'I ricordi di un detective' di René Vergara

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Ren Vergara I RICORDI DI UN DETECTIVE ********* L'AUTOBUS CELESTE ******* Un obeso cinquantenne sorridente, mezzo calvo, scese dal suo taxi sconquassato in un garage di via San Alfonso; chiuse la porta anteriore sinistra e spense le luci. Si incammin verso la Alameda, schivando le pozzanghere del marciapiede, tiepide pisciate, vomiti e le strisce multicolori di cartelli pubblicitari luminosi che coloravano le ombre, la pioggia. La notte appena nata della citt vecchia del quartiere della stazione sempre una lunga penombra, di grande agonia. Nel Portal Edwards - edificio fantasmatico, con voci di coriste defunte, attori scomparsi e maghi cinesi dimenticati del Teatro Politeama, oggi Stadio Cile - si ferm a mangiare in piedi, appoggiando gli avambracci al bancone appiccicoso. Due salsicce con maionese, buttate gi a fatica con piccoli sorsi di birra. Rutt, sput e si pul la bocca sdentata con la manica destra della giacca consunta di cuoio nero. Ordin un'altra birra e guardando il liquido giallo e spumoso, chiuse gli occhi, e scroll il capo di stanchezza. Un rumore dal profumo di paciul gli fece aprire un occhio e, sopra la spuma che stava calando, vide il volto sorridente di una donna giovane, bruna, con i lunghi capelli ondulati, tinti di malva. Si alz in tutto il suo metro e ottanta e gonfi il petto guardandole i seni turgidi, il vitino sottile e le gambe bianche, grosse. Le palpebre della femmina avevano una sfumatura bluverde e le labbra, sottili, sembravano grandissime per l'abbondante pittura lilla. La invit a bere e a mangiare salsicce. Alla terza birra, erano d'accordo di passare la notte assieme in un albergo di via San Diego: "Non posso prenderti meno di 100 pesos perch domani devo andare a Rancagua e il viaggio caro..." " pi di quello che ho guadagnato in quattordici ore di lavoro, portando su e gi vecchi e vecchie per questa citt di pazzi. Cosa vai a fare a Rancagua?" "Mio marito scende da Sewell [miniera di rame, NdT] il primo di ogni mese e devo fargli trovare la casetta pulita, ordinata." "Ah! Hai figli?" "No. Tu?" "Due, ma sono grandi; si guadagnano la vita come scaricatori alla Vega [mercato centrale di Santiago, NdT]." "Che cosa dirai a tua moglie domani?" "Oramai non le interesso..." A braccetto, quasi ubriachi, attraversarono la strada: "Uno qualsiasi di questi autobus ci va bene." Il grassone fece un gesto e un enorme autobus celeste si ferm, silenziosamente, di fronte alla coppia. L'autista, indistinto e informe, us una voce metallica, fredda e lontana, per dire: "Non pagate. Vado alla rimessa ed meglio viaggiare accompagnato. Ah, lei taxista! Pedro Gonzales, il primo della mia lista. Il suo taxi un Chevrolet 51." "S. Sono io. E lei chi ? Non le vedo la faccia." "Un buon fisionomista e la miglior memoria per viaggi notturni e diurni." Pedro Gonzales alz le spalle; spinse la sua compagna verso un sedile a met e affond il suo volto fra gli alti seni. L'autobus continu la sua lenta marcia verso l'est. *** Margarita Lpez, vedova, sessantacinque anni, camminava a fatica: aveva lavato e stirato biancheria altrui per tutto il giorno; aveva dolori alla schiena, alle braccia e alle gambe; aveva freddo, fame, sete e sonno. Continuava a pensare al suo biondo nipotino di sei anni e al sorriso fresco, pulito, che l'avrebbe ricevuta, a pochi millimetri dal suo volto sciupato.

Arriv all'angolo di Avenida Espaa e Alameda inzuppata per la pioggia e spaventata per i lampi bassi. Sollev la mano magra e rugosa perch l'autobus si fermasse. Sleg uno dei nodi del fazzoletto e tir fuori due monete mentre il veicolo si fermava ai suoi piedi come un tappeto alto, illuminato. Una mano lunga e fredda - serpente, corda o falce - la aiut a salire: "Su, signora Margarita. Ha lavorato troppo. Metta via le sue monete, non le serviranno." Estenuata e grata, annod le monetine assieme alle altre nel fazzoletto. Si sedette vicino a una coppia abbracciata che odorava di birra e tabacco. Disse: "Mi avverta quando siamo in via San Diego, per favore. Potrei addormentarmi..." *** Alfonso Venturelli, basso, biondo, nervoso, quarantenne, continuava a pensare alle sue lezioni di letteratura e aveva da poco lasciato la cattedra: "I geni continuano a vivere nel cuore dei popoli perch sono stati capaci di captare l'essenza del bello anche se non hanno mai potuto spiegarla. il caso di Omero, Cervantes, Caldern, Garca Lorca e il nostro Neruda". Cont i soldi e separ le monete; guard l'orologio: "No, non andr ad ascoltare Snchez parlare degli scrittori baschi: troppo tardi". Si stava avvicinando all'angolo di via San Ignacio con Alameda. Un autobus nuovo, rilucente, simile a un'oblunga stella gigante, si ferm di fronte a lui: "Salga, professore. Le rimane qualche minuto. Passer da via Seminario." Venturelli sorrise: la sua fama letteraria era aumentata. Guard verso il fondo del veicolo: una coppia unita per le labbra e una vecchia sonnolenta. Si mise a sedere al fondo: voleva tornare a sobbalzare come faceva da piccolo. Vide solo tre nuche: quella del conducente era un'ombra. *** Un giovane studente, un venditore di noccioline, una grassona con le occhiaie e tutta inzuppata, un cieco e tre coppie salirono in via Nataniel; una delle donne era incinta. Per una segreta affinit, il ragazzo, un sedicenne, and a sedersi a fianco del professore. L'autobus prese a correre. "Ehi!" grid il taxista.- "Si fermi in via San Diego!" Via Arturo Prat, Serrano, San Francisco. Sempre pi di corsa. L'autobus volava. Tutti i passeggeri si erano incollati ai sedili. Il sudore della paura li bagnava. Venturelli corse in avanti: il sedile dell'autista era vuoto. Sbatt le palpebre, ingoi saliva. Riusc a mala pena a dire: "La vettura va da sola! Ci ammazzeremo!" Pedro Gonzles salt sul volante, si sedette e mise il piede destro sul freno: pigi sul pedale inutilmente. Lo studente indic i tetti neri delle case e le luci basse: "Guardate! Stiamo volando!" "Dio mio, perdonami!" pregava il cieco. Una voce di campana di rame vecchio, di radio invisibile, disse: "Questo l'unico viaggio dell'essere umano. Non meravigliatevi: cos come ci sono navi, aerei, treni della morte, esiste anche quest'autobus..." "Perch?" grid la grassona con le occhiaie, piangendo convulsamente. "Tutti voi portate a termine la vostra scadenza vitale alla stessa ora, fra pochi minuti. Dovete essere contenti: morirete in compagnia..." "Chi lo ordina?" domand la pallida donna di Rancagua. -"Dio?" "No. La morte non religiosa, un fatto" rispose la voce. "Chi sei tu?" domand nervosamente il cieco. "L'antagonista della vita, il revisore del tempo vitale. Un po' di me c' in ogni coscienza." " ingiusto! Io sono solo un bambino! Un bambino!" "S, studente, lo so. La donna dell'ultima coppia che salita in via Nataniel ha una creatura nelle viscere. Non forse ancora pi ingiusto?" "Non ancora nato! Non sa quello che vuol dire cominciare a vivere! Ho sedici anni! Mi vogliono bene! Ho amato! Non ho ancora oblii! Dio!"

L'autobus incominci a scendere sulla piazza Italia; tocc quasi terra con le sue ruote alate e morte: "Hai ragione. Salta gi! Non aver paura, vivrai. Modificher la tua scadenza." I passeggeri, a eccezione del cieco e di Margarita, si accalcavano vicino all'uscita. L'autobus incominci a sollevarsi. Videro il ragazzo, in ginocchio, scuotere i vestiti, raccogliere libri e quaderni. Guard verso l'autobus pieno di occhi aperti, lacrimosi, ansiosi, invidiosi di vita, disperati. Il cieco domand con voce spezzata: " successo qualcosa al ragazzo?" "No" rispose Venturelli. -"Si appena alzato e agita una mano per noi." Il cieco si incammin verso la porta dicendo: "Anch'io salter gi! Non sopporto questo viaggio crudele, questa follia esasperante." "Aspetta" disse la voce. "Il tuo caso diverso: hai quarantasei anni e hai perso la vista vent'anni fa, cadendo dal terrazzino della casa della tua amante, moglie di un altro. Se salti, soffrirai una lunga agonia. Qui morirai senza dolore..." "E io?" chiese la giovane incinta. "Mio figlio, per il solo fatto di esistere in me, ha diritto alla vita... La prego..." "S. Lo accetto." "Grazie. Per che cosa far senza mio marito? Tutti e due abbiamo bisogno di lui per continuare a vivere..." L'autobus scese toccando terra in Via M.Montt. "Saltate gi! Tutte le notti piovose mi inteneriscono, mi umanizzano. La pioggia per gli esseri umani ed nemica della morte." La coppia cadde soavemente. Si alzarono toccandosi le ossa; lei si palpava il ventre rigonfio. L'autobus raggiunse di nuovo la cima degli alberi. "Non modificher pi nessun altro destino. Adesso rimangono solo quelli del viaggio..." "No!" grid Margarita Lpez, soffiandosi moccioli e lacrime. "Ho lavorato per i miei genitori, per mio marito e per i miei figli. Adesso lo faccio per un nipote che va persino a scuola. Non ho fatto male a nessuno. Che differenza c' fra un ragazzo di sedici anni e mio nipote di sei? Il mio biondo e riccioluto, affettuoso..." "Scenda, nonna. Avr molta fortuna con il ragazzo." Cadde, come una piuma antica, in via Lyon. Si alz e attravers Providencia. Tir fuori il fazzoletto e se lo pass sugli occhi. L'autobus era ormai una cometa o una stella. "Signore o qualsiasi cosa lei sia" disse la voce emozionata di un uomo. "Io ho soltanto sogni e anche questa giovane donna, la mia fidanzata, ne ha. Sogniamo un figlio. Ci siamo amati e ci amiamo accarezzando questo sogno. Ogni uomo e ogni donna stata un tempo un sogno misterioso, caldo; le ansie, le aspirazioni non possono piangere perch non hanno occhi per guardare la morte senza volto che spezza ogni cosa. Lei lo deve sapere." "Va bene. Scendete vicino al canale. State attenti con l'acqua." Gli occhi, appiccicati ai vetri, videro il maschio tirar su la sua donna dalle acque oscure. Ambedue sorridevano, si abbracciavano; con le mani agitate, tremanti, salutavano i viaggiatori definitivi. "Anche per noi" disse Venturelli, "questo viaggio di morte ingiusto. Tu hai fatto delle eccezioni per amore dei bambini, perch la pioggia ti incanta, perch ormai comprendi quello che siamo veramente: degli indifesi davanti a qualsiasi falce. Io insegno ai bambini. Qualcuno deve mostrare loro la bellezza creata dall'uomo. L'arte l'abbiamo appresa dal vento azzurro che rincorreva le nuvole nei cieli della nostra infanzia; nei pesci abbiamo visto il primo albero-barca; negli uccelli un veicolo per solcare l'aria; dal sole abbiamo strappato le preziose e uniche monete: il grano; dall'immenso arcobaleno sotterraneo che dipinge ogni fiore nel silenzio della terra umida, abbiamo copiato il colore per vestirci e adornarci; dal profumo del gelsomino il trascendente per arrivare all'anima; dalle rocce il cuore delle nostre cattedrali; ascoltando le canne dei boschi abbiamo costruito i nostri flauti. vero, morte dolce, siamo transitori e per questo emotivi: passiamo dalle lacrime al riso perch ci difficile crescere, induriti, fra gli esseri sepolti che ci hanno amato e che ancora amiamo. Tuttavia, nonostante la tua insaziabile falce, viviamo speranzosi e amiamo per moltiplicarci: una nostra coppia qui nella terra, o l, nello spazio infinito, sar immortale. Modifica la nostra scadenza cos come hai modificato quella degli altri. Se lo fai avremo un'idea pi umana della morte. Ritorniamo al principio; fa il viaggio al contrario. Credo che miglioreremo, che saremo diversi..." "S! Io me ne andrei a casa; non mi piacciono le passeggiatrici sposate."

