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I T A L I A N F O O D L A W A S S O C I A T I O N A S S O C I A Z I O N E IT A LIA N A D IR IT T O A L I M E N T A R E rivista di diritto alimentare www.rivistadirittoalimentare.it Anno VIII, numero 3 - Luglio-Settembre 2014 45 Dalla padella alla brace: la Piadina Romagnola IGP, dal “testo” al Consiglio di Stato Valeria Paganizza La recente sentenza del TAR Lazio (Sez. II-ter), n. 5148/2014, depositata il 15 maggio 2014, offre l’occa- sione per un approfondimento che, partendo dalla vicenda della domanda di riconoscimento della Piadina Romagnola IGP, giunge a valutare le possibili implicazioni della suddetta pronuncia. Nessuna pre- sunzione di esaustività, ma una semplice riflessione critica sull’uso e il misuso di uno strumento fornito dall’Unione europea con l’intento di valorizzare i prodotti per il loro particolare legame con uno specifi- co e ben delimitato territorio. 1.- La Piadina Romagnola IGP Al momento della stesura di questo lavoro 1 , il percor- so che porta al riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta “Piadina Romagnola” non si è ancora concluso. Dalla pubblicazione della domanda e del documento unico, avvenuta in GUUE C 153, del 21 maggio 2014, trascorreranno, infatti, tre mesi, entro i quali le autorità di uno Stato membro o di un Paese terzo, o una persona fisica o giuridica che, stabilita al di fuori dell’Unione europea, abbia un interesse legitti- mo, potranno presentare un’opposizione, notifican- dola alla Commissione. Anche le tappe sinora compiute nel percorso verso il riconoscimento non sono state prive di asperità e la vicenda in esame ne è la prova: una diatriba più che decennale, che di certo non può dirsi risolta con la pubblicazione della domanda di registrazione e del documento unico, né, tantomeno, con la sentenza del TAR Lazio che qui si esamina. Il percorso per il riconoscimento della IGP a favore della Piadina Romagnola inizia già nel 2002, quando una prima domanda di riconoscimento viene proposta dalla Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media industria di Ravenna, approvata con atto deliberativo della Giunta Regionale, n. 1415 del 02 agosto 2002 2 . L’indicazione, all’interno del Disciplinare, del solo impiego di farina “00” determina una repentina richiesta di modifica dello stesso: per incontrare le esigenze dei produttori riminesi si prevede la possibilità di utilizzo anche della farina “0” 3 . Si costituiscono frattanto diverse associazioni con l’o- biettivo di ottenere l’ambito riconoscimento. Nel 2005, l’Associazione Produttori Piadina della Provincia di Rimini e l’Associazione per la promozione Piadina Romagnola IGP presentano una domanda congiunta di registrazione per i marchi “IGP - Piadina Romagnola Riminese” e “IGP - Piadina Romagnola Terre di Romagna” 4 . A seguito dell’entrata in vigore del Regolamento (CE) n. 510/2006, l’Associazione pro- duttori piadina della provincia di Rimini e l’Associazione per la promozione piadina romagnola IGP, presentano congiuntamente una nuova proposta di registrazione (24 luglio 2007, prot. n. 2007.0194089, inoltrata con nota del 19 luglio 2007), cui segue la pubblicazione della scheda tecnica rias- suntiva, nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia- Romagna n.170, del giorno 8 ottobre 2008. Ad essa segue la Determinazione del responsabile del servizio valorizzazione delle produzioni, 25 novembre 2008, n. 15177 5 che esprime parere favorevole alla regis- trazione. Le vicende che caratterizzano il percorso di riconoscimento della IGP continuano a susseguirsi, sino alla costituzione del Consorzio di Promozione della Piadina Romagnola (CO.P.ROM.), il quale suc- cede all’Associazione Produttori Piadina della Provincia di Rimini e all’Associazione per la Promozione della Piadina Romagnola IGP (nota del 15 dicembre 2011). Sulla richiesta di registrazione, il MIPAAF esprime parere favorevole, con comunicato del 28 gennaio 2012 n. 58217, sul riconoscimento della denominazione “Piadina romagnola”. Tra alterne ( 1 ) Al 12 Luglio 2014 il procedimento non si è ancora concluso, essendo in corso il periodo di tre mesi successivo alla pubblicazione della domanda di registrazione della IGP, ai fini di un’eventuale opposizione. ( 2 ) Si veda il Comunicato del Direttore Generale Agricoltura, in BUR Emilia-Romagna, 2002, 66. ( 3 ) Si veda il Comunicato del Direttore Generale Agricoltura – Integrazione del Disciplinare della Indicazione Geografica Protetta (IGP) “Piadina Romagnola”, in BUR Emilia-Romagna, 2003, 50. ( 4 ) Si veda il Comunicato del Direttore Generale Agricoltura - Richiesta di registrazione IGP “Piadina Romagnola Riminese” e IGP “Piadina Romagnola” - Terre di Romagna, BUR Emilia-Romagna, 2005,70 ( 5 ) In BUR Emilia-Romagna, 2003, 81.

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Dalla padella alla brace:la Piadina Romagnola IGP,dal “testo” al Consiglio di Stato

Valeria Paganizza

La recente sentenza del TAR Lazio (Sez. II-ter), n.5148/2014, depositata il 15 maggio 2014, offre l’occa-sione per un approfondimento che, partendo dallavicenda della domanda di riconoscimento dellaPiadina Romagnola IGP, giunge a valutare le possibiliimplicazioni della suddetta pronuncia. Nessuna pre-sunzione di esaustività, ma una semplice riflessionecritica sull’uso e il misuso di uno strumento fornitodall’Unione europea con l’intento di valorizzare iprodotti per il loro particolare legame con uno specifi-co e ben delimitato territorio.

1.- La Piadina Romagnola IGP

Al momento della stesura di questo lavoro1, il percor-so che porta al riconoscimento dell’IndicazioneGeografica Protetta “Piadina Romagnola” non si èancora concluso. Dalla pubblicazione della domandae del documento unico, avvenuta in GUUE C 153, del21 maggio 2014, trascorreranno, infatti, tre mesi, entroi quali le autorità di uno Stato membro o di un Paeseterzo, o una persona fisica o giuridica che, stabilita aldi fuori dell’Unione europea, abbia un interesse legitti-mo, potranno presentare un’opposizione, notifican-dola alla Commissione.Anche le tappe sinora compiute nel percorso verso ilriconoscimento non sono state prive di asperità e lavicenda in esame ne è la prova: una diatriba più chedecennale, che di certo non può dirsi risolta con lapubblicazione della domanda di registrazione e deldocumento unico, né, tantomeno, con la sentenza delTAR Lazio che qui si esamina.

Il percorso per il riconoscimento della IGP a favoredella Piadina Romagnola inizia già nel 2002, quandouna prima domanda di riconoscimento viene propostadalla Confederazione nazionale dell’artigianato e dellapiccola e media industria di Ravenna, approvata conatto deliberativo della Giunta Regionale, n. 1415 del02 agosto 20022. L’indicazione, all’interno delDisciplinare, del solo impiego di farina “00” determinauna repentina richiesta di modifica dello stesso: perincontrare le esigenze dei produttori riminesi siprevede la possibilità di utilizzo anche della farina “0”3.Si costituiscono frattanto diverse associazioni con l’o-biettivo di ottenere l’ambito riconoscimento. Nel 2005,l’Associazione Produttori Piadina della Provincia diRimini e l’Associazione per la promozione PiadinaRomagnola IGP presentano una domanda congiuntadi registrazione per i marchi “IGP - PiadinaRomagnola Riminese” e “IGP - Piadina RomagnolaTerre di Romagna”4. A seguito dell’entrata in vigore delRegolamento (CE) n. 510/2006, l’Associazione pro-duttori piadina della provincia di Rimini el’Associazione per la promozione piadina romagnolaIGP, presentano congiuntamente una nuova propostadi registrazione (24 luglio 2007, prot. n.2007.0194089, inoltrata con nota del 19 luglio 2007),cui segue la pubblicazione della scheda tecnica rias-suntiva, nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna n.170, del giorno 8 ottobre 2008. Ad essasegue la Determinazione del responsabile del serviziovalorizzazione delle produzioni, 25 novembre 2008, n.151775 che esprime parere favorevole alla regis-trazione. Le vicende che caratterizzano il percorso diriconoscimento della IGP continuano a susseguirsi,sino alla costituzione del Consorzio di Promozionedella Piadina Romagnola (CO.P.ROM.), il quale suc-cede all’Associazione Produttori Piadina dellaProvincia di Rimini e all’Associazione per laPromozione della Piadina Romagnola IGP (nota del15 dicembre 2011). Sulla richiesta di registrazione, ilMIPAAF esprime parere favorevole, con comunicatodel 28 gennaio 2012 n. 58217, sul riconoscimentodella denominazione “Piadina romagnola”. Tra alterne

(1) Al 12 Luglio 2014 il procedimento non si è ancora concluso, essendo in corso il periodo di tre mesi successivo alla pubblicazione delladomanda di registrazione della IGP, ai fini di un’eventuale opposizione.(2) Si veda il Comunicato del Direttore Generale Agricoltura, in BUR Emilia-Romagna, 2002, 66.(3) Si veda il Comunicato del Direttore Generale Agricoltura – Integrazione del Disciplinare della Indicazione Geografica Protetta (IGP)“Piadina Romagnola”, in BUR Emilia-Romagna, 2003, 50.(4) Si veda il Comunicato del Direttore Generale Agricoltura - Richiesta di registrazione IGP “Piadina Romagnola Riminese” e IGP“Piadina Romagnola” - Terre di Romagna, BUR Emilia-Romagna, 2005,70(5) In BUR Emilia-Romagna, 2003, 81.

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vicende che vedono contrapposti i “puristi” dellaPiadina romagnola6, alle istanze dell’industria, cheinsiste per la previsione di utilizzo di metodi di sosteg-no alla conservazione (leggi “alcool”), si giunge alladefinizione della domanda volta ad ottenere la regis-trazione della denominazione “PiadinaRomagnola/Piada Romagnola”. Con nota prot. 5580del 7 dicembre 2012, il MIPAAF trasmette la docu-mentazione alla Commissione UE. Con decreto del 27dicembre 2012, è infine riconosciuta la protezionetransitoria alla denominazione per la quale è stata pro-posta domanda. L’Istituzione europea chiede tuttaviaalcune modifiche al Disciplinare, su cui il Ministeroprovvede con nota del 3 luglio 2013 e successivoDecreto Ministeriale 8 luglio 2013, n. 69596. In parti-colare, è ampliato l’articolo 6, concernente gli elemen-ti che comprovano il legame con il territorio. Maggiorespazio è attribuito alla descrizione dell’evoluzionedella tipologia di produzione (da casalinga, ad arti-gianale, a industriale), così come alla precisazionedelle caratteristiche reputazionali che radicano la“Piadina Romagnola” nell’area geografica di pro-duzione delimitata dal Disciplinare.Nel frattempo, con decreto ministeriale 28 giugno2013, n. 69310, è stato nominato l’organismo incarica-to di effettuare le attività di controllo e vigilanza.

2.- Il Disciplinare

Il Disciplinare di produzione della Piadina o PiadaRomagnola (perché duplice è la possibile denomi-nazione), nella versione del luglio 2013, la descrivecome prodotto i cui ingredienti caratteristici sono fari-na di grano tenero, acqua, grassi e sale. Come perogni prodotto strettamente legato alla tradizione di unaparticolare area geografica, anche per la piadinaesistono ricette che variano da luogo a luogo e dafamiglia a famiglia. Così il Disciplinare, da un lato, las-cia la possibilità di aggiungere alcuni ingredientiopzionali (come il lievito), dall’altro, distingue tra la“Piadina/Piada Romagnola” e la sua versione “allaRiminese”: rispetto alla prima, la seconda è più sottile

e flessibile (spessore fino a tre mm, contro i 4-8 dellaprima) e ampia (23-30 cm di diametro nella versione“alla Riminese”, contro i 15-25 della “PiadinaRomagnola”). Nel rispetto della tradizione, il Disciplinare vietal’utilizzo di conservanti, aromi e/o altri additivi. Tuttavia– e questo è uno dei punti più controversi della disfidadella piadina – consente l’utilizzo dell’atmosferamodificata e/o di alcool naturale, nonché il ricorso allasurgelazione o alla congelazione, ai fini dellaconservazione.E veniamo al punto cruciale: la zona di produzione.Nonostante l’attribuzione geografica, la piadina non èdi certo prodotta solo in Romagna. Anzi, è possibileimbattersi nel noto panificato dall’Emilia sino alleMarche, senza contare la Repubblica di San Marino. IlDisciplinare circoscrive tuttavia l’area di produzionealle province di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna e inparte Bologna (è assunta quale linea di confine ilcorso storico del fiume Sillaro). Il riconoscimento dellaIGP (ma già solo il regime di protezione transitoria)esclude dunque la possibilità di utilizzare la denomi-nazione “Piadina Romagnola” al di fuori delle province(e dei comuni) specificatamente elencati nelDisciplinare.Per quanto concerne l’etichetta del prodotto (e qui dicerto non stiamo pensando al chiosco a righe verticaliche dispensa fragranti e caldi involti), dal Disciplinarerisultano alcune prescrizioni sul logo (gallo stilizzatocon spiga di grano), sui colori, sui caratteri e sulle indi-cazioni che possono essere fornite ai consumatori. Inparticolare, potrà essere evidenziata la “lavorazionetradizionale manuale” solo qualora almeno tre dellefasi di preparazione dell’impasto, porzionatura, lami-natura e cottura siano realizzate manualmente,purché il confezionamento non sia chiuso. Caratteri,colori e dimensioni dovranno essere i medesimi diquelli impiegati per l’aggettivo “Romagnola”.L’ultimo paragrafo dell’articolo 8 consente l’utilizzo diindicazioni facoltative “a garanzia del consumatore”, diinformazioni di carattere nutrizionale, di ragioni socialio marchi privati purché privi di carattere laudativo edecettivo.

(6) Il riferimento è condotto in particolare alla netta opposizione di Confesercenti di Cesena, Forlì e Ravenna e della rappresentanza Slow-Food Emilia-Romagna, convinte sostenitrici della distinzione e non assimilazione della Piadina Romagnola “dei chioschi” rispetto al prodottoindustriale. Si rinvia a: http://www.confesercenticesenate.com/conf/index.php?option=com_content&view=article&id=374:confesercenti-invia-al-ministero-le-osservazioni-contro-ligp-alla-piadina-industriale&catid=13:comunicati [ultimo accesso 13 agosto 2014].

