I QUADERNI DI MAGNETTI 2005 · Le tecnologie: Acqua Stop In breve 24 Incontri Fotografare...

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I QUADERNI DI MAGNETTI 2005 Edilia Arte e Tecnica del Costruire Anno XIII - n. 28 Quadrimestrale del Gruppo Magnetti Agosto 2005 - n. 5 Copyright 1993 by Finedil Servizi Finanziari SpA www.magnetti.it 3 Editoriale di Paolo Magnetti 4 Prospettive Dal muratore al montatore 7 Dal mondo Montecity, la grande sfida di Milano 8 10 domande a... Vico Magistretti 11 Zoom Diario dell’architettura 12 Da Magnetti Le realizzazioni: Centro Sportivo “Sportarea” a Cuneo Costruire su dislivelli Le tecnologie: Acqua Stop In breve 24 Incontri Fotografare l’architettura 26 Stili in rassegna Il Razionalismo 28 Itinerari Josè Antonio Coderch a Barcellona 31 ArchiLetture Vittorio Prina e Franco Albini “Albergo Rifugio Pirovano a Cervinia” Laura Falconi “Gio Ponti Interni Oggetti Disegni” POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 70% - DCB BERGAMO - IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE AL CPO DI BERGAMO PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE PREVIO PAGAMENTO RESI POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 70% - DCB BERGAMO - IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE AL CPO DI BERGAMO PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE PREVIO PAGAMENTO RESI

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I Q U A D E R N I D I M A G N E T T I 2 0 0 5

Edilia Arte e Tecnica del CostruireAnno XIII - n. 28

Quadrimestrale del Gruppo MagnettiAgosto 2005 - n. 5Copyright 1993 byFinedil Servizi Finanziari SpAwww.magnetti.it

3 Editorialedi Paolo Magnetti

4 ProspettiveDal muratore al montatore

7 Dal mondoMontecity,la grande sfida di Milano

8 10 domande a...Vico Magistretti

11 ZoomDiario dell’architettura

12 Da MagnettiLe realizzazioni:Centro Sportivo “Sportarea” a CuneoCostruire su dislivelli

Le tecnologie:Acqua Stop

In breve

24 IncontriFotografare l’architettura

26 Stili in rassegnaIl Razionalismo

28 ItinerariJosè Antonio Coderch a Barcellona

31 ArchiLettureVittorio Prinae Franco Albini “Albergo Rifugio Pirovano a Cervinia”Laura Falconi “Gio Ponti Interni Oggetti Disegni”

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Barcellona, Torre Agbardi Jean Nouvel

Direttore ResponsabileMichela Gariboldi

Comitato editorialeRaffaello BarbaresiClaudio FaillaTiziano FerrarioAlfredo LamperticoGregorio MagnettiPaolo MagnettiRoberto Picco

RedazioneAnousch GregisMarco Stocola

Le rubriche “Itinerari” e “Archiletture”sono a cura di Luigi Spinelli

Progetto GraficoTosi Associati - Milano

ImpaginazioneRapido Grafico - Milano

FotolitoEnotti - Milano

StampaTipografia Bergamasca - Mozzo (BG)

EditoreFinedil Servizi Finanziari SpACarvico (BG)

Testata registrata presso il Tribunale di Bergamo con il n.19 del 10/06/1993

L'editore garantisce la massima riservatezzadei dati forniti dai destinatari della presentepubblicazione e la possibilità di richiedernegratuitamente la rettifica o la cancellazione,scrivendo a: Finedil SpA, Via Pedrinelli 118,24030 Carvico (Bg), che è titolare del tratta-mento dei dati. Le informazioni custodite nell'archivio della Finedil SpA verranno utiliz-zate al solo scopo di inviare documentazionicon finalità commerciali. (Legge 675/96Tutela dei dati personali).

Edito

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I Sumeri, gli inventori della ruota e della scrittura,hanno lasciato molti esempi di pavimentazioni viarie.

Enciclopedia Internazionale Grolier

Dalla notte dei tempi fino all'epoca romana, la tecnica costruttiva

delle pavimentazioni stradali non evolve. Poiché si dispongono conci

lapidei non legati tra loro e tanto meno al sottofondo, il risultato è la

discontinuità della superficie stradale.

E' ben vero che, a partire dai Romani, la maggior regolarità

geometrica dei componenti fa sì che la superficie pavimentata risulti

più regolare e liscia, ma per un decisivo salto di qualità bisognerà

addirittura arrivare alla metà del Novecento: infatti, sono i primi

conglomerati cementizi e bituminosi a dare il via a quella rivoluzione

che si concluderà con gli elementi prefabbricati in calcestruzzo

vibrocompresso. Anche in virtù del suo basso costo industriale,

l'applicazione del cosiddetto massello autobloccante in calcestruzzo

è quindi diventata universale.

Ovviamente le cose non finiscono qui. Anzi, si sta affacciando una

dirompente variante: e cioè che la tecnologia, in tutti i suoi settori di

applicazione, viene sempre più coinvolta nella problematiche socio

ambientali. Due esempi, per rimanere in tema di pavimentazioni.

1) Per rispondere alla sempre più pressante domanda di sicurezza,

drammaticamente posta dall'aumento vertiginoso del traffico

automobilistico, si sta dando vita a tutta una serie di applicazioni per

ottenere un manto stradale capace di aumentare la tenuta del

veicolo e di ridurre il suo spazio di frenata. Alcuni produttori di

pneumatici, seguendo l'esempio della Yokohama, stanno così

sperimentando un truciolato (composto da copertoni triturati, bitume

e kevlar) da “colare” sui manti stradali asfaltati.

2) Sul versante dell'ecologia, si è addirittura arrivati a concepire una

pavimentazione mangia-smog, adatta soprattutto in città, in grado

di abbattere naturalmente gli inquinanti grazie alle proprietà

fotocatalitiche del Biossido di Titanio. A tutt'oggi, siamo noi della

Magnetti all'avanguardia, avendo con successo lanciato per primi sul

mercato un particolare massello che abbiamo chiamato "Renova".

Un nome che fa ben sperare.

I Sumeri, naturalmente, non avevano di questi problemi.

Paolo Magnetti

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stituita da oltre 100 mila elementi (tut-ti diversi tra loro) e da strutture me-talliche tenute insieme da bulloni, vi-ti e siliconi.La sostituzione della malta e della caz-zuola è avvenuta proprio ad opera ditutte queste decisive novità.Anche lepavimentazioni poi vengono tutte po-sate a secco.Si comincia quindi a capire perché insoli 24 mesi è stata messa in piediun'opera che ha richiesto l'impiego diquattro milioni di ore lavorative. Senzal'esperienza globalizzata di questamanodopera, non sarebbe stata pos-sibile una tale velocità diesecuzione.In verità, le tecnologie dimontaggio oggi impie-gate in Europa erano giàconosciute negli StatiUniti, come dimostranole celebri foto anni Trentache hanno immortalato imontatori a cavallo delleputrelle. Poi, progressiva-mente, questo modo dilavorare si è diffuso intutto il mondo, soprat-tutto là dove la manodo-pera non possedeva letecniche edilizie ereditateda esperienze secolari: leesperienze del muratore, per l'appunto,tanto radicate specialmente in Italia.Da noi , quindi, le strutture architet-toniche assemblate, o comunque inparte prefabbricate, non hanno presopiede se non in tempi relativamenterecenti. Anche perché la nostra atti-vità di progettisti e direttori dei lavo-

ri, ha sempre potuto contare su un'ot-tima manodopera edilizia, tramanda-ta da padre in figlio, da paese a pae-se, da valle a valle.Oggi, anche da noi le cose cambiano,anzi sono già cambiate. E' facile ri-cordare, dal dopoguerra in poi, i pul-mini Wolkswagen, stipati di magutbergamaschi e bresciani, pronti a rag-giungere all'alba i grandi cantieri mi-lanesi. Muratori con il carattere chiu-so ma prodighi di consigli ai giovaniarchitetti che si apprestavano a veri-ficare sul campo gli studi fatti al Poli-tecnico e a usare materiali da costru-

zione sotto la guida di chi (da sem-pre) conosceva le malte, i mattoni, lepietre, i legni.C'è dunque un po' di nostalgia in que-sto nuovo panorama che vede sosti-tuiti i pulmini dei muratori con auto-mezzi super accessoriati, attrezzati ditutto punto e invariabilmente dotati

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Dal muratore al montatore

L a nostra recente visita allanuova struttura espositiva delPolo Fieristico milanese, ci con-

sente di riflettere sul come oggi sicostruisce. Controllando (anche perdeformazione professionale) il mododi lavorare degli addetti ancora presentiper il completamento dell'opera, ericordando anche le nostre precedentivisite al cantiere, siamo giunti ad un'u-nica conclusione: il "muratore" è quasiscomparso perché sostituito dal tecnicodel montaggio, il "montatore".Le strutture leggere della nuova co-struzione sono prevalentemente in ac-ciaio, alluminio, vetro laminato e cri-stallo, in aggiunta agli elementi pre-fabbricati (o meglio, fabbricati altro-ve) di grandi e piccole dimensioni. Leforme poi, sono realizzate dal com-puter con tecniche impensabili fino apoche anni fa: del resto, solo così sispiega l'innalzamento della grande esuggestiva vela, visto che essa è co-

E’ cambiato il modo di costruire: la malta e la cazzuola hanno ormailasciato il posto al computer e al tecnico del montaggio. Però...

