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Anno XVI Giugno 2005Anno XVI Giugno 2005N°. 6 N°. 6

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Viene riportata anche in Internet, sul sito dell'Antico e Primitivo Rito Orientaledi

Misraïm e Memphis : www.misraimmemphis.org

IILL RISVEGLIO RISVEGLIO INIZIAINIZIATICOTICO

Antico e Primitivo Rito Orientale di MisraAntico e Primitivo Rito Orientale di Misraïm e Memphism e MemphisSovrano Gran Santuario Sovrano Gran Santuario AdriaticoAdriatico

SOMMARIOSOMMARIO

ALCUNE CAUSE DEI MALI CHE AFFLIGGONO L’UMANITA’Il S. . . G. . . H. . . G. . . - pag. 3

DANTE E L’ANIMA- Bruno - pag. 5

IL CORAGGIO DI SCEGLIERE- Gianni - pag. 8

Saggi, dissertazioni, racconti, poesie fantastiche ed un pochino esoteriche

PROLEGOMENI - Bruno M. - pag. 10

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RedazioneDirettore Responsabile: Renato Salvadeo - via Bacchiglione 20 - 48100 Ravenna


intuizioni della conoscenza e conoscenza delle intuizioni

AAlcune cause lcune cause

dei mali che afdei mali che affliggono fliggono l'umanita' l'umanita'

Il S.Il S. .. .G.G.. .. .H..H. .. .G.G.. .. . .

E’E’ noto che ciò che avvicina o allontana gli uomi-

ni è l'interesse personale distorto, intriso d’ingiustiziae d’incomprensione.Che l'uomo non comprenda gli altri uomini, pur ten-tando spesso nella sua buona fede, è cosa risaputa eaccettata da tutti. Cosa che non tutti sanno, e se la sanno non voglionoprenderla in considerazione, é l'origine dell’incom-prensione, che è nell'uomo stesso : l'uomo non com-prende sé stesso, l'uomo non conosce neppure la pro-pria identità e se non comprende sé stesso come puòcomprendere gli altri?L'incomprensione è causa di grandi mali dell'umanità,specie se è unita all’ingiustizia.L'uomo è caduto sulla terra a causa di un grave attod’ingiustizia, provocato dall'orgoglio di Adamo edalla vanità di Eva. Fu un atto di estrema ingiustizia contro sé stesso checommise nello scegliere di mangiare il pomo. Egliscegliendo, emise un giudizio, senza sapere cosafosse la Conoscenza né cosa fosse la Morte, e ciò fece,spinto dall'orgoglio e dalla vanità di apparire un esse-re indipendente davanti ad Eva che lo aveva stuzzica-to nell'orgoglio dicendogli che lei aveva mangiato ilpomo e non era accaduto nulla di ciò che Dio avevadetto.Nell'occasione Adamo non ha compreso sé stesso néha compreso Eva. Non ha considerato che Eva non erala titolare dell'azione e per tale motivo non era suc-cesso nulla ad alcuno dei due. Nel susseguirsi delle generazioni, gli uomini, trannepochi eletti, hanno sempre più diretto la propria atten-zione alla natura materiale, trascurando la loro naturaspirituale, ed, invece di affrontare il proprio vero pro-blema, invece di ritirarsi nel proprio deserto e spinge-

re alla lotta le due nature , materiale e spirituale, perdeterminare la vittoria di quest'ultima, rimangonoavvinghiati alla loro natura materiale rinviando lalotta .Il Grande Iniziato di Galilea, il Nostro GrandeFratello Gesù, al giovane benestante, che gli chiedevadi volerlo seguire, disse di abbandonare ogni cosa dinatura materiale per poterlo seguire. Infatti, la viache percorreva Gesù arrivava al Padre nel piano divi-no, ove le cose della terra non esistono e lungo il viag-gio costituiscono soltanto un ostacolo.