"Nemmeno a me piacciono i vecchi innamorati solo di gambe grosse." Un coro di s si lev da tutti i sedili. Il venditore di noccioline grid: "Vogliamo vivere in modo pi pulito, con un po' di dignit e con un po' meno paura di morire, con meno pianti..." L'autobus cominci dolcemente a girare e discese: il motore era rivolto a ovest. Come tocc terra, la pioggia cess. Apparve la luna fra le nuvole che si fecero bianche, come se un pennello di vento allegro si mettesse a scolorire i neri e i grigi. Milioni di stelle apparvero nel firmamento. Si ferm, con uno stridio di freni, di fronte a via Seminario e scese il professore tenendo stretti i suoi libri col braccio destro. I suoi passi lievi e rapidi furono applauditi dal resto dei passeggeri di ritorno. Due coppie scesero in via San Antonio e aiutarono il cieco a mettersi in marcia con il suo rumoroso bastone di legno di noce. All'altezza di via Estado l'autobus rimase quasi vuoto. Pedro Gonzles scese a via Bandera e and a vedere l'autobus diretto verso la Stazione Centrale. Gli parve che si alzasse e si trasformasse in un'altra stella fra gli innumerevoli "autobus" celesti. Entr in un bar e chiese una birra gelata. "Sa" disse il barista, "da dove vengo?" "No, signore." "Da un autobus che volava guidato dalla morte." "S, certo. Ma, visto che stiamo chiudendo, dovr andare da un'altra parte." "Non mi crede? Venga, esca in strada a vedere. L'autista amico dei bambini: quello che mi fa l'occhiolino dal cielo..." ******* I GESTORI DELLA PAURA ******* Una voce aspra, deformata da un lungo mestiere, ordin in tono pacato: "Bendatelo!" Voleva mantenere il suo volto bianco - lineamenti normali, europei - esterno all'interrogatorio: essere, per il detenuto, solo la voce che ordina. Una cosa impossibile: la relazione fra l'interno e l'esterno dell'uomo indistruttibile, persino per i ciechi dalla nascita. Voleva nascondere la propria insicurezza. Tutti i poliziotti sanno come comincia un interrogatorio: nessuno in grado di predirne le varianti n la conclusione. Successo o insuccesso, hanno di solito a che fare con la morte dell'interrogato, lesioni gravi, processo e condanna dei poliziotti. In tutti i casi, nelle coscienze nascono dei fantasmi: dei folletti importuni che ripetono voci, che esibiscono diapositive in proiezioni intime, retrospettive, indurite dal tempo; che rendono rugosi lineamenti giovani, che imbiancano prematuramente i capelli sulle tempie; che provocano oblii, balbettii, fuga di idee, insonnia, terremoti di pulsazioni, incubi. Nonostante tutto, in un modo o in un altro, gli umani continuano a interrogarsi reciprocamente da lunghi e dolorosi millenni. Sembra che sia una necessit sociale che l a negare il progresso della specie. Qualcuno, investito d'autorit, pone le domande; i sospettati rispondono. In questi nostri Paesi dell'America Latina, migliaia di sospettati si sono convertiti in autorit e migliaia di autorit sono diventate sospette. Questo terribile gioco si ripete e tutti giocano di rivincita. Quasi ogni autorit, pi o meno legittima, un essere umano con brama di potere. Qualsiasi umano ha paura residuo e anticipazione di morte. Quello che anima i contendenti durante gli "interrogatori" che ci sono quelli che vogliono il potere o pi potere e quelli che non vogliono perderlo n perdere la vita. In scala minore, li anima l'integrit fisica; a un livello pi basso, il maltolto. Negli interrogatori propriamente tali, quello che si cerca il perch di un certo comportamento criminale per poter conseguire un grande obiettivo umano: la prevenzione del delitto grazie alla conoscenza reale delle sue cause. Due mani sfiorarono, da dietro, le orecchie del detenuto. In un attimo, un panno lungo e nero lo priv della vista.

"Siediti, Tucho!" Il grasso e basso cinquantenne - il principale sospettato per l'assassinio di Demetrio Amar Abedrapo - tast intorno e si sedette su una sedia alta. Le sue gambe corte rimasero penzoloni. La sedia era stata fatta fare a sua misura dallo scomparso gigante arabo: un metro e novanta centimetri. "Sei stato macellaio?" "S, signore." La voce dell'interrogato suon vuota, inconsistente: la voce di un uomo disorientato, afflitto, in lotta con l'ignoto, che cerca di sopravvivere, di orientarsi, bendato, seduto, spaventato. "Non si squarta un uomo vivo come se fosse una bestia morta." La seggiola cigol perch El Tucho - cento chili - si era mosso. Dove colp questa frase e come, per riuscire ad alterare un sistema nervoso centrale assuefatto a percezioni sensoriali durissime? Che cosa si pu dire quando si incalzati da voci profonde e dal tempo? Gli uomini credono che negli interrogatori della polizia le domande e le risposte debbano avere la velocit di una partita di ping pong. Non c' posto per la riflessione: nell'indugio c' pericolo; ma c' ancora pi pericolo in quello che si pu dire pressati dalle circostanze. La capacit di conoscere e di comprendere l'essenza dei fenomeni di colpevolezza e le loro manifestazioni umane risiede ancora nelle zone oscure dell'indagine scientifica. Un'intuizione di verit basta. Il ragionamento continua ad aspettare. El Tucho fu diretto, elementare: "Non sono stato io, signore." "Chi allora? Tu sei quello che, teoricamente, avrebbe tratto vantaggio da questa morte. L'unico con il coraggio e il mestiere di macabro macellaio. Hai usato la sega o un seghetto? C' troppo sangue in questo retrobottega: quel cadavere enorme si dissanguato completamente perch stato squartato qui.2 Quando nella posizione di chi nega, ogni uomo resiste finch la mente, somma giudicatrice, apre dei varchi comportamentali: "Non ho assassinato nessuno." La dimenticanza dell'appendice "signore", non pass inosservata. Un gelido "sorriso" rimarc l'omissione: la sicurezza minacciava di crollare. Era necessario insistere con risolutezza, con logica, sul bersaglio schiuso dalle verit della criminalistica rivelate dai tecnici del Laboratorio della Polizia Scientifica. "Sui tuoi vestiti sono stati trovati schizzi di sangue umano: erano dello stesso gruppo sanguigno di quello del Turco [in America Latina vengono chiamati cos tutti gli immigrati dai paesi arabi, NdT]. Evidentemente, sei stato molto vicino a questa fonte rossa. Nello stesso momento in cui si sono rotte le vene: n prima n dopo. Legatelo alla sedia!" Quattro agili mani lo immobilizzarono con corde e solidi nodi. "Devo ritornare in carcere. gi tardi. Lei conosce il regolamento carcerario. Lei aveva detto che mi avrebbe riportato al penitenziario prima della chiusura. tardi: si fatto buio." Ripetizioni: la mente del Tucho aveva cominciato la danza del terrore. Un'unica idea istintiva, ricordi positivi, disordine. Il commissario sorrise apertamente, freddo, controllato. Quasi una smorfia. Un agente giovane lasci udire il suo riso di paura."In carcere? Vivi fra equivoci. Qui nessuno sa quello che succeder. Il tempo non ha importanza. Si fatto buio per te e non solo per colpa della benda: che la tua anima nera, oscurata." Alberto Hipmenes Caldera Garca, alias El Tucho, inghiott saliva. Quattro paia di occhi lo videro, otto orecchie sentirono il passaggio della saliva dalla faringe all'esofago per dire, per l'ultima volta: "Non ho assassinato nessuno. Fate quello che volete." "Sei vulnerabile come tutti, Tuchito. Ti sta crescendo la paura dentro e noi faremo in modo che ti inondi, ti affoghi. Tu stesso la sentirai uscire da tutti i pori..." "Un tribunale mi sta processando. Un Giudice Istruttore sta occupandosi del mio caso." "Il tuo caso? Un processo senza un cadavere con l'etichetta di 'presunta disgrazia'." La voce del commissario si fece metallica, quando aggiunse: " il caso di un arabo... amico tuo; e vogliamo cambiare quella denominazione processuale cos vaga con quella di 'omicidio aggravato'. Tu ci consegnerai questo cadavere o i suoi resti. Questo il nodo rosso che in un modo o nell'altro scioglieremo." Degli occhi chiari, d'acciaio, erano inchiodati su di lui, alla caccia dei pi lievi movimenti fisiologici dell'angoscia. Le voci "cadavere" e "resti" furono martellate. La frase "nodo rosso" fu pronunciata con enfasi. Il commissario fece un segnale strano: mosse la mano destra come se girasse una manovella invisibile.

Da una valigetta nera, le mani di un ispettore spilungone tirarono fuori un piccolo magnete: un generatore di corrente elettrica con calamite fisse e un avvolgimento primario. Quando si faceva girare a mano la piccola manovella di bronzo, la corrente passava su due fili sottili di rame con le estremit scoperte. Qualsiasi uomo normale pu resistere all'elettricit generata dai magneti della polizia senza nessun danno alla salute; ma la mise en scene, la professionalit degli attori, la condizione di colpevolezza - nel caso, ovviamente, che l'interrogato lo sia - e l'ignoranza sulla fonte elettrica e la mitica ripetizione delle "leggende nere" della malavita, fanno s che i detenuti "vivano" scariche di corrente "mortali". Una delle estremit gli venne arrotolata sul dito medio della mano destra; l'altro a un dito della mano sinistra. "Che cosa mi state facendo? Perch state zitti?" La paura ha una sua radice e pu essere stimolata, l'angoscia no; ma nei sintomi l'una e l'altra si assomigliano. L'angoscia diventa terrore quando la normalit non c' pi, quando una mente umana ignora quello che le altre stanno facendo contro di lei. "Mettiamo alla prova la tua resistenza, la tua virilit. Quando vuoi parlare, alza un dito." Gli aprirono la bocca e gli misero uno straccio fra i denti perch non si mordesse le labbra e la lingua. Il commissario fece un cenno con la testa. Uno dei poliziotti fece girare la manovella e El Tucho salt sulla sedia. Gli diedero altri due giri. Si ud un mormorio di voci in processione: basse, sorde, inintellegibili. Il sudore gli colava a fiotti e muoveva la testa da una parte e dall'altra. Sciacallo ferito, alz un dito. Gli tolsero la mordacchia: "Mi state uccidendo. Non so niente." Il commissario indic l'orecchio del detenuto. Una delle estremit fu legata al padiglione dell'orecchio destro del Tucho. La mordacchia fu rimessa in bocca. Tre giri completi di manovella. Il detenuto, che faceva fatica a respirare, alz un dito: "Sto soffocando. Datemi dell'acqua." I poliziotti si guardarono fra loro: erano arrivati a uno dei punti critici di qualsiasi interrogatorio violento. Che cosa si fa? Come? Lasciarono il detenuto solo e si consultarono a voce bassa: "Lei che ne pensa, dottore?" " troppo grasso, commissario." "Mi sembra che stia facendo del teatro." "No. La traspirazione violenta. Ci sono sintomi di soffocamento. Credo che ci siano gi delle lesioni da congestione." "Cambieremo il modus operandi. Ragazzi, stendetelo sul bancone! Ah, ma, imbarilato." Con delle bende, grigie per l'uso, lo avvolsero come una mummia. Poteva muovere solo la testa e le dita delle mani. Imbarilato, lo spostarono affinch la testa rimanesse un po' pi bassa del corpo. Un segnale e l'acqua incominci a cadere sul naso e sulla bocca del Tucho. Acqua a fiotti ininterrotti, che ostacolavano la respirazione. "Fermi! Quando vuoi parlare scuoti la testa." Al Tucho sarebbe piaciuto poter chiudere le narici. Cercava di compensare la mancanza d'aria aprendo disperatamente la bocca, ma c'era acqua anche l. Approfitt della pausa per riempirsi i polmoni di ossigeno. "Continuate!" L'acqua torn a cadere, abbondante, chiara e spessa, inondando labbra, palato, faringe, lingua, denti; persino l'ugola. Affogava. Mosse la testa disperatamente: era paonazzo. "Alt, acquaiolo dell'inferno!" Quando riusc a parlare disse: "Confesser. Dir tutto. Non ce la faccio pi, signore, proprio qui, accanto a questo bancone... l dove ci sono quelle assi bruciate, l'ho... ucciso e l'ho tagliato a pezzi..." "Dove sono i resti?" "Nell' Almendral, Callejn de las Monjas. Li ho interrati sotto un muro. Mi ha aiutato, per soldi, Anbal Chaparro, un contadino che vive da quelle parti. Smettetela di tormentarmi." "Va bene. Slegatelo!" Erano trascorse ore nere, rosse, convulse. Ognuno dei presenti aveva appeso la sua anima a quella del Tucho. Nel cuore stesso della paura c' la morte, quasi visualizzata, oggettiva, quella che ci fa comprendere l'errore. Poliziotti e tecnici che pregano appaiono meno autentici di uomini che pregano fra i denti. Il canto di un gallo

