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Colori compositi

C M Y CM MY CY CMY K

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I QUADERNI DI ANDI ASSICURA

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VILMA PINCHIMARTINA FOCARDI

L'AUTODETERMINAZIONEIN ODONTOIATRIA

L'informazione all’assistitoed il consenso

Coordinamento Editorialea cura di

MARCO SCARPELLI

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La questione del consenso appassiona ed interessa il mondo medico ed odontoiatrico damolti anni.

L’odontoiatria ha subito indubbiamente le suggestioni anglosassoni e l’abitudine delmodulo come prova dell’avvenuto consenso.

In realtà il grande dibattito sviluppatosi in particolare nell’ultimo decennio, la presa dicoscienza della enorme difficoltà anche solo a delimitare i limiti del concetto di “infor-mato” hanno spostato il baricentro della discussione sul problema dell’informazionepaziente/odontoiatra, ma anche odontoiatra/paziente e del consenso come momento diverifica, decisionale, del processo informativo.

Questo libro affronta in modo esaustivo i problemi dell’informazione e del consenso, for-nendo risposte adeguate e che ponderano la grande esperienza dell’odontoiatria italia-na di questi anni.

Il testo inoltre si pone in linea ed in continuazione con il testo precedente di questa col-lana “I Quaderni di ANDI Assicura” e con il grande obiettivo di fare il punto su alcuniaspetti strategici della nostra professione.

Nell’augurarVi buona lettura crediamo che questa sia la strada giusta per una correttaed utile formazione ed informazione del dentista Socio ANDI

Settembre 2008

Dott. Nicola EspositoSegretario Culturale Nazionale ANDI

PREFAZIONE

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Prof. Vilma PinchiLaureata in Odontoiatria e Protesi Dentaria pressol’Università degli Studi di Perugia nel 1993, nel 1999ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in“Scienze Medico-Forensi”. Dal 2001 è Professore di“Identificazione Odontologica” nella Scuola diSpecializzazione in Medicina-Legale dell’Universitàdi Firenze e nel 2006 è divenuta professore associa-to in Medicina Legale presso la medesimaUniversità. Dal 2000 ha contribuito all’organizzazio-ne prima del Corso di Perfezionamento annuale edora del master in “Odontologia Forense” dell’Uni-versità di Firenze in qualità di docente e nell’ambitodella segreteria culturale. È membro del direttivo delGIAOF Gruppo Italiano di Antropologia e Odonto-logia Forense, è Segretario del Pro.O.F. (ProgettoOdontologia Forense) ed è autrice di pubblicazioniscientifiche in tema di responsabilità professionaleodontoiatrica, di valutazione del danno odontoiatri-co e di identificazione personale.

Dott. Martina FocardiLaureata in Medicina e Chirurgia presso l’Universitàdegli Studi di Firenze nel 2001, nel 2005 ha conse-guito la specializzazione in Medicina Legale pressol’Università degli Studi di Firenze. Ha conseguito ildiploma del Corso di perfezionamento in “Psico-patologia penitenziaria: aspetti nosografici ed inter-venti terapeutici”, Università degli Studi di Firenze,Dipartimento di Psichiatria, A.A. 2002-2003; diplomadel Corso di perfezionamento in “Psicologia foren-se”, Università degli Studi di Genova, DIMEL, sezio-ne di Criminologia e Psichiatria Forense, A.A. 2003-2004; diploma del “Corso di formazione e di super-visione in psicopatologia forense e psicologia giudi-ziaria: Parte I (penale generale e speciale)” UnitàOperativa di Psichiatria Forense, PsicologiaGiudiziaria e Criminologia, Torino, A.A. 2006-2007;ha conseguito il titolo di Master di Primo livello in“Quotidianità dell’etica clinica”, A.A. 2006, Univer-sità degli Studi di Firenze. È titolare di assegno diricerca nell’ambito del progetto “Il consenso infor-mato: ricerca di una metodologia condivisa”, pressola Sezione Dipartimentale di Medicina Legaledell’Università di Firenze e dell’insegnamento diMedicina Legale al Corso di Laura in ScienzeInfermieristiche di San Giovanni Valdarno. Docentepresso il Master in Metodologia e Analisi dellaResponsabilità Professionale nell’area infermieristicadi Empoli. Ha partecipato in qualità di esperto al pro-getto di ricerca internazionale biennale (2005-2007):“Self report juvanile delinquency study 2” (ISRD2)finanziato dal MIUR.È autrice di lavori scientifici in riviste italiane edinternazionali concernenti gli ambiti propri dellamedicina legale con particolare riguardo alla respon-sabilità professionale e alla valutazione del danno,nonché di argomenti di patologia forense, etica edeontologia medica.

GLI AUTORI

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7INDICE

INDICE

1. L’INFORMAZIONE ED IL CONSENSO: REVISIONE STORICA ......................................11

A) DAL PATERNALISMO MEDICO ALL’AUTODETERMINAZIONE DEL PAZIENTE ....11

B) PRINCIPI NORMATIVI ....................................................................................17

2. PRINCIPI ETICO-DEONTOLOGICI E GIURISPRUDENZIALI DEL CONSENSO..............25

1) LA DEONTOLOGIA E L’ETICA..........................................................................25

2) EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE ..............................................................32

3. I REQUISITI DEL CONSENSO ..................................................................................45

1) INTRODUZIONE ............................................................................................45

2) CONSENSO ESPLICITO E SPECIFICO ............................................................45

3) LIBERO E IMMUNE DA VIZI ..........................................................................49

4) PRESTATO PRIMA DEL TRATTAMENTO,

ATTUALE E REVOCABILE IN QUALUNQUE MOMENTO ....................................50

5) RIFERITO AD UN BENE DISPONIBILE ............................................................51

6) ESPRESSO DALLA PERSONA TITOLARE DEL BENE SALUTE............................53

7) ESPRESSO DA PERSONA CAPACE GIURIDICAMENTE

E DI FATTO A PRESTARLO ............................................................................54

a) IL MINORE................................................................................................55

b) IL DISABILE..............................................................................................61

8) A CHI SPETTA ACQUISIRE IL CONSENSO ED EROGARE L’INFORMAZIONE ......66

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4. L’INFORMAZIONE ....................................................................................................69

1) INTRODUZIONE ............................................................................................69

2) INFORMAZIONE IN ODONTOIATRIA ................................................................72

L’INFORMAZIONE NELLE DIVERSE DISCIPLINE ODONTOIATRICHE..................75

INFORMAZIONE NEL TRATTAMENTO PROTESICO E IMPLANTOPROTESICO......79

INFORMAZIONE IN ALTRE DISCIPLINE

(ENDODONZIA, CONSERVATIVA, PARODONTOLOGIA) ....................................82

INFORMAZIONE IN ODONTOIATRIA GERIATRICA ............................................83

INFORMAZIONE IN ODONTOIATRIA PER IL DIVERSAMENTE ABILE..................84

BIBLIOGRAFIA ................................................................................................88

8 INDICE

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L’autodeterminazione in odontoiatriaProf. Vilma Pinchi

Dott. Martina Focardi

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11CAPITOLO I

A) DAL PATERNALISMO MEDICOALL’AUTODETERMINAZIONE DELPAZIENTE

I concetti di informazione e di consenso altrattamento sanitario, evoluti parallela-mente al mutare del rapporto medico-paziente, in una prospettiva storica devo-no essere esaminati facendo anzituttoriferimento al medico ippocratico ed aiprincipi cui la sua attività era ispirata.Secondo Ippocrate il medico doveva gio-vare e non essere di danno al paziente,mentre il malato doveva accettare com-pletamente le decisioni e l’opera delcurante. Platone nel descrivere alcuniaspetti dell’attività medica affermava: “acurare le malattie degli uomini liberi è ilmedico libero che segue il decorso dellamalattia, lo inquadra fin dall’inizio secon-do il giusto metodo, mette a parte delladiagnosi il malato e i suoi parenti... eglinon farà alcuna prescrizione prima diaverlo in qualche modo convinto e cer-cherà di portare a termine la sua missioneche è quella di risanarlo, ogni volta pre-parandolo e predisponendolo con un’ope-ra di convincimento”. Nelle parole delfilosofo è agevole rintracciare il rilievoconferito al ruolo dell’informazione, nonsterile ed astratta, ma che doveva convin-cere il malato sulla necessità della cura esulla opportunità del medico di avere il

consenso prima di procedere con la cura.Il medico Ippocratico si occupava in primoluogo della sofferenza del malato, ma nontralasciava di pensare anche alla propriasorte.Il concetto attuale del consenso era inesi-stente, ma si riteneva comunque opportu-no informare il malato, anche a scopoessenzialmente difensivo per il medico,avendo riguardo al ceto sociale di appar-tenenza dell’assistito. Si ricorda, ad esem-pio, le titubanze del medico di AlessandroMagno che, di fronte alla malattia del suoimperatore, conoscendo la sua severità,prima di curarlo volle una aperta dichiara-zione di fiducia nel suo operato e richiesel’immunità. Nella storia il rapporto medi-co-paziente vede sempre e comunque ilprimo in una posizione di supremaziarispetto all’assistito: la ferma responsabili-tà morale e religiosa, più che giuridica, delmedico, ed il pensiero di operare sempreper il bene dell’assistito, facevano sì che lostesso fosse visto come una sorta di mis-sionario cui il malato doveva solamenteobbedire. Con la diffusione del cristianesi-mo tali concetti si fecero addirittura piùradicati e la concezione paternalistica delrapporto medico-paziente di cui ancoraoggi permangono retaggi culturali, nacquee solidificò le sue basi. Tra il settecento el’ottocento venne pubblicato un libretto

1. L’INFORMAZIONE ED IL CONSENSO: REVISIONE STORICA

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“De galateo de’ medici” in cui si legge “ilsecondar destramente le voglie dell’infer-mo è finezza del medico accorto, spessevolte giova e rarissime volte nuoce cosache dall’infermo è bramata...il risponderaddirittura ... ed esporre il proprio parere,cioè il determinare, massime nella primavisite, la causa del male e la medicaturada tenersi, sovente non è il caso. Istruirel’ammalato della natura di ogni rimedioche gli si dà, è un aprir continue frivolequestioni con chi ha debito di restar per-suaso, e per conseguenza è un imbarazza-re il corso delle medicature che la mentemedica ha concepito…”. Nella stessaopera, in tema di informazione si afferma-va che a volte il medico doveva comunqueinformare il malato del male che lo afflig-geva, ma non sempre “l’annunzio” spet-tava al medico, anzi, “...a’ congiunti pri-mariamente, agli amici, a’ sacerdoti, a chisi crede più vicino al cuor del malato e piùfornito di zelo e di buona maniera, se nepuò dare l’incarico; e solo quando altromezzo non v’abbia stesso, o non vi siriesca, il medico stesso debbe dirglielo,ma sempre con quella blanda insinuazio-ne che il caso vuole e la carità ci impone”.Dunque, il rapporto medico-paziente sicaratterizzava sempre per una sudditanzapsicologica del secondo rispetto al primo,intendendosi l’informazione, tutt’al più,utile a rendere meno sgradevole il tratta-mento o comunque a rafforzare l’obbe-dienza dell’infermo oltre che a salvaguar-dare il medico da responsabilità.Il principio moderno di autonomia e auto-determinazione dell’individuo sembraavere origine filosofica nel XVII secolo

negli Stati Uniti, ove la relativa casisticagiurisprudenziale ha inizio nel XVIII seco-lo per poi svilupparsi concettualmente conun lungo itinerario scandito da sentenzeesemplari, fino al XX secolo. La casisticagiurisprudenziale attinente al consenso altrattamento sanitario viene fatta risalirenegli Stati Uniti al 1767 al caso Salter con-tro Beker e Stapleton. Il tribunale riporta-va nella sentenza: “... emerge dalle proveportate dai chirurghi che non era appro-priato [l’intervento che comportava lanuova frattura dell’osso che si stava con-solidando male] senza ottenere il consen-so, questo è l’uso e la legge dei chirur-ghi...”. Tale impostazione discende daiprincipi etici e filosofici del tempo, per iquali il rispetto delle scelte individuali erapietra miliare di tutto il pensiero illuminista.Nel 1871 il caso giudiziario Cartepentercontro Blak rappresentò un altro prece-dente estremamente rilevante: il chirurgofu condannato non solo per non aver ese-guito correttamente l’intervento, maanche per il vizio di consenso e dell’infor-mazione. I giudici sostennero infatti, che ilpaziente non era stato preventivamente eopportunamente informato sulle precau-zioni da adottare, sulle indicazioni daosservare durante la convalescenza e sullemodalità da seguire al fine di poter conse-guire l’esito sperato, per contro, il sanita-rio aveva erogato una informazione asso-lutamente incauta sulla sicura e soddisfa-cente risoluzione del quadro clinico. Invero, fino al XX secolo, nella pratica clini-ca i requisiti del consenso erano per lo piùformali e non sostanziali, per cui si assu-meva che il paziente poteva rifiutare le

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cure, ma se non le aveva rifiutate alloraera implicito che le avesse accettateanche laddove le informazioni preventiva-mente fornite non erano state completeed i rischi erano stati sottaciuti o minimiz-zati. Questo atteggiamento dei sanitari sifondava anche sulle previsioni dei codicidi deontologia medica dell’epoca cheincoraggiavano a nascondere le informa-zioni se esse demoralizzavano il pazienteo, peggio, se potevano indurlo a rifiutarele cure. I primi anni del ‘900 furono carat-terizzati da un fiorire di giurisprudenzache accrebbe l’interesse e continuò a raf-forzare e meglio delineare i principi fon-danti l’attuale dottrina del consenso.Negli USA, nel 1905, nel caso Mohr, il giu-dice condannò il medico in quanto “ilprimo ed il più nobile diritto di ogni liberocittadino, fondamento di tutti gli altri, è ildiritto sulla propria persona universal-mente riconosciuto; questo diritto vietarigorosamente al medico ed al chirurgo,per quanto esperto e di chiara fama di vio-lare a suo arbitrio l’integrità fisica del suopaziente con una operazione più ampiae/o diversa (rispetto a quella consentita),intervenendo sul paziente sotto anestesiasenza il suo consenso”. Passarono pochianni perché fosse delineato il basilare efondamentale diritto dell’autodetermina-zione (self-determination) dalla sentenzadel caso Schoendorff del 1914, in cui ilgiudice esplicitava: “ogni essere umanoadulto e capace ha il diritto di determina-re cosa debba essere fatto con il suocorpo; un chirurgo che esegue una opera-zione senza il consenso del paziente com-mette una violenza personale, per la

quale risponderà dei danni”. Uno deglielementi fondamentali della società civilestatunitense già all’inizio del XX secoloera il diritto per il cittadino alla libertà daintrusioni nella propria sfera di autono-mia, la cui violazione dava origine al reatodi battery, per cui era punito un contattonon consensuale con altra persona, tra cuirientravano e rientrano a pieno titoloanche i trattamenti medici non consen-suali. Si ricorda in proposito la sentenzastatunitense del caso Hollinger, cheriguarda proprio un caso odontoiatrico:l’odontoiatra in seguito all’effettuazionedi una radiografia aveva informato lapaziente della necessità di effettuareintervento chirurgico per l’estrazione dicinque elementi dentari, di questo infor-mando anche il chirurgo. Durante l’inter-vento, eseguito in anestesia generale, ilchirurgo estrasse sette elementi dentari,portando a propria discolpa, una voltaquerelato dalla paziente stessa, la neces-sità di estrarre più elementi dentari per lapresenza di una necrosi mandibolare este-sa. Il chirurgo fu condannato per batterysia in primo che in secondo grado in quan-to fu riconosciuta una lesione dell’integri-tà psico-fisica della donna derivante dal-l’assenza di un valido consenso. Tra il 1950 ed il 1970, sempre negli StatiUniti, più sensibili non solo alla cultura delconsenso, ma soprattutto alla comunica-zione tra medico e paziente, fiorirono sen-tenze in cui si apprezzava una mutatainterpretazione del rapporto di cura ed inparticolare del consenso alle cure. Nel1957 nel caso Salgo vs Leland Stanford jr,i giudici utilizzarono per la prima volta la

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locuzione informed consent ed affermaro-no che il medico aveva il preciso dovere difornire preventive e pertinenti informazio-ni al paziente, al fine di acquisire un vali-do consenso, in particolare: “il medico hail dovere di comunicare al paziente ognifatto che sia necessario a formare la basedi un “intelligent consent” al trattamentoproposto”. La sentenza appare interes-sante anche perché tenta per la primavolta anche di delineare il quantum del-l’informazione da erogare all’assistito.Negli Stati Uniti, la “cultura del dialogo”,della comunicazione, della comprensione edell’informazione ha portato ad una ridu-zione delle cause di risarcimento per mal-practice, ma ha anche portato ad un’esa-sperazione “contrattuale” del concetto dicorretta informazione, secondo logicheproprie della medicina difensiva, che haportato all’attuale ricerca ossessiva di unastandardizzazione della comunicazione,con modulistica, opuscoli, ecc., a scapito diun dialogo aperto e diretto con l’assistito.In Europa, ed in particolare in Italia, lapresa di coscienza dell’importanza delprocesso decisionale del paziente, delconsenso e della comunicazione, ha tarda-to a farsi sentire. Il termine informed con-sent fu introdotto nella nostra letteraturaspecialistica verso la metà degli anniottanta e la locuzione pedissequamentetradotta dall’inglese di consenso informa-to è attualmente considerata “insufficien-te e ridondante” per identificare e chiari-re il vero significato del consenso e del-l’informazione [D. Rodriguez]. Nonostante quindi già dalla seconda metàdel ventesimo secolo negli Stati Uniti si

parlasse di informed consent, in Europaed in particolare in Italia persisteva anco-ra la concezione paternalistica del rappor-to medico-paziente, legata essenzialmen-te a sentimenti culturali, religiosi, giuridicie morali per cui si tendeva a respingereconcettualmente l’autonomia del pazientein relazione alla sua salute ed alla suavita. Anche la giurisprudenza guardavacon benevolenza all’attività medico chi-rurgica: il medico, quale depositario diconoscenze atte ad incidere sulla salute,era colui cui il paziente doveva affidarsi inquanto, come un “sacerdote” della salute,poteva ripristinare l’equilibrio naturale delcorpo violato dalla malattia. La professio-ne medica era dunque difficile, la medici-na scienza inesatta per cui l’attività medi-ca andava valutata con larghezza di vedu-te e con comprensione, arrivando, nel1964 in una sentenza ad affermare che,premesso che l’assistita aveva scelto unchirurgo famoso, la stessa si era fatta cari-co della “preventiva accettazione di quel-le determinazioni che il chirurgo avrebbepreso, se necessario, alla vita ed alla salu-te dell’ammalata per ciò stesso conformiall’interesse di lei”. Di altro e più evolutoavviso la dottrina medico-legale dell’epo-ca, già sensibilizzata verso il tema dell’au-todeterminazione del paziente. Il Leoncininel 1960 affermava infatti, che al di fuoridei casi di urgenza, la volontà del mediconon poteva mai imporsi alla volontà deglialtri cittadini per cui se agiva senza il con-senso o peggio contro la volontà del sog-getto, questo commetteva un atto disopraffazione penalmente perseguibile.Dello stesso avviso il Franchini: “Il medico

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che intende salvaguardarsi di fronte apossibili querele giudiziarie non può tra-scurare il consenso del malato, o di chi lorappresenta, nei confronti di un determi-nato trattamento, salvo che nei casi diassoluta urgenza e di gravissimo pericoloper la vita. Qualora in circostanze specialiil medico ritenesse doveroso trascurare ilconsenso sappia che così facendo potràtrovarsi di fronte a sorprese giudiziarie,anche se la coscienza rimanesse tranquil-la”. Il dibattito dottrinario in seguito siface più intenso, anche perché le conven-zioni sovranazionali provvedevano a riba-dire i diritti inviolabili dell’uomo ed i prin-cipi costituzionali relativi al diritto allasalute mettendo in crisi la visione pater-nalistica del rapporto medico paziente,che lasciava via via il posto ad un più pari-tario rapporto tra il medico e il paziente.L’obiettivo del medico non è certamente ilsuperamento del divario culturale tra ilmedico e l’assistito in quanto quest’ulti-mo non potrà mai pervenire ad avere lenozioni proprie al primo; il medico, nelrispetto del diritto all’autodeterminazio-ne, deve però erogare al soggetto, qualeunico titolare del bene salute, quelle spe-cifiche informazioni che gli consentono dipartecipare sempre più attivamente nelprocesso decisionale che lo riguarda. Lateoria dell’azione socialmente utile, ilprincipio di beneficialità o del privilegioterapeutico non sembravano più sufficien-ti per legittimare l’attività del medico inte-sa come diritto di sottoporre in ogni casoa cure l’assistito. La questione quindi nonera più soltanto di trovare una legittima-zione all’attività sanitaria che secondo

alcuni era da cercare nella scriminanteprevista dall’art.50 del c.p. (vedi pag. 19),ma si andava affermando il diritto all’au-todeterminazione del soggetto, secondocui un soggetto ha il diritto di curarsi, manon il dovere di farlo. In Italia la concreta statuizione giurispru-denziale dell’importanza del consenso altrattamento sanitario si è avuta soltantonel 1990 con la sentenza “Massimo”.Nella specie si trattava di un chirurgo che,con sentenza della Corte d’Assise diFirenze del 18 ottobre 1990, fu condanna-to per il reato di omicidio preterintenzio-nale in quanto l’intervento chirurgico erastato disposto senza il preventivo consen-so, o meglio, il consenso era stato presta-to per un intervento più conservativo equindi diverso rispetto a quello poi postoin essere (che, anzi, la paziente avevaespressamente rifiutato). La massimadella sentenza in modo pregnante affer-ma: “il chirurgo che in assenza di necessi-tà e di urgenza terapeutica, sottopone ilpaziente ad un intervento operatorio dipiù grave entità rispetto a quello menocruento e comunque di più lieve entità delquale lo abbia informato preventivamentee che solo sia stato da quegli consentito,commette il reato di lesioni volontarie,irrilevante essendo sotto ogni profilo psi-chico la finalità pur sempre curativa dellasua condotta, sicché egli risponde delreato di omicidio preterintenzionale se daquelle lesioni derivi la morte”. Così facen-do la Corte ha dato inizio ad un nuovofilone giurisprudenziale che ha sancito ildefinitivo tramonto della visione paterna-listica del rapporto medico-paziente, con-

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sacrando il diritto di autodeterminazionedel cittadino e considerando comunquel’attività sanitaria, seppur posta in essereal fine di tutelare la salute del cittadino,comunque illecita sotto il profilo penale seeffettuata in assenza del consenso.Nonostante la giurisprudenza successivaabbia stemperato i principi indicati nellasentenza “Massimo”, come si dirà neiparagrafi successivi, il radicale mutamen-to etico-giuridico, comunque, è avvenutoattraverso la riscoperta, grazie all’influen-za delle convenzioni sopranazionali, deiprincipi tutelati dalla Costituzione, cheerano rimasti per lo specifico ambito inap-plicati dal 1948. Si ricorda tra tutte laConvezione di Oviedo sui diritti dell’uomoe della biomedicina, approvata dalComitato dei Ministri del Consigliod’Europa, nella seduta del 19 novembre1996, sottoscritta ad Oviedo il 4 aprile1997 e ratificata in Italia con legge n.145del 2001. Al Capitolo II - Il consenso- siesplicita: “Art. 5- Regola generale- unintervento nel campo della salute non puòessere effettuato se non dopo che la per-sona interessata abbia dato consensolibero ed informato. Questa persona rice-ve innanzitutto una informazione adegua-ta sullo scopo e sulla natura dell’interven-to e sulle sue conseguenze e i suoi rischi.La persona interessata può in qualsiasimomento liberamente ritirare il proprioconsenso”. Dunque, la Convenzione san-cisce la tutela della libertà dell’uomo econtempla come momento imprescindibi-le il consenso dell’assistito, precisandoche l’informazione da erogare, deve esse-re “adeguata”. La nuova visione del rap-

porto medico-paziente, come esplicitatoanche dalla convenzione, nonché il muta-mento socio-culturale avvenuto negli anni‘90, rappresentano uno dei fattori cheportarono già del 1998 ad una revisionedel Codice di Deontologia Medica a solitre anni dalla sua formulazione (CodiceDeontologia Medica del 1995). Alla fine degli anni novanta, il rapportomedico-paziente cambia dimensionemaggiormente incentrandosi sulla fiduciareciproca, sulla partecipazione coscientedel paziente alle scelte che lo riguardano,sulla comunicazione e sul dialogo.L’informazione ed il consenso rappresen-tano, in questa ottica, l’espressione piùtangibile dell’alleanza terapeutica che siinstaura tra il professionista ed il pazientee che non si esaurisce con l’acquisizioneformale del consenso, ma che perdura pertutto il cammino assistenziale. È proprio inquesto senso che la dottrina medico-lega-le italiana ritiene la locuzione “consensoinformato” ad un tempo insufficiente eridondante: 1) È ridondante perché l’informazione

forma il consenso, ma ha anche valorea prescindere da questo, tanto cheanche chi non è legittimato a prestareun valido consenso ha diritto all’infor-mazione e la giurisprudenza ha anchedichiarato come una violazione deldiritto di informazione rappresenti diper sé un illecito, a prescindere dallaacquisizione del consenso.

2) È insufficiente in quanto l’atto delconsentire, che significa “sentire insie-me”, non potrebbe sussistere se ilsoggetto non conoscesse la materia

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su cui si appresta a compiere una scel-ta, e presuppone dunque non solo unacorretta informazione, ma anche unaconsapevolezza ed una partecipazionecosciente del paziente, la sua capacitàdi consentire, la libertà dell’atto, ladisponibilità del bene, ecc. In altri ter-mini, l’informazione è solo una dellecomponenti del consenso.

È innegabile, del resto, che nella praticaclinica la burocratizzazione della profes-sione, l’ultraspecializzazione, l’esigenza di“rendimento” a fronte di un processoinformativo del paziente in genere moltotime-consuming, hanno condotto ad unrecepimento della necessità di acquisire ilconsenso come atto formale sovente limi-tato alla sottoscrizione di un modulo. Atale impostazione hanno indubbiamentecontribuito l’ossessiva attenzione deimass media all’attività medica e alle ipo-tesi di responsabilità professionale, unpaziente sempre più consapevole dei pro-pri diritti, ma anche genericamente scetti-co (per cui tende a richiedere più pareriavvertendo la conflittualità tra i diversiprofessionisti, la diversità delle informa-zioni erogate, le divergenze interpretati-ve). Sovente, quindi, l’informazione ed ilconsenso hanno finito per non rappresen-tare un momento di comunicazione e dia-logo con il paziente, ma un atto burocrati-co, che spesso si concretizza con unafirma su un modulo pre-stampato, che ilsanitario sente come necessario solo aifini (ipoteticamente) difensivi in un even-tuale contenzioso. Al contrario che il con-senso non possa essere “comprimibile” informule pre-ordinate è ben rilevato da

Iadecola che auspica che: “…il consensodel paziente acquisisca finalmente e defi-nitivamente l’essenza che più gli convie-ne: non di fatto burocratico, legalistico oaddirittura giudiziario (il consenso raccol-to dal medico in chiave preventivamentedifensiva), ma di espressione di un rap-porto medico-paziente vivo ed intenso,reale e non solo apparente, in cui il sani-tario raccolga da parte sua una adesioneeffettiva e partecipata, e non solo carta-cea, alla terapia, frutto di una vicinanzareale e di un colloquio fiduciario. Cosìconnotandosi, il consenso del pazienterecupererebbe la sua dimensione piùautentica: quella di vincolo di solidarietàsociale e di suggello di «alleanza terapeu-tica» tra il malato ed il suo medico”.

