezio. Esso discende piuttostodal lato più propriamente magico dell’anticoermetismo, volto al padroneggiamento dellacorporeità attraverso l’attivazione dei poteri dellamente; e lo specifica in direzione di una visionemeno antagonistica del rapporto fra psiche esoma.

Nulla esprime questo approdo meglio del nessoche Marsilio, sviluppando quello che in Porfirioera stato solo un accenno, costruisce fra il signoredella genitura (il pianeta che in ogni singolo tema

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natale occupa il ruolo più importante) e il demoneche a ognuno, secondo una tesi ben radicata nellatradizione platonica e neoplatonica, è statoassegnato in sorte.Tu, propriamente, sei stato fatto da natura, piùche per ogni altra cosa, proprio per quella chesubito, sin dagli anni teneri, fai, dici, immagini,desideri, sogni, simuli; quella che ti trovi a farepiù spesso e con più facilità; quella in cui realizzi iprogressi maggiori, da cui ricavi speciale diletto,da cui ti separi controvoglia. Questa è l’attività,questa è la vita per cui ti ha generato il cielo e ilgovernatore del cielo. E il cielo darà favore alletue iniziative e spirerà favorevole alla tua vita, finquando asseconderai gli auspici del genitore,specialmente se è vera la credenza platonica (sucui è d’accordo tutta l’antichità), secondo la quale,per ognuno che nasce, c’è un demone custodedella sua vita, destinato a lui dalla sua stella, chelo assiste proprio per questo compito: a lui i poteridel cielo hanno affidato la creatura che nasce.Quindi, chiunque, sulla base degli indizi appenaelencati, è giunto a conoscere il proprio carattere,troverà anche per questa via la sua attivitànaturale e troverà insieme la propria costellazionee il proprio demone, e seguendo i loro impulsiiniziali agirà con successo e vivrà con fortuna: maagendo diversamente sperimenterà la fortunaavversa e sentirà il cielo nemico.71

Trovare il proprio demone non è altro che scoprirele proprie potenzialità più autentiche, rendersiconsapevoli di ciò che vogliamo e possiamoessere. Che ad esso sia possibile risalire

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attraverso l’individuazione del signore dellagenitura, e dunque attraverso un elementoportante della tecnica genetliologica, è un modoper sottolineare la rilevanza dell’indagine chesulla costituzione individuale, nel suo dupliceversante, somatico e psicologico, l’astrologiaconsente di attivare. Per esprimere, anche, ilvalore della corporeità, che diventa infine quasiun secondo volto, strumento e insieme condizionedella vita spirituale; il senso di una vita immersanei ritmi molteplici della materialità e delquotidiano, come luogo imprescindibiledell’esprimersi dell’anima.

ORNELLA POMPEO FARACOVI

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NOTA BIOGRAFICACome egli stesso scrive in una lettera a MartinPrenninger (v. oltre, Lettere sull’astrologia, 13),Marsilio Ficino nacque il 19 ottobre 1433 a FiglineValdarno. Suo padre, il medico Diotifeci,intendeva avviarlo alla sua stessa professione;perché potesse acquisire una preliminareeducazione letteraria e filosofica, lo condussedunque con sé a Firenze, dove si era trasferito peroperare presso l’Ospedale di Santa Maria Nuova.

Fra il 1448 e il 1452, il giovane Marsilioproseguì la propria formazione presso lo Studio diPisa; rientrato poi a Firenze, seguì presso il rinatoStudio fiorentino i corsi di Niccolò Tignosi daFoligno, esperto di logica, retorica e filosofiaperipatetica. I suoi interessi si orientavano ormaiin direzione della filosofia, in particolare quellaplatonica, come testimonia la stesura, nel 1456,delle Institutiones platonicae, in quattro libri,dedicate a Cristoforo Landino. Ma Landino glisconsigliò di pubblicare l’opera, esortandolopiuttosto a dedicarsi allo studio del greco, perpoter leggere Platone in originale. Validoconsiglio: sarà proprio la padronanza della linguagreca – la cui conoscenza si era diffusa a Firenzedopo l’arrivo, negli anni Trenta, dei dotti bizantiniconvocati per il Concilio per la riunificazione delleChiese – a consentire a Marsilio di svolgerel’opera centrale della sua vita, quella versionelatina di Platone, Plotino, Ermete Trismegisto evari testi neoplatonici, che tanta eco avrebbe

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suscitato in tutta Europa, aprendo la strada anuovi orientamenti del pensiero filosofico.

Fra il 1459 e il 1462, Marsilio compì gli studi dimedicina. Ma non ripercorse le orme del padre,poiché, entrato in contatto con Cosimo de’ Medici,signore di Firenze, ne ottenne una protezione chegli rese possibile una disinteressata attività ditraduttore e filosofo. Influenzato dalle idee diGiorgio Gemisto Pleone, Cosimo desiderava farrivivere in Firenze l’antica Accademia platonica.In Marsilio vide colui che poteva svolgere quelcompito; convinse dunque Diotifeci a permetterglidi abbandonare la medicina, impegnandosi adassicurare al giovane l’indispensabile appoggioeconomico. Ricevuta in dono da Cosimo prima unacasa a Firenze (1462), poi una villa a Careggi(1463), Ficino poté dunque formare intorno a séun cenacolo letterario e filosofico che fu detto, sulmodello platonico, Accademia fiorentina, e fuprotetto, dopo la morte di Cosimo (1464), dai suoisuccessori Piero (1464-1469) e Lorenzo de’ Medici(1469-1492).

Iniziata nel 1463 la traduzione dei dialoghi diPlatone, la interruppe, su richiesta di Cosimo, perfarle precedere quella del Corpus hermeticum,considerato depositario di una antichissimasapienza, mirabilmente in accordo con la fedecristiana: la versione latina dei testi ermetici fucompletata nell’aprile di quell’anno, ma uscì astampa solo nel 1471. Nel 1469 la traduzione diPlatone era completata; ad essa si aggiunsero icommenti al Fedro, al Timeo, al Filebo e alConvito; quest’ultimo, esposto pubblicamente nel1468, sarà successivamente tradotto in italiano

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dallo stesso Ficino.Dopo una crisi interiore, provocata dalla

difficoltà di accordare alla fede religiosa,tradizionalmente connessa all’aristotelismocristiano, convinzioni filosofiche non sempreortodosse – fra le quali aveva trovato spazio ingioventù persino l’interesse per l’epicureismo –,nei 18 volumi della Theologia platonica, scritta frail 1469 e il 1474, ma pubblicata solo nel 1482,condensò l’idea della convergenza essenziale franeoplatonismo e cristianesimo. Nel 1473, prese gliordini religiosi; l’anno dopo scrisse il Dechristiana religione, che conobbe nello stessoanno anche una versione italiana. Al 1477 risale laDisputatio contra iudicium astrologorum, rimastainedita; al 1484 la stampa, con l’aiuto finanziariodi Filippo Valori, dei dialoghi di Platone. Nellostesso anno si colloca la venuta a Firenze, pressol’Accademia platonica, di Pico della Mirandola, dalquale Ficino riceve l’incoraggiamento aintraprendere la traduzione latina di Plotino. Daquell’episodio, nel quale Marsilio riconosce unsegno del destino, scaturisce la versione delleEnneadi, che vedrà la luce nel 1492, ancora graziea Filippo Valori. Ad essa si affianca, tra il 1486 e il1488, quella di una serie di testi neoplatonici:Giamblico, Proclo, Porfirio, Sinesio, lo Pseudo-Psello.

Nel 1489, nei tre libri De vita, dedicati aLorenzo de’ Medici, Marsilio si professa insiemefilosofo e medico, attingendo anche largamentealle sue conoscenze in materia di astrologia: saràquesto il suo scritto originale più fortunato. Allamorte di Lorenzo spera nella protezione del suo

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successore, Piero, cui dedica nell’estate del 1492il De Sole e il De lumine. Ma l’Accademiaplatonica, così come una intera fase della culturafiorentina, ha ormai concluso il suo ciclo, e nel1494, anno della morte di Poliziano e Pico, cessadi esistere. Gli ultimi anni della vita di Ficino, inuna situazione tanto diversa da quella che gli hadato fama europea, sono appartati; ma nel 1498 èpronto a scrivere un’aspra invettiva, dopo la suamorte, contro Savonarola.

Muore a Careggi il 1° ottobre 1499.

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NOTA AI TESTIQuesto volume contiene la traduzione italiana deipiù importanti scritti ficiniani sull’astrologia: laDisputatio contra iudicium astrologorum; il Destella Magorum; il Liber de Sole con la relativaApologia; 21 lettere tratte da diversi volumidell’epistolario.

La Disputatio è conservata in un unico codice, ilM 15, Magl. XX 58, cart. S. XV, presso laBiblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Ilmanoscritto è redatto da due diverse mani, quelladi un copista e quella dello stesso Ficino. HansBaron, che per primo lo studiò e lo descrisse (cfr.Willensfreiheit und Astrologie bei Marsilio Ficinound Pico della Mirandola, in Kultur- undUniversalgeschichte. Festschrift für Walter Goetz,Leipzig-Berlin 1927, pp. 158 sgg.), ne predisposel’edizione critica. Essa fu poi pubblicata da P. O.Kristeller in Supplementum ficinianum, Firenze1937, vol. II, pp. 11-77, che le fece precedere laseguente nota: «Editionem praeparavit Baroncuius transcriptiones iterum cum codice contulinonnulla vel adiungens vel omittens quae videlicetin aliis Ficini scriptis repetuntur» (p. 119).

Il testo presenta diverse parti comuni ad altriscritti, Theologia platonica e commenti a Plotinoin primo luogo. In proposito Kristeller: «Ceterumforma textus quam exhibet Disputatio Theologiaplatonica posterior videtur esse, libello de stellaMagorum autem et commentariis Plotini anterior»(Supplementum, vol. I, p. CXL; ma, per un diverso

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parere, D. P. Walker, Ficino and Astrology, inMarsilio Ficino e il ritorno di Platone. Studi edocumenti, a cura di G. C. Garfagnini, Firenze1986, vol. II, pp. 341-349). È ancora Kristeller afar risalire al 1477 la composizione dell’opera,sulla base di due lettere del giugno di quell’anno,indirizzate a Bernardo Bembo e a FrancescoMarescalchi (ai quali Marsilio confida di starlavorando a un libro «de providentia Dei atquehumani arbitrii libertate») e di quella di pocosuccessiva a Francesco Ippolito Gazolti (cuiMarsilio invia il proemio dell’opera annunciando,forse con qualche fretta, che è compiuta, eattende solo di essere ricopiata). L’esame delmanoscritto mostra diverse correzioni di mano diMarsilio; perciò, conclude Kristeller, «opus utederetur ultima tantum emendatione egebat», cheperaltro il suo autore non ha compiuta, «haud scioan coniuratione Pactiana interruptus» (ibidem).

La traduzione della Disputatio, che qui sipresenta, è condotta sull’edizione Kristeller,integrata con i brani comuni agli altri scritti diFicino, di cui nel Supplementum sono riportate lesole varianti. Tali brani sono segnalati in appositenote. Per il De stella Magorum, il De Sole,l’Apologia e i testi compresi negli EpistolarumLibri, ci si è valsi della riproduzione in fototipiadell’edizione basileese del 1576 di M. Ficini Operaomnia, a cura di M. Sancipriano, presentazione diP. O. Kristeller, 2 voll. in 4 tomi, Torino 1959. Perle traduzioni, si è tenuto conto della versione delDe Sole, inserita in Prosatori latini delQuattrocento, a cura di E. Garin, Milano-Napoli1952, pp. 970-1009, e di quella cinquecentesca

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dell’epistolario ficiniano (Divine lettere del granMarsilio Ficino, tradotte in lingua toscana per M.Felice Figliucci, Senese, in Vinegia, appressoGabriel Giolito de Ferrari, 2 voll., 1546-48).

Nelle note ai testi, si è puntato soprattutto aesplicitare i principali rimandi e riferimentiastrologici. Il lavoro si connette a indagini suimotivi astrologici nel pensiero del Rinascimento,svolte nell’ambito di un programma di ricercaMURST diretto da Germana Ernst.

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NOTA BIBLIOGRAFICA

A) EDIZIONIDivine lettere del gran Marsilio Ficino, tradotte in

lingua toscana per M. Felice Figliucci, Senese,in Vinegia, appresso Gabriel Giolito de Ferrari,2 voll., 1546-48.

Supplementum ficinianum, a cura di P. O.Kristeller, Firenze 1937, 2 voll.

Il Sole, a cura di E. Garin, in Prosatori latini delQuattrocento, Milano-Napoli 1952, pp. 970-1009.

Commentaire sur le Banquet de Platon, textecritique établi et traduit par R. Marcel, Paris1956.

Opera omnia, Basilea 1576, 2 voll.; riprod.fototipica a cura di M. Sancipriano, Introduzionedi P. O. Kristeller, Torino 1959, 2 voll. in 4 tomi.

Teologia platonica, trad. it. parziale, con testo afronte, a cura di M. Schiavone, Bologna 1965, 2voll.

Théologie platonicienne, texte critique établi ettraduit par R. Marcel, Paris 1964-1970, 3 voll.

The Philebus Commentary, by M. J. B. Allen,Berkeley 1975.

Consilio contro la pestilenzia, a cura di E.Musacchio, con un saggio introduttivo di G.

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Moraglia, Bologna 1983.El libro del amore, ed. crit. a cura di S. Niccoli,

Firenze 1987.De vita, trad. it. con testo a fronte, a cura di A.

Biondi e G. Pisani, Pordenone 1989.Three Books on Life, critical Edition and

Translation with Introduction and Notes by C. V.Kaske and J. R. Klark, Binghamton, NY 1989.

Sulla vita, a cura di A. Tarabochia Canavero,Milano 1995.

The Letters of Marsilio Ficino, libri I-VI, LanguageDepartment of the School of Economie Science,London 1978-1998, 5 voll.

Lettere, I. Epistolarum familiarium liber I, a curadi S. Gentile, Firenze 1990.

B) STUDI CRITICIBaron, H., Willensfreiheit und Astrologie bei

Marsilio Ficino und Pico della Mirandola, inKultur- und Universalgeschichte. Festschrift fürWalter Goetz, Leipzig-Berlin 1927.

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Bullard, M. M., The Inward Zodiac: ADevelopment in Ficino’s Thought on Astrology,«Renaissance Quarterly», XLIII (1990), pp. 687-708.

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Copenhaver, B. P., Renaissance Magic andNeoplatonic Philosophy: «Ennead» 4, 3-5, inFicino’s «De Vita Coelitus comparanda», inMarsilio Ficino e il ritorno di Platone. Studi edocumenti, a cura di G. C. Garfagnini, Firenze1986, vol. I, pp. 351-369.

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Gentile, S., In margine all’epistola «De divinofurore» di Marsilio Ficino, «Rinascimento», s. II,vol. XXIII (1983), pp. 33-77.

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Kaske, C. V, Ficino’s Shifting Attitude TowardsAstrology in the «De vita coelitus comparanda»,the «Letter to Poliziano», and the «Apologia tothe Cardinals», in Marsilio Ficino e il ritorno diPlatone, cit., vol. II, pp. 371-381.

Klein, R., L’immaginazione come veste dell’anima

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Marsilio Ficino. Note sul «Liber de Sole»,«Momus», VII-VIII (1997), pp. 115-133.

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Vasoli, C., Marsilio Ficino e l’astrologia, in AA.VV.,L’astrologia e la sua influenza nella filosofia,nella letteratura e nell’arte dall’età classica alRinascimento, Milano 1992, pp. 159-186.

Walker, D. P., Spiritual and Demonic Magic fromFicino to Campanella, London 1958.

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Yates, F. A., La magia naturale in Ficino, in F. A.Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica(1964), Bari 19985.

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Zanier, G., La Medicina astrologica e la sua teoria:Marsilio Ficino e i suoi critici contemporanei,Roma 1977.

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DISPUTA CONTRO IL GIUDIZIO DEGLIASTROLOGI, DI MARSILIO FICINO,

FIORENTINOPROEMIO1

Quanti affermano che ogni singolo evento accadenecessariamente, per effetto delle stelle, siavvolgono, e avvolgono la massa, in tre errorirovinosi. A Dio sommo e onnipotente sottraggono,per quanto è in loro, la provvidenza e l’assolutasovranità sull’universo. Agli angeli tolgono lagiustizia: a loro giudizio, infatti, essi fannomuovere i corpi celesti2 in modo tale che da queimovimenti derivino tutti i misfatti degli uomini; aibuoni tocchi il male, ai cattivi il bene. Agli uomini,che secondo loro sono sbattuti qua e là, nondiversamente dagli animali, strappano la libertà, eli privano della quiete. Se promettono qualcosa dibuono – ciò che di solito fanno molto raramente, ein forma assai oscura –, gli astrologi loavviluppano fra grandissime difficoltà. Diconseguenza, non ci giova affatto che talvolta,seppur assai di rado, e con grandissima fatica, cipreannuncino un bene futuro, facendoci tornare acasa vanitosi, superbi e negligenti. Se per casoqualcosa andrà nel senso delle loro promesse, ilpiacere a lungo atteso sarà meno gradito. Seinvece minacciano qualche male, ciò che avvienemolto più spesso, noi anticipiamo eventi cheaccadranno molto più tardi, o non accadrannoaffatto; infelici, ce li raffiguriamo in anticipo, e

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soffriamo nel raffigurarceli.3 Alla fine, se il fato èinevitabile, prevederlo e predirlo è inutile; seinvece lo si può in qualche misura evitare, ladifesa, che gli astrologi fanno della necessità delfato, è falsa.

Diranno forse – almeno credo – che è sufficientequesto: che fra molte cose qualcuna ogni tantovenga conosciuta in anticipo, perché da essa siapossibile guardarsi.4 Ci sarà dunque controversiafra le Parche: l’una deciderà di colpire gli uomini,l’altra li proteggerà.5 Ma, se lo crediamoopportuno, per non apparire troppo accaniti,concediamoglielo per il momento; a nessuno,invece, concederemo che dipenda dai decreti delleParche se gli uni non prestano loro fede, gli altri licontrastano. Come avviene infatti che il fatocostringa Marsilio a combattere il fato con le forzedell’ingegno? Si scaglia contro il fato spinto nondalla forza del fato proprio, ma da quella di unfato avverso o quanto meno di ordine superiore.6

Infatti una medesima necessità non puòcontrastare con se stessa: negherebbe in tal modoil suo stesso essere necessità, e siautodistruggerebbe, dilaniandosi, per un impulsoproprio.

Che cosa significa, dunque, quel divulgatissimodetto: siamo guidati dal fato, affidiamoci al fato?Se consideriamo le cose con maggiore attenzione,non è dal fato che siamo condotti, ma dai suoisciocchi assertori. Credetemi pure: non visottometterete al fato, se non presterete fede aglisciocchi che avvolgono di oscurità affermazioniche sono false, anziché vere, come si dicefacessero le Sibille.7 Non preannunciano eventi

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specifici per ogni individuo, ma solo eventigenerici. Ciarlieri al massimo grado, mettono incampo tanti discorsi che non è strano se, fra tantemenzogne, inciampano qualche volta nel vero.Pretendono di sapere riguardo agli altri ciò chesanno assai poco di se stessi: vale la pena diesaminare quanto gli astrologi siano miseri,spregevoli, sfortunati nelle loro occupazioni,imprudenti e inetti nelle loro azioni. Se esercitanoil commercio, sono molto meno capaci degli altrimercanti di provvedere agli affari dellamercatura; se praticano la medicina, conosconomeno degli altri medici il decorso e l’esito dellemalattie, e curano nel modo peggiore i pazienti;proprio mentre ostentano di divinare, sembranovivere a caso e inciampare da tutte le parti.

Levatevi dunque in piedi, filosofi, vi prego.Levatevi, desiderosi della libertà e dellapreziosissima serenità; agite e cingetevi delloscudo e dell’asta di Pallade; stiamo percombattere contro questi nefasti gigantucoli,8 cheanticipando il futuro cercano di rendersi pariall’immenso Dio, e difendendo il fato celeste esopraceleste tentano di sottrarre a Dio, che èsomma libertà, la libera sovranità. Ma quanti sisforzano di salire così superbamente in alto,saranno miserevolmente precipitati agli Inferi.Fornisci dall’alto, o Dio onnipotente, le forze aituoi soldati. Dacci la capacità di difendere la tuasovranità.

Cominciamo: soccorreteci, angeli che volgete incerchio le sfere celesti; soccorrete con la vostragiustizia noi che ci accingiamo a esentarvi dacolpe, in contrasto con gli empi nemici, che vi

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accusano di una estrema ingiustizia. Sii bendisposto verso di noi anche tu, o genere umano,senza provare invidia: difendiamo infatti la tualibertà e serenità, che è la cosa più preziosa ditutte.9 Che noi siamo liberi lo dimostra asufficienza il fatto che continuamente dobbiamodecidere fra due strade alternative, e operiamoscelte spesso contrastanti con gli impulsi e lecomodità del corpo, pur se possiamo concedereche spesso è il fato a invitarci a pensare, a dire e afare. Non appena avremo trionfato degli indovininon divini, ma molto profani, che da tanto tempoci tengono in pugno con i loro inganni, potremoinfine proclamarlo liberamente: l’empietà, che ciha calpestati, viene a sua volta messa sotto i piedi;la vittoria ci innalza fino al cielo.

* * *

Come ogni singolo gruppo di enti si riconduce aun singolo principio – tutto ciò che è caldo alcalore supremo, tutto ciò che è luminoso alla luceunica e somma –, allo stesso modo l’interadisposizione delle cose si riporta a un principio e auna finalità unici, a tutte comuni, in virtù dei qualiesse non solo esistono, ma sono altresì conservatee guidate. Se così non fosse, il mondo non avrebbealcuna unità; non vi sarebbe concordia fra le sueparti; l’ordine, infine, non si darebbe. Poichéinvero a colui che costituisce il principio e il finedelle cose non manca nulla di ciò che sia o possaessere pensato come buono, senza dubbio la suaforza è infinita, la sua vita eterna, l’intelligenza

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senza limiti, la volontà beatissima. A quel livello lavita vive da sé, in sé e per sé. L’intelligenza,mentre coglie perfettamente se stessa, percepisceprincipio e fine di tutte le cose, e ognuna di essein modo distinto e con grande chiarezza. Lavolontà fruisce di tutti i beni, mentre fruisce di sestessa, poiché essa è in ogni sua parte il bene delbene. L’immenso Dio riempie completamente iltutto, così come la forza infinita si propagaattraverso lo spazio infinito. L’autoresommamente perfetto compie ogni cosa con queltipo di azione che è il più perfetto di tutti. Non èindotto ad agire, infatti, da alcuna necessità, bensìpiuttosto da un proposito della volontà. Ciò cheagisce sulla base della libera volontà è piùeccellente di ciò che è costretto ad agire in modonecessario da un istinto naturale. E la più felice ècertamente quella azione, della quale l’autore èpadrone, così da prescriverne egli stesso il modo,la misura e la finalità.10

Se Dio si compiace di sé; se ama se stesso, hacerto care le proprie immagini e le proprie opere.L’artefice ha a cuore le proprie opere, che pure haforgiato con materiali a lui esterni. Ancor più ilpadre ama il proprio figlio, avendolo generato conla materia del suo corpo, sebbene l’abbia primaricevuta, con il nutrimento, dall’esterno. Ancor piùardentemente Dio ama tutte le sue opere, poichénon ne ha tratto la materia dal di fuori, ma l’hacreata egli stesso, e l’ha formata in modo tale daessere lui solo la causa dell’intera opera. Sedunque Dio ama a tal punto le sue creature, vuoleil loro bene; egli, inoltre, consegue ciò che vuole.Dunque le dispone bene, e le dispone, nella sua

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somma bontà, nel modo migliore possibile. Comeinfatti la fecondità e l’inclinazione ad agire sonostate comunicate dalla fecondità dell’agente primoa tutti gli esseri capaci di azione, allo stesso modola diligenza nel custodire le proprie opere è stataimmessa in ogni singolo essere dalla diligenzaprima del primo agente, che se ne prende curacome di un figlio. In lui la fecondità è tantomaggiore che in ciascuno degli altri esseri, quantopiù attenta è la sua provvidenza. In più Dio creaogni cosa grazie a se stesso, poiché se agisse conuna finalità esterna la sua azione dipenderebbe daquel fine, e a esso sarebbero legati la volontà diagire e Dio stesso. Dio e la sua volontà, infatti,sono la stessa cosa. Se crea ogni cosa avendo sestesso come fine, ed è il bene sommo, disponeogni cosa in vista del bene (come vuole Platonenel Timeo),11 in modo tale che ogni singolo essererecepisca la divina bontà secondo la proprianatura. Poiché peraltro ogni cosa appetisce ilbene, e il desiderio del bene è buono e scaturiscedal bene primo, dal quale derivano tutti i beni, neconsegue che ciascuna cosa, attratta dalla divinabontà, tende verso di essa. Chi dunque potrebbenegare che Dio governi le cose, se le conduce albene? Come potrebbero convergere in unità, erimanere per tempi lunghissimi vicendevolmenteconnessi, gli elementi e le membra del mondo chesono opposti fra loro, e in reciproco contrasto?Come potrebbero scambiarsi vicendevolmente lenature e i moti, e prendere gli uni il posto dellealtre, se non venissero messi in reciprocarelazione da una forza più elevata? Certo se ilgoverno del mondo fosse abbandonato a questi

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elementi opposti, essi, trascinati dal proprio pesoe avulsi dai loro luoghi naturali, non simescolerebbero. Se anche si mescolassero, nongenererebbero se non corpi caldi, freddi, secchi,umidi, rari, densi, o con altre caratteristiche diquesto tipo; ma non darebbero luogo ad alcunordine di forme, figure, rivoluzioni celesti. Anchenelle arti, un ordine di questo genere non locreano né la materia né gli strumenti, ma solo ilprogetto dell’artefice.

Se il cielo governa gli elementi, non lo fa senzaessere egli stesso governato da altri esseri. Infattiuna così grande varietà di forme, energie e moti èguidata verso un ordine unitario e stabile non daicorpi celesti, diversi12 e mobili per natura, ma dauna energia superiore, unitaria e stabile. Un entenaturale attivo, appartenga esso al mondo deglielementi oppure al cielo, per il fatto che è mobile,è anche manchevole e imperfetto, e dipendesempre da altro; perciò quando compie tutto ciòche compie per una necessità di natura e con tuttose stesso, è da un reggitore supremo che riceveuna misura e un modo di agire, atti a conseguire,attraverso una determinata gradualità, un fineprefissato. Il caldo, infatti, scioglie, grazie allaforma e all’energia, in modo semplice e completo;il freddo, invece, condensa. Tuttavia dissolvereuna cosa, secondo utilità e convenienza, econdensarne un’altra con modalità simili, questolo traggono non da una natura semplice né dalcaso, ma da una causa superiore. E poiché le sferecelesti ruotano con continuità, dalla posizioneattuale, in rapporto con il movimento continuodella sfera del mondo, non stanno ferme; dunque

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sono, e sono mosse, in virtù di qualche cosa dialtro, presso il quale risiede anche il fine in vistadel quale si muovono e agiscono, giacché il fineprecede necessariamente di una qualche misura imovimenti indirizzati a esso. Perciò Aristotele neilibri sulle cose divine dice: Come l’ordine delleparti dell’esercito, in rapporto reciproco e inrelazione al tutto, procede dall’ordine del tutto esi riconduce a un unico condottiero, così l’ordinedelle parti del mondo, in reciproca relazione e inrapporto al tutto, procede dall’ordine del mondoverso Dio. Ne conclude che, come l’ordinedell’esercito è nel condottiero, così l’ordine ditutto il mondo è in Dio, che è l’unico principio delmondo.13

Dunque, tutte le parti del mondo, e tutti icorpuscoli, procedono verso un fine determinatolungo un cammino ordinatissimo, e con ritmi assaiadatti, in modo tale da portare a termine leproprie opere, sempre o per lo più, quanto meglioè possibile, quasi possedessero una tecnica, e anziuna tecnica assai perfetta. Procedono infattisecondo un metodo così mirabile, da superarel’abilità e il metodo dell’uomo. E poiché quei corpisono ignari del proprio moto e incapaci diprescrivere a se stessi quel fine verso il qualetendono non per caso, ma per necessità, e tuttaviahanno un fine assegnato (altrimenti non siincamminerebbero verso di esso, piuttosto cheverso un altro), è chiaro che tale fine viene loroprescritto da un altro essere, che con sapienza liconduce al loro fine, come frecce messe a segnodalla prudenza dell’arciere.14 Dove si trova, infatti,questa sapienza? Se nel sommo Dio, è Dio a

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provvedere alle cose, conciliando gli aspetti delreale che si trovano in reciproco contrasto – inmodo tale che non si distruggano vicendevolmente– e conducendo ogni cosa al miglior fine. Se in unamente o anima angelica, al disotto di Dio, sappiche Dio muove tutto ciò che è al disotto di lui.Perciò, se è una mente o anima angelica a reggereil mondo e a condurlo al bene, certo lo fa mossada Dio e dalla forza divina.

Perciò il reggitore primo e sommo è Dio, chepuò provvedere a ogni cosa, poiché compie ognicosa attraverso l’intelletto: ed è più eccellenterealizzare le cose attraverso l’intelligenza, chenon considerarle e conservarle quando sono giàfatte. Sa infatti dirigere il tutto, se è capace dicrearlo. Vuole infine governare e custodire le coseche sono sue, che egli stesso ha create, cui nonnega il dono di essere buone, dopo aver concessoloro quello di essere. Del resto governa il tuttocon straordinaria facilità. Sole infinito, regge tuttele cose assai più facilmente di quanto il sole finitoillumini e generi le cose naturali. Né in lui l’esseresi distingue dal pensare, il volere dall’agire. Pervedere il tutto non ha bisogno di guardare fuori disé, ma vede tutto con lo stesso atto con il qualecoglie se stesso; né vuole nient’altro che se stessocome fine, che faccia, conservi e muova tutte lecose. Non si occupa di materiali esterni, presi dafuori, ma di quelli che lui stesso ha creato. Non liattinge dall’esterno, ma li dirige dall’interno. Èinfatti presente all’interno di tutte le cose. Nonopera attraverso nessuna altra cosa, ma soloattraverso se stesso; cardine universale del tutto,mette in movimento i cardini seguenti, l’essenza,

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la vita, la mente, l’anima, la natura, la materia.Inoltre (come direbbe un platonico) attraverso ilcardine proprio di ciascun livello, gli trasmette ilsuo specifico ordine; cioè attraverso un’essenzamuove tutte le essenze; attraverso una vita, ognivita; attraverso una mente, tutte le menti;attraverso un’anima, le singole anime; attraversouna natura, ogni natura; attraverso una materia,ogni materia. Nulla si sottrae al suo decreto,poiché esso supera tutte le cose di un intervalloincommensurabile. Così Orfeo canta la divinanatura:

ἀεννάῳ στρφάλιγγι θoòν ῥύµαδιν∈ύoυσα

ovvero: la volontà con un cardine perpetuoimprime un veloce movimento.15

È noto che nell’animale c’è un nervo, nei pressidella nuca, che con il suo contrarsi muovesimultaneamente le membra dell’animale, ognunacon il suo movimento proprio. È attraverso uncontatto di questo tipo, scrive Aristotele nel Demundo,16 che le membra del mondo sono mosse daDio.

Nel 1475, nel mese di febbraio, venne a Firenzeun artigiano tedesco. Mostrava tutti i giorni alpubblico un tabernacolo che aveva fabbricato conle sue mani, nel quale (come due volte ho visto iostesso) si distinguevano molte statue di uomini,cavalli, cani, uccelli e serpenti, tutte connesse e

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tenute in equilibrio su di un perno, in modo taleche il movimento del perno le trasportava, ognunacon un movimento diverso. Le une si spostavano adestra, le altre a sinistra; in alto e in basso; quelleche erano sedute si alzavano; quelle che stavanoferme si inclinavano; alcune ne incoronavanoaltre; alcune venivano colpite. Si udiva un suonodi tube e di corni; nel tabernacolo si verificavanonello stesso momento moltissime azioni, tuttecausate dal solo movimento di un solo perno. CosìDio, attraverso il suo stesso essere (che è del tuttosemplice, poiché in lui pensare e volere sonoidentici; è il centro di tutte le cose, e da lui tutto ilresto deriva come le rette da un punto), con unsemplicissimo cenno muove tutto ciò che da luidipende.

Taccia dunque l’epicureo Lucrezio,17 che vuole ilmondo nato e condotto per caso, e l’assettocostante di un ordine armonioso pensa derivi dauna instabile e informe mancanza di ordine, comechi ritenesse che la sapienza nasca dall’insipienza,la luce dalle tenebre. Forse tu, Lucrezio, ognivolta che ti muovi per caso, in modo automatico esenza proporti uno scopo, giungi attraverso ilcammino opportuno a una meta prefissata? Certono; al contrario, vaghi qua e là. O forse, quandomanipoli delle pietre senza arte né tecnica, esenza un preciso progetto, riesci a costruire unedificio con pareti ordinate, vicendevolmenteconnesse, dal bellissimo aspetto e assai adattoall’uso? Niente affatto; piuttosto una informecongerie. Considera gli alberi e gli animali, le cuisingole membra sono disposte in modo tale cheognuna è dov’è a causa dell’altra, e l’una serve

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all’altra. Certo, se ne togliamo uno si dissolvel’intera compagine. E così tutte le membra sono alloro posto in virtù del composto, e il compostostesso, albero o animale, è provvisto di strumentiadatti a fornire ciò che, proprio di ognuno, ènecessario al tutto, gli alimenti, i luoghi, i tempiconvenienti. La terra e l’acqua forniscono glialimenti; il cielo tempera l’acqua e la terra. Infinetutte le parti del mondo concorrono in modo taleal suo splendore unitario, che nulla può esseretolto o aggiunto.18 Se avessi provveduto con tutto iltuo senno agli alberi e agli animali, avrestiprovveduto diversamente? Certo no, e nemmenocosì bene. Dunque è stato un senno migliore deltuo a disporre queste cose. Altrimenti vedrestiquotidianamente nascere i cani dal seme delcavallo, il fico dal melo; le membra dell’uomoattaccate al corpo dei leoni, agli uomini quelledegli asini; vedresti le stelle cadere e le pietresalire. Ora, invero, poiché le singole parti delmondo, sorte da determinati semi, dotate di formedistinte, attraverso debite vie, in tempi enell’ordine opportuno, conseguono sempre dinuovo, con grande bellezza e nel modo piùopportuno, i fini loro assegnati, vuol dire che simuovono come se fossero frutto di abilità edeliberazione umana. Ma il modo, l’arte e il senno,se sono dello stesso tipo, sono di tanto superiori,quanto migliore e stabile è l’ordine delle cose.Esse sono dunque ordinate da un senno nonambiguo e mobile, ma preciso e immediato, e dauna intuizione, piuttosto che da un ragionamentodiscorsivo. Se infatti nell’opera non vi sono erroriné ripensamenti, non vi è ambiguità19 nell’artefice.

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Un intuito di questo tipo lo chiamiamo, pertraslato, intelligenza; non perché in esso si dianoconoscenze ricavate l’una dall’altra, ma perché visono operazioni che avvengono in virtù di altre.20

Gli uomini dappoco sono soliti ponderare le loroattività. Ma chi conosce alla perfezione la propriaarte non riflette ulteriormente, bensì agisce perabitudine, come fa la natura con le forme dellecose. E se esiste da qualche parte un’artesommamente perfetta, certo essa è la dove vienedisposta l’opera mirabile del mondo. Forsecollocherai un’arte di questo tipo in una naturadel tutto priva di senno. Risponderò che seiinsensato, se sei così privo di senno da nonaccorgerti che tutti gli animali terrestri sentono,ed è a maggior ragione necessario che anche ilmondo e la natura, madre di tutte le cose, sianodotati di senso; intendo l’intelligenza sensibile, seordina le proprie opere più razionalmente diquanto non faccia la ragione umana. Certo lostupore diminuisce con l’abitudine. Ma se i tuoigenitori ti avessero educato fin dall’infanziaall’interno di una casa tutta chiusa, in modo cheprima dei trent’anni tu non vedessi nulla dellastraordinaria bellezza del mondo, senza dubbio neavresti ammirato a tal punto lo spettacolo che,anche se prima fossi stato incerto, dopo nonavresti mai più potuto dubitare che le coseaccadano e siano guidate dalla provvidenza di unsolo sapientissimo artefice.21

È dunque necessario dirlo. O Lucrezio, poiché leparti e gli effetti del mondo procedono secondo unordine costante, il mondo nel suo insieme non puòprocedere, né aver proceduto fin dall’inizio, senza

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costanza né ordine. Diciamo quindi che il mondonon si muove spontaneamente senza vita; né ruotaper tempi lunghissimi, sempre nello stesso modo,senza l’intervento di una vita molto potente; nécosì ordinatamente, senza quello di una mentesapientissima; né in maniera così bella eappropriata, nel distacco dal sommo bene. Alcontrario, una stessa vita dell’intero corpo delmondo, eccellentissima per potenza, sapienza ebontà, lo conduce in modo provvidenziale, findall’inizio e senza discontinuità, verso il meglio.Essa coincide con Dio sommo, oppure ne èl’esecutrice. Ma, anche se essa è l’esecutrice, èegualmente Dio che provvede, poiché il primoprincipio opera e muove ogni cosa in virtù di sestesso. Divinamente, a proposito di Giove, disseOrfeo:

παντγένεθλ’ ἀρχή, πάντων τελευτή,22

ovvero: è principio e fine di tutte le cose. Sedunque la vita del mondo è provvidente, di certo,condotta da Dio, provvede in vista di un finedivino: perciò tutte le cose sono indirizzate versola bontà divina. E questa bontà non riferisce iltutto a una parte, bensì le parti al tutto. Perciòquelle parti delle realtà singole, che appaionotalvolta sconvenienti, convergono nell’utilità deltutto, e quelle che qua e là sembrano brutte ecattive, convergono nella bellezza e nell’armoniadel tutto. Prendendosi cura di tutta la sua opera,

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non ne trascura certamente alcuna parte. Infattila stabilità e continuità del tutto constano diognuno dei singoli aspetti.

Certo il bene dell’ordine totale è più elevato diquello di una qualunque delle sue parti, poiché isingoli aspetti vengono riferiti al bene dell’ordinetotale, come le parti al fine. Se dunque Dio puòconoscere qualche altra cosa di nobile – comeammette chi comprende che la conoscenza è unbene –, conoscerà soprattutto l’ordine del mondo.Tale ordine non può essere compreso néconservato in altro modo, se non nel senso che lecose preziose e quelle vili, nella cui distinzione eproporzione consiste l’ordine del tutto, stannonella più adatta armonia con se stesse e le altre.Ricorda poi che anche le cose che volgarmentesono considerate di infima importanza, sono statecreate con attenzione, proprio come quelleritenute di solito più preziose; e anche quelle che,prese a sé, vengono comunemente viste comemeno belle, in rapporto all’ordine complessivo, eallo stesso ordinatore del tutto, armonizzano nelmodo più conveniente sia con se stesse, che con lealtre.23

Né alcuno osi dire che Dio disprezza le coseumane come di infima importanza. Senza dubbio,l’idea di una comoda abitazione spinge l’architettocome un fine, quasi fosse una causa agente, inmodo tale che egli progetti una specifica forma dicasa, e per essa ricerchi uno specifico materiale.Allorché il fine muove l’agente, l’agente muove laforma, la forma la materia. Lo stesso avviene nelledeliberazioni militari e civili. Perciò accade che ilfine sia la causa delle cause, e preceda quindi

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tutte le cause. Le realtà naturali sono create invista di un fine determinato, e sembra che ognisingolo essere sia indirizzato verso larealizzazione di un singolo fine pratico. Pensa: ilvimine della vite (che chiamiamo travicello) è natoper questo, per legare la vite all’arbusto piùprossimo. Proprio l’atto dello stringere è causadella nascita del vimine. Poiché invero ciò cheassolutamente non è non può causare l’essere dinessun effetto, né può muovere tutte le cause, ènecessario che vi sia un atto di questo tipo primadel vimine, e che esso esista prima di tutte le altrecause della vite. Anche se al livello delle cosecorporee non si realizza se non alla fine, esso èdunque esistito sul piano della natura incorporea,reggitrice dei corpi, assai prima che nella vite. Lanatura artefice, propria della vite, grazie aquell’atto ha impresso in quella materia,attraverso la sua forma, la forma del vimine. Maun atto di questo tipo preesisteva in quella naturasecondo il modo della natura, oppure secondo ilproposito della volontà? Certo secondo ambedue.E perciò la forma dell’agente e la figuradell’effetto erano la stessa cosa. Da ciò risultava ilfine. Dove c’è il disegno di una volontà nonnaturale, là c’è una mente. Perciò la mente divinaprecede tutte le realtà corporee, ne abbracciaintellettualmente le forme e dirige ogni cosa versoil proprio fine, e tutte verso un fine unico.

Questo divino agricoltore coltiva i pampini, itravicelli e le radici.24 Per questo i pampini evitanol’ombra e si volgono al sole; e i travicelli, comealtrettante mani, si protendono verso la partedove il sostegno è più vicino. E le radici, fuggendo

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il terreno secco, si protendono il più possibileverso l’acqua. Questa scelta non è opera di unadeliberazione artificiosa, ma di una autenticaintelligenza. Tuttavia la vita non ha dentro di sé lamente. La mente, dunque, le sta vicina. Èpresente anche agli animali più bassi, che nei loroatti scelgono sempre ciò che è più conveniente.Dio coltiva gli alberi, conduce e pascola glianimali feroci, come hanno sostenuto anche gliantichi teologi (prisci theologi).25 Può forsedisprezzare gli uomini, i soli sulla Terra a nondisprezzare la maestà divina? Lungi da noicrederlo; anzi, se Dio non trascura nessuna delleparti del mondo, piccole o grandi, certo nondisprezza il genere umano, che è una parte tantopreziosa del mondo, da essere intermedia fra lerealtà temporali e quelle eterne, esso checomprende le eterne, e dà ordine a quelletemporali. Così, vicinissimo a Dio, quasipenetrando negli arcani della mente divina,l’uomo è tale da poter conoscere quest’opera diDio, che è l’ordine del mondo, e comprende tantecose di Dio, da considerare poi il mondo comeun’ombra. Del resto, disprezza qualcosa solo coluiche ne pensa un’altra più grande. Se l’animadell’uomo è così grande, perché dovrebbe esseretrascurata da Dio, che si prende cura delle cose,anche delle più piccole? Se l’anima avverte Dio,perché Dio non sentirebbe l’anima? Peraltro, sel’anima sale fino a Dio, perché non potrebbe Dioscendere qualche volta nell’anima?

Il nostro Platone, nel quarto libro delle Leggi,26

dice divinamente che Dio contiene di ogni cosa ilprincipio, il termine e ciò che sta in mezzo; le

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delimita tutte e ne dispone ciascuna nel modogiusto; è benevolo verso gli uomini miti e religiosi,punisce i superbi e gli empi.27 Non ci turbi il fattoche talvolta i beni sembrano toccare ai malvagi, imali ai buoni. È difficile sapere chi sianorealmente i buoni e i cattivi; quali siano i beni,quali i mali; infine, quando, dove e in qual modoDio assegni a ciascuno ciò che gli spetta. Ciò cheè pienamente certo è che Dio dispone ogni cosa incielo e in terra, e soprattutto le cose umane,secondo i meriti e il valore. Ma non vi è alcundubbio che a ciascuno, prima o poi, tocca ciò chemerita, sicché tutto si muta in male ai malvagi, inbene ai buoni. Abbiamo tutti i giorni sotto gliocchi molteplici esempi della divina provvidenza,soprattutto in quei miracoli che nascono dallaforza della religione. Ho ritenuto tuttavia chepossa valer la pena di riferire uno degli antichiesempi.

Ecco quanto dice Filone l’Ebreo, nobilissimoplatonico, nel libro sulla Provvidenza.28 Coloro chehanno scritto sulla guerra sacra, narrano che,stabilendo la legge che i sacrileghi sianoprecipitati dall’alto in basso, o siano annegati inmare, o arsi dal fuoco, e avendo Filomelo eOnomarco e Failo saccheggiato tutti insieme iltempio, la provvidenza abbia per opera di Dioinflitto le punizioni secondo la legge. Filomeloinfatti, dopo essere salito su di un alto monte,improvvisamente precipitò in basso e morì.Onomarco, mentre cavalcava lungo la riva, caddenel mare profondo e fu sommerso dalle acqueinsieme al cavallo. Failo infine, consunto dal malesacro, fu arso vivo quando ad Abais si incendiò il

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tempio.29 Nessuno certo penserà, a meno di nonessere folle, che tutto questo sia avvenuto percaso. Che queste tre persone siano state punitenello stesso momento, per lo stesso delitto,proprio con il supplizio che la legge richiedevasecondo giustizia, dobbiamo ritenerlo frutto nondella fortuna e del caso, ma del volere divino.Questo dice Filone.

Il nostro Platone, nel decimo libro dellaRepubblica, e nel Crizia,30 pensa che la libertàdell’arbitrio umano non sia negata, masalvaguardata dalla provvidenza divina, e che ciòavvenga non a torto, poiché in essa, come nellaprescienza31 divina, sono scritti gli eventi futuri, ecosì le loro cause, e il loro modo di operare. Ecome le nostre operazioni sono note a Dio, così losono anche la nostra volontà, che è la causa delnostro operare, e il libero modo di agire. Dioinfatti, come prevede che farai una certa cosa,così prevede che la farai in tal modo, ossia inmodo volontario e libero. Perciò la previsionedivina, se rende necessarie le nostre opere, rendenecessario anche il modo di agire, cioè la libertàdel nostro giudizio, poiché Dio, che disponeconvenientemente tutte le cose naturali, conserva,non toglie, la natura che ha conferito. Nelgovernare il tutto, governa ogni singola realtàsecondo la natura che le è propria; quando glielementi salgono, li guida in alto; quandoscendono, in basso. Se regge il movimento deglianimali, poiché esso è per natura accelerato,contribuisce alla sua accelerazione. Se muove icieli, che sono mobili in virtù del loro esseresferici, contribuisce al compimento dell’orbita

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circolare. Se stimola gli animi (poiché essipossono liberamente muoversi sia verso l’alto, cheverso il basso), li stimola liberamente, in modo daattrarli, senza trascinarli né costringerli, mapersuadendoli. Ciò che Zoroastro così testimonia:

πατὴρ οὐ φóβον ἐνθρῴσκει, πειθὼ δ’ὤν.

Cioè: il padre non incute spavento, ma inducepersuasione.32

È chiaro che il Bene provvede a tutto secondoun ordine universale, mirabilmente disposto versouna precisa finalità. In tale ordine, ogni singolacosa, in ogni luogo, è diretta verso il proprio bene,e tutte insieme vengono guidate verso il benecomune. E se può apparire stupefacente che ilbene permetta il male nell’ordine della propriaprovvidenza, appare tuttavia abbastanza chiaroche spesso lo permette proprio a causa del bene,quando consente il venire meno degli esseriattualmente presenti, in modo che possanogenerarsi le sembianze di nuove forme, la cuicompresenza con le prime è impedita dallareciproca conflittualità tra le forme, né lo spaziosarebbe sufficiente a contenerla. Mentre infattiDio coincide con il bene, non si identifica con lanecessità; a questo riguardo sembra (per cosìdire) che il male sia opposto a Dio più di quantonon lo sia la contingenza. Se dunque Dio permetteil male, non c’è da stupirsi che permetta la

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contingenza.Come tuttavia per ogni dove riconduce il male al

bene, allo stesso modo riconduce da ogni parte ilcontingente al necessario. Tutto ciò infatti che,finché era futuro, poteva accadere o nonaccadere, quando ormai è, è necessario che sia; equando è passato, è necessario che sia passato.33

Né bisogna pensare che quanto viene ritenutoimpossibile sia opposto alla necessità in ragionedella forma. Infatti nell’opposto della necessitànon è da includersi alcuna necessità; essa è inveceinclusa in ciò che è impossibile. È dettoimpossibile ciò che non può essere. Ciò che nonpuò essere, è necessario che non sia.L’impossibile è incluso nel necessario: ciò cheinfatti è necessario che sia, è impossibile che nonsia. Ma il vero opposto del necessario è ilcontingente. Come, infatti, il principio stesso delnecessario si definisce soltanto in rapportoall’essere o al non essere, così il principio delcontingente inclina nella stessa misura all’esseree al non essere. Ma invero fra i due estremi, che siverificano in misura eguale nell’uno o nell’altrosenso, sembra che medio sia per lo più ilcontingente, il cui opposto accade più di rado.Così, che la specie umana esista, è necessario; chequesto o quell’uomo si muova o stia fermo, siverifica nella stessa misura. Avviene per lo più chela mano dell’uomo abbia cinque dita; che ne abbiasei o quattro, è molto più raro. L’ordine delle coserichiede che proprio questo avvenga per ambeduei contingenti, cioè che, se si dà il necessario, si diaanche il suo opposto: e in questa opposizioneinterna all’ente è contenuta anche la distinzione.34

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Così dunque, se dobbiamo assegnare un oppostoal necessario, secondo una ragione formale, ilcontingente deve distare egualmente da ambedue.Se invece dobbiamo assegnargli un oppostosecondo il criterio della materia, diremo che,poiché è necessario che sia, il suo opposto è ciòche è impossibile esista. Fra questi duecollocheremo come medio il possibile; e proprioquesto è il contingente: sia ciò che più spesso siavvicina di più al necessario; sia ciò che piùraramente inclina all’impossibile; sia ciò che puònella stessa misura essere o non essere, e certobisogna ammettere che, in quanto vero edegualmente distante dal necessario edall’impossibile, è fra loro intermedio.

Il contingente in verità nasce dallo stesso ordinedelle cose, che si scandisce attraverso una seriediscendente di gradi: ordine nel quale le cose chesono più vicine a Dio sono del tutto immobili, gliintelletti soprattutto. Le anime poi, in quanto unpo’ più lontane, mutano solo nella forma, ciò chenon implica mutamento della sostanza. Quantoalle sostanze celesti, pur restando identiche a sestesse, si muovono di moto locale, e con un motoformale modificano a turno, in cerchio, le loroposizioni; ma si muovono, per così dire, di motoimmobile, in quanto si spostano sempre secondolo stesso ordine necessario. Ciò che ne consegue èche le entità sublunari si muovono di motomutevole. Proprio all’interno di movimenti diquesto tipo si verifica la contingenza, in quanto lerealtà mutevoli sembrano allontanarsi dalconsueto ordine e prevaricare su di esso, pur senon possono violare l’ordine complessivo

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dell’universo. Poiché infatti l’energia efficacediminuisce nel passaggio dall’uno all’altro gradodelle cause agenti, e forme contrastanti vengonoreciprocamente a convergere in fitta moltitudine,accade che ogni specifica natura devii di quandoin quando dal proprio compito, mentre l’energiache gradualmente si affievolisce è più facilmenteostacolata dall’incontro con realtà diverse.

Anche le piante e gli animali, per natura, nonsempre generano la loro prole nel modoconveniente, né sempre perfetta. Sebbenedunque, per quanto attiene alla natura assegnatadal cielo, che senza dubbio deve essere seguitanecessariamente, la prole della pianta edell’animale adulto debba nascere in tempideterminati, accade tuttavia che talvolta la prolenon ci sia, oppure sia imperfetta: ad esempioquando la natura del generante sia difettosa, e visiano impedimenti esterni. Spesso la disposizioneattuale del cielo sembra dover produrre in unadeterminata materia una determinata qualità; mala diversa qualità della materia, indotta da cause econdizioni più vicine, modifica in modi diversil’effetto del cielo. Né si obietti che anche laqualità della materia proviene dal cielo, poiché lecause prossime sono mosse da quelle celesti. Siapure: sono mosse, ma secondo la loro natura. Dioinfatti, quando agisce sulle cose umane attraversoil cielo, non sottomette all’azione del cielo i propridoni; né il cielo, quando agisce sulle cose umaneattraverso le cause inferiori, sottopone le proprieenergie e azioni a queste cause. Poiché dunqueforma e condizione di ciascun effetto provengonodi solito dall’affezione della materia, e l’affezione

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della materia proviene nel modo più generale daicorpi celesti, ma nel modo più proprio dalle causeprossime, ne segue che la condizione propriadell’effetto si realizzi, nella sfera terrestre, comela richiede la causa prossima nell’impressionare lamateria, piuttosto che come la causa remotasembra abbozzarla, o iniziarla. Infatti, pur se lacausa remota è necessaria, non tutti gli eventi chene provengono sono necessari, se non ènecessaria anche la causa prossima.

Già invero è chiaro che le singole costituzionicorporee derivano più dalle cause prossime che daquelle remote, sicché le piante e gli animali sonoritenuti simili non tanto alle cause celesti, quantoai propri padri, e ai semi dai quali nascono. Da ciòappare chiaro che gli effetti di questo tiposeguono la natura e la sorte dei propri semi, piùche i corpi celesti; e in rapporto alle condizionidelle cause familiari, che sono del tutto mutevoli,si verificano in modo mutevole e non necessario,come vorrebbe il rapporto con i corpi celesti. Abuon diritto: infatti la loro natura non conservanecessariamente il proprio essere, ma può ad essovenir meno; la loro energia non agiscenecessariamente, ma ogni tanto perde di efficacia.Per questo gli eventi che in base al cielopotrebbero ritenersi necessari, avvengonoquaggiù in modo contingente, in rapporto aquesta materia e a questa regione. La materia,perché è sempre egualmente avida di tutte leforme; la regione, perché in essa convergonoqualità innumerevoli, fra loro incompatibili.Talvolta la materia, avida di certe forme, simescola con altre, e perde l’influsso celeste che,

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secondo il proprio ordine, sta per procedere versoun obiettivo stabilito, per recepirne subito dopoun altro; talvolta la regione, piena di qualitàdiscordanti, le mescola e le trasforma, in modotale che a stento qualcosa di determinato nascedal cielo, e sarebbe difficile ipotizzare in qualeforma stia per nascere, senza aver esaminatol’universo intero. Sicché quante e quali causecospirino in uno stesso momento dall’alto delcielo, dalla regione media e da quella più bassa,che cosa e come di nuovo sorga, potresti valutarlosoltanto dall’insieme.

Perciò la natura corporea, che in modo ancorpiù manifesto è sottoposta ai corpi celesti, pur seappare predisposta verso un unico fine, non ricevenecessariamente gli influssi celesti così come essisono emessi dal cielo. Ancor meno lo fa l’animarazionale, cui sono intrinseci conoscenza emovimento, e che spesso contrasta con lo stile delcorpo, e al corpo si oppone, e seguenecessariamente lo stimolo celeste: perché lanatura le avrebbe dato del tutto invano lapossibilità di vagliare, quando giudica sullediverse ipotesi, molte eventualità contrapposte, senon potesse volgersi, nella scelta, all’una oall’altra? Certo non potrebbe farlo se venissenecessariamente costretta a qualcosa dideterminato, da una configurazione, determinatagiornalmente, del cielo. A ciò si aggiunge chequando la divina provvidenza permette agli esserinaturali una qualche contingenza rispetto all’unoo all’altro opposto, essa nasce dalle loromanchevolezze. A maggior ragione la permettenel caso degli esseri che agiscono

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volontariamente, dove la contingenza nasce dallaperfezione. A questi ultimi, la contingenza èpropria in massimo grado; infatti i primi agisconoe sono mossi in virtù di una forma impressa, isecondi in virtù di una forma concepitarazionalmente. Aggiungi che ogni stimolo celeste,in quanto prossimo al cielo, che è strumento delladivina provvidenza e mirabilmente ordinato,conduce sempre al meglio secondo un ordinestabilito. Il fatto, dunque, che andiamo semprevagando rispetto al giusto ordine, e molto spessoci allontaniamo dal meglio, accade sulla base nondel cielo, ma delle condizioni proprie del genereumano, e dell’agire morale.

Se la specificità dell’uomo e del suo agire puòfar degenerare l’influsso celeste, da buono eordinato, nel proprio opposto, molto piùfacilmente può spostare le cose dall’una all’altraqualità. La natura dell’universo ha dato ai gravi didiscendere, sulla base della gravità. I corpi gravidiscenderanno dunque per un impulso naturale,se non trovano impedimento. Possono senzadubbio essere impediti, e spesso anche sollecitatia precipitare più impetuosamente di quanto noncomporti la loro natura; in quel caso, in rapportoalla diversità della figura, sia naturale cheartificiale, discendono in modi diversi lungotraiettorie declinanti. La sfera, il cilindro, le figurecon gli angoli scivoleranno in modi diversi: loammise lo stesso Crisippo, che pure è un grandeassertore del fato celeste. 35 Similmente, questa oquella costituzione attuale del cielo sembra volerconferire, a tutti quelli che nascono in quest’ora,un temperamento corporeo caldo e l’impulsività

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dell’animo. Ma in qualcuno la natura fredda eumida dei genitori, del luogo, del tempo e delnutrimento mitiga l’energia del cielo, e può anchemutarla nel suo opposto.36 Quanto conti la naturadei genitori e del cibo, lo dimostra il fatto che imedici curano con grande attenzione il vitto dicoloro che debbono procreare, e la natura e ilvitto della gravida e della nutrice. Per cui pressogli antichi era legge che chi aveva fatto procrearelebbrosi e insani venisse multato. In qualcun altro,la stessa natura calda e secca rende eccessive lemoderate qualità tratte dal cielo. Dunque lediverse nature di quanti nascono, e le differentileggi e consuetudini, specificano le inclinazionicorporee e spirituali, venute dal cielo, con unavarietà di gradi e di modi. Da ciò deriva che glieffetti scaturiscano di solito non dalla naturadell’agente più lontano, ma dalle condizioni degliagenti più vicini, e, infine, dalle affezioni dellamateria. Che dire di più? Il raggio di sole produceeffetti diversi se colpisce in linea retta, o inobliquo; se passa attraverso l’aria serena, oattraverso la nebbia; e se si dirige verso la cera oil fango, scioglie la prima, secca il secondo. Setocca il ghiaccio, talvolta lo scioglie; ma il cristallonon lo scioglie mai. Se raggiunge la neve sullacima del monte, la scioglie molto lentamente; inun anfratto del monte, più velocemente. Infine, seagisce in breve tempo, infittisce la nebbia; serimane più a lungo nella nebbia, la dissolve. Giovaad alcune cose, nello stesso momento in cui nuocead altre. Poiché nell’esaminare gli effetti ènecessario collegare le cause intermedie con lesuperiori, e con le intermedie le affezioni della

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materia e le condizioni di luogo e di tempo,bisogna giudicare allora, oppure non giudicaremai. Al muoversi della Luna, le acque per lo piùcrescono e decrescono. Tuttavia non tutte leacque fanno così: infatti il mare non si comportadovunque allo stesso modo, e dove sembra piùincline a osservare quelle regole ne viene spessoimpedito da venti contrari.

Di qui Tolomeo nel Quadripartito, nelCentiloquio e nel libro sui giudizi37 ammoniscel’astrologo a non formulare predizioni unicamentesulla base dell’esame dei corpi celesti, senzaconsiderare natura e qualità dei genitori, delluogo, del cibo e delle abitudini. Anche Alfarabi38

conferma questo, e tutti e due ammettono chegrazie al consiglio prudente del medico si possonoevitare molti dei disturbi che altrimentiproverrebbero dal cielo. Perciò i giudizi sul futurosi collocano a metà fra il necessario e ilcontingente; nulla può essere affermato comepienamente certo e manifesto. Per questo ancheAvicenna, nei libri di metafisica,39 dice che l’arteastrologica non consente di preannunciare nulladi certo riguardo al futuro, perché a qualunqueeffetto concorre la totalità delle cause; ma essa, ela sua efficacia, nessuno può comprenderla névalutarla. Perciò Porfirio e Origene40 attribuirono ipresagi del futuro non agli uomini ma ai demoni, ead essi anche, spesso, gli inganni. A buon dirittodunque il Timeo41 dice che la scienza è propriadegli dèi, mentre a noi è toccata, al suo posto,l’opinione. Ma tomo alla forza del cielo.42

Sebbene tutte le cause universali superioriesercitino sugli effetti una forza ampia e durevole,

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che si esprime dall’interno, tuttavia le causeintermedie e assai più vicine alle qualità piùspecifiche degli eventi contano molto; perciòaccade che gli effetti risultino assai simili a esse.Infatti gli influssi più generali delle cause, quelliche conseguono direttamente alle cause remote,vengono a specificarsi e differenziarsi. Così lavirtù vivificatrice del cielo, che soccorre ingenerale tutti coloro che stanno per nascere,presso le diverse specie di piante e di animali sispecifica proprio in quelle specie, e negli individuidi una stessa specie si contrae in proprietàpresenti singolarmente. Le azioni e passioninaturali delle cose, dell’uno o dell’altro tipo,conseguono sia ai princìpi singolari degliindividui, sia a quelli delle specie, presentiovunque. I princìpi più generali investono realtàdifferenti, e sono molto diversi fra loro nel generee negli effetti: nessuno nega che proprio di questotipo siano i princìpi celesti. Non si sostengadunque che tutto ciò che è nelle cause secondederiva dalle prime; e che ciò che si ritrova nellecause terze debba essere attribuito anche alleseconde, e niente derivi in alcun modo dalle causesuccessive senza derivare anche da quellesuperiori.