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3.- Criticità

Nulla di più semplice: un Disciplinare tutto sommatobreve, lineare, con previsioni chiare.Questo in apparenza. Appena si associa il profilopratico applicativo a quello “normativo”, qualcosastride. Pensiamo alla descrizione: «La “PiadinaRomagnola” o “Piada Romagnola” è un prodotto abase di farina di grano tenero con aggiunta di acqua,grassi, sale ed alcuni ingredienti opzionali». Sescorriamo il Disciplinare alla ricerca degli ingredientifacoltativi, all’articolo 5, troviamo gli agenti lievitanti(carbonato acido di sodio, difosfato disodico, amido dimais o frumento), cui si aggiunge la possibilità diutilizzo di alcool naturale ai fini della conservazione. Come si diceva, la Piadina, proprio perché prodottodella tradizione popolare, ha una ricetta dalle millevarianti: chi aggiunge lo zucchero, chi il latte, chi ilmiele. Tutti questi ingredienti, però, non appartengonoal novero delle materie prime della PiadinaRomagnola. Ecco che tanto il piccolo chiosco, quantoil grande produttore la cui ricetta, magari tramandatada generazioni, prevede uno di questi componenti, sitroverà di fronte all’ardua scelta se rinunciare all’ingre-diente, e poter utilizzare il segno di qualità (purchésiano rispettati gli altri requisiti imposti dalDisciplinare) o, viceversa, decidere di mantenere ilproprio prodotto inalterato, senza il pregio dell’indi-cazione geografica protetta.Ancora, il Disciplinare non menziona il lievito madre: cisi potrebbe interrogare se la mancata previsioneimpedisca il suo utilizzo o se, dato che tra le materieprime sono comunque comprese farina e acqua, chesono anche componenti dell’ingrediente composto“lievito madre”, allora possa ritenersi implicitamenteammesso. È chiaro che non avrebbe senso autoriz-zare l’utilizzo di lieviti ed escludere l’impiego dellapasta madre. Certo è che, in assenza di una previ-sione specifica, potrebbero non mancare i sostenitoridella tesi restrittiva, secondo cui deve intendersi vieta-to quanto non sia espressamente ammesso. Ciò che ha fatto discutere (e continua a destare perp-lessità) è la sensazione che il Disciplinare sia statodisegnato più sulle esigenze dell’industria che suquelle dei piccoli produttori. Al di là, infatti, della man-cata menzione di ingredienti utilizzati tradizionalmentein alcune varianti della ricetta, vi è la previsione che lapiadina “possa” essere immessa «in commercio perun consumo immediato, eventualmente» avvolta «insemplici involucri cartacei non sigillati». Sembra quasiche il Disciplinare faccia della regola, l’eccezione: la

reputazione della Piadina Romagnola è fortementelegata all’immagine del chiosco e del consumo imme-diato. La “possibilità” dovrebbe esser invece posta alcontrario ed evidenziata in relazione alla piadina pre-confezionata: di norma la Piadina Romagnola è servi-ta e consumata all’istante, eventualmente avvolta inun involucro non sigillato, con la previsione della pos-sibilità di essere venduta in confezioni sigillate.A ciò si aggiunga quanto indicato sui termini di conser-vazione in regime di surgelazione e congelazione:pensare che la Piadina Romagnola possa esser postain commercio congelata o surgelata è quanto di piùlontano vi sia dalla “reputazione” che dovrebbe fon-dare la richiesta di registrazione dell’indicazionegeografica protetta (articolo 6 del Disciplinare).È pur vero che, per tentare di “salvaguardare” la pic-cola produzione, è stata introdotta la possibilità di indi-care “lavorazione manuale” nell’ipotesi in cui almenotre fasi tra impasto, porzionatura, laminatura e cotturasiano realizzate manualmente.Infine la delimitazione della zona geografica: al con-trario di quanto avvenuto con i disciplinari di altriprodotti di qualità (si pensi alla Mortadella BolognaI.G.P., la cui area di produzione va dal Piemonte allaprovincia di Trento, dal Lazio alle Marche), per laPiadina Romagnola I.G.P. si è assistito ad unarestrizione del territorio di produzione. Nonostante,infatti, il prodotto sia realizzato in un’area particolar-mente vasta, che va dall’Emilia alle Marche, in realtàil Disciplinare limita la zona geografica solo ad alcuniComuni della Romagna, espressamente elencati. Daqui il principale motivo di ricorso alla base della pro-nuncia in esame.

4.- Fatto e motivi fondanti il ricorso principale

Quali sono i fatti che hanno dato origine alla vicenda? LaPiadina Romagnola (quando ancora non era neppure inregime di protezione transitoria) era prodotta - come sidiceva - non solo nella ristretta zona geografica oradelimitata dal Disciplinare, ma in un’area molto piùvasta. E proprio nel Modenese ha sede la ricorrente,società impegnata da anni nella realizzazione di piadineindustriali. Ben si può comprendere quale sia stato losdegno nel veder esclusa l’Emilia (o almeno la sua parteest), dalla zona geografica di produzione della PiadinaRomagnola IGP, con la conseguenza di non poter utiliz-zare l’indicazione protetta, salvo il trasferimento di tuttala produzione entro i confini geografici stabiliti.La società decide dunque di ricorrere al giudice

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amministrativo, chiedendo l’annullamento del decretoministeriale 27 dicembre 2012, sulla protezione transi-toria della denominazione “Piadina/PiadaRomagnola”; del Disciplinare di produzione e di “ognialtro atto connesso, presupposto” e consequenziale.Quattro i motivi di doglianza.In primo luogo, la società emiliana lamenta l’assenzadi collegamento tra la produzione della piadina ed unospecifico territorio, negando che il microclima dell’areapossa influire sulla qualità del prodotto, non essendolo stesso sottoposto a lievitazione. Le norme che siassumono violate sono contenute all’articolo 2, para-grafo 1, lett. b) del Regolamento (CE) n. 510/2006, ilquale, nel definire l’“Indicazione geografica” precisache essa consiste nel “nome di una regione, di unluogo determinato o, in casi eccezionali, di un paeseche serve a designare un prodotto agricolo o ali-mentare:- come originario di tale regione, di tale luogo determi-nato o di tale paese e- del quale una determinata qualità, la reputazione oaltre caratteristiche possono essere attribuite a taleorigine geografica e- la cui produzione e/o trasformazione e/o elabo-razione avvengono nella zona geografica delimitata”, e nell’articolo 4, comma 2, lettera d) del D.M. 21 mag-gio 2007, n. 5442, che prevede la trasmissione delDisciplinare di produzione al Ministero, unitamenteall’istanza di registrazione e al progetto di documentounico. A questi dovrà esser allegata anche unarelazione socio-economica contenente informazionisulla produzione (lettera f) del citato art. 4 del D.M.5442/2007).Il secondo motivo di doglianza attiene alla presuntaviolazione e falsa applicazione della richiamata dispo-sizione del D.M. del 2007: nella valutazione della situ-azione del mercato, sarebbe stato omesso il significa-tivo ruolo di impulso alla diffusione, che la societàricorrente avrebbe esercitato in venticinque anni diattività. L’argomentazione è sostenuta attraverso ilrichiamo al fatturato dell’istante, pari, da solo, “a circala metà di tutte le altre aziende”.Il terzo motivo portato all’attenzione del TAR Lazio rin-via alla previsione del Regolamento (CE) n. 510/2006e alla corrispondente norma del Regolamento (UE) n.1151/2012 (articolo 14, comma 2), sulla possibilecoesistenza tra l’Indicazione geografica protetta e unmarchio, utilizzato in buona fede sul territorio comuni-tario, anteriormente al riconoscimento della pro-tezione. In particolare, la ricorrente sostiene di averutilizzato la denominazione “Piadina Romagnola”,

come marchio di fatto, avendo distribuito i propriprodotti con questo nome per un periodo ultraventen-nale.La quarta ragione di doglianza riguarda, infine, lamancata previsione di un periodo di adattamento, aisensi dell’articolo 5, comma 6 del Regolamento (CE)n. 510/2006.Sui medesimi motivi e su una serie di ulteriori argo-mentazioni, la società emiliana impugna anche tutti gliatti correlati (dal decreto di nomina dell’organismo dicontrollo, al piano da quest’ultimo approvato, al decre-to ministeriale di modifica del precedente decreto diriconoscimento della protezione transitoria alladenominazione “Piadina romagnola/Piada romagno-la”, al Disciplinare di produzione).Ai fini della decisione pare opportuno evidenziarequanto affermato dalla ricorrente in relazione allaPiadina romagnola “industriale”: essa suggeriscel’assenza di dimostrazione del legame di quest’ultimacon il territorio, così come la mancanza di un collega-mento tra il prodotto industriale e il prodotto artigianale“dei chioschi”. Evidenzia pure che, essendo stato il Disciplinare sot-toposto a modifiche sostanziali, sarebbe stata indis-pensabile una nuova azione di pubblicità, volta aportare a conoscenza delle variazioni le Regioni o leAssociazioni interessate, al fine di garantire loro lapossibilità di presentare osservazioni. Nel procedimento, interviene ad adiuvandum unaseconda società. A differenza della prima, tuttavia,questa non utilizza le denominazioni “Piadina/PiadaRomagnola”, ma conduce riferimento, in etichetta,all’“antica ricetta romagnola”. L’interesse èovviamente indiretto: l’utilizzo del termine “piada” o“piadina” e il riferimento alla Romagna, potrebbe esserconsiderato un indebito sfruttamento dellareputazione della IGP. Ciò che desta perplessità è chel’interveniente non agisce per l’annullamento degli attiimpugnati dalla ricorrente principale, ma si “schiera” invista di un possibile pregiudizio futuro.

5.- La sentenza

Il TAR Lazio affronta preliminarmente le questioni dirito, meritevoli di menzione, in questa sede, per l’inter-pretazione che il Giudice amministrativo offre dellenorme sulla registrazione dei segni di qualità.Il primo punto in diritto della pronuncia concerne l’ec-cezione di irricevibilità del ricorso, opposta dallaRegione Emilia-Romagna, per tardiva impugnazione

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tanto del Decreto di protezione transitoria, quanto delDisciplinare di produzione. Durante il procedimentonazionale volto al riconoscimento della IGP, la ricor-rente non aveva presentato osservazioni, né avevamosso opposizione, secondo quanto previsto dall’arti-colo 8(1) del D.M. 21 maggio 2007, n. 5442, nel ter-mine di 30 giorni dalla pubblicazione, in GazzettaUfficiale, della proposta di Disciplinare; aveva tuttaviaimpugnato quest’ultimo, unitamente al Decreto di pro-tezione transitoria del 27 dicembre 2012. Il TAR distingue chiaramente tra il procedimentonazionale di riconoscimento della protezione e latutela giurisdizionale garantita dall’ordinamento, rib-adendo che il primo non esclude in alcun modo la sec-onda, ove ne sussistano i presupposti. La data didecorrenza del termine di impugnazione sarà quelladella sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale(ritenuta valevole anche in relazione al Disciplinare diproduzione, pubblicato sul sito del MiPAAF).Il secondo punto della sentenza esamina invece l’am-missibilità dell’intervento ad adiuvandum, concluden-do per la soluzione negativa. Presupposto essenzialesarebbe stato, infatti, l’esistenza di un interesseattuale, anche se più debole rispetto a quello dellaricorrente principale. Come ricordato, l’intervenienteaveva però esplicitamente dichiarato di agire perevitare un futuro pregiudizio legato alla circostanza diavere la propria sede al di fuori della zona di pro-duzione individuata dal Disciplinare.Il Giudice amministrativo dirige poi la propria atten-zione al merito della vicenda, premettendo alcuni richi-ami alle norme utili alla definizione del caso: articoli 2,comma 1, lettera b); 4; 5, paragrafo 6; 6; 7; 9; 13; 14,paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 510/2006, cosìcome il D.M. 21 maggio 2007, ai suoi articoli 4,comma 3; 6; 7; 8; 10; il D.M. 27 dicembre 2012 sullaprotezione a titolo transitorio a livello nazionale e ilD.M. 08 luglio 2013 recante modificazioni a seguitodelle indicazioni inviate dalla Commissione UE. Conriferimento a tale ultimo atto, in particolare, ilGiudicante evidenzia come esso sia teso a sostenerela “valenza reputazionale” della Piadina, quale alimen-to legato alla produzione tradizionale e al consumodello stesso all’interno della zona geografica di pro-duzione.Il Tribunale amministrativo va tuttavia oltre e indirizzala propria attenzione sull’articolo 5 del Disciplinare diproduzione, il quale dispone che il confezionamentodebba avvenire nell’area geografica delimitata, imme-diatamente dopo il raffreddamento del prodotto, conl’asserito fine di garantire “la qualità, la freschezza e le

tipiche caratteristiche organolettiche”. Sul punto laricorrente – che, si ricorda, ha un’esperienza più cheventennale di produzione di piadine, a livello industri-ale, nel modenese – aveva proposto le proprie cen-sure, confutando che potesse esservi un influsso diqualche tipo dell’ambiente sul prodotto. Il Giudice affi-da dunque alla consulenza tecnica d’ufficio il compitodi rispondere ad una serie di quesiti piuttosto strut-turati e riassumibili nell’interrogativo sulla possibileinfluenza del microclima sulle caratteristiche dellaPiadina romagnola, sia artigianale che industriale. Atale indagine, si affianca un quesito di carattere piùsquisitamente giuridico (o forse letterario), che chiedeal CTU se il documento unico all’esame dellaCommissione europea evidenzi il nesso tra il microcli-ma e la fragranza del prodotto (e la preparazione)come elemento che giustifichi il legame con il territorio(e qui ci si potrebbe domandare se non fosse suffi-ciente, al Giudice, leggere il documento per rispon-dere al proprio interrogativo). La strutturazione delquesito prosegue poi deferendo al perito la rispostaalla questione se, sulla base del documento unicosopra indicato, il “microclima della zona di origine e lasua influenza sulla fragranza del prodotto siano carat-teristiche che contribuiscono alla classificazione delprodotto stesso come idoneo all’apposizione del mar-chio IGP” (e anche su tale aspetto, chi scrive sidomanda se non fosse sufficiente la lettura degli atticitati e se un quesito simile non strida con il principioiura novit curia). Onde evitare di frangere la conse-quenzialità dello sviluppo della sentenza, si rinvianoad un passo successivo alcune doverose consider-azioni sul punto.Riassumendo le conclusioni della perizia, il CTUesclude l’influenza del microclima sulle caratteristicheorganolettiche del prodotto, correlate, invece, sia allaqualità delle materie prime impiegate, che alla quan-tità (il riferimento è specificamente condotto alla partegrassa). Il consulente correttamente evidenzia poi ilfatto che il Documento unico sottoposto all’attenzionedella Commissione europea non richiama l’influenzadel territorio sul prodotto e ricorda come sia sufficienteil requisito della reputazione ai fini della registrazionedi una IGP, essendo irrilevante la considerazione cheil prodotto medesimo possa essere tecnologicamentereplicato anche al di fuori dell’area di produzione.A questo punto, il Giudice espone un’argomentazionenon priva di passaggi confutabili. Primariamente ilTAR afferma che il criterio reputazionale quale ele-mento discriminante per la registrazione della IGPappare sensatamente applicabile alla sola piadina

