I Templari e la Sindone. Storia di un falso · venuti in possesso della sindone in seguito alla iv...

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STORIA DI UN FALSO I Templari e la Sindone Andrea Nicolotti Extrait de la publication

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  • ISBN 978-88-8402-720-7

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    I Tem

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    done

    AculeiC o l l a n a d i r e t t a d a

    A l e s s a n d r o B a r b e r o

    € 12,50

    Qual era il misterioso idolo che i cavalieri Templari veneravano in segreto? Era forse la Sindone di Torino posseduta dall’Ordine sin dai tempi della IV crociata? Scampata all’arresto dei Templari e alla confisca dei loro beni ordinata da Filippo il Bello nel 1307, tenuta nascosta e sopravvissuta alla dissoluzione dell’Ordine, la Sindone sarebbe poi ricomparsa qualche decennio piú tardi in una piccola chiesa nella diocesi di Troyes.

    A sostegno o a corollario di questa tesi vengono addotti documenti di vario genere e fonti inattendibili che lasciano spazio ad approssimazioni, errori, anacronismi e dimostrazioni fallaci. Andrea Nicolotti prende in esame ciascuna delle presunte prove e le sottopone al vaglio della critica storica. La conclusione è che questa teoria, come anche tutte le altre che pretendono di attribuire alla Sindone una storia medievale anteriore alla metà del XIV secolo, è fondata su fraintendimenti e manipolazioni dei testi. Il collegamento tra la Sindone, i Templari e le Crociate risulta pertanto del tutto indimostrato.

    ANDREA NICOLOTTI, storico del cristianesimo, svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Storia dell’Università di Torino e dirige il sito www.christianismus.it.

    La Sindone, i Templari, i Crociati: misteri, complotti, segreti.

    Fantasiosa illusione o pia frode? Storia o pseudo-storia?

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    S T O R I A D I U N F A L S O

    I Templarie la Sindone

    AndreaNicolotti

    AculeiUna visione pungente della storia.

    Libri che fanno i conti con un passato che non è mai passato.

    Storie di vecchie e nuove xenofobie, di donne, pedofilia, chiesa e sesso, di democrazia intollerante, di pace guerreggiata e di guerre nascoste, di croci e crociate.

    Tutto in una nuova collana.

    Volumi pubblicati:

    1. FRANCO CARDINI, Cristiani perseguitati e persecutori, pp. 188.2. MATTEO SANFILIPPO,Faccia da Italiano, pp. 148.3. ANDREA NICOLOTTI,I Templari e la Sindone. Storia di un falso, pp. 188.4. OSCAR DI SIMPLICIO,Luxuria. Eros e violenza nel Seicento, pp. 172.

    Volumi di prossima pubblicazione:

    5. SERGIO VALZANIA,Fare la pace. Vincitori e vinti in Europa. 6. MARINA MONTESANO, Caccia alle streghe.

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  • Qual era il misterioso idolo che i cavalieri Tem-plari veneravano in segreto? Era forse la Sindone di Torino posseduta dall’Ordine sin dai tempi del-la IV crociata? Scampata all’arresto dei Templari e alla confisca dei loro beni ordinata da Filippo il Bello nel 1307, tenuta nascosta e sopravvissuta al-la dissoluzione dell’Ordine, la Sindone sarebbe poi ricomparsa qualche decennio piú tardi in una piccola chiesa nella diocesi di Troyes.

    A sostegno o a corollario di questa tesi vengono addotti documenti di vario genere e fonti inat-tendibili che lasciano spazio ad approssimazioni, errori, anacronismi e dimostrazioni fallaci. Andrea Nicolotti prende in esame ciascuna delle presunte prove e le sottopone al vaglio della critica storica. La conclusione è che questa teoria, come anche tutte le altre volte che pretendono di attribuire alla Sindone una storia medievale anteriore alla metà del XIV secolo, è fondata su fraintendimen-ti e manipolazioni dei testi. Il collegamento tra la Sindone, i Templari e le Crociate risulta pertanto del tutto indimostrato.