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Nei registri della “Fabbrica del Duomo” di metà Ottocento,i muratori messi a paga si chiamavano magister.ut, ma il dia-letto milanese li converte ben presto in mag.ut e quindi in magut.E sono proprio loro, i magut, gli sconosciuti protagonisti delboom edilizio che attraversa la Milano del dopoguerra fino itutti gli anni Sessanta.In gran numero le novità: dalla copertura della Martesana al QT8 di S. Siro, dalla Torre Velasca alla nuova Rinascente,dall' “asse attrezzato” della zona Garibaldi al Pirellone, dallametropolitana ai raccordi verso le vecchie e nuova autostrade.

SI RIPARTE COI MAGUT

di monitor e strumenti elettronici divario tipo.Anche in passato, dal Rinascimento inpoi, le tecniche nuove hanno influen-zato l'architettura ma hanno pur sem-pre richiesto la manodopera dell'uo-mo muratore. Non solo oggi non è piùcosì, ma la tecnologia è addirittura di-

ventata il riferimento primario tra l'ar-chitettura e i mondi della produzioneindustriale e della ricerca scientifica.L'utilizzo di strutture in vetro lamina-to e in cemento armato ad altissima

resistenza,nonché l'uso del ferro e delvetro, sono gli elementi maggiormen-te ricorrenti nelle odierne architettu-re. Senza contare le strutture in teflone fibra e quelle in travi lamellari in le-gno con giunti in acciaio.I progetti nascono dalla sintesi tra leinfinite possibilità offerte dal compu-

ter e dalla tecnolo-gia, ma anche dalparallelo lavoro arti-gianale. Solo il com-puter riesce a tra-sporre sul piano tri-dimensionale formemolto complesse(come fa Gehry, perintenderci): e ovvia-mente, questa pos-sibilità fa negare alprogettista le pecu-liarità tipiche delmateriale.Ma tutto ciò nonbasta più percostruire. C'è anchebisogno di imma-gine: per vendere

meglio ma anche perché oggi la gentecerca la qualità, la "tendenza", il buongusto. E' qui che rispunta, affiancan-dosi al "montatore", lo specialista delbello e del prezioso: è lui il protagoni-

sta del Made in Italy, con la realizza-zione di vere e proprie opere d'artecome i pavimenti in marmo, le deco-razioni a mosaico di pareti, i restauri pre-stigiosi. E' questo il nuovo magut,ormai ricercato anche in Cina,Australiae Giappone, per innalzare costruzionidove la tecnologia si sposa alla bellezza.Prima di chiudere questa breve sinte-si sul nuovo modo di operare nell'e-dilizia, ci piace ricordare il progetto di-segnato nel 1990 dal nostro studio -una chiesa - realizzato in pochi mesi.I grandi elevatori hanno assemblato emesso in opera poderose quinte a con-trovento in cemento armato (prefab-bricato e prefinito in fabbrica) sullequali sono state agganciate capriatein legno lamellare di grande luce perla copertura. L'unico intervento tradi-zionale è stato quello delle fondazio-ni in cemento armato alle quali colle-gare le strutture fuori terra.

Nelle foto, vari esempi di assemblaggio.Che si tratti di acciaio, piuttosto che dicemento armato e legno, o di laminato e cristallo, le strutture architettonicheassemblate prendono sempre più piede.

Dal mondo

Parte il progetto (di 1 milionee 200 mila metri quadrati) checambierà il sud-est di Milano.

I l Comune di Milano ha dato il vialibera: entro il 2011 ci sarà unnuovo pezzo di città, ricavato

dall'area un tempo occupata daglistabilimenti della Montedison e dellaRedaelli, a Rogoredo (1 milione e200 mila metri quadrati).Il progetto, denominato ufficialmenteProgramma Integrato di Intervento(P.I.I.), ma subito ribattezzato Montecity,porta la firma di Paolo Caputo e GiovanniCarminati e si avvarrà della supervisionedi Norman Foster, l'architetto tra l'al-tro noto per aver dato un nuovo voltoal Reichstag di Berlino.A livello cittadino, il P.I.I. rappresentail più vasto e ambizioso progetto diriutilizzazione e riqualificazione per iprossimi dieci anni.Si pensi appena che sono previste re-sidenze per 8 mila persone (circa2700 famiglie), uffici (su un'area di163 mila mq), una zona commerciale(30 mila mq), nonché 5 alberghi, unamultisala a tecnologia integrata, uncentro multimediale e una serie dinegozi. Non basta: nel parco pub-

blico previsto (di 330 mila mq,grande quindi come il Parco Sem-pione) sorgeranno un asilo nido, unascuola materna, un centro residen-ziale per disabili e un centro civico di1400 mq. Senza contare il grandeCentro Congressi, in arrivo dopotrent'anni di attesa, che si svilup-perà su una superficie di 32 milamq contando su una capienza di 8mila posti.I collegamenti rappresentano uno deipunti di maggiore attenzione daparte dei progettisti. E' infatti previ-sto il prolungamento della Paullese eil sottopasso per Via Toffetti, mentrela nuova linea tramviaria in partenzadalla stazione di Rogoredo servirà le

residenze e il Centro Congressi.Il Gruppo Risanamento sta recitandola parte dell'investitore più impor-tante visto che il suo apporto a bene-ficio di Montecity ammonterà a 1 mi-liardo e 100 milioni di Euro. "L'inde-bitamento con le banche - dichiara ilsuo portavoce - sarà limitato inquanto una parte significativa del-l'investimento si finanzierà con glianticipi delle prevendite".Aggiunge il sindaco Albertini: "Se suquest'area gli investimenti stranieriammontano a 6 miliardi di dollari,vuol dire che si sta facendo un lavorodi qualità".

G.T.

Montecity, la grandesfida di Milano

Norman Foster

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Vico Magistretti

“E' discutibile la scelta di creare stampi o attrezzaturemeccaniche per una produzione limitata. E' quindi importante che un architetto utilizzi al meglio glielementi di catalogo”.

Vico Magistretti

1 La storia dell’architettura è scanditada manifesti e da movimenti che nehanno segnato l’evoluzione. Il Bauhaus,Il Futurismo, i Congressi CIAM sono soloalcuni esempi. Oggi per molti versi nonsembra esistere la stessa tensione evolutiva riscontrata in passato. Crede possibile che l’architettura abbiaperso questa forza? Cosa pensa a que-sto riguardo?

Mi sono sempre occupato di architet-tura e me ne occupo ancora oggi, anchese attualmente la mia attività è moltolegata al disegno industriale.Rispetto al design, che è frutto di un dia-logo tra produzione e progettista, ilprogetto architettonico si svolge incompleta solitudine, forse, anche per que-sto motivo, è difficile che oggi possanascere un movimento collettivo diarchitettura altrettanto significativorispetto a quelli qui ricordati. Comunquesia, tutti i movimenti artistici del secoloscorso non sono durati molto.A proposito del design e degli archi-tetti che ne sono stati attratti, ancheAlbini, Caccia Dominioni e Gardella sisono cimentati in quegli anni lontanima la nascita dell'Italian Design haluogo intorno al 1960. E il fenomeno,dopo quasi 50 anni, dura ancoraadesso: è una durata assai lunga per-ché si è sempre tenuto d’occhio ilconcetto di "realtà".