B) PRINCIPI NORMATIVINonostante la sostanziale stabilità deldiritto, il tema del consenso all'atto medi-co è stato al centro di un dibattito conti-nuo, sia dottrinario che giurisprudenziale,e si è arricchito continuamente ed inmodo assai rapido di nuovi aspetti, solle-citato dalle istanze provenienti non solodai mutamenti delle varie attività sanita-rie, ma anche dalle mutate condizionisocio-culturali, dalla decadenza del pater-nalismo medico e dall’affermarsi del dirit-to di autodeterminazione dell’individuo,rendendo sempre più problematica l'atti-vità del medico.D’altro canto, i presupposti normativi delconsenso nel nostro Paese sono ben pre-cedenti al dibattito culturale e all’applica-zione giurisprudenziale degli stessi. Purmancando una norma specifica in tema di

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consenso, i presupposti del consenso sonoben delineati nel Dettato Costituzionale.

COSTITUZIONE- Art. 13 comma 1 e 2. “La libertà

personale è inviolabile. Non èammessa forma alcuna di detenzio-ne, di ispezione o perquisizione per-sonale, né qualsiasi altra restrizionedella libertà personale, se non peratto motivato dell'autorità giudizia-ria e nei soli casi e modi previstidalla legge”.

- Art. 32, che sancisce la volontarietàdei trattamenti sanitari: “laRepubblica tutela la salute comefondamentale diritto del cittadino einteresse della collettività e garanti-sce cure gratuite agli indigenti.Nessuno può essere obbligato ad undeterminato trattamento sanitariose non per disposizione di legge. LaLegge non può in nessun caso viola-re i limiti imposti dal rispetto dellapersona umana”.

In altri termini, ed in modo inequivoco, laCostituzione stabilisce che la libertà indi-viduale è inviolabile, ma non solo: i tratta-menti sanitari sono volontari, ad eccezio-ne (si intende il termine nel senso propriodi eccezionalità) dei trattamenti impostida una norma specifica. Il riferimento è aitrattamenti sanitari obbligatori (TSO),limitati a pochissime e ben precise fatti-specie in cui l’interesse sanitario collettivoprevale su quello del singolo. La assolutavolontarietà di tutti gli interventi sanitari

(diversi dai TSO) è un principio inviolabiletanto che la Corte Costituzionale, nellasentenza n.238/1996 ha dichiarato l’ille-gittimità costituzionale dell’art.224 c.p.p.nella parte in cui consentiva al giudice,nell’ambito delle operazioni peritali, diadottare un provvedimento coercitivo diprelievo ematico sulla persona indagatache vi si opponeva. In sintesi la Costituzione pone dei principifondamentali:

1)La libertà dell’individuo è inviolabi-le;

2)il bene salute è tutelato quale inte-resse della collettività, ma in primoluogo e soprattutto quale dirittoinviolabile e fondamentale dell’in-dividuo;

3)i trattamenti sanitari sono volonta-ri;

4)la libertà di sottoporsi o meno adun trattamento sanitario può esse-re violata legittimamente da prov-vedimenti sanitari solo se vienesoddisfatta la garanzia della riservaassoluta di legge (cioè deve essereespressamente prevista una leggeche regoli modi e circostanze in cui la“coercizione” può avvenire, come peri TSO).

Tali principi sono stati ripresi anche dallaLegge di istituzione del Sistema SanitarioNazionale del 23 dicembre 1978 n. 833, laquale prevede all’art. 33: “Gli accerta-menti ed i trattamenti sanitari sono dinorma volontari. Nei casi di cui alla pre-sente legge e in quelli espressamente pre-

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visti da leggi dello Stato possono esseredisposti dall'autorità sanitaria accerta-menti e trattamenti sanitari obbligatori,secondo l'articolo 32 della Costituzione,nel rispetto della dignità della persona edei diritti civili e politici, compreso perquanto possibile il diritto alla libera sceltadel medico e del luogo di cura. … Gliaccertamenti e i trattamenti sanitari obbli-gatori di cui ai precedenti commi devonoessere accompagnati da iniziative rivoltead assicurare il consenso e la partecipa-zione di parte di chi vi è obbligato…”. Anche nel caso di TSO, dunque, il sanitarioha l’obbligo di ricercare ed ottenere il con-senso dell’assistito, il quale non perde ildiritto di essere informato e di poter par-tecipare all’atto cui è comunque costretto. Altro riferimento normativo fondamentaleè la legge del 28 marzo 2001 N.145(Ratifica della convenzione di Oviedo suiDiritti dell’Uomo e della Biomedicina 4aprile 1997), che all’art.5 esplicita:“Regola generale - un intervento nelcampo della salute non può essere effet-tuato se non dopo che la persona interes-sata abbia dato consenso libero ed infor-mato. Questa persona riceve innanzituttouna informazione adeguata sullo scopo esulla natura dell’intervento e sulle sueconseguenze e i suoi rischi. La personainteressata può in qualsiasi momentoliberamente ritirare il proprio consenso”.Tale norma appare di estrema importanzain quanto rappresenta il primo riferimentonormativo che, non solo esplicitamenteindica il consenso quale presuppostoimprescindibile per effettuare un tratta-mento sanitario, ma fornisce indicazioni

fondamentali in merito all’informazioneda erogare e a chi erogarla, alla questionedei minori ed ai soggetti non capaci diprestare un valido consenso, fornendoindicazioni comportamentali di cui si devetener contro. In vero la norma appare per-lopiù scarsamente considerata in quantonon ne sono mai stati emanati i Decreti diattuazione, ma secondo alcuni essa rema-ne comunque una norma cogente non-ostante non siano chiari né le modalità diapplicazione del disposto normativo né lecorrelate sanzioni. Attengono alla disciplina giuridica delconsenso anche alcune norme di caratteregenerale contenute nel codice penale enel codice civile. L’art. 50 del codice penale (- Consensodell’avente diritto - Non è punibile chilede o pone in pericolo un diritto con ilconsenso della persona che può valida-mente disporne) prevede il consenso del-l’avente diritto tra le scriminanti e quindilo indica come condizione di non punibili-tà per un reato. Seppure il riferimento siagenerale e non specifico per i trattamentisanitari, una corrente dottrinaria ormaiminoritaria riconduce la liceità dell’inter-vento sanitario proprio a questo presup-posto giuridico. Senza indulgere a unadigressione di ordine dottrinario e giuridi-co, si ricorda in sintesi che tale interpreta-zione presuppone che nell’attività medica,il diritto posto in pericolo o leso sia lasalute e/o l’integrità psico-fisica delpaziente ed il consenso dell’avente dirittooperi come scriminante che di fatto impe-disce il concretizzarsi del reato di lesionein capo al medico. Tale impostazione è

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stata molto criticata da gran parte delladottrina più recente, in quanto non appa-re accettabile che l’attività medica si con-figuri di per sé come lesiva o delittuosa,per cui occorra di volta in volta applicarela scriminante generica del consenso del-l’avente diritto ex art. 50 c.p., che peraltro,verrebbe a mancare in tutti quei casi in cuiil paziente versi in una condizione tale danon poter essere in grado prestare un vali-do consenso (in stato di incoscienza, peresempio). In questa ultima fattispecie(stato di incoscienza) e secondo la sopra-riportata corrente dottrinaria, per legitti-mare l’attività del sanitario, si era costret-ti ad invocare lo stato di necessità (art. 54c.p.) per eludere la ricorrenza del reato dilesioni/omicidio in capo al medico. Lalegittimazione dell’attività sanitaria sullabase dell’art. 50 c.p. appariva inoltre limi-tata dal dettato dell’art. 5 c.c., il qualevieta gli atti di disposizione del propriocorpo se menomano in modo permanentel’integrità psico-fisica della persona. Talenorma proibisce quindi qualunque azione(compreso un atto medico) che determiniuna menomazione dell’integrità psico-fisi-ca della persona, trattandosi di bene nondisponibile. Il limite imposto dall’articolo5 c.c. può essere superato solo facendoriferimento all’art. 32 della Costituzione, ilquale indica la salute, quale diritto fonda-mentale dell’uomo, donde si può giustifi-care da un lato anche una menomazionedell’integrità psico-fisica prodotta a finiterapeutici e dall’altro, che il pazienterifiuti un trattamento cui possa consegui-re una menomazione dell’integrità psico-fisica o addirittura la morte.

Comprensibilmente ingiustificabile (exart. 5 c.c.) il contrario: se l’attività delmedico non ha finalità terapeutica, questanon è consentita, configurandosi l’ipotesidi un reato. In tal senso è vietato, adesempio, l’avulsione dentale a fini rituali,religiosi o per altre motivazioni non tera-peutiche, in quanto l’atto, seppur consen-tito, anzi desiderato dal soggetto, non hafinalità terapeutiche e ne produrrebbe unapermanente menomazione dell’integritàpsico-fisica. Altra corrente dottrinaria fa discendere lalegittimità dell’attività medica dall’art. 51c.p. (adempimento di un dovere) affer-mando che il medico è autorizzato adesercitare la professione in quanto lalegge gli conferisce questa potestà: la pro-fessione medica è attività giuridicamenteautorizzata rivolta al bene salute, costitu-zionalmente tutelato, in cui il consensoacquisirebbe soltanto significato di requi-sito indispensabile, ovvero un limite sog-gettivo a tale attività. In ultima analisi e secondo interpretazio-ne dottrinaria attualmente prevalente, lalegittimità dell’attività medica e la liceitàdel singolo atto, cui è connessa la proble-matica del consenso, investono due pianidiversi di valutazione: da un lato sussistela legittimità dell’attività medica, ricono-sciuta dall’ordinamento costituzionale, inquanto attività socialmente utile e dun-que autorizzata in senso giuridico e con-notata da un positivo giudizio di valore;da un altro lato la Costituzione attribuiscein via esclusiva la titolarità e la libertà dicurarsi al cittadino, per cui l’attività medi-ca astrattamente legittima diviene di caso

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in caso lecita solo quando disposta con ilconsenso dell’assistito. Del resto, come hafatto notare autorevole dottrina, anchequando il medico agisca su un soggettoincapace di manifestare la sua volontà(stato di incoscienza), l’attività medico-chirurgica non dà luogo ad un illecito nonin ragione delle sue finalità curative(estranee alla struttura del reato) né perun generale dovere del medico di curare,ma perché sussiste la presunzione di unacondizione (consenso presunto) legitti-mante l’attività medica la quale, “purriconosciuta socialmente vantaggiosa,deve svolgersi, per non scadere nella illi-ceità penale, nel rispetto del limite ogget-tivo dell’osservanza delle leges artis non-ché di quello soggettivo del consenso delpaziente” [Passacantando G.].In ultimo, si ritiene utile segnalare alcuneleggi sanitarie speciali, le quali, per lecaratteristiche e la problematicità dei trat-tamenti regolamentati, riportano una trat-tazione specifica della materia del con-senso, in alcuni ambiti prevedendo ancheuna apposita modulistica e la modalità diacquisizione dello stesso. Brevemente, èimportante ricordare:• Legge 26 giugno 1967 n. 458

“Trapianto del rene tra personeviventi”. Art. 2. “… la donazione di unrene può essere autorizzata, a condizio-ne che il donatore abbia raggiunto lamaggiore età, sia in possesso dellacapacità di intendere e di volere, sia aconoscenza dei limiti della terapia deltrapianto dei reni tra viventi e sia con-sapevole delle conseguenze personaliche il suo sacrificio comporta. Il pretore,

accertata l’esistenza delle condizioni dicui al precedente comma e accertatoaltresì che il donatore sia determinatoall’atto della donazione di un rene libe-ramente e spontaneamente, cura laredazione per iscritto delle relativedichiarazioni. L’atto è a titolo gratuito enon tollera l’apposizione di condizioni odi altre determinazioni accessorie divolontà, è sempre revocabile sino almomento dell’intervento chirurgico enon fa sorgere diritti di sorta del dona-tore nei confronti del ricevente….”.I limiti posti dalla norma sono piena-mente riproposti dal codice deontologi-co che si esprime in termini di assolutagaranzia per il donatore: art. 41 comma3: “il trapianto di organi da viventi èuna risorsa aggiuntiva e non sostitutivadel trapianto da cadavere, non puòessere effettuato a fini di lucro e puòessere eseguito solo in condizioni digaranzia per quanto attiene alla com-prensione dei rischi e della libera sceltadel donatore e del ricevente”.

• Legge 5 giugno 1980 n. 135“Programma di interventi urgentiper la prevenzione e la lotta control’AIDS”, art. 5 “…3: Nessuno puòessere sottoposto, senza il suo consen-so, ad analisi tendenti ad accertare l'in-fezione da HIV se non per motivi dinecessità clinica nel suo interesse. Sonoconsentite analisi di accertamento diinfezione da HIV, nell'ambito di pro-grammi epidemiologici, soltanto quan-do i campioni da analizzare siano statiresi anonimi con assoluta impossibilitàdi pervenire alla identificazione delle

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persone interessate. 4. La comunicazio-ne di risultati di accertamenti diagnosti-ci diretti o indiretti per infezione da HIVpuò essere data esclusivamente allapersona cui tali esami sono riferiti”. LaLegge, quindi, sancisce l’obbligatorietàdell’informativa in caso di analisi ten-denti all’accertamento dell’HIV, obbligoche appare di fondamentale importanzae che vede coinvolti non solo i medici,ma anche altre figure professionali,come l’infermiere che si accinge adeffettuare il prelievo ematico dovendosianch’egli sincerare dell’avvenuta infor-mativa e dell’acquisizione del consensofinalizzato all’accertamento.

• DM del 15 gennaio 1991 in attua-zione della Legge 4 maggio 1990n.107 che, definendo le trasfusionicome pratiche terapeutiche rischiose,impone l’acquisizione del consensoscritto del ricevente la trasfusione. NelDecreto Ministeriale del 26 gennaio2001 "Protocolli per l’accertamentodella idoneità del donatore di san-gue e di emoderivati", che ha abro-gato il precedente, si ribadisce, in modocategorico e molto circostanziato nonsolo la tipologia di informazione da ero-gare al donatore, ma anche le modalitàdi acquisizione, per iscritto, del modulodi consenso. “Art. 10 Consenso infor-mato alla donazione e al trattamentodei dati personali. 1. Espletate le proce-dure finalizzate alla definizione del giu-dizio di idoneità, il medico responsabiledella selezione richiede al candidatodonatore, preventivamente e debita-mente informato, di esprimere il proprio

consenso alla donazione e al trattamen-to dei dati personali secondo le modali-tà previste dalla normativa vigente, sot-toscrivendo l'apposito modulo riportatonello schema di cartella sanitaria deldonatore, ...omissis ... 2. Dal modulo diconsenso informato deve risultare chia-ramente la dichiarazione, da parte delcandidato donatore, di aver visionato ilmateriale informativo -…omissis- e diaverne compreso compiutamente ilsignificato; di aver risposto in manieraveritiera ai quesiti posti nel questiona-rio, essendo stato correttamente infor-mato sul significato delle domande inesso contenute; …omissis”.

• DM del 27 aprile 1992 in attuazionedella Direttiva della ComunitàEuropea n. 91/507/CEE nel campodella sperimentazione dei farmaci cheindividua come fondamento dell’inter-vento sperimentale il consenso delpaziente quale tutela dello stesso.Sempre in tema di sperimentazione ilDecreto Legislativo del 24 giugno2003, n. 211 “Attuazione della diret-tiva 2001/20/CE relativa all'applica-zione della buona pratica clinicanell'esecuzione delle sperimenta-zioni cliniche di medicinali per usoclinico” all’Articolo 3. esplicita: “Tuteladei soggetti della sperimentazione clini-ca 1. La sperimentazione clinica puòessere intrapresa esclusivamente a con-dizione che: a) i rischi e gli inconvenien-ti prevedibili siano stati soppesatirispetto al vantaggio per il soggettoincluso nella sperimentazione… b) ilsoggetto che partecipa alla sperimenta-

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zione, o il suo rappresentante legale seil soggetto non è in grado di fornire ilconsenso informato, abbia avuto lapossibilità, in un colloquio preliminarecon uno degli sperimentatori, di com-prendere gli obiettivi, i rischi e gli incon-venienti della sperimentazione, le con-dizioni in cui sarà realizzata, e inoltresia stato informato del suo diritto di riti-rarsi dalla sperimentazione in qualsiasimomento; …. d) il soggetto che parte-cipa alla sperimentazione o, qualora lapersona non sia in grado di fornire ilproprio consenso informato, il suo rap-presentante legale, abbia dato il suoconsenso dopo essere stato informatodella natura, dell'importanza, della por-tata e dei rischi della sperimentazioneclinica. Se l'interessato non è ingrado di scrivere, può in via ecce-zionale, fornire un consenso oralealla presenza di almeno un testimo-ne, nel rispetto delle disposizioninormative vigenti in materia; e) ilsoggetto possa rinunciare a parteciparealla sperimentazione clinica in qualsiasimomento senza alcun pregiudizio, revo-cando il proprio consenso informa-to;...”.

• D. Legs. 17 marzo 1995 n. 230“Attuazione delle direttive EURA-TOM 80 / 836, 84 / 467, 84 / 466, 89/ 618, 90 / 641 e 92 / 3 in materia diradiazioni ionizzanti”. Art. 108:“Ricerca scientifica clinica 1. Le esposi-zioni di persone a scopo di ricerca scien-tifica clinica possono essere effettuatesoltanto con il consenso scritto dellepersone medesime, previa informazione

sui rischi connessi con l'esposizione alleradiazioni ionizzanti e solo nell'ambitodi programmi approvati dal Ministrodella sanità, che può stabilire, in rela-zione ai programmi stessi, specificheprocedure e vincoli di dose per le perso-ne esposte”.

• Legge 1 aprile 1999 n. 91 “disposi-zioni in materia di prelievi e tra-pianti di organi e tessuti”. Art. 4“1….i cittadini sono tenuti a dichiararela propria libera volontà in ordine alladonazione di organi e di tessuti del pro-prio corpo successivamente alla morte,e sono informati che la mancata dichia-razione di volontà è considerata qualeassenso alla donazione, secondo quan-to stabilito agli art. 4 e 5 del presentearticolo….3. Per i minori di età ladichiarazione di volontà in ordine alladonazione è manifestata dai genitoriesercenti la potestà. In caso di nonaccordo tra i due genitori, non è possi-bile procedere alla manifestazione didisponibilità alla donazione. Non è con-sentita la manifestazione di volontà divolontà in ordine alla donazione diorgani per nascituri, per i soggetti nonaventi la capacità di agire nonché per iminori affidati o ricoverati presso istitu-ti di assistenza pubblici o privati…”. Laregola del silenzio/assenso ancora nonvige a pieno in Italia in quanto è subor-dinata, secondo l’art. 28 di questalegge, all’attivazione del servizio infor-mativo dei trapianti ancora non attivo.Quindi ancora oggi la regola è quelladel consenso o dell’esplicito dissensoespresso in vita: il prelievo dunque è

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possibile quando o il soggetto abbiaespresso in vita il consenso alla dona-zione con dichiarazione che risulti inapposito archivio ovvero non abbiaespresso alcuna volontà, fatta salval’opposizione da parte dei familiari.

• Legge 19 febbraio 2004 n.40“Norme per la procreazione medi-calmente assistita”. La legge all’art. 6recita. “1. …il medico informa inmaniera dettagliata i soggetti di cuiall’art. 5 sui metodi, sui problemi bioe-tici e sui possibili effetti collaterali sani-tari e psicologici conseguenti all’appli-cazione delle tecniche stesse, sulle pro-babilità di successo e sui rischi dallestesse derivanti, nonché sulle relativeconseguenze giuridiche per la donna,l’uomo e il nascituro…..le informazionidi cui al presente comma e quelle con-cernenti il grado di invasività delle tec-niche nei confronti della donna e del-l’uomo devono essere fornite per cia-scuna delle tecniche applicate e inmodo tale da garantire il formarsi di unvolontà consapevole e consapevolmen-te espressa.2. Alla coppia devono essere prospetta-ti con chiarezza i costi economici del-

l’intera procedura qualora si tratti distrutture private autorizzate.3. La volontà di entrambi i soggetti diaccedere alle tecniche di procreazionemedicalmente assistita è espressa periscritto e congiuntamente al medicoresponsabile della struttura secondomodalità definite... Tra la manifestazio-ne di volontà e l’applicazione della tec-nica deve intercorrere un termine noninferiore a sette giorni. La volontà puòessere revocata da ciascuno dei sogget-ti indicati dal presente comma fino almomento della fecondazione dell’ovu-lo”. Quest’ultima condizione, ha susci-tato problemi ancora non risolti, inmerito alla revocabilità ed alla attualitàdel consenso.

In vero la normativa in cui si tratta la que-stione del consenso, è più vasta, ma inquesta sede preme solo sottolineare che,pur non esistendo una norma di inquadra-mento generale della materia, esistonocomunque delle Leggi speciali che regola-mentano alcuni aspetti della professionesanitaria e da cui si possono trarre alcuneutili indicazioni in merito all’acquisizionedel consenso.

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25CAPITOLO II

1) LA DEONTOLOGIA E L’ETICA. Il consenso è un obbligo giuridico chediscende da precise fonti normative ed inparticolare dalla Costituzione, ma rappre-senta anche un preciso obbligo deontolo-gico per il sanitario, cui il susseguirsi dellestesure dei codici di deontologia medicaprima, e di quelli di altre professione sani-tarie poi, hanno via via riconosciuto uncrescente rilievo, stigmatizzando in modosempre più evidente come l’assenza delconsenso validamente acquisito fosse uncomportamento del medico foriero digravi conseguenze deontologiche oltreche giuridiche. Con il passare degli annic’è stata una evoluzione dei Codici diDeontologia Medica (CDM) che è andatadi pari passo con quella sociale, culturalee giudica. Nel CDM del 1978 e nella suc-cessiva versione del 1989 al consensoinformato era attribuita un’importanzamarginale, infatti l’art.39 del CDM del1978 prevedeva soltanto il divieto per ilmedico di agire in assenza del consensodel malato, ma il riferimento era ai soli atticomportanti un rischio per il paziente (“ilmedico non deve intraprendere alcun attomedico che comporti un rischio per ilpaziente senza un consenso valido delmalato e delle persone da cui questo èrappresentato se minorenne o incapace,salvo che lo stato di necessità e sempre

che il paziente non sia in grado di dare unvalido consenso”). Allo stesso modo ilCDM del 1989 prevedeva, all’art.40, l’esi-stenza di un consenso implicito al tratta-mento sanitario, basato sul rapporto difiducia esistente tra il malato stesso ed ilmedico (“il medico non può intraprenderealcuna attività diagnostica terapeuticasenza il consenso del paziente, che, sesostanzialmente implicito nel rapporto difiducia, deve essere invece consapevoleed esplicito allorché l’atto medico com-porti rischio e permanente diminuzionedell’integrità fisica”). Inoltre, in caso diprognosi infauste si ammetteva la possibi-lità per il medico di tacere la diagnosi almalato, ma “non alla sua famiglia” (art.30 CDM del 1978 e art. 39 CDM 1989: “ilmedico potrà valutare, segnatamente inrapporto con la reattività del paziente,l'opportunità di non rivelare al malato, odi attenuare, una prognosi grave o infau-sta, nel qual caso questa dovrà esserecomunicata ai congiunti"). Negli anninovanta, stante i profondi mutamentisocio-culturali nel rapporto medico-paziente, furono licenziati prima il codicedel 1995 e poi quello del 1998 . Il CodiceDeontologico del 1998 comportò modifi-che sostanziali alla materia del consenso:in primo luogo scomparve il termine“potestà professionale” per lasciare il

2. PRINCIPI ETICO-DEONTOLOGICI E GIURISPRUDENZIALI DEL CONSENSO

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posto alla “libertà e indipendenza profes-sionale”, e il termine “paziente” lasciò ilposto a quello di “cittadino”. In riferimen-to al contenuto dell’informazione nelCDM del 1995 si indicava che dovevainvestire la diagnosi, la prognosi, le pro-spettive terapeutiche e le verosimili con-seguenze della terapia e della mancataterapia, nella consapevolezza dei limitidelle conoscenze mediche. L’informazionepoteva essere circoscritta a quegli ele-menti che la cultura e la condizione psico-logica del paziente gli consentivano direcepire e di accettare, dovendosi evitareda parte del medico superflue precisazio-ni di dati inerenti agli aspetti scientifici.Tali limitazioni dell’attività informativascomparvero già nel codice del 1998,secondo il quale e come anche sancitodalla corrente giurisprudenza nonché dalCDM del 2006, il paziente deve essereinformato in relazione alle sue capacità dicomprensione, promuovendo la massimaadesione al trattamento. Seppure l’assisti-to non dispone, infatti, di una culturascientifica che gli permetta di capire i ter-mini tecnici, il sanitario ha comunquel’obbligo di informarlo anche dei dettaglitecnici, utilizzando un linguaggio com-prensibile dal soggetto cui è diretta l’atti-vità informativa. L’importanza del consenso fu stigmatizza-ta dal CDM del 1998 all’art. 32 che ripor-tava: “il medico non deve intraprendereattività diagnostica e/o terapeutica senzal’acquisizione del consenso informato delpaziente”. Il CDM del dicembre 2006,attualmente in vigore, nonostante i muta-menti socio-culturali interessanti che

hanno caratterizzato il decennio per lamateria di cui si tratta, non ha introdottonovità eclatanti rispetto al CDM 1998,forse in ragione del sostanziale immobili-smo legislativo in tema di eutanasia,direttive anticipate, consenso dei minori,ecc. Il CDM del 2006 pone un netto distin-guo tra il consenso e l’informazione, con-ferendo a questa dignità e valore a séstante e non solo quale fase preliminareed imprescindibile per l’acquisizione di unconsenso giuridicamente valido. In parti-colare l’art. 33 rileva che il consenso èintegrativo e non sostitutivo del processoinformativo, indicando per quest’ultimocaratteristiche e contenuti:

CDM 2006Art.33“Informazione al cittadino- Il medico deve fornire al paziente lapiù idonea informazione sulla dia-gnosi, sulla prognosi, sulle prospetti-ve e le eventuali alternative diagno-stico-terapeutiche e sulle prevedibiliconseguenze delle scelte operate. Ilmedico dovrà comunicare con il sog-getto tenendo conto delle sue capaci-tà di comprensione, al fine di pro-muoverne la massima partecipazionealle scelte decisionali e l’adesionealle proposte diagnostico-terapeuti-che. Ogni ulteriore richiesta di infor-mazione da parte del paziente deveessere soddisfatta. Il medico deve,altresì, soddisfare le richieste diinformazione del cittadino in tema diprevenzione. Le informazioni riguar-danti prognosi gravi o infauste o talida poter procurare preoccupazione e

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sofferenza alla persona, devono esse-re fornite con prudenza, usando ter-minologie non traumatizzanti e senzaescludere elementi di speranza. Ladocumentata volontà della personaassistita di non essere informata o didelegare ad altro soggetto l’informa-zione deve essere rispettata”.

Il CDM, quindi, non si limita a sancire i piùrilevanti requisiti di contenuto dell’infor-mazione, peraltro, in perfetta linea con lagiurisprudenza, secondo cui l’informazio-ne deve riguardare tutti gli aspetti deltrattamento terapeutico, in particolaresulla “diagnosi, sulla prognosi, sulle pro-spettive e le eventuali alternative diagno-stico-terapeutiche e sulle prevedibili con-seguenze delle scelte operate” (art. 33 delCDM), ma esplicita anche i requisiti dichiarezza e di intelligibilità/comprensibili-tà dell’informazione, che deve rifuggire datermini scientifici o da un linguaggio tec-nicistico difficilmente comprensibili dalpaziente e deve essere erogata in relazio-ne alla capacità di comprensione del sog-getto onde egli possa addivenire ad unascelta consapevole.