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prodotta artigianalmente.Qual è il percorso che porta a simile conclusione?Richiamando i precedenti giurisprudenziali, il Giudicericorda la rilevanza che il criterio reputazionale haassunto, negli anni, per il riconoscimento dell’IGP,indipendentemente dalla riproducibilità tecnologica aldi fuori dell’area di produzione.Fondamentale è tuttavia comprendere a cosa taleapprezzamento si riferisca.Nel caso in esame: qual è la piada/piadina che il con-sumatore associa “per reputazione”, alla Romagna?Perché è questo l’elemento da sottolineare: è l’indi-cazione geografica a dover esser considerata, nontanto il nome generico che descrive il noto sostitutodel pane (come tale ottenibile ovunque).Il Giudice fa leva sulla “tradizionalità” del metodo diproduzione, per sostenere il criterio reputazionale,così giungendo ad escludere il prodotto “industriale”.Prosegue poi con un ragionamento a contrario: se èvero che la piadina può essere realizzata inqualunque stabilimento, indipendentemente dal luogoin cui questo sia ubicato, deriva che non sarà possibilericonoscere il “pregio” dell’indicazione geograficaPiadina/Piada Romagnola ad un alimento“industriale”. In altri termini, una piadina industrialesarà tale tanto che sia prodotta in Romagna, quantosia prodotta in Sicilia. Ma né l’una, né l’altra sarannoassimilabili – nella mente del consumatore - allapiadina dei chioschi: non sono le piadine industriali adesser reputazionalmente legate alla Romagna.Il TAR si concentra poi proprio sui profili “geografici”del segno di qualità, riprendendo le pronunce delGiudice comunitario sul fine della registrazione dellaIGP: evitare lo sfruttamento di una denominazionegeografica da parte di soggetti che intendano illegitti-mamente “trarre profitto dalla reputazione acquisita daquest’ultima” ed evitare “la scomparsa della medesi-ma derivante dalla sua volgarizzazione dovuta a unsuo uso generale”.Ciò premesso, il TAR torna sul menzionato ragiona-mento a contrario: se è vero che la reputazione è il cri-terio che consente di attribuire alla Piadina il marchiodi qualità, se è vero anche che industrialmente ilprodotto potrebbe esser realizzato ovunque, stantel’assenza di influsso del microclima sulla produzione,se è vero dunque che l’elemento reputazionalesarebbe così nettamente attenuato, per proteggere la“Piadina Romagnola”, come tale, sarebbe indispens-abile restringere il riconoscimento, al solo prodottorealizzato artigianalmente, nella zona di produzioneindicata dal disciplinare. Al punto 12 della sentenza si

legge, infatti: «Le indicazioni analiticamente illustratenel Disciplinare quanto alla risalente riconducibilitàdella produzione e del consumo della “Piadina” nel-l’ambito geografico della Romagna, unitamente allatradizionale composizione di tale prodotto alimentare,univocamente depongono per la correttezza dell’indi-cazione geografica di tale alimento, limitatamente,peraltro, alla sola produzione artigianale dello stes-so». Il Giudice, contrapponendo - con un criterio nonpienamente condivisibile – la produzione“tradizionale” a quella “industriale”, individua, nellaprima, quella «caratteristica qualitativa che differenzia[la Piadina Romagnola] dallo standard qualitativo diprodotti della stessa tipologia ottenuti fuori dalla zonadi produzione». Riferendosi poi alla relazione delCTU, il TAR identifica la produzione tradizionale nella«realizzazione, distribuzione e consumazione dell’ali-mento artigianalmente effettuata nei “chioschi” a ciòadibiti nell’area di riferimento» e ribadendo che proprioquesto è l’elemento di collegamento reputazionale«che caratterizza la “tipicità” della “piadina” – fra unaparticolare modalità di preparazione/offerta diquest’ultima e le consolidate abitudini di consumodella zona interessata».Il punto 13 della sentenza è quello che desta forsemaggiore perplessità. Le istanze della ricorrente – siricorda – sono volte ad ottenere l’annullamento delDecreto di protezione transitoria della PiadinaRomagnola IGP, del Disciplinare di produzione e diogni atto collegato. Obiettivo primo pare infatti esserela possibilità di continuare ad utilizzare la denomi-nazione “Piadina Romagnola” per i propri prodotti,industrialmente realizzati, da oltre 25 anni, al di fuoridella zona geografica delimitata dal Disciplinare stes-so. Il Giudice esordisce evidenziando la necessità diaccogliere “le doglianze articolate con il ricorso intro-duttivo”. Ribadendo, infatti, la conclusione cui è giun-to, sulla possibilità di accordare la protezione geografi-ca alla sola Piadina prodotta artigianalmente, il TARprecisa da un lato che la riconducibilità dellaPiada/Piadina al territorio della Romagna attiene allasola “realizzazione artigianale”. Dall’altro, specificache, al di fuori di tale territorio, “l’impiego dellalocuzione anzidetta ben possa esser consentito in pre-senza di lavorazione industriali per le quali – nelrispetto delle indicazioni (“metodo di ottenimento delprodotto”) – la constatata irrilevanza dei fattori produt-tivi e/o microclimatici ben consente la collocazione diinsediamenti industriali anche al di fuori dell’area, percome delimitata all’art. 3 del Disciplinare impugnato”.Si dirà meglio oltre delle possibili e controverse impli-

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cazioni che siffatta statuizione è suscettibile di recare.Il Giudice esamina poi la questione relativa alla manca-ta previsione del periodo di adattamento, ineccepibil-mente rinviando a quanto espressamente previsto dalRegolamento (CE) n. 510/2006, applicabile ratione tem-poris, il quale, all’articolo 5, paragrafo 6, comma 2, sub-ordina la concessione, oltre al possesso di requisitisoggettivi, all’espressa richiesta di un’impresa interessa-ta, nel corso della procedura nazionale di opposizione.Non avendo la ricorrente partecipato all’iter di oppo-sizione, a differenza di alcune associazioni che inveceavevano manifestato le proprie posizioni, si è verificatain capo ad essa una preclusione, non suscettibile diesser sanata in via giurisdizionale. A ciò si aggiunga chela decisione di prevedere un periodo di adattamento èlasciata alla discrezionalità del Ministero.Il punto 15 della sentenza esamina infine i motiviaggiunti, accogliendoli parzialmente sulla base dellemedesime argomentazioni sopra richiamate. Il TARLazio, in particolare, accerta l’invalidità derivata delD.M. 28 giugno 2013, concernente la nomina (e l’au-torizzazione) dell’organismo incaricato dell’effet-tuazione dei controlli. Parimenti accoglie la doglianzarelativa alla mancanza dell’elemento reputazionale delprodotto industriale “Piadina romagnola”, in connes-sione alla zona geografica di produzione.Rigetta infine il terzo motivo aggiunto, inerente allanecessità di procedere ad un nuovo avviso alle partiinteressate, a seguito della modifica del Disciplinare diproduzione intervenuta per effetto delle indicazioni for-nite dalla Commissione europea: rispetto alla primaversione, infatti, le occorse variazioni aggiungevanosolo maggiori dettagli alla descrizione storico-sociale,senza inficiare la posizione delle parti interessate.Qual è dunque la conclusione cui giunge il Giudiceamministrativo? Come ricavabile dal punto 16 dellasentenza, egli procede al parziale annullamento degliatti impugnati ed in particolare del Disciplinare di pro-duzione, imponendo alla competente Autorità ministe-riale di riformulare il medesimo, valorizzando la rile-vanza dell’elemento reputazionale per la sola Piadinaromagnola artigianale.

6.- Osservazioni

La pronuncia del TAR Lazio - come sopra si accenna-va - desta talune perplessità, sia per la struttura fon-dante l’argomentazione cardine, sia per le possibiliconseguenze che la stessa potrà esplicare sul merca-to della “Piadina Romagnola”.

Partiamo dai quesiti rivolti al CTU. Il primo dubbio chesorge concerne la significatività dei medesimi, ai finidella risoluzione della controversia. È pur vero che ilGiudice si attiene agli argomenti sollevati da partericorrente, ma una lettura del Disciplinare sarebbestata sufficiente per comprendere che la richiesta diregistrazione per la “Piadina/Piada Romagnola IGP” èstata esclusivamente fondata sulla reputazione, criterioalternativo rispetto a quello che vede una particolarequalità o caratteristica, legata alla peculiarità del luogoin cui almeno una fase della produzione viene svolta.Il Giudice amministrativo sembra non prendere nep-pure in ipotesi, nella prima parte della propria pronun-cia, l’effettiva formulazione del Disciplinare e lascia adir poco attoniti la richiesta al CTU di pronunciarsi suiquesiti 7 e 8 (si veda il punto 9 della sentenza) cheparrebbero questioni di mero diritto. Come si anticipa-va, un simile interrogativo sembrerebbe in netto con-trasto con il principio iura novit curia: la lettura ed inter-pretazione della norma sono attività di stretta compe-tenza del Giudice. A prescindere dalla condivisibilitàdelle soluzioni cui giunge il CTU, pare doversi rilevareche, benché non indispensabili al fine della controver-sia, le uniche questioni ad esso deferibili sarebberostate i quesiti da 1 a 6. Il condizionale è qui d’obbligo,se si affronta lo studio della sentenza, con il costanteriferimento al fatto che, come nel caso di specie, laregistrazione di una IGP può essere subordinata allamera sussistenza del criterio reputazionale.Questo, per lo meno, è quanto prevede ilRegolamento (CE) n. 510/2006. L’interpretazione chericava il TAR Lazio, invece, trae evidentemente i pro-pri assunti dal D.M. 21 maggio 2007, n. 5442.Disciplinando la procedura nazionale per la regis-trazione di DOP e IGP, ma discostandosi dalla norma-tiva comunitaria, l’articolo 4, comma 3, lettera d), siconclude prevedendo che dalla relazione tecnica dapresentare ai fini del riconoscimento, debba risultarela caratteristica qualitativa che differenzia il prodottoper il quale si richiede la protezione, dagli altri prodot-ti appartenenti alla stessa tipologia, ottenuti al di fuoridella zona di produzione. Il Regolamento nulla affer-ma in relazione a tale richiamata “caratteristica quali-tativa”, la quale si dimostra essere un requisito illegit-timamente richiesto dalla normativa nazionale tantoper le DOP, quanto per le IGP. La distinzione ontolog-ica tra i due segni di qualità porterebbe invece a sup-porre l’esclusione della IGP dalla necessità di sussis-tenza di un elemento qualitativo che la caratterizzirispetto ad altri prodotti similari non realizzati nell’areageografica delimitata dal disciplinare: come ricordato,

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il riconoscimento della IGP non è strettamente corre-lato all’esistenza di una caratteristica qualitativa,essendo sufficiente, al fine, l’elemento reputazionale.Sarebbe stata forse questa l’occasione, per il GiudiceAmministrativo, di interrogarsi sulla legittimità dellaprevisione interna, evidentemente contrassegnata daprofili di contrasto con quanto invece disciplinato dalRegolamento (CE) n. 510/2006 e di disapplicare lanorma nazionale confliggente7.Il problema non è di poco momento, se si considerache l’errata interpretazione che, nonostante le indi-cazioni del CTU, il Giudice porta avanti, origina poi lapoco condivisibile argomentazione su cui è incardina-ta la pronuncia.Non pare, infatti, che la mancanza di influenza delmicroclima sulla realizzazione del prodotto possa com-promettere, indebolendolo, il legame con il territorio: eciò proprio perché è lo stesso Regolamento (CE) n.510/2006 a prevedere, come alternative, le qualità o lareputazione, nella loro connessione con l’area geografi-ca di produzione. In altri termini, il prodotto ha qualitàparticolari legate al microclima e, in virtù di queste, ladenominazione è suscettibile di registrazione; oppure, èla reputazione (ma nulla esclude ovviamente che vi siauna coesistenza di elementi) che induce ad associarloalla determinata area di produzione.Qui ha inizio il secondo profilo di criticità della pronun-cia in esame: la distinzione tra produzione artigianalee produzione industriale e l’aberrante conclusione chepotrebbe originare dalla sentenza. Il TAR Lazio fondala propria decisione su una separazione tra la Piadinaprodotta artigianalmente e quella prodotta industrial-mente, senza però che sia data una vera e propriadefinizione di cosa debba intendersi con l’una o conl’altra espressione. È pur vero che il decidente richia-ma, nella prima, l’idea del chiosco e, nella seconda, iconcetti di preconfezionamento e lunga conser-vazione. È evidente però che questi parametri nonsono risolutivi. Il piccolo chiosco della riviera che pro-duce le piadine in un ambiente separato e magari lesigilla o le surgela per permetterne la maggiore con-servazione, rientrerà nella produzione artigianale? E ilgrande produttore, grande per dimensioni dell’aziendama legato alla tradizione, che decide di replicare ilprocesso “artigianale”, magari distribuendo i propriprodotti con confezionamento “aperto”, sarà assimil-abile all’artigiano o all’industria? Cosa distingue l’uno

dall’altro? E cosa il consumatore percepisce comereputazionalmente legato alla Romagna?Chi scrive non nega che l’idea “tradizionale” di PiadinaRomagnola richiami inevitabilmente il chiosco: si confu-ta solo la mancanza di un parametro netto e privo dicriticità, carenza che porta comunque il TAR Lazio aduna sentenza di notevole incidenza, almeno potenziale.Potenziale perché, in realtà, le conclusioni cui giunge ilGiudice amministrativo possono esser soggette ad unaduplice interpretazione.Da un lato, infatti, potrebbe ritenersi che la sentenzaintenda garantire che l’indicazione geografica sia sen-satamente riferibile alla sola Piadina Romagnola deichioschi: anche se ci si potrebbe chiedere se debbaesser prodotta all’interno del baracchino o solo vendu-ta dal medesimo (come spesso accade). E potrebbeanche sorgere il dubbio se sia indispensabile il con-fezionamento aperto, o se la Piadina, prodotta dalchiosco e sigillata per una maggiore conservabilità,possa ancora godere della IGP. Posto che tutti i dubbisiano in qualche modo superabili, il Giudice sembr-erebbe escludere tutte le industrie, anche se compresenella zona geografica di produzione, dalla possibilità diutilizzare il segno di qualità. Con tutti i “distinguo”, i“ma”, i “se” e i “forse” del caso, potrebbe anche esserevista come una soluzione a favore della tradizione.La seconda interpretazione, e questa sarebbe a dirpoco deleteria per la storia della “Piadina Romagnola”,è quasi opposta: riconoscere la IGP alla solaPiadina/Piada Romagnola dei chioschi, prodotta all’in-terno dell’area e consentire che, benché senza la pos-sibilità di utilizzare il segno di qualità, qualunque pro-duzione industriale, indipendentemente dalla sua col-locazione, possa utilizzare la denominazione “PiadinaRomagnola”. Leggendo, infatti, il secondo paragrafodel punto 16 della sentenza, parrebbe comprendersiciò: la valorizzazione del prodotto (intendiamo IGP)può aversi «con riferimento alla sola produzione arti-gianale della “Piadina/Piada romagnola”, ferma larealizzazione industriale dell’alimento […] anche inaree poste al di fuori [della zona geografica delimitatadal Disciplinare]». Quindi, per assurdo, una “industria”ubicata nella Romagna e tale solo per dimensioni, manon per processo produttivo, non potrebbe utilizzare ilsegno di qualità (IGP) e un’altra industria, con sede estabilimento al di fuori dell’area geografica di pro-duzione, magari a Palermo, potrebbe chiamare il pro-

(7) L’alternativa è continuare ad applicare una norma contrastante con il Diritto dell’Unione europea, rendendo tuttavia implicitamenteillegittime alcune IGP riconosciute sulla base del solo criterio reputazionale, come, ad esempio, l’Aceto Balsamico di Modena IGP (siveda infra).