2 “Dal cucchiaio alla città”. Crede cheancora oggi un architetto possa e debbaoccuparsi di ambiti tanto diversi?

Intanto occorre dire che l'architetturae il design, pur agendo all'interno diuna stessa visione, sono attivitàmolto diverse, anche se creative einterdipendenti. Ciò significa, dun-que, che un architetto "possa occu-

parsi di ambiti diversi": cosa questaampiamente dimostrata dalla storiadegli ultimi cento anni.

3 Bruno Zevi, nel suo libro: “Sapervedere l’architettura” lamenta unadisinvolta ignoranza nei confronti del-l’architettura. Disinvoltura che, secondoZevi, non esiste nei confronti di altre arti.Oggi l’architettura è molto presentesui media. Il cinema e la televisione“usano” spesso l’architettura e gliarchitetti sono “personaggi” sempre piùconosciuti.Secondo lei, il bagno mediatico è utileo rischia di impoverirne il contenuto intel-lettuale?

Già. Da una parte, la moda e le mode,fenomeni tutti legati alle stagioni.Dall'altra la globalizzazione della comu-nicazione che, ovviamente, privilegia certistereotipi.In uno sceneggiato per la TV, il miostudio (che fa ridere) sarebbe pocoindicato ad essere coinvolto mentre, adesempio, quello del mio amico NormanFoster (dove lavorano centinaia di per-sone) lo sarebbe molto di più.Credo natu-ralmente che lui non riesca a control-lare la qualità di tutti i suoi progetti vistoche non ne avrebbe il tempo. Ma que-sto è un altro discorso.Anche il mondo dell'architettura èintriso di mode.Ad esempio, credo siauna cattiva moda quella di utilizzare atutti i costi e quasi per ogni genere diedifici, le grandi vetrate continue ascapito delle più tradizionali finestre.L'ho presa un po' alla larga, ma sperodi aver risposto alla domanda.

4 Nel libro “Sogni di sogni”, Tabucchiracconta l’avventura di Dedalo, archi-tetto del Palazzo di Cnosso che, per-sosi dentro il labirinto, dice: “Io sono

il costruttore del labirinto, ma nonricordo come uscirne”.Non crede che oggi si stia rischiandodi perdere di vista la vera sostanzaintellettuale dell’ architettura e soprat-tutto del design?

Direi proprio di no. Qui non si tratta dinon sapere "come uscirne" ma di averele idee chiare sul proprio ruolo. Ho giàdetto che l'architettura e il design cam-minano sul filo comune della creatività:e questa è la vera "sostanza intellet-tuale" delle due discipline. Ovviamentel’architettura, dato che viene da lontano,richiede anche un grande interesse peril passato.

5 Nel 1880 Otto Wagner termina il pro-getto di Artibus, città ideale immagi-nata in un luogo inesistente e proget-tata escludendo qualunque limite eco-nomico, sociale e geografico. Nellostesso anno Wagner, arricchito dalla sen-sazione di libertà di questa avventuraprogettuale, propone ai suoi allieviuniversitari un tema simile. Il progettodi un’ architettura utopica e fantastica.In totale libertà.Lei cosa avrebbe progettato?

L'utopia è una cosa che non mi inte-ressa.Tutto quello che ho cercato di com-piere in questi anni, facendo l'architetto,è stato caratterizzato dal non perseguiremai le "concessioni": ho infatti sem-pre cercato di cogliere la realtà comeelemento integrante, paesaggistico,compositivo dell'architettura. Proprio perquesti motivi, ho semmai rinunciato,anche se in casi rarissimi, a dei lavoriche mi si offrivano.

6 Le grandi committenze di oggi im-pongono la creazione di team di tec-nici specialisti in singoli settori della

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Architetto e designer,Vico Magistretti nasce aMilano nel 1920, dovesi laurea 25 anni dopo.Il suo lavoro attraversala storia del designitaliano, come attestanoi prestigiosi premiottenuti e la presenzaalle principali mostre inEuropa, Stati Uniti,Giappone.Quanto all’architettura,i suoi 100 e piùprogetti, tuttirigorosamente legatialla sperimentazione di materiali etecnologie, si collocanoal di fuori delle modeche hannocaratterizzato gli ultimisessant’anni.

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In alto. Alcune realizzazioni di Vico Magistretti: lampada Eclisse (1967), Casa Muggia nel bergamasco (1973),Università Statale di Milano dipartimento di Biologia (1981), sedia Silver 811 (1989), poltrona Bistrò (2004).

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progettazione e della gestione dei la-vori. Non crede che così possa deltutto estinguersi la figura dell’archi-tetto a 360°?

Anche in architettura, la collaborazioneè certamente fondamentale, anche seavviene esclusivamente in fase esecu-tiva. Mi piace concentrarmi e faticaresulla concettualità del progetto e noncerto sulla sua esecuzione. Io ho sceltodi fare l'architetto e non il capo diindustria: è proprio per questo che il miostudio è piccolissimo.Non condivido gli studi di 30 o 40 per-sone, anche se ci sono casi particolaricome quello di Renzo Piano il quale,peral-tro, ha ereditato dal padre impresariola vocazione a lavorare come impren-ditore. Comunque sia, in più occasioni,ho sperimentato la collaborazione conun team di ingegneri: io fornisco loroil criterio concettuale delle idee e lorosviluppano il progetto in tutte le sue parti.

7 Oggi è possibile svolgere da casa ungran numero di attività che fino a pochianni fa prevedevano uno spostamentofisico da un luogo a un altro. Da casa,con internet, posso discutere con unamico, lavorare, fare la spesa e guar-dare un film. Come crede che questopossa trasformare il concetto di spaziopubblico?

Forse sarà perche appartengo a un'al-

tra generazione ma non ho mai cam-biato il modo di lavorare. A casa nonho computer, mentre in studio lo usiamosolo per la posta elettronica. Si disegnaancora a mano.

8 “L’edificio sarà organizzato in modoelementare e tutti gli elementi della suastruttura saranno prefabbricati e uni-ficati”. El Lissitzky scriveva questeparole su “Izvestija Asnova” nel 1926.Quanto, secondo Lei, si è avverato diqueste parole?

Per tradizione, in Italia non abbiamoancora l'abitudine all'utilizzo di stru-menti e componenti "a catalogo".Tuttavia, cerco spesso di utilizzare lecose più comuni: è per questo motivoche continua a piacermi il mattone.

9 La tecnologia della prefabbricazioneha oggi raggiunto un tale livello qua-litativo e una così vasta scelta da poterproporre al mercato dell’architettura qua-lunque soluzione. Lei crede che ladimensione di questa offerta possa inqualche misura creare un denominatorecomune della creatività architettonica?

E' molto importante che un architettoutilizzi al meglio gli elementi di cata-logo in quanto, secondo me, è alquantodiscutibile creare degli stampi o delleattrezzature meccaniche per una pro-duzione limitata e magari circoscritta

ad un solo episodio architettonico.Questo discorso è valido anche nei casidelle architetture di Norman Foster. Seprendiamo la sua banca a Hong Konged eliminiamo un po' di tubi e undiscreto numero di strutture attaccatesopra (complicatissime e spaventosa-mente costose), l'edificio rimane comun-que bello visto che è dotato di unvalido impianto spaziale.

10 Recentemente Philip Johnson hadichiarato che in architettura si e' rag-giunto un livello tecnologico cosi' altoda consentire ad un architetto il lussodi concentrarsi molto sulla fantasia esulla parte più culturalmente creativadel progetto. Ma ogni spirito creativoha bisogno di alimentarsi periodica-mente.Lei da dove attinge? Ha delle passioniprecise che le “servono” per arricchirel'approccio intellettuale al suo lavoro?

Tutto è condizionato da qualcosa. Lastessa musica riceve condizionamentidalla letteratura piuttosto che dallastoria. Nel mio caso, quando lavoroascolto sempre la musica: mi piaceparticolarmente quella del Settecento:da Mozart fino al periodo romantico.Leggo anche molto: quando mi chie-dono i libri che consiglierei, rispondosempre "Guerra e Pace", che è sem-pre una bella lezione.

ZoomDiario dell’architettura

26 Febbraio 1045E' il giorno della consacrazione della Cattedrale di S. Maria Assunta di Gerace (Rc), la più grande e importantecostruzione sacra della Calabria. Dotata di un interno grandioso,rappresenta uno dei più mirabili esempi di arte romanica.