In riferimento alla informazione dal cor-rente CDM emerge in sintesi che:• L’informazione deve essere chiara,

esaustiva e data in relazione allecapacità di comprensione del sogget-to; il sanitario dovrà verificare inoltrel’effettiva comprensione della mate-ria dell’informazione erogata agaranzia della reale possibilità del

paziente di decidere in modo consa-pevole ed autonomo sulla scelta dafarsi e di restituire, quindi, un consen-so o un valido e motivato dissenso altrattamento.

• Ogni ulteriore richiesta di informazio-ne dell’assistito deve essere soddi-sfatta così come il medico deve sod-disfare anche la richiesta del pazientedi NON essere informato. In questecircostanze sarà opportuno non solodocumentare per iscritto il rifiuto del-l’assistito ad essere informato, maanche chiedere all’assistito se deside-ra far conoscere il proprio stato disalute ad altri cui dunque il medicopotrà dare informazioni sullo stato disalute del paziente, come stabilitodall’art.34 del CDM (“In caso dipaziente ricoverato, il medico deveraccogliere gli eventuali nominatividelle persone preliminarmente indica-te dallo stesso a ricevere la comunica-zione dei dati sensibili”). In riferimen-to a tale articolo necessita sottolinea-re come la portata del disposto facciariferimento teorico al solo pazientericoverato, forse, secondo una remine-scenza di particolare considerazionedella prognosi infausta o della malat-tia grave o meglio nella consapevo-lezza dell’inveterata ed ancora moltodiffusa prassi erronea del medico, di“conferire” con i familiari del pazien-te, se non prima, addirittura conte-stualmente al malato stesso. È oppor-tuno che tutti i professionisti chesaranno coinvolti nel piano tratta-

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mentale ed assistenziale del pazientedovranno essere informati della deci-sione dello stesso (di non essere infor-mato).

• L’informazione a terzi può avveniresolo con il consenso esplicito dellapersona interessata, ribadendo anco-ra una volta come l’informazione aicongiunti non sia un diritto degli stes-si, ma solo l’espressione della volon-tà del paziente di volerli informare erendere partecipe del suo stato disalute, come sancito all’articolo 34del CDM (“L'informazione a terzi pre-suppone il consenso esplicitamenteespresso dal paziente, fatto salvoquanto previsto all’art. 10 e all’art.12, allorché sia in grave pericolo lasalute o la vita del soggetto”).

In merito alla acquisizione del consen-so il CDM all’ Art. 35 prevede che: “Ilmedico non deve intraprendere attivitàdiagnostica e/o terapeutica senza l’acqui-sizione del consenso esplicito e informatodel paziente. Il consenso, espresso informa scritta nei casi previsti dalla legge enei casi in cui per la particolarità delle pre-stazioni diagnostiche e/o terapeutiche oper le possibili conseguenze delle stessesulla integrità fisica si renda opportunauna manifestazione documentata dellavolontà della persona, è integrativo e nonsostitutivo del processo informativo di cuiall'art. 33. Il procedimento diagnosticoe/o il trattamento terapeutico che possa-no comportare grave rischio per l'incolu-mità della persona, devono essere intra-

presi solo in caso di estrema necessità eprevia informazione sulle possibili conse-guenze, cui deve far seguito una opportu-na documentazione del consenso. In ognicaso, in presenza di documentato rifiutodi persona capace, il medico deve desiste-re dai conseguenti atti diagnostici e/ocurativi, non essendo consentito alcuntrattamento medico contro la volontàdella persona. Il medico deve intervenire,in scienza e coscienza, nei confronti delpaziente incapace, nel rispetto della digni-tà della persona e della qualità della vita,evitando ogni accanimento terapeutico,tenendo conto delle precedenti volontàdel paziente”.

In questo articolo è racchiuso tutto ilsignificato etico e giuridico del consenso:il sanitario non può intraprendere alcunatto senza il consenso non solo informato,ma anche esplicito del paziente, di cui ilCDM raccomanda l’acquisizione in formascritta nei casi in cui il trattamento possacomportare gravi conseguenze per l’assi-stito o comunque nei casi previsti perlegge. Preciso è inoltre il riferimento aldissenso del soggetto, quale elementoassolutamente vincolante per il sanitario,che non può in ogni caso disporre alcuntrattamento contro la volontà del pazien-te. Nell’articolo 36 si tratta invece dellecondizioni di urgenza, affermando che inqueste fattispecie, pur dovendosi tenerconto delle volontà precedentementeespresse del paziente, il sanitario è tenutoad adoperarsi e a prestare l’assistenzanecessaria. (Art. 36 Assistenza d’urgenza -

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Allorché sussistano condizioni di urgenza,tenendo conto delle volontà della personase espresse, il medico deve attivarsi perassicurare l’assistenza indispensabile). Inmerito al dover “tener conto della volon-tà”, il Barni ha affermato che, in questecircostanze il medico si trova a doversiconfrontare da un lato con la volontà delsoggetto di cui deve tener conto, in unmomento in cui il soggetto stesso non è ingrado di poter decidere e, dall’altro, con lapresenza di un pericolo per la vita del sog-getto, per cui il medico si trova di fronte ascelte di coscienza estremamente difficilied in tali situazioni “resta l’unico respon-sabile della scelta e deve sentirsi serena-mente responsabile all’incrocio di duediritti fondamentali: il diritto alla salute ela libertà individuale”. Il termine “tenerconto della volontà”, purtroppo, comparedi frequente nel codice deontologico, inparticolare tutte le volte in cui la situazio-ne trattata appare di notevole complessi-tà: nelle situazioni d’urgenza, ma anchenei riguardi dei minori e dei disabili o deipaziente incapaci, quando si tratta delledirettive anticipate, ecc. Si tratta di temiche non hanno, dal punto di vista norma-tivo, un inquadramento generale per cui ilcodice deontologico, quale espressionedel giusto contemperamento tra i principietici e giuridici, non può far altro cheusare queste espressioni, se non altropoco utili e di difficile traduzione nellapratica quotidiana, rimanendo spesso nonmolto chiaro il ruolo ed il valore che ilmedico deve attribuire alla volontà delpaziente.

Il tema del consenso ha trovato nel 1992una sistematizzazione ed una organicitànel Documento del Consiglio Nazionale diBioetica (CNB) “Informazione e consensoall’atto medico” che pone a premessa che“il consenso informato costituisce legitti-mazione e fondamento dell’atto medico, eallo stesso tempo strumento per realizza-re la ricerca di “alleanza terapeutica” nel-l’ambito delle leggi e dei codici deontolo-gici e di piena umanizzazione dei rapportifra il medico e del paziente, cui aspira lasocietà attuale”. In tema di informazionee di consenso, anzitutto il CNB precisa cheper essere valido il consenso deve conse-guire a quattro condizioni: l’informazione,la comprensione dell’informazione, lalibertà decisionale, la capacità decisiona-le. Per quanto riguarda la modalità diespressione del consenso, nel Documentosono analizzati in modo sistematico diver-si punti: come e quando informare ilpaziente, entro quali limiti fornire le infor-mazioni, chi deve avere la responsabilitàdi informare il paziente, quali rapporti ilcurante deve avere con i familiari, comedocumentare che le informazioni sonostate recepite. Nel documento inoltre ven-gono analizzate anche situazioni peculiarie complesse, come il consenso dei minori,con spunti anticipatori interessanti cheancora oggi sono oggetto di discussione.

Dal Documento del CNB emerge che: 1) in caso di malattie importanti e procedi-

menti diagnostici e terapeutici prolun-gati il rapporto curante-paziente nonpuò essere limitato ad un unico, fugace,incontro.

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2)Il curante deve possedere sufficientidoti di psicologia tali da consentirgli dicomprendere la personalità del pazien-te e la sua situazione ambientale, perregolare su tali basi proprio il compor-tamento nel fornire le informazioni.

3)Le informazioni, se rivestono caratteretale da poter procurare preoccupazionee sofferenze particolari al paziente,dovranno essere fornite con circospe-zione, usando terminologie non trau-matizzanti e sempre corredate da ele-menti atti a lasciare allo stesso speran-za di una, anche se difficile, possibilitàdi successo.

4)Le informazioni relative al programmadiagnostico e terapeutico dovrannoessere veritiere e complete, ma limitatea quegli elementi che cultura e tradizio-ne psicologica del paziente sono ingrado di recepire e accettare, evitandoesasperate precisazioni di dati (percen-tuali esatte - oltretutto difficilmentedefinibili - di complicanze, mortalità,insuccessi funzionali) che interessano gliaspetti scientifici del trattamento.In ogni caso, il paziente dovrà esseremesso in grado di esercitare corretta-mente i suoi diritti, e quindi formarsiuna volontà che sia effettivamente tale,rispetto alle svolte ed alle alternativeche gli vengono proposte.

5)La responsabilità di informare il pazien-te grava sul primario, nella strutturapubblica, ed in ogni caso su chi ha ilcompito di eseguire o di coordinare pro-cedimenti diagnostici e terapeutici.

6)La richiesta dei familiari di fornire alpaziente informazioni non veritiere nonè vincolante. Il medico ha il dovere didare al malato le informazioni necessa-rie per affrontare responsabilmente larealtà, ma attendendosi ai criteri di pru-denza, soprattutto nella terminologia,già enunciati.

7) Il consenso in forma scritta è doveremorale in tutti i casi in cui per la parti-colarità delle prestazioni diagnostiche eterapeutiche si renda opportuna unamanifestazione della volontà delpaziente.

8)La richiesta di consenso informato informa scritta è altresì un dovere moraledel medico, nel caso di paziente incapa-ce legalmente o di fatto, nelle ipotesi incui al punto 7), nei confronti di chi eser-citi la tutela o abbia con il paziente vin-coli familiari (o di comunanza di vita)che giustificano la responsabilità e ilpotere di conoscere e decidere, fermorestando che tali interventi hanno unsignificato relativo ed il medico posto difronte a scelte fondamentali per la salu-te e la vita del paziente non è liberatodalle responsabilità connesse con ipoteri che gli spettano.

Il Codice Etico Odontoiatrico dell’UnioneEuropea (Dental Liaison Committee),approvato nel 2000 suggerisce le lineeguida basate sui principi di sussidiarietàdell’EU, nel rispetto dell’autogovernodelle associazioni nazionali. Nel 2002 èstato inoltre presentato il Codice Etico-comportamentale dell’ANDI (fig. 1), che

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sviluppa i concetti espressi nel codice EUe che si occupa diffusamente del rapportoodontoiatra-paziente, della condotta del-l’odontoiatra verso il pubblico, dell’atteg-giamento dell’odontoiatra verso i propricolleghi, della pratica professionale, dellaricerca scientifica e tecnologica ed i rap-porti con le aziende.Ulteriore documento fondamentale è la

Medical Professionalism in the NewMillennium: a Physician Charter del 2002che si occupa di “primato del benessere eautonomia del paziente, giustizia sociale,collaborazione tra colleghi” e che rappre-senta punto di riferimento e di orienta-mento dei codici professionali medici eodontoiatrici.

Fig. 1: Codice Etico A.N.D.I. - art.1 “Relazione Paziente-Odontoiatra”

Recentemente (2007) la FDI World DentalFederation, che ha approvato nel 1997 ilcodice di International principles of

Ethics for Dental profession, ha stilatoun manuale di etica per gli odontoiatri incui si ribadisce come il consenso ai trat-

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tamenti attualmente sia uno dei principinon solo giuridici, ma anche etici cardinedell’attività odontoiatra.

Il Codice del F.D.I., fermo restando lanormativa vigente in ogni Paese da cuinon si può prescindere nell’attività profes-sionale, fornisce dei consigli etici di ordinepratico nella attività clinica dell’odontoia-tra, indicando alcuni punti cruciali: - alla base del consenso vi è una buona

comunicazione tra il paziente ed ilmedico basata sull’empatia e su unlinguaggio che sia adeguato alla cul-tura del paziente.

- L’informazione deve vertere sulla dia-gnosi, prognosi, eventuale trattamen-to e alternative, rischi e complicanze,costi di ognuno.

- Ogni ulteriore richiesta di informazio-ne da parte del paziente deve esseresoddisfatta, così come la volontà dinon messere informato.

- Esiste un consenso implicito alla stes-sa richiesta di prestazione d’opera daparte dell’assistito: per esempio il con-senso ad un semplice esame del cavoorale appare implicito nella richiesta,mentre nei casi di trattamento conrischio o che possono creare anche unmodesto disagio, il consenso deveessere esplicito (scritto o orale).

- Nel caso di bambino o pazienti“incompetent” l’odontoiatra deveagire sempre nel miglior interesse delpaziente, coinvolgere la famiglia e, sepresenti, acquisire il consenso da chiè legittimato a farlo (per esempiogenitori in caso di minore).

Il consenso al trattamento sanitario rap-presenta per il medico un preciso obbligogiuridico, deontologico ed etico, qualeespressione dell’alleanza terapeutica tra ilmedico ed il paziente, ma anche comeespressione del diritto di autonomia edautodeterminazione di ogni cittadino.

2) EVOLUZIONEGIURISPRUDENZIALE

La imprescindibile necessità per il medicodi acquisire specifico consenso per ogniatto sanitario, fatte salve le già richiama-te condizioni particolari (TSO, soggettoincosciente, ecc.), costituisce ormai unprincipio acquisito in giurisprudenza. Lagiurisprudenza intervenendo a più ripresein materia di informazione e di consensoha contribuito in modo sostanziale a deli-neare il quantum dell’informazione dovu-to dal medico, ad individuare su chi graval’onere di informazione ed a individuare inambito penale e civile, quali conseguenzeillecite derivano dall’effettuazione di unintervento contro il dissenso del pazienteo in assenza di un valido consenso.

1)La Giurisprudenza ha in primo luogochiarito che il consenso è atto preli-minare all’intervento medico ediscende direttamente dai dettamicostituzionali, con particolare riferimen-to all’art.32 e 13 della Costituzione,come enunciato da una sentenza dellaCorte Costituzionale del 1990 (CorteCost. 22 ottobre 1990 n.471): “la liber-tà, di cui all’art. 13 della Costituzione,comprende anche la libertà di disporre

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del proprio corpo”. In questo sensodunque, il diritto di autodeterminarsi inriferimento agli interventi sanitari non èpiù soltanto ricollegato al diritto allasalute (art.32), ma al diritto di libertàdell’individuo rispetto al quale il con-senso costituisce un corollario necessa-rio, su questa linea giurisprudenzacostante ha difatti ribadito: “il consen-so afferisce alla libertà morale del sog-getto ed alla sua autodeterminazione,nonché alla sua libertà fisica intesacome diritto al rispetto delle proprieintegrità corporee, le quali sono tutteprofili della libertà personale proclama-ta inviolabile all’art. 13 Cost.”. (Cass.Pen. Sez. IV 11 luglio 2001).

2)Dal punto di vista penalistico la giuri-sprudenza è intervenuta, talora non inmodo univoco o secondo posizioni fran-camente contraddittorie, su comedebba essere valutata la condotta delsanitario di fronte ad un trattamentodisposto contro il dissenso ovvero conun consenso non valido o in presenza diuna volontà non espressa del paziente.In particolare:- In relazione ai trattamenti disposticontro il dissenso, il primo passo del-l’iter giurisprudenziale si pose con lasentenza per il cosiddetto “CasoMassimo” (Cass. Pen. Sez V n.53913/5/1992, cifra pag. 5), con cui laCassazione Penale ritenne arbitrarial’attività sanitaria (condotta contro ildissenso della paziente), addebitandoal medico il reato di omicidio preterin-tenzionale per la morte della paziente

conseguita all’intervento (non autoriz-zato), il quale, peraltro, dal punto divista tecnico era stato ben condotto.Di diverso tenore la famosa sentenzaVolterrani (Cass. Pen. 11 luglio 2002 n.26446), oggetto di dibattiti e critiche:“…in tema di attività medico-chirurgi-ca…deve intendersi che il medico siasempre legittimato ad effettuare il trat-tamento terapeutico giudicato necessa-rio per la salvaguardia della salute delpaziente affidato alle sue cure, anche inmancanza di un esplicito consenso,dovendosi invece ritenere insuperabilel’espresso libero e consapevole rifiutoeventualmente manifestato dal medesi-mo paziente, ancorché l’omissione del-l’intervento possa cagionare il pericolodi un aggravamento dello stato di salu-te dell’infermo e persino la sua morte.In tale ultima ipotesi, qualora il medicoeffettui ugualmente il trattamento rifiu-tato, potrà profilarsi a suo carico il reatodi violenza privata ma non - nel caso incui il trattamento comporti lesioni chi-rurgiche ed il paziente muoia, il diversoe più grave reato di omicidio preterin-tenzionale, non potendosi ritenere chele lesioni chirurgiche, strumentali all’in-tervento terapeutico, possano rientrarenella previsione di cui all’art. 582 c.p.”.La ratio della sentenza appare chiara:salvo la presenza di un dissenso esplici-to del paziente, vincolante per il sanita-rio, esisterebbe uno stato di necessitàgenerale per cui l’attività del medico,comunque condotta secondo i canonidella corretta scienza medica, non èpunibile penalmente anche se intrapre-

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sa senza il consenso del paziente. Ladecisione pone non poche perplessità,in primo luogo in quanto viola i principicostituzionalmente tutelati della volon-tà e del rispetto dell’autodeterminazio-ne del paziente, che in tal modo avreb-bero rilievo solo in relazione ad un dis-senso espresso, ed in secondo luogopoiché ripropone una concezione delrapporto medico paziente di tipo pater-nalistico, già nel 2002 ampiamentesuperato [G.A. Norelli].

L’orientamento giurisprudenziale at-tualmente prevalente è teso a valorizza-re al massimo il dissenso al trattamentoda parte del paziente che è da conside-rarsi sempre vincolante per il sanitario.

A parte l’eccezione relativa alla sussi-stenza dello stato di necessità, laddoveil medico violi la volontà dell’assistito(dissenso), si potrebbero profilare per ilsanitario gli estremi del reato doloso(lesioni personali, omicidio), come benprecisato dalla Suprema Corte: “...Afronte di una manifestazione di volontàesplicitamente contraria all’interventoterapeutico il pericolo grave ed attualeper la vita e per la salute del pazienteconfigura lo stato di necessità e valecertamente ad escludere il dolo diret-to di lesioni in quanto ciò che si rap-presenta il medico, nell’intervenire mal-grado il dissenso del paziente, è la sal-vaguardia della sua vita e della suasalute poste in pericolo. Al di fuori diqueste situazioni di pericolo l’esplicitodissenso del paziente rende l’atto,

asseritamente terapeutico, un’inde-bita violazione non solo della liber-tà di autodeterminazione del pa-ziente ma anche della sua integritàcon conseguente applicazione delleordinarie regole penali”. (Cass. Penn. 585 12.7.2001)

- In caso di trattamenti in assenza diconsenso, vale la pena ricordare la sen-tenza Barese (Cass. pen. sez. IV 9 marzo- 12 luglio 2001) in cui analogamente alcaso Massimo, l’intervento effettuatodal chirurgo fu diverso rispetto a quelloacconsentito dalla paziente, e per ilsopraggiungere di complicanze ladonna decedette, ma la Corte ritennenon sussistere la fattispecie dell’omici-dio preterintenzionale. La sentenza pre-cisava che l’omicidio preterintenzionalesi configura solo laddove si dimostrasseil dolo intenzionale (nella definizionedell’elemento soggettivo del reato) ilquale, secondo la Corte, stante la finali-tà terapeutica dell’attività medica, veni-va a mancare. Le due sentenze, ancor-ché in un caso era presente un dissensoal trattamento (caso Massimo) e nell’al-tro in realtà non era stata espressa alcu-na volontà da parte dell’assistito (sen-tenza Barese), appaiono di impostazio-ne molto diversa, e nella seconda (Cass.2001) si delinea una volontà di mitiga-re l’enfasi della sentenza Massimo,tenendo in maggior considerazione lefinalità terapeutiche dell’attività sanita-ria. Altra interessante sentenza è laCicarelli del 2001, (Cass.Pen. sez. IV 27-19 ottobre 2001), la quale ripropone il

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problema della valutazione dell’ele-mento psicologico precisando che “l’in-dirizzo deve essere valorizzato in modoassoluto per l’ipotesi di pratica chirurgi-ca realizzata contro la volontà espressae conclamata del paziente, nell’irrile-vanza evidente che si tratti di dissensomanifestato fin dal primo momento delcontatto con il medico ovvero di con-senso dato e poi revocato, essendoindubbio che l’agire del chirurgo sullapersona del paziente, contro la volontàdi costui, si traduce pur sempre in unacondotta illecita capace di configurarepiù fattispecie di reato, quali la violenzaprivata (art.610 c.p.), lesione personaledolosa (art. 582 c.p.) e, nel caso dimorte, omicidio preterintenzionale (art.584 c.p.)”. La Corte afferma che il sani-tario è vincolato in senso negativo daldissenso ed in senso positivo dal con-senso, ma lascia nel limbo “della pre-sunzione positiva” l’assenza di manife-stazione del consenso.L’orientamento giurisprudenziale at-tualmente prevalente (Cass. Pen. sez.IV, 16 gennaio 2008 n.11335; Cass pensez. III, 14 marzo 2006 n.5444; CassPen. Sez VI, 14 febbraio 2006) ricono-sce l’imprescindibilità del consensoall’atto sanitario e converge nel ritene-re che ove manchi il consenso (tratta-menti condotti in assenza di un validoconsenso) l’attività medico-chirurgica èarbitraria e viola dunque non solo lalibertà morale del soggetto, ma anchela sua integrità psico-fisica ed il dirittoalla salute, sebbene con toni stempera-ti rispetto alla sentenza Massimo.

Pur ove conformi alle leges artis i trat-tamenti arbitrari possono implicare unaresponsabilità colposa e non dolosacome nella violazione del dissenso delsanitario, che è stato negligente nel nonaver acquisito il consenso, e possonocomportare l’addebito del reato di vio-lenza privata (art. 610 c.p), ovvero quel-lo di stato di incapacità procuratomediante violenza (art. 613 c.p.), ovveroancora integrare gli estremi di cui all’art.728 c.p. (trattamento idoneo a soppri-mere la coscienza o la volontà altrui, adesempio nel caso di trattamento aneste-siologico). La giurisprudenza appareinoltre convergente in tema di dissensoal trattamento, che è vincolante per ilsanitario e la cui violazione può implica-re per lo stesso ipotesi di reato doloso(lesioni personali volontarie, omicidiopreterintenzionale, ecc.).

3) Sul piano civilistico il consenso costitui-sce la base del contratto medico-paziente e la tematica impone conside-razioni relative al: A) diritto violato e conseguente dannoin caso di consenso non validoB) quantum dell’informazioneC) tipologia della responsabilità (con-trattuale od extracontrattuale) e oneredella prova.

A) In questo ambito la giurisprudenza èunivoca nel ritenere che la mancanzadel consenso e dell’informazione confi-gura una condotta negligente del medi-co, che implica i termini della colpagrave. La Cassazione Civile si è espres-

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sa in questo senso già nel 1994: “..ilmedico risponde dei danni conseguentialla violazione, per negligenza, deldovere di informazione del paziente, suipossibili esiti dell’intervento chirurgico,al quale egli è tenuto in ogni caso…”.(Cass.Civ. Sez III 8 luglio 1994 n. 6464).Da rilevare però che non vi è allo statogiurisprudenza univoca che specifichi sela violazione del diritto di autodetermi-narsi, possa produrre di per sé un dannorisarcibile anche in assenza di un pre-giudizio per la salute. La suprema Corte,nel 2003, aveva affermato che dallalesione dell’interesse tutelato dovevascaturire una perdita, una privazione diun valore non economico. La violazionedel diritto all’autodeterminazione delpaziente, pertanto, doveva essere valu-tato non in astratto, ma alla luce delleeffettive possibilità della persona dirapportarsi con l’atto medico: se non vierano alternative diagnostiche o tera-peutiche e se dovesse risultare che ilpaziente, correttamente informato,avrebbe comunque acconsentito al trat-tamento, appare difficile poter stabilireed individuare un danno risarcibile. Sutale scia anche una recente sentenzadel tribunale di Milano (29 marzo 2005)in cui una donna aveva citato in giudi-zio un medico per non esser stata cor-rettamente informata circa l’interventocui sarebbe stata sottoposta (quadran-tectomia con dissezione ascellare omo-laterale) ed anche sulle cure successiveche furono causa di notevoli disturbi. Ilgiudice, valutando che in seguito all’in-tervento il soggetto era completamente

guarito dalla malattia, che l’interventonon aveva alternative scientifiche validee che la donna aveva dichiarato che ovefosse stata compiutamente informatanon avrebbe comunque rifiutato l’inter-vento, non diede luogo al risarcimento,specificando anche che la richiedentenon aveva dato dimostrazione deldanno conseguente a tale difetto diinformativa, nemmeno in termini didanno morale, cioè del patema d’animoo della sofferenza legata all’interventochirurgico destruente, o comunquecomportante difficoltà e complicanzamaggiori rispetto a quelle che la stessasi era psicologicamente preparata adaffrontare. Il giudice, infatti, pur affer-mando “che l’inadempimento dell’ob-bligo di informazione da parte del medi-co incide in via diretta sul diritto dellapaziente all’autodeterminazione inordine alle scelte che attengono allapropria salute e che tale lesione vadapertanto riconosciuta autonomamenterispetto alla lesione del diritto alla salu-te che nella specie non si è determina-ta”, giunge però ad affermare che “allacomprovata lesione dell’interesse dirango costituzionale relativo all’autode-terminazione non consegue ipso iure undanno risarcibile”. Conclude afferman-do che, fermo restando che è onere delpaziente dimostrare il danno patito dalbene costituzionalmente leso (moraleod anche pregiudizi diversi ed ulteriori),nella specie non era stato comunquedimostrato, “la lesione dell’interesseprotetto, ovvero del diritto di autodeter-minazione, abbia dato luogo ad un

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danno non patrimoniale- inteso comedanno morale soggettivo (pretium dolo-ris della lesione subita) che quale pre-giudizio ulteriore e diverso (derivatedalla predetta lesione) - ma che taledanno sia ontologicamente trascurabi-le, e comunque, di entità economicanon apprezzabile”. Le critiche poste atale pronuncia vertono sul fatto che leconclusioni valgono a dire che il sanita-rio, fiducioso della propria capacità, èlibero di poter fare tutto ciò che vuoleperché se le cose andranno per il megliola violazione dell’autonomia del pazien-te non avrà altra conseguenza che ladeclamazione dell’illecito, svuotandodunque di significato la lesione del dirit-to stesso. Una diversa impostazione, percontro, emerge da una sentenza del tri-bunale di Venezia (8 ottobre 2004) incui il giudice accordò in via equitativa ilrisarcimento del danno ad una donnache non era stata correttamente infor-mata circa le possibili complicanze del-l’intervento chirurgico cui si era sotto-posta e che poi si verificarono (nellaspecie si era trattato di un evento ictalein paziente operata di sostituzione val-volare). Il giudice, preso atto che la con-dotta dei sanitari era stata perfetta-mente rispondente alle regole dell’arte,almeno dal punto di vista tecnico escientifico, comunque dispose il risarci-mento del danno in via equitativa inquanto la non informazione sul puntoaveva finito per “espropriare l’attricedel suo diritto a scegliere in ordine allapropria esistenza”, valore costituzional-mente tutelato “da cui non si può pre-

scindere, pena la rinuncia al valore dibase della nostra società”.

