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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA Facoltà di Sociologia Corso di Laurea triennale in Servizio Sociale I GRUPPI DI ACQUISTO SOLIDALI DALLA TEORIA ALLA PRATICA: UN ESEMPIO DI CONSUMO RESPONSABILE Relatore: Gianmarco Navarini Tesi di Laurea di Elena Levati Matr. 058527 Anno Accademico 2008/2009

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCAFacoltà di Sociologia

Corso di Laurea triennale in Servizio Sociale

I GRUPPI DI ACQUISTO SOLIDALI DALLA TEORIA ALLA PRATICA: UN ESEMPIO DI CONSUMO RESPONSABILE

Relatore: Gianmarco Navarini

Tesi di Laurea diElena Levati

Matr. 058527

Anno Accademico 2008/2009

INDICE

Introduzione…………………………………………………………………..p.3

Cap. 1 In cammino verso il cambiamento tra alternative responsabili e stili di vita…………………………………………………………………...p.8

1.1 Il consumo critico…………………………………………….p.91.2 La sobrietà……………………………………………………p.151.3 La decrescita…………………………………………………p.211.4 Il commercio equo e solidale……………………………….p.271.5 Una riflessione sul cambiamento: perché è difficile

cambiare?................................................................................p.30

Cap. 2 I GAS, gruppi di acquisto solidali: cosa sono e come funzionano…………………………………………………………………..p.33

2.1 Cos’è un GAS…………………………………………………......p.332.2 Come nasce un GAS: le motivazioni di fondo……..................p.372.3 La struttura organizzativa e il funzionamento………………….p.42 2.3.1 I GAS e la legge finanziaria del 2008…………………....p.472.4 Prodotti e produttori: i criteri di selezione………………………p.49 2.4.1 Quali prodotti? Aspetti attuali e prospettive future……...p.602.5 La rete dei Gas e il DES………………………………………….p.612.6 I GAS in cifre: l’attuale diffusione …………….……..................p.64

Cap. 3 Voci dai GAS: resoconto di un’intervista……………………..p.67

3.1 Visioni del GAS: significati e rappresentazioni………………...p.693.2 Oltre il consumo critico individuale: la scelta del gruppo……..p.713.3 Quando nasce e finisce un gruppo: il ruolo della leadership...p.773.4 La socialità all’interno del GAS………………………………….p.833.5 Essere genitori all’interno del GAS……………………………..p.843.6 Il futuro dei gruppi di acquisto solidali: ipotesi e riflessioni…...p.87

Conclusioni………………………………………………………………….p.911.Aperture sul futuro: valenze e potenzialità dei gruppi di acquisto solidali………………………………………………………….....…….p.912. Qualche esempio dei risultati ottenuti………………………..…..p.973.La specificità dei GAS.………………………………………….....p.1014.Perché questa tesi……………………………………………...….p.106

Riferimenti bibliografici………………………………………………….p.108

2

Introduzione

“Il nostro compito è guardare il mondo e vederlo intero. Occorre vivere più

semplicemente per permettere anche agli altri semplicemente di vivere.”1

E.F.Schumacher

Responsabilità. Questo il punto di partenza, questo il concetto che noi

tutti, in quanto uomini, dovremmo utilizzare come guida del nostro vivere

quotidiano.

Ormai da anni appare chiara la situazione di profonda crisi che sta

investendo il nostro pianeta, in primis dal punto di vista economico e

finanziario. Già i dati statistici del 1992 relativi al rapporto sullo sviluppo

umano, mostravano una sconcertante verità: il 20% della popolazione

mondiale consuma, da sola, l’80% delle ricchezze disponibili. Ad oggi la

situazione non sembra di molto mutata eccetto per il fatto che queste

ricchezze, anno dopo anno, si sono inesorabilmente e irrimediabilmente

ridotte.