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  • ac u le i

    cOllaNa DiReTTa Da

    ale s saN D RO baR b e RO

    3

  • aNDRea NicOlOTTi

    i TeMPlaRi e la siNDONe

    sTORia Di uN FalsO

    Prefazione diMalcolm barber

    saleRNO eDiTRiceROMa

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  • 1a edizione digitale: novembre 2012ISBN 978-88-8402-776-4

    1a edizione cartacea: aprile 2011ISBN 978-88-8402-720-7

    Tutti i diritti riservati - All rights reservedCopyright © 2012 by Salerno Editrice S.r.l., Roma

    Composizione presso Grafica Elettronica, Napoli

    Copertina:

    Concept and graphic design: Andrea BayerBayer + Conti + Associati, Roma

  • Ad Alena

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    prefazione

    Nel Pendolo di Foucault, la sua grande satira dell’industria editoriale, umberto eco descrive un gruppo di redattori alla ricerca di nuovi mercati da sfruttare, ora che il marxismo non è piú di moda. Dato che uno di loro ha fatto la tesi sui Templari, decidono di costruire dal nulla un fenomeno letterario a partire dai “misteri” di questo ordine di mo-naci cavalieri, abbattuto cosí drammaticamente dal re Filippo il bello nella Francia del primo Trecento. Fregandosi le mani dalla soddisfa-zione, si preparano a imporre l’argomento a un pubblico credulone.

    il Pendolo di Foucault prendeva di mira un genere di editoria già diffuso. i Templari, specie a motivo della loro orrenda fine, fornisco-no agli autori il mezzo ideale per inserire la storia dell’Ordine in qualunque cosa, dalle origini delle società massoniche fino al mistero della discendenza di cristo. in molte di queste fantasie è centrale la pretesa che, a dispetto della loro soppressione, i Templari siano so-pravvissuti come società occulta, trasmettendo i propri segreti di ge-nerazione in generazione, fino a oggi.

    Non è quindi una sorpresa scoprire che i Templari siano utilizzati in modo molto simile in un’altra grande controversia religiosa popo-lare del nostro tempo, quella sulla provenienza della reliquia medie-vale conosciuta come la santa sindone, il tessuto su cui si suppone siano impressi i lineamenti di cristo. il piú comune approccio impie-gato è quello di “dimostrare” l’autenticità della reliquia in due modi: vengono presentate prove scientifiche per mostrare l’antichità e l’ori-gine geografica del manufatto oggi fisicamente esistente, mentre i Templari vengono coinvolti per colmare ogni lacuna cronologica du-rante il Xii e Xiii secolo, prima dell’improvvisa comparsa della sin-done nella champagne, in una chiesa edificata da un uomo chiamato Geoffroy de charny, nella seconda metà del XiV secolo.

    cosí la sindone non ha rivelato la sua vera natura fino a quando non sono stati disponibili i mezzi tecnici per sciogliere il mistero. Dio ha un piano prestabilito per scioccare un’epoca presuntuosa, scienti-fica ed essenzialmente secolare, e costringerla a vedere al di là del suo “progresso”. il cielo ha preparato un gioco di prestigio per dimostra-

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  • prefazione

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    re che la religione, dopo tutto, è superiore alla scienza. l’aspetto piú sottile sta in questo, che la divinità, onnisciente e fuori dal tempo, non ha messo le carte in tavola fino a quando l’umanità non ha posseduto la tecnologia adatta. Ma questa pseudo-scienza non basta, perché bi-sogna anche stabilire una falsa cronologia, ed è qui che i Templari entrano in scena. secondo una versione della storia, i Templari sono venuti in possesso della sindone in seguito alla iv crociata, nel 1204, e da allora l’hanno usata costruendole intorno un culto segreto. cosí si è potuto sostenere che la sindone è servita da modello per gli idoli a forma di testa che i Templari, nel processo, vennero accusati di ado-rare. al momento del loro arresto nel 1307, l’hanno nascosta ai funzio-nari del re di Francia facendola giungere in possesso della famiglia charny, un cui preteso parente, un altro Geoffroy de charny, era all’epoca Precettore templare di Normandia.

    la storia della sindone occupa questo mondo, galleggiando sul con-fine tra fatto e invenzione, finché i due diventano impossibili da distin-guere. la ricerca storica è ridotta a una serie di indizi lasciati dietro di sé dai nostri antenati, per essere scoperti alla nostra epoca da quelli che sono abbastanza abili da riconoscerli. in un certo senso gli ordini mo-nastici del Medioevo portano la responsabilità di queste mistificazio-ni, perché è ben noto che reinventavano il loro passato allo scopo di accrescere la propria importanza nella chiesa. Perfino il minuscolo ordine di san lazzaro, nato nel regno di Gerusalemme negli anni Trenta del Xii secolo come istituzione preposta alla cura dei cavalieri lebbrosi, pretese in seguito di essere stato il primo ordine ospedaliero; mentre, con un coraggio che toglie il fiato, i carmelitani pretesero di essere il piú antico ordine della chiesa, fondato in epoca apostolica.

    i cronisti monastici medievali, gli storici popolari moderni e gli autori di best-seller hanno, da questo punto di vista, qualcosa in comu-ne, anche se gli scopi possono essere in un caso religiosi, in un altro finanziari, o entrambi. Perciò il libro di andrea Nicolotti è un antido-to essenziale: non solo perché smaschera l’imbroglio sottostante a molte di queste storie inventate, ma anche perché mostra quali sono i metodi impiegati dagli storici veri.