Con questa pronuncia, che in verolascia alcune perplessità, il rischio è cheil consenso divenga, come già sta acca-dendo, una sorta di “trappola per ilsanitario”, diretta ad assicurare alpaziente un risarcimento anche quandoil comportamento del sanitario, dalpunto di vista tecnico, sia perfettamen-te adeguato al caso. Nei casi sopraricordati il trattamento era stato esperi-to in modo ineccepibile ed era ancheemerso che ove fosse stata erogata unacorretta ed esaustiva informazione, nonsi sarebbe determinato un esito diversoin quanto il soggetto si sarebbe sotto-posto comunque al trattamento.Indubbiamente si deve argomentare intermini diversi nel caso in cui la manca-ta informativa o il vizio del consensocomportino una limitazione alla possi-bilità di autodeterminarsi del soggetto:si pensi all’omessa informazione circa lapresenza di più alternative (protesi fissa- protesi mobile) o di più modalità ope-rative (anestesia loco-regionale o ane-stesia generale) o sulle possibili conse-guenze, anche estetiche, per cui ilpaziente non sia messo in grado dipoter compiere una scelta consapevolea seconda del bilanciamento rischiobeneficio a favore dell’una alternativatecnica rispetto all’altra. In tutte questefattispecie, effettivamente, la negata/in-completa informativa e quindi la viola-zione del diritto di scelta consapevole,dà luogo ad una colpa del sanitario in

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risarcibilità della lesione del dirittoall’autoderminazione secondo lesoprarichiamate tipologie di danno(biologico, morale,ecc.)

3) Trattamento ineccepibile, assenzadi alternative ed accettazione “aposteriori” del paziente che configuraun difetto di consenso ed una lesionedell’autodeterminazione del paziente.Sul punto la giurisprudenza non appa-re univoca talvolta accordando unrisarcimento per la mera violazionedel diritto di autodeterminarsi(Tribunale di Venezia 8 ottobre 2004)talaltra affermando che il “dannomorale soggettivo…sia ontologica-mente trascurabile, e comunque, dientità economica non apprezzabile”.Emblematica la fattispecie trattata daltribunale di Milano, nella sentenza del29 marzo 2005 n.3520, la quale hasuscitato, per le conclusioni cui è per-venuta, non poche critiche da partedella dottrina.

B) La giurisprudenza ha anche delineatoquello che è il significato dell’informa-zione, quale atto preliminare al consen-so, ma si è anche espressa ribadendocome l’informazione abbia valore a séstante ed una carenza di informativa,anche se non finalizzata all’acquisizionedel consenso, è comunque censurabile.In tal senso la Corte (Corte d’Appello diTrieste 1997) ha ribadito che “l’informa-zione al paziente è parte integrante della

quanto il soggetto non ha potutovagliare tutte le possibilità che doveva-no essergli prospettate, per cui verisi-milmente e ragionevolmente il medicosarà chiamato a risarcire il danno con-seguente alla lesione del diritto. In conclusione, schematicamente, inriferimento alla risarcibilità del dannoconseguente alla lesione del diritto diautoderminazione del paziente, che siconfigura come errore comportamenta-le da parte del sanitario e dunque cen-surabile anche dal punto di vista disci-plinare, è possibile delineare tre diversefattispecie:

1) Il trattamento è stato tecnicamen-te congruo, ma si è verificata unalesione del diritto di autodetermina-zione del soggetto (difetto di consen-so), da cui è derivato un danno all’as-sistito (derivato dal non aver potutoscegliere alternative, modalità diver-se rispetto a quelle prospettate/dis-poste dal sanitario). In queste fatti-specie la recente giurisprudenzatende a riconoscere un risarcimentotalora per danno biologico e talaltraper diverse fattispecie di danno(morale, esistenziale).2) Lesione del diritto di autodetermi-nazione del paziente (difetto di con-senso con o senza danno) che siaccompagna a lesione del diritto allasalute (danno all’integrità psico-fisi-ca) realizzatosi per trattamento tecni-camente incongruo. In questa fatti-specie la giurisprudenza è general-mente concorde nel riconoscere la

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prestazione del medico finalizzata allatutela della salute”. Quindi l’informazio-ne ha un valore che va oltre l’acquisizio-ne del consenso, ma è anche parte inte-grante e imprescindibile dello stesso: “lapreventiva ed adeguata informazionedel paziente è condizione indispensabileper la validità del consenso, che deveessere consapevole, al trattamento tera-peutico o chirurgico…” (Cass. Civ. sez. III25 novembre 1994).Per quanto concerne il quantum dell’in-formazione, su cui torneremo anche inseguito, la giurisprudenza ha esplicitatoquali devono essere i contenuti: “… lavalidità del consenso è condizionataall’informazione, da parte del professio-nista al quale è richiesto, sui benefici,sulle modalità in genere, sulla scelta tradiverse modalità operative e sui rischispecifici prevedibili (anche ridotti, chepossono incidere gravemente sulle con-dizioni fisiche o sul bene vita) dell’inter-vento terapeutico - informazione chedeve essere effettiva e corretta - e che,nel caso che sia lo stesso paziente arichiedere un intervento chirurgico, persua natura complesso e svolto in équi-pe, la presunzione di un implicito con-senso a tutte le operazioni preparatoriee successive, connesse all’interventovero e proprio, non esime il personalemedico responsabile dal dovere d’infor-marlo anche su queste fasi operative.”(Cassazione Civile n. 364/1997).

L’informazione deve riguardare nonsolo tutte le fasi operatorie, ma anchela portata dell’intervento, le inevitabi-

li difficoltà, gli effetti conseguibili egli eventuali rischi prevedibili e non,gli esiti al limite del fortuito, i rischispecifici rispetto a determinate alter-native, così da concedere al pazientela possibilità di scegliere tra diversitipi di trattamento; l’informazionedeve inoltre riguardare le fasi prepa-ratorie e successive all’intervento.

Non solo, giurisprudenza costante affer-ma ulteriormente che la informativadeve riguardare anche le eventuali, sep-pur contingenti, carenze strutturali del-l’ambiente ospedaliero, in rapporto alledotazioni ed alle attrezzature, ed al lororegolare funzionamento, così che il sog-getto possa scegliere di sottoporsicomunque al trattamento in quellastruttura o decidere di andare altrove:“La responsabilità e i doveri del mediconon riguardano solo l’attività propria edell’eventuale équipe che a lui rispon-da, ma si estende allo stato di efficien-za e al livello di dotazioni della struttu-ra sanitaria in cui presta la sua attività,e si traduce in un ulteriore dovere diinformazione del paziente. Il consensoinformato - personale del paziente o diun proprio familiare - in vista di unintervento chirurgico o di altra terapiaspecialistica o accertamento diagnosti-co invasivi, non riguardano soltanto irischi oggettivi e tecnici in relazione allasituazione soggettiva e allo stato del-l’arte della disciplina, ma riguardanoanche la concreta, magari momenta-

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neamente carente situazione ospedalie-ra, in rapporto alle dotazioni ed alleattrezzature , ed al loro regolare funzio-namento, in modo che il paziente possanon soltanto decidere se sottoporsi omeno all’intervento, ma anche se farloin quella struttura ovvero chiedere ditrasferirsi in un’altra. L’omessa informa-zione sul punto può configurare unanegligenza grave, della quale il medicorisponderà in concorso con l’ospedalesul piano della responsabilità civile,quindi del risarcimento del danno, edeventualmente anche sul piano profes-sionale, deontologico-disciplinare”.Specificatamente in campo odontoiatri-co, alcune sentenze interessanti sulquantum dell’informazione affermanoche questa non possa essere assoluta-mente generica ed omnicomprensiva,ma che debba riguardare le singole fasidell’intervento. Si ricorda una sentenzadel tribunale di Bologna dell’8 agosto2005 in tema di colpa medica in ambitoimplantologico in cui l’odontoiatra fucondannato al risarcimento del dannosia per imperizia ma anche per il nonaver acquisito un valido consenso altrattamento, in cui in tema di informa-zione si afferma: “…l’informazioneconcerne le inevitabili difficoltà, glieffetti conseguibili e gli eventuali rischiprevedibili- con esclusione solamentedegli esiti anomali per evitare che ilpaziente sia indotto al rifiuto delle cureper il timore di eventi infausti - in mododa porre il paziente nelle condizioni didecidere sull’opportunità di procedervio meno, attraverso la personale valuta-

zione del bilanciamento vantaggi ebenefici.. a maggior ragione quando sitratta di interventi non strettamentenecessari per la sua salute”. Per i trat-tamenti odontoiatrici, sovente condottiin “elezione”, comunque differibili,talora aventi importanti finalità esteti-ca, è necessario che l’informazione siala più esaustiva possibile, onde evitareuna incorrispondenza tra le attese dellapersona ed i risultati (pur considerandoche per il sanitario vige sempre comun-que un obbligazione di mezzi e non dirisultato).

C) Giurisprudenza civilistica costante haanche chiarito che la violazione deldovere di informazione e di acquisizio-ne del consenso è di natura contrattua-le (cfr Cass. Civ. 23 maggio 2001n.7027, Cass. Civ. sez. III, 19 ottobre2006 n.22390, Cass. Civ. sez. III, 14 feb-baio 2008 n.3520, ma già Cass. Civ. sezIII, 25 novembre 1994. “il consensooltre a legittimare l’intervento sanitariocostituisce, sotto ogni profilo, uno deglielementi del contratto tra il paziente edil professionista, avente ad oggetto laprestazione professionale, sicché l’ob-bligo di informazione deriva anche dacomportamento secondo buona fedecui si è tenuti nello svolgimento delletrattative e nella formazione del con-tratto”). Il dovere di informazione,difatti, rientra nella complessa presta-zione professionale cui è tenuto il sani-tario e la Suprema Corte ha stabilito checonseguentemente l’onere della provaincombe al sanitario: per il creditore

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(paziente) è sufficiente che alleghi lasussistenza del danno, mentre il debito-re (professionista) deve provare l’esattoadempimento della prestazione (Cass.Civ Sez.Unite 30 ottobre 2001 n.13533).

L’incombenza della prova anche ariguardo del contenuto dell’informa-zione e del consenso sul sanitario, faassumere grande rilievo alla necessi-tà/opportunità ed ai mezzi di registra-zione e di documentazione di tali attionde poterne agevolmente daredimostrazione in un eventuale giudi-zio di merito. Nel negozio giuridicovale il principio della libertà dellaforma, per cui ha valore la formascritta quanto quella orale, seppure sidebba ricordare che ciò che il sanita-rio è chiamato a dimostrare, secondogiurisprudenza costante, è non solo diaver acquisito il consenso, ma soprat-tutto di aver erogato una correttainformazione e che questa sia statafattivamente compresa dall’assistito.

La sottoscrizione di una modulisticapre-stampata può avere, pertanto, unvalore del tutto marginale e comunquenon soddisfacente alle esigenze proba-torie, dovendosi invece privilegiare undocumento che sia il più possibile per-sonalizzato, non solo in riferimento allatipologia di intervento, ma anche allecomplicanze e ai rischi, in rapportoanche al tipo di paziente che ci si trovadi fronte. In merito si segnala una sen-tenza del tribunale di Milano del 2005

che ha assolto il chirurgo che avevaeffettuato una duplice avulsione denta-le cui era residuata una ridotta sensibi-lità nell’area della bocca e di cui l’atto-re denunciava non essere stato adegua-tamente informato. La prova documen-tale esibita dal sanitario, per contro,appariva estremamente dettagliata: ildocumento di consenso, datato, firmatosia dal medico che dal paziente riporta-va dettagliatamente non solo il tipo diintervento, ma anche le possibili com-plicanze e rischi in seguito allo stesso,compresa anche la ridotta sensibilitàche poi si è verificata. Il giudice assolsepertanto il sanitario concludendo che ildocumento che provava l’avvenutainformazione era dettagliato ed esausti-vo, inoltre, la firma del paziente deldocumento provava la comprensionedell’informazione stessa. Sul punto siricorda il tribunale Penale di Ancona del1998 in cui il PM archiviò il caso inquanto “… dello stesso (intervento) ilpaziente era stato comunque adeguata-mente informato, il fatto che il consen-so non risulti documentato non sembrainfatti poter inficiare le credibilità con-cordi delle dichiarazioni di...”. Nel casoesaminato il paziente querelò il chirur-go per omessa informazione sulla tipo-logia di intervento rilevando anchecome non gli fu fatto firmare alcunmodulo di consenso prima dell’inter-vento, ma il Pubblico Ministero archiviòil caso in quanto fu dimostrato sullabase delle testimonianze che era stataerogata una esaustiva informazione daparte del chirurgo seppure in forma

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orale. La giurisprudenza non si è peral-tro tardata ad affermare che il consensonon può considerarsi come un attopuramente formale, da delegare ad unamodulistica pre-stampata: “sebbene ilmedico non sia tenuto ad illustrare alpaziente tutti gli aspetti tecnici dell’in-tervento, ai fini di un valido consensoinformato non è sufficiente che l’atto,predisposto dal medico e sottoscrittodal paziente, nel quale quest’ultimodichiari che gli è stata spiegata “lanatura e gli effetti” dell’intervento, edacconsenta “ad ogni intervento tera-peutico che si renderà necessariodurante il corso di tale operazione edalla somministrazione di anesteticinecessari all’intervento stesso” (Tribu-nale di Roma 20 ottobre 2003). In sinte-si la modulistica del consenso ha sicu-ramente un importante valore probato-rio qualora sia effettivamente rispon-dente alla esigenza che si propone diaccertare. Interessante appare ancheuna sentenza del tribunale di Milanodel 18 giugno 2003 che in materia diprotesi dentale ha precisato “… unulteriore profilo di colpa professionale èravvisabile nell’assenza di consensoinformato relativamente alla circostan-za in cui l’odontoiatra ha sottoposto lapaziente all’inserzione di una protesiparziale superiore con una tecnica par-ticolare una volta constatata l’impossi-bilità di eseguire il trattamento inizial-mente previsto, decisione assolutamen-te non concordata con la paziente netanto meno questa venne informata delmutamento della tecnica dell’interven-

to. Pertanto il consenso- nel caso dispecie imprescindibile di legittimità del-l’atto medico in quanto l’intervento nonrappresentava un evento ineluttabileper la preservazione della salute o dellavita della paziente - è totalmente man-cato ed esso non può certamente rite-nersi esistente e validamente rilasciato- per il solo fatto che la paziente abbiasottoscritto il preventivo (sottoscrizioneche non può essere in alcun modo inte-sa come volta ad attestare la correttainformazione sulle modalità del tratta-mento da eseguire) né tanto meno peril solo fatto che alla paziente venneconsegnato un prestampato non firma-to né controfirmato assolutamentegenerico non contenente né il nominati-vo della paziente né il tipo di cure cui lastessa avrebbe dovuto sottoporsi. Inogni caso la firma di un eventualemodulo prestampato non può mairidursi ad atto formale, teso in viaprioritaria a precostituire unadichiarazione di esonero dellaresponsabilità; la sottoscrizione diquei moduli dovrebbe invece costi-tuire il momento finale, di revisionee ripensamento del dettagliato pro-cesso informativo che il professioni-sta avrebbe dovuto svolgere perrendere edotta e consapevole lapaziente della decisione che sisarebbe assunta autorizzando lecure”. Tale pronunciamento racchiudein sé quanto rilevato circa il valore pro-batorio della modulistica pre-stampata,ma soprattutto, in riferimento all’attivi-tà odontoiatrica, ribadisce che trattasi

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di trattamenti per cui raramente il sani-tario può invocare lo stato di necessità,motivo per cui l’informativa ed il con-senso appaiono imprescindibili all’atto.Inoltre sottolinea alcune caratteristicheimportanti che dovrebbe contenere il uneventuale consenso scritto: la firma siadel paziente che del medico che ha ero-gato l’informazione, la data e, l’infor-mativa circa la tipologia di intervento.Ribadisce, ancora, come la sottoscrizio-ne del preventivo da parte del paziente,quale atto anch’esso imprescindibile inquanto anche di questo aspetto ilpaziente deve essere accuratamenteinformato, non può ritenersi in alcunmodo sostitutivo o dimostrativo dell’av-venuta informativa o dell’acquisizionedel consenso all’atto medico. In ultimovale la pena ricordare altra sentenzadella Corte d’Appello di Bari del 30 giu-gno 2005, in tema di trattamento odon-toiatrico e della validità del consensoprestato dal paziente, in cui si affermal’infondatezza della pretesa di poterevincere la prestazione di un consensoinformato valido solo per il fatto che ilpaziente si sia sottoposto alla cure in

maniera continuativa per quasi unanno, in quanto ciò non può assurgerecome elemento presupponente né indi-cativo della adeguata informazione inmerito alla natura delle prestazioni. Talepronunciamento appare di enorme rile-vanza in quanto pone in luce un’altracaratteristica intrinseca all’attivitàodontoiatrica che la distingue da moltealtre discipline mediche e che, invece, laaccomuna all’attività del medico dimedicina generale. Il rapporto di curatra odontoiatra ed assistito dura permolto tempo, a volte per anni, per cui èfacile che nel tempo si instauri una fidu-cia ed una stima, cui il paziente siabbandona, convinto che l’odontoiatracompia delle scelte che siano per lui lemigliori. In tale tipologia di rapporto èdifficile che si eroghi un’informazionedettagliata e formale e dunque che siacquisisca un consenso valido, risultan-do necessario per contro, che il rappor-to paziente-odontoiatra riacquisisca la“contrattualità” che lo caratterizza, dacui non si può più prescindere, comegiurisprudenza costante ha affermato.

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44 CAPITOLO III

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45CAPITOLO III

1) INTRODUZIONEIn assenza di una normativa generale diriferimento, la individuazione e la specifi-cazione dei requisiti di validità del con-senso è stata affidata alla dottrina esoprattutto alla giurisprudenza che su diesse si sono a più riprese soffermate e cheallo stato convergono nel ritenere che irequisiti fondamentali del consenso consi-stano nel suo essere:- Informato (vedi cap. 4)- Esplicito e specifico - Libero e immune da vizi- Prestato prima del trattamento, attuale

e revocabile in qualunque momento - Riferito ad un bene disponibile - Espresso dalla persona titolare del bene

salute; - Espresso da persona capace giuridica-

mente e di fatto a prestarlo

La giurisprudenza e la dottrina fornisconoinoltre utili indicazioni su aspetti del tuttorilevanti quali la forma di acquisizione delconsenso e le caratteristiche del soggettoche deve acquisirlo.

2) CONSENSO ESPLICITOE SPECIFICO

Il consenso deve essere prestato in formaesplicita, cioè occorre che la volontà con-

senziente del malato pervenga in modounivoco al medico in modo che questipossa chiaramente percepirla e che siaspecifico per un determinato atto sanita-rio, rifuggendo dal consenso troppo“allargato”. Questa ultima fattispecieimplica che il paziente sia informato sullatipologia di trattamento prestabilito cuiacconsenta dando però anche mandato alsanitario di modificare l’intervento aseconda delle esigenze realmente riscon-trate in corso d’opera (ad esempio aspor-tando tutto il dente invece che portare atermine la programmata rizectomia), matale mutamento di trattamento in corsod’opera è lecito soltanto ove il pazientesia stato informato preventivamenteanche sul tipo di trattamento integrativoe/o sostitutivo che si possa rendere neces-sario. Il consenso allargato, ove intesocome generica apertura all’imprevistocambiamento, consentirebbe al medico didecidere/adottare al momento l’interven-to che meglio si adatta alla fattispecie chesi presenta, ma di fatto non costituirebbeuna consapevole manifestazione di volon-tà da parte dell’assistito (che ignora qualeintervento verrà adottato) e in definitiva iltrattamento realizzato potrebbe non corri-spondere alla sua volontà primaria. Se ingenere la possibilità di ricorrere al con-senso allargato (informando su tutte le

3. I REQUISITI DEL CONSENSO

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ed averne già fatto oggetto di informazio-ne, ma semplicemente che al mutare dellacondizioni intraoperatorie (ad esempioladdove si debba ridurre il numero degliimpianti programmati o si riscontri unasituazione ossea sfavorevole al loro inseri-mento) egli ne può (giacché il soggetto èvigile) e ne deve dare informazione all’as-sistito interrompendo l’intervento per poiriprenderlo secondo le nuove modalità,ove il paziente acconsenta, ovverosospenderlo nel caso in cui questi rifiuti diproseguire. Talora la Dottrina parla anche di consensotacito o implicito, quando dalla stessarichiesta di prestazione da parte delpaziente si possa dedurre che egli abbiapiena contezza dei trattamenti/prestazioniche richiede (quando, ad esempio, si recadall’odontoiatra per un controllo periodi-co e/o una detartrasi) e vi abbia tacita-mente consentito. Si tratta in realtà di unaforma di consenso teoricamente ammissi-bile solo per quelle attività implicite nellastessa richiesta di prestazione, per le qualinon esistono alternative, sono scevre dacontroindicazioni e da rischi ed hannomodalità di effettuazione note all’assisti-to. A ben vedere scarse o nulle sono lepossibilità di ricorrere a tale tipologia diconsenso in ambito odontoiatrico, sia peril contenuto specifico-specialistico dellagran parte degli atti diagnostico-terapeu-tici, che non si può assumere che l’assisti-to conosca, sia per almeno quella partenon nota di cui occorre informare ilpaziente anche relativamente ai più sem-plici atti (visita di controllo o detartrasi)che è rappresentata dal costo in termini di

possibili condotte terapeutiche) si poneper lo più in riferimento ai pazienti in nar-cosi che è la condizione che impedisce alterapeuta di informare in corso d’opera ilpaziente a fronte di una inattesa situazio-ne patologica, che impone un mutamentodi “programma terapeutico”, magariimplicante un diverso rischio di compli-canze, di sequele e di esiti attesi. In odon-toiatria il ricorso alla narcosi è marginale,mentre è frequente l’utilizzo di ansiolitici(benzodiazepine, ad esempio) che riduco-no grandemente le capacità del soggettoe che potrebbero, a seconda della reazio-ne individuale,compromettere la possibili-tà di integrare/modificare il consensodurante un intervento chirurgico (chirur-gia orale, implantologia, ecc.). In generaleil consenso in forma allargata va riservataalle situazioni che veramente lo possanorichiedere (condizioni intra-operatorieimprevedibili e paziente reso parzialmen-te o totalmente incapace di consentire acausa della terapia farmacologica), preve-dendo in anticipo le alternative intra-ope-ratorie e di ciò fornendo informazione alpaziente; ove si possa rifuggire da talemodalità di consenso che di fatto implicache il paziente consenta su un trattamen-to e sul suo contrario o quasi (nell’ esem-pio precedente o si conserva il dentemediante rizectomia o si elimina estraen-dolo) è bene farlo a favore di una mag-giore chiarezza dell’iter terapeutico indivenire e sulla conseguente migliore pos-sibilità del soggetto di aderirvi. Questonon implica che all’inizio di un trattamen-to (implantologico ad esempio) un odon-toiatra debba aver nozione di tutto l’iter

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spese per onorario professionale. In talsenso ed a favore di un consenso espres-so in modo consapevole ed esplicito, nonritenendo possibile la deduzione dell’effi-cacia del consenso dalla mera constata-zione che il paziente si fosse sottopostomagari per molto tempo alle cure implan-toprotesiche, è intervenuta la già ricorda-ta sentenza della Corte di Appello di Bari(sent. 27.03.2006) che ha precisato:“Appare del tutto impossibile evincere perfacta concludentia, l'avvenuta presta-zione del consenso informato dalla circo-stanza che il trattamento di implantolo-gia, sia durato per quasi un anno, attesoche, come è evidente, gli interventi cui ilpaziente si era sottoposto per tutto que-sto periodo e la fiducia accordata dallostesso alle prestazioni e cure del dentista,di per sé, non sono comportamenti pre-supponenti ed indicativi che il consensofosse stato richiesto ed ottenuto né,soprattutto, che fosse intervenuta unaperfetta ed adeguata informazione sullanatura delle prestazioni che sarebberostate eseguite e sui rischi ad esse connes-se”.Sul punto sembra naturalmente converge-re anche la questione della forma diespressione/registrazione del consenso,che, già in parte trattata nel precedentecapitolo, appare strettamente connessacon la necessità del consenso di essereesplicito. In merito alla forma di registra-zione del consenso, il Codice Dentologicoindica un comportamento ispirato a cano-ni di assoluta prudenza del medico invi-tandolo a ricorrere alla forma scritta piùspesso di quanto la norma di legge richie-

da: “…Il consenso, espresso in formascritta nei casi previsti dalla legge e neicasi in cui per la particolarità delle presta-zioni diagnostiche e/o terapeutiche o perle possibili conseguenze delle stesse sullaintegrità fisica si renda opportuna unamanifestazione documentata della volon-tà della persona, è integrativo e non sosti-tutivo del processo informativo ...Il proce-dimento diagnostico e/o il trattamentoterapeutico che possano comportaregrave rischio per l'incolumità della perso-na, devono essere intrapresi solo in casodi estrema necessità e previa informazio-ne sulle possibili conseguenze, cui devefar seguito una opportuna documentazio-ne del consenso. In ogni caso, in presenzadi documentato rifiuto di persona capace,il medico deve desistere dai conseguentiatti diagnostici e/o curativi, non essendoconsentito alcun trattamento medico con-tro la volontà della persona” (art. 35). Allanorma deontologica, soprattutto, indiriz-zata nel suo complesso generale al medi-co-chirurgo ed all’ambito pubblico, sem-bra talora sfuggire una serie di fattispecieriferibili a rapporti di cura privatistici o asituazioni per cui esistano molteplici pos-sibilità di cura, in riferimento alle quali ilprofessionista ha tutto l’interesse (a fini didimostratività probatoria) ad una precisae dettagliata registrazione della volontàdel paziente. Nella pratica odontoiatricamolto frequenti sono le situazioni in cui ilsoggetto non acconsente a sottoporsi allamigliore soluzione terapeutica o perchépreoccupato dai rischi (di fallimento, direcidiva, ecc.) o soprattutto perché nonpuò affrontarne i costi, aderendo in alter-

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nativa ad un altro programma terapeuti-co, anch’esso valido, ma dotato di minorefficacia terapeutica e riabilitativa (sipensi al soggetto che potrebbe ricorrereall’implantologia ed, invece, ricorre allaprotesi mobile sia per evitare i rischi siaper ragioni di indole economica). In circo-stanze siffatte nella registrazione del con-senso mai si dovrebbe perdere tracciadella prima proposta terapeutica rifiutatadal soggetto a favore della seconda, la cuiscelta, ove non fosse chiaramente ricon-ducibile alla volontà del paziente, potreb-be rappresentare un elemento di conte-stazione dell’operato professionale (con-testabile perché il professionista non puòfornire dimostrazione di aver dato infor-mazione su tutte le alternative praticabi-li). In merito alla forma di acquisizione delconsenso, la registrazione scritta apparecomunque da proporsi e da sostenere,sebbene si debba ricordare come il pro-cesso informativo, che rappresenta il car-dine del contratto tra sanitario ed assisti-to e che si diversifica per la singola fatti-specie clinica e per i singoli soggetti coin-volti, non è delegabile integralmente amodulistiche di informazione precostituiteo peggio a generiche formule di registra-zione scritta del consenso non preceduteda congrua informazione e su cui, da sem-pre, la dottrina medico-legale esprimeenormi perplessità. Lo standardizzatomodello, che tanto sollecita le ansie delclinico, che sovente lo vive più come unaforma di liberatoria da responsabilità o almassimo come una condivisione diresponsabilità con il paziente, non soddi-sfa l’esigenza documentale della comuni-

cazione che deve condurre (mediante unprocesso comunicativo, che non si esauri-sce in una seduta, ma che accompagnal’intero rapporto terapeutico) ad indivi-duare una decisione consapevole delpaziente stesso. Non vi è dubbio, infatti,che a fronte di un contenzioso, la necessi-tà per il sanitario è quella di dimostrare diaver erogato una adeguata informazione,per cui l’esibizione di un modulo sotto-scritto è utile solo ove da esso possa risul-tare anche la materia dell’informazione eun modulo scritto potrebbe apportare utilielementi probatori, solo ove riporti le alter-native proposte ed i relativi rischi/mor-bilità/costi, quale sintesi di una appropria-ta discussione con l’assistito, meglio seoccorsi in una seduta dedicata, in specieper casi che richiedono più ed articolatealternative. (Sulla irrilevanza del modulodel consenso scritto ai fini probatori lad-dove non vi sia stata preventiva e congruainformazione, si veda la già citata senten-za del Tribunale di Roma del 20 ottobre2003, cap. I, ed anche Tribunale di Milano,sez V, 29 marzo 2005 n. 3520: “In materiadi responsabilità sanitaria, il modulo diconsenso informato firmato dal pazientenon è in alcun modo idoneo a ritenereassolto da parte dei medici l’onere diinformazione se redatto in maniera sinte-tica, non dettagliata, e indicante sologenericamente che la paziente sarà sotto-posta a un intervento chirurgico. Infatti,se in esso non si indica affatto di qualeintervento si tratti e, pur facendosi men-zione dei benefici, dei rischi, delle proce-dure addizionali o diverse che possanorendersi necessarie a giudizio del medico,

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non si precisa quali siano i rischi specifici,ovvero le diverse possibili procedure, nonpuò ritenersi che il paziente, anche solodalla semplice lettura di tale modulo,possa aver compreso effettivamente lemodalità e i rischi connessi all’intervento,in modo da esercitare consapevolmente ildiritto di autodeterminarsi in vista dellostesso”; e recentemente Cass. Pen. Sez IV,14 marzo 2008 n.11335: “Il consenso pre-stato in base a moduli prestampati egenerici non può essere considerato vali-do”).Del resto, il percorso comunicativo traodontoiatra e assistito, come affermatodalla giurisprudenza, può trovare idonearappresentazione non solo nelle provedocumentali, senz’altro dotate di notevo-le efficacia, ma anche in ogni altro ele-mento utile a provarne l’adeguatezza,quali le testimonianze di altri professioni-sti, dipendenti e collaboratori da un lato eparenti e accompagnatori dall’altro. Dicentrale importanza appaiono le registra-zioni in cartella clinica da cui possanodesumersi i tempi ed i modi con cui unainformazione è stata erogata: molto piùconvincente è, infatti, il caso in cui allavisita ed alla pattuizione del piano di trat-tamento (magari con più e complessealternative) sia dedicata una o più sedute,rispetto al caso in cui la proposizione dellealternative, delle relative caratteristiche edel preventivo sia immediatamente segui-to dall’attuazione di una di tali proposte.