Ricorda che nella loro natura le causesuccessive sono non solo simili alle causesuperiori, per ciò che da esse traggono, ma anchedissimili, in quanto procedono al di fuori di esse;ne discendono, ma generano anche qualche cosadi altro, differente anche per una certa qualitàpropria. Non è dunque strano che avvengano poieffetti che non provengono propriamente dalle

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cause superiori; e che molti eventi, al disotto delcielo, possano avvenire, attraverso le loro cause,diversamente da come deriverebbero dal cielo.Ricorda anche che nel mondo sublunare le causetraggono forza dalla vita del mondo non soloattraverso i corpi celesti, ma anche, più da vicino,attraverso l’energia vegetativa dell’anima, chevige ovunque. Così la vita animale conferiscemolte funzioni agli arti attraverso specifichemembra, e molte anche attraverso se stessa; eanche quelle che produce nel primo modovengono in essi a modificarsi. Ricorda infine chedal concorso di tutte le cause sorge una forza, chepropriamente non si trova in nessuna. Tutto ciò ègrandemente comprovato da quella sentenza deiplatonici: da ciò che è uno e semplice le cosescaturiscono attraverso una determinatamolteplicità e un determinato movimento;attraverso una lunga serie di gradi esse sispecificano in realtà innumerevoli, che si muovonovariamente;43 lo splendore e il bene dell’universoconsistono proprio in questo ordine di gradidifferenti. Perciò i singoli movimenti e azioni degliindividui, che variano all’infinito nella molteplicitàe plurale mobilità, non possono essere distribuitisingolarmente e condotti a variare continuamentedai corpi celesti, che sono definiti da una misurastabilita, e da un ordine certo. A meno che non cisi allontani tanto dalla ragione, da collegare inogni momento ad ogni singolo influsso celesteogni singolo movimento, anche quelli dei fanciulliche delirano e giocano, in modo tale che i piedi, lemani, le dita, le labbra, gli occhi e persinol’immaginazione si muovano esattamente come

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stabilisce l’impulso celeste; o si assegnino allanorma del cielo i salti delle locuste, o gli svolazzidelle mosche.

Certo, comunque si configuri il cielo, èmanifesto che tutte le realtà naturali, quelle chesono dotate di vita, che vivono per propria natura,sono continuamente guidate qua o là dall’impulso,dall’occasione, dal bisogno, dall’immaginazione; etutte dal celeste favore ricevono di essere, viverela vita comune, agire, muovere ed essere mosse.Che facciano parte di una determinata specie, eabbiano certe proprietà individuali, questo loderivano dai genitori e dal luogo. Che poi le specienell’universo siano tante, e tali, ciò scaturisce siadalle specie ideali presenti nella mente divina, siadalle ragioni seminali presenti nell’anima delmondo. La stessa distinzione fra le specie non ècasuale, poiché avviene sempre in modoordinatissimo; né deriva da una materiacompletamente informe, essendo essa stessa distraordinaria bellezza; né nasce dalla mobilecostituzione dei corpi celesti – essa stessa infatti èmobile ed eterna –, ma dalle forme e figurecelesti. In cielo le specie non possono esseretracciate così: il loro ordine formale deve volgersi,guidato dall’intelligenza, verso un fine. A questopunto devi concludere che l’origine e la formadelle cose singole non possono essere investigatecon esattezza, né può esserlo tutto ciò che risultada tutte le stelle, a causa della diversità deiluoghi, delle materie, degli usi, delle leggi, dellecose; ciò secondo Origene, Bardesane, Clemente,Favorino, e questo tuo libretto.44

Perciò,45 nessuno pensi che la divina volontà, se

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guardasse al di fuori di sé o attraverso il cielo,renderebbe necessari i singoli eventi. Si ricordiche la volontà di Dio preferisce il bene del tutto,piuttosto che la qualità propria di qualche piccolaparte. In quel bene, infatti, rifulge più manifestal’immagine della bontà divina, ed esso appareconsistere nell’ordine. Un ordine perfetto richiedeche nell’universo siano contenuti tutti i gradi dellecose, in modo tale che alcune cause sianoimmobili, altre mobili; e quelle mobili producanoeffetti meno precisi, e in qualche misura piùvariabili. Gli effetti appaiono infatti riprodurre imodi delle cause prossime, più che di quelleremote. Ma Dio non vuole solo che le cose siano;vuole anche i modi di essere che si richiedono lorodi conseguenza. Ma poiché a ogni cosa conviene,secondo la propria natura, un margine dicontingenza, Dio stabilisce che alcune cose (comedicono i teologi) avvengano in qualche misurasecondo la contingenza. Nulla prevarica e turbal’ordine dell’universo, tanto da sfuggire allaprovvidenza dell’ordinatore.

Infatti in questa opera finita, che è il mondo,creato e conservato da Dio attraverso la suaintelligenza e volontà, non esiste, né può esserepensata, alcuna cosa che sfugga alla sapienza diquesto immenso artefice, che tutto vede in sestesso, come principio e fine di tutte le cose.Perciò Orfeo dice:

πάντ’ ἐσορᾷς καὶ πάντ’ ἐπακούεις,πάντα βραβεύεις,

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ovvero: tutto vedi in te stesso, tutto odi e tuttodistribuisci.

Distribuisce invero le cose in cinque gradi: lecinque specie dei corpi fisici secondo iperipatetici,46 ovvero l’etere e i quattro elementi;poi i cinque gradi nello spazio e nella qualità, inmodo tale che vi sia qualche cosa di sommamentecaldo, qualcos’altro di sommamente freddo, e trelivelli intermedi, dei quali uno sia a egualedistanza dai due estremi, il secondo inclini verso ilcaldo, il terzo verso il freddo; lo stesso per i colorie i suoni, gli odori e i sapori. Per quanto miriguarda, intendo i gradi in questo modo. Diostabilisce che alcuni eventi si svolganonecessariamente, ad esempio che le sfere delmondo siano lucenti e si muovano in cerchio ecose simili; altri siano per contro impossibili, adesempio che il centro del mondo sia luminoso, omuti di luogo. Intermedi fra questi due estremisono due tipi di situazioni, che si indicano comepossibili. Le une si avvicinano al necessario piùche all’impossibile: ad esempio che l’aria sia caldain estate, fredda d’inverno, ciò che certamenteavviene nella maggior parte dei casi. Le altreinclinano all’impossibile più che al necessario; adesempio che l’aria sia fredda nel mese di luglio ecalda in gennaio, ciò che sembra accadere moltodi rado. Intermedia fra le due è la possibilità chel’aria possa egualmente ricevere o non ricevere47 ivapori e i venti contrari. La materia in se stessa ètale da poter ricevere egualmente, per sua natura,sia qualità fra loro opposte, sia moto o quiete, sia

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movimenti nell’uno o nell’altro senso.Tale è infine l’anima umana, che – come presso i

peripatetici – è la meno elevata fra le menti,48 cosìcome la materia è il meno elevato fra i corpi, eperciò si conforma senza alcuna distinzione aqualunque forma spirituale e a qualunquemovimento. Aggiungono i peripatetici, ciò che siaccorda in massimo grado con i platonici,49 che lanostra mente è non solo la meno elevata fra lerealtà soprannaturali, ma anche la più elevata fraquelle naturali. Di qui si vede che in parte siinclina a queste, con l’affetto e la cognizione; inparte si innalza verso quelle; in parte agisceattraverso il corpo, quando sente; in parte agisceanche senza lo strumento corporeo, ogni volta chegiudica realtà incorporee e concepisce le ragioniuniversali, quasi fosse nello stesso tempocongiunta alla materia e da essa separata. Neconsegue che non è costretta né dalle prime nédalle seconde; ma come un medio, posto a egualedistanza da due estremi, può sia astenersi daciascuno dei due, sia volgersi a ciascuno di essi.Ciò converge con quella sentenza di Platone suicinque gradi delle cose, che abbiamo ampiamentetrattato nella nostra Theologia.50

La materia presso Platone è il grado infimo ditutti i corpi.51 Al disopra di essa sta la formacorporea, che si divide e muta insieme al corpostesso. Al disopra ancora c’è la forma incorporea,ovvero l’anima razionale, che è indivisibile, ma asuo modo mutevole. Occupa il quarto livello lamente angelica, che non si divide e non cambia,ma è composta di sostanza e qualità. Più in alto ditutti sta il bene in se stesso, che non solo è

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indivisibile e immutabile, ma è atto purissimo eimmenso, poiché in esso la qualità si identifica conla sostanza. Fra questi gradi delle cose l’animaoccupa quello intermedio, inferiore all’angelo e aDio, ma superiore alla forma corporea e allamente. Appare dunque a metà fra l’eternità e iltempo, in parte eterna e in parte temporale, puntomedio fra le realtà naturali e quelle divine. Nonpuò dunque essere affetta né mossa dalle realtànaturali, poiché non dipende da esse. Altrimentinon potrebbe elevarsi al disopra di esse, né con laconoscenza, né con il sentimento; né potrebbevolgersi al divino.

Sebbene, come ritiene Platone,52 nelle cosedivine – ossia in Dio e nelle menti angeliche – nonci sia moto, mentre nell’anima c’è una qualcheforma di movimento, cioè uno spostamento neltempo e un mutamento negli affetti, ne segue cheil primo movimento è quello dell’anima, il piùelevato ed efficace; da esso il movimento sicomunica al corpo, che lo riceve in modo passivo.L’anima perciò si muove da se stessa, secondo lapropria natura e la propria energia, quandoesamina, cerca, si volge a sé. Il movimento,quando è il primo e il più elevato, è anche libero eampio al massimo grado. Per questo, l’anima puòliberamente spostarsi per ogni dove, abbassarsiattraverso le forme dei corpi e nella materia,oppure innalzarsi fino agli angeli e a Dio. Puòmuoversi, o non muoversi, in direzione di ognunadelle cose create da Dio; e può muoversi versol’una o verso l’altra. Non è costretta dal divino, invirtù della cui provvidenza è fin dall’inizio libera;né è obbligata da nessuna delle cose naturali,

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poiché è di gran lunga più elevata, né ne dipende;al contrario, sono le cose ad essere mosse egiudicate da lei.

Perciò la volontà della nostra mente, quandotende verso un oggetto naturale, non ricevendoneaffezioni, non ne viene neanche determinata, einizia liberamente a muoversi. Ammettiamo chel’intelligenza offra alla volontà due possibilitàreciprocamente escludentisi, che si presentinocome del tutto equivalenti: ad esempio, andare onon andare. Nessuno direbbe che la volontà nonpotrebbe scegliere nessuna delle due, se non nelcaso che ci fosse un medio fra i due contraddittori.Nemmeno si potrebbe dire che possa accoglierleambedue: in questo caso sarebbe guidata daqualcosa di contraddittorio. Tenderà, dunque,verso una soltanto delle due. Ma, se si volgerà auna soltanto, ciò indica indubbiamente che essaprocede in modo libero. Quella possibilità, infatti,non la costringe; altrimenti sarebbe allo stessomodo costretta dall’altra, che contiene la stessaquantità di bene. Dunque, se i due terminidell’alternativa hanno eguali possibilità di attrarrela volontà, ed essa tende verso uno solo dei due,vuol dire che essa procede non per costrizione, maspontaneamente.

L’essere che agisce volontariamente è più nobiledi quello che agisce per necessità naturale, poichéalla natura aggiunge l’intelligenza, è padronedella propria azione, pone una misura all’azione,prescrive un fine; compie in modo diverso attidiversi. Ma, se abbiamo trovato nell’ordine dellecose qualche cosa che agisce secondo la natura,troveremo a maggior ragione anche qualcosa che

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agisce secondo la volontà. È proprio infatti di ciòche agisce naturalmente agire in modo necessarioe per così dire coatto, quando la materia èpredisposta e non ci sono impedimenti. Il fuocoinfatti, se non ne è impedito, non può non bruciarela legna secca che gli è vicina; la pietra, inassenza di impedimenti, non può non cadere versoil basso. Sarà dunque proprio dell’agentevolontario agire, per così dire, in modocontingente e libero, cosicché agire e non agire siequivalgano. Ma dovunque c’è un principio oessenza, lì si trova anche ciò che gli è proprio.Poiché dunque nell’uomo c’è il principio dellavolontarietà, ci sarà anche quello della libertà. Seper chi agisce volontariamente non ci fosse lapossibilità di volgersi verso ciascuna delle dueopposte possibilità, tale possibilità potrebbe amolto minor ragione essere individuata per gliagenti naturali; non vi sarebbe dunque nel mondoquell’ordine di cose contingenti, intermedie fraquelle necessarie e quelle impossibili, cheabbiamo dichiarato dover essere a livellosublunare.53 Chi non vede che proprio in virtù ditale contingenza c’è materia per la scelta,apparirà l’unico a non aver mai fatto uso delgiudizio, o ad averne sempre abusato.

In verità, siamo soliti valutare soltanto le coseche possono verificarsi in modi diversi, ed essereacquisite o evitate da noi. Se tutto avvenissesecondo necessità, noi valuteremmo invano. Madobbiamo ricordare che i compiti propri diciascuna specie non possono essere del tutto prividi senso. Chi direbbe infatti che l’ape edificasempre invano gli alveari, i ragni tessono invano

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le tele, le formiche nascondono invano i chicchi digrano? Nessuno. Nessuno, allo stesso modo,ammetterebbe che il compito proprio dell’uomo,quello di scegliere, sia vano. Esso, dico, è propriodell’uomo in quanto uomo. Tutti gli uomini,sempre e dovunque, scelgono, mentre gli esseriche sono al disopra dell’uomo non hanno bisognodi scegliere, e quelli che sono al disotto nonpossono farlo. Se poi si dicesse che l’impulso alladecisione è impresso dagli astri, la cui natura èdeterminata, si eliminerebbe la ragione stessa deldecidere, che consiste nel potersi muovere inmodo ampio e sciolto, libero da ogni parte, e sisostituirebbe al giudizio un qualche meschinoistinto.

È certo che, ogniqualvolta si prende unadecisione, l’azione non scaturisce mai daconsiderazioni di carattere generale, senza cheintervenga54 una valutazione specifica, in virtùdella quale avvengono ogni singolo movimento eogni singola azione. Se uno considera in generaleutile l’esercizio fisico, nonostante taleconsiderazione non compie nessun esercizio senzaaver prima valutato quanti siano i possibili tipi diesercizio, e quale convenga di più. Ma quandoavrà scelto un particolare esercizio piuttosto cheun altro, sarà allora che si metterà all’opera. Sesceglie la passeggiata, passeggia; se l’equitazione,cavalca. L’intelletto per sua natura è portato allaconsiderazione di princìpi universali. Dunque,perché dalla sua apprensione scaturisca l’azione,bisogna che il concetto universale sia applicato aoggetti particolari. La nozione universaleabbraccia in potenza molte, anzi infinite realtà

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particolari, così come un tipo generale di esercizione contiene innumerevoli modalità. Perciò dallanozione universale possono esser fatti derivarenello stesso modo oggetti singolari differenti.

Il giudizio intorno al da farsi segue questo tipodi procedimento. Può infatti conseguirne volta avolta un diverso giudizio. Così il giudiziodell’intelletto sul da farsi non è per sua naturadeterminato verso un unico tipo di soluzione. Èdunque libero. Sono privi della libertà di giudiziogli enti che di giudizio sono privi, come le piante.Altri, sebbene lo possiedano, lo hanno per naturadeterminato verso un unico tipo dicomportamento, come le bestie. Per giudizionaturale,55 infatti, la pecora giudica pericoloso illupo, e lo fugge; né può non fuggire, poiché è lanatura a spingerla. È da un istinto naturale che lerondini sono spinte a costruire il loro nido, le apil’alveare, i ragni le tele. Così tutti gli animali dellastessa specie compiono sempre nello stesso modole loro opere, senza averlo mai imparato e senzamai cambiare, poiché il cammino attraverso ilquale le specie naturali procedono è dato findall’inizio, e resta sempre lo stesso. Gli uomini alcontrario apprendono e modificano sempre il loromodo di operare, pur se hanno, fin dall’inizio, unasola natura. Non sono dunque indotti ad agiredalla natura, ma si comportano diversamente, incasi diversi, in virtù di una decisione propria.

Da dove infatti pensiamo derivi il fatto che glialberi e le bestie non sbaglino mai nei loromovimenti, in ciò che costruiscono, nelle loroscelte; l’uomo, invece, molto spesso? Non certodal fatto che i primi abbiano un intelletto più

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perfetto, essi che non hanno alcun intelletto;piuttosto dal fatto che sono condottidall’intelletto56 divino, che non sbaglia mai.L’uomo invece è condotto dalla propriaintelligenza, che, al contrario, può sbagliare. Se,di quando in quando, l’uomo ritaglia del tempo, aldi fuori dell’azione, allora è guidato da Dio anchelui, e non erra, come si vede dalle profezie e daimiracoli. E se fosse sempre guidato da lui, comegli altri esseri, errerebbe tanto meno di loro,quanto più è perfetto come strumento.Inversamente, se gli altri esseri si comportasserocome l’uomo, errerebbero tanto di più, quantomeno perfetta è la specie che loro è toccata insorte.

Poiché dunque nell’uomo il giudizio sul da farsinon è indirizzato per natura verso un unicosbocco, egli è necessariamente libero. Ma chegiudichi liberamente, lo congetturiamo da ciò, cheegli è guida di se stesso nel giudicare. Che siaguida di se stesso, lo ricaviamo dal fatto cheriflette se stesso nel suo giudizio. Che rifletta suse stesso, dal fatto che sa di giudicare, e definisceil giudizio. E questa libertà, l’intelletto la traedalla sua stessa energia. L’intelletto infattiapprende non solo questo o quel bene, ma lostesso bene in generale. Poiché però l’intellettomuove la volontà attraverso la forma da luiappresa, e in tutte le cose il motore e il mobileconvergono reciprocamente in proporzione, lavolontà razionale non è determinata dalla naturase non verso il bene in generale. I beni singolisono contenuti nel bene in generale. Qualunquecosa, dunque, si presenti alla volontà come buona,

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può inclinare la volontà verso di sé, senza chenessuna inclinazione naturale lo proibisca. Ciò èappunto indicato da ciò che abbiamo detto prima,il fatto che compie molte scelte contrarie all’utilitàe al piacere della natura corporea. Prescrivemolto spesso un tipo di vita nocivo al corpo, odia ilcorpo, lo stanca, lo importuna, ciò che le bestienon fanno mai, giacché in esse ogni impulso oazione serve all’utilità del corpo.57

Spesso quando lo stomaco ha fame, o il polmoneha sete, la testa è pesante per il sonno, o i genitalisi gonfiano di sperma, il senso, compagno delcorpo, ci invita al cibo, al bere, al sonno,all’unione sessuale. Incita, dico, o piuttostotrasmette all’anima lo stimolo corporeo. Laragione però giudica necessaria l’astinenza, invista della contemplazione e dell’onestà; e spessoci asteniamo, come essa ordina. Quando civengono inferte contumelie o ingiurie, il sangueintorno al cuore si accende alla vendetta. Allora lapotenza motrice dell’anima, compagna e ospitedel corpo, spinge i piedi e le mani a vendicarsi; maspesso la ragione, in nome della pace e dellatranquillità, ordina loro di fermarsi e li trattiene. Ilcuore trema spesso di fronte ai pericoli che sifanno incontro; ma l’azione richiede di correre inbattaglia per proteggere la patria; ci si gettaallora, seppur controvoglia, contro il nemico. I finiin vista dei quali la ragione decide così sonoincorporei: la verità e l’onestà.

Quando il nostro Platone, uomo celeste, scelsecome sede l’Accademia, un luogo insalubredell’Attica, per domare il corpo, il suo animo nonne contrastava forse la natura?58 Quando

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Senocrate, discepolo diletto di Platone, e Origene,loro seguace, si arsero i genitali59 per estingueregli incendi del desiderio sessuale, il loro animoinvitto non dichiarava forse guerra alle membradel corpo? Prima di loro i Magi persiani, isacerdoti egizi, i filosofi pitagorici, per indebolireVenere, si astenevano dal vino e dalle carni.Lascio da parte gli antichi sacerdoti, consacrati aDiana o a Saturno;60 i primi si mutilavano, isecondi si mortificavano. Ometto di parlare deiprimi cristiani, dei quali il mondo non vide mainulla di più forte e ammirevole. Perciò nessuno ciobietti che un tempo fummo pochi, e oggipochissimi, a resistere ai desideri del corpo; anziresistiamo tutti quotidianamente, chi in nomedella salute, chi della pace, chi della giustizia, chidella contemplazione di Dio, chi della felicitàeterna. E anche se non infrangessimo mai loslancio del corpo, sarebbe tuttavia sufficiente labattaglia, che continuamente combattiamo, permostrare che l’anima reagisce al corpo. Se in noinon ci fosse altra natura, se non quella corporea,immediatamente, quando l’affezione corporea cispinge a qualcosa, ci mostreremmo come bruti, néci cureremmo, né delibereremmo, di null’altro senon di ciò che il corpo ci adesca a fare. Nullainfatti combatte con se stesso. Quasi sempre,tuttavia, è il corpo tutto intero a dichiararcibattaglia. C’è dunque in noi qualche altra cosaoltre a esso, un elemento che ha originedifferente.

Né ci turbi il fatto che l’anima spesso obbedisceal corpo, poiché non lo fa per forza, ma perl’amore che gli reca, quasi fosse il proprio figlio e

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la propria opera. La madre ama il figlio comeun’opera sua; il figlio piccolo desiderasmodatamente il cibo; se la madre ordina diastenersene, il figlio sta quieto, se è stato beneeducato; se invece è stato educato male, grida emette a soqquadro la casa. La madre hacompassione del figlio piangente, che ama troppo;non tuttavia fino al punto di permettergli diassumere il cibo, se non dopo aver primagiudicato, riflettendo fra sé, se egli possa gustarequalche alimento senza danni per il corpo, o se,nel caso che gli rechi danno, sia possibilesoccorrerlo facilmente con qualche farmaco. Soloallora il figlio riceve il cibo. La madre non ècostretta dal figlioletto; è l’amore per la suacreatura che la spinge ad accontentarlo.Obbedisce, tuttavia, solo nella misura in cuiritiene si debba obbedire. Giudica spessorettamente, e ogni tanto sbaglia, perché, troppodesiderosa di obbedire, non esamina consufficiente attenzione la situazione. Questasimilitudine vale anche per il rapporto fra anima ecorpo. Se dunque l’anima si sottomettessenaturalmente al corpo, tutte le anime, e sempre,cederebbero ai sensi. Poiché però spesso resiste,attraverso il giudizio, quando acconsente noncede in virtù della natura o della violenza, ma perl’amore che lega all’anima media l’energia piùalta, la media alla più bassa, la più bassa allacomplessione vitale, la complessione vitale alcorpo.61

In un modo soprattutto si proverà la libertàdell’anima nostra: esaminando più distesamentein quale modo si muovono le anime delle bestie.

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Quando un animale privo d’intelligenza ha fame,se vede il cibo, la sua anima giudica chequell’alimento gli sarà conveniente, l’appetito lodesidera e muove le membra verso di esso. Cichiediamo da dove tragga origine il moto dellemembra. Senz’altro dall’appetito. Ma ilmovimento dell’appetizione? Dal giudizio: dalmomento in cui ha giudicato il cibo conveniente,lo ha desiderato. Ma da dove si origina il giudizio?Dalla forma di questo o quell’alimento, apparsodavanti agli occhi, e dalla privazione corporea.Ogni volta infatti che il corpo ha fame, e alla vistasi mostra qualcosa di commestibile, l’animagiudica che le convenga, e lo desidera. Vedi beneche il principio del movimento non è nell’anima,ma nel corpo; nel corpo, dico, di un tale cibo, e inquello di un animale così affetto. Dunque, non èpropriamente l’anima a condurre il corpo, népropriamente essa si muove da sola, ma è lanatura del corpo, e del cibo, ad attrarla; adafferrarlo sono trascinate anche le membra.

Di ciò porteremo quattro prove. La prima èquesta: quando si mostra tale cibo, e il corpo èaffetto in tal modo, l’anima giudica e desideraimmediatamente, né procrastina il giudizio e ildesiderio se non di un brevissimo spazio di tempo,dopo aver scorto la forma dell’alimento, quasiquell’anima non metta nulla in campo per virtùpropria, ma l’effettuarsi del giudizio seguaimmediatamente il proporsi di una ragione pergiudicare. A buon diritto, dunque, è la forma ilprincipio dell’agire, come il calore del fuoco è ilprincipio del riscaldamento. Alcune delle forme, inverità, sono impresse dalla natura, come il calore

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e la leggerezza al fuoco; altre sono apprese, comeil cibo attraverso la vista. L’appetizione e il motodel fuoco seguono la forma impressa. Il giudizio el’appetizione di un animale così affetto seguono laforma dell’alimento, una volta che l’hannopercepita. Dunque il principio del suo moto sono ilcibo e la sua forma. E come il fuoco non si muovedi per sé, poiché non può non salire in mancanzadi ostacoli, né può non bruciare quando gli èvicino un materiale da bruciare, così la bestia nonsi muove da sé, poiché non può non recarsi versociò che le si offre in uno o in un altro modo. Laseconda prova è che l’anima irrazionale nongiudica, desidera, esegue, se non ciò che ha a chefare con l’utilità del corpo. In ciascuna delle sueazioni, infatti, lo scopo è la comodità del corpo.Ma nelle cose lo scopo finale coincide interamentecon il loro principio. Il principio del fuoco è laconcavità della Luna; la concavità della Luna è ilpunto di arrivo del moto del fuoco, poiché ognicausa agisce e muove in vista del proprio fine.Perciò nell’animale il principio delle azioni è lanatura del corpo ovvero l’anima; non l’anima purama quella corporea, così come serve all’intera vitadella natura, artefice delle realtà naturali, poichéla finalità dell’agire sta nel conservare la natura ela vita del corpo.

La terza prova è che l’animale non si pente maidi aver agito così e così, né ritratta o correggealcunché; ciò significa che vi è in lui un unicoprincipio dell’azione, poiché non vi è nessuncontrasto. La vita è certamente il fine delmovimento del suo corpo. Perciò non vi è altro diproprio a muoverlo, oltre alla vita del corpo.

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Quarta prova: come abbiamo detto sopra, nelleopere degli animali di questa specie non ci sonomai variazioni. Un ragno tesse la tela nondiversamente dall’altro ragno. Tutte le rondinicostruiscono il nido in modo simile, e ognuna ognianno lo fa secondo le stesse regole, così come ilfuoco, le pietre e le piante (ognuno in rapportoalla sua specie) scalda, cadono, si sviluppano inmodo simile. Se a ogni cosa la sua natura èattribuita come una forma, e una determinataforza è insita in essa fin dall’inizio, attraverso diessa, che è sempre identica a se stessa, avviene lastessa operazione, sempre identica a se stessa.Perciò l’anima delle bestie, seguendo l’istintodella natura, rispetta la linea di condotta propriadella specie cui appartiene. Lo stesso accade anoi, tutte le volte che la ragione si intorpidisce eviviamo agli ordini del senso e della fantasia. Mase la ragione è desta e concentrata, riflettiamo alungo sul da farsi, rifiutiamo le indicazioni dellafantasia, e ci comportiamo diversamente daquanto richiede la natura dei corpi esterni e dellenostre stesse membra. E se qualche voltaindulgiamo ad essi, ci pentiamo, e cerchiamo dicorreggerci; spesso domiamo la natura del corpo,e lo sottomettiamo. Operiamo infatti non soloattraverso le immagini ricevute o concepiteattraverso l’oggetto costituito dai corpi, ma ancheattraverso le forme e le ragioni universali dellecose, che in parte sono innate all’anima, in partesono prodotte dalla sua peculiare energia; dove ilprincipio dell’agire è la forma nostra e non quelladel corpo, una forma prodotta da noi e nonricevuta grazie al corpo, generata secondo il modo

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dell’anima piuttosto che secondo quello del corpo,e che è comune a infiniti modi di operare. Eccoperché non siamo costretti ad agire in un unicomodo, e passiamo liberamente da un modoall’altro. Abbiamo infatti nella mente un modellocomune del bene; e, paragonando ad esso i singolioggetti, li respingiamo o approviamo più o meno,senza essere trascinati da loro né dal corpo, bensìpiuttosto traendo gli oggetti verso il modello, e ilcorpo verso la mente. Perciò, anche quando ladisposizione degli oggetti e del corpo resta lastessa, facciamo scelte dissimili, e ci comportiamouna volta in un modo, una volta in un altro. Equando la disposizione è diversa, spessodecidiamo ancora nello stesso modo; oppure,quasi nello stesso momento, a causa dellecongetture differenti, che sono proposte dallaragione, le scelte variano, e sono addiritturacontrastanti, anche quando gli oggetti corporeirimangono simili.

Attraverso il giudizio accade infatti chesottoponiamo non l’anima alle cose, ma le coseall’anima: di ciò, come dice spesso Plotino, eProclo conferma, abbiamo una prova nel dominiodel sapere e in quello della morale. Nel campo delsapere, in questo modo. Quando siamo concentratisulla pura meditazione della verità, e noncomunichiamo affatto con il corpo, né aspiriamo afare nulla al di fuori di noi, chi non vedrebbe chequella nostra contemplazione non è in alcun mododipendente dal corpo? Nel dominio morale, così:quando dirigiamo tutti gli sforzi della nostra vita aperfezionare con i buoni costumi la nostra anima,chi non capirebbe che in quel momento l’anima è

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il fine, e anche il principio, del nostro agire? Iprincìpi di questi comportamenti non sono gliumori, poiché essi non invitano a nulla che siacontro il corpo; né il cielo che, al disopra deicorpi, li muove da lontano attraverso gli umori, enon muove i quattro umori senza aver mosso iquattro elementi,62 né l’anima se non dopo averagitato gli umori.63 L’anima si oppone dunqueall’agitazione degli umori, ne disprezza l’assaltoconcentrandosi nel pensiero; la tiene a bada conla ricerca della virtù, la infrange dedicandosi allapratica delle arti.

Nessuno fu per natura più incline di Socrateall’amore, o di Alcifrone megarico al piacere eall’ebbrezza; ma nessuno fu più continente, grazieall’applicazione. Senocrate, Demostene, Cleante,64

non vinsero forse con l’accortezza gli impedimentidella natura? Se resistiamo agli umori, ciopponiamo sia agli elementi che al cielo; e se nonci sottomettiamo al cielo, ci sottomettiamo ancormeno agli altri corpi. Ma che l’anima umana nonsia sottoposta al cielo, si vede anche da ciò, cheprima la scienza prevede gli eventi futuri, poi laprudenza li evita, oppure per grandezza d’animonon ne fa alcun conto, quasi gli eventi nonriguardino propriamente l’uomo, che è l’animastessa, ma soltanto il carcere dell’anima. Siaggiunge il fatto che la temperanza consente digodere felicemente della buona fortuna, e disopportare nel modo migliore la sorte avversa, inmodo tale che ambedue giovino egualmente allavirtù e alla salute. Come potrebbe infatti essere arimorchio degli eventi colui che li precede, otemerli come inevitabili chi li evita, grazie

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all’attenzione? O rabbrividire di fronte alla natura,colui che spesso la disprezza? O essere legato aibeni, chi li indirizza alla propria felicità? O esseresopraffatto dai mali, chi converte i mali in beni?Sono forse costretti dalla necessità quanti,consentendo con devozione, e liberamente, con lavolontà divina, accettano e rendono lievi ancheeventi inevitabili, che sembrano terribili?

Lo stesso mostriamo di nuovo per quantoriguarda l’intelletto e la volontà. Per primo perl’intelletto, in questo modo. Il corpo celeste hauna forma corporea individuale, locale, temporale.La forma attraverso la quale la mente intende èinvece incorporea, universale e separata: dunquenon viene dal cielo. La forma infatti, che èrinchiusa in un certo luogo, non può produrre unaforma separata. Il cielo, dunque, non generanessuna forma nell’intelletto. Produce forse inesso l’intelligenza? Niente affatto, poiché essasegue la forma dell’intelletto. Ciò dunque che nonpuò dare forma, non darà intelligenza. Ma nessuncorpo intende alcunché attraverso la propriaforma: essa è infatti del tutto singolare. Moltomeno genererà intelligenza in qualche cosad’altro. Poiché dunque l’intelletto non trae dalcielo né la propria azione, né il principiodell’azione, non è sottoposto al corpo celeste,soprattutto perché la nostra anima, grazie allaforza che la congiunge agli esseri che diciamoessere al disopra del cielo, non solo non è sotto ilcielo, ma anzi è al disopra di esso. Qui, in quantointende la verità, si congiunge agli angeli, chegovernano il cielo. Intende infatti tanto, quanta èla luce intellettuale che a questo livello riceve.

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Così dunque è chiaro che l’intelletto non èsottoposto al cielo.

Sarà anche chiaro che ad esso non è sottopostanemmeno la volontà. Le cose che sono secondonatura raggiungono il loro fine attraverso uncammino determinato, e attraverso di esso vipervengono sempre nello stesso modo. La naturaviene infatti determinata in un unico senso; invecele scelte dell’uomo tendono verso il fine attraversostrade diverse, sia nella vita etica che in quellapratica. Inoltre gli individui che appartengono allastessa specie differiscono molto poco nelle azioninaturali, che sono proprie della specie stessa. Cosìinfatti tutte le rondini, come abbiamo detto,costruiscono in modo simile il nido; e tutti gliintelletti intendono in modo simile quei princìpiprimi delle arti e della moralità, che sono noti atutti per natura. Ogni volontà appetisce in modosimile il bene in sé e per sé, poiché desideranaturalmente il bene. La natura dell’uomo èappunto tale che, come l’intelletto ha se stessocome principio in base al quale indagare ciò chesotto ogni riguardo è assolutamente vero, così sicomporta la volontà in rapporto al principiodell’agire, che è il bene stesso, al qualenecessariamente e ovunque tutti consentiamo. Ladecisione, invero, è un’azione propria della specieumana, come lo è il discorso razionale.65 Questesono infatti le due funzioni proprie dell’uomo.Dunque, se gli uomini pensassero per un istintonaturale, avrebbero tutti la medesima opinione suogni cosa; allo stesso modo, se operassimo lescelte per ordine della natura, una sola sarebbe lascelta di tutti. Al contrario, ognuno sceglie in

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modo diverso cose diverse, così comediversamente, pensando, giudica. Per questo icieli non muovono la nostra volontà attraversol’istinto naturale, sebbene facciano muovere ilcorpo. Il senso obbedisce al moto del corpo, e lotrasmette; la volontà, spesso, ne viene tentata. Maquesto stimolo non è causa necessaria dellascelta, poiché alcuni si conformano ad esso inmodi diversi, altri per nulla affatto.

Né si osi dire che le menti umane sono mosseattraverso il cielo come attraverso uno strumentoo un mezzo. Le menti convergono più con le mentiche con i corpi, perciò il cielo non si interpone frale menti angeliche e le nostre; piuttosto le nostrementi occupano una posizione intermedia fraquelle e il cielo. Dovrebbero dunque i cieli esseremossi dagli angeli attraverso le menti umane,piuttosto che le nostre da loro attraverso il cielo.Si potrà dire che le nostre menti sono agitate daloro e dal mezzo. Le agitino pure, se ci piace; anzi,le guidino. Le menti degli uomini saranno infattidivine, se mosse da vicino dagli esseri divini. Adessi saranno infatti per natura vicinissime.Altrimenti sarebbero mosse da un’altra natura,più vicina, come attraverso un mezzo. Sarannocerto più vicine a loro di quanto non lo siano lesfere celesti, poiché sono mosse da loro senzal’intermediazione del cielo. Se si pensa che il cielodurerà perpetuamente, non sarà immortale anchel’anima degli uomini, più vicina alle cose divine?

Ma l’infusione di conoscenza che dalle mentiangeliche si trasfonde e viene infusa nelle mentiinferiori è da definirsi più un’illuminazione che unmoto.66 Se le prime trasmettono a loro modo,

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anche le seconde recepiscono a loro modo; sianell’uno che nell’altro caso, si tratta di intelletti.Dunque è il lume intellettuale a essere dato e aessere ricevuto. Non è proibito al nostro animo divolgersi a modo proprio verso quella luce,usufruirne secondo la propria natura, e attraversodi esso ragionare e scegliere liberamente. Ciòsoprattutto in quanto il nostro animo si rivolgetalvolta, nel decidere, al partito peggiore: lostimolo che proviene dalle menti divine, invece, lotrarrebbe sempre verso il meglio. Dunque l’animaumana recepisce l’ispirazione degli angeli inrapporto alla propria natura. Nel momento in cuisi trasmette, l’ispirazione angelica è stabile; saràl’anima a renderla mutevole, poiché è essa stessamutevole, e opera in modi mutevoli. Nulla,dunque, ostacola la libertà di agire propriadell’anima, che a nulla è sottomessa come a unmovente. Di non essere sottomessa, la nostramente e volontà dà prova quando si allontana a talpunto dal mondo da volersi sola: allora infatti silibera delle altre creature, ed è contenuta in sestessa. Ne dà prova anche quando riflette, chiusasu se stessa, sul proprio atto. La cerchia della vitaspirituale non si subordina infatti a terminiesterni. Non solo quando attraverso un’ipotesivuole, attraverso un’altra non vuole; ma anchequando vuole ciò che potrebbe egualmente nonvolere, appare indifferente al volere e al nonvolere, e non costretta a nessuno dei due. Lostesso, quando sceglie il massimo della privazionee la rinuncia a tutto. Allora infatti cancellal’attrazione del proprio oggetto e di qualunquealtro. Questa sua potenza, che annienta ogni atto,

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non si subordina a nessun oggetto come proprio.Ma tutto questo lo spiegheremo più

distesamente così. Ogni volta che qualcosa sipropone a noi come un bene, l’anima puòragionare in questo modo. Poiché il bene piùgrande è la libertà, voglio sperimentarla in me inogni momento. Preferisco dunque essere padronadi me stessa, trattenendomi in questo momentodall’atto dello scegliere, piuttosto che servire,volendolo, a questo o quello. Sceglie dunque,come un bene, la libertà, che spesso, al contrario,mette in secondo piano a vantaggio di altri beni.Dunque, non scegliamo necessariamente nessunbene, pur se necessariamente vogliamo il bene insé. Il moto dell’anima, poi, o non è libero innessun punto, o è libero là dove inizia. Esso inizianell’anima: bisogna dunque che, dove inizia, sialibero; se qualcosa è libero dove inizia, è libero diper sé. Chi potrebbe dubitare che il motodell’azione cominci, discendendo, nel punto nelquale, ascendendo, termina il movimento dellaricerca? Termina infatti nel dominio dell’anima,ossia quando dico che faccio una cosa a causa diun’altra, e l’altra a causa di un’altra ancora; unacerta cosa, perché la voglio; che la voglio, perchémi piace, e mi piace soprattutto volere ciò che mipiace.67 Aggiungo anche che, se per caso nonvolessi qualcosa, vorrei non volerla. SpessoPlatone chiama questo un muoversi di per sé,68

ovvero un agire per sé e liberamente. Di qui vuolerisulti che vive libero chi agisce liberamente, inmodo da non sottomettersi all’impulso di nessunsingolo bene o male; chi non perde mai se stesso enon è costretto dalla forza.69

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Paolo, nella Lettera ai Galati, dice: Voi onorate igiorni e i mesi e i tempi e gli anni. Temo diessermi affaticato invano per voi. Cristo: Nonspetta a voi conoscere i tempi o i momenti che ilPadre ha riservato in proprio potere.70 IlDeuteronomio: Invoco oggi il cielo e la terra cometestimoni del fatto che Egli ha stabilito per voi lavita e la morte, la benedizione e la maledizione.Scegli dunque di vivere in modo tale da vivere eamare il signore Dio tuo. Egli è infatti la tua vita ela lunghezza dei tuoi giorni.71 Geremia: Nonabbiate paura dei segni del cielo, che i Gentilitemono.72 Agostino su Giobbe: Costoro spendonodenari per vendersi a cose vane. Si recanodall’astrologo per procurarsi un padrone, quelloche all’astrologo piacerà dare loro, Saturno, Gioveo Mercurio. Entrano liberi ed escono schiavi, dopoaver, per di più, anche pagato. 73 Agostino nel Denatura daemonum dice che i demoni, grazieall’acutezza dei loro sensi, alla lunga durata dellaloro esperienza, alla rapidità dei loro movimenti,formulano predizioni che rendono ammirati gliuomini, nella loro terrestre lentezza. In virtù delleproprietà che la natura assegna ai corpi aerei, idemoni non si limitano a predire in gran numerogli eventi futuri, ma anche li producono; nellamaggior parte dei casi, infatti, preannunciano ciòche proprio loro stanno per fare. Spesso inoculanomorbi; rendono malsana, infettandola, l’aria;spingono ai malefici i perversi, certi,conoscendone i costumi, che a ciòacconsentiranno. Penetrano nei corpi degli uominie si mescolano ai loro pensieri suscitando visioniimmaginarie, sia durante la veglia che durante il

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sonno.74 A volte preannunciano non gli eventi cheessi stessi producono, ma quelli dei quali sannoche si realizzeranno, sulla base dei segni naturali,che i sensi degli uomini non possono percepire.Conoscono a perfezione anche le disposizioni degliuomini, poiché l’animo si esprime attraversoalcuni segni esteriori.75 Sulla Genesi ribadiscequesto punto dicendo: Bisogna ammettere chequando gli astrologi dicono cose vere, le dicono invirtù di un impulso occulto, che le menti umanesubiscono senza saperlo.76 Nel nono libro del Decivitate dice ancora: Nota che il demone puòrivelare il futuro e insegnare altre cose, nonperché fornisca una specie intelligibile, o unailluminazione, all’intelletto, ma perché compone edivide le immagini mentali, e su di esse proietta laluce del proprio intelletto agente, quasi attraversouna lucerna cui siano stati apposti i colori. Cosìattraverso le immagini illuminate spinge l’animaverso ciò che vuole mostrarle; ad essa, tuttavia,perché possa percepire, è necessario l’attomentale che va oltre le immagini e mette la speciein rapporto con l’intelletto.77

Tre specie di effettiCi sono degli effetti che nelle loro cause sono cosìdeterminati ad essere, da non poter non essere,né potersi realizzare in modo diverso, come quelliche provengono soltanto dai corpi celesti eriguardano essi soltanto, come il sorgere, iltramontare, le congiunzioni, le opposizioni deipianeti, ecc. Questi effetti possono essere previsti

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con certezza, quasi fossero già presenti nelle lorocause. Ci sono poi altri effetti, che non sono cosìdeterminati nelle loro cause da non potersirealizzare altrimenti, sebbene le loro causeinclinino più in una direzione che nell’altra. Sonodi questo tipo, in massimo grado, gli eventicontingenti. Tali sono gli effetti dei corpi inferiori,poiché, sebbene le cause naturali sianodeterminate verso un effetto unico, essi possonotuttavia, talvolta, essere impediti, come le piogge,le malattie e cose simili. A realizzare tali effetti ilcielo non è sufficiente; è invece necessario checon esso concorrano le disposizioni delle causeprossime e delle materie terrestri, nelle quali siverificano sia la contingenza che l’impedimento.Perciò quel tipo di eventi non può esserepreannunciato con certezza a partire soltantodalla considerazione del cielo; come dice Agostinonel De civitate Dei, dobbiamo riferire la lororagione d’essere alle cause prossime più che aquelle remote.78 Spesso, infatti, quando undeterminato segno preannuncia a qualcuno unamalattia, questi riesce a evitarla con l’eserciziofisico, o cambiando aria, o assumendo farmaci.Inversamente, quando il cielo annuncia buonasalute, è possibile ammalarsi per effetto dellapropria incontinenza. Lo stesso raggio di sole,infatti, prosciuga il fango e scioglie la cera,simultaneamente e nello stesso luogo; e scioglie lacera che gli è direttamente esposta, ma non quellache ad essa è vicina, o che è posta dietro un sasso.Da ciò appare chiaro che la disposizione dellamateria e la sua posizione contano moltissimo. Lacomplessione del singolo uomo deriva non solo dal

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cielo, ma anche dai genitori, dall’alimentazione,dall’esercizio fisico, dal luogo.

Gli effetti del terzo tipo sono quelli che nonhanno una causa determinata, ma si trovano aeguale distanza da ambedue le possibilità opposte,come gli atti della volontà. Questi effetti nonpossono essere individuati a partire dalla lorocausa, cioè la volontà, poiché da essa nonscaturiscono né l’uno né l’altro, se essa non sidetermina verso uno dei due. Bisognerebbedunque vedere se sia presente qualche cosa chedetermini la volontà, ad esempio il fatto che unacerta complessione sanguigna e un certo tipo diconsuetudine predispongano l’uno alla frivolezza,l’altro alla serietà. Svolgendo ipotesi di questogenere, è talvolta possibile prevedere l’effetto;non sempre però, poiché talvolta anche itemperamenti sanguigni scelgono comportamentiseri, e i temperamenti malinconici comportamentiludici; la forza della ragione, infatti, non essendolegata al corpo, spesso quando delibera segue lecongetture di cui si avvale la facoltà di decidere,piuttosto che l’istinto. Di certo il nostro corpo hadue motori: uno esterno, corporeo; l’altro interno,spirituale. Nell’ispirare l’azione, il motore internoha un’influenza più forte, sia perché è più vicino,sia perché è più nobile. L’anima dominerà dunqueil corpo, muovendolo in modo tale da poteraccogliere, o anche respingere, l’inclinazione chenel corpo è impressa dal cielo.

C’è anche un quarto tipo di effetto, relativoall’uomo, che gli astrologi si sforzano di predire;che cioè il tale diventerà re, oppure avrà unamoglie incontinente, oppure morirà avvelenato o

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si ammalerà, per il fatto che in una determinataora indossa vesti nuove. Effetti di questo tipo nonscaturiscono dalla complessione corporea, poichécapitano ad ogni complessione. Non scaturiscononemmeno dalla decisione, poiché spesso accadonoindipendentemente dalle intenzioni. Ma non sononemmeno gli elementi a produrli. In qual modo ilcielo, che è così remoto, ed è presenteuniversalmente a tutti gli esseri, potrebbe infattiprodurre quegli effetti, in assenza di una causaprossima e specifica? Perciò questi eventi sonofigli del caso o dell’occasione, ovvero dellaconvergenza fra molte e diverse cause. Ma poichéil concorso di tante cause non può essere inteso,essi non possono essere previsti con certezza. Èdunque ridicolo dire che con le vesti nuove siindossa un nuovo destino, come se le cause celestipotessero mutare le sorti del corpo e dell’anima inrapporto alle vesti.

Le stelle non producono gli atti degliuomini

Se i corpi celesti producono gli atti degli uomini,di certo, non essendo cause materiali, formali ofinali, saranno cause efficienti e naturali.79 Incontrario si argomenta così: la prima causa nonsottrae forza e capacità d’azione alla causaseguente, anzi le aumenta, come appare nel Liberde causis.80 Perciò, se sono le stelle a rendere ladrie omicidi, a maggior ragione lo sarebbe la primacausa. Ancora: ciò che segue non agisce su ciò cheprecede. Gli intelletti precedono i corpi, poiché

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per le loro operazioni, ossia l’intelligenza e ladecisione, sono più vicini a Dio. Perciò le stellenon agiscono sugli intelletti. Ancora: l’animagoverna le membra attraverso gli spiriti, non ilcontrario; allo stesso modo, Dio governa i corpiattraverso gli spiriti, non il contrario. Perciòl’anima domina gli astri, ovvero l’inclinazioneinsita nel corpo per effetto degli astri. Ancora:nell’ordine delle cause efficienti ciò che è causadelle cause è causa efficiente dell’effetto. Dunque,se il cielo causa i peccati, anche Dio li causa; maciò è falso, sia perché ciò che è bene in sé nonproduce il male, sia perché il peccato, essendo undifetto, ha una causa non efficiente, bensì,piuttosto, deficiente. Ancora: la causa tende aprodurre un effetto simile a se stessa. Il male è ilcontrario del bene. Dunque il cielo, nel quale nonè contenuto alcun male, come dice Avicenna,poiché non esiste il male al disopra della luna, nonè causa del male.81 Come potrebbe dunque il cielo,che è buono in massimo grado, in quantovicinissimo alla bontà stessa, generare il male,ossia il proprio contrario? Ancora: gli oggettiesterni all’anima sono buoni. Ma il bene non ècausa del male, se non per accidente. Perciò glioggetti esterni non sono causa del peccato, se nonper accidente. Ma ogni causa accidentale siriconduce a una causa in sé. Dunque c’è qualcosache è causa in sé del peccato. Tale causa non puòessere se non la volontà. Ma alla volontà, quandoinclina verso un oggetto, rimane la facoltà diinclinare anche verso il suo opposto, poiché ciò acui inclina non le toglie la propria natura, in virtùdella quale può trascorrere fra possibilità diverse.

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Ancora: il cielo non è la causa prossima deipeccati. Dunque esso non obbliga mai al peccato,che segue invece la contingenza delle causeprossime. Allo stesso modo: se volere il bene èsecondo natura, volere il male è contro natura.Non scaturisce, dunque, dal corso naturale degliastri. Dunque non è il cielo, per propria natura, afar sì che uno voglia per natura il male; ancheperché, essendo in sommo grado ordinato, nonpuò far sì che gli affetti degli uomini sianodisordinati. E poiché da esso sono assenti eccesso,difetto e contraddizione, non produce i vizi, che sigenerano nell’eccesso, nel difetto e nelladissonanza. Ancora: gli atti propri dell’uomo siriconducono alla ragione e alla volontà, come alleproprie cause. Perché dunque cerchiamo nel cielole cause dei nostri peccati e delle nostredisgrazie? Nulla di dannoso ci capita, senza chesia possibile trovarne presso di noi la causamanifesta e sufficiente, riguardi essa il corpo ol’anima. Se il cielo fa muovere il corpo, lo famuovere di un movimento vario, secondo la naturamutevole delle realtà inferiori. Se fa muoverel’anima, la muove secondo la natura della ragionee della volontà. Ma tale natura sta proprio nelcondursi ragionando e volendo, volontariamente.Dunque, in qualunque moto dell’anima, lacapacità naturale della ragione e della volontà,quella di trascorrere fra oggetti diversi, attraversocongetture diverse, si conserva sempre. Ancora: lacausa delle azioni umane non è il fato, poiché intal caso quelle azioni avverrebbero sempre tuttenell’identico modo. Non la natura, poichésarebbero determinate a un unico scopo, e se ne

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allontanerebbero solo assai raramente. Non ilcaso, poiché accadrebbero indipendentementedall’intenzione, e al di fuori dell’ordine. Perciò èl’arte stessa ad essere, nell’uomo, la causa degliatti che a lui sono propri.

La natura della ragione è tale che essa puòindifferentemente giungere a conclusioni opposte,a seconda di come adopera congetture opposte. Ilmoto naturale, invece, si indirizza con precisioneverso un termine stabilito. La volontà dunque, cheè compagna della ragione, non è trascinata adalcunché in modo necessario. Ancora: Dio crealiberamente e dal nulla; la natura invece agiscenecessariamente, e a partire da qualcosa. Bisognaporre un termine medio fra questi due estremi.Esso non può essere qualcosa che agisca pernecessità, né a partire dal nulla, poiché solo Dio faqualcosa dal nulla e agisce di un agire in massimogrado eccellente, cioè volontario. Infatti l’azione,che è sovrana al massimo grado, convienemassimamente al primo signore. Dunque iltermine medio è quello che agisce liberamente e apartire da qualche cosa. Se non fosse un agentevolontario, non sarebbe nulla affatto. Infatti, seesiste da qualche parte una libera signoria, essaesiste nella volontà. Non sarebbero infatti dovutipremi alla virtù e castighi ai vizi, se essi fosseronecessari; in questo caso, anzi, sarebbero vani iprecetti, gli ammonimenti e i rimproveri dellafilosofia e delle leggi. Nessun apporto potrebberorecare in nessun luogo l’alimentazione,l’educazione, la consuetudine, la preghiera, ladevozione. La volontà ha con il bene e il male lostesso rapporto che l’intelletto ha con il vero e il

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falso. Ancora: l’intelletto non è mai cosìavvinghiato al falso, da non potersi ricondurre alvero. Non gli manca mai, infatti, la capacitànaturale di farlo, purché si diano delle ragioni.Dunque la volontà non è mai così legata al male,da non potersi ricondurre al bene, soprattuttoquando si volga al male per l’energia del bene.

Gli astrologi ammettono che le coseumane non derivano necessariamente

dalle stelleTolomeo nel secondo capitolo del libroQuadripartito dice: Quando parliamo delle nativitàdegli uomini, sulla base del diverso convergeredelle forze celesti, vediamo verificarsi molti casiche di per sé comportano anche una varietà dieffetti. Le differenze dei semi e le qualità deimutamenti (cioè la diversità, o le variazioni, dellaqualità)82 contano molto. Per di più, il luogo dinascita modifica fortemente la situazione. Infatti,anche se i differenti semi appartengono alla stessaspecie (e agiscono nello stesso modo), e sonouguali le qualità dell’aria (e identiche quelledell’atto), agli individui toccano qualità specifiche,e largamente diverse, a seconda dellecaratteristiche delle regioni nelle quali nascono.Anche i diversi cibi, costumi e consuetudiniincrementeranno le loro variazioni individuali inmodo diverso da individuo a individuo. Nonbiasimiamo i medici, quando si informano sullecircostanze delle malattie e sulle qualità deimalati; allo stesso modo, non deve esserci molesto

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indagare le materie, le regioni, i cibi, e tutte lecircostanze accidentali che si sono verificate. 83

Quanto l’energia seminale influisca sull’effetto, simanifesta nel fatto che dal chicco di miglio nasceil miglio, e da quello di frumento il grano, inqualunque luogo e momento siano seminati,purché ciò sia fatto in modo opportuno. Lo stessoaccade per gli animali, il che mostra che la naturadelle cose è conseguenza delle specie e dellequalità dei semi, non degli astri.84 Qui Tolomeoammette apertamente che gli effetti dei corpicelesti sugli uomini possono essere ostacolatidalle cause inferiori, ossia la varietà dei semi, deiluoghi, dei cibi, delle consuetudini e via dicendo.

Lo dice di nuovo al capitolo terzo: Non bisognaritenere che le realtà superiori influiscanoinevitabilmente sugli eventi da loro significati,come quelli che scaturiscono da una disposizionedivina, e non sono in alcun modo evitabili, eaccadono in modo davvero necessario. Dobbiamoanzi sapere che l’azione dei corpi celesti avvieneper disposizione divina, e non è possibile le siaimpedito di realizzarsi. Ancora: dobbiamo sapereche attraverso un cammino naturale cresce lavarietà delle cose terrestri, che variano in modoaccidentale a partire dall’occasione fornita inpartenza dagli esseri superiori. In tutti gli eventi, icui inizi sono naturali, e nella natura di certepietre e piante, ascessi e malattie, che produconoeffetti in modo necessario, vediamo che alcune diesse operano solo in assenza di opposizione daparte di qualcosa di contrario: allo stesso modoconviene considerare le cose in questa scienza.Infatti, alcune malattie si possono curare, altre no.

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Così dunque anche l’astrologo, in rapporto a untema natale, dice che, data quella complessione,in presenza di un mutamento dell’aria, l’equilibriodella complessione si modificherà, aumentando odiminuendo, e ne seguirà una certa infermità. Allostesso modo, quando diciamo che il magneteattrarrà il ferro, intendiamo dire che magnete eferro, in assenza di ostacoli artificialmenteintrodotti, opereranno necessariamente in quelmodo, e procederanno secondo le caratteristicheche sono proprie, in partenza, della loro natura.Ma, se con la medicina si porrà rimedio allemalattie, e fra il magnete e il ferro si interporràun ostacolo, le malattie non progrediranno, e ilmagnete non attirerà il ferro, nonostante ciò fossestato predetto. Dunque, le cose che sono statepredette non verranno impedite se non da ciò cheè loro contrario, e al di fuori di ciò si realizzerannosecondo le stelle; poiché, se non sono frapposti icontrari, l’ordine impresso in partenza vieneseguito di necessità. Fin qui Tolomeo.85 Se dunquele operazioni naturali dei corpi non derivanonecessariamente dalle stelle, come Tolomeoconcede, ancor meno necessariamente seguono lestelle gli effetti volontari della ragione. Ancora:nel secondo libro sui giudizi, Tolomeo dice che gliuomini, a causa delle influenze particolari, nonseguono sempre le influenze generali, poiché inessi le prime prevalgono sulle seconde. Alcuniinfatti sono agricoltori a causa della bontà dei lorocampi; altri sono navigatori per la vicinanza delmare; altri sono ricchi per la fertilità del suolo.Allo stesso modo possiamo trovare in ogni regionele ragioni delle caratteristiche proprie

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dell’individuo.86

Abbiamo esposto i diversi casi, di cui si è detto,solo nelle linee generali, poiché nei singoli casi lecose possono andare diversamente. Questo diceTolomeo. Egli aveva peraltro già parlato deicostumi degli uomini, aggiungendo che non sononecessari, bensì contingenti. È chiaro, dunque,che gli astrologi non possono preannunciare concertezza gli atti umani. Albumasar, nella quintadifferenza del primo libro, approva l’opinione cheAristotele aveva accolto nel secondo libro dellaFisica e negli Analitici Primi: Nella sferasublunare esiste la dimensione della possibilità; lecose non avvengono tutte secondo necessità; ilpossibile si rapporta sia al necessario, siaall’impossibile.87 Viaggiare domani è possibile; unavolta che lo si sia fatto, diventa necessario. Quindiaggiunge: Bisogna concludere che il possibile èstato individuato. Esso si specifica peraltro in tretipi: naturalmente possibile, difficilmentepossibile, egualmente possibile. È naturalmentepossibile attendersi la pioggia dal cielo coperto dinuvole, poiché è più probabile che ne venga lapioggia che non il contrario. È difficilmentepossibile conseguire un regno se si è cittadinicomuni e poveri, e in questo caso non diventare reè più probabile che non il contrario. È possibile inmisura eguale ciò che è oggetto di deliberazione,allo stesso modo nel quale la donna gravida speraegualmente di partorire un maschio o unafemmina. Fra le possibilità, alcune si verificano,nei corpi, in rapporto alla ricezione di un principioe al suo contrario, come l’acqua che prima èfredda, e può riscaldarsi in misura maggiore o

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minore, e poi raffreddarsi. Alcuni dei possibili sirealizzano attraverso la deliberazione e la sceltadi una possibilità al posto di un’altra. Così fal’uomo sano, poiché può riflettere se alzarsi o no,parlare o no, e poi scegliere una delle duepossibilità e fare ciò cui è nel suo animo piùpronto, in rapporto alla forza della riflessione cheha sviluppata su di esso e alla scelta di una delledue possibilità. Aggiunge poi: La scelta che sirealizza attraverso la deliberazione è migliore diogni altra, perché scaturisce precisamentedall’anima razionale; invece le operazioni deglialtri animali avvengono per natura, poiché essinon possiedono l’anima razionale. A ciò miraquanto dice Tolomeo nell’Almagesto: che cioèl’uomo saggio dominerà le stelle.88 Nel Centiloquiodice di nuovo: I giudizi che ti consegno sicollocano fra il necessario e il possibile. E Haly nelcommento al Centiloquio dice: L’anima del medicosaggio dominerà gli astri.89 Platone nel decimolibro della Repubblica dice che la virtù è sottrattaal fato e la nostra sorte dipende dalla nostrascelta.90 Aristotele nei libri di etica poneapertamente in noi un arbitrio mille volte libero, eanche negli Analitici Primi, e nel secondo librodella Fisica distingue l’ente in necessario,possibile, impossibile.91 E di nuovo distingueall’interno del possibile, ossia del contingente, ciòche avviene di rado – come il fatto che un uomoabbia sei dita in una mano, o che luglio sia freddo– da ciò che avviene di solito, ossia le disposizioninaturali, come il caldo in luglio, ecc. Infine,relativamente a ciò che può realizzarsiegualmente in un senso o nell’altro, distingue ciò

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che nasce dal proposito e dalla volontà. Le coseche accadono sulla base della volontà non sonodunque necessarie e determinate, ma libere eincondizionate. Gli enti celesti non ci costringononé al bene né al male, poiché sono sommamentebuoni, che li si consideri come globi, o comemotori.92

Le stelle sono animateAlbumasar nel primo libro dice: Il Filosofo affermache i pianeti sono animati da un’anima razionale.Attraverso l’anima razionale e vitale essisegnalano di essere animati, e attraverso i loromoti naturali segnalano la concordia dell’animarazionale e vitale con il corpo. Non sono tuttaviaprivi della facoltà di scegliere, poiché sono liberida impedimenti.93 Anche Zahel dice che, quandoun pianeta ne riceve un altro nel proprio domicilioo esaltazione, lo riceve di buon animo.94 Se l’animadelle stelle è di livello inferiore a quello dell’animaumana, non la costringe. Se è allo stesso livello,non la supera. Se è al disopra, è anche migliore dilei. Dunque non la spinge al male. Nota cheGirolamo sull’Ecclesiaste dice: Sia maledetto chidica che le stelle sono animate.95 Se non sonoanimate, non agiscono sull’anima indipendente dalcorpo, poiché essa è superiore, sotto ogni punto divista. Se fossero animate, mosse certo daun’anima migliore della nostra, ci spingerebberoalle scelte migliori, mai a quelle cattive.