Molti campanelli d’allarme stanno suonando oggi per indicarci che il

pianeta poco può ancora sopportare, che il nostro attuale modello di

sviluppo ha creato delle falle molto profonde, che le riserve si fanno

sempre più esigue e che, dunque, è necessario trovare un’alternativa. Se

è vero che esistono dei margini di recupero, allora noi tutti siamo caricati

di una forte responsabilità. E qui si rievoca il concetto iniziale.

Divenire responsabili significa, letteralmente, essere capaci di rispondere

in maniera abile, in maniera appropriata a qualsiasi evento; significa

essere in grado di agire efficientemente. Questo richiama innanzitutto alla

capacità di sapersi porre degli interrogativi, alla capacità di chiedersi che

cosa io per primo posso fare per rispondere abilmente alla situazione che

mi si prospetta. Per far questo è però necessario saper scegliere: i propri

pensieri e le proprie azioni. Responsabilità significa quindi, innanzitutto,

1 Ernst, Schumacher, Piccolo è bello, ed. A. Mondadori, 2006.

3

capacità di assumere coscienza riguardo ciò che si è e ciò che si fa,

coscienza che potrà essere veramente acquisita soltanto attraverso la

pratica di uno sguardo critico che sia in grado di dare consapevolezza e,

unitamente a questa, una guida all’azione.

Verso dove debba dirigersi questa azione è ciò che negli ultimi anni ha

imbastito e mantenuto vivi molti dibattiti e discussioni, tesi e controtesi. Ne

è emersa una possibile chiave di soluzione, un’alternativa al principio

capitalista che regge il nostro sistema economico e sociale, ovvero al

principio della crescita del Prodotto Interno Lordo come unità di misura

della ricchezza di un paese. Questa alternativa si chiama decrescita,

costruzione di un sistema economico basato su principi ecologici, si

chiama sobrietà e si chiama consumo critico.

Vivere sobriamente significa ridimensionare il ruolo che il denaro e la

ricchezza rivestono nella nostra vita, significa maturare una diversa

concezione del mercato e del lavoro, significa tornare a dare importanza

alla solidarietà e alla collettività, ma, prima di tutto, significa possedere

una spiccata sensibilità nei confronti della società e delle dinamiche che

investono la sfera Sud del mondo. In una parola: divenire responsabili e,

conseguentemente, agire per contrastare un modello di sviluppo che

diventa inaccettabile poiché basato sulla produzione, l’eliminazione e la

produzione all’infinito. La sobrietà costituisce dunque uno stile e una

filosofia di vita, ma non solo. Rappresenta anche un vero e proprio

progetto politico che si pone come alternativa praticabile al sistema

attuale.

Tuttavia non solo la sobrietà rappresenta il metro di misura di un’acquisita

responsabilità. Una seconda strada praticabile è rappresentata dal

consumo critico ovvero dall’attività di organizzazione e pianificazione

critica delle proprie abitudini di consumo e di acquisto. R.W. Emerson,

saggista e filosofo statunitense, ancora prima del XX secolo scrisse:

Io non sono una cosa e la mia spesa un’altra cosa.La mia spesa sono io.

4

Che la nostra spesa e il nostro carattere siano due, è il vizio delle società.2.

Questa emblematica citazione, ben si sposa con la filosofia di fondo che

anima il consumatore critico nel momento in cui si rende conto che il voto

non è solo quello che si pratica all’interno della cabina elettorale, bensì è

tutto ciò che noi acquistiamo e consumiamo, è ciò che appare nel nostro

carrello della spesa. Il consumatore critico ha consapevolezza del fatto

che un prodotto non vale l’altro, sa che la scelta tra un marchio e un altro

non è indifferente; egli sa di avere una propria volontà, più forte della

pubblicità, più forte dei condizionamenti mediatici; sa di avere un potere,

sa che ciò che appare è profondamente diverso da ciò che è e sa, quindi,

che tra impresa e consumatore chi è più forte è di gran lunga il secondo. Il

consumatore critico ha assunto coscienza del fatto che le possibilità di

profitto delle imprese possono essere fatte scendere o salire attraverso i

nostri acquisti e quindi valuta attentamente ciò che compra e consuma

accordando le proprie preferenze a prodotti che soddisfano requisiti che

vanno ben oltre il prezzo e la qualità, andando a toccare, tra le altre, le

modalità di produzione, l’eticità del trattamento dei lavoratori e il rispetto

per l’ambiente.