    Malcolm Barber

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    preMeSSa

    all’interno della cattedrale di Torino, l’imponente reliquiario ba-rocco progettato da antonio bertola per custodire la santa sindone è vuoto da diversi anni. l’altare che lo sorregge è ancora là, sotto l’in-cantevole cupola del Guarini; ma le conseguenze di un terribile in-cendio, divampato nell’aprile del 1997, lo nascondono agli occhi del pellegrino. Quella che è considerata, da parte di molti, la piú insigne reliquia dell’intera cristianità, è conservata molto piú sobriamente al-trove, in una cappella laterale. Distesa all’interno di una speciale teca, mantenuta sotto gas inerte, lí giace la sindone. sono molti i visitatori che, in una domenica di agosto del 2010, si soffermano in quel luogo. alcuni di essi sfogliano un opuscolo dalla copertina viola. chiunque lo desideri ne può prendere uno: ve ne sono molti, accatastati l’uno sull’altro, a pochissimi metri di distanza dalla teca. sulla storia piú antica della sindone, essi contengono pochi e incerti accenni, al con-dizionale: a metà del XiV secolo il lenzuolo si trovava in Francia, e questo è pacifico. Ma prima dov’era? Forse – si suggerisce – potrebbe essere stata custodita in Turchia, in Grecia e a costantinopoli.1 anche i libri che fanno bella mostra di sé su uno scaffale in fondo alla navata, accanto al banchetto dei souvenir, hanno una parte dedicata a quelli che sono stati denominati i “secoli bui” della sindone. Qui, però, i pru denti accenni dell’opuscolo viola lasciano il posto a ricostruzioni storiche assai piú particolareggiate e ottimistiche: dal sepolcro di Ge-rusalemme alla Francia del Trecento, attraverso Qumran, edessa, co stantinopoli e atene, la sindone sarebbe passata tra le mani di imperatori, crociati e Templari.

    Qual è il grado di sicurezza di queste affermazioni? siamo di fron-te a fatti accertati, o piuttosto a leggende? l’ostensione del 2010 è stata accompagnata da un ingente numero di scritti, trasmissioni radiofo-niche e televisive sulla storia della sindone, e grande attenzione è stata dedicata alla pubblicazione, da parte di una prestigiosa casa edi-trice, di due volumi scritti da una storica italiana.2 Non è mancato il consueto frastuono assordante dei media, che ha amplificato a dismi-sura alcune pretese rivelazioni sensazionalistiche sulle vicende della

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    reliquia e ha largamente attinto al solito calderone di misteri, com-plotti, segreti templari e simile paccottiglia. in assenza di contraddit-torio, molti hanno avuto la percezione che certe ipotesi, anche quelle piú marginali e minoritarie, godessero dell’approvazione della comu-nità scientifica e fossero il risultato di studi condotti con un serio me-todo di indagine. l’intento di questo libro è verificare se tutto ciò ri-sulta dimostrabile alla luce della documentazione in nostro possesso, passandola al vaglio degli strumenti del metodo storico-critico.

    i cosiddetti “secoli bui” della sindone coprono un lungo periodo che va dalla sua presunta comparsa nella Gerusalemme del i secolo al suo arrivo nella Francia del Trecento. Per dar conto di tredici secoli di storia, però, sarebbero occorsi almeno tre di questi libri: qui ho limi-tato la mia esposizione a un intervallo temporale ristretto, sul quale mi sono potuto soffermare in modo sufficientemente approfondito. Ho scelto i centocinquant’anni che vanno dal sacco di costantinopo-li (1204) alla comparsa della reliquia nella piccola chiesa di lirey, nella seconda metà del XiV secolo: sono questi gli anni che si sono presta-ti alle ricostruzioni storiche piú affascinanti, di sicuro interesse e tan-gibile successo editoriale. l’intento è quello di seguire passo passo ogni indizio della presenza della sindone tra Oriente e Occidente, fra Templari e crociati, sultani e cavalieri, reliquiari bizantini, sigilli bar-bati, idoli misteriosi e iniziazioni segrete, senza mai scadere nel cam-po del leggendario e del misterioso. Ogni qualvolta la nostra indagine ci rivelerà che quanto ci viene propagandato non è altro che fantasio-sa illusione o pia frode, non avremo alcuna remora nel dichiararlo.