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prio prodotto “Piadina Romagnola” (pur senza ladenominazione IGP).Questa interpretazione non sembra in realtà condivis-ibile per almeno due aspetti. Sotto un primo profilo, parrebbe sussistere un’indebi-ta separazione tra il nome geografico complesso(nome generico “Piadina”, accompagnato dall’indi-cazione geografica “Romagnola”), e la sigla “IGP”,identificativa della protezione. Non si tratterebbe, nelcaso di specie, del mero uso del termine generico,come accadde nelle vicende del Grana o dell’Époissede Bourgogne8, ma di un’autorizzazione all’utilizzodell’intera indicazione geografica anche per prodottinon realizzati all’interno dell’area delimitata dal disci-plinare9. In questo senso, verrebbe meno la ratio fon-dante l’esistenza del sistema di qualità all’internodell’Unione europea.Un secondo profilo, strettamente legato al primo, èl’inevitabile ingannevolezza, nei confronti del consuma-tore, dell’utilizzo dell’indicazione geografica per unprodotto realizzato altrove. Potrebbe forse esser suffi-ciente l’indicazione in etichetta dell’indirizzo dello stabil-imento di produzione (accanto al nome o ragionesociale del soggetto sotto la cui responsabilità il prodot-to è commercializzato)? L’ipotesi di utilizzo anteriore inbuona fede di un marchio o di un nome generico coin-cidente con l’indicazione geografica protetta (articoli 13e 14 del Regolamento (UE) n. 1151/201210) sarebbeconfigurabile solo in alcuni casi. L’interpretazione sopraespressa, invece, autorizzerebbe qualunque pro-duzione di “Piadina Romagnola”, anteriore o successi-va alla sentenza, giustificando la protezione di qualitàsolo per il prodotto non industriale. Ci si potrebbe inter-rogare, a tal proposito, sull’opportunità di registrare l’e-spressione “Piadina/Piada Romagnola Artigianale IGP”.

Una simile considerazione non può che richiamarealla mente quanto avvenne nel caso dell’Aceto bal-samico di Modena11. Nell’occasione, si ricorda, il TARLazio, sez. IIter, con la sentenza 28 gennaio 2000, n.467, innovativa rispetto ai precedenti orientamenti,aveva respinto il ricorso volto all’annullamento delD.M. Agricoltura e Foreste del 15 novembre 1989, sul“riconoscimento della denominazione d’origineall’Aceto Balsamico di Modena”, il quale restringevaalle aree di Modena e Reggio Emilia la zona geografi-ca di produzione. In tal modo, restavano escluse dallapossibilità di utilizzo della denominazione, alcuneaziende (tra cui la ricorrente) che avevano sede al difuori dell’area delimitata (in particolare ad Afragola,Napoli), pur producendo e commercializzando il pro-prio prodotto con il nome geografico. La riproducibilitàtecnica non era stata tuttavia ritenuta dal TAR elemen-to sufficiente a dichiarare l’illegittimità del disciplinareimpugnato. Con una pronuncia caratterizzata da ele-menti di estrema attualità, come la considerazionedella tutela da garantire al consumatore, il GiudiceAmministrativo riconosceva l’esistenza di caratteri“non ripetibili”: una serie di «valori tipici» legati allatradizione (non ritrovabile – non quella specifica usan-za, per lo meno – in aree diverse). Certo, il Consiglio di Stato, sez. VI, riformò tale pronun-cia, con la sentenza 30 ottobre 2000, n. 5798, relegan-do l’Aceto balsamico di Modena al mero risultato di unatecnica produttiva, privo, nelle proprie qualità organolet-tiche, di influenze del territorio e come tale potenzial-mente realizzabile ovunque12. Ciò non impedì però alMinistero delle Politiche Agricole e Forestali, di adottare,pochi anni più tardi, il decreto 18 novembre 2004, di pro-tezione transitoria nazionale dell’Aceto Balsamico diModena13 e alla Commissione europea di riconoscere la

(8) Sentenza del Tribunale di primo grado, Quarta Sezione, del 12 settembre 2007, Consorzio per la tutela del formaggio Grana Padanocontro Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli), in causa T-291/03; e sentenza della Corte del 9 giu-gno 1998, cause riunite C-129/97 e C-130/97.(9) Questo a differenza di quanto accade, ad esempio, nel caso della Mortadella Bologna, nella quale è lo stesso disciplinare a conside-rare un’area ben più vasta di quella bolognese.(10) Se è vero che per la soluzione della vicenda il TAR Lazio non avrebbe potuto ricorrere, ratione temporis, al Regolamento (UE) n.1151/2012, per la disciplina di ogni successiva questione è doveroso assumere tale atto quale parametro normativo di riferimento.(11) Per un approfondimento sulla vicenda dell’Aceto balsamico di Modena e su altre pronunce correlate, si rinvia a F. Albisinni, L’Acetobalsamico di Modena, il Torrone di Alicante e la Birra di Warstein – Denominazioni geografiche e regole del commercio alimentare, inRiv. dir. agr., 2001, II, 101. (12) Sottolinea Albisinni, op. cit., come la prospettiva del Consiglio di Stato, volta a contrario ad ammettere il riconoscimento della IGPnella sola ipotesi di assoluta irriproducibilità dei fattori di produzione, si risolverebbe in un impedimento di fatto alla “valorizzazione dellalocalizzazione territoriale della comunità dei produttori e dei connessi profili di appartenenza”: lo svilimento del prodotto a mero risulta-to di un processo tecnico, avulso dalle qualità immateriali della tradizione, porterebbe infatti ad escludere la “tipicità” caratteristica deiprodotti di qualità, per la maggior parte degli alimenti.(13) Decreto 18 novembre 2004, Protezione transitoria accordata a livello nazionale alla denominazione «Aceto Balsamico di Modena»,per la quale è stata inviata istanza alla Commissione europea per la registrazione come indicazione geografica protetta.

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registrazione, con Regolamento (CE) n. 583/200914.Anche il Consiglio di Stato, in realtà, ha poi modifica-to la propria posizione sull’Aceto Balsamico, nella pro-nuncia della sezione VI, 4 agosto 2008, n. 3890.Ampliando la prospettiva al piano “comunitario”, ilGiudice amministrativo ammette che «in base a para-metri diversi ed anche mutati nel tempo» si possagiungere ad una soluzione diversa, rispetto a quellaprecedentemente resa, così valorizzando il criterioreputazionale, in connessione alla specifica areageografica, indipendentemente dalla riproducibilitàtecnica dei fattori di produzione. Sui medesimi toni sicolloca anche la sentenza della sezione VI, 29 settem-bre 2009, n. 5881, sul Salame Felino, che, ribadendoquanto già sostenuto, aggiunge: «Peraltro, l’IGP èdiretta a tutelare la reputazione del prodotto e in taleconcetto è insita anche la percezione della provenien-za del prodotto che ha il consumatore» (punto 8.3, ulti-mo paragrafo).

7.- Conclusioni

La sentenza del TAR Lazio sul procedimento diriconoscimento dell’indicazione geografica protettaalla “Piadina/Piada Romagnola IGP” non risulta per-suasiva sotto molteplici profili.In primo luogo, il presupposto cardine della pronuncia,ossia la distinzione tra produzione artigianale e pro-duzione industriale, non appare sostenibile: da un lato,infatti, manca dell’effettiva specificazione di cosa debbaintendersi con le rispettive tipologie di produzione; dal-l’altro, parrebbe escludere la possibilità di garantire laprotezione geografica a tutti gli alimenti che, pur selocalmente, possono essere prodotti su scala industri-ale (conferendo all’accezione il significato di processoautomatizzato, su catena produttiva). La circostanzanon corrisponde però a quanto occorre comunementenella realtà, ove la maggior parte dei prodotti DOP oIGP commercializzati provengono proprio da produzioni“industrializzate”. Né, deve essere osservato, è pre-sente alcuna norma che precluda al prodotto “non arti-gianale” l’ottenimento della registrazione.In secondo luogo, la sentenza appare carente di unaformulazione lineare. Tale mancanza di chiarezza sitraduce - come anticipato - nella possibilità di leggerela soluzione cui giunge il Giudice amministrativo in

una duplice chiave interpretativa.Una prima, che riconoscerebbe la protezione dell’indi-cazione geografica alla sola produzione artigianale,così escludendo dall’uso del nome geografico comp-lesso tutte le produzioni industriali (con il problemadell’esatta categorizzazione di ciò che è artigianale,da ciò che non lo è).Una seconda interpretazione invece, troverebbesostegno nel ricordato paragrafo 16 della pronuncia,ma si porrebbe inevitabilmente in contrasto sia con laratio sottesa al sistema di qualità dell’Unione europea,sia con la giurisprudenza amministrativa nazionaleche, infine, con quella comunitaria. Si giungerebbe adun’insostenibile coesistenza di “Piadine RomagnoleIGP” artigianali, prodotte in Romagna, e di “PiadineRomagnole” realizzate in qualsivoglia luogo. Asostegno di tale possibile lettura si porrebbe proprio lacircostanza che il Giudice amministrativo richiama lemedesime sentenze sopra ricordate, nella parte in cuievidenziano l’obiettivo della procedura di registrazionedi fornire una regolamentazione alle modalità e alluogo di produzione. Come dire: il Disciplinarericonoscerà la protezione geografica alla solaproduzione artigianale effettuata in Romagna. Anzichéescludere in toto la possibilità di utilizzo del nomegeografico complesso, l’Autorità ministeriale potrebbedisciplinare i casi di utilizzo del medesimo, compatibilicon la registrazione.Si potrebbe poi leggere la sentenza ancora in un’altraprospettiva, incentrando l’attenzione non sull’impiegodel nome geografico complesso, ma sull’utilizzabilitàdel termine generico Piadina.Simile visione partirebbe dalla formulazione letteraledell’ultimo paragrafo del punto 13 della sentenza:«- se l’accertata riconducibilità del prodotto alimentare“Piadina” o “Piada” al territorio della Romagna, univo-camente connota con carattere geografico la sola real-izzazione artigianale dell’alimento deve, conseguente-mente inferirsi che, fuori dal contesto territoriale di chetrattasi, l’impiego della locuzione anzidetta [Piadina enon Piadina Romagnola] ben possa essere consentitoin presenza di lavorazioni industriali per le quali – nelrispetto delle indicazioni (“metodo di ottenimento delprodotto”) – la constatata irrilevanza dei fattori produt-tivi e/o microclimatici ben consente la collocazione diinsediamenti industriali anche al di fuori dell’area, percome delimitata all’art. 3 del Disciplinare impugnato».

(14) Regolamento (CE) n. 583/2009 della Commissione, del 3 luglio 2009, recante iscrizione di una denominazione nel registro delledenominazioni d’origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Aceto Balsamico di Modena (IGP)].

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In questo caso, giungendo alla medesima conclusioneproposta nella prima interpretazione della sentenza, sideterminerebbe quanto segue:a. è possibile riconoscere la protezione del nomecomplesso “Piadina/Piada Romagnola IGP” ai prodot-ti che, conformemente al metodo indicato nel discipli-nare, sono realizzati artigianalmente nella zonageografica dallo stesso delimitata;b. sarebbe possibile comunque utilizzare la denomi-nazione generica “Piadina/Piada” (senza l’attribuzionegeografica) per tutti i prodotti ottenuti conformementeal “metodo di ottenimento” indicato dal Disciplinare, invia industriale, in Romagna, o, artigianalmente o indus-trialmente, al di fuori della zona geografica di pro-duzione. Fondamentale però, in questa lettura, è ilrispetto del metodo di ottenimento: si avrebbe altrimen-ti un prodotto diverso (non solo per area geografica diproduzione, ma anche per procedimento di ottenimen-to), suscettibile di “confondere” il consumatore.Qualunque sia l’interpretazione che della sentenza sivoglia dare, si incontrerà comunque qualche profilo dipossibile contraddizione sia con la logica, sia con lanormativa nazionale e sovrannazionale, sia con l’ori-entamento giurisprudenziale prevalente.Trepidante sarà dunque l’attesa del provvedimentocon cui il Ministero si conformerà alla pronuncia,soprattutto in considerazione del fatto che l’iter pro-cedimentale per l’ottenimento della registrazione èquasi giunto a conclusione. Dalla pubblicazione delladomanda di registrazione in Gazzetta Ufficiale ci saràinfatti un periodo di tre mesi ai fini di un’eventualeopposizione ex art. 51 del Regolamento (UE) n.1151/2012, fondata su una non conformità delladomanda alle condizioni stabilite dal Regolamentomedesimo. Non è da escludere, in questo senso,un’opposizione fondata sull’articolo 21, paragrafo 1,lettera b) del Regolamento (UE) n. 1151/2012, adopera di una parte interessata che dimostri che, sulterritorio dell’Unione, il nome è utilizzato legittima-mente, notoriamente e in modo economicamente sig-nificativo, per prodotti alimentari analoghi.Se nessuna opposizione, invece, dovesse essermossa, interverrà il Regolamento finalizzato alla regis-trazione della IGP, atto direttamente applicabile nel-l’ordinamento di ciascuno Stato membro15. Essorecherà in allegato il cd. Documento Unico, conte-

nente gli elementi salienti del disciplinare. Nel casodella Piadina Romagnola, se il Ministero riterrà di con-formarsi alla sentenza del TAR Lazio, dovrà avanzareuna richiesta di modifica del Disciplinare allaCommissione europea, secondo quanto previstoall’articolo 53 del Regolamento (UE) n. 1151/2012 eall’articolo 6 del Regolamento delegato (UE) n.664/2014 della Commissione, del 18 dicembre 2013.Nessuna norma esclude, infatti, che la richiesta dimodifica del disciplinare ed eventualmente delDocumento Unico sia proposta prima della regis-trazione definitiva dell’Indicazione geografica protetta. Se, invece, il Ministero non dovesse conformarsi ante-riormente all’adozione del Regolamento recante laregistrazione, l’atto dell’Unione europea farà riferi-mento ad un Documento Unico e ad un Disciplinareparzialmente annullati dalla pronuncia nazionale. Lacircostanza potrebbe far supporre una violazione delprincipio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4,paragrafo 3, commi 2 e 3 TUE. Nel momento in cuiuno Stato membro avvia la procedura di registrazione,è tenuto all’osservanza della normativa dell’Unioneposta a disciplina delle denominazioni di qualità; alcontempo, dovrà evitare di ostacolare, con le proprieazioni (od omissioni) il raggiungimento degli obiettiviposti alla base di tale disciplina. È facilmente intuibileche un’eventuale inerzia del Ministero nell’adoperarsiper permettere che l’applicazione del Regolamentorecante la registrazione dell’IGP non subisca ostacoli,potrebbe essere qualificata come inosservanza delprincipio sopra richiamato. Altra possibilità sarebbe il ritiro della domanda di reg-istrazione: il quarto comma dell’articolo 11 del Decreto14 ottobre 2013, recante disposizioni di attuazione delRegolamento (UE) n. 1151/2012, attribuisce alMinistero la possibilità di revocare la domanda di reg-istrazione, su richiesta del soggetto richiedente eacquisito il parere favorevole della Regione. Nessunainiziativa è tuttavia lasciata all’Autorità nazionale, laquale dovrà necessariamente attenersi alla volontàdel proponente. Pare dunque che l’annosa vicenda della PiadinaRomagnola IGP sia ancora aperta ed anzi sia passa-ta, come sintetizzato nel titolo del presente contributo,dalla padella, o meglio dal “testo”, tipica teglia in cui laPiada è cotta, alla “brace”: se prima della pronuncia

(15) Sulla natura del Regolamento di registrazione, si rinvengono molteplici ordinanze del Giudice “comunitario”. Solo per citare le piùrecenti, si rinvia all’Ordinanza del Tribunale (Terza Sezione) del 07 luglio 2011, Acetificio Marcello de Nigris Srl contro Commissioneeuropea, T-351/09, II-216; Ordinanza del Tribunale di primo grado (Terza Sezione) del 3 luglio 2007, causa T-212/02.

