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I modelli di direzione delle risorse umane negli enti locali di Renato Ruffini

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I modelli di direzione delle risorse

umane negli enti locali

di Renato Ruffini

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1.1. La necessità di nuovi modelli di lettura

Come viene gestito il personale negli enti locali? Molto spesso a questa domandasi risponde in modo schematico e sulla base di luoghi comuni, senza tenererealmente conto della realtà e di conseguenza si formulano giudizi sommari eradicali, primo fra tutti quello in base al quale gli enti locali non fanno gestionedel personale.

In realtà la gestione del personale è un fenomeno molto complesso diallineamento di obiettivi individuali agli obiettivi organizzativi, all’interno delquale agiscono molte variabili, molti soggetti e molte competenze e, soprattutto,molti interessi. All’interno di questa complessità il rischio di semplificare leanalisi è molto facile, cadendo di conseguenza in inutili stereotipi. Per avere un quadro di lettura dei sistemi di gestione del personale, considerandoappunto tale attività come un’attività manageriale, cioè di perseguimento dipolitiche aziendali (vale a dire gli obiettivi degli organi di indirizzo mediati dallastruttura burocratica), occorre comprendere in primo luogo l’armonia,l’allineamento che vi è tra le politiche generali dell’ente e le scelte in tema dipersonale.

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di Renato Ruffini

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Se proprio occorre dare dei giudizi, allora si può dire che è corretto, nel sensoche ciò che è allineato (alle politiche e ovviamente anche alle leggi) mentre, alcontrario, non è corretto ciò che non è allineato alle politiche e crea effetti nonvoluti, costi, conflitti ed altro ancora, all’interno dell’organizzazione. Per essere chiari è fin troppo evidente a tutti che un piccolo comune non hacerto bisogno di chissà quali innovazioni gestionali nella gestione del pocopersonale di cui dispone, ciò che gli serve sono buone relazioni interpersonalie una corretta gestione amministrativa.

Non esiste quindi un “modello di direzione del personale” ma diversi modelliche si conformano alle diverse caratteristiche organizzative ed alle diversepolitiche dei singoli enti.Comprendere più a fondo tali modelli è utile in quanto dovrebbe permettere achi opera non solo di meglio interpretare la realtà ma anche di capire i percorsidi sviluppo possibili che l’ufficio del personale del proprio ente potrebberealisticamente intraprendere.

Sulla base di queste idee, nell’ambito del Progetto “Governance delle risorseumane – Modelli Innovativi” realizzato dal Formez – Centro di FormazioneStudi è stato elaborato un primo modello con finalità descrittive, che è statoutilizzato per analizzare una serie di casi aziendali in diversi enti locali. Scopodi tale modello descrittivo è quello di leggere in modo analitico gli strumentidi gestione del personale adottati negli enti e di metterli in relazione con lavisione complessiva dell’attività di governo del personale adottate nell’entespecifico, correlandolo peraltro ad una valutazione delle performance degliinterventi delle direzioni del personale.Ciò dovrebbe consentire di avere una maggiore consapevolezza circa le logichee le tecniche che presidiano la gestione del personale negli enti locali eindividuare i diversi modelli di gestione del personale esistenti e approfondirele modalità di loro governo.

1.2. Il modello di analisi proposto dalla ricerca Formez1

In base ad una prima analisi delle pratiche internazionali, della letteratura inmateria e delle linee più diffusamente intraprese nel nostro paese, sia dallalegislazione che dalle esperienze delle aziende, è stato possibile elaborare unmodello concettuale di riferimento.

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Il modello considera le seguenti variabili:✓ il concetto (o l’idea) di gestione del personale;✓ i metodi utilizzati nello sviluppo dei processi di gestione del personale;✓ l’organizzazione interna all’ente in tema di HRM;✓ gli indici di performance dei singoli processi di gestione messi in atto;✓ le politiche effettive perseguite in tema di HRM;

l’impatto della gestione del personale a livello organizzativo e gestionale.Queste variabili sono assunte come determinanti fondamentali del sistema digestione del personale in riferimento a un determinato ambito. La suaconfigurazione sostanziale è solo in parte influenzata da aspetti formali o dalleintenzioni dichiarate dai massimi responsabili; in misura più ampia, questaconfigurazione risente dei fattori collegati all’effettiva pratica di gestione delpersonale messa in atto. Le metodologie e tecniche utilizzate, la natura ecomposizione degli organi che ne sono responsabili e le modalità con cuivengono sviluppati i diversi sistemi e processi di gestione costituiscono i piùimportanti tra i fattori di questo tipo (vedasi fig. 1).

L’idea di HRM è data dalla concezione di fondo che vi è all’internodell’organizzazione circa lo scopo finale perseguito con la leva di gestione del

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Fig. 1 - Il modello proposto per l’analisi dei sistemi di gestione del personale

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personale, nell’ambito del perseguimento delle finalità dell’amministrazione. Inproposito si può andare da un idea piuttosto statica, dove le finalitàdell’amministrazione hanno un basso livello di elaborazione (derivante da bassistimoli ambientali o scarsità di risorse interne) e, di conseguenza anche le logichedi governo della risorsa umana hanno una bassa tensione e si tende alperseguimento di una corretta amministrazione, ad una visione, molto piùdinamica, dove le finalità aziendali si confrontano con un significativodinamismo aziendale, che impone livelli di elaborazione e riorientamentostrategico così elevate da rendere inevitabili forti ricadute anche in termini digoverno della risorsa umana..In proposito le classificazioni modellistiche elaborate nella teoria, che possonoessere utile riferimento ai nostri fini, sono quelle di Costa (1985, 1997, 2005).In primo luogo, seguendo una tradizionale classificazione i modelli/idee di HRMsono tripartiti in:

a. amministrazione del personaleb. gestione del personalec. direzione e sviluppo delle risorse umane.

Una idea di HRM orientata alla “amministrazione del personale”, vede comeobiettivo fondamentale quello di garantire una corretta gestione delle funzionidi supporto amministrativo all’ente; diventano così centrali le attività tradizionalidi tipo giuridico-amministrativo (paghe, gestione pensionistica, ...) e il ruolodella funzione personale è strumentale alle finalità complessive dell’ente. Una idea che parte dalla “gestione del personale” pone come obiettivo del HRMil definire le politiche del personale e offrire alla linea i supporti tecnici perimplementarle con delega di responsabilità e autorità su talune politiche. La culturaprevalente è di tipo tecnocratico e adattiva e interdipendente con la strategia.Una idea infine di “Direzione e sviluppo delle risorse umane” si pone comefinalità centrale quella di creare politiche di crescita del personale, incentrandola propria attenzione sulla variabile individuale dell’organizzazione (gli individuiappunto).L’orientamento è di tipo strategico, volto a ricercare coerenza tra sceltestrategiche e politiche del personale. La funzione del personale è integrata neimassimi livelli dell’organizzazione e fornisce input alla programmazioneaziendale.Le politiche del personale sono segmentate per tipologie di utenti, con forteorientamento alla personalizzazione del servizio. Cresce il ruolo della linea nella

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funzione di direzione del personale, fino al coinvolgimento della elaborazionedei piani del personale.Una ulteriore classificazione dovuta a D. Ulrich (Human resource champions,1997) vede i ruoli della direzione del personale, e quindi indirettamente le ideecirca la funzione HRM come:

a. gestore di servizi b. partner strategicoc. promozione del personale d. agente del cambiamento

Le strutture e i professionisti del personale sono prima di tutto gestori di“servizi”, vale a dire responsabili di una serie di servizi di supporto. Si trattadel ruolo tradizionale, che consiste nel far funzionare i processi di selezione,formazione, valutazione, retribuzione, ecc. assicurando l’efficienza di tutti questiprocessi.

Ma la direzione del personale assolve anche il ruolo di “Partner strategico”;l’obiettivo di fondo è quello di allineare i meccanismi operativi del personalecon le politiche generali dell’ente; in questo caso l’asse di attenzione è spostato

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Fig. 2 - I ruoli multipli della direzione del personale

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dall’aspetto operativo (far funzionare i processi) a quello strategico (definire gliaspetti critici delle strategie).La direzione del personale è anche “promotore delle risorse umane”, vale a direopera per accrescere l’impegno del personale e la sua competenza; ciò implicadedicare energie a comprendere le esigenze dei dipendenti, a cercare i modi piùopportuni per sostenerli nel rispondere alle richieste organizzative, a stimolaree incoraggiare i responsabili di linea nel valorizzare le qualità del personale.Si tratta di dare voce alle istanze del personale, di trovare modalità dicoinvolgimento, di aiutare a tener vivo il contratto psicologico tra dipendenteed ente.Infine la direzione del personale può essere “agente del cambiamento”, quandoaiuta ad identificare e realizzare processi di trasformazione organizzativa ed inparticolare di cambiamento culturale, operando come catalizzatore di una nuovacultura organizzativa.Questi ultimi due ruoli appaiono maggiormente orientati nel sensodell’attenzione alle persone ed alle relazioni intersoggettive, rispetto allapreminente focalizzazione sui processi.

Per processi/metodologie si intende l’individuazione dei sistemi operativi adottatinella pratica degli enti. Come noto un medesimo sistema operativo può esserenon solo tecnicamente diverso (selezione in base a temi o test, valutazione suobiettivi o su competenze, ecc.) ma la medesima metodologia può essere neifatti utilizzata in modo tale da piegarla a diversi scopi.I processi devono essere di conseguenza analizzati in modo effettivo in quantocostituiscono regole il cui funzionamento è leggibile solo nella pratica.Al fine di apprezzare in modo oggettivo la funzionalità dei diversi sistemioperativi è poi opportuno valutare le performance rese dai sistemi stessi. È infattiimportante sottolineare che dal punto di vista tecnico è necessario valutare nontanto le politiche generali o le scelte compiute dagli organi di indirizzo, la cuivalutazione non ha evidentemente alcun connotato tecnico, ma occorre valutarel’efficacia dei singoli sistemi operativi e la loro coerenza con le politicheperseguite. Solo attraverso una valutazione delle modalità di applicazione e delleperformance dei diversi sistemi operativi (Rebora 2005) si potrà di conseguenzavalutare con la dovuta oggettività le modalità di governo delle risorse umane.L’organizzazione della funzione di HRM è un elemento fondamentale delprocesso di governance delle risorse umane, in quanto contribuisce a definire

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con precisione il ruolo della funzione e a sviluppare le competenze professionalinecessarie per la corretta adozione dei processi tecnici ed organizzativi, necessariallo svolgimento delle attività stesse di gestione del personale.Il tema delle competenze del personale addetto alla funzione personale èparticolarmente delicato in quanto un ente locale oggi ha necessità di conoscenzein tema di gestione del personale molto articolate e complesse, sia per la pluralitàdi soggetti coinvolti, sia per l’elevato numero di relazioni e processi attivati. Diconseguenza, nell’analizzare così la dimensione organizzativa, è importanteverificare per esempio aspetti quali :

• il grado di unitarietà/frammentazione• il posizionamento line/staff e l’importanza relativa rispetto alle altre

funzioni• l’articolazione interna dell’unità di HRM• il grado di prossimità agli organi di indirizzo• la presenza e le caratteristiche dei diversi soggetti coinvolti nell’HRM

Per politiche di HRM si intende le effettive applicazioni concrete (gli “utilizzi”reali) in tema di gestione del personale. Ogni ente adotterà le politiche che riterrà più consone alla propria realtà, ilproblema di fondo è che le politiche del personale sovente sono più emergentidal contesto organizzativo che non deliberate dagli organi di indirizzo. Infatti,coinvolgendo un numero elevato di soggetti con propri poteri ed interessi(singoli, categorie di dipendenti, sindacati, soggetti esterni della P.A., ecc.), inassenza di una forte azione di governo rende necessario arrivare a sintesifortemente negoziali in cui giocano rapporti di forza e contingenze organizzativeed istituzionali specifiche che influiranno in modo diverso su:

a. il livello di equità nella distribuzione di risorse;b. la possibilità di perseguimento efficace di obiettivi specifici di gestione

operativa;c. lo sviluppo di competenze individuali e istituzionali.

L’effetto congiunto di idee, organizzazione, sistemi operativi adottati e politicheperseguite sviluppa un impatto organizzativo ed istituzionale che in linea dimassima possiamo considerare in relazione a:

• l’apprendimento organizzativo, consenso interno e motivazione deicollaboratori, inteso come processo continuo di crescita culturale e dimiglioramento, integrato con le attività di lavoro e tendente a rafforzare

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la condivisione di conoscenza e di modelli mentali di riferimento; • il performance management, come azione tendente a sostenere e

rinforzare il miglioramento della performance propria dei vari livelliorganizzativi e il suo cambiamento secondo gli indirizzi strategicidell’azienda; ciò implica un orientamento complessivo e coordinato aquesto scopo dei sistemi premianti e di retribuzione, della struttura edei sistemi operativi, della progettazione di ruoli e compiti, degliinterventi sulla cultura aziendale e sui fattori di motivazione;

• il change management, come processo che coinvolge profondamente iresponsabili delle diverse unità aziendali e necessita del supportoprofessionale di specialisti, rivolto a diffondere e rafforzare la capacitàdelle persone, sotto il profilo sia psicologico-comportamentale che dellecompetenze professionali, di corrispondere alle richieste di cambiamentoindotte dal contesto competitivo e dal perseguimento delle strategieaziendali. L’inevitabilità del cambiamento richiede che si diffondanell’organizzazione una capacità delle persone di rispondere ed adattarsiin modo positivo, focalizzato, flessibile, proattivo, sostenendo anchel’inevitabile carico di incertezza e ambiguità.

Il modello ora presentato è sicuramente piuttosto complesso in quanto le diversevariabili interagiscono tra loro nella realtà secondo modalità non facilmenteprevedibili. Sta di fatto che esso si basa sull’idea che la correttezza, l’equità edell’efficacia del processo di governo del personale è un fenomeno estremamentearticolato che si basa principalmente sulla coerenza tra le idee perseguite e leattività svolte.

1.3. Analisi dell’idea di Human Resources Management(HRM)

Di seguito si riportano in sintesi le idee di HRM emerse in alcune amministrazionianalizzate attraverso l’analisi dei casi strutturata nella maniera sopra presentata; persemplicità se ne riporta un numero limitato al fine di evidenziare in modo efficacedifferenziali di comportamento in modo da fare prime semplici correlazione traidee di HRM ed alcune variabili strutturali e organizzative degli enti.Nella figura 3, di seguito rappresentata, sono stati collocati alcuni degli entianalizzati all’interno della matrice relativa all’idea di HRM classificata secondo ilmodello di Ulrich.

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Dall’analisi compiuta si evidenziano nitidamente alcuni elementi caratteristicidell’idea di HRM negli enti locali.Per una corretta lettura del modello vanno tuttavia fatte alcune precisazioni sullostesso. In particolare occorre sottolineare che gli uffici che si occupano delladirezione delle risorse umane sono comunque e sempre uffici multi ruolo, diconseguenza, in funzione delle necessità e delle situazioni, ogni ufficio delpersonale è chiamato ad assumere, dove più dove meno, tutti e quattro i ruolidella matrice. È tuttavia altrettanto evidente che, in relazioni alle condizioniorganizzative ed agli orientamenti strategici degli enti, ogni realtà avrà una suaprevalenza di orientamento che caratterizza di conseguenza l’idea di base chesi ha di gestione delle risorse umane. La seconda osservazione, banale ma chemerita comunque di essere fatta, è che il posizionamento degli enti nei diversiquadranti non è frutto di misurazioni specifiche ma di valutazione qualitative edi conseguenza va letto solo in termini di prevalenza di orientamento circa l’ideadi HRM.

Dall’analisi della matrice risulta evidente come la maggioranza degli enti analizzatitende a fare prevalere una idea del ruolo dell’ufficio del personale come gestoredi servizi.

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Fig. 3 - Il posizionamento degli enti come idee di HRM

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L’idea di gestore dei servizi è l’idea probabilmente più tradizionale ad alta valenzaoperativa, tuttavia questa modalità operativa non deve essere in alcun modosottovalutata in quanto costituisce la condizione di base per la creazione di valorenella gestione delle risorse umane, in quanto attrezza tutte le condizioniinfrastrutturali per il governo delle risorse umane.

In particolare, nel contesto pubblico il recupero di una funzionalità amministrativae gestionale costituisce un presupposto indispensabile per un efficace governodelle risorse umane. Il processo di privatizzazione in atto da tempo ha infatticreato un benefico fenomeno di spostamento dell’attenzione dagli aspettiamministrativi agli aspetti negoziali e manageriali che, almeno nelle prime fasidella sua attuazione, ha spiazzato gli uffici del personale che hanno dovutoricostruire al loro interno un sistema di regole e strumenti adeguato alle nuovesituazioni. In questo senso, nello specifico del settore pubblico, in molti casi la ricerca diun pieno sviluppo del ruolo di gestore dei servizi è spesso sinonimo di sviluppodi cambiamento organizzativo.Piuttosto evidenti sono in questo senso i casi dei comuni di Crema e di Faenza2

(si veda box 1) in cui da un lato si nota come la focalizzazione di tali uffici èfortemente orientata alla ricerca ed al mantenimento di procedure chegarantiscano la correttezza amministrativa nonché di strumentazioni valide etecnicamente efficaci ed efficienti di selezione, formazione, valutazione eremunerazione delle persone, dall’altro però si fanno anche carico, nei limiti delloro ruolo, di sviluppare ulteriori condizioni in grado di incrementare l’efficaciamanageriale all’interno dell’ente, attivando in questo senso processi dicambiamento organizzativo.I casi richiamati mettono in evidenza come l’idea di gestore dei servizi siapropedeutica e necessaria allo sviluppo degli altri ruoli possibili dell’ufficiopersonale, ed evidenzia altresì il fatto che si possano ipotizzare percorsi trasversaliin cui si passa direttamente da gestore di servizi ad agente di cambiamento senzanecessariamente passare per un profilo di partner strategico (in molti casi infattile linee strategiche sono carenti o disallineate rispetto alla struttura dell’ente), inquanto il cambiamento è da leggersi come ruolo dell’ufficio personale di agenteattivo per il rafforzamento del ruolo manageriale della dirigenza pubblica cheoggi assume un ruolo di forte responsabilizzazione datoriale.

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Box 1 – Il gestore di servizi come agente di cambiamento: il caso del Comune di Crema e del Comune di Faenza

Comune di CremaAttualmente le linee strategiche evidenziano alcuni filoni di sviluppo, in particolare:• una linea strategica dell’ente è quella di agire sulla variabile tecnologica (l’informatica)

per incidere sulle modalità di lavoro del personale e sulla variabile organizzativa;• un'altra dimensione è data dalla forte attenzione alla visibilità esterna, attraverso un

elevato orientamento al servizio e al cittadino, con un preciso orientamento allo sviluppodi competenze relazionali e alla analisi e soddisfazione dell’utenza.

In particolare i processi di sviluppo organizzativo e delle risorse umane si sono concentratinel:• consolidare i processi di comunicazione interna con lo sviluppo di una rete intranet; • continuare i percorsi formativi interni anche per le nuove funzioni previste nel Comune; • favorire processi di responsabilizzazione e di collaborazione, ciò in particolare anche

con lo sviluppo di sistemi di controllo interno e in particolare anche di attività dirilevazione costante della customer satisfaction;

• arricchire il lavoro e la professionalità dei lavoratori attraverso l'innovazione tecnologica.

Emerge, dalla analisi della Relazione Previsionale e Programmatica una funzione delpersonale orientata alla “Gestione del cambiamento ed allo sviluppo organizzativo”. Questoprocesso è tuttavia trainato da variabili “hard”, vale a dire con un forte orientamento allosviluppo dei processi tecnici, come lo sviluppo dei sistemi informativi interni, l’orientamentoalla riprogettazione della dimensione organizzativa e lo sviluppo di sistemi operativi. A questoprimo aspetto occorre poi richiamare il fatto come l’attività dell’ufficio sia fortementeconcentrata nello sviluppo di procedure amministrative efficaci ed efficienti e allo sviluppodi sistemi operativi del personale efficaciQuesti elementi posizionano l’ufficio come gestore dei servizi, orientandolo fortemente ancheverso un ruolo di agente del cambiamento.

Comune di FaenzaLa definizione di idea del personale è esplicitata nella Relazione previsionale eprogrammatica (RPP); da essa emergono alcuni filoni di intervento:• orientamento allo sviluppo dei processi tradizionali di amministrazione del personale,

visti in una prospettiva evoluta di “gestione di servizi operativi” del personale;• orientamento allo sviluppo organizzativo e dei meccanismi operativi di gestione del

personale (progettazione e aggiornamento della struttura organizzativa, sistemi divalutazione e controllo).

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Un primo percorso dinamico dell’idea di HRM, utile alla creazione di valorenella gestione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazione è quello chesviluppa un passaggio da gestore di servizi a agente di cambiamento.

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In questo quadro si è in linea con l’idea di gestore dei servizi, tuttavia da altre parti nellaRPP si individua una funzione del personale fortemente impegnata nella gestione delcambiamento e dello sviluppo organizzativo anch’esso tuttavia trainato dalla gestione deiservizi, vale a dire con un forte orientamento allo sviluppo dei processi tecnici, come losviluppo dei sistemi di gestione del personale (sistemi di valutazione) e l’orientamento allaanalisi e aggiornamento della dimensione organizzativa.Un’altra leva di azione dell’ufficio personale è relativa alla dimensione dei “processi”organizzativi di lavoro. Questa tendenza trova conferma nella cultura innovativa della funzione del personale, cheè stata sviluppata nel passato ma che è fortemente viva in termini di competenze tecnichee tensioni verso il cambiamento.Ad ogni modo, la dimensione rilevante dei processi amministrativi permette di individuareuna funzione del personale ancora orientata al ruolo di “regolatore amministrativo”. Emergecosì un’idea di funzione del personale richiesta dagli organi di indirizzo, di tipo tradizionale,dove diventa fondamentale garantire la corretta esecuzione delle funzioni giuridiche-contabilidel personale; di contro, la funzione mantiene vive conoscenze e tendenza allo sviluppo, equesto porta alla individuazione di finalità di cambiamento organizzativo.

Fig. 4 - Una possibile evoluzione dell’idea di HRM

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A riprova di quanto detto, non sembra altrettanto plausibile pensare che l’ufficiodi gestione del personale riesca utilmente a posizionarsi con ruoli dinamici, qualiquello di partner strategico e agente di cambiamento, se non si è sufficientementeconsolidato come gestione di servizi.È questo il caso per esempio di alcuni Comuni del Mezzogiorno d’Italia, nell’ambitodei quali si nota che lo sforzo dell’alta direzione di allineamento strategico, trapolitiche ed indirizzi e comportamenti concreti del personale ,viene sviluppatoattraverso azioni specifiche della direzione generale, in relazione alla dirigenza,senza tuttavia un adeguato supporto (vuoi per carenza di investimenti, vuoi percarenza di competenze, vuoi per altri motivi contingenti) dell’ufficio del personale. L’idea di gestione del personale come supporto alla strategia e, di conseguenza,quella del ruolo dell’ufficio del personale come partner strategico, è piuttosto diffusanelle dichiarazioni di letteratura, ma, nell’analisi concreta dei casi, questo tipo diidea e di profilo dell’ufficio si è evidenziata raramente.L’idea che la gestione delle risorse umane sia un importante strumento diallineamento tra strategie dichiarate e implementazione delle stesse all’internodell’ente è ovviamente ben chiara nella testa di tutti, tuttavia c’è da ipotizzare chela complessità della formulazione delle scelte strategiche all’interno degli enti e larelativa complessità di loro attuazione, rende molto debole o comunque pocoevidente, all’atto pratico, il legame esistente tra la politica e la strategiadell’amministrazione e le azioni concrete di gestione del personale.L’unico caso evidente e chiaro, in cui l’idea portata avanti dall’ufficio del personaleera chiaramente orientata al supporto delle strategie aziendali è stato quello delComune di Reggio Emilia3 (si veda box 2).

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Box 2 – Il Comune di Reggio Emilia

L’idea di HRM presente all’interno dell’ente è dichiaratamente quella per la quale lagestione del personale costituisce la leva (o una delle leve) per l’attuazione e supportodelle strategie dell’ente. Siamo quindi in presenza di un modello di gestione strategica delpersonale.Ciò lo si desume chiaramente da quanto scritto dal responsabile delle risorse umane nellaRPP, di cui riportiamo in seguito alcuni passi:“La futura Amministrazione Locale dovrà sempre più qualificarsi con la capacità dimuovere il sistema organizzativo nella direzione degli obiettivi desiderati.L’evoluzione dell’organizzazione dell’Ente Locale verso funzioni sempre più di“governance” impone l’esigenza di operare con modalità organizzativa volta alla verifica

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La motivazione di questo chiaro orientamento nell’idea di HRM è evidentementenel fatto che il Comune in oggetto ha da tempo fatto scelte molto nette in terminidi politica dei servizi, in particolare in tema di servizi educativi all’infanzia, camponel quale il Comune ha raggiunto livelli di eccellenza a livello mondiale. È evidenteche rispetto ad una politica così chiaramente orientata l’ufficio personale non potevaessere estraneo, adeguatamente attrezzato per quanto concerne tutti gli aspettiamministrativi e gestionali, nel tempo ha creato strumenti gestionali (con particolareriguardo ai sistemi di reclutamento e gestione degli organici e del turn over) semprepiù affinati rispetto alle specifiche necessità, diventando una leva importante perla creazione di valore aggiunto nello sviluppo dei servizi dell’ente.

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del risultato e secondo logiche di rete e di sistema, ponendo al centro dell’agireamministrativo il grado di soddisfazione del cittadino/utente. Questo rende fondamentale il collegamento tra le strategie di sviluppo (definizione delruolo dell’Ente Locale, selezione dei bisogni, aree prioritarie di intervento ecc.) e laprogrammazione della quantità e qualità delle risorse umane necessarie.I principi su cui orientare le nuove strategie gestionali possono essere così sintetizzati:• promuovere una “riqualificazione” della spesa per il personale;• ricercare una costante sintesi tra esigenze di valorizzazione del personale e

miglioramento dei risultati dell’ente;• perseguire il valore dell’equità, ovvero della continua ricerca di un equilibrio tra

contributi individuali e ricompense organizzative.Alla Formazione deve essere attribuito un ruolo strategico, fondamentale nel sostenerel’innovazione e il miglioramento dell’Ente.”E ancora, più avanti nel documento si legge:“La gestione delle risorse umane avverrà in una logica di gestione strategica attraverso la:• gestione della dotazione organica e piano di assegnazione finalizzata alla valorizzazione

delle risorse umane;• gestione della mobilità come strategia della valorizzazione delle risorse umane; • ricerca, anche attraverso il confronto sindacale,, di percorsi che portino a forme stabili

di lavoro per garantire ai giovani, che si inseriscono, maggior sicurezza nel futuro.”Questo orientamento alla gestione strategica del personale, al di là del linguaggio della RPPche contestualizza le problematiche del personale rispetto all’attuale momento storico enormativo, sembra essere un elemento ormai consolidato nella storia dell’ente che ha adottatopolitiche molto nette circa i servizi da sviluppare.Questi orientamenti netti hanno tuttavia reso evidente in tempi recenti una forte necessità diriqualificazione del personale delle aree meno “strategiche” anche in relazione alle necessitàdi razionalizzazione dell’organico; in conseguenza a ciò l’amministrazione sta sviluppandoun’idea più orientata allo sviluppo delle risorse umane.

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È raro trovare altre situazioni così evidenti di rapporto tra strategie e gestione delpersonale, tuttavia è probabile che in molti enti le azioni dell’ufficio del personalesiano orientate rispetto ad indirizzi strategici generali, ma magari in modo episodicoo su specifiche necessità.È inoltre probabile che un profilo di HRM di questo tipo si trovi nei comuni dimedie dimensioni in quanto la possibilità di formulare e perseguire strategiedeliberate in modo chiaro per tali enti è generalmente maggiore rispetto ad enti dimaggiori o minori dimensioni per due motivi:

a) la complessità di tali enti è elevata ma non elevatissima come avvieneinvece per comuni metropolitani;

b) questi enti hanno maggiori risorse su cui investire, anche in termini dipolitiche del personale, rispetto agli enti di minore dimensione.

È interessante notare infine, come anche il Comune di Reggio Emilia, semprecoerente con la sua idea di partner strategico, si stia interrogando anche sullo sviluppodi un ruolo di agente di cambiamento, in quanto si trova in una condizione diriorientamento della sua azione amministrativa, visto che si trova nella necessità diriqualificare il personale, a causa del fatto che alle nuove funzioni occorre provvederecon il personale già in servizio, ciò tende a coinvolgere l’ufficio del personale ancheall’interno di un ruolo di gestore del cambiamento. Anche tale aspetto può disegnareun percorso di sviluppo dell’idea e del ruolo dell’ufficio personale.

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Fig. 5 - L’evoluzione dell’idea di HRM orientata al futuro

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Continuando ad analizzare il posizionamento degli enti della figura 1 èinteressante notare il quadrante relativo alla promozione del personale.In questo caso troviamo due enti di grandi dimensioni; in particolare conriferimento al contesto italiano troviamo il Comune di Genova4, mentre, inriferimento al contesto europeo, è interessante riportare l’esperienza del BotkyrkaKommun5 (Comune di Botkyrka, Svezia).

Il caso del Comune di Genova è particolarmente ricco ed interessante in quantonel corso dell’amministrazione guidata dal sindaco Pericu, è stato sviluppato unimportante percorso di sviluppo organizzativo. Volendo però analizzare in modospecifico il solo campo della gestione delle risorse umane, si evidenzia in modochiaro come lo sviluppo dell’area personale sia costantemente stato improntatosulla messa a punto di servizi e sullo sviluppo delle competenze, nellaconsapevolezza che, in una dimensione molto elevata e in un contesto pubblicofortemente sindacalizzato, la generazione di valore attraverso la gestione dellerisorse umane non è facilmente perseguibile con il solo tentativo di allineare iprocessi di gestione del personale alle strategie dell’ente (sforzo questo peraltroattuato nel comune di Genova attraverso la pianificazione strategica ed un forteallineamento tra sistemi di programmazione e sistemi di incentivazione delladirigenza) ma necessita anche di strumenti più orientati al processo.Nella fase iniziale della sindacatura (circa dieci anni fa) l’ufficio personale avevaadottato un’idea di HRM del tipo “agente di cambiamento”, sviluppato un fortedecentramento alla dirigenza delle responsabilità, anche amministrative, sulpersonale. Questa soluzione creò tuttavia una notevole serie di problemi inquanto con un forte decentramento l’ufficio personale non era in grado digarantire la correttezza amministrativa e l’uniformità, l’efficacia e l’efficienzadelle procedure. L’ufficio personale si attivò di conseguenza per accentrarenuovamente le attività tipiche ed investì molto in un modello di gestione diservizi, sia con forti politiche di esternalizzazione dei servizi del personale nonstrategici sia con un grosso investimento nei sistemi informativi ed informaticied un forte presidio delle relazioni sindacali, storicamente un elemento centraleper il governo delle risorse umane nell’ente. Su questa base poi investì nellosviluppo delle risorse umane focalizzando la sua azione sullo sviluppo e sullapromozione del personale.

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Box 3 – Il Comune di Genova: un modello di promozione del personale

Al suo interno l’idea che si persegue è una idea di gestione e sviluppo delle risorse umane.In particolare gli aspetti amministravi sono stati esternalizzati in buona parte, in particolarepaghe e contributivi e la rilevazione assenze e presenze, che comunque non sonoconsiderate strategiche. All’interno dell’ente, ormai da molti anni, ci si sta muovendo verso logiche di sviluppo,un po’ attivate al fine di incrementare le competenze manageriali dei livelli dirigenziali, unpo’ per la necessità di disporre in prospettiva futura di un nucleo di risorse stabile all’internodell’ente e molte risorse di fatto esternalizzate. Nell’idea dell’ente vi è di conseguenza lanecessità di valorizzare le persone che ci sono, valorizzandone anche il benessere.La politica di sviluppo è concentrata sui quadri e sui nuovi dirigenti e sulle professionalitàdistintive.Questa idea è portata avanti con grande fatica, il limite principale è dato da un sistemainformativo ed informatico inadeguato, soprattutto in termini di gestione delle competenze.In termini di sviluppo già nel 1996 è stato avviato il progetto “skill” per dirigenti efunzionari, che aveva l’obiettivo di sviluppare competenze ed attitudini di base a seguitodi una prima analisi delle competenze possedute. Nel medesimo periodo erano stati avviaticircoli di qualità poi divenuti progetti di miglioramento.Nel 2000 è stata fatta una analisi del potenziale sperimentale per l’identificazione edattivazione delle posizioni organizzative. Nel 2002 è stato attivato il progetto “pariopportunità” che in termini di visione sulle politiche del personale ha avuto una importanzarilevante.Nel 2003 è stata svolta l’analisi del clima socio organizzativo con la costituzione di unosservatorio permanente e nel 2004 è stata fatta una convention del personale del comune,peraltro in parte osteggiata dal sindacato, iniziativa che è stata considerata una utile“riflessione su noi stessi”.Nel 2005 è stato poi avviato un progetto di telelavoro (che ha coinvolto 13 unità di personale)in cui si lavora non a casa ma nella circoscrizione, comunque con un significativoavvicinamento al proprio domicilio. L’esperimento ha dato buoni risultati in quanto ilavoratori sono soddisfatti ed il loro lavoro è apprezzato dai dirigenti.. In ultimo vi è stata la procedura di corso concorso per la dirigenza, fortemente orientatosullo sviluppo di skill del personale.La dimensione della gestione è comunque fortemente presidiata anche a causa degli elevatilivelli di sindacalizzazione, ma in generale si è preferito avere un deciso orientamento allosviluppo, perché si sono attivati all’interno dell’ente nell’ultimo decennio importanti processidi cambiamento la cui capacità di risposta è passata e passa inevitabilmente dalla persone.

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Il percorso del Comune di Genova si è sviluppato lungo l’asse orizzontale dellamatrice in cui l’idea di HRM si trova tra gestore di servizi e promotore dellerisorse, dando costante concretezza al governo delle risorse umane a supportodelle politiche generali dell’ente comunque rappresentate in strategie deliberatema troppo complesse da perseguire con una logica sequenziale del tipostrategia/struttura/gestione risorse .

Ancora più chiaro in termini di posizionamento è il Comune svedese di Botkyrkanel quale la gestione del personale è fortemente orientata sulla promozioneinterna delle risorse umane. Su una idea di questo tipo giocano naturalmente siafattori istituzionali, quali quello relativo al fatto che il rapporto di lavoropubblico è in Svezia totalmente privatizzato e quindi gli aspetti formali ed

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Nel processo di sviluppo è stata importante anche la leva formativa. In proposito il Comuneha creato una propria “corporate school” istituendo una società di formazione mista (pubblicoprivato) che si occupa della formazione del Comune (e anche della CCIAA e dellaProvincia), si sta sviluppando e modificando la logica della formazione con funzione disostegno e promozione dell’innovazione.

Fig. 6 - L’evoluzione dell’idea di HRM focalizzata sull’operatività

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amministrativi sono fortemente semplificati, sia elementi di carattere culturale,relativi al forte orientamento al servizio di una pubblica amministrazione che inuno Stato di non grandi dimensioni, sviluppa molti servizi e acquisisce molterisorse con la tassazione.

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Box 4 – Comune di Botkyrka

Il comune svedese di 80.000 abitanti ha circa 5.800 dipendenti. L’età media dei dipendentiè di 46 anni. La maggior parte è collocata nella fascia di età tra 50-54 anni. La ripartizionetra sessi è: 78% donne e 22% uomini. I dirigenti sono 270 (di cui solo il 30% donne). Il28% dei dipendenti è nato all’estero. Dal punto di vista strettamente normativo si ricordache in Svezia non vi è sostanziale differenza tra lavoro pubblico e lavoro privato.Per quanto concerne l’idea di gestione del personale, ciò che emerge, come dato di fondo, èuna elevata consapevolezza, sicuramente non retorica, circa il ruolo centrale della “risorsaumana” nelle politiche del Comune e nello sviluppo della sua offerta di servizi per la comunità.Questa consapevolezza si traduce in attenzione costante allo sviluppo del personale, vera epropria “priorità strategica” per tutto il comune in quanto costituisce la leva fondamentale perla qualità dei servizi, una richiesta che è molto forte ed assai pressante da parte dei cittadinisvedesi, che, come noto, sono una popolazione soggetta a livelli di imposizione fiscale fra ipiù alti del mondo, anche se ultimamente si sono allineati a standard europei.Elementi concreti di tale orientamento si colgono soprattutto negli obiettivi di sviluppodell’ente, formalizzati nel piano pluriennale 2002-2006. La struttura di tale piano si basa suquattro settori chiave, che rappresentano gli elementi attorno ai quali si definisce la “vision”dell’ente, precisamente: a) cittadino al centro;b) utente “a fuoco”, c) società in evoluzione.

Questi aspetti fanno sì che il Comune si ponga la missione di perseguire un buon servizioai cittadini in un contesto della società in evoluzione.Il quarto elemento indicato nel piano è lo “sviluppo durevole del Comune”. Esso poggiasull’idea di un miglioramento costante e duraturo, con un orientamento di medio-lungoperiodo, nei principali ambiti di intervento dell’ente (ambiente, società, sviluppo economico).Il modello di comune perseguito viene indicato nel piano come un sistema complessivodi valori, stili di leadership, assetti strutturali, sistemi gestionali, sistemi di qualità, che,attraverso un’attenzione costante agli aspetti motivazionali e di competenza professionaledel personale, riesce a conseguire obiettivi durevoli

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L’ultimo quadrante della matrice è quello che riguarda il ruolo dell’ufficiopersonale come agente di cambiamento. In proposito si nota che nessun Comunesi posiziona in modo chiaro e stabile in questo quadrante anche se taleosservazione non significa, come peraltro già visto, che in molti casi l’ufficiopersonale abbia una significativa tensione al cambiamento la quale è indirizzata,almeno nei casi analizzati, verso uno sviluppo delle capacità manageriali delladirigenza e non specificamente verso un riorientamento strategico specifico, senon nel caso di Reggio Emilia.

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di sviluppo e di qualità nei diversi settori in cui opera l’ente. L’idea della “centralità strategica della risorsa umana” trova un suo coerente sviluppo negli interventi finalizzati arendere il Comune un “posto di lavoro attraente” per i propri dipendenti. L’analisi svolta hafatto emergere una attenzione elevata agli aspetti di “qualità dell’ambiente di lavoro”. Vi è,in altre parole, una percezione molto chiara dell’influenza che le azioni messe in campodalla Direzione risorse umane possono avere sulla motivazione delle persone, sulla loro sceltadi restare a lavorare nel Comune, sul loro senso di appartenenza all’istituzione. La “bussoladel Comune” è dunque la “prospettiva di un ambiente di lavoro” in cui le persone sianosoddisfatte e motivate (“il dipendente al centro”). Gli obiettivi strategici indicati nel pianoriflettono pienamente tale orientamento. Come pure l’attenzione rivolta a tutti gli indicatoriche possono segnalare un basso coinvolgimento nel lavoro (in particolare, assenteismo,richieste di lavorare in part-time oltre i livelli considerati fisiologici e normali) ed alleinformazioni raccolte attraverso il costante monitoraggio della “soddisfazione dei dipendenti”(si veda, più avanti, l’analisi del clima organizzativo effettuata annualmente).Il Comune deveessere un “datore di lavoro attraente”. Per questa ragione, è necessario:intensificare il lavoroa favore dell’ambiente di lavoro; investire nelle iniziative a favore della salute e benessere;rafforzare l’influenza del personale sul proprio orario di lavoro; attribuire maggiore valoreai lavori nei settori assistenza dei bambini, anziani e portatori di handicap; investire a favoredello sviluppo e formazione delle competenze del personale; aumentare il coinvolgimentodelle risorse umane nel lavoro di sviluppo e cambiamento; promuovere equità tra i sessi ediversità etnica. Un altro elemento presente nell’idea dominante di HRM presso il Comunedi Botkyrka si evidenzia nella preoccupazione, costantemente ribadita, di essere un datoredi lavoro “equo”, che non discrimina (sulla base del sesso o dell’appartenenza etnica) e chegarantisce a tutti (senza distinzioni) possibilità di occupazione e di sviluppo, in particolarevi è molta attenzione affinché l’organico del Comune sia lo ‘specchio’ della società svedese”.Un obiettivo contenuto nel piano pluriennale del Comune prevede l’aumento della “diversitàetnica” tra i dipendenti del comune: “Aumentare i dipendenti con diversità etnica al 42%entro il 2009”. Nell’idea di HRM del Comune si evidenzia infine una bassissima attenzioneagli aspetti amministrativi della gestione del personale.

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Tale fenomeno è a nostro avviso sostanzialmente coerente con la complessitàdel governo degli enti locali e con le prassi diffuse di gestione complessiva diquesti enti, rispetto ai quali i processi di cambiamento non vengono normalmentepianificati e perseguiti in modo deliberato ma con azioni day by day moltoelastiche e sviluppate in relazione alle dinamiche relazionali che si sviluppanonell’ente stesso.

1.4. I processi di gestione del personale adottati negli enti

I processi di gestione delle risorse umane sono, sostanzialmente, i sistemioperativi che si sviluppano all’interno dell’ente, in coerenza con la strutturaorganizzativa dell’ente stesso, i quali hanno lo scopo di allineare gli obiettiviindividuali agli obiettivi organizzativi.Tali sistemi non sono tuttavia semplici tecniche di gestione, ma sono vere eproprie regole interne all’organizzazione che hanno lo scopo di influenzare icomportamenti organizzativi del personale. In questo senso al di là degli aspettitecnici questi sistemi operativi hanno sempre un forte elemento relazionale: laloro efficacia dipende, conseguentemente, dal fatto che gli aspetti tecnici erelazionali siano ben calibrati tra loro, dato il contesto organizzativo specifico. Di seguito riportiamo la “mappatura”6 delle attività di direzione del personalebasata sulla loro aggregazione in relazione ad insiemi di operazioni omogeneenon tanto dal punto di vista tecnico, quanto dal punto di vista dellafinalizzazione, ovvero che sono rivolte a risolvere problemi interconnessi.Ognuno di questi processi, come è invitabile quando si parla di gestione delpersonale, stante il fatto che è una funzione complessa e diffusa, produconoservizi o interventi destinati a diversi soggetti e comportano relazioni con altriinterlocutori, gli uni e gli altri sia interni che esterni all’azienda.I processi di direzione del personale sono quindi tipicamente distinguibili in baseai diversi soggetti ed interlocutori cui si rivolgono (vedasi tabella 1).

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Tabella 1 – Articolazione dei processi di direzione del personale nell’ente localee rispettivi destinatari ed interlocutori.

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Processi

Definizione,comunicazione everifica delle politichegenerali del personale

Pianificazione

Valutazione

Altri interlocutori

PersonaleOrganizzazionisindacaliConsulenti

Organizzazionisindacali

Consulenti

Destinatari

Organi politicoistituzionaliAlta direzioneResponsabili di unitàorganizzative

Organi politicoistituzionaliAlta direzione eresponsabili di unitàorganizzative

Alta direzione eresponsabili di unitàorganizzativePersonale delle variecategorie

Descrizione

Impostazione e gestionedelle politiche inerentiretribuzioni, organici,carriere, rapporti sindacali,sviluppo organizzativo

Definizione dei fabbisognidi personale per le varieunità aziendali epreparazione dei piani perrispondervi

Impostazione e continuaattivazione dei meccanismioperativi di valutazionedelle posizioni e delleprestazioni, con definizionedei connessi aspettiretributivi

Acquisizione eselezione

Destinazione e mobilità

Gestione ordinaria

Uffici del lavoroAgenzie diintermediazione eSocietà di ricerca dipersonaleOrgani diinformazione

Organizzazionisindacali

Alta direzione eresponsabili di unitàorganizzativeCandidati all’impiego

Alta direzione eresponsabili di unitàorganizzativePersonale dadestinare

Responsabili di unitàorganizzativePersonale delle variecategorie

Gestione di tutte le fasiinerenti la ricerca, laselezione e l’assunzione dipersonale, in base ai pianiapprovati, ricorrendo allediverse forme giuridichedel rapporto di lavoro

Assegnazione del personaleassunto o comunquedisponibile alle diverseunità aziendali

Gestione del normaleespletamento del rapportodi lavoro e delle connesseregistrazioni (presenze,assenze, ecc.)

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Formazione e sviluppo

Disciplina e risoluzionedel rapporto di lavoro

Contenzioso

Gestione retribuzioni eprevidenza

Servizi ai dipendenti

Relazioni sindacali

Società di consulenzae formazione

AvvocatiOrganizzazionisindacali

MagistraturaAvvocati dell’aziendae delle contropartiCollegi arbitrali o diconciliazione

Enti previdenziali eassicurativiAutorità fiscaliSocietà di servizi efornitori di software

Istituti di credito e diassicurazione, altrifornitori di servizi

Associazioni sindacalidei datori di lavoro edei lavoratoriOrgani diinformazioneVari soggetti politicie istituzionali

Personale delle variecategorieAlta direzione eresponsabili di unitàorganizzative

Alta direzione eresponsabili di unitàorganizzativeDipendenti interessati

Alta direzione eresponsabili di unitàorganizzativePersonale dipendentecon controversie incorso

Personale conrapporto di lavoro incorsoPersonale in attesa dipensionamento

Personale conrapporto di lavoro incorso

Organi istituzionaliRappresentanzesindacali aziendali eterritorialiAlta direzione eresponsabili di unitàorganizzative

Pianificazione erealizzazione di iniziativedi formazione eaggiornamento per ilpersonale e impostazione diprogrammi di sviluppoprofessionale

Cura dei procedimentidisciplinari e delleprocedure inerenti illicenziamento di dipendenti

Cura in tutte le loro fasidelle controversie di lavoroe ricerca delle soluzioniopportune

Calcolo ed erogazioneperiodica degli stipendi edattuazione dei connessiadempimenti fiscali,assicurativi e previdenziali

Cura delle prestazioni oservizi accessori rivolti aidipendenti, come buonipasto, circoli ricreativi,assicurazioni, finanziamentiagevolati, ecc.

Cura continuativa deirapporti con lerappresentanze sindacaliaziendali e territoriali, delleprocedure informative e deimomenti di negoziazionecollettiva

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Questi processi sono stati analizzati nei diversi casi di studio. Da questa analisisi nota come in quasi tutti gli enti analizzati le strumentazioni analizzate sicaratterizzano per i seguenti aspetti:

a) sono sostanzialmente omogenee nei diversi enti dal punto di vistatecnico

b) sono scarsamente integrate all’interno dell’ente

In primo luogo si è osservato che nei diversi enti, pur nella varietà delle soluzioniadottate, le soluzioni tecniche dei diversi sistemi operativi sono piuttostoomogenee. Tale omogeneità è dovuta principalmente al fatto che grande partedi questi sistemi hanno regolazioni esterne piuttosto stringenti, vuoi derivanti dacontratti di lavoro vuoi derivanti da prassi consolidate nel tempo. In sostanza aldi là delle strumentazioni di carattere più tipicamente amministrativo si rileva,per esempio,:

a) il sistema di programmazione del personale è centrato sul documentodei fabbisogni triennale sostanzialmente simile in ogni ente (trannequalche piccola variazione sul tema) ma sono rari strumentazionispecifiche a supporto del processo decisionale di pianificazione;

b) le procedure concorsuali sono regolamentate ed adottate in modo moltosimile tra ente ed ente. In questo caso solo il Comune di Genova hasperimentato alcune modalità innovative centrare su sistemi diassessment;

c) i sistemi di valutazione sono quasi tutti basati su logiche simili (obiettivie comportamenti questi ultimi valutati per fattori e gradi in terminiassoluti);

d) la formazione è centrata principalmente sul piano dei fabbisogni. Inquesto campo vi sono alcune sperimentazioni più rilevanti, ma solo neglienti di maggiore dimensione;

In secondo luogo, si sottolinea che i diversi sistemi operativi raramente sonomessi a sistema, vale a dire che si creano situazioni evidenti di interconnessionedei sistemi in processi coerenti tra loro.

Queste due caratteristiche non devono sorprendere né essere giudicatenegativamente; esse sono semplicemente il frutto di:

a) una idea di HRM come gestore di servizi in contesti in cui non si vuoleo non si cerca di perseguire una chiara politica del personale;

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b) la presenza di politiche esogene agli enti tendenti ad una forteomologazione dei sistemi di gestione. Tali politiche sono sviluppate daicontratti collettivi e da soggetti (associazioni di enti, ministeri vigilanti,centri di formazione, ecc.) esterni con ruoli di coordinamento nel sistemadelle autonomie locali che mettono in atto interventi si indirizzo,sostengo e supporto agli enti, i quali, assieme ai normali processi diimitazione, tendono a diffondere pratiche omogenee.

In questo modo in tempi non lunghi, all’interno degli enti si sono sviluppatetecniche gestionali di diverso genere, talora anche sofisticate, magari anche inmodo eccessivo rispetto agli specifici bisogni organizzativi degli enti.Tale situazione è coerente con una visione di servizio dell’ufficio del personale.

Tuttavia essa non garantisce l’efficacia dei sistemi medesimi, questa ultimainfatti dipendente non tanto o non solo dalla correttezza tecnica degli strumenti(condizione che si può considerare necessaria ma non sufficiente) quanto dallacapacità da parte dei responsabili dell’ufficio personale di attivare proficuiprocessi relazionali con il management e con gli altri interlocutori.La capacità di gestire efficaci relazioni e innescare efficaci processi di sviluppoorganizzativo diventa in questo senso una delle skill fondamentali deiresponsabili del personale, qualsiasi sia l’idea di HRM di cui sono portatori.La sola capacità tecnica non accompagnata dalla capacità di sviluppare efficacirelazioni con il management, nello sviluppo degli strumenti di gestione delpersonale può essere fonte di incalcolabili danni in quanto rende palesel’inefficacia di strumenti corretti, ingenerando l’idea all’interno dell’ente (sia nelpersonale ma in particolare modo nel management) che determinatestrumentazioni siano strutturalmente inadeguate alla loro realtà.Per esempio, un buon sistema di valutazione, qualora sia attuato senza lanecessaria attenzione al processo, spesso ha generato negli enti un sostanzialeappiattimento delle valutazioni (vale a dire una non valutazione) facendo sì cheil sistema da premiare (segnalo e premio i migliori) diventi punente (segnalo enon premio i peggiori), con la relativa creazione di tensioni emotive e difficoltàdi vario genere. Tali esperienze, soprattutto se reiterate, inducono a ritenere chei sistemi di valutazione del merito siano “geneticamente” inadeguati alla pubblicaamministrazione, cosa naturalmente non vera. Tale aspetto vale anche per tutti gli altri strumenti, dalla formazione alladisciplina, dalla pianificazione alla retribuzione.

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È bene segnalare peraltro che nei casi analizzati i processi di gestione delpersonale, ancorché presentassero spesso una enfasi eccessiva sul singolostrumento, erano nella maggioranza dei casi ben presidiati e, anche quando nongeneravano un elevato valore aggiunto, erano tuttavia sempre efficaci e nongeneravano problemi particolari.Spesso, come nei due casi segnalati di Crema e Faenza, lo sviluppo dei processiha generato tensioni positive in termini di sviluppo delle competenze interne delpersonale e della dirigenza.

Un caso a parte è quello del Comune di Genova, il quale, se nelle generalità deiprocessi adottava scelte coerenti con quelle degli altri enti analizzati, nel caso deiprocessi di selezione e di formazione ha adottato strumentazioni innovative edintegrate, proprio in una logica di sviluppo delle competenze del personale.

1.5. La collocazione organizzativa dell’ufficio personale

L’analisi della collocazione organizzativo dell’ufficio personale può essere svoltasecondo diverse dimensioni quali:

✓ il posizionamento line/staff e l’importanza relativa rispetto alle altrefunzioni

✓ il grado di unitarietà/frammentazione✓ l’articolazione interna dell’unità di HRM✓ il grado di prossimità agli organi di indirizzo✓ la presenza e le caratteristiche dei diversi soggetti coinvolti nell’HRM

Queste dimensioni possono essere più o meno coerenti con gli altri elementi delmodello di governo delle risorse umane nell’ente.

Nella tabella che segue sono riportate alcune delle situazioni riscontrate neicomuni analizzati in tema di assetto organizzativo dell’ufficio personale.

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Comune di Crema L’ente è organizzato in quattro macro-aree, una delle quali è l’Area risorse umane,economiche e sistemi informativi.La funzione ha diretta dipendenza dalla direzione ed ha due strutture di staff in ambitoinformatico.

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Comune di FaenzaL’ente si articola in Settori organizzativi; in particolare nell’area personale abbiamo ilsettore Risorse interne, guidato da un dirigente. Il settore, a sua volta, si articola in quattroservizi, in particolare:• Servizio personale• Servizio contabilità del personale• Servizio organizzazione.• Servizi informatici

Comune di Reggio EmiliaTradizionale. La struttura organizzativa generale del Comune è piuttosto compatta inquanto articolata in tre aree e la funzione personale formalmente non ha un rapporto direttocon la Direzione generale ma con il responsabile dell’Area Affari Generali.La funzione personale si presenta poco articolata e appare strutturata in modo significativosu funzioni amministrative La funzione è poco frammentata in quanto governa tutti iprocessi di gestione del personale, fatta esclusione di dirigenza e sistemi informativi delpersonale; è posizionata formalmente come linea, anche se svolge importanti funzioni distaff; non ha una particolare visibilità rispetto agli altri servizi dell’area.

Bristol City Council – Comune di Bristol7

La divisione risorse umane fa parte dal dipartimento per i servizi centrali di supporto. Sitratta di un posizionamento di staff di secondo livello ma vi è un collegamento direttocon la struttura organizzativa e la direzione generale.Nell’espletamento delle proprie attività la divisione conserva un intenso rapporto di collaborazione con il management dei dipartimenti con cui concerta la politica in basealle specifiche esigenze. La presenza di un legame stretto con i dipartimenti è peraltrotestimoniata dalla locazione di alcune unità della divisione risorse umane nei dipartimentiper facilitare i flussi informativi.