    Questo non è l’ennesimo libro che descrive la sindone. Non è uno studio che pretenda di dimostrarne l’autenticità o la falsità. Non è un libro di devozione, né di dissacrazione. Vuol solo essere un libro di storia, scritto senza pregiudizi.

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    i

    La SinDone Di Torino e La SUa CoMparSa in oCCiDenTe

    anche del verosimile la storia si può qualche volta servire, e senza inconveniente, perché lo fa nella buona maniera, cioè esponendolo nella sua forma propria, e distinguendolo cosí dal reale […]. Per po-ter riconoscere quella relazione tra il positivo rac-contato e il verosimile proposto, è appunto una con-dizione necessaria che questi compariscano distinti (a. Manzoni).1

    1. Un necessario preambolo

    le prime attestazioni di un interesse per la venerazione dei tessuti funerari di Gesú di Nazaret risalgono alla seconda metà del Vi secolo; ma fra tutte le numerose sindoni e i sudari che in passato vennero pre-sentati come autentici,2 la sindone di Torino è l’unico lenzuolo che un ingente numero di persone ancor oggi ritiene essere quello che avvol-se il vero corpo di cristo nel sepolcro. essa si presenta come un lino lungo quasi quattro metri e mezzo e largo piú di un metro e dieci, e ha la particolarità di recare impressa la doppia immagine, frontale e poste-riore, dell’intero corpo di un uomo che porta i segni della crocifissione (tav. 1). Nonostante gli sforzi di decine di studiosi piú o meno qualifi-cati, i tentativi per rivelarne con sicurezza l’origine e la genesi materia-le non sono ancora giunti a un risultato accettato e condiviso da tutti.

    Non meno incerta è la sua storia: le prime notizie risalgono alla seconda metà del Trecento, quando la sindone è attestata nel piccolo villaggio francese di lirey, nella diocesi di Troyes, in una collegiata la cui costruzione fu voluta dal nobile Geoffroy de charny. Passata tra le proprietà di lodovico di savoia nel 1453, fu custodita quasi ininter-rottamente a chambéry dal 1502 al 1578, anno in cui emanuele Fili-berto la trasferí a Torino, nuova capitale del ducato di savoia. Ma questa vicenda, fondata su documenti inoppugnabili, fa parte della storia della sindone che nessuno può mettere seriamente in dubbio,

  • i templari e la sindone

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    ed è già stata raccontata da altri.3 Noi percorreremo un tratto di strada all’inverso, e ci occuperemo della sua “preistoria”.

    la premessa che si impone è stata chiaramente espressa da Gian Maria Zaccone, direttore del Museo della sindone di Torino: « Po-nendosi da un punto di vista strettamente documentale, alla sindone di Torino non si può di certo attribuire una storia precedente la metà del XiV secolo ».4 la prima testimonianza scritta che menziona la sindone risale infatti al 1389 ed è dovuta a Pierre d’arcis, vescovo di Troyes; da essa si ricava che le prime ostensioni della reliquia sarebbe-ro avvenute in lirey nel 1355 circa. un medaglione-ricordo di pelle-grinaggio, trovato nella senna nel 1855 e oggi conservato al Musée National du Moyen Âge di Parigi, raffigura una di queste ostensioni; la presenza su di esso degli stemmi degli charny e dei Vergy spinge a datarlo tra gli anni ’50 e ’70 del XiV secolo.5

    certo, qualora venisse definitivamente provata l’antichità del tes-suto, l’orizzonte sarebbe un po’ piú chiaro; ma al momento gli studi scientifici a cui la sindone è stata sottoposta hanno fornito risultati dalla contrastata interpretazione. il disaccordo è totale: qualcuno la considera un lenzuolo di venerabile antichità, proveniente dalla Pale-stina del i secolo d.c.; qualcun altro la ritiene un manufatto bassome-dievale.6 la datazione tardiva, è evidente, escluderebbe automatica-mente ogni ulteriore ricerca, perlomeno per questa sindone. Ma an-che una datazione molto alta, va detto, avrebbe sulla ricerca storica un effetto soltanto relativo: resterebbero comunque da ricostruire le vi-cende dell’oggetto, le quali necessitano di fonti documentarie che ne accompagnino il viaggio lungo i secoli. Per me, che desidero occu-parmi solo di storia, è sufficiente stabilire un punto di partenza meto-dologicamente inattaccabile: l’esistenza della sindone di Torino è at-testata in modo sicuro solamente a partire dalla seconda metà del XiV secolo. Qualunque altra pretesa attestazione anteriore a questa data andrà verificata sulla base dei documenti.

