I Simpson, i Griffin & Co.

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Davide G.G. Caci I GRIFFIN & CO. Le sit-com animate dalla preistoria dei Flintstones ai giorni nostri Prefazione di Alfio Bastiancich I SIMPSON,

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Le sit-com animate dalla preistoria dei Flinstones... Il libro parla delle situation commedy animate, a partire dai Flintstones fino ai Simpson e del ruolo che esse ricoprono nella vita sociale del mondo intero e di come questo sia cambiato con l’evolversi della società e della comunicazione di massa. Prefazione di Alfio Bastiancich.

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Davide G.G. Caci

Davide G.G. Caci

I GRIFFIN & CO.Le sit-com animate dalla preistoria

dei Flintstones ai giorni nostriPrefazione di Alfio Bastiancich

I SIMPSO

N, I G

RIFFIN

& CO.

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I SIMPSON,

Illustrazione di Donald SoffrittiCopyright © Donald Soffritti/Tunué®

Le animated sit-com sono un ibrido televisivo e come tali beneficiano della potenza d’impatto del medium TV, dell’esuberanza senza limiti dell’animazione e della scioltezza verbale dell’umorismo radiofonico. Inoltre, dai tardi anni Ottanta si sono rivelate alle platee di mezzo mondo quale coinvolgente fenomeno televisivo, che riunisce di fronte al video più generazioni. Prodotti ormai di culto come i Simpson di Matt Groening, I Griffin e American Dad! di Seth MacFarlane, South Park di Matt Stone e Trey Parker, e più di recente le sit-com per teenager (e non solo) quali Beavis e Butt-head, Daria e Boondocks, mostrano, in modo inequivocabile, che spesso sotto le mentite spoglie di «un semplice disegno animato» si presentano al nostro sguardo i riflessi sorprendentemente fedeli – al di là della caricatura cartoonesca e degli scenari a volte impossibili – di noi stessi e del nostro mondo. Questo agile libro, scritto con un taglio di grande efficacia comunicativa, percorre la carriera delle animated sit-com passando in rassegna personaggi, ambientazioni, successo, curiosità di tutti i principali protagonisti di questo fortunato «genere» televisivo.

Davide G.G. Caci (Torino 1989) è tra i fondatori dell’associazione culturale Rapalloonia! e collabora all’organizzazione della Mostra Internazionale dei Cartoonists di Rapallo. Ha realizzato e gestisce i siti internet dei fumettisti Sergio Badino e Silvia Ziche. Ha lavorato nelle redazioni di riviste sul fumetto per Mondo Distribution e Ragno Edizioni. Sue sceneggiature di fumetti sono arrivate alle fasi finali del Premio Pietro Miccia e del Lucca Project Contest, e ha pubblicato una tavola autoconclusiva sulla rivista Mono #3 edita da Tunué.

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I Simpson, i Griffin & Co.Le sit-com animate

dalla preistoria dei Flintstones ai giorni nostri

Prefazione di Alfio Bastiancich

Le virgole. Argomenti 12

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I edizione: maggio 2008Copyright © Tunué Srl

Via Bramante 3204100 Latina – [email protected]

Diritti di traduzione, riproduzionee adattamento riservati per tutti iPaesi.

Per le immagini, ove non diver-samente specificato, copyright ©degli aventi diritto.

ISBN-13 GS1 978-88-89613-44-3

Progetto grafico: DanieleInchingoliGrafica: Marco MarcucciCopertina: Donald Soffritti

Stampa e legatura:Tipografia Monti SrlVia Appia Km 56,14904012 Cisterna di Latina (LT)Italy

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Prefazione di Alfio Bastiancich

Salve, sono Troy McClure

I. L’era di Hanna & BarberaI.1 Le situation comedy animateI.1.1 Non semplici disegni animati

I.1.2 Archetipi e schemi caratteristici del genereI.2 Due autori, due famiglie

I.2.1 Yabba-Dabba-Doo!I.2.2 Un salto di qualche millennio

I.2.3 I Flintstones, I Jetsons e gli States negli anni Sessanta

II. Un tempo erano i gialliII.1 Rinascita di un genere

II.1.1 Matt Groening e le sue creatureII.1.2 Gli elementi innovativi

II.2 La società ne I SimpsonII.2.1 Uno, nessuno, centomila

II.2.2 La degenerazione della famiglia

III. Giovani degli anni NovantaIII.1 Le serie di Mike Judge

III.1.1 «Fire! Fire!»III.1.2 «Vendo propano!»

Indice

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III.2 DariaIII.2.1 Spin-off

III.2.2 La pop culture

IV. South ParkIV.1 Satira e dissacrazione

IV.1.1 The Spirit of ChristmasIV.1.2 Il degrado dell’essere umano

IV.2 Censure e polemicheIV.2.1 Il perbenismo made in USA

IV.2.2 Taglia e cancella: viva l’Italia!

V. C’è solo sesso e violenza in TV!V.1 Dal Connecticut con amore: un’altra famiglia

V.1.1 Peter VS. HomerV.1.2 Infanzia e adolescenza: conquista del mondo e

aspetto fisicoV.2 Temi sociali, ovvero I Griffin e il mondo

VI. 30th Century Fox proudly presents…VI.1 Anno 3000: la satira va nel futuro

VI.1.1 «Che fissa!»VI.1.2 «Bender, che ti offender!»