ILIL RISVEGLIO INIZIARISVEGLIO INIZIATICOTICO

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Informazioni e storia sui Riti uniti di Misraïm e Memphis possono essere letti sui siti: www.misraimmemphis.org

www.gsa-france.org - www.misraimmemphis.hpg.com.br - www.misraimmemphis.hpg.com.br - www.misraimmemphis.gr

Giotto -Cappella degli Scrovegni - Allegorie delle Virtù e dei Vizi,Padova- 1304-1306

Noi ,che crediamo nel Supremo Artefice dei Mondi,pur sapendo che la via del ritorno è alquanto difficile,ci affidiamo alla Tradizione ed ai Maestri del Passatoche ci spingono allo studio di noi stessi, soprattuttonella nostra interiorità a ricercare il nostro Sé ,qualeimmagine divina della nostra identità, quale segno del

soffio con il quale il Padre ci fece suoi figli.Abbiamo detto che l'incomprensione è una delle causedei mali di questo mondo, specie se è unita all’ingiu-stizia.Ora, in questi ultimi anni, é cominciata adimperversare nelle relazioni fra gli esseri umani unadeleteria corrente di pensiero chiamata “relativismo”.

Si tratta di una strana con-cettualità , frutto di ciò cheio chiamo la peste deglianni 2000, cioé < il buoni-smo >, partorita dalla deca-dente e malaticcia culturaeuropea, incoerente edeviante in quanto affermache tutte le culture e tutte leciviltà hanno uguale valoree dignità ed ogni uomo ha lostesso valore dell'altro,anche se uno è criminale el'altro persona ligia e rispet-tosa della etica e delleleggi.Se questa teoria narcotiz-zante riuscirà ad imporsi,ogni pensiero sarà coinvoltoed ingiustamente ridimen-sionato e noi assisteremoalla progressiva cadutadell'Occidente nell’oscuran-tismo più aberrante ed au-menteranno gli ostacoli perla liberazione alla qualediciamo di aspirare

Il S.Il S. .. .G.G.. .. .H..H. .. .G.G.. .. . .


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Il sistema di Bohme - luce e tenebreD.A. Freher, in: Works of J. Behmen, ed. Law, 1764

DDANTE ANTE E L'ANIMAE L'ANIMA

Bruno Bruno

LL a parola anima risuona nella Divina Commedia

(divina la definì per primo il Boccaccio ) 71 volte, unavolta in latino ( Adhaesit pavimento anima mea), 42volte anime, animo almeno 20 volte. Una folla diaggettivi accompagna la parola "anima": anima degna,cortese, viva, buona, mal nata, trista, morta, fuia, lesa,feroce, ria, sciocca, confusa, monda, santa, preclara

gloriosa, sana, mia, sua……La trama stessa della Divina Commedia come viaggionell'oltrevita non può che essere popolato di anime,ora tormentate dalle pene infernali, ora in attesa dellapurificazione del purgatorio, ora avvolte nella glorialuminosa paradisiaca,l'anima è protagonista sia a livello d'azione e di narra-zione sia a livello di ideologia sottesa. Dante definiscel'anima come " angelica farfalla " (Purg. X,125 ) libe-ratasi dalla crisalide e dal bruco carnale, destinata alibrarsi nella purezza dei cieli:

"Non v'accorgete voi che noi siam verminati a formar l'angelica farfallache vola alla giustizia sanza schermi?"

Prima, però, di seguire questo volo senza impedimen-ti che l'anima compie dalla terra alla suprema giusti-zia divina, è necessario conoscere le fonti ispiratriciche l'Alighieri adotta per il " folle volo " nell'oltrevi-ta.


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William Blake -Beatrice Addressing Dante from the Car 1824-7

La fonte poetica e simbolica è il Libro VI dell'Eneidedi Virgilio, il Maestro per eccellenza, " fonte chespandi di parlar si largo fiume " ( Inf. I,79 ). Libro nelquale si narra il viaggio di Enea nell'oltretomba. Manella trama stupenda e fantasmagorica della DivinaCommedia si vede in filigrana un'altra fonte di ispira-zione che rende il poema dantesco una specie di libe-ro ma efficace compendio della dottrina dell'anima : laTeologia di Tommaso D'Aquino.Principio vitale, infuso da Dio, per Dante l'animadesigna la realtà spirituale della persona e quindi,come tale, è incorruttibile: per questo il poeta relegaEpicuro e seguaci nel sesto cerchio dell'Inferno abita-to dagli eretici, perché costoro " l'anima col corpomorta fanno ", dottrina definita nel Convivio(II, 8,8)come " intra tutte le bestialitadi quella stoltissima edannosissima". Capace di libera scelta di atti morali,l'anima si avvia verso il suo destino glorioso o tene-broso, quel destino costituirà la sostanza poetica oltreche teologica delle tre cantiche.Pur basandosi saldamente sulla dottrina aristotelicaper cui " l'uomo è composto di anima e di corpo "(Convivio IV 21, 2 ) secondo un'unione che è sostan-zialmente " in essendo " e non solo " in operando ",l'Alighieri esalta nettamente la natura spirituale del-l'anima. Essa è una sola, contro l'opinione platonicadel triplice principio (concupiscibile, irascibile, razio-nale), ma dotata di molteplici potenze che la rendonocapace di operazioni differenziate, vegetative, sensiti-ve, intellettive e su questo aspetto il Convivio è ricco