lontano port in quel retrobottega del terrore un regalo di vita naturale, pulita, e le menti ricominciarono a funzionare: "Rimarrai bendato. Siediti. Parlaci del delitto." "Oramai sa tutto." "S, l'abbiamo sempre saputo. Da solo?" "S." "Hai avuto paura?" "S, ma per cose accadute. Era molto vecchio, sessantenne e troppo ricco. Io ero stato il suo inserviente, inserviente adulatore, sottomesso. Dovevo guadagnarmi la sua fiducia e tutto quello che faceva o diceva io lo trovavo... perfetto. Viveva in questa casa da solo e io di solito mi fermavo per fargli compagnia..." "Il delitto, Tucho!" "La notte del 9 maggio 1947 mi sono avvicinato a lui furtivamente, da dietro, e gli ho dato un colpo in testa..." "Con cosa?" "Con un martello. caduto. Nel cadere ha fatto un enorme rumore. Ho pensato fosse morto. Mi preparavo a..." "Continua! Non cambiare la frase!" " ...tagliargli la testa. Ha aperto un occhio e ha parlato: 'Tucho, perch?' La sua voce era bassa, tremolante. L'ho guardato, signore, e mi sembrato morto." "Avevi acceso la luce?" "No. Lui aveva sul banco una lampada a paraffina, con una luce fioca. Dopo la prima martellata ho messo la lampada per terra. Ho preso il martello e lui mi ha guardato di nuovo e mi ha detto: 'No, Tucho. No.' Lui tremava e io anche. Ho lasciato cadere il martello sulla sua testa. A ogni martellata il suo corpo si ritirava e si distendeva. Quando rimasto quieto, rigido, io ho cominciato a tagliarlo..." "Sei un macellaio schifoso. Andiamo a cercare i resti." Era ancora notte a San Felipe. Una notte gelatinosa, molle, appiccicosa. A eccezione del gallo mattiniero, tutti dormivano, persino gli alberi della vecchia piazza. Quello che si era risvegliato per non lasciar dormire era il terrore. Il sonno il porto oscuro e misterioso dell'uomo, nel quale, notte dopo notte approdiamo, se il fardello del giorno pulito, generoso; come se ci allenassimo al grande sonno, quello privo di risvegli. Fendendo ombre basse il veicolo della polizia arriv al Callejn de las Monjas. Anbal Chaparro, un contadinone gigantesco, dormiva sul pavimento di una stanza. Si risvegli a met. Fra luci di lanterne vide El Tucho e cap il lungo rosario di: confessione, delazione, arresto, processo, confronto, sentenza. Il coautore-seppellitore e lassassino-squartatore si attaccarono, accusandosi, ritorcendosi le accuse. Due badili e due pali appuntiti. I criminali scavarono due metri sotto il muretto divisorio di un podere. Con l'alba arriv il fetore, trasportato dall'aria pura, annunciando che era stato trovato qualcosa di putrefatto. La mano di Chaparro, affiorando dalla buca, mise sulla superficie una gamba nera, oleosa; una gamba col femore scoperto. La mano tir fuori un braccio, un altro, la gamba sinistra, pezzi di tronco. Fra due mani salt fuori finalmente l'enorme testa di Demetrio Amar. Due sacchi per le patate si riempirono di resti. Il gruppo di poliziotti, che si era ingrandito con Anbal Chaporro e con lo squartato Demetrio, si diresse verso l'ospedale di San Felipe. Su un freddo tavolo da autopsia, un medico di Santiago ricompose anatomicamente il puzzolente puzzle rosso. Tre anni e tre mesi dur il processo di uno dei gestori della paura: nel settembre del 1950, Alberto Hipmenes Caldera Garca fu fucilato. L'altro gestore, nessuno sa come, vive ancora. ******* Duole ancora ********* Una buona eredit genetica si disperde in un contesto negativo, cos come chi nasce in un ambiente disastroso pu molto migliorare dopo essere stato introdotto in uno positivo. L'obiettivo di noi cileni dovrebbe essere quello di migliorare al massimo possibile le condizioni fisiche e sociali del nostro ambiente. Questa storia veritiera lo dimostra con drammatica eloquenza.

All'incirca a mezzogiorno del 17 gennaio 1952, un uomo che disse di chiamarsi Juan Daz Otrola vide il cadavere di un bambino galleggiare a faccia in gi, nelle acque sudice della "laguna"di via Sierra Bella al sud del Canale de la Aguada. Si limit a denunciare il ritrovamento al sergente-capo della caserma dei carabinieri di Santa Elena, e diede come suo recapito la via Brigadiere Walker 2045: via che non esiste, essendoci, in quei paraggi, solo una strada corta che si chiama Brigida e non Brigadiere Walker. Dalle ricerche condotte nell'Ufficio Centrale dell'Anagrafe, salt fuori solamente un certo Juan Daz Otrola, domiciliato in via Patronato 41. Interrogato rispetto all'insolito ritrovamento, egli disse di ignorare i fatti e il sergente non riconobbe l'autore della denuncia nella fotografia che del suddetto Daz Otrola gli veniva esibita. Nessuno sa, in realt, che cosa abbia spinto un teste tanto strano a fornire nome, cognome e domicilio falsi. Secondo le dichiarazioni di uno degli autori, l'allucinante crimine sarebbe stato commesso approssimativamente quando l'introvabile Juan Daz Otrola si trovava nei paraggi del luogo del delitto. Il sergente si diresse al luogo segnalato e, con l'aiuto dei suoi uomini e dei vicini, recuper il cadavere di un bimbo di sette anni. Immediatamente inform del caso il giudice della Sesta Sezione Penale di Santiago. Il magistrato ordin telefonicamente la rimozione del cadavere e il suo trasferimento all'obitorio, e affid l'indagine alla Squadra Omicidi. L'esecuzione del mandato, tocc, per turno quindi quasi per caso agli agenti Hernn Escobar e Juan Salinas. All'Istituto Medico Legale, fra cadaveri di adulti di ambedue i sessi, sconosciuti e identificati, interi o mutilati, antichi e nuovi, per loro fu facilissimo trovare quello corrispondente a un bambino gracile e "blu", il blu-violaceo dei cianotici: la tipica colorazione della pelle e delle mucose, dovuta al trauma circolatorio e all'alterazione, di natura tossica, dell'emoglobina. Anche questa tipica degli affogati autentici: quelli che hanno lottato disperatamente per sfuggire all'asfissia. Come sempre, il referto dell'autopsia era laconico: "Asfissia per immersione in acqua". Uno dei medici legali confid agli investigatori: "Acqua stagnante, putrida, paludosa. Vicino alle labbra si riconoscono piccole ecchimosi rotonde ed escoriazioni dovute alla pressione di piccole dita... e graffiature. Si tratta sicuramente di un infanticidio." "Grazie dottore. Lei sa" domand Escobar "se il morto indossava una giacca?" "No." Nella segreteria dell'obitorio, un impiegato annota in un registro gli indumenti e gli oggetti rinvenuti indosso ai cadaveri che vengono raccolti nella citt. L'annotazione corrispondente al bambino di Sierra Bella diceva: "N.N. Camicia bianca, pantaloni corti, scuri, di lino grezzo. Mutande bianche, scarpe nere e calzini grigi." Parlarono col sergente della caserma Santa Elena: "Com'era il teste?" "Quasi non lo ricordo. Uno di quegli uomini con la faccia e la voce comuni, che non si imprimono nella memoria. Le denunce le scrivo a mano e non alzo lo sguardo dal registro: mi limito a copiare quello che sento. Chi mai poteva sospettare di un teste? Voi?" "No." "Volete vedere il luogo dell'accaduto?" Risposero di s, e cos i tre rappresentanti della legge si incamminarono prima verso ovest e poi verso l'estremo sud della citt. " l" esclam il sergente mentre attraversavano il vecchio ponte di ferro del canale, stretto tra grigie reti protettive. "Manca poco, ormai." Nelle vicinanze torreggiavano i tralicci dell'alta tensione. Sotto... l'acqua rumorosa, mescolata al fango, correva veloce lungo il declivio scosceso del corso naturale, saltando e vorticando fra le grandi lucide pietre nere, riempiendo l'aria con un olezzo di tiepide acque stagnanti infernali, vischiose. Da est il vento portava un fumo pungente di misere immondizie che bruciano fra mucchi di erbacce ingiallite dal sole dell'estate. Ovunque i soliti bambini seminudi e con il ventre sporgente e gonfio. Cani randagi, con la pelle flaccida e rognosa; gatti spaventati, quasi selvatici, e grumi di mosche appiccicose, coprofaghe, all'assalto dei tiepidi escrementi di una vacca al pascolo. La cos detta "laguna",un antico braccio d'acqua che sembra l'amputazione del canale, formava un ovale irregolare, calmo, pestilente, basso. Il suo fondo venne rastrellato e restitu una piccola giacca scura, dalle cui