VII. Sit-com del XXI secoloVII.1 L’America imbraccia il fucile

VII.1.1 Smith e Griffin: un autore, tanti perchéVII.1.2 Alieni, repubblicani e hippie: la famiglia

SmithVII.2 Boondocks

VII.2.1 Un esempio di contaminazioneVII.2.2 La vita suburbana negli Stati Uniti

Eccellente!Appendice

Riferimenti bibliografici

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La storia dell’animazione di serie può essere ripartita in quat-tro grandi periodi, riferiti al cinema e alla televisione. Il primo èriconducibile all’epoca del cinema muto, dalle origini alla finedegli anni Venti, con storie e personaggi basati generalmentesulle strisce a fumetti pubblicate sui giornali americani d’inizioNovecento, con un’animazione ancora rudimentale.Il secondo periodo va dai primi anni Trenta alla fine dei

Cinquanta. È comunemente definito «l’età dell’oro dell’ani-mazione», con la nascita e il consolidamento di grandi studi diproduzione, primo fra tutti quello di Walt Disney, e con l’af-fermarsi di grandi autori, registi, sceneggiatori e animatoriquali Wilfred Jackson, David Hand, Michael Maltese, ArtBabbitt, Clyde Geronimi, Jack Hanna, Carl W. Stalling, TexAvery, Fritz Freleng, Chuck Jones e molti altri.Il terzo periodo corrisponde al declino della serialità cine-

matografica e all’avvento di quella televisiva e va, all’incirca,dai primi anni Sessanta alla fine degli Ottanta. È una fase diprofondi rivolgimenti, mediatici e linguistici. A metà deglianni Cinquanta il costo di un corto animato per le sale era dicirca 100 mila dollari. Una spesa ormai insostenibile per filmche costituivano soltanto un complemento di programma, la

Prefazionedi Alfio Bastiancich*

* Direttore del festival internazionale dell’animazione televisiva Cartoons onthe Bay, docente di Storia e linguaggio del film d’animazione al Centro speri-mentale di cinematografia.

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cui sparizione quindi non avrebbe certo indotto il pubblico adisertare i cinema. La Disney fu il primo studio a cessare laproduzione di corti per le sale, poi seguirono Warner Brothers,Columbia, Paramount e tutti gli altri. I film basati sul ritmo,sulle gag cinematiche e su un’animazione piena e fluida stava-no per lasciare il posto a quella che i detrattori avrebbero defi-nito, con un’immagine molto azzeccata, «radio illustrata».D’altra parte l’intuizione fu geniale. La limited animation,introdotta da Hanna e Barbera negli anni Sessanta per le loroprime produzioni ma formulata stilisticamente dalla UPA

(United Productions of America, fondata agli inizi degli anniQuaranta da alcuni transfughi della Disney), sembrava perfet-tamente adatta al medium televisivo: durava molto, costavapoco e alle gag visive, nate per il grande schermo, sostituivaquelle verbali, più adatte al distratto spettatore del piccoloapparecchio in bianco e nero sistemato nel salotto di casa.Come opportunamente ci informa Davide Caci in apertura

di questo suo stimolante saggio, la situation comedy è, origi-nariamente, un genere radiofonico destinato tuttavia ad appro-dare in TV molto presto, nella seconda metà degli anniQuaranta. Forse per questo, come ho scritto prima, gli autorilegati all’animazione classica paragonavano, con una punta dispregio, le prime sit-com animate a una sorta di radio con lefigure. Il loro disagio era tangibile, e riguardava anche ilmedium televisivo. Qualche anno dopo Fritz Freleng dichiara-va: «In passato quando facevamo buoni film avevamo ilriscontro del pubblico al cinema. Il corto poteva stare in salaanche due anni. Il pubblico applaudiva, fischiava. Con la TV ètutto diverso, ci sono i freddi dati d’ascolto. Ma non puoi sape-re quanto la gente gradisce il tuo film».Senza scomodare McLuhan, è evidente che il passaggio dal

cinema alla televisione ha aperto nuove strade all’animazioneed è altrettanto indiscutibile che, restando nell’ambito dellanostra classificazione, il terzo periodo è stato caratterizzatonegli anni Settanta e Ottanta dall’ulteriore e poderoso sviluppo

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PREFAZIONE

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dell’animazione giapponese, che ha sovvertito tutta la propostatelevisiva di questo tipo, in Oriente come in Occidente.Il quarto periodo va dai primi anni Novanta a oggi.

Parafrasando il grande maestro russo Alexandre Alexeieff, sipuò sostenere che sia finalmente giunto il momento in cui«l’animazione si è liberata dalle proprie catene». Le nuove tec-nologie digitali, infatti, hanno rivoluzionato un processo pro-duttivo pressoché immutato da quasi un secolo, rendendolomeno costoso e molto più veloce, versatile e «performante».Nello stesso tempo si sono moltiplicati i canali di diffusionedelle opere, con l’avvento delle nuove piattaforme televisivesatellitari tematiche, di internet e della telefonia mobile. È ilperiodo che s’inaugura con I Simpson e che prosegue con tuttele altre sit-com molto ben analizzate in questo saggio, maanche con una vastissima produzione europea che s’imponeper varietà stilistica e di contenuti. È la nuova età dell’oro perl’industria dell’animazione, ma soprattutto è la fase in cui simanifestano tutte le sue potenzialità di linguaggio capace diparlare anche al pubblico adulto e di riscattare finalmente illavoro e l’arte di chi lo aveva sempre sostenuto.Ora, sì, è il caso di citare McLuhan il quale, in La sposa

meccanica, fa un’affermazione che sarebbe molto piaciuta aTex Avery: «... la moderna Cappuccetto Rosso, allevata a suondi pubblicità, non ha nulla in contrario a lasciarsi mangiare dallupo».