di analisi.Dante si inoltra nell'analisi delle correla-zioni tra anima, corpo e passioni, arri-schiandosi anche sul terreno dei rapportitra essenze e potenze, pur senza impegnar-si nelle tesi tomistiche o agostiniane.Nel XXV canto del Purgatorio si impegnain un'impervia riflessione sulla possibilitàdell'anima di soffrire pene corporali: infat-ti come può l'anima nell'aldilà patire penefisiche se è separata dal corpo che è rima-sto quaggiù ?L'anima "separata" deve perciò mantenereuna certa qualità corporea non solo persubire le punizioni fisiche infernali, maanche per sussistere, ferma restando la tesidell'unità sostanziale dell'anima e delcorpo.


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Anima portata in cielo -1878. A. W. Bouguereau.

Eneide - Image extraite d'une édition d'oeuvres de Virgile datant de MDCCXVI

Il Poeta affidandosi al linguaggio teologico e a quellosimbolico spiega l'arco intermedio tra la morte e laresurrezione finale: l'anima in quella fase, per suaintima virtù di essere forma del corpo, continua airraggiare attorno a sé una corporeità, come il baglio-re che va ben oltre il fuoco che lo irradia. L'anima"separata” quando "solvesi " dalla carne… in virtutene porta seco e l'umano e'l divino ", cioè conservasempre in sé le facoltà umane vegetative e sensitive equella intellettiva divina ( Purg. XXV, 80 ).

Proprio per questo segno di trascendenza, l'anima ori-ginata da Dio reca impressa in sé un'irresistibileinquietudine, una mai placata nostalgia: è, questa, nonsolo il segno del divino nell'umano, ma anche l'epifa-nia della nostra necessaria umanità.

Dante è teso tra la via razionale diTommaso D'Aquino e la strada mistica diDuns Scoto.Nel Paradiso la vita umana è mirabilmen-te rappresentata come sospesa tra il soffiocreatore dell'amore divino (Beninanza ) elo stesso desiderio di ritornare a quellasorgente vitale

Vostra vita sanza mezzo spiraLa somma beninanza, e la innamoraDi sé si poi sempre la disira (VIII, 142)

In questo abbraccio di due amori, l'unoquello divino, generatore dell'altro, l'amo-re umano, si concepisce l'immortalità nontanto come un'esistenza duratura per sem-pre, ma come un dono di comunione che ilDio eterno offre alla creatura umana.A decidere i due opposti destini dell'ani-ma di gloria o di dannazione è una sceltaintima e libera, non il mero accadere este-riore; alla radice del destino dell'animac'è, dunque, l'opzione della coscienza, unatto libero che non si qualifica temporal-mente né è frutto di costrizione. Questa scelta fondamentale riesce a met-tere in azione armonica libertà e grazia,fede e salvezza, ma anche libertà e danna-zione, calcolo e rovina (cfr, Inf.XXVII ePurg. V)Il messaggio di Dante sull'anima è, allora,severo e consolante al tempo stesso.