15 Gennaio 1148Si apre al culto la Chiesa di S. Giovanni degli Eremiti, a Palermo. Qui il Romanicocollega strettamentel'organismo edilizio al contesto ambientale.

4 Febbraio 1961Si inaugura a Genova il Museo Civico di Palazzo Rosso, dopo ilrestauro che riporta alle originarie condizioni il monumentobarocco. Significativo l'equilibrio con l'allestimento, come dimostrala scala a chiocciola ottagonale di Franco Albini.

31 Luglio 1995Si inaugura il Centro Direzionale di Napoli progettato da KenzoTange, l'architetto della ricostruzione giapponese del dopo guerra.Tange muore a Tokio nel marzo 2005.

2 Marzo 2005Esce l'edizione italiana del monumentale lavoro di Peter Eiseman dedicato a Giuseppe Terragni. “Si parla di lui come di un architetto fascista ma non lo è: è stato un grande architetto che ha vissuto al tempo del fascismo”.

18 Gennaio 1630A Venezia, sedata la pestilenza,viene indetto un concorso perun tempio votivo.Vince Baldassarre Longhenache darà vita a S. Maria dellaSalute. Si conclude così lastagione del BaroccoVeneziano.

19 Maggio 1916Ad opera di Giacomo MatteoTrucco, a Torino si posa laprima pietra per la costruzionedella gigantesca struttura dellaFiat-Lingotto.

2 Luglio 79Muore l'imperatore Tito Flavio noto anche per aver dato il suo nome al Colosseo, l'anfiteatro più famoso dell'antichità. Questo tipo di struttura, sconosciuta al mondo greco, è una creazione prima pompeiana e poi romana.

Lo stabile che ospita lo studio di Vico Magistretti in via Conservatorio,a Milano.

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Centro Sportivo “Sportarea” a Cuneo

Nel 2000 la Fondazione Cassadi Risparmio di Cuneo ha ban-dito un Appalto-Concorso fra

le imprese della Provincia per la pro-gettazione e costruzione di un impiantosportivo polivalente in una area incorso di urbanizzazione a Cuneo, dadonare al comune stesso a lavori ulti-mati.Il progetto vincitore del concorso èstato proposto dalla Edilcrea diSommariva Bosco assistita da un gruppodi progettazione guidato dall’ingegnerFulvio Quattroccolo.L’area di intervento si trova al mar-gine sud-est del territorio urbano diCuneo, in località Borgo San Giuseppe,nell’ambito di un ampio piano esecu-tivo per nuove residenze di ediliziaconvenzionata, ed occupa parte diun’area destinata a servizi collocata inprossimità della strada provinciale diraccordo sull’itinerario Fossano-Boves.Il contesto in cui ci si è trovati ad agireè dunque quello di una periferia pre-valentemente residenziale, a densitàmedio-bassa, e all’interno dell’area diun insediamento architettonicamenteomogeneo ed ordinato nell’assettourbanistico. Il lato sud dell’area si apresul panorama delle vicine Alpi Marittimecon il profilo del monte Bisalta, la”montagna di Cuneo”, in evidenza.La scala ridotta degli edifici residenziali

CommittenteFondazione della Cassa di Risparmio di Cuneo - Comune di Cuneo

Progetto Architettonico e D.L.Ing. Fulvio Quattroccolo Arch. Nicoletta Oddera,Arch. Fabrizio VanniBra (Cn)

Progetto StrutturaleIng. Giorgio DominiAlba (Cn)

ImpresaEdilcrea s.n.c. di Gosso e C.Sommariva del Bosco (Cn)

Tipologia d’InterventoImpianti sportivi al coperto per basket,volley, judo

LocalitàCuneo

EdificioMagnetti MuratureMagnetti Pavimentazioni

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Integrazione degli spazi architettonici con le forme ondulate dei terreni circostanti e volumi che creano un “cannocchiale” puntato sulla montagna vicina.

Il centro sportivo è caratterizzato da una tessitura delle facciate definita da un’alternanza di blocchifacciavista e mattoni, per meglio evidenziare il rapporto geometrico conle curve presenti in copertura.

SEZIONE LONGITUDINALE ATRIO

SEZIONE TRASVERSALE ATRIO

SEZIONE TRASVERSALE VETRATA

SEZIONE CAMPO

PROSPETTO NORD

PROSPETTO EST

PROSPETTO SUD

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circostanti e l’istanza paesaggistica diconservare il più possibile libero il pano-rama sulle montagne non hanno faci-litato il compito dell’inserimento diuna struttura voluminosa come un edi-ficio sportivo. Il progetto si è basato quindisu due orientamenti fondamentali: daun lato si è tentato di evitare una ecces-siva compattazione degli spazi funzio-nali richiesti, e dall’altro di sfruttare almassimo la possibilità di abbassare ilpiano di imposta dell’edificio.Frammentazione degli spazi, che hapermesso di avvicinarsi tipologicamentealla scala residenziale degli edifici vicini,e la ricerca della massima possibileintegrazione dei profili del fabbricatocon quelli del terreno circostante.Si è dunque venuto a configurare nonun edificio unitario ma un insieme divolumi, il più cospicuo dei quali, ilcampo di gioco con altezza liberainterna di sette metri, è stato abbassatodi 1,20 m rispetto allo zero della stradainterna mentre i volumi che ospitanogli spogliatoi, la palestra piccola e i

servizi si trovano ad una quota di –1,05m circa rispetto allo zero.Le coperture curve di queste ultimeparti della struttura generano lineemorbide che tendono ad appoggiarsidolcemente alle forme ondulate previstenella sistemazione del terreno circostante,e si connettono gradualmente al volumeprincipale del campo di gioco.La rampa inclinata dell’accesso delpubblico, che collega le strade esternecon un percorso lineare che attraversal’intero edificio, è percorribile dai disa-bili e si costituisce come elemento dimediazione fra il gruppo dei volumiminori e più articolati ed il volume uni-tario del campo di gioco. Questa generanell’edificio una leggera rotazionerispetto alle direzioni urbanistiche diimpianto dell’area, alle quali si appog-gia il volume principale, creando unasorta di “cannocchiale” visivo puntatosull’elemento paesaggistico più rile-vante, il monte Bisalta.Sul percorso della rampa si innestanole aree di distribuzione del pubblico

nella struttura sportiva, che sono stateconfigurate come un insieme di piccolepiazze pedonali su due livelli, aperte conampie vetrate verso l’esterno. Il concettodi frantumazione del complesso in unitàedilizie complementari viene reso piùfacilmente comprensibile da questomodello “urbano”di reintegrazione archi-tettonica delle parti attraverso lo spa-zio collettivo.Seguendo la stessa logica, abbiamoscelto di utilizzare il materiale e la tes-situra delle facciate dei volumi edilizianche nelle parti in cui essi affaccianosugli spazi di distribuzione, e per sot-tolineare il loro carattere di “esterno”abbiamo dato a questi ultimi una pavi-mentazione in cemento grigio lisciato.Per le facciate sono stati utilizzati bloc-chi facciavista Magnetti di colore rosso,alternati ogni quattro corsi con uncorso di mattoni pieni, per ottenereun segno grafico adatto ad alleggerirela percezione delle ampie superficimurarie e per evidenziare il rapporto geo-metrico con le curve delle coperture.

Anche per l’interno delle pareti delvano che ospita il campo principalesono previsti blocchi facciavista, senzagli inserti in mattoni. Il colore caldo deiblocchi, insieme al legno del parquetdi gioco, ha permesso di ottenere unambiente molto confortevole ed apprez-zato.Il blocco a vista è stato scelto anchenel quadro della filosofia comples-siva sull’uso dei materiali in questoprogetto, rivolta ad evidenziare lamaterialità essenziale delle diversecomponenti: strutture prefabbricatein cemento a vista, carpenterie me-talliche, pavimenti in cemento, serra-menti in alluminio naturale e vetrotrasparente, coperture in pannelliisolati in lamiera a vista, e, appunto,murature in blocchi, ognuna dellequali concorre, con le proprie carat-teristiche, a costruire nel gioco stu-diato dei dettagli e delle connessionireciproche, l’immagine dell’architet-tura.

La frammentazione degli spazi in piùvolumi, tutti progettati a quote ribassate rispetto al piano strada, evital’eccessiva compattazione

e migliora l’integrazione del centrosportivo nel contesto residenziale.In basso, planimetrie di progetto.