Criticità, sobrietà e responsabilità sono concetti che possono e,

ragionevolmente dovrebbero, guidare tutti i nostri comportamenti

quotidiani.

Ma quali sono effettivamente le possibilità che un cittadino ha di vivere

secondo questi principi? Sebbene non esaustive, oggi si prospettano

diverse possibilità, diversi ambiti di applicazione di un comportamento

responsabile: dalla sostenibilità ambientale, praticabile attraverso una

gestione più consapevole delle energie, delle risorse idriche e dei rifiuti,

alla mobilità sostenibile, dalla riqualificazione edilizia alla finanza etica, dal

turismo responsabile agli acquisti solidali, fino ad arrivare alla spesa

quotidiana.

2 R. Waldo, Emerson, Realizzare la vita. Saggi da Society and Solitude, ed. Il prato, 2007.

5

All’interno di tutte queste alternative praticabili, questo lavoro vuole essere

uno strumento di analisi di un’esperienza in particolare, un fenomeno che

negli ultimi anni ha visto una costante ed esponenziale crescita, un

esempio di vita che potrebbe presentare un buon punto di partenza per

coloro che volessero iniziare a muovere i primi passi sulla strada tracciata.

Si intende approfondire, così, il fenomeno dei GAS, gruppi di acquisto

solidali, quali esempi di attuazione di responsabilità individuale e collettiva

nei confronti dell’ambiente, della società e del mondo. Il principio della

solidarietà che anima tali gruppi tocca, infatti, trasversalmente queste

realtà. E’ proprio la “S” finale che compare nell’acronimo, che differenzia e

caratterizza questi gruppi rispetto agli altri gruppi di acquisto. I GAS non

sono solo un insieme di persone che decidono di acquistare e ridistribuire

tra loro prodotti alimentari e d’uso comune, rappresentano una collettività

organizzata che fa della solidarietà la propria guida, della criticità verso la

società attuale il proprio principio, della sobrietà la propria filosofia di vita e

della responsabilità individuale e collettiva il proprio cardine.

Il primo capitolo sarà dedicato all’analisi del quadro di riferimento teorico

all’interno del quale viene a strutturarsi l’esperienza dei gruppi di acquisto.

In questa prospettiva, si andrà ad approfondire il significato del consumo

critico, della sobrietà, della decrescita e, in ultimo, del commercio equo e

solidale.

Nel secondo capitolo si cercherà, poi, di rivestire di significato quella “S”

come la solidarietà, che dall’interno del gruppo, progressivamente si

estende ai produttori e al mondo circostante; si ripercorreranno le tappe

essenziali della nascita e dello sviluppo del fenomeno dei GAS fino a

delinearne l’aspetto e i caratteri attuali, mettendone in luce le modalità di

funzionamento e di strutturazione e i criteri e i principi che vi stanno alla

base.

Il terzo capitolo rappresenterà la parte più operativa di questo lavoro, in

cui si darà voce ai gruppi di acquisto, si farà parlare direttamente coloro

che li vivono e attivamente vi partecipano tentando, in tal modo, di fornire

una lettura dell’esperienza dall’interno, dal suo cuore pulsante.

6

Alla luce di quanto emerso, in conclusione, si tenterà di prospettare la

valenza, la portata e le potenzialità intrinseche dei GAS, concedendo,

infine, qualche riga a riflessioni personali sulla specificità del fenomeno.