tasche uscirono una biglia rossa e una gialla, una monetina d'argento antico, ecuadoregna, il bastoncino di una fionda e una vecchia busta scritta a mano, con un francobollo straniero, che l'agente Salinas prese per un angolo e agit per farne scolare l'acqua. Erano in uno spazio aperto, senza alberi n case vicine. Gli autori del delitto dovevano essere stati ossessionati da un gioco di morte e non si erano accorti del testimone-spia oppure egli era arrivato dopo il delitto. Il duro terreno che era stato scenario dell'accaduto, non lasciava intravvedere nessuna orma. Escobar raccolse un piccolo bottone di latta coperto di similpelle, color marrone. I poliziotti guardarono in alto verso est, verso i riflessi iridati della luce del sole sui picchi della Cordigliera e non riuscirono a liberarsi dal peso che li opprimeva. Ritornarono indietro. Nel laboratorio della Polizia Tecnica, la busta fu attentamente lavata e asciugata, stirata e fotografata in controluce radente: i toni violacei dei vapori di iodio metallico colpirono i segni originari e, attraverso il visore del microscopio binoculare, fu possibile leggere: "Sig. Luis Todonovich. Chilo,1982. Santiago. Cile." La casa di via Chilo, bassa e verde, stava cadendo a pezzi. Sbarre di ferro proteggevano le finestre. Bussarono alla porta di legno scura e oleosa. Un netto stridio di cardini secchi e un forte odore di sudiciume preannunciarono il profilo di un vecchio volto che si affacci curioso. Mostrarono i loro documenti: "Cerchiamo Luis Todonovich." Una voce svogliata, impastata dall'alcol rispose: "Esce presto e rientra tardi." Un paio di vecchi mendicanti lasci la casa. Il guardiano alcolsita domand: "Che fa?" A volte solo l'autorit che fa domande: "Lavora?" "Permesso..." altri uomini, quasi senza volto n vita, uscivano dalla casa. "S. Ha un posto da lustrascarpe al lato di Las cachas grandes. Qui, dietro l'angolo. In via Franklin." "Che tipo ?" "Un buon uomo. Silenzioso e..." "Che aspetto ha?" " zoppo, magro. Bianco di capelli. Vive qui con suo figlio e paga la sua quota tutti i giorni." "Vive con qualcun altro?" Il vecchio sdentato sorrise con l'angolo sinistro della sua maschera di anni e di tribolazioni: "Con un'ottantina di persone e pi, dipende dalla giornata. Questo un asilo notturno." "Con qualcun altro della sua famiglia?" "No, signore." "Com' il bambino?" "Gracile, triste. Dev'essere con suo padre; lo aiuta a lustrare le scarpe..." "Grazie." Lo videro da lontano: la gamba destra era di legno e cuoio e finiva in un anello di bronzo rilucente. Sembrava l'andatura zoppicante di un palmipede. Si avvicinarono pensando, per mestiere, alla forma in cui comunicargli la notizia. I dettagli esterni al dramma sono quasi sempre di troppo. Quasi senza volerlo, Escobar assunse un tono grave: "Signor Todonovich, siamo della polizia. Un ragazzino, crediamo che sia suo..." "Lo so. Era mio figlio. L'ho appena riconosciuto all'obitorio." "Come l'ha saputo?" "Prima di cominciare a lavorare, mentre facevo colazione nel locale accanto, mi ha avvicinato Juan Villa, un ragazzino del quartiere, e m'ha raccontato che Luis Segundo si era affogato nello stagno della Sierra Bella. Mio figlio era scomparso da ieri mattina." "Quanti anni ha Juan Villa?" "11 o 12 anni. Lo chiamano Lametta. Fa il lustrascarpe, canta sugli autobus e ruba." "Dove lo possiamo trovare?" "C' qualcosa che non va nella morte di mio figlio?" "Tutte le morti pubbliche, signore, vengono indagate come omicidi, finch gli eventi non dimostrano il contrario." "Abbiamo bisogno di parlare con Juan... guardandolo negli occhi." "Ah! All'angolo di Franklin con San Diego, all'entrata del cinema." "Lo descriva, per favore."

"Moro, capelli crespi, nervoso. Porta pantaloni neri lunghi, con pezze alle ginocchia e un giaccone di velluto a coste. La sua cassetta degli attrezzi ha una serratura su uno dei lati." "Dove possiamo ritrovarla? Potremmo avere bisogno di lei nei prossimi giorni." "Non lo so. Devo provvedere a tutte le pratiche per la sepoltura. Lascer un amico a occuparsi del mio posto di lustrascarpe: l'ho avvisato e lo sto aspettando." Lametta si stacc dal paraurti posteriore dell'autobus della linea Ovalle-Negrete, con la grazia alata di un ballerino professionista. La cassetta da lustrascarpe, appesa con cinghie nere, sembrava la cartella di un liceale. Fosco e scapigliato, si ferm all'angolo della strada a osservare il passaggio della gente. Una mano forte gli afferr la spalla destra e l'aspra voce della legge domand in tono inquisitore:"Come hai saputo della morte del figlio dello zoppo?" Il ragazzo spalanc gli occhi e la bocca. Riprese rapidamente l'espressione normale, senza smettere di guardare in faccia i poliziotti. Sembrava fare i suoi calcoli. "Me lo hanno raccontato" disse infine. Gli diedero uno scossone degno di un terremoto: "Chi?" "Dei ragazzetti." "Sei agli arresti, Juan Ballista, perch il figlio dello zoppo non caduto nello stagno." Guard con attenzione Escobar, Salinas, il suolo e le sue mani nere di cera da scarpe. "Rispondi!" lo incalzarono. "Che cosa posso dirvi? Non so niente" si difese. "Perch l'hai detto allo zoppo?" "Andava in cerca di suo figlio, come un pazzo." "Hai un padre?" "No. morto." "Sei mai stato arrestato?" "Per furto." "Andiamo." Lo misero in mezzo e si incamminarono per via San Diego, verso il nord. Un altro ragazzino li seguiva... a distanza. "Chi ?" domand Salinas che lo aveva notato con la coda dell'occhio. "Mio fratello. Non c'entra niente con tutto questo." Lo aspettarono. Anche il ragazzino si ferm. Forse non aveva nemmeno otto anni. "Chiamalo!" Juan gli fece un gesto e lui si avvicin con un tremolante timore animalesco: "La mamma dice di mandarle i soldi. Dove ti portano?" "Non ne ho di soldi. Mi hanno arrestato." "Vengo anch'io." "No! Torna indietro... d alla mamma questi dieci pesos." "E cosa le dico?" "Niente. Prendi la cassetta e lucida. Mi metteranno in libert perch sono ancora un ragazzo." All'angolo di via uble, Escobar comment: "Mi sembrato che tuo fratello sapesse quello che successo allo stagno." "S. Gliel'ho raccontato stanotte." "Pu darsi che fosse con te quando..." "No. Lui non c'era e io neanche." "Adesso ti regalo un bottone che ho raccolto con le mie mani ai bordi dello stagno. quello che ti manca nella manica destra. Chiariamo questa faccenda: chi c'era l?" Il ragazzo si morse le labbra gi mordicchiate. Fece delle smorfie strane e fu preso da convulsioni... sembrava ammalato. Con la voce forzata, da uomo, disse: "Dammi una sigaretta." Aspir il fumo con tre boccate, una dopo l'altra.

Vacill, si gratt la testa e ritorn alla sua voce rotta e confusa, domandando: "Mi picchieranno? Sono epilettico." "No, ragazzo. Nessun poliziotto picchia i bambini." "Non menta, signore. A me, m'hanno picchiato." "Non mento. Parlo dei poliziotti specializzati nell'indagine di delitti gravi. Dobbiamo sapere quello che successo, perch la morte violenta di un bambino ci riguarda tutti. Sai leggere?" "No." "Sai contare?" Ritorn a guardare a terra. Sembrava che le ultime domande di Salinas lo avessero infastidito. "Va bene. Il gruppo lo formavamo lo Spillino, il Cinese, il Giallo Banana , il Piccolo e io. Ieri ho visto il figlio dello zoppo che faceva colazione nel negozio di via Franklin. Nel momento di pagare l'ho visto tirar fuori vari biglietti da dieci pesos. Ho parlato con lo Spillino e gli ho detto che potevamo invitarlo allo stagno, che avremmo fatto il bagno e gli avremmo preso i soldi. Abbiamo invitato anche gli altri ragazzetti. Tutti e sei siamo saliti su un autobus fino alla fermata 3 de la Gran Avenida; poi, a piedi, tirando pietre ai passeri, cantando e dicendo parolacce, siamo arrivati fino alla pozza. Non c'era nessuno; solo una mucca nera a macchie bianche..." Aspir lungamente e toss. La bocca gli si riemp di saliva. Salinas lo prese per un braccio perch si accorse che aveva un mancamento. "Continua." "Fra tutti lo abbiamo buttato a terra e, mentre qualcuno lo teneva e qualcun altro gli tappava la bocca, io gli toglievo il cappotto. Lo abbiamo gettato in acqua, siamo entrati nella pozza anche noi e lo abbiamo trattenuto sott'acqua finch ha smesso di tirare calci. Da fuori gli abbiamo tirato delle pietre. Il Piccolo, che aveva preso i soldi, li ha divisi fra tutti noi. Non erano molti, secondo lui. A me ha dato dieci pesos, il biglietto che avete visto. Abbiamo gettato in acqua anche il palt. Ci siamo separati l. Io sono ritornato al Mattatoio e mi sono preso un latte tiepido con pane tostato." Salinas, sposato e con figli, non parl pi. Escobar, scapolo, continu l'interrogatorio. "Perch l'avete fatto, Juan?" "Non lo so." "Vi ha visto qualcuno?" "No." "Che ora era?" "Mezzogiorno." Le dichiarazioni di Lametta furono confermate dagli altri quattro ragazzetti. Il Piccolo, dodici anni, il pi anziano e forte della banda, aggiunse la sua variante: "Quando qualcuno si mette in qualcosa, deve portarla a termine." Il Cinese, dieci anni: "In quello stagno ci siamo buttati varie volte. Juan mio vicino e insieme ci siamo fatti il bagno nello stagno e perfino nel canale." "A te quanto toccato?" "Tre pesos." "Li hai ancora?" "No. Ho comprato del cioccolato." Con voce sibilante confid: "Quel ragazzo non sapeva nuotare." Il Giallo, nove anni, si limit a piangere. Escobar spieg al suo capo: "Penso che lo hanno visto in qualche film e che hanno associato una sassaiola a un gioco di morte." Salinas: "Sento tristezza di... questa specie; qualcosa come... nausea morale." (Novembre 1973) ******* Il pescatore di rifiuti

******* Il grigio e centenario ricovero della via Coln era stato un tempo un convento: i religiosi avevano lasciato il grande casamento del quartiere Vivaceta ai poveri. Nel grande patio comune c'era un solo rubinetto per tutti gli abitanti degli undici monolocali, tanti quante erano state le ex celle del convento, che gli si affacciavano tutt'intorno in semicerchio. Anche senza contare naturalmente quella delle piogge invernali, non era l'unica acqua che avevano : c'era, infatti, un canale aperto, ampio e profondo, in cui scorreva un liquido di discarica puzzolente e oscura, che costeggiava la parete di mattoni e paglia del lato nord, lambendo con la sua umida lingua perforante e instancabile il fango messo a seccare al sole. Lo crepava, lo sfaldava, lasciando saltar fuori dalle sue viscere lunghe spighe di grano dorato, e se lo portava via a poco a poco. L'acqua non ha fretta. Sulla sua vecchia sedia a rotelle, approfittando di tutta la luce del giorno, Felipe Snchez, il figlio maggiore e invalido della signora Margarita Grandn, "pescava" scarpe spaiate, pezzi di legno e di juta, cartoni, bottiglie, pezzi di stoffa. Mercanzia che si accumulava via via sui bordi del canale. Era il fornitore dei robivecchi del quartiere. Aveva le gambe paralizzate. Era epilettico. Ma i suoi disturbi nervosi non erano solo perdita della conoscenza, convulsioni, spuma alla bocca, pallore e angoscia. Lui, ormai, era affetto da vere alterazioni mentali. Non sapeva e non poteva essere comunicativo, ma tutti i suoi vicini, inclusi i bambini e i cani, capivano i suoi rari momenti di allegria per le sue risa rumorose e ballonzolanti: colpiva la sedia con la sua canna da pesca e muoveva le mani come se stesse ballando la danza del paralitico. La signora Margarita lavava la biancheria altrui. Le sue forti braccia nude e olivastre entravano e uscivano dalla tinozza, sempre coperte di bollicine o gocciolanti d'acqua. Odoravano di cloro. Nelle sue mani che sguazzavano come pesci, la pelle si era fatta ormai di pergamena. Vedova eroica, era instancabile nel suo affaccendarsi da formichina. Le sue figlie, Olga e Ins, ancora minorenni, studiavano al liceo della Avenida Independencia. Tutte le sue faccende di casa, lavare, stirare, cucinare, cucire, le faceva stando vicina a suo figlio, l'immobile e paziente pescatore di rifiuti. Era consapevole che l'attacco epilettico avrebbe potuto sopraggiungere in qualsiasi momento. Per sicurezza, teneva la sedia agganciata con una grossa corda all'unico albero del ricovero, un'alta acacia che i religiosi avevano ricoperto nella parte bassa del tronco con una sostanza grassa scura e spessa. Mentre metteva a bagno la roba, ramazzava, sfregava, risciacquava o stendeva i panni, guardava suo figlio con una strana miscela di sofferenza e allegria. Una cagna dal pelo fulvo, che tutti chiamavano Bellina, stava sempre sdraiata a fianco di Felipe. Gliel'aveva regalata Jos Donoso, il ciabattino, vicino di casa di Margarita. Era allenata a cacciare le pantegane del canale, ma sapeva anche far scappare gli altri cani e i gatti. Riusciva persino a impedire che dei ragazzetti malintenzionati si avvicinassero a Felipe per prenderlo in giro. Quando il poverino aveva bisogno di un aiuto, lanciava l'allarme abbaiando. Tutti gli uomini del ricovero scambiavano qualche parola con il 'pescatore' e gli regalavano sigarette. Donoso, quando voleva sgranchire le grosse gambe tumefatte dalle vene varicose, andava da lui: "Come va la pesca?" "Cos cos, Jos. Poca roba." " che non usi i vermi. Un uncino attaccato a una pertica non attrae neanche un pesce gatto." "Dai. Smettila di dir sciocchezze. Un giorno, vedrai, pescher qualcosa di buono." "S: il raffreddore, un po' di puzza, un gatto putrefatto..." "Hai dimenticato la bella bambola che ho pescato per tua figlia?" "No, e ti dico ancora grazie. Il brutto che per questa canaletta non passano n pellicce n gioielli n biglietti grandi." " vero, ma ti hanno fatto comodo le scarpe che ti ho pescato..." "Te le ho anche pagate. Chi ti compra delle scarpe sgangherate?" "Qualsiasi altro calzolaio. Ieri pomeriggio ho pescato una maglietta verde. La vedi? quella che mia madre ha lavato e steso vicino alla cucina. Non la trovi bellina?" "S." Bellina tese le orecchie e ringhi. Felipe la tranquillizz: "Non sei l'unica Bellina al mondo..."