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I n una piccola area industriale delcomune di Sumirago, (VA) nellafrazione Quinzano S. Pietro, a pochi

chilometri di distanza dall’autostradaMilano-Varese e dalla Milano-Laghi, laViar Meccanica ha scelto di insediarela propria nuova sede.L’azienda, presenta un’attività pro-duttiva altamente spoecializzata rivoltaalla realizzazione di raccordi speciali percanalizzazioni ad alta pressione, pro-dotti che trovano applicazione in impiantichimici, raffinerie e oleodotti.Ha una clientela diffusa in tutto ilmondo, e risulta pertanto oggetto divisite da parte di delegazioni di di-versi paesi con conseguenti esigenzedi rappresentanza molto marcate.La costruzione del nuovo polo pro-duttivo, realizzato da Magnetti Buil-

ding, si sviluppa su una superficie co-perta di 2.700 mq, caratterizzata daun’area produttiva sviluppata su duepiani, e quella destinata a uffici-ser-vizi su tre piani.Il naturale dislivello originario delterreno pari a circa 6 metri, ha facili-tato tale disposizione, mentre unascelta architettonica precisa ha in-teso segnare un evidente distacco frala parte di rappresentanza e quelladestinata alla attività produttiva.Al piano interrato sono ubicate siaaree destinate alla produzione chespazi per il deposito di materiali, ma-gazzini, facilmente accessibili anchea mezzi pesanti; al piano terreno, conaccesso diretto dalla strada pubblica,la zona destinata alla attività produt-tiva.

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Costruire su dislivelliUna struttura produttiva multipiano sfrutta il naturale dislivello del terreno.

CommittenteViar Meccanica s.r.l.Quinzano di Sumirago (Va)

Progetto Architettonico e D.L.Studio Tonelli – Zuccollo Ass.arch. Milena Biancotti,geom. Doriano Tonelli,geom. Marco ZuccolloSumirago (Va)

Progetto Strutturaleing. Alberto BattioniGallarate (Va)

Impresa F.R. Costruzioni di Franco RacioppiGallarate (Va)

Tipologia d’InterventoEdificio industriale e palazzina per uffici

LocalitàQuinzano di Sumirago (Va)

EdificioMagnetti Building

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La struttura utilizzata per l’ impalcatoè un solaio a doppia T da cm. 85, sumaglia strutturale da m. 10x10 , congetto integrativo da cm. 10, per unsovraccarico utile di 2000 kg/mq.La copertura è stata realizzata contegoli Tecnoplan, alternati a lucernariapribili: soluzione che, dal punto divista della illuminazione dell’am-biente lavorativo, ha pienamente ri-sposto alle aspettative ed alle esi-genze dell’azienda.I tamponamenti esterni sono di tipoorizzontale con elementi verticali incorrispondenza dei pilastri, segnatida una variazione cromatica dalbianco Carrara della struttura verti-cale al grigio Bardiglio degli elementiorizzontali.Un evidente arricchimento estetico ècostituito dal tamponamento dei trelati della palazzina uffici, realizzatocon parete vetrata continua definitada un aggetto di cm.120, una sortadi protezione della facciata stessa

dall’estrema pulizia formale abbinataa elementi realizzati con graniglia dimarmo Bianco Carrara.Internamente la hall di ingresso agliuffici è realizzata a tutta altezza e visi affacciano spazi destinati alle atti-vità operative.

Dalle finestre degli uffici lo sguardospazia verso una distesa di area averde costituita da una sequenza diprati e boschi di notevole effetto, chesi introduce anche all’interno dellaproprietà, appena individuata da unarete metallica.

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PLANIMETRIA GENERALE

PROSPETTO EST

PROSPETTO OVEST

PROSPETTO NORD

SEZIONE TRASVERSALE

Facciate continue e tamponamenticaratterizzati da variazioni cromatiche definiscono l’arricchimantoestetico della palazzina uffici.

In questa pagina e in quelle precedenti l’intervento industriale realizzato in provincia di Varese conuna soluzione architettonica funzionale alla valorizzazione dell’immagine aziendale.

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L e strutture che coprono gliedifici, sia pure costituite daforme e materiali diversi, da

sempre hanno avuto la funzione dinon lasciare filtrare l'acqua nei localisottostanti. Ovviamente, a secondadelle consuetudini locali e delle lati-tudini, il tetto è per lo più formato dalastre di pietra, da lamiere, da tegoleo altri manufatti in cotto. E' altret-tanto ovvio che, per ottenere una as-soluta impermeabilità del tetto sianonecessari manti ad elevata resistenzameccanica, solitamente costituite damateriale bituminoso e/o resinoso.I problemi si presentano del tutto di-versi quando si passa dal tipico tettoa falde delle abitazioni al tetto pianodelle costruzioni industriali.Il centro ricerche di Magnetti Buil-ding, per risolvere in maniera inte-grale il problema della impermeabi-lità degli edifici industriali, ha recen-temente messo a punto un sistemaad alta tecnologia denominatoAcqua Stop. In sostanza, si tratta diuna stratigrafia complessa che vienefissata agli elementi di copertura, perinduzione magnetica a particolariplacche metalliche, il cui posiziona-mento é calcolato a progetto.

Coperto da brevetto, il sistema AcquaStop vanta dunque il vantaggio di inte-grarsi col processo produttivo. I due puntia favore di tale integrazione sono:- gli strati coibente e impermeabilizzantesolidali alla struttura in calcestruzzo- la fase di saldatura longitudinale deiteli, industrializzata in linea dedicata.Questo innovativo sistema di coper-tura presenta una serie di altri van-taggi come l’elevata resa estetica, la dura-

bilità, la modalità di posa, la sicurezzaal fuoco, la manutenzione, la garanzia.Riguardo alla impermeabilità, i 10 annidi garanzia per legge, nel caso di AcquaStop diventano infatti 15.Non c'è bisogno di aggiungere che,anche in presenza di acqua piovanascrosciante, il sistema, sottoposto asevere prove di carico, è in grado diopporre una assoluta capacità di imper-meabilizzazione.

A sinistra. Leonardo, studi sui metodi dicoprire i tetti in piombo.Sotto, una copertura realizzata con l’esclusivo sistemaad alta tecnologia Acqua Stop.

A lato, alcune fasi del fissaggio delmanto per induzione magnetica,tramite l’utilizzo di un’appositaattrezzatura che evita qualsiasi tipo diforatura.L’elevata capacità diimpermeabilizzazione viene testataattraverso specifiche verifiche diallagamento delle superfici dicopertura.

la stratigrafia del sistema Acqua Stop

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Acqua StopRisolto dal centro ricerche di Magnetti Building il problema della impermeabilizzazione degli edifici industriali.Gli altri vantaggi del sistema.

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Carvico (Bg), maggio 2005.E' uscito il consueto profilo annuale del Gruppo Magnetti, conte-nente tra l'altro la sintesi dei risultati delle attività operative.Il "Profilo di gruppo 2005" illustra altresì i prodotti, i servizi e lenovità in relazione ai principali settori. Non mancano inoltre lenotizie riguardanti la comunicazione (pubblicitaria e non).

Carvico (Bg), 16 maggio 2005.Presso la sede del Gruppo Magnetti, Luigi Roth - presidente dellaFondazione Fiera Internazionale di Milano - ha illustrato l'iter che,in soli trenta mesi, ha portato alla inaugurazione del nuovo com-plesso fieristico di Rho-Pero. Erano presenti Gregorio e PaoloMagnetti, Roberto Picco e numerosi dirigenti del gruppobergamasco.L'incontro fa parte di un più vasto programma tendente ad acco-starsi - attraverso la testimonianza diretta dei protagonisti - allepiù recenti e prestigiose realizzazioni architettoniche e urbanisti-che. In questa prospettiva, è sin d'ora prevista la partecipazione alprogramma di Mario Oliveri, uno dei maestri dell'architettura ita-liana contemporanea.