Comune di Botkyrka La funzione di gestione delle risorse umane è così organizzata:• a livello di direzione generale del Comune è collocato l’ufficio centrale di “direzione

del personale” che riporta direttamente al direttore generale del Comune ed ha il compitodi assicurare la “direzione strategica” dei processi di gestione e governo delle risorseumane;

• presso ciascuna direzione operativa operano delle unità decentrate dedicate alle attivitàoperative di gestione delle risorse umane (reclutamento e selezione, valutazione,formazione ecc.).

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Al di là delle diverse soluzioni organizzative interne, gli uffici del personaleadottano generalmente una logica di funzionamento come staff. Infatti, la varietàdei ruoli che può assumere la funzione del personale e la complessità delle relazioniche essa sviluppa a causa della estesa diffusione di responsabilità sui temi dellagestione del personale nelle organizzazioni, rende necessario la chiarificazione delsistema dei ruoli nella gestione del personale, attraverso una accorto disegnodell’assetto macro-strutturale, a cui fare corrispondere precise prerogative eresponsabilità, oltre che strumenti (fra cui i sistemi informativi) per esercitarli.In questo contesto la funzione del personale tende ad essere una funzione di staff,di supporto, in quanto deve tenere conto dei diversi soggetti con i quali interagisce,ed in particolare agisce da collante tra alta direzione e dirigenza di linea.Il ruolo di organi di staff è peraltro piuttosto complesso in quanto tende sempre agenerare conflitti interni con gli organi di linea che devono essere prevenuti, ciòin quanto (Quinn, Cooke, Kris, 2000):

✓ sono una sorta di monopoli interni che obbligano i “clienti interni” adutilizzare i propri servizi e sostenerne i costi, e questa è una delle ragioniche spiega la frequenza di conflitti e tensioni nei rapporti con la linea;

✓ sono costose in quanto comportano forme di decentramento e diduplicazione eccessiva di tecnostrutture e servizi che non hanno una chiaramotivazione economica e organizzativa, stante anche la difficoltà divalutarne il valore aggiunto. Sono di conseguenza vissute spesso come“male minore”, proprio dai negativi effetti del monopolio e dall’esigenzadella linea (dei manager intermedi) di disporre di unità di servizio più“vicine” e quindi meglio orientabili e gestibili;

✓ hanno una doppia natura e personalità, legata alla difficoltà di separarenella pratica il ruolo di regolazione e coordinamento da quello di servizio.

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Comune di Cosenza8

Nel Comune di Cosenza la macrostruttura organizzativa è distinta in settori (otto), staff eservizi. L’ufficio del personale si colloca nel settore Organizzazione interna e servizi alCittadino. Le attività demandate a tale ufficio, posizionato come linea e non in funzione di staff,sembrano avere carattere preminentemente amministrativo delineando un modello di HRMorientato alla mera amministrazione, da cui sicuramente si evince una idea di funzione delpersonale di tipo tradizionale, orientato alle funzioni classiche del personale.

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Molte delle concrete unità di staff accoppiano forzatamente queste duelogiche, che sono difficilmente compatibili e finiscono per contrastarsi unacon l’altra.

Sempre nell’ambito degli organi di staff è poi opportuno segnalare, ai fini di unaloro corretta lettura, ricordare come le funzioni di staff sviluppano tre tipologie difunzioni (Rebora, Ruffini 2001):

✓ funzioni di corporate governance, ovvero una azione a diretto supportodegli organi di governo o comunque al vertice strategicodell’organizzazione, volta a tutelare gli assetti complessivi dell’entepiuttosto che a rispondere ad istanze particolari provenienti dall’internodell’organizzazione da particolari funzioni o gruppi professionali;

✓ servizi professionali e consulenziali, ovvero una vera e propria funzionedi tecnostruttura volta ad impostare soluzioni tecnicamente sofisticate aidiversi problemi di gestione ed ad implementare l’operatività assieme aiclienti interni;

✓ servizi operativi. In questo caso si sviluppano attività di servizio vere eproprie, dotate di un minore contenuto tecnico professionale e prive diimplicazioni strategiche; in questo caso economie di scala, efficienza deiprocessi ed uso efficace della tecnologia sono i fattori fondamentali dicriticità, da cui viene a dipendere la validità della relativa gestione.

Come noto, nelle aziende più modernamente organizzate si tende ormai a ricercareassetti diversi per le tre componenti indicate, concentrando soprattutto nella primal’azione della direzione del personale, mentre per la seconda si ricorre largamentead apporti esterni e per la terza si ricerca la massima automatizzazione e ci si affidaspesso comunque a centri di servizi.Nei casi analizzati la struttura interna degli uffici del personale è generalmentecentrata sulle funzioni di staff, ma non sempre si differenzia in modo significativorispetto alle diverse attività interne, o meglio, la divisione interna all’ufficiopersonale segue logiche più centrate sulle caratteristiche tecnico giuridiche delleattività che non sulle logiche operative da esse sviluppate in relazione ai clientiinterni.

Nei Comuni di Genova, Faenza, Crema e Reggio Emilia si ha una articolazioneinterna non elevata, che consente di concentrarsi sui processi principali secondologiche unitarie. In questo modo sembra soddisfarsi l’esigenza di disporre di un

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presidio professionale tecnico specifico per i processi di gestione del personale.Questa esigenza è particolarmente importante ai fini del potenziamento del ruolodella dirigenza pubblica, come datore di lavoro, la quale ha comunque bisogno diun forte supporto di carattere tecnico-specialistico per esercitare efficacemente leproprie responsabilità.Nelle situazioni più innovative, come quella del Comune di Botkyrka si è teso asnellire la struttura dell’ufficio personale, rinunciando a molti organi di staff,collegandosi da un lato direttamente all’alta direzione e dall’altro delegando eabituando la dirigenza, di vertice e intermedia, a gestire direttamente i processi piùcritici affidando gli altri a centri esterni di servizi.Tale logica può peraltro leggersi come tendenza evolutiva anche degli altri enti edè in parte seguita anche dagli altri comuni sopra citati.Questi enti sono quelli che sono sufficientemente solidi come gestori di servizi ecercano di sviluppare il loro ruolo verso altre idee di HRM quali gestore strategico,agente di cambiamento o promotore del personale.Questi enti, dal punto di vista macrostrutturale, posizionano l’ufficio del personalein staff alla direzione generale, o comunque, anche se disegnati nell’organigrammain linea, hanno facile accesso alle relazioni con la direzione generale. L’unico casoin cui vi è un livello gerarchico tra responsabile del personale e direzione generaleè quello del Comune di Reggio Emilia; nei fatti tuttavia, nella pratica tra direzionegenerale e ufficio del personale vi sono intense e dirette relazioni.

Vi sono comunque altri casi in cui si assiste ad una maggiore articolazione fino adarrivare a casi in cui la preponderanza dei servizi di carattere operativo tende amettere in linea l’ufficio del personale, il cui ruolo è quello di produrre servizispecifici con bassi livelli di interazione con gli altri uffici.Questi enti sono peraltro quelli che più stentano ad assolvere un ruolo di gestoredi servizi.Dal punto di vista macro strutturale questi enti collocano l’ufficio del personaleall’interno di direzione più ampie, ponendo un livello gerarchi tra capo del personalee direttore generale.

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1.6. La valutazione delle performance dei sistemi e lepolitiche di HRM

Per leggere correttamente i risultati di un processo e per comprendere quindi ilvalore generato, occorre focalizzare l’attenzione sugli aspetti più critici edessenziali. Ma questi sono firm specific, sono connessi alla tipicità del processooperativo di un’azienda ed anche alle griglie di clienti, concorrenti, fornitori,intermediari effettivamente presenti e coinvolti in un tempo e in un luogo.Anziché parlare di misurazione sembra corretto riferirsi a valutazione dei risultatiottenuti in relazione a un processo; valutazione implica giudizio, attribuzione divalore; è frutto di analisi e ragionamento; non pretende di essere oggettiva.Dal punto di vista metodologico la valutazione delle performance dei processi puòessere attuata individuando alcuni driver del valore dei processi stessi, checonsentono di connettere le caratteristiche di un processo con l’analisi degli specificirisultati. Il concetto di driver si distacca quindi da quello di indicatore, o di parametroquantitativo espressivo del risultato ottenuto; il driver è una caratteristica piùcomplessa, che qualifica il risultato. Ad un driver possono essere collegati ancheparametri o indicatori; molte volte la traduzione quantitativa non è immediata ediretta, ma può essere ottenuta solo mediante l’assegnazione di punteggi in modoconvenzionale. E si tratta comunque di modalità difficilmente accettabili comemisurazioni in senso scientifico. Secondo la metodologia proposta dalle ricerche dell’Università C. Cattaneo11, idriver possono appartenere a sei differenti categorie:

1. driver di efficienza. Considerano l’entità delle risorse impiegate nell’ambitodi un processo, che pongono in relazione con il volume di attività svolta,o del risultato ottenuto;

2. driver di qualità. Considerano il risultato ottenuto, sotto il profilo dellarispondenza a standard tecnici di qualità, e/o della loro attitudine asoddisfare le esigenze dei destinatari diretti o indiretti dell’attività svolta;ciò comprende quindi il riferimento alle metodologie diffuse di gestionedella qualità e di customer satisfaction, applicate al particolare contestodei processi di direzione del personale;

3. driver di equità. Considerano la rispondenza dei processi alle esigenze dibilanciamento di interessi (legittimi) in posizione di contrasto e di tuteladei diritti delle parti deboli, quando ciò abbia senso in ragione di unapolitica socialmente responsabile dell’azienda;

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4. driver di outcome o di politica. Considerano gli effetti di medio lungotermine delle attività comprese in un processo, quindi l’impatto che il lorosvolgimento manifesta dal punto di vista di politiche delle risorse umanedi ampio respiro;

5. driver di sviluppo di risorse. Considerano le conseguenze dell’attivitàsvolta dal punto di vista dell’apprendimento e dello sviluppo dicompetenze, nell’ambito delle stesse strutture che gestiscono icorrispondenti processi o delle altre componenti aziendali che vipartecipano attivamente;

6. driver di immagine e comunicazione. Considerano gli effetti che i processidi gestione delle risorse umane producono, influenzando l’immagine chel’azienda proietta e riflette nell’ambiente esterno ed operando, anche inmodo non intenzionale, come strumenti di comunicazione verso i diversiinterlocutori dell’azienda.

I driver costituiscono quindi una fondamentale cerniera tra l’attività di gestione delpersonale e la comprensione e valutazione dei suoi effetti. Essi possiedono un gradodi generalità molto maggiore rispetto ai diversi possibili indicatori e parametri eoffrono uno schema di riferimento utile ad impostare una valutazione sistematica,intorno al quale organizzare la raccolta di dati e informazioni. Tale schema si presta anche alla definizione di un quadro di obiettivi per le politichee la gestione del personale. E il protrarsi delle rilevazioni nel tempo consente divalutare il grado di raggiungimento degli stessi, di orientare l’allocazione dellerisorse per lo sviluppo delle risorse umane, di avere un riferimento solido per tuttele decisioni collegate. Con riferimento alle analisi effettuate risulta difficile compiere generalizzazioni, inquanto ogni valutazione dovrebbe essere sviluppata con riferimento agli specificicontesti, tuttavia a fini esemplificativi vale la pena di analizzare almeno un processo,come quello relativo ai sistemi di valutazione i cui driver di valutazione sono iseguenti:Equità, intesa come Grado di accettazione delle valutazioni espresso dai valutatie come livello di differenziazione delle valutazioni. In generale, negli enti analizzatiil sistema di valutazione ha avuto un livello sufficiente di accettazione. In molticasi tuttavia, il livello di differenziazioni delle valutazioni è stata abbastanzaappiattito; casi interessanti sono quello di Crema e di Genova. Nel primo caso lavalutazione è sempre stata abbastanza differenziata, anche sulla base dei dispositivicontrattuali. Dopo anni di applicazione, tuttavia il sistema tendeva a sclerotizzarsi,così l’ufficio del personale ha provveduto a riassestarlo in modo significativo. Altro

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aspetto interessante è il fatto che le valutazioni compiute negli ultimi anni sonostate sviluppate con ampio consenso tra tutta la dirigenza. Nel Comune di Genovail sistema di valutazione è risultato problematico in termini di accettazione in quantoa seguito di valutazioni appiattite gli organi di governo sono intervenuti in modopunitivo al fine di lanciare un chiaro messaggio di differenziazione dellavalutazione. Ovviamente tale azione a creato malumori, tuttavia il problema è statoposto con chiarezza e le azioni per affrontarlo in modo chiaro sono state intraprese.Qualità, Grado di soddisfazione espresso dall’alta direzione e dai valutatori.Qualità tecnica delle metodologie adottate.Rispetto a questi due aspetti il livello di soddisfazione dell’alta direzione e deivalutatori è stato generalmente basso anche se la tecnica metodologica adottata eradi buona qualità.Di sviluppo, Crescita nel tempo delle competenze diffuse di valutazione delpersonaleDi efficienza ,Proporzione tra i costi di gestione dell’attività e il numero delpersonale valutato, tenuto conto del mix di professionalitàDi immagine ,Grado di notorietà e apprezzamento dell’esperienza fatta nei networkprofessionali esterni all’aziendaDi politica (outcome) ,Effetto nel medio periodo sullo sviluppo del capitaleintellettualeAl di là delle valutazioni specifiche effettuate, lo sforzo di analisi sull’attuazionedei processi e dei risultati da essi ottenuti, ancorché con molti limiti, permette diindividuare almeno nei loro tratti essenziali, alcune politiche di HRM adottateall’interno degli enti.Tali politiche sono le scelte chiare ed esplicite che un ente adotta relativamentealle modalità di acquisizione, conservazione, gestione e valorizzazione delpersonale. In questo senso le politiche del personale costituiscono allo stesso tempoun vincolo alle scelte future ma anche regole trasparenti sulle quali managemente lavoratori possono basare i propri comportamenti.Con riferimento alle esperienze italiane ed ai casi trattati, non è assolutamenteagevole individuare delle politiche chiare e precise, e questo aspetto costituisceprobabilmente uno degli elementi di maggiore sofferenza anche per il personalestesso, che non sempre è messo in grado di comprendere a fondo le scelte che gliorgani di governo adottano nella gestione del personale. Per contro, gli enti sonogeneralmente molto riluttati nel rendere esplicite le proprie politiche, sia per ladifficoltà di identificarle sia per i problemi di natura politico- relazionale che taleesplicitazione potrebbe indurre.

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Volendo schematizzare in modo diretto le diverse politiche adottate dagli enti, ericordando che, come scritto sopra, le politiche del personale possono esserevalutate principalmente sulla base del:

a) livello di equità nella distribuzione di risorse, b) livello di orientamento al risultato indotto (ovvero al perseguimento

efficace di obiettivi specifici di gestione operativa),Incrociando queste due dimensioni si individuano, nella logica, ma anche nellaprassi, tra specifiche strategie(si veda figura 7):

a) distributivab) negoziale/ pragmaticac) di sviluppod) politico/ideologica

Una politica di tipo distributivo tende a ripercorrere i vecchi schemi del pubblicoimpiego che tende a premiare l’anzianità piuttosto che il merito, appiattendo lediverse scelte sul personale ed interpretando il concetto di equità con uguaglianza.Queste politiche sono spesso il frutto di processi di contrattazione decentratafocalizzati esclusivamente sulla distribuzione delle risorse e dell’inefficacia dei

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Fig. 6 - Tipologie generali di politiche del personale negli enti locali

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sistemi di gestione e, ancora più in generale, della debolezza del datore di lavoropubblico. Dal punto di vista tecnico questo tipo di politica la si riscontra laddovesi misura un appiattimento complessivo dei salari incentivanti, delle carriere eun significativo formalismo dei sistemi di accesso. Una politica di tipodistributivo non si pone ovviamente alcun problema in termini di orientamentoai risultati in quanto gli automatismi distributivi adottati rendono l’ottenimentodei risultati una variabile esogena rispetto ai sistemi di accesso, premianti e disviluppo. Infine questo tipo di politica non si preoccupa in modo particolare disostenere lo sviluppo professionale delle persone all’interno dell’amministrazione.

Una evoluzione delle politiche di tipo distributivo sono le politiche definitenegoziali/pragmatiche, nelle quali i processi di scelta e di differenziazione dellescelte sul personale sono introdotti all’interno delle regolamentazioni e delleprassi aziendali, in relazione alle occasioni negoziali ed organizzative che sivengono a creare lasciando spazi all’autonomia decisionale del datore di lavoro.Questo tipo di politica è desumibile dal grado di differenziazione delladistribuzione delle risorse tra le diverse tipologie di professionalità presentinell’ente e in generale dal grado di segmentazione adottato del mercato del lavorointerno. Esiste in questo caso un buon orientamento ai risultati in quanto sono i risultativalutabili dai processi negoziali o dalle scelte organizzative e di controllogestionale, che giustificano i processi di differenziazione. Questo orientamentoai risultati consente altresì di avere una maggiore sensibilità anche allo sviluppoprofessionale degli operatori.

La politica di sviluppo, sia delle persone che della istituzione, è quella politicache basa ogni scelta in relazione ai risultati ottenuti. In questo senso differenziacarriera e retribuzione in relazione ai risultati specifici erogati dall’operatore econcentra molti dei suoi sforzi sullo sviluppo professionale degli operatori, nellaconvinzione reale che sia tale fattore l’elemento fondamentale per ottenere validirisultati.

Una ultima tipologia di politiche del personale negli enti locali è quella chepossiamo definire politico ideologica. In questo caso le differenziazioni nellagestione del personale avvengono principalmente in base ad un mero criterio diappartenenza ovvero al fini gestire il potere in relazione alle finalità ed allepriorità di volta in volta in agenda.

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Con riferimento agli enti analizzati al di là di una loro specifica collocazione,si assiste nella generalità dei casi ad un approccio alle politiche del personaleche si sviluppa nella linea basa della matrice della fig. 7, vale a dire tra unalogica distributiva che si orienta sempre verso un maggiore pragmatismo,appoggiato dagli strumenti di gestione del personale.

1.7. Conclusioni

L’attività di governo delle risorse umane presenta livelli di complessità moltoelevati, sia per la numerosità delle variabili in gioco, sia perché, alla fine, lacomplessità del comportamento umano nei contesti organizzativi è difficilmentemodellabile.Questa consapevolezza deve essere alla base delle attività di gestione delpersonale, in quanto l’accettazione delle complessità dei sistemi permette dievitare di prendere scorciatoie o fare semplificazione che alla fine creerebberopiù danni che vantaggi all’istituzione.Fatta questa importante premessa, avendo analizzato nelle pagine precedenti idiversi aspetti delle variabili del modello descrittivo della gestione del personale,tentiamo ora, come conclusione, di individuare alcuni elementi caratterizzanti lemodalità di governo delle risorse umane attualmente in uso negli enti locali.

In proposito ci sembra che vi siano alcuni elementi che emergono chiaramente:a) nessun ente si è dichiarato orientato a sviluppare una logica di gestione

del personale vista come mera regolazione amministrativa del rapportodi lavoro;

b) le modalità di gestione del personale, dalle idee alle politiche, sonosignificativamente influenzate dalla dimensione aziendale e quindi dallenecessità di risorse manageriali;

c) nelle esperienze concrete la disponibilità di strumenti di gestionesufficientemente adeguati, sia dal punto di vista tecnico sia dal puntodi vista della loro implementazione attraverso adeguati processirelazionali e manageriali, è una variabile importante per l’efficacia dellagestione del personale e quindi la coerenza tra le diverse variabili incampo

d) gli enti locali sembrano orientarsi in via preminente verso logiche digestione orientate al quotidiano e stentano molto a sviluppare politicheesplicite di ampio respiro.

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La prima osservazione, in base alla quale nessuno di coloro che fa gestione delpersonale ha un’dea della sua attività semplicemente di carattere amministrativo,è, se vogliamo, abbastanza naturale ma sfata un luogo comune ormai consolidatosecondo il quale nelle amministrazioni si fa mera amministrazione del personale.In realtà, anche depurato da un eventuale “effetto Hawthorne” derivante dal fattodi essere osservati, riteniamo che le attività amministrative hanno comunque nelnostro contesto giuridico una certa complessità e assorbono in buona parte tempolavoro sia degli organici degli uffici del personale che dei loro dirigenti, manonostante questo, di fatto l’attenzione di chi governa le risorse umane ègiustamente orientata a sviluppare strumenti gestionali e servizi.Questo risultato è probabilmente dovuto al processo di riforma che ha costrettole amministrazioni pubbliche a sostituire le logiche del diritto amministrativocon quelle del diritto del lavoro (molto negoziale) e con quelle manageriali,costringendole a fare maggiore attenzione agli aspetti della gestione delpersonale ed incentivandole a dotarsi di strumentazioni tecniche adeguate. Al dilà del fatto che le singole amministrazioni possano o meno considerarsiinsoddisfatte dei risultati raggiunti, è evidente che negli ultimi dieci anni lasituazione degli uffici del personale sotto l’aspetto tecnico e di ruolo èsignificativamente cambiata e gli enti sono stati costretti a trovare risposte allenuove esigenze gestionali.In pratica quindi se molta attività è dedicata ancora alla mera amministrazionedel personale ciò non significa che tale attività costituisca una deliberata ideadi gestione delle risorse umane quanto piuttosto un evento che si affronta osubisce in relazione alle complicazioni che norme di dettaglio creano nellagestione quotidiana, alle spinte interne (del sindacato o di gruppi di dipendenti)tese a governare le transazioni di lavoro interne in modo diretto o semplicementead effetti non voluti derivanti da modalità ingenue e tecnicamente sbagliate diutilizzo dei sistemi operativi in situazioni di forte sindacalizzazione o bassecapacità di governo manageriale delle transazioni di lavoro.

La seconda osservazione ci dice che tanto più è marcata la complessitàorganizzativa delle amministrazioni tanto più si tende ad operare su variabilisoft del sistema organizzativo, tese a valorizzare aspetti comunicativi e dileadership piuttosto che aspetti tecnici dei sistemi di gestione.Se infatti analizziamo la banale correlazione tra dimensione dell’ente e idea digestione del personale si nota immediatamente che:

a) nei Comuni con qualche centinaia di dipendenti le diverse variabili del

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modello descrittivo di governo delle risorse umane (dall’idea,all’organizzazione interna ai processi, ecc.) sono orientate alla creazionedi adeguate strumentazioni gestionali di tipo tecnico (assettoorganizzativo, sistemi informativi, sistemi operativi di gestione delpersonale). In questo caso la leva tecnica, accompagnata da una buonacapacità di gestione dei processi relazionali consente tra l’altroall’amministrazione di innescare efficaci strumenti di cambiamento esviluppo organizzativo;

b) nei Comuni di medio-grandi dimensioni (attorno ai 1.000 dipendenti) lagestione del personale tende ad orientarsi maggiormente in otticastrategica; in questo senso assetti organizzativi, strumentazioni epolitiche sono fortemente orientate in termini strumentali alla strategiadell’ente (ammesso che questa sia sufficientemente identificata);

c) nei Comuni di dimensioni grandi infine, la complessità organizzativa epolitica tende a fare rinunciare i soggetti decisori dall’intento diperseguire qualsiasi logica gestione di tipo sequenziale quale quellastrategia/struttura/gestione risorse e si tende ad avere una idea piùdinamica e flessibile della gestione delle risorse umane, quasi di tipocostitutivo, nel senso che sono le risorse umane che contribuiscono acostituire parte delle strategie emergenti all’internodell’amministrazione. In questo contesto l’idea di gestione del personaleè orientata al cambiamento ed allo sviluppo organizzativo, ma questisono intesi come elementi di coesione all’interno dell’ente, daperseguirsi con lo sviluppo delle conoscenze e competenze dei singolisoggetti che lavorano nell’ente con particolari ruoli.

La spiegazione di questo fenomeno è tutto sommato semplice.Per quanto concerne gli enti di maggiore dimensione la loro elevata complessitàrende il sistema più decentrato e le competenze manageriali più necessarie enormalmente più sviluppate, secondo la vecchia logica che la funzione sviluppal’organo. In questo contesto l’orientamento strategico di tipo costitutivo piuttostoche strumentale del HRM è da riferirsi non tanto alla mancanza di strategie chepure possono essere chiare ed esplicitate (come nei casi da noi analizzati) quantopiuttosto in relazione al fatto che le dimensioni elevate dell’ente rendono ilprocesso comunicativo molto complesso, rendendo necessario lavorare, più chesul rapporto diretto strategia/scelte di gestione del personale, sullo sviluppo diorientamenti e competenze coerenti con lo sviluppo strategico complessivo

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dell’ente e quindi sulle competenze dei soggetti. Con un orientamento prioritarioallo sviluppo del personale si riesce in sostanza ad agire con maggiore efficacianei processi di riorientamento strategico e/o di cambiamento, fermo restando chetale idea non distoglie comunque l’attenzione al perseguimento di strategie, allagestione del consenso ed a una corretta amministrazione.Negli enti di medie dimensioni il governo centralizzato delle politiche è piùsemplice da adottare e le politiche del personale generalmente più semplici eveloci da implementare, anche perché si dispone generalmente di buonecompetenze manageriali sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Inquesto contesto le amministrazioni possono vedere con chiarezza la relazionetra strategie dell’amministrazione e scelte in termini di politiche del personale.Enti di dimensioni medio-piccole, con circa 200/300 dipendenti, nell’ambito delquale il controllo del sistema organizzativo è generalmente più semplice ma lecompetenze meno diffuse, l’attività di gestione del personale, almeno nei casida noi esaminati, si pone in relazione con altre funzioni di staff, sistemiinformativi, sistemi di controllo interno. In questo contesto l’dea di gestione delpersonale tende anch’essa ad orientarsi verso lo sviluppo e il cambiamentoorganizzativo ma con logiche diverse rispetto a quelle attuate nei Comuni digrandi dimensioni, vale a dire privilegiando gli elementi “hard”dell’organizzazione quali specifici processi di gestione del personale, sistemiinformativi, sistemi di controllo, piuttosto che quelli “soft”, derivanti dallosviluppo di competenze professionali e manageriali e sul clima organizzativo. Negli enti di piccole o piccolissime dimensioni è evidente che gran parte delmodello di governo del personale si gioca a livello relazionale ed è basato sullecapacità di leadership dei soggetti di vertice.

La terza osservazione generale che si può fare in termini di modelli digovernance delle risorse umane è la constatazione che i processi di gestione delpersonale sono un elemento centrale di connessione tra le diverse variabili ingioco. In altri termini la correttezza tecnica delle strumentazioni gestionali èfondamentale per l’efficace governo della risorsa umana.Il vero problema è che spesso gli uffici del personale hanno un orientamentotroppo squilibrato nelle relazioni adottate con i clienti interni. Questo problemasi inserisce nel dibattito classico del rapporto tra strutture di linea e strutture distaff da noi precedentemente analizzato nei suoi tratti essenziali.In pratica avviene che in alcuni casi gli staff del personale tendono ad avere unapproccio fortemente tecnocratico e specialistico. Concentrano i loro sforzi sulle

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correttezza tecnica dei servizi da loro resi, danno prodotti finiti (un contrattointegrativo, un sistema di valutazione, un piano formativo, un piano deifabbisogni, …) rispetto ai quali il management di linea (che ricordiamo sonocoloro che subiscono o applicano tali sistemi) si sente sostanzialmente estraneoquando va bene, vittima, più spesso. È evidente che un buono strumento spiegatomale a chi lo deve applicare darà probabilmente risultati disastrosi. In altri casi gli staff del personale adottano logiche sostanzialmente “politiche”,vale a dire basate essenzialmente sulle relazioni e sui processi negoziali e diinfluenza che si possono sviluppare nel contesto organizzativo, ponendo massimaattenzione alla gestione del consenso interno. In questo caso capita spesso chetale forte orientamento alle relazioni con il management di linea porta ad unaforte sottovalutazione del supporto e del rinforzo che buone strumentazionitecniche di gestione del personale (un buon sistema di valutazione, un contrattogiuridicamente corretto, ecc.) possono dare nella gestione dei processi negozialie del consenso. Anche questo comportamento, che tende a delegittimare i processi tecnici digestione del personale, produce un sostanziale disinvestimento sullestrumentazioni stesse.Quando le strumentazioni di gestione del personale nel settore pubblico (ma nonsolo) si rivelano inefficaci si generano tensioni emotive e costi organizzativi disolito piuttosto elevati. In questo contesto si tende non tanto a valutare lemotivazioni profonde del fallimento, quanto a rinunciare allo strumento stessovissuto come dannoso e non migliorabile. Si generano in sostanza posizioniradicali. Per esempio, un sistema di valutazione gestito male, genera tensioniemotive e costi organizzativi tale da fare ritenere molti che i sistemi divalutazione dei meriti siano sostanzialmente impossibili da attuare nelleamministrazioni pubbliche.In pratica quindi in questo modo si dimostra, per l’ennesima volta, come quandosi parla di gestione del personale si sviluppano teorie autoverificantesi, in quantose uno crede che le strumentazioni non funzionino, sicuramente nonfunzioneranno.In realtà in molti casi i problemi nello sviluppo tecnico dei diversi strumenti digestione è da ascriversi alle dinamiche di tipo relazionale e manageriale, le cuicompetenze necessarie per affrontarle in modo adeguato non sono ancora moltosviluppate nel contesto degli enti locali.

L’ultima osservazione che appare evidente nei modelli di governo delle risorse

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umane nelle pubbliche amministrazioni locali è l’orientamento temporale: questoè in genere orientato al breve periodo ed alle problematiche quotidiane.Le ragioni di questo orientamento al breve periodo sono molteplici ed hannosia natura istituzionale che culturale. Dal punto di vista istituzionale per esempioinfluiscono molto i tempi brevi della politica che associati ai tempi lunghi dellagestione del consenso e della formalizzazione degli atti, spesso rubano preziosotempo allo sviluppo operativo dei sistemi di gestione. Dal punto di vista culturalevi è invece la tendenza a privilegiare la soluzione dei problemi immediati e asottovalutare i processi relazionali e di sviluppo. L’orientamento al breve periodo, se da un lato è positivo in quanto pragmaticoed operativo, dall’altro ha implicazioni negative di non poca portata in quantotende a sottovalutare l’importanza fondamentale della gestione dei processi dicambiamento organizzativo che, soprattutto se attuati senza modifiche diorganico, hanno tempi lunghi che non consentono soluzioni di continuità.

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1.8. Bibliografia

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2. BECKER, B., HUSELID, M.A., ULRICH, D., 2001. The HR Scorecard.Linking People, Strategy, and Performance. Boston: Harvard BusinessSchool Press.

3. COSTA, G., DE MARTINO, S., 1985. Management pubblico.Organizzazione e personale nella pubblica amministrazione. Milano:Etas libri.

4. COSTA, G., 1997. Economia e direzione delle risorse umane. Torino:Utet.

5. COSTA, G., GIANECCHINI, M., 2005. Risorse Umane. Persone,relazioni e valore. Milano: McGraw-Hill.

6. REBORA, G., 2001. Manuale di organizzazione aziendale. Roma:Carocci.

7. REBORA, G., (a cura di) 2005. Pianificazione, budget e risorse umane.Strumenti per l’economicità della gestione del personale. Milano:Franco Angeli.

8. REBORA, G., RUFFINI, R., 2001. La gestione del personale negli entilocali. Milano: Il Sole 24 Ore.

9. RUFFINI, R., 2004. Fondamenti di economia delle aziende e delleamministrazioni pubbliche. Roma: Eti De Agostini Professionale.

10. ULRICH, D., 1997. Human Resource Champions. Boston: HarvardBusiness School Press.

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Note

1 Si veda: RUFFINI, R., 2006. Un modello di analisi dei modelli di direzione delpersonale per le Province e i Comuni del Mezzogiorno. In: VENEZIANO, V., eUSAI, A.P., a cura di, 2006. Modelli di gestione delle risorse umane. Casi di studionazionali ed europei [CD-ROM]. Cagliari: Dipartimento della Funzione Pubblica eFormez. Disponibile anche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/indagine/modello_analisi.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].

2 GIOVANNETTI, R., a cura di, 2006. Caso di studio: Comune di Crema. In: Modellidi gestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei, op. cit.Disponibile anche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/comune_crema.pdf> [Datadi accesso: 15/11/2006].GIOVANNETTI, R., a cura di, 2006. Caso di studio: Comune di Faenza. In: Modellidi gestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei, op. cit.Disponibile anche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/comune_faenza.pdf> [Datadi accesso: 15/11/2006].

3 RUFFINI, R., a cura di, 2006. Caso di studio: Comune di Reggio Emilia. In: Modellidi gestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei, op. cit.Disponibile anche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/comune_reggio_emilia.pdf>[Data di accesso: 15/11/2006].

4 RUFFINI, R., a cura di, 2006. Caso di studio: Comune di Genova. In: Modelli digestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei, op. cit. Disponibileanche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/comune_genova.pdf>[Data di accesso: 15/11/2006].

5 RUFFINI, R., a cura di, 2006. Caso di studio: Botkyrka Kommun (Comune diBotkyrka). In: Modelli di gestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali edeuropei, op. cit. Disponibile anche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/botkyrka_kommun.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].

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6 Tale mappatura è ripresa da REBORA, G., e RUFFINI, R., 2001. La gestione delpersonale negli enti locali. Politiche, metodi e sistemi operativi. Milano: Il Sole 24Ore.

7 TURRI, M., a cura di, 2006. Caso di studio: Bristol City Council (Comune diBristol). In: Modelli di gestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali edeuropei, op. cit. Disponibile anche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/bristol_city_council.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].

8 LEONE, P., a cura di, 2006. Caso di studio: Comune di Cosenza. In: Modelli digestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei, op. cit. Disponibileanche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/comune_cosenza.pdf>[Data di accesso: 15/11/2006].

9 LEONE, P., a cura di, 2006. Caso di studio: Provincia di Crotone. In: Modelli digestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei, op. cit. Disponibileanche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/provincia_crotone.pdf>[Data di accesso: 15/11/2006].

10 LEONE, P., a cura di, 2006. Caso di studio: Comune di Olbia. In: Modelli di gestionedelle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei, op. cit. Disponibile ancheonline su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/comune_olbia.pdf>[Data di accesso: 15/11/2006].

11 Tale modello, con riferimento specifico al personale è stato poi sviluppato da G.Rebora, 2005.

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Il governo del personale negli Enti

locali del Mezzogiorno d’Italia

di Bruno Angelini, Margherita Burgarella, Felice Paolo Arcuri(a cura di Margherita Burgarella)

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2.1. Introduzionedi Bruno Angelini

Il capitolo intende fornire strumenti interpretativi dello stato di gestione delpersonale delle Province e dei Comuni del Mezzogiorno d’Italia, proponendoun’agenda di lavoro per il dopo “Governance delle risorse umane – Modelliinnovativi”.

Il seguente paragrafo propone un quadro di sintesi tratto da un’indagine applicatadi ampio spettro effettuata nel 2006 dal Formez con la collaborazione tecnicadella società di ricerca e consulenza Metodia. Dal ritorno informativodell’indagine sono originate alcune delle scelte d’indirizzo per successiviapprofondimenti da un lato e per la finalizzazione delle attività di assistenzatecnica dall’altro: i “Laboratori regionali di benchmark” e la “Sperimentazionedei modelli”.

Le indagini di approfondimento effettuate durante un anno di studio di casi sonoconfluite in un Repertorio di modelli di gestione delle risorse umane nelleAmministrazioni italiane ed europee1. Il Repertorio, pubblicato su CD-ROM e

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Il governo del personale negli Enti locali del Mezzogiorno 2

Il governo del personale negli Enti localidel Mezzogiorno d’Italia

di Bruno Angelini, Margherita Burgarella, Felice Paolo Arcuri

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sul web e presentato nell’ambito del Forum europeo delle Direzioni delpersonale – Modelli di Direzione e politiche di gestione delle risorse umanenella Pubblica amministrazione europea del giugno scorso2, propone 45 casi didirezione del personale che l’Università Carlo Cattaneo - LIUC e la società diricerca, consulenza e comunicazione S3 Opus di Roma hanno osservato per 37Province e Comuni italiani e 8 Amministrazioni del Regno Unito, Svezia, PaesiBassi e Spagna3. Le analisi di caso, effettuate per la prima volta a 360° rispettoa tutti gli istituti e strumenti di gestione che assieme costituiscono un sistemadi direzione del personale, rappresentano un prezioso bacino informativo che ilDipartimento della Funzione Pubblica e il Formez hanno ritenuto di restituireagli Enti in tempi brevi e in diverse forme: attraverso gli incontri di lavoroterritoriali4, il citato Forum europeo delle Direzioni del personale – Modelli diDirezione e politiche di gestione delle risorse umane nella Pubblicaamministrazione europea, i “Laboratori regionali di benchmark”, nonchépubblicazioni sul web5 e cartacee come questo stesso volume.

Dall’osservazione diretta sul campo del come alcune scelte gestionali vengonotradotte in metodologie discendono informazioni di contesto che contribuisconoa ricomporre il quadro conoscitivo tracciato a grandi linee con l’indagine diampio spettro.

Le variabili che concorrono a definire il quadro sono molte e la tentazione diricorrere a super modelli per catalogare i modelli rilevati sul campo è forte. Manon è questo il punto. Il terzo e il quarto paragrafo affrontano, piuttosto, lostesso tema, trattando per certi versi le due facce di una stessa medaglia:rispettivamente, come si colloca la gestione del personale nel disegno strategicodi governo delle città, e in quale misura le politiche di gestione del personaledialogano con la componente politica. Temi rilevanti, che in così poche paginenon possono che essere argomentati nell’ottica del dibattito. Affinché, d’altronde,il dibattito non rimanga un puro esercizio intellettuale, le conclusioni del capitolotentano di restituire al lettore un quadro quanto più nitido possibile sui risvoltidi alcuni status quo in chiave di agenda futura per il Mezzogiorno d’Italia. Ilmessaggio di questi contributi è naturalmente indirizzato ai Direttori delpersonale ma necessariamente anche ai Governatori locali e, in forma diversa,alle Istituzioni che giostrano la riforma amministrativa.

Il quinto e il sesto paragrafo sono anch’essi rivolti a questo triplice destinatario,

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ma il baricentro è più spostato verso il primo: l’approfondimento riguarda duestrumenti gestionali che spesso mancano di uno sfondo politico e che quindirisultano nella realtà delle Amministrazioni del Mezzogiorno d’Italia, ma forsenon solo qui, come dimenticate. Si tratta della formazione e dei sistemi direclutamento e selezione del personale, dei quali si intendono sottolineare,rispettivamente, il potenziale e la valenza per le politiche di gestione degliorganici, punto nodale sul quale convergono molti degli sforzi degli ultimi anni.

2.2. La fotografia scattata da una recente indagineconoscitiva6

di Margherita Burgarella

L’orientamento prevalente delle politiche di gestione del personale delleAmministrazioni del Mezzogiorno d’Italia è, in circa la metà dei casi analizzati,amministrare il lavoro pubblico, mentre i versanti sui quali si concentra piùrecentemente l’attenzione degli Enti sono quelli dell’informatizzazione e dellosviluppo della comunicazione. E’ quanto emerge, in estrema sintesi, dall’indagineconoscitiva che il Formez ha effettuato nel corso del 2006 per fotografare lecaratteristiche di funzionamento degli Uffici del personale delle Amministrazionipubbliche target del progetto Governance delle risorse umane – Modelliinnovativi.

Dall’indagine emerge uno spaccato della realtà che, confermando antichiproblemi, dovrebbe indurre le Istituzioni, nel parere di chi scrive, ad unripensamento delle politiche di sostegno finora condotte per l’ammodernamentodel sistema di funzionamento pubblico.

I dati rilevati indicano che i Comuni di medie e grandi dimensioni e le Provincehanno tendenzialmente caratteri di completezza e integrazione dei sistemi digestione del personale migliori di quelli rintracciabili nelle Amministrazioniminori. Ma su questo aspetto si torna successivamente. In termini più generali,processi chiave, quali la formazione e la definizione delle politiche del personale,risultano essere ancora scarsamente sviluppati e diffusi, lasciando spazio aprocessi gestionali di tipo prettamente amministrativo7. Le motivazioni per lequali la gestione della formazione del personale si conferma come un processoinvisibile sono ovviamente diverse tra loro e sono circostanziate dalle analisi inprofondità effettuate per studio di caso. Una delle motivazioni è la carenza degli

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investimenti, nonostante la diffusa proclamazione della centralità della crescitadel fattore umano da parte di dirigenti e politici e l’emanazione di numerosiprovvedimenti normativi di indirizzo per la gestione che associano la formazioneai percorsi di carriera e alle più complesse politiche di direzione del personale.Alcuni provvedimenti indicano univocamente le quote minimali di risorseeconomiche da destinare alla formazione e disegnano il ciclo manageriale conil quale esse devono essere gestite8. Le prassi in atto, però, indicano che questeprescrizioni sono spesso disattese: le risorse destinate vengono impiegate concreatività e la formazione è gestita in modo estemporaneo, denotando una certadifficoltà da parte degli Enti a resistere a mode e richiami del mercato dellaformazione. L’analisi dei fabbisogni formativi e la valutazione della formazionesono processi che richiedono investimenti ulteriori, sebbene di piccola entità,rispetto a quelli relativi alla realizzazione dei Piani formativi, che già di per sésono spesso sotto-capitalizzati. Il modo di fare formazione, per di più, è piuttostotradizionale e questo spiega, a parere di chi scrive, perché spesso le aule sisvuotino dopo le prime sessioni formative oppure perché l’impatto sui processidi lavoro sia così impercettibile, quand’anche le metodologie di misurazionefossero evolute. Qualche Amministrazione naturalmente, così come esemplificatopiù avanti nel paragrafo 2.5, si discosta da questa traiettoria, sperimentandomodalità diverse, seppure non innovative, di gestire le risorse per la formazionedel proprio personale.

In linea teorica le statistiche sul grado di sviluppo dei diversi processi costitutividi un tipico sistema di gestione delle risorse umane assumono valori direttamenteproporzionali al grado di integrazione del sistema, parametro che misura percerti versi la visione d’insieme delle politiche del personale. Significativo, inconcreto, è che dall’indagine effettuata risulti che il processo di definizione dellepolitiche del personale non sia ancora stato attivato da cinque amministrazionisu dieci e che praticamente lo stesso dato riguardi la pianificazione delpersonale, la valutazione e gestione delle carriere, e la già citata gestione dellaformazione del personale. Al contrario, altri processi come quelli relativi allacontrattazione e gestione delle relazioni sindacali e alla gestione ordinaria delleretribuzioni e del trattamento previdenziale del personale risultano invece attivinella totalità degli Enti9. Emerge, in breve, un sistema dicotomico. Da un latoc’è un approccio gestionale tendenzialmente sistemico, che, come già accennato,si rintraccia più facilmente in Amministrazioni di medie e grandi dimensioni,che hanno uno stile di tipo direzionale: che hanno attivato un maggiore numero

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di processi e dimostrano di saper presidiare l’interconnessione tra più istituti digestione come indizio di consapevolezza della circolarità dei sistemi direzionali.Dall’altro lato, estremizzando, c’è un approccio gestionale tendenzialmenteamministrativo, più diffuso del primo: gli Enti si dimostrano attrezzati per gestirecon agevolezza soprattutto i processi tradizionali, oggetto più frequentemente edettagliatamente di provvedimenti di regolamentazione da parte del legislatore.Quest’ultimo approccio identifica le cosiddette Amministrazioni con risorseumane senza gestione10, nel senso che le funzioni di indirizzo che introduconoun orientamento alla gestione del lavoro pubblico sono disattivate e fanno quasiappiattire il ruolo del Direttore del personale a quello del contabile di ieri, cheelaborava i cedolini paga, idea talvolta radicata nell’immaginario del vertice, siapolitico che amministrativo. Come già affermato, questa è una stereotipizzazione,utile solo per rappresentare efficacemente una realtà empirica riscontrabileosservando le prassi in atto in più di qualche Amministrazione pubblica. Siamoconsapevoli che la realtà è ben più complessa, ma questo non può impedire diricorrere a semplificazioni per rappresentarla, a meno di non voler rinunciare acapire. L’errore non è nello schematizzare la realtà quanto piuttosto nel ritenereche la realtà sia semplice così come è stata schematizzata.

Tornando ai dati analizzati, tre Amministrazioni su quattro dichiarano di nonavere alcun strumento di direzione in qualche modo assimilabile ad un Pianostrategico del personale e questo denota che gli Uffici del personale sono essistessi per primi carenti di una propria strategia. Questa considerazione non èveritiera in termini assoluti, perché non è detto che l’assenza di un Pianoformalizzato significhi necessariamente vacanza di strategie, e viceversa. È peròvera in termini relativi, nel momento in cui si constata che la metà degli Entiriconosce di non gestire processi integrati sistemitici. Le informazioni cheemergono dall’indagine sembrerebbero quindi sufficientemente coerenti tra loroda restituire un quadro conoscitivo abbastanza vicino alla realtà empirica.

La dis-integrazione tra processi è chiaramente identificata: nella metà dei casiosservati, ad esempio, non c’è nesso tra valutazione e retribuzione del personale.In altre parole, mancano i percorsi di carriera. Ci sono sistemi di gestione cherisultano avere attivato i diversi processi gestionali, talvolta ricorrendo ametodologie anche piuttosto sofisticate, che però non sono interconnesse tra loro,nemmeno nei termini minimi come nell’esempio riportato, dove la valutazionedella prestazione lavorativa non determina la retribuzione accessoria. È singolare

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che, in organizzazioni nelle quali il lavoro delle persone è ancora il principalefattore produttivo, non si rintraccino, nella metà dei casi, correlazioni significativetra i sistemi retributivi e la gestione del bilancio. Come dire: non c’è controllodella gestione (dei costi). Sembra confermato che gli investimenti nel fattoreumano siano orientati più dalle disponibilità contingenti, di risorse e di volontà,che dalle politiche di governo. Se così non fosse, d’altronde, non si assisterebberoa rinnovi contrattuali che vedono l’assenza ai Tavoli negoziali dei Direttori delpersonale e che accordano aumenti contrattuali che incidono sulla dilatazione dellaspesa, innescando effetti domino che erodono la spesa in servizi diretti al pubblicoo che fanno contravvenire ai vincoli del Patto di stabilità interno. Tutto ciò senzaingenerare incentivi al lavoro. Pensare di orientare il lavoro pubblico agli indirizzipolitici, quand’anche questi fossero chiari e coerenti nel tempo, attraverso meriincrementi retributivi in una stagione di progressiva erosione delle disponibilitàfinanziarie significa cercare, invano, delle scorciatoie.

Dall’analisi risulta anche che l’attitudine alla comunicazione non burocratica cone tra il personale è da migliorarsi, così come i sistemi informativi sono pocosviluppati e che molto raramente processi e basamenti informativi confluisconoin sistemi informatizzati11. Attenzione, però, perché non si parla didigitalizzazione, tanto cara all’attuale dibattito per slogan che promuovel’iniezione del progresso tecnologico nelle Amministrazioni pubbliche. Si parladi semplice informatizzazione, classicamente intesa come gestione elettronicadel dato e dei flussi di dati; qualcosa che somiglia all’innovazione di RayTomlinson, che nel 1971 inviava il primo messaggio di posta elettronica di provatra due computer. Come parlare di digitalizzazione quando deve ancora esserecompletata l’alfabetizzazione informatica?12

Altri fattori completano il quadro. I processi sui quali gli Uffici del personaledichiarano di concentrare maggiormente le proprie energie sono quelli tipicamentedell’area amministrativa, inclusi quelli della disciplina del lavoro e delcontenzioso del lavoro pubblico, denotando una certa attenzione al rispetto delsistema delle regole. Mantenere alta la soglia di attenzione sul sistema delle regoleè d’altronde una necessità quando il livello di conflittualità è potenzialmentealimentato dal malessere organizzativo. Il contenzioso del lavoro è un temarilevante, nel pubblico come nel privato. Non dimentichiamo che le statistichediffuse dall’ISTAT sulle controversie giudiziarie per lavoro e riconoscimento ditrattamenti in materia retributiva indicano che un ricorso su tre viene rigettato

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dal giudice per insussistenza di merito e che le sentenze dei due ricorsi su treche sussistono nel merito arrivano, in media, a risoluzione a circa due anni emezzo dal ricorso13 (29 mesi, 900 giorni). Se si alza lo sguardo e si guarda oltreconfine alle statistiche internazionali diffuse dal Cepej (Commission européennepour l’efficacité de la justice)14, si constata che per la conclusione di una causadi licenziamento ci vogliono circa quattro anni (48 mesi, 1.500 giorni). In Franciai tempi scendono a poco più due anni e quattro mesi (28 mesi, 890 giorni), mentrein Spagna si arriva a meno di un anno (9,5 mesi, 300 giorni).

Le procedure in materia fiscale e contributiva del personale, sembrano avereassunto un peso talmente rilevante da determinare compliance cost, costiderivanti da complicazione degli adempimenti amministrativi, che gravano sulcarico di lavoro degli stessi Uffici del personale. Paradossalmente, l’onere daregolazione, che storicamente incide sul sistema produttivo15 (inibendone lacompetitività internazionale) colpisce anche lo stesso sistema pubblico. Comedire: la burocrazia vittima della burocrazia. Se la crisi delle idee non èprerogativa esclusivamente del settore pubblico, perché attanaglia anchel’imprenditorialità, il peso della burocrazia non è trattamento esclusivamenteriservato al settore privato, e la circostanza appena richiamata lo testimonia.

Ci si domanda come si possa chiedere ad un Direttore del personale, che nondispone di risorse sufficienti per l’aggiornamento continuo dei propricollaboratori, di presidiare correttamente l’area della gestione giuridicoamministrativa del personale senza incorrere in alti rischi di contenzioso. Nonci si scandalizzi del fatto che gli Uffici del personale di alcune Amministrazionidel Mezzogiorno d’Italia non dispongono di risorse, strumentali e finanziarie,sufficienti per ottimizzare la gestione di processi che dovrebbero oramai esserefortemente proceduralizzati. Le implicazioni? Le energie di questi Uffici sonomalamente direzionate e complessivamente insufficienti per concentrarsi sullosviluppo delle proprie competenze di direzione, figuriamoci sullo sviluppo dellecompetenze del resto del personale. Non si capisce, per fare un altro esempio,come si possa continuare a chiedere a personale in servizio da decenni e chenon beneficia di alcun tipo di intervento formativo, nemmeno perl’aggiornamento professionale o per l’addestramento alle nuove funzioni, diconvertire il proprio modo di lavorare in virtù di presunti valori che ispirano ilnuovo agire pubblico, valori che per gran parte del personale esecutivo e non,in difetto di aggiornamento, sono solitamente ignoti.

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In definitiva, è come se si stesse alimentando un effetto boomerang, che schiacciandogli Uffici del personale su funzioni amministrative (per vincolo o per scelta)contribuisce a perpetrare, nell’immaginario del politico locale, l’assimilazione dellagestione del personale ad un’attività poco più che contabile e che, come tale, nonlo riguarda come dovrebbe. Le condizioni ambientali che agiscono negativamentesu fenomeni come questi sono ovviamente molteplici, valutabili di caso in caso. Lacomunicazione tra management e politica si traduce e riduce in procedimenti, conprocessi che si dis-integrano e relazioni umane improntate al mal-essere. L’incidenzadel fattore status è innegabile e sebbene possa appartenere, a parere di molti, allaretorica, costituisce un problema autentico. Lo è perché talvolta il management,talvolta la politica, talvolta entrambe, danno segnali intermittenti. Per agire positivamente sull’integrazione dei sistemi occorre evidentemente agiresu due versanti paralleli. Uno è intervenire sulla standardizzazione dei processi:semplificare quelli amministrativi e consolidare quelli direzionali. L’altro versanteè ristabilire la strumentalità dei sistemi informatici ai processi gestionali.Alleggerire il carico amministrativo, attraverso la semplificazione el’informatizzazione significa, nel medio periodo, liberare intelligenze utili perinnescare nuove dinamiche che avvicinano il dirigente al politico. È per esempioutile iniziare a pensare di esternalizzare funzioni amministrative a basso pregio ead alto costo. All’esternalizzazione si può anche preferire la gestione associata,un’altra modalità per polarizzare risorse scarse potenziandone il ritorno diinvestimento. Si possono creare, in concreto, delle sorte di Centri unificati per lafornitura di servizi contabili al personale (e non solo) che operano a livelloprovinciale o regionale. Ad oggi risulta che solo una Amministrazione su dieciricorre ai Ced (Centri elaborazione dati). Le Amministrazioni di maggioridimensioni e appartenenti ai livelli di governo superiore possono attivarsi, in virtùdella coesione interistituzionale, per contribuire a creare delle economie di scala.

È infine fondamentale accettare il fatto che non sempre la componente politicaè spontaneamente un buon committente per l’Ufficio del personale. Perché illavoro pubblico non continui ad essere un affare che riguarda solo l’ufficiodedicato forse non sarebbe male, ogni tanto, portare in aula anche gliamministratori locali. Con questa affermazione si intende riconoscere valore alleiniziative di sostegno istituzionale che negli ultimi tempi si rivolgono almanagement e alla politica, cercando legittimazione per l’introduzione di nuovistili gestionali, ai Direttori del personale e ai loro colleghi, cercando condivisioneper l’integrazione tra politiche gestionali.

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Il problema del legame tra politica e amministrazione non è solo italiano. Latestimonianza portata dai colleghi degli altri Paesi europei che hanno partecipatoal Forum europeo delle Direzioni del personale svoltosi a Chia Laguna nel mesedi giugno 2006 ne è la prova16. Per concludere sfatando altri miti: il recupero di efficienza non è un problemasolo del settore pubblico, delle Amministrazioni pubbliche. Lo è anche per ilsettore privato, per le imprese, che sono alla ricerca di nuova creatività per ilrilancio della competitività internazionale. Che il problema sia di sistema?