    2. La Sindone a Rodi, a Cipro, in Grecia o in Egitto?

    se la storia non ci ha restituito prove dell’esistenza della sindone torinese anteriori alla seconda metà del Trecento, come si sono rego-

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  • i · la sindone di torino e la sua comparsa in occidente

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    lati in passato gli storici della reliquia? Generalmente si sono accon-tentati di formulare ipotesi congetturali o di basarsi su vecchie tradi-zioni ricevute. Moltissimi erano in errore, in quanto andavano alla ricerca di notizie in merito a un passaggio diretto della sindone dall’Oriente ai savoia, ignari del fatto che quest’ultimi avevano acqui-sito la reliquia dalla famiglia francese degli charny.7 alcuni, ad esem-pio, hanno seguito Francesco adorno, il quale nel 1578 pensa che la sindone sia stata lasciata ai savoia da carlotta di lusignano, regina di cipro (1444-1487): impossibile, dato che la reliquia già da un secolo era venerata a lirey. anche lo storico di casa savoia emanuele Fili-berto Pingone nel 1581 sembra ancora (stranamente) ignorare le sicu-re vicende della sindone, che dopo essere stata tolta ai canonici di lirey era stata ceduta ai savoia nel 1453 da Marguerite de charny; Pingone conosce Marguerite, ma attribuisce a lei e alla reliquia che portava con sé un’insostenibile provenienza dalla Grecia.8

    Francesco adorno riporta anche l’ipotesi che la sindone fosse sta-ta donata a un amedeo di savoia da parte del Gran Maestro degli Ospitalieri, come ringraziamento per aver salvato Rodi dall’assedio dei Turchi.9 Rodi era entrata in possesso degli Ospitalieri nel 1309, ma né amedeo V (1249-1323), né amedeo Vi il conte Verde (1334-1383) furono mai a Rodi. lazzaro Giuseppe Piano recupera diversa-mente alcuni aspetti della leggenda per crearne una propria: la sin-done sarebbe caduta in mano degli Ospitalieri a Gerusalemme, du-rante la prima crociata, e sarebbe poi stata donata ad amedeo iii di savoia (1095-1148) dal loro Gran Maestro Raymond du Puy. Venuta in possesso dei Greci, dopo la morte di amedeo, sarebbe rimasta ancora a cipro fino al 1240, quando Gregorio iX ingiunse all’arcive-scovo latino di Nicosia di impedire le sacre celebrazioni a tutti i sa-cerdoti greci che non avessero giurato obbedienza alla santa sede.10 Jean-Jacques chifflet proponeva invece l’opinione secondo la quale la sindone sarebbe stata tratta in Francia da una donna egiziana, nel-l’intento di scambiarla con il marito che era stato imprigionato dal duca di savoia; ma non è noto nessuno scontro tra savoiardi ed egi-ziani prima della comparsa della sindone a lirey, e non si sa alcunché di simili prigionieri portati in Francia.11 in seguito alla pubblicazione dei documenti relativi alle vicende francesi della sindone, a opera di

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  • i templari e la sindone

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    ulysse chevalier, tutte queste congetture furono definitivamente ab ban donate.12

    3. L’ipotesi costantinopolitana

    il canonico chevalier era convinto che la sindone sia un falso me-dievale; egli rese noto un documento del 1389 nel quale Pierre d’ar-cis, vescovo di Troyes, la denunciava come falsa reliquia, fabbricata con l’inganno, e accusava i canonici di lirey di favorirne illecitamen-te il culto. Quando il risultato della datazione con il metodo del car-bonio 14 (c14), eseguita nel 1988, attribuí la sindone agli anni 1260-1390, i moderni seguaci dello chevalier vi ritrovarono l’attesa confer-ma. ben diversa fu la reazione dei sostenitori dell’autenticità: per loro la radiodatazione è inaffidabile, e il suo risultato sarebbe smentito da numerose attestazioni storiche che dimostrerebbero l’esistenza della sindone di Torino ben prima del Xiii secolo. uno di questi luoghi è la città di costantinopoli.