7

CAP. 1

In cammino verso il cambiamento tra alternative responsabili e stili di vita

Quando un gruppo di persone decide di incontrarsi per riflettere sui propri consumi e per acquistare prodotti di uso comune, utilizzando come criterio guida il concetto di giustizia e solidarietà, dà vita ad un GAS.Finalità di un GAS è provvedere all’acquisto di beni e servizi cercando di realizzare una concezione più umana dell’economia, cioè più vicina alle esigenze reali dell’uomo e dell’ambiente, formulando un’etica del consumatore in modo critico che unisce le persone invece che dividerle, che mette in comune tempo e risorse invece di tenerli separati, che porta alla condivisione invece di rinchiudere ciascuno in un proprio mondo di consumi.Essere un GAS perciò non vuol dire soltanto risparmiare acquistando in grandi quantitativi, ma soprattutto chiedersi che cosa c’è dietro a un determinato bene di consumo: se chi lo ha prodotto ha rispettato le risorse naturali e le persone che le hanno trasformate; quanto del costo finale serve a pagare il lavoro e quanto invece la pubblicità e la distribuzione; qual è l’impatto sull’ambiente in termini di inquinamento, imballaggio, trasporto fino a mettere in discussione il concetto stesso di consumo e il modello di sviluppo che lo sorregge.Per costruire un GAS o per entrare a farne parte non bisogna essere dei “duri e puri”, ma prendere coscienza della necessità di cambiare nel piccolo e voler riflettere sull’approccio da avere quando si fa la spesa. I GAS nascono dall’esigenza di cercare un’alternativa ad un modo di consumare poco attento; l’obiettivo che va ben oltre i GAS sarebbe in futuro poter fare a meno di questo strumento, quando vi saranno le condizioni per creare un mercato diverso. I GAS sono una possibile risposta alla situazione attuale in cui l’unico dovere è consumare per essere felici. 3

Partendo da questo estratto del Documento Base dei GAS, che mette in

luce alcuni degli elementi portanti di questa realtà che contribuiscono a

caratterizzarne la natura, per capire cosa effettivamente sia un gruppo di

acquisto solidale, come si struttura il suo funzionamento e di quali

specificità è portatore, risulta necessario prima di tutto definire il quadro

teorico cui si fa riferimento, cercando di costruire una cornice di senso

entro cui sia possibile andare ad inserire il nostro approfondimento.

3 Cfr. Documento Base dei GAS, 1999.

8

1.1Il consumo critico

Per chiarire cosa si intende per consumo critico, è forse necessario

definire primariamente cosa è il consumo.

Se ricercassimo il termine sul vocabolario della lingua italiana troveremmo

come definizione:

Atto del consumare, attraverso cui si adopera, si usa esaurendo in tutto o in parte un materiale, una sostanza, un bene, un oggetto. 4

Dal punto di vista economico, il consumo può essere inteso come:

Atto con cui i beni economici sono utilizzati per il soddisfacimento dei bisogni

ordinari della vita.5

E. A. Mance, in La rivoluzione delle reti, sostiene che il consumo è

un’esigenza per ogni essere vivente, che senza questo, la vita di qualsiasi

uomo lascerebbe spazio alla morte e che, tuttavia, nel caso della vita

umana:

il consumo non mira solo a soddisfare necessità naturali e biologiche, ma anche necessità culturali che ciascuna società produce a seconda del proprio modello di vita: consumiamo per soddisfare desideri, placare paure, attenuare ansie, sentirci speciali, ecc…6

Confrontandoci con queste definizioni si potrebbe essere ragionevolmente

spinti a considerare il consumo come atto privato, come un fatto che

riguarda la nostra individualità, i nostri gesti, i nostri personali gusti e

desideri. E’, infatti, la percezione di un determinato bisogno che fa sorgere

in noi il desiderio di poterlo soddisfare e, in relazione a questo,

individuiamo nella realtà un oggetto, un bene che sia in grado di darvi

compimento. Partendo da queste considerazioni è dunque plausibile

qualificare il consumo come atto individuale, proprio perché la prima sfera

che si viene a mettere in gioco è di natura privata e personale.