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L’astrologia non è scienzaSi ha scienza solo di effetti certi e determinati. MaAristotele nel secondo capitolo del Deinterpretatione dice: Non c’è verità determinatanei futuri contingenti.96 Ancora: Gli autori diastrologia nei loro giudizi non forniscono ragioni,ma solo esempi del tutto estranei e ridicoli.Ancora: Ogni scienza muove da alcuni princìpi, diper sé noti. Ma i princìpi dei giudizi astrologicinon sono tali. Perciò in essi non vi è scienza. Abuon diritto, poiché la scienza riguarda realtàdeterminate, universali e perenni. I loro giudizi,invece, riguardano eventi che possono realizzarsinell’una o nell’altra direzione, che non sonodeterminati a partire dalle proprie cause, e nonsono né perenni né universali. Ancora: Attraversoun termine medio necessario non si può conoscerequalcosa di contingente, poiché se il medio ènecessario, la conclusione è necessaria. Ma iltermine medio in virtù del quale gli astrologifanno professione di conoscere il futuro, cioè ladisposizione degli astri, è necessario, poiché ènecessario che in un preciso momento vi sia unaprecisa disposizione dei pianeti. Perciò attraversodi esso gli astrologi non possono conoscere glieffetti contingenti, che variano secondo levariazioni della volontà e della deliberazione.Come potrebbe infine l’astrologo sapere ciò che ilcielo farà domani e dopo dieci anni, quando eglistesso non sa che cosa farà oggi?

I predicatori non vengono da Mercurio

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Dicono che l’attuale abbondanza dei predicatori èfrutto di Mercurio. Mercurio regna forse più oggi,quando vi è tanta abbondanza di predicatori edemagoghi, di quanto non abbia mai regnato inpassato? Mercurio non ha oggi una disposizionediversa da quella che ha spesso avuto altre volte,tuttavia non si è mai detto che in altri tempi abbiaprodotto una così grande quantità di demagoghi.

La profezia non viene da MercurioDicono che la profezia viene da Mercurio. Alcontrario, quel tipo di profezia, che è naturale, siforma nella parte immaginativa dell’anima,quando le entità celesti producono movimenti, neiquali si manifestano in anticipo i segni degli eventifuturi, ma solo di quelli che hanno delle causedeterminate in natura. Di questo tipo di profeziatratta Avicenna nel sesto libro dei Naturalia.97 Inverità la profezia, che è dono di spirito e disapere, si riferisce a qualsivoglia evento futuro,anche non determinato in natura, e anche di tiposoprannaturale. Ancora: I peccati contro naturanon possono derivare dal moto perfettamentenaturale dei cieli, che è opera di Dio, equilibratoredi tutte le nature, e l’intemperanza del vizio nonpuò derivare dalla natura e dal movimentoequilibratissimo del cielo. Ancora: L’arteficesapientissimo non compie nessuna azione chepossa diminuire la sua dignità; invece gli idolatri egli empi compiono molte azioni che diminuisconoDio. Perciò Dio, creatore e reggitore delle stelle,non potrebbe spingere nessuno all’idolatria e

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all’empietà, attraverso il moto delle stelle. Dioinfatti resta costante e non può negare se stesso,come dice Paolo a Timoteo.98 Negherebbe sestesso, se, attraverso il moto dei cieli, spingessenoi a negarlo. Ancora: Se un determinato temanatale costringesse gli uomini all’idolatria, ancoroggi ne costringerebbe molti ad essa. E se non lofa dopo la nascita di Cristo, non li costringevanemmeno prima di essa.

Dicono che, poiché il toro e il leone hanno unadeterminata energia, chi nasce sotto questi segniriceve in sorte una natura simile. Ma questianimali sono falsamente raffigurati in cielo, né lanatura delle stelle è simile a quella degli animaliterrestri. Isidoro dice che i Gentili, che prestavanoadorazione ai loro prìncipi, li adulavanoattribuendo alle stelle i loro nomi e le loro gesta.Pongono l’Ariete come primo segno a causa diGiove Ammone, sul cui capo raffigurano le comadell’ariete. E come l’animale ariete giace per metàdell’anno su di un lato, e per l’altra metàsull’altro, allo stesso modo il Sole, quando si trovain questo segno, divide il giorno in due partieguali. Chiamano Toro il segno successivo, perchéallora la terra può essere arata ed è adatta allacoltivazione. Collocano il Toro fra le stelle ancorain onore di Giove, che si trasformò favolosamentein bue quando rapì Europa. Posero fra le stelleanche Castore e Polluce, che chiamano Gemelli.Dicono che di questi due l’uno è in cielo, l’altroagli inferi, perché una parte di questa stella ènell’emisfero superiore, l’altra nell’emisferoinferiore. Il segno viene detto dei Gemelli (Gemini) anche perché in quel mese tutto comincia a

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germinare e a congiungersi.99 Discorrono anchedel Cancro, perché a partire di lì il Sole quasiretrograda, e inizia a discendere. Parlano delLeone, perché lì il Sole è assai caldo. Ercoleuccise in Grecia un grande leone ed essi lo poserofra i segni. Collocarono il segno della Vergine inquel punto fra gli astri, per il fatto che allora laterra, bruciata dalla fiamma del Sole, non producenulla. Coniarono il nome della Bilancia a partiredalla eguaglianza, in quel mese, del giorno e dellanotte, poiché in quel segno il Sole è all’equinozio.Parlarono di Scorpione, perché allora l’ariacomincia a pungere, e di Sagittario, a causa delfreddo e del vento di quel mese. Si raffigurarono ilCapricorno, perché di lì il Sole come una capraricomincia a salire, e anche a causa della capra,nutrice di Giove. Formarono la parte posterioredel suo corpo con l’immagine di un pesce, in mododa designare le piogge di quella stagione. Ma lichiamarono Aquario e Pesci dai temporali, poichéè allora che si producono le più grandi piogge.Sono detti Pesci, inoltre, perché allora vengonomassimamente generati i pesci, che sono eccitatiin massimo grado al coito. Aggiunsero infine allestelle anche un’aquila e un cigno, a causa dellefavole di Giove, poiché fu un’ aquila a fornire learmi a Giove nella guerra contro i Giganti.Credettero che Perseo e la moglie fossero rapiti incielo. Allo stesso modo collocarono fra gli astri ilcentauro Chirone, perché aveva allevato Achille.Così la lira è collocata in cielo in ragione diMercurio, poiché fu fabbricata da lui. CosìCallisto, figlia di Licaone, stuprata da Giove etramutata in orsa da Giunone, fu poi donata al

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cielo dai poeti. Fu aggiunto in cielo anche Orioneil cacciatore. Poiché dunque dicono che il toro e illeone sono stati trasportati in cielo in onore diGiove e di Ercole, perciò stesso è ridicolo e falsoattribuire agli uomini che nascono sotto il Toro o ilLeone la natura di questi animali.100

Gli astrologi sono in reciproco dissensoDissentono sulla natura e i termini dei pianeti, leesaltazioni e l’hyleg. Albumasar dice che Tolomeoè rozzo, perché ha stabilito ragioni false esciocche riguardo alla natura e alle proprietà deipianeti.101 Anche Albius102 rimprovera Tolomeo cheha definito umida la Luna per il fatto che,trovandosi vicina alla Terra, ne riceve i vapori.Mostra che ciò è falso, sia perché i vapori nonsalgono così in alto, sia perché la naturasempiterna non recepisce commistioni che lacontaminino con le realtà inferiori. Lo confutaegualmente per aver detto che Marte è caldo esecco, per il fatto che il calore del Sole gli èrivolto da vicino. Mostra che ciò è falso, poiché ilSole non riscalda se non attraverso la riflessionedei raggi, e se riscaldasse i pianeti, essi sarebberoda gran tempo combusti. Albius passa poi inrassegna le singole affermazioni di Tolomeo sullanatura dei pianeti, e lo redarguisce. Aggiunge chetutti gli astrologi hanno errato su questo punto,per aver paragonato la natura dei pianeti a quelladei quattro elementi e dei corpi composti. Devipensare che dicono Marte focoso e collerico, acausa del suo colore acceso, e giudicano la Luna

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fredda e umida, a causa del suo pallore un po’oscuro. Il che è puerile, sia perché le qualitàproprie degli elementi terrestri non sono presentinel cielo,103 sia perché vi sono molte cose che, purarmonizzando nel colore, differiscono nellequalità, come la neve e la calce, che sonoambedue bianche, ma fredda la prima, caldainvece la seconda. Tolomeo peraltro dice che glialtri autori sbagliano sui termini dei pianeti. Iltermine egizio, dice, si ricava soprattutto daisignori delle case; quello caldeo dai signori delletriplicità. Confuta poi questo punto in modoprolisso. Aggiunge quindi: Ho trovato i termini inun libro senza titolo, molto rovinato; ma la parteriguardante i termini era intatta, proprio in fondoal libro.104 Ma Albius, contro Tolomeo, dice che itermini degli Egizi erano più validi di quelli diTolomeo e di altri. Gli astrologi dissentono fra loroanche riguardo all’esaltazione 105 dei pianeti.Alcabizio106 vuole che il Sole sia esaltato neldecimo grado dell’Ariete, la Luna nel terzo delToro, ecc. Tolomeo invece dice che tutto l’Ariete èesaltazione del Sole, tutto il Toro della Luna,ecc.107 Alcabizio dice che i pianeti possiedono pernatura alcune importanti proprietà: domicilio,esaltazione, triplicità, aspetto, termine.108 Ma sequeste proprietà sono insite nei pianeti pernatura, e, ignorata la loro natura, se ne ignoranogli effetti, ne consegue che gli astrologi nonpossano esprimere giudizi sulla base di regoleintorno alle quali vi è tanta discordanza. Doroteopensa che la Luna, quando è in nona casa, nonpossa fungere da hyleg, poiché è in posizionecritica; Tolomeo al contrario dice che la Luna in

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nona può essere hyleg.109 Dicono peraltro chetener conto dell’hyleg è necessario per giudicaredella vitalità.110

Alcuni astrologi dicono che i pianeti nonagiscono su tutto

Albumasar nel libro sui giudizi dice che alcuniastrologi ritengono i pianeti indicatori soltantodelle realtà generali, come gli elementi e lespecie, ma privi di significato riguardo agliindividui, alle loro parti e alle loro azioni, comeandare, stare, ecc. Dice anche che gli uni voglionoche le stelle indichino solo ciò che si verificanecessariamente – che il fuoco sia caldo, ecc. –, enon ciò che è possibile – ad esempio, che un uomoscriva – ; gli altri ritengono che i pianeti sianosegni solo dei mutamenti del tempo e di ciò che invirtù di essi avviene ai corpi.111 Tolomeo nel librosui giudizi suggerisce che i giudizi contengonoqualcosa di vero. Dice infatti che, sebbene nellamaggior parte dei casi i pronostici ci ingannino,potrebbe tuttavia essere conveniente investigaresottilmente queste cose, poiché in essi vi èqualcosa di vero. 112

Gli astrologi non assegnano le causeDice Albumasar nel libro sui giudizi: Tutti gliastrologi hanno seguito gli antichi; ma nessunaaffermazione degli antichi era stata fatta a questoscopo; e dicevano che era impossibile a quanti

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sono in possesso dell’arte scoprire alcunché discientifico grazie ad essa.113 Con ciò ammette chele cause cui riportare i giudizi non erano ancorastate individuate. Tuttavia Albumasar visse moltodopo la nascita di Cristo. Egli stesso nel giudicarenon indica ragioni, ma solo puerili somiglianze.114

Dice ad esempio che un segno zodiacale significauna cosa in una regione, un’altra in un’altra; unariguardo ai nobili, un’altra riguardo alla gentedappoco; governa ora queste ora quelle membradel corpo. Di tutto ciò, peraltro, non assegnaalcuna ragione. Chiediamogli perché un segnoproduce cose diverse nell’una e nell’altra regione.O ciò avviene perché passa sullo zenith delle testedi quanti vi abitano, o per qualche altra proprietàsimile. Non per il primo motivo: perché, se fossecosì, il Cancro non significherebbe nulla inEuropa, che si trova tutta al di là del Tropico delCancro, verso nord. Non per il secondo motivo.Infatti la Vergine è un segno freddo e secco, manonostante ciò è preposto alla Spagna e allaPersia, che sono regioni calde. Ancora: la Bilanciagoverna le regioni dei Romani e la parte superioredell’Egitto, fino ai confini dell’Etiopia. Ma qualerelazione hanno con gli Egizi i Romani, che sono acosì grande distanza, soprattutto rispettoall’Etiopia? Il Capricorno governa l’Etiopia e iconfini dei Romani e i luoghi dei cani, delle volpi edei lupi. Quale rapporto c’è fra queste cose?Nessuno. L’Aquario governa i luoghi dove si vendeil vino. Se dunque quelli che un tempo vendevanoil vino qui, trasferitisi altrove, lo vendessero dovenon ve ne era l’abitudine, l’Aquario perderebbe ildominio del primo luogo e conseguirebbe quello

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del secondo. Dunque la volontà e l’azione degliuomini danno e tolgono all’Aquario significato eforza? Albumasar dice che la costellazione deiGemelli è il segno zodiacale dei nobili; Vergine,Bilancia e Sagittario di quelli di media condizione;l’Aquario dei plebei. Al contrario, è solo attraversoi loro moti che le stelle operano, e ciascuna simuove dello stesso moto sopra nobili e plebei.115

Ognuna significa dunque un singolo tipo dipersone. Ancora: poiché Gemelli e Aquarioconvengono nella stessa triplicità, come può ilprimo essere il segno zodiacale dei nobili, l’altroquello dei plebei?

Procedono senza ordineDicono che l’Ariete governa il capo; il Toro il collo;lo Scorpione il pube, i genitali e la caligine degliocchi; il Sagittario la calvizie.116 Al contrario, se ildeterminarsi del significato procede secondol’ordine dei segni e delle parti del corpo, perchésaltano dai genitali alla calvizie, e dai testicoli allacaligine degli occhi? Ancora: essendo lo Scorpioneun segno freddo, non può indicare membra caldeo operazioni che si attuino con il calore. Diconoancora che lo Scorpione significa ogni luogofetido, quasi in cielo ci fosse davveroquell’animale. Aggiungono che significa pulizia,due cose che non possono stare insieme. È certostupefacente che nelle affermazioni e nei giudizidi Tolomeo e degli altri non sia possibile trovarenessuna individuazione delle cause. Alcabizio diceche il Sole in Ariete governa i femori, in Toro le

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ginocchia, mentre Venere governa il capo; allostesso modo in Gemelli Giove governa i genitali, ilSole gli stinchi, Venere il collo; il Sole in Aquariogoverna i genitali, e nei Pesci i femori.117 Ma cosac’è di più assurdo che assegnare il Sole, la stellapiù potente di tutte, al femore, ai genitali e alleginocchia, e collegare invece alla testa e al colloVenere, alla quale invece si dovrebbero attribuirei genitali, poiché a giudizio degli astrologi essaindica il coito? Giove per loro indica la fama futurae la pietà; ma con straordinaria stoltezza gliassegnano il ventre e i genitali. Alcabizio dice cheSaturno è indicatore di grande voracità e di veraamicizia, e se si congiunge al Sole indica lalavorazione della pelle e il culto di un solo Dio.118

Vedi in che maniera disarmonica saltadall’eccesso di cibo all’affetto, e dal cuoio allavenerazione di un solo Dio.

Dicono che Giove e Saturno si aminoreciprocamente, e contemporaneamenteaffermano che Giove è benefico, Saturno malefico.In che senso dunque sono amici? Albumasar diceche Mercurio indica i piaceri superflui, gli oracoliprofetici, la sapienza, la bontà dell’educazione, ibarbieri.119 Potrebbe esserci qualcosa di piùpuerile? Il lusso è in grande dissonanza con lapietà, la dottrina con il pettine. Dice poi che Gioveindica la fedeltà, il timor di Dio e l’abbondanza deirapporti sessuali. Nulla è più dissonante di questeindicazioni. Albumasar dice che la testa del dragoè buona fortuna, poiché in essa la Luna inizia asalire, quasi l’ascensione della Luna sia la nostraascensione.120 Ancora: i pianeti possono anchescendere nella testa e salire nella coda.

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Albumasar si contraddice. Avendo ammesso che lacoda è malefica, concede poi che, congiunta aimalefici, possa diminuire il male. La natura alcontrario insegna che qualcosa di malvagio,aggiunto a un male, ne aumenta la malignità. Latesta del drago è un’invenzione; sia la testa che lacoda non sono altro che punti immaginari. Sipensa infatti che la testa sia una lineaimmaginaria, tracciata nella mente dell’uomodallo spostamento della Luna dal sud al nord, ciòche può avvenire in qualsivoglia grado delloZodiaco. Infatti Alfragano dice che la Luna tagliail cerchio dei segni ogni 18 anni, 7 mesi, 16 giornie mezzo.121 Allo stesso modo si comporta la coda, edove ora c’è la testa, nello stesso punto prima opoi ci sarà la coda. Perché dunque si consideramalefica la coda, a differenza della testa? Qualeazione potrebbe svolgere quella lineaimmaginaria, quando la Luna se ne siaallontanata? Dicono che la testa è calda emaschile, la coda fredda e femminile. Al contrario,la regione settentrionale è più fredda di quellameridionale. Perciò la testa, nella quale la Lunadeclina verso nord, deve essere più fredda checalda; il contrario per la coda.122

InterrogazioniMessalac, dove tratta delle interrogazioni, vieta dirispondere a chi interroga, se non quandointerroga con grande ansietà e su questioniestremamente necessarie.123 Anche Zahel dice:Quando vieni interrogato da qualcuno, considera

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se lo fa per gioco oppure con serietà esollecitudine. Non rispondere a chi scherza o ponequestioni alla leggera, ma solo a chi attendeansiosamente e ha grandemente a cuore la cosa,poiché la risposta riesce tanto meglio, quantomaggiore è la sollecitudine di chi interroga.124 Daquesti passi appare chiaro che essi stessiammettono che il consultante può rivolgere larichiesta per decisione propria, e non perchéspinto dal cielo. Il beato Ambrogio nell’Examerondice: La sapienza degli astrologi assomiglia allatela del ragno, dalla quale la zanzara e la mosca,che vi siano cadute, non riescono a liberarsi. Mase è un animale più robusto a cadere, il fragiletessuto si lacera. Tali sono le reti dei Caldei.Perciò voi che siete più forti, quando vedrete degliastrologi, dite: intessono tele di ragno.125

Con quanta leggerezza stabiliscano leragioni delle dodici case

Zahel dice che la casa dell’Ascendente significa lavita del nativo e il principio dell’interrogazione,poiché, come questo segno sale dal disotto aldisopra dell’orizzonte,126 dalle tenebre alla luce,così il neonato sale alla luce dalle tenebre delventre materno. Inversamente, come l’Ascendentesale dalle tenebre alla luce, così la settima casadiscende dalla luce verso le tenebre. Perciò,secondo la regola degli opposti, come quella è lacasa della vita, questa sarà la casa della morte, ciòche essi non ammettono.127 Ancora: altro ècostruire una similitudine, altro assegnare una

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ragione. Infatti non tutte le somiglianze sonocausa di una cosa. Come se dicessimo: il cavalloha quattro zampe, e l’asino ne ha similmentequattro, perciò il cavallo designa l’asino in modotale da agire in qualche modo su di lui. Ancora: èsbagliato trarre la seguente conclusione: il leonesi accorda col cervo in ciò, che tutti e due sonoanimali; perciò il leone significa il cervo, ovveroagisce in qualche modo su di lui. È egualmentesbagliata la conclusione, che sopra abbiamoriportata, tratta da Zahel relativamente al nativo,sulla base di quella similitudine con l’Ascendente.Ancora: l’Ascendente potrebbe per la medesimaragione significare l’uscita dell’uomo dalletenebre del carcere, nel quale sia stato inprecedenza rinchiuso: ma gli astrologi questo nonlo concedono. Pensano infatti che ciò siasignificato dalla quarta casa. Ancora: il bambinovive, prima di nascere, a partire dal momento incui gli viene infusa l’anima. Dunque l’Ascendentenon indica la vita sulla base dell’ora di nascita, madi quella dell’infusione dell’anima, in virtù dellaquale si comincia a vivere. Ma questo momentonon lo ricercano, né è possibile determinarlo;dunque nemmeno l’altro può esseredeterminato.128

Contro la forza della posizione deipianeti

Tolomeo nel secondo libro dei giudizi dice:Quando i pianeti sono nel Medium Coeli o salgonoverso di esso, sono fortissimi; perdono

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progressivamente la forza, quanto più se neallontanano. 129 Ne consegue che l’Ascendente èdebolissimo, essendo alla massima distanza dalMedium Coeli fra i punti che si trovano al disopradell’orizzonte. Zahel dice il contrario, ossia chel’Ascendente è il punto più potente di tutti, e ilpianeta che si trova in esso è il più forte di tutti.130

Inoltre, la stella produce effetti sulle realtàinferiori attraverso il movimento e nell’intervallodi tempo per il quale agisce sulla Terra. Ma ladodicesima casa, cioè il dodicesimo segno, indugiasopra l’orizzonte per un intervallo di tempo piùesteso di quello del punto ascendente; saràdunque più efficace dell’Ascendente, mentre essiaffermano il contrario. Ancora: non si passa da unestremo all’altro, se non attraverso un terminemedio. Dunque, per quale ragione il segno chequando è ascendente è fortissimo,improvvisamente diventa debolissimo, quandodiventa dodicesima casa? Ancora: ciò che più distadal bene e maggiormente gli si oppone, diventapeggiore. La settima casa è oppostaall’Ascendente, ossia al punto più importante; saràdunque pessima: ma ciò non lo concedono. Indicainfatti le nozze, che sono qualcosa di buono.

Assegnano male i domicili ai pianetiAncora: assegnano la prima casa a Saturno,perché Saturno è il pianeta più esterno e hasignificato in relazione alle tenebre e all’assenza.Al contrario, proprio in virtù della sua lontananza,conveniva a Saturno il Medium Coeli, piuttosto

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dell’Ascendente, a causa delle tenebre edell’assenza. Gli convenivano di più i segni sottol’orizzonte. Ancora: l’Ascendente è la casa dellavita, l’ottava è la casa della morte, e tuttaviapresso gli astrologi Saturno significa l’una el’altra. Dicono che questa assimilazione avvieneperché l’Ascendente è il primo segno e Saturno ilprimo dei pianeti. Ma allora perché si attribuiscea Saturno anche l’ottava casa? Diranno che èperché, dopo le prime sette case, si ricomincia laserie dal primo pianeta. Si chieda loro perché nonattribuiscono alla Luna e a Mercurio, i cui effettisu di noi si manifestano con la massima forza dopoquelli del Sole, due segni ciascuno, come agli altripianeti. Di qui appare chiaro che distribuzioni diquesto tipo non sono altro che finzioni.131

Ancora: dicono che Giove indica i mezzi disussistenza, e che la seconda è la casa dei mezzidi sussistenza; alla sopravvivenza del neonatocontribuiscono il cibo e i mezzi di sussistenza, eGiove è secondo a partire da Saturno. Alcontrario, si è detto sopra che la parte inferioredel cielo significa le tenebre del ventre,l’Ascendente invece il principio della vita. Dunqueil nutrimento del fanciullo, che si realizza unavolta che egli è venuto alla luce, non èadeguatamente designato da un segno che sitrova sotto l’orizzonte. Dicono che, poiché il Solesi congiunge ogni mese alla Luna, è l’unione fral’uomo e la donna a essere indicata da quellacongiunzione. Ma la Luna si congiunge ogni meseanche con tutti gli altri pianeti; ognuna di questecongiunzioni dovrebbe dunque significare lastessa cosa. Ancora: chiamano «casa dei nemici»

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la dodicesima, poiché è lontanissimadall’Ascendente. Al contrario, la casa dodicesimaè di per se stessa vicinissima all’Ascendente,sebbene venga come dodicesima a piacere di chiconta. Non è dunque la casa dei nemici, poichénon ne è distante. Albumasar dice che moltiastrologi pensarono che fossero queste le ragionidella distribuzione delle case, e che alcunisostennero che le ragioni fossero non queste, maaltre. Da ciò vediamo quanto superficiali ereciprocamente discordanti siano nello stabilire leragioni.132

Contro la divisione del cielo in 12 segnie 360 gradi

Albumasar nel secondo libro dei giudizi dice: Laragione per la quale i segni sono dodici è che isegni significano i quattro elementi e le loro trecondizioni, ossia il principio, la metà, la fine; e treper quattro fa dodici.133 Ma allo stesso modo potreidire: perché gli elementi sono quattro e le funzionidell’anima sono tre, vegetativa, sensitiva,razionale; oppure: quattro le qualità deglielementi e cinque i sensi degli animali, cose tuttein rapporto alle quali essi sostengono che le stelleabbiano significato. Se tuttavia sommi quattro etre, ottieni sette; se sommi quattro e cinque, nove.Se moltiplicherai tre per cinque, otterrai quindici;se quattro per cinque, venti. Dunque, quellamotivazione è vana. Ancora: poiché in quelladivisione Albumasar non menziona se nonelementi, mostra sufficientemente che i segni non

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hanno alcun potere sull’anima, ma solo sullerealtà composte dagli elementi.134 Assegna peraltrola causa per la quale divisero lo Zodiaco in 360gradi: perché in questo numero è compresa latotalità delle parti, cioè la metà, un terzo, unquarto, un quinto, un sesto, un settimo, un ottavo,un nono, un decimo. Al contrario, se si dividesseper 27 gradi, si avranno le stesse parti che sihanno ora. Dunque la suddetta divisione dei segnie dei gradi è stata inventata a piacere.

Contro le qualità dei pianeti e dei segniZahel e Albumasar dicono che sei segni sonomaschili, e sei femminili. Se si chiede loro perché iprimi siano maschili e i secondi femminili,rispondono che i primi sono caldi, i secondi freddi.Questa risposta richiede un’altra ragione per laquale gli uni siano caldi, gli altri freddi. Certo nonlo sono quanto alla qualità, né quanto all’energia,secondo l’ordine nel quale sono distribuiti. In quelmodo infatti il Cancro è freddo, pur se, quando ilSole lo percorre, si avverte l’afa; mentre ilSagittario è caldo, pur se, quando il Sole lopercorre, tutto si indurisce per il gelo.135

Confutazione degli aspettiPongono cinque aspetti: congiunzione, sestile,quadrato, trigono, opposizione. Tolomeo ne spiegala ragione così: Dai dodici segni può risultare unafigura con sei angoli, e l’aspetto di un angolo saràsestile all’altro, cioè conterrà la sesta parte della

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figura. Si può anche descrivere una figura conquattro, e una con tre angoli. Nell’una sorgeràl’aspetto quadrato, nell’altra il trigono. Non puòinvece risultare una figura con cinque angoli datutti e dodici i segni.136 Al contrario, nello Zodiacoci sono 360 gradi, che divisi in cinque parti fannouna figura con cinque angoli; un angolo guarderàdunque l’altro angolo, così come avviene neltrigono e nel quadrato. Si può allora prendere inconsiderazione un aspetto pentagono. Ancora: da360 gradi può risultare una figura di otto o nove odieci angoli, e si avranno così un aspetto ottavo,nono e decimo. Dunque gli aspetti sono solocinque esclusivamente per finzione umana.Ancora: non si dice che un segno guarda un altrosegno, o un pianeta un altro pianeta, se nonperché una stella getta i suoi raggi su di un’altra.Ma qualunque stella getta raggi su qualunquealtra stella. Perciò ogni stella, dovunque sia,guarda ogni altra stella, e con questa visione deiraggi raggiunge e vede più quella vicina chequella lontana, come è manifesto nel caso dellecandele accese.137 Ma il dodicesimo e il secondosegno sono più vicini all’Ascendente del terzo odel quarto, dunque si guardano di più. Ancora, èpuerile a dirsi: questo è l’aspetto della concordia,questo quello della discordia. Quale male odissonanza, infatti, vi è nel cielo? Anzi, se per loroun pianeta è maligno, non ne guarderà mai unaltro con benignità; se invece è benigno, nonguarderà nessun’altro con malvagità. La posizionedel pianeta non può modificarne la natura.

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Confutazione dei significati dei pianetiAlbumasar dice che Saturno è secco, e tuttavia èsignificatore delle acque, ciò che ècontraddittorio.138 Ancora: dice che indica le cosepassate, perché è lento. Al contrario, sebbenesembri compiere la propria rivoluzione piùlentamente, tuttavia, se si considera la sua orbita,più ampia di quella degli altri pianeti, appare nonlento, ma veloce. Ancora: dicono che Saturno èfreddo e tuttavia è maschile, mentre in altri luoghiaffermano che il calore appartiene al maschio,affermazioni che si contraddiconoreciprocamente. Ancora: dicono che le forze e leopere dell’anima razionale spettano a Mercurio.Ma, essendo questo l’effetto migliore di tutti,perché non pongono Mercurio come il migliore e ilpiù elevato dei pianeti, e gli assegnano invecenatura mista, e vogliono che unito ai maleficirisulti malvagio e sfortunato? Ancora: prendono ilprimo dei giorni della settimana dal Sole.139 Perchénon da Saturno, primo dei pianeti, dal quale fannoiniziare la prima casa nel grafico, e il primo mesea partire dal concepimento? Manca poi del tuttol’ordine fra i nomi dei giorni. Gli antichi lidenominarono dai loro dèi antropomorfi, inqualunque modo la sorte glieli avesse dati. Perchédunque gli astrologi assegnano i giorni ai pianeti,alle stesse condizioni alle quali il volgo li assegnaai falsi dèi? In ciò non vi è né logica né scienza. Èpuerile anche ciò che dicono,140 che il pianetaretrogrado significhi disobbedienza e spirito dicontraddizione. Per contro, allorché un pianeta,nella parte inferiore del proprio epiciclo, piega

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verso occidente, viaggia in modo altrettantonaturale, quanto naturalmente si sposta, allorchénella parte superiore dell’epiciclo corre versooriente. Perché dunque indica una natura inettanell’uno, piuttosto che nell’altro, dei due percorsi?Forse quando il pianeta retrograda, retrogradanoanche le cose che sono presso di noi? Tutto ciò èmetafora poetica, non ragionamento né scienza.Infine, perché dicono questo pianeta buono,quell’altro cattivo, pur se in cielo non vi è nulla dicattivo? Forse, come fanno i bambini, diconobuono quello che sembra sorridere con maggioreamabilità.

Contro i domicili e le esaltazioni deipianeti

Riferiscono che Marte è igneo e l’Ariete è unsegno di fuoco e domicilio di Marte; Marte è inesilio nella Bilancia, che è opposta all’Ariete;anche lo Scorpione è domicilio di Marte. Ma comepuò lo Scorpione, segno d’acqua, essere domiciliodel focoso Marte? Forse perché ambedue sonomalvagi? No, poiché né l’uno né l’altro lo sono.Vanamente dicono che questo segno sia maligno,in analogia con il velenoso scorpione. Non c’èinfatti fra loro in alcun modo tale somiglianza.Ancora: vi è maggior contrasto nell’opposizionedelle qualità che non in quella della posizione.Perciò Marte è più debole nello Scorpione chenella Bilancia, e il Sole è più debole nei Pesci e nelCancro che non nell’Aquario. E Saturno, se è unpianeta di terra, a quale condizione può avere un

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domicilio aereo in Aquario? Forse perchél’Aquario, che si oppone al Leone, domicilio dellaluce luminosa, conviene per tale ragione altenebroso Saturno? Ma in verità, né l’Aquario sioppone per natura al Leone, né il grande Saturno,il pianeta più vicino alle innumerevoli stelle, ètenebroso. Ancora: in che modo quest’ultimo èesaltato in Bilancia, segno che secondo loro nedifferisce per ambedue le qualità? Anche suquesto punto sono in disaccordo. Infatti Alcabiziovuole che Saturno sia esaltato a 21° in Bilancia,Tolomeo invece dice141 che tutta la Bilancia èesaltazione di Saturno. Sono in completoreciproco dissenso anche nello stabilire le ragioniper le quali questi segni darebbero i domicili diquesti pianeti. Gli antichi, Tolomeo, Abammone,Ermete, le stabiliscono ognuno in modo diverso,poiché evidentemente si tratta di fantasie, non diragioni. Albumasar dice che Giove significa lericchezze, Mercurio la sapienza; e poichél’aspirazione alle une si oppone all’aspirazioneall’altra, i domicili di Giove e Mercurio sonoopposti fra loro.142 Dimostra così l’ignotoattraverso l’ignoto, e costruisce una metafora, nonun ragionamento. Ancora: il piacere sessuale e lacontemplazione mercuriale si contrappongonoreciprocamente molto più che non le tendenzedelle quali abbiamo appena parlato; tuttavia gliastrologi pongono i domicili di Venere e Mercurionon come vicendevolmente contrapposti, ma comearmonicamente connessi da un trigono. Ancora:l’equità gioviale e la violenza marziale sono fraloro opposte assai più che non l’avidità diricchezze e il desiderio di sapienza; tuttavia gli

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astrologi pongono i domicili di Giove e Marte nonin reciproca opposizione, bensì in armonicoaspetto143 di trigono. Non è forse ridicolo anchequesto, che il pianeta più strettamente congiuntoal Sole perde per questo la sua forza, essendo lasua energia troppo soverchiata e assorbita daquella del Sole? Aggiungono poi che questoavviene se gli altri pianeti si avvicinano al Sole dimeno di dodici gradi, e non si trovano nello stessogrado del Sole; ma se si trovano nello stessogrado, non sono affatto indeboliti. Tuttavia inquesto punto la spiegazione che assumono sembrarichiedere che il pianeta sia tanto più assorbitoquanto più il Sole gli è vicino.144

La provvidenza divinaDio si prende cura delle realtà naturali soltanto invista del bene naturale, e di quelle razionali invista del bene volontariamente scelto, del benemorale. Al livello delle realtà naturali, l’ordineprovvidenziale si esprime in due diversi modi: inalcune, quelle della regione celeste, senza chesiano possibili difetti; in altre, quelle della zonasublunare, con la possibilità di difetti.Ogniqualvolta tuttavia si presenta un difetto, essoè preordinato da Dio in vista di un bene, in modoche il risolversi del primo coincida con larealizzazione del secondo, e ciò che è fastidiosoper uno o per pochi sia utile per molti.Similmente, le intelligenze celesti sono ordinatesenza possibilità di difetti. Delle intelligenze che sitrovano al disotto del cielo, in verità, è propria

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l’inclinazione al difetto della volontà, pur se non inquella parte della loro natura per la quale sonorazionali. Tuttavia il loro difetto viene ricondottoda Dio all’ordine del bene, ovvero all’ordine dellagiustizia, attraverso la punizione; all’ordine dellamisericordia, attraverso il perdono. È propriodella Provvidenza fare una cosa in vista diun’altra.

Alcuni degli antichi, negando le cause finali,eliminarono la provvidenza. Ponevano che tuttoaccadesse in virtù della necessità della materia edegli agenti naturali.145 Al contrario, la causamateriale e l’agente naturale, in quanto tali,possono essere la causa dell’essere dell’effetto,ma non del suo essere secondo il bene. Il calore,infatti, produce naturalmente processi diliquefazione; questa, però, non è buona econveniente di per sé, ma solo se avviene in unmodo stabilito e secondo una misura che conducea un certo fine. Perciò, se non ammetteremonessun’altra causa oltre al calore, non potremoindividuare una causa per la quale l’effettoavvenga in modo conveniente. L’opportunoconvenire delle cose si verificherebbe dunquecasualmente. Ora però, poiché avviene sempresecondo il medesimo ordine, esso non avviene acaso; deriva dunque da un’altra causadeterminata, esterna alla materia e superioreall’agente naturale, per la cui intenzione ognisingola cosa raggiunge in modo opportuno un finedesiderabile. Certo nel regno di un reinfinitamente potente, sapiente e buono, nulla dibuono accade senza che egli vi provveda. Ancora:lo stabile ordine di oggetti in tutto e per tutto

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mutevoli, e l’unione fra oggetti del tutto differenti,non deriva da loro, bensì da una stabilità e unitàsuperiori. Aristotele nell’undicesimo libro dellaMetafisica dice che l’ordine del mondo è nellaprima causa, così come l’ordine dell’esercito è nelgenerale. Duplice è l’ordine dell’esercito: l’unodelle parti fra loro e in rapporto al tutto; l’altro deltutto in rapporto al generale. L’ordine reciprocodelle parti e il loro rapporto con il tuttoscaturiscono dall’ordine del tutto in rapporto algenerale, e se questi non ci fosse, non ci sarebbenemmeno quello. Di qui Aristotele conclude che ilprincipio del mondo è uno; in rapporto ad essol’universo si ordina; a partire da esso procedeordinatamente l’ordine delle parti dell’universo,sia quello che reciprocamente le collega, siaquello che le mette in rapporto col tutto. 146

Ancora: la volontà, essendo un movente mosso, varicondotta a qualche cosa di superiore, che sia unmotore immobile. Tale non è il cielo, ma Dio.

San Gregorio nell’omelia dell’Epifania dice:Apparve una nuova stella, quando il Signore siincarnò, ed essi credono che la stella che apparvefosse il suo destino. Rispondiamo loro, che poichénon fu il fanciullo a correre verso la stella, ma lastella, se così si può dire, a correre verso ilfanciullo, non la stella fu il destino del fanciullo,ma il fanciullo che apparve fu il destino dellastella.147 Sant’Agostino nel quinto libro del Decivitate contraddice copiosamente gli astrologi.Gli astrologi dicono che il piccolo spazio di tempoche intercorre fra le nascite dei gemelli, o di dueuomini qualunque, nati da genitori diversi più omeno nello stesso momento, produce la diversità

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che vi è fra loro.148 In contrario: quel piccolointervallo induce fra loro o una differenza piccola,ovvero una differenza grande. Se la definiraipiccola, si dovrà dire che Giacobbe ed Esaù, cheerano gemelli, furono dissimili in aspetti di grandeimportanza. Se la definisci grande, poiché quelleminute scansioni di tempo, ovvero la seconda, laterza, la quarta, non possono essere afferrate danessuno strumento, gli astrologi non possonoprevedere il futuro.149 Di qui Gregorio nell’omeliadell’Epifania dice: La madre generò Giacobbe edEsaù nello stesso giorno e nello stesso momento;tuttavia in quelle due vite non vi fu nulla dieguale.150 Se l’astrologo dicesse che la virtù dellacostellazione agisce nel singolo istante, noirisponderemmo che in una singola nascital’intervallo che separa l’inizio e la fine del parto èmaggiore di quello che si interpone fra le nascitedi due gemelli. Se dunque la costellazione mutaattimo per attimo, sarà necessario che gliastrologi annuncino tanti destini quante sono lemembra che nascono. Chiediamo se il giudiziodebba formularsi sulla base del momento nelquale il fanciullo comincia a uscire, o quando esceper metà, o quando esce interamente.151

Ambrogio nell’Exameron dice: Dicono che ci siapoca distanza di tempo fra le nascite del misero edel potente, dell’innocente e del colpevole; e se ilmomento non è colto molto esattamente, ladistanza è grandissima.152 Ma ci dicano in qualmodo possono coglierlo. L’astrologo può forsepartecipare al parto? Mentre l’ostetrica esplora eattende il vagito, mentre l’astrologo chiede se èmaschio o femmina, fra il momento nel quale il

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bimbo viene al mondo e quello in cui viene preso eviene deposto, fra il suo pianto e l’annunzio,quanti istanti sono passati! Certo il fato delneonato è già emigrato nella sorte di un altro. Èimpossibile determinare frazioni tanto minute deltempo. Il Sole ogni giorno percorre un grado di unsegno; ogni grado si divide in sessanta minuti;ogni minuto in sessanta secondi e ogni secondo insessanta terzi, e così i quarti, i quinti, i sesti.Bisogna dividere allo stesso modo il giorno ecalcolare quale parte del giorno corrisponda aciascuna parte del segno. Ma ciò è impossibile.Albumasar nel libro sui giudizi dice: Nel formularei giudizi è necessario conoscere molto bene ilcorso dei pianeti, e conoscere per ogni ora conestrema certezza i gradi e i minuti dei segni.Tolomeo nel primo libro del Quadripartito dice:Un breve intervallo di tempo è causa di variazioniper la materia degli eventi dei quali questascienza si occupa. Infatti questa materia nonpermane mai nel medesimo stato. Per questo laperfetta cognizione di questa scienza si raggiungecon difficoltà. 153 Agostino sulla Genesi dice: Lecostellazioni dei gemelli non poterono in alcunmodo essere diverse. Che cosa dunque vi puòessere di più vano, del fatto che l’astrologoosservando quelle costellazioni, di fronte allostesso ascendente e alla stessa linea, dica chel’uno sarà diletto dalla madre, l’altro no?154 Infatti,se lo dicesse, direbbe il falso; direbbe per certosciocchezze, ma non secondo i suoi libri.Ambrogio dice che vediamo chiaramente quantieventi, che è vano riferire alle stelle, si realizzanoper effetto dell’industriosità e dell’impegno degli

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uomini. Altrimenti accadrebbero senza il nostrooperare. Ancora: la successione dei re mostra chenon è il punto della natività a rendere re, masemmai la discendenza regale.

Ancora: le stelle che considerano malefiche,hanno tale caratteristica o per natura o pervolontà. Se per natura, viene ad essere accusatocome colpevole Dio, che è il sommo bene, per averfatto ciò che è male ed essere stato autore di unmisfatto. Se invece si pensa che le stelle abbianovolontariamente danneggiato persone incolpevoli,non ancora macchiate da nessuna malvagiaazione, alle quali viene assegnata la pena primaancora che commettano la colpa, che cosa c’è ditanto irragionevole quanto attribuire ilcompimento di un misfatto non ai demeriti degliuomini, ma ai moti dei segni? Ancora: perché ilcontadino lavora, invece di aspettare i frutti chenon ha coltivato, se per nascita è tale chericchezze e risorse gli arrivino naturalmente?Ancora: i re non dovrebbero allora diventare maitali per ereditarietà, oppure dovrebbe spettareloro la signoria sui segni celesti. Si legge che Abiagenerò Asaph, Asaph generò Josaphat, e così finoalla cattività la successione si tramandò attraversore che furono tali sulla base della discendenza edell’onore. Forse che, per il fatto di essere re,poterono ordinare ai segni celesti di dar forma ailoro moti? Gregorio nell’omelia dell’Epifania dice:Nella regione dei Persiani, e in quella dei Franchi,i re sono tali per nascita. Nel momento dunque nelquale essi nascono, chi potrebbe contare quantialtri uomini nascono, nello stesso istante, incondizione servile? E tuttavia i figli dei re, nati

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sotto la stessa stella dei servi, conseguono ilregno, mentre i servi, generati insieme a loro,vivono sempre in servitù. Ambrogio dice: Gliastrologi insegnano che chi nasce nel segnodell’Ariete deve essere considerato moltovaloroso. Sono invece pazienti nel servire, elaboriosi, coloro che il Toro vide nascere, poiché iltoro è un animale laboriosissimo e avvezzo algiogo. Chi ha una natività contrassegnata dalloScorpione è un assassino e sparge veleno conmalizia, poiché lo scorpione è un animalevelenoso. In contrario, rispondiamo che si togliemolto alla dignità del cielo, se si pensa di doverinterpretare i movimenti del cielo e la forza deisegni a partire dalla natura di vili animali. Bisognadire che il cielo dà qualcosa a questi animali,piuttosto che ricevere qualcosa da loro.155 Gregoriodice: Insegnano che chi nasce in Aquario riceve insorte il mestiere del pescatore. A essi rispondiamoche la Getulia non produce pescatori, e tuttaviamolti vi nascono sotto l’Aquario. E chiunque nascasotto la Bilancia, sarà, dicono, senza dubbio uncambiavalute. Ma noi rispondiamo che moltipopoli ignorano i cambiavalute.

Due argomenti, di particolareimportanza, contro il giudizio degli

astrologiIl primo: le stelle sono innumerevoli, e tutte attive;gli influssi si verificano per il loro concorrere,mentre noi abbiamo individuato soltanto settepianeti e le stelle delle costellazioni,156 e anche

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queste male, ovvero mille e due.157 Il secondo: ilgiudizio è difficile, poiché la verifica empirica èingannevole. Si possono infatti riferire pocheesperienze a configurazioni simili, nessuna aconfigurazioni identiche. Romolo ebbe Marteascendente in Ariete. Gli accaddero poi gli eventiche conosciamo, perché le stelle amicheconvergevano in quel momento proprio in quelmodo. Annibale, al quale Marte ascendeva inAriete, ebbe la stessa sorte: ciò non consegue,perché anche se ti raffiguri i pianeti disposti inmodo simile nei due casi, tuttavia le altre stelle ele altre parti del firmamento non formano glistessi aspetti con i domicili planetari, né con ipianeti. Nel frattempo, infatti, le posizioni sonomutate, e non torneranno a riprodursi se non fratremila anni. Perciò, anche se si potesse per casoprevedere un evento in qualche modo simile a unaltro, tuttavia non sarebbe del tutto simile, eguale,identico. Ne deriva che proprio i più dotti inastronomia disprezzano i giudizi astrologici,mentre i più ignoranti li forniscono tutti i giorni. Iloro giudizi sono integralmente disprezzati daAvicenna e Averroè; Plotino e Porfirio, dal cantoloro, li detestano. Almeno ogni tremila anni, ipianeti ritornano ormai nelle stesse posizionireciproche; tuttavia non ne derivano effetti deltutto simili, né per le religioni, né per i regni, enemmeno per le altre cose o per la durata dellavita, che le Sacre Scritture attestano fosse solitaprolungarsi fino a mille anni. Di qui si vede quantoconti la costituzione dell’ottava sfera, che, inquanto mobile di moto variabile, riconducono allanona, mobile di moto semplice, e questa alla

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decima immobile, nella quale le figure astrali(imagines) sono fisse.

Giamblico,158 riprendendo Platone,159 approva latesi secondo la quale, a partire dalla disposizionetotale dell’universo, all’anima vengono attribuiti,ancor prima del concepimento, la sorte e ildemone, che è guida alla sua vita: l’anima giungeall’universo quando raggiunge il corpo, eviceversa. È questo il momento – che egli pensapossa essere colto solo per ispirazione divina –che per prima cosa bisognerebbe conoscere edesaminare. Oltre a questo, nel giudicare comesaranno gli uomini, se vi sono momenti daosservare, essi sono cinque. Prima di tutto ilmomento dell’inseminazione, quando il semeviene immesso nella matrice: le caratteristiche diquesta immissione dipendono dai movimentivolontari dei genitori, dalla loro natura, dal loroimmaginario, piuttosto che dalla concomitantecostituzione del cielo. Fu la volontà di ambedue adar inizio all’atto: il suo esito dipende dalla naturae dall’immaginazione, senza che il cielointervenga in alcun modo. Quanto contil’immaginario, lo si vede nella golosità dellagravida, e negli animali che nascono bianchi dagenitori la cui immaginazione si raffigura qualcosadi bianco,160 come si dice accada ai pavoni.

In secondo luogo, bisogna osservare il momentonel quale, finito l’atto sessuale, raccolto e chiuso ilseme nella matrice, esso comincia a modificarsi, eforse inizia a conglutinarsi. Inizio e la sorte diquesta conglutinazione, e di questa azione,dipendono dalla condizione del seme e dei genitoripiù che da quella del cielo, poiché ciò che si sta

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trasformando è tutto e soltanto materiale, ed èuna parte dei genitori. Ma la parte segue in tuttoe per tutto ciò che le è vicino e proprio. Per cuivediamo che da una specie e da un individuotraggono origine una specie, un individuo e unseme dello stesso tipo, anche se nel frattempo ilcielo manda i suoi influssi. In terzo luogo, ilmomento nel quale per la prima volta il feto vieneformato alla vita, ciò che probabilmente in noiavviene nel quarantanovesimo giorno dopo ilconcepimento: la natura nelle cose umane usafrequentemente il settenario.161 Le previsionirelative alla vitalità vengono tratte soprattutto daquesto giorno: infatti l’auspicio tratto dalconcepimento riguardava piuttosto l’essenza. Finoa quel momento il feto non ha vissuto altra vita senon quella dei genitori, ed è esistito come parte diun altro essere; ora invero rivendica una vitapropria, diventa un tutto e si muove di unmovimento proprio. Questa vita è ormai inrapporto con la vita esterna, cioè quelladell’universo, e con la mente di Dio. La sorte dellavita corporea, dico, si rapporta alla costituzioneattuale del cielo e alle qualità del corpo: allequalità presenti, intendo dire, già diverse daquelle del concepimento. E a buon diritto, come laparte materiale si rapporta alla causa materiale,così – ciò che è più importante – la parte formalesi rapporta a quelle formali, celesti e sovracelesti.

Quarto: il momento nel quale il bambino,cresciuto nell’utero, tenta con tutta la sua forza distaccarsi dai legami con la madre. La sorte diquesto distacco è relativa in primo luogo alla forzaattuale del bambino e alle condizioni della madre;

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poi all’aspetto del cielo, più o meno favorevole.Quinto: il momento nel quale, sciolto dai legami, ilbimbo esce completamente dal grembo. Le suecondizioni mentre esce dipendono da quelle delmomento precedente, nel quale si sforzava diuscire. Quale sarà la condizione futura di colui chenasce? Se si giudica soltanto a partire dallacostituzione del cielo sotto il quale nasce, siindaga a partire non da una causa, ma da unsegno. Diranno che un cielo in precedenzafavorevole condurrà probabilmente a un cieloanche successivamente favorevole. Ma bisognaricordare che la sorte non può essere indagatafino in fondo, sia perché non si conoscono conesattezza le determinazioni temporali, sia perchési ignora quante e quali siano le cause, sia perchénon si sa che cosa precisamente si formi dalconcorso di tutte le cause. Parlo del reciprococoncorso delle cause attuali, e di quello delleprecedenti con le successive.

Tipi di predizioneSono tre i tipi di predizione: la prima avviene perispirazione divina; la seconda per istinto naturale;la terza si acquista con l’arte. Per quanto riguardaquella che viene da Dio, viene ricevuta, magica edivinante, attraverso il culto e il vincolo deidemoni e delle sfere divine. Quella che derivadalla natura, è favorita da una certa complessionemalinconica o temperata, e insieme dalla virtùceleste, in virtù delle quali l’animo si raccogliefacilmente in se stesso, e predice sia per il proprio

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carattere divino, sia perché recepiscel’impressione celeste. Nello scritto sulla vita di lui,Porfirio162 testimonia che Plotino vaticinava, comeSocrate, per cause insieme divine e umane.Bisogna dunque ricordare che la facoltà magica èmista, e profetizza in parte per sorte divina eumana, in parte sulla base di un’arte appresa.Volgiamoci ora all’arte. Essa è di quattro specie.Quella che si occupa di cose più vicine è lamedicina, quella che si occupa di cose più lontanel’astrologia. Confinante con la medicina è lafisiognomica, con l’astrologia invece l’artedell’auspicio, se con questa più comodadenominazione si comprendono tutte le pratichesolite a trarre presagi dagli uccelli, dagli altrianimali e da qualunque altro oggetto. In tutti i tipidi predizione il giudizio è assai arduo; in primoluogo perché l’arte163 è più lunga della vita,soprattutto per il fatto che ogni arte risulta dallaconvergenza di moltissime regole molto diversetra loro, ognuna collegata all’altra. In secondoluogo, per il fatto che l’opportunità di giudicare èristretta, poiché l’animo non è sempre veridico, néle cose sono tali da poter essere facilmentespiegate. In terzo luogo, perché l’esperienza èfallace, sia in quanto, potendo molte causeconcorrere a uno stesso effetto, si distingue afatica la causa dalla quale, più che da ogni altra, èscaturito questo o quell’effetto; sia in quantol’esperienza non è simile se non in materie etempi in tutto e per tutto simili. In quarto luogo,perché il giudizio è di per sé molto difficile, nonsolo per ragioni di questo tipo, ma anche a causadegli errori che si insinuano nell’animo a partire

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dall’immaginazione e dai sensi. Per questo Isaiadice:164 Ditemi ciò che verrà e io vi chiamerò dèi.Per questo Origene e Porfirio dicono che i presagisono fallaci anche presso i demoni. Per questoPlatone165 attribuisce soltanto a Dio la scienza, anoi invece l’opinione.

Le difficoltà del giudizioIn ogni arte divinatoria, a colui che deve emettereil giudizio si ordina in primo luogo di ricordarsiche i segni dello stesso evento sono molti ereciprocamente dissimili, e che, allo stesso modo,vi sono talvolta segni simili per eventi dissimili. Insecondo luogo, di non prestar fede né a uno solo,né a diversi segni che convergono in un unicopunto, ma di considerare la cosa attraverso lamisurazione completa di tutti i segni, e diprendere in considerazione i segni che sipresentano in maggior numero e sono i piùrilevanti e incisivi (questo infatti è quantoprescrivono tutti i fisionomi e gli astrologi). Interzo luogo, di essere consapevole che il giudiziointorno a una stessa questione non va tentato unavolta sola ma di frequente, sia perché lo stessoanimo è più o meno veridico in momenti diversi,sia perché con il tempo muta il giudizio inrapporto alla stessa cosa.

Quando166 si accinge a prevedere il futuro,l’astrologo deve indagare per ciascun anno larivoluzione solare, mentre il medico è costretto aesaminare ora per ora quanto accade al malato.L’auspice, o l’aruspice, se nelle loro discipline vi è

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qualcosa di vero, devono tener conto di tutti isegni per ogni singolo momento; allo stesso modoil fisionomo, se pur vi è in questo qualche verità,deve osservare gli indizi forniti dalla salute e daicomportamenti per ogni settenario della vitaumana. Come infatti ogni settimo giorno sitraggono nuovi indizi sui malati, così ogni setteanni nuove caratteristiche, nuovi lineamenti,nuove figure,167 colori e gesti o nasconoinsensibilmente in noi, o vengono a mostrarsichiaramente.

Alla fine, qualunque sia la tecnica attraverso laquale si cerca di conoscere il futuro, si formulanopredizioni molto più in virtù di qualche dotesingolare dell’animo che non sulla base dei giudizidell’arte. Per questo motivo, chi meno conoscel’arte spesso giudica più veracemente di chi laconosce di più. Per questo Tolomeo dice: Lascienza degli astri scaturisce sia da te stesso, siada loro; quasi a voler dire che il tuo cogliere ilvero nel giudicare scaturisce non tanto dall’esamedelle stelle, quanto da una certa naturalecapacità. Si metta dunque in luce piuttosto chel’arte si consegue sulla base della diligenza, ma lasi possiede per un dono naturale. Ci si convincedunque che siamo noi stessi ad avere qualchecapacità, dalla quale le previsioni sono aiutatenaturalmente. Infine se fallisce nella prognosi ilmedico, che formula le proprie congetture sullabase di indizi vicini e provenienti da ogni parte, egiudica su questioni che sono in qualche modosue, e attraverso un’esperienza che ha ricevutonumerosissime conferme, l’astrologo falliscemolto di più.

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Da Eusebio contro il fatoAlessandro di Afrodisia, nel libro sul fato, dedicatoad Antonio, confuta l’opinione di Crisippo sul fato,e con molti argomenti dimostra che non vi è altrofato, e nulla di fatale, se non ciò che avviene pernatura; e mostra che ciò che si verifica al di fuoridell’ordine naturale avviene quando accade che lanatura sia trattenuta da un qualche impedimento.Quando dunque si verifica un evento esternoall’ordine della natura, se avvenire secondonatura significa avvenire secondo il fato,quell’evento avverrà certo al di fuori del fato.Vediamo, dice infatti, che il corpo umano èsoggetto a malattie diverse, a seconda dellanatura individuale. Non ignoriamo nemmeno chela disposizione naturale dei nostri corpi èindirizzata al meglio da diligenti norme di vita,dall’arte dei medici, e dalla consultazione deglidèi. Accade lo stesso anche all’animo; infatti conl’esercizio e la dottrina diventa spesso migliore diquanto non comportassero le inclinazioni naturaliconnesse alla complessione corporea. Per cuiquando il fisionomo Zopiro attribuì a Socratecaratteristiche turpi, in contrasto con la sua virtù,e fu deriso da molti, Socrate rispose: «Zopiro haragione. Proprio così sarei per natura, se nonavessi superato la natura attraverso la filosofia».168

Di questo tipo Alessandro afferma essere le cosenaturali, e mostra che esse non differiscono innulla da quelle fatali.

Derivano invece dalla fortuna gli eventi che nonsi spiegano in alcun modo. Ci sono eventi cheaccadono a causa di altri, in modo tale che si

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verifica qualcosa – nel quale nemmeno si sperava– di diverso da ciò che c’era all’inizio: comequando uno, scavando un campo, trova un tesoro,sebbene non scavasse per questo, o un cavallo sisalva per caso, quando fuggendo i nemici non persalvarsi, ma per avidità di cibo, ritorna a casa. Cisono poi, dice ancora Alessandro, cause del tuttoignote agli uomini. Si dice che amuleti appesi alcollo curino alcune malattie, nelle quali non sonostate individuate cause certe. Gli incantesimi e learti malefiche, a quali ragioni si richiamino, èincerto. Ma, al di fuori di questi, ci sono eventi –che vengono detti contingenti in ambedue i sensi –di cui è completamente escluso avvengano in virtùdel fato, come muovere un piede, sollevare lesopracciglia, tacere, parlare, e altri innumerevoliatti dello stesso tipo, che in nessun modo si puòdire avvengano secondo il fato. Infatti ciò che èfatale non ammette il proprio contrario.

Inoltre la scelta umana non è vana. Lo sarebbe,se ciò che facciamo, lo facessimo di necessità. Adifferenza degli altri animali, l’uomo possiedesenza dubbio questa caratteristica: non seguecome loro la fantasia, ma possiede la ragione, chegiudica il da farsi. Esaminando razionalmente leimmagini impresse nella fantasia, se le approva,acconsente alla fantasia, e si muove ad agire. Seinvece le disapprova, respinge ed espelle quelleimmagini, obbedendo alla ragione. Così siamosoliti decidere soltanto riguardo alle cose che è innostro potere fare; e se talvolta compiamoun’azione con eccessivo entusiasmo, e sulla basedi un giudizio non maturo, in seguito ciautoaccusiamo per aver peccato di temerarietà e

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aver deciso in modo spregevole. Biasimiamo poitutti coloro che agiscono temerariamente, e liesortiamo a usare il giudizio, come se avessimo lapossibilità di agire liberamente.

Che l’opinione che si ha del fato siacompletamente falsa, appare poi da ciò, che anchegli autori che la sostengono insegnano, esortano,imparano, giudicano, strepitano e castigano, comese si peccasse di propria volontà. Compongonoscritti con cui esortano i giovani ai buoni costumi;considerano degno di scusa chi peccacontrovoglia; non negano si debba punire chidelinque spontaneamente. Perciò anche secondoloro la necessità del fato non esiste affatto. Lalibertà è in tutti noi, per la nostra stessa natura;ammettiamo tuttavia che alcune cose non sono innostro potere, come quelle che avvengono pernatura o per fortuna, e che nessuno oserà definiresoggette al fato.