A.B.Roma, aprile 2008

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A Pino, maestro di vita

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Chi si appresta a intraprendere la lettura di questo librettodeve sapere che le pagine che seguono non basteranno a ren-derlo un esperto di sit-com animate. È una questione di spazio.Ma una volta chiuso il libro il lettore dovrebbe poter dare unsenso a tutte le situation comedy animate che fanno ridereindividui di differente nazionalità, cultura, età e ceto socialedal lontano 1960.L’argomento è vasto, e certamente saranno utili numerose

letture in proposito. La bibliografia completa è in appendice,ma il mio debito verso alcuni titoli – fondamentali in fase dicompilazione di questo libro – mi porta a citarli già in questaintroduzione. Sulle sit-com e i meccanismi che le regolano, èfondamentale il testo di Jurgen Wolff, Come funziona una sit-com (Roma, Dino Audino Editore, 2000); per quanto riguardaI Simpson, è sicuramente importante la lettura del saggio diGuido Michelone, I Simpson (Milano, Bompiani, 1999) e delparticolare I Simpson e la filosofia (a cura di William Irwin,Mark T. Conrad e Aeon J. Skoble, Milano, ISBN Edizioni,2005); per chi fosse interessato agli aspetti più tecnici dell’ani-mazione in generale, fra le letture migliori v’è il lavoro di JohnCanemaker, Storytelling in Animation: The Art of AnimatedImage (Los Angeles, The American Film Institute, 1988).Dare un senso alle sit-com significa affrontare due cruciali

questioni: è maggiore l’influenza che le sit-com esercitano

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sulla società che le segue, o il loro attingere dall’immaginariocollettivo? In base a quale criterio queste opere possonoinfluenzare la (o essere influenzate dalla) cultura del mondointero, se sono made in USA?La prima domanda non avrà risposta: le prossime pagine

dovrebbero fornire il materiale per strutturare una personalerisposta di ogni lettore. Il secondo quesito merita una riflessio-ne e, questo sì, credo che troverà soluzione. È sufficiente pen-sare al successo planetario delle serie I Simpson, I Griffin,Futurama, South Park e American Dad!, e al buono o discretosuccesso degli altri titoli qui presi in esame. Le sit-com sono inun certo qual modo specchi della collettività: le degenerazionidella famiglia a partire dal ruolo genitoriale, della gioventù edella società tutta sono perfettamente colte e rielaborate contoni ironici e, per questo, quanto mai diretti. Ognuno può ritro-varsi, di volta in volta, in un personaggio: identificarsi nellepaure di Peter Griffin (I Griffin) o nelle inadeguatezze diHomer Simpson (I Simpson) o, ancora, nella xenofobia di StanSmith (American Dad!). Fra l’altro, la vastità degli Stati Unitid’America, che sono un vero e proprio continente, rende que-ste opere un perfetto caleidoscopio della natura umana.Il loro successo può essere ricercato – oltre ai già citati

motivi – nell’universalità del messaggio, che ha comunquediverse sfaccettature a seconda del pubblico: come in ognibuona opera, vi è una serie di differenti livelli di lettura, cherendono il prodotto accessibile a un bambino come a un adul-to, i quali vi troveranno messaggi differenti. La questione,naturalmente, investe anche e soprattutto la dimensione geo-grafico-culturale: la satira sull’americano medio, e sul cosid-detto sogno americano, è vista diversamente dai vari fruitori.Se un newyorkese sorride – in atteggiamento tipicamente par-tenopeo di «autosfottò» – nel vedere rappresentati i vizi o ledéfaillance dei suoi connazionali, un europeo ride e, segreta-mente o meno, ha motivo di godimento, nel vedere come ipadroni del mondo, la società tanto aperta e multietnica abbia,

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in ultima analisi, grossomodo gli stessi problemi che si trova-no in buona parte del mondo occidentale.Desidero augurare ai lettori di giungere alla fine di questo

piccolo libro con il sorriso sulle labbra. Se, invece, questo libroproprio non piacerà… Allora, mi affretterò a concludere questaintroduzione prendendo in prestito le parole di un amico: «Nonsono stato io. Nessuno mi ha visto farlo. E comunque non diròpiù una parola se non in presenza del mio avvocato»(Bartholomew J. Simpson).