Bruno Bruno


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Purgatorio - canto Vdalla Divina Commedia di Dante Alighieri (edizione della fine del 1800)

incisione di Gustave Doré

IIl Coraggio l Coraggio di sceglierdi scegliere e

Gianni Gianni

CC i vuole coraggio, il cuore, per imparare a sceglie-

re: la capacità di essere, di riprogrammare il nostroprogramma genetico non specializzato, come quello diqualsiasi altro animale, al fine di giungere alla nostrameta, di uomini, di umanità: la nostra origine.Il mito della reintegrazione, del ritorno a casa in unviaggio che apparen-temente sembra aritroso ed è invece,forse, una risalitaattraverso stradenuove, perché maipercorse anche se…ricordate. Il desiderio di ap-prendere, sapere, co-noscere in una suc-cessione alchemicanel nostro personaleAtanor che ci porta,inizialmente, allascoperta della nostranatura tellurica ov-vero, della nostraschiavitù dagli istin-ti di sopravvivenza edi prevaricazione,insomma, dell'egoi-smo e del desideriodi potenza e potere. Poi, questo deside-rio diviene più raffi-

nato e, nel riconoscersi, l'uomo scopre, quando vuoleed è sveglio, la presenza di una vibrazione calda ecommovente, di una scintilla che è altro ed è Tutto, equesta comprensione, in realtà solo parziale perché èscandita da un tempo ed uno spazio umano, sconvolgee squassa tutto e pone un quesito: che strada percorre-re ?Continuare ad essere un animale dotato di intelligenzanel quale gli istinti, l'IO, saranno la portante fonda-mentale, o riconoscere la piccola scintilla, piccolofuoco divino, l'essenza dell'essere, il Sé, tentando ilritorno?Il coraggio di scegliere, di essere libero, di accettarela complessità della conoscenza, la consapevolezza diassumersi delle responsabilità, ha fondamento ora, inquesto bivio nella scelta, appunto, del percorso. Ed èil coraggio che esercitiamo attraverso il libero arbitrioche ci permette di precipitare nella più nera abbietti-tudine o nella meraviglia dell'Amore e dell'Armonia.Amore ed Armonia che sono, forse, la comprensionedelle diversità, che diventano non antitesi ma comple-mentari: uomo, donna; bianco, nero; sole, luna; bene emale…


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Il ritorno alla casa del Signore- Edordo Dainotti, digital art

Ci è data l'opportunità di sbagliare per poter ricomin-ciare perché come Pico della Mirandola fa dire a Dioad Adamo nella Oratio pro hominis digitate: …Non tiho fatto né celeste né terreno, né mortale né immorta-le, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice tiplasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti pre-scelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori chesono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigene-rarti nelle cose superiori che sono divine.Ma l'AdamoEva l'androgino il Rebis perfetto nelmomento che viene portato a scegliere, conosce e cadedividendosi in due: maschile e femminile, e cominciaquesta strada, infinita ed ineffabile perché conosciutadall'inconoscibile, verso la ricostruzione dell'Unoattraverso nuove scelte e nuove, antiche consapevo-lezze.Abbiamo poche armi a disposizione una è il pensiero,l'altra la parola ed infine l'azione. Ognuna crea unadiversa vibrazione che cambia la nostra coscienza il

nostro antico Sé e, nelcontempo, costituisce ilnostro testamento che simuove, ad onde succes-sive tanto più potentequanto più potente è lanostra eggregora e tantopiù potente è la nostral i be r t à / r e sponsab i l i t àverso la Verità/Giustiziache è appannaggio delDivino, alla quale noitendiamo in un infinitopercorso di ritornovolando alto verso ilfuoco primigenio chetutto fonde ed armoniz-za in una Umanità"Oltre", quando tempo espazio non saranno piùtempo e spazio.E nel fare tutto ciò nonsiamo soli ma parte diun tessuto Umanità lecui cellule si scelgono esono scelte per stimolar-si e stimolare nel tenta-tivo di sollevare la cene-re che ricopre e proteg-ge la brace primitiva eravvivarla con la tra-smissione di un soffionon umano nella speran-

za che diventi appunto, forse, fiamma: creatrice diAmore.Ma quanti errori e quante volte risollevarsi togliendo-si la polvere di dosso, e quante volte leccarsi le ferite,perdonare e perdonarsi per i torti subiti e fatti maanche quanta gioia nell'avere fatto un infinitesimopasso in avanti.Il coraggio di scegliere di continuare il percorso elasciare un esperienza personale ma, forse, utile a chici seguirà.

Gianni Gianni


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from Hartmann, Secret Symbols of the Rosicrucians of the 16th and 17th Centuries (Altona, 1785)



PPrrolegomeniolegomeni

Bruno M.Bruno M.