Berlino, 2-5 giugno 2005.Nell'ambito delle iniziative promosse e avviate da monsignorGiuseppe Arosio a beneficio delle attività culturali rivolte all'archi-tettura, è stato organizzato un viaggio a Berlino per visitare alcu-ne testimonianze architettoniche della città in chiave moderna. IlGruppo Magnetti ha partecipato al tour con alcuni suoi rappre-sentanti.A partire dal 10 giugno, lo stesso mons. Arosio ha dato il via -presso il "Complesso S. Francesco" di Monza - ad una mostrafotografica dedicata a Renzo Piano, relativamente alla Chiesa di S. Padre Pio (S. Giovanni Rotondo). Hanno partecipato all'eventoil prof. Antonio Migliacci, l'ing. Danilo Campagna (collaudatoredella struttura della chiesa) e l'arch. Giorgio Grandi (principalecollaboratore di Renzo Piano) che ha svolto una relazione.

Carvico (Bg), 1 luglio 2005.Il Gruppo Magnetti sarà presente, con un proprio stand, al SaloneInternazionale dell'Industrializzazione Edilizia (SAIE) che si terrà aBologna dal 12 al 16 ottobre (Pad. 27, Stand 134-156).

Milano, 2 settembre 2005.Viene data alle stampe la seconda edizione del "Diariodell'Architettura", in distribuzione a partire dal prossimo novem-bre. Dedicato alle realizzazioni architettoniche italiane del passa-to e del presente, questa edizione, oltre a contenere le consuetecuriosità, propone una serie di "itinerari dell'architettura e dellamuseografia", con un occhio di riguardo alle località poco (omeno) battute dal turismo di massa.

Il frontespizio del “Profilo di gruppo 2005”.

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Luigi Roth, presidente dellaFondazione Fiera Internazionale di Milano.

Un particolare della chiesa di S. Padre Pio,eretta da Renzo Piano, a S. Giovanni Rotondo.

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Fotografare l’architetturaDonato Di Bello fotografa, da oltre 10 anni, le realizzazioni diVittorio Gregotti. Gli abbiamo chiesto di commentare come siriconosce nel suo lavoro e come utilizza gli attrezzi del mestiere.In

cont

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L ’incontro con gli architetti èsempre un incontro con la cul-tura. Per me, fotografo e diret-

tore della fotografia in ambito com-merciale, è un’occasione di studio edi ricerca sempre curiosa e, strano adirsi, quasi rilassante: la discussionecon gli architetti sulla genesi dei loroprogetti evidenzia la filosofia che staalla base di scelte concettuali e ope-rative, rivela relazioni fra l’esistente eil nuovo.Quando sono incaricato di fotografarequella tale architettura mi trovo difronte a due strade: interpretaresecondo la mia visione personale (arbi-traria, forse ideologica, forse mistifica-toria), o mantenere uno sguardo neu-tro, libero da condizionamenti intellet-tuali, sperando che la mia realizzazionepossa contribuire alla lettura dell'opera.Scelgo di mettermi da parte e di annul-larmi un po' a scapito del protagoni-smo e della libertà di azione e di spe-rimentazione.Può sembrare che questo corrispondaa una scelta di documentazione, manon è così. Roland Barthes, ne “Lacamera chiara”, ha inaugurato unacategoria concettuale fondamentaleper la lettura della fotografia, quella dipunctum e studium. Se lo studium cor-risponde al tratto descrittivo, storico-contestuale, documentaristico dellafotografia, il punctum ne costituisce lospecifico, il soggettivo, il concettuale.Dato che l'architetto è anche un mae-stro dello sguardo, bisogna studiare i

suoi disegni, ascoltarlo, imparare acapire che cosa è importante per luie, solo in un secondo momento, pro-porgli soluzioni e interventi che sonoinvece tipici del modo di operare delfotografo. Detto altrimenti, io cerco direalizzare le fotografie che avrebbe rea-lizzato lo stesso architetto, se soloavesse avuto il tempo e la capacità difarlo. Solo così egli si può riconoscerenel mio lavoro.Intendo dire che l'opera architettonica,in quanto forma dell'arte, ha un suopunctum pregnante. Perciò il mio punc-tum si realizza quando coincide conquello dell'autore, quando riesco a'vedere con i suoi occhi'.Fin dall'inizio la scelta operativa è statachiara. Io fotografo sempre con la foto-camera a corpi mobili (il banco ottico):la potenza descrittiva di un tale attrezzo,per il momento, non ha rivali. Dopotanti anni di lavoro ancora mi stupi-sco di fronte a ciò che si può ottenere.In più la fatica di trascinarsi dietro unatale attrezzatura provoca una maggioreriflessione personale su ciò che foto-grafo e sulla scelta delle inquadrature.Diciamo che il servizio fotografico, inun certo qual modo, è più sentito. Avolte le condizioni di luce esistenti nonsono sufficienti, e allora uso luciaggiunte, preoccupandomi di renderleinavvertibili. La loro funzione è descri-vere meglio, senza sovrapporsi all'ar-chitettura.Mi piace pensare che tra me e l'archi-tetto, c'è lo stesso rapporto che passa

tra il regista e il direttore della foto-grafia nel cinema. Io uso la mia com-petenza al servizio di un'idea, che è edeve restare dell'architetto. Le inqua-drature che decido, in verità, le ha deciseper me l'architetto per il semplicemotivo che la sua opera non può esserefotografata in altro modo. L'infinitadiscussione sulla presunta parzialitàdella visione fotografica non mi inte-ressa, la considero superata.Questo è l’atteggiamento che ioassumo quando sono incaricato dal-l’architetto. Quando invece sono“libero” d’interpretare, allora la situa-zione cambia radicalmente. E l’archi-tettura diventa solo un mezzo attra-verso il quale io comunico la mia preoc-cupazione di apparire “originale”. Maè un’altra storia.Oggi mi interessa discutere sul presentedella fotografia con l'avvento delle tec-niche digitali. Esse hanno contribuitoa migliorare il lavoro del fotografo, e dimolto. Ma è anche vero che queste tec-niche così seducenti, spesso fagocitanola creatività umana, riducendo l’im-magine a puro esercizio manieristico.

Donato Di Bello

Dall’archivio Di Bello, un particolare della “Vela di Fuksas”, ilsimbolo del nuovo complesso fieristicodi Rho-Pero.

Donato Di Bello,

dopo varie esperienze maturate

nell'ambito della produzione

televisiva, nel 1985 apre uno studio

occupandosi prevalentemente di

still life e di documentari industriali.

Inizia quindi una stabile

collaborazione con la rivista Domus

(1992) e con lo Studio Gregotti

(1994) documentando, tra l'altro,

i progetti del quartiere Bicocca.

Più recentemente, sue fotografie

vengono utilizzate per illustrare il

volume sul Nuovo Polo Fieristico di

Milano. Al suo lavoro professionale

di fotografo e direttore della

fotografia, affianca una intensa

attività di ricerca.

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Il Razionalismo

I l termine "razionalismo" nasce nelXVII secolo, quando il deismoafferma che le verità religiose vanno

accolte non in quanto rivelate ma per-ché giustificate dalla ragione.Nei primi decenni del Novecento, varimovimenti artistici europei "trasferiscono"i concetti del razionalismo nell'architetturacon l'intento di rinnovare radicalmentei suoi processi e le sue forme.E' opinione comune che i massimiesponenti di questo movimento siano

due architetti europei: il tedesco WalterGropius (Berlino 1883, Boston 1969)e lo svizzero Charles-Edouard Jeanneret,meglio noto con lo pseudònimo di LeCorbusier (La Chaux-de-Fond 1887,Cap Martin 1965), entrambi autori diinnumerevoli opere d'avanguardia. Inestrema sintesi, per il primo la nuovaarchitettura industriale è tale in quantole sue forme aderiscano strettamentealla funzione, mentre per il secondo lacasa viene concepita alla stregua diuna "macchina per abitare", così comevogliono le esigenze della vita moderna.Il fatto che il Razionalismo riscriva dun-que l'architettura su base geometrico-matematica, postula una serie di "acces-

sori" complementari: l'adozione, inmisura sempre maggiore, di nuovimateriali (ferro, vetro, cemento), l'im-piego dei processi messi in campo dallenuove tecnologie, l'eliminazione dellestrutture decorative, l'utilizzazionerazionale dello spazio (dall'arreda-mento all'urbanistica).Per quanto riguarda l'Italia, va da sé cheil Razionalismo incroci gli altri movimentid'avanguardia dell'epoca, dal Manifestodi Antonio Sant'Elia al Futurismo diGiuseppe Terragni, dal Funzionalismodi Alberto Sartoris all'Espressionismo diVirgilio Marchi.

R. B.

A sinistra.Antonio Sant’Elia. Studio per unacentrale elettrica (1914).