Da EusebioSi ritorni ora a Porfirio, grande fra i Gentili, che

nel libro sugli oracoli esplicita la questione169 conqueste parole: Tutto ciò che attraverso il motodelle stelle gli dèi preannunciano come fatale,indicano che si verificherà proprio in quel modo,come tutti loro, e soprattutto Apollo, rivelaronocon molti responsi. Apollo Pizio nega, al contrario,che il fato possa essere dissolto con artificimaligni. Quando infatti uno gli chiese per qualemotivo venisse da lui giudicato come inadatto perqualcosa, e cosa dovesse fare per essere accolto

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come sufficientemente adatto, Apollo rispose checiò gli era impedito dalla forza del fato. MaTolomeo dice che possiamo curarci con la magia;170

lo stesso si dice nel Carmide, nella Cabala, neltesto di Plotino.171

[...] Se infatti il futuro può essere conosciuto,concediamo volentieri che esso venga di là, dadove viene conosciuto. Perciò esso è mostrato piùdalle stelle che non dalle viscere o dagli uccelli,dai sogni, dai lampi o dai tuoni. Penso che conquesti argomenti si sia dimostrato a sufficienzache le stelle non sono cause degli eventi umani.Ora indaghiamo se sia vero che gli uomini possonodeterminare con precisione i luoghi e i domicilidelle stelle, ciò che prima abbiamo ammesso: nonne derivava infatti nessun danno.

Difficilmente si individua il gradoascendente

I genetliaci asseriscono che le posizioni dei pianetidebbono essere individuate con la massimaesattezza, in modo tale da conoscere i gradi e iminuti e le frazioni dei minuti. Dicono anche che èopportuno tener conto correttamente non delsegno soltanto, ma anche del grado e dellefrazioni di grado della prima casa, che chiamanoascendente. Ma poiché un’ora occupa all’incirca lametà di un segno, in che modo si determinerà ilminuto dell’ascendente, non disponendo di unasuddivisione così dettagliata del tempo? Sarebbeinfatti necessario sapere a quale ora, a qualiminuti e frazioni di minuto, il bambino è stato

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espulso dall’utero. Vogliono infatti che con unaminima differenza di tempo vengano forniteindicazioni molto diverse. In verità, nei Pesci enell’Ariete, a causa dell’ascensione obliqua172 diquesti segni – li si vede infatti ascendere in circaun’ora e venti minuti –, non ignoriamo che unaminima frazione di tempo produce un grandecambiamento, tanto che la ventesima parte diun’ora sposta il grado dell’ascendente. Ma siconceda loro anche questo. Sappiamo che è statodimostrato come il loro spostamento da ovestverso est venga mutando, e come anche le stellefisse in cento anni si spostino di un grado, e in talespazio di tempo si modifichi la posizione dei segni,in modo tale che il segno cui ci si riferisceidealmente sia altra cosa dalla figura celeste.Dicono infatti che è necessario riferire tutto alsegno, non alla figura:173 ma questo non so comepossano intenderlo.

Ma concediamo anche questo, che sia possibileo concepire il segno come qualcosa di ideale, oricavare la verità dalla figura fisica. Ma gli effettiche dicono avvenire in virtù della mescolanza,della composizione e dell’equilibrio dei diversiaspetti, dovranno concedere che questo non puòin alcun modo essere descritto. Nessuno174 infattipuò comprendere quale mescolanza risulterà datutti gli elementi. In qual modo, infatti, sipotrebbe vedere quanto un aspetto benefico possasollevare dalla lesione di un malefico? Si ammetteche gli effetti del malefico siano eliminati dalbenefico, che abbia gettato i raggi nel punto in cuisi trova il primo. Ma chi potrà vedere che cosacambi o diminuisca, o la mescolanza che ne

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deriva? Se si investigano più approfonditamentetutte queste questioni, facilmente ci si persuadeche l’ingegno umano non può penetrarle fino infondo. Perciò, se si farà un tentativo, si vedrà che igenetliaci nella maggior parte dei casi sbagliano,anziché conseguire la verità. Per questo ancheIsaia,175 quasi che tutte queste cose sianoimpossibili, dice a una figlia dei Caldei, il popoloche più di ogni altro utilizza queste ricerche:Vengano e ti salvino gli astrologi; i cieli tiannunzino ciò che può accaderti. Con questeparole ci insegna che i Caldei, per quanto moltoattenti, non possono predire gli eventi che Diovolle assegnare a ciascuna delle genti.

Il giudizio non può essere formulato sulla basedi alcuna ora, del concepimento, dell’infusionedell’anima o della nascita. Tolomeo nel libro suigiudizi dice: Se vogliono conoscere le qualitàproprie del corpo e dell’anima, prendano notadelle configurazioni astrali dell’ora dell’emissionedel seme. In contrasto con ciò, Agostino nel quintolibro De civitate : Poiché l’ora dell’emissione delseme, dalla quale scaturisce il concepimento, nonpuò essere fissata, l’astrologo, conosciuta l’ora dinascita, dice che tornerà indietro di nove mesi, eche, dopo aver fatto tale calcolo, l’ora delconcepimento non gli sfuggirà. Ma come potràsapere se quell’individuo sia tra quelli che siformano nel grembo materno in sette mesi,oppure in nove o in dieci? Ancora: Non accadeforse che fra le diverse gestazioni, al disotto dinove mesi, o al disopra, vi siano differenze, non dimezz’ora, ma di molte ore? Come lo si potràdimostrare con vere ragioni? Ancora: Se dunque

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gli intervalli che intercorrono fra i concepimenti ele nascite di individui diversi producono con il lorocrescere differenze tanto maggiori fra coloro chenascono, quelli che sono nati o sono stati concepitidue mesi dopo di te dovrebbero esserti menosimili di quelli nati nello stesso giorno osettimana; spesso, tuttavia, avviene il contrario.Ancora: Dicono che l’ora di nascita va consideratacome una specie di inizio di colui che nasce. Alcontrario, non è questo l’inizio di un essere che ègià completamente perfetto, del quale è giàperfetta anche la sorte; lo è invece l’ora delconcepimento, anzi ancor più quella dell’infusionedell’anima. È questo infatti il vero inizio della vita,quando l’anima viene infusa, fonte, forma e reginadella vita e del vivere. Invero l’ora delconcepimento è un inizio materiale e assai debole,dal quale non scaturisce l’azione, e l’ora di nascitaè l’inizio del suo manifestarsi, non della suaesistenza. Si può poi concedere che l’ora delconcepimento sia alquanto più importante diquella di nascita, la quale tuttavia è di minoreimportanza rispetto a quella dell’infusionedell’anima.

Sul come si trovi l’ora del concepimento,dissentono. Alcuni dicono che esso va stabilito inrapporto al pianeta che nel grafico è piùdignificato in rapporto al Sole. Altri che il punto,nel quale la Luna si trova al momento dellanascita, è l’ascendente del concepimento, eviceversa.176 La prima regola mi sembra piùprobabile della seconda. Come potrebbe infattidare il giudizio sull’inizio di un essere animatol’ultimo pianeta, piuttosto che il primo o il medio?

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Infine nessuna regola è comprovata dalragionamento o dall’esperienza. Giamblico diceche su questo punto gli uni hanno posto cinqueregole, altri di più, altri di meno. Porfirio dice chenessuna di esse vale, e che questa è l’opinionedegli autori dell’astrologia. In quale modo, infatti,il concepimento conduce alla conoscenza dellequalità di un’anima che non c’è ancora, mentrequando c’è muove e conduce la materia, e la traeverso di sé? E poiché l’essere, la perfezione,l’azione, la denominazione derivano dalla forma,che è la più eccellente, certo l’azione consegue almomento dell’infusione dell’anima, più che aquello del concepimento del corpo, ed è secondo ilprimo che tutta la vita viene a essere regolata. Inquale momento l’anima venga infusa177 è in veritàincerto; anche se ve ne fosse consapevolezza, nonogni cosa sarebbe da lì conosciuta.

Ancora: ciò che dicono, che il grafico delconcepimento indica ciò che accade al fanciullonella vita intrauterina, quello di nascita ciò che gliaccade nel mondo, è ridicolo. Il principiodell’esistere, infatti, quanto è più potente di quellodel manifestarsi, tanto più largamente estende lasua forza e il suo significato. E poiché l’inizio dellanascita dipenderà dall’inizio del concepimento,tutto ciò che dipenderà dalla natività dipenderàdal concepimento, e a molto maggior ragione; epoiché la sorte del concepimento pone la sortedella nascita, non viene meno, ma conferma sestessa. È del tutto ridicolo credere che l’interodestino cominci da una rapidissima uscita, comeda una casa. Non è infatti quel momentaneo motolocale a dare le qualità. Dicono sia opportuno

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considerare la congiunzione e l’opposizione soli-lunare che precede la nascita. Al contrario,secondo loro, è più importante il momento delconcepimento che non quello della nascita. Perciòdebbono piuttosto considerare le sizigie cheprecedono il primo. Ancora: Alcabizio dice che fratutte le congiunzioni la maggiore è quella fraSaturno e Giove.178 Perciò deve essere considerataquesta, piuttosto che quella fra Sole e Luna.Ancora: perché non considerano anche lacongiunzione fra Sole e Mercurio, che èfrequentissima? Vogliono che si tenga inconsiderazione anche l’almutaz, ovvero il pianetache nella natività è più potente. Al contrario, lestelle che muovono i corpi inferiori sonoinvariabili, e quindici di esse sono più grandi ditutti i pianeti, eccetto il Sole, e 1022 stelle sonomaggiori di Marte, Venere, Luna, Mercurio. Ealcune delle stelle fisse sono nello Zodiaco, altredirettamente sulla nostra testa. Per tutte lecondizioni che abbiamo detto, le stelleacquisiscono grande potenza. Perciò anchequalcuna di esse deve a volte essere posta comealmutaz. Ancora: poiché al di fuori dello Zodiacoci sono molte stelle, che esercitano grandeinflusso sulle realtà inferiori, e possono aiutare – oostacolare – i pianeti nella produzione deglieffetti, perché in rapporto all’almutaz (ossia il piùdignificato di tutti), all’hyleg (significatore dellavita), all’alcocoden (il datore degli anni) e cosesimili, considerano la condizione dei pianeti e deidodici segni, trascurando tutte le altre stelle?179 Gliastrologi si adoperano per giudicare dal temanatale se la vita dei genitori sia o no lunga.180 In

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contrario: si può sempre, seguendo il consigliodegli astrologi, scegliere per l’unione sessuale ilmomento dal quale sia indicata una vita lunga.Come è dunque in loro potere scegliere il punto,così lo sarebbe anche allungare la propria vita.Ancora: molti figli nascono dagli stessi genitori inmomenti diversi. Perciò attraverso il tema nataledell’uno la vita dei genitori si mostrerebbe breve,lunga invece attraverso il tema dell’altro. Invanoaffermano anche di vedere con qual genere dimorte uno venga soppresso, essendo diversi imodi di punire il crimine nelle diverse regioni.Non sono nati nello stesso momento tutti quelliche periscono nello stesso istante, in guerra odurante un naufragio, per una frana o un diluviouniversale, a causa di un incendio o di unaepidemia di peste, o per la nocività dell’aria.181

Le diverse leggi, presenti presso genti diverse,possono molto sulle azioni umane. Poiché dunquele leggi variano con il variare dei paesi, così comei costumi, buoni o cattivi, dei quali nella secondaparte, secondo i detti di Tolomeo, Giovanni182

scrive che scaturiscono non dall’imposizione dellestelle ma dalla somiglianza dei temi natali: da ciòviene provato quanto è detto nel libro diClemente, dove egli disputa in questo modocontro di loro. Ci sono leggi, dice, stabilite dagliuomini in ciascuna regione e regno, che durano invirtù dell’essere scritte o anche dell’esserepraticate, e che nessuno può trasgredire confacilità. I Seri, che risiedono là dove iniziano leterre abitate, hanno come legge di noncommettere omicidi, adulteri né meretricii, di noncompiere furti o adorare idoli: nell’intera regione,

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che è grandissima, non si trovano templi né statuené adultere né meretrici, né mai un ladro èportato in giudizio, né capita mai che un uomo siaucciso. Dunque nessuno di loro è spintodall’ardente stella di Marte ad adoperare la spadaper uccidere un uomo; né la congiunzione diVenere con Marte li spinge a rovinare ilmatrimonio altrui, sebbene anche presso di loroogni giorno Marte183 occupi il Medium Coeli. Mapresso i Seri il timore delle leggi è più forte dellaconfigurazione natale. Ci sono poi nella regionedell’India, presso i Bracmi, immense moltitudini diBracmani, che, per le tradizioni degli avi, leconsuetudini e le leggi, e per il loro modo disentire, si astengono anch’essi dall’omicidio edall’adulterio, né adorano le statue, né sono solitimangiare gli animali. Non spergiurano, non fannomai nulla con malizia, ma hanno semprerispettoso timor di Dio. E sebbene gli altri Indicommettano omicidi e adulteri, adorino molti dèi,si ubriachino e commettano in vari modimalvagità, i Bracmani si astengono da tuttequeste empietà. Nondimeno nella parteoccidentale dell’India vi è una regione nella qualegli stranieri sono uccisi e divorati, non appena vigiungono. Le buone stelle non li hanno tenutilontani da questo tipo di malvagità né dal ciboesecrando, così come le stelle malvage non hannospinto i Bracmani a commettere alcunché di male.

Esiste presso i Persiani l’usanza di unirsi con lemadri, le sorelle e le figlie, e sotto ogni punto diquella plaga del cielo quelle unioni avvengonospontaneamente. Ma per impedire a coloro checoltivano l’arte di ricorrere al sotterfugio per il

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quale a determinate plaghe del cielo sarebberoassegnate come proprie determinate terre, alcuniappartenenti alla stirpe dei Persiani, dettiMagusei, sono emigrati in terre straniere; ancoroggi alcuni sono in Media, altri nel paese deiParti; la maggior parte è in Egitto, poi presso iGalati e i Frigi; e tutti conservano intatta, pertestimoniarla, la forma di questa tradizione, e netrasmettono ai discendenti la custodia. Dunque,una volta entrati in rapporto con una diversa zonadel cielo, non fu Venere nel tema natale con laLuna nei suoi confini e case, e Saturno nelle casedi Saturno, presente anche Marte, a costringerliad avere tale tradizione184 nel tema natale. Presso iGeleni è costume che le donne coltivino i campi,costruiscano gli edifici e compiano tutti i lavorimaschili. Ma è permesso loro anche unirsi con chivogliono, né vengono mai accusate dagli uomini,né vengono definite adultere. Infatti sicongiungono carnalmente per ogni dove, eindossano vesti scure, senza le scarpe. Alcontrario, i maschi Geleni indossano indumentimorbidi e vari, ma non perché le loro forze sianorammollite: sono infatti grandi guerrieri eacerrimi cacciatori. Né tuttavia le donne deiGeleni, nascendo tutte in Capricorno o in Aquario,ebbero tutte Venere nella casa del cattivodemone,185 né i loro uomini ebbero tutti Venere inAriete insieme a Marte, ciò che secondo ladisciplina caldaica rende gli uomini effeminati edissoluti. Le donne poi si cospargono di unguentie usano ornamenti e pietre preziose; anche nellecelebrazioni dei misteri, circondate da ancelle,incedono con ambizione molto maggiore che non

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gli uomini, né coltivano il pudore, ma possonounirsi indifferentemente con chi vogliono, persinoservi o ospiti, poiché gli uomini permettono talelicenza; per tale comportamento non solo nonvengono incolpate, ma al contrario dominano sugliuomini. Né tuttavia i temi natali di tutte le donnedei Fusidari hanno avuto Venere al Medio Cielo,insieme a Giove e Marte.

In zone più remote dell’Oriente, se un fanciullogiace sotto una donna, e viene scoperto daifratelli, dai genitori o da qualche parente, vieneucciso senza ricevere sepoltura. Presso i Galli c’èuna antica, pessima legge, che stabilisce che ifanciulli si uniscano davanti agli occhi di tutti. Néè possibile che quanti copulano così turpementepresso i Galli abbiano tutti il Sole con Mercurionelle case di Saturno e nei confini di Marte. Inalcune zone della Britannia diversi uomini hannouna sola moglie, in Partia molte donne hanno lostesso uomo, e ognuna delle due parti del mondoobbedisce ai propri costumi e istituti. Le Amazzoninon hanno uomini, ma come animali una voltaall’anno, nei giorni dell’equinozio vernale, uscitedai propri confini, si congiungono con gli uominidel territorio confinante, osservando in ciò unaqualche solennità, e se ne vanno dopo averconcepito. Se partoriscono uomini li uccidono;allevano solo le donne. Poiché tutti i partiavvengono nello stesso momento, è assurdopensare che nei temi natali dei maschi Marte sitrovi, sempre in analoga disposizione, nei luoghidi Saturno, mentre ciò non accade mai in quellidelle donne; e che non abbiano Mercuriocongiunto a Venere nei propri domicili, in modo

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tale da renderli pittori, scultori o cambiavalute, nénei domicili di Venere, a produrre mercanti diunguenti e poeti. Presso i Saraceni, e le gentidella parte alta della Libia, e i Mauritani intornoalla riva dell’Oceano, ma anche nelle partiestreme della Germania, e presso i Samaritani egli Sciti e tutte le genti del litorale di cui si parla,che giacciono sull’asse del nord, e nell’isola diOcrisea, non si trova mai un cambiavalute, unoscultore o un pittore. Mancò dunque loro lacostellazione di Mercurio e Venere. Gli Indicremano i morti, e insieme a loro vengono arse lemogli dei defunti, che spontaneamente si offrono.Ma non tutte le donne che vengono arse vivehanno nel tema natale il Sole sotto l’orizzonte, conVenere nei territori di Marte. Ogni giorno e pressoogni popolo, in ognuna delle diverse genti,nascono uomini; e da tutti appare chiaro quantosui costumi dominino la forma delle leggi e lalibertà di arbitrio, che è nello spirito di tutti coloroche obbediscono alle leggi. Né il tema natale puòcostringere i Seri a commettere omicidio, o iBracmani a nutrirsi di carne, o i Persiani a evitarel’incesto, o gli Indi a non farsi cremare, o i Parti anon avere così tante mogli, o le donnemesopotamiche a non badare alla pudicizia, o ifanciulli dei Galli a non lasciarsi amare comedonne, o i barbari a farsi istruire nello studio dellelettere greche. Anzi, come abbiamo detto, ognigente adotta consuetudini proprie, in virtù dellalibera decisione, e la severità delle leggi respingei decreti del tema natale.

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Capitolo secondoMa qualcuno fra coloro che sono dotti nelladisciplina astrologica dirà che il tema natale sisuddivide in sette parti, che essi chiamano climi.186

Su ognuno dei climi domina una delle sette stelleerranti, e le differenti leggi delle quali abbiamoparlato sono stabilite non dagli uomini ma daquesti signori celesti, secondo la volontà diciascuno di loro; e la legge posta dagli uominirispetta ciò che vuole la stella. A ciò risponderemoin primo luogo che la Terra non è divisa in setteparti. Del resto, anche se fosse così, nella stessaparte e nella stessa regione troviamo leggi e dèimolto diversi; né tali differenze sono sette,conformemente al numero delle stelle erranti, nétrentasei, numero dei decani; sono inveceinnumerevoli. Dobbiamo anche ricordare i fattiche abbiamo già elencati, cioè che in una regionedell’India ci sono sia i mangiatori di uomini, siaquanti si astengono dalla carne degli animali e datutti gli esseri viventi; e che i Magusei sicongiungono con madri e figlie non solo in Persia,poiché dovunque si trovino, a contatto conqualunque gente, custodiscono l’abitudineall’incesto istituita dai loro antenati. È facile poisapere quanti imperatori abbiano mutato le leggie le istituzioni delle genti che hanno sconfitto, e leabbiano sottoposte alle proprie leggi. Si tramandache ciò fu fatto in particolare dai nostri Romani,che convertirono al diritto e agli ordinamentiromani quasi tutto il mondo e tutte le genti cheprima vivevano secondo le loro differenti leggi.Resta solo da pensare che le genti vinte dai

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Romani abbiano perso i propri climi e le proprieparti per volere delle stelle loro proprie.

Capitolo terzoAggiungerò argomenti che possano soddisfareanche gli increduli. Tutti i Giudei, che vivono sottola legge di Mosè, circoncidono i figli all’ottavogiorno, senza dilazioni, spargendo il sangue deltenero fanciullo. Dall’inizio di questa età delmondo, nessun Gentile ha dovuto sopportarequesto ottavo giorno, e nessuno Giudeo lo hatrascurato. Come dunque si configurerà su questopunto la questione del tema natale, visto che iGiudei vivono mescolati ai Gentili in tutte le partidel mondo, e nell’ottavo giorno fanno penetrare ilferro in quella parte del corpo, e solo in quella;nessuno dei Gentili, ma loro soltanto, come hodetto, lo fanno, e lo fanno in qualunque luogo sitrovino, non perché una stella richieda o provochilo spargimento del sangue, ma in virtù di unaprescrizione connessa alla loro religione. Forsequello stesso nome che è proprio di tutti loro,dovunque siano, viene anch’esso dal tema natale?Nel settimo giorno, ovunque si trovino, stanno inriposo, non compiono viaggi né fanno il fuoco.Com’è dunque187 che il tema natale non spingenessun Giudeo a compiere viaggi in quel giorno, oa costruire edifici, o a vendere e comprare?

Ma perché non sembri che io elenchi moltiargomenti, dirò qual è il punto nel quale tuttidevono convergere. Se Dio è giusto, ed è ilcreatore della natura umana, come potrebbe aver

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stabilito un tema natale a noi contrario, che cicostringesse al peccato, e poi punire i peccatori?188

È certo che Dio punisce il peccatore, in questa enell’altra vita, per nessun’altra ragione se nonperché sa che egli avrebbe potuto vincere, ma hadisprezzato questa vittoria. In questa età delmondo, infatti, infligge la divina punizione agliuomini, così come fece nei confronti di quelli cheperirono nel diluvio, che furono tutti annientati inun giorno, anzi in un’ora, pur non essendo certonati nella medesima ora, secondo i princìpi dellagenetliaca. È del resto altamente assurdo dire chenoi soffriamo il male perché ciò deriva dallanatura, anche senza che fossero prima intervenutii peccati. Fin qui il beatissimo Clemente. Dallepremesse si conclude che i costumi degli uominisono strutturati dal timore dei prìncipi, non dallecostellazioni natali; in una stessa regione sonopresenti molte leggi differenti, e molti popoliconservano la forma immutabile della stessatradizione, pur se vengono a trovarsi in regionidiverse e reciprocamente molto distanti; ciòaccade soprattutto fra le genti persiane e giudee,come è stato mostrato sopra.

Albumasar, contro coloro che affermanol’inutilità della previsione del futuro, dice cheevitando il luogo nel quale ci sarà la peste, sipotrebbe prevenirla, e in qualche circostanzaallontanare da sé la morte.189 Dalla natività di unuomo, dalla rivoluzione solare e dalleinterrogazioni, si sa infatti se ci sarà una malattia,o una invasione nemica, e cose simili; e si possonoevitare.

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Sulle interrogazioniGli astrologi che costruiscono immagini190

affermano che per opera dell’immagine è possibileevitare i mali, possedere i beni, prolungare la vitaal di là degli anni stabiliti. Ma la forza degli astrisi attira non solo con il fabbricare le immagini, maanche con l’industriosità e la prudenza. Zahel eMessalac dicono che l’interrogazione ha giudizioed effetto solo quando viene fatta con grandesollecitudine, quasi vogliano che essa sola siamessa in moto dal cielo, mentre quella che non èaccompagnata da sollecitudine, come spessoavviene, non scaturisce dal cielo. Da loro stessiricaviamo dunque che non tutte le azioni umanederivano dal cielo.191

Sulle elezioniAncora: ci sono due eserciti pronti a combattere. Idue generali consultino nello stesso momentol’astrologo riguardo alla vittoria. Lo stessomomento non indica eventi contrari, e tuttaviaessi si verificano: uno vince, l’altro è vinto.Agostino 192 nel quinto libro sulla città di Diobiasima le elezioni. Ancora: bisogna giudicaredell’effetto secondo la condizione della causa. Mala disposizione del cielo che coincide con l’iniziodella cosa cambia immediatamente e diventaun’altra. Dunque l’effetto muterà. Allora perchédicono che il cielo, che continuamente si muove,produce un effetto stabile fino alla conclusionedella cosa? Spesso infatti essa è condotta atermine in tempi lunghi. Di qui, Ambrogio193

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nell’Exameron dice: Non è credibile che i pianeti,con il loro vario spostarsi, e con un moto tantocelere, stabiliscano per noi un tipo di esistenza euna sorte fissi e immutabili. Ancora: Ladisposizione del cielo, che si verifica dopo l’iniziodi un evento, agisce in qualche modo, o non agisceaffatto. Se in qualche modo agisce, bisognaprendere in considerazione ogni singolo momentofino alla fine, allo stesso modo del momentoiniziale. Se non agisce affatto, domando: cosavieta a quella disposizione del cielo di agire? Chisarebbe tanto insipiente da affermare che ciò chenon c’è ha più forza di ciò che c’è? Ma ladisposizione del cielo che ci fu all’iniziodell’azione, o della battaglia, non c’è già più; vi èinvece una disposizione nuova e sempre diversa,ed essa è da considerare molto di più. Comincinodue eserciti a combattersi, o due uomini a giocare.La disposizione del cielo è la stessa, non cosìl’esito. Ancora: come può poi un solo esercitoconseguire una stessa e identica vittoria, pur senon tutti i componenti dell’esercito sono nati nellostesso momento? E se i diversi destini, stabilitidalle natività, non impediscono una stessa eidentica vittoria, in che modo l’identicaconfigurazione celeste, sotto la quale combattonosia l’uno che l’altro esercito, stabilisce per i loromeriti ricompense diverse, in modo tale che quasiun intero esercito muoia di spada, mentre l’altroesercito, in virtù del danno del primo, consegue lavittoria?194 Sono forse quegli uomini nati tutti nellostesso momento e caddero nella stessa guerra dimorte di spada?

Aristotele nel De somno et vigilia195 dice che

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frequentemente si manifestano segni premonitoridi tempeste e venti, che tuttavia non si realizzanoa causa di disposizioni più forti. Tolomeo nelCentiloquio196 dice: La scienza delle stelle dipendesia da loro, sia da te. L’astrologo non deve fornireprevisioni dettagliate, ma esprimersi nelle lineegenerali, come chi vede da lontano; i giudizi che ticonsegno si pongono fra il necessario e ilpossibile. Ancora: Non può esprimere giudizisecondo la complessione delle stelle se non l’uomoche abbia ben conosciuto la forza dell’anima e lacomplessione naturale. Ancora: L’anima delsapiente coopererà all’opera delle stelle, come ilseminatore coopera con le forze della natura.Perciò scruta la natura dell’origine, prima di daregiudizi sulla vita, le azioni e le passioni.Ambrogio197 dice: Poiché diversi giorni prima si eradiscorso della pioggia, che si diceva sarebbe statautile, uno disse: ecco, ce la darà la luna nuova(neomenia ). Sebbene fossimo desiderosi ditemporali, alcuni si auguravano che le sueaffermazioni non fossero vere. Mi sono rallegratoche la pioggia non sia caduta fino a quando iltemporale, procurato dalle preghiere della Chiesa,non poté mostrare che ci si deve augurare lapioggia non in base al novilunio, ma allaprovvidenza del creatore. Tolomeo nel primo librodel Quadripartito198 dice: Un breve spostamento ditempo, per quanto riguarda gli eventi cheriguardano la materia di cui si occupa la scienzadegli astri, è occasione di modificazioni nei suoigiudizi. È una materia che non permane semprenello stesso stato; per questo è difficileraggiungere la perfetta cognizione di quella

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scienza. Ancora: Avicenna e Plotino dicono: Igiudizi degli astrologi sono grandemente fallaci.Ancora: quando il cielo prosciuga, il medico puòinumidire, e viceversa. Ancora: sebbene la causaprima influisca più centralmente della causaseconda, per la ragione che il suo influsso è piùprofondo e stabile, tuttavia la causa seconda valedi più in ciò, che il suo effetto si esprime in unadeterminata tipologia e complessionedell’individuo.

Un astrologo mio familiare dice che nel temanatale debbono essere tenuti in conto 64riferimenti, oltre alla combinazione di tutti idiversi raggi che ne risulta. L’effettogeneralissimo di una causa molto remota sispecifica per effetto delle cause successive. Azionie passioni seguono i princìpi individuali e specialipiuttosto che quelli comuni, soprattutto quandoquesti ultimi possono manifestarsi con modalità ditipo differente (equivoca) e sono diversissimiquanto al genere, come i corpi celesti; perciòeffetti simili scaturiscono da cause prossime, enon da cause remote. L’effetto non si conformaalla prima causa, se non in quanto essa si combinacon la seconda. Perciò la necessità della primacausa non genera la necessità del prodursidell’effetto, poiché da essa non deriva la necessitànella seconda causa, che è per natura mutevole.Perciò gli effetti si verificano in modi mutevoli,proprio come la conclusione di un sillogismo, apartire da una premessa maggiore necessaria, nonè necessaria in assoluto se non è necessaria anchela premessa minore.

Albumasar nel primo libro dice che come il

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magnete muove il ferro, grazie alla continuitàdella forza che l’uno naturalmente dà e l’altroriceve, così fa il cielo nei confronti delle realtàinferiori. Albumasar dice, sulla base dell’autoritàdi Ippocrate, che la luce delle stelle rende piùsottile l’aria notturna; lo stesso fa il sole di giorno;per questo Dio creò le stelle luminose e mobili,perché rendessero l’aria rarefatta e calda, attaalla generazione e alla vita. La Luna,199 salendo daOriente a Mezzogiorno, fa salire il mare;scendendo da Mezzogiorno a Ponente lo fadecrescere; agli antipodi, avviene il contrario.Giove e Saturno si congiungono ogni venti anni,ma non si congiungono nello stesso segno se nondopo 960 anni. In questo intervallo di tempo sicongiungono quattro volte in ogni segno. La Lunain fase decrescente fa decrescere i liquidi e liritrae verso il centro; in fase crescente li accrescee trae verso la circonferenza. Tolomeo nel primolibro del Quadripartito dice: Gli effetti delle stellesarebbero inevitabili, se i corpi inferioriricevessero influenze soltanto da loro.200 Ma poichésu di essi operano grandemente elementi come lalibertà dell’arbitrio e altri, non sono inevitabili. Laconfigurazione celeste, come si muove sempre inun solo modo, così influisce sempre in un solomodo secondo le diverse figure dei pianeti e deisegni, e secondo la situazione del clima, delmeridiano, dell’orizzonte e dell’ottava sfera. Equeste sono per la potenza divina quasiimmutabili ancelle. La varietà di ciò che a livellodelle realtà inferiori scaturisce dai loro effetti,viene dal difetto e dalla disposizione della materiache continuamente varia. Di qui Aristotele201 dice:

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Vanificano gli effetti del cielo le realtà terrene cheper effetto della disposizione della materia nonrecepiscono quanto è necessario le opere dellestelle; non possono invece modificarsi le realtàprime, le più degne di essere conosciute. Ancora:Le cose che avvengono non sono così necessariequanto gli ordini dei prìncipi, cui il privatocittadino non può sottrarsi.

La religione non deriva dalle stelleNessun astrologo ha mai affermato che lareligione, rispetto alla quale nulla è più diffuso estabile fra le cose umane, derivi da un moto,neppure da quello dei cieli. Sanno infatti che tuttociò che scaturisce dal movimento dei cieli èmutevole, e l’effetto di una determinata posizionedelle stelle è dissolto da una disposizionecontraria, mentre solo la religione rimanedovunque e sempre la più stabile fra leoccupazioni e le opere degli uomini.

La religione cristiana non deriva dallestelle

Se però qualche astrologo avesse detto che lalegge cristiana ebbe inizio dopo una dellecongiunzioni di Saturno con Giove – congiunzionealla quale alcuni astrologi attribuiscono lamassima efficacia nella istituzione delle religionipositive (leges ) –, in questo momento risponderòcosì (di queste questioni ho già discusso altrove in

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modo più ampio e approfondito). Prima di tutto,questi pianeti si congiungono ogni venti anni, e,come dicono, l’efficacia della congiunzione siestende a lungo. 202 Perciò quando una leggedivina ci è data da Dio, gli astrologi possonosempre raffigurarsi una potenza celeste comeautrice, o quanto meno significatrice, di una leggedi questo tipo. Lascio da parte il fatto che i tipi direligione cambiano raramente, sebbene lecongiunzioni di quei due pianeti siano frequenti.

Inoltre, poiché ogni 960 anni ritornanociclicamente a congiungersi nello stesso puntodello Zodiaco, e in quello spazio di tempo sicongiungono quattro volte in ogni segno, èstupefacente che la legge divina, mosaica ecristiana, non sia esistita per tanti secoli, esuccessivamente non sia stata distrutta in unospazio di tempo così lungo. Soprattutto in quantomoltissime congiunzioni, contrastanti fra loro, sisono ormai realizzate nel tempo. Perciò gliastrologi che vissero in prossimità dell’epoca diCristo avrebbero potuto giudicare del fato dellareligione cristiana (se essa fosse sottoposta alfato) molto meglio dei loro successori. Invece siallontanarono tanto dalla verità, da affermaretemerariamente che essa sarebbe infallibilmentedecaduta non appena avesse compiuto 365 anni.In ciò ha mentito l’oracolo stesso di Apollo.

Aggiungi ciò che insegna il platonico Plotino,203

che gli effetti del mondo sublunare sono tuttisignificati dal cielo, ma non dipendono tutti dalcorpo celeste, poiché solo gli effetti corporeipossono essere operati dal corpo celeste; o, permeglio dire, possono essere compiuti attraverso di

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esso, come attraverso uno strumento, dagli stessimotori celesti. In verità, se vi è presso di noiqualcosa che vada oltre il corpo, e abbia accessoall’intelligenza e alla divinità, esso muove solodalla mente divina e dalle menti angeliche. Gliintendimenti e le volontà di queste menti possonospesso essere indicati dalle figure e dai movimenticelesti, come attraverso sguardi o gesti. Questodice Plotino. Perciò è certo che la religionemosaica e cristiana, in quanto cosa totalmentespirituale e divina, non poté essere prodotta daicorpi celesti, e nemmeno attraverso di essi. I moticelesti infatti operano sulla Terra attraverso mezziterreni.

In verità la legge divina fu per molti secoliturbata e afflitta da ogni tipo di male. Sembra chela nascita di Cristo sia stata segnalata in qualchemodo da Dio stesso, movendo e ordinando le sferecelesti in modo da indicare quel momento; Dio checosì e in tale momento previde e decretò che sistabilisse la sua religione.204 Nei libri di metafisicaAvicenna lo comprova, affermando che indeterminate fasi della vita del mondo le leggimorali e divine sono state inviate e ispirate dallaprovvidenza per il tramite di anime profetiche,quando l’ordine del mondo, per opera del motoredivino e dei suoi ministri, fu guidato a disporre inqualche luogo della Terra un corpo per l’animaprofetica, e i segni del suo avvento sia in cielo chein Terra. Forse fu questo ciò che David vollesignificare quando disse: I cieli narrano la gloriadi Dio, e il firmamento annuncia l’opera delle suemani.205 Forse a ciò tende in qualche modo anchequanto dice Albumasar: che gli Egizi e gli Indi

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hanno considerato nel primo volto della Vergineuna bella fanciulla seduta, che nutre un bambino,il cui nome presso alcune genti è Gesù, a quantopensa Albumasar.206 Ma l’immagine che vienepensata, o meglio raffigurata, in quel segno, sefosse stata la causa propria di Gesù, certo avrebbeprodotto, sia prima che dopo quel momento, oGesù stesso, o qualcuno di molto simile. Perciò sevi è nel cielo un’immagine di quel tipo, è segno, enon causa, della legge cristiana.

Il cielo è segno di molti eventi, senzaesserne la causa

Che dunque il cielo indichi molti eventi, senzacausarli, appare di nuovo chiaro da ciò, che i maliprivi di ordine non possono provenire da quellerealtà ottime e ordinatissime. Spesso tuttavia talicose vengono predette attraverso le posizionicelesti, intese come segni e non come cause, nondiversamente da come molti eventi, che nonaccadono affatto attraverso gli uccelli, sonoritenute da àuguri e aruspici come indicate dagliuccelli. Peraltro gli astrologi, nel considerare ognisingola natività, hanno l’abitudine di giudicaremolte questioni che riguardano i genitori, ifratelli, gli amici, i nemici, i servi, i coniugi: tuttepersone la cui sorte, pur se non proviene in alcunmodo dalla natività di un altro, viene da essaindicata. Ciò appare anche in quelle interrogazioniche vengono poste e svolte da loro sugli eventipassati. Infine, per dirla sinteticamente: comeogni giorno prevediamo, dallo sguardo, dai gesti e

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dalle parole, che uno sta per fare qualcosa, etuttavia egli porta a termine quanto ha deciso nona causa della nostra congettura, ma di propriavolontà; così dalle indicazioni che vengono dallesfere celesti gli eventi vengono spessopreannunciati, ma non sono prodotti e nemmenooperati dagli astri. Ne forniscono invece indizi,come attraverso i propri volti, le menti angeliche,che reggono e muovono le sfere. È per decisionedi quelle menti che i corpi celesti sono disposti inmodo ordinatissimo, o ricondotti all’ordine; ma glieventi vengono divinamente previsti dalleintelligenze superiori come prossimi ad avvenireper cause umane, e vengono mostrati a noiattraverso i segni celesti.

Su tale questione anche Tolomeo, Albumasar,Zahel e Manilio, oltre alle altre principali autoritàastrologiche, sembrano consentire con noi,quando affermano che i corpi celesti sono dotati dianime e menti umane, e come animali diviniobbediscono a Dio, reggitore di tutte le cose. Enon a torto; poiché lo stesso Tolomeo ammetteche la sapienza umana domina un’altra creatura,ossia le stelle, a tal punto da poter respingerequelle malefiche e favorire quelle benefiche;quella sapienza alla quale la divina sapienza hamirabilmente concesso di poter dominarecompletamente ogni sua opera. Di qui quel dettodi Avicenna: Ogni essere animato obbedisce aDio.207 Infatti, poiché è universalmente noto cheogni cosa quaggiù è operata dalla divinaprovvidenza, quando si parla dell’efficacia deicorpi celesti si dice raramente che essi fannoquesto o quello, ma più frequentemente si afferma

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che significano questo o quello. E come si pensache attraverso le stelle siano preannunciate lereligioni false e soltanto umane, lo si pensa anchedi quelle vere e divine.

Segni e testimonianze della divinità diCristo

Ma forse per questo i Magi, dottissimi inastronomia, sono partiti dall’Oriente versoGerusalemme nel momento in cui Gesù nacque,dicendo di essere stati avvisati dalla stella che inquel momento, e in quella regione, era nato,degno di adorazione, il futuro re di Israele. Il fattoche venissero ad adorare un bambino povero,dimostra assai bene che i Magi pensavano che nelfanciullo la divinità provenisse da un principiosuperiore al cielo; soprattutto in quanto eranocondotti da una stella più miracolosa che naturale.Ma che fossero venuti a Gerusalemme peradorarlo, testimonia quella crudele strage dibambini sotto Erode, della quale Macrobioasserisce che Augusto fosse informato,scrivendone ciò che leggiamo anche nel Vangelo:che cioè Ottaviano avesse detto: È meglio essere ilporco di Erode, piuttosto che suo figlio.208 AncheSvetonio scrive che fu antica e costanteconvinzione, in tutto l’Oriente, che per volere delfato, all’incirca nell’epoca di Nerone, uominipartiti dalla Giudea si sarebbero impadroniti delpotere. Ciò si addice al massimo grado a Cristo eagli apostoli. Anche la Sibilla aveva indicato ilmedesimo tempo nel quale sarebbe fiorita la

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Vergine, e una nuova progenie sarebbe discesadall’alto. Dal che appare chiaro che profeti, Sibillee astrologi concordarono intorno alla divinità delCristo.209

La religione cristiana viene solo da DioConcludiamo infine sulla legge divina. Sequalcuno ci obiettasse che Cristo ha operatomiracoli sulla base di un fato stabilito alla nascita,e di una congiunzione che lo assisteva, glichiediamo in qual modo innumerevoli altricristiani, nati in tempi e luoghi diversi, anchemolto dopo Cristo, abbiano operato miracoli, e neoperino quotidianamente. Peraltro, alla morte diCristo, l’eclisse, verificatasi al di fuori dell’ordineceleste, significa che Cristo è nato da un ordinesuperiore a quello del cielo. La legge divina nonmuove né dai corpi inferiori né da quelli superiori,poiché in nome del bene incorporeo e di Dio lidisprezzerà ambedue nel modo di vivere, e litrascenderà negli affetti. Negando e condannandoil fato, non dipende da esso; elevandosi al disopradi se stessa, in uno spazio immenso, versol’immenso Dio, non nasce dalla natura umana.Cercando il solo infinito, proviene da un unicoprincipio infinito.

Paolo Orticino, fiorentino, astronomo e medicostraordinario, 210 mi disse di essersi astenuto daigiudizi astrologici, perché essi sono difficilissimi,e le esperienze molto ingannevoli. Vanno infatticonsiderate così tante cose, che solo un sapiente,fortunato per natura, può prevedere un qualche

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effetto secondo le regole della scienza. Per di piùun effetto del genere non si verificherebbe, secolui al quale fosse predetto fosse un sapiente.Infatti il sapiente temperato riesce molto spesso aevitare l’effetto celeste.211 Aggiunse di aver curatoNicola Populesco, che soffriva di pleuresi all’età di45 anni, ciò che era stato tutto predettodall’astrologo, e anche che sarebbe morto dipleuresi; tuttavia in virtù delle sue cure avevasuperato quel termine. Affermò inoltre di pensareche molti superano ogni giorno con la diligenza itermini loro assegnati, mentre gli incontinenti e itemerari sono soliti realizzare le predizioni degliastrologi; che presso gli astrologi non esiste unaregola sufficientemente sicura intorno alla duratadella vita. Su questo punto gli uni procedonodiversamente dagli altri. Aggiunse di averosservato con la massima diligenza il proprio temanatale, e di non aver mai trovato il significatoredella vita, il datore degli anni, e quelladisposizione delle stelle che gli astrologi ritengonovantaggiosa alla vita. Tuttavia aveva superato inetà tutti i suoi familiari. Compì infattiottantacinque anni pienamente sano di corpo e dimente. Molte malattie lo avevano minacciato, inaccordo col tema natale, in momenti determinati;ma egli le aveva evitate mangiando e bevendopoco, e facendo molto esercizio fisico. Al contrario(Domenico) Mengo, (faentino), medico eastrologo,212 si è lamentato con me che due suoifigli erano morti durante l’infanzia per effetto dimalattie improvvise, fra gli opportuni rimedimedici, senza che sulla base del loro tema natalené lui, né un altro astrologo che con lui si era

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inteso, avessero potuto sospettare nulla delgenere. Infatti il concorso di tutti i pianeti e ladisposizione dei segni promettevano ad ambedueuna vita molto lunga; né poté trovare che ciò fosseavvenuto in virtù di una cattiva direzione o peruna nuova sfortunata disposizione del cielo. Da ciòderivò che egli, fino ad allora osservantissimo deigiudizi astrologici, cominciò a disprezzarli.

I compiti propri di una specie animale nonpossono essere del tutto vani, come per i ragnitessere la tela, per le api costruire l’alveare, per leformiche nascondere i granelli. Ancor meno vanisono i compiti dell’uomo, il più perfetto deglianimali. I principali sono sette: la religione, leleggi, i precetti, il biasimo, la deliberazione, lamedicina, l’agricoltura. I primi quattro spettanoall’anima, gli altri tre al corpo e alle realtàesteriori. Essi tendono in verità a questo fine:farci seguire il bene ed evitare il male. Il benepossiamo dunque conseguirlo, il male evitarlo.Plutarco e Aristotele scrivono che Licurgo,volendo mostrare quanto contano le regole e laconsuetudine, aveva ammaestrato due cagnolini.Se per i cani l’educazione è più forte delle qualitàcomuni fornite dalla natività e dai genitori, ciòvale a maggior ragione in rapporto agli uomini.Aristotele scrive che Erodico, uomo colto ma disalute assai scarsa, visse cent’anni grazie alla suasola diligenza; lo stesso dice Platone.213 Ancora:Plutarco narra che molti, per natura sempremalati, giunsero alla vecchiaia sulla base dellasola diligenza, come il poeta Fileta, Mecenate ealtri. Anch’io ne ho visti molti.

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La religione non deriva dagli astriTutte le cose si dispongono in cinque livelli. Infattii due estremi sono separati da tre medi. Ci sonodunque cinque tipi di corpi, ossia i quattroelementi e la materia prima. Ci sono cinque gradi,ossia il corpo, la qualità, l’anima, l’angelo, Dio;cinque sensi esterni, cinque interni; la stessasuddivisione in ogni qualità. Ci sono il necessarioe l’impossibile. Medio è il possibile, che ora è talenella maggioranza dei casi, ora nella minoranza,ora con eguale numero di probabilità, comeavviene nell’atto volontario. Dunque l’effetto èlibero, e non può essere previsto esattamente,quando scaturisce da una causa che non èorientata univocamente verso un effetto. Alcuniastrologi hanno detto che la religione di Cristosarebbe durata trecentosessantacinque anni; altrinovecento; gli uni e gli altri si sono ingannati. Unmio amico predisse, senza alcuna scienza, moltecose che avvengono casualmente, e un certoAngelo, artigiano del vetro, disse a uno che baravaal gioco: Tu sarai impiccato: e così accadde. Pliniodisputa contro gli astrologi. Geremia dice: Nonabbiate paura dei segni del cielo, che i Gentilitemono.214

Gli astrologi vietano di assumere farmaciquando la Luna è in Toro, perché è un animaleruminante; perciò il farmaco potrebbe indurre ilvomito. È una ragione del tutto vana, quasi che lacostellazione possa ruminare e vomitare per ilfatto che l’animale rumina. È noto ai medici e agliagricoltori che sia per i farmaci che per le piante igiorni proibiti dagli astrologi sono i migliori. Allo

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stesso modo è vano dire che a un tale vengatagliata la testa per il fatto che ha in ottava casauna stella senza capo, quasi che le stelle sianotalvolta decapitate e, indignate, decapitino glialtri. Perché mai altrove nessuno si vede tagliarela testa, sebbene siano in molti a nascere conquella posizione della stella? Dicono che ilCapricorno genera uomini che ascendonogradualmente a grandi successi, per il fatto che lacapra si arrampica in alto; che lo Scorpione rendegli uomini maligni e subdoli, per il fatto che è unanimale velenoso e si sposta per linee oblique; chei Pesci e il Cancro producono pescatori. Sono tuttefinzioni. Di ciò che predicono non indicano mai lecause, ma allegano soltanto esempi empirici deltutto fallaci, come dice anche Avicenna. Diconoinfatti: Si è osservato che un pianeta disposto inquesto modo significa ciò. La cosa tuttavia è stataosservata da pochissimi e in pochissimi casi.Perciò l’astrologia non è scienza: perché gliastrologi mentono tanto quanto gli astronomimisurano.215

Se mentono riguardo ai frutti della terra, aicambiamenti dei tempi, ancor più lo fanno perquanto riguarda le malattie, i comportamenti e leazioni degli uomini. Infatti attraverso gli elementiil mutamento deriva ai corpi sublunari da quellisopralunari, e le piante sono sottoposte al cieloassai più degli uomini. Quattro astrologi hannoscritto che quest’anno ci sarebbe stata grandeumidità, ma non vi è stata mai una siccitàmaggiore. L’astrologia non è una grande scienza,perché non è affatto una scienza, in quantoprocede sempre dagli effetti, per di più raramente

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verificati, e da esempi remoti. Ma sembra grandea uomini di scarso giudizio, per il fatto che sonograndi le entità celesti delle quali tratta.Accorgendosi di ciò, Tolomeo dice: I nostri giudizistanno fra il necessario e il contingente, nédebbono essere forniti con caratteri di specificità,ma in forma generale, alla maniera di colui cheindaga la cosa da lontano. Quest’anno hoosservato i giorni che gli astrologi avevanoindicato come giorni del cambiamento del tempo:in quei giorni esso non è mai avvenuto. Non èinfatti sufficiente la disposizione del cielo: ènecessario anche osservare la collocazione e lanatura del luogo. Da una parte non piove mai, nontira mai vento e non si forma ghiaccio; da un’altranon c’è mai caldo, in rapporto alla natura deiluoghi, pur se gli astri generano lo stesso influsso.Ancora: l’identico vento in un luogo reca lapioggia, in un altro il cielo sereno; da una parteclima salubre, dall’altra malattie. Guarda come èefficace la natura del luogo. E di due porzioni dineve, cadute nello stesso momento, l’una siscioglie in un giorno, l’altra gela a lungo per unasettimana.

L’anima è la forma del corpo. La forma è perogni cosa la sua propria operazione attiva; l’animapossiede dunque una capacità operativa propria.Essa non risiede nell’intelletto, poiché l’intellettoè passivo. Risiede dunque nella volontà. Ma,poiché una potenzialità attiva non è determinatadall’oggetto, la volontà tende liberamente ad esso.Diciamo infatti che procede liberamente ciò che siscioglie in qualcosa d’altro senza esservi da essocostretto. Ancora: l’anima è certo la più nobile

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delle forme naturali. Perciò non è determinata danessuna di tali forme. Ammettiamo che l’intellettosottoponga alla volontà due ipotesicontraddittorie, che appaiano contenere unaporzione del tutto eguale di bene, ad esempio:andare o non andare. Nessuno dirà che la volontàpotrà non scegliere né l’una né l’altra: in questocaso dovrebbe esserci un termine medio fra i duecontrari. Nemmeno si ammetterà che la volontàpossa far proprie ambedue le ipotesi: in tal casoessa si muoverebbe in modo contraddittorio.Dovrà dunque orientarsi verso una delle due. Seinfatti si dirigerà verso uno solo dei due terminidell’alternativa, vorrà dire che procedespontaneamente, senza essere costretta.

L’essere che agisce volontariamente è più nobiledi ciò che agisce necessariamente, in quantoaggiunge alla natura l’intelligenza, è padronedella propria azione, le pone una misura, leprescrive una finalità, porta avanti in formadiversa cose diverse. Dopo aver rintracciatonell’ordine delle cose l’agire necessario,troveremo anche l’agire volontario. Ciò che agiscenaturalmente agisce secondo necessità, in modo,per così dire, coatto: non può non agire in quelmodo, quando la materia sia stata predisposta enon si frappongano impedimenti. Ciò che agiscevolontariamente agisce invece, per così dire, inmodo contingente e libero, sicché agire e nonagire vengono a equivalersi. Ma dovunque vi siauna ragione o un’essenza, vi è anche la sua qualitàpropria. Essendoci dunque nell’uomo la ragionedella volontà, vi sarà anche la ragione dellalibertà. Se la contingenza non si desse nelle azioni

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volontarie, sarebbe ancor più difficile rintracciarlanelle azioni naturali, e nel mondo non vi sarebbequell’ordine delle cose contingenti, intermedie frail necessario e l’impossibile, la cui esistenzaabbiamo invece riconosciuto necessario affermarerelativamente al mondo sublunare; sarebbe vano,anche, deliberare intorno alle azioni che possonoessere effettuate in modi diversi. Né Dio potrebbeconcedere premi o infliggere castighi, se noiagissimo bene o male in virtù di una costrizione.

Il nuovo nato esce dall’utero non tutto insieme,ma membro a membro, impiegando forse undecimo di ora, spazio di tempo nel quale in cieloavvengono lunghissimi cambiamenti. Perciò ci sichiede se si debba notare il momento nel quale èla testa a venire alla luce, oppure quello nel qualeescono gli omeri o le altre parti del corpo, oppurel’ultimissimo momento, quello che riguarda ipiedi; e se siano diverse le sorti dei diversimembri del corpo. In ogni caso, il giudizio degliastrologi è reso incerto dal lungo intervallo ditempo che la nascita occupa.

Poiché i cieli sono mossi dall’intelletto, ed esso èprovvidente, la provvidenza dell’intellettoproviene dalla provvidenza propria di Dio, cheprovvede a tutto: ciò è dimostrato da Tommaso,del quale si possono vedere i molti capitoli sulcielo. Ho osservato che a noi uomini non accadenulla senza che sia possibile individuarne pressodi noi, o ancor meglio in noi stessi, la causamanifesta e pienamente sufficiente. Che bisognodunque c’è di ricorrere a cause remote e generali,che non esercitano influssi se non generali eindifferenti, contratti poi in vario modo da cause

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particolari? Se in qualche caso non si riuscisse arintracciare presso di noi la causa di un effetto, oquanto meno una causa sufficiente, solo alloradovremmo convertirci alla ricerca di una causaremota.

La fallacia degli astrologi è accresciuta dallanostra tendenza a proiettare sugli astri leresponsabilità che abbiamo nei confronti deinostri mali, e dal nostro desiderio di novità e dieventi grandiosi. Ma nessuno di quanti hannoavuto a che fare con loro ha potuto evitare dipentirsi. È infatti chiaro che o non hanno ottenutonulla, oppure soltanto del male. Come possonoricavare giudizi dai temi natali, quando unnaufragio, un incendio, una battaglia o unapestilenza uccidono nello stesso giorno centomilauomini nati in tempi e luoghi diversi? Dicono checiò avviene perché l’influsso universale di unacometa, o di una eclisse, o di una congiunzione,assorbe le cause particolari. Questa affermazioneè però in contrasto con la filosofia, poiché alcontrario è la causa particolare che specificaquella universale. Non possono dunque in alcunmodo trarre giudizi dal giorno natale. Lo stessovento e la stessa nebbia causano simultaneamentela medesima malattia a persone innumerevoli, inqualunque momento siano nate. Molti, invece, puressendo nati nello stesso momento, non siammalano nello stesso momento, in quantorisiedono in luoghi diversi; e molti, senza esserenati simultaneamente, si ammalano nello stessomomento a causa della stessa nebbia. Ne deriva ilfatto che gli abitanti della campagna vivono più alungo, e sono più sani, di quelli della città, e quelli

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della montagna, in qualunque momento nascano,vivono più di tutti, e i figli sono molto simili aigenitori, non per effetto delle stelle. Ancora: imontanari sono crudeli, gli altri più miti, inqualunque momento siano nati: che cosa hannodunque a che vedere Marte con la ferocia, oVenere con la mansuetudine, se non in rapportoalla disposizione del soggetto e del luogo?

Attività, studi e alimenti diversi influenzano inmodi diversi i corpi e gli animi; lo stesso fanno leconsuetudini, sia pubbliche che private, e gliesempi. Persone innumerevoli nascono ognigiorno nello stesso momento, ma non c’è nessunola cui fortuna e natura sia del tutto simile a quelladegli altri. Nascono nello stesso momento moltianimali ed erbe, ma la disposizione della specie,per effetto della sorte, è diversa in ognuno di loro;neanche la durata della vita è identica, bensì digran lunga diversa. In uno stesso istante nasconoindividui diversi rispetto alla specie, in quantonascono da specie diverse; e nella stessa specienascono individui diversi, in quanto nascono daindividui diversi. Così infatti gli individui vengonodagli individui, come le specie dalle specie. Cisono alcune caratteristiche proprie delle famiglie:gli uni sono tutti sanguigni e allegri, gli altricollerici; gli uni ingegnosi, gli altri più lenti. E duepersone nate nella stessa famiglia in momentimolto diversi si assomigliano più di altre due, natenello stesso istante in due famiglie diverse. Dadove deriva ciò, se non dalla complessione deigenitori, dall’educazione e dall’esempio? Tutti ipellegrini nella città di Livorno si ammalano emuoiono: da dovunque vengano, e di qualunque

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età siano, si ammalano non appena il vento soffiadal litorale paludoso; dico in estate e non ininverno, ciò che altrove non accade. Qualcosa disimile, ma non eguale, avviene a Palermo, aPiombino e a Roma. Molti, giovani e vecchi, siammalano nello stesso momento perché si cibanonello stesso momento dello stesso alimento; equanti temerariamente si affaticano nello stessomodo, si ammalano nello stesso modo. GiacomoGherardini, mio vicino a Firenze, ha due figligemelli, ormai adulti, nati uno dopo l’altro senzaintervallo di tempo. Uno è più ricco d’ingegno,morigerato e gentile; l’altro è più grosso. Uno haavuto la peste, l’altro no. Uno ha spesso avuto lafebbre, quando l’altro non l’aveva; l’altro, anzi,non l’aveva mai. Uno ha viaggiato in lungo e inlargo e si è fermato all’estero, l’altro no. Non sidilettano affatto delle stesse attività econversazioni; insieme non passeggiano spesso,anzi lo fanno raramente. Il padre pensa che lacausa di queste differenze sia la diversità dellenutrici, e il fatto che l’uno sia stato all’estero,l’altro no. Dunque non è il momento della nascitaa decidere tutto. Ho appreso cose dello stessogenere di altri gemelli miei vicini, ponendodomande proprio ai gemelli. Se poi gli astrologidicessero che è lo spazio di tempo intercorso fral’una e l’altra nascita a contare, risponderei chenemmeno di una singola nascita possonoindividuare il momento preciso: possono soltantotener conto di una porzione di tempo lunga efrantumata.

Che la volontà non possa essere costretta, lo siprova in tre modi: a partire dall’intelletto, dalla

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volontà, dall’oggetto. Prima dimostrazione:l’intelletto dà necessariamente il proprio assensosia ai princìpi, sia alle conclusioni che da essi vedescaturire necessariamente. La volontà invece dànecessariamente l’assenso solo al fine ultimo, manon lo dà necessariamente a nessuna delle vie chead esso conducono. Le cose, infatti, vengonointese per come si presentano all’intelletto, mavengono appetite come sono in se stesse, e sonocongiunte alle loro condizioni. Nulla viene dunqueconsiderato nelle conclusioni se non in quantoscaturisce dai princìpi; anzi chi intende i princìpiintende necessariamente le conclusioni cheappropriatamente ne seguono. Se dunque ciò cheè collegato al fine non avesse in sé null’altro chequesto, condurre appunto al fine, chi vuoleraggiungere necessariamente un certo fine, adesempio la salute, dovrebbe necessariamentevolere ciò che ad essa conduce, ad esempio unacerta pozione. Ma poiché la pozione, in sé e persé, è amara, uno può desiderare la salute etuttavia detestare la pozione, in quanto è amara.

La seconda dimostrazione si conduce a partiredall’atto della volontà. Quest’atto è il volere. Adesso si oppone la coazione. Se dunque la volontàfosse costretta a volere, vorrebbe non volendo, ciòche implica contraddizione. Si è infatti costretti adagire, allorché si agisce controvoglia, e nonvolendo. Se dunque la volontà è costretta a volere,vuole controvoglia e non volendo. Se si dicesseche, poniamo il caso, colui che si rifiutasse diuccidere verrebbe fatto uccidere dal tiranno,risponderei che non sarebbe costretto a sceglierenessuna delle due cose. Infatti qualunque cosa

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decida, sarà frutto della volontà piuttosto chedella non volontà. Certo nessuna delle due cose,considerata assolutamente, è volontaria; ma, nelcaso proposto, ciò che è volontario si determinaanche in relazione al suo opposto.