Ringraziamenti

Desidero ringraziare anzitutto la mia famiglia, che mi è sempre statavicina e mi ha sopportato in questo periodo (e sempre); AlessandroDiele ed Elena Grigoli, per la pazienza, l’amicizia e l’affetto che ognigiorno dimostrano. Un sentito ringraziamento va anche ad AlfioBastiancich e a Donald Soffritti, che con il loro contributo hanno resopiù appetibile questo volume. Molto vicini mi sono stati gli amicidell’Associazione Culturale Rapalloonia (a partire da Sergio Badino,con i suoi preziosi consigli!), compagni di mille avventure, a cui va unaffettuoso pensiero. Desidero ringraziare anche i miei altri pochi – mabuoni – amici, che sanno tirare fuori il meglio di me… Roberto Brancae Marco Lupani su tutti… Ma ce ne sarebbero altri… Un grazie collet-tivo! Non so perché o per che cosa, ma sento il desiderio di ringraziaredi cuore anche Fulvio GambottoTM, la cui presenza – per quanto questifaccia di tutto per passare inosservato! – lascia costantemente un segno,e così è stato anche per questo mio lavoro. Infine, nel consegnare allestampe queste pagine, il mio pensiero e la mia gratitudine vanno aGiovanni «Pino» Goy, che mi ha spinto a credere sempre in ciò che fac-cio, e a continuare, fino alla fine. Ad maiora!

INTRODUZIONE

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I.1 Le situation comedy animate

I.1.1 Non semplici disegni animati

Le situation comedy – d’ora innanzi semplicemente sit-com– sono un genere di intrattenimento di massa che ha sempreavuto grande presa sul pubblico: esse affondano quanto piùpossibile le radici negli alti e bassi delle persone a cui sonodestinate: le idiosincrasie del pubblico, vizi e virtù tipici di unafascia sociale o di una intera nazione.L’origine del genere risale agli anni Venti: le prime sit-com

erano forme radiofoniche di intrattenimento. Uno dei punti diforza che le caratterizzano fin dal principio è l’ambientazione:familiare o lavorativo che sia, il background, dal punto di vistadegli intrecci di base, è quasi sempre ordinario, al di là degliscenari che possono essere collocati, come vedremo, anche inepoche diverse da quella attuale. I protagonisti sono anch’essicomuni, per questo motivo lo spettatore è portato a immedesi-marvisi, vestendo i panni dell’uno o dell’altro personaggio, epensando a come si districherebbe nelle loro interazioni fami-liari, lavorative, sociali.Il genere approda in televisione quando questa è un mass

medium appena nato: Pinwright’s Progress (1946), in ondasulla britannica BBC, è la prima sit-com televisiva della storia;

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la prima serie prodotta negli Stati Uniti è invece datata 1947,con la trasmissione, da parte dell’emittente DuMont, di MaryKay and Johnny. Le sit-com televisive ripercorrono interamen-te gli schemi di quelle radiofoniche, riuscendo così a riscuote-re subito un notevole successo presso il pubblico.La branca animata nasce all’incirca un ventennio dopo, con

Gli Antenati (The Flintstones, 1960), la prima animated sit-com, ambientata in un’età della pietra molto particolare chemima il presente, dove le automobili hanno le ruote di granitoe il tritarifiuti del lavandino della cucina è un cinghiale onni-voro. Il grande successo riportato da questo prodotto, firmatoHanna & Barbera,1 durerà nel tempo anche più dello showstesso: basti pensare ai recenti film live2 o ai numerosi prodot-ti di merchandising, ancora oggi molto diffusi.Due anni dopo la nascita della prima famiglia animata è il

turno di un altro nucleo familiare, simile al primo, ma per ilquale le lancette sono spostate in avanti di qualche millennio:

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I Flintstones con i loro vicini di... caverna. © e TM Hanna & Barbera Productions

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I Pronipoti (The Jetsons), ambientati un secolo esatto nel futu-ro rispetto all’epoca di realizzazione del cartoon, il 2062.All’epoca, il cartone animato3 era considerato (e, troppo

spesso, è così ancora oggi) dai più quale mero strumento diintrattenimento per bambini: la nascita di un genere così vici-no alla realtà – e, per proprietà transitiva, al pubblico adulto –ha dunque ampliato gli orizzonti. Perché Fred Flintstone, coni suoi problemi, è più vicino all’americano medio di quantonon lo sia la costante fuga di un topolino simpatico e intelli-gente, Jerry, dalle grinfie di un gattaccio, Tom. In questomodo, il tanto bistrattato cartone animato viene sublimato a unlivello superiore, e diviene per molti aspetti «serio» e adatto incerta misura anche a un pubblico maturo.Come i loro predecessori, anche i Jetsons sono stati in tempi

recenti oggetto di un restyling in chiave moderna, venendocosì trasformati in baby personaggi. Più significativo e interes-sante è il progetto che vedrà la famiglia del futuro sbarcare alcinema con un film dal vero nel 2009.A parte questi estemporanei «ritorni di fiamma», unitamen-

te ad alcune rivisitazioni o serie derivate con i soliti protagoni-sti, lo studio Hanna-Barbera ha prodotto, tra gli anni Sessantae i Novanta, una moltitudine di serie animate (a partire dall’av-venturoso Scooby-Doo), ma nessun’altra sit-com. Il generevivrà dunque un gap, senza nessun titolo, fino all’approdo, sulpiccolo schermo, della famiglia più pazza d’America, ISimpson. Di cui si avrà modo di parlare più avanti.