A fianco.Di Giuseppe Terragni, il “Novocomum”di Como (1928).

A fianco. Le Corbusier. “Unità di abita-zione” a Marsiglia (1944).Sotto. Cappella a Ronchamp (1950-1955).

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Quelle norme stataliche, in una qualsiasi

forma, si riducano ad unainfluenza estetica eformale sull'architettura,vanno energicamentecombattute (1949).Alberto Sartoris

Sopra. Notre-Dame-du-Phare, cattedrale in acciaio di Alberto Sartoris (1931).

Sotto a sinistra. Virgilio Marchi. Disegno per un “Palazzo postelegrafonico” (1919).

A fianco. La copertina di Domus viene dedicata alla Casa Rustici aMilano, di Pietro Lingeri e Giuseppe Terragni (1935).

In basso, a sinistra.Walter Gropius. Fabbrica Fagus, adAlfeld (1911).

In alto. L’Edificio Comunità Artigianedi Alberto Sartoris è il primo esempio del RazionalismoItaliano (1928).

A partire dal primo Novecento,prendono corpo in Europa le avanguardiedella nuova architettura il cui credo può così sintetizzarsi: "Le forme devonoaderire alla funzione, così come voglionole esigenze della vita". In Italia,il primo edificio razionalista è del 1928 e porta la firma di Alberto Sartoris.

Dobbiamo rifabbricarela città. La casa di

cemento, di vetro e diferro, senza pittura escultura, ricca soltantodella bellezza congenitaalle sue linee e ai suoirilievi, deve sorgeresull'orlo di un abisso: lastrada, la quale non sistenderà più al livello delleportinerie, ma sisprofonderà nella terra perparecchi piani peraccogliere il trafficometropolitano (1912).Antonio Sant'Elia

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José Antonio Coderch a Barcellona

Nel 1946 Coderch costruisce la pro-pria casa-studio su un lotto rettango-lare in una piccola piazza isolatanella parte alta della città. La casa èorganizzata su due livelli: al pianoterreno un alto recinto nasconde ilpatio con portico, attorno al qualesono organizzati lo studio professio-nale e la zona giorno, mentre alpiano superiore è la zona notte.Questa prima realizzazione di casaunifamiliare non rivela ancora carat-teristiche compositive proprie dell’ar-chitetto, come l’articolazione organi-ca della pianta secondo cellule-stan-za che si dispongono in sequenza.La ricerca è piuttosto sulla razionaliz-zazione di temi della tradizione cata-lana, come il patio con il pozzo, illoggiato d’angolo del soggiorno edelle camere, l’adozione della veran-da con grandi persiane orizzontali eorientabili.

Casa Coderch a Sant Gervasi1946con Manuel Valls Vergésplaça Calvó 4FGC, Av. Tibidabo

Questo isolato a pianta rettangolare,aperto sul lato meridionale in dire-zione del mare, è il primo progettocon cui Coderch e Valls si misurano conil tessuto urbano di Barcellona. In que-sto caso, quello storico del quartiere dipescatori della Barceloneta, moltodenso e con vie strette e alte.I 150 alloggi per l’ISM, di dimensionilimitate, organizzati in 10 blocchi di 5piani, affacciano gli ambienti di sog-giorno e pranzo con logge triangolarisulla grande corte pubblica alberata,mentre gli affacci delle camere sulle vieesterne sono orientati diagonalmenteverso sud e protetti dalla introspe-zione frontale da schermi verticali.L’isolato sarà costruito in economia dimateriali e finiture, tanto che Coderch,in contrasto con l’ente committente,prenderà le distanze dalla realizza-zione, completata nel 1958.

Isolato dell’ISM alla Barceloneta1951-53, 1958con Manuel Valls Vergésplaça del LlagutMetro L4, Barceloneta

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più libero, i soggiorni sono posti suglispigoli, smaterializzati dalle vetrateche si incontrano ad angolo, e la cameracentrale ha due uscite opposte sui bal-coni di quelle laterali.L’involucro esterno è una composi-zione astratta di campiture verticalialternate: le parti opache degli impiantirivestite in ceramica color nocciola e ildispositivo a persiana con lamelleorientabili che scherma esternamentefinestre, balconi e logge: la “persianade librillo” di derivazione tradizionale,che protegge spazi sospesi tra abita-zione e strada.

Incaricato dall’ISM di progettare unimmobile d’affitto per impiegati con dueappartamenti per piano, con tre camerea due letti, Coderch forza la pianta,costretta in un lotto troppo stretto,adottando passaggi più fluidi tra unambiente e l’altro. In questo schema

Casa ad appartamenti dell’ISM allaBarceloneta1952-55con Manuel Valls Vergéspasseig Joan de Borbó 43Metro L4, Barceloneta

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Edificio residenziale in carrer Bach1957-61con Manuel Valls Vergéscarrer Juan Sebastian Bach 7FGC, Muntaner, La Bonanova

José Antonio Coderch y de Sentmenat nasce nel

1913 nella città catalana. Dopo la laurea in archi-

tettura, con Manuel Valls Vergés realizza, per l’Obra Sindical

del Hogar e l’Instituto Social de la Marina, complessi

di abitazioni rurali e di edilizia sovvenzionata per la rico-

struzione. La conoscenza dell’architettura italiana e di

personaggi come Gio Ponti porteranno al suo incarico

come curatore del Padiglione della Spagna alla IX

Triennale di Milano del 1951.

Negli anni ’50 e ‘60 l’architetto si divide tra la realiz-

zazione di ville unifamiliari a Sitges e nel Valles, e la par-

tecipazione al dibattito internazionale con l’adesione

al Team X. Nelle realizzazioni in città,

la ricerca si concentra sul passaggio tra

edificio e strada urbana. Rispetto a

quest’ultima, Coderch protegge lo spa-

zio abitativo, schermando le zone di tran-

sizione tra interno e esterno (balconi,

logge, finestre). La definizione di det-

taglio con la quale controlla la qualità

della luce naturale all’interno della

cellula abitativa porta alla sperimen-

tazione di dispositivi personali, ma allo

stesso tempo filtrati dalla tradizione

costruttiva catalana.

Altre realizzazioni in città sono l’edi-

ficio residenziale Monitor in via Augusta

(1966), il complesso residenziale “Las

Cocheras” in passeig de Manuel Girona

(1968-71), la casa Güell in carrer

Llusanes nel quartiere Bonanova (1971-

72), la sede dell’Institut Français in

carrer Moià (1972-75), l’ampliamento

della Escola Tècnica Superior

d’Arquitectura sulla Diagonal (1978).

Itine

rari

Il controllo della luce mediterranea.

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Su strada, a sinistra e a destra dei ne-gozi, si aprono due passaggi copertiverso il garage sotterraneo, dai qualisi accede direttamente, medianteascensori, alla zona giorno degli ap-partamenti.La pianta,condizionata da vincoli edi-lizi, è simmetrica, con quattro appar-tamenti di taglio grande su ogni pia-no, organizzati attorno ad un cavediocentrale di servizio. In ognuno dei 26appartamenti sono distinte la zonagiorno parallela alla strada, la zonanotte sui fianchi, i servizi verso il ca-vedio, con una circolazione doppiache permette accessi indipendenti. Lastruttura,con lunghi muri portanti per-pendicolari alle fronti, sottolinea que-sta distribuzione.Il grande serramento vetrato dei sog-giorni scorre esternamente alla fac-ciata,prolungando lo spazio nella bal-conata protetta dalle persiane.