3) LIBERO E IMMUNE DA VIZILa decisione del paziente, adeguatamente

informato, deve inoltre formarsi libera-mente ed autonomamente; la volontà delsoggetto, cioè, deve essere libera da coar-tazioni, inganno o errore, solo così poten-dosi addivenire ad un consenso immuneda vizi, secondo i principi generali dell’or-dinamento. Il vizio, per essere rilevante,deve essere tale da inficiare la validità delconsenso, cioè determinante per orientarela volontà del soggetto, che avrebbe potu-to essere diversa se correttamente forma-ta. Il rischio, in ambito sanitario, è che ilmedico/odontoiatra, consapevole dellapropria professionalità ed esperienzaovvero conscio di alcune carenze struttu-rali o strumentali del proprio studio, siaportato ad erogare una informazione inqualche misura “pilotata”, ovvero tesa adenfatizzare una soluzione terapeuticarispetto ad un'altra analoga o addiritturapiù valida, minimizzando i rischi o glieffetti collaterali della prima, a scapitomagari di altri trattamenti alternativi piùindicati ed efficaci. Molteplici gli esempiche potrebbero richiamarsi, quali i casi incui l’implantologo per “formazione” per-sonale ricorra in modo quasi sistematicoalla implantologia iuxta-periostea, inveceche a quella osteointegrata, più standar-dizzata e dotata di minori rischi, ovverocasi in cui non si menzioni neppure la pos-sibilità di ricorrere all’impiego del micro-scopio - inviando il paziente a studi che nedispongano - per esempio per la rimozio-ne di frammenti di strumenti endodonticidal canale radicolare (che aumenta sensi-bilmente le possibilità di riuscita dellamanovra di rimozione e di conseguenza lepossibilità di conservare il dente invece

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che di estrarlo). In tale circostanza lavolontà del paziente non può essere con-siderata adeguatamente formata, inquanto fondata solo su una informazioneparziale e distorta, donde anche la validi-tà del consenso espresso potrebbe essereposta in discussione.

4) PRESTATO PRIMA DEL TRATTAMENTO, ATTUALE EREVOCABILE INQUALUNQUE MOMENTO

Il consenso, per essere valido, deve essereprestato prima del trattamento, in modoattuale e contestuale, ritenendo esclusa lavalidità di un consenso prestato a poste-riori quasi a ratifica dell’avvenuto tratta-mento. È appena il caso di accennare chel’attualità è il requisito di validità giuridi-ca del consenso che, sulla base dell’ordi-namento vigente, allo stato attuale rendeproblematica l’ammissibilità, in ambitomedico-chirurgico, delle cosiddette diretti-ve anticipate. Le dichiarazioni di volontàanticipate indubbiamente evocano fortidubbi sul rilievo e la validità che possaconferirsi ad un consenso espresso mesi oaddirittura anni prima, quando le condi-zioni cliniche e psicologiche del pazienteerano totalmente diverse, tanto da farapparire tutt’altro che impossibile che ilsoggetto, ove potesse nuovamente espri-mersi (si tratta di casi di coma o situazio-ni in cui chiaramente il soggetto non ècapace tanto da dover far riferimento alledirettive anticipate) ben potrebbe avermodificato le proprie posizioni. In ambitopiù propriamente odontoiatrico l’attualità

e la contestualità del consenso appaionofondamentali in quanto il trattamento èsovente complesso, si articola in fasi e siprolunga molto nel tempo, per cui almutare delle condizioni patologiche, dellacompliance del soggetto, delle abitudiniviziate, ecc., potrebbero rendersi necessa-ri aggiustamenti e/o variazioni della tera-pia. In circostanze siffatte l’odontoiatra,lungi dal ritenere invariabilmente valido ilconsenso espresso dall’assistito all’iniziodelle cure, deve provvedere ad integrarel’informazione per quegli aspetti di“variazione” rispetto al programma origi-nale. Il consenso originariamente espressoperderebbe efficacia di adesione contrat-tuale da parte dell’assistito che potrebbelegittimamente contestare il prolunga-mento dei tempi, l’aumento dei costi (sot-traendosi al pagamento delle parcelle, adesempio) o peggio la difformità del tratta-mento disposto (estrazione del dente esua sostituzione con impianto ad esem-pio) rispetto a quello preventivato (con-servazione dell’elemento dentario, chemagari l’odontoiatra ha ragionevolmentetentato per un certo periodo e con oppor-tune terapie prima di pervenire al giudiziodi irrecuperabilità). In tal senso appareauspicabile che l’odontoiatra dopo l’ini-ziale opera di informazione dell’assistitosu tutto il complesso terapeutico, preven-tivamente concordi, anche in modo sinte-tico, ma di seduta in seduta, quanto si vaad effettuare affinché l’assistito possa,anche solo per motivi contingenti e solotemporaneamente, decidere di non sotto-porsi alla seduta od al trattamento. Sipensi ad un intervento di chirurgia orale

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(anche una banale estrazione) o una sem-plice anestesia che il paziente intenda rin-viare per impegni lavorativi che ne verreb-bero compromessi. Anche la revoca delconsenso è fatto tutt’altro che infrequen-te: si pensi al caso in cui, ad esempio, ilpaziente abbia acconsentito all’applica-zione di una protesi fissa e poi, in corsod’opera, decida, per motivi economici, difermarsi alla unica applicazione del prov-visorio. Il mutamento di volontà del sog-getto e la relativa motivazione si ritienedebbano essere oggetto di puntuale regi-strazione.

5) RIFERITO AD UN BENEDISPONIBILE

Come già detto nel capitolo precedente, ilconsenso deve riferirsi ad un bene che siagiuridicamente disponibile.Secondo quanto previsto all’art. 5 delcodice civile, come più diffusamente com-mentato nel capitolo I, la salute e la vitanon sono beni giuridicamente disponibili,per cui non è ammessa alcuna menoma-zione dell’integrità psico-fisica che nonabbia come scopo quello di tutela dellasalute. In tal senso non possono conside-rarsi leciti, da parte dell’odontoiatra, atti ointerventi menomativi ancorché richiestidal soggetto, come l’estrazione dentaria afini rituali o religiosi, (quali l’estrazionedel primo pre-molare nelle donne africa-ne, e degli incisivi in alcune popolazionitribali africane Masai, Nilotici o Shilluk adesempio, o l’applicazione di corone-intarsiin oro richieste da soggetti appartenentiad alcuni gruppi etnici del nord-Africa o

dell’Est-Europeo. Tali atti comporterebbe-ro una menomazione delle strutture oro-dentali non lecita seppur disposta surichiesta, con insistenza o con il pieno econsapevole consenso dell’assistito, inqualunque modo esso sia espresso (scrittoe/o verbale). L’atto menomativo in sé nonè consentito né all’assistito né all’odon-toiatra.Merita appena un accenno la pratica delpiercing, attualmente molto diffusa, relati-vamente alla quale si ricordano le “LineeGuida del Ministero della Sanità per l’ese-cuzione di procedure di tatuaggio e pier-cing in condizioni di sicurezza” (Circolare05.02.1998 n. 2.9/156 e Circolare 16.07.1998n. 2.8/633) e la Norma Europea UNI EN 18.10del 18/09/2002 “Oggetti metallici che ven-gono inseriti in parti perforate del corpo(piercing)”. Con tali Linee guida sonostate individuate 4 modalità di interventoper la pratica dei tatuaggi e del piercing:1) definizione delle misure igieniche, diprevenzione ed educazione sanitaria; 2)formazione professionale degli operatoriche eseguono tatuaggi e piercing (median-te corsi formativi, cui hanno accesso imaggiorenni con minimo 10 anni di scola-rità e con idoneità psico-fisica certificatadal servizio medico-legale della ASL, pres-so la USL e superamento di esame finale);3) informazione dei rischi connessi alleprocedure di tatuaggio e piercing; 4) sor-veglianza dell’autorità sanitaria locale sulrispetto delle norme igieniche, strutturali efunzionali delle attività. Le linee guidasono state già recepite da alcune Regioni(per prime la Toscana, il Veneto ed ilPiemonte; la Toscana, con Decreto del

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Presidente della Giunta Regionale del 2.10.2007, ha introdotto il “Profilo di tecnicoqualificato in piercing”) che hanno ema-nato decreti di attuazione delle stesse, neiquali è fatto esplicito riferimento al dove-re di informare il soggetto dei rischi con-nessi alle pratiche suddette (trasmissionedi agenti infettivi, reazioni allergiche, gra-nulomi, ecc.) e di acquisire il consenso allapratica. In particolare, per quanto riguardai minori, si esplicita la necessità di acquisi-re il consenso dei genitori o del tutore, deltutto in linea con una recente sentenzadella Cass. Pen. sez. V, n. 45345/2005 concui un’estetista è stata condannata perlesioni personali volontarie, per aver prati-cato un tatuaggio su una minorenne,senza il consenso dei genitori.Per quanto concerne la figura del “pier-cer”, fermo restando le indicazioni delleLinee Guida Ministeriali, la formazione èdi competenza Regionale ed è rivolta sia achi già pratica l’attività sia a chi intendeavviarla, predisponendo programmi per losvolgimento dei corsi di formazione.L’operatore deve essere in possesso, quin-di, dell’attestato relativo al corso di for-mazione frequentato e superato. Di inte-resse quanto stabilito da alcune regioni,come il Piemonte (Decreto n. 46 del22.10.2003 “Prime indicazioni tecnico-sanitarie per l’esecuzione delle attività ditatuaggio e piercing”), che hanno previstoche “il Piercing su parti anatomiche la cuifunzionalità potrebbe essere compromes-sa (es. lingua, genitali, mammelle) anchein relazione al possibile utilizzo di stru-menti chirurgici, può essere effettuato sol-tanto da personale medico, in strutture

sanitarie, in attesa che vengano istituiticorsi di qualificazione professionale regio-nali appositamente previsti, nei quali siavalutata l’abilità tecnica e la conoscenzadei rischi sanitari”.A prescindere da ipotesi di responsabilitàa carico di chi eserciti l’attività senza pos-sedere i requisiti richiesti dalle eventualinorme regionali, merita ricordare che lacomunità scientifica ha già da tempo evi-denziato la gravosità dei rischi connessicon il piercing, ed in specie con quellointraorale (lingua,ad esempio) sia in ter-mini di complicanze acute (complicanzeinfettive, emorragiche, endocarditi, ecc...)che a lungo termine (cicatrizzazioni ab-normi, lesioni gengivali, ecc.). A fronte deinon trascurabili rischi per la salute che lapratica del “piercing” implica, essa poneallo stato questioni insolute: da un latoappare altamente discutibile consentirla asoggetti privi di alcuna formazione sanita-ria, dall’altro essa non diverrebbe lecitatout court ove esperita da professionistisanitari in possesso delle necessarie com-petenze sanitarie o mediche (odontoiatra,medico-chirurgo) e nei limiti della profes-sione esercitata (apparato stomatognati-co, per l’odontoiatra ad esempio) dato chetali pratiche sono certamente prive delcarattere curativo che ne legittimerebbe irischi per la salute o per l’integrità psico-fisica, quale principio cui tutta l’attivitàmedica/sanitaria si deve conformare.Scevra da rischi di contestazione circa laliceità a mente dell’art. 5 c.c. appaiono lemanovre quali le applicazioni di decora-zioni rimovibili sullo smalto dentario: nonsi determina alcuna riduzione della inte-

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grità psico-fisica e la decorazione puòessere rimossa in ogni momento senzaindurre una alterazione, neanche momen-tanea, dei tessuti duri.

6) ESPRESSO DALLA PERSONATITOLARE DEL BENE SALUTE

Altro aspetto su cui vale la pena soffer-marsi è che il consenso deve essereespresso dalla persona titolare delbene salute, cioè da colui che ha la di-sponibilità del bene giuridico e dunquedal soggetto stesso o da chi per lui sialegittimato a consentire. Si deve infattipuntualizzare che non sempre il titolaredel bene (paziente) è colui che è legitti-mato a consentire; si pensi ad esempio adun minore che, pur essendo titolare delbene salute, non è legittimato a consenti-re (lo sono in genere uno od entrambi igenitori). Fattispecie ancor più problema-tica (e che come quella del minore meritauna trattazione a parte nei paragrafiseguenti), è quella del disabile. Esclusequeste due categorie di soggetti (minore edisabile) di cui si dirà più avanti, per ilmaggiorenne adulto si deve ricordare che:1)ove si tratti di soggetto maggiorenne, il

consenso dei familiari non ha alcunvalore giuridico sia se la persona versiin condizioni di incoscienza (incapacitàtemporanea di consentire) sia se lostato di coscienza sia mantenuto. Il sog-getto è l’unico a poter prestare consen-so per gli atti inerenti la propria salute,sia per gli interventi in emergenza siaper quelli ordinari.

2)Laddove il soggetto sia incosciente, e

versi in condizioni che richiedono inter-venti urgenti, fermo restando che il con-senso dei familiari non ha alcun valoregiuridico, il sanitario è tenuto comun-que ad intervenire sia in nome di quel“consenso presunto” di cui si è giàdetto nei capitoli precedenti, sia inragione del dovere di cura e della posi-zione di garanzia propri al sanitario, cheper effetto dell’art. 40 c.p. (“non impe-dire un evento che si ha l’obbligo giuri-dico di impedire equivale a cagionarlo”)gli impongono di attivarsi per evitare undanno alla salute e alla vita dell’assisti-to. Nella specifica fattispecie, peraltro,sovente ricorre anche la scriminante dicui all’art. 54 c.p. “Non è punibile chi hacommesso il fatto per esservi statocostretto dalla necessità di salvare sé oaltri dal pericolo attuale di un dannograve alla persona, pericolo da lui nonvolontariamente causato, né altrimentievitabile, sempre che il fatto sia propor-zionato al pericolo”. In riferimentoall’attività sanitaria, dunque, ogni qualvolta il medico si trovi di fronte ad unostato di necessità ed intervenga inassenza del consenso del soggetto,commette un illecito, ma non è punibile.La norma definisce, in modo chiaro edunivoco che è evocabile lo stato dinecessità, solo per quelle situazioni incui vi è un reale, concreto ed imminen-te pericolo per la salute e la vita delpaziente ed in cui l’intervento del sani-tario deve limitarsi esclusivamente aquelle manovre o a quegli atti finalizza-ti alla risoluzione dello stato di necessi-tà. In tal senso sarebbero ammesse per

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l’odontoiatra manovre salva-vita qualiad esempio una tracheotomia di unsoggetto in crisi asfittica per una rea-zione anafilattica, ma non atti terapeu-tici di varia natura (estrazioni, ecc.) suun paziente semincosciente per unacrisi lipotimica o convulsiva, in quantol’atto non è indirizzato a risolvere lasituazione di urgenza/emergenza. L’art.54 c.p. presenta però dei limiti legati adue ordini di fattori: in primo luogodella reale sussistenza dello stato dinecessità occorre dare puntuale dimo-strazione a posteriori, in sede di giudi-zio; in secondo luogo la norma nonimpone di intervenire, ma giustifica chilo fa, in questo modo potendosi ancheaffermare che il medico ha la facoltà diintervenire, ma potrebbe anche astener-si a farlo, certamente però non senzaconseguenze sul piano giuridico.

7)ESPRESSO DA PERSONA CAPACEGIURIDICAMENTE E DI FATTOA PRESTARLO

Correlato al punto precedente è che ilconsenso deve essere prestato da personacapace giuridicamente e di fatto ossia dapersona che, oltre ad essere titolare deldiritto sia anche capace di intendere edi volere ed abbia l’età idonea perpoter disporre del diritto medesimo(capacità di agire, art. 2 c.c.). Si è dettoche il consenso deve essere prestato per-sonalmente dal paziente e che solo in pre-senza di minori o di incapaci si ammette ilricorso ad un rappresentante che presti ilconsenso non per sostituirsi nell’esercizio

di una potestà o di un diritto, ma soloesprimendosi in nome e per conto dell’in-teressato. Il paziente che presta il consen-so al trattamento, dunque, deve essere ingrado di farlo, deve cioè essere lucido,vigile e consapevole, deve essere capacedi comprendere la portata dell’intervento,dei possibili rischi e delle complicanze e diuniformare le scelte alla sua volontà.Solitamente in tale ambito si fa riferimen-to alla “capacità di intendere e di volere”,mutuando un concetto previsto da un isti-tuto penale e che, come sostenuto daautorevole dottrina, non esplicita e nonrende effettivamente conto di quellacapacità necessaria al soggetto per espri-mere il consenso al trattamento sanitario.Nei paesi anglosassoni si preferisce parla-re di “competence” del paziente, indican-do con tale termine la capacità del sog-getto circostanziata dalla presenza diquattro abilità funzionali: la capacità dicomprendere le informazioni rilevanti perla decisione da prendere, la capacità divalutare il significato dell’informazione, lacapacità di ragionare sulle informazioniricevute e la capacità di esprimere unascelta. Su questa base, il soggetto dovreb-be essere in grado di capire e di rendersiconto della portata e delle conseguenzedell’atto per il quale presta il consenso edi controllare la sua volontà compiendoscelte che siano adeguate e consone adessa. In generale, la capacità deve ancheessere valutata in riferimento all’interven-to prospettato, per cui se di fronte ad unintervento semplice e routinario, ancheuna persona con modesta disabilità men-tale può essere capace di comprendere e

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prestare il proprio consenso; tale capacitàdiviene più dubbia nei casi di interventicomplessi e/o implicanti un concretorischio di danno all’integrità psico-fisicadel paziente. Del resto la incapacità nonsempre è correlata o supportata dalla dia-gnosi di psicopatologia; in genere, anzi, siriferisce ad un insieme più vasto di condi-zioni in grado di influire sulla “capacità”.Ad esempio, in ambito giudiziale, la capa-cità di intendere e di volere non è esclusaintegralmente nel minore, ma in specie trai 14 ed i 18 anni, è valutata caso per casoin relazione alla maturità del soggetto.Analogamente i soggetti deprivati dalpunto di vista culturale, sociale o nozioni-stico oppure soggetti con notevoli difficol-tà di comprensione della lingua e/o dellinguaggio possono presentare una circo-stanziata incapacità di comprendere erecepire in modo corretto informazioni dicui il medico/odontoiatra deve rendersiconto pena il profilarsi di un vizio di con-senso.

a) IL MINORELa questione del minore e del disabile psi-chico, rappresenta da sempre il talloned’Achille più rilevante del consenso al trat-tamento. Il dibattito etico, dottrinario egiuridico su questo tema ha portato aduna fisiologica e naturale presa di coscien-za del fatto che, in ordine alle questioniche riguardano la salute, sia i minori che isoggetti disabili psichici hanno gli stessidiritti di chiunque altro.La problematica risiede nel fatto che,come si è detto, affinchè il consenso sia

giuridicamente valido deve essere presta-to da persona giuridicamente legittimataa farlo.

Nel caso di minori sono i genitori che dis-pongono del “potere-dovere di cura” cheperò, “non può esercitarsi in base al prin-cipio di autodeterminazione, ma semmaia quello di auto-eteroderminazione” (G.C.Turri) in rapporto all’interesse del minore,pena l’applicazione dell’articolo 333 e330 del c.c. (art. 330 “Decadenza dellapotestà sui figli”; art. 333 “Condotta delgenitore pregiudizievole ai figli”).Principio generale del nostro ordinamentoè, quindi, che il soggetto di minore etàacquisisca diritti e assuma doveri permezzo di chi esercita la potestà.

L’art. 316 c.c. stabilisce che siano i genito-ri ad esercitare la potestà genitoriale sulfiglio minore, mentre l’art. 343 c.c recitache “se entrambi i genitori sono morti ose per altre cause non possono esercitarela patria potestà, si apre la tutela presso iltribunale del circondario ove ha la sedeprincipale degli affari e interessi il mino-re”. La potestà dei genitori che, così comeprevisto dall’art. 30 della Costituzione, haquale finalità il mantenimento, l’istruzionee l’educazione dei figli, ricomprendeanche il dovere dei genitori di sostituire ilminore incapace nei rapporti con i medici(funzione sostitutiva). Se è vero che “lapotestà è esercitata di comune accordo daentrambi i genitori” ex articolo 316comma 2 c.c., non è raro che i genitoripossano non condividere il percorso tera-peutico da seguire o le modalità del trat-

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tamento medico cui sottoporre il propriofiglio. In siffatta ipotesi ognuno dei geni-tori può rivolgersi al giudice perché sianopresi i provvedimenti più idonei (art. 316comma 3 c.c.). Nel caso in cui vi sia unimpedimento di uno dei genitori, il con-senso verrà prestato dall’altro genitore inbase a quanto previsto dall’art. 317 c.c.Se i genitori sono separati e il sanitariodeve procedere ad un intervento o ad unaccertamento sul minore per quantoriguarda una malattia di una certa gravitào per interventi gravati da rischi, deverichiedersi il consenso di entrambi i geni-tori. La Legge 8 febbraio 2006 n. 54 hainfatti previsto che anche in caso di sepa-razione dei genitori il figlio minore “hadiritto a mantenere un rapporto equilibra-to e continuativo con ciascuno di essi, diricevere cure, educazione e istruzione daentrambi”. Alla luce di queste ultimemodifiche introdotte nel diritto di famiglia,sarà necessario che l’odontoiatra raccolgail consenso da entrambi i genitori, a mag-gior ragione nel caso di trattamenti grava-ti da rischi (estrazioni di inclusi, per esem-pio) o da costi elevati o che comportinouna menomazione (estrazione a fini orto-dontici, ad esempio) considerando la con-flittualità tra i genitori che sovente accom-pagna le separazioni, per cui l’adesionedell’uno non comporta necessariamentel’adesione anche dell’altro, che potrebbecontestare la liceità di quanto eseguitodall’odontoiatra sul figlio. La raccolta delconsenso in questi casi deve essere moltoscrupolosa, ed il professionista non do-vrebbe accontentarsi del fatto che il geni-tore che accompagna il figlio riferisca che

l’altro genitore, assente, è stato informatoed acconsente al trattamento, ma dovreb-be, almeno per gli interventi più gravosi ecostosi, sincerarsi della realtà di tale con-senso.Il rigido principio normativo che inderoga-bilmente impone all’odontoiatra di rivol-gersi al genitore per acquisire il consensoper trattamenti sul figlio minore, apparepienamente accettabile laddove si tratti diun bambino. L’adolescente, che ha indub-biamente una propria, ancorché immatu-ra, capacità di comprendere e decidere,richiede una maggiore considerazione inordine alla possibilità che egli partecipi alprocesso decisionale che riguarda la suasalute. Già il codice deontologico del 1998codificava la necessità per il medico diinformare il minore e rispettarne la volon-tà: “art. 34 - autonomia del cittadino - ...ilmedico ha l’obbligo di dare informazionial minore e di tenere di contro della suavolontà, compatibilmente con l’età e conla capacità di comprensione, fermorestando il rispetto dei diritti del legalerappresentante;...”. Il principio, poi ribadi-to all’art. 37 e 38 del codice di deontolo-gia medica del 2006, si pone in linea connumerosi documenti e convenzioni etichenazionali ed internazionali; tra cui in sin-tesi si ricorda: - La Convenzione Internazionale di New-

York sui diritti dell’infanzia, approvata il20 novembre 1989 in cui all’art. 12 siriconosce: “...al fanciullo capace didiscernimento il diritto di esprimere libe-ramente la sua opinione su ogni questio-ne che lo interessa; le opinioni del fan-ciullo devono essere debitamente prese

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in considerazione tenendo conto dellasua età e del grado di maturità”;

- Associazione Medica Mondiale - I dirittidel paziente, 1995: “se il paziente non haancora raggiunto la maggiore età o se èlegalmente incapace, è necessario che visia, nei casi previsti dalla legge, il consen-so del rappresentante legale. Comunqueil paziente dovrà, nei limiti del possibile,prendere parte alle decisioni”.

- Carta dei diritti fondamentali dell’UnioneEuropea, Nizza 7-8/12/2000: “art. 24:diritto del bambino alla protezione ealle cure; diritto ad esprimere la propriaopinione sulle questioni che lo riguar-dano e diritto che l’opinione sia presa inconsiderazione in funzione dell’età edella maturità; preminenza dell’interes-se del minore in tutte le questioni che loriguardano”.