I.1.2 Archetipi e schemi caratteristici del genere

Le sit-com, complice la loro origine radiofonica, sono sem-pre state un prodotto di semplice fruibilità, per raggiungereogni tipo di ascoltatore. Per facilitare la comprensione da partedel pubblico, è stato fatto largo uso di archetipi e stereotipi.I personaggi animati non sono, generalmente, a tutto tondo,

bensì stereotipati, e non cambiano (né crescono) durante lo

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svolgersi delle vicende. Ogni puntata ha un inizio e una fine, enon è collegata ad altre con rimandi o con rimembranze deipersonaggi: la mancanza di continuità facilita la comprensio-ne anche a un ascoltatore saltuario, che non avrebbe modo diconoscere eventi passati. Tra i personaggi di una sit-com – e,generalmente, quelle animate non fanno eccezione – si ricono-scono diverse figure, più o meno frequentemente. Se il vicinoun po’ svitato ricorre molto spesso (Barney Rubble per IFlintstones, Ned Flanders per I Simpson), più raro è lo sciupa-femmine (un paio di casi palesi, Glenn Quagmire e ZappBrannigan, rispettivamente ne I Griffin e in Futurama). I pro-tagonisti stessi sono inquadrabili nelle definizioni classichedel genere, ovviamente con qualche variante, che verrà analiz-zata più avanti, caso per caso. L’ingenuo è, solitamente, il pro-tagonista (da Fred Flintstone ne Gli Antenati a Stan Smith inAmerican Dad!, passando per Homer Simpson e per PhilipFry, quest’ultimo in Futurama), ma può talvolta essere ancheun personaggio secondario: si pensi al commissario ClancyWinchester, de I Simpson. Una figura importantissima di ognisit-com è il saggio, che spesso tenta di arginare l’ingenuo: Lisae Marge Simpson si alternano frequentemente in questo ruolo;Stanley Marsh è il più corretto (ammesso che di correttezza sipossa parlare) del gruppo di South Park, e in molti casi si ritro-va a spiegare la morale che si cela dietro ogni episodio; HueyFreeman è, in The Boondocks, il più pessimista e intelligenteesponente della disillusione rispetto all’American way of life.In generale, il ruolo di saggio reca più svantaggi che vantaggi,portando a discussioni, litigi e inimicizie vere e proprie.Nelle sit-com viene spesso fatta ironia su un personaggio,

che diviene lo stereotipo di una determinata zona geografica, ene vengono messe in risalto le caratteristiche più buffe: Bender,in Futurama, è made in Brooklyn, mentre ne I Simpson spicca-no il giardiniere, Willie, scozzese, o Apu l’indiano.4

La maggior parte delle sit-com animate ha adottato in parte glischemi e gli stereotipi del genere, ma si è spesso disfatta delle

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limitazioni intrinseche delle loro controparti con attori in carne eossa. Sarà un caso, ma i titoli che meglio sono riusciti in questoprocesso – su tutti: I Simpson – hanno riscontrato un successomaggiore, toccando l’estremo Oriente quanto l’Occidente.

I.2 Due autori, due famiglie

I.2.1 Yabba-Dabba-Doo!

Città di Bedrock. Età della pietra. La famiglia Flintstone ècomposta da Fred, dalla consorte Wilma, dalla piccolaCiottolina5 e da Dino, un dolce e servizievole cucciolo di dino-sauro. Le avventure narrate dalla serie Gli Antenati (TheFlintstones) sono legate alla famiglia protagonista e ai loroamici e vicini, i Rubble: Bernard «Barney» è il migliore amicodi Fred, Betty è la sua paziente signora, Bamm-Bamm è il lorofiglioletto adottivo, dotato di una forza straordinaria.Protagonisti della serie – ispirata a una precedente sit-com

(non animata), The Honeymooners6 – sono i Flintstone, unafamiglia della classe operaia di Bedrock: Fred lavora, insiemea Barney, nella cava della città, e deve fronteggiare una seriedi problemi legati alla vita quotidiana, in cui il lavoratoremedio ancor oggi si può perfettamente rispecchiare. Non acaso la serie, già durante la prima trasmissione,7 fu considera-ta uno spettacolo adatto a tutti, e non limitato ai bambini.Come già anticipato, I Flintstones sono di notevole impor-

tanza in quanto prima sit-com animata della storia, nonchéprimo cartone animato a finire in prime time, cioè in primaserata. Oltretutto, prima dell’avvento de I Simpson, la famigliadi Fred era stata la protagonista della più lunga serie animatamai prodotta.8 I Flintstones hanno fatto la fortuna della Hanna-Barbera Productions, e viceversa: i due autori seppero sfrutta-re al meglio mezzi decisamente umili, inaugurando un nuovotipo di animazione «al risparmio» (i personaggi si spostano

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Le famiglie Flintstone e Rubble. © e TM Hanna & Barbera Productions

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con movimenti molto limitati), con notevoli tagli sui costi.Tanto per I Flintstones quanto per I Jetsons, ogni episodio dura22 minuti: prima della sigla, vi è un’anteprima di circa unminuto che anticipa i temi dell’episodio (nelle prime tre sta-gioni, si tratta di un semplice montaggio di sequenze dell’epi-sodio stesso). È relativamente semplice riscontrare una struttu-ra ben definita: all’introduzione, in cui vengono anticipati itemi – e, generalmente, si incontra l’espediente narrativo chedarà il via al tutto – segue uno sviluppo della trama principa-le, che si conclude con un finale (superfluo dire che non mancamai l’happy end), a cui fa seguito un’ultima, breve sequenza,cioè un «finalino», di stampo prettamente umoristico.