Il calzolaio, sorridendo, ritorn al suo banco. Felipe tir la pertica in acqua e la trascin controcorrente. Usc fuori pulita pulita. Al tramonto, le sue sorelle gli portarono un pezzo di cioccolata e lo spinsero, correndo, verso casa. Bellina saltellava di qua e di l, finch un pezzettino di cioccolato le casc fra le fauci umide e rosse. Lo gust e, riconoscente, tagli il vento con un salto di luce e fiamma e agit ripetutamente la sua lunga coda di fuoco. La piccola tavola era apparecchiata: sopra la tela cerata blu con macchie bianche fumava una zuppa densa e il pane riscaldato era ancora tiepido. Felipe infil in una rosetta il palpitante midollo giallo di un osso rotondo, mangi avidamente, poi addent la poca carne dura che stava attorno all'osso e bevve persino un bicchierino di vino. "Che compiti avete, ragazze?" chiese la madre. "Il solito" rispose la maggiore. "Scrittura, matematica, quelle cose l." "Sta gi arrivando l'inverno e, come tutti gli anni, sar tutto pi caro: la legna, il carbone e il resto. Sto facendovi dei maglioni a mano. Uno viola, come il freddo, l'altro nero. Sono gli unici colori che ho trovato." "E per te mamma?" chiese Ins, la pi piccola. "Io sono robusta e sono abituata al freddo. il vantaggio delle lavandaie." Le bambine fecero i loro compiti e si coricarono sul vecchio lettone della madre. "Resti a dormire sulla sedia a rotelle?" "No. Dammi una mano, ho le natiche addormentate. Andr a buttarmi a letto" rispose Felipe. "Quest'anno stai meglio: gli attacchi non ti sono pi venuti tanto spesso." Lo mise a letto. Usc sul patio e tir dentro la tavola da stiro bruciacchiata e i due stenditoi di legno. Mise dell'altro carbone nel ferro da stiro arrugginito, appicc il fuoco e soffi. Un canto sommesso l'aiutava a rendere meno monotono l'andare e venire della mano destra sullo stesso percorso di tela: canzoni dei suoi verdi ricordi di Chillan. Sembra proprio che ai figli della provincia di uble, forse proprio perch hanno sofferto tanto, nessuna tragedia riesca a spezzare l'anima. Dall'angolo scuro arriv la voce del figlio: "Mamma, canta la La pietra delle comari." "Svegliamo le bambine." Si sent un coro di voci, affratellate dal vincolo di sangue, la bellezza, la tradizione: "No, mamma, canta. Non siamo addormentate." E la canzone arriv per percorsi di un tempo ormai lontano, rimbalzando sui vecchi mattoni del convento, alleviando, come balsamo alato, le asprezze vecchie e nuove. Pietruzza delle comari sentiero arioso del colibr; infuso d'argilla e tempo chitarrista di Quinchamal. Tra Quillay e Peumi morir se tutti i giorni con te star. La voce si diffuse nel patio e gli orecchi dei vicini la sentirono ancora una volta. Donoso pens: "Questa vedova dal cuore di storno, mi costringer ad andare a vedere la sua terra: tutte le notti canta ballate che non avevo mai sentito." Si spense il chiarore del carbone nel riquadro del portale mentre la voce sommessa e calma, aroma di emozioni cristalline, continuava a far ordine nel ritornello del vivere senza meta, trovando un senso per la vita e per la morte nella pace della notte familiare. Non solo i cani abbaiano all'alba, anche l'uomo grida rabbioso: "Juana! Dell'altro pane!" "Non ce n' pi! I bambini ne hanno pi bisogno di te." "E va bene." Il vicino della stanza numero uno, scaricatore del Mercato Centrale, sbatt la porta e se ne and. Era la sveglia di Margarita: erano le cinque del mattino. Si vest e silenziosamente incominci a prepararsi la colazione. Accese il

ferro e svuot quasi completamente dei panni bianchi e stropicciati il canestro che li conteneva. Alle 7 svegli i figli. Le bambine fecero colazione e misero nelle cartelle due panini col formaggio e due mele. Uscirono sul patio portando fuori Felipe. Bellina si leccava i baffi bianchi di latte. "Bambine, non dimenticate di legare la sedia a rotelle all'albero!" Infil nell'acqua azzurra della tinozza le sue mani... fattesi per incanto soavi strangolatrici di candide colombe: mani che plasmano l'acqua celeste e sollevano nugoli di piume di neve e cielo. Magiche mani di un mestiere eterno. Uno strano latrato di Bellina le fece girar la testa e vide che suo figlio stava tirando su, infilata all'uncino, una enorme gallina da cortile. Corse ad aiutarlo. Felipe, agitato, era raggiante. Un po' di saliva schiumosa gli usciva dalla bocca spalancata. "Prendila, per te. L'acqua nera stata generosa. Mangeremo il lesso." "Calmati, figliolo. Grazie." La donna guard la gallina e avvicin il naso al becco. La palp dappertutto, zampe, ali, collo e petto. "Sembra che stia bene. La getter nell'acqua bollente per spennarla e poi l'aprir per guardarci dentro." Lo fece in pochi minuti. " proprio sana. Ha un buon odore. S... sicuramente affogata perch ha lo stomaco pieno dell'acqua del canale. Andr a cucinarla. Grazie, figliolo." Lo salut dandogli una pacca sulla spalla. Il volto di Felipe aveva acquistato quei tratti sereni che solo la tranquillit delle piccole cose e l'allegria semplice sono capaci di scolpire. I bambini del ricovero e persino i cani seguirono Margarita fino alla cucina di mattoni. Donoso, saputo del ritrovamento, perch pi difficile mantenere un segreto in un ricovero che nello sguardo di una giovane donna innamorata, si avvicin per felicitarsi con l'amico: "Congratulazioni, Felipe! Quella gallina pesa pi di tre chili. Che pezzo ti mangerai?" "Non lo so, mi piacciono le ali e le cosce, sono molti anni che non mangio carne di pollo. A te cosa piace?" "Il collo." "No. Non possibile. Il collo sar per Bellina. Tu ti mangerai il petto perch sei sempre stato buono con me e la mia famiglia." " una parte molto asciutta, dovrei accompagnarla con il vino e il vino mi fa dormire. Devo finire una risuolatura e un paio di scarpe che sto facendo per il padrone del ricovero. Vedremo." Felipe agit le mani e la lingua gli si rivolt all'indietro: aveva un'altra volta la bocca piena di schiuma. Oscillava la testa a sinistra con movimento spasmodico. Il calzolaio grid: "Signora Margarita! Signora!" Arriv di corsa e gli apr la bocca a forza. Gli mise un fazzoletto fra i denti. Donoso gli tir la testa all'indietro, gli tolse il fazzoletto di bocca e gli diede da bere dell'acqua. "Non niente. Gli passer. Il ritrovamento della gallina lo ha eccitato. Continua a essere un bimbo grande e debole. L'attacco sta per finire. Rimanga con lui, don Jos, per favore. Vado a prendergli un po' di pollo." "Il petto per il mio amico, mamma." "Bene, per te sto preparando il brodo." La festa del pollo dur tre giorni. "Sai, mamma, la gallina arrivata in anticipo: non ti sarai mica scordata che domenica prossima compio 21 anni, eh?" "No. Come potrei dimenticarlo?" "Una settimana in pi e sarebbe stato tutto diverso." "Pu essere che tu ne peschi un'altra." "Ho passato cinque anni sulla riva di questo canale e questa l'unica gallina che ho visto. Queste acque scure non mi possono ingannare perch le conosco bene. Sono la pelle del demonio e di me hanno paura." "Dormi, ragazzo." "Canti?" "No. L'idea del tuo compleanno cos vicino mi ha messo tristezza. Nessuno pu vivere la vita degli altri e non canter anche perch fa bene ascoltare il dolore proprio per poter capire quello altrui..."

La settimana pass lentamente. Felipe, per abitudine, perch tutti ci adattiamo al nostro mestiere, continuava a pescare qualche bottiglia galleggiante o qualche cassa di cartone: nient'altro. I suoi occhi scrutavano l'acqua nera come volesse perforare il fango dei suoi miasmi. L'acqua cercava di portarsi via la pertica. Il cervello, bloccato sul compleanno, ritornava ai tempi in cui le gambe lo sostenevano per correre e per saltare fra gli stretti e profumati sentieri della sua montagna lontana. Venerd, nel pomeriggio, Donoso gli diede una sigaretta. "Che ti succede, ragazzo? Non si pesca niente?" "Di, Jos!" "Che cos'hai?" "Niente. Domenica il mio compleanno..." "Non il caso di rattristarsi..." " che la gallina arrivata troppo presto..." "Ah. Tutto arriva o troppo presto o troppo tardi. L'uomo, aspettando il momento giusto, non solo invecchia, ma impara che il tempo e la speranza vanno a braccetto solo quando lo vuole il buon Dio." Sabato, Felipe non mise nemmeno la canna da pesca in acqua. Rimase attaccato alla sedia a rotelle, irritato, preso da convulsioni continue, come una statua meccanica che scuoteva la testa solo a sinistra. La domenica si alz tardi e cominci ad attraversare il patio in direzione opposta al canale. Il calzolaio interruppe la sua passeggiata: "Se non ritorni al tuo lavoro non guadagnerai niente. Torna a pescare, a volte i miracoli succedono..." Afferr lo schienale della sedia a rotelle e lo sospinse fino al bordo dell'acqua. "Di, fai un tentativo, caspita... anche se il tuo compleanno." Felipe tir la canna da pesca e chiuse gli occhi. Donoso usc dal ricovero con un pacchetto sotto il braccio. Conosceva bene il quartiere: sapeva che, due isolati pi a est, la strada aveva una spianata che dava al canale. Apr il pacchetto e tir fuori un'enorme gallina congelata che aveva comprato al mercato. La tir all'acqua e, correndo come inseguito da un fantasma, ritorn al lato del suo amico: "Adesso, Felipe. Apri bene gli occhi. Ti far vedere che esistono i miracoli." Videro in lontananza due mezzi speroni gialli: era la gallina che galleggiava con le zampe all'aria. Felipe si sollev dalla sedia. Bellina abbaiava entusiasta. Jos si avvicin alla riva perch la gallina cominciava ad affondare e se ne andava velocemente dall'altra parte. Felipe, nervoso, con la bocca e il mento coperti di bava spumosa, cercava di prenderla con l'uncino. La gallina gli scappava. Cerc di avvicinare la sedia a rotelle con un forte spinta della schiena e delle natiche. Tir la canna lontano, sopra l'acqua, con disperazione. Si rimise miracolosamente in piedi, ma perse l'equilibrio e cadde a faccia in gi. Jos lo vide galleggiare ormai mezzo sommerso. La gallina e l'invalido passarono al di l della parete ovest e scomparvero.Bellina abbaiando, salt nel canale. Tutti gli abitanti del ricovero uscirono in strada: sapevano che vicino al quartiere Vivaceta il canale si univa con l'altro canale del quartiere Las Hormillas. Riuscirono a prenderlo e a tirarlo fuori. Il cadavere di Felipe Snchez teneva la gallina stretta per un'ala. (Marzo 1974) ******* LA MUMMIA DEL CANALE ***** Il 18 febbraio del 1948, nella sua splendida casa di San Juan de la Cruz 511, sulla salita di Agua Santa, il pittore Jorge Madge Corts fu ucciso a colpi di martello, o qualcosa di simile, tutti sul cranio,. Il crimine ancora senza soluzione... giudiziaria. Dieci giorni dopo questo delitto - che commosse gli abitanti di Via del Mar, Valparaiso e Santiago - spar, e a tutt'oggi non riapparso, il ballerino e pittore Ignacio del Pedregal Corvaln, equivoco amico dell'equivoca vittima di San Juan de la Cruz. La polizia civile delle tre citt fu allertata. Il direttore generale, don