- Legge del 28 marzo 2001 n.145 “Ratificaed esecuzione della Convenzione delConsiglio d’Europa per la Protezione deidiritti dell’uomo e della dignità dell’esse-re umano riguardo all’applicazione dellabiologia e della medicina: Convenzionesui diritti dell’uomo e sulla biomedicina,Oviedo il 4 aprile 1997, nonché delProtocollo Addizionale del 12 gennaio1998, n. 168, sul divieto di clonazionedegli esseri umani”, art. 6.2: “...Quando,secondo legge, un minore non ha lacapacità di dare consenso a un interven-to, questo non può essere effettuatosenza l’autorizzazione del suo rappre-sentante, di un’autorità o di una perso-na o di un organo designato dallalegge. Il parere di un minore è preso inconsiderazione come un fattore sempre

più determinante, in funzione della suaetà e del suo grado di maturità...”.

Il percorso internazionale esprime una ten-denza sempre più attenta alle esigenze delminore, ed in Italia il Comitato Nazionaleper la Bioetica si è espresso in modosignificativo già nel 1992, sancendo che sevi è una sostanziale impossibilità di auto-nomo consenso sotto i 6-7 anni, dai 7 ai 12il consenso diviene esprimibile, ma non èautonomo, per cui il consenso del minoredeve essere supportato da quello dei geni-tori, sopra i 14 anni, secondo i dettamietici il consenso del minore dovrebbe addi-rittura prevalere su quello dei genitori.

La giurisprudenza è sovente intervenutain materia, tanto per assicurare al minoretrattamenti quando i genitori erano con-trari per convinzioni personali o religiose,quanto per ribadire che il diritto di auto-determinazione sia orientamento impor-tante per risolvere conflitti inerenti lasalute del minore stesso; ancorché il prin-cipio sia stato per lo più evocato in casi incui la volontà del bambino anche moltopiccolo era analoga a quella dei genitori. Per quanto concerne invece il dibattitodottrinario, instauratosi negli ultimi annisul consenso del minore, si possono rile-vare due orientamenti, fondati su presun-zioni opposte: 1)Alcuni Autori ritengono, sulla base di

una visione negoziale del rapportomedico-paziente, che per quanto con-cerne qualsiasi atto in ambito civile,debba valere l’art.2 c.c., per cui la capa-cità di agire si acquisisce al 18° anno di

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età, fatte salve le condizioni specificheper cui la legge prevede delle eccezioni.Il legislatore, quando ha voluto amplia-re l’autonomia decisionale del minore,lo ha fatto con leggi specifiche, quali, adesempio, la legge sull’interruzionevolontaria di gravidanza o quella sullacure degli stati di tossicodipendenza. Aldi là di tali eccezioni, sono i genitori chedispongono del “potere-dovere di cura”nell’interesse del minore.

2)Una parte della Dottrina, per contro,non accettando il rapporto medico-paziente come rapporto negoziale, con-sidera il diritto alla salute un diritto per-sonalissimo e non un “negozio” delega-bile, ritenendo opinabile che le scelteinerenti la salute possano essere opera-te dal genitore o da un rappresentantelegale e sostenendo, al contrario, chenessuno, al di fuori del titolare del bene,dovrebbe essere legittimato a consenti-re ad un determinato trattamento.Questa posizione, in definitiva respingel’idea di una incapacità generalizzatadel soggetto con età inferiore a 18 anni,rilevando invece il grado di maturitàraggiunto dal soggetto e la sua capaci-tà naturale da provare caso per caso.

Allo stato attuale in sintesi si registrauna sostanziale dicotomia tra quelliche sono i presupposti teorici ed eticisui quali non si può che concordare equelli dettati dalla norma, che preferi-sce rimanere ancorata ad una datazio-ne fissa, non più e non ben risponden-te alle mutate attese sociali, ma allequali il medico deve, allo stato attua-le, necessariamente uniformarsi.

A ben vedere, quindi, i principi normativivigenti lasciano spazio ad una forma diautodeterminazione del minore estrema-mente debole, sovente concepita piùcome diritto di resistenza al trattamento,che come titolarietà effettiva del diritto aconsentirvi. Anche nel nuovo CDM del 2006, pocospazio, del resto, è riservato ai minori, rile-vandosi, nonostante i mutamenti sociali,etici e dottrinari, una sostanziale ripropo-sizione di quanto già sancito nel 1998:

Art. 37 - consenso del legale rappresen-tante: “allorché si tratti di minore o diinterdetto, il consenso agli interventi dia-gnostici e terapeutici, nonché al tratta-mento dei dati sensibili, deve essereespresso dal rappresentante legale. Ilmedico, nel caso in cui sia stato nominatodal giudice tutelare un amministratore disostegno, deve debitamente informarlo etenere al massimo conto delle sue istanze.In caso di opposizione da parte del rappre-sentante legale al trattamento necessarioe indifferibile, a favore di minore o di inca-paci, il medico è tenuto ad informare l’au-torità giudiziaria; se vi è pericolo per lavita o grave rischio per la salute del mino-re e dell’incapace, il medico deve comun-que procedere senza ritardo e secondonecessità alle cure indispensabili”.

Quindi si compara il minore all’incapace, iltutto temperato dalle indicazioni di cuiall’art. 38 - autonomia del cittadino edirettive anticipate che ricorda come: “...ilmedico, compatibilmente con l’età, con lacapacità di comprensione e con la maturi-

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tà d soggetto, ha l’obbligo di dare ade-guate informazione al minore e di tenereconto della sua volontà. In caso di diver-genze insanabili rispetto alle richieste dellegale rappresentante deve segnalare ilcaso all’autorità giudiziaria; ...”, del paridando dimostrazione del doppio ruolo chedeve investire il medico che, in quantotale deve essere rispettoso da un latodelle norme, e dall’altro non può nontenere conto dei dettami etici e quindi del-l’autonomia del soggetto.A tutt’oggi, quindi, le possibilità sonomolteplici ed il medico deve comunqueponderare sempre al meglio il propriocomportamento nel rispetto del minore edi quanto dettato dall’articolo 32 dellaCosti-tuzione, in ogni caso garantendo alminore sempre e comunque il diritto all’in-formazione, in considerazione alla suacapacità di comprensione, farlo partecipa-re alle questioni che lo riguardano, in rela-zione alla sua maturità, ricorrendo, se

necessario, al Tribunale dei Minori, in casodi contrasto evidente ed insanabile con igenitori. In tali ultime circostanze il medi-co/odontoiatra (schema numero 1), puòadottare comportamenti diversi soprattut-to in considerazione del rischio di dannoalla salute che può derivare dal rinvio del-l’intervento. Se il rischio sussiste concreta-mente e la volontà del minore e del geni-tore divergono, non si potrà che ricorrereal giudice tutelare; se invece non vi èsostanziale rischio nell’attesa è beneattendere che si formi una volontà univo-ca. Ad esempio laddove l’adolescenterifiuti le estrazioni ortodontiche (accettatedal genitore) è bene soprassedere edattendere che i genitori, magari supporta-ti dall’ortodontista, convincano il minoread accettare la manovra estrattiva, tran-quillizzandolo sulla reale portata dell’in-tervento (fastidio, dolore per l’intervento,ecc.) o sui disagi post-estrattivi (edentua-lia transitoria, ecc.).

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Schema n.1 - Didascalia:1) minore e genitori esprimono un giudizio unanime circa la necessità di effettuare il trattamento, il sani-

tario non farà altro che raccogliere il consenso di tutti e procedere al trattamento ovvero, se tale giu-dizio unanime genitori-figlio è pregiudizievole per la salute del minore, il medico deve proporre ricor-so alla magistratura competente, segnalando la potenzialità di danno;

2) i genitori sono in disaccordo tra loro e il contrasto arreca pregiudizio per la salute del figlio: il medi-co deve rivolgersi alla magistratura competente e aspettare la decisione di questa alla quale dovràuniformare il proprio comportamento; ovvero se il ritardo del trattamento che deriva dal disaccordonon produce un pregiudizio per la salute del minore, allora il medico potrà attendere che si formi unadecisione unanime, sempre collaborando alla sua informazione;

3) il parere dei genitori è in disaccordo con quello del minore ed il contrasto è tale da pregiudicarne lasalute: il medico deve rivolgersi alla magistratura.

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Il minore emancipato. Secondo il codicecivile, è considerato minore emancipatocolui che abbia compiuto i 16 anni, manon ancora i 18 ed al quale il Tribunale deiMinori abbia concesso di contrarre matri-monio (art. 390 c.c.). L’autorizzazione acontrarre il matrimonio è concessa dal tri-bunale su istanza dell’interessato, accer-tata la sua maturità psico-fisica e la fon-datezza delle motivazioni rilevate nel-l’istanza, sentito il pubblico ministero, igenitori o il tutore e prevede anche la nomi-na di un curatore che assiste il minore negliatti di straordinaria amministrazione,mentre per gli atti di ordinaria ammini-strazione il minore è autonomo. Per quan-to riguarda il consenso ai trattamenti sani-tari non solo il minore può disporre dellasua salute, ma addirittura decidere perquella di un eventuale figlio. Il minoreemancipato ha la più ampia e incontrolla-ta capacità d’esercizio del diritto allasalute equiparato in modo integrale alsoggetto maggiorenne, anche se, per trat-tamenti di particolare tipologia (interventiconnotati da grave rischio per la salute oche comportino notevole impegno eco-nomico) è buona regola sentire anche ilcuratore ovvero il giudice tutelare qualoravi sia discordanza tra il parere del minoree quello del curatore. Il minore emancipa-to, dunque, salve ricorrenze contrarie,quali i casi di parziale incapacità, magarisopravvenuta al provvedimento di eman-cipazione, e per cui deve intervenire il giu-dice tutelare, ha piena capacità diesprimere il consenso al trattamento.

b) IL DISABILEAltra questione di enorme rilevanza nellapratica quotidiana è quella inerente isoggetti disabili, in particolare i soggetticon disabilità psichica che non solo pon-gono problemi per l’accertamento dellasussistenza e del grado di “incapacità”, ma(e soprattutto) per la correlata difficoltà diindividuare il soggetto validamente titolatoa consentire in vece del disabile. Le proble-matiche legate a questa tipologia di pa-zienti è da porsi in relazione sia alla loroincapacità di prestare un valido consenso,ma anche ai possibili dismorfismi e patolo-gie di base che possono rendere l’inter-vento particolarmente complesso e certonon scevro di complicanze. Questi ultimiaspetti saranno affrontati nel capitolo suc-cessivo, mentre nel presente si intendeanalizzare in particolare la capacità deldisabile di prestare un valido consenso.Preliminarmente è utile distinguere i disa-bili (psichici) minorenni da quelli mag-giorenni. A - DISABILE PSICHICO MINORENNE:

come per tutti i soggetti minori, sono igenitori a dover prestare il consenso aitrattamenti sanitari, fermo restandol’obbligo per il sanitario di informare ilminore in proporzione alle sue capa-cità di comprensione e di tenere contodella sua volontà.

B - DISABILE PSICHICO MAGGIORENNE.Per i soggetti maggiorenni, la regolagenerale è che, compiuti i 18 anni dietà, l’individuo acquisisce la pienacapacità di agire e quindi di prestareun valido consenso ad esclusione dellesituazioni in cui vi sia una sua ricono-

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sciuta (attestata) incapacità di inten-dere o di volere (disabilità psichica digrado marcato). D’altro canto la di-sabilità non implica necessariamentela incapacità, come ben chiarito daFornari: “...l’incapacità è correlata, manon si sovrappone alle diagnosi psico-patologiche. L’incapacità dipende daltipo di richiesta che viene fatta, dalcontesto in cui viene fatta, dalle con-seguenze delle terapie proposte...ilfatto che un paziente rifiuti gli inter-venti proposti non significa chemanchi della capacità di decidere. Perconverso, quando un paziente accon-sente a cure o interventi invasivi e ri-schiosi non significa che egli abbia perciò stesso espresso un consenso vali-do: occorrono, in altre parole, partico-lari cautele da parte del clinico nel son-dare le reali motivazioni che hannosotteso la decisione del paziente...”.Il disabile psichico, pertanto, ha i me-desimi diritti (costituzionalmente ga-rantiti) di chiunque altro e pertantodeve, in relazione alle sue capacità,non solo ricevere congrua infor-mazione, ma anche poter esprimere lasua opinione nei riguardi di questionipersonali come la salute. Tali principigenerali, ispirati a conferire all’inca-pace psichico una maggior autonomiadecisionale, emergono in modo chiarodalla Legge del 28 marzo 2001 n. 145(ratifica della convenzione di Oviedo),la quale ribadisce che un trattamentopuò essere disposto sulla personaincapace non solo se le arreca un“diretto beneficio” e con il consenso

del rappresentante legale, ma ancheche l’incapace dovrà, nei limiti delpossibile, prendere parte alla procedu-ra, ricevere l’informazione e dare ilproprio consenso.

Considerando le diverse fattispecie che sipossono presentare nella quotidiana prati-ca clinica odontoiatrica, si possono di-stinguere i soggetti per i quali è già statonominato un rappresentante legale, cuil’odontoiatra dovrà riferirsi per l’acqui-sizione del consenso, dai soggetti per cuinon vi sia stata la nomina del rappresen-tante legale, pur esistendo una effettiva emagari importante disabilità psichica, taleda far dubitare al sanitario la presenza diuna effettiva autonoma capacità decisio-nale. Molteplici sono le fattispecie e gliistituti disponibili nel nostro codice civileper far fronte alle condizioni di disabilità,dovendosi fare in sintesi riferimento a dif-ferenti categorie:Si distingue in proposito:• L’interdetto. L’interdizione è un istituto

del codice civile, previsto dall’Art. 414:“Persone che possono essere inter-dette. Il maggiore di età e il minoreemancipato, i quali si trovano in con-dizioni di abituale infermità di menteche li rende incapaci di provvedere aipropri interessi, sono interdetti quandociò è necessario per assicurare la loroadeguata protezione”. L’interdettoperde qualsiasi capacità di agire (atti siadi straordinaria che di ordinaria ammini-strazione) donde è assolutamenteesclusa per lui la possibilità di prestareun consenso giuridicamente valido an-che al più banale intervento odontoiatri-

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co (detartrasi, ad esempio), di assumerel’impegno per le terapie di mantenimen-to domiciliari, di poter disporre il paga-mento di onorari professionali, ecc. Perl’interdetto il giudice nomina un tutoreche si occuperà della cura e degli inte-ressi della persona assistita secondoquanto previsto dall’art. 424 del codicecivile (“le disposizioni sulla tutela deiminori (art. 343 ss)... si applicano ...allatutela degli interdetti...”). È il tutore che,nel solo interesse dell’assistito, pena lanecessità per il medico di rivolgersi altribunale competente, che presterà ilconsenso al trattamento, si assumerà gliimpegni (di cure ed economici) fermorestando per l’odontoiatra il dovere diinformare anche la persona sottoposta atutela e di ricercare sempre e comunqueanche il consenso al trattamento daparte del beneficiario della cura.

• L’inabilitato. L’inabilitazione è previstadall’art. 415 del c.c.: - “Persone che pos-sono essere inabilitate. Il maggiore dietà infermo di mente, lo stato del qualenon è talmente grave da far luogo all'in-terdizione, può essere inabilitato.Possono anche essere inabilitati coloroche, per prodigalità o per abuso abitualedi bevande alcoliche o di stupefacenti,espongono sé o la loro famiglia a gravipregiudizi economici. Possono infineessere inabilitati il sordomuto e il ciecodalla nascita o dalla prima infanzia, senon hanno ricevuto un'educazione suffi-ciente, salva l'applicazione dell'articolo414 quando risulta che essi sono deltutto incapaci di provvedere ai propriinteressi”. Il giudice dispone in questi

casi la nomina di un curatore, per cuil’inabilitato potrà compiere gli atti noneccedenti la normale amministrazione,mentre per gli atti di straordinariaamministrazione, verrà affiancato dalcuratore. L’inabilitazione, a differenzadella interdizione, non investe tutti gliaspetti della vita civile, ma attienesoprattutto gli interesse economici del-l’inabilitato o della sua famiglia.L’inabilitato, come confermato anche dalCDM del 2006, può prestare valido con-senso ai trattamenti sanitari, valendo,nelle situazioni controverse (di contrastotra l’inabilitato ed il curatore, in riferi-mento ad esempio circa l’opportunità disottoporsi a terapie odontoiatricheonerose) di rivolgersi al giudice tutelare(vedi minore emancipato).

Per la pratica quotidiana in specie inambito libero professionale si ritengonopiù frequenti e quindi di maggiore interes-se le evenienze in cui il sanitario debbadisporre un trattamento per:1)Soggetti per i quali sia già stato

nominato un rappresentante legale.Sarà questa figura che, nell’interessedella persona assistita, e congiunta-mente alla stessa, deciderà se acconsen-tire o meno al trattamento proposto.L’odontoiatra dovrà solo porre attenzioneche il consenso sia dato nell’interes-se della persona disabile e della suasalute e che non vi sia un’esclusivaattenzione alle spese, spesso ingenti, cuisi dovrà far fronte. Nel caso in cui vi siaun contrasto tra l’interesse dell’assistitoe la volontà espressa dal curatore/tu-

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tore/genitore/rappresentante legale, èopportuno che il professionista si rivolgaal giudice competente, in specie per queicasi in cui l’intervento/assenza di inter-vento comporta un pregiudizio per lasalute dell’assistito.

2)Soggetti disabili o handicappati chenon sono stati interdetti o dichiaratiinabili per cui cioè non è stato nomi-nato un rappresentante legale. Si trat-ta di casi che pongono, in merito al con-senso, problemi di non agevole ed imme-diata risoluzione. Frequentemente si trattadi soggetti maggiorenni con lieveoligofrenia o con modesto ritardo men-tale, la cui disabilità appare evidenteall’odontoiatra. Emblematico il caso dipazienti affetti da sindrome di Down o daritardo mentale o ancora di un anzianodemente o comunque di un qualsiasisoggetto con disabilità psichica sulla cuicapacità di intendere e di volere, l’odon-toiatra nutra delle perplessità. In questicasi si pongono numerosi problemi, inprimo luogo per un conflitto tra l’interessedel medico, di tutelare sé stesso da unpossibile futuro contenzioso (essenzial-mente per la non validità del consensoprestato, ipotesi che naturalmente diventapreoccupante quando l’esito del tratta-mento stesso non sia quello sperato) el’interesse del disabile di far valere il suodiritto fondamentale alla salute, garantitodalla Costituzione ed in secondo luogosulla irrilevanza del consenso di eventualifamiliari (genitori, figli, ecc.) che lo accom-pagnano. Seppur la regola generale siache il maggiorenne è legittimato aprestare un valido consenso e che l’essere

questi affetto da una disabilità non ne con-porta automaticamente la perdita dellacapacità di consentire, le circostanze opera-tive relative ai casi di soggetti maggioren-ni con disabilità psichica che chiedono diessere sottoposti a trattamento odon-toiatrico e per i quali non esista un rappre-sentante legale, non solo rappresentanoevenienze frequenti, ma pongono serieproblematiche in ordine al consenso. In passato la questione appariva senz’al-tro di difficile soluzione: il disabilepsichico non interdetto né inabilitato sitrovava in una condizione di mancanza ditutela “preventiva” ed il trattamento sani-tario, su questi soggetti avrebbe potutoessere giustificato solo nei casi di necessitào di urgenza (art. 54 c.p. “stato di neces-sità”). L’accesso a quei trattamenti nonurgenti, ma utili, avrebbero potuto esserenegati al disabile, ovvero concessi solodopo l’istanza al giudice per la nomina diun tutore o di un rappresentante legale(che sovente richiedeva molto tempo edingenti spese sia per la nomina che per larevoca). Il vuoto normativo è stato quan-tomeno in parte colmato dalla legge n. 9del 6 gennaio 2004 che ha introdotto lafigura giuridica dell’Amministratore diSostegno (AS), che nasce con la finalità diproteggere le persone rese incapaci dapatologie sia fisiche che psichiche, tempo-ranee o permanenti, di tutelare in tutto o inparte i propri interessi. L’istituto dell’AS hal’intento di limitare al minimo l’intervento,riducendo il meno possibile la capacità diagire del disabile nel tentativo di non intac-carne la dignità come invece indubbia-mente comporta il ricorso alla interdizione

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ed in parte anche alla inabilitazione.L’Amministratore di Sostegno (AS) rappre-senta “una forma di tutela ampia, proposi-tiva e non interdittiva, espansiva e noninibitoria, personalizzata, modulabile enon standardizzata frutto di una con-cezione dei diritti delle fasce deboli dellapopolazione veramente conforme ai finicostituzionali di promozione del pienosviluppo della persona umana” (Decretodel 4 novembre 2004, Tribunale diPinerolo). L’art. 1 esplicita immediata-mente la finalità della legge 9/04: “la pre-sente legge ha la finalità di tutelare, conla minore limitazione possibile dellacapacità di agire, le persone prive in tuttoo in parte di autonomia nell’espletamentodelle funzioni della vita quotidiana, me-diante interventi di sostegno temporaneoo permanente”.Rispetto all’istituto dell’interdizione edella inabilitazione, misure totalizzantiquasi sempre sproporzionate rispetto allanecessità di protezione del soggetto, èche l’incapacitazione non è più totale, mariguarda solo gli atti espressamente pre-visti dal decreto emesso dal giudice tute-late. Anche dopo la nomina dell’AS peruno specifico atto, il soggetto disabilemantiene la piena capacità di agire pertutti gli altri atti, tanto che il giudice puònominare l’AS anche per un solo atto(consenso ad uno specifico trattamentosanitario, vendita di un immobile, gestio-ne del capitale, ecc.) specificando neldecreto di nomina se l’AS deve sostituirsiall’incapace oppure deve solo affiancarlonella scelta specifica, tenendo conto degliinteressi della persona, dei suoi bisogni e

delle sue richieste.Seppure non vi sia un orientamento uni-voco, la Dottrina e la giurisprudenzaprevalente, sono indirizzate nel conferireall’Amministratore di sostegno anchecompiti di assistenza o di sostituzione deldisabile in questioni che riguardino lacura della sua persona, fornendo quindiall’AS la possibilità di poter affiancare ilsoggetto nel prendere decisioni impor-tanti relativamente anche ai trattamentisanitari, e quindi in definitiva sulla possi-bilità di prestare consenso alle cure.La procedura di richiesta della nominadell’AS è relativamente snella e celere eben si presta sia alla singola prestazione(estrazione dentale, ad esempio) sia aprocedure più complesse (trattamentiarticolari in più sedute con intervento didiversi odontoiatri, ecc...). Il disabile, af-fiancato dall’AS generalmente individua-to dal giudice in uno dei familiari, puòprestare valido consenso alla terapiaodontoiatrica. Durante e alla fine (a se-conda della disposizione del giudice)delle cure, l’AS ha l’obbligo di riferire algiudice e al concludersi della cura la suanomina generalmente viene revocata.Quindi, di fronte ad una forte perplessitàcirca la capacità decisionale di unsoggetto maggiorenne, l’odontoiatradeve tenere conto della possibilità diricorrere al giudice perché sia nominatoun AS che, per gli ovvi conflitti di inte-resse, i direttori delle case di cura o degliistituti dove il disabile è degente, e quin-di per analogia l’odontoiatra curante, nonpossono essere nominati né tutori nécuratori.

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66 CAPITOLO III

8) A CHI SPETTA ACQUISIREIL CONSENSO ED EROGAREL’INFORMAZIONE.

Nel caso in cui la prestazione sia erogatapresso una struttura pubblica, in cui il rap-porto tra medici e pazienti è dettato dal-l’organizzazione interna della strutturastessa, l’obbligo di acquisizione del con-senso non può che gravare sul primario, ilquale, comunque, può delegare, ad altrimedici a lui subordinati, il compito diacquisire il consenso. La giurisprudenzaha infatti sancito anche la fungibilità dellaprestazione fornita da parte di medici cheoperino all’interno della medesima strut-tura, donde è valida l’informazione eroga-ta anche da un medico diverso rispetto aquello che poi disporrà il trattamento cosìcome valido è il consenso recepito delprimo senza necessità per il secondo diripetere l’acquisizione.Passando all’ambito privatistico, ove soli-tamente è erogata la prestazione odon-toiatrica, generalmente è lo stesso me-dico/odontoiatra che informerà ed acqui-sirà il consenso per il trattamento cheintende eseguire. Naturalmente, quando laprestazione richiede la partecipazione diplurime professionalità, il soggetto deveessere informato su tutti gli aspetti dellaprocedura ed è il capo equipe che informaed acquisisce il consenso su tutta la pro-cedura, facendo intervenire, se neces-sario, anche gli altri specialisti, al finedi erogare una informazione che sia lapiù completa possibile. Non si può delresto dimenticare la multidisciplinarietàche ormai richiedono molti trattamentiodontoiatrici e che implicano l’intervento

di più professionalità di cui alcune equi-parabili per competenza e quindi interfun-gibili ai fini dell’informazione. È il caso, adesempio, di trattamenti condotti da piùodontoiatri di cui ciascuno esplichi unaparte (endodonzia l’uno e protesi l’altro) esui quali, vuoi per formazione, vuoi perassidua collaborazione, ciascun profes-sionista è in grado di fornire tutta la infor-mazione (su entrambi le fasi) all’assistito.In altre circostanze la cooperazione sipone per discipline diverse e tra profes-sionisti con competenze diverse: in questicasi l’informazione deve essere erogatada singoli specialisti specificatamente perla parte di assistenza che gli compete. Unigienista dentale o un logopedista nonpossono avere la stessa competenza econoscenza di un odontoiatra circa gliinterventi di natura odontoiatrica, per cuiinevitabilmente carente o approssimativasarebbe l’informazione prestata da questisanitari, sia per il quantum dell’infor-mazione fornita, sia per la qualità dellastessa. Ancor più specifica è l’infor-mazione attinente ad eventuali manovredi anestesia che non può essere delegatané all’odontoiatra né ad altro sanitariodiverso dallo specialista in anestesiologia,di converso, l’anestesista non può erogarel’informazione circa l’intervento odon-toiatrico, le cui caratteristiche (portata,esiti, rischi, ecc.), esulano dalle sue com-petenze specifiche. Da rifuggire la prassiabbastanza comune, di far informare ilpaziente - ovvero di far acquisire il con-senso - dal personale infermieristico o dal-l’assistente alla poltrona: il consenso devesempre essere acquisito dal medico/odon-

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toiatra. Altre figure professionali, qualil’igienista dentale, l’infermiere o simili,devono erogare l’informazione ed ac-quisire il consenso solo per gli atti e leprocedure che a loro competono all’inter-no del piano assistenziale. Una fattispecieche merita menzionare è quella in cuil’odontoiatra invii il paziente ad altro col-lega (ortodontista che invia il paziente alchirurgo orale, per estrazioni o al maxillo-faciale per innesti di osso, ecc..) per l’ef-fettuazione di interventi o consulti. Lospecialista che riceve l’assistito non devené assumere che questi sia stato giàesaurientemente informato, né tan-tomeno ritenere valido il consenso cheegli può aver prestato al professionistache lo ha inviato. Il primo odontoiatra puòaver omesso o sorvolato su alcuni aspettidell’informazione proprio perché l’assisti-to sta per essere assunto in carico da altroprofessionista per di più specialista o

comunque con competenze diverse esuperiori rispetto al primo (che infatti nerichiede l’intervento). Il secondo profes-sionista deve preliminarmente riprendere,vagliare ed eventualmente integrare leinformazioni erogate dal primo specia-lista, soltanto così potendo pervenireall’acquisizione di un valido consensosotto il profilo dell’attualità e della speci-ficità. Il medico agisce in pienaautonomia, con una discrezionalitàtecnica su incarico del paziente, manon in modo imprescindibilmente vin-colato alla prescrizione effettuata daaltro sanitario. In ultimo si ricorda che lospecialista in formazione (allo stato inortodontia e in chirurgia orale), non solopuò, ma deve partecipare all’attività assi-stenziale, con i conseguenti impre-scindibili obblighi di informazione e con-senso al trattamento.