I.2.2 Un salto di qualche millennio

Due anni dopo I Flintstones, lo studio di Hanna-Barberaprodusse un altro titolo che sarebbe entrato nella storia del

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cartoon per la TV: I Pronipoti (The Jetsons). La serie è ambien-tata nel 2062 e narra le bizzarre storie dell’altrettanto strambafamiglia Jetson, composta da George e Jane9 e dai loro figliJudy ed Elroy, più la domestica robot, Rosie (Rosey the RobotOrbity) e il simpatico cane danese Astro, fedele compagno diElroy. Se George è il tipico americano medio, Jane è colei cheporta realmente i pantaloni, e i loro due figli sono stereotipiben definiti: Judy, l’adolescente capricciosa e testarda, edElroy, l’iperdotato bambino prodigio. George lavora in unafabbrica di astronavi ed è vittima delle numerose sfuriate delsuo tirannico superiore; come se non bastasse, deve fronteg-giare il carattere estremamente forte e autoritario della moglie,unitamente ai normali problemi causati da figli adolescenti.Il messaggio più chiaro della serie, all’esordio del boom

economico e tecnologico degli anni Sessanta, è atto a consola-re tutte quelle famiglie che rimpiangono, per mancanza difondi, le nuove comodità tecnologiche più strabilianti: lamorale de I Pronipoti è che non sono sufficienti elettrodome-stici, robot tuttofare e astronavi per avere una vita familiareserena e soddisfacente. In un paese in crescita economica,quali erano gli Stati Uniti, è utile avere una classe operaiavolonterosa, che mira al raggiungimento di uno stato di benes-sere, ma è allo stesso tempo capace di apprezzare ciò che ha.

I.2.3 I Flintstones, i Jetsons e gli States negli anni Sessanta

Chi pensa che la società si sia evoluta rispetto all’età dellapietra, o che si evolverà in un prossimo futuro, sbaglia.Almeno secondo Hanna e Barbera. Jetsons e Flintstones nesono una prova: se Fred e George sono i capofamiglia – alme-no formalmente – le redini della casa sono in mano a Wilma eJane, che ricalcano l’archetipo americano della madre di fami-glia caratteristico di una società spesso matriarcale.Gli Stati Uniti degli anni Sessanta sono un paese caratteriz-

zato da mutamenti sociali di notevole importanza (dalla lotta

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I Jetsons sulla loro astrona-vicella utilitaria. © e TM Han-na & Barbera Productions

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per i diritti civili degli afroamericani10 agli assassinii di perso-nalità famose11), che più che mai minano l’unità sociale. Unitàscossa – considerando anche i movimenti giovanili che coin-volgeranno i Sixties e anche la decade successiva – a partiredal nucleo più piccolo di una società, la famiglia, grupposociale sul quale viene posto l’accento in queste opere. Con iloro problemi, certo, sono famiglie unite, con i giovani i quali,pur essendo alla ricerca di una loro libertà, tacitamente e conmugugni non esautorano la potestà genitoriale (ovviamente siparla dei Jetsons, dove una dei figli è in piena adolescenza).Tanto la famiglia cavernicola, quanto quella «spaziale», sono

modelli contrapposti ai problemi degli Stati Uniti? Difficile adirsi; certo si può notare che a fronte di un mondo del lavorocolmo di problemi e contraddizioni (quello reale), GeorgeJetson non ha un buon rapporto con il suo capo – anzi, vienespesso licenziato ingiustamente – nonostante il suo compito nonsia affatto faticoso, e quasi ridicolo rispetto alla logorante ripe-titività del lavoro in catena di montaggio, per esempio. Sempre

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L’ERA DI HANNA & BARBERA

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in ambito lavorativo, è abbastanza chiaro che George abbia pro-blemi sul lavoro; nonostante tutti i comfort – o, forse, proprio acausa loro – non si trova a suo agio.Un’altra istituzione che negli anni Sessanta venne messa in

discussione è la famiglia: Flintstones e Jetsons sono famiglieserene, che contrappongono sincero affetto ai problemi dellavita quotidiana; i Rubble, addirittura, adottano un figlio: ilclima rappresentato nelle due serie è idilliaco. Diametralmenteopposto rispetto agli Stati Uniti?È anche interessante notare che, quando sarebbe opportuno

sostituire il robot-governante Rosey, i Jetson non lo fanno (peraffezione), e quando si affidano a un modello più moderno,preferiscono ritornare al «vecchio». Può dunque considerarsiquale modello contrapposto al consumismo selvaggio?