Luis Brun D'Avoglio (sotto la cui direzione sono state create tre squadre di polizia), decise di cambiare i capi di zona e le commissioni dei servizi speciali. A Csar Gacita fu affidata la prefettura di Valparaiso: uomini della Squadra Omicidi e del Laboratorio di Polizia Tecnica, incominciarono a viaggiare in continuazione verso il Porto. Si cominciava a fare un lavoro di polizia serio, professionale, e tutti noi eravamo apprendisti con una certa, per quanto relativa, esperienza in vari campi, isolati e sconnessi, dell'indagine. Non avevamo ancora un'idea chiara del lavoro di squadra. A causa dell'impressione generalizzata, derivata dalla personalit della vittima e del ballerino scomparso - avevamo fra l'altro trovato a San Juan de la Cruz filmini, diapositive e fotografie di migliaia di pederasti in atti e atteggiamenti inequivocabili - furono eseguite nelle tre citt centinaia di arresti di omosessuali. Molti furono identificati per la prima volta, con grande sorpresa nostra, come appartenenti a quei gruppi... La realt, aprendosi a ventaglio, mostrava una volta di pi come sia sorprendente la comunit quando si fa un ingrandimento dei volti di una semplice fotografia o si proietta su uno schermo la piccola inquadratura di una pellicola. Quasi tutti erano al corrente del delitto e della scomparsa. Nessuno parlava. Facevano parte di una loggia, di una confraternita o di una associazione contro lo scandalo? Alla domanda triviale e diretta: "Conosceva il pittore Madge o il ballerino?" "No!" Quasi un latrato contro ci che squassava l'apparente e l'essenziale. Sempre la stessa drammaticit nelle rappresentazioni individuali. "Eravamo in errore, confusi." Si mostravano le fotografie o i filmini in cui l'interrogato appariva con uno di loro o con entrambi e c'era un'altra reazione ben nota: il cambiamento di atteggiamento, di voce e quasi un'unica frase con variazioni solo formali: "Ah, quello! Non lo sapevo. successo molto tempo fa. Ero drogato, ubriaco. Ero giovanissimo. Non li conoscevo..." La voce del poliziotto, meccanicamente: "Ci sono altre fotografie, questa per esempio." Crollo, isterismo, pianto, silenzio e uno sguardo supplichevole. Una storia pi o meno artefatta. "A noi interessano solo l'assassinio e una sparizione." Dovevamo dirlo perch era la verit. Un sospiro caduto dal cielo o dal mestiere, sia per chi indaga sia per chi indagato. Del crimine non sapevano nulla e non potevano saperne nulla - lo venimmo a sapere poi - perch l'autore non apparteneva, in assoluto, alla confraternita. La stessa risposta data da tutti gli interrogati e gli stessi atteggiamenti configurarono una pista diversa. Il 19 aprile Scandor, sergente di guardia della Polizia di Valparaiso, rispose al telefono: una voce di poliziotto annunciava il ritrovamento di un cadavere nel letto del canale di Avenida Francia, quasi all'incrocio con via Brasil. Il messaggero aggiunse che la vittima era stata uccisa... a martellate sul cranio. Le menti dei poliziotti fanno associazioni nella stessa forma elementare di quelle di tutti gli altri, forse solo con un po' pi di rapidit, anzi 'immediatezza', dovrebbe essere la parola giusta. Un uomo minuto disegn degli arabeschi e abbozz un nome che sembrava oramai un sortilegio. Le veloci macchine della polizia si fermarono vicino all'imboccatura del canale, proprio ai piedi del mucchio di curiosi che guardavano verso lo scavo lungo e profondo: strada o viale sotterraneo da dove scende al mare l'acqua delle piogge cadute sui colli vicini. Scendemmo. Il cadavere era mezzo sepolto nell'umida sabbia del canale: la superficie era secca, come succede sempre con questi minuscoli frammenti di roccia. La disidratazione era stata pi o meno rapida sul lato destro: si notava la pelle rinsecchita e una certa riduzione dei tessuti. All'esterno, la divisione dei fenomeni degenerativi del cadavere lo divideva in due met: orecchio, faccia, collo, spalla, braccio, anca e gamba destra: mummia; l'altro lato tendeva a una lenta putrefazione. Tutto il sangue era per effetto della gravit - essendo appoggiato su un fianco - era affluito al lato sinistro e, siccome era l da molto, era possibile apprezzare, de visu, che la pelle a destra era come pergamena. S, era un cadavere 'spettacolare', visto che presentava contemporaneamente due fenomeni tanatologici decisamente opposti: mummificazione e putrefazione. Un cadavere assai contraddittorio, un po' poco vestito per il tempo che faceva al momento del ritrovamento: nudo dalla cintola in su. Al polso sinistro aveva un orologio non di marca, sporco, rovinato, legato a un cinturino con alcuni fili di rame. Sul parietale destro c'era una profonda ferita circolare, fatta con uno strumento contundente dalla punta pi o meno acuta. Non c'erano altre ferite n segni di violenza sessuale.

In ogni indagine criminale ci sono solo due obiettivi: scoprire l'assassino e catturarlo. Qualsiasi pista nasce, lo si accetti o no, direttamente o indirettamente, dal luogo del delitto. Quella mummia era certamente una sfida: chi era stata da viva? Quasi nulla Sfortunatamente, la mano destra non aveva rispettato la divisione dei fenomeni degenerativi propri del suo lato. Si era istintivamente ficcata nella sabbia del lato sinistro ed era quasi putrefatta; tuttavia un pezzo di epidermide dell'anulare conservava non pi di mezzo centimetro di polpa attaccata al derma. Fu separato con cura e messo in una boccetta con la formalina: bisognava conservarlo... in caso di dubbio. Quando si inizia un'indagine criminale nessuno pu stabilire con esattezza che coisa importante e che cosa no... Furono persino prese le misure dell'acqua caduta in quei mesi; si tent di fare un calco dei lineamenti ormai cancellati; si fotograf il cadavere da tutti gli angoli possibili; lo si pes e misur con rigore: 58 chili e 600 grammi, un metro e 63 centimetri e mezzo. Osvaldo Esquivel Rojas, medico legale della polizia, studi i muscoli della gamba destra della mummia e li confront con i muscoli dei ballerini di professione. Si mostrarono le fotografie del volto del cadavere ai familiari di Ignacio del Pedregal: non fu riconosciuto. Si tentarono studi comparativi dei capelli: nella casa del pittore-ballerino scomparso, un detective aveva passato in rassegna pettini, spazzole e vestiti alla ricerca di capelli autentici... senza trovarli. Cesar Gacita e i suoi uomini passarono al setaccio la malavita di Valparaiso alla ricerca di informazioni. Nulla o quasi nulla... Conclave di piedi piatti Negli uffici del prefetto Gacita, si svolsero varie riunioni di polizia. I discorsi furono brevi, precisi, perch i poliziotti professionisti non hanno tempo da perdere. Per tutti gli agenti la soluzione di un caso difficile significa il ritorno alla normalit: finiscono le nottate in bianco e le intossicazioni -(tabacco, alcol, droghe), il nervosismo, il legittimo malumore. Csar abbozz le linee principali del caso: identit sconosciuta, arma non trovata e difficilmente identificabile, data di morte imprecisata. Si tracciarono altre linee collaterali, varianti di quello che era gi stato fatto: bisognava in qualche modo ricominciare, essendo tutti consapevoli del fatto che si trattava di un riscontro disperato. Qualcuno domand: "Chi ha trovato il cadavere?" La risposta arriv rapida e infastidita: "Chi avrebbe dovuto trovarlo? Miss Cile o il Vescovo? Ma il pulitore di canali di questo settore, no?" Un'altra voce: "Sar stato un martello?" Esquivel: "Non lo so. Lo studieremo a fondo." "Quando?" "Che senso ha continuare a parlare se non sappiamo con che tipo di arma sia stato ucciso?" Il primo conclave fu interrotto. Il cadavere, che stava nel cimitero di Playa Ancha, fu esumato e portato all'obitorio. No, non si trattava di martello: c'era una specie di cono rovesciato la cui dimensione, proiettandolo al di l della ferita, risultava di una lunghezza e spessore non comuni per arnesi di quel genere. La sua forma cilindrica non corrispondeva a nessun tipo di arma contundente conosciuta. Di ritorno al commissariato di Bellavista... dell'altro caff e altre sigarette per continuare a tessere congetture utili. Gli esperti di Santiago avevano esaminato il pezzo di epidermide con la Poroscopia (un sistema di identificazione creato dal mio geniale maestro Edmond Locard, che permette di determinare l'identit tramite confronto di pori) e avevano inviato la seguente notizia: la mummia non era Ignacio del Pedregal. A chi mai corrispondeva quella mezza mummia? Una voce, apparentemente timida: " rimasta molto vicina all'imboccatura del canale... Perch avranno scelto quel posto?" "Perch era pi facile che fare un foro nel cemento." "Un'altra domanda come questa e qui ci sar un altro morto!" " che" insistette il quasi timido, "... che c' sempre un rapporto fra strada e abitudini e viceversa. Insisto... anche se divago... perch quel canale e quel luogo?" "Valparaiso pieno di canali..."