Così comprendi la Luce,Ei rispose,

e fa' con essa amicizia.Ermete Trismegisto

CC on molti altri penso che vi sia una sola reli-

gione per l'umanità: le molteplici fedi e creden-ze sono tutti ruscelli e rigagnoli di quest'immen-so fiume. Esaminiamone il senso: il sole di veri-tà è uno. I suoi raggi dardeggiano nella mente enei cuori degli uomini; certo che se noi credia-mo in qualche cosa, la riteniamo paternità diDio. Non importa se un essere umano ha impa-rato l'esistenza del sentiero per gli insegnamen-ti di Krishna o di Buddha, di Maometto, di

Zoroastro o del Cristo, purché egli abbia messo ilpiede su quel sentiero è tutt'uno con il nostro Padrecomune. Lui è stato ad inviare tutti Loro, e li illuminòaffinché tutti potessero avere, per loro mezzo, il cibospirituale adatto ai bisogni di ciascuno. Questo mera-viglioso quadro concettuale sublima la provvidenza diDio. Per poterla far nostra questa dottrina bisognaritornare ai primordi dell'evento dei primi cristiani evedere come ben s'inseriscono e si confondono i sim-boli del loro credo con quelli delle altre dottrine del-l'antichità.Nei primi secoli i cristiani presero in prestito un gero-glifico così particolare come l'Ankh, la "chiave dellavita" che gli dei e i Faraoni tenevano nella loro mano,

segno che mette-va in relazionel'idea della divi-nità e il misteroterrestre della ge-nerazione degliesseri, soprattuttodella generazioneumana. Con il cristianesi-mo l'Ankh diven-ne la "croce dellavita" senza chenulla fosse cam-biato nella suaforma a Tau sor-montato da un

anello; il Tau era una delle forme orientali della croce,l'insieme dell'Ankh secolare prese anche il nome di"Croce ansata". La lotta divina del Cristo contro l'an-gelo del male fu uno dei temi che l'emblematica deiprimi cristiani servì con più fortuna. La grande mag-gioranza dei rapaci raffigurati sulle opere dell'arte cri-stiana dell'Egitto sono falchi e non aquile. L'alta scuo-la di Alessandria (il Didaskaleion), del III secolo sisforzava di far accordare con il cristianesimo tutto


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SSaggi,disseraggi,dissertazioni,tazioni,brbrevi racconti, evi racconti,

poesie fantastichepoesie fantasticheed anche ed anche

un pochino esotericheun pochino esoteriche

Nebulosa dell’aquila

Rappresentazione della costellazione dell’aquila

ciò che, nel passato religioso dell'Egitto, poteva esse-re accettato dalla nuova religione, la scuola sapevache ovunque il Falco simbolico che appariva suimonumenti antichi dell'Egitto, vi raffigurava Dio. IlFalco, uccello dalle grandi altezze e da combattimen-to non poteva non apportarvi il suo contributo. InIndia è l'uccello Garuda che combatte il Naga, imma-gine del male, combattimento paragonabile, afferma ilGuénon, a quello dei Devas contro gli Asuras: i buonigeni contro i cattivi. L'arte cristiana, facendo del Falco e poi dell'Aquila(l'iconografia dell'Aquila è quasi inesistente, comparein proposito del libro di Ezechiele e nelle raffigura-zioni emblematiche degli evangelisti) la figura delSalvatore combattente, agì allo stesso modo. È così che il Falco ornamentale di Akmin, in Egitto,