La terza dimostrazione muove dall’oggetto,ossia dal bene in sé. La natura propria del benenon è quella di costringere (ciò che ha in sé unelemento di male), ma di attrarre e blandire (ciòche ha in sé un elemento di bene). La volontàdunque, quando viene mossa dal bene, èblandamente attratta verso di esso, ciò checontrasta con la coazione. Per riassumere, ognicosa si muove secondo la forma di movimento perla quale è nata. Infatti gli atti degli agenti vengonorecepiti in rapporto alla natura del soggetto. Ma lanatura della volontà è il volere. Essa dunque nonsi muove se non volendo. Il suo movimento è ilvolere. Se si dicesse che essa può muoversicontrovoglia, sarebbe come dire che vuolemuoversi o senza volere, oppure senza muoversiaffatto. Come infatti il suo volere è il suomuoversi, così il suo non volere è il suo nonmuoversi. Nei casi di frenesia, l’uso del liberoarbitrio è intermittente, e si ha coazione; maquando c’è il libero arbitrio, esso non può esserecostretto. La costrizione ripugna infatti a chi èdotato di volontà. Se poi si dicesse che la volontàpuò essere costretta da Dio, risponderei che Dionon fa sì che avvengano eventi che implichinocontraddizione, ad esempio che il corpo pesantesalga naturalmente verso l’alto: in questo caso,esso sarebbe infatti contemporaneamente pesantee non pesante. Allo stesso modo, Dio non fa sì che

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ciò che è libero sia costretto, finché rimane libero.Perciò Anselmo dice: Un uomo può essere legatocontrovoglia, poiché può essere legato nonvolendolo; può essere torturato controvoglia, inquanto può essere torturato non volendolo; puòessere ucciso controvoglia, poiché può essereucciso non volendolo; ma non può volerecontrovoglia, poiché non può volere nonvolendo.216

La volontà muove se stessa non perché dia a sestessa la forma – la riceve infatti dall’intellettobuono –, ma perché si determina in tre modi. Ilprimo: quando ciò che deve fare è dubbio, puòspingere l’intelletto a indagare i modi nei quali èpossibile conseguire il fine. Se pure sia stata inprecedenza non determinata, spinge cosìl’intelletto a determinarla. Il secondo: ladeterminazione avviene in ragione dell’oggetto.Se infatti le si presenta qualcosa di buono sottoogni riguardo, la volontà lo vuolenecessariamente; se si presenta qualcosa ditotalmente malvagio, necessariamente lorespinge. Così ognuno necessariamente vuoleessere felice e fugge la miseria. Ma se si presentaqualcosa che è buono sotto un certo profilo,malvagio sotto un altro, la volontà potrà volerlo inquanto buono, e non volerlo in quanto cattivo. Adesempio, fornicare è cosa buona in quantopiacevole, cattiva in quanto contraria alla legge.Qui la volontà può determinarsi a ognuna delledue possibilità. Si chiede se determinarsi sia unatto. Rispondo che non è necessario che lo sia:basta infatti che sia desistere da un atto. Infatti,se la volontà desiste da una possibilità, per il fatto

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stesso di desistere si determina verso unapossibilità diversa: il che significa muoversi,poiché determinandosi si rende capace diallontanarsi da ciò che ha appreso come buono,mentre prima, finché restava indeterminata, nonpoteva muoversi. Il terzo: la determinazioneavviene in quanto la volontà si rapporta all’atto. Ilsuo atto, infatti, è il volere; ed è il bene appreso amuovere in lei il volere, poiché vuole in quantoprende forma da esso. Questo è dunque l’ordine:in primo luogo c’è l’intenzione tesa al fine;vengono secondo il consiglio, terzo il giudizio,quarta la sentenza, quinta la determinazione,sesto il consenso, settima la scelta. I primi quattrosono di pertinenza dell’intelletto congiunto con lavolontà; gli ultimi tre riguardano la volontàcongiunta con l’intelletto.

Dico che il bene appreso dall’intelletto si mostraalla volontà e in tal modo la richiama. Dio cichiama attraverso il bene spirituale; il diavoloattraverso quello corporeo. La volontà può seguiresia l’uno che l’altro, e quando desiste dall’uno, sidetermina in rapporto all’altro; cioè, se non seguel’uno, segue l’altro. È chiaro di qui che, nonseguendo l’uno, si determina all’altro. Ma sidetermina doppiamente. Infatti, se fugge daquesto, si determina a quello; e mentre noncontraddice questo, consente all’altro. Così rendepossibile a questo muoverla; si dice che si muove,proprio per il fatto che non contrasta talemovimento, ma si lascia muovere, mentre avrebbepotuto resistere.

Ciò che è bene e fine in sé, non contenendonulla di male, o che possa dispiacere, muove

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necessariamente. I singoli beni, che sonomescolati a qualche difetto e presentano qualchecosa che può dispiacere, non muovononecessariamente. Le stelle agiscono sulle sfere, eattraverso questo intermediario influisconorealmente sui corpi sublunari. La luce delle stelle,sebbene provenga da una sorgente sola, assumetuttavia energia diversa in ogni diversa stella, inmodo da generare varie realtà; così come le formeideali, presenti nella mente dell’artefice,attraverso gli strumenti rendono le formemateriali realizzate dall’arte simili più all’arte cheagli strumenti. Così le forme intellettuali presentinelle intelligenze angeliche, operando attraversogli strumenti celesti, rendono le forme naturalinella materia congrue piuttosto a quelle forme chenon alle sfere.

Che il cielo si muova circolarmente, dipendedalla sua natura sferica. Che poi da questo motoderivino tante specie diverse, e cosiffatte, dipendedalle specie che sono nella mente angelica. Che ilcielo non sia mosso da una forma puramentenaturale, appare chiaro per tre ragioni. In primoluogo: il moto naturale, sia in rapporto alla forma,sia in rapporto al luogo, nasce dalla privazione.217

Se dunque il cielo fosse mosso per opera di unaforma naturale, avrebbe bisogno di un luogonaturale verso il quale muoversi. Ma in qual modopotrebbe mancare di un luogo proprio, esso cheriempie tutto lo spazio e non muta mai luogo? Insecondo luogo: perché si muoverebbeaccidentalmente. Infatti chi gli avesse dato taleforma si muoverebbe da sé, come appare chiaronel moto degli elementi. Ma è assurdo che

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avvenga per accidente quel moto che è causadegli altri moti. In terzo luogo: perché simuoverebbe istantaneamente. Dove non ci sonocontrasti e resistenze, infatti, il moto è istantaneo.Così in un attimo la luce giunge da Oriente aOccidente, e la pietra, se l’aria non opponeresistenza, cade istantaneamente. Ma nel motodel cielo non vi sono resistenze né contrasti. Ilcorpo non agisce direttamente se non sul corpo esull’energia corporea. L’intelletto e la volontàsono energie immateriali, poiché su tutto operanol’astrazione e prediligono i concetti astratti.Dunque il cielo non agisce su di essi; intendo dire,non direttamente. Agisce invece direttamente sulcorpo; in modo riflesso sugli organi di senso, inquanto corporei; sull’intelletto, in nessun modo.Intelletto e volontà possono dare l’assenso alsenso, soggetto all’inclinazione celeste. Né si dicache, come il nostro corpo è sottoposto al corpoceleste, così la nostra mente è sottoposta al cielo,poiché il nostro corpo viene da quello, mentre lamente non viene da nessun corpo, né dalla menteche muove il cielo, ma da Dio. Aristotele218 diceche assoggettare la mente al cielo equivale afarne un senso.

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SULLA STELLA DEI MAGI, CHE LIGUIDÒ A CRISTO, RE DI ISRAELE,

QUANDO FU NATO1

Concedici, Signore, il tuo favore, mostraci oggi latua stella, quella che un giorno hai mostrato aiMagi. Lei che condusse i Magi a Cristo, conducanoi ai misteri di Cristo.

Sorgerà una stella da Giacobbe, si leverà unaverga da Israele. Con queste parole Balaam, nellibro dei Numeri, predice il futuro Messia.2 Ungiorno una stella sorgerà in modo straordinariosulla Giudea. Balaam abitava nella regioneorientale, verso Gerusalemme, dove vi erano iMagi, fra i quali c’erano sacerdoti assai esperti inastronomia, che governavano il popolo. Essidunque, attenti indagatori dei segni celesti,avevano annotato l’evento che, secondo Balaam,sarebbe stato indicato dal prodigio della stella.Infine, quando Cristo nacque, una cometastraordinaria rifulse nell’alto del cielo. Che cosapensassero i dotti della cometa, lo attesta Origenenel Contra Celsum, dicendo di aver letto nel librodi Cheremone stoico sulle comete che ogni tantoesse significano eventi prosperi e felici. Di queltipo sarebbe stata quella che brillò nell’epoca diOttaviano. Dice che di essa lo stesso Cheremoneespose la storia; e aggiunge che i Caldei, dopoaverla osservata ed essersi accorti che i lorodemoni erano indeboliti, si recarono in Giudea,per adorare un dio più potente dei loro demoni.3

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Testimonia ciò anche il nostro Calcidio, ilplatonico, che riferisce diverse storie sulle stelle.Quelle che si vedono raramente, portano grandicalamità. Poi, aggiunge, c’è anche un’altra storia,più santa e venerabile (che attesta fosse stataosservata anche dai Caldei), che dice che con lanascita di una certa stella furono annunziate nonmalattie e morte, ma la veneranda discesa di Dio,a portare la grazia della salvezza dell’uomo e dellecose mortali. I Caldei venerarono dunque il dioappena nato, recandogli doni. Ciò dice Calcidio.4

Ne è testimone anche Svetonio, con queste parole:Una antica e stabile opinione aveva percorso tuttol’Oriente, secondo la quale il fato stabiliva che inquell’epoca alcuni uomini, partiti dalla Giudea, sisarebbero impadroniti del potere; per questo iGiudei si erano di nuovo scontrati con i Romani ederano stati sconfitti.5

Da ciò si ricava che in qualche modo gliastronomi orientali, attraverso le regoledell’astrologia, e attraverso segni che siaccordavano con esse, avevano giudicato chefosse nato in quel tempo un re che avrebberiformato il mondo in meglio, con straordinariaautorità. Nel giudicare la cometa prospera esalutare, infatti, riconoscono che essa viene dallanatura del Sole, di Giove e di Venere. Insegnanoinfatti che quando il colore è plumbeo la cometa èsaturnia, e significa peste e penuria. Quando è delcolore del fuoco, è una cometa marziale, e indicabattaglie e incendi: la maggior parte sono state diquesti due tipi. Infatti la forza focosa e impetuosadi Marte attrae in alto i vapori terrestri, nellaregione più alta dell’aria, vicina alla sfera del

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fuoco, dove essi si infiammano. Dalle comete, daisegni e dai pianeti traggono giudizi su diversieventi; da quelle che quando sorgono, circondatedalla chioma, volgono da Mezzogiorno aSettentrione, e viceversa. Dunque, quando gliastronomi d’Oriente, nel mese di dicembre, viderosorgere una cometa all’inizio del Sagittario,giudicarono che fosse una apparizione benefica,perché spandeva raggi aurei, secondo la naturadel Sole; argentei, secondo la natura di Giove;misti, secondo la natura di Venere. Forse ancheGiove, in quel momento, si trovava all’inizio delSagittario. Il Sole, se facciamo bene i conti, eraalla metà del segno. Probabilmente Venere,sempre vicina al Sole, occupava gli ultimi gradidel segno; questa è probabile fosse laconfigurazione del cielo alla nascita di Cristo, nelmese di dicembre, se è nato dopo la metà dellanotte.6 Si legge infatti nel Vangelo che, mentre ipastori custodivano a turno le vigilie della notte,l’angelo disse: Oggi è nato.7

Grande ammirazione, e grandi dispute, causòagli astrologi questa configurazione celeste. Sullabase delle posizioni di Giove, del Sole e di Venere,giudicarono infatti che fosse un re molto giusto, dialtissima fama, molto misericordioso; ma perquella del Sole non poteva essere molto ricco.Come potrà dunque essere un gran re, e povero?Considerando Giove, ascendente nell’angolo deltema, giudicarono la genitura molto propizia; masarebbe stata sterile, per la presenza della Lunanel primo volto della Vergine, essendo in evidenzauna vergine piuttosto che una gravida. Sulla basedi questi giudizi degli astrologi, e anche delle

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predizioni di Balaam e degli altri profeti, unaopinione diffusa percorse tutto l’Oriente: era nato,o era stato designato, un re di giustizia – in virtùdi Giove – ; di verità, in virtù del Sole; di grazia, invirtù di Venere; ma non si conosceva il luogo doveera nato.

Ma la cometa li indirizzò verso due mesi, inrapporto alle due ore del segno ascendente;8 e sesi volgeva da Mezzogiorno verso la Giudea,tuttavia non indicava un luogo certo. Fino a quelmomento, infatti, essendoci ambedue lepossibilità, non si sapeva se fosse già nato o sestesse per nascere; se fosse mandato dal cielo,oppure venisse per volere divino. Ma poiché lacometa si mostrò di nuovo dopo due anni,riferendosi dunque ai due mesi, e questa volta nonin alto, ma negli strati più bassi dell’aria, i Magi,riconoscendo la cometa precedente, seguirono ilsuo spostamento, e sotto la sua guida giunsero, inquarantuno giorni, a Gerusalemme. Noncercavano più un re umano, ma un re divino.Vedevano infatti che il tipo di cometa, e il suomoto, non potevano essere naturali. Che i Magisiano giunti, e abbiano narrato a Erode la nascitadi un così grande re, e il momento nel quale eraavvenuta, può essere testimoniato non solo dalVangelo, ma anche da Macrobio, che dice: QuandoAugusto sentì dire che tra i fanciulli fatti ucciderein Siria da Erode, re dei Giudei, c’era anche suofiglio, esclamò: meglio essere il porco di Erode,piuttosto che suo figlio.9

Penso dunque che la cometa, non naturale madivina, fosse mossa, e dotata di luce,dall’arcangelo Gabriele. Proprio lui, che aveva

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annunziato10 a Zaccaria Giovanni, precursore diCristo, e Cristo a Maria, fu lui a mostrare aiGentili la nascita di Cristo e il luogo nel quale eraavvenuta; e attraverso i Gentili convinse anche iGiudei. E sotto forma di stella informò gli studiosidelle stelle, e attraverso la luce della stella, trattadal Sole, li condusse verso il Sole.

Gli astronomi recavano oro al re appena nato,perché lo giudicavano solare; attraverso l’incensoprofumato indicavano la grazia di Venere;attraverso la mirra indicavano una vita sotto ilsegno di Giove, ignara della putrefazione. Nellostesso tempo, questi doni sono confluiti in un altromistero. Infatti con l’oro lo aiutarono, poiché erapovero; con la mirra rafforzarono il tenero corpo;con l’incenso profumarono la stalla. Gli offrironol’oro in quanto re; l’incenso in quanto sacerdote;la mirra in quanto Dio.11 È probabile che la cometafosse un angelo: come l’angelo in aspetto umanodiresse il viaggio di Tobia,12 così l’angelo in formadi stella guidò il cammino degli astrologi versoCristo. Infatti, come attesta il Mosè egizio, il piùdotto dei dotti ebrei, l’altissima conoscenza dellestelle condusse Abramo a capire, solo e per primonella sua generazione, che c’è una sola causaprima dei cieli, e ad adorarla supplichevole.13

Ottenne dunque da Dio il lume della grazia, e laprofezia. Ma torniamo alla cometa.

Secondo il Vangelo di Luca, nel momento in cuiCristo nostro nacque, un angelo del Signorecircondò di luce i pastori, e annunciò loro unagrande gioia, dicendo: Oggi è nato il salvatore delmondo.14 A buon diritto disse «oggi», quasi volessedire «in questo giorno», sebbene si fosse forse alla

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metà della notte. La luce della cometa portavainfatti in quel momento il giorno; di qui quel dettodi Davide: E la notte si illuminerà come il giorno.Poi l’angelo, voltosi a Oriente, condusse subito lacometa verso la Persia, per guidare da lì i Magiverso Cristo. Di qui quel detto di Isaia: Sorgi,illumina Gerusalemme, poiché viene la tua luce, ela gloria di Dio è sorta sopra di essa,15 ecc. E lagente camminerà nella tua luce. Infatti, quando ènato il Signore, questa luce è apparsa intorno aGerusalemme. A questa luce, dunque,camminarono i Magi Gentili. Spostatasi primadalla Giudea verso Oriente, tornò infatti poidall’Oriente verso la Giudea, guidandovi i Magi.Che la cometa fosse quello stesso angelo cheaveva annunciato la grande gioia ai pastori, locongetturiamo dal fatto che i Magi, quando viderodi nuovo la stella, si rallegrarono grandemente; hodetto grandemente, perché già avevano gioito,come i pastori, la prima volta che l’avevano vista.Ora si rallegravano molto, perché è sommamentegradito che sopravvenga nella sua pienezza ilbene che hai già gustato altre volte, e sia possibilericeverlo di nuovo dopo che è cessato.

Lo stesso angelo che aveva condotto, con raggivisibili, i Magi a Cristo, ammonì poi, con raggiinvisibili, le menti dei Magi addormentati a nonrecarsi a Gerusalemme; e ammonì Giuseppe afuggire in Egitto con il bambino. Alla morte diCristo, è l’angelo a provocare una eclisse di Solein modo soprannaturale, proprio durante ilplenilunio, e a trasformare, a mezzogiorno, il dìnella notte; lui che alla nascita di Gesù, in formadi cometa, aveva trasformato la mezzanotte in

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giorno. 16 Di qui quel detto di Davide: Come le suetenebre, così la sua luce;17 poiché ambedue sonocompiuti dallo stesso angelo, e tutte e due le voltenel momento medio, sia del giorno che della notte.Ma in che modo l’angelo condensò la cometa?Stando direttamente nella zona mediana dell’aria,riunì mille stadi di aria, sparsi intorno a lui, in unospazio più ridotto; li legò a sé con straordinariopotere, come un corpo all’anima, e li separò daogni altro elemento. Poi, grazie all’energia delcoagulo, molto lattice viene spinto in uno spaziomolto angusto, e viene separato dall’acqua. Maperché l’angelo ha condensato l’aria? Perché laluce che stava per imprimere all’aria potesseessere percepita dall’occhio umano. Infatti ciò cheè troppo rarefatto sfugge alle capacità della vista.Da dove trasse la luce da trasmettere a quelcorpo? Dalla luce della propria intelligenza. Inessa è infatti una luce intellettuale e invisibile, chetrasmessa all’aria diventa visibile; nell’aria piùsottile è visibile ai beati; in quella più densa,anche agli altri.

Abbiamo detto che i Magi sono giunti aGerusalemme il ventunesimo giorno dopo lanascita, quando Maria, rispettato il tempo dellapurificazione, portò il figlio al tempio. Dunque, nelgiorno in cui Simeone e Anna conoscono giàCristo, 18 i Magi lo predicano a Gerusalemme, eancora non lo conoscono. Il giorno doporaggiungono Betlemme. Ma poiché Giuseppe,all’avvicinarsi dei Magi, riceve l’ordine di fuggirecon il bambino, non è probabile che abbiacondotto al tempio il bambino dopo l’ordinedivino; è invece verosimile che i Magi abbiano

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salutato il fanciullo dopo la purificazione.Ciò che abbiamo detto del Sagittario, sulla base

di calcoli di alcuni, potrebbe a mio parere esseredetto a maggior ragione della Vergine e dellamezzanotte. Mentre Cristo nasceva, dovevasorgere necessariamente uno dei dodici segni. Ionon so quale segno riferire a colui che è nato dauna vergine, più della Vergine. E soprattutto ilprimo volto di questo segno. Infatti ogni segno hatre volti. Nel primo volto della Vergine, cometestimonia Albumasar,19 gli Indi e gli Egizi hannocontemplato l’immagine di una fanciulla vergine,bellissima, seduta, che allatta un bambino. Ilsorgere di questo volto si addice in massimo gradoal fanciullo che nasce da una vergine, e per chi fabene i calcoli, è quello il volto che sorge, nel mesedi dicembre, a mezzanotte. Fu questo il volto nelquale si ritiene si fosse accesa la cometa, che funon causa, ma segno di Cristo. Se infatti avesseavuto la forza di causare un parto virgineo, certolo avrebbe fatto più spesso, in tanti secoli. Ma icorpi celesti non possono affatto creare unareligione che, messo da parte il cielo, veneriqualcosa che è al disopra del cielo, e speri in esso:il fato celeste non può favorire una legge cheneghi il fato.

La luce che dal Bene si diffonde attraverso tuttigli spiriti, è benefica. Essa consente di muoversiverso il bene, e di acquietarsi in esso; fa sì che tuami il bene, e di esso ti diletti. Qualunque beneparticolare reca sempre l’immagine del bene insé. Gli uomini che non possiedono la carità, quelliche sono tormentati dall’invidia, cominciano giàlentamente a cadere nelle tenebre, fuori dai

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benefici della luce. Infatti odiano il bene, e sidolgono a causa del bene.

Figura 1

L’oroscopo di Cristo secondo Pierre d’Ailly(da L. Ackermann Smoller, History, Prophecy, and

the Stars. The Christian Astrology of Pierre d’Ailly, 1350-

1420, Princeton University Press 1994, p. 18)

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LIBRO DEL SOLE DI MARSILIO FICINO,AL MAGNANIMO PIERO DE’ MEDICI1

PROEMIO

Proseguo ogni giorno, sotto i tuoi auspici, nellanuova interpretazione di Platone, che hointrapresa ormai da tempo; e, come sai, lachiarisco con più frequenti distinzioni di articoli econ esposizioni (argumenta), quando la cosa lorichiede, più lunghe. Giunto ora a quel misteroplatonico, nel quale con grandissima arteparagona il Sole a Dio stesso,2 mi piacquespiegare con un po’ più di larghezza unaquestione di così grande importanza; soprattuttoperché il nostro Dionigi Areopagita, 3 primo fra iplatonici, la cui interpretazione ho tra le mani,abbraccia volentieri tale similitudine fra il Sole eDio. Dopo aver vegliato molte notti a lavorareintorno al Sole, quasi fosse una lucerna, pensai diisolare dall’opera complessiva questa elevatissimaquestione, e di corredarla con uno specificocompendio. E di inviare questo misteroriguardante il Sole, quasi dono apollineo, a te chesei alunno di Febo, guida delle Muse,4 e seipatrono delle Muse; a te, cui è dedicata tuttaquesta nuova interpretazione di Platone, affinchéda questa luce, quasi fosse la Luna, tu possatrarre indizi sulla futura opera su Platone, comeun Sole presso la Luna. E se mai hai amato il mioPlatone, che già da lungo tempo è tuo, possa tuora, illuminato da questa luce, amarlo più

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ardentemente; e, amandolo, abbracciarlo contutta la mente.

CAP. I

Parole di Marsilio Ficino al lettore: questo èun libro allegorico e anagogico, più che un

libro dogmatico

È certamente divino, magnanimo Piero, il precettodi Pitagora, 5 che ingiunge di non parlare, inassenza di luce, né di cose né di misteri divini.Con queste parole, a me pare, quel sapiente nonvuol dire soltanto che non ci si deve arrischiarenelle cose divine oltre il punto che, dall’alto, laluce stessa di Dio rende visibile alle mentiispirate; ma sembra anche ammonirci a nonvolgerci a cogliere ed esprimere la nascosta lucedivina, se non attraverso il paragone con questaluce visibile. Mi accosterò dunque da questa aquella, nella misura delle mie forze, non tanto conragionamenti, quanto con similitudini tratte dallaluce.

Intanto tu, lettore diligentissimo (e voglia il cieloche tu sia altrettanto indulgente), memore dellapromessa apollinea e quasi poetica sotto il Sole,non pretendere da me discorsi più seri edogmatici, come dicono i Greci. Ho promessosoltanto una esercitazione allegorica e anagogicadegli ingegni, con la garanzia di Febo, al qualeappartengono queste attività. Le Muse, infatti, conApollo non discutono, ma cantano. Mercuriostesso, primo artefice delle dispute, con Apollo

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scherza,6 pur se con Saturno e Giove affrontagravi questioni. Non gioca però soltanto in modoadatto: gioca in modo divino. Per quanto miriguarda, possa io scherzare in modo non puerile.Ma è tempo di mettere in luce, se il bene stesso,ossia il sommo Dio, felicemente m’ispira, i mieipreludi sulla luce, quali che siano.

CAP. II

In che modo la luce del Sole sia simile albene in sé, ossia a Dio

Nessuna cosa, più della luce, richiama la naturadel bene. In primo luogo, perché fra le cosesensibili la luce appare la più pura ed elevata. Insecondo luogo, perché si propagaistantaneamente e largamente, più facilmente diogni altra cosa. In terzo luogo, perché si faincontro alle cose senza recar danno, e tutte lepenetra con levità e dolcezza. In quarto luogo,perché porta con sé un calore vitale, che nutre,genera e muove. In quinto luogo, perché mentre èpresente presso e dentro ogni cosa, da nulla ècontaminata, e a nulla si mescola. In modo simile,il bene in sé è al disopra dell’intero ordine dellecose, si diffonde largamente, tutto accarezza eattira a sé. Non costringe nulla, ha sempre edovunque come compagno l’amore, quasi uncalore dal quale ogni singola cosa viene attratta, eper il quale accoglie volentieri il bene. Per ognidove è presente nell’intimo di ogni cosa, sebbenenon si unisca a nessuna. Infine: il bene in sé è

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impossibile a comprendersi ed esprimersi; lostesso avviene per la luce. Nessun filosofo, infatti,finora l’ha mai definita: dunque, sebbene innessun luogo vi sia qualcosa di più chiaro, nientesembra più oscuro. Allo stesso modo, il bene è lacosa più conosciuta, e insieme la più sconosciutadi tutte.

Per questo Giamblico,7 il platonico, giunge aquesta conclusione: definisce la luce come un attoe una immagine visibile della divina intelligenza.Come il raggio che scaturisce dalla vista è unaimmagine della vista stessa, forse la luce è la vistadell’anima celeste, o l’atto della visione stessa,volto verso l’esterno, che agisce a distanza senzaabbandonare il cielo, ma restando sempre incontinuità con se stesso; non si mescola alle coseesterne, ma agisce attraverso il vedere, e rendevisibili le cose toccandole. Io, almeno, sono solitoparlare della luce come di una traccia della vitadel mondo, che si offre agli occhi secondo unacerta proporzione; o come di una sorta di spiritovitale, intermedio fra l’anima e il corpo delmondo.8 Ma di ciò ho detto a sufficienza nella miaTheologia.

Che bisogno c’è, dunque, di trattenersi ainvestigare a lungo, se si vogliono porre, al disopra del cielo, molte menti angeliche, quasialtrettante luci; il loro ordine; il loro reciprocorapporto, e quello con Dio, padre delle luci?Guarda il cielo, ti prego, cittadino della patriaceleste; quel cielo che fu creato da Dio cosìordinato e visibile, proprio perché tutto questofosse chiaro. I corpi celesti infatti, quando liguardi, subito, attraverso i raggi delle stelle, quasi

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cenni ed espressioni dei loro occhi, «narrano lagloria di Dio; il firmamento annuncia l’opera dellesue mani». Ma è soprattutto il Sole a potersignificare Dio. Il Sole ti darà i segni. Chi oseràdire falso il Sole? 9 Così, infine, le invisibiliintelligenze divine, ossia le menti angeliche,diventano visibili attraverso le stelle; attraverso ilSole, lo diventano l’eterna potenza e divinità diDio.

CAP. III

Il Sole illumina, governa e regola i cieli

Il Sole, come signore visibile del cielo, regge emodera tutti i corpi celesti. Lascerò da parte lasua straordinaria grandezza, che si pensacontenga la Terra centosessantasei volte. In primoluogo dà luce a tutte le stelle, sia che abbiano diper sé una piccola luce propria (come qualcunoipotizza), sia che non ne abbiano affatto (comepensano i più). In secondo luogo, è definito, eappare in effetti, il più vivo dei dodici segni quelloche in quel momento il Sole rinforza, come diconoHaly e Abraham.10 Il Sole, poi, ricolma di tantaenergia due segni, dall’una e dall’altra parte, edentrambi sono detti dagli astrologi arabi i luoghidove il Sole è guida, ovvero i regali troni delSole.11 Quando i pianeti si trovano in essi, senzaessere combusti,12 sono forti di straordinariaenergia, soprattutto se, in quella porzione delcerchio zodiacale, i pianeti superiori sorgonoprima del Sole, gli inferiori dopo il Sole.13 Il segno

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nel quale il Sole regna, cioè l’Ariete, diventaproprio per questo la testa dei segni, e in ogniessere vivente indica il capo.14 Il segno che èdomicilio del Sole, ossia il Leone, è il cuore deisegni e governa il cuore in ogni essere vivente.Quando il Sole entra in Leone, estinguel’epidemia, quasi fosse veleno di serpente, inmolte regioni. Peraltro la sorte annuale di tutto ilmondo dipende sempre dall’ingresso del Sole inAriete.15 E da esso dipende anche, propriamente,la natura della primavera. Dall’ingresso del Solein Cancro si giudica la qualità dell’estate;dall’ingresso in Bilancia la natura dell’autunno; daquello in Capricorno, la qualità dell’inverno.16 Essesi scorgono in quel momento, a partire dalconfigurarsi dei corpi celesti, poiché il tempodipende dal movimento.

Il Sole attraverso i quattro segni mobilidistingue le quattro parti dell’anno. Allo stessomodo, una sorte diversa si approssima a ciascuno,ogni anno, a partire dal ritorno del Sole nel gradoe minuto della natività17 di ognuno. A ciò siaggiunge che il moto del Sole, primo dei pianeti, eloro principe, è semplicissimo, come diceAristotele, né mai si allontana dal centro dellafascia zodiacale, né retrograda,18 come avviene peril moto degli altri pianeti.

CAP. IV

Condizione dei pianeti nei rapporti con ilSole

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Sembra inoltre che proprio il Sole definisca intutto il cielo spazi determinati; e i pianeticambiano moto e posizione quando liattraversano. Infatti Saturno, Giove e Marte,quando giungono in aspetto di trigono al Sole –dopo aver attraversato un terzo del cielo –,cambiano immediatamente moto e si spostanoavanti o indietro. Se sono orientali rispetto alSole, retrogradano; se sono occidentali, avanzano.Venere e Mercurio descrivono orbite più strette,stabilite però in rapporto di vicinanza elontananza dal Sole. Venere infatti non puòallontanarsi dal Sole più di quarantanove gradi;Mercurio non più di ventotto. La Luna mutaaspetto e natura in ognuno dei suoi aspetti con ilSole, e, quasi secondo Sole, con le sue quattro fasirappresenta le quattro stagioni dell’anno. Ognivolta che si congiunge con il Sole, attraverso ilgrado in cui si verifica la congiunzione, e lacontemporanea configurazione del cielo, rendepossibile indagare la natura del mese futuro.19

Tutti i pianeti, non appena toccano il cuore delSole,20 dominano gli altri per tutto il tempo dellacongiunzione, per quanto breve esso sia. Quandoinvece si pongono in altri rapporti di distanzarispetto al Sole, svolgono il ruolo consueto. Sipensa che, quando si accosta al Sole, Saturnoabbandoni la sua precedente rigidezza, e Marte lasua consueta ferocia. I pianeti superiori, quando ilSole si avvicina loro, iniziano ad ascendere;quando il Sole si allontana, a discendere.Congiunti al Sole, infatti, sono nel punto più altodell’epiciclo; in opposizione, nel punto più basso;in quadratura, a media altezza. La Luna, nei primi

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due casi, è nel punto più alto del deferente;quando è in quadratura, inizia a discendere.Venere e Mercurio, se si congiungono al Sole inmoto diretto, sono nel punto più alto; se invece,quando avviene la congiunzione, sono in motoretrogrado, si trovano nel punto più basso. Né èpermesso ai pianeti compiere il circuito del loroepiciclo prima di aver rivisto il Sole, quasi lorosignore, in rapporto di congiunzione.

Da ciò che abbiamo detto, si vede che i pianetisuperiori, quando mutano il loro moto, dopo iltrigono con il Sole, riveriscono il regale aspettodel Sole. Congiunti al Sole, sono nel punto più altoe in moto diretto, perché sono in concordia con illoro re. Al contrario, quando sono discordi da lui,trovandosi in opposizione, sono in motoretrogrado e nel punto più basso. Venere eMercurio quando toccano il Sole, se procedono dimoto diretto, obbedendo cioè al loro signore,salgono nel punto più alto; se invece procedono inobliquo, quasi ribelli, vengono spinti in basso.21 Ilfatto che, al contrario, la Luna sia in alto anchequando è opposta al Sole, non deve affattomeravigliarci. Che cosa è infatti la luce dellaLuna, se non la luce stessa del Sole, riflessaall’intorno dallo specchio lunare? E nel pleniluniosi riflette frontalmente nel Sole. Nella quadraturavediamo la Luna discendere, perché in quelmomento guarda torva il suo signore. Né il Solené la Luna retrogradano, poiché la velocitàdell’epiciclo previene il ritorno indietro. La Lunainfine, quando sull’eclittica raggiunge il nord,formando la grande testa del drago, in quel punto,in virtù dell’energia solare, reca un incremento

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alla forza dei segni; quando tocca il sud, ne causala diminuzione, proiettando su di essi la coda.22

Tutti i pianeti, secondo che si trovino a oriente oa occidente rispetto al Sole, mutano in ambedue icasi condizioni e denominazione. Tutti temono lastrada del Sole, detta eclittica; ma i pianetiinferiori molto di più, e anche quelli femminili,ossia soprattutto la Luna e Venere. Perciò siallontanano lateralmente il più possibile. Si pensapoi che tutti, sia che si trovino lungo l’eclittica, siache se ne allontanino, procedendo nuovamenteverso nord o verso sud, mutino comunquecondizione. La Luna, signora della generazione,non trae alcuna luce visibile se non dal Sole. Edalla perfetta congiunzione con il Sole trae leforze proprie di tutti i corpi celesti, come diceProclo, quasi esse siano tutte nel Sole; e trasmetteverso di noi forze simili.

CAP. V

L’energia del Sole nelle generazioni, neitempi, nella nascita e in ogni altra cosa

Infine, nel tema natale di ciascuno, il luogo in cuisi trova la Luna indica il signore della genitura e ilmomento del concepimento. E la congiunzionedella Luna con il Sole (o la sua opposizione)precedente la nascita, mostra la verità e la sortedella natività. E nel grafico corrispondente a quelmomento, la porzione del cielo nella quale cade laparte di fortuna viene detta dagli antichi ildemone della natività, e significa, oppure governa

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(come ritengono gli Egizi), il tenore di tutta lavita. La parte di fortuna, invero, si calcola inprimo luogo a partire dalla distanza fra Sole eLuna, aggiunta al grado dell’Ascendente.23

Perciò gli astronomi trovano e misurano i motidi tutti i pianeti a partire dal moto, ormaideterminato, del Sole. E il Sole con il suo motodistingue le notti e i giorni, le ore, i mesi e glianni. Con la sua luce e il suo calore genera, favivere, muove, rigenera, rallegra e riscalda ognicosa: le cose che prima erano nascoste, le rendevisibili; produce con il suo moto le quattro stagionidell’anno; le regioni troppo lontane dal Sole, losono anche dalla vita. La primavera è la stagionemigliore, perché comincia nell’Ariete, esaltazione(regnum) del Sole. L’autunno è la peggiore,perché trae origine dalla Bilancia, caduta del Sole.Infine, una natività diurna è comunementeconsiderata migliore di una notturna; la primaviene giudicata per lo più a partire dal Sole; laseconda dalla Luna, in quanto specchio del Sole.24

Gli astrologi suddividono la carta del cielo allanascita in dodici parti. Mentre assegnano la nonaal Sole, la terza alla Luna, chiamano l’uno Dio,l’altra Dea, e pensano che indichino i beni piùgrandi, la sapienza, la fede, la religione, la gloriaeterna. Il Sole significa tutte queste cose, esemplicemente ogni verità e vaticinio e regno. Aciò si aggiunge che quando il Sole sale al MedioCielo nutre mirabilmente in noi lo spirito vitale eanimale; ma quando è al Discendente, sia l’unoche l’altro spirito si indeboliscono. Perciò Davide,tromba di Dio onnipotente, quando si alza all’albaper suonare la cetra e intonare i carmi, ed

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esclama: «è inutile alzarsi prima della Luce»,25

dichiara che il Sole, quando sorge, porta con séogni bene per noi, e chiama mirabilmente a cosealtissime i nostri spiriti eccitati e illuminati.

Tralascio il fatto che il Sole, come dicono i vati,sorgendo reca con levità ai dormienti il vaticinio.Anche la Luna, sposa del Sole, detta da Aristoteleil Sole minore, quando sale rinvigorisce lo spiritoe l’umore naturale, e quando scende loindebolisce; e reca a ogni cosa giovamento tantomaggiore, quanto più è ricca del lume solare.Tralascio ora in qual modo vada osservata laLuna, quando non è priva di luce in aspetto colSole, in questo o in quel segno, che significanoquesta o quella parte del corpo; e come,attraverso la Luna, debba essere tratta dal Sole lavirtù di tutti i corpi celesti, perché possa ristorarele membra attraverso medicamentiopportunamente composti in quel momento. Neho infatti parlato a sufficienza nel libro sulla vita.26

CAP. VI

Le lodi degli antichi al Sole; e in che modo leforze dei corpi celesti siano tutte nel Sole e

dal Sole provengano

Perciò Orfeo chiamò Apollo l’occhio vitale delcielo: ciò che dirò in forma condensata sarà trattodagli Inni orfici. Sole, occhio eterno che tuttovede; luce celeste altissima, che regola le cose delcielo e del mondo, che guida e trascina il corsoarmonico del mondo; Signore del mondo, Giove

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immortale, occhio del mondo che corre intorno,che possiede il sigillo e dà forma a tutte le cosedel mondo. Luna gravida di stelle, Luna reginadelle stelle. Questo dice Orfeo.27 Presso gli Egizi sileggeva questa aurea iscrizione del tempio diMinerva: Io sono le cose che sono, saranno efurono. Nessuno ha mai scoperto il mio velo. Ilfrutto che ho generato è il Sole. Appare chiaro daciò che il Sole è il parto, il fiore, il frutto diMinerva, ossia della divina intelligenza.28 Gliantichi teologi, ancora secondo la testimonianza diProclo, dicevano che la giustizia, regina di tutte lecose, si diffonde attraverso il tutto a partire daltrono del Sole, e tutto dirige, quasi sia il Sole aguidare tutte le cose. Giamblico, secondol’opinione degli Egizi, si esprime così: Tutto ciòche di buono abbiamo, lo abbiamo dal Sole, cioèda lui solo; e se qualcosa viene anche da altricorpi celesti, è anch’esso operato dal Sole, ovverodal Sole attraverso gli altri pianeti.29 Ma il Sole èsignore di tutte le virtù elementari; la Luna èsignora della generazione per virtù del Sole.Perciò Albumasar dice che la vita è infusa in ognicosa attraverso il Sole e la Luna.30

Mosè31 pensa che il Sole sia il signore dei corpicelesti di giorno, e che durante la notte la signoriaspetti alla Luna, quasi Sole notturno. Tutti,sebbene per ragioni diverse, collocarono il Sole inposizione centrale, come signore del mondo. ICaldei lo ponevano in mezzo ai pianeti; gli Egizifra le due serie quinarie del mondo, ovvero:cinque pianeti al disopra; al disotto, la Luna e iquattro elementi. Pensano che la Provvidenza loabbia posto più vicino alla Terra che al

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firmamento, in modo tale che l’umore acqueo eaereo della Luna, e la materia pesante delle coseterrestri, siano nutrite dal suo spirito fervido e dalsuo fuoco. Secondo un diverso modo di vedere, èla stessa prosperità dei pianeti a rivelare la suaposizione intermedia. Essa richiede che essi sianodisposti rispetto al Sole in modo che Saturno,Giove e Marte sorgano prima del Sole; Venere,Mercurio e Luna, invece, dopo il Sole, quasi chenel loro viaggio conducessero il re nel mezzo, erisultassero più deboli se procedesserodiversamente. E fra loro sono considerati piùpotenti quelli ai quali il Sole ordinò di andareavanti. Ma torniamo agli antichi.

I fisici antichi chiamarono il Sole cuore del cielo;Eraclito lo disse fonte della luce celeste.32 Lamaggior parte dei platonici collocò nel Solel’anima del mondo, che riempiendo tutta la sferadel Sole diffonde i raggi, quasi fossero spiriti,attraverso quel globo quasi di fuoco, comeattraverso un cuore, e poi attraverso tutti gli altricorpi celesti, con i quali distribuisce vita, senso emoto all’universo. Forse per questa ragione lamaggior parte degli astrologi pensa che, comesolo Dio ci attribuisce l’anima intellettuale, cosìegli la invia solo sotto l’influsso del Sole, ossia alquarto mese33 dopo il concepimento. Ma di ciò sioccupino loro.

Certo Mercurio, indicatore del moto della nostramente, è quello che meno si allontana dal Sole.Saturno poi, significando lo stato della menteseparata, è quello che meno si discostadall’eclittica. Peraltro Giove e Marte, poiché sonoin armonia con il solare Leone, il primo attraverso

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il suo Sagittario, il secondo attraverso l’Ariete,hanno ricevuto un compito così grande, che Giovesignifica la giustizia religiosa, le leggi civili e laprosperità; Marte la magnanimità, la fortezza e lavittoria. Luna, Venere e Mercurio sono chiamaticompagni del Sole: la Luna, per le sue frequenticongiunzioni, e gli aspetti, con il Sole; Venere eMercurio, oltre che per la vicinanza, per il loroprocedere di pari passo con il Sole. Per questo,dunque, ricevettero il dominio della generazioneuniversale. La Luna, molto umida, dopo averattinto calore vitale attraverso la congiunzione egli aspetti con il Sole, diffonde un umore caldo evitale nelle cose che debbono generarsi nella sferasublunare. Mercurio mescola questi due umori, etutte le parti, nelle cose che si generano, secondouna proporzione musicale. A questi compostiVenere aggiunge la bella forma, la grazia e laletizia. Il Sole distribuisce la luce, che ha tuttaraccolta in sé, attraverso le varie stelle, diversel’una dall’altra quanto alla specie; e insiemediffonde molteplici energie attraverso la luce dallemolte forme. Da ciò è lecito congetturare che visiano nel Sole almeno tante virtù quante sono lestelle nei cieli.

CAP. VII

Disposizione dei segni e dei pianeti rispettoal Sole e alla Luna

Che il Sole sia il re, e la Luna, sorella e sposa delSole, la regina dei corpi celesti, si vede

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chiaramente dalla disposizione dei segni delloZodiaco. Il Leone e il Cancro, domicili (sedes)rispettivamente del Sole e della Luna, si toccano.Lo stesso fanno l’Ariete e il Toro,34 esaltazione(regnum) l’uno del Sole, l’altro35 della Luna. Glialtri pianeti pongono ciascuno la propria sede dauna parte e dall’altra intorno al re e alla regina,quasi lasciandoli nel centro. Mercurio, infatti, daun lato risiede nella Vergine, contigua al Leone;dall’altro lato, governa i Gemelli, contigui alCancro. Venere governa da un lato la Bilancia,dall’altro il Toro. Marte governa di qua loScorpione, di là l’Ariete. Giove, da una parte ilSagittario, dall’altra i Pesci. Saturno, da un lato ilCapricorno, dall’altro l’Aquario.

Una volta, tuttavia, mentre disponevo in questomodo le sedi dei pianeti rispetto al Sole e allaLuna, il mio familiare Bindaccio Ricasoli,36 uomo diprofondo giudizio, mi obiettò: «Non vedi, Marsilio,che le stesse sedi, sebbene in ordine inverso, sonodisposte da tutti e due i lati agli stessi gradirispetto alle sedi di Saturno?». «Vedo» risposi«che ciò conviene principalmente al Sole, matocca nello stesso tempo anche all’altissimoSaturno. Ma perché meravigliarsi che Saturno siadegno di questo onore, se è quello che meno ditutti vediamo allontanarsi dall’eclittica, la regalestrada del Sole?» Ma torniamo al proposito.

I cinque pianeti hanno dunque due sediciascuno: la prima segue il Sole quasi alle spalle;la seconda è in rapporto con la Luna. Le primevengono dette occidentali rispetto al Sole; leseconde, orientali rispetto alla Luna. Ma il Sole ela Luna rivendicano a sé tutto lo Zodiaco: infatti la

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provincia del Sole comprende il Leone, la Vergine,la Bilancia, lo Scorpione, il Sagittario, ilCapricorno; quella della Luna, Aquario, Pesci,Ariete, Toro, Gemelli, Cancro. Chiamarono forse ilCancro porta degli uomini, perché sembra che lìormai il Sole inizi a discendere; il Capricorno,porta degli dèi, perché in esso il Sole sembra37

improvvisamente ascendere. Ma queste cose leabbiamo chiarite anche altrove. Certo questi duesegni, insieme all’Ariete e alla Bilancia, hannorivendicato la dignità di essere chiamati cardinidel cielo, poiché in essi il Sole stabiliscel’avvicendarsi delle quattro stagioni, e,attraversando Ariete e Bilancia, tiene un corsomedio sia nel salire che nel discendere. Perciòl’emiciclo che si produce fra Ariete e Bilancia èchiamato dagli Egizi cerchio di Minerva, ossiadella sapienza e della giustizia.

Un ordine così mirabile dei corpi celesti mostrache il mondo è opera non del caso, ma dellaprovvidenza.38 E il rapporto di ogni cosa con ilSole, ed esso soltanto, mostra in lui il regolatoredi tutte le cose. Mostra anche che le mentiangeliche, e tutti i corpi celesti, obbediscono alsommo Uno, che è al disopra del cielo, e che adesso debbono obbedire molto di più le nostreanime.

CAP. VIII

I pianeti, quando sono in armonia con Sole eLuna, sono benefici; il contrario, se sono indisarmonia. E in qual modo salutino Sole e

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Luna

Tolomeo considera Sole e Luna autori della vita:questa per quanto riguarda l’accrescimento e lavitalità; quello, invece, per quanto riguarda ilsenso.39 Giove e Venere, peraltro, sono favorevolialla vita per il fatto di concordare in armonicaproporzione con Sole e Luna. Giove concorda almassimo con il Sole, e in parte anche con la Luna;l’inverso accade per Venere. Invece Saturno eMarte sono così avversi alla vita, per il fatto didiscordare dal Sole e dalla Luna: Saturnopiuttosto dal Sole; Marte, invece, dalla Luna.Giove è più vitale degli altri, perché, se la luce delSole e quella della Luna si unisconoperfettamente, Giove trae forza dall’uno edall’altra.

Non si può invero trascurare il fatto che ipianeti, quando vedono in faccia, come in unsaluto, il volto del Sole o della Luna, di colpoottengono una nuova forza, che gli Arabi diconoalmugea: quando cioè, seguendo il Sole, nedistano tanti gradi quanto il loro domicilio dista daquello del Sole; oppure quando, precedendo laLuna, si avvicinano ad essa alla stessa distanzadella quale il loro domicilio dista da quello dellaLuna.40 Così dunque Saturno saluterà il Sole ognivolta che, occidentale, sarà nel sesto segno dopo ilSole. Giove farà visita al Sole nel quinto segno,Marte nel quarto, Venere nel terzo, Mercurio nelsecondo. In modo simile saluteranno la Lunaquando, orientali, ovvero sorti prima di lei, laguarderanno dalla stessa distanza. Di quiappaiono di nuovo la consonanza di Giove e

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Venere con il Sole e la Luna, e la dissonanza diSaturno e Marte dall’uno e dall’altra. Giove,infatti, ha posto come proprio domicilio ilSagittario, in aspetto perfetto di trigono al Leone,domicilio del Sole; Venere nella Bilancia, inaspetto di sestile (exagono aspectu), anch’essopropizio, al Leone; Marte nello Scorpione, indisarmonico aspetto di quadrato; Saturno nelsesto spazio, non armonico, e nel settimo, deltutto opposto: l’Aquario è infatti opposto al Leone,e il Capricorno al Cancro.

Similmente, Venere dispone il Toro in aspettoesagono, ossia di sestile, al Cancro; Giove pone iPesci in trigono, ossia in aspetto triangolare;Marte pone l’Ariete in quadrato; Saturno, comeabbiamo detto, nel sesto e nel settimo spazio.Giove e Venere sono quindi detti fortunati, perchésono concordi con il re e la regina del cielo;Saturno e Marte sfortunati, perché discordano daessi; Saturno infelice al massimo grado, perché lasua discordia dal Sole è più grande di quella diMarte dalla Luna.41 Da ciò siamo ammoniti delfatto che saranno felici le anime che si troverannoin armonia con la volontà divina; infelici quelleche ne discorderanno.

CAP. IX

Sole statua di Dio. Similitudine fra Sole e Dio

Il nostro divino Platone, avendo considerato tuttociò con grandissima attenzione, chiamò il Solefiglio visibile del Bene in sé. Giudicò anche che il

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Sole fosse la statua manifesta di Dio in questotempio mondano, posta dallo stesso Dio perchéfosse ammirata, sopra ogni altra cosa, da quanti laguardano da ogni parte. Gli antichi, come diconoPlotino e Platone, lo veneravano come un Dio. Gliantichi teologi Gentili posero nel Sole tutti i numidei Gentili, come attestano Giamblico, Giuliano42 eMacrobio.

Del resto, chi non vede che il Sole è l’immaginee il vicario di Dio nel mondo, senza dubbio non hamai considerato la notte, né ha mai fissato losguardo sul Sole che sorge, né ha mai riflettuto suquanto superi il senso, e come subitaneamenterenda vive le cose che, lontane da lui, venivanoconsiderate morte. Né si è accorto dei doni delSole, con i quali egli da solo fa quel che tutte lealtre stelle insieme non riescono a fare. Concludidunque, insieme ai platonici e a Dionigi, che ilSole, ossia Febo, guida delle Muse, ovverodell’intelligenza, è l’immagine visibile di Dio. Eche Febe, ossia la Luna, è immagine di Febo,come egli lo è di Dio. E, come dice Ipparco, cheessa è lo specchio del Sole, nel senso che riflettesu di noi la luce del Sole che le giunge. Non giovaora discutere, ma neppure tralasciare, quellasimilitudine platonica che ho ampiamentediscussa altrove.43 Il Sole genera la vista e i colori,e fornisce alla vista la forza che le consente divedere, e ai colori quella che consente di esserevisti, e congiunge in unità l’una con gli altri,conciliandoli con la luce. Pensiamo che Dio sicomporti nello stesso modo in rapporto agliintelletti e alle realtà intelligibili. Egli crea infattile specie intelligibili delle cose e tutti gli intelletti,

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e fornisce agli uni e alle altre, una volta per tutte,la capacità propria e naturale di agirevicendevolmente. Li circonfonde poi di continuocon una luce comune, per mezzo della qualespinge le energie degli intelligibili e degli intellettiall’atto della conoscenza, e li congiunge nell’agire.Questo lume, Platone lo chiama verità, rispettoalle cose da intendere; scienza, rispetto allementi.

Pensa poi che il bene, ossia Dio, sia di tantosuperiore a tutte queste cose, di quanto lo è ilSole rispetto alla luce, agli occhi e ai colori. Maquando Platone dice che il Sole è al disopra diogni entità visibile, certamente si riferisce a unSole incorporeo, che sta al disopra del Solecorporeo; ovvero a un intelletto divino. Poichéperò è possibile risalire dall’immagine al modello,in parte togliendo ciò che è deteriore, in parteaggiungendo ciò che è meglio, togli, se ti piace, alSole (al quale Averroè ha sottratto la materia) laquantità determinata; ma lasciagli con la luce lavirtù, in modo che rimanga la luce, dotata dimeravigliose virtù, non definita né da una quantitàstabilita né da una qualche figura, ma checomprende con la sua presenza uno spazio nonmisurabile con l’immaginazione. Come eccede lacapacità di comprensione, così supera la vistadegli occhi.44 Per questa ragione si vedrà che nellamisura delle tue forze, a partire dal Sole, hairaggiunto Dio, che nel Sole pose il propriotabernacolo. E poiché nulla è alieno alla lucedivina più della materia totalmente informe, cosìnulla, più della Terra, è diverso dalla luce delSole. Perciò i corpi nei quali prevale la

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costituzione terrestre, come del tutto inetti allaluce, non la accolgono in alcun modo al propriointerno. Non perché la luce sia incapace dipenetrarli: essa, infatti, mentre non illuminaall’interno la lana o il foglio, penetra inveceistantaneamente il cristallo, che pure è cosìdifficile a penetrarsi in altro modo.

Allo stesso modo, la luce divina risplende anchenelle tenebre dell’anima; ma le tenebre non laaccolgono. Anche questo infatti il Sole ha di similea Dio. Dio inserisce nelle menti angeliche e beateprima la scienza delle cose divine, poi l’amore;mentre nelle nostre anime, che hanno fede quisulla Terra, accende il duplice amore che purificae converte, prima di donare l’intelligenza dellecose divine. Allo stesso modo, il Sole illuminaistantaneamente, per ogni dove, le natureluminose e pure, quasi fossero già celesti; mentrele materie opache e inette prima le riscalda, leaccende e le purifica con la luce, poi le illumina. Equando sono ormai leggere e permeabili tanto alcalore quanto alla luce, spesso le innalza versol’alto. Per questo Apollo trafigge la mole diPitone45 con le frecce dei raggi, la purifica, lascioglie, la solleva. Nemmeno dobbiamodimenticare che, come speriamo che Cristo verràinfine nella pienezza della sua sovranità, e con losplendore del suo corpo risusciterà dalla terra icorpi degli uomini, così ogni anno dopo l’invernomortale aspettiamo che il Sole, regnante in Ariete,richiami istantaneamente alla vita e alla bellezza isemi delle cose ormai quasi morti sotto terra, e glianimali in letargo. Per questo si dice che Mercuriosvegli i dormienti con il caduceo, quasi Acate del

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Sole. E Platone descrive una resurrezione quasisimile nel libro sul regno. 46

CAP. X

Il Sole fu creato per primo e fu posto alMedio Cielo

Si chiede quale fra queste cose Dio abbia creataper prima. Mosè47 risponde: la luce. Giustamente;infatti dalla luce divina, che in se stessa è più cheintelligibile, scaturisce immediatamente la luce,che fra tutte le cose è la più simile a Dio. La luceintelligibile nel mondo che sta al disopra dei corpi,cioè l’intelletto purissimo. La luce sensibile nelmondo corporeo, cioè la luce stessa del Sole. Maessa, nel suo primo grado, che è come il primogiorno della creazione, ha proprio questaproprietà, di brillare all’interno e di illuminaredall’esterno. Nel secondo, di potere, con la suacalda energia, vigoreggiare lei stessa, e far viveretutte le altre cose. Nel terzo, per la propriaefficacia, e per ordine divino, di propagarsi nellamacchina del mondo. Infine, nel quarto gradodella natura e dell’ordine, quasi fosse il quartogiorno, suddivide la propria grandezza nel mondo,come la luce della divina intelligenza, dalla qualeprocede, si riflette in se stessa. Perciò Mosèafferma che il primo giorno fu creata soltanto laluce, mentre nel quarto fu creata la luce fornitadella forma solare, ossia circolare. Anche Platoneripete due volte, nel Timeo, la costituzione delSole: la prima volta, fra i pianeti, quasi

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compartecipe della loro sorte; la seconda, inquanto più degli altri insignito, per volere divino,di luce meravigliosa e autorità regale.48

La maggior parte degli astronomi afferma chealla nascita del mondo il Sole si trovava in Ariete,sua esaltazione, e occupava, come re dei corpicelesti, il Medio Cielo, quasi fosse una rocca e uncapo.49 Anche Mosè, quando dice che il giorno fufatto non con la mattina e la sera, ma, all’inverso,con la sera e la mattina, segnala che dopo ilmezzogiorno, nel quale fu acceso il Sole, il giornogià nato declinava ormai verso sera, e dovevaessere completato dal mattino seguente.Confermò certamente il regale potere del Sole,quando gli assegnò nel mondo il giorno delSignore, ossia quello del Sole. Se infatti Dio creò ilmondo in sei giorni, e nel settimo si riposò, senzaombra di dubbio diede inizio alla creazione apartire proprio dal giorno del Sole, ovvero dalgoverno solare del mondo. Ma quando ordinò chenel giorno di Saturno ci si astenga dall’agire, poseSaturno più di tutti lontano dal Sole, avverso allagenerazione e all’azione. Non è forse autore dellavita quel Cristo, che il Sole al Medio Cielo avevapianto – quasi profeta dal volto velato – mentrespirava, e che risorse dalla morte nel giorno enell’ora del Sole, per restituirci la luceintelligibile, come il Sole ci restituisce quellavisibile?

CAP. XI

Le due luci del Sole. Il compito di Apollo. I

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gradi delle luci. Il Sole immagine di tutte lecose divine

Se consideriamo il Sole rispetto a quella primaproprietà della sua natura, che ricevette nellaprima fase della sua creazione, quando fu inseritonel consorzio dei pianeti, vedremo che la sua luceprima e naturale non fu, all’inizio, così grandecome divenne poi. Esso supera infatti le altrestelle erranti non in grandezza, ma in luminosità.Supera in effetti di meno del doppio la grandezzadi Giove, ma ne supera la luce di forse cento volte.La loro grandezza si determina con certezza inparagone con la Terra: quante volte il Sole lacontenga, lo abbiamo detto all’inizio, mentre sicalcola che Giove sia pari a novantacinque volte laTerra.

Diversa dunque, e proveniente da un’altra parte,venne a splendere questa immensa luce, che siaggiunse alla luminosità naturale del Sole. Tutti icorpi celesti, quando nacquero, portarono con séuna luce propria; ma troppo esigua, o nascosta ainostri occhi, essa ci sfugge per la sua sottigliezzaed esiguità, o per qualche altra ragione. Una lucesimile, un poco più grande a causa della suagrandezza, il Sole sembra averla portata con sé findall’inizio. Ma in verità, oltre a quel lume proprioe nativo, per così dire oscuro, se ne aggiunsesubito, per volere divino, un altro, evidentissimoagli occhi, quasi un’immagine più manifestadell’intelligenza e dell’infinita bontà divina.

Dio, come insegnano i nostri teologi, ha datoalle menti una doppia luce. La prima si accendenaturalmente in loro; la seconda si aggiunge in

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ragione dei meriti e per grazia divina, rendendolebeate con la loro mirabile larghezza. Poichédunque le stelle sono immagini delle menti, si puòipotizzare che abbiano anch’esse, allo stessomodo, ricevuto due diverse luci. Come Dioaggiunse in modo mirabile, nel Sole, questagrande luce alla prima luce solare, così il Sole, intale incombenza vicario di Dio, aggiunse la nuovaluce a lui sopraggiunta a quelle native delle stelle.Come dunque siamo soliti dire che la luce cheappare sulla Luna non è propriamente della Luna,ma piuttosto del Sole, mandata fino a noiattraverso la Luna, così, secondo quelsegretissimo ragionamento platonico, diremo cheil grandissimo splendore che si mostra nel Soleprocede verso ogni cosa a partire non da esso, mada Dio, attraverso il Sole; come una lucemanifesta agli occhi, propria non di quel globoceleste, ma di Dio stesso.

Senza dubbio Dio, quando riempì di tantosplendore il globo solare, che pure è una esiguaparticella del cielo, in modo che da esso soltanto ilfulgore si riversasse su ogni cosa, rese chiarosenza ombra di dubbio che il piccolo corpo delSole aveva ricevuto un dono così incomparabilenon da se stesso, ma da qualcosa di più alto; ed èin virtù dell’unico Dio che i beni del Sole sipropagano dal Sole a tutte le cose. A quel modoche la luce, in questo Sole sensibile, illumina tuttele cose sensibili e tutti i sensi, e fa vivere le cose,le forma e volge verso l’alto, così un lumeintelligibile, nell’anima stessa del Sole, illuminagli occhi interiori dell’anima, li accende e lirichiama. Penso che per questo presso gli antichi

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teologi il Sole fosse chiamato Apollo, autore diogni armonia e guida delle Muse: poiché libera leanime dalla confusione infusa dagli influssi,occulti più che manifesti, dei raggi, li regolaarmonicamente, e li conduce infineall’intelligenza. Né si deve pensare che questaluce larghissima e sommamente efficace, lamigliore fra tutte le cose che siano state date almondo, dono perfetto, abbia tratto la propriaorigine dall’esiguo corpo del Sole: scaturisceinvece dallo stesso bene, che è il padre della luce,nel quale ogni luce è certo più che intelligibile, eanzi trascende ogni intelligenza. Ma scendendoverso l’intelletto divino, e quello angelico, si faormai intelligibile. Giungendo quindi alla mentedell’anima del mondo, viene resa intellettuale eper di più immaginabile; passando poi in cielo,diventa nello stesso tempo sensuale e sensibile.Alla fine, spinta verso i corpi inferiori, viene quasia dividersi: in qualche caso (negli occhi cioè degliesseri animati) diventa sensuale; altrove (ovveronegli oggetti) diventa sensibile. In pochi animaliconserva ambedue i caratteri: in quelli cioè chevedono nel buio. Ma torniamo alle cose detteprima.

I platonici pongono tre princìpi: il bene in sé,l’intelletto divino, l’anima del mondo. La luce,unica fra tutte le altre cose, rimanda a tutti e tre.Al bene in sé, perché, mentre sopravanzamirabilmente ogni cosa, si diffonde in tutte,richiamandole verso l’alto, ma mantienemirabilmente la propria eccellenza e purezza.All’intelletto divino, perché chiarisce, distingue eadorna tutte le cose. All’anima del mondo, perché

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col calore vitale genera tutte le cose, le riscalda,vivifica e muove. Come infine, dai tre princìpi delmondo, che stanno al disopra del cielo, scendeverso il cielo, e sotto il cielo li mostra per ognidove come fondamenti del tutto, così nel cielo,attraverso il Sole, rappresenta il bene stesso;attraverso il firmamento pieno di stelle, l’intellettodivino, ovvero la pienezza delle idee; rappresentainfine l’anima del mondo, quasi mobile, attraversola mutevole luce della Luna. Similmente, al disottodel cielo rappresenta il primo attraverso il fuoco,il secondo attraverso l’aria, la terza attraversol’acqua. Infine, come le stelle superiori sonoimmutabilmente illuminate dal Sole, e la Luna traeda esso, mutevolmente, la luce solare, così anchegli angeli sono illuminati stabilmente da Dio; leanime, invece, in modo mobile.