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del TAR Lazio, infatti, pur con le segnalate criticità, ildisciplinare di produzione rappresentava la sintesi didiverse istanze del settore, con la commentata sen-tenza la situazione non migliora, ma anzi, si complica,rendendo significativamente arduo comprenderequale sarà l’ombrello della protezione.Ciò che comunque continuerà a destare perplessità èlo sfumare dell’occasione di veder incidentalmentericonosciuto il contrasto della previsione nazionalesulla procedura di riconoscimento (il riferimento è allarichiesta “caratteristica qualitativa” “qualificante”, con-tenuta nell’articolo 4, comma 3, lettera d)), con lanorma comunitaria. Non solo il Giudice amministrativonon si pone alcun interrogativo sulla legittimità dellastessa ma fonda la propria decisione proprio su taledisposizione, non senza aver seguito una lineaprocessuale non pienamente condivisibile.In attesa di un possibile appello alla sentenza del TAR,resterà da vedere quale strada percorrerà il Ministero, vin-colato da una pronuncia per più aspetti non persuasiva.

Postilla

Nelle more della pubblicazione del presente lavoro, indata 4 novembre 2014, è stato pubblicato nellaGazzetta Ufficiale dell’Unione europea il Regolamentodi esecuzione (UE) n. 1174/2014 della Commissione,del 24 ottobre 201416, recante l’iscrizione della PiadinaRomagnola/Piada Romagnola (IGP) nel registro delledenominazioni di origine protette e delle indicazionigeografiche protette.La data di entrata in vigore è fissata nel ventesimogiorno successivo alla pubblicazione: ciononostantesembra potersi ormai ritenere concluso l’iter per ilriconoscimento definitivo del prodotto.Definitiva anche la sentenza del TAR Lazio n. 5148 del2014, si pone un interrogativo sul rapporto tra il pro-cedimento europeo di riconoscimento, giunto a compi-mento, e la fase nazionale caratterizzata dal parzialeannullamento del disciplinare di produzione. La situ-azione venutasi a creare è quella dell’iscrizione dellaIGP Piadina Romagnola/Piada Romagnola, nel reg-istro europeo delle denominazioni di origine protette edelle indicazioni geografiche protette, per un prodottoil cui disciplinare, approvato dall’Autorità nazionale, èstato poi parzialmente annullato dall’intervenuta pro-

nuncia del Giudice amministrativo interno. Ciò cheforse è opportuno evidenziare è come la sentenza diannullamento, nulla espressamente rimarcando sullepossibili ripercussioni ex tunc della medesima, incari-ca la competente Autorità ministeriale, in virtù dellaportata conformativa della pronuncia, di riformulare ildisciplinare di produzione. Il MiPAAF non potrà peròagire autonomamente. Sarà suo onere procedere allarichiesta di modifica del disciplinare nel rispetto delledisposizioni del Regolamento (UE) n. 1151/2012: trat-tandosi di una variazione “non minore” ai sensi dell’ar-ticolo 53 dello stesso regolamento, il procedimento daseguire sarà il medesimo previsto dagli articoli 49-52per la registrazione di un prodotto. La modifica del dis-ciplinare potrebbe così costituire la strada tanto peraccogliere istanze rimaste prima inascoltate, quantoper “correggere” ambiguità presenti nella versioneattuale o, ancora, terreno su cui le parti del giudizioinnanzi al TAR – rimaste parzialmente insoddisfatte –potranno tornare a sostenere le proprie ragioni. Lasaga della Piadina Romagnola sembra dunque desti-nata a proseguire.

ABSTRACT

La recente sentenza del TAR Lazio, del 5 maggio2014, n. 5148 offre lo spunto per ripercorrere le tappeprincipali del percorso verso la registrazione del mar-chio Piadina/Piada Romagnola IGP, ora in protezionetransitoria. Frutto del compromesso tra opposte esi-genze espresse dal settore, il Disciplinare di pro-duzione, così come il Decreto di concessione dellaprotezione transitoria e tutti gli atti collegati sonoimpugnati da una società avente sede al di fuori dellazona geografica di produzione, ma impegnata nellarealizzazione e commercializzazione della PiadinaRomagnola da oltre venticinque anni. Seguendo losviluppo dell’argomentazione condotta dal Giudiceamministrativo, si giungerà a confutare le conclusionicui il medesimo giunge, sotto molteplici profili.

The recent judgment of the Regional Administrative Courtfor the Italian Region of Lazio, of May 5th 2014, providesan opportunity to retrace the main steps towards the reg-istration of the PGI “Piadina/Piada Romagnola IGP”, nowunder transitional national protection.

(16) Regolamento di esecuzione (UE) n. 1174/2014 della Commissione, del 24 ottobre 2014, recante iscrizione di una denominazione nelregistro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Piadina Romagnola/Piada Romagnola (IGP)].

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The Production Specification is the result of a compro-mise between conflicting needs: a straightforwarddocument that lacks an overall vision of the possiblearising issues. Thus, a Company challenged theSpecification (and all the related acts) since it had

been producing and selling Piadina Romagnola forover 25 years, having its premises outside the limitedgeographical area. While analyzing the Judge’s legalreasoning, the paper will come to refute the Court’sconclusions, by several profiles.

La sentenza del T.A.R. Lazio

TAR Lazio – 15 maggio 2014, n. 5148 – Pres. Filippi –Red. Politi – CRM S.r.l. (Avv.ti G. Forte, C. Marinuzzi, F.Buonanno) c/ Ministero delle Politiche Agricole,Alimentari e Forestali (Avv.ra dello Stato)

Protezione transitoria accordata a livello nazionalealla denominazione “Piadina Romagnola / PiadaRomagnola”

In riferimento ai prodotti IGP, il mero fatto che il prodottosi ottenga tramite una tecnica realizzabile ovunque e inconcreto utilizzata (anche) al di fuori del territorio da tute-lare, non costituisce elemento ostativo alla registrazione,in quanto con la stessa non si tutelano solo beni che tec-nicamente possono essere prodotti solo in un luogo, maanche quelli la cui reputazione ha una specifica originegeografica, ma la protezione da accordare mediante ilriconoscimento della IGP, laddove appunto veicolatadalla preminente pregnanza assunta dal criterio reputa-zionale, non può che essere limitata alla metodologia tra-dizionale di produzione.L’accertata riconducibilità del prodotto alimentare“Piadina” o “Piada” al territorio della Romagna, univoca-mente connota con carattere geografico la sola realizza-zione artigianale dell’alimento.Deve, conseguentemente inferirsi che, fuori dal contestoterritoriale di che trattasi, l’impiego della locuzione anzi-detta ben possa essere consentito in presenza di lavora-zioni industriali per le quali – nel rispetto delle indicazio-ni (“metodo di ottenimento del prodotto”) – la constatatairrilevanza dei fattori produttivi e/o microclimatici benconsente la collocazione di insediamenti industrialianche al di fuori dell’area, per come delimitata all’art. 3del Disciplinare.

(Omissis) Annullamento- del decreto direttoriale 27 dicembre 2012 avente adoggetto “Protezione transitoria accordata a livello nazio-nale alla denominazione “Piadina Romagnola/PiadaRomagnola” per la quale è stata inviata istanza allaCommissione Europea per la registrazione come indica-

zione geografica protetta”, pubblicato in G.U. 16 genna-io 2013 n. 13;- del Disciplinare di produzione pubblicato sul sito delMinistero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali;- nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e con-seguenziale.

(Omissis)FATTOAssume la ricorrente società – operante nel settore dellaproduzione di derivati del pane, tra i quali la Piadinaromagnola – l’illegittimità dell’impugnato decreto ministe-riale, sulla base dei seguenti argomenti di censura:1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2. par. 1, lett.b), del Reg. CE 510/06 e dell’art. 4, comma 2, lett. d). delD.M. 21 maggio 2007. Mancanza del legame con il terri-torio. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisa-mento dei fatti ed errore nei presupposti del provvedi-mento. Sviamento. Sul presupposto della definizione for-nita dall’epigrafato Regolamento comunitario alla nozio-ne di “indicazione geografica”, riferita ai prodotti agricolio alimentari, parte ricorrente contesta la sussistenza dicollegamento alcuno fra la produzione della Piadina (siaa carattere artigianale, che industriale) con il territorio,assumendo l’inesistenza di specifiche limitazioni concer-nenti la qualità degli ingredienti e/o l’ambiente. Sotto taleaspetto, confuta che il “legame” con il luogo possa esse-re individuato nella “influenza del microclima, soprattuttoin fase di riposo, il quale ne induce la particolare fragran-za”, atteso che la Piadina non è un prodotto lievitato, néil processo di fermentazione viene descritto nelDisciplinare.2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 2,lett. f), del D.M. 21 maggio 2007. Eccesso di potere pererrore nei presupposti, erronea valutazione della situa-zione di mercato e mancata valutazione di prodotti che sitrovano legalmente sul mercato da 25 anni.Nell’assumere che la diffusione del prodotto alimentaredi che trattasi sia largamente dovuta all’attività di produ-zione ascrivibile a CRM, la ricorrente stessa (che vantaun fatturato pari a circa la metà di tutte le altre aziende)evidenzia che nel corso del periodo venticinquennale dioperatività sul mercato non è stata mai oggetto di conte-stazione la denominazione “Piadina romagnola” dallamedesima impiegata.3) Violazione e falsa applicazione di legge: omessa valu-

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tazione dell’art. 14, comma 2, del Reg. CE 510/06.Utilizzo in buona fede del marchio/denominazione (e art.14, comma 2, del Reg. CE 1151/12). In ogni caso, se ilReg. CE 510/06 disciplina la coesistenza di un marchioanteriore con una denominazione geografica, parte ricor-rente rivendica la buona fede che ha assistito la diffusio-ne del prodotto con la denominazione “Piadina romagno-la”, la quale integrerebbe l’impiego di un “marchio difatto”.4) Violazione e falsa applicazione di legge: art. 5, comma6, del Reg. CE 510/06. Mancata previsione di un perio-do di adattamento. Rileva ulteriormente CRM che l’av-versato decreto non prevederebbe alcun periodo di ade-guamento e/o adattamento per le aziende operanti fuorizona, con violazione dell’epigrafata norma regolamenta-re.Con motivi aggiunti, parte ricorrente ha, poi, impugnato iseguenti atti:- decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentarie Forestali 28 giugno 2013, avente ad oggetto“Autorizzazione all’organismo denominato “BioAgriCerts.r.l.”, in Casalecchio di Reno, ad effettuare i controlli perla denominazione “Piadina Romagnola”, protetta transi-toriamente a livello nazionale con decreto 27 dicembre2012”, pubblicato in G.U. 9 luglio 2013 n. 159;- piano dei controlli approvato da BioAgriCert;- decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentarie Forestali 8 luglio 2013, avente ad oggetto “Modifica deldecreto 27 dicembre 2012 relativo alla protezione transi-toria accordata a livello nazionale alla denominazione“Piadina Romagnola/Piada Romagnola” per la quale èstata inviata istanza alla Commissione Europea per laregistrazione come indicazione geografica protetta”,pubblicato in G.U. 22 luglio 2013 n. 170;- Disciplinare di produzione pubblicato sul sito delMinistero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali;- ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenzia-le.Nel riproporre, avverso gli atti gravati con l’anzidettomezzo di tutela, gli argomenti di doglianza già esposticon l’atto introduttivo del giudizio, CRM ha, ulteriormen-te, dedotto le seguenti, autonome, censure:A) Illegittimità derivata dall’illegittimità dei provvedimentied atti impugnati con il ricorso principale per: I)Violazione e falsa applicazione di legge (art. 2, par. 1,lett. b), del Reg. CE 510/06 e dell’art. 4, comma 2, lett.d), del D.M. 21 maggio 2007; art. 4, comma 2, lett. f), delD.M. 21 maggio 2007; art. 14, comma 2, del Reg. CE510/06 e art. 14, comma 2, del reg. CE 1151/12; art. 5,comma 6, del Reg. CE 510/06); II) Eccesso di potere:difetto di istruttoria, travisamento dei fatti ed errore neipresupposti del provvedimento/i; sviamento.B) Violazione e falsa applicazione di legge: art. 2, par. 1,

lett. b), del Reg. CE 510/06, del D.M. 21 maggio 2007con riferimento alla mancata dimostrazione del legamecon il territorio del prodotto industriale “Piadina romagno-la” e con riferimento alla mancata individuazione di uncollegamento reputazionale del prodotto industriale“Piadina romagnola” con quello artigianale c.d. dei “chio-schi”. Eccesso di potere: difetto di istruttoria, travisamen-to dei fatti ed errore nei presupposti del provvedimento.Sviamento. Le modificazioni apportate al Disciplinare,con riferimento agli elementi che comprovano il legamedel prodotto con il territorio, segnatamente sotto l’aspet-to reputazionale, rileverebbero esclusivamente per laPiadina artigianale e non anche per i prodotti alimentaria lunga conservazione e/o confezionati per il consumodifferito.C) Violazione e falsa applicazione di legge: artt. 6, 7, 8 e9 del D.M. 21 maggio 2007.Rileva inoltre parte ricorrente che, in presenza di modifi-cazioni significative al Disciplinare, il Ministero avrebbedovuto nuovamente informare la Regione o leAssociazioni interessate al fine di promuovere l’eventua-le presentazione di osservazioni.(Omissis)DIRITTO1. Va, in primo luogo, disattesa l’eccezione di irricevibili-tà dell’impugnativa, che la Regione Emilia-Romagna haargomentato con riferimento alla tardività dell’impugna-zione sia del decreto di protezione transitoria, che delDisciplinare di produzione.Escluso che, relativamente a tale ultimo atto, in difettodella qualificazione del valore di pubblicità legale integra-to dalla pubblicazione del medesimo sul sito web delMinistero delle Politiche agricole, sia dato identificarenella relativa data il termine di decorrenza per la propo-sizione dell’impugnazione in sede giurisdizionale, il purravvisabile carattere endoprocedimentale delDisciplinare di che trattasi non ne esclude, tuttavia, lasottoposizione al sindacato.Laddove infatti, come appunto nella fattispecie all’esa-me, si sia inteso promuovere il riconoscimento della qua-lificazione di “indicazione geografica protetta” – IGP(nelle more attuando le misure interinalmente protettiveconsentite, come si avrà cura di precisare infra, dallanormativa comunitaria e nazionale di riferimento), alloraè proprio nel Disciplinare di produzione che possonoessere ravvisate indicazioni che, in quanto suscettibili diidentificare il nesso relazionale fra un prodotto e/o lerelative caratteristiche produttive ed un dato territoriogeografico, direttamente e concludentemente refluisco-no sulla richiesta di che trattasi.Ne consegue che, ferma l’evidente proponibilità di recla-mo, in sede giurisdizionale, avverso la richiesta di regi-strazione (in ragione dell’interesse a promuovere un

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annullamento suscettibile di indurre l’arresto procedi-mentale del relativo iter approvativo) e/o le misure protet-tive transitorie (a fronte del lamentato pregiudizio rive-niente dall’attuazione di esse), le doglianze eventual-mente appuntabili avverso previsioni contenute nelDisciplinare ben possono essere – come nel caso di spe-cie – sollevate in una con la sottoposizione al vaglio giu-diziale degli atti anzidetti.Né, altrimenti (e con ogni evidenza), la mancata presen-tazione, da parte di CRM, di osservazioni e/o opposizio-ni nel corso del procedimento “nazionale” di registrazio-ne (e, quindi, entro il termine di 30 giorni dalla pubblica-zione del Disciplinare in G.U., avvenuta il 28 gennaio2012) è suscettibile di escludere, come pure ipotizzatodalla Regione Emilia-Romagna, l’esperibilità del rimediogiurisdizionale.Ciò osservato, la chiara individuabilità della decorrenzadel termine per ricorrere nella data di pubblicazione deldecreto ministeriale sulla Gazzetta Ufficiale (in assenzadi altre e/o diverse indicazioni legislativamente sancite),consente di escludere che il mezzo di tutela all’esamesia stato tardivamente proposto: per l’effetto imponendo-si la reiezione dell’eccezione come sopra formulata dalladifesa dell’intimata Amministrazione regionale.2. Quanto sopra preliminarmente osservato, non può,poi, il Collegio esimersi dal dichiarare l’inammissibilitàdell’intervento ad adiuvandum dispiegato da STERS.p.A., con atto depositato in giudizio il 24 gennaio 2014.La stessa interveniente, in punto di legittimazione, harappresentato di commercializzare, fra i propri prodotti,anche le “piadine” e le “piade”, confezionate con l’evoca-zione “antica ricetta romagnola”.Soggiunge, peraltro, che, “pur non essendo interessataall’annullamento” dei provvedimenti gravati con il ricorsoall’esame, “non utilizzando la precisa locuzione “Piadinaromagnola” o “Piada romagnola” per i propri prodotti,potrebbe “in futuro, laddove i provvedimenti predettidovessero essere confermati nella loro legittimità, subireun pregiudizio dall’attuazione del Disciplinare di produ-zione, avendo … sede di stabilimento fuori dal territorioromagnolo”.La dichiarata non attualità dell’interesse del quale laparte interveniente assume di essere portatrice, escludel’ammissibilità di tale mezzo di tutela processuale.È infatti noto (cfr., ex multis, T.A.R. Piemonte, sez. I, 3agosto 2012 n. 969) che l'intervento adesivo ad adiuvan-dum, pur ammesso a tutela di un interesse diverso emeno forte di quello del ricorrente, ad esso collegato odipendente, presuppone pur sempre che l'intervenientevanti una posizione qualificata e giuridicamente apprez-zabile, e possa ritrarre dall'accoglimento del ricorso unvantaggio concreto e attuale, anche se indiretto e rifles-so, dotato quindi di effettiva utilità.