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1) INTRODUZIONEL’informazione è il requisito che precipua-mente rappresenta il fulcro del rapportomedico-assistito, espressione del dirittoalla salute ed all’autodeterminazione, pre-supposto ad ogni forma di scelta del trat-tamento definita non casualmente con-senso informato, o meglio, consenso/scel-ta informata e partecipata. L’acquisizionedel consenso rappresenta un processo indivenire che testimonia il rapporto medi-co-paziente, fondato sull’informazionefornita dal medico all’assistito, il quale inogni momento può chiedere chiarimentied integrazioni, e la espressione del con-senso al trattamento da parte dell’assisti-to che abbia dimostrativamente recepito(compreso) l’informazione data.L’informazione, deve essere quindi intesacome “bidirezionale dal medico al pazien-te alla società; dalla organizzazione scien-tifico-sanitaria al medico, in una circolaritàdi flussi tipica dell’era attuale. L’infor-mazione è infatti la scienza del rapporto,metodologia e garanzia di libertà (delmedico e del paziente), il cui ultimo anelloè il rapporto di cura, che aspira all’alleanzaattraverso l’autonomia, che esige la capa-cità tecnica ma anche di dialogo e cioècapacità di informare e recepire al di là diprotocolli e schemi” [E.Turillazzi]. Meritasottolineare che tale processo cardine del

contratto tra sanitario ed assistito, univo-co nel metodo e che si diversifica solo perla singola fattispecie clinica e per i singolisoggetti coinvolti, resiste ad ogni tentati-vo di trasformarlo in un atto routinario-standard, delegato a modulistiche diinformazione precostituite o peggio avuote formule di espressione di consensoche l’assistito sottoscrive in assenza dialcuna informazione preliminare. D’altrocanto se l’informazione costituisce pre-messa imprescindibile all’espressione delconsenso, non si deve dimenticare cheessa ha un valore addirittura ulteriorerispetto all’acquisizione del consensostesso, tanto che il sanitario ha un obbligoinformativo verso tutti gli assistiti a pre-scindere dalla loro possibilità giuridica diesprimere un valido consenso (minorenni,interdetti, ecc.) e per i quali, come giàdetto, non viene mai completamentemeno il diritto all’informazione. Il duplicevalore dell’informazione, quale premessanecessaria all’acquisizione del consensoma anche quale atto autonomo svincola-to dal consenso, è ben richiamato dallaConvenzione di Oviedo, che stabilisce: 1)all’art. 5: “Regola generale - Un inter-

vento nel campo della salute non puòessere effettuato se non dopo che lapersona interessata abbia dato il con-senso libero e informato. Questa perso-

4. L’INFORMAZIONE

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na riceve innanzitutto una informazioneadeguata sullo scopo e sulla natura del-l’intervento e sulle sue conseguenze e isuoi rischi. La persona interessata può,i qualsiasi momento, liberamente ritira-re il proprio consenso”;

2)all’art. 10 che l’informazione è momentoautonomo del rapporto medico/pazien-te: “Vita privata e diritto all’informazio-ne - (1) ogni persona ha diritto al rispet-to della propria vita privata allorché sitratta di informazioni relative alla pro-pria salute. (2) ogni persona ha il dirittodi conoscere ogni informazione raccoltasulla propria salute. Tuttavia, la volontàdi una persona di non essere informatadeve essere rispettata. (3) a titolo ecce-zionale la legge può prevedere dellerestrizioni all’esercizio dei diritti men-zionati al paragrafo 2”.

In tal senso l’informazione sullo stato disalute della persona, come ha fatto nota-re autorevole dottrina [D.Rodriguez]“arricchisce comunque il patrimonio, insenso antropologico, culturale ed esisten-ziale della persona e costituisce un mezzoper consentire alla stessa di verificare lacongruità della prestazione sanitaria rice-vuta, riflettere sulle proprie condizioni disalute e operare scelte di vita di caratterenon necessariamente sanitario”. Anche lagiurisprudenza ha a più riprese sottolinea-to che “l’informazione al paziente è parteintegrante della prestazione del medicofinalizzata alla tutela della salute... il sani-tario, assistendo aveva il dovere di curarela paziente anche sul piano dell’equilibriomentale...” stante il fatto che“...la piùbrutale e insensibile delle strade è quella

... di tacere fino all’estremo, ponendo lapaziente, per di più stressata dalla faticadel parto, nel modo più violento e ina-spettato di fonte alla atroce realtà...”(Corte d’Appello di Trieste 1.07.1997).La giurisprudenza sia dei Tribunali di meri-to sia quella della Suprema Corte hannochiarito a più riprese quali debbono esse-re i contenuti della informazione, chi siachiamato ad erogarla ed in quale forma:

A) L’informazione deve indicare minuzio-samente e con proprietà di linguaggioanche tecnico, tutte le fasi del tratta-mento (si ricorda in proposito quantosostenuto da Robetti sulla opportunitàdi una puntuale informazione in ambi-to odontoiatrico, “...se un paziente siritrova le superfici masticanti dei pre-molari inferiori con presenze metalli-che che non avrebbe assolutamenteaccettato se preventivamente infor-mata, avrà buon gioco in un eventua-le contenzioso”); deve essere erogatain relazione alla capacità di compren-sione del soggetto, anche se non sipuò pretendere che essa colmi il diva-rio culturale e scientifico dei soggetticoinvolti (medico e paziente), macomunque il linguaggio utilizzato dalmedico per informare deve essere taleda far comprendere all’assistito quan-to basti a metterlo nelle condizioni dipoter esprimere una volontà consape-vole. Ogni ulteriore delucidazionerichiesta dalla persona deve esserechiarita, ciò rende auspicabile che (ovepossibile) siano differenziati temporal-mente il momento dell’informazione

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da quello dell’acquisizione del consen-so e da quello ulteriore di effettuazio-ne dell’intervento, in modo che con-cretamente il paziente abbia modo diriflettere e rielaborare il complessoinformativo e, se crede, integrarlo conil medico e chiarirlo.

B) Le informazioni al trattamento sanita-rio devono provenire dallo stesso sani-tario cui è richiesta la prestazione,ovvero da sanitario con pari compe-tenza in riferimento al trattamentoproposto.

C) Per quanto concerne il quantum del-l’informazione, la giurisprudenza,come si è già detto, ha affermato inmodo univoco quelli che dovrebberoessere i contenuti dell’informazione,ovvero: “il dovere di informazione delpaziente, al fine di ottenerne un con-senso consapevole è, ormai pacifica-mente, uno specifico obbligo delmedico, il quale, proprio perché l'og-getto della sua prestazione è solo dimezzi e non di risultato, deve infor-mare il paziente sulla natura dell'in-tervento, nonché sulla portata edestensione dei suoi risultati e sullepossibilità e probabilità dei risultaticonseguibili, al fine di metterlo nellecondizioni di poter formulare un con-senso consapevole. ...Oltretutto, conriguardo in particolare al tema delladeterminazione del "quantum" del-l'informazione necessaria, questa nonpuò essere in alcun modo generica edomnicomprensiva, ma deve riguarda-

re le singole fasi dell'intervento (cfr.Cass. 364/97); in particolare per ognu-na di esse il dovere di informazioneconcerne le inevitabili difficoltà, glieffetti conseguibili e gli eventualirischi prevedibili con esclusione sola-mente degli esiti anomali per evitareche il paziente sia indotto al rifiutodelle cure per il timore di eventi infau-sti di remota verificazione - in mododa porre il paziente nelle condizioni didecidere sull'opportunità di proceder-vi o meno, attraverso la personalevalutazione del bilanciamento di van-taggi e rischi (così nella motivazionedella citata sentenza), a maggiorragione qualora si tratti di interventinon strettamente necessari per la suasalute (Trib. Bologna 8.08.2005, inmateria di implantologia, dello stessoavviso, Trib. di Bari 30 giugno 2005sempre in materia di trattamentoodontoiatrico). Seppure il sanitariopuò omettere di informare su compli-canze al limite del fortuito, che sfuma-no nell’imponderabile, non indugiarein una informazione troppo tecnicisti-ca, scientificamente compiuta, tantoda sfociare in quello che molti Autorichiamano “accanimento informati-vo”, tutt’altro che agevole a livellopratico è l’individuazione del quantuminformativo per le singole fattispecieoperative. In tale ambito e soprattuttonei paesi dei Common Law, si discute,in specie per trattamenti invasivi erischiosi, quali rischi dovrebbero esse-re oggetto di informazione e qualiinvece potrebbero essere omessi, regi-

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strandosi due tendenze prevalenti:1) il sanitario deve tenere in conside-razione la possibilità che quel rischio,se conosciuto dal paziente, possadeterminare la volontà a sottoporsi omeno al trattamento. Se trattasi dirischio con tale potenzialità di influen-zare in modo significativo la scelta delsoggetto, allora dovrebbe essereoggetto di informazione. 2) Il sanitario deve considerare la pos-sibilità (percentuale) di incidenza delrischio. Ad esempio una possibilità del10% che si verifichi un determinatoevento deve essere oggetto di infor-mazione, mentre un rischio con inci-denza dell’1% od anche minore nondovrebbe essere oggetto di informati-va. Tale tendenza è foriera di dubbi,posto che i rischi rari possono esseretalora di estrema gravità e quindiavere un rilievo notevole sul determi-narsi del soggetto.

Le difficoltà operative che connotano talepeculiare aspetto del rapporto medico-paziente, hanno indotto molte Societàscientifiche a proporre linee guida opera-tive che affrontino il problema del rischio,cui il sanitario possa fare utile riferimentodurante il processo informativo.

2) INFORMAZIONEIN ODONTOIATRIA

L’informazione in ambito odontoiatricodeve essere particolarmente dettagliata escrupolosa, sia per ragioni di ordine gene-rale (centralità del bene salute) sia perragioni intrinsecamente legate alla parti-

colarità dei trattamenti odontoiatrici. Leprestazioni odontoiatriche, infatti, difficil-mente integrano l’urgenza o lo stato dinecessità: si tratta perlopiù di trattamenticondotti in elezione, dopo un attentovaglio delle alternative disponibili chesovente in odontoiatria sono molteplici edognuna caratterizzata da propri “rischi” e“benefici”, tanto da meritare e consentireche una quota temporale, all’inizio delrapporto con l’assistito, sia dedicata altema approfondito dell’informazione.Delicata ed opportunamente completadeve essere l’informazione del pazienteche, magari per esigenze di prevalenteindole economica, scelga alternative conminori capacità risolutive rispetto ad altre(le cosiddette soluzioni di “compromes-so”) e accurata ed a prova di “oblio” nedeve essere la registrazione allorquando,magari a distanza di anni la contestazionemossa al professionista sia proprio quelladell’esistenza di altre e migliori alternati-ve rispetto a quella realizzata. I tratta-menti odontoiatrici, inoltre, implicanosovente delle rilevanti finalità estetiche,oltre che curative, per cui, un consensoconsapevole, può essere prestato solodopo che il paziente sia stato preliminar-mente e correttamente informato sulrischio e sul beneficio del trattamentoprospettato, inteso anche come attesomiglioramento estetico, dovendo rifuggirel’odontoiatra da atteggiamenti di benevo-la ed ottimistica illustrazione dei risultatiesasperando le attese dell’assistito chemolto spesso già sono elevate se nonaddirittura fuori dalla portata delle possi-bilità terapeutiche e migliorative del trat-

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tamento medesimo. Una informativa pre-liminare non corretta può portare ad unaincorrispondenza tra le attese del sogget-to, non adeguatamente informato, ed ilrisultato realmente conseguito. Da ricor-dare, come sancito da giurisprudenzacostante, che il medico e l’odontoiatranon sono tenuti ad un’obbligazione dirisultato, ma soltanto di mezzi. [Cass. Civ.,Sez.III, 3 Dicembre 1997, n. 12253:“L’obbligazione del professionista neiconfronti del proprio cliente, anche nelcaso di intervento di chirurgia estetica, èdi mezzi, onde il chirurgo non risponde delmancato raggiungimento del risultato,che il cliente si attendeva e che egli non ètenuto ad assicurare, nell’assenza dinegligenza od imperizia, fermo l’obbligodel professionista di prospettare alpaziente realisticamente le possibilità del-l’ottenimento del risultato perseguito”;Cass. Civ. Sez III, 4 marzo 2004 n. 4400:“...Secondo la costante giurisprudenza diquesta Corte, da cui non vi è motivo didiscostarsi, le obbligazioni inerenti all'e-sercizio di un'attività professionale sono,di regola, obbligazioni di mezzi e non dirisultato, in quanto il professionista, assu-mendo l'incarico, si impegna alla presta-zione della propria opera per raggiungereil risultato desiderato, ma non al suo con-seguimento. Ne deriva che l'inadempi-mento del professionista alla propriaobbligazione non può essere desunto,"ipso facto", dal mancato raggiungimen-to del risultato utile avuto di mira dalcliente, ma deve essere valutato alla stre-gua dei doveri inerenti lo svolgimento del-l'attività professionale e, in particolare,

del dovere di diligenza, per il quale trovaapplicazione, in luogo del tradizionale cri-terio della diligenza del buon padre difamiglia, il parametro della diligenza pro-fessionale fissato dall'art. 1176, comma 2,c.c. - parametro da commisurarsi allanatura dell'attività esercitata.].L’odontoiatra, quindi, nella sua prestazio-ne d’opera professionale, si deve impe-gnare a predisporre tutti i mezzi (diligen-za, perizia, ecc.) per conseguire il risultatoatteso, ma non è obbligato al suo precisoed ineluttabile conseguimento, a menoche impropriamente egli non se lo siaassunto come preciso obbligo contrattua-le promettendo ed assicurando propriodurante l’informativa al paziente, di con-seguirlo [Corte d’Appello di Milano 11gennaio 1983: “Nei contratti di prestazio-ni professionali (nella specie medico-den-tistiche) se pur le parti sono libere di pat-tuire una prestazione di risultato, in difet-to di tale prova la obbligazione del pro-fessionista consiste nel prestare la propriaopera per raggiungere un dato risultato enon nel conseguire tale risultato”].Al fine di poter informare in modo com-piuto il paziente, l’odontoiatra non puòprescindere dalla necessità di descrivere(riferendosi ad evidenze radiografiche,modelli di gesso, fotografie della bocca edei denti, ecc. che possono essere intelle-gibili dal paziente) in modo dettagliato: 1 - lo stato anteriore;2 - la patologia riscontrata;3 - i possibili trattamenti e le alternative

praticabili (anche quelle che il profes-sionista e lo studio non sono in condi-zioni di erogare);

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4 - i risultati concretamente raggiungibilida ognuna delle alternative;

5 - il chiaro riferimento ai possibili incon-venienti ed ai relativi rischi;

6 - la possibile interazione del trattamen-to e soprattutto le ripercussioni sullostesso di abitudini voluttuarie (fumo,alcool, ecc) sul risultato conseguibile;

7 - le patologie sistemiche di cui è affettoil paziente, non solo perché possonoincidere sulla scelta di un trattamentorispetto ad altro, ma anche per la tera-pia farmacologica che il paziente ècostretto ad assumere per le stesse,anch’essa magari in grado di interferi-re sulla durata e la resa nel tempo deltrattamento medesimo;

8 - cura e igiene orale dentale nonché lamanutenzione di eventuali apparecchio protesi dentali, da attuarsi a domici-lio;

9 - inoltre, soprattutto per quei tratta-menti che oltre a finalità prettamentefunzionali si caratterizzano per impat-to estetico importante (in ortodonzia,in protesi, ad esempio) nell’erogarel’informazione l’odontoiatra dovràtenere presente, non solo della “bel-lezza oggettiva”, ma anche e soprat-tutto di quella “soggettiva”, ovvero diquella percepita dal paziente, così chel’intervento non possa provocare unturbamento a quello schema corporeoassolutamente personale che il pazien-te deve poter conservare ed a cui deveconformarsi la scelta inerente gli obiet-tivi estetici (ove perseguibili, ovvia-mente). Infatti, i risultati conseguibiliin diversi trattamenti odontoiatrici, che

difficilmente si esauriscono in una solaseduta, dipendono non solo dal tratta-mento effettuato, dalla tecnica adot-tata, dall’abilità del sanitario, maanche dalla collaborazione del pazien-te riflessa su azioni da eseguire adomicilio, non ottemperando allequali può inficiare il risultato sperato oatteso o perlomeno l’epoca del suoconseguimento. Dunque, se corretta-mente ed esaustivamente informato ilsoggetto saprà come comportarsi esoprattutto, se il trattamento gli sem-brerà troppo impegnativo, invasivo ecostoso, relativamente ai rischi e/oalla compliance richiesta, potrà rifiuta-re, optando, magari, per un trattamen-to diverso, minimale, sia come impe-gno, sia, però, anche come possibilitàriabilitative, la cui portata, giova ricor-darlo, deve essere ben chiarita alpaziente così come del complessoinformativo è opportuno che ne riman-ga sempre traccia documentale.

10 -L’informativa dovrà necessariamenteriguardare anche il preventivo odon-toiatrico, dovendo l’odontoiatra nonsolo informare il paziente del costodella prestazione, ma anche dei con-trolli e quindi di tutto il piano tratta-mentale. La firma del preventivo,costituisce un significativo elementoprobatorio dell’avvenuto consenso, inquanto una sintesi del trattamentoproposto e dei relativi costi, a frontedel quale, quanto meno, il pazientenon potrà dichiararsi completamenteignaro delle caratteristiche di un trat-tamento per cui si dichiarava disposto

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a versare cifre, magari, ingenti; sebbe-ne, come già ricordato, non possa rico-noscersi alla semplice sottoscrizionedel preventivo valore probatorio del-l’avvenuta informativa (tribunale diMilano del 18 giugno 2003: “Pertantoil consenso - ... - è totalmente manca-to ed esso non può certamente rite-nersi esistente e validamente rilascia-to - per il solo fatto che la pazienteabbia sottoscritto il preventivo sotto-scrizione che non può essere inalcun modo intesa come volta adattestare la corretta informazionesulle modalità del trattamento daeseguire)”.

L’INFORMAZIONE NELLE DIVERSEDISCIPLINE ODONTOIATRICHE- l’informazione in ortodonziaL’ortodonzia richiede una attenta disami-na delle problematiche dell’informazionerelativamente alle predicibilità del risulta-to, della portata del risultato estetico edelle tecniche terapeutiche disponibili conrischi e benefici correlati. In tal senso l’in-formazione in ortodonzia non potrà sot-trarsi ai seguenti punti di snodo:1 - inquadramento diagnostico. La dif-

ficoltà informativa discende soventenon tanto dalla possibilità di porrediagnosi della molocclusione esisten-te, ma soprattutto in riferimento allanon sempre o non completa prevedibi-lità delle modificazioni dento-schele-triche in crescita nel bambino o nell’a-dolescente. L’informazione dovrà cor-rettamente stigmatizzare l’incertezza

che proviene dall’aleatorietà del terre-no biologico, familiare,costituzionale,ecc., ove possa causare prolungamen-ti della terapia, risultati non completiovvero parziali recidive. Nell’adultoanalogamente da enucleare la possi-bilità dell’influenza negativa sul risul-tato della terapia ortodontica di fatto-ri patologici locali (aggravamentodella parodontopatia ad esempio) osistemici (diabete, ecc.) che possonorichiedere prolungamenti o cambia-menti dello schema terapeutico ovve-ro talora richiedere la sospensione deltrattamento.

2 - Alternative praticabili. L’ortodonziaè la disciplina odontoiatrica per cui siesaspera la molteplicità delle scuole,degli approcci, delle tecniche, dei pre-sidi, tanto che difficilmente lo stessocaso trattato da due ortodontisti ha lostesso identico iter terapeutico. Ciònon si traduce però in un obbligoinformativo per il clinico che contem-pli tutti gli approcci possibili laddove ipur molteplici iter terapeutici sarebbe-ro connotati da rischi e benefici deltutto sovrapponibili (durata sostan-zialmente uguale, analoghi presidirappresentati ad esempio, da unaalternanza di apparecchi mobili e fissicon i correlati ed analoghi rischi, ecc.).Al contrario l’ortodontista deve bensoffermarsi ad informare l’assistitoove esistano diverse alternative carat-terizzate da una diversificata portatadi rischi e di benefici. Si pensi adesempio a soggetti la cui malocclusio-ne dentoscheletrica dovrebbe essere

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corretta con approccio ortodontico-chirurgico oppure a casi di ortodonziaestrattiva. Talvolta la nozione deirischi ovvero delle mere caratteristichedel piano terapeutico inducono l’assi-stito a rifiutare la chirurgia ortognati-ca o le estrazioni dentarie ed a sotto-porsi all’alternativa solo ortodontica(posta dall’ortodontista come secondascelta), la quale è però in grado di cor-reggere solo parzialmente la maloc-clusione (si tratta della cosiddetta“soluzione di compromesso”).Sarebbe erroneo da parte dell’orto-dontista passare tout court a questaseconda tipologia di trattamentosenza proporre la prima (magari per-ché egli non ha le competenze pergestire l’ortodonzia pre-post-chirurgiaortognatica), così come sarebberischioso da parte sua in un eventualecontenzioso non aver mantenuto trac-cia del fatto di aver informato ilpaziente di entrambe le alternative eche sia stato proprio il paziente, dopoesaustiva informazione a preferire edaccettare la seconda meno invasivama anche meno risolutiva opzioneterapeutica.

3 - Risultati conseguibili. È un ambitodi informazione estremamente delica-to in odontoiatria in genere, nei cuiriguardi il professionista deve oppor-tunamente spendere il massimo dellaprudenza, evitando di prospettarerisultati estetico-funzionali irraggiun-gibili o improbabili, onde “convince-re” il paziente a sottoporsi al tratta-mento. In ortodonzia le attese del

paziente si concentrano spesso massi-mamente sul risultato estetico, che, alcontrario del risultato funzionale nonha necessità di nozioni “tecnico-scien-tifiche” specifiche per essere apprez-zato, anzi per sua natura, rifugge daun inquadramento oggettivo e si con-nota di elementi di soggettività diffi-cilmente standardizzabili.L’ortodontista pertanto deve muovereda una preliminare comprensione diquelle che sono le attese estetiche delsoggetto (o dei genitori) riconducen-dole ove occorra a quelle realmenteconseguibili. Tanto maggiore è il diva-rio tra l’attesa dell’assistito ed il risul-tato concretamente perseguibile, tan-to maggiore dovrà essere l’impegnoinformativo dell’ortodontista e dell’o-dontoiatra in genere, teso a ridimen-sionare le attese e le speranze delpaziente fino a conseguirne il reale omeglio il dichiarato (per scritto) con-vincimento che le sue prefigurateaspettative ben potranno non essereraggiunte. Laddove l’assistito ponga leproprie irraggiungibili pretese comepregiudiziale per la decisione se sotto-porsi o meno al trattamento ortodon-tico/odontoiatrico, il professionistanon potrà che prudentemente aste-nersi dall’effettuazione della terapia,posto che, ove il paziente richieda unpreciso risultato, il professionista,accettando il contratto di cura, vinco-lerebbe al raggiungimento di talerisultato il giudizio di bontà/censura-bilità della propria attività professio-nale. Merita sottolineare che le attese

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“funzionali” (remissione della maloc-clusione) e le attese “estetiche” (cor-rezione di un modestissimo disallinea-mento dei denti, ad esempio) nonsono di per sé soggette ad impegniobbligazionari diversi. La regola gene-rale della responsabilità professionalemedica (medico-odontoiatra e medi-co-chirurgo) è quella dell’impegno dimezzi (diligenza, perizia, ecc.) teso alraggiungimento del risultato (guari-gione o miglioramento funziona-le/estetico) che rappresenta, come èovvio, l’obiettivo cui il paziente aspirae per cui decide si sottoporsi al tratta-mento ed al cui raggiungimento l’inte-ra opera del medico deve virtuosamen-te tendere. Nell’illustrare i risultati, per-tanto, l’ortodontista/odontoiatra nonpotrà esimersi dall’illustrare i benefici(funzionali e/o estetici) che egli si pro-pone e tenterà con la propria diligen-te e perita opera di raggiungere,ponendo riferimento a quel teoricopunto di arrivo (risultato) che, postetutte le limitazioni biologiche e tuttele complicanze imprevedibili, il pianoterapeutico si prefigge. A fronte delmancato conseguimento del risultato(estetico o funzionale, essendo peròquest’ultimo in genere meno percepi-to e valorizzato dal paziente ortodon-tico), così, non vi sarà acclarata colpaprofessionale, ma solo presunzione dicolpa da cui l’ortodontista potrà libe-rarsi provando che il fallimento parzia-le o totale della terapia è dovuto acausa a lui non imputabile, essendo daricondurre a complicanza imprevenibi-

le della cui possibilità, però, si era for-nita debita e compiuta informazione.Si ricorda che la regola richiamata perla fattispecie ortodontica è tutt’altroche specifica per tale disciplina, mavale per tutta la responsabilità medicaormai definitivamente ricondotta dacostante giurisprudenza nell’ambitodella responsabilità contrattuale. Nonsfugge, al contrario, la gravosità dellaposizione in cui verrebbe e trovarsil’ortodontista data anche la evane-scenza della prova (a suo carico) sutaluni elementi sfavorevoli quali lascarsa compliance del soggetto (chenon ha indossato l’apparecchio mobi-le quanto avrebbe dovuto, ad esem-pio) che ben possono aver causato ilcontestato fallimento della terapia.Mai quindi può essere dimenticato dalprofessionista che il “risultato” è ilpunto ideale di arrivo della terapia eche la sua precisa, concreta, realistica,onesta, talora prudentemente ispirataal minimo e non al massimo raggiun-gibile prospettazione, unitamente aduna opportuna registrazione/docu-mentazione del contenuto del rappor-to di cura rappresentano buone rego-le precauzionali del professionista avantaggio della trasparenza del rap-porto odontoiatra-paziente, del dove-re da un lato e del diritto dall’altro dicura, in grado di contribuire alla ridu-zione dei conflitti e del contenzioso.

4 - In caso di minori. L’atteggiamentopsicologico dei genitori va sempreindagato soprattutto ove il genitore sidimostri favorevole all’effettuazione

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di trattamenti radicali, per esempiorichiesta l’estrazione del dente inveceche una sua conservazione mediantecure appropriate, dovendosi indagaresulla consapevolezza che la decisionepresa implica conseguenze (sposta-mento denti attigui e in dentaturedecidue che permanenti) che gliimpongono controlli e terapie succes-sive ed ulteriori. L’adesione dell’adole-scente al trattamento odontoiatricodel resto, va ricercato non solo e nontanto sulla scorta di astratte racco-mandazioni etico-deontolgiche, masoprattutto per la consapevolezza cheun suo eventuale rifiuto, pur a frontedel legittimante consenso dei genitori,peserà in modo determinante suitempi della terapia (della ortodontiamobile ad esempio), sulla riuscita, sulmantenimento ed in definitiva sull’im-pegno e sui costi.