CAP. XII

Similitudine fra il Sole, la Trinità e i noveordini degli angeli. Anche le nove divinità del

Sole e le nove Muse intorno al Sole

Nel mondo non vi è nulla che più del Sole siasimile alla divina Trinità. Infatti nell’unicasostanza del Sole si trovano tre aspetti distinti euniti insieme. In primo luogo, la naturalefecondità, completamente celata ai nostri sensi. Insecondo luogo, la luce che promana da quellastessa fecondità, e ad essa è sempre pari. In terzoluogo, l’energia che irraggia calore, ed è in tuttopari alle prime due. La fecondità rimanda al

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Padre; la luce, simile all’intelligenza, al Figlio; ilcalore rappresenta lo Spirito d’amore.

I nostri teologi immaginano intorno alla divinaTrinità tre gerarchie di angeli, ognuna contenentetre ordini; la prima consacrata al Padre, laseconda al Figlio, la terza allo Spirito. In modosimile, intorno alla trinità solare, noi troviamo unternario e un novenario, giacché dalla naturafeconda del Sole tre diverse fecondità naturaliprocedono attraverso tutta la realtà. La primaprocede verso le nature celesti; la seconda versole nature semplici degli elementi; la terza, nellanatura dei misti. Inoltre, dal calore vitale del Solesi propaga qua e là, oltre le nature delle cose,anche la vita, triplice essa stessa. Prima la vitavegetativa, nelle piante: poi la vita sensitiva,immobile negli zoofiti; terza, la vita sensibile e inprogresso negli animali più perfetti. Infine, dallaluce del Sole derivano tre tipi di fulgori, nel cielo esotto il cielo. Infatti la luce è bianca, rossastra,oppure mista. Poiché la luce è del tutto simile allaconoscenza, e ne costituisce quasi il principio(soprattutto di quella sensibile), a buon diritto aitre tipi di luce sembrano corrispondere anche tretipi di sensi. Alla luce rossastra corrispondono isensi corporei, ovvero il tatto e il gusto. A quellabianca, i sensi che per gran parte sono incorporei,l’immaginazione e la vista. Alla luce mista siavvicinano i sensi che sono intermedi fra quelliincorporei e quelli corporei: l’udito e l’olfatto.

Fino a questo punto, la luce del Sole non èsoltanto immagine, ma anche causa.Dell’intelligenza pura, invece, è soltantoimmagine. Infatti l’intelligenza pura agisce

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istantaneamente, penetra in profondità, chiariscesenza essere mescolata a nulla, e restandoaltissima. Allo stesso modo, la luce si espandeistantaneamente attraverso ogni cosa, e rendevisibile ciascuna di esse; è una cosa sola ma nellostesso tempo è tutta ovunque, senza mescolarsi anulla, giacché il Sole, quando se ne va, non restanemmeno per un momento nell’aria, maaccompagna il suo Febo che si allontana. Mapoiché, non so come, sotto questo Apollodiventiamo quasi poeti, anche senza essere buonipoeti, mi sia concesso per un poco narrare favole:prima intorno agli dèi superiori (per dirla allamaniera platonica); poi delle nove Muse.

Gli antichi collocarono i numi nel Sole. Di luicontempliamo infatti o la sostanza, o l’energia.Nella sostanza, l’essenza, la vita, l’intelligenza;chiamiamo l’essenza Cielo, la vita Rea,l’intelligenza Saturno, secondo il loro modo diessere. Se poi, dopo la sostanza, contempleremola forza del Sole, chiameremo la sua feconditàGiove e Giunone; la luce, Apollo e Minerva; ilcalore, Venere e Bacco. Già gli antichiraffiguravano Febo e Bacco – che più degli altridominano nel Sole – come sempre giovani; poiché,se fossimo capaci di sfruttare per nostro uso emisura la luce e il calore del Sole, con la purezza ele proprietà con le quali si trova in esso, netrarremmo l’eterna giovinezza, o almenocompiremmo centoventi anni solari. Dopo questenove divinità, interne al Sole, passiamo alle noveMuse che stanno intorno al Sole. Che cosa sono,infatti, le nove Muse intorno a Febo, se non i novegeneri di divinità apollinee, distribuite nelle nove

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sfere del mondo? Gli antichi, infatti, conobberosolo otto cieli.50 Ma sotto il fuoco celestecollocarono l’aere puro, quasi un nono cielo,celeste per la qualità e il movimento. In ciascunasfera posero spiriti divini, celati agli occhi,ordinatamente dedicati alle singole stelle erranti;spiriti che Proclo chiama anche angeli, eGiamblico, in più, arcangeli e principati.51 Maquelli fra loro che sotto ogni riguardo sono pereccellenza solari, i più antichi li chiamarono Muse,preposte a tutte le scienze, ma soprattutto allapoesia, alla musica, alla medicina, alle espiazioni,agli oracoli e ai vaticini. Ma torniamo al Sole.

Inetti, noi ammiriamo anche troppo tutte le cosepiù piccole, purché siano rare; quelle abituali,anche se sono grandissime, abbiamo smesso diammirarle da gran tempo, quasi fossimo ciechi eingrati. Nessuno ammira il fuoco, che ferve, cosìcome il cielo e il Sole, purissimo, privo dimescolanza, perpetuamente mobile, rilucente dalontano; che da piccolissimo diventa massimo,mentre tutto converte in sé. Nessuno ammiraquanto si dovrebbe il Sole, incomparabilmentesuperiore a ogni altra cosa, padre e moderatore ditutto; il Sole che rallegra le cose tristi, fa viverequelle non ancora vive, risuscita quelle già morte.In verità, se la casa dell’Olimpo onnipotente siaprisse una sola volta all’anno, e si mostrasseimprovvisamente uno splendore così grande, tuttiammirerebbero oltre misura soltanto il Sole, senzaminimamente dubitare che sia stato mandato daDio; e, nonostante sia nascosto, renderebberograzie a Dio, autore di un bene così grande.Giamblico, dunque, e Giuliano e i platonici

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ordinano di raffigurarsi una notte del tutto privadella luce della Luna e delle stelle – la luce che è ildono manifesto del Sole –, per capire meglio checosa saremmo senza il Sole, e quanto siamodebitori a questo Sole supremo.

CAP. XIII

Il Sole non deve essere adorato come autoredi tutte le cose

Spesso Socrate stette attonito,nell’accampamento, in presenza del dio,guardando il Sole che sorgeva sul suo solitocammino; con le membra immobili, gli occhi fissi,a guisa di una statua, a salutare il Sole chetornava.52 I platonici dunque, sulla base di questisegni e di altri simili, diranno forse che Socrate,subito guidato, fin dalla fanciullezza, da undemone febeo, aveva l’abitudine di venerare sopraogni altro lo stesso Febo, e per questa ragione erastato giudicato dall’oracolo di Apollo il piùsapiente di tutti i Greci. Io però per il momentotralascerò che cosa si debba dire del demone diSocrate, se si tratti di un genio o di un angelo.53

Oserei tuttavia affermare con certezza che inquella sua estasi Socrate ammirò non questo Sole,bensì l’altro. Dal momento, infatti, che solo lanovità reca ammirazione, perché Socrate si stupìtanto nell’ammirare questo Sole, che egli vedevaogni giorno, e del quale aveva compreso, conragioni matematiche e fisiche, i movimenti e tuttele energie? Quel Sole che egli, come testimonia

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Platone, chiamò non primo Dio, ma figlio di Dio.Non primo figlio di Dio, aggiungo, ma secondo evisibile.54

Il primo figlio di Dio, infatti, non è questo Solevisibile agli occhi, ma l’altro intelletto, ad esso digran lunga superiore, ovvero il primo figlio, chepuò essere contemplato soltanto dall’intelletto.Socrate dunque, ammonito più di una volta dalSole celeste, presentiva da esso il Solesopraceleste; contemplava con maggioreconcentrazione la maestà di quello, e ammiravaattonito la incomprensibile bontà del Padre.L’apostolo Giacomo lo chiamò padre della luce;della luce, intendo, più che celeste e sovraceleste,presso la quale non c’è cambiamento né periodicooscuramento.55 Ritiene infatti che le creaturesopracelesti siano naturalmente mutevoli; nondubita che molti dei corpi celesti in qualche modosi oscurino, mentre quelli al disotto del cielo lofanno ogni giorno. Pensa perciò che ognuno deimassimi beni che siano stati dati, ossianaturalmente insiti nella mente, e ogni donoperfetto, aggiunto cioè oltre le doti naturali,discendano non da questo Sole e dalle stellemondane, ma, più in alto, dallo stesso padre dellaluce. Adoperando infatti le forze dell’intelligenza,quasi gradini non solo verso il cielo, ma al di sopradi esso, saliamo baldanzosi oltre i cieli, e lìconosciamo e amiamo e coltiviamo molte cose piùimportanti dei cieli, e veneriamo, più di ogni altracosa, l’artefice stesso del cielo. Non potremmotuttavia con l’intelligenza intendere o amare piùdel cielo qualche cosa di incorporeo, sericevessimo l’intelligenza soltanto dal cielo. Ma

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affinché nessuno, ammirando troppo il Sole, laLuna e le stelle, li adorasse e venerasse comeartefici e padri dei doni intellettuali, ammonìprudentemente che il Sole non è principio di tutto.Ometterò qui le ragioni per le quali nella miaTheologia affermo che il principio di tutto non èné il corpo, né l’anima, né l’intelletto, ma qualcosadi molto più elevato, dal quale il Sole celeste distatanto da poter essere giudicato più un’ombra cheun’immagine di esso. Riassumerò invece in brevele ragioni di cui si serve, su questo punto,Giacomo.

Poiché la quiete, principio, guida e fine delmovimento, è più perfetta di ogni tipo dimovimento, certo Dio, principio e reggitore ditutto, non può essere in movimento. Il Sole,invece, è continuamente in movimento. Peraltro lavirtù del principio, che è immensa, raggiungetutto con la sua forza, e non può mai essereimpedita. La virtù del Sole, invece, operandoattraverso i raggi, è ostacolata qua e là dai raggiche le si oppongono; patisce un difetto se la Lunasi frappone; spesso è trattenuta dalle nubi; èrespinta dalla densità della terra; è indebolitadalla distanza. Il Sole stesso è anche una parteassai piccola del mondo; è trattenuto da una sedeangusta; è trascinato e di nuovo trascinato dallasua sfera, e contro l’impeto della propria sferaviene sempre ricondotto all’indietro dalla sferasuperiore; è ostacolato dai segni e dalle stellecontrari; è indebolito, per così dire, dagli aspettinegativi dei pianeti malefici. Infine, il principio ditutto opera tutto sempre, dovunque e in ogni cosa.Il Sole, invece, non produce le sfere del mondo, né

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può con la propria energia creare cose umide odense o di tipo simile. Né, se vi sono in cielo virtùdi questo tipo, esse traggono in alcun modoorigine dal Sole, come rettore e misura in cielo.Ciò valga ad ammonirci che tutte le cose che sonoin cielo, sotto il cielo e sopra il cielo, sono tutteegualmente riferite a un unico principio del tutto.

Considerando tutto ciò, veneriamo quest’ultimoprincipio con quella osservanza con la quale lecose celesti venerano il Sole.

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APOLOGIA PER IL PROPRIO LIBRO DELSOLE E DELLA LUCE

Marsilio Ficino fiorentino a Filippo Valori, oratorefiorentino presso il Pontefice1

Trattenevo in casa ormai da tempo il libro sulSole, destinato al chiarissimo Piero de’ Medici;2

contro il precetto evangelico nascondevo, empio,il Sole, quasi la fiaccola sotto il moggio. Ma quelPiero del Nero,3 che nelle mie lettere ho spessodefinito candidissimo, pensò che fosse giusto chela luce risplendesse, come Dio ha ordinato, perquante più persone possibile. Obbedii moltovolentieri a quell’uomo purissimo, al quale più chea ogni altro si addice la cura della luce e delcandore. E oltre al mistero, affidato a Piero de’Medici, inviai il libro perché fosse affidato aglistampatori ad opera di Piero del Nero. Eccodunque, mio Valori, che questo Sole, a me piùcaro della luce, sorge ormai visibilmente, perquanto piccolo sia. Ma forse sarà offeso da nebbieche stanno per levarsi, o risulterà molesto aqualche pipistrello e uccello notturno. Ma nebbiee venti si dissolveranno subito, oppure il Solestesso, quando salirà più in alto, li indebolirà escioglierà. Ai pipistrelli, che anche nella luce siavvolgono di oscurità, e non vedono, consiglierai –se pur sono capaci di farsi consigliare – di nonaccusare la luce, che a tutti gli altri è salutare.Fuggano piuttosto, secondo il loro costume,questa luce, e (ciò che è lo stesso) continuino a

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nascondersi, indegni della luce.Chiamo poi, con buone speranze, il mio Valori a

combattere per me. Valori, dico, non solo contro igufi, ma anche contro giganteschi mostri. Eglicombatterà con grandissimo valore, a guisa diErcole. Sei infatti solito avere di frequente sullelabbra quel detto di Boezio su Ercole: La Terra,espugnata, dona4 le stelle. Gli antichi presentanoErcole, alunno del Sole, che si sottopone, per lavera gloria e lo splendore della verità, che sono lefunzioni e i compiti del Sole stesso, a dodicifatiche, come i segni dello Zodiaco. Va’ dunque inbattaglia, mio alacre Valori; in essa avrai (so quelche dico) almeno tre invitti compagni. Parlo diErcole Poliziano, del febeo Pico e di LandinoAnfione. Essi hanno già combattuto tre anni per ilmio libro Sulla vita5 con tanto valore, quanto saràquello con cui di nuovo combatteranno ora perquesto mio libro sullo splendore, per quantomodesto esso sia.

2 Gennaio 1493.

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LETTERE SULL’ASTROLOGIA

1Solus nullum charum amittit, cui omnes in illochari sunt, qui non amittitur1

[Il solo a non perdere nessuno dei suoi cari, èquello al quale tutti sono cari in Colui che mai siperde]

Marsilio Ficino a Giovanni Cavalcanti,2 amicounico

È quasi impossibile dire quanto io sia depresso,mio dolcissimo Giovanni, costretto come sono daltimore di questa pestilenza a stare, per ordine dimio padre, questi pochi giorni senza te: e tuttaviasono con te più spesso di quanto si possa pensare.E, per Giove, se non fossi in tal modo con te, certolo stare senza te mi sarebbe penoso. Giovanni,sola mia cura e mio conforto, ti prego di consolareil tuo Marsilio con le tue lettere, che tantoaspetto. Arriveranno recandomi sempre grandefelicità, in qualunque momento arrivino.

Dal canto mio ti scrivo sotto un’opposizionedella Luna al Sole, a Mercurio e Saturno; e unaquadratura di Marte al Sole e alla Luna; in unmomento, dunque, che gli astrologi consideranoinfelice più di ogni altro.3 Tuttavia so che saròfelicissimo di scriverti. L’amicizia, infatti, ci halegati fin dai nostri verdi anni non soltanto sotto la

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guida degli astri, ma anche per volere di Dio, cheè guida degli astri.4 Mi è dolce dunque esclamare,come faccio spesso in privato e in pubblico,insieme con il divinissimo Agostino, nostra guida:il solo a non perdere nessuno dei suoi cari, èquello al quale tutti sono cari in Colui che mai siperde.5

Si volge ormai per te, mio Giovanni, iltrentesimo anno,6 se conto bene. Non essereprodigo del tempo che fugge, ma spendi i tuoigiorni con parsimonia tanto maggiore, quantimeno te ne restano da spendere.

2Deus omnia bonis convertit in bonum1

[Ai buoni Dio volge tutto in bene]

Marsilio Ficino a Giovanni Cavalcanti,2 amicounico

Giovanni, scrivimi qualche volta che cosa hai fattoin ciò che abbiamo in comune, e che cosa vuoi siafatto da me. Sempre che in questo momento tusappia ciò che vuoi, mio ottimo Giovanni. Quanto ame, di questi tempi non so affatto che cosa vorrei.Forse non vorrei ciò che so di volere, e voglio ciòche non so.

Penso però che in questo momento le tue cosesiano in ordine, per la benignità del tuo Giove, cheè in moto diretto nel segno dei Pesci; ciò che a mein questi giorni non avviene, per la malignità diSaturno, retrogrado in Leone.3 Ma, come siamo

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soliti ripetere, in ogni circostanza bisogna renderegrazie a Dio, che nella sua infinita bontà volgetutto in bene.

3Mala non sunt ab astris proprie, sed ex defectumateriae, vel consilii1

[I mali non derivano propriamente dagli astri, madai difetti della materia, o della decisione]

Giovanni Cavalcanti a Marsilio Ficino, filosofoplatonico

A parer mio tu ogni tanto sopravvaluti delle cose:proprio perché le sopravvaluti – sebbene siano daconsiderarsi di importanza minima –, le temi; equesto, da quel grand’uomo che sei, non dovrestimai farlo. Non metterai dunque più sotto accusacon me, mio Marsilio, la malvagità di Saturno. Gliastri, per Ercole, non possono farci alcun male;non possono, dico, e non vogliono: per gli esserisuperiori, infatti, volere e potere sono lamedesima cosa. Per quale ragione, poi, cidanneggerebbero, noi che siano i figli di Dio,sommo bene? Lasciamo che siano guidati, insiemea tutto il resto del creato, che trae origine solo dalsommo bene; e che le felicissime menti angelicheli conducano, secondo le leggi del bene stesso. Sele cose stanno come noi le vediamo, e come i dottisanno, il secondo padre, quello terrestre (che alconfronto di quello celeste merita a fatica diessere definito padre), ama i suoi figli quanto

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pensiamo li ami quello che è il primo e vero padre:in modo certo straordinario. Per questo nonriceviamo mai alcun danno dalle cose checonvivono con noi nella prospera casa del padrenostro. Guardati dunque dall’attribuire ancora letue colpe a quell’astro supremo, che forse ti hariempito di benefici innumerevoli e grandissimi.Per non dilungarmi a enumerare vani dettagli: tuche sei stato mandato ad adornare una cittàfiorente, che ormai grazie a te è divenutafiorentissima,2 non volle forse Saturno guardartisotto lo stesso aspetto3 con il quale guardò ildivino Platone, per rendere illustre Atene?

Rispondimi, ti prego. Da dove viene il mirabileingegno, grazie al quale intendi che Saturnocompie in trent’anni il suo cammino, e quali effettiproduce sulla Terra, da questa o quella posizione?Dimmi: da dove hai tratto quel corpo robusto esano, con il quale hai percorso tutta la Greciaattraverso sentieri insoliti e selvaggi, e seipenetrato fino in Egitto, per portare fino a noi,sulle tue spalle, quei sapientissimi antichi?4 Èstata certo un’impresa audace; per essa i posteriti saranno tanto debitori, che ripagarti saràdifficile. Né l’impresa iniziata ti ha deluso. Ci hairecato coloro che nessuno è capace diraggiungere; hai reso noti in Occidente coloro deiquali in passato si conoscevano soltanto i nomi, eche saranno grandemente venerati. Li hai liberatidall’oscurità che li circondava, e hai tolto ogninebbia dai nostri occhi, in modo che potessimovedere anche il loro cuore, a patto di non avere gliocchi infiammati. Per merito tuo, dunque, lanostra generazione ha visto coloro che l’Italia non

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aveva mai visto. Ebbene, tutto questo ti è statodato da Saturno.

Vorrei che tu mi rispondessi anche su questopunto. Da dove viene quella tua memoria, capacedi abbracciare ogni cosa; così tenace, che in ognimomento tu hai presenti cose che hai visto esentito una volta sola; che non ricorda solo leazioni, ma anche chi le ha compiute, e i tempi e iluoghi? Non accuserai dunque Saturno, che volletu superassi gli altri uomini di quanto esso superagli altri pianeti.5 Ci vuole, dunque, una palinodia; epiù saggio sei, prima la canterai.

4Omnes omnium laudes referantur in Deum,principium omnium atque finem1

[Ogni lode sia rivolta a Dio, principio e fine ditutte le cose]

Marsilio Ficino al suo amico Giovanni Cavalcanti

Mi ordini, mio Giovanni, di cantare una palinodiaa Saturno,2 del quale nei giorni scorsigrandemente mi lamentavo. E lo fai moltogiustamente: poiché nessuno dà ordini piùgiustamente di colui che, ordinando cose giuste,compie lui stesso ciò che ordina.

Ma, pur se ordini giustamente, ordini, tuttavia,qualcosa di inutile. Se, infatti, il mio petto risuonaquando il mio cuore canta, ne segue che, quandotu canti, il mio cuore vibra in armonia con te.3

Nella tua lettera mostri di aver cantato una

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palinodia a Saturno e a tutti gli astri; anzi, a Dio,che è guida degli astri. Possa dunque valere comepalinodia per il tuo Marsilio la tua lettera, le cuilodi egli accoglie come dovute in parte al tuocaldissimo amore per lui, in parte ai doni diSaturno. Ma le lodi dell’amore, di Saturno e diogni altra cosa debbono essere rivolte a Dio,principio e fine di tutte le cose. Per quanto è inme, io lo lodo soprattutto in questo: desidero soloil suo premio eterno, mentre ambisco pochissimo ibeni terreni.

Quanto poi al mio essere troppo pauroso inrapporto alle contrarietà, cosa che ogni tanto mirimproveri, ne attribuisco la colpa a una specificacomplessione, la melanconia, che è, mi pare,molto amara, se non viene lenita e addolcita, inqualche modo, dal ricorso frequente al suono dellacetra. Una melanconia che mi sembra impressa inme fin dalla nascita da Saturno, posto nel mioAscendente più o meno alla metà dell’Aquario, eche nell’Aquario stesso riceve Marte e la Luna inCapricorno, e forma un quadrato con Sole eMercurio, che in Scorpione occupano la nonacasa. E forse mitigarono un poco questa naturamelanconica Venere in Bilancia e Giove inCancro.4

Ma dove sono andato temerariamente acacciarmi? Di nuovo, mi accorgo, e non senzaragione, mi costringerai a cantare una palinodia aSaturno. Che fare? Tergiverserò; e dirò – se vuoi -che tale natura non deriva da lui. Oppure, se sideve ammettere che deriva da lui, concorderò conAristotele, il quale afferma che proprio lamelancolia è un singolare dono divino.5

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5Quae revera sunt bona, quo maiora sunt eo etiammeliora1

[Ciò che è davvero buono, è migliore quanto più ègrande]

Marsilio Ficino a Lorenzo Bonincontri, astronomoe poeta2

Non riesco a dire con quanto piacere ho letto letue lettere, chiarissimo Lorenzo. In esse, nullabiasimo di meno, di ciò di cui ti scusi di più. Mache dico, mio Lorenzo? In verità, non biasimonulla, poiché ogni loro affermazione mi piace inmassimo grado. Dunque, per dir meglio, nelle tuelettere nulla mi piace più di ciò che temevipotesse piacermi di meno. Parlo, amico, del tuodiscorrere ampio, o meglio, della tua sobrietà;poiché ciò che davvero è buono, è migliore quantopiù è grande.

Rimetti a me il difficile giudizio su tre numi,provvidenza, fato e libertà. Hai sentito dire cheuna volta fu rimesso a Paride il giudizio fra le dee;ma in un punto tanto decisivo io non vorreioffendere le entità superiori. Il giudizio di Paride èricordato per l’offesa recata alle forme divine cheha disprezzato. Ma forse per me non c’è piùnessun pericolo. Tu stesso sembri aver emesso sudi loro il giudizio più prudente; infatti non li haiindebitamente separati, come hanno fatto molti,bensì li hai molto opportunamente congiunti l’unoall’altro. Io confermo il tuo giudizio, in un discorsodi maggiore ampiezza, nel libro sugli astrologi.3

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6Quantum Astronomi metiuntur, tantum Astrologimentiuntur1

[Quanto gli astronomi misurano, tanto gliastrologi mentono]

Marsilio Ficino fiorentino a Bernardo Bembo,2

giureconsulto e cavaliere molto insigne

Dio ti salvi mille volte, mio Bernardo. Ho dettotroppo poco: ti salvi tante volte quante respiri,dolcissimo Bernardo. Ti scrivo ogni giorno moltecose, ma ne trascrivo poche. Mi sembra infatti disoddisfare l’amore, quando scrivo la minuta; mache se la trascrivessi, soddisferei poco il dovere.

Tuttavia, per informarti dei miei studi attuali:compongo un libro sulla provvidenza di Dio e lalibertà dell’arbitrio umano, nel quale – in rapportoalle capacità del mio ingegno – confuto queigiudizi astrologici che tolgono dignità allaprovvidenza e alla libertà.3 Quanto infatti gliastronomi misurano con diligenza le cose celesti,altrettanto gli astrologi mentono, infondatamente,sulle cose umane. Addio.

Perché però, mano mia troppo pigra, stai tanto alungo senza nominare quell’egregio Tommaso,una volta Acate di Bernardo, oratore dei Veneti,che il mio animo abbraccia tanto volentieri, e delquale la mia bocca risuona?4 Tutte le volte,dunque, Bernardo, che lo vedrai, auguragli distare in salute, a nome di Marsilio.

14 Giugno 1477.

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7Cum primum fatum impugnare nitimur,expugnamus1

[Non appena ci sforziamo di contrastare il fato, losuperiamo ]

Marsilio Ficino a Francesco Marescalchi,ferrarese2

Mi poni, mio confilosofo, quattro ottime domande.La prima: come sto? Sto, Marescalchi, comevoglio, da quando ho cominciato a voler starecome sto. La seconda: perché faccio filosofia?Faccio filosofia soprattutto per questa ragione:poter assecondare con la volontà le cose, quandole cose non assecondano in altro modo la miavolontà; in questo modo, infatti, le coseassecondano la volontà che le asseconda. Laterza: quanto bene ti voglio? Se c’è una misuraper l’amore, o una dimensione per la liberavolontà, misura, Francesco, il tuo affetto per me, ecosì forse misurerai il mio per te. La quarta: checosa sto scrivendo? Scrivo un libro sullaprovvidenza di Dio e la libertà dell’arbitrio umano,nel quale si combatte contro la necessità e il fatodegli astrologi.3

Si dirà forse che è da sciocchi voler combatterecontro il fato, poiché esso è inespugnabile. Io peròrispondo, che contrastarlo è tanto facile, chequando vogliamo contrastarlo, appena lovogliamo, lo superiamo. In verità, l’impulso dellesfere celesti non può innalzare la mente al disopradelle sfere; perciò chi si pronuncia contro di loro

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mostra di averle già trascese, e di essersiinnalzato fino a Dio e al libero arbitrio dellavolontà. Come se fosse stato non costretto dal fatoceleste, ma condotto dalla provvidenzasopraceleste di Dio, e dalla libertà della mente.

Peraltro, poiché l’iniziativa di contrasto, per cosìdire, procede di solito perentoria da un contrarioall’altro, nessuno si sentirà di ammettere che lavolontà, e l’argomentazione che avversa lapresunta coercizione delle stelle, traggano origineproprio da esse.4 Si deve invece concedere chescaturiscano dalla provvidenza e dalla libertà, ingrazia delle quali ci siamo pronunciati contro ilfato.

28 [Luglio] 1477.

8Prospera in fato fortuna, vera in virtute felicitas1

[Prospera fortuna nel fato, vera felicità nella virtù]

Marsilio Ficino a Lorenzo de’ Medici, il giovane2

Il mio grande affetto per te, ottimo Lorenzo, miimpone da gran tempo di offrirti grandi doni.Chiunque contempli il cielo lo considera la piùgrande delle cose visibili con gli occhi del corpo.Perciò, se oggi ti offrirò il cielo, quale sarà ilvalore del dono? Ma non vorrei avernemenzionato il valore, poiché l’amore una voltasbocciato dà e riceve gratuitamente ogni cosa; névi è al disotto del cielo nulla che possa valerequanto il cielo stesso.

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Gli astrologi insegnano che fra tutti nasce piùfortunato quello per il quale il fato ha disposto isegni celesti in modo che la Luna non formiaspetti negativi con Marte e Saturno, e ne formiinvece di positivi con Sole, Giove, Mercurio eVenere. Quanto gli astrologi consideranofortunato chi ha avuto alla nascita i corpi celestifavorevolmente disposti dal fato, tanto i teologiconsiderano beato colui che li ha disposti in séaltrettanto bene. Dirai certo che il cielo è troppogrande. Grande è davvero; ma pur se è grande,accosta con buone speranze, nobile Lorenzo,l’impresa: il tuo creatore è molto più grande delcielo, e del cielo sarai tu stesso più grande, nonappena stabilirai di farlo. I corpi celesti non sonoda cercare in alcun luogo esterno a noi: il cielo,infatti, è tutto dentro di noi, che abbiamo in noi ilvigore del fuoco, e origine celeste.3

Prima di tutto la Luna: che cos’altro significa innoi, se non il continuo movimento del corpo edell’anima? Marte, poi, indica la prontezza;Saturno, invece, la lentezza. Il Sole significa Dio,Giove la legge, Mercurio la ragione, Venerel’umanità (humanitas).4 Su dunque, armati,giovane generoso, e tempera col mio aiuto il cielo,in questo modo. La tua Luna, ovvero il continuomovimento del corpo e dell’anima, schivi sial’eccessiva rapidità di Marte, sia la lentezza diSaturno; ovvero, consideri ogni singola questionenel momento opportuno e conveniente; non siaffretti, né ritardi, più del dovuto. Questa Lunache è in te guardi poi continuamente il Sole, cioèDio stesso, dal quale sempre riceve raggi benefici;e in ogni dove veneri sopra ogni altro colui dal

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quale ricevi ciò per cui sei degno di onore. Guardianche Giove, cioè le leggi divine e umane, che nondebbono mai essere trasgredite: allontanarsi dalleleggi, sulle quali tutto si regge, non sarebbe infattialtro che perdersi. Volga lo sguardo a Mercurio,ossia al discernimento, alla ragione e alla scienza,nulla intraprendendo se non dopo aver consultatopersone prudenti; né dica o faccia nulla per cuinon possa fornire ragioni plausibili. Considericieco e muto un uomo digiuno di scienze e dilettere. Fissi infine lo sguardo in Venere stessa,ossia nell’umanità.

Da Venere siamo ammoniti a ricordare che sullaTerra non si possiede nulla se non si possiedonogli uomini, per i quali le cose terrene sono statecreate. Ma degli uomini non ci si impadroniscecon nessun’altra esca, che non sia l’umanità.5

Guardati dal disprezzarla, quasi ritenendo chel’umanità abbia origine terrena. L’umanità èinfatti una ninfa dal corpo bellissimo, di origineceleste, più di ogni altra cara a Dio, che sta aldisopra del cielo. La sua anima e il suo spiritosono l’amore e la carità; i suoi occhi sono ladignità e la grandezza d’animo; le mani laliberalità e la magnificenza; i piedi la serenità e lamodestia; il tutto, infine, la temperanza e l’onestà,la grazia e lo splendore. Che aspettostraordinario, che piacevole visione! Lorenzo mio,una ninfa tanto nobile è tutta in tuo potere. Se tiunirai a lei con vincolo indissolubile e la prenderaiper tua, renderà dolci tutti i tuoi anni, e ti renderàpadre di una bella prole.6

Infine, per esprimermi con brevità: se in questomodo saprai regolare convenientemente in te i

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segni e i doni celesti, sfuggirai a tutte le minaccedel fato, e certo vivrai, con il favore divino, unavita beata.

9Coelum pollicetur bona, virtus praestat1

[Il cielo promette i beni, la virtù li garantisce]

Marsilio Ficino al suo Giorgio Antonio Vespucci, ea Naldo [Naldi]2

Scrivo a Lorenzo il giovane un’epistola sullaprosperità dovuta al fato, che riceviamo dallestelle che sono fuori di noi, e anche sulla liberafelicità, che conseguiamo, grazie alla liberavolontà, a partire dalle stelle che sono in noi.

Tu la interpreterai, se sarà necessario. Loesorterai anche a impararla e conservarla ripostanella mente più alta. Grandi sono le cose che gliprometto; altrettanto grandi quelle che siprocurerà, se solo leggerà con la stessadisposizione d’animo con la quale io ho scritto.

10Pius dominabitur astris1

[L’uomo pio dominerà le stelle]

Marsilio Ficino al magnanimo Lorenzo de’ Medici

Stai molto attento, Lorenzo, oggi e domani, poiché

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Marte in Capricorno – tuo segno ascendente –forma oggi un quadrato a Saturno, domani unquadrato al Sole.2 D’altro canto, non si è ancorasciolta la quadratura del Sole a Saturno, signoredel tuo Ascendente. Per quest’ultima ragionedebbo guardarmi anch’io.3

Nei giorni scorsi stavo venendo da te per dirtitutto questo, ma per strada mi soccorse l’idea difar di tutto per rimandare fino a questo momento,per non pressarti con timori e fastidi destinati adurare troppo tempo. Anticipiamo di solitoabbondantemente, con le nostre previsioni,inconvenienti che avverranno dopo molto tempo;talvolta, anche, ci raffiguriamo avversità che nonsi verificheranno.4 Se pensiamo che sia infelice chiè costretto a temere qualcosa, sono certo menoinfelici quelli cui viene ispirato un timore di piùbreve durata.

Spero comunque, e non è vana fiducia, che ilsignore delle stelle e degli uomini, che ti hasalvato fino a ora dalle minacce delle stelle, espesso miracolosamente anche dalle crudeli manidegli uomini,5 ti salverà nello stesso modo, nellasua clemenza, anche in futuro.

26 Settembre 1480.

11Quod divina providentia statuit antiqua renovari1

[Fu la divina provvidenza a stabilire che l’antico sirinnovi]

Marsilio Ficino a Giovanni Pannonio2

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Se tu avessi compreso i miei scritti, che dici diaver letto, non ti chiederesti ora in qual modoquesto mio rinnovamento degli antichi sia alservizio della divina provvidenza. In primo luogo,non dobbiamo chiedere il pieno possesso dellaverità cristiana a quanti sono vissuti prima dellanascita di Cristo. Nemmeno dobbiamo pensareche le menti di quegli uomini, così acute efilosofiche, potessero essere attratte verso lareligione perfetta, e gradualmente condotte adessa, da un’esca diversa da quella della filosofia.Le intelligenze acute, infatti, si affidano solo allaragione; e abbandonano subito volentieri lareligione comune, quando recepiscono quellaproposta da un filosofo religioso. Una volta che diquesta si siano imbevuti, la trasformano confacilità nella migliore delle specie di religionicomprese in quel genere.

Non fu dunque senza che la divina provvidenzavolesse richiamare a sé tutti gli uomini, secondol’ingegno di ognuno, che mirabilmente una piafilosofia3 nacque, sia presso i Persiani, conZoroastro, sia presso gli Egizi, con Ermete, inreciproca armonia. Essa fu poi nutrita presso iTraci con Orfeo e Aglaofemo; crebbe rapidamente,con Pitagora, presso Greci e Italici; infine fuportata a perfezione in Atene dal divino Platone.Era antico costume dei teologi celare i divinimisteri sia sotto numeri e figure matematiche, siasotto invenzioni poetiche. Plotino, infine, liberò lateologia da questi veli, e per primo e solo, cometestimoniano Porfirio e Proclo,4 penetrò per donodivino gli arcani delle cose. Ma per la

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straordinaria concisione del suo linguaggio,l’abbondanza delle sentenze e la profondità delsenso, richiede di essere non solo tradotto, maanche commentato.

Ho lavorato fino a oggi a tradurre e chiarire iteologi più antichi. Ora invero lavoro allo stessomodo, tutti i giorni, sui libri di Plotino, destinato aquest’opera per dono divino, come essi alla loro;affinché, venendo alla luce questa teologia, i poeticessino di mettere scelleratamente nel numerodelle loro favole le azioni e i misteri delladevozione religiosa; e i peripatetici, ossia tutti ifilosofi, siano ammoniti che la religione non vatrattata come una favola da vecchiette.

Infatti tutto il mondo è occupato dai peripatetici,che si dividono in due sette, alessandristi eaverroisti.5 I primi ritengono che il nostrointelletto sia mortale; i secondi pretendono che siaunico. Gli uni e gli altri distruggono nello stessomodo, dalle fondamenta, ogni religione. Ma sequalcuno pensasse che una empietà cosìlargamente divulgata, e sostenuta da ingegnitanto penetranti, possa essere distrutta dallasemplice predicazione della fede, si convinceràsubito di essere molto lontano dal vero. C’èbisogno di una forza molto maggiore, cioè dimiracoli divini che si mostrino per ogni dove, oalmeno di una filosofia religiosa che sappiapersuadere i filosofi, che l’ascolteranno moltovolentieri. Piace alla divina provvidenza rafforzareper la nostra generazione, con l’autorità e laragione filosofica, la religione in generale; intempi stabiliti, confermerà con veri miracoli, atutti manifesti (come già fece un tempo), la specie

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più alta di religione.Quanto al fatto che tu, volendo riferire al fato le

ragioni di questa nostra opera, hai accennato almio tema natale, non nego che in questa figuraSaturno, ascendente in Aquario, il Sole e Mercurionella nona casa, gli aspetti degli altri pianeti allanona casa, indichino un uomo che rinnova le coseantiche; nego però che ne siano la causa.6 Anchetu, dopo aver letto con attenzione la mia epistolasulla stella dei Magi,7 l’analoga discussione svoltanella mia Theologia, e i libri di Plotino, da metradotti, che parlano della stessa questione,comprenderai pienamente che il servizio delpubblico bene, che riguarda le anime, dipendeprincipalmente, come da cause comuni e prime,dalle menti superiori, ministre di Dio; mascaturisce anche, come da cause prossime eultime, dalle scelte umane, quando si volgonoverso le entità superiori. È perciò significato dallefigure e dai movimenti celesti, quasi strumentidella mente divina.

Imparerai inoltre che il fato, ovvero la seriedelle cause celesti, è al servizio della divinaprovvidenza; e che i nostri animi giudicano con ilmassimo di libertà, quando consentono inmassimo grado con la volontà divina. Ma poiché tiso molto affezionato ai poeti, concluderò tutto ildiscorso con Virgilio. Enea (cioè l’animo eroico),destinato a discendere agli Inferi per poi risalire(cioè penetrare i misteri divini) e a portare allaluce ciò che è nell’oscurità, viene guidato a ciòdalla provvidenza divina; così come generato pervolere divino (come dice) era lui, che il giustoGiove amava, e gli oracoli divini a ciò

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chiamavano.8 Procede dunque verso il suo fine condecisione libera, dove la virtù ardente lo trasportaverso i corpi eterei, e dove valuta che cosa siameglio fare; e spontaneamente consulta glioracoli, e sempre ben volentieri consente con lasentenza divina. A ciò concorre il fato, conformealla provvidenza, preannunciato dall’oracolo.Afferralo; e volentieri e facilmente ti seguirà, se ilfato ti chiama. Se no, non potrai vincerlo connessuna forza, né potrai abbatterlo con la spada.9

Di certo il fato, quasi araldo della provvidenza,ti chiama, ti indica quello che la provvidenza hastabilito e comanda; tu però in tanto sei capace diportare a termine l’opera difficile, in quanto tutti edue, fato e provvidenza, ti ispirano. In tanto,anche, agisci liberamente, in quanto obbediscivolentieri alla provvidenza. E sei davvero signorenel regno del fato, quando ti dimostri servo inquello della provvidenza. Addio.

12Astronomicum auspicium pro libro de vita longa1

[Auspicio astronomico per il libro De vita longa]

Marsilio Ficino a Giovanni Pico della Mirandola,2

suo confilosofo

Come il nostro Platone scrisse, stimolato da Lisia,e invitato da Timeo, Zenone, Parmenide, cheavevano scritto essi stessi, così ora io sono statoindotto dal filosofo Arnaldo3 a comporre un librosu come ritardare la vecchiaia. Poiché tuttavia

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sapevo di cimentarmi con una questione chesupera le forze umane, ho iniziato il libretto solocon favorevoli auspici delle stelle; di Mercurioanzitutto, che felicemente si muove di motodiretto nella sua Vergine; poi della Luna, cheavanza in Toro ed è congiunta a Giove, e di lìforma un trigono con Venere e Mercurio. In talmodo questa mia composizione, nata sotto pianetivitali,4 sotto il regno di Mercurio, potrà giovare,quanto alla vita, a chi filosofa, e più di tutti a te,carissimo Pico, il più degno di una vita da filosofo.

E perché tu potessi trarre il massimo vantaggiodalla mia diligenza, oggi ho osservato il Sole che,mentre gioca con il Toro, come lo hai felicementericevuto alla nascita, è finalmente vicino al trigonodi Saturno; gli si accosta intanto la Luna,5 che intal modo va a prendersi cura di Pico, figlio delsublime Saturno, prima che degli altri. Soprattuttoin quanto Saturno è dignificato in Capricorno, haa destra la grande testa del drago, e gloriosoguarda il Sole6 con i raggi del trigono, perconfermare subito ai suoi figli attraverso questoaspetto, con stabile patto, le promesse del cielo.Purché, come dobbiamo sperare, il sommo Gioveinclini benevolo verso i cultori della dea il capocon il quale generò Minerva.

23 Agosto 1489.

13Responsio desideranti natalem suum et reliqua1

[Risposta a un amico che gli chiede il giornonatale, e altro]

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Marsilio Ficino a Martino Uranio Prenninger,2 diConstanza

Ti mando Giamblico, che chiedevi per primo, e inpiù Proclo e Sinesio: domandi le mie cose tanto abuon diritto, che devo sempre mandartele piùnumerose di quanto chiedi. Anche gli otto libridelle mie lettere, che desideri, li affiderò ai copistiperché fra breve le trascrivano. Sto per inviartianzitutto il primo libro, poi il secondo. Ho decisoquesta mattina di dedicare proprio a te il nono,che è già quasi finito: questo e altro richiedono ilmio affetto e il tuo valore.

Chiedi poi del mio giorno natale; e se il nostroPlotino, agli amici che spesso glielo domandavano,non lo confidò mai,3 tuttavia sono così colpito daltuo grande amore per me, da non poterti negarenulla, se non ciò che sia al di fuori della miadisponibilità. Il mio giorno natale fu il 19 ottobre1433. Quanto all’ora, sebbene non sia stataannotata da mio padre Ficino, medico, dalle sueparole e da quelle di mia madre ho dedotto esserestata la ventunesima; e penso che in quelmomento fosse ascesa circa la metà dell’Aquario,insieme ai Pesci. Saturno in Aquario occupaval’angolo orientale, mentre Marte, sempre inAquario, era in dodicesima; il Sole era inScorpione, Mercurio in nona casa, la Luna inCapricorno, Giove in Leone in settima; nella stessacasa Venere in Vergine; il punto di fortuna inAriete.4

Hai la natività, quale che essa sia; e il nativo,qualunque sia la sorte che gli è toccata. Se la

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fortuna non fu mai grande e durevole, una certadebolezza fisica ostacolò sempre i miei libri, siadurante la stesura, sia in fase di pubblicazione;mai, tuttavia, sono venuto meno al compito cheforse mi è stato assegnato. Già infatti, in questoottavo settenario della mia vita, tu mi hai offertola ragione di una nuova edizione, anzi, di unanuova composizione. Chiedendomi quest’anno illibro su come prendersi cura della salute degliuomini di lettere, composto nel settimo settenario5

della mia vita, nel quale ho pubblicato i libri diPlatone, il tuo genio ha stimolato il mio acomporre un libro sul come prolungare la vita agliuomini d’ingegno, perché non solo vivano bene,ma vivano anche il più a lungo possibile in buonasalute. Così ho già terminato, con l’aiuto di Dio,questo libro sul come allungare la vita aglistudiosi, e ad esso ho aggiunto un opuscolo che hocomposto sul come attirare la vita dal cielo, inmodo tale da poter promettere agli uominid’ingegno buona salute e vita lunga,6 con rimedi emedicine non messi insieme in modo qualunque,ma preparati sulla base dell’osservazione degliastri. Almeno se Dio stesso, che ora ha ispirato chil’ha scritto, ispirerà allo stesso modo nel futurochi lo leggerà, e lo utilizzerà.

Stai bene, e a lungo, e felicemente.29 Agosto 1489.

14Gratiarum actio pro Patrocinio exhibito nobis aPrincipe1

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[Ringraziamento per il patrocinio elargito dalprincipe della Chiesa]

Marsilio Ficino a Rinaldo Orsini,2 arcivescovo diFirenze

Dio ti salvi a lungo, Dio ti salvi sempre, buonpastore, salvezza degli agnelli. Il buon pastorededica la propria anima ai suoi agnelli, perpascolarli e difenderli dai lupi. Così tupaternamente hai sottratto or ora il tuo agnelloFicino alle voraci fauci dei lupi, e quando giàSaturno duramente mi aggrediva, ti sei opposto,quasi fossi Giove.3 Sembra quindi che quando,discutendo di pianeti e stelle, anteponevo Giove aogni altro, io divinassi che grandi sacerdotigioviali – generosi cioè e veridici – mi avrebberosoccorso nel pericolo.

In verità ti definii gioviale molto prima di averesaminato il tuo tema natale; e quando potei farlodirettamente lo affermai, sulla base del Cancro,esaltazione (regnum) di Giove, all’Ascendente, edello stesso Giove, con sua gioia felicementedisposto in decima casa, in sestile al suo Cancro.4

Ma noi pensiamo che tutti i beni derivino infinedal Giove celeste, creatore del pianeta Giove.

Poiché poi il Sommo Pontefice, suo vicario, permerito tuo si è volto a me favorevole, desidero nonsolo che mi conceda il suo favore, ma anche cheviva a lungo.5 Perciò, se potessi venire aconoscenza del suo oroscopo, della costituzionecorporea, delle patologie che maggiormente imedici temono per lui, potrei con diligenza

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escogitare un miscuglio o una medicina che giovia una vita lunga e a una prospera salute. Questoringraziamento voglio renderti: nemmeno Venere,guida delle tre Grazie, potrebbe eguagliarlo.

Firenze, 26 Giugno 1490.

15Fata viam invenient, aderit vocatus Apollo1

[Il fato troverà la sua via, e Apollo, invocato,comparirà]

Marsilio Ficino a Pierfilippo Pandolfini,2 oratoreillustre del Senato di Firenze

Ti ho tracciato uno a uno i giorni dell’annoprossimo, che ho esaminato in questa veglianotturna del gran giorno di Natale. Mi compiaccioper i giorni felici, depreco quelli infelici; invoco gliuni e auspico l’allontanamento degli altri, conl’aiuto del padre Giove, significatore dei pontefici.Il 17 dello scorso mese di settembre esso ètornato nei tuoi Gemelli; spostatosi all’indietro, dimoto retrogrado, fino al Toro, il 10 di gennaioraddrizzerà finalmente il passo, esuccessivamente, avanzando in moto diretto,raggiungerà di nuovo i tuoi Gemelli alla fine difebbraio, per passare felicemente in Cancro il 20di ottobre.3 Nel periodo nel quale Giove procederàdi moto diretto, specialmente quando sarà inGemelli, il fato troverà la via, e, invocato,comparirà Apollo. Afferra allora il ramo d’orodell’albero altissimo,4 e ti seguirà volentieri e

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facilmente, poiché il fato ti chiama.Prima non fu possibile vincerlo con nessuno

sforzo, né abbatterlo con il duro ferro. Ma guardase per caso Virgilio, quando ha detto: «carpemanu», non ha aggiunto all’azione del fato anchela nostra libera decisione di agire; e non hamostrato che la pietà religiosa domina il fato,quando ha detto: «aderit, vocatus, Apollo».5 Loconferma Tolomeo6 quando dice: Il sapientecollaborerà all’opera degli astri, come il contadinocon la natura propria della terra.

Stai bene, tu che ricevi la fortuna dal cielo, e labeatitudine dal reggitore del cielo.

26 Dicembre 1490, Firenze.

16Concordia Iovis et Solis, concordia collegarum1

[Concordia fra Giove e Sole, concordia fra icolleghi]

Marsilio Ficino ad Angelo Niccolini e FilippoValori,2 cittadini insigni di Firenze

Tolomeo, principe degli astrologi, dice chenell’armonia dei corpi celesti Giove consuona conil Sole più che con ogni altro pianeta. E questoaccordo risuona in modo assai felice per gliuomini, ogni volta che quei due si guardano l’unl’altro in aspetto di trigono. Ieri si sono infine unitiarmonicamente in quell’aspetto; così unendosi, vihanno subito insignito di una insignemagistratura. Hanno dichiarato nello stesso tempo

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che siete l’uno gioviale, l’altro solare; e che inquesta magistratura sarete senza dubbioconcordi, come il Sole e Giove sono concordi incielo.

Mi congratulo dunque con voi, non tanto perchésiete investiti di un compito così importante,quanto perché è sotto stelle molto propizie, e conauspici molto favorevoli, che siete felicementeinsigniti di tale dignità, quasi nello stessomomento dell’anno nel quale una stella propiziacondusse i Magi a Cristo.

20 Gennaio 1490, Campagna di Careggi.

17Allegoria quomodo Mercurius coelestiumminimus, significat sapientiam virtutem maximam1

[Come Mercurio, il più piccolo dei corpi celesti,indichi allegoricamente la sapienza, la maggioredelle virtù]

Marsilio Ficino a Bindaccio Ricasoli,2 uomo nobilee dotto

Mi poni con grande acutezza, generoso Bindaccio,come fai per tutte le altre questioni, unadomanda: perché Dio abbia voluto significareattraverso Mercurio, il più piccolo dei corpicelesti, la sapienza, che è la maggiore delle virtù.Per rispondere brevemente a una breve domanda:con ciò Dio ci ha ammoniti a ricordare che lasapienza umana è minima, poiché ci vienepromessa dalla più piccola delle stelle. Ci ha

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anche insegnato che la sapienza non consistenella grandezza del corpo, né scaturisce dallamole della materia.

Talvolta gli uomini più piccoli per corporatura,audacia e fortuna, sono i più grandi per sapienza.Infine il Sole rappresenta Dio, Mercurio ilsapiente. Mercurio, dunque, non allontanandosimai dal Sole, significa che diverrà sapiente solol’anima che non si allontanerà mai da Dio. Siritiene che il Sole indichi anche i prìncipi; epoiché nessuna stella si accosta al Sole più diMercurio, essa insegna nello stesso tempo che iprìncipi non debbono essere congiunti dafamiliarità se non ai sapienti. Poiché poi Mercuriostesso promette sapienza ed eloquenza, essoordina a coloro che amano le lettere di unire la viadell’eloquenza allo studio della sapienza. Chiseppe mescolare utile e dolce, ottenne il plausouniversale.3

14 Febbraio 1490.

18Congratulatio in nova dignitate, cum auspiciisastronomicis1 [Congratulazioni per la nuovacarica, con auspici astronomici ]

Marsilio Ficino a Ermolao Barbaro, padrereverendo in Cristo, patriarca di Aquileia2

I poeti narrano come Giove fosse solito inviareMercurio, ma qualche volta inviasse l’aquila.Quando nascesti li mandò ambedue. Mentre

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occupava la zona orientale del cerchio zodiacale,ordinò all’aquila siderea di volare attraverso l’altodel cielo sotto il segno del Capricorno; a Mercuriodi accostarsi ai Gemelli con un sestile, a Chironedi trattenersi nella nona casa, consacrata allareligione e alla sapienza.3 Giove poi, autore, oalmeno significatore, della religione in generale, edi quella cristiana, non appena tornò nei suoiGemelli, inviò dall’alto Mercurio e ti nominòpatriarca;4 ti mise alla guida di Aquileia,affidandone la chiesa alle tue cure e alla tuaprovvidenza.

Poiché dunque ti sono favorevoli le stelle e isegni celesti, penso che questa tua carica saràprospera. Prego dunque Dio, ordinatore degliastri, e mi congratulo per il tuo incarico. Esso saràtanto più onorato da te, quanto più gli altri disolito sono onorati dalle cariche. Sono anche lietoper me, e per la mia generazione, per aver vistocongiunti la dottrina e l’integrità della vita, ilpotere con il sapere, come il nostro Platone fu trai primi ad auspicare. Ma dobbiamo pensare che unbene così grande, pur se è significato dal cielo, siaoperato dal reggitore del cielo.

Stai bene e felicemente, e ti sia affidato il tuoMarsilio.

12 Marzo 1491.

19Cur semper eadem et antiqua tractem1

[Perché mi occupo sempre delle stesse cose, ecose antiche]

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Marsilio Ficino a Filippo Valori,2 oratore fiorentinopresso il Pontefice

Al tramonto di ieri avevo ormai detto al nostroFranco:3 «Addio; sarai tu per me la lettera alnostro Valori». Subito (non so come) sono statospinto ad aggiungere lettere mattutine a quelleserali: ciò che fanno di solito anche gli innamorati,che non si accontentano di una sola lettera.Dunque la mia lettera Francia (per chiamarla così)ti dava notizie della mia salute. Invece questalettera ti darà conto dei miei studi, ciò che Francoin quel momento non poté ascoltare, per i suoiimpegni.

Ti chiedi (vedo) che cosa sto facendo. Faccio ciòche già facevo, mio Valori. Sempre (non so perquale destino) in rapporto alle rivoluzioni dellostesso astro. Come sai, il mio significatore, pernon dire la mia guida, fu fin dall’inizio Saturno,ascendente in Aquario.4 Per questo mi occupoperennemente di questioni saturnie e antiche.Quando l’astro tornò per la prima volta in Aquario,ho interpretato, sotto il grande Cosimo, l’anticaopera di Platone. Ora Saturno è di nuovo tornatoin Aquario, e io ritorno allo stesso tema, e dinuovo interpreto Platone, dopo il Plotino diLorenzo.5

Chiarisco la grande opera (come è conveniente)con commenti più ampi. Il piccolo commento alTimeo, composto presso di te nella campagna diMaiano, mi va ora crescendo ulteriormente; e ame che sto per iniziare nello stesso modo ilParmenide, quel nostro grande patrono, Piero de’

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Medici, ha dato la ferma speranza di esserefavorevole alla rinascita platonica. E già mi ispiratanto, che il nostro Platone, finora errante, sta perfondare la sua Accademia su questa pietra.6

Rendigli dunque a mio nome per questo ilringraziamento più grande, a lui che viene costà,presso il pontefice, non per ragioni pubbliche.Presso di lui, quasi fosse il tuo Giove, riconosceraii tuoi Dioscuri, stelle brillanti (Bibienos),7 Castoree Polluce; e raccomanderai loro, dopo di lui, ancheme.

Porrò fine, non dico all’epistolario, maall’epistola, dopo averti annunziato che quellaquestione pertinente a Marte, ma ormai per la sualentezza divenuta saturnia, si è ormai conclusa,dopo l’assunzione dell’autorità da parte delMedici, e grazie alla tua opera.

7 Novembre 1482 [1492].

20Similitudo Mercurii cum Saturno1

[Similitudine tra Mercurio e Saturno]

Marsilio Ficino al suo dilettissimo FilippoCarducci2

Poiché le epistole che ho composto erano già statetutte trascritte per te, e quasi pronte per esserticonsegnate da un portalettere, decisi cheun’opera mercuriale non fosse recata a un amicomercuriale senza buoni auspici mercuriali.Affinché il lavoro ti giungesse più velocemente, e

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fosse letto più rapidamente, e poi riletto edesaminato lungamente, se in tali faccende i corpicelesti contano qualcosa, aggiunsi a MercurioSaturno, sia come compagno, sia come guida.

Ho riletto oggi nel decimo libro della Repubblicache Mercurio e Saturno, quanto al colore, cioè allaluce, sono fra loro i più simili fra i corpi celesti.3

Non stupisce dunque che siano tanto simili ancheper la luce dell’intelligenza; e che, se più in altospira il favore di Dio, il primo esorti alla sapienza,l’altro conduca ad essa.

Vogliono che il Sole sia immagine di Dio. Dio è ilprimo autore della sapienza; e i significatori dellasapienza, Mercurio e Saturno, compagnidell’immagine divina, si allontanano dal Solemeno di tutti, poiché Mercurio procede sempresotto i raggi del Sole,4 e Saturno fra tutti è quelloche meno si allontana dall’eclittica solare. Gliastronomi ritengono che essi siano simili pernatura, e Mercurio gioisca nelle sedi, nei termini eper gli aspetti di Saturno. Per questo (penso)accade che quasi tutti coloro che iniziano a partireda Mercurio il proprio cammino e la propriaprofessione, la completano solo in Saturno.

Voglia il cielo, mio Carducci, che da Mercurio tugiunga un giorno anche a Giove.a Addio.

14 Novembre 1492.

21Quid de astrologia putet1

[Che cosa pensa dell’astrologia]

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Marsilio Ficino ad Angelo Poliziano2

Contro molti astrologi che, alla maniera deiGiganti, tentano invano, scellerati, di strappare aGiove il cielo,3 Pico, soldato di Pallade, e tu,soldato di Ercole, combattete a ragione, e conbuon esito. Così appunto Orfeo canta Pallade, cheha scacciato i Giganti:4 e molti poeti narrano delgigante Anteo, che Ercole ha strappato in un solocolpo alla terra e alla vita.5

Certo, d’accordo con voi in ogni momento dellavita, io convergo con voi anche su questo; e se noncombatto strenuamente, giudico tuttavianettamente così. Tutti gli altri platonici sirichiamano, secondo le circostanze, alle immaginicelesti tracciate dagli astronomi, senzadisapprovarle, né sforzarsi di approvarle. Plotinoinvece, al di fuori della discussione filosofica, sene prende gioco. Anch’io, nei miei commentari aPlotino, come suo interprete li derido nello stessomodo, sia perché mi affido alla sua autorità, siaperché non considero certo nessuno degliargomenti degli astrologi. Anzi, molte delle regoleastrologiche le metto in discussione con metodosimile al suo.6

Ma nel libro De vita, dove professo la medicina,ed esamino diligentemente per ogni dove i rimediutili alla vita, dovunque li trovi e quali che siano,non trascuro quelle immagini, né respingo tuttequelle regole. Sebbene infatti io pensi che in essenon vi è alcuna ragione certa, tuttavia, poiché miadopero premurosamente per la medicina degliuomini, inseguo non solo i rimedi che gli esperticonsiderano certi, ma anche quelli che a molti

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appaiono probabili, per accumulare da ogni parteaiuti che possano, in qualunque modo, rivelarsiutili. Non avrei dunque tralasciato alcuna cosasenza indagarla; nulla di ciò che possa sembrare aqualcuno, in qualunque modo, giovare alla vita.Inserisco alcuni rimedi molto solidi; neammucchio da ogni parte molti altri che, pur senon ci spero molto, mi auguro possano giovare.

Tuttavia, ciò che sembro dire all’inizio del terzolibro,7 che le immagini furono disposte nel cielodai più antichi platonici, non è certo questo ciòche voglio affermare. In quel passo non è miaintenzione asserire che i platonici sianosostenitori delle immagini celesti, delle qualiparlano poco o niente. Dico piuttosto che alcuniplatonici hanno ritenuto che l’anima del mondoabbia generato i corpi celesti, e anche le stelle conil cielo; e oltre alle stelle singole, seppur in essenon vi siano immagini, abbia prodotto anchequelle immagini. Descrivo poi le disposizioni deisegni e delle immagini, come potresti trovarle nonpresso i platonici, ma presso gli aristotelici.Quanto però io creda nelle immagini celesti, oquanto abbia fiducia in quelle descritte dall’arte, illibro lo chiarisce nel prosieguo. Nel libro De Sole,poi, non tanto insegno le dottrine degli astronomi,quanto, attraverso di esse, e le allegorie morali,indago intorno alle verità divine. Alla fine, sia neilibri De vita, che nel De Sole e nel De lumine,mescolando poesia e filosofia, talvolta ho divagatopiù liberamente, e forse più arbitrariamente; conPlotino, invece, mi comporto in modo piùcontenuto e severo.

In conclusione, che i pronostici degli astrologi

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siano stati confutati uno per uno dal nostro Picodella Mirandola, non mi dispiacerà. Queipronostici non li sostengo da nessuna parte, eanzi, insieme con Plotino, li derido; e mi rallegroche siano scacciati da Pico; e insieme con te mirallegro che le vane superstizioni siano statespente da lui, come il serpente Pitone da Febo.8 Inquesto affare, tu ti sei dimostrato, come sei solito,un Ercole. Sei solito, in verità, perseguitare dagran tempo le mostruosità degli astrologi e deglialtri mostri; così, fortissimo Ercole, espugni nonsolo il Sole sulla Terra, ma anche i mostri in cielo.