Note1 William Denby Hanna (Melrose, New Mexico, 1910 – Los Angeles, 2001)

e Joseph Roland Barbera (New York, 1911 – Los Angeles, 2006) sono stati due

tra i più celebri cartoonist statunitensi. Dopo brevi esperienze lavorative presso

case di produzione di disegni animati come la Metro-Golwyn-Mayer, a partire

dal 1933 fondarono lo studio Hanna-Barbera Productions. Durante la loro lunga

collaborazione crearono titoli come Tom e Jerry e Scooby-Doo.2 I Flintstones (The Flintstones), di Brian Levant, 91’, USA 1994 e I

Flintstones in Viva Rock Vegas (The Flintstones in Viva Rock Vegas), di Brian

Levant, 90’, USA 2000.3 In questo libro userò spesso l’espressione cartoni animati, perché è un ter-

mine entrato a far parte del linguaggio comune seppure sia tecnicamente scor-

retto. Cartone animato ricalca la dicitura inglese animated cartoon (cioè ‘vignet-

ta animata’). Correttamente, si dovrebbe parlare di disegni animati.4 Il marcato accento di Bender si perde nel doppiaggio italiano. Talvolta,

invece, a un dialetto nazionale dell’inglese viene fatto corrispondere dagli adat-

tatori di casa nostra un accento regionale dell’italiano (per esempio Willie, scoz-

zese, nel doppiaggio italiano parla con uno spiccato accento sardo).

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5 Nella traduzione italiana, Pebbles è talvolta chiamata con il suo nome ori-

ginale.6 Joseph Barbera commentò, in proposito: «non ricordo di aver menzionato

The Honeymooners quando ho venduto lo show, ma se la gente vuole compara-

re I Flintstones a The Honeymooners, bene, fantastico. È un gran complimento.

The Honeymooners è una delle serie più belle che siano mai state scritte». Terry

Adams, The Flintstones: A Modern Stone Age Phenomenon, Atlanta, Georgia,

Turner Publishing, 1994, p. 38. The Honeymooners è una sit-com andata in onda

sulla CBS dal 1° ottobre 1955. Nel 2005 ne è stato tratto un film.7 A partire dal 30 settembre 1960, sull’emittente ABC.8 Cfr. «The Museum of Broadcast Communication », www.museum.tv (ulti-

ma visita: febbraio 2008)9 Nella prima versione italiana datata 1967 George era chiamato Chicco, e

Jane Chicca.10 L’Afroamerican Civil Rights Movement (CRM) è un movimento nato nel

1955, negli Stati Uniti, che si poneva quale obiettivo il raggiungimento dei dirit-

ti civili i neri americani.11 Nell’arco di pochi anni furono uccisi tre importanti uomini politici: John

Fitzgerald Kennedy (presidente degli Stati Uniti, 1963), Martin Luther King

(leader del CRM, 1968), Robert «Bobby» Francis Kennedy (senatore, in corsa

per il posto di Presidente, 1968).

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II.1 Rinascita di un genere

II.1.1 Matt Groening e le sue creature

Il genere delle sit-com animate rinasce, dopo un lungointervallo,1 il 19 aprile 1987, quando viene trasmesso, nell’am-bito del The Tracey Ullman Show, il primo cortometraggio aopera di un fumettista trentatreenne, tal Matt Groening,2 incollaborazione con un produttore, James Brooks.3 L’autoredecide di creare una famiglia strampalata, che bene rappresen-ti lo stereotipo di famiglia americana, protagonista di breviscenette, proposte alla Fox TV.Groening stabilisce, per un’esigenza di verosimiglianza, di

basarsi sulla sua stessa famiglia: i Simpson avranno così inomi di battesimo dei suoi familiari, a partire da suo padreHomer e sua madre Marge, passando dalle sue due sorelline,Lisa e Maggie, concludendo con il suo pestifero alter ego:Bart.4 Nonostante un tratto ancora grezzo ed emulo di certofumetto underground, il corto ha successo: verranno prodotte,come «ondata» iniziale, tre stagioni, per un totale di 48 episo-di. Dopo la fortunata gavetta, la famiglia Simpson è pronta adebuttare in prima serata: il successo è pressoché immediato.A oggi è in produzione la diciannovesima stagione, è da

poco uscito il primo lungometraggio animato dei Simpson5 e

II.Un tempo erano i gialli

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il merchandise, a partire dai fumetti, è florido, per lo menonegli Stati Uniti.6 D’altronde, «la miglior serie televisiva delsecolo»7 ha collezionato ben 91 riconoscimenti,8 e non sembraessere in fase discendente.I Simpson narra appunto le bizzarre vicende di una famiglia

composta da Homer Jay, il capofamiglia, Marjory «Marge»Bouvier, Bartholomew Jo Jo «Bart», Lisa Marie «Lisa» eMargaret «Maggie». Homer è un dipendente della centralenucleare della cittadina di Springfield in un immaginario statodel Midwest (a volte individuato come il fantomatico NorthTakoma).9 La vita dei Simpson è strettamente legata a quelladella loro città, a partire dai loro vicini, i Flanders, bigotti finoall’osso, perfetta antitesi della squinternata famiglia, ma nonmeno ridicoli dei dirimpettai nella loro ricerca della perfezio-ne. Ogni puntata è una lucida e feroce critica all’American wayof life, identificato nel pericoloso trinomio di Homer (birra,cibo, TV), e in molti altri aspetti prettamente sociali, che trove-ranno spazio nei paragrafi seguenti.