3. La disamina delle censure proposte con il presentericorso impone – in ragione dell’impugnazione del decre-to ministeriale con cui è stata accordata protezione tran-sitoria, a livello nazionale, alla denominazione “PiadinaRomagnola/Piada Romagnola”, per la quale è statainviata istanza alla Commissione Europea per la regi-strazione come indicazione geografica protetta – di esa-minare previamente i contenuti del Regolamento (CE) n.510/2006 del Consiglio del 20 marzo 2006, relativo allaprotezione delle indicazioni geografiche e delle denomi-nazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari.Per quanto di interesse ai fini della delibazione della pre-sente vicenda contenziosa, va in primo luogo sottolinea-to come l’art. 2, comma 1, lett. b) stabilisca che per «indi-cazione geografica», si intende “il nome di una regione,di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di unpaese che serve a designare un prodotto agricolo o ali-mentare:- come originario di tale regione, di tale luogo determina-to o di tale paese e- del quale una determinata qualità, la reputazione o altrecaratteristiche possono essere attribuite a tale originegeografica e- la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazioneavvengono nella zona geografica delimitata”.Ai sensi del successivo art. 4, per beneficiare di una indi-cazione geografica protetta (IGP), un prodotto agricolo oalimentare deve essere conforme ad un Disciplinare, ilquale deve comprendere, fra l’altro:“a) il nome del prodotto agricolo o alimentare che com-prende la denominazione d'origine o l'indicazione geo-grafica;b) la descrizione del prodotto agricolo o alimentaremediante indicazione delle materie prime, se del caso, edelle principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbio-logiche o organolettiche del prodotto agricolo o alimenta-re;c) la delimitazione della zona geografica e, se del caso,gli elementi che indicano il rispetto delle condizioni di cuiall'articolo 2, paragrafo 3;d) gli elementi che comprovano che il prodotto agricolo oalimentare è originario della zona geografica delimitatadi cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a) o b), a secon-da dei casi;e) la descrizione del metodo di ottenimento del prodottoagricolo o alimentare e, se del caso, i metodi locali, lealie costanti, nonché gli elementi relativi al condizionamen-to, quando l'associazione richiedente, ai sensi dell’artico-lo 5, paragrafo 1, stabilisce e motiva che il condiziona-mento deve aver luogo nella zona geografica delimitataper salvaguardare la qualità o garantire l’origine o assi-curare il controllo;f) gli elementi che giustificano: i) il legame fra la qualità o

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le caratteristiche del prodotto agricolo o alimentare el’ambiente geografico di cui all'articolo 2, paragrafo 1, let-tera a) o, a seconda dei casi, ii) il legame fra una deter-minata qualità, la reputazione o un’altra caratteristica delprodotto agricolo o alimentare e l’origine geografica dicui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b)”.Nell’ambito della disciplina riservata alla domanda diregistrazione (art. 5), merita di essere segnalata – inquanto direttamente afferente alla controversia all’esame– la previsione dettata dal paragrafo 6, che prevede che:“A decorrere dalla data della presentazione della doman-da alla Commissione, [lo] Stato membro può accordaresolo in via transitoria alla denominazione una protezioneai sensi del presente regolamento a livello nazionale,nonché, se del caso, un periodo di adattamento.Il periodo di adattamento di cui al primo comma puòessere previsto solo a condizione che le imprese interes-sate abbiano legalmente commercializzato i prodotti inquestione utilizzando in modo continuativo tali denomi-nazioni almeno per i cinque anni precedenti e abbianosollevato questo problema nel corso della proceduranazionale di opposizione di cui al paragrafo 5, primocomma.La protezione nazionale transitoria cessa a decorreredalla data in cui è adottata una decisione sulla registra-zione in virtù del presente regolamento”.Rilevano, in sede di rassegna dei salienti contenuti nellaregolamentazione comunitaria di che trattasi, le disposi-zioni relative alla individuazione del conseguente proce-dimento dinanzi alla Commissione (art. 6), le modalità dieventuale proposizione di opposizioni e la conclusivadecisione sulla registrazione (art. 7), nonché la procedu-ra preordinata alle modificazioni del Disciplinare (art. 9).Particolare interesse rivela, poi, il contenuto dell’art. 13,che detta i contenuti della disciplina di protezione cheassiste i prodotti che abbiano beneficiato della registra-zione DOP (denominazione di origine protetta) e IGP(indicazione geografica protetta); mentre il paragrafo 2del successivo art. 14 stabilisce che “nel rispetto del dirit-to comunitario, l'uso di un marchio corrispondente aduna delle situazioni di cui all'articolo 13, depositato, regi-strato o, nei casi in cui ciò sia previsto dalla normativapertinente, acquisito con l'uso in buona fede sul territoriocomunitario, anteriormente alla data di protezione delladenominazione d'origine o dell'indicazione geograficanel paese d’origine, … può proseguire, nonostante laregistrazione di una denominazione d'origine o di un'in-dicazione geografica, qualora il marchio non incorranella nullità o decadenza per i motivi previsti dalla primadirettiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Statimembri in materia di marchi d'impresa o dal regolamen-to (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul

marchio comunitario”.4. A seguito della esplicitazione, limitatamente ai profilirilevanti ai fini del decidere, della portata contenutisticapromanante dalla disciplina comunitaria di riferimento,non può omettere il Collegio di rammentare come la nor-mativa nazionale rilevante sia rappresentata dal D.M. 21maggio 2007 (recante “Procedura a livello nazionale perla registrazione delle DOP e IGP, ai sensi del regolamen-to (CE) n. 510/2006”), ora abrogato dal comma 1 dell’art.32 del D.M. 14 ottobre 2013, (con decorrenza dal 26ottobre 2013, ai sensi di quanto disposto dal comma 1dell’art. 33 del medesimo decreto), ma ratione temporisoperante quanto alla presente controversia.In particolare, l’art. 4, comma 3, prevede che la richiestadi riconoscimento debba essere corredata, fra l’altro, daiseguenti documenti:(Omissis)c) Disciplinare di produzione;d) relazione tecnica dalla quale si evinca in manierachiara il legame con il territorio, inteso come nesso dicausalità tra la zona geografica e la qualità o le caratte-ristiche del prodotto (nell'ipotesi di DOP) o una qualitàspecifica, la reputazione o altra caratteristica del prodot-to (nell'ipotesi di IGP). Dalla relazione tecnica deve altre-sì risultare che il prodotto per il quale si richiede il ricono-scimento presenta almeno una caratteristica qualitativache lo differenzia dallo standard qualitativo di prodottidella stessa tipologia ottenuti fuori dalla zona di produ-zione;e) relazione storica, corredata di riferimenti bibliografici,atta a comprovare la produzione per almeno venticinqueanni anche se non continuativi del prodotto in questione,nonché l'uso consolidato, nel commercio o nel linguaggiocomune, della denominazione della quale si richiede laregistrazione;f) relazione socio-economica contenente le seguentiinformazioni: 1. prodotto e struttura produttiva: quantitàprodotta attuale; potenzialità produttiva del territorio;numero aziende coinvolte distinte per singolo segmentodella filiera (attuali e potenziali); destinazione geograficae commerciale del prodotto (attuale e potenziale); 2.domanda attuale relativa al prodotto e previsione dimedio termine;g) cartografia in scala adeguata a consentire l'individua-zione precisa della zona di produzione e dei suoi confi-ni”.Se il Collegio riserva di condurre successivamente,anche alla luce delle risultanze della disposta consulen-za tecnica d’ufficio, le considerazioni riguardanti la pre-senza di un legame del prodotto con il territorio (almeno,giusta quanto sostenuto dalla parte ricorrente, per laPiadina non prodotta artigianalmente), anche sotto il pro-filo reputazionale, fin d’ora la disamina del testo norma-

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tivo all’esame impone di rilevare che: - la procedura èarticolata in due distinte fasi (artt. 6 e 7), preordinateall’attivazione delle interlocuzioni con i soggetti interes-sati; - è prevista la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, alfine di consentire al proposizione di eventuali osserva-zioni e la predisposizione di controdeduzioni (art. 8); - ilDisciplinare di produzione viene trasmesso allaCommissione Europea; - la modificazione delDisciplinare impone di seguire la procedura dettata dagliindicati artt. 6, 7 e 8; - la protezione transitoria (concedi-bile a domanda dell’associazione richiedente), oveaccordata, decade qualora entro sei mesi dalla data dipubblicazione del decreto non sia approvato il piano deicontrolli (art. 10).5. Il decreto ministeriale in data 27 dicembre 2012, impu-gnato con l’atto introduttivo del giudizio, sul presupposto:- della domanda presentata dal Consorzio di promozionedella Piadina Romagnola – CO.P.ROM., intesa ad otte-nere la registrazione della denominazione “PiadinaRomagnola/Piada Romagnola”, ai sensi dell'art. 5 delReg. CE 510/2006; - della trasmissione all'organismocomunitario competente della predetta domanda di regi-strazione, ad opera del Ministero delle Politiche Agricole,Alimentari e Forestali; - dell'istanza con la qualeCO.P.ROM. ha chiesto la protezione a titolo transitorio, aisensi del riportato art. 5, comma 6 del Regolamento CE510/2006; ed in relazione alla ravvisata esigenza di“assicurare certezza alle situazioni giuridiche degli inte-ressati all'utilizzazione della denominazione «PiadinaRomagnola/Piada Romagnola», in attesa che l'organi-smo comunitario decida sulla domanda di riconoscimen-to della indicazione geografica protetta”, ha accordato(art. 1) la protezione a titolo transitorio a livello naziona-le, ai sensi dell'art. 5, comma 6, del predettoRegolamento alla denominazione sopra indicata, riser-vata (art. 2) “al prodotto ottenuto in conformità alDisciplinare di produzione consultabile nel sito istituzio-nale di questo Ministero all'indirizzo www.politicheagrico-le.gov.it.”; ed ha ulteriormente precisato (art. 4) che:- “la protezione transitoria di cui all'art. 1 cesserà adecorrere dalla data in cui sarà adottata una decisionesulla domanda stessa da parte dell'organismo comunita-rio”; - “la protezione transitoria decadrà qualora entro seimesi dalla data di pubblicazione del presente decreto,non sarà approvato il relativo piano dei controlli, cosìcome previsto dal comma 2” dell'art. 10 del decreto 21maggio 2007”.6. Con successivo decreto in data 8 luglio 2013 (dallaparte ricorrente gravato con motivi aggiunti), il Ministerointimato: - vista la nota del 3 luglio 2013, con la quale erastata trasmessa la documentazione relativa alla doman-da di registrazione della denominazione «PiadinaRomagnola/Piada Romagnola» modificata in accogli-

mento delle richieste della Commissione UE; - e ritenutala necessità di riferire la protezione transitoria a livellonazionale al Disciplinare di produzione modificato inaccoglimento delle richieste della Commissione UE;ha disposto che la protezione a titolo transitorio a livellonazionale, già accordata con decreto 27 dicembre 2012alla denominazione di che trattasi, “è riservata al prodot-to ottenuto in conformità al Disciplinare di produzioneconsultabile nel sito istituzionale di questo Ministeroall'indirizzo www.politicheagricole.gov.it”.7. Le modificazioni all’originario decreto del 27 dicembre2012 – che hanno imposto l’adozione di un nuovo prov-vedimento ministeriale (come detto, impugnato con moti-vi aggiunti) e, con esso, l’applicazione della (contestata)protezione a titolo transitorio – concernono il Disciplinaredi produzione della Piadina.Nel rilevare come gli interventi manipolativi sul testo delDisciplinare sono stati indotti dalla richiesta dellaCommissione Europea, per come dalla stessa Autoritàministeriale evidenziato nel decreto dell’8 luglio 2013, siosserva che l’art. 6 (Elementi che comprovano il legamecon l’ambiente) reca, nella rinnovata formulazione, unapiù dettagliata ed analitica illustrazione, di carattere sto-rico-sociale, in ordine alle tipologie e caratteristiche diproduzione e consumo del prodotto di che trattasi,riguardate all’interno di un ampio excursus (documenta-to anche da citazioni a carattere bibliografico), che com-prova la risalente tradizione che caratterizza tale alimen-to nell’ambito del territorio della Romagna.Tale implementato dettaglio rivela, come condivisibil-mente osservato dalla parte ricorrente, chiaro intento diaccrescere la valenza “reputazionale” della Piadina:avvalorando pertanto quell’elemento (in primo luogoconsiderato dalla normativa europea di riferimento; quin-di, ripreso anche dalla applicativa decretazione naziona-le) suscettibile di asseverare la considerazione del pro-dotto non con carattere di assolutezza, ma in quanto cor-relata alla tradizionale produzione ed al consolidato con-sumo dello stesso nel quadro del radicamento territoria-le che ne integra il proprium (all’interno, quindi, dellastretta correlazione tra qualità/caratteristiche della“Piadina” o “Piada” romagnola e zona geografica di pro-duzione della stessa).Lo stesso Disciplinare di produzione, nella rimodulataversione anzidetta, ribadisce i contenuti dell’originariotesto, quanto alle peculiari caratteristiche integranti il vin-colo geografico di produzione della Piadina (che partericorrente aveva già contestato con l’atto introduttivo delgiudizio): ribadendo, sotto tale profilo, che “al fine digarantire un uniforme contenuto di umidità caratteristicodell’aree a salvaguardia della fragranza del prodotto, ilconfezionamento dovrà avvenire nella zona di produzio-ne indicata all’articolo 3, immediatamente a seguito del