Voglia il cielo che infine, come a Ercole, così ate l’aver espugnato la Terra doni le stelle.9

Frattanto, che tu possa vivere a lungo sulla Terra.Stammi bene e sii felice.

20 Agosto 1494.

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Page 277: I testi qui raccolti per la prima volta in traduzione

Figura 2

L’oroscopo di Platone secondo Firmico Materno(da M. Ficino, De vita Platonis, in Opera, I. 2, p. 763)

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Figura 3

L’oroscopo di Marsilio Ficino(da «Sestile», 44, 1996, p. 4)

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Page 279: I testi qui raccolti per la prima volta in traduzione

Figura 4

L’oroscopo di Pico della Mirandola(da «Sestile», 45, 1996, p. 6)

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GLOSSARIOAlmutaz – Termine di origine araba, che indica ilpianeta meglio disposto in un tema natale.Ascendente – Grado zodiacale che sorge,all’intersezione dell’eclittica con l’orizzonte,rispetto al luogo e nel momento di ogni singolanascita.Aspetto (σχηματισμóς, adspectus, configuratio) –Configurarsi reciproco dei pianeti, e dei pianetirispetto alle cuspidi delle case, secondo distanzeangolari misurate in gradi zodiacali. Per gli aspettinon esatti sono in genere ammessi margini diapprossimazione (detti orbite), diversi per ciascuncaso. L’astrologia antica tiene conto di cinqueaspetti: congiunzione, sestile, quadrato, trigono,opposizione (vedi ad voces). Il sestile e il trigonosono considerati aspetti armonici; disarmonici ilquadrato e l’opposizione. Quanto allacongiunzione, è ritenuta armonica o disarmonica,in relazione alla natura dei pianeti coinvolti.Benefico – Si definiscono in tal modo, nell’anticaastrologia, i pianeti considerati favorevoli allagenerazione e alla vita. Giove è dunque il grandebenefico, Venere il piccolo benefico. L’aggettivo èutilizzato anche in rapporto agli aspetti; in questocaso, vale come sinonimo di armonico.Casa (τóπoς, locus) – Ciascuna delle dodici parti incui il tema astrologico viene suddiviso sulla basedelle procedure della domificazione, tecnica diorgine egizia, assente in Tolomeo, e codificata insistemi diversi nel corso dei secoli. Sono stati

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proposti sistemi a case uguali e sistemi a casediseguali. Ma in ciascuno di essi, a ogni casa èassociato un settore dell’esistenza, secondo lasuccessione espressa nel distico latino vita lucrumfratres pater nati valetudo / uxor mors pietasregnum benefactaque carcer.Coda del drago (cauda draconis) – È il nodo lunarediscendente, il punto nel quale la Luna,intersecando l’eclittica con la propria orbita, iniziaa procedere da nord a sud.Combustione – Si dice combusto il pianeta che,distando pochi gradi dal Sole, ne viene bruciato, edunque impoverito di energia.Congiunzione – Aspetto (vedi) che si realizza fra ipianeti quando essi occupano (con un’orbita diapprossimazione calcolata di solito intorno ai 12°)lo stesso grado zodiacale.Domicilio (oἶκo –, domus) – Si dice domicilio di unpianeta il segno del quale esso è governatore: là lasua forza è massima. Il Sole ha il proprio domicilionel Leone; la Luna lo ha nel Cancro. Gli altricinque pianeti dell’astrologia antica hannociascuno due domicili, l’uno diurno, l’altronotturno. Per Mercurio il domicilio diurno sono iGemelli, quello notturno la Vergine. Venere ha ildomicilio diurno in Bilancia, il domicilio notturnoin Toro. Marte ha domicilio diurno in Ariete,notturno in Scorpione. Giove ha domicilio diurnoin Sagittario, notturno in Pesci. Il domicilio diurnodi Saturno è l’Aquario, quello notturno ilCapricorno.Elezioni (καταρχαí, electiones) – Tecnica manticache punta a determinare il momento propizio perintraprendere una determinata azione.

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Epiciclo – Piccola circonferenza, il cui centro simuove lungo il cerchio detto eccentrico (in quantoil suo centro non coincide con quello del mondo,occupato dalla Terra) descritto dai pianeti lungola loro orbita. La funzione dell’epiciclo nell’anticaastronomia di lingua greca è quella di renderconto delle anomalie dei moti planetari, rispettoalle ipotesi del moto circolare e della centralitàdella Terra.Esaltazione (ὔψωμα, exaltatio, regnum) – Si dicein esaltazione il pianeta che si trova in un segno(in altre versioni, in un preciso grado), nel quale lasua forza è crescente. Secondo la tradizioneastrologica, il Sole è esaltato in Ariete, la Luna inToro, Mercurio in Vergine, Venere in Pesci, Martein Capricorno, Giove in Cancro, Saturno inBilancia.Hyleg (ἀφέτης, datore di vita) – È il punto deltema natale che fornisce indicazioni sulla vitalitàdel soggetto.Interrogazioni (ἐρωτήσεις, interrogationes) –Tecnica mantica, che punta a fornire risposta auna qualunque domanda, sulla base dellasituazione celeste propria del momento nel qualela domanda viene posta. Oggi viene indicata conl’espressione astrologia oraria.Malefico – Vengono così definiti i pianeti cheostacolano la generazione e la vita: Marte eSaturno diventano allora rispettivamente il piccoloe il grande malefico. Adoperato in rapporto agliaspetti (vedi), l’aggettivo equivale a disarmonico.Medium Coeli – Punto di intersezione fra ilmeridiano del luogo e l’eclittica, nel gradozodiacale occupato dal Sole a mezzogiorno. In

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astrologia è la cuspide della decima casa.Natività (γέυεσις, nativitas, genitura, tema natale)– Grafico che riproduce la configurazione del cielonel momento e rispetto al luogo della nascita.Opposizione – Aspetto (vedi) disarmonico, che siforma tra i pianeti quando distano l’uno dall’altro180° circa.Pianeta (πλανήτης) – Termine con il quale i Greciindicano gli astri erranti, per distinguerli dallestelle fisse. Gli astrologi lo utilizzano in rapportoagli astri del sistema solare, compresi il Sole e laLuna, detti anche, più propriamente, luminari(φώτια).Quadrato – Aspetto (vedi) disarmonico, che sirealizza quando i pianeti distano tra loro 90°circa.Retrogradazione – Fase del moto apparente di unpianeta, nella quale esso sembra procedereall’indietro lungo l’eclittica. È per spiegare laretrogradazione planetaria che la teoriaastronomica antica elabora la dottrina degliepicicli (vedi). In astrologia alla retrogradazione diun pianeta si associa un indebolimento della suaforza.Ricezione – Un pianeta è detto riceverne un altroquando il secondo si trova nel suo domicilio. Duepianeti sono detti in mutua ricezione quando sitrovano l’uno nel domicilio dell’altro.Rivoluzione solare – Tecnica previsionale, chepunta a formulare per ciascun individuo previsioniannue, a partire dal grafico tracciato per ilmomento nel quale ciascun anno il Sole torna sulpunto esatto dello Zodiaco nel quale si trovava almomento della nascita.

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Segno zodiacale – Ciascuna delle dodici porzioni,di 30° ciascuna, in cui il cerchio zodiacale vienesuddiviso a partire dal punto vernale, o puntoequinoziale. Così intesi, i segni sonodeterminazioni astratte, e non coincidono con lecostellazioni di cui recano il nome.Sestile – Aspetto (vedi) armonico, che si realizzaquando i pianeti distano l’uno dall’altro, sullacirconferenza zodiacale, 60° circa.Termini (ὅρoι) – Suddivisioni irregolari delloZodiaco, di solito assegnate ai cinque pianeti, manon al Sole e alla Luna. Esistono cinque diversedottrine dei termini: quella egizia, la più usata;quella tolemaica, caldaica, india, e quella diAttaratyh.Testa del drago (caput draconis) – Viene cosìchiamato il nodo lunare ascendente, ovvero ilpunto di intersezione fra l’orbita lunare el’eclittica, nel quale la Luna inizia a procedere dasud a nord.Trigono – Aspetto (vedi) armonico, che si realizzafra pianeti che distano l’uno dall’altro 120° circa.Triplicità – Suddivisione dei segni zodiacali in 4gruppi di tre segni ciascuno, in rapporto aiquattro elementi della fisica antica: segni di fuoco(Ariete, Leone, Sagittario), di terra (Toro, Vergine,Capricorno), d’aria (Gemelli, Bilancia, Aquario),d’acqua (Cancro, Scorpione, Pesci).Volto (πρóσωπoν, facies, vultus) – Scansione didieci gradi del cerchio zodiacale, associata a unaimmagine stellare che consorge (παρανατέλλων),cui viene fatto corrispondere il volto di un pianeta,iniziando con Marte per i primi dieci gradidell’Ariete.

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Zodiaco – Fascia di dodici costellazioni, la cuilinea mediana è costituita dall’eclittica, lacirconferenza lungo la quale il Sole sembraspostarsi nel suo moto apparente intorno allaTerra.

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1Non è risultato convincente il suggerimentoavanzato da D. P. Walker nel suo Ficino andAstrology, in Marsilio Ficino e il ritorno di Platone.Studi e documenti, a cura di G. C. Garfagnini,Firenze 1986, vol. II, p. 343 – postdatare laDisputatio, facendo risalire al 1477 il solo proemioe considerando il resto dell’opera come successivoal De vita –, troppo legato alla preoccupazione dicircoscrivere il significato dell’interesse ficinianoper l’astrologia, in contrasto anche con elementidi fatto.2Le Apologie per il De vita sono due, dataterispettivamente 15 e 16 settembre 1489, edite daFicino nello stesso anno in calce ai libri De vita.Se ne veda la trad. it., con testo a fronte, in M.Ficino, De vita, a cura di A. Biondi e G. Pisani,Pordenone 1989, pp. 428-445. Per quella del DeSole, cfr. Epistolarum Liber XII, in Opera omnia,Basilea 1576, rist. anast. a cura di M. Sancipriano,Introduzione di P. O. Kristeller, Torino 1959, vol.I. 2, p. 949; in traduzione italiana vedi oltre, inquesto stesso volume. Per i riferimentiall’astrologia nella Apologia contra Savonarolam –scoperta solo nel 1859 – cfr. P. O. Kristeller,Supplementum ficinianum, Firenze 1937, vol. II,p. 77.3Nel saggio Willensfreiheit und Astrologie bei M.Ficino und Pico della Mirandola, pubblicato inKultur- und Universalgeschichte. Festschrift fürW. Goetz, Leipzig-Berlin 1927, pp. 149-155, H.

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Baron – che aveva approntato l’edizione dellaDisputatio pubblicata dieci anni dopo, senzamodifiche sostanziali, da P. O. Kristeller –riconduceva la discontinuità fra il testo del 1477 equello del 1489 all’oscillare di Ficino fra le duedifferenti posizioni che in materia di astrologia sidelineano in Plotino rispettivamente in Enneadi,II, 3, e in Enneadi, IV, 4, 40-43. In una memoriapresentata nel 1938 all’École Pratique des HautesÉtudes di Parigi, ma edita solo nel 1986, E. Weilspecifica ulteriormente il discorso, sostenendo cheFicino combatte non l’astrologia, ma una suaforma (Pic de la Mirandole et la critique del’astrologie, in E. Weil, La philosophie de PietroPomponazzi. Pic de la Mirandole et la critique del’astrologie, Paris 1986, p. 149). Nelle paginededicate a Ficino in diversi lavori, E. Garin vedenella compresenza di soluzioni diverse ilsignificato più proprio della posizione ficiniana inmateria di astrologia; per una sintesi efficace ditali valutazioni, si veda in particolare Lo zodiacodella vita. La polemica sull’astrologia dal Trecentoal Cinquecento (1976), Bari 19964. Non vannomolto oltre la consueta sottolineatura delle«oscillazioni» ficiniane gli studi di D. P. Walker,Ficino and Astrology, e di C. Kaske, Ficino’sShifting Attitude Towards Astrology in the «Devita coelitus comparanda», the Letter to Poliziano,and the «Apologia» to the Cardinals, raccolti inMarsilio Ficino e il ritorno di Platone, cit., vol. II,pp. 341-349, 371-381. In essi, e soprattutto nelsecondo, si insiste sull’idea che l’interesse diFicino per l’astrologia affondi le radici nella suabiografia, e in particolare in quello che si continua

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a definire (per consuetudine scarsa con glioroscopi di nascita) il suo «bad horoscope» (ma iltema del cattivo oroscopo è un classico dellastoriografia ficiniana: si veda già R. Marcel,Marsile Ficin, Paris 1954, p. 125).4Fra gli studi recenti in questa direzione sono davedere soprattutto Th. Moore, The Planets Within:Marsilio Ficino’s Astrological Psychology,Lewisburg, P.A. 1982; A. Biondi, Introduzione. IlDe vita di Marsilio Ficino a cinquecento anni dallaprima stampa (1489), in M. Ficino, De vita, cit.,pp. IX-XXIX; Melissa Meriam Bullard, The InwardZodiac: A Development in Ficino’s Thought onAstrology, «Renaissance Quarterly», XLIII (1990),pp. 687-708. Della centralità dell’interesseficiniano per la psicologia aveva scritto J.Hillmann, sia in Plotino, Ficino e Vico, precursoridella psicologia junghiana, «Psicologia analitica»,IV (1973), pp. 341-364, sia in Re-visione dellapsicologia (1975), Milano 1983, pp. 337-341 epassim. Ma sull’abbinarsi, in Ficino, della dottrinadell’oroscopo con una concezione deitemperamenti, aveva richiamato l’attenzione giàE. Garin, Storia della filosofia italiana (1947),Torino 19662, p. 420; e resta da vedere A. Chastel,Lettres sur la connaissance de soi et surl’astrologie, «La Table Ronde», 2, 1945.5La contiguità fra stoicismo e astrologia,documentabile già nell’epoca di Beroso, trova unprimo grande interprete in Posidonio di Apamea,spregiativamente definito da Agostino «multum

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astrologiae deditus» (La città di Dio, V, 2).6Sull’uso astrologico del termine triplicità v. oltre,Disputa, nota 108.7«Inest sideribus et elementis quatuor amicitiaquaedam, quam astronomia considerat»,Commentaire sur le «Banquet», III, iii, ed. crit. acura di R. Marcel, Paris 1956, p. 164.8Per questo uso del termine cfr. Cassiodoro,Institutiones, II, iii, 6; Isidoro di Siviglia,Etymologiae, III, 27; Ugo di San Vittore,Didascalicon, II, 10; Riccardo di San Vittore, LiberExceptionum, Pars I, I, cap. XI.9«Sic et magnes ferrum, electrum paleas, ignemsulphur. Sol flores multos ad se vertit et folia,Luna aquas, Mars ventos ciere solet, et herbevarie varia quoque ad se invitant animaliumgenera», Commentaire, VI, x, p. 220.10La traduzione delle Enneadi, terminata il 16gennaio 1486, fu stampata a Firenze nel maggio1492 a spese di Filippo Valori presso AntonioMiscomino. La Theologia platonica deimmortalitate animorum era stata edita dieci anniprima, presso lo stesso tipografo. Sulle primetraduzioni ficiniane cfr. S. Gentile, Sulle primetraduzioni dal greco di Marsilio Ficino,«Rinascimento», s. II, vol. XXX (1990), pp. 57-106.

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11Enneadi, II, 3, 2. Per la storia del concetto diinflusso cfr. D. J. North, Celestial Influence. TheMajor Premiss of Astrology, in «Astrologihallucinati». Stars and the End of the World inLuther’s Time, a cura di P. Zambelli, Berlin-NewYork 1986, pp. 45-100; E. Grant, Mediaeval andRenaissance Scholastic Conceptions of theInfluence of Celestial Region on the Terrestrial,«Journal of Mediaeval and Renaissance Studies»,XVII (1987), pp. 1-23.12Enneadi, III, 1, 5.13Giamblico, De mysteriis Aegyptiorum, I, 18;Timaeus a Calcidio translatus commentarioqueinstructus, cc. 174-175; Agostino, La città di Dio,V. Per la discussione fra Cavalcanti e Marsilio v.oltre, Lettere sull’astrologia, 1-3.14Enneadi, II, 3, 8; trad. it. G. Faggin, Milano 1992,p. 217 (ma sostituisco collaborano a conlaborano).15Ivi, p. 215. Altri passi sull’astrologia: Enneadi, II,1-2; II, 3, 5; II, 3,7; II, 3, 15; II, 9, 8; II, 9, 13; III,1, 5-6.16Una recente messa a punto dei caratteri dellamantica astrale mesopotamica in G. Pettinato, Lascrittura celeste. La nascita dell’astrologia inMesopotamia, Milano 1998.

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17È la genetliaca, ed essa soltanto, a comparirecome máthesis, disciplina scolastica accanto adaltre, confutabile al pari delle altre, nell’Adversusmathematicos di Sesto Empirico.18Alla tolemaica Tetrabiblos, Porfirio, allievoprediletto di Plotino, aveva al contrario dedicatouno scritto introduttivo; si veda S. Weinstock,Catalogus Codicum astrologorum graecorum, V, 4,Accedunt Porphyrii Philosophi Introductio inTetrabiblum Ptolemaei ab Ae. Boer et S.Weinstock edita, Bruxelles 1940, pp. 187-228.19Porfirio afferma peraltro che Plotino avevastudiato attentamente l’astrologia: cfr. Vita diPlotino, 15, 20-25.20Il testo di Abû Ma’shar è tradotto negli stessi anni,con maggiore eleganza, da Ermanno di Carinzia,sotto il titolo Introductorium Maius inastronomiam. Una ampia edizione critica del testoarabo e delle due traduzioni è dovuta a R. Lemay,Napoli 1995, 8 voll.21Cfr. Ioannis Saresberiensis Episcopi CarnotensisPolicratici... libri, a cura di C. C. J. Webb, Oxford1909, Libro II, Cap. XIX; Alberto Magno,Speculum astronomiae, a cura di S. Caroti, M.Pereira, S. Zamponi, sotto la direzione di P.Zambelli, Pisa 1977 (poi in P. Zambelli, The«Speculum astronomiae» and its enigma,

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Dordrecht 1992).22Il titolo della tolemaica Tetrabiblos è in effetti Tῶνπρὸς Σύρoν ἀπoτελεσματικῶν. Se ne veda la trad.it. con testo a fronte in Cl. Tolomeo, Le previsioniastrologiche (Tetrabiblos), a cura di S. Feraboli,Milano 1985.23Un buon esempio è fornito dal trattato di NicoleOresme, Tractatus contra iudiciarios astronomos,scritto intorno alla metà del Trecento.24Ringrazio il prof. Emo Lessi per le delucidazionisull’espressione araba. Per una discussione sullascelta da parte dei traduttori del termine judicium(e sui margini di equivocità che ne derivano) cfr.R. Lemay, The true Piace of Astrology in MedievalScience and Philosophy. Towards a Definition, inAstrology, Science and Society. Historical Essays,a cura di P. Curry, Woobridge 1987, p. 67.25Sul tema cfr. soprattutto F. Rahman, Prophecy inIslam. Philosophy and Orthodoxy, Liverpool-London 1958.26Cito dalla recente edizione italiana, al-Kindi, Deradiis. Teorica delle arti magiche. Un trattatomedievale di magia naturale e astrologiafondamentale per l’Islam e per l’Occidente, a curadi E. Albrile e S. Fumagalli, trad. it. di E. Turri,Milano 1994, p. 43.

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27La religione islamica, per il suo costitutivocontrasto con il politeismo premaomettano,esclude ogni forma di causalità astrale. È unpunto richiamato ad es. in L. Massignon, Lesinfiltrations astrologiques dans la penséereligieuse islamique, «Eranos Jahrbücher» (1943),pp. 297-303.28«Cumque significaverint planete per motus suos[...] aliquam ex rebus quod non fiet, eritimpossibile ut fiat. Cum vero significaverinteffectum rei ex rebus in hora significationisinsimul et equaliter, erit effectus eius exnecessario», Liber Maioris Introductorii, TractatusI, Differentia V, De tertia secta, 1478, ed. Lemay,vol. V, 2e partie, texte latin de Jean de Séville avecla révision par Gerard de Crémone, p. 41.29Seneca, De providentia, V, 8. Di Seneca è famosoanche il «ducunt fata volentem, nolentem trahunt»(Ad Lucilium Epistolarum moralium Libri XX, 107,11), che è traduzione da Cleante, fr. 527,richiamato in senso diverso in Agostino, Decivitate Dei, V, 8.30L’adagio «astra inclinant, non necessitant» avevaconsentito la traduzione di questa impostazione inun linguaggio accettabile alla cultura cristiana.Per i rapporti fra astrologia e filosofia siaconsentito rimandare al mio Scritto negli astri.L’astrologia nella cultura dell’Occidente, Venezia

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1996.31Quelli di Etienne Tempier, Heinrich vonLangenstein, Nicole Oresme, Jean Gerson, sonoalcuni dei molti nomi che si potrebbero ricordarein proposito.32Insiste su questo punto D. P. Walker, Ficino andastrology, cit., pp. 46-47. Sul nesso fra lo scrittoficiniano del 1477 e la disputa sui futuricontingenti, conclusasi qualche anno prima, cfr.C.Vasoli, Marsilio Ficino e l’astrologia, in AA.VV.,L’astrologia e la sua influenza nella filosofia, nellaletteratura e nell’arte dall’età classica alRinascimento, Milano 1992, pp. 159-186.33Per questa tesi cfr. Ch. Trinkaus, Marsilio Ficinoand the Ideal of Human Autonomy, in MarsilioFicino e il ritorno di Platone, cit., vol. II, pp. 197-210.34Boezio, De consolatione, IV, vi, 9; ColuccioSalutati, De fato et fortuna, II, 3, 14-15.35Proclus, Trois études sur la providence, Tome I,Dix problèmes concernant la providence, 13-14,Paris 1977, p. 108.36Porfirio, Lettera ad Anebo, trad. it. di G. Faggin,Genova 1985, p. 51.37

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Plotino, Enneadi, II, 3, 10, trad. Faggin (masostituisco fato a destino), p. 219.38Va ricordato che a un preciso inquadramento deicaratteri dell’astrologia congetturale di Tolomeosi oppose per secoli l’errata attribuzione al dottoalessandrino dello pseudoepigrafo Centiloquium,tanto segnato da note divinatorie e magicheestranee alla Tetrabiblos.39Un’analisi specifica meriterebbe la presenza deltema in ambiente ebraico, in Filone e nel Talmudin primo luogo.40Matteo, II, 1-2.41«Magi alias magni fuerunt, de omnibusphilosophati sunt... per doctrinas eiusmodinotitiam stellae indicio de Christo natoperceperunt», scrive ad es. Alberto Magno, InMattheum (Opera omnia, Lugduni 1650, t. IX, p.24).42La trattazione della teoria delle grandicongiunzioni più nota e influente in Occidente fu ilDe magnis conjunctionibus et annorumrevolutionibus ac eorum profectionibus di AbûMa’shar, tradotto in latino da Giovanni di Siviglia.Sulle origini persiane della teoria cfr. M. Molé,Culte, Mythe et Cosmologie dans l’Iran ancien: leproblème zoroastrien et la tradition mazdéenne,Paris 1963; J. Cl. Vadet, Une défense de

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l’astrologie dans le madhal d’Abû Ma’shar al-Balhi, «Annales islamologiques», V (1963), pp.131-180. Sul versante iranico dell’astrologia diAbû Ma’shar cfr. l’Introduzione di R. Lemay a AbûMa’shar, Liber Maioris Introductorii, cit., vol. I,pp. 58-60.43Particolarmente significativa l’elaborazione chedel tema della profezia, come frutto di specialidoni dell’anima, fornisce Avicenna, in unadirezione non priva di riscontri in Ficino. Unarecente analisi in P. Zambelli, L’immaginazione eil suo potere. Desiderio e fantasia psicosomatica otransitiva, in L’ambigua natura della magia(1991), Venezia 19962, pp. 53-75.44Anche questo era un tema diffuso; si veda ad es.Agostino, Contra Faustum Manichaeum, II, 5. Sultema dei Magi Marsilio torna, oltre che nel Destella Magorum, nella prima Apologia per il Devita, ed. cit., p. 434, e nello stesso De vita, II, xix,con un parallelo meno strettamente ortodosso fradoni dei Magi e doni dei pianeti.45Sul tema dei Magi nel Rinascimento un’ampiaanalisi è svolta in S. M. Buhler, Marsilio Ficino’sDe stella Magorum and Renaissance Views of theMagi, «Renaissance Quarterly», XLIII (1990), pp.348-371. Sulla «prisca theologia» cfr. D. P.Walker, The Ancient Theology, London 1972; C. B.Schmitt, «Prisca Theologia» e «PhilosophiaPerennis»: due temi del Rinascimento italiano e la

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loro fortuna (1966), in Studies in RenaissancePhilosophy and Sciences, London 1981.46Cfr. la lettera del 1494 a Poliziano, in questostesso volume.47Di non aver pubblicato quella traduzione per nonsembrare voler richiamare i lettori «ad priscumdeorum daemonumque cultum, iamdiu meritoreprobatum», Marsilio scrive in Epistolarum liberXI, in Opera omnia, I. 2, p. 934.48V. oltre, La stella dei magi, nota 7.49Che Ficino avesse messo da parte il manoscritto inconnessione con gli eventi legati alla congiura deiPazzi, era l’ipotesi avanzata in O. P. Kristeller,Supplementum ficinianum, I, p. CXL.50Porfirio, Vita di Plotino, 22-23. L’idea che ladivinazione sia dono divino e non frutto di tecnicaumana è anche in Giamblico, De mysteriis, III, 1.Ma di Marsilio è anche da vedere Prophete etinterpretes prophetarum, in Epistolarum LiberVIII, in Opera, I. 2, pp. 873-874.51Sul furor cfr. Theologia platonica, II; In lonem, inOpera, 1282; In Phaedrum, ivi, 1363; InSymposium, VII, XIII, ivi, 1361. Il motivo avevaconosciuto sviluppo diverso, in rapporto ai temidella poesia più che della profezia, nella lettera

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del 1457 a Pellegrino Agli: cfr. S. Gentile, Inmargine all’epistola «De divino furore» di MarsilioFicino, in «Rinascimento», s. II, vol. XXIII (1983),pp. 33-77.52E. Garin, Storia della filosofia italiana, cit., p. 418.53La rilevanza delle epistole ai fini di un esamediacronico dello sviluppo del pensiero di Ficino èopportunamente sottolineata in Melissa MeriamBullard, The Inward Zodiac, cit., p. 690.54«Accepi Bemharde hodie e Marco Aurelio nostroepistolam quondam forma quidem ipsamercurialem omnino patrique persimilem, sedSaturno, ut arbitror», Epistolarum Liber IV, inOpera, I. 2, p. 771.55«Deinde nos ad Astrologicas conferentes,consideravimus diligenter praeteritam illamrursus que futuram coniunctionem Saturni acMartis in Virgine. Iterum proximum Solisaccessum ad Arietem, quartarum quoque annitotius initia. Eclypses praeterea Lunae quidem inAquario. Solis autem in Leone futuras. Aliasquerursus anni sequentis Eclypses. Martis deniquedissonam cum Iove permixtionem, caeteraquequam plurima. Inde conclusimus, proximumbiennium fore adeo miserabile (ut vulgo putetur)supremum illud mundi exitium imminere»,Epistolarum Liber VI, in Opera, I. 2, p. 813 (lalettera è datata 25 dicembre 1478).

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56Cfr. la lettera a Filippo Valori del 7 novembre1482 [1492], in questo stesso volume (Letteresull’astrologia, 19).57Per il testo dell’epistola, v. oltre, Letteresull’astrologia, 8. Per il giudizio cfr. E. H.Gombrich, Botticelli’s Mythologies. A Study in theNeoplatonic Symbolism of his Circle, in «Journalof the Warburg and Courtauld Institutes», VIII(1945), p. 18.58P. O. Kristeller aveva osservato che in unmanoscritto il terzo libro del De vita è indicato frai commenti a Plotino, con riferimento a Enneadi,IV, 3, 11 (Supplementum ficinianum, I, p.LXXXIV). Riprendendo una osservazione svolta inD. P. Walker, Spiritual and Demonic Magic fromFicino to Campanella, London 1958, p. 3, n. 2,sulla possibilità di includere tra le fonti ancheEnneadi, IV, 30-42, F. A. Yates aveva accentuatola rilevanza della componente ermetica nel testodi Ficino, e sottolineato in particolare il suolegame con l’Asclepius: cfr. La magia naturale inFicino, in F. A. Yates, Giordano Bruno e latradizione ermetica (1964), Bari 1969, pp. 77-99.Combatte questa tesi, e insiste invecesull’appartenenza di Ficino al neoplatonismo, B. P.Copenhaver; cfr. Iamblichus, Synesius and theChaldaean Oracles in Marsilio Ficino’s «De vitalibri tres»: Hermetic Magic or NeoplatonicMagic?, in Supplementum Festivum: Studies inHonor of Paul Oskar Kristeller, a cura di J.

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Hankins, J. Monfasani, E Purnell, Binghamton, NY1987, pp. 441-455, e (dello stesso autore)Renaissance Magic and Neoplatonic Philosophy:«Ennead» 4, 3-5, in Ficino’s «De Vita Coelituscomparanda», in Marsilio Ficino e il ritorno diPlatone, cit., vol. I, pp. 351-369. Su questadiscussione, e anche, più in generale, su quellache verte sul rapporto tra ermetismo e scienzamoderna, fa il punto P. Zambelli, Il mito attuale eil dibattito storiografico, in L’ambigua natura dellamagia, cit., pp. 251-327.59Sottolinea di nuovo opportunamente questo puntoS. Benassi, Marsilio Ficino e il poteredell’immaginazione, «I castelli di Yale», II (1997),pp. 5-6. Sulla presenza di Picatrix cfr. A.Tarabochia Canavero, Introduzione a M. Ficino,Sulla vita, Milano 1995, pp. 35 sgg.60Già R. Klibansky, The Continuity of the PlatonicTradition during the Middle Ages, London 1939(rist. anast. München 1981), pp. 35-36,sottolineava la presenza in Ficino dei platonici diChartres, in particolare Guglielmo di Conches.Indicazioni di testi anche in S. Gentile, Sulle primetraduzioni dal greco..., cit.61De vita, III, xi, p. 269.62Ivi, III, xiv, p. 299.63Ivi, I, iv.

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64Ivi, III, x, p. 269.65Ivi, II, i, p. 95.66È questo uno dei casi nei quali più evidentiemergono i limiti della vecchia contrapposizionefra i modi dell’ermetismo teologico e quellidell’ermetismo cosiddetto popolare, propostasoprattutto in A. Festugière, La révélationd’Hermès Trismegiste, 2 voll., Paris 1954.67Discorso di Ermete Trismegisto a Tatsull’intelletto comune, in Discorsi di ErmeteTrismegisto. Corpo ermetico e Asclepio, trad. it. diB. M. Tordini Portogalli, Milano 1991, XII, 7, p.84.68Ermete Trismegisto parla a suo figlio Tat: discorsosegreto sulla montagna intorno alla rigenerazionee alla regola del silenzio, ivi, XIII, 12, p. 97.69Asclepio, 18, ivi, p. 144.70Cfr. Eusebio, Praeparatio evangelica, VI, 10;Oracoli caldaici, frr. 102-103.71De vita, III, xxiii, trad. Biondi, pp. 387-389.

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1Nell’epistola senza data (ma collocata daKristeller nell’estate 1477), che ne accompagnal’invio a Francesco Ippolito Gazolti, il proemio èpreceduto da queste parole: «Ho scritto un librocontro i vani giudizi degli astrologi. Te ne mandoil proemio; spedirò il resto, non appena il miocopista l’avrà trascritto» («Librum scripsi contravana Astrologorum iudicia, mitto ad te Proemium,reliquum mittam cum primum scriba nosterexscripserit»), Epistolarum Liber IV, p. 781.2Marsilio accoglie l’identificazione dei motoricelesti, le intelligenze che muovono i cieli (comein Aristotele, Metafisica, XII, 8, 1073), con gliangeli cristiani, come in Tommaso d’Aquino,Summa contra Gentiles, I, 13. Sulla questione cfr.T. Litt, Les corps celestes dans l’univers de S.Thomas d’Aquin, Louvain-Paris 1963.3È un celebre argomento antiastrologico diFavorino di Arles (sec. II d.C.), riferito in AuloGellio, Noctes Atticae, XIV, 1. Marsilio lo adopera,non contro l’astrologia, ma a vantaggio di un suodiverso uso, nella lettera a Lorenzo de’ Medici del26 settembre 1480 (v. oltre, Letteresull’astrologia, 10).4«Quando invece un evento è previsto e vi si puòrimediare con mezzi naturali e logici, o non siverifica affatto o per lo meno con effettiattenuati», CI. Tolomeo, Le previsioni astrologiche

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(Tetrabiblos), I, 3, 12, a cura di S. Feraboli,Milano 1985, p. 27.5Parche è il nome latino delle Moire greche, le tredee – Cloto, Lachesi e Atropo – che a ognunoassegnano la parte che gli spetta nel mondo.Figlie di Zeus e di Temi, le tre sorelle sonorappresentate come filatrici: la prima fila, laseconda avvolge, la terza taglia il filo checorrisponde a ogni singola vita.6Il tema torna nell’epistola dello stesso 1477 aFrancesco Marescalchi (v. oltre, Letteresull’astrologia, 7).7Sibilla era il nome della sacerdotessa chetrasmetteva gli oracoli di Apollo. Nella tradizionegreca, la prima Sibilla era di solito identificata inuna giovane troiana capace di profetare; il suonome era poi stato esteso a, tutte le profetesse.Fra le Sibille romane, la più famosa era quella diCuma, in Campania, che in Eneide, VI, 1-232,guida Enea agli Inferi.8Il parallelo fra gli astrologi e i Giganti, nella lorovana battaglia contro Zeus, signore degli dèi,torna nell’epistola del 1494 a Poliziano. V. oltre,Lettere sull’astrologia, 21.9La frase seguente, assente nella versione astampa, nel manoscritto è aggiunta in margine.

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10Gli otto capoversi seguenti riproducono, conaggiunte e varianti, la prima parte di Theologiaplatonica de immortalitate animorum, XIII (Operaomnia, I. 1, pp. 111-114).11Timeo, 29c-30b.12L’aggettivo diversi suggerisce non solo lamolteplicità dei corpi celesti, ma anche la lorodiversa inclinazione rispetto all’equatore celeste.Sulla cosmologia delle sfere cfr. M. P. Lerner, Lemonde des sphères. I. Genèse et triomphe d’unerépresentation cosmique, Paris 1996.13Aristotele, Metafisica, XII, 1075a, 12 sgg. Lastessa metafora in Plotino, Enneadi, III, 3, 2.14L’immagine è anche in Platone, Simposio, 197a;Lachete, 193b.15Inni orfici. Alla natura, v. 22, trad. it. G. Faggin,Roma 1991, p. 42. Marsilio in gioventù avevatradotto gli Inni, ma non aveva pubblicato il testo,per una preoccupazione poi espressa così: «neforte lectores ad priscum deorum daemonumquecultum, iamdiu merito reprobatum, revocareviderer» (Epistolarum Liber IX, p. 934).16Pseudo-Aristotele, De mundo, VI, 398b, 15-25.17

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Nel 1457 Marsilio aveva scritto il De voluptate,dedicato ad Antonio Canigiani, e si era dedicatoallo studio di Lucrezio. Tali giovanili simpatie perl’epicureismo avevano preoccupato AntoninoPierozzi, futuro arcivescovo di Firenze, che loaveva indirizzato piuttosto alla lettura dellaSumma contra Gentiles di Tommaso d’Aquino.18Il testo presenta qui un confronto puntuale conLucrezio, De rerum natura, I, 159 sgg. AnchePlotino aveva respinto l’atomismo, ma senza citarealcun autore: cfr. Enneadi, III, 1, 3.19Con ambiguitas Marsilio rende il greco ἀμφιβολία,usato nello stesso senso in Aristotele, Retorica,1375b 11; Topica, 160a 29.20La distinzione fra intuitus e ratio corrisponde aquella fra vóησις e διάνoiα, svolta da Platone ades. in Repubblica, VI, xxii, 511e.21Per l’immagine cfr. Cicerone, De natura deorum,II, 37, 25.22Inni orfici, XV. A Zeus, v. 7, trad. cit., p. 56.23I due capoversi seguenti riproducono con variantiun brano di Theologia platonica, XIV, viii, pp. 317-318. Il primo di essi è presente anche inPlatonicae Theologiae Compendium, in Opera, I.2, p. 696.

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24Per questa immagine: Giovanni, XV, 1; PietroLombardo, Sententiae, III, 27; Tommaso, SummaTheologica, II, ii, 25, 6, 10, 11; II, ii, 26, 6; Dante,Paradiso, XII, 70 sgg.; XXVI, 64 sgg.25Uno dei motivi caratterizzanti del pensiero diMarsilio è quello della prisca theologia, ovvero diuna antichissima sapienza, le cui radici sono inErmete Trismegisto, Orfeo, Aglaofemo, Zoroastroe che giunge, attraverso Pitagora e Filolao, fino aPlatone, spesso indicato da Marsilio come«divino»; una tradizione che precede la veritàcristiana ma singolarmente la anticipa. Sul tema,già svolto nella lettera dedicatoria, a Cosimo ilVecchio, della traduzione dei testi ermetici (inOpera, II. 2, p. 1965) e poi più volte ripreso (siveda ad es. più avanti la lettera a GiovanniPannonio, in Lettere sull’astrologia, 11), cfr. P. O.Kristeller, Studies in Renaissance Thought andLetters (1956), Roma 19963; D. P. Walker, TheAncient Theology, London 1972; C. B. Schmitt,«Prisca Theologia» e «Philosophia perennis»: duetemi del Rinascimento italiano e la loro fortuna(1966), in Studies in Renaissance Philosophy andSciences, London 1981.26Platone, Leggi, IV, 716a.27Il motivo toma in Theologia platonica, II, xiii, p.114.28

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Filone, De Providentia, II, 28. Le fonti della storiadi Filomelo, Onomarco e Failo sono in DiodoroSiculo, XVI, 31, 35, 38; Pausania, X, 2, 2-4.29Kristeller propone la variante Thebis, anzichéAbis, pur se il testo di Filone reca Ἄβαις.30Platone, Repubblica, X, 614b sgg.; Crizia, 121b-c.31Da questo punto, e fino alla fine del capoverso, èriprodotto con alcune varianti un brano diTheologia platonica, II, xiii, p. 114.32Oracoli caldaici, fr. 14: ma la lezione esatta èπατὴρ οὐ φóβον ἐνθρῴσκει, πειθὼ δ’ ἐπιχεύει.Sulla presenza del testo in Ficino cfr. I. Klutstein,Marsile Ficin et les Oracles Chaldaïques, inMarsilio Ficino e il ritorno di Platone, cit., vol. I,pp. 331-338. Gli otto capoversi seguenti tornanocon alcune varianti in In Plotinum. In librum defato Commentarium, Cap. I, in Opera, II. 2, pp.1679-1681.33Aristotele, Perì hermeneías, 9.34Il codice reca qui in margine una aggiunta,successivamente cancellata: «Riguardo alcontingente e al necessario approvo attualmentequesta opinione, più di quella che sulla stessaquestione ho riferito nella Theologia». Il passoconferma dunque che la Disputatio è successiva

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alla Theologia platonica.35Cicerone, De fato, XIX, 42-43.36Le due frasi seguenti sono aggiunte in margine,senza indicazione del luogo nel quale inserirle.37L’affermazione non trova riscontro letterale nénella Tetrabiblos (tradotta in latino come Opusquadripartitum nel 1138 da Platone da Tivoli), nénello pseudotolemaico Karpós (tradotto nel 1136con il titolo Centiloquium da Ugo di Santalla); maper il tema cfr. Tetrabiblos, I, 2, 18. Quanto al«libro sui giudizi», con questa espressioneMarsilio indica di nuovo la Tetrabiblos.38Gli scritti di al-Farabi (870-950 circa), filosofo escienziato attivo per molti anni a Baghdad,sostenitore della convergenza fra aristotelismo,neoplatonismo e islamismo, erano stati tradotti inlatino da Domenico Gundissalvi alla metà delsecolo XII. L’opera cui qui ci si riferisce è Control’astrologia.39Avicenna latinus, Liber de Philosophia prima sivescientia divina, X, i. Del testo cfr. l’ed. crit. a curadi S. Van Riet, Introd. di G. Verbeke, Louvain-Leiden 1977, 2 voll.40Il riferimento è al De sacrificiis di Porfirio,tradotto da Marsilio nel 1488 (cfr. Opera, II. 2, pp.

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1934 sgg.); a Origene, Commentarium inGenesim, in Eusebio, Praeparatio evangelica, VI,ii, e a Contra Celsum, VI, 80.41Platone, Timeo, 29c-d.42I prossimi tre capoversi tornano in Quod nonomnia fatali necessitate perveniant, in In librumde fato Commentarium, cit., Opera, II. 2, p. 1681.43Plotino, Enneadi, III, 3, 1; Platone, Filebo, 15-16.44Eusebio, Praeparatio evangelica, XI, 55-81; AuloGellio, Noctes Atticae, XIV, 1.45Questo capoverso riproduce un brano di Theologiaplatonica, II, xiii, p. 111.46Aristotele, Del cielo, II, 3; I, 2, 3.47Accetto accipit, anziché aspicit, come proponeKristeller.48Per la distinzione fra anima e intelletto cfr.Aristotele, Dell’anima, III, 4.49Intorno alla concordanza tra le filosofie platonicae aristotelica nel Quattrocento fiorentino sidiscusse a lungo, sulla scia delle tesi di GiorgioGemisto Pletone, sostenitore della superiorità del

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platonismo. Contro Gemisto era sceso in campoGiorgio di Trebisonda; a sua volta il cardinaleBessarione aveva preso le difese del Pletone,sostenendo la compatibilità fra platonismo ecristianesimo e il pieno accordo fra platonismo earistotelismo. Su questa stessa linea si eranoposte le letture aristoteliche tenute presso loStudio, fra il 1457 e il 1471, dal dotto bizantinoGiovanni Argiropulo (1410-1492). La conciliazionefra platonismo e aristotelismo, e una nuovaapologetica sorretta dal platonismo, sono anchegli obiettivi di Ficino, che li esplicita, ad es. nellalettera del 1488 a Mattia Corvino (EpistolarumLiber III, in Opera, I. 2, pp. 885-886). Il tema fudiscusso anche nell’Accademia ficiniana, dove daalcune soluzioni del maestro prese le distanze ilgiovane Pico.50Theologia platonica, I, i, ii.51Timeo, 50b-51a; Theologia platonica, I, ii.52Per la distinzione tra le realtà stabili, oggetto delpensiero, e quelle in divenire, oggettodell’esperienza sensibile, cfr. ad es. Platone,Fedone, 78b-79a.53A questo punto del codice è aggiunta la seguentefrase, poi cancellata: «e sarebbe vana la scelta frapossibilità diverse; né Dio potrebbe assegnarepremi o castighi, se le azioni buone o cattiveavvenissero per costrizione».

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54Da questo punto, questo e i tre capoversi seguentiriproducono con varianti Theologia platonica, IX,iv, pp. 206-207.55Da questo punto del capoverso, e in quellosuccessivo, il testo coincide anche con quello diPraedicatio secunda, in Opera, I. 1, pp. 477-478.56Intellectus è il termine tecnico con il qualeMarsilio traduce il plotiniano νοῦς.57Da questo punto il testo riproduce con variantiTheologia platonica, IX, iv, pp. 205-206.58S. Girolamo, Adversus Iov., II, 203; Varrone,Historiae, IX, 10; Porfirio, De abstinentia, I, 36.59Diogene Laerzio, IV, 2; Eusebio, Hist. Eccles., VI.60Lucrezio, De rerum natura, II, 629-640. Virgilio,Eneide, IX, 83.61I dieci capoversi seguenti riproducono convarianti Theologia platonica, IX, iv, pp. 207-211.62L’idea è che il movimento dell’etere, da cui sonoformati il cielo e i corpi celesti, influisca sullasfera sublunare per il tramite dei quattro elementiche ne compongono la materia (terra, acqua, aria,

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fuoco). Cfr. anche nota 63.63Nella concezione medica e filosofica antica iquattro umori (flegma, bile nera, sangue, bilegialla) erano messi in corrispondenza con iquattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco) e lequattro qualità (freddo, umido, caldo, secco). Giàin Ippocrate la dottrina dei quattro umori sboccain quella dei quattro temperamenti (melancolico,flemmatico, sanguigno, collerico), intesi comeattitudini costituzionali da cui possono derivarealtrettanti stati patologici. Ad essa si raccordal’astrologia, fornendo un codice che consente diindividuare, sulla base della dominante planetaria,la cifra essenziale del temperamento. Il tema èampiamente analizzato in R. Klibansky, F. Saxl, E.Panofsky, Saturno e la melanconia (1966), Torino1983.64Diogene Laerzio, IV, 2; VII, 5. Su Socrate el’aneddoto di Zopiro, v. oltre, nota 168.65Tommaso, Summa contra Gentiles, III, 85.66Sul problema della conoscenza – come su moltealtre questioni – Ficino si richiama più volte allesoluzioni dell’agostinismo, largamente presentenella cultura fiorentina del Quattrocento, e inparticolare all’agostinismo bonaventuriano.67Una variazione scherzosa sul tema è offerta piùavanti, in Lettere sull’astrologia, 7.

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68Per la concezione platonica dell’anima comeαύτoκíνητoν cfr. ad es. Fedro, 245c-246a; Leggi,X, 896.69Si ripete a questo punto nel codice il proemiotrascritto nella lettera a Gazolti.70Paolo, Lettera ai Galati, IV, 10; Atti degli Apostoli,I, 7.71Deuteronomio, XXX, 19.72Geremia, X, 2.73Tractatus in Iohannis Evangelium, VIII, 11;Enarratio in Psalmis, LXI, 23.74Agostino, De divinatione daemonum, VI.75In margine è aggiunta la seguente frase, senzache sia chiaramente indicato dove inserirla:«Clemente dice che Pietro sosteneva che i demonisi servono spesso dei corpi degli uomini turpi,come di strumenti per soddisfare la loro libidine».76Agostino, De civitate Dei, V, 7.77Ivi, IX, 6-13.

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78Ivi, V, 1.79La distinzione aristotelica fra i quattro tipi dicause è in Fisica, II, 3.80Pseudo-Aristotele, Liber de causis, I.81Avicenna, Liber de Philosophia prima sive scientiadivina, VIII, vi.82Questo e i successivi inserimenti fra parentesisono soprascritti o aggiunti in margine nel codice.83Tolomeo, Tetrabiblos, I, 2, 18.84Le ultime due frasi sono aggiunte in margine,senza che sia indicato il punto preciso nel qualeinserirle.85Tetrabiblos, I, 3, 6-8.86Ivi, II, 3, 1-2.87Abû Ma’shar, Introductorium, I, diff. V; Aristotele,Fisica, II, 5; Analitici Primi, I, 8.88Per una discussione di questa citatissima massimacfr. G. W. Coopland, Homo sapiens dominabitur

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astris, in Nicole Oresme and the astrologers,Liverpool 1952.89Cfr. Ptolemaeus, Centiloquium cum commentoHaly, Venetiis 1519, verb. II. I commenti di HalyHeben Rodan (Ali ibn Ridwân, vissuto fra il 998 eil 1068) al Quadripartitum e allo pseudotolemaicoCentiloquium, erano stati tradotti in latino,insieme ai testi di Tolomeo, da Platone da Tivolitra il 1136 e il 1138. La prima stampa si ebbe aVenezia, presso E. Radtolt, nel 1484.90Platone, Repubblica, X, 617e.91Aristotele, Etica Nicomachea, VI, 5, 1140b, 11-20;Analitici Primi, I, 8; Fisica, II, 5.92Una classificazione tradizionale in astrologiadistingue tra pianeti benefici alla generazione ealla vita (Giove, grande benefico; Venere, piccolobenefico; talvolta anche Luna) e pianeti maleficinello stesso ambito (Saturno, grande malefico;Marte, piccolo malefico). Cfr. ad es. Tolomeo,Tetrabiblos, I, 5; Vettio Valente, IV, 14. Ladistinzione è concordemente respinta daineoplatonici con l’argomento che i pianeti, inquanto animati divinamente, sono in tutto e pertutto benefici. L’incunabulo dell’idea è in Plotino,Enneadi, III, 1, 6.93Abû Ma’shar, Introductorium, I, diff. V.

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94Riferimento all’Introductorium de principiisZahelis Ysmaelitae, di Sahl ibn Bishr, vissuto nelsec. IX. Domicilio (oἶκoς, domus) di un pianeta èdetto il segno del quale esso è detto signore, omaestro, e nel quale raggiunge la sua massimaforza. Esaltazione (ὕψωμα, exaltatio, regnum),quello nel quale la sua forza è crescente; caduta(ταπείνωμα, deiectio), quello nel quale la suaenergia decresce; esilio (exilium), quello nel qualela sua forza è minima. Sulle procedure dideterminazione di domicili ed esaltazioni diciascun pianeta (che vedremo più avanti esposteampiamente da Marsilio nel Libro del Sole) cfr. ades. Tolomeo, Tetrabiblos, I, 17. Quanto infine alconcetto di ricezione, un pianeta è detto riceverneun altro quando il secondo viene a trovarsi nel suodomicilio.95Girolamo, Commentarius in Ecclesiasten.96In realtà Aristotele, Perì hermeneίas, IX.97Avicenna latinus, Liber sextus Naturalium, ed.crit. a cura di S. Van Riet, Introd. di G. Verbeke,Louvain-La Neuve-Leiden 1987.98Paolo, Seconda lettera a Timoteo, II, 13.99Gioco di parole su gemini (gemelli) e germinare(germogliare).

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100Tutto il passo – cui si accosterà In Plotinum, II, 3,p. 1613 – segue da vicino Isidoro, Etymologiarumlibri, III, 71.101Abû Ma’shar, Introductorium, IV, diff. II.102Citato, insieme ad Albumasar, anche in InPlotinum. In librum Enneadis secundaecommentaria IIII, cap. V, p. 1616, a propositodello stesso argomento: «merito igitur Albumasaret Albius Ptolemaeum ubique reprehendunt, quodqualitates stellis elementales et inter serepugnantes saepe tribuerit, probantque non essetales in coelo naturas».103Era questo un punto sul quale Tolomeo,attribuendo ai pianeti le qualità degli elementi –umido e freddo, caldo e secco – si differenziava daAristotele.104Tolomeo, Tetrabiblos, I, 21, 20-21. Per la nozionedi «termine», v. oltre, nota 108.105Secondo la teoria astrologica, come si è detto,quando il pianeta si trova nel segno dove è inesaltazione, la sua forza aumenta.106al-Qabîsî, Isagoge, 6v.107Tolomeo, Tetrabiblos, I, 20.

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108Per il significato astrologico dei termini domicilioed esaltazione, v. sopra, nota 94. Triplicità indicala suddivisione dei dodici segni in gruppi di tre,messi ciascuno in rapporto con uno dei quattroelementi. Si hanno così le triplicità di fuoco(Ariete, Leone, Sagittario), di terra (Toro, Vergine,Capricorno), d’aria (Gemelli, Bilancia, Aquario),d’acqua (Cancro, Scorpione, Pesci). Con il termineaspetti (σχηματισμoί, aspectus) si indicano ledistanze angolari (misurate in gradi sul cerchiodello Zodiaco) fra i pianeti. Si attribuisceparticolare importanza alla congiunzione (duepianeti nello stesso grado zodiacale), al sestile(distanza di 60°), quadrato (90°), trigono (120°),opposizione (180°): cfr. Tolomeo, Tetrabiblos, I,13. Termini (ὅρoι, fines) sono suddivisioni variabilidei segni zodiacali, attribuite a ciascuno deicinque astri erranti.109Dorotheus Sidonius, Carmen astrologicum, III, 1,19; Tolomeo, Tetrabiblos, III, 11. Traslitteratodall’arabo, il termine hyleg corrisponde al grecoἀφέτης; indica il datore di vita, ovvero l’elementoche in ogni singolo tema natale presiedeall’impulso alla vita. Viene scelto, secondo preciseregole, fra Sole, Luna e Ascendente.110Gli stessi temi tornano in forma più concisa in InPlotinum, II, 3, p. 1616.111Abû Ma’shar, Introductorium, III, diff. I.

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112Sugli stessi temi In Plotinum, II, 3, p. 1614.113Abû Ma’shar, Introductorium, III, diff. I.114Introductorium, VI (de signorum ductu superdiversas terras); De magnis coniunctionibus, I,diff. 2, diff. 4; IV, diff. 12.115Gemelli e Aquario appartengono, insieme allaBilancia, alla triplicità dei segni d’aria. Per lageografia astrologica del passo, cfr. Tolomeo,Tetrabiblos, II, 3.116Per la melotesia zodiacale, che collega a ciascunodei segni una parte del corpo umano, cfr. Manilio,Astronomica, II, 453-465; Firmico Materno,Mathesis, II, 24; Vettio Valente, Anthologiarumlibri, 109: Tolomeo, Tetrabiblos, III, 13, 5.117al-Qabîsî, Isagoge, I, 62.118Ivi, II, 180.119Abû Ma’shar, Introductorium, IV, diff. II.120Ivi, III, diff. V. Lo stesso riferimento torna in Pico,Disputationes adversus astrologiam divinatricem,IV, vii (ed. a cura di E. Garin, Firenze 1946, vol. II,p. 476). Testa del drago e coda del drago (caput e

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cauda draconis ) sono i due punti nei quali l’orbitalunare interseca l’eclittica terrestre. Nel primoinizia la fase ascendente, nel secondo la fasediscendente dell’orbita lunare. V. anche Libro delSole, nota 22.121al-Farghânî, Liber de aggregationibus scientiaestellarum, 25; anche in Pico, Disputationes, III,xxvi.122II tema torna in In Plotinum, II, 3, p. 1613.123Masha-allah, De interrogationibus, Venetiis 1519.124Zahel, De interrogationibus, Venetiis 1519.125Ambrogio, Exameron, IV, 4.126Ascendente (ἀνατoλικός, punctum ascendens,oriens) è il grado zodiacale (se si preferisce, ilpunto dell’eclittica) che sorge a est sull’orizzontedel luogo e nel momento di ogni singola nascita.Cfr. Tolomeo, Tetrabiblos, III, 3. Marsilio usatalvolta il termine anche per indicare sia, nel suoinsieme, il segno che ascende, sia la prima casa,della quale l’Ascendente segna il punto di inizio ocuspide.127Le case (τóπoι, loci) costituiscono unasuddivisione del cerchio oroscopico in dodicisettori diseguali, operata con un sistema di calcolo

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(detto domificazione) rispetto al luogo e almomento di ogni singola nascita. A ciascuna delledodici case è associato un settore dell’esistenza,secondo il seguente distico: «vita, lucrum, fratres,pater, nati, valetudo / uxor, mors, pietas, regnum,benefactaque, carcer».128Su questo anche In Plotinum, II, 3, pp. 1612 sgg.129In realtà Tolomeo, Tetrabiblos, III, 4, 7. MediumCoeli (μεσoυράνηµα) è il punto di intersezione fral’eclittica e il meridiano del luogo, quello nel qualel’osservatore vede il Sole raggiungere laculminazione sull’orizzonte.130Lo stesso riferimento in In Plotinum, II, 3, p. 1612.131La questione è trattata con maggiore esattezza inLibro del Sole, VII.132Abû Ma’shar, Introductorium, V, diff. II, diff. III;VIII, diff. IV.133Ivi, II.134Il codice presenta a questo punto in margine unaaggiunta poco leggibile: «distribuiscono l’acqua(?) fra i dodici segni, 4 elementi per tre, e inoltremostrano che le realtà elementari sonopropriamente soggette al cielo» («aquamcondistribuunt ad XII signa, 4 elementa per tres,

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idque praeterea ostendunt elementalia propriecelo subici»).135Abù Ma’shar, Introductorium, IV, diff. II. Sonodetti segni maschili quelli di aria e fuoco,femminili quelli di acqua e terra.136Tolomeo, Tetrabiblos, I, 14.137In Plotinum, II, 3, pp. 1614 sgg.138Abû Ma’shar, Introductorium, IV, diff. I, 42.139Sulla correlazione fra pianeti e giorni dellasettimana v. anche Libro del Sole, X.140In prospettiva terrestre i pianeti sembranotalvolta procedere all’indietro lungo l’eclittica: siparla allora di moto retrogrado, al quale inastrologia corrisponde un indebolimento dellaforza del pianeta. Per spiegare il fenomeno dellaretrogradazione l’astronomia geocentricaintroduce l’epiciclo, supponendo che i pianetidescrivano orbite circolari lungo unacirconferenza (appunto l’epiciclo) che ha il suocentro sulla circonferenza eccentrica al centro delmondo.141al-Qabîsî, Isagoge, 6v; Tolomeo, Tetrabiblos, I, 20.142

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Abû Ma’shar, Introductorium, IV, diff. I, 49-52, 56-60.143La Bilancia, domicilio diurno di Venere, è intrigono ai Gemelli, domicilio diurno di Mercurio; ilSagittario, domicilio di Giove, forma un trigonocon l’Ariete, domicilio di Marte. Gli stessi temitornano in In Plotinum, II, 3, p. 1613.144Diversamente Libro del Sole, IV. Sul caso delpianeta combusto, e di quello che si trova nellostesso grado del Sole, ivi, note 12 e 20.145Di nuovo la polemica antiatomistica, già svoltasopra e nella Theologia platonica.146In realtà Aristotele, Metafisica, XII, 1075a, 12 sgg.147gregorio Magno, Homilia X, 4.148Agostino, De civitate Dei, V, 1. Sulla questione deigemelli in Agostino anche In Plotinum, II, 3, p.1624.149Le difficoltà derivanti dall’inesistenza di strumentiatti alla precisa misurazione del tempo fornironoper secoli un motivo ricorrente alla polemicaantiastrologica. Cfr. ad es. Sesto Empirico,Adversus mathematicos, V.150

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Gregorio Magno, Homilia X, 4.151L’ultima frase è aggiunta in margine. Il tema tomain In Plotinum, II, 3, p. 1625.152Ambrogio, Exameron, IV, 4.153Tolomeo, Tetrabiblos, I, 3.154Agostino, De civitate Dei, V, 4.155Ambrogio, Exameron, IV, 4.156È un altro degli argomenti di Favorino: cfr. AuloGellio, Noctes Atticae, XIV, 1.157Nell’ottavo libro dell’Almagesto, Tolomeo,fondandosi sul catalogo di Ipparco, elenca 1022stelle, ripartite in 6 ordini di grandezza luminosa.158Questo e i due capoversi seguenti sono riprodotti,con varianti, in In Plotinum, II, 3, pp. 1625-1626.Sul moto dell’ottava sfera si sofferma il Liber demotu octavae spherae, attribuito a Thabit ibnQurrah.159Platone, Repubblica, X, 620; Giamblico, Demysteriis, IX, 6.160

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Sul ruolo dell’immaginazione in Ficino restanofondamentali i saggi di R. Klein, raccolti in Laforma e l’intelligibile. Scritti sul Rinascimento el’arte moderna (1970), Torino 1975, pp. 45-74, 75-112.161Il numero sette ha particolare importanza in tuttauna serie di speculazioni che in qualche modo siconnettono all’astrologia: sette sono i corpi celestidell’astrologia antica, e a ciascuno di essi,secondo un motivo che ha origine ebraica, siconnette uno dei giorni della settimana. Ma setteè anche il numero chiave per la lettura dei cicli diSaturno, che completando la propria rivoluzionein 28 anni circa scandisce in ciascuno dei suoicicli ogni esistenza in 4 fasi di sette anni ciascuna.In questo senso il settenario è usato da Marsiliocome scansione della propria vita anchenell’epistolario; vedi ad es. la lettera a Pico, datata8 agosto 1489, in Epistolarum liber IX, in Opera, I.2, p. 900.162Porfirio, Vita di Plotino, 23.163L’origine dell’adagio «Ars longa, vita brevis» ènegli Aforismi di Ippocrate; esso è poi spessoripreso, ad es. in Seneca, De brevitate vitae, I.164Isaia, XLI, 23165Platone, Timeo, 29c.