II.1.2 Gli elementi innovativi

We’re going to strengthen the American familyto make them more like the Waltons

and less like the Simpsons.10

GEORGE H.W. BUSH

Che I Simpson abbiano a loro modo fatto la storia contem-poranea negli Stati Uniti – e non solo – è fuori discussione.Basti pensare alla caratteristica espressione di Homer, il suocontrariato D’oh!, introdotta nell’Oxford English Dictionary,in quanto diventata di uso comune. La squinternata famigliadi Springfield ha inoltre raggiunto traguardi importanti e oggila serie è la più lunga sit-com (nonché serie animata) mai pro-dotta negli Stati Uniti. I Simpson fanno tendenza: in questaottica si spiega il lancio pubblicitario mondiale del film, o

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anche il fatto che, negli anni Novanta, Lion Nathan, australia-no proprietario dell’omonima fabbrica di birra, abbia iniziatola produzione della birra Duff (subito stroncata dall’ufficiolegale della Fox).Sarebbe ingenuo attribuire la bontà della serie alle sole

capacità dello staff di Matt Groening. Groening ha attinto allecaratteristiche vincenti del genere ma ha anche apportatomigliorie che hanno permesso alla sua famiglia di diventare lafamiglia d’America. I Simpson, si diceva, sono una sit-comperché raccontano le storie di una famiglia, ordinaria e comu-ne, ambientate quasi sempre nella cittadina di Springfield. Il«quasi» racchiude già un elemento innovativo. Generalmentele sit-com sono caratterizzate dalla presenza di pochi perso-naggi: ne I Simpson, tra protagonisti e comprimari si raggiun-ge una cifra altissima, evidente fin dalle prime puntate del car-toon nella sigla di testa e, di recente, ottimamente ironizzata

UN TEMPO ERANO I GIALLI

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La famiglia Simpson: Lisa, Marge e la piccola Maggie, Homer e Bart. © MattGroening / 20th Century Fox

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nella fase di lancio del film, che vede comparire tutti i compri-mari. Se è vero che, nel rispetto della tradizione, ogni puntatainizia e termina senza un filo conduttore rispetto alle altre, èaltrettanto inoppugnabile che vi sia una continuity all’internodella serie, e, di conseguenza, una crescita dei personaggi. Inquesto modo Homer Simpson è e rimane un inetto, ma assu-me le sembianze di un personaggio a tutto tondo, non è unsemplice stereotipo. E, come lui, tutti i partecipanti allo show.È tuttavia possibile ritrovare, all’interno de I Simpson, lo

schema dei personaggi tipico del genere. Guardando alla solafamiglia Simpson, ritroviamo, infatti, l’ingenuo tendente allafollia, che accetta le situazioni che gli capitano tra capo ecollo senza porsi troppe domande, e spesso fraintende lesituazioni (Homer); il ribelle che non accetta le convenzioniin quanto tali, per stupidità o semplice immaturità (Bart); ilsaggio che ha sempre la soluzione a tutto, ma talvolta si perdenelle sue idee eccessivamente astratte (a dispetto dell’età,

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La famiglia davanti alla TV. © Matt Groening / 20th Century Fox

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Davide G.G. Caci

Davide G.G. Caci

I GRIFFIN & CO.Le sit-com animate dalla preistoria

dei Flintstones ai giorni nostriPrefazione di Alfio Bastiancich

I SIMPSO

N, I G

RIFFIN

& CO.

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I SIMPSON,

Illustrazione di Donald SoffrittiCopyright © Donald Soffritti/Tunué®

Le animated sit-com sono un ibrido televisivo e come tali beneficiano della potenza d’impatto del medium TV, dell’esuberanza senza limiti dell’animazione e della scioltezza verbale dell’umorismo radiofonico. Inoltre, dai tardi anni Ottanta si sono rivelate alle platee di mezzo mondo quale coinvolgente fenomeno televisivo, che riunisce di fronte al video più generazioni. Prodotti ormai di culto come i Simpson di Matt Groening, I Griffin e American Dad! di Seth MacFarlane, South Park di Matt Stone e Trey Parker, e più di recente le sit-com per teenager (e non solo) quali Beavis e Butt-head, Daria e Boondocks, mostrano, in modo inequivocabile, che spesso sotto le mentite spoglie di «un semplice disegno animato» si presentano al nostro sguardo i riflessi sorprendentemente fedeli – al di là della caricatura cartoonesca e degli scenari a volte impossibili – di noi stessi e del nostro mondo. Questo agile libro, scritto con un taglio di grande efficacia comunicativa, percorre la carriera delle animated sit-com passando in rassegna personaggi, ambientazioni, successo, curiosità di tutti i principali protagonisti di questo fortunato «genere» televisivo.

Davide G.G. Caci (Torino 1989) è tra i fondatori dell’associazione culturale Rapalloonia! e collabora all’organizzazione della Mostra Internazionale dei Cartoonists di Rapallo. Ha realizzato e gestisce i siti internet dei fumettisti Sergio Badino e Silvia Ziche. Ha lavorato nelle redazioni di riviste sul fumetto per Mondo Distribution e Ragno Edizioni. Sue sceneggiature di fumetti sono arrivate alle fasi finali del Premio Pietro Miccia e del Lucca Project Contest, e ha pubblicato una tavola autoconclusiva sulla rivista Mono #3 edita da Tunué.