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raffreddamento post-cottura, anche nel caso del prodot-to congelato, al fine di garantire la qualità, la freschezzae le tipiche caratteristiche organolettiche” (art. 5).8. Proprio il profilo di interesse da ultimo segnalato, allastregua della direzione contenutistica appalesata dalledoglianze dedotte dalla parte ricorrente con il ricorsointroduttivo, ha indotto la Sezione a disporre compiutiapprofondimenti, avvalendosi dello strumento di cuiall’art. 19 c.p.a.I quesiti rivolti all’attenzione del consulente tecnico d’uf-ficio, nominato nella persona della prof.ssa MariaAmbrogina Pagani, (Professore Ordinario di TecnologieAlimentari e responsabile dell’insegnamento di“Tecnologia dei Cereali” presso il Dipartimento diScienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l'Ambiente dellaFacoltà di Scienze Agrarie e Alimentari dell'Universitàdegli Studi di Milano), giusta quanto dalla Sezione stabi-lito con ordinanza n. 5956 del 13 giugno 2013, sono iseguenti: 1) quali sono gli elementi che influiscono sullafragranza di un prodotto da forno; 2) se la fragranza di unprodotto privo di una fase di lievitazione possa essereinfluenzata dal microclima (in particolare, per interazionedi microorganismi, loro selezione, moltiplicazione); 3) sele diverse condizioni micro-ambientali (quali, ad esem-pio, il livello di ventilazione, l’umidità e la temperatura),nell’ambito della zona di produzione di cui al Disciplinareimpugnato con il ricorso in trattazione, eventualmentevarianti tra mare, pianura, collina, possono incidere sullecaratteristiche della Piadina romagnola; 4) in caso diriscontrata influenza del microclima, se essa possaessere riconosciuta anche per le lavorazioni di tipo indu-striale (confezionate ed a lunga conservazione), nellequali la fase di riposo avviene in celle precondizionate; 5)se la diversità in termini reologici ed organolettici gene-rata dall’impiego, in rilevanti proporzioni, di sostanzegrasse con proprietà differenziate (strutto e/o olio di olivae/o olio di oliva extravergine e/o altri grassi vegetali),possa essere compatibile con la definizione di un alimen-to, avente caratteristiche tali da non poter essere prodot-to al di fuori dell’area geografica definita dal Disciplinaredi cui sopra; 6) se il microclima può avere una influenzaoggettivamente significativa sulle caratteristiche organo-lettiche del prodotto superiore o pari a quella derivantedalla variabilità compositiva, soprattutto in sostanzegrasse, prevista dal Disciplinare; 7) se nel documentounico sul quale è chiamata ad esprimersi laCommissione Europea in sede di decisione in ordine allaregistrazione del prodotto quale IGP, sia richiamata l’in-fluenza del microclima sulla fragranza del prodotto qualeelemento che giustifichi il legame con il territorio, e, piùin generale, sulla preparazione della Piadina romagnola;8) se, sulla base della documentazione di cui al prece-dente punto 7), il microclima della zona di origine e la

sua influenza sulla fragranza del prodotto siano caratte-ristiche che contribuiscono alla classificazione del pro-dotto stesso come idoneo all’apposizione del marchioIGP.9. Con relazione depositata in atti del giudizio alla datadel 27 novembre 2013, il CTU (previo svolgimento delledemandate operazioni di accertamento e verifica, nelnecessario contraddittorio con le parti costituite) ha forni-to le risposte, di seguito riportate, ai quesiti come sopraal medesimo rivolti:- Quesito n. 1: “… il contributo più importante alla fra-granza dei prodotti da forno deriva dai complessi feno-meni che hanno luogo durante la cottura in forno, opera-zione chiave per questo gruppo di alimenti …”.- Quesito n. 2: “… all’interno dell’unità produttiva, devo-no essere monitorati numerosi parametri, quali la tempe-ratura, l’umidità, la carica batterica/micotica dell’aria neilocali e la carica batterica delle superfici a contatto diret-to con il prodotto, nonché le caratteristiche dell’acquausata per l’impastamento. Il rispetto di tali procedureporta ad escludere che il microclima dell’ambiente ester-no, soprattutto in un prodotto ottenuto senza un interven-to diretto di microrganismi (fase di lievitazione) possaavere un effetto sull’andamento del processo produttivoe, di conseguenza, sulla fragranza del prodotto stesso.L’unico elemento che … può ragionevolmente contribui-re a conferire particolari e desiderate caratteristiche aro-matiche del prodotto finito ottenuto in un’azienda … è latipologia delle materie prime, la formulazione utilizzata eil processo produttivo, in particolare le condizioni di cot-tura”.- Quesito n. 3: “… il microclima esterno non può influen-zare l’andamento dei fenomeni che possono manifestar-si nell’impasto … La bassa carica microbica della farina,le condizioni di tempo/temperatura/umidità applicatedurante la fase di riposo/puntatura del processo produt-tivo in celle condizionate (sia in lavorazioni artigianali cheindustriali) non sembrano poter consentire una crescitamicrobica tale da influenzare, sia positivamente, chenegativamente, le caratteristiche del prodotto”. Viene,poi, ulteriormente soggiunto che “… anche nel caso incui la Piadina sia prodotta in chioschi, ambienti dovel’isolamento dall’esterno non è assicurato e non puòessere escluso a priori, la fase di riposo (le cui condizio-ni di tempo e temperatura sono definite nel Disciplinaredi produzione) potrebbe far registrare una crescita dimicrorganismi (e potenzialmente una lievitazione biologi-ca) solo in condizioni che contrastino con le indicazioni dicorretta prassi igienica”.- Quesito n. 4: “… il microclima dell’area geografica iden-tificata per la produzione di Piadina IGP in lavorazioni ditipo industriale non può influenzare le caratteristiche delprodotto, in quanto le fasi associate alla potenziale for-

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mazione di sostanze aromatiche vengono condotte inambienti confinati e controllati per condizioni di tempera-tura e umidità (celle pre-condizionate) … I due metodistrumentali utilizzati per determinare l’aroma dellaPiadina (dunque la fragranza) sono concordi nell’indica-re che le proprietà sensoriali dei campioni non sonoinfluenzate dalla condizioni del microclima della zona diproduzione, ma sembrano fortemente correlate ad alcu-ne scelte tecnologiche adottate nel processo produttivo…”.- Quesito n. 5: “… il contenuto della materia grassa dellaformulazione [è] l’elemento determinante che condizionale caratteristiche reologiche dei prodotti analizzati, indi-pendentemente dalla zona di produzione o dalla naturaartigianale o industriale del produttore” … “Data la varia-bilità della componente grassa ammessa dalDisciplinare, sia in termini qualitativi che quantitativi,eventuali caratteristiche impartite al prodotto dalla “terri-torialità” (ad esempio, umidità ambientale, composizionedell’acqua), anche se presenti, passerebbero in secondopiano e sarebbero surclassate dagli effetti macroscopiciattribuibili alla componente grassa nell’impasto”.- Quesito n. 6: “… il metodo sensoriale ha messo in luce,tra i sei campioni di Piadina analizzati, differenze per lecaratteristiche sensoriali non riconducibili alla zona diproduzione e, di conseguenza, al microclima presente …ma ascrivibili alle condizioni adottate in alcune fasi delprocesso tecnologico e/o alla formulazione. Sebbeneindirettamente ma significativamente, i risultati sensoria-li indicano che la produzione di Piadina all’interno dellazona per cui si richiede l’IGP non garantisce la formazio-ne di aroma e gusto le cui intensità siano tali da supera-re le diversità strutturali associate alla formulazione edimputabili … soprattutto alla componente grassa”.- Quesito n. 7: “Nel documento Unico … su cui laCommissione Europea in sede di decisione si deveesprimere in ordine alla registrazione del prodotto qualeIGP, non viene richiamata l’influenza del territorio e delsuo microclima sulla fragranza quale elemento che giu-stifichi il legame con il territorio”.- Quesito n. 8: “la denominazione IGP deve identificareun prodotto alla cui origine geografica sono essenzial-mente attribuibili una data qualità o la reputazione o altrecaratteristiche”, sì che “si deve intendere che l’IGP puòessere diretta, come accade nel caso in questione, abasarsi sulla “popolarità” e sulla reputazione della deno-minazione per tutelarne e garantirne la produzione” “… ilsolo fatto che il prodotto Piadina si possa ottenere trami-te un processo tecnologico realizzabile anche al di fuoridel territorio IGP non può essere considerato un elemen-to che ne impedisca la registrazione”.10. Le risposte come sopra fornite dal CTU ai quesiti almedesimo rivolti, hanno consentito alle parti, in vista del-

l’odierna pubblica udienza di trattazione della controver-sia, di precisare le proprie conclusioni con scritti difensi-vi essenzialmente incentrati su una polarità di prospetta-zioni.Se, da un lato, parte ricorrente ha inteso valorizzare leindicazioni contenute nella Relazione, circa l’assenza dialcun “legame” della Piadina con il territorio indicato aifini della registrazione IGP, in ragione della ravvisataininfluenza di fattori ambientali e/o microclimatici sul pro-cesso produttivo (e, conseguentemente, sulla conclusivarealizzazione del prodotto alimentare di che trattasi),diversamente le difese delle parti resistenti (Consorzio diProduzione della Piadina Romagnola – CO.P.ROM eRegione Emilia Romagna) hanno soffermato l’attenzionesul c.d. “elemento reputazionale” (e, con esso, sulla risa-lente tradizione produttiva nell’ambito dell’area geografi-ca romagnola e sul carattere di notorietà assunto dallariconducibilità/associabilità dello stesso prodotto allazona di origine), che sarebbe confermato dalla analiticaricostruzione storico-sociale contenuta nel Disciplinare etroverebbe, altresì, profili di ribadito convincimento nellastessa relazione peritale (si confronti, in proposito, ilpunto 8).In altri termini, ed in estrema sintesi, se l’esclusa rilevan-za del fattore microclimatico (secondo quanto sostenutoda CRM) attenuerebbe il legame del prodotto in questio-ne con la zona geografica di provenienza, secondoquanto ex adverso argomentato il fattore reputazionaleex se consentirebbe la registrazione quale prodotto ad“indicazione geografica protetta”, atteso che (si confron-ti, in proposito, la memoria di CO.P.ROM. depositata il 5febbraio 2014), “la reputazione di un prodotto non derivatanto dalle qualità intrinseche del medesimo, quanto dal-l’immagine con la quale viene percepito dal consumato-re, che vi associa, in virtù dell’area geografica di origine,determinate caratteristiche e qualità a prescindere dallaloro effettiva sussistenza”.11. La tesi che assevera, quale elemento discriminanteai fini del riconoscimento della IGP, la sussistenza di ele-menti reputazionali suscettibili di avvalorare il legame diun particolare prodotto alimentare con la zona di tradizio-nale produzione, dimostra, ad avviso del Collegio, ele-menti di persuasività con esclusivo riferimento alla pro-duzione “artigianale” della piadina; ma non rivela, al con-trario, omogeneo carattere di condivisibilità con riferi-mento alla produzione “industriale” dell’alimento di chetrattasi.11.1 Va, innanzi tutto, dato atto della presenza di pronun-zie giurisprudenziali che hanno ripetutamente accentua-to la centrale rilevanza che deve annettersi, nel quadrodelle valutazioni preordinate al riconoscimento della indi-cazione geografica protetta, alla “reputazione” vantatadal prodotto con riferimento ad una particolare circoscri-

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zione geografica. È stato, in tal senso, affermato che, seper ottenere l’attribuzione di una IGP ad un prodotto ènecessario che la sua qualità, reputazione o un'altracaratteristica dipenda da una determinata origine geo-grafica, in cui avvenga la produzione, trasformazione e/oelaborazione, con riguardo ad almeno una fase del pro-cesso produttivo, è irrilevante che tale bene, in assenzadi attribuzione di IGP, sia in precedenza stato prodottocon diverse modalità e che la decisione non sia giustifi-cata da caratteristiche compositive o da esigenze pro-duttive o di commercializzazione (cfr. T.A.R. Lazio, sez.II-ter, 13 dicembre 2007 n. 13229). Sia il previgenteRegolamento CEE 14 luglio 1992 n. 2081/92, sia il suc-cessivo Regolamento 20 marzo 2006 n. 510/2006 (appli-cabile alla vicenda contenziosa all’esame), hanno, infat-ti, definito l’«indicazione geografica» come il nome di unaregione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, diun paese che serve a designare un prodotto agricolo oalimentare: - come originario di tale regione, di tale luogodeterminato o di tale paese e - del quale una determina-ta qualità, la reputazione o altre caratteristiche possonoessere attribuite a tale origine geografica e - la cui pro-duzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengononella zona geografica delimitata.11.2 Se è vero che il mero fatto che il prodotto si ottengatramite una tecnica realizzabile ovunque e in concretoutilizzata (anche) al di fuori del territorio da tutelare, noncostituisce elemento ostativo alla registrazione, in quan-to con la stessa non si tutelano solo beni che tecnica-mente possono essere prodotti solo in un luogo, maanche quelli la cui reputazione ha una specifica originegeografica, è altrettanto vero che la protezione da accor-dare mediante il riconoscimento della IGP, laddoveappunto veicolata dalla preminente pregnanza assuntadal criterio reputazionale, non può che essere limitataalla metodologia tradizionale di produzione.L’irrilevanza assunta, quanto alla produzione industrialedell’alimento, dalla localizzazione dell’impianto all’internodel quale avvengano le lavorazioni, indice infatti adescludere che il nesso fra elemento reputazionale edarea di originaria produzione riveli la medesima intensitàinvece riscontrabile laddove si sia in presenza di modali-tà artigianali di elaborazione delle materie prime e di rea-lizzazione del prodotto; le quali, tradizionalmente carat-terizzano la risalente e socialmente radicata diffusionedella “piadina” prodotta nei “chioschi” tipici della regioneromagnola. La circostanza che in concreto, attualmen-te, la produzione industriale possa essere delocalizzatarispetto all’area geografica da ultimo indicata integra,pertanto, elemento di necessaria valutazione, tenendoconto che la registrazione del prodotto, ove ne sussista-no i presupposti, è diretta proprio a regolamentare moda-lità e luogo di produzione anche al fine di limitare l'utiliz-

zo del nome ai produttori in possesso di determinatecaratteristiche ed escludere, o costringere ad adeguarsi,chi non le possiede (Cons. Stato, sez. VI, 4 agosto 2008n. 3890 e 29 settembre 2009 n. 5881).11.3 Considerazioni riconducibili alla valorizzazionereputazionale del prodotto, quale matrice fondante delriconoscimento della qualificazione IGP, sono peraltrostate esplicitate anche in ambito comunitario.In tal senso, è stato affermato che la registrazione di unaIGP ha come scopo, tra gli altri, quello di evitare l’usoabusivo di una denominazione da parte di terzi che desi-derino trarre profitto dalla reputazione acquisita da que-st’ultima e, del resto, ad evitare la scomparsa dellamedesima derivante dalla sua volgarizzazione dovuta aun suo uso generale al di fuori o della sua origine geo-grafica, o della determinata qualità, della reputazione odi un’altra caratteristica attribuibile a tale origine e giusti-ficante la registrazione; con la conseguenza che unadenominazione diventa generica solo se il nesso direttotra, da un lato, l’origine geografica del prodotto e, dall’al-tro, una qualità determinata dello stesso, la sua reputa-zione o un’altra caratteristica del medesimo, attribuibile adetta origine, sia scomparsa e la denominazione descri-va ormai soltanto un genere o un tipo di prodotti (Cortedi Giustizia CE, IV Sezione, 2 luglio 2009, procedimentoC-343/07, Bavaria NV, Bavaria Italia Srl controBayerischer Brauerbund eV).Tali considerazioni si rivelano, ad avviso del Collegio,particolarmente coerenti con il percorso interpretativoche, sulla base delle indicazioni emerse a seguito del-l’accertamento peritale disposto, consente di perveniread una esaustiva delibazione della sottoposta controver-sia: segnatamente laddove si consideri che l’elementoreputazionale:- laddove suscettibile di connotare, all’interno del tradi-zionale e (spesso) risalente legame tra la produzione diun alimento e le abitudini alimentari della popolazioneinsediata all’interno di un determinato ambito territoriale- viene evidentemente a rivestire depotenziata rilevanzain presenza di (pur consentite) modalità di produzioneindustriale del medesimo alimento: le quali, esclusa ognirilevanza a tal fine ricongiungibile a fattori microclimaticio ai particolari componenti del prodotto (ove peculiar-mente connotati in ambito locale), non rivelano caratteredi preclusa compatibilità con una realizzazione posta inessere anche al di fuori dell’originario territorio caratteriz-zante l’alimento.12. Le indicazioni analiticamente illustrate nelDisciplinare quanto alla risalente riconducibilità della pro-duzione e del consumo della “Piadina” nell’ambito geo-grafico della Romagna, unitamente alla tradizionalecomposizione di tale prodotto alimentare, univocamentedepongono per la correttezza dell’indicazione geografica