2.3 I legami tra il governo delle strategie e i sistemi didirezione del personaledi Felice Paolo Arcuri

Uno dei tratti che hanno storicamente caratterizzato la Pubblica amministrazioneitaliana risiede nell’assoluta autoreferenzialità e nella corrispettiva quasi totaleassenza di una cultura del servizio. Da qui discendevano la rigidità del modelloorganizzativo indifferente alle specifiche esigenze del contesto di riferimento,l’organizzazione del lavoro per adempimenti e regolato dal ritualismoburocratico, lo scollamento dei tempi della vita reale da quelli degli iterburocratici e, in definitiva, la sostanziale estraneità dell’amministrazione dalleproblematiche del territorio e la distanza tra Amministrazioni e cittadini.

A quindici anni dall’avvio del processo di riforma il quadro non è cambiatocome si poteva sperare, ma non mancano neppure segnali positivi: sempre piùnumerose sono, infatti, le Amministrazioni che cercano di intercettare edinterpretare le esigenze dei cittadini e di offrire servizi utili al lorosoddisfacimento; crescente è l’attenzione verso i processi di comunicazione everso i meccanismi di coinvolgimento sia interistituzionale che degli utenti.In sostanza, possiamo dire che se la cultura del servizio sembra farsi stradafaticosamente, in ogni caso, anche quando mancano politiche chiare e coerenti,si riscontra una maggiore attenzione e una diversa sensibilità per lo meno nellemodalità di comunicazione. In generale, sulla base dei casi analizzati,possiamo affermare che il livello di autoreferenzialità si sia comunquesignificativamente ridotto, anche se le differenze tra Amministrazioni sononotevoli. Tali differenze però forse non tagliano l’Italia in due come ci sipoteva aspettare, essendo le buone pratiche presenti tanto al Centro-Nordquanto nel Mezzogiorno del Paese.

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L’attenzione ai rapporti con i cittadini e il miglioramento della qualità dei servizivengono in questi casi considerati obiettivi da perseguire costantemente ecostituiscono elemento di valutazione sia dei dirigenti che del personale. Idipendenti vengono invitati al rispetto degli standard di qualità e di quantità fissatidalle apposite carte dei servizi, a tenere conto delle esigenze specifiche e peculiaridi ogni singolo utente, non sempre assimilabili genericamente a quelle di altriutenti, e ad assumere la soddisfazione dell’utente medesimo come misurafondamentale della qualità del servizio prestato. Alcune Amministrazioni accertanoormai con una certa regolarità la soddisfazione della cittadinanza sui serviziricevuti attraverso sondaggi d’opinione e tramite le associazioni di consumatori.

Gli URP (Uffici per le relazioni con il pubblico) e tutte le altre iniziative dicomunicazione si vanno sempre più allontanando dalla tradizionale immagine diuno spazio fisico formale di contatto con la burocrazia pubblica per costituire,invece, un luogo dove poter acquisire direttamente servizi dall’Ente, informazionisui servizi messi a disposizione dagli altri Enti ed associazioni che operano sulterritorio comunale e provinciale, mettere le idee in comune con la volontà dimigliorare le città. In alcuni casi questa attenzione si traduce in piani dicomunicazione assai articolati che prevedono, oltre alla Carta dei servizi e all’URP,una miriade di altri servizi, quali: postazioni internet a disposizione dei cittadinipresso l’URP; servizi informativi relativi ad altre Amministrazioni, quali ASL(Aziende sanitarie locali), INPS (Istituto nazionale per la previdenza sociale) eRegione; lo Sportello per cittadini residenti all’estero; il servizio di informazionisms direttamente gestito dal personale dell’URP, localizzazione, nei punti centralidei quartieri delle città, di pannelli luminosi a messaggio variabile che in temporeale illustrano ai passanti le notizie attive sulla vita cittadina. In alcuni casi èinoltre possibile interagire per via telematica direttamente con il Sindaco17.

Altra modalità sempre più diffusa per poter facilitare il contatto traAmministrazioni locali e cittadini è naturalmente il sito internet che risulta ormaiun collaudato mezzo di comunicazione e servizio, con un continuo incrementoquantitativo e qualitativo delle notizie e servizi forniti all’utenza. Bisogna dire chenella generalità dei casi i siti web sono ancora semplici vetrine non aggiornate,buone quindi al massimo come memoria storica e non certo per fornire servizi.In alcuni casi, però, il livello è sufficientemente evoluto e il sito rappresenta unasofisticata ed efficace versione online dell’URP da cui è possibile non soloscaricare informazioni e moduli ma anche ricevere servizi a distanza.

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Si va progressivamente affermando, infatti, una visione complessivadell’importanza della tecnologia nei processi amministrativi, considerata unmezzo per raggiungere risultati migliori attraverso l’ottimizzazione di proceduree del lavoro degli incaricati, variazioni di organizzazione interna econsapevolezza della cultura politica rispetto al cambiamento per rendere aicittadini servizi migliori e più rapidi. L’opzione tecnologica, in questi casi, nonsolo risponde alle esigenze di ammodernamento della Pubblica amministrazionema favorisce la diffusione di una nuova cultura lavorativa al suo interno.

Di particolare importanza in questo ambito è il progetto e-governmentcomunimolisani, avviato con l’obiettivo di raccordare, in un unico ambitoprogettuale, le varie iniziative innovative che i Comuni molisani hanno realizzatonegli ultimi anni, relativamente ai servizi per cittadini e imprese per innalzarein modo diffuso e coerente il livello dei servizi offerti, attraverso un utilizzoaccorto delle tecnologie dell’informazione e della telecomunicazione. Il progettoha riscosso già dalla sua prima presentazione avvenuta nel giugno 2002, ungrande successo, ricevendo l’adesione della grande maggioranza dei Comunimolisani che rappresentano oltre l’84% della popolazione molisana.

L’informatizzazione dei servizi e la creazione di una struttura associativa sonosembrate le modalità organizzative più adatte per rispondere, in modo efficace,oltre che efficiente, alle criticità e alle problematiche che caratterizzano ilterritorio molisano. Questa scelta, infatti, permette ai numerosi, ma mediamentepiccoli, Comuni molisani, di accedere ai benefici che derivano dall’utilizzo delleinnovazioni legate allo sviluppo dell’e-government. Queste innovazioni spessorichiedono investimenti difficilmente sostenibili da singoli Enti e, al tempostesso, di costituire un luogo di accumulazione e sviluppo di competenze suitemi dell’e-government attualmente frazionate tra diverse Amministrazioni; disfruttare significative economie di scala; di favorire processi di relazione,comunicazione e collaborazione tra gli Enti associati e di sviluppare, all’internodegli stessi, una cultura informatica.

Nel nuovo Sistema unificato di servizi per cittadini e imprese dei Comunimolisani è operativo un front-office che ha la finalità di consentire a cittadini,professionisti e imprese di fruire, in modo diversificato (internet, telefono,sportelli comunali, reti terze come i tabaccai, piazze telematiche, ecc.) di serviziinformativi, interattivi e transattivi ad accesso multi-canale erogati sia dai singoli

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Comuni, sia da più Comuni in modo integrato, sia da altri Enti pubblici e daprivati. I servizi on-line oggi offerti a cittadini con modalità condivisa a livellointercomunale variano dalla visura di atti, bandi e concorsi, alla disponibilità dimoduli di autocertificazione precompilati, alla possibilità di effettuare il cambiodi residenza e/o domicilio, di visualizzare la propria posizione tributaria o dieffettuare il pagamento dell’ICI, di bollette e tasse (tassa rifiuti solidi urbani,acqua, contravvenzioni, passo carrabile, ecc.), alle informazioni scolastiche esui servizi di mensa e trasporti, alla consulenza all’orientamento universitario,all’iscrizione e al pagamento delle tasse universitarie, alla richiesta di stage eborse di studio, alla fruizione di lezioni e-learning per studenti universitari, allaconsultazione dei piani di offerta formativa, all’incontro domanda-offerta dilavoro o, ancora, a partecipare a forum di discussione e interagire con l’Enteper inviare consigli o reclami. Per le imprese è stata prevista l’attivazione delloSportello unico informatizzato nella modalità condivisa a livello intercomunale,con il preciso intento di fornire e garantire agli imprenditori un referente unicoper tutti gli adempimenti amministrativi relativi all’attività di impresa, e deiservizi di informazione sullo stato dei mandati comunali e sulle iniziative difinanziamento agevolato. Il modus operandi adottato per la migliorerealizzazione del progetto è basato sul massimo grado possibile di coesione fraComuni che partivano da situazioni estremamente diversificate privilegiando laforma associata.

In alcuni ancor rari casi si va affermando la consapevolezza di come ilmiglioramento della performance istituzionale, intesa come l’abilità delleistituzioni di usare in maniera efficiente ed efficace le risorse umane e finanziariedisponibili, incida sulla crescita economica e sociale del territorio. Da qui lanuova funzione, che vanno assumendo gli Enti più avanzati, di soggettipromotori dello sviluppo locale con le conseguenti ricadute in termini di modelliorganizzativi e sistemi di gestione delle risorse umane, considerati variabilidipendenti dalle strategie e dagli obiettivi futuri dell’Ente. I criteri generali diorganizzazione vengono in questi casi informati alla massima flessibilità e sonosoggetti alla continua revisione necessaria a garantire che l’Ente possa risponderein modo adeguato e tempestivo alle proprie mutevoli esigenze18.

La Provincia di Isernia, per esempio, ha sviluppato negli ultimi anni unaparticolare attenzione al turismo culturale e ambientale, dovuto in particolarmodo alla presenza sul territorio di numerosi siti archeologici di particolare

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importanza e rilevanza e all’assoggettamento di parte del territorio dellaprovincia a vincoli naturalistici stante la presenza di oasi protette e di ParchiNazionali, che si è tradotta nell’istituire un apposito servizio per la gestione delMACI, Museo di Arte Contemporanea, e un servizio Programmazione ePolitiche comunitarie che collabora al coordinamento dei progetti di sviluppolocale (Progetti integrati territoriali, Patto territoriale, ecc.) realizzati attraversodue società consortili a responsabilità limitata. La strategia di sviluppo seguitaè stata quella di puntare sul territorio e sul patrimonio storico e naturaleattraverso il metodo della concertazione dal basso e, quindi, con ilcoinvolgimento degli attori locali. I buoni risultati ottenuti hanno portato l’Entea trasformare le due società consortili in un’agenzia unica di sviluppoprovinciale. Nelle intenzioni l’agenzia, attraverso la sua struttura tecnica e iTavoli tematici, sarà la sede per la redazione di un Piano strategico provinciale,che consentirà, in assenza della Legge regionale per la redazione del Pianoterritoriale di coordinamento, di dotarsi comunque di uno strumento diprogrammazione coordinata di tutto il territorio.

La ricerca di un nuovo rapporto cittadino – Pubblica amministrazione,caratterizzato da una maggiore partecipazione del cittadino, nonché dasemplificazione e trasparenza dell’attività amministrativa, forteinformatizzazione dei servizi e delle procedure, ruolo attivo nello sviluppo socio-economico della comunità di riferimento, ha comportato in questi, come neglialtri esempi di buone prassi analizzati, una crescente responsabilizzazione, unmaggior coinvolgimento e una forte crescita professionale dei dipendenti. Piùin generale, questo ha contribuito a riorientare funzioni, organizzazione e sistemadi gestione delle risorse umane degli Enti che, in questi casi, si fonda sullaseparazione dei poteri e sulla chiara individuazione di responsabilità e dei relativilivelli di autonomia con riferimento agli obiettivi e alle risorse assegnate aciascun livello dirigenziale. Lo sviluppo dell’attività segue in queste esperienzeil ciclo: pianificazione strategica, programmazione gestionale, budget, gestione,controllo di gestione, controllo strategico e valutazione. Questo è il contrario di quanto avviene nella maggioranza di Enti dove talvoltala scarsa chiarezza di idee di indirizzo politico per il governo già evidenziatanel paragrafo 2 produce ricadute negative sulle performance dei sistemi digestione delle risorse umane, che si traducono nel migliore dei casi in unsostanziale immobilismo, in altri in situazioni di aperta conflittualità.

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2.4 La collocazione organizzativa, implicazioni di ruolo edi relazione con la politica di Margherita Burgarella

Il Responsabile del personale, sia la sua funzione di tipo amministrativo odirettivo, ricopre nella metà dei casi osservati (per indagine) una posizionedirigenziale e una volta su tre una posizione con funzioni direttive, specie nelleAmministrazioni di Sicilia e Sardegna e negli Enti di minori dimensioni19.L’Ufficio del personale, una volta su quattro, è collocato in staff, tipicamente alDirettore generale, mentre nel resto dei casi è una unità di line di massimadimensione che corrisponde ad un dipartimento, ad una direzione oppure adun’area, in funzione del tipo di assetto assunto complessivamente dall’Ente diappartenenza. Solitamente questa seconda connotazione è propria delleAmministrazioni comunali di medie e grandi dimensioni, così come delleProvince. Negli Enti di minori dimensioni non è infrequente che l’Ufficio delpersonale si collochi come unità organizzativa di secondo livello gerarchico, cioèdipendente da un dipartimento, da una direzione o da un’area, spesso deputataagli Affari generali. Sono rari, infine, i casi nei quali esso è relegato ad unitàdi terzo livello gerarchico, con rango inferiore rispetto alla funzione pregiatache dovrebbe poter svolgere e che richiederebbe un rapporto di parità con lealtre principali funzioni.

Un Ufficio del personale su cinque non ha particolari forme di collaborazioneinterna con le altre unità organizzative esterne alla propria. Sono pochi i casi incui l’interscambio informativo e consulenziale tra colleghi è strutturato inprogetti finalizzati. Singolare, per certi versi, è che la gestione delle risorseumane punti negli ultimi anni più che in passato sul lavoro per progetti perinterconnettere prestazioni e incentivazione retributiva e che poi alla fine si esentiessa stessa dal lavorare per progetti. Le forme di consultazione con la Segreteriao Direzione generale sono naturalmente sempre attive ma quel che muta di casoin caso è la natura di queste relazioni: spesso si tratta di mero interscambio diinformazioni. L’elemento di maggiore rilevanza è nella constatazione che duevolte su tre è il vertice amministrativo che interviene nella definizione di alcunicriteri tipici della Direzione del personale: si va dalla selezione alla valutazionedel personale, dalla formazione al sistema di allocazione delle risorse per laretribuzione accessoria. Per la definizione di quest’ultimo criterio intervengonocon la stessa frequenza anche le Organizzazioni sindacali, presenti come il

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vertice amministrativo e in alcuni casi anche di più. Il concorso alla presa didecisione da parte dei colleghi dirigenti è più facile se l’Amministrazione è unaProvincia; viceversa se l’Ente è di minori dimensioni è la componente politicache fa da collega.

Estremizzando, l’Amministrazione medio-grande favorisce stili gestionali di tipoorizzontale, a partecipazione manageriale diffusa, mentre l’Amministrazionemedio-piccola lascia ancora spazio all’incursione politica, continuando apreservare antichi stili gestionali di tipo gerarchico. Quale di questi due stiligestionali sia il migliore non è facile a dirsi, sebbene la modernità induca aprivilegiare il primo. Ma non è detto. Occorrono molte più variabili per metterea sistema una diagnosi, un giudizio, una preferenza. Gli elementi che connotanol’uno e l’altro stile costituiscono i fattori determinanti, che assumono caratterivariabili e che diversamente combinati generano un set piuttosto ampio di stiligestionali. Le informazioni riportate finora sulla frequenza dei connotatiorganizzativi dell’Ufficio del personale relativamente a rango, tipologia di unitàorganizzativa e di posizione ricoperta dal suo Responsabile, oltre che di relazioniinterne, servono per tracciare delle tendenze. Ma per capire meglio la realtàservono altri tipi di indagini, in profondità e di tipo qualitativo, come l’analisidi caso. Ad esempio, l’aver osservato direttamente sul campo 37 modelli didirezione del personale di altrettante Amministrazioni pubbliche20, di cui 11Province e 26 Comuni, è stato utile per almeno tre motivi:

a) analizzare complessivamente le interazioni tra processi gestionali e trasoggetti decisori, con la possibilità di interpretarne le implicazioni;

b) apprezzare, e fare apprezzare, le sperimentazioni in atto da parte di ungruppo, seppure limitato, di Enti che dimostrano, per chi vuole investiresul funzionamento pubblico, che i vincoli di contesto possono agirecontro ma anche generare, prima o poi, situazioni di crisi che svoltanoin cambiamento;

c) cogliere le particolarità di alcuni stili organizzativi che stanno facendosistrada anche nel Mezzogiorno d’Italia.

Su 37 casi di gestione delle risorse umane osservati sul campo 25 appartengonoal Mezzogiorno d’Italia. La scelta è stata infatti quella di abbandonare la stradadella riproposizione dei soliti noti casi di buona gestione del personale tratti dalNord Italia e da Amministrazioni di grandi dimensioni, abitudine che ha fattospesso dimenticare lo scopo del benchmark e che spiega, ad esempio, perché le

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buone prassi non si siano diffuse come auspicato, soprattutto nelleAmministrazioni del Mezzogiorno d’Italia. È indubbio, infatti, che l’Ufficio delpersonale di un’Amministrazione di grandi dimensioni ha una capacità d’azione,per diversi ordini di motivi, che l’Ufficio di un Ente di minori dimensioni,destinatario ipotetico delle buone prassi, non ha. L’effetto che si produce suquesti ultimi nel proporre metodologie tratte da contesti troppo diversi è oppostoa quello sperato, è di scoraggiamento.

In tutto ciò conta anche la consolidata attitudine, da parte della classe dirigente,inclusa quella che gestisce il personale, a ragionare secondo principi di letturaostativa della norma, piuttosto che di lettura positiva. Anche il legislatore, dalcanto suo, continua infatti a regolamentare piuttosto che a regolare, come sevolesse instillare standardizzazioni nei processi anziché nei risultati dellagestione. In questo modo si continua ad impedire il passaggio dallaburocratizzazione della managerialità alla managerializzazione dellaburocrazia21.

Gli esempi riportati di seguito, tratti dalle analisi applicate in profondità pressoalcune Amministrazioni provinciali e comunali del Mezzogiorno d’Italia, dannoragione delle diversità di stili gestionali enunciati e indicano, così comeaccennato nel paragrafo 2.3, che le caratteristiche di competenza dei Direttoridel personale a cui si attribuisce l’origine del divario Nord – Sud non sono, dasoli, determinanti. Anzi, le prassi positive, che testimoniano alcune dellesperimentazioni in atto, si rintracciano anche nel Mezzogiorno d’Italia e nelleAmministrazioni di non grandi dimensioni, che si avvalgono talvolta anche distrumenti gestionali molto evoluti. Quel che maggiormente interessa di questicasi è il valore aggiunto che produce l’osmosi tra processi gestionali, dovutaagli stili organizzativi. Gli Enti indicati nel seguito del paragrafo sono soltanto4 dei 25 analizzati per il Mezzogiorno d’Italia e vengono citati, come lopotrebbero essere anche altri, a titolo puramente esemplificativo.

La Direzione organizzazione e risorse umane del Comune di Potenza22, adesempio, contempera strategie confliggenti quali l’orientamento alla partnershipstrategica con il vertice e la promozione dello sviluppo del personale. Il caso èemblematico della centralità dello stile organizzativo. Il reticolo strutturaledell’Amministrazione definisce meccanismi operativi della gestione allineandolia quelli del governo politico, con plurimi livelli di consultazione e definizione

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delle politiche tecniche, gestionali e operative. La gestione delle risorse umaneè una delle funzioni guida di questo disegno organizzativo che appare chiaro,funzionalmente modulare e ispirato alla governance dei processi decisionali. Ilivelli che concorrono alla formazione delle politiche, da un lato, e delle strategiedi attuazione, dall’altro lato, sono plurimi e sempre caratterizzati dalla presenzadi organismi collegiali, cui intervengono soggetti rappresentanti di specifichecompetenze23. La linea del comando è chiaramente verticale, ma questo nonimplica che alla formazione degli indirizzi e al concorso delle attività divalutazione non concorrano più livelli gerarchici e più nodi del medesimo livello.In questo disegno, tutte le persone titolari di responsabilità (amministrativa epolitica) hanno un duplice ruolo: responsabili di unità e componenti di organismi.Questo principio garantisce la compartecipazione nella gestione, politica eamministrativa, favorendo l’ideazione, la propositività e la condivisione dellescelte. L’organizzazione del lavoro assume, come propria connotazionefondamentale, la valorizzazione della professionalità, della collaborazione edella responsabilizzazione del personale24. La Direzione organizzazione e risorseumane è inserita a pieno titolo in un sistema di collaborazione verticale eorizzontale e con questa logica alcuni dei segmenti di gestione del personalesono esercitati in stile cooperativo (non di mero decentramento) dai colleghiDirettori e dal Direttore generale.

Ugualmente emblematico è il caso della Provincia Regionale di Palermo25, chesperimenta negli ultimi anni modificazioni di assetto organizzativo che investonola funzione di gestione delle risorse umane. Il disegno introdotto nel 2000 asegno della riforma del tempo e secondo una formula longeva che sposava unostile partecipativo che anticipava quello del Comune di Potenza, vienemodificato a più riprese negli anni seguenti e ancora oggi non approda ad unavisione consolidata che conferisce alla gestione del personale uno statusequivalente a quello iniziale. I cambiamenti rilevanti sono due: la modifica dirango gerarchico e l’attribuzione di funzioni precedentemente sue ad unità chedipendono da altri, come per il trattamento economico del personale e per lerelazioni sindacali. Al momento dell’analisi del caso26 si fotografava un assettoin divenire. Il nuovo assetto, macro e micro organizzativo, indica che nelprocesso di graduale accorpamento della struttura gerarchico funzionale,l’originaria Direzione per la gestione delle risorse umane permane, ma comeunità di rango minore e con il compito di amministrare il personale secondouna regia situata altrove e depotenziata perché decentrata, in senso orizzontale

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e verticale. In termini più generali, la scelta di decentrare le funzioni applicativedella gestione delle risorse (non solo umane) alle direzioni è in linea teorica unascelta rilevante, che preconizza alcune delle tendenze in atto in altri Paesi europeidai modelli organizzativi flessibili e leggeri27 e che sembrava ispirare latraiettoria assunta nel 2000. Con le modifiche più recenti l’asse si sposta versoun modello ibrido che mostra, da un lato, l’intenzione di accorpare una strutturaestesa e quindi probabilmente poco governabile, dall’altro lato l’arretramentorispetto ad un principio gestionale che puntava sull’integrazione orizzontale difunzioni trasversali. Ma le modifiche agli assetti interni non sembrano ancoraapprodare a forma compiuta, a prova dell’idea che la formalizzazione non sipropone come ostacolo per cambiare le regole del gioco. L’evoluzione storicadi breve periodo dei cambiamenti di questo caso restituisce quindi svariati spuntidi discussione.

Per proseguire nell’esemplificazione si possono citare anche i casi, menoemblematici ma altrettanto interessanti, del Comune di Avellino28 e del Comunedi Reggio Calabria29. Nel primo, in un quadro di rinnovata attenzione allestrategie generali dell’Ente, che hanno come sfondo il Piano strategico di areaurbana, la consapevolezza della centralità della funzione di gestione delle risorseumane inizia a concretizzarsi in processi innovativi: la revisione della dotazioneorganica, il ridisegno dell’ordinamento degli uffici e dei servizi,l’ammodernamento del sistema di pianificazione della formazione del personale.Lo scenario che caratterizza questa Amministrazione non è ancora all’ottimo,nel senso che alcune delle prassi gestionali appaiono ancora tradizionali,testimoniando che l’Ente si trova in piena fase di cambiamento, nella qualeconvivono tradizione (tecniche di gestione) e innovazione (politiche di gestione).Lo stesso connotato, ma con vicende differenti, caratterizza il caso del Comunedi Reggio Calabria. L’Amministrazione ha istituito nel 1998, alle dipendenzedel Direttore generale, il Settore Organizzazione e risorse umane, sotto-articolatoin tre unità, di cui una deputata a Politiche del personale, formazione e relazionisindacali che ha al suo interno un’unità finalizzata all’Organizzazione eall’innovazione, che ha il preciso compito, tra gli altri, di gestire i rapporti internidando assistenza agli altri Uffici in materia di gestione delle risorse umane. L’insegnamento che si può trarre da questi casi è che la diatriba tra gerarchiesì e gerarchie no non conta. In alcuni casi è bene lasciare da parte la filosofiaorganizzativa e urge che le regole vengano decantate forte e chiaro, in altri casioccorre risvegliare l’inventività individuale per affrontare situazioni di

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cambiamento per le quali l’ingegneria gestionale non ha ancora depositato ilbrevetto. E allora il punto è che la casistica è più inesauribile di quanto nonpossa essere il sistema delle regole e che la rincorsa continua traregolamentazione e burocrazia è ulteriore spreco di energie. In un sistema difunzionamento pubblico di questo tipo, dove perlopiù l’autorità può noncoincidere con il potere, i tentativi di omologazione dei modelli gestionali sonosoggetti a continui effetti di spiazzamento. Piuttosto che insistere sullamodellizzazione dei processi è forse necessario definire (e fare rispettare) glistandard di risultato, in modo da cercare omologazione di servizio (livelliessenziali delle prestazioni), lasciando la libertà di inventare modalità ottimalidi gestione. È il risultato finale che conta, purché sia sempre di ottimo relativo(non pregiudichi i diritti dei diversi gruppi sociali). La valutazione delle politichegestionali e della politica tout court, se condotta su questo terreno, diventapraticabile.

2.5 La formazione del personale: strumento di crescitadelle competenze e delle retribuzionidi Felice Paolo Arcuri

La professionalità dei pubblici dipendenti rappresenta da ormai molti anni unproblema, emergendo sempre più spesso l’inadeguatezza di una culturaprofessionale basata sull’adempimento di norme burocratiche piuttosto che sullecompetenze specialistiche che pure sono presenti in misura non trascurabile. Lacrescente attenzione prestata dalle Amministrazioni allo sviluppo delle attivitàdi formazione rappresenta uno dei più chiari segnali di attenzione allagovernance delle risorse umane e una delle principali leve per potenziare ilcambiamento. I risultati di recenti indagini30 mostrano, infatti, che, nonostanteun restringimento dei livelli di spesa per la formazione nel corso del 2005 dovutia un generale ridimensionamento della provvista finanziaria nelleAmministrazioni locali, si riscontra un crescente radicamento delle politicheformative, che nei Comuni sono arrivate ad interessare oltre il 60% deidipendenti, con una significativa crescita rispetto all’anno precedente. Laformazione, dunque, sembra assumere una connotazione estensiva, coinvolgendoporzioni crescenti di personale, sebbene permanga il ritardo di molteAmministrazioni del Mezzogiorno d’Italia, dove si registra una minore incidenzadei formati sul personale, una più ridotta quota di Enti che effettuano unaprogrammazione e valutazione degli interventi, una più frequente segnalazione

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di problemi di legittimazione della funzione formativa all’internodell’organizzazione di appartenenza e di difficoltà di reperimento delle risorsefinanziarie, in parte dovute a una minore capacità di fare ricorso ai canali difinanziamento comunitari.

Le strategie di sviluppo in questo campo sono molteplici, a volte contrapposte,e diversissime sono le situazioni da ente ad ente. In breve, le direttrici di sviluppoche si possono individuare sono quattro:1. il rafforzamento di apposite strutture interne che gestiscono in modo stabile

e strutturato la funzione formativa e che utilizzano un numero consistentedi formatori interni (esperti in progettazione ed organizzazione) e di docentiinterni (vengono istituiti appositi Albi);

2. lo sviluppo di iniziative di formazione autoprodotta senza un corrispondentesviluppo dell’Ufficio formazione che continua a svolgere, quando c’è, unruolo meramente amministrativo, mentre le attività per la dirigenza vengonogestite dalla Direzione generale e quelle per i dipendenti sono delegate aidirigenti che, sulla base delle necessità che rilevano e nei limiti del budgetloro assegnato, organizzano corsi e seminari affidando l’incarico a docentiinterni o esterni;

3. una crescente capacità di stringere accordi e sinergie con altre struttureformative che operano nel territorio, quali università, Formez, Anci e/osoggetti privati. In questo caso le reti di collaborazione che si sviluppanosul territorio sembrano rappresentare una modalità di sviluppoparticolarmente efficace, consentendo al tempo stesso di realizzare iniziativedi qualità a costi relativamente bassi e di far crescere le competenze interne;

4. l’autoproposizione di Amministrazioni come soggetti che offrono iniziativedi formazione aperte all’esterno, sia attraverso l’allargamento dellapartecipazione anche ai dipendenti di altre Amministrazioni pubbliche31, ein alcuni casi ai privati, sia attraverso l’istituzione di vere e proprie scuolespecialistiche.

Certo, le diverse strategie messe in atto non sono prive di rischi. Così, adesempio, l’utilizzo delle professionalità interne ai fini della docenza oltre avalorizzare le competenze dei dipendenti e a contribuire a ridurre i costi dellaformazione, pure comporta in sé il rischio del sistema chiuso, del ritornoall’autoreferenzialità. Inoltre, la necessità di presiedere tutti i processi formativia livello centralizzato per evitare la frantumazione delle relative procedure

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impedendo il raggiungimento dei risultati, si scontra con la necessità, altrettantoforte, di consentire ai diversi settori dell’Ente di partecipare attivamenteall’elaborazione della fase progettuale, al fine di predisporre dei percorsimaggiormente rispondenti ai bisogni formativi delle singole strutture. Lasoluzione di questi problemi viene ricercata, sia pure spesso con spiritopionieristico, e porta in molti casi all’ibridazione dei diversi modelli di sviluppoe a situazioni che tendono a trovare un equilibrio tra gli obiettivi di qualità edi risparmio. In questo senso si va affermando sempre più decisamente latendenza a realizzare le iniziative all’interno, ricorrendo a docenti o societàesterni mentre sempre più raramente, per evitare i costi delle missioni, idipendenti vengono inviati a partecipare a corsi presso società esterne.

Il problema più rilevante che emerge dalle ricerche non risiede pertanto nellosviluppo della formazione in sé, in relazione alla maggiore diffusione e alla qualitàdelle singole iniziative, quanto nell’effettiva capacità di governare la leva formativacome strumento capace di favorire i percorsi di innovazione degli apparatiamministrativi locali. Il legame tra strategie complessive dell’Ente e strategieformative raramente appare forte e coerente e ancora isolati sono i casi (anche alNord) in cui è presente un forte nesso tra le politiche formative e gli interventi diadeguamento sul versante organizzativo, tecnologico e di erogazione dei servizi agliutenti. La finalizzazione degli interventi ai cambiamenti in atto, assieme alla realepossibilità di verificarne il rendimento e la capacità di impatto, costituisce l’aspettodi maggiore criticità. In questo senso le indagini condotte dalla società S3 Opus,dall’Università Carlo Cattaneo – LIUC e dalla società Metodia dimostranocomunque che, nonostante il ritardo, anche nel Mezzogiorno d’Italia non mancanoesperienze interessanti, a volte assolutamente eccellenti, di governance dei processiformativi, come ad esempio quella del Comune di Cagliari, dove l’idea di gestionedelle risorse umane si basa sulla promozione del personale e alla funzioneformazione viene attribuita una rilevanza strategica finalizzata a favorire il passaggiodalla cultura dell’adempimento alla cultura del risultato. Coerentemente, l’ultimaristrutturazione organizzativa di questo Ente non si è limitata a interveniresull’impalcatura organizzativa attraverso una rivisitazione dei servizi e delle loroattribuzioni, ma è intervenuta contemporaneamente sulle risorse umane persviluppare capacità e competenze funzionali al nuovo processo organizzativo.

Il 2002 ha rappresentato per questa Amministrazione l’anno di transizione frala vecchia situazione, caratterizzata da una sostanziale assenza di

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regolamentazione e programmazione delle attività formative, a quella nuova,rispondente agli obiettivi strategici dell’Ente: è stato realizzato per la prima voltail Programma di formazione triennale e il regolamento che disciplina l’attivitàdei formatori. Col Piano triennale 2002-2004 l’Ufficio Formazione ha orientatol’attività trasversale a sostegno del progetto di cambiamento delineato dall’Ente,intervenendo in particolare sulla diffusione della cultura e degli strumenti dellavoro per obiettivi. Il Piano, che prevedeva percorsi formativi personalizzati, èstato interamente realizzato, sia pure con un anno di ritardo, e tutti i 1700dipendenti sono stati invitati a partecipare a queste attività di formazione.

Per dare maggiore forza alla funzione, sono state messe in atto le quattrostrategie sopra delineate. Dal punto di vista organizzativo è stata costituita unastruttura capace di soddisfare le esigenze apparentemente contrapposte dicentralizzazione e di decentramento: alla struttura centrale posta alle dipendenzedel Servizio Personale con l’obiettivo di presidiare la formazione trasversale (odi interesse generale) sono state affiancate delle unità operative collocateall’interno delle cinque Aree in cui è articolato l’Ente e in posizione di staff allestrutture collegate al Sindaco, al Direttore generale e al Segretario generale.Queste unità sono composte da personale presente in servizio preventivamenteformato, dipendenti gerarchicamente dai dirigenti d’area ma funzionalmente daldirigente del Servizio Personale, e hanno il compito di provvedere allaformazione specialistica. Inoltre è stata operata un’importante apertura versol’esterno e sono state sviluppate sinergie e convenzioni con importanti struttureformative del territorio, come l’Università degli Studi di Cagliari e il Formez.

Oltre alla generale scollatura tra strategie generali di sviluppo e strategieformative, un altro aspetto appare ancora assai problematico ed è quello relativoalla capacità di collegare la formazione al sistema retributivo. In questo caso,anche in Comuni virtuosi come quello già citato di Cagliari, infatti, il purprevisto sistema dei Crediti formativi32, che dovrebbe rilasciare titoli validi peri passaggi di progressione verticale e orizzontale o per l’attribuzione degliincarichi di responsabile di posizione organizzativa, non è ancora entrato invigore perché in sede di contrattazione non si è raggiunto l’accordo sui criterirelativi all’attribuzione dei crediti formativi. La difficoltà di agganciare lepolitiche formative a quelle retributive costituisce uno degli ostacoli maggiorialla diffusione di un maturo sistema di governance delle risorse umane oltre chel’occasione mancata per inserire un parametro di valutazione oggettivo in un

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sistema di valutazione delle prestazioni che nella pratica è ancora imperniato suvalutazioni soggettive del capo.

In sostanza, pare di cogliere che nella maggioranza degli Enti sia ormaisufficientemente forte la convinzione che per migliorare la produttività e laqualità del servizio prestato ai cittadini il personale debba essere particolarmentequalificato, anche se a questa maggiore consapevolezza non sempre corrisponde,soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, una capacità organizzativa adeguata.

2.6. La selezione per l’accesso al lavoro pubblico:potenzialità di un processo dimenticatodi Margherita Burgarella

In fase di progressivo contenimento della spesa pubblica, i fattori produttivi chedevono essere combinati al meglio per dare elasticità alla funzione di produzionedel servizio pubblico sono la tecnologia e il lavoro. Se il capitale, infatti, nondovrebbe aumentare per vincoli di finanza pubblica, dall’altro lato assumonorilevanza la tecnologia, intesa come automazione dei processi e digitalizzazionedelle procedure, e il lavoro del fattore umano. Per combinare il lavoro allatecnologia occorre un ripensamento delle procedure di lavoro, nell’idea chel’apporto del secondo fattore debba indurre ad una rimodulazione dell’apporto delprimo fattore. La rimodulazione implica che le energie liberate dallo svolgimentodi processi lavorativi reingegnerizzati siano utilmente impiegate per le funzioni piùpregiate, che richiedono maggiore applicazione. Inoltre, il pensionamento di n unitàdi personale all’anno non dovrebbe tradursi in un quasi automatico equivalentefabbisogno di nuovo personale. L’informatizzazione non può rappresentare il meroutilizzo di strumentazioni di compendio al lavoro e l’analisi dei fabbisogni dipersonale dovrebbe scaturire dall’applicazione di metodologie di misurazionemaggiormente rigorose da quelle spesso rintracciate nella realtà empirica.

Ma il quesito é: il contenimento dei costi del personale è una prerogativa politicao gestionale? Se si guarda al modo in cui sono stati gestiti i contingenti dilavoratori socialmente utili, e non solo questi, si è indotti a ritenere che lagestione sia decisamente politica, anzi del consenso politico. Se invece si trattadi una prerogativa gestionale, ci si domanda come mai in sede di contrattazionenegoziale per il rinnovo contrattuale il Direttore del personale non sia nellecondizioni di esercitare il proprio ruolo datoriale. Non poche sono le

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Amministrazioni in cui la gestione delle relazioni sindacali è saldamente in manoalla componente politica, scardinando il disegno gestionale. E ancora, ci sidomanda: come fanno i regolamenti di concorso per l’accesso al lavoro pubblicoa dimenticarsi di prevedere la partecipazione del Direttore del personale allecommissioni esaminatrici? Ma quel che è peggio, ci si domanda come mai lostesso Direttore non ritenga, talvolta, di dovervi fare parte.

Se i paragrafi precedenti del capitolo si sono avvalsi dell’esemplificazione dicasi tratti dalla realtà empirica degli enti del Mezzogiorno d’Italia, in questoparagrafo non si può fare altrettanto. Di esempi davvero rilevanti di gestioneefficace dei processi di reclutamento e selezione per l’accesso al lavoro pubbliconon ne sono stati rintracciati. Sono molti gli Enti nei quali le procedure direclutamento e selezione sono definite in modo sopraffino, prevedendo unelevato numero di fattispecie e di norme per la flessibilizzazione delle suddetteprocedure, anche in chiave innovativa, puntualmente inapplicate. Se c’è unconnotato gestionale che accomuna negativamente gli enti è proprio nel sistemadi applicazione delle regole di reclutamento e selezione, affetto da obsolescenza,tradizionalismo, retoricità.

L’obsolescenza è nel modo in cui si effettuano sia il reclutamento che laselezione. Il tradizionalismo è nel sistema di blindature che in modo differenziatodi caso in caso viene fatto valere per contrastare l’accesso dall’esterno di nuovisoggetti o comunque per subordinare questi ultimi alle prerogative della carrierainterna del personale in servizio. La retoricità è nei principi di imparzialità,trasparenza e quant’altro, sui quali occorrerebbero indagini dedicate per poterdire di più.

Già il sistema di reclutamento, ad esempio, è chiaramente gestito senza unorientamento preciso, o comunque contraddittorio rispetto all’idea moderna difunzionamento pubblico. Per favorire l’accesso ad una procedura selettivapubblica occorre che il sistema di reclutamento sia opportunamente bilanciatoper attrarre le competenze obiettivo e preselezionare quelle inadatte. Il tipicobando di selezione pubblica non è efficace né su un versante, né sull’altro equesto per vari motivi.

Un primo motivo, forse il più influente, è nella confusione con cui la domandadi lavoro viene rivolta al mercato: si chiamano a selezione gruppi professionali

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distinti considerandoli equipollenti, nella convinzione che il generalismo continuia valere, nel tempo, come bene rifugio per il corretto, efficace, efficiente,eccetera, funzionamento pubblico. Strano, perché la riforma dell’ordinamentodegli studi, in specie universitari, ha cercato proprio di andare incontro allaspecializzazione e all’innovazione dei profili. Ma in verità gli Enti sono rimastitroppo disorientati dal nuovo sistema di etichettatura delle professionalità,considerato troppo aleatorio per poter essere preso sul serio. Si continuano achiedere titoli di studio su titoli di studio, attestati, patenti, certificati, bollini equant’altro, senza curarsi troppo del rischio di reclutare persone sovra-professionalizzate per la funzione da svolgere, con tutte le implicazioni che nederivano: spinta alla crescita, prima orizzontale e poi verticale, che se nonconsentita dal sistema dei semafori interni sfocia in malessere organizzativo.Bandire selezioni pubbliche formulando non chiare domande di professionalità,avvalendosi della possibilità di sbarrare all’ingresso sulla base del credito degliattestati anziché sulla qualità delle teste significa far fallire il sistema, il sistemadi accesso al lavoro pubblico.

Altri fattori concorrono a motivare l’affermazione di questo ”fallimento”. Ancheil modo in cui le procedure selettive vengono rese pubbliche è migliorabile:l’autoreferenzialità dell’Amministrazione pubblica vuole che il profilo ricercatosia identificato e reso noto utilizzando le denominazioni che la stessaAmministrazione attribuisce ai propri profili professionali. Non è forse piùrazionale indicare il contenuto piuttosto che l’etichetta del contenutoprofessionale ricercato? Le etichette sono il risultato di un sedimento storico deltutto proprio all’Amministrazione pubblica, ignoto al sapere comune e talvolta,in una certa misura, anche all’Ente medesimo che indice la selezione. Ilmessaggio continua ad essere quello del passato: la burocrazia parla al cittadino,in questo caso al mercato del lavoro, con la sua lingua, pretendendo, in virtùdell’antica autorità (perduta), che gli altri si adeguino, dato che la legge nonammette ignoranza. Ignorante è colui che non è sufficientemente allenatonell’opera di consultazione delle fonti di avviso pubblico delle selezioni e chenon si è esercitato alle prove selettive tentando, a caso, un certo numero di provefino ad imparare a memoria le risposte degli innumerevoli e stravaganti quizche hanno alimentato un fiorente mercato parallelo. Per intercettare una selezionepubblica e attrezzarsi per affrontarla, sempre che i titoli lo consentano, occorreche il giovane neo specializzato, neo diplomato, neo laureato, spenda molte dellesue energie, scontando a priori quella componente di motivazione individuale

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che la commissione esaminatrice dovrebbe essere in grado di apprezzare evalutare. I giovani che possono scegliere, probabilmente appartenenti ad un’areageografica diversa da quella del Mezzogiorno d’Italia, sono in questo modoindotti ad effettuare scelte più razionali, grosso modo guidati dal seguente tipodi ragionamento: se accedere al lavoro pubblico è così aleatoriamente ancoratoad asimmetrie informative cosa comporta diventare lavoratore pubblico? Conquali aspettative? L’effetto scoraggiamento sbarra all’ingresso tutte quelleintelligenze che il sistema di reclutamento e selezione non è in grado di valutaree rende difficile la vita (spesso già resa difficile dallo stato di disoccupazione)di coloro che approdano alla selezione.

Le modalità selettive vere e proprie, poi, richiederebbero un capitolo a sé. Bastaricordare che le tecniche e le metodologie selettive non mancano e nonostantequesto solo una piccola percentuale di esse viene realmente applicata in ambitopubblico, in ragione dell’unidirezionalità con cui vengono valutati i candidati:saperi teorici (di nuovo) e qualche volta saperi applicati (ma solo per i profiliesecutivi, in virtù di un improbabile snobbismo intellettuale); quasi mai sapericomportamentali (che nessuno si assume la responsabilità di valutare perchétroppo soggettivi, come se tutti gli strumenti metodologici collaudati da decennidi scienza sociale non valessero).

Tutto ciò rappresentato, estremizzando la realtà, spiega come mai per la PubblicaAmministrazione sia sempre più difficile attrarre giovani professionals, chesempre meno si candidano al lavoro pubblico per preferire occasioni d’impiego,manifestamente più meritocratiche già all’accesso.

Varrebbe forse la pena di investire qualche risorsa in più sui sistemi di accessoal lavoro pubblico, anche ricorrendo quando ce ne sia l’opportunità, aprofessionisti della selezione da aggiungere alle Commissioni giudicatrici, dovela figura del Direttore del personale non può continuare a mancare. Investire inprofessionals (ancora meglio se interni) specializzati in reclutamento e selezione(utili anche per gestire il mercato interno del lavoro) è quanto mai urgente.L’opportunità che si presenta agli Enti già oggi e ancora di più nel prossimofuturo è imperdibile: il ricambio generazionale del lavoro pubblico va presidiatocon attenzione, garantendo che l’avvicendamento tra pensionandi, che sicongedano dal lavoro portando con sé quote di capitale intellettuale spesso digrande valore, con i nuovi entranti avvenga al meglio.

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L’occasione è imperdibile perché il sistema di avvicendamento è a stringimento,nel senso che non si tratterà di sostituzione tout court, e questo vuol dire chesi dovrà cercare di capitalizzare quanto più possibile il consolidamento delcapitale intellettuale tra uscenti ed entranti, soprattutto perché questi ultimisaranno pochi e per favorire la transizione (anche in chiave di rinnovamento)dovranno essere pronti. Le competenze da ricercarsi dovranno essere megliofocalizzate e chiaramente trasmesse al mercato, perché i più competenti sianoinformati e invitati ad accedere al lavoro pubblico. Il concetto di competenzava riportato al suo originario significato, a quello sviluppato dalle scienze socialie che nel tempo è stato banalizzato in saperi perlopiù teorici. Occorre che ilsistema si alleni ad apprezzare le capacità applicate e comportamentali degliindividui, confrontandosi sul terreno della misurazione delle attitudini, delpotenziale, della motivazione e di altri fattori ancora più intangibili degli attestati.

L’opera di ripensamento del sistema di accesso al lavoro pubblico va condottasecondo questo sentiero anche per rafforzare l’inserimento di soggetti portatoridell’antico status del funzionario pubblico, ieri servente dello Stato oggi serventedi uno Stato che rende conto all’utente.

L’annunciata fase di consolidamento delle posizioni lavorative del precariatopubblico è un banco di prova, che non andrà sprecato, per garantire che i miglioriaccedano alla posizione meritata. Sarà un peccato se l’assunzione li riguarderàindiscriminatamente, perpetrando antichi modi di guardare all’Amministrazionepubblica come serbatoio di compensazione sociale. Ma il sostegno alla gestionedi questo processo dovrà venire anche dalle Istituzioni centrali.

2.7. Conclusioni: opportunità di sostegno istituzionale e dirinnovamento di Margherita Burgarella, Bruno Angelini, Felice Paolo Arcuri

Il cambiamento delle Amministrazioni pubbliche necessita di una svolta nel mododi concepire il ruolo di servizio alla comunità civile da parte dei vari livelliistituzionali.

L’augurio è che il cambiamento inizi ad esprimersi in nuovi comportamenti postiin essere dai vari attori pubblici, in particolare da quelli che sono mossi daltentativo di affermare nella pratica amministrativa quei valori ormai così

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largamente, anche se sovente solo formalmente, condivisi, tanto da risultare spessoquasi superfluo insistere nel richiamarli (efficacia, efficienza, trasparenza,economicità, altri).

I diversi valori ai quali, in qualche modo, ci si riferisce non possono però essereconsiderati disgiuntamente dai particolari criteri d’azione che i vari protagonistied attori dell’auspicabile processo di cambiamento della P.A. italiana adottanonei fatti.

Ritenere che le intenzioni, dichiarate e non dichiarate, abbiano più valore dei fattisignifica cercare nuove scorciatoie, utili per assolvere ed auto-assolversi nelmomento in cui si rimettono in discussione scelte – politiche, amministrative,gestionali – sbagliate. Continuare ad appellarsi alle intenzioni piuttosto cheall’evidenza dei fatti significa generare nuovi eventi che richiederanno unripensamento che non ci sarà, alimentando un meccanismo nel quale si generaconfusione, di ruoli, di priorità, di responsabilità e alla fine anche di intenzioni. La carente cultura del fare, piuttosto che del pensare di fare, è un problemaevidente, che non può essere superato se non si iniziano a compiere i passi, anchepiccoli, necessari per il cambiamento. E se il cambiamento aspira ad essereinnovativo non può continuare ad essere verticale.

Le persone possono fare il passo, a patto che trovino un motivo fondante che lespinge, che la cosiddetta done idea (l’idea nascosta e subliminale che animal’attenzione individuale) trovi risposta e venga sollecitata, generando effetti che iprovvedimenti di legge o i modelli di gestione non possono produrre. Viceversa,offrire alle persone strumenti gestionali e prevedere sistemi di regole rispondentia caratteri di eccellenza (posto che questa condizione sia verificata) non è dareun motivo sufficiente ma soprattutto non è sufficiente in assoluto per governare.

D’altronde in un Paese nel quale la responsabilità ha assunto significato dicollocazione nella scala gerarchica sociale e dove la certezza delle regole è spessocosì incerta da non garantire l’accertamento delle responsabilità e delleconseguenze che devono derivare da un suo cattivo esercizio, è forse fiabescocontinuare a gestire il funzionamento pubblico secondo criteri supremi dicorrettezza delle regole. C’è forse margine per allargare le maglie di alcune regole,che come sottolineato tendono a regolamentare piuttosto che a regolare, per daremaggiore spazio alle persone e all’accertamento delle responsabilità.

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Forse è utile iniziare a pensare di dare maggiore fiducia alle persone, a quelle chericoprono posizioni di responsabilità come a quelle che svolgono funzionioperative di primaria importanza per il funzionamento pubblico, per restituire lorodignità. In quest’opera non contano (funzionano) gli incrementi retributivi, bensìla scommessa nel tenore etico delle persone. L’assunto dal quale occorre ripartireè forse esattamente opposto a quello oramai insito nel modo di fare dellaburocrazia, dove tutto deve essere dimostrato e provato a pena di ritenere che gliindividui siano in difetto di diritto oppure, quel che ancora è peggio, intenti acommettere illeciti di qualche sorta. In definitiva, è forse più facile che le personeviolino le regole piuttosto che la fiducia. E se questo assunto è vero allora puòessere utile iniziare a ripensare ad alcuni dei meccanismi che hanno finora tentatodi orientare il sistema di funzionamento pubblico italiano. L’esercizio deve esserecompiuto a tutti i livelli istituzionali, senza paternalismo e senza illusioni, ma confiducia e dando valore ai fatti piuttosto che alle parole.

Le persone a cui ci si riferisce sono parte, in questo contesto di argomentazione,di specifiche categorie di soggetti.

La prima categoria è costituita dalla generalità dei lavoratori pubblici, chemeriterebbe maggiori attenzioni di quanto non gli siano state riservate nei fatti enelle vicende dell’applicazione della riforma amministrativa. Al di làdell’opportunità o meno di potenziare l’uso di specifici strumenti gestionali delpersonale, quel che appare di evidente e urgente necessità è, nel governocomplessivo del lavoro pubblico, recuperare logicità e coerenza, e per osare anchemaggiore trasparenza, nell’impiego dei diversi processi di gestione. Per recuperarequesti caratteri occorre accettare eventualmente il fatto che può essere necessarioarrivare ad eliminare l’obbligatorietà dell’uso di determinati strumenti gestionaliintrodotti nella storia più recente. L’ipotesi, da verificarsi, potrebbe portare aritenere che non è necessario, ad esempio, che il personale di tutte leAmministrazioni pubbliche di minori dimensioni debba essere incentivato sullabase di valutazioni individuali. Inutile, infatti, fare finta di valutare il personalequando poi alla fine la relativa retribuzione accessoria è allocata in partiessenzialmente uguali tra i lavoratori. Per coloro che sono consapevoli dellapropria migliore prestazione, differenziante, è forse meglio, nell’ipotesi formulata,accettare l’omologazione sul piano salariale piuttosto che anche su quellovalutativo, così come è meglio che questa omologazione insista sulla collettivitàdel contributo piuttosto che sull’individualismo. A volte può essere più proficuo

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rinunciare a forme di meritocrazia individuale a beneficio di forme diincentivazione all’appartenenza a gruppi di lavoro, soprattutto quando ildifferenziale retributivo individuale può scardinare i sistemi di relazione umana.L’esempio riportato è, come si dice, puramente casuale ma utile per far capirecome la standardizzazione tra differenti processi di gestione (Enti) piuttosto chedei relativi risultati può non essere pagante ma deleteria. Con ciò non si pensi chela valutazione del personale è considerata pratica inutile, anzi. Valutare il personalesignifica anche valutare il ritorno sugli investimenti pubblici (risorse delcontribuente). Ma affinché la famosa cultura della valutazione permei la gestionedel personale è necessario riportare la pratica valutativa sul piano etico: maiconfondere il giudizio sulle prestazioni lavorative con il giudizio sulla persona cheoffre le prestazioni lavorative sottoposte a valutazione.

Un’altra categoria di soggetti è quella del personale dirigente o con funzioni ditipo dirigenziale. Si possono, in questo contesto, delineare tre differenti aree dieffettiva responsabilità manageriale: innanzitutto una responsabilità organizzativa,con riguardo sia all’organizzazione degli uffici che all’organizzazione del lavoro;in secondo luogo una responsabilità della gestione del personale e delle risorsestrumentali; in terzo luogo una responsabilità delle politiche esterneall’Amministrazione, in conformità dei fini istituzionali e degli indirizzi politico-amministrativi impartiti dagli organi di governo dell’Ente. In questo contesto èfondamentale ripensare il sistema delle carriere, perché le persone giuste assumanole giuste posizioni di lavoro, facendo sì che gli incarichi vengano affidati secondola giusta differenza che c’è fra le competenze professionali proprie delle tre citatearee di responsabilità dirigenziale. Occorre, perciò, che vengano anche ripensati isistemi di formazione della classe dirigenziale, oltre che i percorsi di carriera e lemodalità selettive di accesso al management. L’etica, in questo contesto, dovrebbepoter recuperare importanza nei moduli formativi rivolti ai gruppi dirigenziali oaspiranti dirigenziali, affinché le persone apprendano anzitutto il valore delle sceltee quindi le abilità necessarie alla gestione.

Gli Assessori, così prossimi alla dirigenza e vicini ai dipendenti che operano negliUffici e nei Servizi, dovrebbero potersi preoccupare maggiormente di definire gliindirizzi e gli obiettivi, verificandone la realizzazione e il raggiungimento,cercando di evitare di appesantire la gestione analitica dei processi el’organizzazione del lavoro. Per incrementare la consapevolezza di ruolo degliAmministratori, certamente più esaltante, può essere utile pensare di offrire loro

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delle specifiche esperienze formative, utili per portarli dentro la gestione, ma nonper farli gestire, quanto per dare loro l’opportunità di avere evidenza dei risultatiche si possono ottenere mettendo da parte alcune delle scorciatoie citate33.

Quella dei Sindacati è un’altra categoria di soggetti che gioca un ruolo rilevantedi acculturamento e di mediazione tra l’Amministrazione e il lavoratore pubblico.Quando questo ruolo viene giocato sul piano sbagliato le conseguenze sonodeleterie, soprattutto sul piano della fiducia, valore fondante del sistema difunzionamento pubblico. Sul ruolo delle rappresentanze sindacali si potrebbe aprireun capitolo dedicato, che del resto molti hanno fatto prima di noi e per il qualemolto si è detto. Si può forse aggiungere che per preservare le regole del giocooccorrerebbe che le rappresentanze presidiassero meno la gestione e la direzionedel personale, sfera di competenza del datore di lavoro, e maggiormente la logicitàe coerenza del sistema di direzione. In concreto, sarebbe utile che la rappresentanzaguardi agli esiti complessivi del processo di gestione, lasciando tempo e risorseper intervenire sulla tutela dei diritti degli individui che come tali hanno menochance di essere rappresentati.