La domanda aveva un altro risvolto: dava delle risposte e parlava di essenze umane accostandosi a verit eterne. Rest nell'aria... Un'altra voce, in modo alquanto burocratico: "Mi sembra fondamentale e necessario stabilire dove e quando sia stato visto per l'ultima volta il ballerino scomparso, il signor Ignacio del Pedregal. un precedente di primario interesse per..." Il prefetto "Caifs": "Le associazione stupide, infantili, fuori di posto, non le sopporto. Ti hanno gi detto che non era il ballerino." "S, per continuo a credere che valga la pena saperlo..." La risposa fu una mattonata: "Il 28 febbraio ha pranzato con uno sconosciuto nel ristorante Il rifugio, a Quilpu. E allora?" "Niente, signore. Cercavo di imbastire fatti." "Certo, signor commissario, pu domandare, per questo stato messo qui, ma non si scordi che si trova fra gente di livello pi elevato di lei in questo genere di cose. Non le sembra meglio l'associazione canale-stradaabitudini?" "Mi scusi." Un'altra voce: "Dottore, quanto tempo ha la mummia, come carcassa?" "Dai due ai quattro mesi. Le condizioni fisiche che la circondavano non permettono di precisare delle date. Ci manca esperienza al riguardo. Il tempo che le indico si basa sul processo organico-degenerativo che presenta. Non molto valido a causa dell'enorme variabilit che c' fra un organismo e l'altro e perch non avevo mai visto niente di simile..." "Un tempo preciso avrebbe costituito una pista." "S" comment il capo della Squadra Omicidi, "una data, un'ora, qualcosa cos come un segnale nel tempo per cercare dei testimoni." "Se ci fossero... che domanda farebbe? Ha visto passare di qui l'uomo che s' trasformato in mummia?" "No, signore, ma potrei chiedere di un uomo di un metro e 63 centimetri e 58 chili di peso..." "Certo. Un testimone con un metro e una bilancia sistemata all'ingresso del canale e giusto nel momento della discesa... sceso probabilmente di notte, commissario. Non serve a niente." "Mi spiace, signore." Una voce conosciuta: "Insisto nel concetto di strada-abitudine da un altro punto di vista: la posizione fisica era, in linea generale, da persona che dorme. Non ridete, aspettate. vero che avrebbero potuto togliergli i vestiti, ma, a giudicare dall'orologio da polso, dovevano anche essere di qualit pessima. Direi che si coricato nel luogo abituale e che faceva caldo. Il dottor Esquivel ci permette, indicando un tempo pi lungo, di situarci fra la fine della primavera e l'estate..." Succede e succeder sempre cos nella polizia di qualsiasi parte del mondo: frecce apparentemente impazzite alla ricerca di un bersaglio. Tentativi, balbettii, azioni basate su una professionalit certa, perch non esiste un cervello di poliziotto capace di vedere tutto, di chiarire qualsiasi caso. Un'altra voce che sembrava vacillare e che andava prendendo forza durante la breve esposizione: "Quella robaccia di nichel, cuoio, fili di rame, quell'orologio da polso ... da borsaiolo." "Orologio - da polso - borsaiolo". Tre voci semplici, comuni, che si marchiarono a fuoco in sette menti da poliziotto, con due sconti... Per di l, per quell'imboccatura aperta dalla logica dei casi semplici, si sarebbero incamminati i nuovi e affrettati passi degli investigatori. L''orologio da borsaiolo' fu mostrato a tutti i delinquenti del Porto. Quella fu una razzia con scopi precisi, una razzia come freccia piantata in un bersaglio, l'unica razzia che abbia una giustificazione. "I mastini", ovvero i detective nella funzione di rastrellamento, ripercorsero di nuovo i quaranta e pi colli di Valparaiso. La pesca [appellativo dispregiativo della polizia in Cile, NdT] stava facendo onore al suo soprannome: celle e corridoi erano pieni di detenuti. La malavita vera si era ritirata per alcuni giorni: ma poi bisogna pur uscire a "lavorare". Non si pu vivere sempre imboscati. Uno parla

Il detenuto Lautaro Julio Moreno Gallardo, alias El Coquimbo, durante l'interrogatorio si mostr reticente, quasi di pietra. Sembrava avesse una patata nella gola: sudava e muoveva le labbra come i conigli affamati davanti a una carota. Fu separato dal gruppo. "Che ti succede Coquimbo? Tu non sei di quelli che stanno zitti." " semplice: ho fifa." "Ma qui nessuno pu farti del male, all'infuori di noi, naturalmente..." Un leggero inchino del poliziotto, come per discolparsi, sottoline l'ultima frase. "Non lo so, non sono sicuro; ma... fuori di qui o nel gabbio mi possono far fuori." "Bene. Allora..., pelo e contropelo..." "No! Parlo: quell'orologio era del Negro." "Quale Negro?" "Il lustrascarpe Benito Contreras, che aveva una questione di donne con Tiznado lo Zoppo..." "Pi che sufficiente." A Santiago compararono il pezzo di pelle con la scheda dattiloscopica di Benito Contreras Cisternas. S, la mummia del canale di Avenida Francia era lui. El Tiznado, ovvero lo Zoppo della Gamba di Ferro, Ricardo Mora Rosales, era dai peperoni (il carcere, infatti, noto con questo nome per le piante di peperone che ha davanti) per rapina, ubriachezza e disturbo alla quiete pubblica. Lo chiamavano El Tiznado [letteralmente, sporco di fuliggine, NdT] perch i delinquenti chiamano Gamba di Ferro i treni e perch all'epoca di questo crimine alcune locomotrici andavano a carbone e i macchinisti e i fuochisti erano sempre pieni di fuliggine. Il giudice Vctor Concha, informato della storia da Csar Gacita, ordin che Ricardo Mora fosse messo in libert. Era cos importante? Fuori, tra i peperoni... due mani sulle spalle e un corto viaggio nella macchina della polizia. Una voce conosciutissima e temuta dalla malvita ruppe il silenzio: "Raccontami la verit sul Negro Benito!" "Sapevo che i piedipiatti, scusi, i signori poliziotti, stavano cercandomi per questa storia. Il Negro Benito era cos importante da far venire qui persino quelli di Santiago?" La stessa voce di prima: "Ho detto: al sodo, Zoppo!" "D'accordo. Non si arrabbi, don Cesita. Solo roba da ubriachi. La notte dell'ultimo dell'anno son finito davanti al cinema Velarde. Ho visto un film. All'uscita mi sono preso due bei rossi nell'Oakland per tirarmi un po' su. Sapevo che la Rosa Chica mi stava mettendo le corna col Negro. L'ho cercato e l'ho trovato sfatto: stava dormendo nel canale Francia. Io, del morto, conoscevo tutte le vigliaccate. Non s' nemmeno svegliato quando sono sceso per le scale, e pensare che il tombino di ferro del canale e la mia gamba hanno fatto un gran fracasso sugli scalini: ferro contro ferro, lei capisce, don Cesita. Laggi, con questa stessa gamba gli ho fatto un buco nella testa. Non so. morto senza fare una piega. Non si nemmeno agitato. Credo che anche lui fosse bevuto." Fuori la luce del nuovo sole spegneva le lucciole. Il golfo, bianco e azzurro, come una mano amica, apriva come sempre le sue porte al vento. Barn rabbrividiva al passaggio del primo treno locale... Attraversammo Bellavista: un'onda quasi ci bagn le orecchie e lo spavento... Nell'aria... un ballerino continuava a fare trucchi e piroette... ******* Requiem per un ex capitano ******** L'uomo non ha mai potuto sapere quale giorno lo attende n cosa porter fra le sue pieghe di luce n cosa si porter via nel suo grembo di ombre. Determinato, soggetto a inesorabili leggi naturali che gli sono ignote, non gli resta altro che aspettare, in un modo o nell'altro, il proprio turno. Anche quando crediamo di creare, non siamo niente altro che attori condannati al grande teatro della vita. Solamente l'Artefice delle sceneggiature e degli attori, dei temi e dei ruoli, inclusi il tempo e le circostanze, in grado di conoscere ogni cosa, persino la ragione

del mutamento di una stella che noi non conosciamo ancora o il cambiamento del colore dei pascoli andini che ci stanno attorno. Noi abbiamo per la facolt di giudicare nascite, vite e morti, e siamo arrivati alla conclusione che i destini di certi individui della nostra specie sono stati e sono tuttora francamente strani, duri, incredibili... Il 29 novembre 1952, all'angolo di Alameda con Santa Rosa, sul marciapiede ovest, i deboli e rauchi rantoli di un uomo grasso, piccolo, con un abito beige macchiato, inchiodato al marciapiede e rattrappito su se stesso, come una vecchia e consunta lama di rasoio ripiegata nel suo manico, mozzarono in gola -ricettacolo delle corde vocali - le risate di un piccolo gruppo di giovani pierrot e colombine che attraversava la strada verso la vita aperta e gli affanni, mosso da una fresca energia animalesca, irresistibile. Una delle maschere, nel cercare di sollevarlo, si inzupp le mani di sangue caldo e vischioso. Quell'uomo sconosciuto, privo di coscienza, stava agonizzando. Fermarono un taxi e lo portarono al vicino Pronto Soccorso della via San Francesco: i giovani in maschera avevano capito che trasportarlo in altra maniera avrebbe senz'altro aggravato quelle ferite mortali. I chirurghi di turno operarono con rapidit e dallo stomaco gli estrassero un piccolo proiettile di piombo, calibro 22, striato, sparato senza dubbio da una di quelle pistole piccole, che in Cile chiamiamo ammazzagatti. Cucirono e aspettarono. Secondo il rapporto dell'autopsia numero 1469: "...la causa necessaria e inequivocabile - e continuiamo a crederlo - della morte di Enrique Gutirrez Pino, 45 anni, coniugato, ex capitano dei Carabinieri, stata la ferita addominale, con complicazioni e senza fuoriuscita del proiettile." Di l a pochi minuti, arrivava al Pronto Soccorso una radiopattuglia dei Carabinieri con un altro ferito a bordo: aveva ematomi sulla fronte e sulla mano destra e diceva di sentire forti dolori alla spalla destra. Il ferito, Luis Ortiz Espinoza, riconobbe in due individui che si trovavano nella sala d'attesa i componenti "...del quartetto dei miei aggressori" e li segnal ai carabinieri che lo accompagnavano. I due presunti aggressori furono arrestati e venne tratto in arrestato lo stesso Ortiz, santiagheno, 44 anni, vedovo, padrone di alcune giostre del parco dei divertimenti Diana, situato in quel momento nella via Alameda, fra Ahumada e Estado. Si guadagnava la vita vendendo svaghi.... Il corpo dei Carabinieri comunic l'accaduto alla Polizia e al magro e scuro viceispettore Arturo Roa, capo della Squadra Omicidi, fu affidato l'incarico di indagare sulla morte del famoso capitano Gutirrez, ex capo di una specie di polizia civile, che - a tempo determinato e per motivi inspiegabili - affiancava in quell'epoca la polizia in divisa. Roa avrebbe potuto cominciare la sua indagine da una qualsiasi delle persone coinvolte nell'accaduto: tutte gli avrebbero comunque risposto nella stessa maniera, come succede sempre, con i pi e i meno degli approcci personali dettati da interessi individuali, collettivi o istituzionali; perch in quel deplorevole incidente pubblico non c'era nessun mistero umano, ma solo c'era - e continua a esserci - quella che chiamiamo scalogna. Diede il via con Osvaldo Novoa Retamal, di Temuco, coniugato, 42 anni, sergente dei carabinieri, uno dei suoi 'quattro aggressori' - secondo Ortiz. Novoa raccont: "Il 28 novembre, alle 21.30 circa, sono arrivato al ristorante La Baha con i miei amici, Leopoldo Martnez e Bernab Cordovez, non appartenenti all'Arma. Dal nostro tavolo, ho riconosciuto il capitano Enrique Gutirrez, che stava mangiando e bevendo insieme a un altro signore. Dopo poco i due se ne sono andati, e non so dirle quanto tempo sia trascorso prima che il capitano ritornasse e si avvicinasse per salutarmi. Gli ho presentato i miei amici e l'ho invitato a sedersi al nostro tavolo. Durante il pranzo, ci siamo bevuti qualche bottiglia di vino e il capitano, che era gi un po' brillo e molto euforico, ci ha raccontato che di l a pochi giorni sarebbe rientrato nel corpo dei Carabinieri. Abbiamo brindato.Verso mezzanotte, quando stavamo gi per andarcene, il capitano ci ha invitato a fare un giro ai giochi Diana. L siamo saliti in giostra e al capitano capitato un cavallo nero. Poverino. Prendeva commiato... ritornando bambino..." "Continua, sergente." "Cose da ubriachi: cantavamo, gridavamo. In realt non ci comportavamo molto bene e qualcuno ci ha spento la musica e ha fermato la giostra. Abbiamo protestato rabbiosamente. Un signore alto, un certo Palacios, ci ha dato delle spiegazioni e ci ha tranquillizzati. Il capitano era scomparso fra la folla. Noi ci siamo messi a giocare alla lotteria e Martnez ha vinto una bottiglia di vermut. Il capitano ritornato, ha stappato ola bottiglia e ne ha bevuto un bel sorso. Abbiamocambiato giostra. In realt eravamo molto su di giri. Il capitano se ne andato per conto suo un'altra volta."