4 Nicola, Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, ed. Zanichelli.5 Ibidem.6 Mance, E.A, La rivoluzione delle reti, ed. Emi, 2003, 26.

9

Per potersi inserire nella dimensione del consumo critico è necessario,

prima di tutto, saper cambiare prospettiva: consumare criticamente

significa, infatti, all’origine, sapersi mettere nell’ottica di guardare al

consumo come atto che va al di là della sfera privata, come “gesto di

portata planetaria”7 che riguarda tutta l’umanità, proprio perché dietro

questa quotidianità si nascondono problemi di portata sovra individuale, di

natura ambientale, sociale e politica.

Innanzitutto è fondamentale saper considerare l’impatto che i nostri

consumi hanno sull’ambiente sia in termini di inquinamento prodotto dal

rifiuto finale, che inevitabilmente viene creato dall’utilizzo di un bene, sia in

riferimento al danno ambientale generato durante la fase produttiva (basti

pensare, a solo titolo esemplificativo, all’utilizzo in agricoltura di fertilizzanti

e pesticidi che deteriorano la purezza delle falde acquifere ulteriormente

avvelenate dall’indiscriminato utilizzo di detersivi e detergenti).8

Il dramma è che facciamo pagare il prezzo ambientale anche a quei popoli che non partecipano al nostro banchetto. Gli strani tumori alla pelle che stanno comparendo nel Cile meridionale potrebbero essere il risultato del buco nell’ozono che si è formato sopra l’Antartide. Ma i gas che sono responsabili del buco provengono dalla nostra parte di mondo.9

Se, dunque, un consumo inquinante è un consumo insostenibile, il

rimando va allora dalla considerazione degli aspetti ambientali a quelli

sociali e, in quest’ottica, prendere consapevolezza del fatto che il nostro

stile di vita è in concorrenza con quello dei popoli che abitano il Sud del

mondo che costantemente si trovano a vivere una profonda crisi

economica. Francesco Gesualdi, coordinatore del Centro nuovo modello

di sviluppo, nel suo libro “Sobrietà: dallo spreco di pochi ai diritti per tutti”

sostiene che, spesso, si ignora o si preferisce non fare i conti con il fatto

che le ricchezze del nostro mondo sono riservate a pochi privilegiati ed

afferma:

Se il mondo fosse un palazzo di cinque piani, scopriremmo che gli inquilini dell’attico, da soli arraffano l’86% della ricchezza prodotta. Quelli del piano di

7 Centro nuovo modello di sviluppo, Guida al consumo critico, ed. EMI, 2003, 11.8 Per approfondimenti www.legambiente.it. 9 Centro nuovo modello di sviluppo, op. cit. 12.

10

sotto si appropriano del 9%, mentre quelli dei due successivi ricevono il 2% ciascuno. Infine, quelli dello scantinato devono accontentarsi di circa l’1% […] Dal punto di vista dei consumi, l’umanità può essere suddivisa in tre classi: i derelitti […] è la più numerosa e comprende tutte le persone che vivono con meno di 700 dollari all’anno, sparse nel Sud del mondo sono circa tre miliardi; i me la cavo, classe formata da persone che vivono con redditi compresi tra i 700 e i 7500 dollari l’anno sono circa due miliardi; gli opulenti, la classe più piccola con poco più di un miliardo e mezzo di persone che hanno redditi pro capite superiori ai 7500 dollari l’anno.10

Consumo inquinante e insostenibile, dunque, ma anche consumo

opprimente che richiama a problemi di natura politica. Il nostro consumo,

infatti, compromette le condizioni di vita delle popolazioni del Sud del

mondo, danneggiandole, non solo perché si comprimono i loro spazi di

sviluppo, ma anche perché si contribuisce al loro sfruttamento. Per citare

un solo esempio, nelle piantagioni di ananas della Del Monte in Kenya, nel

1999 un bracciante guadagnava solo 3.000 lire al giorno, denaro che

appena era sufficiente per comperare 3kg di farina di mais.11

Porsi nell’ottica del consumo critico significa, quindi, innanzitutto prendere

coscienza della portata che il gesto del consumo nasconde, del fatto che

solo apparentemente è un atto di scarso significato e che riguarda

unicamente noi e il nostro presente.