Soggetti quali gli organismi di valutazione e controllo, presenti in forme varie ediffuse nelle Amministrazioni pubbliche italiane, andrebbero forse ripensati nellamissione, nella composizione, nelle modalità di funzionamento e quindi direlazione interna ed esterna con l’Ente di riferimento. È inutile negare che alcunidi questi organismi svolgono funzioni di certificazione di processi decisionali chesi svolgono altrove, così come è diffusa (ma non si sa quanto) la pratica dinominare Esperti, come soggetti componenti di alcuni di questi organismi, chenon sono poi così tanto esperti.

Last but not least (da ultimo ma non per importanza) andrebbe reimpostato ilrapporto fra l’Amministrazione pubblica e il cittadino/utente e fra le istituzioni.Questo rapporto si chiama politica. Per contribuire a ridare valore alla politicaoccorre che ciascun lavoratore pubblico non si dimentichi di essere anche unelettore e che questa duplicità sia sempre ben tenuta d’acconto da parte politica.Per ridare senso al concetto di trasparenza della gestione pubblica, per andareoltre, è forse il caso di accantonare strumenti quali la customer satisfaction, cosìcome è stata applicata in Italia e che si trova in preda alle distorsioni dei soggettiche talvolta la applicano per avallare il proprio pregresso gestionale. Strumenti diquesto tipo vanno riportati al loro significato originario e applicati rigorosamente,

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a cura, ad esempio, di un soggetto istituzionale centrale, che li applica peresercitare il proprio ruolo di monitoraggio (a posteriori dell’esercizio del ruolo diindirizzo) su tutta una serie di servizi pubblici cui concorrono eventualmente piùEnti. Se, per esempio, il cittadino potesse valutare la politica sulla base digraduatorie attendibili sui livelli di servizio delle diverse P.A. e nelle diverse areedel Paese che si rendessero pubbliche periodicamente ad opera del soggettoistituzionale centrale deputato, forse avrebbe anche maggiore senso diappartenenza al sistema politico e quindi maggiore fiducia nel valore del propriovoto. L’incentivo a fare meglio, da parte della politica, al contempo sarebbe piùevidente.

In definitiva, il cambiamento, inteso innanzitutto come possibilità di crescitadell’organizzazione e di sviluppo per la persona e, di conseguenza per leAmministrazioni, non può che iniziare ad accadere dove stanno gli altri e, più ingenerale, per la Pubblica amministrazione, dove stanno la gente e i cittadini. Ossianon c’è movimento della persona o crescita delle organizzazioni se non si è dispostia mettersi in discussione e ad uscire dalla propria posizione. In questo contestooccorre affermare e chiarire che ciò che può effettivamente aiutare le persone chevivono nella P.A. ad intraprendere questo percorso di lavoro e di cambiamento è,certamente, la prossimità di rapporto, di coinvolgimento e di stimolo conun’autorevole compagnia umana e professionale.

Per concludere, sul piano empirico e pratico molte sono le indicazioni che possonoscaturire da questo modo di guardare all’ammodernamento delle Pubblicheamministrazioni. Alcune indicazioni sono già state esplicitate nei vari paragrafidel capitolo e relativamente agli specifici temi trattati. Inutile ripeterli.

Altre indicazioni provengono dai capitoli che seguono: rispettivamente, sui sistemiinformativi, sul sistema di contrattazione del lavoro e, infine, sulla gestione delledotazioni organiche, tutti temi di fondamentale importanza che impattanoconcretamente sulla gestione delle risorse umane nelle Amministrazioni pubblicheitaliane, siano esse di grandi o piccole dimensioni, del Nord, del Centro o delMezzogiorno d’Italia.

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Note

1 Per la consultazione del Repertorio di veda: VENEZIANO, V., e USAI, A.P., a curadi, 2006, Modelli di gestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei[CD-ROM]. Cagliari: Dipartimento della Funzione Pubblica e Formez. Disponibileanche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/> [Data diaccesso: 15/11/2006].

2 Forum europeo delle Direzioni del personale – Modelli di Direzione e politiche digestione delle risorse umane nella Pubblica amministrazione europea, Chia Laguna– Domus de Maria (CA), 28-30 giugno 2006.

3 Si veda il capitolo 3.

4 Gli incontri territoriali si sono tenuti a L’Aquila, Bari, Napoli, Catanzaro, Caltagirone eCagliari, tra il 3 e il 13 aprile 2006, tra una rappresentanza del Comitato tecnicoscientifico del progetto Governance delle risorse umane – Modelli innovativi e iResponsabili degli Uffici del personale delle Amministrazioni provinciali e comunali (di15-300 mila abitanti) delle regioni target dell’intervento: Abruzzo, Molise, Puglia,Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Per gli atti degli incontri si veda:USAI, A.P., a cura di, 2006. Relazione sugli incontri territoriali presso le amministrazionidestinatarie del progetto. 3-13 aprile 2006 [online]. Cagliari: Formez. Disponibile su:<http://lavoropubblico.formez.it/sections/focus/modelli-innovativi/documenti/relazione-sugli-incontri/downloadFile/attachedFile_f0/Relazione_incontri_territoriali.pdf> [Data diaccesso: 15/11/2006].

5 Si veda il focus “Modelli innovativi” del canale tematico “Lavoro Pubblico” del Formez,disponibile su <http://lavoropubblico.formez.it/sections/focus/modelli-innovativi/> [Datadi accesso: 15/11/2006].

6 BURGARELLA, M., a cura di, 2006. Rapporto di indagine sui “Modelli di direzione delpersonale” delle Amministrazioni provinciali e comunali dell’Area ob. 1, dell’Abruzzo edel Molise. In: Modelli di gestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei,op. cit. Disponibile anche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/indagine/rapporto_indagine_generale.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].L’indagine è stata condotta tra il novembre del 2005 e il febbraio del 2006, su uncampione di 61 Amministrazioni italiane del Mezzogiorno d’Ialia. I dati rilevati sono

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rappresentativi dell’insieme degli Enti target del progetto di formazione e assistenzatecnica Governance delle risorse umane, linea progettuale “A” per lo sviluppo deiModelli innovativi. L’indagine è basata su di un campione ragionato che rappresentala realtà gestionale del lavoro pubblico della più ampia area geografica delMezzogiorno d’Italia. I dati sono stati analizzati nel loro complesso e con riferimentoa tre ripartizioni geografiche obiettivo dei servizi di assistenza tecnica:rispettivamente, la ripartizione geografica 1 per l’Abruzzo, il Molise e la Puglia; laripartizione geografica 2 per la Campania, la Basilicata e la Calabria; la ripartizionegeografica 3 per la Sicilia e la Sardegna. Si veda il focus “Modelli innovativi” del canale tematico “Lavoro Pubblico” delFormez disponibile su <http://lavoropubblico.formez.it/sections/focus/modelli-innovativi/> [Data di accesso: 15/11/2006].

7 I processi che il modello di analisi elaborato dall’Università Carlo Cattaneo – LIUCelenca tra quelli che costituiscono un sistema di gestione del personale sono:Definizione delle politiche del personale, Pianificazione, Valutazione e carriere,Sviluppo e formazione, Reclutamento, selezione e mobilità, Politiche di flessibilità,Gestione ordinaria retribuzioni e previdenza, Retribuzioni, Disciplina dei rapporti dilavoro e contenzioso, Contrattazione e relazioni sindacali. Per la consultazione delmodello di analisi si veda il capitolo 1.

8 Direttiva sulla formazione e sulla valorizzazione del personale delle Pubblicheamministrazioni, Dipartimento della Funzione Pubblica, Presidenza del Consiglio deiMinistri, 13 dicembre 2001. Per la gestione del ciclo manageriale della formazionesi vedano gli esiti del progetto di sostegno istituzionale che il Dipartimento dellaFunzione Pubblica, Ufficio per la formazione del personale delle Amministrazionipubbliche, ha realizzato nel 2004 con la collaborazione tecnica della società Lattanzio& Associati e del Consorzio MIPA: LATTANZIO, E., e ZULIANI, A., a cura di,2004. Programmare e valutare la formazione. Una guida per le Amministrazionipubbliche. Milano: Editore Lattanzio & Associati srl.

9 Per la consultazione delle statistiche analitiche si veda: Rapporto di indagine sui“Modelli di direzione del personale” delle Amministrazioni provinciali e comunalidell’Area ob. 1, dell’Abruzzo e del Molise, ibidem.

10 BIANCO, A., 2006. Risorse umane senza gestione. Il Sole 24 Ore, 26 settembre.

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11 Basti citare le statistiche sulle funzionalità dei sistemi informatici attivi (presenti,peraltro, nella metà dei casi): Rilevazione delle presenze (91%), Gestionedell’anagrafica dipendenti (71%) e Amministrazione retributiva del personale (62%).Del tutto residuali sono le analoghe statistiche sulle funzionalità che i sistemiinformatici attivi gestiscono per la parte direzionale della gestione del personale. Perle statistiche di dettaglio si veda: Rapporto di indagine sui “Modelli di direzionedel personale” delle Amministrazioni provinciali e comunali dell’Area ob. 1,dell’Abruzzo e del Molise, ibidem.

12 L’indagine indica che, in media, l’80% degli addetti dell’Ufficio personale ha uncomputer a disposizione, che nel 70% dei casi è connesso ad internet e solo nel60% dei casi ha accesso alla posta elettronica.

13 BURGARELLA, M., 2006, Analisi dei costi dei procedimenti civili in materia dilavoro. In: AA.VV., 2006. Ritardi della giustizia civile e ricadute sul sistemaeconomico. I Quaderni del MIPA. Roma: ISTAT, pp. 108-114.

14 Cepej, Commissione europea per l’efficacia della giustizia civile, statistiche 2004sulla durata media dei processi.

15 BURGARELLA, M., 2006, Competitività, sviluppo e certezza delle regole. In:Ritardi della giustizia civile e ricadute sul sistema economico, op. cit., pp. 17-21.

16 Si veda il capitolo 3.

17 Si veda, tra gli altri, il Comune di Bari, il Comune di Campobasso (comunicazionecon la segreteria del Sindaco) e anche altri del Centro e Nord Italia, come il Comunedi Frosinone, il Comune di Perugia e il Comune di Crema, tanto per non citaresempre i soliti noti.

18 Cfr, ad es., il Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi del Comunedi Cagliari.

19 Rapporto di indagine sui “Modelli di direzione del personale” delle Amministrazioniprovinciali e comunali dell’Area ob. 1, dell’Abruzzo e del Molise, ibidem.; si vedail par. 2.2.

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20 Modelli di gestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei, ididem.

21 Si vedano gli interventi di Felice Paolo Arcuri nella sessione “Modelli di direzionedel personale della gestione delle risorse umane”, in: Atti del Forum Europeo delleDirezioni del Personale. Modelli di direzione e politiche di gestione delle risorseumane nella Pubblica Amministrazione europea. Domus de Maria (CA), 28-30/06/2006 [CD-ROM]. Cagliari: Dipartimento della Funzione Pubblica e Formez.Disponibile anche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-atti-forum/29giugno2006/testimonianze.html#modelli> [Data di accesso: 15/11/2006].

22 BURGARELLA, M., 2006. Caso di studio: Comune di Potenza. In: Modelli digestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei, op. cit. Disponibileanche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/comune_potenza.pdf>[Data di accesso: 15/11/2006].

23 Il coordinamento è formalizzato e attivo a tutti i livelli, tecnico politico, gestionalee operativo. Per il livello politico opera un Comitato di indirizzo e coordinamento,presieduto dal Sindaco e composto dal Direttore generale, dagli Assessori, daiCoordinatori d’area, funzionale e di programma, e occasionalmente da esperti esterniche partecipano alle sedute su convocazione e per specifiche materie di trattazione.Per il coordinamento gestionale agisce la Conferenza di servizio, presieduta dalDirettore generale e dai responsabili delle Unità di direzione, di staff e di linea, di1° e 2° livello, nonché di i dirigenti incaricati di svolgere funzioni di consulenza,ricerca e studio. Per il livello operativo, infine, che si svolge per Aree funzionali eUnità di direzione, c’è il Coordinamento di area che ha il compito di garantirel’integrazione e l’organicità delle attività delle Direzioni, il collegamento con gliorgani di Governo e con gli organismi esterni.

24 Comune di Potenza, Regolamento di organizzazione. Il Regolamento definiscel’assetto organizzativo “aperto all’interazione con gli altri livelli istituzionali e coni soggetti della società civile”.

25 BURGARELLA, M., 2006. Caso di studio: Provincia di Palermo. In: Modelli digestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei, op. cit. Disponibileanche online su: <http://http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/provincia_palermo.pdf>

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27 In questi assetti la gestione delle risorse umane quasi scompare perché accorpataalla gestione delle altre risorse in tutte le unità terminali della struttura. Qui iresponsabili del personale sono tutti coloro che come unità terminale erogano servizial cittadino, alle imprese, alle altre istituzioni pubbliche e l’unità preposta allagestione delle risorse umane ha una funzione centralizzata di regia per l’elaborazionedi linee di propulsione e sviluppo di nuovi metodi gestionali, oltre che una funzionedi consulenza interna a tutte le altre unità che esercitano le funzioni del privatodatore di lavoro. L’Ufficio del Personale è quindi ridotto ai minimi termini ed è unnocciolo duro per la gestione delle risorse umane. Si tratta di una modalità gestionaleperseguita soprattutto nei Paesi che per primi hanno sperimentato formuleorganizzative di Amministrazione civil servant, dove tutte le strutture organizzative,comprese quelle tradizionalmente considerate serventi, vengono ridisegnate con unalogica che guarda all’utente, dove l’organizzazione del lavoro per processi lascia ilposto a quella per prodotti di servizio.

28 MASTROGIUSEPPE, P., 2006. Caso di studio: Comune di Avellino. In: Modelli digestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei, op. cit. Disponibileanche online su: <http://http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/comune_avellino.pdf>[Data di accesso: 15/11/2006].

29 QUARESIMA, S., 2006. Caso di studio: Comune di Reggio Calabria. In: Modellidi gestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei, op. cit.Disponibile anche online su: <http://http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/comune_reggio_calabria.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].

30 Cfr., tra gli altri, Formez, 9° Rapporto nazionale sulla formazione nella P.A. Loscenario della formazione nel sistema delle autonomie locali, Quaderni Formez, n.47, Roma, 2006.

31 Si veda ad es. la Provincia di Isernia.

32 Per credito formativo si deve intendere l’unità di misura del possesso di conoscenze

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teoriche, competenze e abilità professionali ottenute attraverso l’acquisizione diattività di formazione.

33 Si veda il par. 2.2.

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di Bruno Angelini, Jaime Rojas Elgueta, Giancarlo Senatore(a cura di Bruno Angelini)

Il governo del personale

nel contesto delle Amministrazioni

pubbliche europee

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3.1 Introduzionedi Bruno Angelini

Il confronto sullo stato attuale del processo di convergenza delle modalità digestione e di organizzazione delle risorse umane in alcuni Paesi d’Europa nonpuò essere sviluppato se non tenendo conto di alcuni rischi che possonodiventare, comunque, opportunità ed arricchimento, sempre presenti nellabibliografia esistente sul tema:

a) la “temporaneità” del confronto: le considerazioni che seguirannorestano affidabili solo se riferite al tempo presente di elaborazione delpresente paragrafo;

b) la “comparabilità”, fortemente limitata da tradizioni e cultureamministrative nazionali che ancora oggi, nonostante i progressi legatiall’integrazione europea, impegnano e condizionano pesantemente lescelte prevalentemente organizzative che i decisori politici effettuanocon comune urgenza in tutti i Paesi analizzati;

c) la “soggettività” delle analisi e delle riflessioni. Essendo l’evoluzionedegli assetti organizzativi anche il risultato dell’evoluzione degliindividui delle organizzazioni il confronto non potrà che chiamare in

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Il governo delle relazioni sindacali: la contrattazione decentrata integrativa

di Bruno Angelini, Jaime Rojas Elgueta, Giancarlo Senatore

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causa l’esperienza di coloro che, a vari livelli, intessono relazionisignificative nel contesto dei rapporti professionali ed istituzionali fra ivari Paesi e le varie Amministrazioni. In questa chiave andrebbe, adesempio, privilegiata la formazione come confronto di esperienze trapari, da realizzarsi attraverso l’incontro tra lavoratori pubblici chericoprono lo stesso ruolo in Amministrazioni di Paesi diversi.

Complessivamente, il capitolo intende trasmettere un modo di interpretare larealtà di Direzioni del personale diverse tra loro ma maturate tutte nel contestointernazionale. L’interpretazione proposta intende promuovere lo scambio diesperienze utili per la sperimentazione di nuovi modelli gestionali, per porre lepremesse per l’implementazione di un percorso in divenire di un sistema digestione delle risorse umane.

Nello specifico, i contributi di Giancarlo Senatore sono la sintesi di un Viaggiodi studio promosso dal Dipartimento della Funzione Pubblica, Ufficio per ilPersonale delle Pubbliche Amministrazioni (UPPA), e realizzato dal Formez incollaborazione con la società di consulenza RSO. Il Viaggio di studio harappresentato un’occasione di apprendimento su due modelli di gestione dellerisorse umane, uno francese e l’altro inglese, che nella realtà pubblica europeahanno contribuito in fase preliminare alla costituzione di un Laboratoriopermanente per la creazione di una rete di esperti interni alle Pubblicheamministrazioni centrali per lo scambio di conoscenze sui sistemi gestionali dellavoro pubblico.

Il Viaggio di studio è stato, infatti, realizzato, per i lavoratori pubblici italianiche vi hanno partecipato, con l’obiettivo di:

✓ comprendere la provenienza degli istituti organizzativi che sono statiintrodotti nella legislazione italiana a partire dal 1990;

✓ presentare i due principali modelli di gestione del pubblico impiego(career based e position based) alla luce dei comuni trend dicambiamento quali la riduzione del gap tra management pubblico eprivato, la riduzione della dimensione della forza di lavoro pubblica, ladecentralizzazione e flessibilità, la diffusione di logiche diresponsabilizzazione della dirigenza e l’adozione di sistemi diretribuzione basati sulla performance, nonché la riforma della gestionedel senior management.

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Il contributo di Senatore è, pertanto, orientato alla descrizione di alcune scelteche i Paesi osservati hanno effettuato rispetto a specifiche tematiche strategiche,effettuandone a tratti anche una narrazione finalizzata ad agevolarne l’eventualetrasferibilità in altri contesti rispetto a quelli delle realtà analizzate. Le tematichestrategiche oggetto della presentazione che l’autore effettua per Francia e RegnoUnito sono essenzialmente cinque:

1. la tradizione amministrativa;2. i sistemi di selezione e di accesso;3. il sistema di sviluppo delle carriere;4. i sistemi di controllo e valutazione;5. la disciplina del lavoro pubblico.

I contributi di Jaime Rojas Elgueta sono il risultato di analisi effettuate sul camponell’ambito delle attività di elaborazione del Repertorio dei modelli nazionalied europei di gestione delle risorse umane cui la società di ricerca, consulenzae comunicazione S3 Opus ha contribuito per conto del Formez1.

I due contributi, uno sulla regione della Catalogna, in Spagna, e l’altro sulComune di Assen, nei Paesi Bassi, documentano esperienze evolute di gestionedel personale, che affermano una concezione di Amministrazione pubblica i cuiprogrammi non rincorrono i bisogni emergenti nell’oggi ma che propongono unavision in grado di precorrere i tempi. Si intravede un’idea di organizzazionequale espressione della creazione artistica delle persone, basata su di un’otticadi sistema di gestione e di organizzazione delle risorse umane non rinchiusa inun rigido modello ma concepita come un processo in divenire.

I casi proposti da Rojas inducono a riaffermare che alla base delle organizzazioniefficienti c’è, in qualche modo, l’immaginazione creativa e piena di idealeumano, professionale, politico e sociale. In questo senso una comparazionesignificativa con le realtà europee permette alla realtà italiana di far tesoro disecoli di estro creativo in termini di organizzazioni, soluzioni istituzionali,impianti amministrativi e contesti socio-economici.

Analogamente, nei sistemi Paese osservati, si riafferma la centralità del cittadinoquale ragion d’essere dell’Amministrazione pubblica, dove l’organizzazione èpiù orientata verso l’esterno, la funzione di gestione delle risorse umane èincorporata nelle funzioni di servizio pubblico e l’Ufficio del personale è ridotto

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ad un numero di consulenti interni. Si tratta di uno stile che permette di liberarerisorse che contribuiscono a generare un concetto in divenire piuttosto che unrigido modello di gestione delle risorse umane, dove l’evoluzione degli assettiorganizzativi è il risultato della crescita umana e professionale degli individui.

Ed è proprio a questo livello che il confronto ha chances di essere ricco e pienodi prospettive, grazie anche al patrimonio di risorse intellettuali e professionaliin grado di progettare sistemi di gestione delle risorse umane evoluti, utili perl’evoluzione anche del Sistema Paese italiano. Infatti, non solo esistono diversi“modelli di direzione del personale” ma anche diversi “approcci” al sistemagestionale ed organizzativo delle risorse umane, che talvolta esulano dai modelli.Questo modo di interpretare la gestione vale ancor più quando è l’essere umanoad essere coinvolto: il cittadino, il cliente, il politico, l’amministratore o illavoratore pubblico. L’essere umano che, per quanto studiato e conosciuto nellesue reazioni, rimane libero, misterioso e incontrollabile nelle sue decisioni.

L’essere umano, d’altronde, rimane al centro del nostro vero interesse: “Lapreoccupazione dell’uomo e del suo destino deve sempre costituire l’interesseprincipale di tutti gli sforzi tecnici; non dimenticatelo mai, in mezzo ai vostridiagrammi e alle vostre equazioni” (Albert Einstein).

3.2 Il sistema Francia: un approccio istituzionale ingrande trasformazione2

di Giancarlo Senatore

La Fonction Publique francese si articola in tre sistemi amministrativi separatie paralleli: la Funzione Pubblica centrale, la Funzione Pubblica territoriale e laFunzione Pubblica ospedaliera, che raccoglie tutto il settore sanitario.

Più di 5 milioni di persone lavorano per le tre Funzioni Pubbliche; lo Stato èin Francia il principale datore di lavoro. Il 16,5% del totale dei dipendenti è unimpiegato pubblico, a fronte dell’11,3% dei dipendenti pubblici tedeschi e del10,1% degli italiani. Oltre il 50% dei funzionari lavora per le Amministrazionicentrali, il 30% presso gli Enti locali e il 19% circa nel settore sanitario.

Le tre Funzioni Pubbliche si articolano a loro volta in un sistema moltostrutturato di Corps. Ogni Corps ha un proprio statuto e determina specifiche

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funzioni; a sua volta un Corps è diviso in diversi gradi e i gradi in vari scaglioni.Ogni livello corrisponde ad un indice che viene utilizzato per il calcolo dellaretribuzione. In totale si contano più di 1.700 gradi e scaglioni diversi nei Corps,tra ordini professionali e posizioni statutarie.

Ogni Corps assicura ai funzionari che ne fanno parte un sistema di solidegaranzie retributive e previdenziali, regolate dal diritto pubblico, fortementegarantiste nei confronti del dipendente. Tale parcellizzazione dei funzionaripubblici entro sistemi altamente strutturati e rigidi rende difficile una gestioneomogenea delle risorse umane del settore pubblico.Anche la dirigenza pubblica è inquadrata nel sistema dei Corps, più precisamentenei Grands Corps. Si possono distinguere due categorie di dirigenti: gliamministrativi e i tecnici. Al primo gruppo appartengono 19 ordini a cui siaccede attraverso l’ENA (École Nationale d’Administration), la scuola nazionaledi amministrazione che prepara ad un profilo di generalista dell’amministrazione.I tecnici, invece, si distribuiscono in 7 categorie professionali e provengono dalleGrandes Ecoles, come ad esempio l’Ecole Polytechnique, ed hanno un profilopiù specialistico in diversi ambiti di materia.

I Grands Corps rappresentano un importante collante al vertice del sistema. Datol’intreccio delle carriere tra i vertici amministrativi e i vertici politici, in ognimomento esiste un elevato numero di politici ed alti dirigenti che condividonola medesima formazione e socializzazione. Questo aspetto è importante per ilgrado di coordinamento orizzontale all’interno delle strutture esecutive centrali.Infatti, in Francia lo Stato è, nel suo insieme, una macchina frammentata, le cuistrutture ministeriali sono spesso in turbolenza, dove non esistono uno o piùministeri centrali in grado di assicurare omogeneità amministrativa. I GrandsCorps controbilanciano, in parte, questa frammentazione e assicurano un livellointermedio di coordinamento orizzontale.

Anche la Francia, a partire dalla seconda metà degli anni ’90 del secolo scorso,ha dato vita ad un processo di modernizzazione amministrativa, caratterizzatodalla continuità di tematiche e politiche più che da differenze di parte tra Governidi destra e di sinistra. Il processo di riforma è rimasto piuttosto impermeabilealle idee del New Public Management, cha dal Regno Unito e dalla NuovaZelanda si sono diffuse nella maggior parte dei Paesi occidentali. La Francia hasviluppato un proprio pensiero e una propria retorica sulla riforma

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amministrativa, che si articola su tre linee principali:✓ decentralizzazione (trasferimento di poteri dalla funzione pubblica

centrale alla funzione pubblica territoriale);✓ deconcentrazione (trasferimento di competenze e autonomia gestionale

alle unità periferiche del governo centrale e alle agenzie);✓ modernizzazione delle forme di gestione (introduzione di sistemi di

valutazione delle performance, attribuzione dei budget sulla base degliobiettivi, introduzione delle nuove tecnologie per semplificare i processie migliorare la qualità dei servizi erogati).

Sistemi di selezione e accesso La Francia ha un sistema di selezione delle risorse umane per l’amministrazionepubblica iscrivibile ai cosiddetti modelli career based: l’ingresso avvienegeneralmente all’inizio della vita professionale tramite concorso pubblico, lapromozione è basata su un sistema di gradi che si raggiungono in baseall’anzianità di servizio e la possibilità di entrata nell’Amministrazione a metàcarriera è fortemente limitata.

Come molti altri nazioni di Civil Law, tra cui l’Italia, l’accesso alla carrieranella funzione pubblica avviene per concorso. La modalità di selezione varia infunzione del livello dell’amministrazione a cui si accede. Vi sono tre categoriedi concorsi: esterni, interni e il cosiddetto “Terzo concorso”, destinato a chi hamaturato esperienza professionale nel settore privato e decide di accedere alsettore pubblico. L’introduzione di questa ulteriore porta di accesso alle funzionipubbliche favorisce la contaminazione con culture professionali diverse edinnovative provenienti dal settore privato.

Oltre ai metodi di selezione appena descritti, sono previste anche forme flessibilidi impiego. Nel 2002 è stata introdotta la modalità diretta di assunzione, cheprevede l’ingresso senza concorso con contratto temporaneo. Dall’inizio del2006 questo strumento è stato sostituito dal PACTE (Parcours d’accès auxcarrières de la fonction publique territoriale, de la fonction publique hospitalièreet de la fonction publique de l’Etat – Percorso di accesso alle carriere delpubblico impiego territoriale, del pubblico impiego ospedaliero e del pubblicoimpiego statale). Si tratta di un contratto di diritto pubblico destinato ai giovanifino a 26 anni e della durata di minimo un anno e massimo due anni. Questocontratto prevede che si alternino momenti di stage a momenti di formazione

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in aula e che allo scadere del contratto, previa verifica attitudinale, il candidatopossa prendere servizio come titolare.

Per le cariche più alte, di collaborazione diretta con il livello politico (Uffici diGabinetto ministeriali), la nomina è di tipo politico e può essere effettuata, oltreche tra i funzionari di più alto grado già operanti nell’amministrazione, anchetra professionisti esterni, che possono sottoscrivere contratti di assunzionetemporanea o permanente.

Sistema di sviluppo delle carriereIn generale il sistema si articola in tre fasce, A, B e C, ovvero dagli incarichidirigenziali a quelli di supporto che non richiedono studi o titoli specifici. Inquanto sistema career based, anche le progressioni di carriera sono rigidamenteinquadrate all’interno dei Corps. Esse sono regolate da uno statuto generale edagli statuti dei singoli Corps. Il passaggio ad un grado più elevato è possibileattraverso concorso interno oppure concorso esterno se si tratta di passaggio daun Corps all’altro. All’interno dello stesso grado la progressione è di tipoeconomico e per scaglioni successivi, secondo una griglia salariale predefinita.

La promozione tiene conto sia dell’anzianità, sia dei meriti dei dipendenti,valutati attraverso un esame professionale, la cui buona riuscita consentel’avanzamento di grado. In certi casi è sufficiente seguire un corso di formazioneper accedere ad una progressione di carriera. Dal 1996, infatti, un Accordoquadro prevede un diretto collegamento tra formazione e carriera, ma nellapratica solo alcuni ministeri hanno seguito questa indicazione e solo per alcunecategorie tecniche. Ogni anno la legge finanziaria stabilisce la percentuale dellepromozioni che possono essere concesse in aggiunta ai posti vacanti.

Per quanto riguarda la mobilità, questa costituisce in linea generaleun’opportunità per il dipendente e non può essere imposta. Ne usufruisce circail 3% del totale degli impiegati pubblici. Il processo di decentramento verso gliEnti territoriali ha generato un fabbisogno di personale sul territorio, al quale siè risposto con un progressivo trasferimento di dipendenti coerente con iltrasferimento di funzioni. Gli istituti della mobilità previsti dalla normativafrancese sono principalmente due:

• la mise à disposition, il dipendente, per un massimo di 3 anni, può prestareservizio in un’altra amministrazione, mantenendo lo stipendio di partenza;

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• le détachement, il dipendente che cambia amministrazione è pagato dallanuova organizzazione, ma conserva i diritti di promozione e pensionedell’amministrazione d’origine.

Sistemi di controllo e valutazioneNel quadro delle riforme in atto in Francia relative alla Legge di riforma delbilancio, la leva della valutazione è diventata uno strumento che completa lenuove forme di gestione delle risorse pubbliche. Infatti, la Legge di bilanciodello Stato prevede una distribuzione delle risorse all’interno dei ministeri nonpiù per competenze ma per obiettivi: il consuntivo è quindi dato dalla valutazionedel raggiungimento degli stessi. La valutazione delle risorse umane diventa inquest’ottica una leva strategica per il funzionamento del sistema.

Non soltanto il caposervizio è responsabile degli obiettivi di budget, ma anche idipendenti vengono valutati sulla base del conseguimento degli obiettivi individuali,definiti in funzione degli obiettivi collettivi del servizio. In questo modo l’esitodella valutazione dei dipendenti di un dato servizio rappresenta un interessantestrumento di monitoraggio dell’andamento del servizio per il suo responsabile.

Disciplina del lavoro pubblicoIl rapporto di lavoro dei pubblici impiegati è disciplinato dallo Statuto generaledei funzionari (Legge 13 luglio 1983), forma di regolamentazione unilateraleche riguarda gli aspetti retributivi e normativi (congedi e sanzioni disciplinari).Il sindacato francese ha un ruolo depotenziato rispetto alla funzione pubblica,soprattutto se paragonato a quello italiano. Per questa ragione non si può parlaredi vera e propria concertazione. I confronti non terminano in un accordo formalee la concertazione non crea vincoli per le parti. Essi hanno però un innegabilevalore politico e simbolico. Questo è considerato un punto problematico perchél’assenza di un potere negoziale reale e paritetico nelle fasi di confrontoimpedisce l’attuazione di politiche del personale più evolute.

Esistono organi formali di concertazione, come le Commissioni amministrativeparitetiche, organizzate in base ai Corps, che si occupano principalmente diquestioni individuali (assunzione, retribuzione, sanzioni disciplinari), i Comitatitecnici, previsti per ciascun ministero, che si occupano di questioni collettive eil Consiglio Superiore della Funzione Pubblica, organo con ampie competenzeche interviene in tutti i settori della funzione pubblica.

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A fianco degli organi formali della consultazione, si rilevano delle modalità informalidi concertazione: le organizzazioni sindacali possono prendere parte a livellonazionale ai negoziati preliminari con il Governo per la definizione delle retribuzioni,con cui stipulano un Protocollo d’intesa che ha valore politico ma non vincolanteper il Governo sul piano formale. La Francia si caratterizza per una netta separazionetra partecipazione e contrattazione: se in Italia la partecipazione è prevista e stabilitadal contratto e dalla contrattazione collettiva, in Francia la contrattazione è unaprocedura separata e in parte subordinata alla partecipazione. Inoltre, il sistemafrancese si caratterizza per avere una contrattazione fortemente centralizzata, aspettoche condiziona sensibilmente la contrattazione e la partecipazione.

La contrattazione collettiva è stata introdotta in Francia nel 1983 e nel corsodel tempo sono aumentati gli ambiti della negoziazione riconosciuti (dal solosalario alle condizioni organizzative del lavoro). Alla fine del negoziato si giungead una nota conclusiva o all’accordo salariale. Tali dichiarazioni rimangono tali,non hanno valore vincolante ma devono essere approvate dal Parlamento e dalpresidente della Repubblica. Quindi, se da un lato il Governo ha riconosciuto ildiritto alla contrattazione anche per i lavoratori nel settore pubblico, dall’altrolato non è stato riconosciuto nessun vincolo per la funzione pubblica né è statapromossa la bilateralità dei rapporti tra parti sociali.

La partecipazione ha natura consultiva e si esprime attraverso le procedureelettorali per la rappresentanza dei dipendenti pubblici, come espressione dellapartecipazione agli organi di consultazione formali sopraindicati.

3.3 Il sistema Regno Unito: un approccio organizzativopubblico privato3

di Giancarlo Senatore

Il Regno Unito impiega 5.882.000 “Servitori della Corona”. Dopo una lungafase di contrazione del Civil Service, negli ultimi anni il numero di impiegatinel settore pubblico è cresciuto. Con il 13,5% di impiegati pubblici sul totaledei dipendenti, il Regno Unito si colloca poco al di sotto della Francia, ma soprala Germania, l’Italia e i Paesi Bassi. A differenza della Francia, che mostraancora una predominanza netta dell’impiego nella P.A. centrale, nel Regno Unitocirca metà dei dipendenti pubblici lavora nell’amministrazione locale, mentrenegli uffici centrali è impiegato il 44% dei dipendenti pubblici.

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L’organizzazione del sistema pubblico britannico ha conosciuto profondetrasformazioni a partire dagli anni ‘80 del secolo scorso, fortemente influenzatedalle tesi del New Public Management. Le principali direttrici del cambiamentosono state due:

✒ il processo di devoluzione di funzioni e risorse verso i nuovi soggettiautonomi Scozia, Galles e Irlanda del Nord, che si sono dotati di organielettivi e di governo indipendenti;

✒ un nuovo modello organizzativo di erogazione dei servizi pubblici, chesi fonda sul principio di separazione dei luoghi di governo e controllodell’offerta di servizi (i dipartimenti) dagli organi deputati all’erogazionediretta (le Next Steps Agencies).

Il Regno Unito si è affermato in Europa come “campione delle riforme”: graziealla sua struttura amministrativa flessibile – si ricorda che nel Regno Unito,paese di Common Low, non esiste il diritto amministrativo – è stato possibileriformare il sistema pubblico senza incontrare grossi ostacoli formali. Per citarequalche esempio, le Next Steps Agencies, che hanno rivoluzionato le modalitàdi erogazione dei servizi pubblici britannici, sono state introdotte senza alcunalegge. E con lo stesso provvedimento il Governo Thatcher ha spostato circa dueterzi del personale ministeriale verso le nuove agenzie.

L’assenza di stringenti vincoli formali ha permesso anche al processo di devoluzionedi trovare vie originali: i nuovi soggetti governativi sub-nazionali hanno potutonegoziare direttamente con la Corona i margini di autonomia di governo, dandovita ad un sistema di autonomie del tutto asimmetrico, che vede al primo posto ilParlamento Scozzese e all’ultimo l’Irlanda del Nord, con poteri sensibilmenteinferiori alle altre autonomie. L’Inghilterra, d’altra parte, non ha nessuna forma diamministrazione regionale ed è completamente assimilata alla Corona.

A differenza della Francia, dove, come abbiamo visto, vi è una certa continuità nelprocesso di riforma amministrativa che prescinde dall’avvicendarsi al governo dicoalizioni con orientamenti diversi, nel Regno Unito la ownership delle riforme èinvece fortemente legata al colore politico di Downing Street. I Governi Blair, adesempio, si sono fatti portatori di una visione dell’organizzazione del settore pubblicoantagonista al modello thatcheriano ed hanno dato vita ad un ulteriore processo ditrasformazione orientato ad integrare tra loro i servizi pubblici e gli organismi cheli offrono, per contenere le forze centrifughe scatenate dal programma Next Steps.

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L’origine della differenza tra i due Paesi va cercata nei due diversi modelli didirigenza pubblica: da un lato il sistema francese, fortemente tecnocratico ecaratterizzato dall’intreccio delle carriere tra i vertici politici e i verticiamministrativi, assicura continuità ai processi di riforma, dall’altro nel modellobritannico, dove vige un rigoroso sistema di spoils system, le improvviseinversioni di rotta sono più frequenti. L’immagine del funzionario inglese negliultimi anni è mutata: da figura neutrale ed imparziale è sempre più simile a unconsigliere e uomo di fiducia del politico, scelto non solo per l’affidabilitàprofessionale, ma anche per l’adesione alla linea di governo. La crescita delnumero di nomine appannaggio dell’autorità politica ha generato l’aumento dellapoliticizzazione dell’amministrazione inglese (si noti l’enorme crescita deglispecial advisers, consulenti esterni di nomina).

Occorre, però, precisare che dal 1996 è stato introdotto nel Regno Unito il SeniorCivil Service (SCS), cui fanno capo 3.500 alti dirigenti della Corona, i consiglieripolitici e gli amministratori più importanti. L’istituzione del SCS rispondeall’esigenza di disporre di personale dotato di alte competenze e di un bagaglioculturale comune e condiviso.

Sistemi di selezione e accessoIl modello di gestione del pubblico impiego rientra nei cosiddetti modelliposition based in cui la selezione dei migliori candidati avviene, per ciascunaposizione, attraverso reclutamento dall’esterno oppure promozione interna.Questi sistemi sono caratterizzati da un accesso più libero e l’ingressodall’esterno è relativamente comune anche per le posizioni di middlemanagement.

Nel Regno Unito le procedure di selezione sono definite dal Civil ServiceCommissioners Recruitment Code. I dipartimenti e le agenzie possonoselezionare autonomamente i propri dipendenti nel rispetto delle regole stabilitedal Codice. L’assunzione non è subordinata al possesso di certificati di studio,ma è basata sulle competenze richieste per il profilo ricercato, che vengonoverificate al momento della selezione.

Questo sistema di selezione facilita uno scambio maggiore di risorse umane trail settore privato e quello pubblico. Le esperienze professionali accumulate fuoridalla P.A. sono apprezzate se hanno dotato il candidato di competenze necessarie

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per il lavoro offerto. Allo stesso modo, il passaggio dal settore pubblico a quelloprivato è meno difficile che in altri Paesi (come, ad esempio, in Italia).

Nel Senior Civil Service, l’accesso ai diversi posti di senior level non è riservatoai soli appartenenti al Civil Service, poiché si può far ricorso al mercato del lavoroprivato, attraverso specifiche procedure concorsuali. Al SCS si accede ancheattraverso una particolare procedura, il Fast stream development programme, checonsente a giovani brillanti, usciti dalle università più prestigiose del Regno Unito,di accedere direttamente ai livelli più elevati dell’amministrazione per gestiresettori cruciali quali l’economia e gli affari interni ed esteri.

Sistema di sviluppo delle carriereA differenza della Francia, nel Civil Service non è previsto un rigido e formalecursus di avanzamento di gradi. Il sistema di carriera è simile a quello del settoreprivato: più flessibile e legato alle performance del dipendente, invece che agli annidi servizio. Il Cabinet Office assiste i dipartimenti e le agenzie nello sviluppo dellecarriere dei dipendenti pubblici. Alcuni programmi di sviluppo del personale sono:

• Improving Leadership Capacity, un ampio programma che parte dallariforma del Civil Service e mira a sviluppare e a gestire le capacità deicivil servants per far fronte alle nuove esigenze dell’Amministrazionepubblica;

• Modernising People Management (MPM), che assiste le organizzazioninella formazione di personale ad alta professionalità.

Per quanto riguarda la formazione, i dipendenti pubblici di nuova assunzionevengono formati per la loro specifica posizione con stages e altre attivitàformative (come ad esempio l’induction training) organizzate dalle stesseAmministrazioni oppure da scuole specializzate.Oltre a questi programmi, non vi sono obblighi (né diritti) a frequentare corsidi formazione. In realtà, la formazione continua è una condizione precipua perbeneficiare di promozioni professionali e, dunque, viene di volta in voltaconcordata con il direttore responsabile.

Rispetto alla mobilità, vi è ampia possibilità di ottenere trasferimenti temporanei,che vengono gestiti da ciascun dipartimento ed agenzia. La mobilità geograficae di lavoro è ampiamente praticata ed è semplice da attuare, soprattutto tra ivari dipartimenti. I civil servants assunti a tempo pieno e con un livello superiore

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a quello impiegatizio possono essere chiamati a trasferirsi permanentemente inamministrazioni pubbliche comprese entro un certo raggio di distanza dalla loroabitazione. Gli avvicendamenti dei dipendenti non avvengono solo tradipartimenti e agenzie, ma anche tra il settore pubblico e quello privato. Inultima analisi, la mobilità è considerata più come una forma di rotazione di ruoliche come un sistema di sviluppo della carriera.

Sistemi di controllo e valutazioneLe riforme degli anni ‘80 del secolo scorso hanno introdotto nel settore pubblicobritannico gli stessi strumenti di valutazione applicati nel settore privato. Si trattadi sistemi di valutazione delle prestazioni (Performance management), finalizzatiprincipalmente ad orientare le performance individuali verso gli obiettivi generalidell’Amministrazione e ad evidenziare e sviluppare le potenzialità personaliattraverso un sistema di ricompense della performance.

Il sistema delle retribuzioni è collegato alla valutazione (Performance-RelatedPay) ed è finalizzato ad incrementare la retribuzione per le prestazioni dieccellenza e coerenti con gli obiettivi generali dell’amministrazione. Il sistemaprevede anche bonus una tantum erogati sulla base degli obiettivi raggiunti inun dato lasso di tempo.

La coerenza tra gli obiettivi individuali e quelli generali dell’amministrazione èassicurata da un sistema di trasmissione degli obiettivi a cascata. Il Ministerodelle Finanze stipula con i singoli dipartimenti degli accordi triennali chedefiniscono i traguardi da raggiungere e le principali azioni e risorse adisposizione. Ogni dipartimento definisce al suo interno con le varie unità iBusiness Unit Plans, ovvero dei piani che dettagliano a livello individuale leresponsabilità, le risorse e gli obiettivi. Due volte l’anno si procede con ilmonitoraggio dell’avanzamento nel piano di attività e si verifica ilraggiungimento degli obiettivi generali. Sulla base dell’esito della valutazionedelle performance così articolata si definiscono le retribuzioni.

I Senior Civil Servants sono sottoposti a forme di autovalutazione, sulla cui basel’intervistatore redige un rapporto.

Disciplina del lavoro pubblicoA partire dall’era Thatcher la contrattazione collettiva ha assunto un ruolo meno

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rilevante nel Regno Unito. Per l’amministrazione centrale i principali aspetticontrattuali, come ad esempio la retribuzione, sono negoziati direttamente conle agenzie e i dipartimenti. Non vi sono agenzie di rappresentanza del datore dilavoro pubblico (come l’A.R.a.N in Italia). Nel caso del Civil Service il datoredi lavoro è rappresentato dai Senior Civil Servants. Nel caso in cui vi sianoargomenti da discutere che impattano sul Servizio pubblico nel suo complesso,il datore di lavoro pubblico viene rappresentato da un Senior Civil Servant delCabinet Office.

A livello locale la contrattazione è molto debole e si svolge nel quadro di marginimolto ristretti definiti al centro. La maggior parte delle amministrazioni concordaed applica, con un regime affine alla concertazione, modifiche contrattuali percategorie definite senza però discostarsi eccessivamente dal framework comune.

Le singole autorità locali hanno la facoltà di scegliere se applicare o meno ai lorodipendenti le regole definite dagli accordi nazionali. Le autorità locali agisconoattraverso il Local Government Association e le Employers Associations.

Per quanto riguarda le professioni mediche, i principi generali del sistemasanitario nazionale (National Health Service – NHS) sono definite da una seriedi documenti: General Whitley Council Handbooks, National Health Service Act,National Health Service and Community Care Act e Remuneration Regulations.Per quanto riguarda il NHS il datore di lavoro è rappresentato all’interno delGeneral Whitley Council da Senior Civil Servants e Senior Staff.

3.4 Il sistema Catalogna: la gestione strategica delle città,gestione strategica del personale di Jaime Rojas Elgueta

Lo studio del sistema di governance delle risorse umane nelle Pubblicheamministrazioni della regione della Catalogna ha individuato nell’interazione delleAmministrazioni pubbliche con il territorio la chiave di lettura del sistema PaeseSpagna. È infatti il Comune di Barcellona che per primo negli anni ‘80 del secoloscorso idea e attua i primi piani strategici della città, piani che oggi sono diventatil’asse portante di tutte le politiche delle amministrazioni pubbliche locali catalane,compresa quella della gestione delle risorse umane, oggi parte di un assetto digoverno per piani strategici integrati. Ciascuna città catalana si connota per un

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sistema di gestione delle risorse umane che è un continuum con un proprio sistemadi governance della città, dove l’elemento che forse più colpisce è l’esplicitazionedei valori sottesi. I valori che ispirano le politiche del personale sono sintetizzatinegli slogan delle città: città delle e per le persone, città equilibrata e coesa, cittàsostenibile e rispettosa delle generazioni future, città del senso civico, cittàdinamica e solidale, città moderna e avanguardista, città delle conoscenze.

Della regione catalana sono stati analizzati i casi di cinque Amministrazioni, laDiputació de Barcelona4, entità amministrativa assimilabile alla Provinciaitaliana, e quattro dei suoi Ajuntament, assimilabili ai Comuni.

La scelta è ricaduta sulla Spagna, in specie sulla Catalogna, non perchécaratterizzata da assetti amministrativi presuntivamente somiglianti, almenonell’idea di alcuni, a quelli italiani. Queste aree geografiche sono interessantisoprattutto per i caratteri di vitalità sociale e innovazione che le contraddistinguono,fattori oggi facilmente associati al potenziale di competitività che la regione catalanarinnova costantemente5.

Le Amministrazioni pubbliche spagnole, più in generale, hanno fatto registrareuna forte crescita dell’apparato pubblico, iniziata nel 1977 con il postfranchismo, che è arrivata a segnare un +100% degli organici solo negli ultimi10 anni: gli addetti occupati nel settore pubblico sono il 13% del totale.Strettamente correlato è il processo di decentramento amministrativo: da un latoil personale dipendente dell’Amministrazione locale aumenta del 15% tra il 1995e il 2005, dall’altro lato l’Amministrazione centrale riduce nello stesso periodoi suoi organici del 41%. Il fenomeno più rilevante è la regionalizzazione, conil rafforzamento delle Comunità autonome (che sono 17) che da sole oggioccupano la metà degli impiegati pubblici spagnoli, che associate alleAmministrazioni provinciali (50) e comunali (8.106) arrivano a contare il 77%del personale dell’intera Amministrazione pubblica locale6.

La Regione della Catalogna conta da sola 600 Ajuntament, di cui 37 nell’areametropolitana di Barcellona. Il fattore che accomuna queste Amministrazioni èl’avere sviluppato ognuna una propria interpretazione di cultura managerialedelle risorse umane in relazione ai propri contesti, tutti connotati dallamultietnicità. I tratti distintivi del sistema di gestione delle risorse umane diquesta regione sono individuabili in cinque punti:

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1. Avanguardia nella creazione di figure manageriali settoriali e per area:l’introduzione dei manager nei diversi livelli organizzativi è una realtàtipicamente catalana rispetto al resto della Spagna che è stata favorita daun atteggiamento politico locale che ha dato spazio alle ragioni gestionalidel tempo in cui le prime figure manageriali venivano introdotte (anni ’90del secolo scorso). In questo senso, una variabile importante nellaconfigurazione della tipicità catalana è l’apprendistato spontaneo dellaclasse politica in assenza di un sistema normativo7.L’Ajuntament del Prat de Llobregat8 (il Comune di El Prat), 63 mila abitanticirca, fu leader in questo ambito, introducendo per primo le figuremanageriali, dando la spinta allo sviluppo economico e sociale del territorioe investendo sul progresso tecnologico da un lato, e sulla coesione socialedall’altro lato. Le figure manageriali sono oggi diffuse in tutti i Comuni.Ma in alcuni, come nello stesso caso di El Prat, hanno perso il loro ruolopropulsore, mentre in altri, come nel caso dell’Ajuntament de Cerdanyoladel Vallès9 (il Comune di Cerdanyola), alcune figure di questa classedirigente sono state addirittura abolite senza che ciò provocasse impattirilevanti nel perseguimento delle consolidate strategie territoriali comunali.Per El Prat l’essere divenuta una realtà gestionale pubblica all’avanguardianon ha comunque garantito la costante del successo e l’introduzione distrumenti e figure manageriali al top dell’innovazione non ha impedito chel’eccellenza cessasse nel momento in cui la componente politica ha iniziatoa dare segnali contraddittori. Questo punto potrebbe indurre molte riflessioni sul ruolo nei fatti assuntonel tempo da figure quali i Direttori e i Segretari generali nelleAmministrazioni pubbliche locali italiane. Basta ricordarsi, per fare unesempio che non porta alla mente nulla di nuovo, che il controllo di gestioneè uno degli strumenti manageriali sui quali maggiormente si è scommessonel passato più recente della riforma amministrativa italiana e che sarebbedovuto essere presidiato, con maggiore successo di quanto non si siaregistrato, da queste figure manageriali.

2. Stretto rapporto tra vertice politico e amministrazione per la sperimentazione:l’analisi dei sistemi di governo del personale dei Comuni della Catalognadimostra, come già accennato per il caso precedentemente richiamato, come,nell’ambito di una cultura organizzativa imperniata sulla sperimentazionecontinua di nuovi strumenti manageriali di gestione delle risorse umane, sia

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centrale il valore della committenza politica locale. Contrariamente a quantoper certi versi si possa pensare, maggiore è la vicinanza tra potere politico eamministrazione, maggiore è il margine di sperimentazione.El Prat indica che un Ente che ha sperimentato con successo, prima di moltialtri, strumenti gestionali di alta sofisticazione, che hanno negli anni ispiratomolti dei processi attuativi delle riforme amministrative di altri Comuni,non si è guadagnato la garanzia assoluta di dare continuità al proprio ruolopionieristico al netto della componente politica, anch’essa dopotutto fattoreumano. Queste considerazioni dovrebbero fare riflettere sui costi e sui beneficieffettivi che si sono generati con la lotta per la separazione dei poteri inItalia, lotta del tutto persa in specifiche categorie di organizzazionipubbliche, come possono essere tipicamente i Comuni ma talvolta anche leProvince o le Università statali. Questo punto è di particolare rilevanzaperché se si guarda all’alleanza fattivamente stipulata nel sistema di governopubblico locale catalano tra classe politica e classe dirigenziale, ci si accorgedi quanto questo rapporto abbia fatto da motore dello sviluppo. Per l’Italiale vicende sono andate, finora e in termini generali, un po’ diversamente.Il legislatore ha preferito investire più nella separazione dei poteri che nellaloro alleanza. Ma non poteva essere altrimenti probabilmente, perché è beneche alcune prerogative siano, almeno in linea di principio, distinte. Èd’altronde competenza dei dirigenti presidiare la propria sfera dicompetenze, così come dovrebbe appartenere all’etica del politico avvalersidel dirigente piuttosto che cercare scorciatoie devianti.

3. Formazione e management della diversità, due scomode opportunità: laformazione è la chiave per invertire la rotta del sottoutilizzo del potenzialedelle risorse umane ed è anche la leva per l’esercizio del managingdiversity10. Sono entrambi due approcci a problemi in divenire per l’Italia,che si possono considerare congiuntamente o separatamente e chesoprattutto non sembrano essere stati percepiti nel loro potenziale da granparte dei direttori ma neanche dai politici locali. La formazione e lamulticulturalità vengono vissute, occorre dirlo per spazzare via la retoricache spesso caratterizza il modo con cui questi temi vengono trattati incollettivo, come veri e propri fastidi, che generano costi.Si è già detto che c’è molto potenziale intellettuale sottoutilizzato nelsistema pubblico italiano e che i processi formativi possono rappresentare

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una forma d’intervento utile. Un caso che testimonia empiricamente l’altorendimento degli investimenti nelle persone, nel personale ma anche neicittadini, è quello dell’Ajuntament de L’Hospitalet de Llobregat11 (ilComune de L’Hospitalet): con quasi 260 mila abitanti e oltre 1.550lavoratori pubblici è il secondo Comune della regione catalana, nel qualedue terzi della popolazione discende da popolazioni provenienti da altreComunità autonome. Nel 1998 la popolazione immigrata di L’Hospitaletarrivava all’1,4% del totale degli abitanti, mentre nel 2005 rappresentavagià il 20%, con stime al rialzo per gli anni successivi, conferendo alla cittàuna forte componente multiculturale. Dal punto di vista delle politiche delpersonale è il Comune che più ha investito nella formazione dei dirigenti,dei quadri e del personale. Il modo in cui la formazione del personale e lamulticulturalità delle persone (utenti e lavoratori) sono state gestite dimostrache l’impatto dei flussi migratori in entrata non si ripercuote nel ridisegnodella città e dei suoi spazi senza passare per l’adeguamento delle politichedi direzione delle risorse umane. L’Area delle risorse umane, in questocontesto, si è infatti posta una duplice domanda: come garantire larealizzazione di politiche a valenza diffusa per una popolazione diversificataper gruppi etnici evitando il rischio di incorrere in particolarismi? Comeadeguare, in tutto ciò, le strategie di direzione del personale coerentementealle rapide modificazioni indotte dai forti flussi migratori in entrata, nellacittà e nell’Ente? La risposta è venuta in primo luogo dal ribadire ilprincipio dell’equità e in secondo luogo dall’applicare questo principiomodificando alcuni profili professionali e le modalità di produzione ederogazione di specifici segmenti di servizio, incluso quello della formazionerivolta all’utenza interna dell’Ente. L’accento è stato posto sullo sviluppodelle competenze professionali e delle capacità umane per lo sviluppo, diriflesso, di nuovi sistemi di organizzazione del lavoro: nuovi profiliprofessionali e nuovo modo di interpretare i ruoli, sviluppo di knowledgemanagement per la condivisione e circolazione delle informazioni inter-area, adozione di tecniche di learning organisation. Tutti strumenti che ilvertice amministrativo di questo Ente ha adottato per sintonizzare ilpersonale attraverso azioni formative orientate al cambiamento e per latrasposizione dei valori sociali per il governo della città in valori per lagovernance delle risorse umane. L’intervento formativo ha, in questo senso,sviluppato l’ascolto differenziato per l’integrazione, nel sistema dei servizipubblici, dei nuovi cittadini12.