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di tale alimento, limitatamente, peraltro, alla sola produ-zione artigianale dello stesso.Se è infatti vero che il “legame”, ovvero il “condiziona-mento geografico” del prodotto con l’ambiente di originenon può essere individuato – secondo quanto osservatonella relazione del CTU precedentemente riportata – nel-l’influenza del “particolare” microclima suscettibile diassistere talune delle fasi della produzione, è alloraaltrettanto vero che gli ampi – ed ampiamente illustrati –riferimenti reputazionali univocamente militano per lapiena registrabilità del prodotto con caratteristica di indi-cazione geografica protetta con esclusivo riferimento allaproduzione tradizionale – e, quindi, non industriale –della “piadina”.I presupposti suscettibili di giustificare tale valutazione,infatti, vengono enucleati dalla normativa comunitaria (eda quella nazionale, di essa applicativa) con carattere dinecessaria compresenza e/o di obbligatoria cumulabilità,laddove (si confronti, in proposito, l’art. 4, comma 3, lett.d), del D.M. 21 maggio 2007), è rimessa alla relazionetecnica, da allegare alla domanda di riconoscimento, l’in-dicazione:- del legame con il territorio, inteso come nesso di cau-salità tra la zona geografica- e della qualità o le caratteristiche del prodotto (nell'ipo-tesi di DOP) o di una qualità specifica- nonché della reputazione o altra caratteristica del pro-dotto (nell'ipotesi di IGP);dalla medesima relazione dovendo “altresì risultare cheil prodotto per il quale si richiede il riconoscimento pre-senta almeno una caratteristica qualitativa che lo diffe-renzia dallo standard qualitativo di prodotti della stessatipologia ottenuti fuori dalla zona di produzione”.Proprio tale “caratteristica qualitativa”, alla stregua delledettagliate indicazioni rassegnate dal CTU, non emergecon riferimento alla produzione industriale eseguita(anche) al di fuori dell’originaria zona di origine della“piadina”, in ragione della ravvisata assenza di elementisuscettibili di refluire sulla realizzazione dell’alimento concarattere di differenzialità in ragione della collocazionegeografica dell’impianto di realizzazione.Deve, quindi, escludersi che quanto indicato nelDisciplinare di produzione allegato al decreto ministeria-le impugnato (segnatamente per quanto concerne l’esi-genza che, “al fine di garantire un uniforme contenuto diumidità caratteristico dell’aree a salvaguardia della fra-granza del prodotto, il confezionamento [deve] avvenirenella zona di produzione indicata all’articolo 3, immedia-tamente a seguito del raffreddamento post-cottura,anche nel caso del prodotto congelato, al fine di garanti-re la qualità, la freschezza e le tipiche caratteristicheorganolettiche” (art. 5), riveli condivisibile concludenzacon riferimento alla produzione industriale dell’alimento

in discorso.L’irrilevanza assunta dalle condizioni microclimatichesulla produzione e sul confezionamento dell’alimento –per come dettagliatamente illustrate nell’acquisita rela-zione peritale – inducono, infatti, ad escludere che anchela produzione industriale sia legata alla zona di tradizio-nale produzione della “piadina” da un nesso di indissolu-bile rilevanza: piuttosto dovendosi osservare come l’ali-mento – si ribadisce, limitatamente alla produzione nonartigianale – ben possa essere realizzato anche in inse-diamenti collocati (come nel caso dell’odierna ricorrente)al di fuori dell’area geografica romagnola.Diversamente, il dimostrato vincolo reputazionale, sidimostra idoneo a radicare la riferibilità del prodotto adun ambito geografico con riferimento alla sola tradiziona-le produzione artigianale della piadina: la quale, percome dettagliatamente riportato nella relazione illustrati-va allegata al decreto ministeriale, trova risalenti e con-solidati elementi consuetudinari nella realizzazione,distribuzione e consumazione dell’alimento artigianal-mente effettuata nei “chioschi” a ciò adibiti nell’area diriferimento, rappresentando un indiscutibile elemento dicollegamento – che caratterizza la “tipicità” della “piadi-na” – fra una particolare modalità di preparazione/offertadi quest’ultima e le consolidate abitudini di consumonella zona interessata.13. Le considerazioni che precedono impongono diaccogliere le doglianze articolate con il ricorso introdutti-vo, limitatamente alla sola produzione industriale della“piadina”: la quale, come precedentemente esposto, nontrova collegamenti, di carattere compositivo, microclima-tico e/o reputazionale, con l’area indicata nel provvedi-mento gravato.I risalenti riferimenti offerti dall’Autorità ministeriale conriguardo alla tradizionale produzione ed alla diffusionenelle abitudini alimentari della popolazione insediata nelterritorio di riferimento del prodotto alimentare di che trat-tasi (la cui classificabilità, alla stregua di una terminolo-gia recentemente invalsa, ben potrebbe avvenire nelnovero dei c.d. “street foods”), militano infatti per la tute-labilità del solo prodotto artigianalmente realizzato: per ilquale, alla stregua delle stesse indicazioni contenutenella ripetuta relazione, effettivamente è dato evincere lapresenza di un nesso di carattere reputazionale conl’area geografica interessata.Deve, allora, ritenersi che:- se l’accertata riconducibilità del prodotto alimentare“Piadina” o “Piada” al territorio della Romagna, univoca-mente connota con carattere geografico la sola realizza-zione artigianale dell’alimento- deve, conseguentemente inferirsi che, fuori dal conte-sto territoriale di che trattasi, l’impiego della locuzioneanzidetta ben possa essere consentito in presenza di

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lavorazioni industriali per le quali – nel rispetto delle indi-cazioni (“metodo di ottenimento del prodotto”) – la con-statata irrilevanza dei fattori produttivi e/o microclimaticiben consente la collocazione di insediamenti industrialianche al di fuori dell’area, per come delimitata all’art. 3del Disciplinare impugnato.14. Quanto alla mancata concessione, relativamente alleaziende poste fuori dalla zona di produzione, di un perio-do di “adattamento”, giusta la previsione di cui all’art. 5,comma 6, del Reg. 510/2006/CE, va in primo luogoesclusa la fondatezza dell’argomentazione, sollevatadalla difesa di CO.P.ROM., secondo cui troverebbeapplicazione alla fattispecie la disciplina di cui al Reg.(UE) n. 1151/2012 del Parlamento Europeo e delConsiglio del 21 novembre 2012 sui regimi di qualità deiprodotti agricoli e alimentari: per effetto della quale(avente portata abrogativa in ordine al precedente Reg.510/2006/CE, ex art. 58), non è più prevista (art. 9) lapossibilità, per lo Stato membro, di accordare un “perio-do di adattamento”, giusta quanto disposto dal previgen-te testo regolamentare.Al riguardo, osserva il Collegio che il Regolamento del2012, entrato in vigore il 3 gennaio 2013 (ventesimo gior-no successivo alla pubblicazione in G.U.C.E., avvenuta il20 dicembre 2012) non è, ratione temporis, operanterelativamente alla vicenda procedimentale conclusasicon l’adozione del decreto ministeriale avversato, inter-venuta alla (anteriore) data del 27 dicembre 2012.Piuttosto, merita condivisione l’ulteriore argomentazione,parimenti esplicitata dalla difesa della suddetta partecontrointeressata, secondo cui l’omessa partecipazionedi CRM al procedimento (e, segnatamente, alla procedu-ra di opposizione prevista e disciplinata dall’art. 5,comma 5, del Reg. 510) ha assunto valenza concreta-mente preclusiva ai fini della pur consentita concessionedel periodo di “adattamento” di che trattasi.Intende, sul punto, il Collegio precisare che siffatta pre-senza procedimentale (la cui mancanza, nel caso di spe-cie, non è stata occasionata dalla mancata pubblicizza-zione della relativa attività amministrativa, come compro-vato, anche, dalla presentazione di opposizioni da partedi altri soggetti, quali Confesercenti Cesena e Ravennae Slowfood Emilia-Romagna) integra un presuppostolegittimante ai fini della richiesta delle misure di che trat-tasi, come reso palese dal comma 2 del paragrafo 6 del-l’art. 5 del Regolamento 501 del 2006, laddove vieneespressamente stabilito che “il periodo di adattamento …può essere previsto solo a condizione che le impreseinteressate … abbiano sollevato questo problema nelcorso della procedura nazionale di opposizione di cui alparagrafo 5, primo comma”.Quest’ultima, infatti, è preordinata ad addurre all’atten-zione dell’Amministrazione procedente quegli interessi,

astrattamente meritevoli di interinale tutela, alla cui tran-sitoria protezione è, appunto, coordinata l’ammissione alperiodo di “adattamento” di che trattasi.In altri termini, fermo il carattere evidentemente discre-zionale che assiste la determinazione in proposito rimes-sa allo Stato membro dal comma 1 dell’art. 6 del Reg.510/2006/CE (“A decorrere dalla data della presentazio-ne della domanda alla Commissione il medesimo Statomembro può accordare solo in via transitoria alla deno-minazione una protezione ai sensi del presente regola-mento a livello nazionale, nonché, se del caso, un perio-do di adattamento”), in difetto della rappresentazione diparticolari esigenze di tutela da parte dell’operatore inte-ressato (nella sede a ciò elettivamente deputata, ovveroquella per la presentazione di opposizioni), viene a difet-tare, in capo all’Autorità procedente, la cognizione stes-sa di siffatte (eventuali) ragioni, sì da rendere concreta-mente impossibile l’adozione della misura di che trattasi.15. Se, alla stregua delle considerazioni precedente-mente esposte, le doglianze articolate con l’atto introdut-tivo vanno parzialmente accolte, omogenee considera-zioni vanno rassegnate con riferimento ai motivi di ricor-so dedotti con i motivi aggiunti successivamente propo-sti, giusta quanto infra precisato.15.1 Se è suscettibile di accoglimento il primo di tali pro-fili di censura (invalidità derivata del decreto ministeriale28 giugno 2013), parimenti condivisibile si dimostra ladoglianza (in narrativa rubricata sub B) riferita alla caren-za dell’elemento reputazionale (in ordine al quale, nelrichiamare quanto in precedenza diffusamente esposto,va ribadito come le relative considerazioni possano tro-vare fondata consistenza esclusivamente per la Piadinaartigianale e non anche per i prodotti alimentari a lungaconservazione e/o confezionati per il consumo differito).15.2 Con riferimento, invece, al terzo motivo dedotto conil mezzo di tutela all’esame, va escluso che, in presenzadi modificazioni al Disciplinare esclusivamente riferite alprofilo storico-tradizionale suscettibile di caratterizzare laconsiderazione reputazionale del prodotto alimentare diche trattasi (veicolate, peraltro, da una precisa richiestain tal senso rivolta all’Autorità nazionale da parte dellaCommissione Europea), fosse necessario procedere adun rinnovato avvio dell’iter procedimentale, medianteapplicazione delle disposizioni di cui agli artt. 6, 7, 8 e 9del D.M. 21 maggio 2007.Per effetto della riformulazione dell’art. Art. 6 delDisciplinare (Elementi che comprovano il legame conl’ambiente) è stato, infatti, meramente ampliato (e mag-giormente dettagliato) il complesso dei riferimenti storicie letterari con i quali è stata analiticamente illustrata lareputazione del prodotto, “attestata dagli inizi del XIVsecolo e che deriva da particolari ed unici fattori territo-riali, culturali, sociali ed economici”.

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Tale elemento di valutazione, per quanto oggetto di piùaccurata e documentata esplicitazione, era invero giàcontemplato (e motivatamente esposto) nell’ambito del-l’originaria formulazione del Disciplinare di che trattasi:con la conseguenza che, segnatamente per quanto con-cerne il profilo reputazionale di che trattasi, le parti inte-ressate ben erano state poste in grado di proporre even-tuali osservazioni e/o opposizioni, senza che la maggior-mente diffusa evocazione dei relativi elementi assevera-tivi possa aver vulnerato l’integrità ed effettività della par-tecipazione e dell’interlocuzione in ambito endoprocedi-mentale.16. Le considerazioni precedentemente esposte impon-gono, in ragione della riscontrata fondatezza – nei limitiprecedentemente indicati – degli argomenti di censurada CRM dedotti con l’atto introduttivo del giudizio e con imotivi aggiunti successivamente proposti, di accogliere,in tali limiti l’impugnativa all’esame.Il conseguente annullamento, in parte qua, degli atti gra-vati (con particolare riferimento al Disciplinare di produ-zione), imporrà alla competente Autorità ministeriale,nell’alveo della valenza conformativa propria della pre-sente pronunzia, di procedere ad una rimeditata formu-lazione del predetto documento, nell’ambito della qualela pur acclarata rilevanza dell’elemento reputazionale siasuscettibile di valorizzazione con riferimento alla solaproduzione artigianale della “Piadina/Piada romagnola”,ferma la realizzazione industriale dell’alimento (in ragio-

ne della dimostrata irrilevanza assunta da fattori comun-que riconducibili alla zona geografica dallo stesso delimi-tata) anche in aree poste al di fuori di quest’ultima.17. La complessità della controversia, unitamente alla(parziale) novità delle problematiche dedotte in giudizio,integra la presenza di giusti motivi per compensare lespese di lite fra le parti costituite.Quanto, da ultimo, agli oneri rivenienti dall’espletamentodella consulenza tecnica d’ufficio disposta dalla Sezionecon ordinanza n. 13 giugno 2013 n. 5956), differisce ilCollegio la relativa liquidazione, da disporsi con separa-to provvedimento, all’intervenuta presentazione, adopera del consulente tecnico incaricato, di dettagliata edocumentata evidenza in ordine alle spese dal medesi-mo sostenute nell’espletamento dell’incarico, nonché alcompenso al medesimo spettante.A tale riguardo, manda all’Ufficio di Segreteria la comu-nicazione della presente pronunzia anche nei confrontidel suindicato C.T.U., affinché quest’ultimo provveda allasollecita esplicitazione degli elementi sopra indicati.P.Q.M.Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio(Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciandosul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:- dichiara inammissibile l’intervento ad adiuvandumdispiegato da STER S.p.A.;- accoglie, nei limiti indicati in motivazione, l’impugnativa;(Omissis)

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