che risale ai primi tempi cristiani, sta in piedi sullaschiena di un lupo mentre al suo fianco il Cristo, informa umana, calpesta un coccodrillo che trafigge conla sua lancia. È la doppia affermazione, attraversol'emblema e attraverso l'immagine diretta, della vitto-ria di Gesù Cristo su Satana. Il Falco è stato, al paridell'uccello del Paradiso, messo al servizio della terzapersona della trinità divina. La società mistical'Estoile Internelle (la stella interiore), invocava già loSpirito Santo sotto il simbolo del Falco, per implorareda Lui i doni della bellezza interiore, dell'intelligenzae della fortezza, quasi simili a quelli auspicati all'in-terno del tempio moderno: forza, bellezza, saggezza.Un simbolismo analogo è esposto da Argos (Du sacredes Rois et des dons de l'Esprit-Sant in le Voile d'Isis,marzo 1930, p.135), che scrive: "Presso tutti i popoli,il Falco è come la Colomba, uno dei simboli delloSpirito Santo… la Colomba e il falco sono rispettiva-mente la bontà e la forza, la dolcezza e la potenzadistruttrice. EGLI è di volta in volta la colomba o losparviero, l'uccello Santo che riconosciamo, che oradona tutti i beni e tutte le benedizioni, ed ora ha gliocchi infuocati, gli sguardi lampeggianti e le ali cheemettono rombi di tuono… È il soffio di Dio…". El'autore raggruppa tutti i passi biblici che parlano diquesto soffio dall'alto, "dolce e terribile, vivificante odevastatore, ma sempre divino…". Nell'emblematica sacra, come nell'arte del cristianesi-mo primitivo, le figure del toro, dell'ariete e del cervosi riassumono in quest'equazione: il Cristo sposo, lachiesa sposa; l'intima unione dei due produce dei figliper la vita spirituale e, per dirla come i primi dottori,degli abitanti per la Gerusalemme celeste, la città diDio.Il vecchio concetto pagano del toro (vedi il cultomitraico), in quanto idolo e talismano degenerativo,come il suo ruolo naturale di stallone, non poteva noninteressare i primi artigiani del simbolismo cristiano.Per tale motivo in Asia Minore, in Egitto, in Siria,come in Caldea e in Babilonia, dove il cristianesimopenetrò sin dai primi anni della sua fondazione, il toroprolifico si trovò cristianizzato, ed è in virtù di que-st'adattamento che verso la fine del II secolo d. C.Tertulliano, parlando del toro simbolico, scriveva: "Iochiedo, vi è qualche animale potente o qualche mostrofavoloso che annuncia quest'emblema? No, senza dub-bio. Questo toro misterioso è Gesù Cristo, giudice ter-ribile per gli uni, redentore pieno di mansuetudine pergli altri". In Egitto sin dai tempi delle prime dinastie l'Ariete eral'animale emblematico di Kneph, uno degli aspetti piùantichi del dio creatore della vita (Maspero).


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Horus - tempio di Edfu

I Greci assunsero dagli egiziani la loro supremaespressione della divinità, Zeus, identificata con ilsimbolo dell'Ariete. Presso gli antichi Mazdei l'Arietefu l'emblema e il veicolo di Agni, uno dei più grandiprincipi: lo Spirito puro, principio igneo in opposizio-ne al Soma, il principio acqueo. Nell'arte cristiana primitiva l'Ariete fu dipinto o scol-pito per raffigurare Gesù Cristo, senza nessuna parti-colare caratteristica: è Gesù, semplicemente. I primidocumenti dell'arte cristiana, come i testi che sonoloro contemporanei, fanno dell'Agnello l'emblema delCristo, pastore delle anime; l'Ariete, che è l'Agnelloadulto, doveva più marcatamente assumere il ruolosimbolico del Cristo. Anche la letteratura ebraica haconsacrato questo simbolismo dell'Ariete pastore. Untesto ne fornisce la prova: "I Principi di Sion (diceGeremia) sono diventati come degli Arieti che nontrovano più dei buoni pascoli". Non dimentichiamo che sul cerchio dello zodiaco tra-smesso dai Caldei ai Fenici, ai Greci, agli Egiziani, il

segno d'Ariete, Aries, è acavallo dei mesi diMarzo e Aprile, e chequello del Toro, Taurus,regna sui mesi d'AprileMaggio, dando così, permetà successive, i tremesi della primavera chesono i mesi dell'anno incui la vita freme in tuttala natura, dove tutto èamore e vita, assistiamocome ad una resurrezionedi Colui che è amore egerme d'ogni vita e d'o-gni resurrezione. Il Cervo è uno degli ani-mali simbolici che furo-no accettati fin dai primitempi del cristianesimocome immagine allegori-ca di Nostro SignoreGesù Cristo, e del cri-stiano suo discepolo. Ilsuo comportamento nellaforesta autorizza, infatti,questo simbolismo: èammirabile quando, acapo del suo branco dicerve e di cerbiatti chesono il suo amore e il suosangue, si muove nel sot-