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La conclusione è che in Italia, un Paese tra i pochi nel quale la formazionee lo sviluppo del personale delle P.A. sarebbero addirittura garantiti perlegge, molti decisori pubblici ritengono ancora che la gestione delle risorseumane, e quindi ancora di più la formazione, sia una funzioneamministrativa piuttosto che strategica. Altri soggetti, come lerappresentanze sindacali, talvolta peccano ugualmente nell’assecondarequesta visione, in virtù di scelte gestionali che fanno propendere, quandova bene, per la formazione finalizzata al riconoscimento generalizzato discatti di carriera. Naturalmente questa considerazione riguarda alcuni Entipiuttosto che altri, ma a giudicare dalle statistiche sulla formazione dellavoro pubblico parrebbe trattarsi di una condizione diffusa. La diversity, la multiculturalità, è un fattore in potente crescita in Italia,che si manifesta più tardivamente che in altri Paesi, del quale è impossibilenon accorgersi. Basti pensare alle statistiche sui nuovi nati e sui flussimigratori, che di tanto in tanto vengono diramate creando sempre nuovidibattiti, come se il fenomeno stupisse ancora. Considerare lamulticulturalità come un fattore che riguarda l’utenza, senza prevedere checon il ricambio generazionale del lavoro pubblico questo fattore determinerànecessariamente cambiamenti anche nel bacino delle nuove risorse umanedelle amministrazioni pubbliche locali, significa avere in mente sistemi direclutamento che guardano ad un passato che non c’è più. Oppure significanon rendersi conto dei risvolti di un fenomeno per ora ancorainspiegabilmente confinato come un problema di semplice, si fa per dire,gestione delle preferenze di un’utenza non più indifferenziata.

4. L’innovazione ha bisogno di sperimentazione e talvolta non èformalizzabile: il valore dell’innovazione è nell’informalità. Cerdanyola, 56mila abitanti, si identifica come città della conoscenza, un’altra espressionedel sistema di governance dell’area catalana: qui la politica delle risorseumane è innovativa ma poco formalizzata ed è proiettata allo sviluppo entroe fuori l’organizzazione pubblica dei sistemi di conoscenza, applicata allatecnologia, alla ricerca, all’istruzione e alla formazione. Agli antipodi di Cerdanyola si trova l’Ajuntament d’Esplugues deLlobregat13 (il Comune di Esplugues), circa di 46 mila abitanti, caso dieccezionale stabilità di direzione amministrativa, dove il city manager èuna figura rimasta invariata nel tempo e costituisce parte della complessitàe della varietà di strumenti e politiche di gestione del personale. Esplugues

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ha riconosciuto, dal 1991, alle politiche del personale un valore strategicofondamentale adottando, ad esempio, un sistema di qualità EFQM(European Foundation for Quality Management) tuttora attivo, che doposuccessive modifiche e miglioramenti progressivi ha introdotto un sistemagestionale per owner dei processi. L’impressione che emergedall’osservazione di questo caso, confermata anche dalla testimonianzadegli stessi soggetti che ne sono protagonisti, è che il meccanismosofisticato di gestione di questa organizzazione si sia inceppato. L’esigenzaattualmente sentita è quella di ripensare il sistema a partire dall’insiemedelle regole che lo fanno funzionare. Il senso di queste esperienze indica che laddove vi sia la legittimazione delvertice e vi siano le competenze per farlo (persone) è auspicabile che ilsistema di gestione del personale si avvalga di tecniche e strumentigestionali raffinati, eventualmente formalizzati, affinché le regole del giocosiano chiare. Se però la formalizzazione diviene un modo per rispondereal desiderio di alcuni di immodificabilità delle regole allora il rischio è chela strada dell’innovazione inesorabilmente si allunghi. Questo perché primao poi le regole si devono cambiare e la formalizzazione deve essere soloun modo per renderle più chiare e accettabili, non un modo percristallizzarle. Riscrivere le regole senza avvertire sensi di colpa significaandare avanti. Ciò fa sì che la creatività non rimanga seppellita dallanormazione esasperata.

5. La Provincia come incubatore di innovazione e centro servizi per i Comuni:un cenno merita, per concludere, il caso della Diputació de Barcelona, checomprende nella sua area geografica oltre 5,2 milioni di abitanti, pari a trequarti della popolazione dell’intera regione della Catalogna. La Provincia catalana ha interpretato il suo ruolo in chiave di servizioconsulenziale e di formazione nei confronti dei cittadini ma soprattutto diincubatore per l’innovazione per conto dei suoi 311 Comuni. Con questiultimi la Provincia ha stipulato un protocollo d’intesa, denominato ReteBarcellona per le Municipalità di qualità, che costituisce un’iniziativa diconcertazione negoziata sul territorio che applica i principi della governanceinteristituzionale, in senso verticale e orizzontale. L’alleanza, in termini dicoesione, è assimilabile per certi versi a quella italiana, di più recenteinaugurazione, che si concretizza per prima in città come Torino e a seguirealtrove, soprattutto nel nord Italia14.

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Il sistema di gestione del personale della Provincia di Barcellona è ispiratoa questo tipo di ruolo, di agente promotore del cambiamento e dellosviluppo organizzativo, proprio e delle altre istituzioni. Il lavoro delpersonale di questa Amministrazione è orientato ad applicare e sperimentareal proprio interno modelli gestionali che poi vengono messi a disposizionedegli Enti minori attraverso processi di accompagnamento perl’adeguamento individuale: un esempio, che vale per tutti, è il processo dicollaudo e implementazione presso alcuni Comuni del modello di gestionedel personale per competenze che la Provincia ha adottato negli anni scorsiper il proprio personale. Con questa specifica finalità opera un’unitàorganizzativa complessa denominata Direzione dei servizi per il sostegnoal Governo locale, dedicata ad erogare consulenza per le Direzioni delpersonale dei comuni che ne facciano richiesta.Il tipo di missione istituzionale assolta dalla Diputación de Barcelona è, indefinitiva, marcatamente diversa da quella tipicamente svolta dalle Provinceitaliane, anche in tema di gestione delle risorse umane. Il sistema è,nell’assetto spagnolo, ispirato a principi di managerialità e al contempo dicoesione interistituzionale, un valore che permea non solo i rapporticittadino-istituzione ma anche i rapporti tra istituzioni, un aspetto dolenteper l’Italia che si trova ancora impegnata nell’intento di garantire i primi.

A queste riflessioni se ne aggiungono altre, contenute negli studi dei singoli casipresentati per la Catalogna, così come per i Paesi Bassi cui si dedica il paragrafosuccessivo del capitolo15. Quel che qui si tenta è un’analisi di sistema, per Paese,che dia un contributo sul versante della comparazione internazionale tra politichedi direzione del personale perseguite dai diversi Paesi, considerando questeultime come uno dei segmenti delle politiche di coesione europea.

3.5 Il sistema Paesi Bassi: il governo del personale comeuna vetta raggiungibile di Jaime Rojas Elgueta

Il sistema amministrativo locale dei Paesi Bassi è caratterizzato da unaprogressiva diminuzione e aggregazione dei Comuni (700 negli anni ’90, 504nel 2001, 467 nel 2005). Un’altra caratteristica riguarda la diversa conformazionedel settore pubblico rispetto all’Italia: il peso dell’amministrazione centrale èancora preponderante, anche in virtù del fatto che alcuni segmenti di servizio

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pubblico sono ancora saldamente incardinati nello Stato. Tra il 1992 ed il 2003le Amministrazioni pubbliche hanno registrato una crescita del 10% degliorganici di personale, equivalente ad un +6% per il sistema di governo localee un +14% per il sistema di governo centrale, di cui un terzo è costituito dainsegnanti. La media degli occupati nel settore pubblico è inferiore a quella chesi registra in Italia e in Spagna, attestandosi al 10%16.

L’elemento rilevante del sistema di gestione delle risorse umane nelleAmministrazioni pubbliche dei Paesi Bassi è nella concezione della sua funzionee, di riflesso, nella sua connotazione nel modello organizzativo. La funzione èconcepita come incorporata ai processi di produzione ed erogazione dei serviziall’utente, nel front office, con competenze di consulenza a supporto della gestionedecentrata del personale ad opera dei responsabili di unità. Il dirigente delpersonale, alleggerito da funzioni applicative che sono decentrate, si concentra sulcore business del suo ruolo, la gestione dei cambiamenti di carattere strategico esoprattutto la gestione dei rapporti lavorativi umani con il personale, con il qualec’è una sorta di “matrimonio”17. L’Ufficio personale quasi scompare, mentre ilcoordinamento resta centralizzato in posizione di staff strategico, conservando laparte più importante, che ruota attorno al fattore umano.Per i Paesi Bassi è stato studiato un caso campione, rappresentato dal GemeenteAssen (il Comune di Assen)18.

Assen è una città della provincia di Drenthe, nei Paesi Bassi, che oggi contacirca 64 mila abitanti, che si stima arriveranno a quota 80 mila circa nel girodi 15 anni. La città ospita attività di servizio per diversi tipi di organismi pubblicie la società di servizi della Shell, nonché è nota al pubblico internazionale comesede del Gran premio annuale di motociclismo.Nel Comune di Assen lavorano circa 600 persone, con una crescita di un quartoregistrata negli ultimi 6 anni ed un’età media di 43 anni. L’elemento emblematicoche questa Amministrazione rappresenta, e che vale per la generalità delleAmministrazioni pubbliche locali dei Paesi Bassi, è nell’attenzione costante cheessa dedica ai processi di sviluppo e cambiamento organizzativo, improntati almiglioramento continuo dei servizi ai cittadini19. Le politiche del personalenascono e si ispirano a queste strategie complessive, dando luogo a processigestionali di ampio respiro. In questo senso i processi di gestione del personaleprobabilmente più interessanti per la realtà italiana sono quattro:

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1. L’organizzazione non è un modello ma un’idea in divenire: i processi ditrasformazione organizzativa sono una costante. Negli ultimi 15 anni,analogamente a quanto avvenuto nelle altre organizzazioni pubbliche deiPaesi Bassi, il cambiamento ha accelerato, portando ad un assetto che hacambiato completamente la prospettiva del sistema delle risorse umane edella governance cittadina. Il nuovo assetto organizzativo, introdottonell’aprile del 2006, è il risultato di un processo di ripensamento durato 2anni, l’ennesimo nell’evoluzione continua di questo ente caratterizzato dallospazio di creatività lasciato al personale. Se si considera solamente la fasedi redazione del documento finale si osserva che sono state coinvolti 12gruppi di lavoro formati da 8 persone ciascuno, che hanno lavorato percirca 2 mesi, dedicandosi ciascuno ad una parte del documento. Le strategiedi governo della città e di gestione delle risorse umane sono riunite in undocumento programmatico denominato K2, come la vetta del K2, dove ledue K stanno per klant-cliente e kwaliteit-qualità. Senza necessità didoverne raccontare i dettagli, riportati nel testo dello studio di caso20, bastiricordare che esso enuclea i principi e gli stili gestionali elaborati dal bassoverso l’alto, con il coordinamento del management intermedio, in funzionedell’applicazione empirica di indirizzi politici chiaramente orientati. Questeultime righe danno un messaggio che certamente si presterebbe abanalizzazioni nel momento in cui un dirigente del personale si domandassecome possa, singolarmente inteso, trarre insegnamento da una taleindicazione, dove la componente di management intermedio come lacomponente politica hanno una parte importante affinché un simile modelloo stile debba rendersi praticabile nella sua realtà organizzativa. Il punto èche laddove non c’è committenza occorre iniziare il difficile lavoroorientato all’auto-committenza, nel senso che quando gli indirizzi politicinon sono così chiari o diffusi è ancora più necessario pensare di rivederelo stile di lavoro e di comunicazione tra lavoratori. La formazione, unprocesso tipicamente gestionale del personale concepito con metodi antichiche ricordano più l’addestramento che lo sviluppo delle risorse umane, èuna delle tante leve sulle quali è necessario agire. Impostare programmiformativi sullo stile del lavoro per gruppi, finalizzati alla condivisione dimetodi di lavoro e di pensieri, applicati empiricamente alla realtàorganizzativa del proprio Ente, significa svecchiare il modo di concepire laformazione in funzione di un ripensamento degli stili lavorativi. Anchequesta è auto-committenza. Difficile, tra l’altro, pensare che il politico

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locale possa di propria iniziativa suggerire questo sentiero al management.È piuttosto sensato che il processo parta dal basso, per poi ingenerarefiducia nella componente politica, affinché gli investimenti in formazioneripartano. Tutto ciò posto che la committenza dovrebbe sempre restarepolitica ed essere oggetto di comunicazione diffusa. Ma questo è forse perdavvero un messaggio non nuovo.

2. La gestione del personale parte del processo di front office: l’elemento diprincipale innovazione, che ispira un diverso modo di pensare la gestionedel personale, è nella trasformazione della Concern staff (Direzione servizifinanziari, risorse umane, affari legali, comunicazione) in una funzione dilinea di gestione e controllo delle politiche incardinata nella Direzione delfront office della città. L’unica funzione della Concern staff che conservala sua collocazione in staff al City manager è quella deputata allaprogettazione e allo sviluppo organizzativo ed al contatto diretto con ilpersonale, esercitata da due sole unità, il cui compito è assimilabile a quellodi un organo consultivo per l’impulso all’innovazione. Le tre Direzionigenerali, rispetto alle cinque di prima, sono le uniche articolazioniorganizzative di linea, disegnate in funzione del servizio all’utenza21, adimostrazione dell’orientamento del vertice, avallato dal basso, di gestiregli assetti organizzativi in chiave unitaria e in funzione del front office.

3. La gestione del personale diffusa nell’organizzazione e gli esperti con ruolodi consulenti: il sistema di gestione del personale è gestito da otto unità dipersonale in tutto, che costituiscono una piccola unità organizzativa,collocata nella Direzione per i servizi di front office all’utenza, per ilsostegno al perseguimento delle politiche e l’esercizio dei controlli. Essaha quindi un rapporto diretto e privilegiato con l’unico organo consultivodi staff. La collocazione dell’unità gestione del personale sottolinea comeuna funzione tradizionalmente pensata come orientata verso l’internodell’organizzazione sia stata rivolta verso l’esterno, conferendole unafunzione di supporto consulenziale alle altre unità.Delle otto unità di personale preposte al sistema di gestione del personalequattro operano come consulenti a supporto delle Direzioni generali, dovesono decentrate tutte le funzioni di gestione del personale che nonriguardano la contrattazione e le relazioni sindacali. L’introduzione di questafigura consulenziale ha cambiato drasticamente il ruolo del Dipartimento

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delle risorse umane, che in precedenza svolgeva direttamente tutte le tipichefunzioni di direzione e amministrazione del personale, analogamente aquanto avvenga oggi per gran parte delle Amministrazioni italiane di tuttii livelli di governo. Ad Assen tutte le funzioni di gestione diretta delpersonale sono state decentrate alle unità organizzative di massima e mediadimensione, a cui l’unità preposta alla gestione del personale offre servizirelativi alla gestione contrattuale e consulenza per tutti gli altri istituti digestione loro demandati. È importante dire che i consulenti al personale sono figure professionalialtamente innovative che non provengono dall’esterno, dal settore privato,come spesso è accaduto in diversi Paesi nei periodi di transizione generatida riforme amministrative. Essi sono, nel caso analizzato, tutti funzionaridi carriera interna, con un’esperienza di 15-20 anni di servizio maturatanell’Ente, nel campo della gestione delle risorse umane, di età media attornoai 50 anni, riqualificati con interventi di formazione continua, nonnecessariamente possessori di un titolo di studio di livello terziario.

4. La gestione del personale rivolta verso il futuro: la gestione del personaleindividua e propone continuamente nuovi temi di lavoro per gruppi. I duetemi su cui si stava lavorando nel momento in cui il caso di Assen è statostudiato erano del tipo: Come formulare meglio le aspettative individuali ecollettive? E in riferimento alle aspettative sui comportamenti tra colleghie con i superiori? Come orientare il lavoro agli utenti anziché almansionario? Questioni certamente rilevanti, non poi così distanti daproblematiche presenti, forse in modo più silente, anche in Italia.

In conclusione, gli elementi di interesse di questo caso sono molteplici, masenz’altro quello più rilevante è nella modifica radicale dell’unità di gestionedel personale, che arriva quasi a scomparire per permeare le altre unità diservizio diretto al cittadino. La gestione del personale è integrata nei processidi servizio e le modalità di lavoro sono sempre soggette a trasformazioni. Noni modelli ma le idee in divenire danno spazio alla creatività che sviluppa lecompetenze degli individui e fa evolvere gli assetti organizzativi.

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3.6 Conclusioni: processo di convergenza, connotazionidistintive, indicazioni per l’Italia di Bruno Angelini, Jaime Rojas Elgueta, Giancarlo Senatore

In costanza degli attuali vincoli dei conti pubblici è essenziale edimprocrastinabile attivare tutti gli strumenti utili ad accrescere la produttività dellavoro pubblico quale presupposto per un aumento di produttività del sistemasocio-economico italiano ed europeo e senza che ciò generi aggravi di costifinanziari ed economici.

Nel ripensare la P.A. possiamo far nostre alcune domande:❒ I problemi della P.A. e del suo rapporto con la cittadinanza sono causati

dal reperimento delle entrate (Fisco), dalla gestione delle spese (Pubblicheamministrazioni) oppure da entrambi?

❒ Quanto sono disposti a pagare i cittadini per i servizi resi? Qual è il prezzodell’Amministrazione pubblica22?

❒ Quali sono i risultati più desiderati dai cittadini?❒ E l’Amministrazione pubblica? Quanto è disposta a pagare per ognuna di

queste priorità?❒ Qual è il miglior modo di produrre i risultati desiderati al prezzo che i

cittadini sono disposti a pagare?Preoccuparsi dell’amministrazione del personale, della gestione del capitaleumano e dello sviluppo delle risorse umane pubbliche significa partecipare conpertinenza a questo processo di cambiamento e di riforma dello Stato e dellePubbliche amministrazioni. Non esiste, allora, un modello di direzione del personale ma vari e diversimodelli, che si conformano alle diverse politiche degli Enti, alle diversecaratteristiche strutturali, alle diverse legislazioni in vigore nei Paesi e al contestoterritoriale e sociale in cui operano le Pubbliche amministrazioni23.Esistono, per approfondire il discorso, anche diversi approcci al sistemagestionale ed organizzativo delle risorse umane, così come in qualche modo ciattestano i contributi riportati nel capitolo, per i quali più che di modellioccorrerebbe parlare di approcci, stili, idee di gestione24.

Non resta, pertanto, che cercare di far tesoro degli spunti e dei suggerimenti chesi evincono dai contributi riportati, con lo scopo di supportare nel concreto unprocesso di cambiamento negli Enti pubblici, sostenendo la crescita di una rete

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di professionisti, di responsabili delle Direzioni del personale, di amministratori,di dirigenti e funzionari pubblichi, delle aziende pubbliche e private italianeed europee.

“L’arte di essere saggi è l’arte di conoscere ciò che va trascurato” (W. James).Cerchiamo, pertanto, attraverso una selezione di esperienze, di dati, diinformazioni, di modelli organizzativi, di ipotesi di lavoro tratte dalleargomentazioni riportate finora, di supportare la promozione e la definizione dinuovi strumenti organizzativi e amministrativi orientati alla gestione delpersonale ed al miglioramento delle strutture organizzative degli Enti,contribuendo, per quanto possibile con un volume, a stimolare l’elaborazione disoluzioni innovative alle attuali problematiche del pubblico.

In questo esercizio procediamo per punti, iniziando dalla Francia, per la qualesi riportano in conclusione gli elementi di criticità e di soluzione che attualmentequesto sistema Paese sta valutando e da cui possono emergere riflessioni chebene si inseriscono nell’attuale dibattito nel nostro Paese.

Uno sguardo d’insiemeDi questo sistema ne sono state spiegate le ragioni storiche della sua evoluzionee sottolineata la coerenza con gli obiettivi individuati nel momento in cui lafunzione pubblica venne ridisegnata.

La razionalità del sistema gerarchico, la trasparenza e la meritocrazia assicuratedalla selezione per concorso appaiono oggi mezzi inadeguati per una funzionepubblica moderna che deve rispondere a bisogni e stimoli diversi. Le ragioni diquesta affermazione saranno successivamente meglio argomentate , spiegando leragioni dell’inadeguatezza della funzione pubblica francese oggi e le possibilisoluzioni che possono derivare dal confronto con l’esperienza anglosassone. I sintomi della crisi del sistema di funzione pubblica francese sono, in primo luogo,di tipo finanziario: l’avanzamento di carriera è di tipo automatico e assorbe il 90%della massa salariale, lasciando pochissimo spazio alla remunerazione del merito;i premi possono essere molto diversi da un ministero all’altro (da 25.000 a 75.000Euro) creando ineguaglianze tra funzionari dello stesso grado; si registra, inoltre,una pericolosa tendenza alla moltiplicazione dei già numerosi Corps (1.700). Ladistribuzione impropria delle risorse economiche genera delle distorsioni in primoluogo fra gli utenti: vi sono servizi meno appetibili per i funzionari, i cui premi

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di incentivo alla mobilità per ricoprire queste posizioni di lavoro risultanoinsufficienti. Alcuni servizi sono, dunque, sistematicamente sottodimensionati enemmeno le assunzioni a contratto o interinali (forme di assunzione a tempodeterminato, che restano fuori dal sistema dei Corps) riescono a far fronte alleesigenze per quanto poi siano aspramente ostacolate dai sindacati.

Anche i funzionari sono vittime delle inefficienze del sistema: i Corps sono unsistema di monopolio, per cui gli impieghi sono ripartiti sulla base dei Corps,così come gli sbocchi di carriera e le risorse finanziare per i premi di produttivitàsono limitati dalla parcellizzazione della funzione pubblica nella miriade di Corps.D’altra parte, tale sistema è alla base del contratto sociale che il funzionariofirma idealmente con lo Stato all’assunzione: la carriera in questo sistema ègarantita, poiché legata all’anzianità più che al merito. Per questa ragione lacarriera è considerata un diritto, così come la scelta del luogo di lavoro, la cuicontropartita è un riconoscimento economico inferiore a quello offerto nel settoreprivato (cosa che, ad esempio, non accade in taluni Paesi anglosassoni).

In Francia rimane alla base della carriera l’anzianità di servizio, che esprime unsenso forte dell’autorità statale. È in atto, in questo Paese, un tentativo diridefinizione dei contenuti del contratto sociale tra funzionari pubblici e Stato,nel tentativo di sostituire il concetto di carriera per anzianità con quello diriconoscimento della capacità di raggiungimento di un risultato. La differenziazione tra il concetto di qualifica e il concetto di competenza apparein questo sistema di funzionamento pubblico abbastanza rilevante. Per qualificasi intende una capacità sviluppata una volta per tutte e che risulta esseretrasferibile anche a contesti professionali diversi. Con il termine competenza siindica una capacità sviluppata in un dato ambito per svolgere una mansione bendeterminata e per questo motivo non trasferibile a contesti professionali diversida quello in cui la competenza è maturata. Si dice, dunque, che la qualifica èduratura, mentre la competenza è volatile.

Prospettive e soluzioniIl quesito è quindi Quali soluzioni sono in discussione? La risposta è In questomomento molte e molto diverse tra loro: dalla fusione dei Corps, manovra checosterebbe da due a quattro miliardi di Euro, alla fusione dei livelli in una grigliaunica; ancora, dalla suddivisione dei quadri in cinque o sei filiere professionali,con il rischio però di irrigidire ancora una volta il sistema delle competenze,

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alla possibilità di indebolire il sistema dei Corps liberalizzando l’accesso allafunzione pubblica sul modello anglosassone. Su quale di queste ipotesi debbaprevalere non è stata ancora presa alcuna decisione. Quali, quindi, le vie d’uscita da questa empasse? In primo luogo apparenecessario focalizzare gli obiettivi delle riforme da attuare, tra cui:

• ricreare nuovi margini di manovra per la gestione delle risorse umane(incentivazione del personale, flessibilizzazione dei percorsi di carrierae ancoraggio ai sistemi di verifica del risultato);

• disporre del personale in funzione dei bisogni dei servizi anziché dei“diritti acquisiti”;

• individuare le funzioni di servizio ormai obsolete e quelle ancora nonattivate;

• ripensare la funzione dello Stato, da erogatore diretto di servizi acoordinatore e controllore.

A valle della ridefinizione della missione di fondo della funzione pubblica, insostanza, si rende necessario il ridisegno organizzativo, finalizzato a metteremano alle strutture centrali dello Stato. Ad esempio, si ipotizza di semplificarela complicata struttura dei Ministeri in otto poli di competenza, sulla falsarigadella riforma Bassanini ideata dal sistema italiano per l’accorpamento deiMinisteri, oppure la creazione di un unico super-Ministero deconcentrato.

Il limite a qualunque forma di riorganizzazione della Pubblica amministrazionecentrale francese è d’altronde stato individuato nella carente cultura dellanegoziazione, a vantaggio della cultura dell’autorità caporalesca che decide inultima istanza. La trasformazione culturale auspicata, in definitiva, dovrebberidefinire i contenuti del contratto sociale tra funzionari e Stato: sostituire ilconcetto di anzianità con quello di risultato, trovare un punto di equilibrio trail diritto dei funzionari a raggiungere le proprie aspirazioni (in termini di luogodi lavoro e mansioni) e i principi di efficacia e di efficienza dell’azione pubblica.

Un tentativo di riforma in attoLa Lolf, “Loi organique relative aux lois de finances – Legge di riordino delsistema delle Leggi Finanziarie”: tra i vari tentativi di riforma in atto emergel’approvazione della Lolf che, fra l’altro, contribuisce ad un cambiamento intermini di riconoscimento della funzione strategica delle risorse umane della P.A.,di ridefinizione dei ruoli e delle responsabilità, nonché per l’incidenza che si

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riscontra sul piano della cultura amministrativa e gestionale. In estrema sintesi, lariforma prevede che il nuovo bilancio dello stato approvato dal Parlamentodistribuisca le risorse non più in base ai vecchi capitoli di bilancio, ma in funzionedi concreti obiettivi da raggiungere. Secondo questo meccanismo, a ciascunMinistero vengono assegnati dei Programmi, declinati a loro volta in Missioni,articolate in Obiettivi misurabili. Tale sistema permette a fine anno di consuntivarenon solo entrate ed uscite, ma anche di rilevare i risultati delle politiche attuate.A fine anno il Parlamento verifica non solo il rispetto del vincolo di bilancio, masoprattutto il raggiungimento degli obiettivi posti. Si tratta, dunque, di una riformadi proporzioni enormi, formalizzata in una legge superiore nella gerarchia dellefonti (equiparabile in Italia ad una legge costituzionale) votata quasi all’unanimitàsia all’Assemblea Nazionale che al Senato e avente come scopo principale lamodernizzazione dello Stato. La riforma si pone tre obiettivi fondamentali:

1. Migliorare la trasparenza dell’azione dello Stato: la Lolf è in primo luogouno strumento di controllo in mano al Parlamento, poiché le leggifinanziarie che voterà non stabiliranno più solo come stanziare le risorse,ma attribuiranno le risorse in funzione della definizione di obiettivi bendefiniti. Tale riforma è coerente con i principi di New Public Managementche si sono diffusi in tutti i Paesi occidentali accomunati da problematichesimili, quali la crisi di legittimità dello Stato e i vincoli progressivamentestringenti sul piano del finanziamento dell’azione pubblica;

2. Migliorare l’efficacia attraverso la responsabilizzazione dei manager:la riforma consente di passare da una cultura delle procedure, in cuisono identificati i mezzi ma non le responsabilità, ad una cultura delrisultato, dove le risorse sono stanziate in funzione degli obiettivi daraggiungere e sono definite le responsabilità su ogni obiettivo. La culturadell’obiettivo impone che l’accento si sposti dalla distribuzione deimezzi alla distribuzione delle responsabilità. Questo cambiamentoconsente una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse, al fine diottimizzarne l’efficacia (modo per rendere meno rigidi gli impegni dispesa), e va di pari passo con un aumento dei controlli a valle delprocesso di spesa, al posto dei controlli preventivi;

3. Controllare la spesa per il personale: la flessibilità nella gestione dellerisorse è stata definita asimmetrica, perché conosce come unico vincolo

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l’impossibilità di stornare risorse verso le voci di spesa per il personale.Viene stabilito un tetto massimo di spesa per le risorse umane, che nonpuò essere oltrepassato. In caso di risparmio di risorse per il personale,una quota delle economie viene destinata verso altre voci di spesa. Manon può avvenire il contrario. Questa flessibilità a senso unico èfinalizzata a controllare l’aumento del numero dei dipendenti:un’assunzione equivale ad un impegno di spesa crescente per isuccessivi 40 anni circa, e una tale scelta pone problemi sul piano dellasostenibilità a lungo termine del costo della funzione pubblica.

In conclusione, la riforma della Lolf contribuisce ad un cambiamento dellafunzione gestione risorse umane soprattutto sul piano culturale. Essa impone,emblematicamente, l’adeguamento alla cultura della valutazione e misurazionedelle performance: individuali, della funzione pubblica e dello Stato nel suoinsieme. Allo stesso modo, poiché la Lolf implica una maggiore diffusione delleresponsabilità verso i livelli intermedi, anche la funzione di gestione delle risorseumane deve organizzarsi in modo coerente con il nuovo modello organizzativoe ridurre le pratiche centralizzate e burocratiche di gestione.

Il sistema di certificazione delle competenze nelle Autonomie localiAltro processo di tutto interesse e attualmente in atto è l’implementazione delcosiddetto “Repertorio”, un sistema di certificazione delle competenze strutturatoattorno ai bisogni reali delle organizzazioni pubbliche e private che operanolocalmente (Repertorio delle Amministrazioni locali), utile anche per arricchirele informazioni sul lavoro pubblico francese. Il processo di analisi che originail Repertorio è partito adottando un approccio tradizionale, che legge la funzionepubblica attraverso lo schema degli statuti, per approdare, successivamente, adun approccio per professioni. Il percorso che si è sviluppato distingue, infatti,tre approcci:

• statutario: un approccio “povero”, che informa sull’inquadramento delfunzionario ma non del contenuto del suo lavoro;

• organizzativo: che aiuta a capire come i funzionari sono distribuiti neidiversi Servizi e quindi in quale ambito prestano servizio, ma ancoranon informa su quale sia il loro contributo individuale;

• professionale: che entra nel merito del contenuto del lavoro di una dataprofessione esercitata ad un certo livello, descrivendone le competenzepossedute e l’attività concretamente esercitata.

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Il Repertorio risulta essere, in qualche modo, una cartografia dei mestieri degliEnti locali che supporta la leggibilità delle organizzazioni e la gestione dellerisorse umane. Esplicitare, infatti, le caratteristiche dei mestieri può aiutare,certamente, a migliorare i processi di attribuzione degli incarichi interni,favorendo quindi la mobilità interna e stimolando quella esterna, migliorare iprocessi di selezione e, in ultima analisi, a formalizzare tecniche più avanzatedi gestione del lavoro pubblico locale. Non si tratta, però, di mettere incontrapposizione il sistema delle carriere con il sistema dellaprofessionalizzazione.

In definitiva, il grande quesito che permane alla base della riforma del sistemadi funzionamento pubblico francese può, probabilmente, essere così sintetizzato:come innovare, cioè passare dalla rigidità dello Statuto alla valorizzazione delleprofessionalità, conservando l’idea di Pubblica amministrazione e di lavoropubblico espresso dalla legge e dallo Statuto?

Proseguendo nel tentativo di contribuire a valutare le diverse ipotesi di soluzionea problemi comuni in Europa diversamente manifesti nei suoi diversi Paesi(come riformare il sistema di governo del funzionamento pubblico), passiamoad un’altra esperienza, quella del Regno Unito.

L’evoluzione della riformaLa Pubblica amministrazione inglese ha adottato per prima le tecniche digestione manageriale del New public management. Negli ultimi 20 anni sonostate sperimentate molte nuove iniziative, sia a livello micro-gestionale (gestioneper obiettivi, 360° feedback, assessment center, valutazione basata sullecompetenze, etc.) che macro-gestionale (privatizzazioni, istituzione delleAgenzie Next Steps). A metà degli anni ’90 del secolo scorso, tuttavia, leperformance del settore pubblico vengono considerate fallimentari e il GovernoBlair eletto nel 1997 avvia un programma di riforma del settore pubblico,investendo risorse ingenti, anche a finanziamento di incrementi retributivi dellavoro pubblico. Nonostante ciò, a seguito delle elezioni del 2002 cresce lapercezione del fallimento del cambiamento del settore pubblico. Viene quindilanciato il Programma denominato Delivery and Reform, coordinato direttamentedal Cabinet Office, organo che rappresentava anche il principale motore delcambiamento. Gli aspetti salienti della riforma, in estrema sintesi:✓ il fallimento del New public management:

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• le Agenzie Next Steps vengono considerate come un modello limitatodi erogazione dei servizi pubblici;

• si interviene sull’erogazione dei servizi pubblici cercando di impattaresul livello di integrazione tra gli stessi. In particolare si sviluppanosoluzioni anche informatiche che riguardano tutto il sistema di governodi servizio e focalizzate sia sui benefici al cittadino (es. Portalenazionale denominato Directgov), sia sui risparmi di efficienza (peresempio gli Shared services);

✓ i cambiamenti per il top management:• viene introdotto il sistema di valutazione per performance anche alle

figure apicali del Senior Civil Service;• l’impiego pubblico non è più l’impiego che dura una vita, bensì può

significare un impiego a tempo determinato e/o con livelli retributivifluttuanti basati sulle quotazioni del mercato del lavoro;

✓ la professionalizzazione:• vengono introdotti dei programmi di professionalizzazione per lo

sviluppo di specifiche figure professionali, ad esempio per la gestionedi Risorse umane o Information technology, oppure per il presidio difunzioni di Acquisti, Finance, Project management, altro.

Più recentemente, infine, è stato avviato il Programma denominato UK EfficiencyReview, i cui indirizzi formulati per la gestione delle risorse umane sono statidati come:✓ gestire la ristrutturazione del mercato del lavoro pubblico;✓ trasformare la funzione di direzione del personale sulla base di nuovi

principi, quali✓ gestire servizi di supporto comune tra le organizzazioni;✓ semplificare politiche e processi delle funzioni di back-office;✓ standardizzare politiche e procedure tra le organizzazioni;✓ trasferire i servizi di supporto da Londra alle sedi del sud est;✓ rintracciare i servizi di supporto più economici all’interno sia del settore

pubblico che di quello privato25.

Gli esiti della riformaIl Programma UK Efficiency Review ha implicato un risparmio di 18 miliardidi Sterline e il taglio di 84 mila di posti di lavoro pubblico. Sull’altro versanteesso ha messo il Governo nelle attuali condizioni di poter investire in 250 mila

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nuove unità di lavoratori pubblici da collocare in posizioni di front-line a partiredal 2008: 143 mila unità di personale sono destinate alla Sanità, 33 mila alsistema Giustizia e 55 mila ai Servizi sociali per l’infanzia.

L’immagine del funzionario inglese è mutata negli ultimi anni: formalmenterimane una figura neutrale ed imparziale ma i profondi interventi di riforma lohanno trasformato sempre più in consigliere del politico, scelto non solo perl’affidabilità professionale, ma anche per l’adesione alla linea di governo.

Il sistema pubblico inglese si caratterizza, oggi ancora più di ieri, per il forteorientamento all’utente e al continuo miglioramento dei servizi pubblici. Non sipresta, politicamente, attenzione al soggetto che gestisce (Stato, soggetti privati,soggetti no profit) ma ci si preoccupa della qualità del servizio e delperseguimento del risultato in termini di efficienza e di efficacia dei servizi. Inquesto contesto, assume particolare significato l’impatto della gestione edell’organizzazione del personale sulle performance organizzative. Vengono,cioè, chiamate in causa le scelte strategiche relative alla gestione e all’erogazionedei servizi, al disegno delle strutture organizzative, ri-orientate a facilitarepiuttosto che a creare barriere al miglioramento delle skills professionali.

Con l’impiego delle nuove tecnologie le Amministrazioni pubbliche sono incondizione di diventare mobili e flessibili (progetto Nomad per il lavoro flessibilenelle P.A. inglesi). I lavoratori pubblici possono quindi adattare il proprio operatoalle mutevoli esigenze dell’utenza. Il lavoro mobile per una Pubblicaamministrazione locale significa fornire servizi sul campo, nelle case della gente,nei luoghi di lavoro, o in luoghi pubblici e comunque frequentati da diversisegmenti di utenza. Significa portare il servizio direttamente all’utente, anzichéaspettare che sia l’utente che, per ottenerlo, si rivolga agli uffici pubblici. L’ideaalla base di questa modalità di lavoro è grosso modo la seguente: fare ciò chesi farebbe essendo in ufficio senza dover necessariamente essere fisicamente inufficio. Dall’esperienza inglese del lavoro mobile origina l’idea forte di lavorocome relazione sociale che sviluppa efficienza e dell’efficacia professionalecome esito dell’attività di una rete di professionisti.

L’affermarsi del lavoro in rete porta, nel sistema Paese osservato, inevitabilmentead una diversa idea del rapporto fra lavoratore e utenti (il rapporto migliora inbase al miglioramento del servizio erogato), del rapporto fra lavoratore e

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organizzazione (grazie al miglioramento del lavoro e alla produttività, illavoratore si sente parte dell’organizzazione), ed infine del rapporto fra colleghi(sentirsi maggiormente parte dell’organizzazione crea un legame più intensoanche con i colleghi).

Per concludere nell’opera di selezione delle informazioni riportate nei paragrafidel capitolo per stimolare l’elaborazione di soluzioni innovative al governo dellavoro pubblico in Italia, è quanto mai necessario tentare una sintesi estrema inchiave di agenda sulle esperienze di Spagna e Paesi Bassi.

I casi analizzati dimostrano che sistemi Paese come la Spagna, che hanno primadell’Italia sperimentato forme evolute di gestione delle risorse umane e digoverno delle città, hanno nel tempo tracciato una traiettoria che somiglia aduna parabola.

La metafora non intende enfatizzare l’esito finale di queste sperimentazioni, checomunque hanno dato prova di non poter riparare la corretta ed efficientegestione dal cambiamento con il solo efficientismo tecnico. L’enfasi è sullacostante che ancora oggi in questo Paese determina la possibilità di agire sulrilancio, che resta il fattore umano delle organizzazioni, pubbliche ma ancheprivate, talvolta schiacciate da eccessiva attenzione alla manutenzione disofisticati sistemi gestionali che possono arrivare ad assorbire più energie diquanto non ne producano (il riferimento è ai direttori del personale come ancheal vertice politico e amministrativo per un Ente pubblico o al management diun’impresa).

Questo spiega perché, ad esempio, sempre più numerose Amministrazionicatalane inizino a guardare a stili gestionali del freddo Nord Europa, dovesorprendentemente la componente umana diventa dominante.

Per l’Italia, Paese che ha la reputazione di essere fonte di creatività, è forseparadossale iniziare a pensare di doversi ispirare a stili gestionali nord europeidove lo spirito d’iniziativa e il protagonismo, in senso positivo, degli individuiè al centro, ma soprattutto dove le condizioni di contesto facilitano questoapproccio. Strano anche, in tutto ciò, che si continui a guardare alla Spagnacome ad un sistema presuntivamente somigliante a quello italiano. Chi continuaa fare queste associazioni ha in mente la Spagna di venti anni fa, mentre chi

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prende le distanze dagli stili gestionali di Paesi come i Paesi Bassi probabilmenteè in preda ai pregiudizi che alimentano la credenza che l’Italia siainesorabilmente in una situazione di non ritorno.

La risoluzione al paradosso è forse nel ritorno alla tipicità italiana: la creativitàattraverso la valorizzazione dei singoli individui che da sempre è stata la forzadel Paese.

In questo senso la principale fonte di riflessione e di ispirazione può essere nelmotto del Comune di Assen: non ci sono modelli ma idee in divenire.In conclusione possiamo intravedere l’urgenza del compito di prendere semprepiù coscienza e di riflettere a fondo sulla ricchezza di lavoro, di culturaamministrativa, organizzativa e gestionale espresse dal nostro Paese edall’attività di milioni di persone che vi lavorano.Noi europei, nel pubblico come nel privato, rischiamo, altrimenti, di riproporrela storia della grande aristocrazia e nobiltà di Francia del Settecento: giocava apallacorda mentre la nuova classe borghese e professionale (affamata dibenessere come, d’altra parte, sono oggigiorno le popolazioni emergenti)studiava, lavorava sodo e preparava un cambiamento rivoluzionario sostenutoda nuovi ideali e da strutturate ideologie ed affermato anche attraverso le, pocoincoraggianti e non metaforiche, ghigliottine…Nell’urgenza di questo lavoro comune possiamo ritrovarci con zelo e conresponsabilità: al di là del pubblico e del privato, dello Stato e della societàcivile e nazionale e in sintonia con millenni di storia istituzionale e disignificativa tradizione europea culturale, sociale e civile.

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Note

1 Per la consultazione del Repertorio di veda: VENEZIANO, V., e USAI, A.P., a curadi, 2006, Modelli di gestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei[CD-ROM]. Cagliari: Dipartimento della Funzione Pubblica e Formez. Disponibileanche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/> [Data di accesso:15/11/2006].

2 Si veda: Analisi comparata dei principali processi di HRM nel Regno Unito, Franciae Italia. Dossier informativo, 2006. In: Atti del Forum Europeo delle Direzioni delPersonale. Modelli di direzione e politiche di gestione delle risorse umane nellaPubblica Amministrazione europea. Domus de Maria (CA), 28-30/06/2006 [CD-ROM].Cagliari: Dipartimento della Funzione Pubblica e Formez. Disponibile anche online su:<http://redazione.lavoropubblico.net/cd-atti-forum/28giugno2006/dossier_informativo_UK-F-I.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].

3 Si veda: Analisi comparata dei principali processi di HRM nel Regno Unito, Franciae Italia. Dossier informativo, ibidem.

4 ROJAS ELGUETA, J., 2006. Caso di studio: Diputaciò de Barcelona (Provincia diBarcellona). In: Modelli di gestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali edeuropei, op. cit. Disponibile anche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/diputacio_barcelona.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].

5 CALAMAI, M., e GARZIA, A., 2006. Zapatero. Il socialismo dei cittadini. Milano:Feltrinelli; ANON., 2006. Special Espagne, la Californie de l’Europe. Le nouvelobservateur, 2172 (22-38 giugno).

6 DEXIA, CNFT, 2006. Les Fonctions publiques locales dans les 25 pays de l’Unioneruopéenne. Paris: Dexia Editions.

7 Per approfondimenti vedere: LONGO, F., 1999. Politica y gerencia publica en losgobiernos locales. In: Gobierno local y modelo gerencial. Barcelona: Fundación Pii Sunyer.

8 ROJAS ELGUETA, J., 2006. Caso di studio: Diputaciò de Barcelona (Provincia diBarcellona). In: Modelli di gestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali edeuropei, op. cit. Disponibile anche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-

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casistudio/analisi/diputacio_barcelona.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].

9 ROJAS ELGUETA, J., 2006. Caso di studio: Ajuntament de Cerdanyola del Vallès(Comune di Cerdanyola del Vallès). In: Modelli di gestione delle risorse umane. Casidi studio nazionali ed europei, op. cit. Disponibile anche online su:<http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/ajuntament_cerdanyola_del_valles.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].

10 Per approfondimenti vedere: ROOSEVELT THOMAS, R., THOMAS, D.A.,SCHRANK, R., ELY, R.J., FLETCHER, J.K., HAYASHI, A.M., MCCRACKEN,D.M., MEYERSON, D. E., 2002. Harvard Business Review on Managing Diversity,Boston: Harvard Business School Press; TOURAINE, A., 2002. Libertà,uguaglianza, diversità. Milano: Il Saggiatore, Milano; MAFFETTONE, S., 2006.Diritti umani e diversità culturale: una visione filosofica. In: La pensabilità delmondo. Filosofia e governanza globale. Milano: Il Saggiatore.

11 ROJAS ELGUETA, J., 2006. Caso di studio: L’Ajuntament de L’Hospitalet deLobregat (Comune de L’Hospitalet). In: Modelli di gestione delle risorse umane.Casi di studio nazionali ed europei, op. cit. Disponibile anche online su:<http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/ajuntament_lhospitalet_de_llobregat.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].

12 Per approfondimenti vedere: SEN, A.K., 2001. Eguaglianza, di che cosa?. In:CARTER, I., a cura di, 2001. L’idea di eguaglianza. Milano: Feltrinelli; SEN, A.K.,2006. Multiculturalismo e libertà. In: SEN, A.K., 2006. Identità e violenza. Bari:Laterza Editore.

13 ROJAS ELGUETA, J., 2006. Caso di studio: l’Ajuntament d’Esplugues de Lobregat(Comune di Esplugues). In: Modelli di gestione delle risorse umane. Casi di studionazionali ed europei, op. cit. Disponibile anche online su:<http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/ajuntament_esplugues_de_llobregat.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].

14 Il Piano strategico scaturisce da un processo di elaborazione programmaticaconcertata tra istituzioni solitamente pubbliche ma spesso anche da soggetti privati.Si può definire come un insieme di interventi e di procedure per la progettazione eil governo di processi di forte trasformazione. È un atto volontario di condivisionedi una visione futura di un territorio, del suo posizionamento, di esplicitazione di

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obiettivi e strategie per conseguirli mediante politiche ed interventi pubblici e privati.Molte regioni e città europee hanno adottato nel tempo, con successo, questoapproccio, in particolare in aree con forti esigenze di riconversione economica, comenel caso di Amburgo in Germania, Birmingham, Liverpool e Manchester inInghilterra, oppure per perseguire precisi scopi di rilancio della competitivitàinternazionale, come nel caso di Lione e Marsiglia in Francia, Amsterdam nei PaesiBassi, Valencia e Barcellona in Spagna e più recentemente Torino in Italia. A Torinohanno fatto seguito anche altre città, sempre più numerose, tra cui Firenze, La Spezia,Pesaro, Trento, Perugia, Piacenza, Venezia, Verona e Varese. In Italia si è costituitaRECS (Rete delle città strategiche), una rete di città che costituiscono il “Gruppopromotore” di una più ampia rete internazionale cui aderiscono le città citate e altreancora dei diversi Paesi.

15 Per la consultazione del Repertorio si veda: Modelli di gestione delle risorse umane.Casi di studio nazionali ed europei, ibidem.

16 Les Fonctions publiques locales dans les 25 pays de l’Union européenne, ibidem.

17 Si vedano gli interventi di Willem Gispen nella sessione Modelli di direzione delpersonale, in: Atti del Forum Europeo delle Direzioni del Personale. Modelli didirezione e politiche di gestione delle risorse umane nella Pubblica Amministrazioneeuropea, op. cit. Disponibile anche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-atti-forum/29giugno2006/testimonianze.html#modelli> [Data di accesso: 15/11/2006].

18 ROJAS ELGUETA, J., 2006. Caso di studio: Gemeente Assen (Comune di Assen). In:Modelli di gestione delle risorse umane. Casi di studio nazionali ed europei, op. cit.Disponibile anche online su: <http://redazione.lavoropubblico.net/cd-casistudio/analisi/gemeente_assen.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].

19 ROJAS ELGUETA, J., 2004. Ogni uomo è un artista: come ricreare leorganizzazioni attraverso le com-unit. In: PANZARANI, R., a cura di, 2004.Gestione e Sviluppo del capitale umano. Le persone nel bilancio dell’intangibile diun’organizzazione. Milano: Franco Angeli. Per l’orientamento strategico delleorganizzazioni nei Paesi Bassi si vedano: BEKMAN, A., 2004. Kernkwaliteiten vanLeidinggeven. Het horizontale perspectief. Assen: van Gorcum; ROJAS ELGUETA,J., 2004. Il caso del Tax Department olandese. In: BONARETTI, M., a cura di,2004. Persone al lavoro. Cosenza: Rubbettino Editore.

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20 Per la consultazione del Repertorio si veda: Modelli di gestione delle risorse umane.Casi di studio nazionali ed europei, ibidem.

21 La prima Direzione svolge la funzione di front office della città, nella quale si collocaanche l’Unità di gestione del personale; la seconda Direzione è incaricata dell’unitàpreposta allo sviluppo sociale, urbanistico ed architettonico della città; la terzaDirezione ha come obiettivo la manutenzione delle infrastrutture di servizio.

22 OSBORNE, D., e HUTCHINSON, P., 2006. Il prezzo dell’amministrazione. Ottenerei risultati che vogliamo in un’epoca di crisi fiscale permanente. Roma: Formez.

23 Si veda il capitolo 1.

24 Si veda il paragrafo 3.5.

25 Chris Parker, Direttore generale di Gov3, Viaggio di studio su La gestione dellerisorse umane nelle Pubbliche amministrazioni europee, Formez, 2006.

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I sistemi informativi per la gestione

e lo sviluppo delle risorse umane

di Claudia Baculo, Andrea Cacco, Danilo Tortoraa cura di Andrea Cacco

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4.1. Introduzione

Che la partita della modernizzazione della Pubblica amministrazione passi ancheattraverso l’investimento nelle tecnologie informatiche è un dato ormai acquisito.Lo stanno a dimostrare i numerosi interventi legislativi che si sono succeduti inquesti ultimi anni. Primo fra tutti il Codice dell’Amministrazione digitale (D.Lgs.7 marzo 2005, n. 82 e successive integrazioni) che ha fatto una sintesi del quadronormativo precedente e che, riaffermando o introducendo concetti quali firmadigitale, posta elettronica certificata, sicurezza informatica, interoperabilità eriuso, solo per citarne alcuni, ha posto le basi per un nuovo approccio allosviluppo informatico della Pubblica amministrazione italiana. Anche gli ultimiindirizzi programmatici ministeriali e i documenti del CNIPA (Centro Nazionaleper l’Informatica nella Pubblica Amministrazione) confermano questa tendenza.Si assiste in sostanza ad una crescita della consapevolezza del ruolo strategicoche l’ICT (Information and Communication Technology) può ricoprirenell’accompagnare il cambiamento e la modernizzazione delle nostreAmministrazioni. Da questo punto di vista le esperienze di investimento (umano,economico e tecnologico) nei sistemi informativi a supporto della gestione edello sviluppo delle risorse umane risultano paradigmatiche. La necessità di

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I sistemi informativi per la gestione e losviluppo delle risorse umane

di Claudia Baculo, Andrea Cacco, Danilo Tortora

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insistere nel credere nelle potenzialità delle risorse tecnologiche dedicate alPersonale emerge peraltro anche dai risultati delle ricerche condotte nell’ambitodel Progetto “Governance delle Risorse Umane – Modelli innovativi”1. I datihanno confermato che tra i gestori delle risorse umane c’è una diffusaconsapevolezza dell’importanza dell’ICT, ma, al contempo, che da questo puntodi vista la Pubblica amministrazione italiana è ancora agli inizi e le opportunitàdi crescita sono davvero interessanti.

È per queste ragioni che nell’ambito del Progetto è stato deciso di dedicare unaparte consistente delle attività di formazione e di assistenza tecnica al tema deisistemi informativi del Personale. Ed è per le stesse ragioni che si è scelto didedicare questo capitolo alla descrizione dei motivi che giustificano la necessità dimantenere alta l’attenzione su questo tema, oltre a suggerire metodologie estrumenti di governo per la scelta e per l’acquisizione di adeguati ed efficaci sistemiinformativi. Si è inoltre deciso di presentare alcune esperienze tratte da realtàitaliane di successo in questo settore, sia della Pubblica amministrazione che delmondo imprenditoriale, che sono state oggetto di studio nell’ambito del Progetto.

4.2. Investire nei sistemi informativi: le ragioni di unaproposta

Prima di entrare nel vivo del tema è bene chiarire cosa s’intende per investimentonei sistemi informativi, visto che, in questo caso, il termine presenta unaconnotazione piuttosto marcata. Come è evidente esso si riferisce, innanzitutto,all’acquisizione fisica delle tecnologie informatiche ed al relativo impegnoeconomico. Presenta, inoltre, implicazioni sul piano della crescita umana eprofessionale di tutti gli attori coinvolti. Vanno infatti previsti investimenti sulpiano formativo sia per chi è addetto alla gestione dei sistemi sia per tutti coloroche, a diverso titolo, interagiscono con essi: dirigenza, strutture non appartenentiagli Uffici del Personale, singoli dipendenti, ecc.. Investire nei sistemiinformativi del personale significa infine favorire, governandoli, i processievolutivi e di cambiamento organizzativo che tali innovazioni comportano.In linea più generale questi interventi di carattere innovativo vanno sostenuti damirate politiche di comunicazione e da adeguate azioni di coinvolgimento deivertici dirigenziali. In questo modo si legittimano le scelte fatte, si acquisisceconsenso sugli obiettivi prefissati e si possono affrontare con successo leeventuali resistenze al cambiamento.