    Di pretese reliquie, di “sindoni” e “sudari” di cristo, in verità, ce n’erano tante e in città diverse, e nessuna di esse può essere ricollega-ta, se non facendo ricorso a ipotesi gratuite e inverificabili, a quella torinese. Perché allora scegliere proprio costantinopoli? le piú anti-che fonti, infatti, non rimandano a bisanzio, bensí alla Terra santa; altre, invece, conducono alle terre d’Occidente, con queste reliquie tra le mani di Pipino, carlo Magno ed enrico iV, e in luoghi diversi come saint-corneille de compiègne, Figeac, cadouin, san corne-lio di colonia o Roma. È piú che naturale che anche la capitale dell’impero bizantino, a un certo punto, non abbia voluto essere da meno delle altre! Nell’anno 958 il sovrano costantino Vii Porfiroge-nito assicurava di avere con sé « le sacre fasce e la sindone teofora », e nel Xii secolo Giovanni cinnamo confermerà che costantinopoli poteva vantare il possesso di molte reliquie della Passione, tutte con-servate nel palazzo imperiale del bucoleone.13 se i tessuti funerari di Gesú erano rivendicati contemporaneamente in luoghi diversi, qual è il motivo che ha spinto molti “sindonologi”14 a concentrarsi sulle tracce costantinopolitane, accantonando le fonti che parteggiavano per l’Occidente o il Medioriente? la risposta risiede nella testimo-

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  • i · la sindone di torino e la sua comparsa in occidente

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    nianza di un crociato piccardo di nome Robert de clari, secondo il quale in una chiesa di costantinopoli c’era qualcosa che sembrerebbe assomigliare alla reliquia sabauda:

    Tra queste altre chiese ce n’era una chiamata Nostra signora santa Maria delle blacherne, dove si trovava la sindone in cui nostro signore fu avvolto, che ciascun venerdí si drizzava tutta dritta di modo che si poteva vedere bene la figura di nostro signore; non vi fu nessuno, né Greco né Franco, che abbia saputo ciò che avvenne di questa sindone quando la città fu presa.15

    Dunque a costantinopoli nel 1204 c’era una sydoines il cui solleva-mento permetteva di vedere un’immagine di Gesú. la testimonian-za, però, come giustamente osservava Guillaume de Jerphanion, « è avvolta nell’oscurità. si tratta infatti della medesima reliquia? e questa immagine è un’impronta? È quella che si conserva a Torino? ».16 Pro-prio in quel periodo nelle chiese d’Oriente si stava diffondendo l’uso dell’epitafio, il velo liturgico bizantino che reca su di sé la figura del cristo morto: un oggetto certo ignoto ai crociati che non conosceva-no la liturgia greca. Qualcuno suggerisce che la figura di Gesú di cui parla Robert potesse anche essere un dipinto o un ricamo di questo genere.17 anche se si potesse dimostrare che a bisanzio c’era una reli-quia simile a quella di Torino – il che, al momento, non pare possibi-le, data la genericità della descrizione – ciò non basterebbe a dimo-strare che si trattasse ipso facto del medesimo oggetto. Ma la questione, a mio parere, è ancora piú complessa: dopo uno studio approfondito – che qui solamente riassumo –18 mi sono persuaso che il racconto di Robert de clari è poco credibile. in primo luogo, sappiamo da nume-rose descrizioni che il santuario delle blacherne conservava sí vene-rate reliquie, però della Vergine: non risulta che esso custodisse una sindone funeraria di Gesú. sono numerosi gli autori che testimonia-no l’esistenza di panni funerari di Gesú a bisanzio: ma tutti sono concordi nell’affermare che essi si trovavano in un altro luogo, nella cappella del Faro, all’interno del palazzo imperiale del bucoleone che sorgeva sul lato opposto della città. là, vicino alla sala del trono, l’imperatore aveva creato un ambiente adatto alla conservazione con-giunta di tutte le reliquie della passione di cristo.