La versione di Osvaldo Novoa, per la sua condizione di poliziotto, sarebbe dovuta essere, teoricamente, fedele ai fatti e chiara, ma in realt fu interessata e oscura: "Poco dopo, ho sentito che il mio capitano stava discutendo, in termini alquanto volgari, con un uomo molto alto. Con gli altri amici, sono andato a vedere di cosa si trattava. I due continuavano a insultarsi. Il mio intervento si limitato a tranquillizzare il mio ex-capo e lo stesso hanno fatto i miei compagni. Passando, avevo notato che una ragazzina bruna e graziosa stava piangendo. Siamo riusciti a trascinare il capitano sulla Alameda. L ci ha detto: 'Ci stanno rubando tutti i soldi delle giostre, perch non ci pagano i premi'. Mi sembrava alterato. rientrato nel locale e noi l'abbiamo seguito. L'uomo alto era ancora nello stesso posto, vicino alla ruota illuminata, e commentava l'accaduto. Il capitano gli ha tirato due sberle e lo ha di nuovo insultato. Ma, siccome Gutirrez era piccolo, non riuscito a raggiungerlo. Immediatamente quello alto, che si chiamava Ortiz, gli ha sparato tre colpi. Io gli sono saltato addosso per disarmarlo, ma lui m'ha dato un pugno che m'ha fatto perdere l'equilibrio: sono uscito in strada inciampando su alcuni birilli e fantocci sempre-in-piedi che stavano vicino all'uscita. Il mio amico Martnez, secondo quello che mi hanno raccontato, si era fermato a fare a botte con Ortiz. Il capitano e l'amico Cordovez non si sono pi visti. Martnez uscito dal locale tenendo in mano una piccola pistola e m'ha detto che era quella di Ortiz e che era riuscito a strappargliela. Gli ho detto che avremmo dovuto consegnarla ai Carabinieri e ci siamo diretti verso il Sesto Commissariato (in via San Francisco, al 408). L ci hanno detto che il Luna Park Diana rientrava nella giurisdizione del Primo Commissariato (in via Santo Domingo, al 714). Nella Sala Operativa del Commissariato mi sono identificato come carabiniere, ho denunciato l'accaduto, abbiamo consegnato l'arma e abbiamo firmato la denuncia. L'ufficiale mi ha informato che il capitano Gutirrez era stato trasportato al Pronto Soccorso dell'Assistenza Pubblica e che stava molto male. Siamo andati a trovarlo. L abbiamo rivisto Ortiz. Era gi in manette e ci ha denunciato come suoi aggressori. I Carabinieri hanno fermato il mio amico Martnez e io sono diventato teste... dei fatti. Quella stessa notte, quando stavo per andare a letto, mi sono accorto che la punta della scarpa destra aveva un buco e me la sono tolta: anche il calzino aveva un buco e l'alluce mi faceva male: aveva una ferita di proiettile. Ho chiesto congedo di malattia e un medico amico mi ha curato in casa." Leopoldo Martnez, amico del sergente Novoa, raccont cos la sua versione: "Quando ho disarmato Ortiz, ho visto che il mio amico Cordovez che, ancora stordito, perdeva sangue dal naso. Vicino a lui c'era un ragazzo con un manganello in mano. Mi sembrato fosse l'aggressore di Cordovez. Gli ho chiesto dov'era il sergente e lui non mi ha risposto. Il ragazzo del manganello, dipendente di Ortiz, aveva anche lui una ferita in testa. Per dire la verit io, Novoa e Cordovez non riuscivamo a capire quello che era successo perch eravamo ubriachi. Le cose erano successe rapidamente e il capitano Guterrez era per tutti e tre uno sconosciuto." Anche Bernab Cordovez rifer l'accaduto: "...A causa dei colpi che avevo ricevuto in testa, non ho sentito gli spari. Non so ancora perch mi hanno picchiato. A me l'alcol va subito alla testa, mi d sonnolenza e mi mette tristezza. Quando tutto si era calmato, io continuavo a non capire nulla. Non avevo mai fatto a botte. Sono uscito in strada, in mezzo a un gruppo di sconosciuti. Mi sono scontrato con un carabiniere a cui ho chiesto aiuto, mi ha detto di andare al Commissariato a sporgere denuncia. Mentre stavo parlando col carabiniere, alcune persone che non conoscevo mi consigliarono di andare a casa. Ho preso un taxi e sono scomparso." Il viceispettore Roa, parlando con il personale dei giochi Diana, riusc a stabilire che il teste pi immediato e illuminante era Elsa Godoy, nata a Doihue, 18 anni, nubile: "Da un mese lavoro per il signor Ortiz, gestendo il bigliardo cinese. Tre anni fa avevo conosciuto il capitano Guterrez e avevo avuto con lui una relazione intima. Erano due anni che non ci vedevamo. ricomparso la notte dell'accaduto, molto ubriaco, come un fantasma vociante..." "A che ora?" "Un po' prima delle 22. Mi ha fatto ricordare quello che lui era stato per me, ma io ho ricordato un po' di pi e mi sono rifiutata di ricominciare una vita che non mi era piaciuta. Ha implorato, gridato, minacciato e se ne andato. ritornato ancora, dopo la mezzanotte, e ha insistito. Gli ho detto di no un'altra volta. Ha alzato la voce e ha dato pugni sul bancone. Ci ha accusato di furto e di truffa. Non ce l'ho fatta pi e sono andata a chiamare il signor Ortiz. Lucio, un vero uomo, ha sbattuto fuori il capitano. Dopo cinque minuti, questi ritornato accompagnato da tre uomini ubriachi, ha tirato dei dolci in faccia a Ortiz e i suoi amici lo hanno spinto contro la cassa di un punching ball. Ortiz caduto. Ho sentito tre spari e sono corsa subito verso l'uscita. Sentivo di soffocare, avevo voglia di piangere. E ho pianto..."

"Perch?" "Per me, per la mia sfortuna e... Per lo schifo di alcuni ricordi..." Luis Ortiz dichiar: "La notte dei fatti, Elsa, una mia dipendente, mi aveva detto che nel suo settore c'era un ubriaco piccolo e grasso che la stava importunando. Sono andato da lei e ho incontrato un obeso completamente ubriaco, che indossava un abito stropicciato color beige, un cappello di panno grigio con delle piume colorate, a falde corte. Questo soggetto aveva, sul lato sinistro della faccia, una brutta cicatrice da arma bianca. Gli ho detto di andarsene e lui mi ha gridato che Elsa era la sua amante, che lui le pagava la stanza e che l'aspettava per andarsene via con lei. Si allontanato e poi ritornato con tre ubriachi che gi da un po' stavano dando scandalo nel locale a causa del il loro comportamento rissoso. Ha cominciato a darmi dei pugni e, per schivarlo sono caduto sul punching ball. Ho quasi perso la coscienza e sono caduto a terra. Ho visto che il grassone con la cicatrice e i suoi amici stavano per saltarmi addosso. Il primo ha fatto il gesto di sfilare la pistola dalla tasca interna sinistra della giacca: ho preso la mia piccola pistola e ho sparato tre colpi a terra. Due degli uomini che erano con lui non si sono fermati, mi hanno colpito e mi hanno strappato la pistola. Quando mi sono alzato, se ne erano andati gi via tutti meno uno, piccoletto, grasso, sulla cinquantina, vestito di blu, che aveva ancora una bottiglia di vermut in mano e che era coperto di sangue. Un tenente dei carabinieri mi ha portato con la volante al Policlinico, dove mi hanno curato le ferite. L, in un corridoio, ho riconosciuto due degli ubriachi e l'ho detto all'ufficiale, che, dopo avermi ascoltato, si avvicinato ai due uomini. Novoa ha detto che ero io quello che aveva sparato a Guterrez. Francamente, signor Roa, fino a quel momento io non sapevo di aver ferito qualcuno e tanto meno che quel soggetto, morto per i miei spari, fosse un ex capitano. I proiettili sono molto piccoli e quell'uomo era troppo piccolo... e..." Guterrez, gravemente ferito, camminando attravers la Alameda. Ovviamente, l'incredibile marcia aggrav le sue ferite e l'indebolimento, dovuto all'emorragia interna ed esterna, arriv al culmine e lo spinse alla soglia della morte, che lui attravers. Dove stava andando? La sua casa era in via Lira, oltre il 2100, in pieno quartiere Matadero: non ci sarebbe mai arrivato. Almeno, secondo l'assurda analisi di un uomo sobrio, non ferito, che cerca di interpretare la direzione dei suoi ultimi passi. probabile che si stesse dirigendo invece verso l'Assistenza Pubblica e che, a causa dell'ubriachezza, il dolore, la debolezza fisica e l'obnubilazione mentale, guidato solo dall'istinto, con rari sprazzi di coscienza, trascinandosi a fatica, abbia saltato un isolato. Non fu nemmeno in grado di rendersi conto che era arrivato alla sua meta - ammesso che fosse il Policlinico - se non grazie all'intervento casuale e magnanimo di un anonimo pierrot. L'ex capitano non era amico del sergente Novoa ed era la prima volta che vedeva Martnez e Cordovez. Questi, invece, erano amici del sergente e si comportarono come tali dal principio alla fine del dramma. Cordovez, dopo gli spari ed essere stato preso a pugni, abbandon, comprensibilmente, il campo. Novoa non divenne altro che uno strumento nelle mani del 'suo capitano'. A causare la morte di Guterrez fu il proiettile partito dalla pistola piccola. Questo, almeno, secondo il referto dell'autopsia, che sempre il risultato sia di un certo senso comune sia del dovere dei medici legali a essere sintetici e concreti affinch i giudici - in accordo col codice, - sappiano a cosa attenersi. Ma la criminalistica, quella piccola interscienza che muove e dirige qualsiasi indagine seria, considera che uno sparo mortale sia sempre l'ultimo atto di un intreccio infinito di fatti e di atteggiamenti: cosicch il grilletto stato premuto anche dal riflesso condizionato del mestiere, riaffiorato in un momento di esaltazione; la minuscola pistola stata mossa anche dalla gelosia, dall'ubriachezza, dalla prepotenza, che si acquisisce o che prospera nella pratica quotidiana del duro mestiere di poliziotto, dagli insulti e persino da quella sua mossa falsa - se vera la versione di Ortiz - di tirar fuori l'arma per sparare. E non c' dubbio che a giocare con il grilletto, seppur da una certa distanza e profondit, stato l'istinto sessuale riattivato dai ricordi e soprattutto dalla ritrosia di Elsa Godoy. Guterrez, nel suo primo scontro con Ortiz, si sente umiliato e defraudato di quella che era stata ed ancora era la propria autorit professionale: l'essere messo in pensione non divide n la mente n i sentimenti di un uomo. E testimone del suo dramma di macho geloso, sconfitto e accantonato, la sua stessa ex, quella che lo aveva visto indossare, con bizzarria, la divisa di autorit poliziesca... e di conquistatore di... fresche ragazzotte. Il mestiere salt fuori vivo e vegeto e lui si mise in cerca del suo gruppo per la rivincita. Era tutto pianificato e a portata di mano: il ritorno al ristorante La Baha fu un atto intenzionale, tipico di un poliziotto contagiato dall'ambiente

delinquenziale, ma ebbe anche - e Gutirrez mor ignorandolo - lo strano marchio di fatalismo, di gioco d'azzardo... di... un disegno celeste. Qual l'idea di polizia nelle menti dei poliziotti? L'idea generale, quella confezionata e impartita, non ha mai corrisposto a quella di nessun poliziotto in servizio, perch le definizioni di funzioni sociali cos complesse e delicate sono sempre state affidate a dei teorici e, per dire la verit, la polizia non si presta a speculazioni burocratiche: la polizia ... tutta d'un pezzo. Del resto, l'istinto prevalente dei cittadini ha una concezione chiara e intuitiva di polizia: deve essere incorruttibile, immutabile, qualsiasi sia la legislazione costituzionale e penale vigente, perch - se qualcosa pu o deve essere cambiato - quel qualcosa la legge e non certo la funzione della polizia, che non pu e non deve modificare o abbandonare i suoi due unici ruoli: indagare i delitti e catturare i colpevoli. Un giorno queste tre posizioni dovranno coincidere con la realt. Oggi, il problema, grave e profondo, quello di una esplicita e penosa sfida alle autorit del potere politico ordinario. Anche per questa funzione cos ampia, nobile e profonda, succede infatti lo stesso fenomeno gi conosciuto per altre funzioni pi o meno affini: l'ideale del mestiere e dell'uomo che lo esercita, generalmente, non sono compatibili fra loro. Guterrez conosceva il delitto plurimo e reiterato e pi di una volta co