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ArchiLetture

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A cento anni dalla nascita di Franco Albini,il piccolo libro in formato di album

è un omaggio per niente celebrativo oretorico, ma specifico e serio, in aderenzacon i caratteri di uno dei personaggi più“integrali” del panorama italiano. Lo stu-pore, prima confessato e poi studiato dal-l’autore per le componenti di novità che que-sta architettura mostra rispetto alle rea-lizzazioni precedenti alla guerra, è l’ef-fetto di una vicenda comune ai migliori archi-tetti italiani del secolo scorso, definiti daqualche ortodosso “traditori”della fede razio-nalista: con Albini,Gardella,Michelucci,Ridolfi,Bottoni e altri, che hanno saputo inne-stare felicemente la ricerca sull’architetturaorganica e spontanea sulla sincerità com-positiva del periodo tra la due guerre.Il commento di Giuseppe Samonà è assuntoin quarta di copertina come la sintesi piùadatta di questa felicità compositiva:“L’albergo-rifugio Pirovano a Cerviniaesprime questa piana, serena e quasi liberasemplicità che è tanto più emotiva quantopiù è raggiunta quella equilibrata orga-nizzazione di struttura, funzione e formacon cui si neutralizza o si attenua ognieccesso di esteriori singolarità, da cui Albini

rifugge quasi come da una colpa”.L’organizzazione del libro rivela la componentedi progettista e la pratica di cantiere del-l’autore, il quale non si ferma alla solalettura di quello che è scritto, ma anche aciò che è disegnato, sui documenti. Il testoè articolato lungo una serie di temi appa-rentemente non consequenziali, flashbacksu aspetti diversi che nel loro montaggiocostruiscono il commento all’opera allaquale il libro è dedicato. Il primo di questiquadri descrive le sensazioni dell’autore nelsuo sopralluogo all’architettura, il secondoriprende lo studio sulle analogie con i mec-canismi compositivi del costruttivismosovietico (già proposto in un interessantenumero di Edilizia Popolare) l’ultimo èdedicato agli arredi fissi e mobili disegnatida Albini per il rifugio.La stupenda immagine scelta per la coper-tina appartiene alla serie di fotografie cheprovengono non solo dall’Archivio Albini,ma anche dall’Archivio del Moderno diMendrisio, e che aprono angolazioni più ric-che rispetto alle poche immagini sinora repli-cate, e rivelano una relazione ormai per-duta di questa architettura con la pre-senza abbagliante del ghiacciaio.

Più che un testo su Gio Ponti designer,questo di Laura Falconi può essere

letto come un percorso che, attraverso lafigura e l’intensa attività artistica dell’ar-chitetto milanese, ci fa conoscere quantoil suo personale contributo abbia inciso note-volmente nella trasformazione dei gusti edello stile di vita degli Italiani tra gli anniventi e i settanta del secolo scorso.Ci fa inoltre riflettere su come, con un per-sonale contributo e una instancabile par-tecipazione al dibattito culturale del periodo,Ponti sia giunto a trasformare lo scenariodel quotidiano domestico tradizionale edelevarlo ad un livello internazionale. Meglio,a assegnare al termine “italiano” il signi-ficato di qualità del disegno e di accura-tezza di esecuzione.Sebbene Ponti sia stato senza dubbio pro-motore e sostenitore della produzioneindustriale - e la sua collaborazione con alcunegrandi aziende italiane lo dimostrano - èaltrettanto vero che la ricerca stilistico-artistica che ha sviluppato lo ha portato aesiti più eccezionali che seriali,“fuori serie”appunto. Esiti che molto spesso raggiun-gono una perfetta armonia negli spazi checome architetto – ma anche artista - pensa,

progetta, realizza.Più che nel ruolo di designer progettista,Ponti ha saputo portare la qualità alta del-l’artigianato italiano fuori dal provinciali-smo – e dallo sciovinismo del regime -che caratterizzava la produzione nazio-nale, grazie anche alla fantasia e alla curio-sità riversate nelle riviste che ha abilmentecondotto. Ha inteso “svecchiare” il climagenerale di una nazione che dopo dueconflitti bellici cercava di valorizzare leproprie risorse e inserirsi in un mercato cheaveva ormai abbandonato l’eccezionalitàper l’omologazione. Con tutto quanto dipositivo e di negativo questo passaggio puòavere significato.La struttura del libro scandisce nettamentein due periodi l’attività dell’architetto, daiprimi anni venti agli anni cinquanta, poi daquesti al 1979 - anno della scomparsa -,esplorando e illustrando con un ampiocorredo di immagini (alcune delle qualiinedite) quasi sessant’anni di geniale efebbrile ricerca, sfociata in una sterminataed eclettica produzione.Oggetti in gran parteoggi attuali e in molti casi finalmente risco-perti e rimessi in produzione.

Vittorio Prina, Franco Albini.Albergo Rifugio Pirovano aCervinia, Momenti diArchitettura Moderna/36,Alinea Editrice, Firenze, 200560 pagine, prezzo 12,00 Euro

Laura Falconi, Gio PontiInterni Oggetti Disegni 1920 - 1976, Electa, Milano, 2004256 pagine, prezzo 40,00 Euro

Isolato residenzialedel Banco Urquijo1967-73con Manuel VallsVergéscarrer Raset 21-31,carrer Freixa 22-32FGC, La Bonanova,Muntaner

La casa-studio per il pittore catalano,su un lotto molto profondo e strettotra due edifici esistenti, richiedeva, al-l’interno di un articolato programmafunzionale, l’isolamento dalla cittàsoprattutto per ambienti come l’ate-lier e la biblioteca privata.Il primo, articolato su due livelli, è col-locato sul fondo del lotto e illumina-to superiormente da lucernari. La bi-blioteca, anch’essa con soppalco in-terno, è isolata al quinto e ultimo pia-no al di sopra di un piano completa-mente aperto, e arretrata dalla fac-ciata.Per isolare le funzioni e fornire la ca-sa di serbatoi di luce naturale i pro-gettisti inseriscono nella sezione deivuoti interni: due patii e una terrazza.Adottano inoltre il consueto involu-cro di facciata con schermi a persia-ne orientabili, alternati a pannelli difibrocemento.

Casa-atelier di Antoni Tàpies1960-63con Manuel Valls Vergéscarrer Saragossa 57FGC, Pàdua

E’ la prima realizzazione a scala urbana,secondo un planivolumetrico comu-nale, in un periodo dedicato a pro-getti di concorso per edifici terziari.Tre dei quattro edifici a torre di diecipiani sono collegati da un basamentodestinato a servizi comuni, contenenteanche un auditorium, ristorante, pale-stra e sportello bancario.L’architettura, dotata di una forte carat-terizzazione espressiva, attenua conl’arrotondamento dei volumi l’impattonel paesaggio urbano della Diagonal.Il curtain-wall vetrato che riveste com-pletamente tutte le superfici ha unprofilo segmentato dalla differenteesposizione di ogni vetro, con un effettoriuscito di riflessione della luce.Gli spazi interni, progettati con la col-laborazione di Rafael Carreras, sonoimprontati ad una alta flessibilità degliuffici.

I sei edifici, allineatisui due lati lunghi diun isolato rettango-lare, tra due stradecon una forte diffe-renza di quota, sonoil risultato dell’arti-colazione data daCoderch alla richiestada parte della com-

mittenza di un unico blocco molto alto.Uno spazio interno a giardino, nonaccessibile, percorre longitudinalmentel’intero isolato.Il locale di soggiorno passante, condue terrazze opposte, verso strada everso corte, dotato di una grandetrasparenza controllata da graticci inlegno, costituisce un possibile ele-mento di attacco per aggregazioni li-neari, mentre le camere sono affian-cate e slittate secondo lo schemaconsueto. Le stesse soluzioni distri-butive sono aggregate con comples-sità maggiore nel complesso resi-denziale “Las Cocheras”, realizzatonegli stessi anni nel quartiere Sarria.

Complesso per uffici Trade1965-69con Manuel Valls Vergésavinguda Carles III° 86-94 Metro L3, Maria Cristina

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ghi aperti dell’isolato.Attorno ad essasono disposti gli ambienti secondo untema caro a Coderch, che slitta le trecamere da letto dell’alloggio interno perla migliore esposizione al sole.Il piano terreno, con le vetrine deinegozi, e quello attico, arretrato, si dif-ferenziano dalla composizione dellefronti.

L’edificio, che chiude l’angolo di unisolato in una zona popolare dellacittà, non possiede una particolareimmagine, ed è stato soprannominatonel quartiere “il convento”.I pochi materiali sono quelli tradizio-nali del mattone a vista e della persianaorientabile. Coderch li accosta sullostesso piano di facciata, e fa reagire laluce naturale radente per creare tessituredi chiaroscuro sulla superficie.Nascosto all’interno è lo spazio dellacorte, che comunica con gli altri luo-

Casa d’affitto in carrer Encarnació1966carrer Encarnació 140Metro L4, Joanic, Alfons X

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Page 17: I QUADERNI DI MAGNETTI 2005 · Le tecnologie: Acqua Stop In breve 24 Incontri Fotografare l’architettura 26 Stili in rassegna Il Razionalismo ... I Sumeri, gli inventori della ruota

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