    Nessun’altra fonte, poi, ci parla di qualcosa che assomigliasse a una

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  • i templari e la sindone

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    sindone funeraria « che ciascun venerdí si drizzava tutta dritta di mo-do che si poteva vedere bene la figura di nostro signore »; sappiamo invece che ciascun venerdí, alle blacherne, la folla si radunava allo scopo di assistere a quello che gli scrittori greci chiamavano “il mira-colo abituale”: ogni settimana, all’interno della chiesa, un velo di seta che ricopriva un’icona raffigurante la Vergine con il cristo in grembo si alzava da solo e restava miracolosamente sospeso in alto, svelando agli occhi di tutti la figura di Maria e di Gesú rappresentati sull’icona, per poi ridiscendere all’ora nona del giorno seguente. Questo mira-colo era famosissimo, anche in Occidente, e ne conserviamo la men-zione da parte di numerosi autori, a partire dall’Xi secolo e ancora appena prima del sacco della città del 1204.19 ecco perché credo che vi sia una stretta relazione tra il velo del “miracolo abituale” e la “sin-done” di Robert de clari: entrambi i racconti riguardano la chiesa delle blacherne; entrambi avvenivano tutti i venerdí; entrambi ri-guardano un tessuto; entrambi descrivono il sollevamento di questo tessuto, allo scopo di rendere visibile un’immagine; in un caso l’im-magine è di Maria con Gesú, nell’altro del solo Gesú. È ben difficile pensare che nella stessa chiesa e nello stesso giorno della settimana avessero contemporaneamente luogo due eventi cosí simili. Questo e altri elementi fanno pensare che Robert, una volta tornato in Fran-cia e votatosi alla scrittura della sua cronaca, abbia creato sulla base dei suoi ricordi o abbia ripreso da altri un racconto miracolistico de-formato, mescolando tradizioni e oggetti diversi. Particolarmente significativo è anche il fatto che certi scrittori occidentali di area fran-cese, contemporanei a Robert, abbiano usato proprio le parole sindon e sydoine per identificare quel velo che pendeva davanti all’icona delle blacherne.20

    in ogni caso, riguardo alla reliquia – se mai ne ha vista una – il ca-valiere ammetteva che « non ci fu nessuno, né Greco né Franco, che abbia saputo ciò che avvenne di questa sindone quando la città fu presa ». Nonostante ciò, molti hanno ritenuto che la sindone sia stata trafugata proprio durante il sacco della città operato dai latini nel-l’aprile del 1204, al quale anche Robert de clari prese parte. Trafugata da chi? Giuseppe Maria Pugno avanza quest’ipotesi: la sindone fu pre-sa dai crociati e consegnata al vescovo di Troyes, « Guarnieri di Trai-

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  • i · la sindone di torino e la sua comparsa in occidente

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    nel », che seguiva la spedizione. Guarnieri aveva due sorelle: « Gilla », « che era entrata nella famiglia dei signori di Vergy », ed « eloisa », che era entrata « in quella dei signori di chapes [sic!] »; al suo decesso (1205) la sindone invece di finire nella diocesi di Troyes sarebbe stata tratte-nuta da Gilla. come sarebbe dunque finita, un secolo e mezzo dopo, tra le mani di Geoffroy de charny signore di lirey? ecco la spiegazio-ne di Pugno, che il lettore potrà seguire piú comodamente tenendo sott’occhio l’albero genealogico che sta al fondo del libro; gli chiedia-mo di seguirla con pazienza, perché è un bell’esempio delle incredi-bili approssimazioni con cui la storia è stata manipolata per rendere apparentemente credibili ipotesi in realtà prive di qualunque fonda-mento.

    il trisnonno di Geoffroy de charny, Hugues ii signore di Mont-saint-Jean, si era sposato con una Vergy di nome Élisabeth. una delle loro figlie, Élisabeth (o isabeau) de Mont-saint-Jean, nel 1196 aveva sposato Guillaume i de champlitte, futuro principe di acaia. secon-do Pugno, Guillaume in occasione della sua partecipazione alla cro-ciata e a motivo della sua parentela coi Vergy, avrebbe ottenuto la sindone e l’avrebbe fatta entrare nel patrimonio degli charny per mezzo di sua moglie Élisabeth.21 Tutta questa teoria, però, è insoste-nibile. Pugno, infatti, ha fatto confusione tra i parenti: con “Gilla” moglie di Hugues i de Vergy egli intende Gille(tte) de Traînel, e con “eloisa” vuole indicare Hélissente moglie di clérembeau iV de chappes; esse avevano sí un fratello di nome Garnier, ma si trattava di Garnier iii de Traînel, che non era un vescovo e non è morto nel 1205, in quanto nel 1206 si sposò con agnès de Mello. il vescovo, in-fatti, apparteneva a un altro ramo della famiglia ed era cugino di pri-mo grado del padre di Gillette, perché nipote del di lui nonno anseau i.22 Occorre poi domandarsi il motivo per cui, se anche Gillette fosse stata sorella del vescovo e gli avesse sottratto proprio la sindone, la reliquia sarebbe finita in mano di Guillaume i de champlitte, la cui parentela è lontanissima, piuttosto che passare direttamente in eredi-tà a qualcuno dei sei figli di Gillette e del marito Hugues de Vergy. si noti infine che Guillaume i de champlitte ebbe tre mogli, e che dal-la seconda, appunto la nostra Élisabeth de Mont-saint-Jean, l’antena-ta di Geoffroy de charny, aveva divorziato nel 1200, per risposarsi in