tobosco, con lo sguardo sveglio e l'orecchio attento,pronto ad evitare il più piccolo pericolo a quelli cheama. Molte allegorie di caccia ci mostrano GesùCristo che assume la forma del cervo per manifestarsialle anime elette. Eccone una breve descrizione: Viera un pagano di nome Placido che un giorno andò acaccia con alcuni amici, scoperto un gruppo di cervi,Placido si separò dagli amici e si gettò all'insegui-mento del più grande e più bello. Ed ecco che al ter-mine di una veloce corsa il cervo si slanciò improvvi-samente sulla cima di una roccia e da quel punto sirivolse al cacciatore dicendo: "Placido perché misegui sulle alture? Io sono Cristo che ti ama e che tustai servendo prima ancora di conoscerlo. Le tue ele-mosine, il tuo spirito di giustizia mi piacciono, quindimi sono fatto magnifico cervo per attirarti a me". Belcervo se voi siete quel Cristo di cui tanto si parla(rispose Placido) spiegate le vostre parole, ed io cre-derò in voi.


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Zeuz bambino, la capra Amaltea ed un faunetto - Bernini , 1609 c.a

Ed il cervo divino rispose: Io sono il Cristo. Sono ioche ho fatto il cielo e la terra, ed il sole e la luce e lestagioni. Ho estratto l'uomo dal fango terrestre e, piùtardi per salvarlo dalle sue iniquità, ho assunto carneumana, sono morto in croce; e poi, dopo tre giorni tra-scorsi nell'ombra del sepolcro, ho ripreso vita persempre. Ed ora ti attendo; vieni da me, Placido: iosono il Cristo! Placido dopo aver sentito vide unagrande Luce e spaventato fuggì, abbandonando tutto,perfino il suo primo nome, si donò intero al Cristoche, per mezzo del cervo, aveva illuminato la suaanima.Gli accostamenti fra il cervo e il sacramento dell'eu-carestia sono indicati in molti reperti artistici deiprimi cristiani, come gli espressivi mosaici di Bir-Ftuha, presso Cartagine, che raffigurano un cervoposto al di sopra del calice eucaristico. Martigny(dizionario di antiche credenze), sostiene che il cervoassume, durante i primi tempi cristiani, un significatoeucaristico e che "se non lo vediamo più spesso svi-luppato nelle opere dei Padri della chiesa, bisognaattribuire queste reticenze solo alle rigorose prescri-zioni della legge del segreto". Anche a Ravenna su un sarcofago più o meno contem-poraneo dei mosaici di Bir-Ftuha (IV sec.) il cervo e

la cerva bevonodirettamente daun vaso "canta-ro" eucaristico.Eusebio affermache, sin dall'ini-zio del cristiane-simo, ad Ales-sandria esistevau n ' i m p o r t a n t escuola per l'i-struzione dei ca-tecumeni e laformazione deglistudiosi. Nel IIIsecolo quest'isti-tuzione chiamataDidascaleion eraal suo apogeo.Essa si sforzò,con successo, diaccordare con ilc r i s t i a n e s i m otutto ciò che,nelle idee reli-giose ad essoanteriori, potes-se armonizzarsi

con il suo dogma, la sua morale ed il suo spirito: lavecchia teoria egiziana del verbo creatore; la piùrecente tesi del Logos, del Verbo divino, intermediariofra Dio e l'uomo, esaltata da Filone e dai filosofi elle-nistici; lo Spirito divino che insuffla alle anime la vitaspirituale, l'immortalità dell'anima, ecc… I vecchisimboli egiziani suscettibili di accordarsi con la nuovareligione furono applicati al Cristo, ai misteri cristia-ni o all'anima fedele: lo scarabeo sacro, l'Ibis, il fal-cone, la rana, la mangusta, la palma, il loto e laSfinge. Gli antichi significati attribuiti alla Sfinge siprestavano molto bene all'adattamento a Gesù, non èEgli "il Signore dei due orizzonti"? Dell'Oriente che,fin dai primi tempi cristiani, raffigura la nascita, edell'Occidente che simboleggia la sua morte? Egli è ilDio della Luce crescente, come del regno delle ombre.Egli è, nella realtà (e molto più ampliamente di quan-to non lo sia la Sfinge nella finzione) la Sovranità.Come la Sfinge anche il Cristo è il sole divino ed èanche l'immagine allegorica dell'unità, della verità,dell'assoluto. I secoli successivi mantennero i primitivi accostamentitra il significato simbolico della Sfinge e il Salvatore.