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166Questo capoverso è anche in In Plotinum, II, 3, p.1626. Quella delle rivoluzioni solari è una tecnicadi previsione, basata sul grafico eretto per ilmomento nel quale, in ogni singolo anno, il Soletorna nel grado zodiacale nel quale si trovava allanascita dell’individuo.167Di nuovo un riferimento al numero sette,adoperato come scansione del tempo sia inmedicina (dove a partire almeno dal Περὶ κράεωνdi Galeno veniva usato nella determinazione deldecorso delle malattie e dei giorni critici), sia infisiognomica, la disciplina che dallo studio dellefattezze somatiche ricava elementi di indagine deitemperamenti. Per la fisiognomica antica cfr. itesti raccolti in Scriptores physiognomici graeci etlatini, a cura di R. Förster, Leipzig 1893.168Alessandro di Afrodisia, De fato, IV. L’aneddoto èanche in Cicerone, Tusculanae Disputationes, IV,37, 80; De fato, V, 10.169Porfirio, De philosophia ex oracolis haurita, inEusebio, Praeparatio evangelica, XI.170In margine, un’aggiunta: «dunque mancano moltecose, come si vede». Per quanto riguarda ilriferimento a Tolomeo, si tratta più esattamente diun cenno alla medicina egizia e al suo utilizzo inchiave terapeutica della classificazione astrologicadei temperamenti e delle parti del corpo: cfr.

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Tetrabiblos, I, 3, 18.171Segue una frase lacunosa e illeggibile.172L’inclinazione dell’asse terrestre rispetto al pianodell’eclittica comporta una differente velocitàascensionale dei segni zodiacali: le frazioni ditempo che i trenta gradi di ciascun segnozodiacale impiegano per oltrepassare la lineadell’orizzonte variano cioè a seconda dellalatitudine dell’osservatore. Alle nostre latitudini, isegni che vanno dal Sagittario ai Gemelli (fra cuiAriete e Pesci) ascendono più rapidamente deglialtri, che restano visibili più a lungo nel cielo.173La precessione degli equinozi sposta l’equinozio diprimavera di 30° ogni 2160 anni: questo periodocostituisce una Era astrologica, che prende ilnome dal segno nel quale in essa cade il puntovernale (Era dell’Ariete, dei Pesci, dell’Aquario,ecc.). Lo spostamento di 360°, cioè di un’interacirconferenza zodiacale, avviene in 25920 anni: aquesti dati si sovrappone il tema stoico del grandeanno del mondo, del ciclo a chiusura del quale siriproducono le identiche configurazioni celesti. Ènotevole che in questa seconda accezione ilmotivo sia respinto da Tolomeo; si vedaTetrabiblos, I, 2, 16. Sul fenomeno dellaprecessione, e la non coincidenza fra segni ecostellazioni zodiacali, zodiaco tropico e zodiacosiderale, cfr. anche In Plotinum, II, 3, pp. 1623sgg.

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174Questa frase è aggiunta in margine.175Isaia, XIX, 12.176Si tratta della cosiddetta regola petosirica,codificata nella tradizione egizia sotto l’autorità diNechepso-Petosiride: cfr. Nechepsonis etPetosiridis fragmenta magica, a cura di E. Riess,«Philologus», Suppl. Band, VI, 1891-93, pp. 327-394.177L’opinione accolta da Marsilio in più luoghi è chel’infusione dell’anima avvenga al quarto mesedella gestazione, posto sotto la sovranità del Sole.Si veda In Plotinum, II, 3, p. 1625; Libro del Sole,V.178Questa affermazione, in verità molto corrente,viene riferita ad Alcabizio anche in Pico,Disputationes, IV, iv.179In margine Marsilio aggiunge la seguente nota:«Almutaz è il pianeta più degno degli altri; hyleg èil significatore della vita; alcocoden il datore deglianni». Sull’alcocoden, come frutto di errori ditraduzione dal greco in arabo, v. Pico,Disputationes, I, vii.180Sulle tecniche che consentono di trarreindicazioni sugli oroscopi di genitori, fratelli e figli

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cfr. Tolomeo, Tetrabiblos, III, 5, 6.181Cicerone, De divinatione, II, 97.182Forse John of Eschenden, autore di una Summaastrologiae iudicialis de accidentibus mundi, quaeAnglicana vulgo nuncupatur, stampata a Venezianel 1489.183Il pianeta che si trova al Medium Coeli raggiungela culminazione e potenzia il proprio influsso. SuiBracmani, e la loro vita filosofica, cfr. Plinio,Naturalis Historia, VI, 64. Per tutto il passo,Clemente Alessandrino, Stromata, V, 14.184Il passo è corrotto e il senso è di difficileinterpretazione.185Veniva detta del cattivo demone la casadodicesima, tradizionalmente associata al carceree considerata la casa più sfortunata dell’oroscopo;del buon demone l’undicesima, associata aibenefici. Sul tema anche In Plotinum, pp. 1682sgg.186Con il termine κλίμα si indicava ciascuna dellefasce di latitudine in cui si divide, sulla base dellediverse ore di illuminazione, la superficieterrestre. Cfr. ad es. Tolomeo, Tetrabiblos, I, 21,6; II, 1, 5; II, 3, 2.187

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Tutto il brano è ripreso da Eusebio, Praeparatioevangelica, XI, 5. Cfr. anche In Plotinum, p. 1683.188È questo uno dei temi di fondo di tuttal’argomentazione di Marsilio: il fatalismo,rendendo inevitabili i comportamenti umani,vanifica ogni riferimento al premio-castigo divino.189Abû Ma’shar, Introductorium, I, diff. VI.190La tecnica delle interrogazioni era volta a fornirerisposte alle domande sul futuro, ricavandole dallasituazione astrale presente al momento dellaposizione della domanda. Quanto all’uso delleimmagini magiche, capaci di catturare le forze delpianeta (uso di solito connesso, più che alleinterrogazioni, alle elezioni: ma qui, e nelparagrafo successivo, Marsilio avvicina le duetecniche), su di esso Ficino si soffermeràampiamente in De vita, III, xiii, xv, xviii.191Sul rapporto fra l’esito dell’interrogazione e lasollecitudine dell’interrogante cfr. Pico,Disputationes, IV, xiii.192Agostino, De civitate Dei, V, 7. La tecnica delleelezioni (καταρχαί, electiones) si proponeva dideterminare il momento astrologicamente piùpropizio per dar inizio a una azione. Largamentepraticate dagli astrologi ellenistici e islamici,interrogazioni ed elezioni sono assenti in Tolomeo.

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193Ambrogio, Exameron, IV, 4.194Cfr. Cicerone, De divinatione, II, 97.195In realtà Aristotele, Della divinazione nel sonno, 2,463b.196Pseudo-Tolomeo, Centiloquium, 8.197Ambrogio, Exameron, IV, 4.198Tetrabiblos, I, 2, 15.199Abû Ma’shar, Introductorium, I, diff. IV.200Tetrabiblos, I, 3, 8-9.201Aristotele, Metafisica, V, 5, 1015a-b; VI, 2, 1027a.I prossimi 8 capoversi torneranno, ampliati, nellalettera a Federico da Montefeltro, duca di Urbino,in Epistolarum Liber VII, pp. 849-853.202Sulle fonti della teoria delle grandi congiunzioni v.sopra, Introduzione, nota 42. L’opera cui Marsiliorimanda è il De christiana religione, scritta nel1474 e subito dopo tradotta in volgare. Se ne vedail testo in Opera, I. 1, pp. 1-77.203

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Enneadi, III, 5-6.204È il tema illustrato più avanti nel La stella deiMagi. Sul carattere più miracoloso che naturaledell’apparizione della stella concorda Pico: «Eratigitur illa factitia et temporaria, non perpetuastella et naturalis, condita ad id officii a Creatore,per quam significari natum regem Iudaeorum»,Disputationes adversus astrologiam divinatricem,IV, xv (ed. Garin, I, p. 512).205Avicenna, Liber de Philosophia prima, X, ii; Salmi,XVIII, 2.206Abû Ma’shar, Introductorium, VI, i, 260-264.207Avicenna, Liber de Philosophia prima, IX, ii.208Macrobio, Saturnalia, II, 4, 11. Tutto questoinsieme di temi, e di riferimenti, tornerà in Lastella dei Magi.209Svetonio, De vita Caesarum, VIII, 4, 15; Virgilio,Bucoliche, IV.210Paolo dal Pozzo Toscanelli (1397-1482) era tantonoto come studioso di astrologia da essereconsultato dalla Signoria fiorentina comeastrologo, nell’ottobre 1453, a proposito delterremoto del 28 settembre di quell’anno. Marsiliolo presenterà di nuovo come critico dell’astrologia

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in In Plotinum: «Paulus Florentinus, astronomussingularis, haec ridere solebat, qui et annos vitaequinque super octoginta implevit, suam tamengenesim diligentissime contemplatus, nihil adaetatem conferens longam, potuit invenire» (InPlotinum, II, 3, p. 1626). Più o meno gli stessiargomenti anche in Pico: «Paulus Florentinus, inmedicina quidem, sed praecipue in mathematicisgraece latineque doctissimus, quotiens de istaprofessione rogabatur, totiens eam incertamfallacemque asseverabat, afferens inter cetera seipsum evidens experimentum qui, cum quinque etoctuaginta iam implesset annos, in sua tamengenitura, quam examinasset diligentissime,vitalem nullam constellationem repperisset»,Disputationes, I (ed. Garin, I, p. 60). Diversal’opinione dell’astrologo Lucio Bellanti: secondo isuoi stessi familiari, Toscanelli non aveva maicessato di apprezzare l’arte; ma da uomoprudente ne parlava solo con gli amici (ivi, p. 633)211L’argomento è anche in Tommaso d’Aquino,Summa theologiae, Prima pars, Quaestio 115, art.4.212I termini riportati fra parentesi sono aggiunti inmargine. Mengo è citato come medico astrologoanche in De vita, III, xviii, a proposito dell’usoterapeutico delle immagini: «Accepi a Mengo,physico praeclaro, eiusmodi imaginem factam Ioveibidem coniuncto cum Sole. Liberavisse IohannemMarlianum, mathematicum nostro saeculosingularem, a pavore quo sub tonitru affici

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consueverat».213Aristotele, Retorica, I, 5, 1361b, 4 sgg.; Platone,Repubblica, III, 406 sgg. Sul caso di Erodico v.anche De vita, II, i.214Geremia, X, 2; Plinio, Naturalis Historia, VII, 37.215«Quantum astronomi metiuntur, tantum astrologimentuntur» è il motto premesso alla lettera aBernardo Bembo del 14 giugno 1477: v. oltre,Lettere sull’astrologia, 6.216Anselmo d’Aosta, De libertate arbitri, V, 18-23.217Aristotele, Fisica, I, 7.218Sulla distinzione fra pensare e sentire cfr.Aristotele, Dell’anima, III, 3, 427a-b; III, 3-4, 429a.

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1Il De stella Magorum è inserito fra lePraedicationes, in Opera, I. 1, pp. 489-491.Connesso forse alle letture, spesso in forma disermoni, tenute dai membri dell’Accademiaplatonica presso la fiorentina compagnia de’ Magi,risale al 1482. Per una analisi del testo si veda S.M. Buhler, Marsilio Ficino’s «De stella Magorum»and Renaissance Views of the Magi, «RenaissanceQuarterly», XLIII (1990), pp. 348-371.2Numeri, XXIV, 17. L’intera storia di Balaamoccupa Numeri, XXII-XXIV.3Origene, Contra Celsum, I, 60. Sui Magi comeadepti della magia demonica vedi anche Giustino,Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 78. Cheremone,filosofo stoico e grammatico del secolo I d.C.,aveva scritto un Περὶ τῶν κομητῶν.4«Non morbos mortesque denuntiatas, seddescensum Dei venerabilem, ad humanaeservationis rerumque mortalium gratiam»,Timaeus a Calcidio translatus commentarioqueinstructus, 126.5Svetonio, De vita Caesarum, VIII, 4, 5. V. anchesopra, Disputa, nota 209.6Da questo punto, e poi di nuovo nella conclusione,Marsilio si riferisce al presunto oroscopo di Cristo,con il quale si era cimentato anche Pierre d’Ailly

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(vedi oltre, figura 1, alla fine del De stellaMagorum); ma calcola in modo diverso laposizione del Sole e di Venere. Sul significatoastrologico delle comete cfr. Tolomeo,Tetrabiblos, II, 9; C. Heingartner, Il trattato dellecomete, in G. Bezza, Arcana Mundi, Milano 1995,vol. I, pp. 663-669.7Luca, II, 8-14.8Ciascuno dei dodici segni ascende, ovvero superacon i suoi trenta gradi la linea dell’orizzonte, incirca due ore; leggermente più rapido è, allelatitudini della zona temperata nord, il moto deisegni compresi tra Sagittario e Cancro; più lentoquello dei segni compresi fra Cancro e Sagittario.V. anche Disputa, nota 172.9Macrobio, Saturnalia, II, 4, 11. V. anche sopra,Disputa, nota 208.10Luca, I, 10-38.11Per queste indicazioni anagogiche, sviluppate conalcune varianti anche in De vita, II, xix, cfr.Origene, Contra Celsum, I, 60.12Tobia, V. Che la stella dei Magi fosse non un astro,ma un angelo, era stato sostenuto fra gli altri daBasilio (Homilia XXV) e Giovanni Crisostomo(Homilia VI in Matthaeum, 2).

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13Genesi, XV, 5; Mosè Maimonide, Misneh Torah, I.Maimonide è citato anche in Libro del Sole, XI.14Luca, II, 8-14.15Salmi, CXXXIX, 12; Isaia, LX, 1.16Luca, XXIII, 44-45. Che il coincidere della nascitadi Cristo con l’apparizione della stella, e della suamorte con l’eclisse, sonasse a difesa del valoresignificante delle posizioni astrali, era statosostenuto anche in Roger Bacon, Opus maius, IV,16. Nel De christiana religione, Marsilio aveva poicitato Cecco d’Ascoli, che, «quamvis parumreligiosus», aveva affermato alla morte di Cristo«eclypsim secundum naturam non potuisse fieri»(Opera, I. 1, p. 14).17Salmi, CXXXIX, 12.18Luca, II, 25-38.19V. sopra, Disputa, nota 206. Il termine volto(πρόσωπον, facies) indica una scansione di diecigradi del cerchio zodiacale. Ogni segno, dunque,ha tre volti.

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1L’opuscolo – in Opera, I. 2, pp. 965-975 – èdedicato a Piero de’ Medici, al potere dopo lamorte di Lorenzo il Magnifico (1492). Scrittonell’estate del 1492, viene pubblicato nel gennaio-febbraio 1493, insieme al De lumine (cfr. la letteradel 14 febbraio 1493, in Epistolarum Liber XII, inOpera, I. 2, pp. 950-951). Costituisce la redazioneampliata della Comparatio Solis ad Deum, scrittanel 1492 e tuttora manoscritta; ma riprende anchei temi dell’epistola – scritta insieme a GiovanniCavalcanti e indirizzata a Lotterio Neronio il 19dicembre 1479 – Orphica comparatio Solis adDeum, atque declaratio idearum, in Opera, I. 2,pp. 825-826. Nelle polemiche che seguono lapubblicazione, Marsilio interviene fra l’altro conl’Apologia in librum suum de Sole et Lumine(lettera dell’11 gennaio 1493 a Filippo Valori, ivi,p. 949, qui tradotta). Per un esame dei temi del DeSole cfr. A. Rabassini, La concezione del solesecondo Marsilio Ficino, «Momus», VII-VIII, 1997,pp. 115-133.2Platone, Repubblica, VI, xix, 508a-509b.3Nel 1490, compiuti i Commentaria a Plotino,Marsilio aveva intrapreso la traduzione dellaTheologia Mystica dello Pseudo-Dionigi. Ilriferimento è al De divinis nominibus, IV, 1, 693b.4Le nove Muse, figlie di Zeus e Mnemosine, oltre aessere le cantatrici divine, presiedono alle diverse

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forme della ricerca e dell’arte: Calliope proteggel’epica; Clio la storia; Polimnia la pantomima;Euterpe il flauto; Tersicore la poesia e la danza;Erato la lirica corale; Melpomene la tragedia;Talia la commedia; Urania l’astronomia. Vivonosul monte Elicona e sono alle dipendenze diApollo, che dirige i loro canti attorno alla fonted’Ippocrene.5Aristosseno in Diogene Laerzio, VIII, 15.6Mercurio, figlio di Zeus e Maia, era un fratelloassai più giovane di Apollo, figlio di Zeus e Latona.Da piccolissimo Mercurio giocò ad Apollo unbrutto scherzo, quando fece sparire in unaspelonca le mandrie di Admeto, da lui custodite:cfr. Inni omerici. A Ermes.7Giamblico, De mysteriis, I, 9.8Cfr. anche De vita, III, iii.9Salmi, XVIII, 2; Virgilio, Georgiche, I, 463; Paolo,Epistola ai Romani, I, 20.10Su Ali ibn Ridwân (Haly) v. sopra, Disputa, nota89. Abraham ibn Ezra (morto nel 1167), uno deipiù grandi astronomi-astrologi ebrei, è autore diun De nativitatibus, hoc est de XII domiciliorumcoeli figurarum significatione ad iudiciariamastrologiam, pubblicato a Venezia nel 1485, e di

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una versione ebraica dell’Introductorium di AbûMa’shar, che, tradotta in francese nel 1273, erastata poi volta in latino da Pietro d’Abano nel1293. Cfr. Abrahe Avenarius Iudaei Astrologiperitissimi in re iudiciali opera, ab excellentissimophilosopho Petro de Abano post accuratamcastigationem in latino traducta, Venetiis 1507.Per la funzione del Sole come signore emoderatore dei cieli, cfr. Cicerone, SomniumScipionis, 4, 17; Macrobio, Commentarium inSomnium Scipionis, I, 20, 1-8.11Con il termine troni sono indicati i due segni neiquali il Sole è dignificato, ossia il Leone (domiciliodel Sole) e l’Ariete (sua esaltazione).12È detto combusto il pianeta che si trova nellostesso segno del Sole, distandone meno di 12°: lacombustio diminuisce la benignità dei benefici e lamalignità dei malefici.13I pianeti superiori (Marte, Giove, Saturno), cosìindicati perché nel sistema geocentrico la loroorbita comprende quella del Sole, sono orientali(ἀνατολικοί) rispetto al Sole, quando sorgono etramontano prima di esso. I pianeti inferiori(Venere, Mercurio, Luna), la cui orbita è compresain quella del Sole, sono orientali quando il Solesorge e tramonta prima di loro. Con l’orientalità diun pianeta coincide l’aumentare della sua luce;con l’occidentalità, il suo diminuire.14

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Si inseriscono qui elementi di melotesia zodiacale,ovvero della tecnica che mette in relazioneciascun membro del corpo con ciascuno dei segnizodiacali. Esiste anche una melotesia planetaria,che assume come riferimento i pianeti.15L’anno astronomico inizia il 21 marzo, conl’ingresso del Sole nel segno dell’Ariete. Era dalleconfigurazioni celesti presenti nel momento delpassaggio del Sole sul punto vernale che alcuniastrologi traevano l’oroscopo del nuovo anno; perTolomeo, invece, la qualità dell’anno si giudicavadalla sizigia che precede l’equinozio vernale. Sulrapporto fra il Sole in Leone e l’estinguersidell’epidemia Marsilio torna anche in Consiliocontro la pestilenzia, II.16Ariete, Cancro, Bilancia e Capricorno sono dettisegni cardinali perché l’ingresso del Sole inciascuno di essi coincide con l’inizio di ciascunadelle quattro stagioni.17In astrologia genetliaca l’oroscopo dell’anno perogni singolo individuo si traccia a partire dalmomento nel quale, anno per anno, il Sole tornanel punto esatto nel quale si trovava al momentodi ogni singola nascita. È la tecnica dellerivoluzioni solari.18L’eclittica, ovvero l’orbita apparente del Sole,costituisce in prospettiva geocentrica la lineamediana della fascia zodiacale. Dal punto di vista

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geocentrico tutti i pianeti interrompono ogni tantoil loro moto diretto, rallentano, sostano suglistessi gradi dello Zodiaco, poi iniziano aretrogradare, movendosi in senso contrario allasuccessione dei segni dello Zodiaco. Ciò nonaccade né al Sole, né alla Luna.19L’assimilazione delle fasi lunari alle quattrostagioni, svolta da Porfirio nel commento allatolemaica Tetrabiblos, è stata ripresa dallamaggior parte degli astrologi. Con il novilunio,inizia il nuovo mese (Arato, 733; Vettio Valente,67, 17): da esso si giudica il mutamento deltempo, e persino la sorte della genitura che losegue.20Il pianeta che si trova nello stesso grado del Soleè detto ἐγκάρδιος (in corde Solis), e vedepotenziata al massimo la propria forza (Zahel,Introductorium, I, 101, 27; I, 109, 30).21Vengono qui descritti i moti dei pianeti lungol’epiciclo, la piccola circonferenza il cui centro sisposta lungo una circonferenza (detta deferente)eccentrica rispetto alla Terra. La teoria degliepicicli è introdotta nel sistema geocentrico perrendere ragione del fenomeno dellaretrogradazione dei pianeti. V. anche Disputa,nota 140.22Testa e coda del drago (caput e cauda draconis)sono le denominazioni del nodo lunare ascendente

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e discendente, ossia dei due punti individuati dalleintersezioni del piano orbitale lunare conl’eclittica. Il primo (detto anche nodo nord) siverifica quando l’orbita lunare procede dal sud alnord, in fase ascendente; il secondo (detto anchenodo sud), quando procede dal nord al sud, in fasediscendente.23Si chiamano punti o parti sensibili dell’oroscopo,molto usati nell’astrologia neoegizia (che li indicacome κλῆροι) e araba. Il punto di fortuna sicalcola aggiungendo alla longitudinedell’Ascendente, espressa in gradi a partire dallo0° dell’Ariete, la distanza della Luna dal Sole,secondo la formula Sole + Ascendente – Luna.24L’immagine torna anche oltre, cap. VI.25Salmi, CXXVI, 2.26V. ad es. De vita, III, vi.27La Luna è detta ἀστράρχη in A Selene, Inni orfici,IX, v. 10, Di Zeus immortale, «mobile occhio delmondo» (κόσμου τὸ περίδρομον ὄμμα) si parla in AHelios, ivi, VIII, v. 14.28Plutarco, De Iside et Osiride, 9, 354c.29Giamblico, De mysteriis, VII, 3.

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30Abû Ma’shar, Introductorium, IV, diff. I.31Mosè Maimonide, Misneh Torah, I.32Macrobio, Comm. in Somnium Scipionis, I, 20, 3.33I mesi della gestazione venivano posti in rapportoai pianeti a cominciare da Saturno, cui siassegnava il primo mese. A Giove spettava dunqueil secondo, a Marte il terzo, al Sole il quarto e cosìvia.34Cancro (quarto segno a partire dall’Ariete) eLeone (quinto segno) sono adiacenti, così comeAriete (primo) e Toro (secondo). Nel passo chesegue, Marsilio espone la teoria dei domiciliplanetari in accordo con Tolomeo, Tetrabiblos, I,17.35Alcuni astrologi contemporanei propongono dimodificare la collocazione classica dei domicili edelle esaltazioni, ponendo Giove, e non più laLuna, in esaltazione in Toro. Cfr. L. Morpurgo,Introduzione all’astrologia, Milano 1982, pp. 37-43.36Bindaccio Ricasoli è fra i destinataridell’epistolario di Ficino. V. oltre, Letteresull’astrologia, 17.37

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Nel suo moto apparente lungo l’eclittica, il Soleraggiunge due punti di massima declinazionesull’equatore celeste (uno a nord, l’altro a sud),dove sembra sostare. Di qui la denominazione disolstizi, d’estate (0° Cancro), dove il Sole inizia adiscendere, e d’inverno (0° Capricorno), doveinizia ad ascendere.38Ancora la presa di posizione antiatomistica, piùvolte segnalata nella Disputa.39Tolomeo, Tetrabiblos, III, 11.40Il termine almugea traslittera l’arabo al-muwâjaha, che indica lo stare faccia a faccia, ecorrisponde al greco ἰδιοπροσωπία, che puòessere reso anche con l’espressione aspetto tipico.Cfr. Tolomeo, Tetrabiblos, I, 22, e G. Bezza,Commento al primo libro della «Tetrabiblos» diClaudio Tolemeo, Milano 1990, pp. 363-365.41È notevole che qui Marsilio esponga latradizionale dottrina astrologica sui pianetibenefici e malefici, senza far cenno alle critiche adessa mosse dai neoplatonici, ampiamente ripresenella Disputa.42Viene qui esplicitata una delle fonti dellariflessione ficiniana sul Sole, l’Orazione al Soledell’imperatore Giuliano, da Marsilio fittamenteannotata nel Codice Riccardiano 76. (Le note diFicino sono riprodotte in E. Garin, Studi sul

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platonismo medievale, Firenze 1958.)43Il riferimento è a Theologia platonica, XVIII, v.44Dionigi Areopagita, De divinis nominibus, I, 5,593bc; II, 3-4, 640b-641c; Mystica theologia, II,1025ab.45Il richiamo qui proposto al mito delcombattimento fra Apollo e Pitone è anche inConsilio contro la pestilenzia, II. Il drago chiamatoPitone viveva accanto a una sorgente alle pendicidel Parnaso, non lontano da Delfi. Era figlio dellaTerra ed emetteva oracoli, ma era uso massacrareuomini e animali. Apollo, avendo deciso di fondarein quel luogo il suo oracolo, lo uccise con le suefrecce. Cfr. Inni omerici. Ad Apollo, 282 sgg.;Igino, Fabulae, 140; Ovidio, Metamorfosi, I, 438sgg.46Quando Mercurio inventò il flauto detto siringa,Apollo glielo comprò in cambio della verga d’oro,detta caduceo, e dell’insegnamento delladivinazione artificiale. Il caduceo divenne allora ilsimbolo della funzione, propria di Mercurio, dimessaggero degli dèi. Acate era un troiano, amicoindivisibile di Enea, di cui fu compagno nelviaggio in Italia. Il riferimento a Platone alludealla storia di Er (Repubblica, X, 614b).47Mosè Maimonide, Misneh Torah, I.

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48Platone, Timeo, XI, 38c-39b.49È il cosiddetto tema natale del mondo, nel qualeogni pianeta si trova nel suo domicilio: cfr.Firmico, III, 1; Paolo Alessandrino, XXXVIII;Macrobio, I, 21, 23. Tolomeo ne respingenettamente l’idea in Tetrabiblos, III, 1, 15.50Sono i sette cieli dei cinque pianeti, del Sole edella Luna, cui si aggiunge l’ottavo cielo, quellodelle stelle fisse.51Gli excerpta da Proclo, De anima et daemone,sono in Opera, II. 2, pp. 1908-1928; la traduzionedei passi di Giamblico, De mysteriis, ivi, pp. 1873-1908. Sui demoni, Marsilio traduce anche unpasso dello Pseudo-Psello, ivi. pp.1939-1945.52L’episodio è narrato in Platone, Simposio, 220cd,ed è riferito in Diogene Laerzio, II, v, 23; maFicino lo riprende da Aulo Gellio, Noctes Atticae,II, 1, 1-5. Il tema è anche in Theologia platonica,XIII, ii.53Sul demone di Socrate, Marsilio torna con gliexcerpta da Proclo, cit., p. 1912.54Si riferisce ancora a Platone, Repubblica, VI.55Giacomo, I, 17.

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1Epistolarum Liber XII, in Opera, I. 2, p. 949.L’apologia unisce al De Sole il De lumine, editoanch’esso nel 1493 (cfr. Opera, I, 2, pp. 976-986).Su Filippo Valori, v. oltre, Lettere sull’astrologia,16, nota 1.2Cfr. sopra, Libro del Sole, nota 1.3Piero del Nero, morto nel 1512, ricoprì diversiuffici presso le magistrature fiorentine. Fu lui aoccuparsi della stampa del De Sole e del Delumine.4Boezio, De consolatione, IV, vii, 17-18. Perl’immagine v. oltre, Lettere sull’astrologia, 21.5Anfione era figlio di Zeus e Antiope. Insieme algemello Zeto, aveva vendicato la madre, tenuta inschiavitù da Dirce a causa della sua bellezza,uccidendo la sua carceriera insieme al marito,Lico. Su Cristoforo Landino, v. oltre, Letteresull’astrologia, 11, nota 8. Per il parallelo fraPoliziano ed Ercole, Pico e Febo, Letteresull’astrologia, 21. Per le battaglie sostenute daitre a difesa di Marsilio, v. sopra, Introduzione,nota 2.

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1Epistolarum Liber III, in Opera, I. 2, p. 724.L’epistola, non datata, è da collocarsi tra la finedel 1477 e l’inizio del 1478; v. sotto, nota 6.2A Giovanni Cavalcanti (1448-1509), amicocarissimo, Marsilio indirizza lettere frequenti. Illegame, come si evince anche da questa epistola,era stato precoce: nel gennaio 1477, rivolgendosiallo stesso Cavalcanti, Marsilio afferma che essoconta ormai cinque lustri, ciò che porterebbe al1452 (Opera, I. 2, p. 741); l’incontro sarebbeavvenuto in casa di Domenico Galletti (ivi, p. 751).Membro dell’Accademia platonica, era statoCavalcanti, nel 1463, a incitare Marsilio acommentare il Simposio, aiutandolo a superare ilmomento di profonda depressione vissuto, apartire dal 1459, a causa della difficoltà diraccordare alla fede religiosa le giovaniliinclinazioni filosofiche: cfr. A. Della Torre, Storiadell’Accademia platonica di Firenze, Firenze,Pubblicazioni del R. Istituto di Studi Superiori,pratici e di perfezionamento, 1902, p. 566.3Marsilio amplifica alquanto il significato negativodella situazione astrale descritta: alle opposizionie quadrature della Luna la teoria astrologica deitransiti attribuisce in realtà un’incidenzaabbastanza modesta. Scopo dell’epistola èsoprattutto quello di mettere in risalto il marginedi libertà di cui l’anima fruisce rispetto alcondizionamento astrale, tema che si è vistoampiamente illustrato nella Disputatio.

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4Torna il motivo della subordinazione degli astri aDio, del fato alla provvidenza, centrale nellaDisputatio e più volte ritornante nell’Epistolario.5Agostino, Confessioni, IV, 9, 14.6Cavalcanti era nato nel 1448.1Epistolarum Liber III, ivi, pp. 730-731. Su questa esulla successiva lettera cfr. A. Chastel, Lettres surla connaissance de soi et sur l’astrologie, «LaTable Ronde», 2, 1945.2V. lettera precedente, nota 2.3Giove, il «grande benefico» dell’astrologia antica,in moto diretto in Pesci (segno nel quale si trovain esaltazione) è in una delle sue miglioriposizioni. Al contrario Saturno, retrogrado inLeone (segno nel quale è in caduta), è in una dellepeggiori. Ciò consente a Marsilio di contrapporreil felice periodo di Cavalcanti (nel cui oroscopoGiove si trovava dunque in posizione dominante)al suo infelice momento di «saturnino» (nel suotema natale Saturno era dominante in quantocongiunto con l’Ascendente; v. oltre, epistole 4,11, 13).1Epistolarum Liber III, ivi, p. 731.2

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Gioco di parole intorno a Florentia, nome latino diFirenze.3Il termine aspectus è qui adoperato nel suosignificato astrologico, a suggerire il ruolodominante di Saturno nel tema natale di Ficino ein quello di Platone, il cui presunto oroscopo,riprendendolo da Firmico Materno, Mathesis, VI,30, 24, Ficino dà nel De vita Platonis (epistolaindirizzata a Francesco Bandini), in EpistolarumLiber IV, in Opera, I. 2, p. 763 (vedi figura 2 inappendice alle Lettere sull’astrologia).L’avvicinamento fra i temi natali di Ficino ePlatone, cui viene accostato anche quello di Pico,torna nella dedicatoria a Lorenzo de’ Medicidell’Epitome di Plotino, in Opera, II. 2, p. 1537. ASaturno si collegavano la bile nera e iltemperamento melanconico, nei quali latradizione astrologica riconosceva la radicedell’inclinazione all’elevata concentrazionementale, alla filosofia, alla contemplazione, pur secon i loro eccessi potevano condurre alladepressione e alla misantropia. È il nesso traSaturno, il pensiero astratto e la filosofia ciò cheCavalcanti intende sottolineare, sulla scia di unaceleberrima affermazione dello Pseudo-Aristotele:«Perché tutti gli uomini che si sono segnalati infilosofia, in politica, o nella poesia o nelle arti sonochiaramente melanconici e qualcuno di essi a ungrado tale da soffrire di disturbi provocati dallabile nera?... Tutte le persone melanconiche sonofuori del comune, non in quanto malate, ma perloro naturale costituzione» (Aristotele,

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Problemata, XXX, 1). Ma sulle moltepliciimplicazioni della questione della melanconia èd’obbligo rimandare al classico R. Klibansky, E.Panofsky, F. Saxl, Saturno e la melanconia, Torino1983.4Allusione al Ficino traduttore di testi platonici edermetici.5L’orbita di Saturno era la più lontana dalla Terrafra quelle dei pianeti noti agli astrologi antichi.1Epistolarum Liber III, ivi, pp. 731-732.2Cfr. l’epistola precedente.3L’immagine è in Plotino, Enneadi, IV, 4, 41.4Le indicazioni qui fornite da Marsilio sul propriotema natale divergono, per quanto riguarda laposizione di Venere e Giove, da quelle, piùprecise, contenute nella successiva lettera aMartino Uranio (vedi oltre, Lettere sull’astrologia,13, e, alla fine di questo epistolario, la figura 3,dove è riprodotto il grafico natale di Ficino).5Aristotele, Problemata, XXX, 1, 953a. Nonostanteogni assicurazione, Marsilio non cesserà dilamentarsi di Saturno; in una successiva lettera aCavalcanti scriverà infatti che, se deve parlare inamicizia, gli sembra che il pianeta lo abbia scelto

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in quel momento, unico fra tutti gli uomini, persperimentare tutta la forza della sua rigidezza(«vis dicam amice. Saturnum me unicum histemporibus elegisse in quo cunctas rigiditatis suaevires experiatur», Epistolarum Liber V, p. 783).1Epistolarum Liber IV, ivi, p. 750.2Lorenzo Bonincontri(1410-1491), dopo averrisieduto diversi anni a Napoli, alla corte diAlfonso d’Aragona, si spostò a Firenze ricoprendofra il 1475 e il 1478 la cattedra di astrologiapresso lo Studio. In quegli anni lesse e commentògli Astronomica di Manilio, che pubblicò nel 1484,a Roma, dove tenne la cattedra di astrologia pervolontà di Sisto IV, suo protettore. Tra i suoi moltiscritti, un commento al Centiloquiumpseudotolemaico e degli Excerpta exQuadripartito Ptolemei, scritti a Firenze nel 1477e lasciati inediti.3Allusione alla Disputa contro gli astrologi. Nellaprefazione alla seconda versione del Filebo, Ficinochiarisce che alla felicità dell’uomo sono necessariscienza, potere e piacere (allegoricamenteMinerva, Giunone e Venere). Errata dunque ladecisione di Paride, che scelse solo il terzo. Cfr.M. Ficino, The Philebus Commentary, a cura di M.J. B. Allen, Berkeley 1975, app. III, p. 482.1Epistolarum Liber IV, ivi, p. 771.2

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Bernardo Bembo (1433-1519), veneziano, politicoe letterato, giunto nel 1475 a Firenze comeambasciatore, era entrato in contatto con il circolodi Lorenzo de’ Medici e l’Accademia platonica.3Ancora un riferimento alla Disputa contro gliastrologi.4Acate, compagno di Enea. è evocato a indicare unamico indivisibile. V. anche sopra, Libro del Sole,nota 46. Tommaso è forse Tommaso Benci, fratellodi Ginevra Benci (moglie di Lorenzo), cui Bemboera devoto.1Epistolarum Liber IV, ivi, p. 776.2Francesco Marescalchi, morto nel 1482, fumembro dell’Accademia platonica ecorrispondente di Poggio Bracciolini. Ficino glidedicò il De christiana religione. Su di lui si puòvedere A. Della Torre, Storia dell’Accademiaplatonica di Firenze, Firenze 1902, p. 29.3Si riferisce probabilmente di nuovo alla Disputa,cui in riferimento al rapporto provvidenza-libertàsembra accennare anche la precedente lettera aBernardo Bembo.4Lo stesso tema nel proemio della Disputa, v.sopra.1

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Epistolarum Liber V, ivi, pp. 805-806. Per ladatazione di questo libro dell’Epistolario cfr. P. O.Kristeller, Supplementum ficinianum, I, p. CI,dove la maggioranza delle epistole sono collocatetra il settembre del 1477 e l’aprile del 1478.2Lorenzo de’ Medici il giovane, figlio diPierfrancesco, apparteneva al ramo della famigliaMedici che si era dedicato agli affari, lasciando lapolitica a Cosimo e ai suoi discendenti. Protettoredella cultura e delle arti, gli fu legato, fra gli altri,il Botticelli. Uno stretto rapporto fra questalettera di Ficino e la botticelliana Primavera fuargomentato da E. H. Gombrich in Botticelli’sMythologies: A Study in the NeoplatonicSymbolism of his Circle, «Journal of the Warburgand Courtauld Institutes», VIII, 1945, pp. 7-60(che alle pp. 16-17 contiene una traduzione diquesta lettera).3«Igneus est nobis vigor et caelestis origo»,Virgilio, Eneide, VI, 730.4Nella tradizione astrologica Venere indica lagrazia, la bellezza, l’erotismo, l’amabilità, l’arte, labuona salute. Nel riferirla all’humanitas, Marsilio– che a Venere dedicherà molte pagine anche nelDe vita – ne fornisce una lettura umanistica, che lacollega nel loro complesso alla cultura e alla curadi sé. Una fonte di questa visione di Venere èindicata da Gombrich in Apuleio (Botticelli’sMythologies, cit., pp. 22-32).

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5Un motivo simile in Platone, Lettera IV, 321b.6Virgilio, Eneide, I, 75.1Epistolarum Liber V, ivi, p. 806.2Giorgio Antonio Vespucci (1434-1514), zio emaestro di Amerigo, fu un umanista diconsiderevole reputazione. Membrodell’Accademia platonica, in rapporti con Lorenzoil Magnifico, prese successivamente gli ordini edivenne un ardente seguace del Savonarola.Naldo Naldi (1435-1513), professore di retoricapresso lo Studio dal 1484, fu uno dei poeti piùprolifici della cerchia dei Medici, autore di carmilatini assai apprezzati sia da Ficino che daPoliziano. Lasciata Firenze nel 1476, vi erarientrato nel 1477 e se ne era di nuovo allontanatonel 1478: è proprio sulla base di questi suoispostamenti che Kristeller data il libro quintodell’epistolario ficiniano. Vespucci e Naldi eranotutori di Pierfrancesco de’ Medici.1Epistolarum Liber VI, ivi, p. 831. L’adagio sotto ilquale si colloca la lettera si richiama al famoso«Sapiens dominatur astris» con il quale si erasoliti compendiare alcune indicazioni delCentiloquium. V. sopra, Disputa, nota 88.2In un appunto del 1482, Lorenzo de’ Medici scrivedi aver trovato nelle carte del padre Piero di

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essere nato il 1 gennaio 1449. Le posizioniplanetarie di quel giorno danno il Sole inCapricorno, 20° 11’, e Saturno retrogrado a 10°28’ in Vergine. Ciò si accorda sufficientementecon quanto Marsilio afferma in questa epistola,poiché il 26 settembre 1480 Marte si trovava a 9°50’ in Capricorno, in quadratura a Saturno,accostandosi il giorno successivo a un quadrato(largo, in verità: ma attribuirgli tanta rilevanzaben si accorda con l’ansietà che spessoaccompagna le interpretazioni ficiniane deitransiti) con il Sole. Va comunque ricordato cheFrancesco Giuntini nel 1581 pubblicherà nel cap.IV (De parentibus) del libro III del suomonumentale Speculum astrologiae un oroscopodi Lorenzo, calcolato per una nascita avvenuta il 6agosto 1448, alla diciassettesima ora postmeridiem: cfr. C. Cannistrà, Un «magnifico»oroscopo per Lorenzo, in «Linguaggio astrale», IV(1992), n. 88, pp. 63-74.3Il 26 settembre 1480, il Sole era a 11° 58’ inBilancia, formando un quadrato con la Luna nataledi Ficino, 12° 45’ in Capricorno: un transito, inverità, assai meno problematico dei duepreannunciati a Lorenzo.4Qui Marsilio attribuisce alla propria personalepratica astrologica gli stessi difetti che nelProemio della Disputa (vedi sopra) avevaindividuato come altrettanti elementi per starealla larga dagli astrologi.

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5Allusione alla congiura dei Pazzi, che il 26 aprile1478 aveva visto cadere Giuliano de’ Medici sottoi colpi dei congiurati, mentre Lorenzo era riuscitoa sfuggire alla morte barricandosi nella sacrestiadel Duomo di Firenze; ma anche ad altri episodi,che già nel 1466 e nel 1470 avevano messo inpericolo la vita di Lorenzo.1Epistolarum Liber VIII, ivi, pp. 871-872.2L’umanista Giovanni Pannonio, amico di CallimacoEsperiente, aveva studiato a Firenze latino egreco. In una lettera senza data, scritta da Buda, epubblicata da Ficino sotto il titolo Dubitatio utrumopera philosophica regantur fato an providentia(Epistolarum Liber VIII, in Opera, I. 2, p. 871),aveva criticato la renovatio ficiniana e avevaricordato che due astrologi fiorentini l’avevanomessa in connessione con i voleri delle stelle(«praeterea memini... me a duobus vestrorumAstrologis audivisse te ex quadam syderumpositione renovaturum Philosophorumsententias»). Su Pannonio cfr. T. Klanczay, MattiaCorvino e l’umanesimo italiano, Roma 1974.3La pia philosophia, strettamente connessa allaprisca theologia, è una filosofia essenzialmentereligiosa, che scaturisce da una illuminazionedivina. In una lettera a Martino Uranio, scrittal’11 giugno 1489, Marsilio ne precisa l’itinerariostorico: da Platone e i neoplatonici passa

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attraverso Dionigi Areopagita, Agostino, Boezio,Apuleio, Calcidio, Macrobio, Avicebron, Alfarabi,Avicenna, fino a Cusano (cfr. Responsio petentiplatonicam instructionem et librorum numerum,Epistolarum Liber IX, in Opera, I. 2, p. 899).4Porfirio, Vita di Plotino, 20-22; Proclo, Theologiaplatonica, I, 5.5Mentre prende le distanze dalle due tendenzedominanti dell’aristotelismo del suo tempo,ambedue orientate, per ragioni diverse, allanegazione dell’immortalità dell’anima individuale,Marsilio non è alieno – come mostra la Disputatio– dalla ripresa di motivi aristotelici, all’interno diun quadro di riferimento neoplatonico. Sullaquestione cfr. la lettera del 1488 a Mattia Corvino,in Opera, I. 2, pp. 885-886.6Come già sappiamo, nel tema natale di Marsilio(vedi figura 3 alla fine di questo epistolario)Saturno, congiunto all’Ascendente in Aquario, è ladominante principale del tema. Ciò poteva essereinterpretato nel senso che al «saturnino» Marsilio,oltre alle inclinazioni già ricordate – la vocazioneal pensiero astratto, le inclinazioni melanconiche–, fosse proprio anche l’interesse per l’antico,essendo Saturno il più vecchio degli dèi che dannoi nomi ai pianeti allora conosciuti. Quanto allaforte occupazione della nona casa, essa indicaastrologicamente la propensione per indagini«alte», oltre che l’interesse per tematiche

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religiose. Va notato che l’interpretazione quiaccennata da Marsilio si avvale di nuovo delladistinzione fra funzione causativa e significantedegli astri, proposta nella Disputa.7V. l’epistola del 6 gennaio 1481 a Federico daMontefeltro, in Epistolarum Liber VII, pp. 849-853.8Virgilio, Eneide, VI. Sul valore allegorico, rispettoalle verità cristiane, della figura e del viaggio diEnea, si erano ampiamente soffermati gli ultimidue libri delle Disputationes camaldulenses diCristoforo Landino, scritte fra il 1472 e il 1474:fra i personaggi delle conversazioni, che vi siimmaginano svolte per 4 giorni – tanti quanti ilibri dell’opera – nel monastero di Camaldoli, c’èanche Ficino.9Virgilio, Eneide, VI, 145-148.1Epistolarum Liber IX, ivi, p. 901. Va ricordato chefin dall’Alto Medioevo i termini astronomia eastrologia erano intercambiabili, a indicare sia lostudio degli astri, sia quello dei loro effettisull’uomo. Talvolta era piuttosto il primo, in virtùdel riferimento al termine νóμoς (legge,consuetudine), a indicare quella checomunemente chiamiamo astrologia. Ficino usaqui il riferimento all’astronomia con l’intenzione dirimarcare la differenza fra il suo modo diadoperare la lettura di temi natali, e transiti

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astrali, e quello comunemente praticato dagliastrologi.2Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494), unodei filosofi più importanti del Rinascimentoitaliano, aveva iniziato a studiare filosofiaplatonica con Ficino a Firenze nel 1484, due annidopo aver letto la Theologia platonica : era statoproprio lui a consigliare al maestro di tradurre inlatino le Enneadi. All’epoca di questa lettera,stava lavorando all’Heptaplus.3«Quo die hinc abisti, libellum de Vita coelituscomparanda peregi, pridie vero opportuneincideram in quendam Arnaldi librum deretardanda senectute, diu a nobis optatum», avevascritto Marsilio a Pico l’8 agosto 1489(Epistolarum Liber IX, in Opera, I. 2, p. 900).Arnaldo da Villanova (1240-1311), medico dellacorte aragonese, aveva scritto un De conservandaiuventute et de retardanda senectute, dedicato aRoberto, re di Gerusalemme e di Sicilia. Nellanota su Roger Bacon and the Composition ofMarsilio Ficino’s De vita longa (De vita, Book II),«Journal of Warburg and Courtauld Institutes»,XLIX (1986), pp. 230-232, J. R. Clark ha mostratoche, diversamente da ciò che il filosofo credeva, iltesto capitato in mano a Ficino non era quello diArnaldo, ma il De retardanda senectute attribuitoa Roger Bacon.4Marsilio tiene qui presenti le posizioni planetarie

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del giorno (fra l’8 e il il 23) dell’agosto 1489 nelquale ha iniziato a scrivere l’opuscolo. Consideradi buon auspicio la posizione dominante diMercurio, significatore dell’intelligenza e dellaricerca, in moto diretto (considerato piùfavorevole del moto retrogrado) nella Vergine, suodomicilio notturno (quando è nel suo domicilio unpianeta è al massimo della propria forza); e quelladella Luna, che si trova in Toro (sua esaltazionesecondo l’astrologia antica), in rapportofavorevole con i due pianeti «benefici», Giove (cuiè congiunta) e Venere (con la quale forma untrigono, così come con Mercurio).5Nel tema natale di Pico della Mirandola, nato il 24febbraio 1463 a Modena (vedi figura 4 alla fine diquesto epistolario), il Sole a 14° 46’ in Pescidescriveva un sestile con il segno del Toro. Unaspetto ancor più favorevole il Sole formava con ilToro il 23 agosto 1489, trovandosi a 10° 26’ inVergine, in trigono quasi esatto a Saturno, 9° 03’R in Capricorno. In quel giorno, inoltre, la Lunaera fra gli ultimi gradi del Leone e i primi dellaVergine, e si avvicinava alla congiunzione con ilSole. Per quanto riguarda il ruolo di Saturno neltema di Pico, Marsilio sembra enfatizzarealquanto la rilevanza della congiunzione Mercurio-Saturno.6Ancora un riferimento alle posizioni planetarie del23 agosto 1489: Saturno è in Capricorno, suodomicilio, dove la sua forza è massima, ed è intrigono al Sole; la testa del drago è ancora in

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Capricorno, a 6° 41’, congiunta a Saturno.1Epistolarum Liber IX, ivi, p. 901.2A Martin Prenninger, detto Uranio, canonistapresso l’Università di Tübingen, Marsilio era tantolegato da definirlo come il proprio «alter ego»nella lettera a Soderini e Valori del 26 giugno1492 (Epistolarum Liber IX, p. 932). Su di lui cfr.W. Zeller, Der Jurist und Humanist MartinPrenninger, gen. Uranius (1450-1501), Tübingen1973.3Porfirio, Vita di Plotino, 2.4Ricontrollata al computer, la descrizione èattendibile (diversa era quella fornita nella letteraa Cavalcanti, riportata sopra), tranne per quantoriguarda il punto di fortuna, 29° 45’ inCapricorno.5Sul collegamento che Marsilio costruisce fra losviluppo degli studi sul platonismo, i settenaridella sua vita e i cicli di Saturno, v. anche Letteresull’astrologia, 19.6Per la composizione del De vita longa, v. sopra,epistola 12, nota 3. Da notarsi l’importanza delleindicazioni fornite nella presente lettera al finedell’individuazione delle fasi di composizione deitre libri De vita: cfr. A. Biondi, Introduzione a M.

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Ficino, De vita, cit., pp. X-XII.1Epistolarum Liber X, ivi, p. 911.2Rinaldo Orsini, arcivescovo di Firenze, insieme aFrancesco Soderini, vescovo di Volterra, e MarcoBarbo, cardinale di S. Marco, era uno dei dignitariecclesiastici cui Marsilio nel 1489 si era rivolto,perché patrocinasse la sua causa presso ilpontefice, dopo le polemiche seguite allapubblicazione del De vita.3Tornano le tradizionali designazioni di Giove comegrande benefico, Saturno come grande malefico.4In Cancro, secondo una determinazionedell’astrologia antica oggi messa in discussione,Giove si trova in esaltazione.5Gioco di parole tra aspirare (essere favorevole) espirare (respirare, vivere).1Epistolarum Liber IX, ivi, p. 918.2Pierfilippo Pandolfini, nato nel 1437, fu allievo aFirenze dell’Argiropulo. Cfr. L. Passerini,Genealogia ed Istoria della famiglia Pandolfini, pp.244-254.3Al passaggio di Giove – significatore della buona

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fortuna – in moto diretto nei Gemelli, segno nataledi Pandolfini, Marsilio collega la possibilità chel’interlocutore raggiunga in quel periodo unobiettivo per lui importante.4Eneide, VI, 145-148. V. anche sopra, Letteresull’astrologia, 11.5Virgilio, Eneide, III, 395.6Pseudo-Tolomeo, Centiloquium, 8. Lo stessoriferimento in De vita, III, xxvi, ed. cit., p. 410(«Quod et Ptolemaeus valde probat, affirmanseiusmodi sapientem sic astrorum opus adiuvareposse, quemadmodum agricola terrae virtutem»).1Epistolarum Liber X, ivi, p. 919.2Filippo Valori (1456-1494), esponente della piùalta aristocrazia fiorentina, fu discepolo diMarsilio e destinatario di molte delle sue lettere.Sostenne le spese della trascrizione di diverseopere di Ficino, della stampa della traduzione diPlatone e dei libri De vita. Angelo Niccolini (1444-1498) ricoprì a Firenze vari incarichi. Fu priorenel 1479; gonfaloniere nel 1489; ambasciatorepresso Innocenzo VIII nel 1484, e presso CarloVIII nel 1494.1Epistolarum Liber X, ivi, p. 919.2

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Bindaccio Ricasoli (1444-1524) fu tra gli amici piùintimi di Marsilio, che lo descrive di caratteredolce e di animo buono. Alla morte di Ficino, siaccostò al suo discepolo Francesco Cattani daDiacceto, che a lui dedicò il De amore.3Orazio, Arte poetica, vv. 343-344.1Epistolarum Liber X, ivi, p. 920.2Ermolao Barbaro (1453-1495), patrizio veneziano,aveva tenuto corsi sull’etica aristotelica pressol’Università di Padova nel 1475-76, e avevasuccessivamente aperto a Venezia, solo amorelitterarum, una scuola privata, presto famosa,dove aveva continuato le esercitazioniaristoteliche. Ambasciatore della Repubblicapresso papa Innocenzo VIII, era stato nominatodal pontefice, nel 1491, patriarca di Aquileia. Ma ibuoni auspici di Marsilio per il nuovo incarico nongli portarono fortuna: l’accettazione della nominapapale violava l’antica consuetudine veneziana diproibire agli ambasciatori di accettare cariche daipersonaggi presso cui si trovavano in missione;Venezia bandì dunque Ermolao, che morì esule aRoma.3Ancora una volta, in armonia con la vulgataastrologica, gli eventi positivi sono messi inrapporto con i transiti di Giove, e la nona casa conla religione. Quanto all’aquila, essa è una anticaimmagine simbolica del potere che discende

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dall’alto: fu in forma di aquila che Giove rapìGanimede.4La nomina a patriarca di Aquileia è ricondotta alfavorevole quadro astrale determinatosi con ilritorno di Giove (astro che Marsilio ha giàpresentato come significatore di sacerdoti epotenti nella precedente lettera all’arcivescovo diFirenze) nei Gemelli, segno natale di Ermolao.1Epistolarum Liber XII, ivi, p. 948.2Su Filippo Valori vedi sopra, Letteresull’astrologia, 16, nota 2.3Si tratta forse di Matteo Franco (1447-1494),citato anche in una lettera a Poliziano, inEpistolarum Liber VI, p. 824.4Sul ruolo di Saturno nell’oroscopo di Ficino vedisopra, Lettere sull’astrologia, 2, 3, 4, 13.5Le più importanti opere di Marsilio sono cosìmesse in rapporto con i cicli di Saturno, comenella lettera dedicatoria (a Lorenzo de’ Medici)dell’Epitome di Plotino, in Opera, II. 2, p. 1537.6Alla morte di Lorenzo, Piero de’ Medici suscitò inFicino la speranza di poter continuare nellarestaurazione del platonismo. Le cose andaronodiversamente, e nel 1494 l’Accademia fiorentina

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cessò praticamente di esistere.7Per il termine beibeniae (stelle di primagrandezza, particolarmente brillanti, delleimmagini stellari) cfr. A. Bezza, Arcana Mandi.Antologia del pensiero astrologico antico, Milano1995, I, pp. 453-454, nota 1.1Epistolarum Liber XII, ivi, pp. 948-949.2Filippo Carducci, grande amico di Filippo Valori,membro dell’Accademia platonica, fu priore aFirenze e gonfaloniere di giustizia.3Platone, Repubblica, X, 616a.4L’elongazione massima di Mercurio dal Sole è di28°.aGioco sui significati dei tre pianeti: Mercurioindicatore dell’intelligenza rapida, Saturno dellacontinuità dell’applicazione e dello scavo delleverità più elevate, Giove della fortuna.1Epistolarum Liber XII, ivi, p. 958.2Angelo Ambrogini da Montepulciano, dettoPoliziano (1454-1494), filologo e filosofo, grecistae poeta, tradusse diversi testi antichi e fu autoredi celebri composizioni poetiche, fra cui le Stanze

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per la giostra, scritte in volgare. Amico di Ficino edi Pico, fu sempre avverso all’astrologia.3Vedi Disputa, Proemio. Il parallelo fra Poliziano edErcole è anche nella prima Apologia al De vita(nell’ed. Biondi a p. 438).4«Sterminatrice dei flegrei giganti» è detta Atenain Ad Athena. Inni orfici, XXXIII, trad. Faggin, p.93.5Anteo era un gigante, figlio di Poseidone e Gea,dea della Terra. Invulnerabile finché era incontatto con la Terra, sua madre, uccideva quantipassavano accanto alla sua grotta, in Libia, eadornava dei loro crani il tempio del padre.Ercole, che lo incontrò di ritorno dal giardinodelle Esperidi, lo sollevò, lottando, sulle propriespalle, e poté in tal modo ucciderlo. Cfr.Apollodoro, II, 5, 11; Igino, Fabulae, 31; DiodoroSiculo, IV, 17.6Allusione alla Disputa.7«Haec [anima mundi] enim secundum Platonicosantiquiores rationibus suis aedificavit ultra stellasin coelo figuras partesque ipsarum tales, ut ipsaequoque figurae quaedam sint impressitqueomnibus proprietates», De vita, III, i, ed. Biondi,p. 206.8

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L’accostamento fra Pico e Febo, così come quellotra Poliziano ed Ercole, torna nella prima Apologiaal De vita («Nuntia Phoebo meo venenosum contranos Pythonem ex palude iamiam emergentem»,ed. cit., p. 440), e nell’Apologia per il De Sole (v.sopra).9La prima allusione si riferisce al contrasto fraErcole e il Sole, nel contesto dell’impresa voltaalla acquisizione dei buoi di Gerione. Per poterraggiungere le mandrie nell’isola di Orizia,nell’estremo Occidente, Ercole dovevaattraversare il deserto della Libia. Infastidito dalcalore del Sole, aveva minacciato di ucciderlo conle frecce. Il Sole gli aveva chiesto di non colpirlo,e l’eroe aveva acconsentito in cambio del prestitodella coppa sulla quale ogni sera il dio siimbarcava per raggiungere il proprio palazzo al dilà dell’Oceano. La seconda allusione verte sullafinale conquista dell’immortalità di parte diErcole, ottenuta grazie alle sue fatiche e al suovalore. Cfr. Esiodo, Teogonia, 287; Diodoro Siculo,IV, 17; Ovidio, Metamorfosi, IX, 184 sgg.; Boezio,De consolatione, VI, vii, 17-18.

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Indice

CopertinaTramaBiografia

FrontespizioCopyright

INTRODUZIONENOTA BIOGRAFICANOTA AI TESTINOTA BIBLIOGRAFICA

A) EDIZIONIB) STUDI CRITICI

DISPUTA CONTRO IL GIUDIZIO DEGLI ASTROLOGI, DIMARSILIO FICINO, FIORENTINO

Tre specie di effettiLe stelle non producono gli atti degli uominiGli astrologi ammettono che le cose umane non derivano

necessariamente dalle stelleLe stelle sono animateL'astrologia non è scienzaI predicatori non vengono da MercurioLa profezia non viene da MercurioGli astrologi sono in reciproco dissensoAlcuni astrologi dicono che i pianeti non agiscono su tuttoGli astrologi non assegnano le causeProcedono senza ordineInterrogazioniCon quanta leggerezza stabiliscano le ragioni delle dodici

caseContro la forza della posizione dei pianetiAssegnano male i domicili ai pianetiContro la divisione del cielo in 12 segni e 360 gradiContro le qualità dei pianeti e dei segni

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Confutazione degli aspettiConfutazione dei significati dei pianetiContro i domicili e le esaltazioni dei pianetiLa provvidenza divinaDue argomenti, di particolare importanza, contro il giudizio

degli astrologiTipi di predizioneLe difficoltà del giudizioDa Eusebio contro il fatoDa EusebioDifficilmente si individua il grado ascendenteCapitolo secondoCapitolo terzoSulle interrogazioniSulle elezioniLa religione non deriva dalle stelleLa religione cristiana non deriva dalle stelleIl cielo è segno di molti eventi, senza esserne la causaSegni e testimonianze della divinità di CristoLa religione cristiana viene solo da DioLa religione non deriva dagli astri

SULLA STELLA DEI MAGI, CHE LI GUIDÒ A CRISTO, REDI ISRAELE, QUANDO FU NATOLIBRO DEL SOLE DI MARSILIO FICINO, ALMAGNANIMO PIERO DE' MEDICI

CAP. I - Parole di Marsilio Ficino al lettore: questo è un libroallegorico e anagogico, più che un libro dogmatico

CAP. II - In che modo la luce del Sole sia simile al bene in sé,ossia a Dio

CAP. III - Il Sole illumina, governa e regola i cieliCAP. IV - Condizione dei pianeti nei rapporti con il SoleCAP. V - L'energia del Sole nelle generazioni, nei tempi,

nella nascita e in ogni altra cosaCAP. VI - Le lodi degli antichi al Sole; e in che modo le forze

dei corpi celesti siano tutte nel Sole e dal Sole provengano

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CAP. VII - Disposizione dei segni e dei pianeti rispetto alSole e alla Luna

CAP. VIII - I pianeti, quando sono in armonia con Sole eLuna, sono benefici; il contrario, se sono in disarmonia. E inqual modo salutino Sole e Luna

CAP. IX - Sole statua di Dio. Similitudine fra Sole e DioCAP. X - Il Sole fu creato per primo e fu posto al Medio

CieloCAP. XI - Le due luci del Sole. Il compito di Apollo. I gradi

delle luci. Il Sole immagine di tutte le cose divineCAP. XII - Similitudine fra il Sole, la Trinità e i nove ordini

degli angeli. Anche le nove divinità del Sole e le nove Museintorno al Sole

CAP. XIII - Il Sole non deve essere adorato come autore ditutte le coseAPOLOGIA PER IL PROPRIO LIBRO DEL SOLE E DELLALUCELETTERE SULL'ASTROLOGIA

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GLOSSARIO

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