5 - Rischi, sequele, complicanze, impe-gno richiesto al paziente ecc. La cor-retta informazione non può prescinde-re da aspetti di rischio specifici ediversificati per ogni terapia ortodon-tica e di cui l’ortodontista dovrà sce-gliere se farne oggetto di informazio-ne ove dotati di una significativa ricor-renza ovvero se palesemente in gradodi influenzare la volontà decisionaledel paziente: è il caso ad esempio delpaziente che dichiara la sua intenzio-ne di non procedere ove vi sia nel suocaso, il rischio anche remoto di falli-mento ad esempio per anchilosi o rias-sorbimento radicolare in una terapiaindirizzata alla disinclusione di un

canino, preferendo in alternativaestrarre il dente e sostituirlo.Fondamentale passaggio di una com-pleta informazione preliminare ad untrattamento ortodontico è quella rife-rita all’impegno richiesto al pazientesoprattutto durante la terapia sia nel-l’applicare i mezzi ortodontici per iltempo e con le modalità prescritti dalcurante (è appena il caso di ricordarela informazione sulle modalità diapplicazione dovrà essere tanto piùscrupolosa quanto maggiore potrebbeessere il pericolo di danno da un usoincongruo, vedi trazioni extraorali,apparecchi applicati in soggetti chepraticano sport, ecc.) sia nel presen-tarsi ai controlli, sia nel seguire le indi-cazioni per l’igiene orale domiciliare eprofessionale sia nel rispettare lemodalità di pagamento dell’onorarioprofessionale. In merito alla efficaciacome elemento di discolpa di unapuntuale e costante opera informativadell’odontoiatra in un caso di insor-genza di multiple carie in corso diterapia ortodontica, appare interes-sante citare una sentenza del Trib. DiRoma (sez. 13° Civ. 9, 6.03.2004):“Non risulta, infatti, contestato che ilcontrollo esercitato dal sanitario nelcorso della terapia ortodontica avessecarattere generale, non limitandosialla verifica dell'evoluzione dell'inter-vento correttivo della malocclusione,ma estendendosi anche alle condizio-ni generali, ivi comprese quelle igieni-co-sanitarie, del paziente. Non risultacontestato, in particolare, che il dott.

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... sollecitasse ad ogni seduta il geni-tore del minore a curare che il medesi-mo osservasse una corretta igieneorale ... Appare del pari pacifico che ilsanitario abbia continuato a sottopor-re il paziente, anche successivamentealla conclusione del trattamento orto-dontico e per un periodo di sei mesicirca, a visite di controllo periodichecon cadenza mensile. Esclusa la ricon-ducibilità causale del processo cario-geno ad una condotta terapeuticainosservante delle regole dell'artemedica, ...I dati offerti (ndt: dallac.t.u.) dimostrano come la causa delprocesso cariogeno debba essere indi-viduata esclusivamente nell'accumulodi placca, a sua volta causato dallacondotta negligente ed autolesiva del-l'attore, che il convenuto non avevapossibilità di contrastare se non attra-verso una costante azione di sollecita-zione ed ammonimento”.

INFORMAZIONE NEL TRATTAMENTO PROTESICOE IMPLANTOPROTESICOIl settore protesico si caratterizza anch’es-so per una notevole complessità informa-tiva legata a fattori talora diversi rispettoa quelli già richiamati per l’ortodonzia.In particolare:1 - alternative terapeutiche, risultati

attesi ed impegno del paziente. Adifferenza dell’ambito ortodontico, inprotesi, nella maggioranza dei casiesistono plurime alternative praticabi-li, tutte diversificate in termini di

rischio/beneficio e che devono essereoggetto di particolare e puntualeinformazione all’assistito onde met-terlo in condizione di operare unascelta consapevole. Molti comuni casidi edentulia, ad esempio, possonoessere risolti con soluzioni alternativerappresentate da protesi fissa tradizio-nale (edentulia intercalare), da protesimista, da protesi mobile, da protesifissa su impianti (con o senza innestiossei, rialzi,splitting, ecc.). Già da que-sta riduttiva lista di previsioni, la cuicoesistenza in forma di alternative perun singolo caso è tutt’altro che infre-quente, si deduce la mole delle infor-mazioni che il protesista si trova adover erogare al paziente. Ogni alter-nativa è infatti dotata di proprie carat-teristiche che la diversificano da un’al-tra in termini di resa (una protesi fissaè dotata, come è ovvio, di migliorecapacità di riabilitazione e di confortper il paziente rispetto ad una mobile),di modalità (demolizione di tessutodentale per la protesi fissa su dentinaturali, ad esempio), di tempi (tempidell’osteointegrazione per gli impian-ti, ecc.), di rischi (rischio di non inte-grazione degli impianti, lesione distrutture anatomiche, ecc.), di prevedi-bilità del risultato (riassorbimento deibiomateriali, ecc.), di durata (usura,discromie dei denti delle protesi mobi-li, ecc.), di accorgimenti domiciliari enei controlli professionali richiesti alpaziente, di talora anche notevolediversità di costi immediati e neltempo. Tali informazioni, per di più,

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hanno un contenuto altamente spe-cialistico, che il protesista deve rimo-dulare nella forma in modo da render-le comprensibili al singolo paziente. Èovvio che il soggetto già portatore diprotesi o implantoprotesi avrà menodifficoltà a comprendere e l’operainformativa potrà ridursi all’essenziale(sulle modalità e non certamente suirischi del nuovo piano di trattamento),mentre un paziente che perviene perla prima volta a quel tipo di tratta-mento (si pensi ad una protesi mobiledopo la bonifica del cavo oralemediante multiple estrazioni) deveessere capillarmente informato anchesulle nozioni di base (ad esempio chele protesi mobili sono affette da unaineliminabile mobilità di variabilegrado). Se, per quanto attiene la pro-gettazione del risultato, vale quantorilevato per l’ortodonzia, certo è cheper il protesista l’attenzione da porrenella prefigurazione dei risultati,sovente diversificati, si moltiplica almoltiplicarsi delle alternative terapeu-tiche disponibili, sia come impegnonell’informare, sia come puntualità nelregistrare il contenuto del contratto dicura. Le potenzialità terapeutichedelle singole alternative devono esse-re ben stigmatizzate perché unitamen-te ai costi, ai rischi (di danno o di fal-limento) ed alla durata del trattamen-to nel tempo, rappresentano gli ele-menti su cui principalmente verterà lascelta del trattamento protesico cuisottoporsi da parte dell’assistito. Unaparticolare chiarezza deve caratteriz-

zare l’informazione di quei casi, piut-tosto frequenti in protesi, in cui il risul-tato a medio-lungo termine sia scarsa-mente predicibile per la occorrenza diuna serie di fattori patologici e di com-pliance (compromissione parodonta-le,diabete, fumo, scarsa igiene orale,scarsa assiduità nei controlli, ecc.) chepossono notevolmente influire sulladurata del trattamento ovvero deter-minarne un precoce fallimento.

2 - Rischi e impegno richiesto alpaziente. L’implantoprotesi è la disci-plina che più si connota di rischi didanno talvolta inevitabili (taluni ede-mi, ematomi, processi infettivi, falli-menti dell’osteointegrazione, ecc.),talvolta evitabili attraverso un accura-to iter diagnostico-terapeutico (esamiradiografici tridimensionali, ad esem-pio) o una scelta di mezzi implantolo-gici più appropriati (per tipologia edimensioni, ad esempio) e, quindi, daevitarsi dal diligente professionista,pena il profilarsi di ipotesi di colpaprofessionale con conseguente con-danna al risarcimento del dannocagionato al paziente. Soltanto i primi(inevitabili complicanze o sequele)devono essere oggetto di informazio-ne in quanto la loro accettazione daparte dell’assistito rientra nella porta-ta del consenso al trattamento, men-tre i secondi, in sostanza frutto di unerrore professionale, ne rimangonoesclusi, in quanto il pur consapevoleconsenso reso dall’assistito non legit-timerebbe un approccio diagnostico-terapeutico erroneo. In tal senso si

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riporta a titolo esemplificativo di unacostante giurisprudenza, la sentenzadella Corte di Cassazione Penale (Sez.VI, n. 11641 del 04.04.2006): ”Lamancanza del consenso del paziente ol'invalidità del consenso, determinanol'arbitrarietà del trattamento medicochirurgico e, quindi, la sua rilevanzapenale, in quanto compiuto in viola-zione della sfera personale del sogget-to e del suo diritto di decidere se per-mettere interventi estranei sul propriocorpo. Da questo angolo visuale, ilconsenso dell'avente diritto, ancorchèconsapevolmente prestato, perde effi-cacia se si risolve in una menomazio-ne permanente (deficit della occlusio-ne della bocca con conseguente inde-bolimento della funzione masticato-ria), la quale incide negativamente sulvalore sociale della persona umana”.Laddove o le condizioni ossee dei sitiimplantari o la scelta di particolaripresidi terapeutici (implantologia iux-taossea, ad esempio) o di entrambe lecondizioni facciano lievitare la percen-tuale di rischio di fallimento/lesione(immediata e tardiva) di tale rischiodeve essere adeguatamente informatoil paziente, pena il profilarsi di ovvieed inevitabili ipotesi di responsabilitàper il professionista. In tal senso unainteressaante sentenza del tribunaledi Bologna: “...che il quadro generaledell'attrice prima degli interventieffettuati dal convenuto ... - quadroben documentato da radiogrammi eTAC - evidenziava una alta percentua-le di rischio di insuccesso clinico, di cui

la ... non risulta essere stata informa-ta. Quindi la C.T.U. attesta la non ade-guata esecuzione del trattamentoimplanto-protesico effettuato, in par-ticolare avuto riguardo alla fattura edalla misura delle griglie utilizzate,sempre come emerge dalle immaginiradiografiche... conclude evidenzian-do come, a causa di tale trattamento,l'attrice abbia portato lesioni obietti-ve, riconducibili ad un'accentuazionesu base meccanico-flogistica dellepreesistente osteolisi del processomandibolare... Orbene, nel caso speci-fico in esame sussiste un comporta-mento totalmente omissivo del conve-nuto con riguardo al problema delconsenso informato”.

3 - Fasi e professionisti intervenuti. Inimplantologia è frequente, più che inaltre discipline odontoiatriche (orto-donzia, conservativa, parodontologia,ecc.), l’intervento combinato o in fasisuccessive di due o più professionisti.Esistono piani terapeutici complessiche vedono l’intervento dello speciali-sta in chirurgia maxillo-facciale cheesegue in anestesia generale un inne-sto con prelievo da sede extraorale(cresta iliaca, teca, ecc.), dell’ implan-tologo per l’inserimento di viti implan-tari, del protesista per la riabilitazioneprotesica e dei follow-up e da ultimodell’igienista per i richiami di igieneprofessionale. Ogni fase è dotata diproprie caratteristiche, rischi, benefi-ci,impegni da sottoporre all’assistitonell’ambito dell’informazione, ma daparte di quale professionista? In linea

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generale si ritiene che il contenutodell’informazione dell’intervento ma-xillo-facciale condotto in narcosi siconnota di un contenuto altamentespecialistico che per lo più esula dallacompetenza odontoiatrica e che a tuttigli effetti ricade in forma di obbligoesclusivamente sull’anestesista e sullospecialista in chirurgia maxillo-faccialeper le parti di rispettiva competenza.Meno netta, per non dire sfuggente, ladistinzione di competenza tra il protesi-sta e l’implantologo, giacché si trattasempre di due odontoiatri, ancorchédedicati in via elettiva a due diversediscipline, per di più fortemente embri-cate tra di loro tanto che, correttamen-te, si deve parlare di trattamentoimplantoprotesico. La regola, quindi,non può che essere quella di una scru-polosa opera di informazione da partedi entrambi nei confronti dell’assistito,meglio se congiunta in modo che l’unopossa verificare/supplire alle eventualicarenze informative dell’altro profes-sionista ed integrarle.

INFORMAZIONE IN ALTRE DISCIPLINE(ENDODONZIA, CONSERVATIVA,PARODONTOLOGIA). La scelta di non trattare nel dettaglio tuttele discipline odontoiatriche non discendetanto da motivi editoriali, quanto esoprattutto dalla consapevolezza chemolti concetti dovrebbero di necessitàessere ripetuti e riproposti tout courtsenza poterne segnalare elementi o spun-ti di interesse in più rispetto a quanto già

evidenziato per le discipline odontoiatri-che sopra trattate. Merita rilevare, soprat-tutto in riferimento alla odontoiatria con-servativa, che essa sovente propone trat-tamenti per cui l’assistito ha già delleconoscenze di base (si può presumere chepraticamente chiunque sappia che cosa èuna otturazione), rimanendo però un pre-ciso onere informativo quello relativo aimateriali (la scelta fra composito ed amal-gama, ad esempio) e la necessaria chia-rezza che deve riguardare la scelta dialternative minimali (scelta di ricostruireun dente invece che coprirlo con coronaprotesica) che comportino rischio per l’e-lemento dentario. L’endodonzia è unadisciplina che propone in sé poche alter-native (a parte le tecniche utilizzabili –tipo condensazione verticale o laterale-che non rientrano certo nella informazio-ne e nelle opzioni si scelta dell’assistito -cifra pag. 60). Attenta deve invece esserel’informazione circa l’incidenza dei falli-menti, tutt’altro che trascurabile, in specieladdove la recidiva della patologia endo-dontica sia in grado di compromettereuna protesi sovraapplicata. Appare quasisuperfluo ricordare che in caso di inciden-te (rottura di frammento di strumentoall’interno del canale) il paziente deveessere informato subito e per l’eventualeinvio a professionista con strumentazione(microscopio) in grado di rimuoverlo e perstabilire eventuali controlli seriati (laddo-ve il sigillo apicale non sembri compro-messo dal frammento di strumento) e perevitare che futuri riscontri “fortuiti” delframmento (su una OPT ad esempio senzache magari si sia provocata alcuna pato-

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logia apicale) induca il paziente ad unanegativa considerazione dell’operato pro-fessionale. La parodontologia è la discipli-na odontoiatrica per cui si deve esasperarenell’informazione il grado di collaborazio-ne/compliance richiesto al paziente duran-te e dopo il trattamento parodontale, permantenere il risultato raggiunto ed impedi-re nuove poussè della patologia parodon-tale; ulteriormente da stigmatizzare l’incer-tezza del risultato non solo conseguibilealla fine del trattamento, ma anche esoprattutto nel tempo, proprio per l’anda-mento ciclico della patologia parodontalelegata a fattori locali, sistemici come allascrupolosità del paziente nel seguire concostanza le prescrizioni per l’igiene oraledomiciliare (talora impegnative).

INFORMAZIONE IN ODONTOIATRIAGERIATRICA. L’odontoiatria geriatrica rappresenta unadisciplina in naturale aumento tenutoconto del progressivo invecchiamentodella popolazione e che, diversamente dalpassato, non consente un esclusivo o pre-valente riferimento a soggetti portatori diprotesi mobile. L’ aumento medio di salu-te orale consente, infatti, a soggetti nelleultime decadi di vita di avere ancora moltielementi dentari. In queste circostanze leproblematiche inerenti l’erogazione del-l’informazione e l’acquisizione del con-senso possono essere ricondotte a dueordini di fattori. Da un lato la coesistenzadi patologie sistemiche e/o locali del cavoorale che possono incidere sulla scelta deltrattamento, sull’incidenza di rischi e/o

complicanze legate all’anestesia locale oad un ritardo di guarigione, sono elemen-ti non solo da porre al vaglio di accurato especifico esame obiettivo ed anamestico,ma devono anche essere oggetto di infor-mativa al paziente. Dall’altro lato si devetener conto delle difficoltà di comunica-zione che l’odontoiatra potrebbe riscon-trare in persone molto anziane, magaricon difficoltà nella comprensione, o addi-rittura con un iniziale decadimento cogni-tivo, che spesso è difficilmente valutabilenel suo significato clinico, ma che può farlegittimamente sorgere dubbi circa lareale capacità di comprensione del sog-getto e quindi circa la validità del consen-so da lui espresso.L’odontoiatra non potrà procedere nem-meno ad una iniziale prospettazione dellealternative praticabili se non dopo averevagliato con attenzione:• Condizioni sociali: importante sincerarsi

se il soggetto viva da solo o in famigliaovvero in una residenza per anziani, ele-menti che possono condizionare la scel-ta terapeutica soprattutto in relazionealle necessità di cure domiciliari in sog-getti solo parzialmente autosufficienti,per cui, in assenza di una collaborazioneesterna (familiari, infermieri, ecc.) per ilmantenimento dell’igiene del cavo orale,ad esempio potrebbe essere preferibileun trattamento più cruento, ma cherichieda una scarsa o assente necessitàdi collaborazione a domicilio. Di tali ele-menti (alternative e relativo grado dicompliance richiesto) deve essere esau-stivamente informato il soggetto e -d’accordo con l’anziano - i familiari/infer-

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mieri che di lui si prendono cura in fami-glia o nella residenza per anziani

• Anamnesi farmacologica per la coesi-stenza di quadri pluripatologici che pos-sono incidere sul trattamento odontoia-trico (ritardo di cicatrizzazione inpazienti diabetici, discoagulopatie insoggetti in trattamento con anticoagu-lanti o antiaggreganti, ecc.); per cui ilsoggetto deve essere informato circa lapossibilità dei correlati eventi avversi,ma anche della necessità, magari, disospendere i trattamenti medesimi esostituirli con altri, prima di affrontarel’intervento odontoiatrico. Trattandosi disoggetti anziani e considerando i rischicui è possibile incorrere se il soggettonon segue correttamente le indicazioni,è doveroso per il sanitario sincerarsi del-l’effettiva comprensione del paziente edella sua capacità di attuare le richiestemodifiche della terapia farmacologica,in alternativa dovendo ricorrere all’infor-mazione dei familiari/conviventi o delmedico curante.

• Accertamento delle abitudini voluttua-rie (fumo, alcool), fattori che possonocondizionare pesantemente il risultatodi un trattamento e di cui il pazientedeve essere esaustivamente informato.Trattasi di abitudini difficilmente modi-ficabili in un soggetto anziano e di cui ilsanitario deve tener conto nella sceltadi un trattamento rispetto ad un altro.

Al momento della prospettazione dellediverse alternative terapeutiche, l’informa-zione deve di necessità, incardinarsi su:1 - Una esaustiva informazione sui costi e

sul preventivo di ogni alternativa. Da

sottolineare che se il paziente non è ingrado, in quanto indigente, di poteraffrontare spese, anche contenute, peril trattamento proposto, è precisodovere dell’odontoiatra attivarsi ma-gari contattando il medico curante e/ol’assistente sociale (se il soggettoabita da solo o in una residenza sani-taria assistita) o i familiari (se abita infamiglia), affinché il paziente possacomunque usufruire di cure adeguatein altra struttura (pubblica, convenzio-nata, ecc.). Sono situazioni in cui deveessere evitato che il soggetto si sentasolo, abbandonato a sé stesso ed inca-pace di usufruire di trattamenti che,seppur non salvavita, possono inciderepesantemente sui rapporti relazionalio determinare problemi masticatori(che nel tempo, in paziente anziani,soprattutto se soli, possono comporta-re disturbi alimentari).

2 - Una parte dell’informazione nel pa-ziente anziano dovrebbe spendersianche a fini preventivi, invitando ilsoggetto, magari forte fumatore e por-tatore di protesi, a non trascurare mail’eventuale insorgenza di lesioni persi-stenti delle mucose, ancorchè piccolee non dolenti, raccomandando disegnalarlo tempestivamente all’odon-toiatra o al medico curante.

INFORMAZIONE IN ODONTOIATRIAPER IL DIVERSAMENTE ABILEPer pazienti diversamente abili si intendo-no in questo contesto coloro i quali, perpatologia congenita o acquisita, incidente

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sulla sfera psichica e/o fisica, abbiano dif-ficoltà a sottoporsi al trattamento odon-toiatrico, sia relativamente ai presuppostidi liceità dello stesso (capacità di espres-sione di un valido consenso, come giàampiamente trattato nel capitolo prece-dente) sia alle possibilità di pericolo con-nesse alla esecuzione tecnica del tratta-mento medesimo (impossibilità di colla-borazione, stato di agitazione, cloni, tri-sma...), elemento di cui ci occuperemo nelpresente paragrafo, in relazione dunqueall’informativa da erogare al pazientestesso o al rappresentante legale.L’odontoiatria dei diversamente abili è unadisciplina relativamente recente per cuiancora oggi ne appare assai problematicala diffusione per la scarsità di professioni-sti e di strutture specializzate e la carenzadi approcci specifici sperimentati su cam-pioni statisticamente significativi di popo-lazione; tutti elementi che creano difficol-tà sia al tentativo di fornire indicazionicomportamentali sia all’approccio valuta-tivo tecnico della condotta professionaledell’odontoiatra che abbia operato su unpaziente disabile. In riferimento al consen-so e dunque alla informativa che lo prece-de, non si può prescindere dalla necessitàdi un corretto inquadramento della pato-logia che sostiene la disabilità come puntodi partenza di un approccio diagnosticocompleto e, quindi, come elemento impre-scindibile per operare una valida sceltaterapeutica, i cui elementi cardine posso-no in estrema sintesi ritenersi:• l’accertamento del tipo di disabilità e

del connesso grado di intendere e divolere. Sovente l’odontoiatra può per-

venire a tale tipo di accertamento sol-tanto mediante l’ausilio ed il consultocon altri specialisti (neurologo, psichia-tra, psicologo, ecc.) che indirizzano l’o-dontoiatra ad inquadrare la eventualenon capacità del soggetto sia in riferi-mento a deficit neurologici primitivi oeventualmente indotti dalle terapie far-macologiche in essere;

• l’informazione non può essere erogatase non dopo una accurata attività dia-gnostica volta a: - accertare le condizioni stomato-

gnatiche - rischi specifici. Per ilpaziente affetto da disabilità la valu-tazione delle condizioni del cavo oraleimplica, oltre alla considerazione dellepatologie orali in senso stretto, appro-fondite ed ulteriori valutazioni atti-nenti quei fattori di rischio/manifesta-zioni patologiche orali (iperplasie gen-givali, infezioni ricorrenti, ecc.) legatiad eventuali patologie sistemiche(diabete, ipertensione, ecc.) ed ai rela-tivi trattamenti farmacologici oltrealla valutazione del rischio che alcunemanifestazioni patologiche sistemichepossono produrre ripercussioni anchegravi sul cavo orale (crisi epilettichecon possibili traumatismi dentali emascellari, che potrebbe sconsigliare ilricorso a implantologia, o ad applica-zione di apparecchi ortodontici, nelsettore anteriore, ad esempio).

- Individuare le patologie del cavoorale da trattare - scelta del trat-tamento. A fronte dell’accertamentodi tutte le condizioni patologiche delcavo orale per cui necessita disporre

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un adeguato trattamento, l’odontoia-tra deve operare delle scelte sullabase di un preciso bilanciamento delrapporto rischio/beneficio, posto che,mentre il beneficio da valutare èsostanzialmente legato al migliora-mento/guarigione della affezione oro-dentale, la tipologia dei rischi puòessere duplice:

- Rischi di insuccesso/fallimento dellaterapia odontoiatrica (ivi compresi irischi legati all’anestesia loco-regiona-le) che risultano correlati a:

•condizioni patologiche locali e siste-miche in grado di ridurre, quantome-no, la durata del trattamento se non dicomprometterlo (difetti di occlusione,disturbi dell’alimentazione, disfunzio-ni, terapie farmacologiche, ecc.);

•possibilità di ricorrere ad accertamen-ti radiografici e ad impronte propor-zionalmente correlata al grado di col-laborazione del soggetto;

•possibilità che il trattamento realizza-to mediante l’applicazione di protesi oapparecchi ortodontici, possa esporreil soggetto al rischio di lesione (trau-mi, ab ingestis, ecc.);

•grado di accettazione e di collabora-zione che sono prospettabili da partedel soggetto nel mantenimento dellasalute del cavo orale;

•grado di accettazione del trattamentoda parte dei genitori/tutori;

•grado di collaborazione da parte deigenitori/tutori al mantenimento delrisultato terapeutico ottenuto ovveroad una generale buona condizione delcavo orale del disabile. Le realistiche

possibilità di mantenimento e di dura-ta di un trattamento vanno attenta-mente considerate in ogni caso verifi-cando anche la specificità delle stessesoprattutto laddove il soggetto siaospite in un istituto di cura e, quindi,affidato a cure di personale non istrui-bile da parte dell’odontoiatra conte-stualmente all’effettuazione del pianodi trattamento.

- Rischi legati all’anestesia generaleo alla sedazione cosciente. Nel sog-getto scarsamente collaborante lad-dove non sia possibile condurre il trat-tamento in anestesia loco-regionalenemmeno mediante una blanda con-tenzione, sovente è necessario ricorre-re alla anestesia generale o alla seda-zione cosciente e talvolta non solo perattuare il vero e proprio trattamento,ma anche per routinari esami stru-mentali o diagnostici (ispezione, ecc.).La tipologia, la durata e la sommini-strazione dell’anestesia generale è dicompetenza dello specialista in ane-stesiologia, cui spetterà la precisavalutazione dei rischi legati all’indu-zione anestesiologica nello specificosoggetto, di cui dovrà fornire compiu-ta informazione al soggetto ed aigenitori/tutori. Naturalmente, però, ilrischio anestesiologico pesa nel bilan-ciamento dei rischi/benefici in modosignificativo, rimanendo da esso con-dizionate la scelta di trattamenti checomportino una o poche sedute innarcosi, la scelta di trattamenti piùradicali per evitare il rischio di recidi-ve, la necessità di disporre durante la

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narcosi sia atti diagnostici sia la con-seguente scelta interaoperatoria diatti terapeutici (radiografie di undente, decisione sull’estrazione o ottu-razione e conservazione) con conse-guente necessità di allestimento stru-mentale variegato, l’opportunità didisporre più atti diagnostici o chirurgi-ci anche in distretti corporei diversicon l’intervento di più specialisti cheoperano nel settore di propria compe-tenza (intervento odontoiatrico eradiografia in un arto, interventoodontoiatrico seguito da uno oculisti-co, ecc.) prolungando semmai iltempo di anestesia generale (in casodi due o più interventi) invece cheripeterla a distanza di poco tempo.Un’alternativa alla anestesia generale,essenzialmente in soggetti solo par-zialmente collaboranti, può essererappresentata dalla sedazione co-sciente, naturalmente anche di questapossibilità alternativa deve essereinformato l’assistito /tutore, e soprat-tutto l’informazione dovrà investireanche i rischi (legati alla interazionedei farmaci con la terapia assunta dalpaziente; reazioni anafilattiche, possi-bilità di sconfinare nella sedazioneprofonda, ecc.) e le possibilità di com-plicanze che si possono manifestareanche dopo che il soggetto ha termi-nato la seduta odontoiatrica e quindinon è più sotto il controllo del sanita-rio. Peraltro, la scelta di ricorrere asedazione cosciente o ad anestesiagenerale potrebbe essere considerataper alcune disabilità come il tratta-

mento di prima scelta, consentendo dipoter risolvere, in un’unica seduta,molteplici problemi odontoiatrici(estrazioni, otturazioni, courettage,ecc.) evitandosi al disabile seduteodontoiatriche numerose, (delle qualialcune perse almeno in parte per lascarsa collaborazione), moltiplicando-si la ricorrenza del rischio per il disabi-le ed il gravoso impegno psicologico epartecipativo per la famiglia.

Tutto ciò che precede deve rappresentareoggetto di informativa tesa ad acquisireun consenso valido, la cui espressione, oveil disabile non sia in grado di manifestarlae non sia presente un legale rappresen-tante, deve essere ricercata in forma spe-cifica come si è detto (cfr. Cap. 2).

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