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Si può quindi intuire che introdurre un sistema informativo del Personale chevada al di là dei compiti di semplice amministrazione è un’operazione complessae ambiziosa. E tuttavia, passare ad un sistema che supporti in maniera decisivapolitiche di gestione e sviluppo delle risorse umane al passo con le esigenze dimoderne Amministrazioni è una sfida che si impone per una serie di ragioni;da quelle strumentali del perseguimento dell’efficienza e dello sviluppoorganizzativo, a quelle più strategiche del cambiamento culturale a sostegno diuna reale innovazione della Pubblica amministrazione.

Ragioni di efficienza: nel contesto di una costante riduzione delle risorsedisponibili, il perseguimento di politiche miranti al contenimento della spesapubblica è una tendenza affermatasi ormai da tempo e che andrà probabilmentead intensificarsi in futuro. I vincoli di natura finanziaria che ne conseguonocomportano pertanto un’inevitabile razionalizzazione dei processi. In questosenso le soluzioni informative a supporto dei processi di gestione del personalepossono dare un contributo decisivo. L’ICT applicata alla gestione del Personale può infatti:

✓ contenere i costi di amministrazione del personale;✓ aumentare le sinergie tra diverse strutture della stessa Amministrazione

e tra differenti Amministrazioni;✓ governare i processi di gestione e sviluppo delle risorse umane in

maniera più incisiva;✓ svolgere puntuali azioni di monitoraggio.

Ragioni di carattere organizzativo: le ragioni di carattere organizzativo chedovrebbero sollecitare ogni Amministrazione pubblica ad investire in sistemiinformativi del personale modulari ed integrati sono molteplici.

Innanzitutto, come è emerso anche nelle ricerche condotte nell’ambito delProgetto “Governance delle Risorse Umane – Modelli innovativi”, la maggiorparte degli enti pubblici impegna le proprie risorse per le funzioni diamministrazione del personale2. Dalla gestione giuridica (assunzioni e rapportodi lavoro) a quella economica (stipendi e aspetti previdenziali), passando per lagestione delle anagrafi e degli archivi, è spesso un proliferare di attività che, avolte, distolgono dalle azioni di vero sviluppo professionale (sistemi divalutazione, sviluppo delle competenze, formazione, ecc.) frenando la crescitaverso una gestione delle risorse umane che accompagni in maniera adeguata i

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cambiamenti in atto. Investire in moderni sistemi informativi significa quindisgravare gli Uffici del Personale dalle incombenze burocratiche, consentire lorodi svolgere l’attività di amministrazione in maniera più efficiente e, in definitiva,liberare risorse per reali politiche di crescita e sviluppo delle persone.

In secondo luogo esiste spesso scarsa interoperabilità tra i sistemi informativi gestitidagli Uffici del Personale. Il problema dell’insufficiente capacità dei sistemi o delleapplicazioni di scambiarsi informazioni e comunicare in maniera comprensibile ècausato da diversi fattori, non sempre coincidenti, tra cui ricordiamo:

✓ acquisizione di software secondo standard non coerenti con quelli indotazione;

✓ scarso coordinamento nella scelta dei prodotti informatici;✓ procedure di acquisto gestite da altri Uffici;✓ scarsa cognizione delle reali potenzialità dei pacchetti informatici

rispetto alle effettive esigenze gestionali.

In terzo luogo, uno degli aspetti che caratterizza le Pubbliche amministrazioniitaliane è la scarsa integrazione dei processi di gestione del personale. A questotipo di criticità si devono aggiungere le difficoltà di integrazione dei sistemiinformativi che riguardano non solo la gestione del personale ma spesso anchealtri ambiti dell’ Amministrazione. Il quadro che spesso si delinea è, perciò,quello di amministrazioni in cui esiste un difetto di integrazione dei processi edei sistemi informativi a più livelli:

✓ all’interno dell’Ufficio del personale;✓ tra l’Ufficio del personale e altre strutture della stessa Amministrazione

(ad esempio con chi è deputato ai flussi documentali o all’Ufficioragioneria);

✓ tra l’Ufficio del personale e gli organi di governo dell’Ente.

Da ciò consegue una distorsione del ruolo dell’ICT all’interno delleAmministrazioni. Infatti i sistemi informativi essendo disomogenei, disallineatio non integrati vengono percepiti come un ulteriore ostacolo che va a sovrapporsialle frequenti rigidità amministrative. In questo senso, l’adozione di applicativicon capacità di omogeneizzazione dei dati e di integrazione delle informazioninon solo contribuisce ad attuare più snelle ed efficaci politiche del personalema soprattutto consolida l’immagine dell’ICT quale volano dello scambioinformativo e comunicativo all’interno dell’Ente.

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In ogni caso, per superare queste difficoltà, va ripensato il rapporto tra gestionedelle risorse umane e sistemi informativi di supporto. Se si considera il processodi gestione e sviluppo delle risorse umane come un insieme di attività fra lorointerrelate e finalizzate alla realizzazione di un risultato definito e misurabile,che attraversa più strutture e coinvolge più risorse, allora esso diventa fattoredi omogeneizzazione dell’organizzazione. Ne consegue che gli strumentiinformatici di supporto a tale processo devono risultare coerenti con lo stessoper favorirne piuttosto che ostacolarne, il coordinamento e l’integrazione.L’azione di reingegnerizzazione di un processo3 può condurre a conseguenzeimportanti come il ripensamento delle attività, il cambiamento delle strutture el’utilizzo diffuso delle tecnologie informatiche. Eppure è spesso proprioattraverso una certa discontinuità, che faccia leva su tecnologie facilitatricidell’integrazione e della cooperazione fra tutti gli attori coinvolti, che si possonopromuovere interventi di flessibilità e sviluppo organizzativi, pur nel permaneredi un presidio continuo e completo delle varie fasi del processo.

Ragioni di carattere “culturale”: le ragioni sin qui addotte per l’introduzionedi validi sistemi informativi hanno un carattere prevalentemente strumentaleall’adozione di corrette ed efficaci politiche di sviluppo delle risorse umane. Inrealtà, oltre a questi motivi ne sussistono altri, di ordine più strategico, cherimandano al ruolo complessivo delle innovazioni tecnologiche rispetto aiprocessi di cambiamento in atto nella Pubblica amministrazione. Una veramodernizzazione non può non passare da un corretto approccio nell’introduzionedi innovativi sistemi informativi. L’ICT non è di per sé “moderna” e/o“innovativa” ma lo è nella misura in cui stimola e favorisce i processi dicambiamento. Lo stesso acronimo inglese ICT (Information and CommunicationTechnology) aiuta a capire che il ruolo fondamentale dei sistemi informativi èquello di contribuire a diffondere informazioni complete ed a comunicare inmodo corretto ed efficace. Sotto questo profilo, l’adozione di strumentiinformativi integrati nell’ambito delle risorse umane, risulta paradigmatico. Èinfatti sufficiente pensare al contributo che possono dare allo sviluppo di principibasilari di una moderna pubblica amministrazione come ad esempio:

✓ stimolare l’approccio cooperativo (lavoro di gruppo, comunità diapprendimento, e-learning, ecc.);

✓ innovare lo scambio comunicativo superando la scarsa attitudineall’impiego di strumenti non burocratizzati;

✓ ridurre o abbattere le barriere delle conoscenze settoriali;

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✓ facilitare l’accesso ai documenti e alle fonti informative.

Il valore aggiunto dei sistemi informativi del personale sta nel fatto che possonodiffondere questi nuovi atteggiamenti e creare una certa sensibilità su questi teminon solo tra gli addetti ai lavori ma anche tra chiunque faccia parte delleAmministrazioni pubbliche, perché tutti, dai vertici dirigenziali ai singolidipendenti, anche se con diversi gradi di coinvolgimento, ne entranoinevitabilmente in contatto. Sostenere l’introduzione di questi sistemi evalorizzarne le potenzialità significa, in altre parole, dare un contributo decisivoai processi di cambiamento e miglioramento che interessano la Pubblicaamministrazione in questa fase.

Va infine ricordato il duplice ruolo giocato dalla formazione in questi processi.I moderni sistemi informativi prevedono spesso dei pacchetti dedicati allaformazione. Tali strumenti possono ricoprire un ruolo centrale nella diffusionedi nuovi atteggiamenti nei confronti dell’aggiornamento e della formazione delpersonale e quindi contribuire alla crescita professionale di un’organizzazione.Essi possono favorire innanzitutto l’accesso alle informazioni riguardanti leattività formative ed essere utilizzati come strumento di diffusione delleinformazioni imparziale e trasparente. Questi strumenti, inoltre, possonostimolare l’evoluzione metodologica della formazione, sostenendo lo sviluppodelle tendenze innovative e degli approcci di tipo collaborativo.

Molte iniziative assunte da diversi attori della Pubblica amministrazione italianaconfermano una particolare attenzione per questi aspetti. Dopo un periodo di“infatuazione” per le novità tecnologiche, che ha interessato i primi anni diquesto decennio, si è ora orientati verso un approccio più pragmatico, che provaa coniugare le potenzialità di tali risorse con la necessità di accompagnare leazioni formative con strumenti più tradizionali. In quest’ottica, il blendedlearning (apprendimento misto, inteso come una combinazione di formazione inaula e formazione a distanza) e le comunità di apprendimento sono esempisignificativi delle novità metodologiche introdotte con successo nei pianiformativi di diversi enti pubblici.

Sul versante opposto la formazione si propone come risorsa che può sostenerein maniera davvero efficace l’introduzione, la diffusione e l’affermazione deisistemi informativi. Va superata la visione che spesso la relega a momento di

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mero addestramento all’utilizzo di applicativi. Ne vanno invece valorizzate lepotenzialità che consentono di progettare azioni formative che impattano suicomportamenti e arricchiscono le qualità umane e professionali delle persone.Solo in questo modo l’investimento nei sistemi informativi si trasforma daprocesso “subìto” a formidabile occasione per avviare strategie di sviluppo delpersonale basate su concrete azioni per la sua valorizzazione.Dopo aver fin qui illustrato i motivi che giustificano la scelta di investire inmaniera decisa nei sistemi informativi passiamo ora a prendere in considerazionei metodi e gli strumenti che possono aiutare nella scelta degli applicativi ingrado di meglio soddisfare le esigenze di ciascuna Amministrazione. Nelprossimo paragrafo vengono pertanto presentati gli approcci e gli strumenti piùutili per governare con successo il processo che conduce ad una scelta ponderatae consapevole.

4.3. Come scegliere un sistema informativo del personale:metodi e strumenti

L’introduzione di un sistema informativoL’introduzione di un sistema informativo all’interno di un’organizzazionecomporta una vera e propria sfida per l’organizzazione stessa, che si trovacoinvolta in un processo di cambiamento complesso e di difficile gestione.In generale, la realizzazione di un progetto finalizzato all’introduzione e allagestione di un sistema informativo si basa sui seguenti quattro fattori chiave:

✓ il budget, inteso come l’insieme delle risorse finanziarie disponibili perla realizzazione del progetto;

✓ le risorse umane, intese sia come il gruppo di lavoro per la realizzazionedel progetto sia come gli utenti utilizzatori del sistema da coinvolgereattraverso opportune azioni di comunicazione e change management;

✓ il tempo, ovvero il periodo a disposizione, in giorni solari, entro cui ilprogetto da realizzare deve essere portato a termine;

✓ le tecnologie, intese come l’insieme di componenti complete osemilavorate di cui è necessario o possibile dotarsi per la realizzazionedel progetto.

Dall’ottimale combinazione ed utilizzo di questi quattro fattori chiave potrebbedipendere la riuscita di un progetto di implementazione e gestione di un sistemainformativo.

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Dal punto di vista operativo la combinazione dei fattori chiave in precedenzadescritti dovrà essere opportunamente armonizzata all’interno di ognuna dellequattro fasi del processo consigliato per l’implementazione di un sistemainformativo per la gestione delle risorse umane di seguito specificate:

A seguire per ognuna delle quattro fasi del processo saranno fornite delleinformazioni di dettaglio così da fornire alle Amministrazioni delle linee guidametodologiche per il governo e la gestione delle fasi di progettazione,implementazione e messa in esercizio di un sistema informativo.

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In realtà queste linee guida hanno una doppia valenza, sia sul governo delprogetto che sulla redazione del capitolato di gara: se, infatti, l’ente hacoscienza di quali attività svolgere per governare un progetto ICT in manieraottimale, avrà anche consapevolezza di quali attività affidare al fornitore,quali modalità e quali considerazioni tener presente nella definizione delcapitolato.In allegato si riporta, come esempio, il capitolato redatto dalla Regione Venetoper l’acquisizione di un sistema ICT, nel quale sono appunto riportate le attivitàdescritte nelle quattro fasi del processo, coerentemente con il contesto nel qualela Regione opera.Ad esempio, le linee guida relative alla fase di definizione dei profili utente (fase1 del processo), descritte nel prosieguo del paragrafo, permettono alleAmministrazioni di focalizzarsi sui destinatari del sistema (unità organizzativeo parti di esse), sulle loro esigenze, sulle loro caratteristiche (competenzepossedute dalle persone). Tale analisi è particolarmente importante in quanto,rendendo evidenti gli effettivi bisogni dei destinatari del sistema, permetteall’Amministrazione di valutare quali funzionalità del sistema richiedere nelbando di gara. Tuttavia le considerazioni, frutto di tale analisi, sono crucialianche per il fornitore e vanno riportate in dettaglio nel capitolato (si veda il par.4 del Capitolato Regione Veneto), per consentirgli di strutturare un’offertatecnica personalizzata e pienamente coerente con le caratteristiche dell’ente econ il contesto nel quale opera. Descrivere, infatti, nel capitolato le attività edi processi su cui dovranno operare i destinatari del sistema e le competenze daloro possedute, rappresenta un valido supporto per il fornitore nel comprendereil contesto organizzativo e culturale nel quale si inserirà il sistema informativoe nel valutare quali funzionalità meglio soddisfano i bisogni dell’Amministrazione.Non esistono, infatti, sistemi informativi migliori di altri, ma sistemi informativiin grado di soddisfare in modo ottimale le esigenze degli enti.Lo stesso vale naturalmente per tutte le altre fasi del processo: le indicazionidescritte nel paragrafo per ciascuna fase, potranno adeguatamente supportare leAmministrazioni nella redazione del capitolato, definendo sostanzialmente imargini nei quali potersi muovere nelle “richieste” del bando.

Definizione dei profili utenteIn questa fase è opportuno analizzare nel dettaglio le categorie di utenti allequali è destinato il sistema, descrivendo i bisogni di ciascuna categoria inrelazione al sistema e agli obiettivi dell’Amministrazione per ogni categoria.

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A tale scopo, si può utilizzare una tabella come la seguente, nella quale andrannoindicati, se possibile, anche i dati relativi alle interdipendenze tra le variefunzioni coinvolte (Risorse Umane, ICT, Controllo di gestione, etc.).In relazione a questo ultimo aspetto potrebbe risultare infatti fondamentale,l’integrazione tra le funzioni se si vuole introdurre un sistema informativo inmodo efficace e con il minor costo possibile e, a tale scopo, la costituzione diun Comitato Guida, composto dai Responsabili delle diverse funzioni,consentirebbe di realizzare un sistema informativo unico sfruttando le effettiveinterrelazioni tra i diversi moduli.

Nello specifico, gli utenti del sistema dovranno dapprima essere raggruppati incategorie (prima colonna da sinistra della precedente tabella) e poi, per ognunadi queste, si procederà alla definizione degli attributi del relativo profilo utentein funzione delle caratteristiche funzionali e tecnico-progettuali. La definizione degli attributi di ogni profilo dovrà passare attraverso le seguentifasi logiche, mappate all’interno della tabella in precedenza raffigurata:

✓ definizione delle caratteristiche e dei bisogni degli utenti e delle relativepriorità;

✓ confronto con gli obiettivi dell’amministrazione;✓ definizione delle relazioni fra le varie funzioni, con relative priorità.

A valle di questa operazione sarà facile individuare per ogni categoria di utenti,le funzionalità corrispondenti a ciascun profilo utente.

Definizione dei requisiti funzionaliL’analisi dei requisiti rappresenta la fase del processo che mira, in estremasintesi, a stabilire quali sono i servizi che un’Amministrazione richiede da un

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N°Categoria di

utentiBisogni

principalidegli utenti

PrioritàObiettivi delCommittente

Interrelazionitra le

funzioniPriorità

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sistema di gestione e amministrazione delle risorse umane e le restrizioni sottole quali opera o è sviluppato.

I requisiti in prima approssimazione possono essere distinti in tre macrocategorie:

✓ requisiti funzionali: descrivono i servizi e le funzioni del sistema;✓ requisiti non funzionali: non sono legati direttamente alle funzioni

implementate sul sistema ma piuttosto alle loro modalità operative digestione;

✓ requisiti di dominio: provengono dal dominio applicativo e riflettonoparticolari caratteristiche di questo, vincoli o restrizioni sul sistema esul suo processo di sviluppo.

L’output della fase di raccolta, analisi e produzione dei requisiti utente può esserecostituita da differenti tipologie di documenti per contenuti, per livello diapprofondimento, per autore e per finalità:

✓ definizione dei requisiti: documento costituito da frasi in linguaggionaturale corredate eventualmente dai diagrammi dei servizi che ilsistema deve svolgere (generalmente prodotto con la collaborazionedegli utenti finali del sistema);

✓ specifica dei requisiti: documento strutturato che riporta una descrizionedettagliata dei servizi del sistema. Generalmente viene scritto dalfornitore del sistema informativo (personale tecnico) e rappresentaspesso un vero e proprio contratto fra l’Ente ed il fornitore;

✓ specifiche del Software: documento che contiene una descrizionedettagliata del software che può essere utilizzato come base per laprogettazione e per l’implementazione del prodotto. Viene generalmentescritto dal fornitore del sistema informativo (personale tecnico) per usointerno, rappresenta lo strumento di comunicazione delle informazionifra l’analista e lo sviluppatore.

Le tre tipologie di prodotti descritte consistono di fatto essenzialmente in ununico documento che descrive lo scenario applicativo di riferimento del prodottosoftware, i requisiti funzionali (utente e di sistema) e architetturali e che indicale linee guida generali di progettazione e sviluppo.Al fine di rendere il documento dei requisiti (SRS – Software RequirementsSpecification) il più possibile facile da leggere, chiaro e puntuale nei contenuti,

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sarebbe opportuno che rispondesse allo standard IEEE 830-1993, ovvero chefosse caratterizzato da tutti e otto gli attributi di qualità di seguito specificati:

1. non ambiguità (ogni requisito descritto nel SRS ha una solainterpretazione possibile sia per chi lo ha definito che per chi lo utilizza);

2. correttezza (ogni requisito descritto nel SRS rappresenta fedelmente nelsistema finale qualcosa che è stato richiesto);

3. completezza (il documento SRS contiene i requisiti di tutte lefunzionalità del sistema e specifica per ognuna le possibili classi di inpute la risposta del sistema; la completezza è spesso ottenibile soloincrementalmente dopo raffinamenti successivi);

4. verificabilità (ogni requisito è oggettivamente verificabile nel prodottofinale ed è descritto nel SRS in modo chiaro; qualora un requisito nonsia esprimibile in termini verificabili nel momento in cui il documentoSRS viene definito, viene ricercato un altro momento del ciclo di vitadel software entro cui il requisito possa essere presentato in una formachiara e facilmente verificabile);

5. consistenza (ogni requisito descritto nel SRS è consistente rispetto aglialtri requisiti descritti all’interno del documento);

6. modificabilità (ogni requisito descritto nel SRS è facilmentemodificabile dal momento che i requisiti sono descritti utilizzando unastruttura semplice costituita da un indice, una tabella dei contenuti edagli eventuali riferimenti);

7. tracciabilità (ogni requisito descritto nel SRS è identificabileunivocamente e sono tracciate per ognuno le relazioni fra requisito esorgente, quelle con altri requisiti e con gli elementi/modulidell’applicazione)

8. priorità (per ogni requisito descritto nel SRS è identificato chiaramentequali requisiti sono obbligatori, quali desiderabili e quali opzionali).

Progettazione, sviluppo, test e verificheLa fase di progettazione potrà essere svolta dal fornitore del prodotto in direttacollaborazione con l’Amministrazione; essa riguarderà sia gli aspetti generalilegati alle funzionalità, all’architettura e alle tecnologie, sia gli aspetti di dettaglio(dell’interfaccia utente, del livello applicativo, del livello dati) attraverso unadefinizione dettagliata delle funzionalità e dell’architettura da realizzare. In questa fase potranno essere definiti i moduli e sottomoduli software destinatia realizzare gruppi di funzionalità omogenee. Al fine di elevare la modularità

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del prodotto software sarà possibile pensare di prevedere una sua suddivisionein livelli:

✓ livello dei dati;✓ livello della logica applicativa;✓ livello dell’interfaccia utente.

In tal modo la definizione delle funzionalità e dell’architettura, nonché ilsuccessivo sviluppo, potranno essere opportunamente implementati dal fornitore.Parallelamente alla progettazione del sistema, il fornitore, in collaborazione conl’Amministrazione, dovrà effettuare anche l’attività di pianificazione che siespleterà nella definizione di un:

✓ Piano di lavoro: deve rispecchiare la suddivisione in moduli del prodottosoftware rispettando le priorità tecniche, deve contenere per ogni moduloe/o sottomodulo l’indicazione della durata delle attività di sviluppo, dellerisorse umane impegnate (in giornate/uomo) del costo complessivodell’attività.

✓ Piano dei test e delle verifiche da eseguire nel corso dell’implementazione:deve indicare quando e come realizzare i test ed i risultati da ottenere;

✓ Piano delle verifiche: deve indicare i momenti e le modalità di verificadello stato di avanzamento delle attività e di aderenza alle specifichedel progetto.

Qualora la metodologia utilizzata dal fornitore per la produzione del softwarerichieda delle iterazioni cicliche di analisi dei requisiti, progettazione,sviluppo e test, allora all’interno del piano di lavoro dovranno essere benevidenziati, i momenti di test e verifica che possono dare origine a nuoveiterazioni.

Successivamente alla progettazione dell’applicativo informatico, i passi daeseguire secondo un certo grado di parallelismo dovranno essere:

✓ lo sviluppo, per il quale è bene che il fornitore organizzi dei gruppi dilavoro per ogni modulo applicativo;

✓ il test, l’esecuzione delle cui attività deve essere condotta in manieraintegrata allo sviluppo.

✓ le verifiche/collaudi, che devono partire in momenti pianificati e nondevono intralciare lo sviluppo. La frequenza delle verifiche non deveessere inferiore a quella settimanale/mensile e comunque vannopianificate in funzione della durata della fase di sviluppo e dellacomplessità dell’applicazione.

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Al fine di garantire un elevato livello di qualità del risultato finalel’Amministrazione potrebbe:

✓ richiedere al fornitore oltre allo sviluppo del software anche la redazionedi un dettagliato documento di progetto esaustivo rispetto alleproblematiche applicative oggetto dello sviluppo del prodotto;

✓ presidiare costantemente le operazioni attraverso l’attività di ProjectManagement con rigorosi metodi di gestione delle attività.

Le attività di test del prodotto software previste dal fornitore e specificateall’interno del piano dei test dovranno prevedere:

✓ test unitari: relativi alle singole unità elementari (programmi moduli);✓ test di integrazione: relativi al raggruppamento di unità elementari con

lo scopo di verificare le interfacce tra unità elementari e sottosistemi;✓ test di sistema: relativi all’intero sistema intendendo così verificare, sia

il completo assolvimento di ciò che è descritto nei Requisiti funzionalisia che il sistema software sviluppato (e/o modificato) interfaccicorrettamente con gli altri sistemi con i quali deve cooperare.

La progettazione delle condizioni di test descritta all’interno del Piano dei testdovrà prevedere:

✓ condizioni di test funzionale, finalizzate alla verifica dell’esercizio dellefunzioni elementari descritte nei Requisiti funzionali e delle lorocombinazioni;

✓ condizioni di test non funzionale, finalizzate alla verifica di funzionalitànon applicative volte a soddisfare vincoli di sicurezza, di prestazione,di usabilità nonché a parametri di qualità;

✓ condizioni di test di non regressione, finalizzate alla verifica difunzionalità impattate che, anche se non oggetto di modifiche dirette,possono aver subito variazioni per condivisione di base dati o perl’utilizzo di oggetti software in comune con funzionalitànuove/modificate direttamente dall’intervento.

Una volta terminata l’esecuzione dei test da parte del fornitore questi dovràconsegnare all’Amministrazione un documento che attesti:

✓ l’aderenza della base informativa ai requisiti descritti nel Piano di test;✓ l’esecuzione di ogni caso di test secondo la sequenza progettata;✓ la verifica dell’aderenza dei valori di output ai valori attesi;✓ la riesecuzione dei casi di test progettati a fronte di eventuali

malfunzionamenti;

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✓ la registrazione dell’esito del test.

Una volta consegnato il documento riepilogativo dei test eseguiti sull’applicazione,il fornitore in accordo con l’Amministrazione e secondo i tempi e le modalitàindicate in fase di contratto, potrà provvedere a predisporre l’ambiente di collaudo,all’interno del quale il committente avrà l’opportunità di verificare la rispondenzaalle specifiche funzionali di quanto prodotto dal fornitore. Qualora il softwareapplicativo o parti di esso, non superassero le prove funzionali previste, leoperazioni di collaudo saranno ripetute nelle stesse condizioni e modalità a valledi una revisione del prodotto da collaudare da parte del fornitore.

Supporto e AccompagnamentoQuesta fase si esplica in una serie di attività volte a facilitare l’introduzione diun sistema ICT: l’esperienza dimostra, infatti, che solo le organizzazioni che sisono preoccupate degli impatti di questi ultimi su processi e sistemi dicompetenze consolidati sono riuscite a tesaurizzare in pieno le potenzialitàofferte dalle nuove tecnologie.Diventa, cioè, fondamentale considerare gli aspetti di change management e dicomunicazione interna di un progetto ed è determinante la volontà dell’Ente disupportare l’avvio del nuovo sistema informativo.Nello specifico si tratta di mettere in atto due tipologie di azioni:

✓ Azioni di Comunicazione volte a favorire la condivisione del modellodi riferimento e la diffusione delle relative logiche di funzionamento,coerentemente con gli obiettivi attesi;

✓ Azioni di Change Management: attraverso un insieme di azioniformative, di condivisione, di assistenza e supporto al personale, voltea favorire il processo di cambiamento dell’organizzazione legato allaintroduzione del sistema.

La prima tipologia di azioni ha, come obiettivo, la spiegazione della motivazioneche ha portato alla realizzazione del sistema e delle logiche fondanti, evidenziandoi vantaggi che l’utilizzo del sistema potrà dare alla comunità. A tale scopo sipotranno utilizzare, a titolo di esempio, strumenti come:

• Comunicazioni organizzative - può essere utilizzato il canaleistituzionale per ufficializzare la nascita del nuovo sistema;

• Incontri - il sistema potrà essere presentato con una serie di incontriche coinvolgono una parte dei destinatari, di solito i Responsabili degliuffici, affinché sponsorizzino interamente il progetto.

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La seconda tipologia di azioni prevede azioni formative e di affiancamento esupporto, finalizzate ad abilitare le persone a operare nelle nuove condizionitecnologiche-organizzative e a diminuire le resistenze al cambiamento dovutealle innovazioni prodotte.Per tale motivo, nonostante siano attività generalmente a carico del fornitore, intoto o in parte, risulta fondamentale il coinvolgimento stretto dei Responsabilidegli Uffici interessati e la loro sponsorizzazione per sostenere l’innovazioneproposta, attraverso una comunicazione mirata.In particolare, l’attività formativa dovrà consentire alle persone e alleorganizzazioni:

• l’orientamento: per far capire il perché del cambiamento e dei ruoli, perottenere il coinvolgimento e l’adesione delle persone, sviluppare lamotivazione, creare aspettative positive, per instaurare un climaadeguato e di impegno. A tale scopo è importante rendere i destinatarisoggetti attivi dell’intervento formativo valorizzando la loro esperienzae raccogliendo suggerimenti sulle modalità di implementazione delcambiamento. L’obiettivo è di trasformare l’aula in laboratorisupportando i destinatari nella corretta identificazione delle loroesigenze in modo da favorire l’applicazione sperimentale ed iltrasferimento di proposte metodologiche e di modelli collaudati;

• lo sviluppo di conoscenze e capacità: per conferire in concreto lecompetenze necessarie all’esercizio dei ruoli, prevedendo percorsiformativi in funzione delle figure professionali da formare. Per esempio,nel caso di introduzione di una piattaforma (uno specifico software) aservizio della formazione a distanza, ha senso ipotizzare percorsiformativi diversi per il Progettista didattico, per il Docente e ilTutor/Mentor e per l’Amministratore, in funzione dei diversi ruoli e dellediverse funzionalità che dovranno gestire nell’ambito della piattaforma.Il Tutor, infatti, utilizzerà funzionalità della piattaforma diverse dalProgettista didattico: il primo dovrà sostenere la motivazione edutilizzare gli strumenti di comunicazione asincroni e sincroni, qualichat e forum, il secondo, invece, dovrà conoscere in particolare lefunzionalità relative a come creare percorsi formativi (corsi, moduli,unità didattiche, elementi informativi) e prove di verificadell’apprendimento (test). Pertanto, per abilitare tali persone a svilupparele competenze necessarie per il ruolo richiesto in riferimento ai diversiprocessi di servizio, i percorsi formativi potranno essere composti da

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un modulo introduttivo di presentazione del sistema e dei suoi vantaggie da moduli più specifici di presentazione delle funzionalità chedovranno essere utilizzate da ciascun ruolo.

L’affiancamento potrà articolarsi in due fasi: una prima fase corrispondente alprimissimo periodo di esercizio del sistema con presenza continuativa deifornitori a supporto degli utenti e una seconda fase durante la quale gli specialistiinterverranno su chiamata per risolvere specifici problemi o chiarire particolariaspetti dell’utilizzo del sistema stesso. Di solito questa attività ha una duratalimitata e nel capitolato di gara di solito l’affiancamento resta limitato.In generale, l’attività di affiancamento dovrà consistere nelle seguenti tipologiedi intervento:

✓ supporto metodologico nell’utilizzo delle procedure operative per lagestione del sistema;

✓ consulenza specialistica per la gestione operativa del sistema e per ladefinizione del sistema di monitoraggio predisponendo opportuniindicatori di utilizzo e tecnici;

✓ consulenza sistemistica per l’eventuale ottimizzazione delle prestazionidel sistema informatico.

Uno strumento di supporto alle Pubbliche amministrazioniNell’ambito del Progetto “Governance delle Risorse Umane – Modelliinnovativi” è stato realizzato uno strumento per supportare gli Uffici delPersonale nell’analisi e nella selezione dei sistemi informativi adatti alleparticolari esigenze di ciascun Ente. Questo strumento è stato implementato suExcel per consentirne una più agevole fruizione. Ora è a disposizione delleAmministrazioni interessate sul sito lavoro pubblico (http://lavoropubblico.formez.it).Ciò che si è voluto predisporre è uno strumento di valutazione dei sistemi asupporto del personale che agevoli le Amministrazioni nella gestione di talescelta, coerentemente con le fasi descritte in precedenza.

Esso prevede che il fornitore compili una tabella descrivendo le caratteristichedel proprio prodotto rispetto ad una serie di parametri significativi. L’Enteattribuisce quindi un valore a ciascuna delle caratteristiche descritte dal fornitore,in funzione delle peculiarità del proprio contesto organizzativo e delle specificheesigenze gestionali. Viene infine generata una tabella che raffronta i dati edevidenzia gli scostamenti tra le potenzialità dell’applicativo e le reali esigenzedell’Amministrazione. La lettura dei risultati emersi consente di confrontare con

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I sistemi informativi 4

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una certa facilità i diversi prodotti selezionati, che a questo punto sonoanalizzabili sulla base di elementi comuni e comparabili.Il risultato finale a disposizione dell’Ente è un importante elemento divalutazione che consente di orientarsi efficacemente in un ambito pur sempremolto tecnico e che aiuta ad esprimere una scelta consapevole, adeguatamenteponderata e soprattutto davvero rispondente alle specifiche esigenze del propriocontesto.Il principale punto di forza di tale strumento è la sua focalizzazione su parametriintuitivi e mirati, che caratterizzano non un contesto organizzativo qualunquema in maniera particolare quello delle Amministrazioni Pubbliche.Tali indicatori, di tipo qualitativo e quantitativo, descrivono da un lato gli aspettitecnici e dall’altro le caratteristiche funzionali dei principali applicativi.Sul versante qualitativo sono state individuate le seguenti aree:

✓ caratteristiche del vendor (dimensioni, fatturato, …);✓ caratteristiche del prodotto (numero versioni, numero installazioni in

Italia, …);✓ caratteristiche tecniche (hardware, software, …);✓ caratteristiche tecnico-funzionali (gestione dei dati, interfaccia utente,

…);✓ caratteristiche economiche (costo di acquisto licenze, costo

manutenzione, …).Sul versante quantitativo sono invece state individuate le seguenti aree:

✓ caratteristiche del fornitore (help desk, disponibilità manutenzione, …);✓ caratteristiche del prodotto (licenze, integrazione con altri moduli HR,

…);✓ caratteristiche tecniche (architettura tecnica, security, …);✓ caratteristiche funzionali (amministrazione del personale, selezione e

reclutamento, sviluppo del personale, …);✓ caratteristiche tecnico-funzionali (interazione utente-sistema, gestione

dei dati, …).

Sia per quanto riguarda gli aspetti qualitativi che per quelli quantitativi sonostate predisposte delle griglie che, sulla base dei parametri della priorità e dellacopertura, consentono di attribuire un peso a ciascun indicatore, ricorrendoall’uso di specifiche scale di valore.

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Per gli indicatori di tipo qualitativo sono state individuate le seguenti scale:Criterio della Priorità (da intendersi come importanza assegnata all’indicatore)

Criterio della Copertura (assegnata dal compilatore in funzione delle indicazionipervenute dal produttore)

Per gli indicatori di tipo quantitativo sono invece state individuati i seguentipesi:Criterio della Priorità

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Poco rilevante

Rilevante

Molto rilevante

Priorità assegnabili

0

0,5

1

Non risponde alle esigenze del cliente

Risponde parzialmente alle esigenze del cliente

Risponde pienamente alle esigenze del cliente

Copertura

1

2

3

Non richiesta

Desiderata

Indispensabile

Priorità assegnabili

0

0,5

1

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Criterio della Copertura

Come descritto in precedenza l’incrocio delle informazioni provenientidall’utente e dal fornitore, consente a questo punto di elaborare la schedasintetica finale.

CHI STA GIÀ PROVANDO: ALCUNI CASI OGGETTO DI STUDIONell’ambito del progetto sull’analisi dei modelli ICT é stata analizzatal’evoluzione dei sistemi informativi a supporto del personale in alcune realtà,pubbliche e private, nazionali ed internazionali, di dimensioni diverse,evidenziando i criteri che di volta in volta hanno guidato le scelte di acquisizionedei sistemi ICT per la gestione del personale e gli accorgimenti organizzativiche si sono resi necessari per una corretta gestione degli stessi. Nello specifico, i casi studio, la cui descrizione è a disposizione sul sitohttp://lavoropubblico.formez.it, hanno riguardato la Regione Campania, ilComune di Parigi e il Gruppo Telecom.Tali organizzazioni sono state scelte in quanto rappresentavano in diversa misura:

• realtà consolidate dal punto di vista della gestione informatica delleRisorse umane;

• esempi interessanti in termini di riorganizzazione dei Sistemiinformativi;

• good practice dal punto di vista dell’innovazione dei sistemi informativi(non solo delle Risorse Umane).

Per quanto riguarda le esperienze a livello internazionale, l’esperienza delComune di Parigi4 si è rivelato un caso studio di particolare interesse visto chesi tratta di un’organizzazione complessa, assimilabile ai grandi Comuni Italianie agli altri enti (Province, Regioni, Consorzi di Comuni), sia per la dimensione

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Non presente

Opzionale/Da implementarsi su richiesta

Standard

Copertura

1

2

3

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del territorio e della popolazione di riferimento che per la sua natura “federata”.Il progetto, finalizzato all’’introduzione di un sistema di gestione integrata ditutti processi inerenti le Risorse umane, è stato avviato nel Comune di Parigiintervenendo in un contesto già informatizzato: il precedente prodotto nonpoteva, infatti, essere più oggetto di manutenzione evolutiva. L’implementazione del nuovo sistema nella Ville de Paris (Comune di Parigi)è stata avviata in linea con una pianificazione del progetto in fasi successive: 1. lancio della componente destinata a sostituire il precedente sistema nella

gestione amministrativa e del payroll;2. avvio del portale del dipendente, per l’erogazione di servizi online quali la

verifica della propria posizione retributiva online;3. gestione del processo di selezione: pubblicazione online delle posizioni

disponibili, gestione delle fasi intermedie del concorso e creazione dellagraduatoria;

4. gestione della formazione: individuazione dei fabbisogni formativi, gestionedegli aspetti logistici, etc. (la selezione del fornitore è ancora in corso).

La priorità è stata data, come evidente, alla sostituzione del precedente sistemae dei servizi da esso forniti e, solo in un momento successivo, sono statiintrodotti servizi innovativi. Tuttavia, il coinvolgimento di interlocutori diversiper ruolo e contributo rispetto al commitment del progetto, ha fatto in mododi vivere il progetto non unicamente come la sostituzione di un sistemainformativo. Al contrario, diversi ruoli di vario livello sono intervenuti asostenere il progetto in momenti chiave. Il Segretario Generale della Ville, per esempio, è intervenuto con una conferenzaprecedente l’avvio in esercizio del nuovo sistema in un momento chiave dellancio del sistema, quando il coinvolgimento da parte di un ruolo politicamenteinfluente ha un’efficacia significativa in termini di coinvolgimento di tutte lerisorse. Ma un altro aspetto interessante è stata la partecipazione nel progettodi persone adatte e competenti, conoscitrici del processo e dell’organizzazionee da questo punto di vista le diverse strutture organizzative investite del progettodella Ville hanno operato in un clima di costruttiva collaborazione.

Anche nel Gruppo Telecom5 il progetto ha comportato la sostituzione del sistemaper evolvere verso un sistema ERP (Enterprise Reource Planning), da lanciarein tutte le principali aziende, con l’obiettivo di attivare un sistema unitario perle aree di Finanza/Amministrazione, Risorse umane e Acquisti.

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In particolare, relativamente al modulo Risorse umane, sono stati introdotti tuttii sottomoduli: prima l’Anagrafica, lo Sviluppo del personale e le Trasferte epresenze, e, successivamente, tutti gli altri, rispettivamente per Formazione,Compensation, Selezione, Organizzazione, Payroll, Travel Planning, etc..Anche per questo progetto è stato fondamentale il commitment, quale conditiosine qua non, per sostenere il passaggio in azione dell’innovazione proposta eper facilitare la percezione della novità e l’importanza del cambiamento.L’obiettivo, nel Gruppo Telecom è, infatti, stato dettato dalla volontà di realizzareun sistema informativo unico che potesse sfruttare le interrelazioni tra i diversimoduli consentendo la gestione di un sistema di gruppo. Ciò ha portato allacostituzione di un team di progetto nella funzione IT del Gruppo e allacreazione di uno Steering Committee (una sorta di Comitato Guida) compostodai Responsabili di Progetto in IT e dai tre referenti aziendali, ciascuno per ilmodulo implementato (Finanza/Amministrazione, Acquisti, Risorse umane), chefungevano da responsabili di funzione per le rispettive funzioni verso i colleghida coinvolgere nel progetto.

Tuttavia, la resistenza al cambiamento a causa delle innovazioni introdotte, harappresentato un ostacolo sempre in agguato e, per attenuarla, è stato necessarioadottare una serie di “accorgimenti” organizzativi finalizzati a:

✓ far conoscere il progetto;✓ comunicarne i benefici per l’organizzazione e per il singolo,

condividendone obiettivi e strategia;✓ incentivare l’uso e la partecipazione;✓ monitorare periodicamente l’interesse, la fidelizzazione e la

partecipazione attiva.Ad esempio, il progetto della Regione Campania6 si è posto, come primoobiettivo, lo sviluppo e l’integrazione ulteriore della base dati del personale giàpresente sul sistema esistente e, come secondo obiettivo, non meno importante,la definizione di un piano di change management che, attraverso attività dianalisi e progettazione organizzativa, consentisse un processo integrato disupporto al management regionale. D’altra parte, adeguate azioni di changemanagement e comunicazione sono state adottate anche nel Gruppo Telecom enel Comune di Parigi puntando sulla formazione, sull’affiancamento sul lavoroe sulla formazione diffusa.

Altri aspetti importanti, che hanno caratterizzato tutti i progetti esaminati, sono

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stati l’integrazione tra i sistemi informativi, finalizzata alla condivisione edal costante allineamento dei dati, e la definizione di un sistema di monitoraggiocontinuo attraverso una serie di indicatori di efficienza ed efficacia.

Infine merita una riflessione, la criticità emersa nel caso studio della RegioneCampania relativa alla difficoltà di adattamento della soluzione personalizzatain funzione delle esigenze dell’Ente. In realtà ciò che ha rappresentato una criticità nella Regione Campania si èrivelato, invece, un “beneficio” nel Gruppo Telecom. Il Gruppo Telecom ha, infatti, evitato le personalizzazioni del sistema (cioè losviluppo di parti aggiuntive) ed ha utilizzato la customizzazione prevista, in mododa rispettare al massimo gli standard del sistema. La differenza tra personalizzazione e customizzazione è resa efficacemente dalDott. Troccoli7, nell’intervista realizzata per la redazione del caso: “se ho sceltodi acquistare una casa da ristrutturare, rivolgendomi ad un architetto, cerco dicapire quali sono le caratteristiche della casa per valorizzarle nellaristrutturazione (customizzazione). Diversa è la situazione se abbatto tutti i murie ricostruisco totalmente la struttura (personalizzazione)”.Naturalmente nel Gruppo Telecom, per ottenere effettivamente “un beneficio daquesta criticità”, prima di avviare l’attività strettamente informatica, sono statiorganizzati diversi team di lavoro affinché identificassero le informazioni di basee selezionassero quelle aziendali da inserire nel sistema scelto.

In conclusione, i fattori critici di successo emersi da queste realtà, possono cosìsintetizzarsi:Integrazione tra le funzioni, Personale, Sistemi informativi, Controllo di gestionein modo da introdurre sistemi informativi unitari che dialoghino tra loro;Team di progetto che coinvolge persone conoscitrici del processo edell’organizzazione;Azioni di Comunicazione e Change Management finalizzate a diminuire leresistenze al cambiamento dovute a crisi di identità professionale (attraversocorsi di formazione/addestramento, riunioni, workshop, etc.);Monitoraggio continuo del sistema definendo indicatori di efficienza/efficacia.

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4.5. Conclusioni: innovare i sistemi informativi: un’ occasione di crescita

La possibilità di innovare e riformare in profondità le Amministrazioni pubblichemigliorando e qualificando l’azione di governo e gestione dipende, per grandeparte, dalla capacità di migliorare, qualificare e sviluppare il lavoro, leresponsabilità e le competenze delle persone che operano all’interno delleAmministrazioni.

Un’amministrazione efficace ed evoluta delle risorse umane ha bisogno di esseresupportata da sistemi di informazione e comunicazione in grado di sostenere ilprocesso di change management e di miglioramento organizzativo.D’altra parte il patrimonio informativo dei sistemi produttivi complessi (Aziende,Amministrazioni pubbliche, altri) per effetto della crescita tumultuosa e diffusadei sistemi informativi, è oggi sempre più vasto ed articolato.

Ed è proprio l’area delle risorse umane, che in questi anni ha assunto una sempremaggiore importanza, a soffrire maggiormente della frammentazione edispersione delle informazioni: sia perché sono molteplici i punti di raccolta, siaperché i sistemi informativi, che gestiscono i dati, sono eterogenei per tecnologia,architettura, storia, sia perché tali sistemi informativi sono spesso affidati afunzioni aziendali separate e distinte.Questi aspetti assumono una crucialità significativa nell’ambito delle aziendepubbliche sia per la centralità delle persone che per la peculiare missiondell’Amministrazione pubblica in qualità di erogatrice e regolatrice di servizi.

Pertanto, la gestione adeguata dei processi informativi, sia di natura decisionalesia operativa, la diffusione delle informazioni all’interno delle diverse direzioniper facilitarne l’operatività e la visione d’insieme dei dati relativi al personalesono le qualità che un moderno Sistema Informativo deve avere al fine disoddisfare le esigenze di una Amministrazione pubblica che voglia mantenersiaggiornata e al passo con i tempi.

La Pubblica amministrazione italiana presenta nel complesso importanti aree dimiglioramento a questo riguardo. Soprattutto se si pensa che, come risulta ancoradai dati del Progetto “Governance delle Risorse Umane – Modelli innovativi”,le singole Amministrazioni hanno una buona autopercezione del livello

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qualitativo dei propri sistemi informativi del personale, nonostante alcune realtànon siano esattamente al passo con le opportunità tecnologiche, informative edorganizzative che i moderni sistemi consentono. Va pertanto scongiurato ilrischio di un livellamento verso il basso della qualità media dei sistemi adottati.

Per far questo, da un lato vanno impostati seri piani di investimentonell’ammodernamento e nell’innovazione dei sistemi informativi. D’altra parteva ridata fiducia a tutti gli attori impegnati nei processi di governo evalorizzazione delle risorse umane affinché riprendano consapevolezza del ruolostrategico che gli Uffici del personale rivestono nei processi di crescita dellaPubblica amministrazione.

Come si ipotizza da più parti, il futuro potrebbe riservare l’evoluzione verso unaPubblica amministrazione “sostenibile” ovvero verso una gestione della cosapubblica che non miri solo all’efficienza ma che rapporti i risultati raggiunti conla reale soddisfazione dei cittadini. Si delinea, in altre parole, una Pubblicaamministrazione chiamata a relazionarsi davvero alla pari con i suoi interlocutorie che mette alla base delle proprie scelte e delle proprie azioni i principi dellacooperazione e della condivisione tra tutti gli attori e i destinatari delle suepolitiche.

In uno scenario simile è evidente che i professionisti delle risorse umane,conoscitori delle persone ad essi affidate, sostenitori dello spirito dicollaborazione e da sempre in prima linea nelle sfide dell’innovazionegiocheranno un ruolo davvero centrale nell’accompagnare le nostreAmministrazioni verso un futuro che le esige protagoniste efficienti, autorevolie soprattutto al reale servizio dei cittadini.

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Note

1 Si veda il capitolo 2, par. 2.2.

2 Si veda il capitolo 2, par. 2.2.

3 Si cita la reingegnerizzazione come azione di informatizzazione o preventiva ad essa?Attenzione, occorre spiegare che la reingegnerizzazione snellisce e razionalizzaprocedure da informatizzare, che viene prima e deve essere prevista, a rischio dicristallizzare con l’informatizzazione procedure inefficienti.

4 AMATINO, R., 2006. Caso studio: Ville de Paris (Comune di Parigi) [online].Cagliari: Formez. Disponibile su:<http://lavoropubblico.formez.it/sections/focus/modelli-innovativi/esperienze-e-attori/caso-di-studio-ict-ville/downloadFile/attachedFile_f0/Caso_studio_VilledeParis.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].

5 BACULO, C., 2006. Caso studio: Gruppo Telecom [online]. Cagliari: Formez.Disponibile su: <http://lavoropubblico.formez.it/sections/focus/modelli-innovativi/esperienze-e-attori/caso-di-studio-ict/downloadFile/attachedFile_f0/Caso_studio_gruppo_telecom.pdf>[Data di accesso: 15/11/2006].

6 CORBO, M., 2006. Caso studio: Regione Campania [online]. Cagliari: Formez.Disponibile su: <http://lavoropubblico.formez.it/sections/focus/modelli-innovativi/esperienze-e-attori/caso-di-studio-ict5118/downloadFile/attachedFile_f0/Caso_studio_Regione_Campania.pdf> [Data di accesso: 15/11/2006].

7 Il caso studio relativo al Gruppo Telecom è stato redatto sulla base dell’intervistaal Dott. Gianfranco Troccoli, Responsabile dei Sistemi informativi del Personale delGruppo.

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di Arturo Bianco

Il governo delle relazioni sindacali:

la contrattazione decentrata

integrativa

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5.1. La contrattazione del rapporto di lavoro

Il D.Lgs. n. 165/2001 ha completato il processo di privatizzazione del rapportodi lavoro dei dipendenti pubblici ovvero ne ha completato, per utilizzare unaformula più precisa, la contrattualizzazione. Attraverso questa espressione, lamigliore dottrina evidenzia la crescente importanza che il legislatore ha volutoattribuire alla contrattazione, in particolare a quella collettiva, visto che i marginidella contrattazione individuale sono da intendere come residuali.

Sono essenzialmente due le scelte rilevanti contenute al riguardo nel D.Lgs. n.165/2001. La prima è costituita dall’attribuzione di tutta la disciplina deltrattamento economico ai contratti, collettivo e negli ambiti da esso previstiindividuale. Le norme di legge non possono dettare unilateralmente forme diincentivazione economica e, a maggior ragione, le stesse limitazioni si applicanoanche agli atti amministrativi. Per cui né le giunte, né i sindaci, né lo statuto eneppure i regolamenti possono decidere autonomamente forme di integrazionedel trattamento economico dei dipendenti. In applicazione di questo principio, icontratti collettivi (per gli enti locali si veda l’articolo 15 del CCNL 1.4.1999)dispongono la cessazione di queste eventuali forme di trattamento economico

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Il governo delle relazioni sindacali: la contrattazione decentrata integrativa

di Arturo Bianco

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ed il loro inglobamento nel Fondo per le risorse decentrate. In applicazione diquesto principio lo stesso CCNL prevede che tutte le forme di incentivazioneeconomica disposte da norme di legge affluiscano al Fondo per le risorsedecentrate, oggi alla parte variabile. Sulla base di queste considerazioni,qualsivoglia norma di legge che prevede forme di incentivazione dei dipendenti(per ricordare le principali citiamo l’incentivazione della progettazione di operepubbliche disposta dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109 e la possibilità didestinare al personale degli uffici Tributi una quota del maggiore gettitoderivante dai recuperi ICI) deve essere trasfusa nel contratto decentrato. Il chédetermina due conseguenze: l’inclusione di tali risorse nel Fondo per le risorsedecentrate e la contrattazione delle modalità di erogazione. Il fatto che le risorsedestinate al personale possano avere fonti di imputazione diversa, come adesempio essere considerate spesa per investimenti nel caso dell’incentivazionedella progettazione di opere pubbliche ex legge cosiddetta Merloni, non deveessere considerato come ostativo. Ulteriori indicazioni in questo senso sono stateda ultimo fornite dalla Legge finanziaria 2006. L’applicazione del principio dellacontrattualizzazione determina la conseguenza che le modalità di ripartizione ditali risorse devono essere oggetto di contrattazione. Anche in questo caso, laprevisione legislativa che dispone la necessità dell’adozione di un regolamentonon deve essere considerata come ostativa: esso deve recepire le indicazionidettate dal contratto e integrarle con gli aspetti che hanno natura istituzionale enon sono quindi rimessi alla contrattazione, come la definizione delle attività diprogettazione che sono oggetto di incentivazione, con la possibilità, ad esempio,dell’esclusione delle attività si semplice manutenzione ordinaria.

La seconda scelta contenuta nel D.Lgs. n. 165/2001, che valorizza il ruolo dellacontrattazione, è costituita dalla sua equiparazione alla legislazione, ovviamentenelle materie relative al rapporto di lavoro, cioè nelle materie per le quali vi èuna competenza del contratto, e per le norme di legge dettate per il pubblicoimpiego. Siamo dinanzi ad una chiara e netta eccezione rispetto al principiodella gerarchia delle fonti e della subordinazione alla legge di tutte le altri fonti.Principio che con la riforma del titolo V della Costituzione conosce una nuovaeccezione attraverso l’attribuzione ai Comuni di potestà normativa. Ed in questianni i CCNL hanno più volte dato attuazione a tale principio. L’esempio piùclamoroso è contenuto nel CCNL 31.3.1999, disposizione ribadita nel CCNL5.10.2001, rispetto al D.Lgs. n. 267/2000, Testo unico delle leggisull’ordinamento degli enti locali. Il tema è quello del conferimento degli

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incarichi di titolarità di posizione organizzativa, che ricordiamo remuneranonegli enti privi di dirigenti il conferimento da parte del Sindaco di incarichidirigenziali e che possono, in presenza anche di un solo dipendente di categoriaD, essere attribuiti unicamente a personale inquadrato in tale categoria; regolache vale per tutte le articolazioni organizzative. Norma che tende ad evitare unacondizione di difficoltà agli enti dopo la privatizzazione del rapporto di lavoroe la devoluzione del contenzioso al giudice del lavoro; una sperequazione diquesto tipo risulterebbe infatti difficilmente giustificabile. Ed invece il Testounico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali prevede che il sindaco possaconferire tali incarichi a prescindere dalla qualifica di inquadramento.

5.2. Le forme di relazioni sindacale

I CCNL prevedono essenzialmente due tipi di relazioni sindacali: quelle aventicarattere negoziale e quelle che non hanno carattere negoziale. Al primo tipoappartengono i contratti; al secondo tipo l’informazione e la concertazione,nonché le forme “rafforzate” di informazione, cioè l’incontro e l’esame.