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  • i templari e la sindone

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    terze nozze con eustachie de courtenay-champignelles. ciò signi-fica che durante e dopo il sacco di costantinopoli (1204), momento del presunto furto della sindone da parte dei crociati, la moglie di Guillaume non era piú Élisabeth, la quale a sua volta subito dopo il divorzio aveva già preso un terzo marito, bertrand de saudon. Viene cosí a cadere anche la motivazione familiare che giustificherebbe il passaggio della reliquia tra Guillaume de champlitte e gli charny.

    come avremo occasione di vedere anche piú avanti, con questo sistema delle parentele si possono ipotizzare filiere con quasi tutta la nobiltà di Francia: basta decidere da dove si vuole partire e dove si vuole arrivare. Ma il valore di queste ricostruzioni, in mancanza di prove e spesso in presenza di errori anche gravi, è purtroppo nullo.

    4. Il mandylion di Edessa

    l’ipotesi di un passaggio della sindone a costantinopoli ha ricevu-to un forte impulso a partire dal 1978, in seguito alla pubblicazione di un libro che ha rivoluzionato la storiografia sindonica.23 l’autore è ian Wilson, prolifico scrittore inglese con una passione per gli argo-menti del “mistero”.24 convinto assertore dell’autenticità della reli-quia, allo scopo di colmare buona parte del vuoto di dodici secoli che affligge gli storici della sindone, ebbe l’idea di recuperare in favore di essa la storia di un’altra reliquia piú antica; sostenendo l’identità dei due oggetti, tentò cosí di costruire una continuità tra le leggende dell’una e i dati storici dell’altra.

    Quella del mandylion di edessa è davvero una delle piú antiche leggende sulle immagini di Gesú. Di questo mandylion si parlò per la prima volta intorno al V secolo nella siriaca Dottrina di Addai: era de-scritto come un ritratto di Gesú, a colori, opera di un certo anania, pittore della corte di edessa. Ma già nel secolo successivo il ritratto del pittore era stato trasformato in altro: un’immagine acheropita, cioè non dipinta da mano d’uomo, che durante il conflitto tra iconoduli e iconoclasti avrebbe assunto la rilevanza di un exemplum di grande im-portanza. la leggenda si stabilizzò ed è ancor oggi nota al mondo bizantino in una forma piú evoluta. anania, il pittore, non sarebbe stato in grado di dipingere i tratti del signore; allora questi, per accon-

  • 185

    inDiCe

    Prefazione 9

    Premessa 11

    i. La Sindone di Torino e la sua comparsa in Occidente

    1. un necessario preambolo 13 2. la sindone a Rodi, a cipro, in Grecia o in egitto? 14 3. l’ipotesi costantinopolitana 16 4. il mandylion di edessa 20 5. i silenziosi custodi della reliquia 23

    ii. Il misterioso idolo dei Templari

    1. Rituali segreti illeciti 28 2. l’idolo in forma di testa 34 3. Templari stregoni, o devoti della sindone? 39 4. Maometto e bafometto 43 5. un’immagine su tessuto 50 6. legno o fustagno? 59 7. campane piatte, fusti e fustagni, vestiti arrotolati, bic-

    chieri di stoffa e smentite 64 8. un’iniziazione segreta, ma abbastanza pubblica 68

    iii. La Sindone tra i Templari

    1. l’idolo barbuto del fortilizio 72 2. sindone e sigilli templari 75 3. il pannello di Templecombe 78 4. il codice Pray 85 5. la Cronaca di Saint-Denis 89 6. la sindone e i catari 95

    iV. Templari, crociati, vescovi e imperatori

    1. come la sindone cadde in mano ai Templari 100

    Extrait de la publication

  • indice

    186

    2. il Chartularium culisanense e Ortensio de angelis “re del- l’eptaneso” 104

    3. l’abate di casole 113 4. Othon de la Roche signore di atene 116 5. Non solo Templari: la sindone di besançon 118 6. la genealogia dei De la Roche 120 7. la fiera delle congetture 123 8. amaury de la Roche, il Templare faccendiere 127 9. Geoffroy de charnay e Geoffroy de charny 131

    Conclusioni 137

    Note 143

    Genealogie 172

    Indici

    indice dei nomi 177indice delle tavole 184

    Extrait de la publication

    I TEMPLARI E LA SINDONE. STORIA DI UN FALSOPresentazioneFrontespizioPrefazionePremessaI. La Sindone di Torino e la sua comparsa in OccidenteIndice