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Sfinge

I mistici, e persino alcune scuole ermetiche, applicaronoalla vita stessa di Gesù il precetto della Sfinge: "sapere,osare, volere, tacere". Quando un uomo dirige la propriavita con questi quattro verbi osservati in modo comple-mentare, in funzione gli uni degli altri, ne riceve il mas-simo delle forze che peraltro è capace di utilizzare. Essidevono quindi essere considerati come segue:a) Saper osare, saper volere, saper tacere;b) Osar sapere, osar volere, osar tacere;c) Voler sapere, voler osare, voler tacere;d) Tacere sul proprio sapere, tacere sui fini della propriaaudacia, tacere sulla propria volontà.Ed i maestri cristiani hanno giudicato che nessun uomosulla terra ha realizzato più completamente dell'Uomo-Dio il precetto della sfinge, di cui non aveva alcun biso-gno. Essi hanno detto in sostanza:Sapere. Gesù ha posseduto il sapere. Conosceva ilPadre e lo Spirito, con i quali è Uno. Fonte d'ogni Luce,quindi di tutto il sapere, portava in Sé sulla terra la pie-nezza della scienza divina che è quella dei principi edelle cause. Osare. Il Cristo Gesù ha saputo osare, e la sua audaciaè stata grande: ha osato accostare la materia alloSpirito; si può dire che ha osato unire i due termini piùopposti: Dio, il tre volte Santo, e l'uomo peccatore,ristabilendo in tal modo i rapporti primitivi tra ilCreatore e la creatura ragionevole, ma decaduta. Haosato affrontare per la nostra redenzione il più temibilepericolo: l'odio del sacerdozio ebreo e la potenza delgovernatore romano. Infine ha osato amarci fino al com-pimento del supplizio redentore. Volere. Egli ha saputo volere, e tutta la sua volontà èstata rivolta verso la missione che veniva a compiere.Ha voluto come Dio e come uomo; e quando, negli spa-simi dell'agonia, la sua volontà umana tremò davantialla prova, la sostenne legandola fortemente alla volon-tà del Padre che era nello stesso tempo la sua volontàdivina, poiché Egli ed il Padre sono Uno:"Padre mio, sia fatta la tua volontà".Tacere. Gesù ha saputo tacere quando giudicò che fossecosa buona il farlo, ed il suo silenzio fu spesso per Luiuno scudo contro le volontà avverse. Ha taciuto sullaprima parte della sua vita chiamata: Vita nascosta. Hataciuto nel deserto, di fronte all'avversario. Si racchiusenel silenzio di fronte alle intempestive domande deidiscepoli, ricoprendo perfino con il velo dell'enigmaalcune verità. Davanti a coloro dai quali dipendeva lasorte della sua vita, si rinchiuse in un silenzio quasicompleto, per non rispondere a giudici ai quali non erasoggetto. Lasciò il suo mutismo solo per assicurare cheverrà un giorno a giudicare egli stesso, con spadad'Arcangelo, la terra. Questo non è quel silenzio del quale un moderno dice

che "fa parte del sacrificio"? All'inizio di questo terzo millennio, la comune coscienzadella chiesa cristiana deriva dal fatto che il Figlio di Dionon solo è il Maestro della via, ma dalla fede che Egli èquella via.L'aspettativa della cristianità rimane in gran parteincompiuta, perché da oltre duemila anni l'umanità hasubito, e subisce, aspre lotte, sanguinosissime guerre,persecuzioni e intolleranze in questioni religiose quali innessun altro periodo della storia ha mai subito. Sarà ilnuovo millennio testimone di una così grande aspettati-va? È lecito dire che tutta la natura insieme travaglia nel-l'attesa della manifestazione dei Figli di Dio.

Bruno M.Bruno M.


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Redentore in gloria, Gian Domenico Cignaroli XVIII sec.

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intuizioni della conoscenza e conoscenza delle intuizioni

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