La principale differenza tra le forme di relazione sindacale negoziale e quellenon negoziali può essere così sintetizzata. Nelle forme di relazione sindacalenegoziale siamo dinanzi ad un atto che è immediatamente produttivo di effettigiuridici e che non deve essere recepito dagli enti con un atto amministrativo.Il contratto nazionale si applica immediatamente dopo la sua sottoscrizione (lastessa pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale non costituisce una forma dipubblicità costitutiva, ma ha una natura esclusivamente informativa) e nonoccorre, a differenza di quanto avveniva prima della privatizzazione per icontratti che venivano recepiti in un DPR, di una deliberazione di recepimentoda parte degli enti. I contratti decentrati integrativi si applicano egualmentesubito dopo la loro sottoscrizione: la giunta è intervenuta precedentemente,autorizzando il presidente della delegazione trattante di parte pubblica alla suasottoscrizione. Ovviamente, la firma dei contratti da parte dei soggetti sindacali,cioè di soggetti che non hanno alcuna natura ed alcuna veste pubblicistica, noninficia il loro carattere vincolante per le amministrazioni locali.

Nelle procedure di tipo non negoziale non siamo dinanzi ad alcun attoimpegnativo, ma ad un vincolo procedurale: le Amministrazioni, ovviamentenelle materie che hanno conseguenze per i rapporti di lavoro, prima di adottare

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i propri atti o dopo averli adottati sono vincolati alle forme di relazione sindacalepreviste dai CCNL o dallo stesso D.Lgs. n. 165/2001. Tali procedure noncomportano il vincolo di raggiungere una intesa; esse costituiscono un onereprocedurale la cui mancata attivazione determina conseguenze di possibileinvalidità dell’atto per la condotta antisindacale. Il che deve essere, a richiesta,accertato e dichiarato da parte di un giudice del lavoro.

I contrattiLe tipologie di contratto sono le seguenti:

✓ il contratto collettivo nazionale quadro, ✓ il contratto collettivo nazionale di lavoro, ✓ il contratto decentrato integrativo, ✓ il contratto decentrato integrativo territoriale e le interpretazioni

autentiche.

Il contratto collettivo nazionale quadro è sottoscritto tra l’A.Ra.N. (Agenziaper la Rappresentanza Negoziale delle pubbliche amministrazioni) e leorganizzazioni sindacali. Esso si riferisce ad una pluralità di comparti, cioèdei settori di contrattazione collettiva nazionale. Se ne conoscono di tre tipi.Il primo è il contratto che, sulla base delle regole previste dal D.Lgs. n.165/2001, ad avvio di ogni tornata di contrattazione nazionale quadriennale,individua i comparti di contrattazione collettiva. Il secondo tipo è quello chedisciplina gli istituti delle aspettative e dei permessi sindacali, nonché fissale regole per la definizione della rappresentatività dei soggetti sindacali. Ilterzo tipo è quello che detta regole comuni ai vari comparti in materie“trasversali”, cioè che riguardano più di un settore. Tra i principali ricordiamoquello sul lavoro interinale (oggi in buona misura superato dall’abrogazionedi tale istituto e dalla sua sostituzione con il contratto di somministrazione atempo determinato), quello sul telelavoro e, soprattutto, quello sull’usodell’arbitrato in luogo dell’instaurazione del contenzioso dinanzi al giudiceordinario.

I contratti collettivi nazionali di lavoro hanno una durata quadriennale per gliaspetti normativi e biennale per gli aspetti economici. Al momento in cuiscriviamo, si sono accumulati – ed in modo crescente – forti ritardi nel processodi rinnovo contrattuale: basta ricordare che il CCNL per il personale delcomparto Regioni ed Enti locali per il biennio economico 2004/2005 è stato

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stipulato solo il 9 maggio 2006, che il contratto dei dirigenti dello stessocomparto e per lo stesso periodo nell’autunno del 2006 non è stato ancorastipulato e che il contratto collettivo nazionale di lavoro dei Segretari comunalie provinciali per il quadriennio normativo 2002/2005 e per i due biennieconomici in cui esso si divide, nell’autunno del 2006 non è stato ancorastipulato, ritardo da considerare come un vero e proprio Guinness dei primati.Essi sono sottoscritti dall’A.Ra.N. e dalle organizzazioni sindacali maggiormenterappresentative. L’A.Ra.N., prima di avviare le direttive, deve ricevere unadirettiva da parte del comitato di settore e tale direttiva deve essere ratificatadal Governo. Se nel corso delle trattative è necessario, l’A.Ra.N. informa talisoggetti, che possono modificare ovvero chiarire o integrare il contenuto delladirettiva. Dopo la stipula della bozza di accordo, si devono pronunciare sul suocontenuto, in particolare alla luce della coerenza con la direttiva, il comitato disettore ed il Governo. La bozza viene quindi trasmessa alla Corte dei Conti perla certificazione dei costi. Solo a conclusione di tale iter il contratto vienedefinitivamente firmato e diventa operativo.

I contratti decentrati integrativi sono sottoscritti nei singoli enti dal presidentedella delegazione trattante di parte pubblica e dai soggetti sindacali. Non èstrettamente necessario che la giunta adotti un atto di indirizzo o formuli unadirettiva, ma tali elementi sono da considerare quanto mai necessari nellasostanza, così come è utile una puntuale informativa alla giunta sull’andamentodelle trattative. Dopo la stipula della bozza di intesa, è necessario che sipronuncino i revisori dei conti. Le norme contrattuali non prescrivono che labozza di contratto sia corredata da una relazione illustrativa dei suoi contenuti,anche alla luce della coerenza con la eventuale direttiva e degli oneri, ma apparequanto mai opportuno che si segua tale metodo. I revisori dei conti verificanola copertura dei costi nel bilancio preventivo ed in quello pluriennale, nonchéche il contenuto dei contratti sia legittimo. Ogni loro obiezione riapre le trattativeed essi hanno l’obbligo di informare il Ministero dell’Economia e delle Finanzesu tutte le clausole illegittime dei contratti decentrati integrativi. I revisori deiconti hanno 15 giorni di tempo per esprimere il loro parere; si applica il principiodel silenzio assenso. Dopo tale pronuncia la “palla” passa alla giunta, perchécon una propria deliberazione autorizzi il presidente della delegazione trattantedi parte pubblica alla sottoscrizione del contratto decentrato integrativo. Fermirestando i principi di carattere generale sulla buona fede, essa non ha un vincolodi autorizzazione né ha un termine entro cui pronunciarsi. Dopo l’autorizzazione,

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il presidente della delegazione trattante di parte pubblica sottoscrive con isoggetti sindacali il contratto. Una sua copia deve essere inviata all’A.Ra.N..

Nei contratti decentrati integrativi si distinguono le materie su cui vi è l’obbligodi contrarre e quelle in cui vi è un mero obbligo di contrattare. Nelle prime leamministrazioni non possono decidere unilateralmente, neppure se non si arrivaall’accordo. Il che vuol dire che, in caso di mancato accordo, non si puòprocedere. Tale obbligo è previsto per tutti gli aspetti economici. L’obbligo acontrattare significa che, in caso di mancato accordo, le parti riprendono lapropria autonomia, quindi le amministrazioni possono decidere.

Per la stipula dei contratti decentrati integrativi il contratto nazionale detta uninsieme di prescrizioni, che però molto spesso non sono rispettate. Vediamoledi seguito:

1. la contrattazione non è permanente: le parti hanno 30 giorni di tempoche possono, d’intesa, prorogare per una sola volta per altri 30 giorni;

2. la contrattazione ha durata quadriennale e copre lo stesso arco di tempodi validità del contratto nazionale (ad esempio 2002/2005). Annualmentele parti possono contrattare unicamente la ripartizione del fondo per lerisorse decentrate;

3. il contratto decentrato deve disciplinare unitariamente (l’unica possibileeccezione è prevista nel caso di contratto decentrato su base territorialeche le parti scelgono di attivare solo per alcuni istituti) tutte le materierimesse alla contrattazione decentrata integrativa: in altri termini non èpossibile utilizzare la cosiddetta politica del “carciofo”, un contratto perogni istituto o gruppo di istituti;

4. nel caso di mancata sottoscrizione del contratto si continua ad applicareil vecchio, ovviamente per quanto possibile.

Il contratto decentrato integrativo su base territoriale è sottoscritto da un gruppodi enti locali, ognuno dei quali non deve avere più di 30 dipendenti in servizio.Esso può sostituire integralmente o parzialmente il contratto stipulato in unsingolo ente. Per la sua attivazione occorre la volontà delle amministrazioni edei soggetti sindacali. Tale volontà si manifesta nella sottoscrizione di unaspecifica intesa. Essa è accompagnata dalla sottoscrizione di una convenzionetra le amministrazioni. Siamo dinanzi ad uno strumento poco utilizzato, ma cheha invece un grande rilievo positivo, visto che consente di superare i problemi

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che sono dati dalla dimensione eccessivamente ridotta di numerosi enti locali.L’interpretazione autentica è, a tutti gli effetti, un contratto collettivo. Essa siapre su richiesta di uno dei soggetti sindacali nei casi in cui occorre chiarirequalche aspetto contrattuale di dubbia interpretazione. Valgono le stesse regolee le stesse procedure previste per la stipula dei contratti collettivi, quali adesempio, nella contrattazione decentrata integrativa, il controllo da parte deirevisori dei conti e l’autorizzazione alla sottoscrizione da parte della giunta. Lasua attivazione può essere chiesta da una delle parti. La differenza con gli altricontratti è la decorrenza: in questo caso siamo infatti dinanzi alla sua retroattivitàalla data in cui è stato sottoscritto il contratto a cui essa si riferisce.Una forma specifica di interpretazione autentica si ha nel caso di richiesta delgiudice del lavoro. Il D.Lgs. n. 165/2001 prevede infatti che, nel corso deicontenziosi, la interpretazione delle clausole dei contratti sia rimessa ai soggettiche hanno sottoscritto l’intesa. In tali casi, quindi, il giudice sospende l’esamedel contenzioso e rimette ai soggetti che hanno sottoscritto l’intesa la definizionedei dubbi interpretativi, assumendone le conclusioni nel contenzioso.

Vediamo ora chi sono i soggetti sindacali. Per la parte pubblica esso è ladelegazione trattante. Un ruolo specifico ha il presidente, che è chiamato asottoscrivere il contratto decentrato e che svolge in essa un ruolo preponderante.La sua composizione è decisa dalla giunta. Ne possono fare parte, oltre alsegretario ed al direttore generale, i dirigenti. Ovviamente non vi è alcun obbligodi nominarli tutti. Negli enti sprovvisti di dirigenza ne possono fare parte iresponsabili, anche in questo caso senza alcun obbligo che siano nominati tutti.A giudizio di buona parte delle pronunce intervenute, non possono farne parte icomponenti gli organi politici. Essi possono al più partecipare alle riunioni, masenza assumere una veste formale. Gli amministratori possono farne parte in modoformale unicamente nei comuni al di sotto dei 5.000 abitanti in cui la giunta haindividuato uno o più dei suoi componenti quale responsabile di ufficio o servizio.

Per i lavoratori abbiamo due soggetti: la Rappresentanza Sindacale Unitaria(RSU) e le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto nazionale. La primaè un soggetto unitario e, in caso di pareri discordanti, decide a maggioranza.Le organizzazioni sindacali sono unicamente quelle che hanno firmato l’ultimocontratto nazionale, a prescindere dalla loro presenza effettiva nell’ente.Mancano regole automatiche per risolvere gli eventuali contrasti intercorsi traRSU ed organizzazioni sindacali o tra queste ultime: l’ente valuterà secondo

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i principi di buona fede e correttezza al fine di decidere quale sia il parerepiù rappresentativo.

Le relazioni non negozialiL’informazione è il presupposto che rende possibili tutte le forme di relazionesindacale, la consultazione appartiene all’area della unilateralità esposta e laconcertazione a quella della bilateralità possibile.L’informazione è disciplinata dall’articolo 7 del CCNL 1.4.1999; essa èobbligatoria “sugli atti di valenza generale, anche di carattere finanziario,concernenti il rapporto di lavoro, l’organizzazione degli uffici e la gestionecomplessiva delle risorse umane”. Essa deve essere resa, con cadenza almenoannuale, nelle seguenti materie: iniziative di innovazione tecnologica, eventualiprocessi di dismissione, di esternalizzazione e di trasformazione degli uffici odei servizi. In queste materie deve essere altresì effettuata nei casi in cui l’enteattivi specifiche iniziative. Il contratto estende tale vincolo anche alle materiepreviste in tema di sicurezza del lavoro. Inoltre equipara ad essa l’istituto dellaconsultazione previsto dal D.Lgs. n. 165/2001. Essa diventa, in altri termini, unaforma di informazione resa attraverso un incontro. Sostanzialmente equiparatoalla consultazione è l’esame.

Spetta ai singoli enti decidere se la informazione deve essere resapreventivamente o successivamente, fermo restando che essa deve essere resapreventivamente nelle materie che sono oggetto di concertazione e dicontrattazione. Il soggetto competente per l’ente a rendere le informazioni aisoggetti sindacali è da individuare nel dirigente del settore competente. Siamodinanzi ad una incombenza tipica del dirigente, che appartiene alle sueattribuzioni quale soggetto a cui sono attribuiti i poteri e le capacità del privatodatore di lavoro. I soggetti che per i lavoratori sono coinvolti nelle relazionisindacali sono le RSU e le organizzazioni sindacali firmatarie del contrattonazionale.

La concertazione può essere attivata dai soggetti sindacali e gli enti non possonosottrarsi a tale richiesta, ovviamente nelle materie previste dai contratti collettivinazionali. I soggetti sindacali possono richiederne la attivazione entro i 10 giornisuccessivi alla ricezione della informazione; tale periodo può essere ridotta daglienti a 5 giorni, sulla base di motivate ed espresse ragioni di urgenza. Laconcertazione si articola in uno o più incontri che si tengono tra le parti; il

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primo di essi deve essere svolto dall’ente entro i 4 giorni successivi alla ricezionedella richiesta di concertazione. Il CCNL sottoscritto lo 1.4.1999, articolo 8,prevede che la concertazione si concluda entro i 30 giorni successivi dalla datadi ricezione della richiesta. Durante tale periodo le amministrazioni non possonoassumere decisioni nelle materie interessate dalla richiesta di concertazione e leparti improntano i loro comportamenti ai principi di responsabilità, correttezzae trasparenza, cioè ai principi che regolano le relazioni sindacali ai sensi dellalegge n. 300/1970, cosiddetto statuto dei lavoratori. Della o delle riunioni èredatto uno specifico verbale. Al termine del periodo previsto dal contratto leparti riassumono la propria autonomia, in particolare gli enti si possono “attivareautonomamente”, cioè decidere.

I soggetti che rappresentano i lavoratori sono la RSU e le organizzazionisindacali firmatarie del contratto nazionale. Il soggetto che rappresenta l’ente èindividuato dalla giunta, e può essere tanto un dirigente, quanto un componentel’organo politico, quanto la delegazione trattante. Ovviamente la scelta puòessere differenziata sulla base delle materie oggetto di concertazione, per cui ilcomponente l’organo politico può essere individuato come rappresentantedell’ente in una materia in cui la scelta appartiene all’organo politico, quale adesempio la articolazione dell’orario di servizio. Le materie oggetto di concertazione sono le seguenti:

1. articoli 16 CCNL 31.3.1999 ed 8 del CCNL 1.4.1999; criteri generaliper tutti i seguenti temi: svolgimento delle selezioni per i passaggi trale categorie (progressioni verticali); valutazione delle posizioniorganizzative; criteri per la pesatura delle posizioni organizzative; criteriper il conferimento degli incarichi di posizione organizzativa;finanziamento delle retribuzioni di posizione e di risultato; metodologiedi valutazione delle prestazioni e dei risultati del personale;individuazione delle risorse aggiuntive per le progressioni economiche;istituzione di nuovi profili professionali; articolazione dell’orario diservizio; calendario delle scuole e degli asili nido; criteri per il passaggiodi dipendenti a seguito di esternalizzazioni/ privatizzazioni; andamentodei processi occupazionali; mobilità interna;

2. CCNL 14.9.2000 (cosiddetti code contrattuali): individuazione delfabbisogno per le assunzioni a tempo determinato; criteri e procedure perla trasformazione a tempo indeterminato dei contratti di formazione elavoro; criteri generali per il conferimento delle mansioni superiori; numero

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dei dipendenti coordinati dal personale dell’area di vigilanza; riduzionedell’orario delle attività didattico integrative; calendario scolastico;individuazione di attività ulteriori rispetto al calendario scolastico.

5.3. Il contratto collettivo nazionale e quello decentratointegrativo

Il ruolo dei contratti decentrati integrativi è stato fortemente valorizzato dallalegislazione degli anni novanta e riempito di contenuti dai contratti nazionali,in particolare da quelli del 1999 e successivi. Nel pubblico impiego, a differenzadi quanto previsto nel settore privato, la contrattazione decentrata ha naturaintegrativa, il che ne riduce significativamente i margini di autonomia: essa trovacioè la propria fonte di legittimazione nel contratto nazionale e non puòdiscostarsene in alcun modo.

Infatti, tanto il D.Lgs. n. 165/2001 che, utilizzando le stesse espressioni, il CCNL1.4.1999 stabiliscono che gli ambiti della contrattazione decentrata integrativasono fissati dal contratto nazionale: spetta in particolare ad esso indicare lematerie, definire gli oneri e fissare le procedure. Pertanto, l’individuazione deisoggetti che stipulano i contratti decentrati integrativi, sia come parte pubblicache come rappresentati dei lavoratori, la definizione delle forme di controllo edelle modalità per arrivare alla stipula definitiva, l’indicazione delle operazionida effettuare per il calcolo del fondo per le risorse decentrate, la fissazione delleindennità che possono essere erogate e del loro importo ed infine il contenutosono rimessi ai CCNL.

Si stabilisce in modo preciso che le clausole dei contratti decentrati difformidalle prescrizioni stabilite da quelli nazionali, nonché l’eventuale mancatacopertura da parte dei bilanci annuali e pluriennali degli oneri dellacontrattazione locale determinano la “nullità” della stessa e che tali clausole nonsono applicabili. Ricordiamo che la nullità è la sanzione più forte prevista dalnostro ordinamento giuridico, che essa determina l’insanabilità delle relativeprescrizioni e che le clausole nulle si devono considerare come improduttive dieffetti giuridici ab origine. Ricordiamo ancora che la nullità può essere eccepitadirettamente dal giudice, non occorre cioè che la relativa eccezione sia sollevatada una delle parti. Ed ancora che essa è imprescrittibile, quindi può essereeccepita perennemente.

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La nullità può determinare responsabilità amministrativa nel caso in cui sisiano determinate minori entrate o maggiori spese per le Pubblicheamministrazioni.

Nel caso in cui si ritenga che una norma contrattuale sia nulla, occorre che essanon sia applicata. Ricordiamo che la dichiarazione di nullità può esserepronunciata esclusivamente dal giudice. E che le amministrazioni, nel caso incui nutrano il dubbio che qualche disposizione di contratto decentrato siaillegittima, possono riconvocare i soggetti sindacali per modificare tale clausolaovvero chiedere il pronunciamento del giudice. Nelle more, al fine di evitarel’insorgere di una possibile responsabilità amministrativa personale, esse possonosospenderne l’efficacia.

Molto spesso i contratti decentrati integrativi non tengono conto di due chiareindicazioni contenute nei CCNL: la loro unitarietà e la durata quadriennale.

Un altro errore di frequente commesso dalle amministrazioni è quello di rinviarela stagione della contrattazione, o di accettare o subire richieste e/ocomportamenti sindacali in tal senso. In tal modo si arriva a contratti che hannospesso un carattere di sostanziale sanatoria e, generalmente, tali scelteindeboliscono le posizioni contrattuali delle amministrazioni.Le materie oggetto della contrattazione decentrata integrativa sono individuatedirettamente dai CCNL. Tale elencazione ha un carattere vincolante per lacontrattazione di secondo livello, cioè quella che si svolge nelle amministrazionilocali. In altri termini, tale elenco non può essere ampliato e non può essereristretto. Ed ancora, le materie che sono rimesse ad altra forma di relazionesindacale, come ad esempio la concertazione, non possono diventare oggetto dicontrattazione.

Definire in contrattazione decentrata integrativa temi non compresi nell’elencodefinito dai contratti nazionali non costituisce un esercizio della autonomiacontrattuale delle parti, ma la violazione di una disposizione imperativa di legge.E, pertanto, tali clausole sono da considerare nulle.

Una delle più frequenti ragioni di confusione tra contrattazione e concertazioneè data dal fatto che molto spesso i soggetti sindacali, sia di parte pubblica chequelli che rappresentano i lavoratori, sono gli stessi. Tale conseguenza non è da

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considerare assolutamente come obbligatoria per i rappresentatidell’Amministrazione pubblica, mentre i soggetti sindacali sono gli stessi, e cioèle Rappresentanze sindacali unitarie e le organizzazioni sindacali firmatarie delCCNL. Non è infatti prescritto, e spesso non pare essere neppure opportuno,che il soggetto chiamato a rappresentare l’ente nella concertazione sia ladelegazione trattante di parte pubblica: il CCNL del 22.1.2004 ha infatti rimessocon molta chiarezza alla giunta l’individuazione di tale soggetto, individuazioneche può essere effettuata una tantum ovvero caso per caso.

5.4. Il fondo per le risorse decentrate

La contrattazione decentrata si svolge nell’ambito del fondo per le risorsedecentrate; questa indicazione deve essere intesa nel senso che il finanziamentodelle sue scelte può essere effettuato solo con risorse prelevate da tale strumento.È questo un punto a cui dedicare la massima attenzione, sia per non gravarel’ente di oneri aggiuntivi sia perché si espone l’ente, e per esso i componentila delegazione trattante di parte pubblica ed eventualmente la giunta, al rischiodi avere determinato una responsabilità contabile per danno erariale.

Le regole per la determinazione del fondo per le risorse decentrate sono fissatedalla contrattazione nazionale, in particolare dai contratti dello 1.4.1999, del5.10.2001; del 22.1.2004 e del 9.5.2006. Tali regole determinano, per la granparte, in modo automatico i meccanismi di composizione del fondo e, per laparte residua, la scelta è rimessa alla autonoma decisione dei singoli enti. Quindi,non siamo dinanzi ad una materia che è oggetto di contrattazione: sono leamministrazioni a dovere determinare l’entità del fondo; i soggetti sindacalipossono chiedere solamente dei chiarimenti e delle precisazioni, nonchéevidenziare eventuali errori, anche facendo valere in sede di contenzioso dinanzial giudice del lavoro tali doglianze. La contrattazione della consistenza del fondocostituisce uno degli errori che più frequentemente viene compiuto dalleamministrazioni locali e che è spesso foriero di conseguenze non positive intermini di eccessivo incremento del fondo e, quindi, del maturare diresponsabilità amministrativa in capo a chi ha nell’ente disposto in questo senso.Ricordiamo che, tra i principi che presiedono al maturare della responsabilitàamministrativa, vi è la presunzione di buona fede per gli amministratori, salvoche sia dimostrato che essi erano stati informati delle possibili illegittimità.

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La parte stabileIl fondo per le risorse decentrate, ai sensi delle previsioni dettate dal CCNL del22.1.2004, deve essere diviso in due parti: stabili e variabili. Le prime hannoun carattere di stabilità sia per le fonti di alimentazione che per la destinazione.Infatti, sul versante delle fonti di alimentazione, si prevede che esso siaalimentato dal fondo 1998, comprensivo delle eventuali integrazioni decisedall’ente; dai risparmi della gestione del personale verificatisi nello stesso anno;dal taglio una tantum del 3% del fondo 1999 per il lavoro straordinario; dairisparmi derivanti dalle razionalizzazioni effettuate ai sensi del D.Lgs. n.165/2001; dalle risorse destinate al Led (Livello Economico Differenziato); dallerisorse destinate al pagamento della indennità per il personale direttivo,corrispondenti a 1.500.000 annue lorde delle vecchie Lire; da una quota, nonsuperiore allo 0,2%, dei risparmi derivanti dalla soppressione di posti didirigente, per le Regioni; dallo 0,52% del monte salari 1997; dal trattamentoeconomico del personale trasferito per l’esercizio della delega di funzioni;eventuali incrementi decisi dall’ente a seguito di aumento della dotazioneorganica e del numero di dipendenti in servizio; incremento dello 1,1% del montesalari 1999; importo della retribuzione individuale di anzianità e degli assegniad personam in godimento per il personale cessato dal servizio a partire dal1.1.2000; incremento dello 0,62% del monte salari 2001 ed incremento dello0,50% del monte salari 2001 negli enti che hanno nello stesso anno una spesaper il personale inferiore al 39% delle entrate correnti. Sulla base del CCNL9.5.2006 esso è inoltre incrementato di una cifra pari allo 0,50% del monte salari2003 nelle amministrazioni locali non dissestate né strutturalmente deficitarieche sulla base del consuntivo 2005 avevano un rapporto tra spesa del personaleed entrate correnti non superiore al 39%.

Il CCNL 22.1.2004 prevede inoltre che una quota pari allo 0,20% del montesalari 2001 sia destinato al finanziamento delle alte professionalità. Negli enticon i dirigenti, in cui l’indennità di posizione e di risultato di queste figure, alpari delle posizioni organizzative, è tratto dal fondo per le risorse decentrate,queste risorse vanno dentro il fondo parte stabile con vincolo di destinazione.Negli enti privi di dirigenti, in cui l’indennità di posizione e di risultato di questefigure, al pari delle posizioni organizzative, è alimentata da risorse di bilancio,esse vengono finalizzate a tale trattamento ovvero, se non sono istituite talifigure, vengono accantonate.

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La parte variabileNelle risorse di parte variabile entrano: le economie derivanti dallesponsorizzazioni e cessioni di servizi; dalla trasformazione a tempo parziale diposti a tempo pieno; dalle risorse previste da specifiche norme di legge comeincentivazione del personale (ad esempio una quota del maggiore gettito ICI, icompensi per le progettazioni interne di opere pubbliche, ecc.); i risparmiconseguiti annualmente nella utilizzazione del fondo per il lavoro straordinario;eventuale incremento fino allo 1,2% del monte salari 1997 deciso dalla giunta,aumento che deve essere confermato annualmente e che è subordinatoall’accertamento da parte dei servizi di controllo interno della sua provenienzada razionalizzazioni effettuate e/o della sua destinazione al raggiungimento dispecifici obiettivi qualitativi; eventuali incrementi decisi dall’ente per larealizzazione di nuovi servizi o per il miglioramento o ampliamento di quelliesistenti; risorse assegnate per il trattamento accessorio dei messi notificatori incaso di attività svolte per altri enti. Sulla base del CCNL del 9.5.2006 vi sonodue ulteriori ed eventuali integrazioni per gli enti cosiddetti virtuosi. Leamministrazioni locali devono disporre un incremento fino allo 0,3% del montesalari 2003 se non dissestati né strutturalmente deficitarii e se hanno avuto nel2005 un rapporto tra spesa per il personale ed entrate correnti compreso tra il25 e 32%. Devono incrementare dallo 0,3% allo 0,7% del monte salari 2003 ilfondo gli enti non dissestati né strutturalmente deficitarii che hanno avuto nel2005 un rapporto tra spesa per il personale ed entrate correnti inferiori al 25%.È previsto l’incremento fino allo 0,7% del monte salari 2003 nei Comunimetropolitani non dissestati né strutturalmente deficitarii che hanno avuto nel2005 un rapporto tra spesa per il personale ed entrate correnti uguale o inferioreal 39%.

Occorre dedicare, nell’ambito delle risorse variabili, una specifica attenzione alfinanziamento di questa parte del fondo. Il principio di carattere generale è chele singole amministrazioni non hanno la possibilità di decidere autonomamentele regole per la sua formazione in base alla propria volontà ed alla quantità dirisorse disponibili, ma che tali regole sono fissate dalla contrattazione collettivanazionale. La stessa possibilità di integrare le risorse del fondo per la attivazionedi nuovi servizi e/o per il miglioramento o ampliamento di quelli esistenti nonsfugge ai vincoli del contratto nazionale, in particolare in termini di quantità dirisorse e di percorso decisionale. Le risorse aggiuntive devono essere limitate aquelle strettamente necessarie ed occorre dimostrare che i nuovi servizi debbano

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produrre effetti realmente migliorativi per i cittadini. Una specifica attenzioneoccorre inoltre mostrare nel caso in cui si decida di continuarenell’incentivazione dopo il primo anno, cioè in presenza di una sempliceripetizione del nuovo servizio.

Come si vede non trovano allocazione, perché non possono essere ripetute, lerisorse aggiuntive previste dall’articolo 5 del CCNL del 5.10.2001, Enti cdvirtuosi. Ricordiamo che tali disposizioni sono inapplicabili dalla data di entratain vigore del CCNL, cioè dal gennaio 2004.

I principali suggerimentiNella costituzione del fondo gli enti privi di dirigenti devono sottrarre le quotedi compenso accessorio già erogate ai responsabili di servizio che sono diventatititolari di posizione organizzativa, destinandole alla parziale compensazionedegli oneri che sono chiamati a sostenere per la remunerazione di questiincarichi. Tale sottrazione, che pure non è espressamente prevista dalle normecontrattuali, si deve considerare come vincolata e deriva dalla necessità di evitareche il costo della istituzione delle posizioni organizzative gravi per ben due voltesugli enti.Anche se non espressamente prevista dal contratto, deve essere disposta lariduzione del fondo per il trattamento economico accessorio in godimento alpersonale ATA (Ausiliari, Tecnici, Amministrativi) trasferito alle dipendenze delMinistero della Pubblica Istruzione.

La distinzione introdotta dal CCNL del 22.1.2004 tra fondo stabile e fondovariabile vuole fare chiarezza sulle modalità di utilizzazione delle risorsedecentrate. In particolare, le risorse aventi un carattere di stabilità sono destinatea remunerare le forme di trattamento economico accessorio che hanno unanalogo carattere, diventando delle integrazioni sostanzialmente stipendiali (qualil’indennità di comparto e le progressioni orizzontali) ovvero che hanno uncarattere stabile derivante da una scelta organizzativa dell’ente (istituzione delleposizioni organizzative). Esse hanno un carattere di stabilità e certezza nellemodalità di costituzione e, su questa base, possono garantire che le forme stabilidi compenso siano finanziate senza oneri aggiuntivi. Pertanto, l’ente devecalcolare l’importo del fondo di parte stabile e subito dopo deve calcolare quantaparte è già utilizzata. Solo sulla parte non ancora vincolata, avendo ben cura dievitare che eventuali residui concorrano ad alimentare l’erogazione di indennità

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che hanno un carattere stabile, la contrattazione decentrata si potrà esercitare estabilire, eventualmente, che si dia corso a nuove progressioni orizzontali. Ogniviolazione di questo principio costituisce una scelta illegittima o, meglio,sanzionata da nullità in quanto in contrasto con le disposizioni del contrattonazionale, e pertanto può diventare fonte di responsabilità contabile. Ovviamentele quote non utilizzate di fondo per il salario accessorio, parte stabile, possonoessere destinate annualmente al finanziamento della parte variabile. Non è invecepossibile il viceversa, cioè destinare quote del fondo variabile a finanziare laparte stabile, in quanto viene a mancare il necessario requisito della certezzadelle disponibilità economiche. È del tutto evidente che ogni nuova progressioneorizzontale sottrae risorse al fondo e limita quindi la possibilità di effettuarnedi nuove, mentre le cessazioni dal servizio e le progressioni verticali liberanorisorse nella parte stabile del fondo. Nella strategia dell’ente è questo unelemento di cui tenere adeguatamente conto.

5.5. Le principali indennità

Il contratto nazionale individua le indennità che possono essere erogate e fissale relative condizioni, nonché i margini e gli ambiti, spesso rimettendone laconcreta articolazione ai contratti decentrati integrativi, che non possonocomunque superarne i limiti invalicabili. È questo un terreno in cui si applicail rapporto gerarchico tra contratti nazionali e contratti decentrati, per cuiun’Intesa locale che istituisca una nuova indennità non prevista dallacontrattazione nazionale (ad esempio l’indennità per videoterminalista) è, perquesta parte, nulla. Analoga sanzione colpisce gli enti che erogano indennità aldi sopra dei tetti massimi previsti dalla contrattazione nazionale e quelli chedanno una interpretazione fuorviante delle previsioni del contratto nazionale (adesempio riconoscere l’indennità di disagio a tutti i videoterminalisti ocompensare attraverso questa voce l’articolazione su 5 giornate dell’orariosettimanale che costringe il personale ad uno o più rientri settimanali ovveroriconoscere l’indennità di rischio a tutto il personale inquadrato in un profiloprofessionale ovvero applicare l’indennità di disagio anche ai dipendenti dellacategoria D ovvero erogare a pioggia la produttività).

Anche il personale assunto con contratto a tempo determinato ha diritto avedersi riconosciute le indennità al pari del personale assunto a tempoindeterminato. Tale diritto non matura unicamente per le prestazioni

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incompatibili con il contratto a termine e, ovviamente, non è prevista lapossibilità di loro partecipazione alle selezioni per le progressioni orizzontali.Per i dipendenti con contratto di formazione e lavoro e per il personale concontratto di somministrazione, la corresponsione dei compensi incentivanti èinvece subordinata alla presenza di una specifica previsione dettata dallacontrattazione decentrata integrativa. In questi casi le risorse non sono poste acarico del fondo per la contrattazione decentrata integrativa, ma derivano darisorse di bilancio.

Le specifiche responsabilitàQuesta indennità, sulla base di una previsione assai estesa che lascia ampiospazio alla contrattazione decentrata integrativa, è stata istituita dal CCNL del1.4.1999, articolo 17, comma 2, lettera f). Essa può essere corrisposta adipendenti di categoria B, C e D, ovviamente che non siano titolari di posizioneorganizzativa. Questo compenso viene, generalmente, attribuito ai dipendentiindividuati come responsabili di procedimento, in particolare di quelli dimaggiore rilievo, ed ai dipendenti che sono investiti di specifici compiti dicoordinamento, ad esempio i capisquadra.Il contratto decentrato integrativo deve disciplinare i seguenti aspetti:

1. fissare la quota di fondo per le risorse decentrate, parte variabile,destinata al finanziamento di questa indennità;

2. definire se i destinatari potenziali sono i dipendenti delle categorie B,C e D o solo di taluna/e di queste categorie;

3. stabilire la misura del compenso, che entro la forcella prevista dal CCNLdel 9.5.2006, cioè entro il tetto massimo 2.500 Euro annui lordi. Talecompenso può essere differenziato in base all’importanza della specificaresponsabilità e/o alla categoria di inquadramento;

4. individuare i criteri di attribuzione dell’indennità.

I singoli dirigenti danno attuazione concreta alle disposizioni fissate dal contrattodecentrato integrativo, individuando i destinatari, eventualmente previaripartizione della quantità di risorse spettante ad ognuna delle varie articolazioniorganizzative dell’ente.

Nell’individuazione degli ambiti entro cui l’indennità deve essere attribuita e deiresponsabili la contrattazione decentrata potrà dare tanto un’interpretazioneestensiva che una restrittiva delle previsioni dettate dalla contrattazione

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nazionale. Si potrà, cioè, spaziare dalla sua attribuzione a tutti i responsabili diprocedimento, che prevedere che solo i responsabili di procedimenti complessipossano esserne destinatari, ovvero limitarla solo ai responsabili a cui siaconferito il compito di adottare i provvedimenti a rilevanza esterna ovvero soloai soggetti a cui, negli enti sprovvisti di dirigenti, sia attribuita la delega allosvolgimento di funzioni dirigenziali da parte dei titolari di posizioneorganizzativa. Ovvero si potrà prevedere una differenziazione della misura dellaindennità sulla base dei compiti effettivamente svolti e/o sulla base dellacategoria di inquadramento.

Ricordiamo, infine, che il CCNL del 22.1.2004 ha previsto un’indennità dimisura ridotta, non superiore a 300 Euro annui lordi, che può essere erogata,sulla base delle previsioni dettate dalla contrattazione collettiva decentrataintegrativa, in favore dei dipendenti investiti di specifiche responsabilità edappartenenti alle posizioni di lavoro previste dal contratto nazionale. Cioèun’indennità che, almeno in parte, si sovrappone e sostituisce l’indennità perspecifiche responsabilità previste dal contratto del 1.4.1999 e che è comunqueutilizzabile al fine di remunerare il conferimento di incarichi di responsabilitàdi procedimento nei settori previsti dal contratto stesso. Spetta alla contrattazionedecentrata individuare i criteri di erogazione, la misura ed i rapporti conl’indennità per specifiche responsabilità di cui alla lettera f) del comma 2dell’articolo 17 del CCNL del 1.4.1999, fermo ovviamente restando che di essanon possono fruire i titolari di posizione organizzativa.

La produttivitàLa più importante indennità prevista dalla contrattazione nazionale è laincentivazione produttività collettiva ed individuale. Siamo dinanzi ad una formadi compenso aggiuntivo che è strettamente collegato ai miglioramenti, in terminidi qualità e/o quantità dei servizi erogati, nonché ad una migliore efficacia,efficienza o economicità raggiunta nelle attività svolte. Siamo cioè dinanzi aduno strumento che è opportuno che gli enti incentivino nella misura più ampia,impegnandosi a destinare alla sua erogazione una quantità rilevante di fonditratti dalle risorse decentrate e non accettando che solo risorse aggiuntive sianostanziate per la sua erogazione.

Le regole per la sua determinazione, ripartizione ed erogazione sono definitenel contratto del 1.4.1999 e sono state oggetto di significative innovazioni da

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parte del CCNL stipulato il 22.1.2004. Occorre tenere presente che le novitàdettate in quest’ultima intesa sono una specificazione ed una esplicitazione diindicazioni desumibili già dalla contrattazione precedente o dalle norme di legge.In particolare, si deve sottolineare che il carattere meritocratico dell’indennitàed il suo collegamento con effettivi miglioramenti dell’attività svolta eranocontenuti già nel CCNL del 1.4.1999, in particolare per il chiaro tentativo distimolare i dipendenti al miglioramento delle attività che essi svolgonoordinariamente durante le attività di lavoro e per il collegamento che in tal modosi stabilisce con il miglioramento dei servizi.

È questa, per molti aspetti, perciò l’indennità che è più legata alle performanceche si possono realizzare nell’ente. Appare perciò quanto mai opportuno che glienti si impegnino in sede di contrattazione decentrata a riservare una quotaconsistente di risorse a questa indennità. Mentre invece in molte realtà staemergendo la tendenza a ridurre il peso di questa indennità a seguitodell’introduzione dell’indennità di comparto, cioè di quella forma di indennitàche viene erogata a pioggia, sulla base del rapporto di dipendenza edell’inquadramento. Ricordiamo che la produttività trova, in via ordinaria, il suofinanziamento nella parte variabile del fondo per le risorse decentrate, ma chele parti non impegnate di risorse stabili possono essere destinate al suofinanziamento. Si suggerisce inoltre che tutte, o quantomeno la stragrandemaggioranza, delle risorse aggiuntive collegate all’ampliamento e/o almiglioramento dei servizi siano destinate a questa voce. L’unica significativaeccezione può al riguardo essere prevista per la erogazione dell’indennità diturno, nei casi in cui la realizzazione di nuovi servizi o il miglioramento diquelli esistenti richieda una diversa articolazione delle presenze in servizio dialcuni dipendenti.

Il CCNL del 22 gennaio 2004 ha stabilito inoltre le seguenti disposizioni:l’obbligo di valutazione dell’effettivo raggiungimento dei risultati assegnati;l’obbligo per i dirigenti di valutare l’effettivo apporto individuale alle attivitàsvolte; il divieto di erogare il compenso a pioggia o sulla base di criterimeramente automatici ed il collegamento con miglioramenti apprezzabili rispettoagli esiti delle attività che sono ordinariamente svolte. contratto stabilisce altresì,ma questa indicazione era da considerare implicita anche nelle precedentidisposizioni, il divieto di erogare indennità non previste dal fondo per le risorsedecentrate.

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Ricordiamo che, in particolare dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 66/2003,il quale prevede che l’orario di lavoro sia strutturato unicamente in normaleorario e lavoro straordinario, le prestazioni relative ai cosiddetti progetti obiettivoo piani di produttività e tutte le altre terminologie utilizzate al riguardo devonocomunque essere ricondotte nell’ambito delle previsioni dettate dai CCNL. Inaltri termini, queste prestazioni non possono essere utilizzate come unaalternativa al lavoro straordinario, anche al fine di reperire risorse per avereprestazioni aggiuntive nel caso in cui le relative risorse non siano sufficienti.Siamo dinanzi ad uno strumento largamente utilizzato, ma ciò non consente inalcun modo di ritenere legittimo il suo uso.Il contratto decentrato deve prevedere:

a) la definizione della quantità di risorse decentrate da destinare alfinanziamento della produttività;

b) la ripartizione tra le varie forme di produttività;c) i criteri di valutazione del personale;d) gli eventuali criteri di erogazione dei residui (ad esempio le quote non

ripartite per mancato o parziale raggiungimento degli obiettiviassegnati).

I singoli enti, di regola attraverso atti gestionali adottati dai dirigenti, devonoinvece:

a) definire le regole per l’individuazione dei progetti e per la ripartizionedelle risorse assegnate tra i vari progetti;

b) individuare i criteri di partecipazione dei singoli dipendenti ai progetti.Con cadenza periodica, di regola annuale, e comunque alla conclusione delprogetto, i servizi di controllo interno, ovvero, in assenza di diverse previsioni,i nuclei di valutazione, dovranno verificare l’effettivo raggiungimento deirisultati e, solo dopo che tale verifica sia stata effettuata ed abbia dato un esitopositivo, eventualmente fissando una quota di raggiungimento dei risultati equindi una quota di erogazione della indennità, i dirigenti potranno procederealla sua ripartizione concreta tra i dipendenti interessati sulla base dellevalutazioni da essi stessi effettuata.

Vi è quindi un assoluto divieto di procedere ad erogazioni come accontidell’indennità di produttività, che potrà essere perciò concretamente ripartita soloa conclusione del progetto o dell’anno, una volta che sia stato accertato ilraggiungimento dell’obiettivo e sulla base di una valutazione positiva.

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Tra le varie forme di produttività indichiamo, a titolo esemplificativo: laproduttività collettiva (che viene erogata a tutti i dipendenti sulla basedell’effettivo raggiungimento degli obiettivi assegnati dai dirigenti); i progetti acui partecipano tutti i dipendenti; i progetti a cui partecipano singoli dipendentio gruppi di dipendenti; i progetti innovativi. La scelta sulle tipologie dei progettie sulle modalità di ripartizione della indennità sono individuate dal contrattodecentrato integrativo.

La produttività erogata a tutti i dipendenti sulla base dell’effettivoraggiungimento degli obiettivi e sulla base della valutazione effettuata daldirigente, deve caratterizzarsi per lo stretto collegamento proprio con gliobiettivi, che devono avere un collegamento con quelli previsti dai documentiprogrammatici dell’ente, cioè il Programma Esecutivo di Gestione ed il PianoDettagliato degli Obiettivi. Quindi si può ipotizzare il seguente percorso: l’entedefinisce gli obiettivi assegnati ai singoli dirigenti, che a loro volta definisconogli obiettivi dei titolari di posizione organizzativa e dei singoli dipendenti. Èevidente che questi obiettivi, per una larga parte, dovranno essere perlomenoanaloghi. Si ricorda l’importanza della partecipazione, rispettivamente, deidirigenti e dei dipendenti al procedimento di predisposizione degli obiettivi adessi assegnati. Le forme di quantificazione dell’indennità a cui possonoconcorrere i singoli dipendenti deve essere definita preventivamente, ad esempiosulla base dell’inquadramento e della presenza.

Altra forma di ripartizione dell’indennità di produttività è costituita dalladefinizione di progetti, che possono riguardare tanto tutti i dipendenti di unasingola area che una parte di essi, e che possono caratterizzarsi anche comeprogetti innovativi e riguardare in modo trasversale i dipendenti di più aree. Iprogetti devono essere finanziati all’interno del fondo, elemento che crea unanetta differenziazione rispetto alla situazione precedente. Essi devono avere unchiaro collegamento con obiettivi a cui l’ente assegna la massima importanzastrategica e sono, soprattutto, da intendere come uno strumento per differenziareil trattamento economico accessorio in funzione del carico di lavoro aggiuntivoe della rilevanza dei compiti assegnati. È evidente che siamo dinanzi ameccanismi in cui il peso della discrezionalità è assai rilevante; discrezionalitàche comunque deve essere collegata a dati obiettivi, cioè alla “misurazione” delrilievo che assume per l’amministrazione quel progetto. Misurazione che puòessere effettuata, ad esempio, sulla base del peso assegnato in sede di definizione

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dei criteri per la quantificazione della misura della indennità di posizione o diindividuazione dei criteri per la valutazione della indennità di risultato.

Il contratto decentrato fissa la quantità di risorse che devono essere annualmentedestinate alla indennità di produttività. Tali risorse sono tratte dalla partevariabile del fondo per le risorse decentrate.

Strettamente collegata alla definizione delle risorse destinate a questa indennitàè la ripartizione delle risorse destinate alla incentivazione della produttività chedeve essere effettuata tra le varie tipologie. È evidente che l’interesse in lineateorica degli enti va nella direzione di innalzare al massimo la quota destinataalla incentivazione attraverso progetti che riguardano parti dei dipendenti perchéin tal modo si permette di collegare ancora più direttamente la sua erogazionea risultati importanti per l’ente. Il contratto decentrato deve inoltre definire le modalità di utilizzazione dellerisorse destinate alla produttività e che non sono state utilizzate, ad esempioperché i dipendenti non hanno superato, quanto meno pienamente, la valutazioneeffettuata dai dirigenti o perché non sono stati raggiunti, almeno per intero, gliobiettivi assegnati ai dipendenti. Le forme di utilizzazione possono essere due:prevedere che queste risorse affluiscano al fondo per l’anno successivo ovveroche esse siano ripartite tra i dipendenti che hanno avuto una valutazioneampiamente positiva e/o per i progetti che hanno per intero raggiunto gli obiettiviassegnati. È evidente che questa seconda forma tende a premiare ulteriormentele realtà virtuose e che perciò, in linea generale, essa deve essere preferita daparte degli enti. Il contratto decentrato deve fissare i criteri di valutazione deidipendenti da parte dei dirigenti. Tale valutazione deve essere effettuata dopoche il controllo interno avrà accertato l’effettivo raggiungimento dei risultatiassegnati sia per la produttività collettiva che per i progetti.

I criteri di valutazione possono essere gli stessi che l’ente utilizza per leprogressioni orizzontali ovvero possono essere diversi. Ricordiamo che i criteridi carattere generale sono fissati dal contratto nazionale, che quello decentratointegrativo li deve arricchire e precisare e che ente è chiamato a definire leschede di valutazione, materia che è oggetto di concertazione.

Occorre sottolineare la grande importanza che assumono le valutazioni dicarattere discrezionale e collegate a fattori meritocratici rispetto a quelli che

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hanno un carattere automatico. Tale scelta è già contenuta nel contratto nazionalee quelli decentrati non possono tradirne lo spirito ispiratore. Basta ricordare cheil peso della esperienza acquisita, fattore che per molti versi si può considerareanalogo alla anzianità, non ha un carattere prevalente e che il suo peso deveessere tenuto in conto in particolare per le progressioni della categorie più bassee per le progressioni iniziali.

Un elemento da precisare in sede di contrattazione decentrata è costituito dallapossibilità di ricorrere contro le scelte effettuate dai singoli dirigenti. Ricordiamoche la valutazione deve essere comunicata in contraddittorio e che occorre tenereconto delle eventuali obiezioni avanzate dai dipendenti. La possibilità diammettere una sede di ricorso contro le decisioni assunte in materia divalutazione non è obbligatoria, ma costituisce una facoltà dei contratti decentrati.Ricordiamo che, ovviamente, sono fatte salve tutte le possibilità di ricorso insede giurisdizionale.

Spetta ai dirigenti individuare i progetti che sono oggetto di finanziamento perla produttività e definire la ripartizione delle risorse. È questa una materia in cuile competenze dirigenziali si intrecciano strettamente con le eventuali indicazioniprovenienti dalla contrattazione decentrata e con la volontà dell’ente, volontà cheviene espressa dalla giunta. Occorre ricordare che la materia della ripartizionedelle risorse per la produttività, in particolare per il finanziamento dei progetti,non è oggetto di contrattazione decentrata, che deve limitarsi al riguardo adefinire, al più, delle indicazioni di carattere generale. Assai stretto è invece ilcollegamento che si stabilisce con la volontà espressa dalla giunta, volontà chepuò esprimersi attraverso la formulazione di specifici indirizzi e criteri attraversol’emanazione di una direttiva. Direttiva che ovviamente non deve arrivare ad unpunto così analitico da svuotare il contenuto delle scelte dirigenziali.

Ai dirigenti spetta inoltre il compito di indicare concretamente gli obiettivi aidipendenti, garantendo il collegamento con quelli ad essi assegnati in sede diProgramma Esecutivo di Gestione e/o dal Piano Dettagliato degli Obiettivi econ quelli che essi stessi hanno assegnato ai titolari di posizione organizzativa.Si può al riguardo, ad esempio, suggerire l’utilizzazione del criterio per cui adobiettivi di mantenimento o ad attività di istituto dei dirigenti corrisponda laindicazione, per i dipendenti, di obiettivi della produttività collettiva, mentre adobiettivi di sviluppo o strategico corrispondono progetti.

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Una ultima, ma non certo per importanza, indicazione riguarda il divieto dicompensare con questa indennità prestazioni svolte al di fuori dell’orario dilavoro ed in sostituzione del compenso previsto dal contratto per il lavorostraordinario. Le amministrazioni che scelgono una diversa soluzione devonosapere che stanno tenendo un comportamento non legittimo e che in sede dieventuale contenzioso saranno condannate al riconoscimento anche delcompenso per il lavoro straordinario. Ogni eventuale intesa diversa non havalore. Questo tipo di compenso deve remunerare le prestazioni qualitativamenteaggiuntive raggiunte nel corso del normale svolgimento della prestazionelavorativa.

L’indennità di turnoLe prestazioni di lavoro che vengono svolte in modo costante attraverso unaalternanza tra l’impegno nella mattinata, nel pomeriggio, nella sera o nella nottesono remunerate con l’indennità di turno. È questo un compenso particolarmentericco, visto che dà luogo ad un incremento compreso tra il 10 ed il 50% dellaretribuzione individuale mensile. Di esso beneficiano, in buona parte degli enti,i vigili urbani ed i dipendenti addetti alla erogazione di servizi essenziali. Il suofinanziamento è assicurato, come per la produttività, dalla parte variabile delfondo per le risorse decentrate, dalle quote della parte stabile non utilizzate oda specifiche risorse aggiuntive previste dall’ente. La articolazione in turni infatticonsente un ampliamento dei servizi resi ai cittadini attraverso il prolungamentodell’orario di loro erogazione, cioè dell’orario di servizio.

Le regole per la sua corresponsione sono fissate dai CCNL, in particolare dallecosiddette code contrattuali. Tali previsioni hanno un carattere tassativo e nonpossono essere derogate dai contratti decentrati integrativi. Occorre, in primoluogo, che sia previsto un orario di servizio giornaliero di almeno 10 ore, chedevono peraltro essere consecutive, cioè non essere spezzate da interruzioni. Ilpersonale deve inoltre essere impegnato in modo alternato nel corso di un mesetra i turni antimeridiano, pomeridiano e, ove previsto, notturno. Taleavvicendamento deve essere effettuato in modo equilibrato, per cui non bastaper potere avere diritto a concorrere a questa indennità che il dipendente siautilizzato prevalentemente la mattina e solo sporadicamente nel pomeriggio. Intali casi può, al più, essere corrisposta la molto più modesta indennità di disagio:è questa una opzione che consente agli enti di garantire un ampio orario diservizio senza dovere sostenere costi rilevanti. Occorre inoltre ricordare che,

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quando il turno ordinario ricade in una giornata festiva, al dipendente non spettail compenso aggiuntivo per le prestazioni festive, avendo l’indennità di turnoun carattere onnicomprensivo. Si deve altresì evidenziare che l’orario di servizionon deve prevedere interruzioni.

5.6. Conclusioni: i limiti della contrattazione decentrata,indicazioni per il loro superamento

Possiamo sintetizzare, in particolare, in due le tendenze negative che si sonodiffuse nella gestione delle relazioni sindacali negli enti locali: l’importanza diquesto tema è troppo spesso sottovalutata dagli amministratori e dai dirigenti e,secondo elemento non meno critico, molto frequentemente l’obiettivo di fondoche ci si propone è quello di acquisire il consenso da parte dei dipendenti,mettendo in secondo piano il perseguimento di miglioramenti sul terreno dellaerogazione dei servizi erogati ed il rispetto delle regole dettate dal contrattonazionale. Le conseguenze sulla gestione delle risorse umane e, più in generale,sull’organizzazione degli enti sono assai pesanti. E, in molti casi, leamministrazioni finiscono addirittura con il porsi in una condizione di “rischio”in termini di responsabilità amministrativa, come dimostrato dai sempre piùfrequenti casi di apertura di giudizi dinanzi alla Corte dei Conti per i costieccessivi determinati dalla contrattazione decentrata integrativa. Elementoquest’ultimo che sta diventando sempre più frequente dopo che le Leggifinanziarie hanno abilitato un apposito strumento ispettivo del Ministerodell’Economia e delle Finanze, Ragioneria Generale dello Stato, ad effettuarecontrolli mirati e diretti presso le amministrazioni locali per verificare i costidella contrattazione e l’applicazione dei contratti nazionali. Ricordiamo peraltroche, già da alcuni anni, i costi della contrattazione decentrata integrativa sonotrasmessi allo stesso Ministero attraverso gli appositi riquadri presenti nel contoannuale del personale e nella sua relazione. Mentre invece non sembra avereprodotto, almeno fin qui, effetti diffusi la responsabilizzazione dei revisori deiconti effettuata sempre dalle Leggi finanziarie nel controllo dei costi dellacontrattazione decentrata integrativa e nella previsione di un obbligo disegnalazione delle eventuali illegittimità.

In termini concreti si verifica infatti che molto spesso gli oneri sono superioria quanto previsto dalla contrattazione nazionale, dato che peraltro si èmanifestato per il complesso delle amministrazioni locali negli ultimi anni, come

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dimostrato dai dati A.Ra.N. sul costo della contrattazione, che evidenziano forticrescite della spesa per il personale anche negli anni in cui non vi sono rinnovicontrattuali. L’esame della contrattazione locale effettuato dall’A.Ra.N. suicontratti decentrati relativi al quadriennio 1998/2001 ha dimostrato inoltre cherisultano essere disciplinate da tali contratti, in un numero largamente prevalentedi realtà, materie che non sono rimesse alla contrattazione, ma che sono oggettodi altre forme di relazioni sindacali (concertazione ed informazione). Ed ancora,si deve evidenziare che molti istituti vengono applicati in modo assai distorto(basta ricordare le progressioni orizzontali riconosciute in modo diffuso e nonselettivo; la assai frequente erogazione a pioggia, cioè con modalità automatiche,delle indennità di produttività; il pagamento di indennità non contrattualmenteesistenti, come ad esempio quella di video terminalista, e l’uso improprio e fintroppo esteso della indennità di disagio, con la quale si remunera in alcune realtàaddirittura la articolazione dell’orario settimanale su cinque giornate ed ilconseguente rientro pomeridiano dei dipendenti per due giornate.Alla base di tali dinamiche vi sono soprattutto i seguenti quattro elementi:

1. la diffusa vocazione degli amministratori a ricercare il consenso deidipendenti;

2. la assenza di una strategia complessiva di organizzazione e di sviluppodel personale;

3. la conoscenza spesso poco attenta delle disposizioni contrattuali;4. la sostanziale assenza di una cultura della gestione delle relazioni

sindacali da parte dei dirigenti.

A tutti questi aspetti si deve dedicare una specifica attenzione. Ma in viaoperativa si deve partire da quest’ultimo, in considerazione della avvenutaattribuzione, vedi il D.Lgs. n. 165/2001, ai dirigenti pubblici delle “capacità edei poteri” del privato datore di lavoro. Emerge, in altri termini, la necessità chei dirigenti mostrino una particolare attenzione alla gestione delle risorse umanee, in tale ambito, alle regole previste per la gestione delle relazioni sindacali,terreno sui cui invece è particolarmente attenta e professionalizzata lacontroparte, in particolare i rappresentanti delle organizzazioni sindacali.Evitando di commettere errori, come quello di considerare i soggetti sindacalialla stregua dei propri consulenti.

Per molti versi le esperienze di questi anni dimostrano le difficoltà del formarsinella parte pubblica di una corretta cultura datoriale. Siamo dinanzi ad un aspetto

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centrale, nel quale un ruolo decisivo deve essere assunto dai dirigenti prepostialla gestione delle risorse umane, cioè coloro che hanno la competenzaprofessionale e gli strumenti di conoscenza più idonei per dare una risposta aqueste esigenze. Una tale condizione determina, infine, come possibile conseguenza, laopportunità di ripensare l’attuale sistema della contrattazione ed, in particolare,la ripartizione delle competenze tra contratto nazionale e contratti decentratiintegrativi.

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Il governo degli organici

di Annalisa D’Amato

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6.1. Premessa: la gestione del personale negli Enti localialla luce dei recenti interventi legislativi

La tematica della razionalizzazione della struttura organizzativa e della gestionedelle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni è oggi più che mai centralee strategica alla luce dei cambiamenti normativi e delle innovazioni tecnologicheed organizzative che stanno coinvolgendo le pubbliche amministrazioni ingenerale e gli Enti locali in particolare. I cambiamenti che stanno investendo gli Enti locali sono molteplici e di varianatura.

L’evoluzione più significativa intervenuta negli anni più recenti riguardasicuramente la trasformazione dell’assetto istituzionale del sistemaamministrativo, ossia il processo di decentramento e, soprattutto, lo sviluppo dinuove forme di cooperazione interistituzionale legate alla programmazionenegoziata. L’Ente, cioè, non è più solo una macchina amministrativa ma svolgeun ruolo di promozione attiva delle dinamiche di crescita del territorio. Neglianni più recenti si è passati, infatti, da una concezione di sviluppo top down,ossia di uno sviluppo calato dall’alto senza rispetto per le vocazioni intrinseche

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Il governo degli organici 6

Il governo degli organicidi Annalisa D’Amato

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dei singoli territori, ad una concezione di sviluppo bottom up, ossia uno sviluppoche prende le mosse dalle risorse culturali e materiali del territorio stesso e icui promotori sono gli attori locali. L’Ente locale, in quanto espressione direttadella comunità, diventa centrale nel processo di crescita del territorio e questoovviamente richiede una piena consapevolezza delle dinamiche competitiveallargate e la capacità di padroneggiare le nuove modalità di cooperazioneinteristituzionale.

Un aspetto da non sottovalutare riguarda, poi, il contesto storico-economico incui tali cambiamenti si collocano.

I cambiamenti relativi al nuovo ruolo che l’Ente è chiamato ad assolvere sonoavvenuti in un periodo storico in cui, a fronte di un debito pubblico crescente,la principale preoccupazione che ha guidato la politica economica nel nostroPaese dagli anni ’90 del secolo scorso in poi è stata la razionalizzazione ed ilcontenimento della spesa pubblica. L’obiettivo di razionalizzazione della spesa pubblica si è tradotto nella gradualeintroduzione di logiche organizzative e gestionali del tutto nuove nella Pubblicaamministrazione orientate al controllo dei costi e alla massimizzazione deirisultati: sistemi di programmazione e controllo, valutazione dei risultati.

Sicuramente, però, una delle conseguenze più vistose della politica di riduzionedella spesa pubblica è stata la progressiva e a volte drastica riduzione delle risorse,sia economiche che umane, a disposizione delle pubbliche amministrazioni.

Gli Enti locali, dunque, si trovano in una situazione in cui, in un contesto dirisorse scarse, da un lato crescono le funzioni di cui sono investiti, dall’altrodevono fare i conti con i nuovi modelli gestionali ed organizzativi introdotti alivello normativo e, cosa non trascurabile, con i cambiamenti legati alleinnovazioni tecnologiche.

La prima conseguenza di questo mutato scenario in cui l’Ente locale opera è lanecessità di una revisione della propria struttura organizzativa. Le nuove funzioniche l’Ente è chiamato ad assolvere, l’introduzione di nuovi modelli gestionali,le risorse esigue, richiedono una organizzazione efficiente, orientata allaproduttività ed alla massimizzazione dei risultati. E’ chiaro, tuttavia, che una organizzazione ben pensata e adeguata alle nuove

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esigenze può funzionare solo ed esclusivamente se le risorse umane che le dannovita sono gestite secondo logiche innovative. La valorizzazione delle risorseumane, delle donne e degli uomini di una organizzazione, nell’attuale societàdella conoscenza in cui il capitale di know-how diventa centrale quando le risorseeconomiche sono scarse, costituisce uno dei beni fondamentali di cui l’Entedispone.

Un Ente locale efficiente, dunque, richiede una particolare cura del capitaleumano.

In realtà, i cambiamenti che hanno investito la Pubblica amministrazione daglianni ’90 del secolo scorso in poi hanno interessato anche il rapporto di lavoroche ha subito un sostanziale processo di riforma in un’ottica dirazionalizzazione dei costi e di miglioramento dell’efficienza.Il decreto n. 29/93 ha posto le basi del processo di “contrattualizzazione” delrapporto di lavoro: il pubblico impiego è passato dall’area dellaregolamentazione speciale all’area della regolamentazione generale delrapporto di lavoro1.In concreto, come recita l’art. 2 del D.Lgs n.165/2001: “I rapporti di lavorodei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalledisposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi suirapporti di lavoro subordinato nell’impresa”, i rapporti individuali sonoregolati contrattualmente e “le misure inerenti alla gestione dei rapporti dilavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità e ipoteri del privato datore di lavoro” (art.5, c.2 D.Lgs. n.165/2001).L’assoggettamento del rapporto di lavoro pubblico all’area dellaregolamentazione privata è stata accompagnato dalla devoluzione al giudiceordinario, in qualità di giudice del lavoro, di tutte le controversie inerenti ilrapporto di lavoro pubblico.

Si tratta, dunque, di cambiamenti epocali che hanno posto le basi per losviluppo, in sede contrattuale, di tutta una serie di strumenti di gestione dellerisorse umane.

Sulla base di tale riforma e alla luce del più generale processo di razionalizzazioneche sta investendo la Pubblica amministrazione, gli Enti locali dovrebbero potersviluppare in maniera consapevole una propria politica del personale: passare cioè

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dalla semplice gestione amministrativa e contabile dei dipendenti ad una gestionestrategica delle risorse umane tesa alla valorizzazione della professionalità espressada ciascuno e, quindi, ad una massimizzazione dei risultati ottenuti.

La politica del personale è un concetto molto ampio che abbraccia tutti gliaspetti della gestione del personale: dalle tecniche di dimensionamentodell’organico, alla predisposizione dei bandi di concorso, alla gestione delleprogressioni di carriera, fino agli incentivi retributivi. Molto spesso si tende adidentificare la politica del personale con il solo aspetto della politica retributivache attiene alle modalità di incentivo dei dipendenti attraverso il legame tra laqualità del lavoro o il tipo di responsabilità, con la retribuzione percepita. Deveessere chiaro tuttavia che questo è solo un elemento di un ventaglio molto piùampio di scelte che l’Ente può compiere e da cui poi dipende una gestioneefficiente delle risorse umane.

Quali sono i margini per effettuare una politica del personale che mira allavalorizzazione dei dipendenti quale risorsa insostituibile per lo sviluppo di unEnte efficiente? Quali sono stati i cambiamenti più significativi introdotti nella recente tornatacontrattuale? Esiste ancora il margine per effettuare una vera politica retributiva?Quali potrebbero essere eventuali elementi di innovazione?

Nei paragrafi successivi si tenterà di chiarire quali sono, in concreto, i marginidi intervento di cui l’Ente dispone e quali vincoli, invece, pesano sull’autonomiadegli enti in merito alla gestione delle risorse umane. In particolare, si tenteràdi mettere in evidenza il fatto che esistono tutta una serie di strumenti (primofra tutti il dimensionamento degli organici) che molto spesso vengono ancorapercepiti come un adempimento ma che, in realtà, se utilizzati in manierastrategica, coerentemente con le nuove esigenze maturate a livello organizzativo,sono strumenti molto validi per una gestione efficiente e funzionale del personalenegli Enti locali.

In secondo luogo si cercherà di approfondire quali sono i margini di interventoconnessi all’utilizzo di forme contrattuali innovative e flessibili, in particolareil contratto di somministrazione.

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6.2. La programmazione dei fabbisogni ed ildimensionamento degli organici

Per poter definire compiutamente i criteri fondamentali cui le Pubblicheamministrazioni devono attenersi per operare correttamente la programmazionedei fabbisogni ed il dimensionamento degli organici occorre innanzituttoprendere in esame le norme fondamentali in materia:

✓ l’art. 2, c. 1 del D.Lgs. n. 165/2001 laddove si legge che ”Leamministrazioni pubbliche, secondo principi generali fissati dadisposizioni di legge e, sulla base dei medesimi, mediante attiorganizzativi secondo i rispettivi ordinamenti (…) determinano ledotazioni organiche complessive. Esse ispirano la loro organizzazioneai seguenti criteri:- funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi di attività, nel

perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia edeconomicità…”;

✓ l’art. 6, c. 1 e c. 3 del D.Lgs n. 165/2001 sancisce che “Nelleamministrazioni pubbliche la consistenza e la variazione delle dotazioniorganiche sono determinate previa verifica degli effettivi fabbisogni…Per la ridefinizione degli uffici e delle dotazioni organiche si procedeperiodicamente e comunque a scadenza triennale, nonché ove risultinecessario a seguito di riordino, fusione, trasformazione o trasferimentodi funzioni. Ogni amministrazione procede adottando gli atti previsti dalproprio ordinamento”;

✓ l’art. 89, c. 5 del D.Lgs. n. 267/00 sancisce che: “5. Gli enti locali,nel rispetto dei principi fissati dal presente testo unico, provvedono allarideterminazione delle proprie dotazioni organiche, nonchéall’organizzazione e gestione del personale nell’ambito della propriaautonomia normativa ed organizzativa con i soli limiti derivanti dalleproprie capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni,dei servizi e dei compiti loro attribuiti. Restano salve le disposizionidettate dalla normativa concernente gli enti locali dissestati estrutturalmente deficitari”;

✓ l’art 91, c. 1 e c. 2, del D. Lgs n. 267/2000 statuisce infine che: “1. GliEnti locali adeguano i propri ordinamenti ai principi di funzionalità edi ottimizzazione delle risorse per il migliore funzionamento dei servizicompatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio. Gli organi

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di vertice delle Amministrazioni locali sono tenuti alla programmazionetriennale del fabbisogno di personale, comprensivo delle unità di cuialla Legge 12 marzo 1999, n. 68, finalizzata alla riduzione programmatadelle spese del personale”. Inoltre “2. Gli Enti locali ai quali non si applicano disciplineautorizzatorie delle assunzioni, programmano le proprie politiche diassunzioni adeguandosi ai principi di riduzione complessiva della spesadi personale, in particolare per nuove assunzioni, di cui ai commi 2-bis, 3, 3-bis e 3-ter dell’articolo 39 del D.Lgs. n. 449 del 27 dicembre1997 per quanto applicabili, realizzabili anche mediante l’incrementodella quota di personale ad orario ridotto o con altre tipologiecontrattuali flessibili nel quadro delle assunzioni compatibili con gliobiettivi della programmazione e giustificate dai processi di riordino odi trasferimento di funzioni e competenze”.

Le norme del Testo unico sull’ordinamento degli Enti locali, D.Lgs. n. 267/00,dunque, traducono negli Enti locali i principi contenuti nel D.Lgs. n. 165/01,attribuendo agli stessi il potere rideterminativo delle dotazioni organiche.

La determinazione della dotazione organica è rimessa dal legislatore, dunque,tra gli atti fondamentali di organizzazione degli Enti locali. Essa è il frutto dellaanalisi degli effettivi fabbisogni ed è, dunque, uno strumento dinamico emutevole che si adatta ai processi operativi e ai fabbisogni emergenti.

Recentemente il legislatore è intervenuto più volte in materia di rideterminazionedelle dotazioni organiche: l’art. 34 delle Legge n. 289/2002 (Legge Finanziariaper il 2003) ed il comma 95 (per ciò che concerne le Amministrazioni statali)ed il comma 98 (per le Autonomie locali) dell’articolo unico della Legge n.311/2004 (Legge Finanziaria per il 2005) hanno dettato, in maniera a volte pocorispettosa dell’autonomia degli enti locali costituzionalmente garantita, vincolipuntuali per la riduzione delle dotazioni organiche. Le disposizioni di cui alcitato comma 98 della Legge n. 311/2004 sono state recepite nel D.P.C.M. del15 febbraio 2006.

Il legislatore, dunque, in ossequio al principio di coordinamento della finanzapubblica ha dettato criteri molto stringenti in merito al contenimento dei costidelle dotazioni organiche, mirando a rendere sempre più aderenti le dotazioni

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organiche alle effettive strutture organizzative degli Enti ed al loro realefabbisogno strutturale di personale.

In concreto, dunque, le amministrazioni devono effettuare, in armonia con lefinalità della norma, un reale sforzo per rendere le dotazioni organicherispondenti alle effettive esigenze di servizio, anche mediante un’oculataredistribuzione del personale, tenendo conto delle fondamentali competenze efunzioni che individuano le missioni delle amministrazioni stesse nel contestodi una complessiva analisi dei compiti istituzionali operata sulla base degliindirizzi programmatici e degli obiettivi generali dell’azione amministrativa2.

Spesso sprechi e illegittimità nascono da un’adozione superficiale di questidocumenti che costituiscono invece gli atti di impostazione per una sana gestionedel personale. L’attività di programmazione deve essere interpretata incorrelazione con le capacità del privato datore di lavoro attribuite ai dirigenti inbase alle quali sono i medesimi ad esprimere le esigenze organizzative ed ilfabbisogno di personale delle strutture cui sono preposti, così definendo la micro-organizzazione del sistema amministrativo. Inoltre, la programmazione delfabbisogno di personale deve realizzarsi nell’ambito di un’attività orientata alogiche di risultato, in base alla quale le amministrazioni debbono perseguire lefinalità loro attribuite e gli obiettivi assegnati dagli organi di governo tenendoconto dei principi costituzionali e dei principi generali dell’ordinamento,realizzando la migliore utilizzazione delle risorse umane e garantendo, alcontempo, il contenimento del costo del lavoro entro i vincoli di finanzapubblica. In tale contesto, pertanto, l’individuazione degli effettivi fabbisogniassume un ruolo centrale e strategico ai fini di una gestione efficiente degliapparati, nonché per assicurare il miglior utilizzo e valorizzazione del personale,anche attraverso la programmazione delle attività di formazione3.

L’adozione strategica di tali documenti è fondamentale perché, in un processoche potremmo definire “a cascata”, da essi conseguono ulteriori, fondamentali,operazioni: l’assegnazione delle risorse umane ai dirigenti, la determinazione deirapporti di lavoro flessibile a cui ricorrere, l’individuazione delle risorse internee delle professionalità presenti al fine di motivare il ricorso a soggetti esterni,ossia alle collaborazioni coordinate e continuative ed alle consulenze occasionali.

Ma come intervenire concretamente? Come definire le dotazioni organiche

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contemperando le esigenze di riduzione dei costi e l’efficienza della macchinaorganizzativa?

Certamente, uno degli aspetti fondamentali di cui gli Enti devono tenere contonel processo di revisione delle dotazioni organiche è, in primo luogo, lo sviluppotecnologico che consente alle amministrazioni di adottare misure dirazionalizzazione e riorganizzazione dei propri uffici, anche attraverso losviluppo delle procedure informatizzate, finalizzate ad una rapida e razionaleriallocazione del personale ed alla ottimizzazione dei compiti direttamenteconnessi con le attività istituzionali e dei servizi da rendere all’utenza, consignificativa riduzione del numero dei dipendenti attualmente applicati in compitilogistico-strumentali4.

In secondo luogo, gli Enti, per quantificare il personale di cui necessitano peril corretto svolgimento delle attività cui sono istituzionalmente preposti, devonoprendere le mosse da un dato molto semplice: il lavoro e soprattutto le modalitàdi svolgimento dello stesso non sono uguali al passato. Se in passato, infatti,regnava una sostanziale stabilità, per cui le attività che un individuo era chiamatoa svolgere difficilmente subivano modifiche nel tempo, oggi i continuicambiamenti normativi e organizzativi rendono sempre più difficile definire inmaniera precisa e puntuale l’insieme delle attività che il singolo lavoratore èchiamato a svolgere. La vecchia concezione mansionistica del rapporto di lavoro,dunque, è del tutto inadeguata se, a parità di risorse umane, si vuole ottenere ilmassimo in termini di prestazioni.

Se dunque diventa difficile individuare un insieme preciso di responsabilità edoveri da attribuire al lavoratore, occorre ragionare in termini di competenze,definendo quali sono le competenze che il lavoratore deve possedere per farein modo che egli contribuisca al raggiungimento degli obiettividell’organizzazione.

E’ un rovesciamento della prospettiva, in considerazione del quale si capiscesubito come la vecchia concezione dei profili professionali individuati solo inbase alle mansioni da svolgere si rivela del tutto inadeguata.

In sostanza la persona chiamata a ricoprire un determinato ruolo nell’Ente deveessere individuata non solo sulla base del tipo di attività che deve svolgere ma

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anche in relazione al tipo di competenze da possedere, definite in termini di:conoscenze teoriche, capacità ed attitudini personali.

Si tratta, dunque, di una descrizione che va oltre il classico mansionario checostituisce il punto di partenza per una gestione strategica. Se infatti ci siconcentra sulle competenze dell’individuo in termini di conoscenze, capacità edattitudini diventerà più facile una gestione dinamica, supportata anche da altristrumenti quali la formazione, la valutazione, ecc. ed in grado di evolversi infunzione dell’esigenze dell’Ente.

Questa nuova logica, incentrata sulle competenze possedute o che si dovrebberopossedere e non più sulle attività da svolgere, dovrebbe restare un punto fermoanche alla luce dei cambiamenti annunciati dal CCNL del 22.01.04 in tema diordinamento professionale5.

Una gestione delle risorse umane incentrata sulle competenze diventa, dunque,il punto di riferimento per un utilizzo proficuo di tutti gli strumenti di cui glienti dispongono per attuare una politica del personale funzionale ad un obiettivodi crescita della produttività in un contesto di risorse scarse, primo fra tutti ildimensionamento degli organici e la programmazione dei fabbisogni dipersonale.

Le riflessioni finora condotte in merito agli effetti dello sviluppo tecnologico edin merito alla gestione delle risorse umane per competenze dovrebbero guidarel’Ente nelle scelte relative al dimensionamento dell’organico.

Prima, tuttavia, di addentrarci nell’analisi delle modalità e delle tecniche didimensionamento dell’organico occorre condurre una riflessione preliminare inmerito agli strumenti di cui l’Ente dispone per snellire gli organici e rendere lamacchina organizzativa meno costosa: la gestione associata dei servizi nonchél’esternalizzazione delle attività.

Recentemente il legislatore ha fortemente incoraggiato il processo diesternalizzazione delle attività.

Da ultimo, infatti, l’art. 4 della Legge n. 80/2006, di conversione del D.L. n.4/2006, che modifica l’articolo 36 del D.Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001, ha

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previsto che le amministrazioni valutino preventivamente l’opportunità diesternalizzare servizi prima di procedere ad assumere mediante formecontrattuali flessibili. Tale previsione costituisce una norma di principio per gliEnti locali che quindi la recepiscono nei propri Regolamenti adattandola alleproprie esigenze.

Ovviamente l’attività di esternalizzazione implica, preventivamente, un’ attivitàdi analisi organizzativa che consiste nella distinzione preventiva delle attivitàrientranti nel cosiddetto “core business” e, quindi, nell’individuazione delleattività suscettibili di esternalizzazione.

Appare, comunque, utile rammentare che la scelta di esternalizzare attivitàstrumentali rispetto a quelle istituzionali costituisce uno strumento dirazionalizzazione delle risorse, che deve evitare qualsiasi forma di duplicazione– anche rispetto ad enti, istituzioni ed organismi esistenti nelle amministrazioni– e tener conto di aspetti tecnici, economici, giuridici e gestionali. Essa richiedecioè da parte dell’amministrazione un’attenta analisi costi benefici, alla luce delledecisioni di politica aziendale adottate nei documenti programmatici pluriennalie annuali, anche con riferimento alle politiche sul reclutamento ed allariqualificazione del personale, attraverso cui accertare la convenienza di fargestire ad altri ciò che in precedenza si gestiva in proprio.

E’ evidente che in sede di programmazione triennale dei fabbisogni si devetenere conto di aver esternalizzato alcune attività in quanto ciò comporta,inevitabilmente, una riorganizzazione della struttura interna6.

In secondo luogo, ma non meno importante, gli Enti devono valutarel’opportunità di gestire in forma associata con altri Enti le attività istituzionalicui sono preposti, sia attraverso la costituzione di Unioni, sia attraverso il ricorsoa forme più flessibili come le convenzioni.

In particolare, la gestione associata di funzioni e servizi a livello di Unione trovail suo fondamento normativo nell’art. 32 del D. Lgs. n. 267/2000 che definiscele Unioni di Comuni “Enti locali costituiti da due o più Comuni di normacontermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni diloro competenza” . Le Unioni di Comuni, dunque, con il Testo unico, hannoassunto pari dignità dei Comuni.

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In un contesto generale di risorse scarse, la possibilità di mettere insieme leproprie forze trasferendo in capo all’Unione la gestione di funzioni e servizicostituisce una grande opportunità soprattutto per i piccoli Comuni che si trovanoa dover fronteggiare una situazione caratterizzata sempre più da una domandacrescente di servizi di qualità a fronte di risorse economiche scarse e semprepiù difficili da reperire.

Negli anni più recenti l’evoluzione legislativa ha accelerato lo sviluppo delfenomeno dell’associazionismo. Prima della Legge n. 265/99, infatti, l’obbligoalla fusione dei Comuni costituiti in Unione era un forte deterrente allo sviluppodelle Unioni stesse; con la sopraccitata norma, invece, sono state introdotteimportanti novità che hanno fortemente incentivato la crescita delle Unioni diComuni. Le più importanti novità introdotte riguardano:

❏ l’eliminazione del vincolo della fusione e la contestuale affermazionedel principio di volontarietà come “volano” dello sviluppo delle formedi associazionismo;

❏ l’abrogazione del limite dei 5.000 abitanti precedentemente previsto peri Comuni partecipanti all’Unione;

❏ la previsione di incentivi statali alla costituzione delle Unioni, daregolamentarsi con decreto del Ministero dell’Interno;

❏ la previsione di un forte ruolo delle Regioni.Tali importanti novità hanno determinato un forte sviluppo del fenomeno delleUnioni. I servizi maggiormente interessati alla gestione associata sono stati laPolizia municipale, i servizi sociali, i servizi scolastici e le RSU7. Molto piùlento, pare, invece, lo sviluppo della gestione associata dei servizi di staffnell’ambito dell’organizzazione comunale, ossia servizi, come ad esempio lagestione del personale, la cui utenza è interna e che svolge una funzione disupporto rispetto agli altri servizi comunali il cui utente finale è il cittadino.

Ovviamente il passaggio alla gestione associata deve essere realizzato conparticolare cura e attenzione alle esigenze dei singoli Comuni coinvolti unmaniera tale che ognuno, almeno nel lungo periodo, ottenga i vantaggi tipici deltrasferimento di funzioni in capo all’Unione, ossia:

❏ la realizzazione di economie di scala;❏ la specializzazione del personale impiegato nell’erogazione del servizio;❏ lo sviluppo di nuove attività che i singoli piccoli Comuni da soli

difficilmente potrebbero implementare per la scarsità di risorse.

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La decisione di gestire in forma associata alcuni servizi ha ovviamente rilevantiimplicazioni in termini di ridefinizione della struttura organizzativa interna deisingoli Enti aderenti nonché in termini di dimensionamento dell’organico pressoi singoli Comuni.

La definizione della dotazione organica, dunque, costituisce l’esito dellavalutazione congiunta di tutti gli elementi fin qui illustrati: conseguenze dellaeventuale scelta di esternalizzare servizi oppure di gestirli in forma associata,effetti dello sviluppo tecnologico, adozione di un sistema di gestione delpersonale per competenze.

Questa operazione è molto delicata e la sua corretta definizione è il punto dipartenza di una gestione strategica del personale. Le norme fondamentali cheforniscono la cornice entro la quale tale operazione deve essere svoltatratteggiano una definizione di “dotazione organica” che è frutto dell’analisidegli effettivi fabbisogni dell’Ente ed è dunque uno strumento dinamico emutevole, che deve adattarsi ai cambiamenti organizzativi e deve essere,evidentemente, funzionale agli stessi. Il vecchio concetto di pianta organicacostituita da un insieme quasi immutabili di posti – caselle da riempire èsostituito da un concetto di organico, o meglio di dotazione organica, mutevolein quanto frutto delle esigenze organizzative dell’Ente.

Individuare e saper gestire una metodologia di dimensionamento degli organiciè dunque il primo, fondamentale, strumento di cui gli Enti dispongono.

La programmazione triennale del fabbisogno, alla luce di ciò, non è più dunquemero adempimento normativo ma strumento concreto di gestione delle risorseumane.

I metodi per il dimensionamento degli organici possono essere molteplici; al dilà dell’approccio prescelto, tuttavia, sicuramente al centro di ogni riflessione cideve essere il rapporto tra risultati attesi e numero di persone necessarie pergarantire tali risultati. Questo ovviamente implica tutta una serie di scelte sullatipologia di prestatori di lavoro sui quali si intende prendere la decisione, suiparametri di misurazione dei risultati (di costo, di produttività, ecc.), sullemodalità di confronto degli indicatori (temporale, tra enti, tra diverse aree dellostesso ente, ecc.).

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Occorre poi scegliere la logica con cui effettuare tali scelte: ossia se top down,in cui è il vertice che stabilisce il totale di organico che poi viene distribuitotra le varie Aree/Settori secondo differenti criteri oppure bottom up, per cui laquantità complessiva di personale è risultato della sommatoria delle propostedelle varie Aree.

Tali decisioni dipendono ovviamente dai fattori più disparati: dalle dimensionidell’Ente, dal modello organizzativo, dall’assetto politico interno. Non ci puòessere un percorso standard per tutti, è fondamentale però che ogni Ente ragionisu questi concetti e li faccia propri nella consapevolezza che un correttodimensionamento dell’organico costituisce il primo passo di una gestionerazionale ed efficace delle risorse umane.

Il risultato del processo di determinazione delle dotazioni organiche altro non èche la fotografia dei fabbisogni dell’Ente, fabbisogni in parte soddisfatti, è ilcaso dei “posti coperti”, in parte non soddisfatti, è il caso dei “posti vacanti”.

A questo punto l’Ente dovrà decidere tempi e modalità per coprire i posti vacantiin dotazione organica ed individuare, altresì, in che misura ricorrere a formecontrattuali flessibili.

Relativamente al primo aspetto, nelle scelte che l’Ente effettua giocano un ruoloassolutamente primario le disposizioni delle varie Leggi finanziarie in materiadi vincoli alle assunzioni e di contenimenti dei costi del personale.

Allo stato attuale, infatti, secondo quanto previsto dal Disegno di Leggefinanziaria per il 2007, restano in vigore, per gli Enti non soggetti al rispettodel Patto di stabilità, ossia gli Enti con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti,le norme che dettano criteri e vincoli per le assunzioni a tempo indeterminato8,nonché le norme che impongono la riduzione dei costi del personale9.È chiaro che se l’Ente nella programmazione triennale dei fabbisogni individua,appunto, il suo fabbisogno teorico, nella concreta definizione delle modalità diapprovvigionamento delle risorse umane di cui necessita deve obbligatoriamentefare i conti con la normativa appena citata il cui impatto si estende anche allescelte relative all’utilizzo delle varie forme contrattuali a disposizione.

Tralasciando le problematiche concernenti i vincoli alle assunzioni con cui

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probabilmente continueranno a confrontarsi gli Enti con popolazione inferioreai 5.000 abitanti, passiamo ora in rassegna quelle che sono le modalità direclutamento del personale e gli strumenti per l’approvvigionamento dipersonale.

Lo strumento più utilizzato fino ad ora dagli Enti è certamente il concorso peril reclutamento del personale a tempo indeterminato, che risponde, ovviamente,al soddisfacimento di un bisogno di natura strutturale dell’Ente.

Come ora accennato, in questi anni i vincoli alle assunzioni, dettati dall’esigenzadi contenimento dei costi del personale pubblico, hanno fortemente limitato lapossibilità per gli Enti di assumere a tempo indeterminato.

Nondimeno, il legislatore ha dimostrato una preferenza verso l’utilizzo dellamobilità, che si ricorda, è assolutamente libera dai vincoli alle assunzioni.La mobilità è uno dei più importanti strumenti per la corretta gestione dellerisorse umane. Essa consente di perseguire una migliore distribuzioneorganizzativa del personale nell’ambito della Pubblica amministrazioneglobalmente intesa, di gestire le eccedenze di personale e di consentire loscambio delle differenti professionalità.

L’ordinamento propone due tipologie di mobilità. L’articolo 30 del D.Lgs. n.165/2001 prevede la possibilità per le amministrazioni di ricoprire i posti vacantiin organico mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti in serviziopresso altra amministrazione, che facciano domanda di trasferimento. L’articolo30, comma 2, è stato integrato dalla Legge 28 novembre 2005, n. 246, chedispone la nullità degli accordi, atti o clausole dei Contratti collettivi volti adeludere l’applicazione del principio del previo esperimento di mobilità rispettoal reclutamento di nuovo personale. Tale previsione non si applica agli Entilocali, se non in via di principio, in quanto sarebbe lesiva dell’autonomia deglistessi. Fermo restando, infatti, il principio generale di buon andamento cuirisponde l’istituto della mobilità, in quanto configurato dal legislatore qualestrumento di reclutamento finalizzato a contenere le spese di personale,l’applicazione nei confronti delle Autonomie della specifica previsione didettaglio non incide sulla portata della potestà regolamentare degli Enti e nonne altera il contenuto, in linea con quanto previsto dall’art. 4 della Legge n. 131del 2003. Pertanto, la disciplina delle modalità applicative della norma resta

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sempre ancorata ad una scelta discrezionale del datore di lavoro nell’ambito delpiù ampio potere di programmazione dei fabbisogni operata dall’Ente.

Gli articoli 33, 34 e 34 bis del Decreto citato disciplinano, poi, una fattispeciedi mobilità – c.d. d’ufficio - diretta a tutelare la conservazione del posto dilavoro di quei dipendenti che si trovino in posizione eccedentaria pressol’amministrazione di appartenenza a causa, ad esempio, di processi diriorganizzazione. Per la mobilità d’ufficio il comma 5 dell’articolo 34 bissancisce che le assunzioni effettuate in violazione del previo esperimento delleprocedure di mobilità sono nulle di diritto; tale disposizione si applica in manierapuntuale anche alle amministrazioni locali che quindi dovranno attivarla primadi avviare le procedure concorsuali.

Infine, appare utile svolgere alcune considerazioni in ordine al reclutamento dipersonale tramite l’avvio di processi di progressione verticale.

Come noto gli Enti locali possono ricoprire parte dei propri fabbisogni con ilricorso a procedure di riqualificazione del personale interno, nel rispettodell’adeguato accesso dall’esterno, previo superamento di apposita proceduraselettiva. La disciplina di tale istituto, per il comparto Regioni - Autonomielocali, è contenuta nell’articolo 4 del CCNL del 31.03.9910. Recentemente il Consiglio di Stato, Commissione speciale pubblico impiego,nel parere del 9 novembre 2005, ha avuto modo di affermare che rientrano “nelblocco delle assunzioni anche le progressioni verticali da un’area ad un’altra,poiché, anche in tal caso, si verifica una novazione del rapporto di lavoro, inquanto si tratta di accesso a funzioni più elevate, qualsiasi sia il nomen dellaposizione funzionale attribuita dalla contrattazione collettiva, che può divergereda contratto a contratto.”

Ovviamente, la decisione di avviare procedure di progressione professionaledeve scaturire da un’attenta analisi organizzativa che l’amministrazione devecompiere in sede di programmazione triennale dei fabbisogni verificando anchel’esistenza, al proprio interno, di professionalità utili. E’ in tale sede, infatti, chesi devono valutare i percorsi per una razionale riallocazione del personale edottimizzazione dei compiti direttamente connessi con le attività istituzionali edei servizi da rendere all’utenza, con eventuale riduzione del personale impiegatoin compiti logistico strumentali e di supporto.

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In merito alla riduzione del personale impiegato nelle attività di supporto sisottolinea come il legislatore stia incoraggiando gli Enti verso questa strada:l’attuale Disegno di Legge finanziaria per il 2007, infatti, dispone all’articolo59 che gli Enti locali facciano riferimento a quanto previsto dall’articolo 40della stessa Legge, per quanto attiene al riassetto organizzativo. Tale articolostabilisce che il personale utilizzato dalle Agenzie e dagli enti pubblici noneconomici nazionali per lo svolgimento delle funzioni di supporto, ivi inclusequelle relative alla gestione delle risorse umane, dei sistemi informativi, deiservizi manutentivi e logistici, degli affari generali, dei provveditorati e dellacontabilità, non possa eccedere il quindici per cento delle risorse umanecomplessivamente utilizzate dalle Amministrazioni stesse. Viene dunque stabilitauna proporzione tra il personale utilizzato nei servizi di supporto ed il personaleutilizzato nei servizi di front office cui gli Enti dovrebbero fare riferimento persnellire e riorganizzare gli apparati amministrativi. Tale previsione, dunque,invita gli Enti ad effettuare una accurata attività di analisi organizzativa volta,innanzitutto, a distinguere il complesso delle attività rientranti nel cosiddettoback office dalle attività di erogazione diretta di servizi. Ovviamente tale normacostituisce una previsione di principio che ciascun Ente adotterà, se ritienenecessario, adattandola alla propria struttura organizzativa ed alle proprieesigenze.

6.3. L’utilizzo delle forme contrattuali flessibili: la somministrazione di lavoro

Molto spesso le pubbliche amministrazioni si trovano a dover fronteggiareesigenze destinate ad esaurirsi nel breve e medio periodo. Queste ultimerichiedono l’utilizzo delle forme contrattuali flessibili, del comando e di altretipologie di contratti atipici.

Per quanto concerne le esigenze temporanee la norma fondamentale cui occorrefare riferimento è l’articolo 36 del D.Lgs. n. 165/2001, come modificato dalD.L. n. 4 del 2006, che ha inserito il comma 1-bis.

Tale norma specifica che le pubbliche amministrazioni possono attivare le formecontrattuali flessibili, richiamate al comma 1, solo per esigenze temporanee edeccezionali e previo esperimento di procedure inerenti assegnazione di personaleanche temporanea, nonché previa valutazione circa l’opportunità di attivare

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contratti di somministrazione a tempo determinato, ovvero di esternalizzazioneed appalto dei servizi. Tale norma costituisce una norma di principio per gliEnti locali; il legislatore, in sede di conversione, ha inserito un ulteriore comma(1-bis.1), all’articolo 36 del D.Lgs. n. 165/2001, nel quale è stabilito che ledisposizioni contenute al comma 1-bis costituiscono norme di principio perl’utilizzo di forme contrattuali flessibili negli enti locali. Conformemente aquanto già previsto dall’articolo 27 del D.Lgs. n. 165/2001 relativamente aiprincipi di organizzazione contenuti nell’articolo 4 e al Capo II del medesimoDecreto, tali enti, nell’esercizio della propria autonomia statutaria eregolamentare, dovranno adeguare i propri ordinamenti ai principi sanciti dallegislatore statale in merito al corretto utilizzo delle tipologie di lavoro flessibile.

Il legislatore, dunque, invita gli Enti locali a ricorrere preventivamenteall’esternalizzazione di servizi o al contratto di somministrazione, con l’obiettivodi evitare il ricorso eccessivo ai rapporti di lavoro a tempo determinato: obiettivoevidentemente motivato non solo da chiare ragioni finanziarie ma anche dallapreoccupazione dell’eventuale impatto gestionale che un utilizzo improprio deirapporti flessibili crea, anche in termini di aspettative dei dipendenti “precari”.Si ritiene utile che l’Amministrazione si doti di un apposito regolamento sulreclutamento di personale con rapporti di lavoro flessibile nel rispetto del qualepredisporre i relativi bandi di selezione.

Uno strumento cui gli Enti stanno facendo ampio ricorso, anche in considerazionedel regime di restrizione alle assunzioni a tempo indeterminato, è il contratto diformazione lavoro, disciplinato dall’articolo 3 del CCNL del 14.09.00. Ovviamenteil presupposto che giustifica il ricorso ai contratti di formazione lavoro ènettamente diverso rispetto al presupposto che invece è alla base del ricorso aicontratti di lavoro a tempo determinato. I contratti a tempo determinato rispondonoesclusivamente all’esigenza di far fronte a fabbisogni temporanei ed hanno unadurata determinata. I contratti di formazione lavoro, invece, essendo finalizzati aformare personale destinato a far parte stabilmente della struttura, a seguito dellaconversione del contratto in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato,consentono di venire incontro ad una esigenza permanente. Conseguentemente talicontratti potranno essere presi in considerazione solo nel momento in cui vi siala presunzione che le esigenze temporanee si possano trasformare in futuro inpermanenti. L’assunzione mediante tale tipologia contrattuale, dunque, presupponenecessariamente l’esistenza di posti vacanti in dotazione organica.

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Tra le forme contrattuali atipiche riveste un ruolo particolarmente importante ilcontratto di somministrazione, che, come accennato, è assolutamente preferitodal legislatore rispetto alle altre forme contrattuali flessibili. Il contratto disomministrazione altro non è che un contratto commerciale di prestazione diservizi il cui oggetto è costituito dalle prestazioni lavorative.

Il contratto di somministrazione di lavoro è disciplinato dagli articoli 20 eseguenti del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276. La somministrazione a tempodeterminato si applica anche alle Pubbliche amministrazioni in virtù dellaprevisione contenuta nell’articolo 86, comma 9, del Decreto stesso. Lasomministrazione di lavoro è posta in essere attraverso la stipulazione di duecontratti, distinti ma tra loro collegati: il contratto di somministrazione di lavoro,concluso tra somministratore e utilizzatore, e il contratto di lavoro concluso trasomministratore e lavoratore.

A differenza del precedente regime, di cui all’articolo 1 della Legge n. 196 del1997, il contratto di somministrazione può essere non solo a tempo determinatoma anche a tempo indeterminato dando così luogo a quella forma di fornituradi lavoro denominata staff leasing. Ovviamente, la somministrazione a tempoindeterminato non si applica alle pubbliche amministrazioni in quanto ciòimplicherebbe una violazione del principio costituzionale in base al qualel’accesso alle Pubbliche amministrazioni avviene mediante pubblico concorso.

L’Agenzia di somministrazione, dunque, autorizzata ai sensi degli art. 4 e 5 delD. Lgs n. 276/2003, stipula un contratto con la pubblica amministrazione inforza del quale si obbliga a mettere a disposizione lavoratori suoi dipendentiche vengono inseriti nell’organizzazione produttiva dell’utilizzatore.

I presupposti per il ricorso a tale forma di reclutamento sono “ragioni dicarattere produttivo, tecnico, organizzativo”, anche se riferibili all’ordinariaattività dell’utilizzatore.La forma del contratto è necessariamente scritta, pena la nullità dello stesso(come tutti i contratti in cui è parte la Pubblica amministrazione). Il legislatoreprevede che in caso di mancanza di forma scritta, i lavoratori sono consideratialle dipendenze dell’utilizzatore; per le pubbliche amministrazioni ciò non siapplica e vige invece la tutela risarcitoria a favore dei lavoratori (si rammenta,a tal proposito, quanto statuito dall’36 del D. Lgs n. 165/2001, che stabilisce

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che in caso di dolo o colpa grave da parte del dirigente, la pubblicaamministrazione recupera le somme pagate a titolo di risarcimento).

Il lavoratore reclutato mediante tale forma contrattuale è inserito nella strutturaorganizzativa dell’utilizzatore in maniera totale. Il datore di lavoro restacomunque l’Agenzia, che è titolare del rapporto di lavoro subordinato delsoggetto somministrato; per quanto attiene, invece, al potere direttivo, questospetta all’utilizzatore.

Come detto, il lavoratore è inserito pienamente nella struttura organizzativadell’ente utilizzatore che pertanto può richiedere massimo impegno e diligenzanell’esecuzione della prestazione lavorativa. Il lavoratore non è conteggiato nelledotazioni organiche ai fini dell’applicazione delle leggi sulle dotazioni organiche.

Il potere disciplinare nei confronti del lavoratore spetta all’Agenzia in quantotitolare del rapporto di lavoro, sia per quanto riguarda i fatti inerenti il rapportotra essa e il lavoratore, sia per quanto riguarda il rapporto tra Pubblicaamministrazione e lavoratore somministrato: in questo caso ricade in capoall’Ente utilizzatore l’obbligo di comunicare all’Agenzia i fatti necessariall’esercizio del potere disciplinare. Anche se l’esercizio del potere disciplinarericade in capo all’Agenzia in quanto formale datore di lavoro, in virtù delprincipio di parità di trattamento al lavoratore somministrato si applica il codicedisciplinare dei dipendenti della Pubblica amministrazione.

Per quanto attiene, invece, alla eventuale reformatio in melius delle mansionidel lavoratore, sussiste l’obbligo immediato di comunicare tale variazioneall’Agenzia. In caso di mancata comunicazione la Pubblica amministrazioneutilizzatrice è tenuta a corrispondere le differenze retributive derivantidall’attribuzione delle mansioni superiori.

Ricadono in capo all’Agenzia, salvo che non sia espressamente disposto in sensocontrario nel contratto, gli obblighi relativi alla formazione e l’informazioneinerenti la sicurezza e la salute del lavoratore.

La garanzia e le informazioni in merito alla sorveglianza medica ed ai rischispecifici costituiscono, invece, un obbligo a carico dell’Ente utilizzatore su cuiricadono anche le responsabilità per la violazione degli obblighi di sicurezza.

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In merito, infine, agli eventuali danni arrecati a terzi dal lavoratore somministratonell’esercizio delle sue mansioni, la responsabilità di tali danni ricade in capoall’utilizzatore, anche se il lavoratore non è legato alla Pubblica amministrazioneda un vincolo di subordinazione.In merito al trattamento economico e normativo del somministrato, questo nondeve essere inferiore a quello dei lavoratori della Pubblica amministrazione, allivello iniziale di inquadramento, che svolgono le stesse mansioni del lavoratoresomministrato.

Vige, inoltre, il principio della solidarietà: nel caso in cui l’Agenzia noncorrisponda la retribuzione al lavoratore somministrato, questo può chiamare incausa direttamente la Pubblica amministrazione utilizzatrice, salva, ovviamente,la possibilità di rivalsa sul somministratore.

Il legislatore, infine, disciplina in maniera molto puntuale la fattispecie dellasomministrazione irregolare, illecita e fraudolenta.

Nel caso di somministrazione irregolare (disciplinata dall’articolo 27 del Decretoin esame), ossia la somministrazione realizzata al di fuori dei limiti indicatidall’art. 20 in violazione dei requisiti di forma previsti dall’art. 21, allepubbliche amministrazioni si applica una sanzione pecuniaria e non la sanzioneprevista per il settore privato della costituzione del rapporto di lavoro a tempoindeterminato.

Nel caso di somministrazione illecita, che si verifica quando si ricorre a soggettidiversi rispetto a quelli autorizzati, il Decreto prevede l’applicazione di unasanzione pecuniaria.

Nel caso infine, di ipotesi di somministrazione fraudolenta, ossia lasomministrazione effettuata per eludere le norme inderogabili di legge e delCCNL, il legislatore prevede una sanzione consistente in un’ ammendapecuniaria.

Questa, dunque, la disciplina dettata dagli articoli 20 e seguenti del D.Lgs. 10settembre 2003, n. 276, disciplina che è poi stata chiarita dal Ministero dellavoro con le Circolari n. 25/2004 e n. 7/2005. La nuova disciplina prevista dalDecreto in oggetto presenta alcune difformità rispetto alla disciplina prevista per

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il comparto Regioni Autonomie locali dall’articolo 2 del CCNL del 14.09.00, inparticolare per quanto concerne le limitazioni ivi previste per il ricorso alcontratto di somministrazione. Il Ministero del Lavoro ha chiarito che in seguitoall’entrata in vigore del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, è venuta menol’efficacia delle clausole contrattuali che prevedevano contingentamentiquantitativi alla stipulazione di contratti di fornitura di lavoro temporaneo.

Alla luce di ciò, dunque, è inefficace e non si applica più l’art. 2, comma 3 delCCNL del 14.9.00, pertanto non sussiste il vincolo in base al quale il ricorso allavoro interinale è consentito nel limite del 7% dei lavoratori a tempoindeterminato dello stesso Ente.Si aprono, dunque, le possibilità di un utilizzo più ampio da parte degli Entilocali di tale tipologia di lavoro atipico.

6.4. Conclusioni: verso una nuova gestione delle risorseumane nella pubblica amministrazione?

Al termine di questo breve excursus sulle modalità di definizione delle dotazioniorganiche, sugli strumenti a disposizione dell’Ente locale per il reclutamento dipersonale, nonché sull’utilizzo del contratto di somministrazione, appare chiarocome il percorso tracciato dal legislatore in materia di utilizzo delle risorseumane nella pubblica amministrazione, in generale, e negli Enti locali, inparticolare, è in continua evoluzione.Si avvertono, infatti, fortissime le spinte ad una razionalizzazione ed ad uncontenimento dei costi e ciò comporta inevitabilmente un ripensamento dellemodalità di reclutamento e di gestione delle risorse umane.

Tali spinte devono essere conciliate con le esigenze di autonomia degli Entilocali in materia di ordinamento del lavoro.

Si profila, dunque, un percorso ancora in fieri, nel quale dovranno esserenecessariamente bilanciate da un lato le esigenze di razionalizzazione dei costied il contestuale coordinamento della finanza pubblica, dall’altro l’esigenza digestire in maniera autonoma e funzionale alle proprie esigenze, nel rispetto deldettato normativo e contrattuale, le risorse umane.

Solo il corretto bilanciamento di queste spinte consente una gestione del

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personale che sia effettivamente funzionale ad una logica di risultato.Un aiuto molto importante nel percorso di razionalizzazione dei costi delpersonale può derivare dall’utilizzo delle nuove tecnologie della comunicazione(ICT). Tali innovazioni possono essere impiegate dalle pubbliche amministrazioniin un vasto campo di funzioni amministrative. I nuovi strumenti rappresentati dall’e-government (protocollo informatico, informatizzazione dei flussi documentali e deiprocessi, comunicazione digitale, altro), dall’e-procurement, e dall’e-learningconsentono importanti economie di scala e risparmi di spesa, nonché tempistichenettamente inferiori, che comportano, necessariamente, una particolare attenzionealla riallocazione delle risorse umane ed alla loro valorizzazione.

Si tratta, ora, di snellire tutto il complesso apparato normativo e contrattuale cheregola la gestione del lavoro pubblico riducendo la mole di adempimenticonnessi al processo di reclutamento e gestione del personale.

L’orizzonte all’interno del quale le Pubbliche amministrazioni si muovono èquello del riassetto dei costi e della razionalizzazione del personale, in una logicadi risultato e di efficienza da cui non si può prescindere.

Gli Enti, dunque, per poter fare fronte ai cambiamenti in maniera efficace erapida, devono accrescere e strutturare le proprie competenze in merito aldelicato processo di gestione delle risorse umane alla luce del nuovo quadronormativo. Ovviamente, tale crescita può avvenire solo attraverso un percorsocontinuo di sperimentazione e confronto di esperienze.

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Note

1 Tale processo si è svolto in due fasi: la 1° fase si è aperta con la Legge delega n.421/1992 ed il successivo D.Lgs. n. 29/93. La 2° fase è relativa alla Legge delegan. 59/97 ed i suoi due più importanti risultati: il D.Lgs. n. 396/97 sulla contrattazionecollettiva ed il D.Lgs. n. 80/98 sulla regolazione del rapporto di lavoro. Oggi tuttala legislazione è confluita nel D.Lgs. n. 165/2001.

2 Cfr. Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica dell’11 aprile 2005.

3 Cfr. Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 3 del 2 maggio 2006.

4 Cfr. Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica dell’11 aprile 2005.

5 All’art. 12 il CCNL del 22.01.04 istituisce la Commissione paritetica per la revisionedell’ordinamento professionale che ha il compito di formulare proposte per larevisione dell’ordinamento professionale, alla luce delle funzioni attribuite agli entilocali e delle evoluzione del sistema formativo.

6 Cfr. Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 3 del 2 maggio 2006.

7 Cfr. “I Piccoli Comuni e la gestione associata di funzioni e servizi”, Formez, 2003.

8 Cfr. l’art. 1, comma 98, della Legge 30 dicembre 2004, n. 311, in virtù del quale,poi, è stato emanato il D.P.C.M. del 15.02.06.

9 Cfr. articolo 1, coma 198 della Legge n. 266/2005. Il D.P.C.M. del 15.02.06, prevedeche: - I Comuni con popolazione inferiore ai 2.000 abitanti, le Unioni di Comuni, le

Comunità montane ed i Consorzi possono procedere alla copertura totale del turn-over verificatosi nel corso del triennio 2004, 2005 e 2006.

- I Comuni con popolazione compresa tra i 2.000 e i 5.000 abitanti possonoassumere una unità di personale a fronte di una cessazione. Effettuata taleassunzione, è possibile procedere ad effettuare la seconda assunzione dopo chesi sono verificate, nel corso del triennio, ulteriori sei cessazioni. Per gli Enti chealla data di entrata in vigore del presente decreto, avessero già raggiunto, adecorrere dal 1° gennaio 2004, un numero di cessazioni pari a quattro, effettuata

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la prima assunzione, possono procedere alla seconda assunzione quando si sianoverificate, complessivamente, cinque cessazioni. I suddetti enti per procedere allesuccessive assunzioni dovranno attenersi a quanto previsto dal precedente comma5 del presente articolo (ossia la copertura totale del turn-over).

L’art. 1, comma 198 della Legge finanziaria 2006, come modificato dall’art. 30 dellaLegge n. 248/2006 (di conversione del cosiddetto decreto Bersani) prevede l’obbligodi ridurre la spesa per il personale dell’1% rispetto a quella sostenuta nel 2004; incaso di mancato rispetto di tale norma vi è il divieto assoluto di procedere adassunzioni a qualunque titolo.

10 L’articolo 4 del CCNL del 31.03.99 prevede che:“1. Gli Enti disciplinano, con gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, nel rispetto

dei principi di cui all’art. 36 del D.Lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, come modificatodagli artt. 22 e 23 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, e tenendo conto dei requisitiprofessionali indicati nelle declaratorie delle categorie di cui all’allegato A, leprocedure selettive per la progressione verticale finalizzate al passaggio deidipendenti alla categoria immediatamente superiore del nuovo sistema diclassificazione, nel limite dei posti vacanti della dotazione organica di talecategoria che non siano stati destinati all’accesso dall’esterno. Analoga procedurapuò essere attivata dagli enti per la copertura dei posti vacanti dei profili dellecategorie B e D di cui all’art. 3, comma 7, riservando la partecipazione alle relativeselezioni al personale degli altri profili professionali delle medesime categorie.

2. Gli Enti che non versino nelle condizioni strutturalmente deficitarie ai sensi dellevigenti disposizioni procedono alla copertura dei posti vacanti dei profilicaratterizzati da una professionalità acquisibile esclusivamente dall’interno deglistessi Enti con le medesime procedure previste dal presente articolo.

3. Alle procedure selettive del presente articolo è consentita la partecipazione delpersonale interno anche prescindendo dai titoli di studio ordinariamente previstiper l’accesso dall’esterno, fatti salvi quelli prescritti dalle norme vigenti.

4. Anche i posti ammessi a selezione ai sensi del comma 1 sono coperti medianteaccesso dall’esterno se la selezione stessa ha avuto esito negativo o se mancanodel tutto all’interno le professionalità da selezionare.

5. Il personale riclassificato nella categoria immediatamente superiore a seguitodelle procedure selettive previste dal presente articolo, non è soggetto al periododi prova”.

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