A fondamento del consumo critico sta dunque la capacità di considerare

questo comportamento come elemento che permette di fare i conti con il

proprio stile di vita e con quello degli altri, con il proprio presente ma

anche con il proprio futuro.

Una volta assunta consapevolezza in merito al risvolto ambientale, sociale

e politico del consumo, ci si trova di fronte ad una scelta:

Se vogliamo sostenere il pericolo di guerre, la distruzione del pianeta, lo sfruttamento, la corruzione, l’oppressione, allora continuiamo a consumare alla cieca come facciamo oggi. Ma se vogliamo salvare il pianeta, se vogliamo far crescere la giustizia, la partecipazione, la nonviolenza, allora dobbiamo consumare meno e prendere le distanze dalle imprese che si comportano in maniera iniqua. In altre parole dobbiamo imboccare la strada del consumo critico.12

10 Gesualdi, Francesco, Sobrietà: dallo spreco di pochi ai diritti per tutti, ed. Feltrinelli, 2005, 13.11 Per approfondimenti www.nigrizia.it/print.12 Centro nuovo modello di sviluppo, op. cit. 14.

11

Il consumo critico è la pratica attraverso cui si organizzano le proprie

abitudini di acquisto e di spesa sulla base di una formulazione di requisiti

del prodotto che sappiano andare al di là di quelli comunemente

riconosciuti dal consumatore medio, quali prezzo e qualità.13 Consumo

critico è un atteggiamento di scelta costante praticato e manifestato su

ogni bene che si compra e si consuma, la cui qualità verrà valutata in

riferimento a caratteristiche inerenti la sostenibilità del processo

produttivo, il trattamento etico dei lavoratori e le relazioni di lavoro, gli

eventuali legami con l’esercito e le banche armate, la trasparenza e, più in

generale, guardando alla storia dei prodotti, a ciò che sta dietro

l’apparenza, dietro il suo prezzo e la sua veste. Ciò su cui si esprime

criticità, inoltre, è il comportamento dell’impresa produttrice che ci offre un

determinato bene. I due pilastri su cui poggia il consumo critico sono

dunque, da un lato, l’esame del singolo prodotto, dall’altro, l’esame delle

imprese.14

Il pensiero del consumo critico è originato dall’idea che ogni volta che si va

a fare la spesa si esercita un potere, il cosiddetto “potere del

consumatore”, nei confronti del quale le imprese si trovano in una

posizione di profonda dipendenza.

Cerchiamo di chiarire maggiormente cosa sia il potere del consumatore

definendo, innanzitutto, cosa si intende per potere. Achille Orsenigo, in

“La progettazione sociale”, parla del potere come capacità di un individuo

di influenzare in modo determinante le idee e i comportamenti di altri

individui e/o gruppi. Ora, il consumatore è colui che utilizza i beni e i

servizi prodotti dalle imprese ed è quindi il suo comportamento che

smuove i meccanismi della domanda e dell’offerta su cui si fonda il

funzionamento del mercato. Il momento in cui egli può dunque esercitare il

suo potere, la sua influenza, è rappresentato dall’atto dell’acquisto.

Gesualdi sostiene che pochi si interrogano sulla natura del potere,

considerandolo come un dato avente una propria forza intrinseca che lo

mantiene in vita. In realtà, però, il potere è sostenuto dal basso: trovando

13 Cfr. www.sportelloecoequo.comune.firenze.it .14 Per approfondimenti cfr. Centro nuovo modello di sviluppo, op.cit. 20.

12

la sua vera forza nel consenso e nell’obbedienza, non potrebbe esistere

senza di noi, che seguendolo lo legittimiamo e lo manteniamo in auge:

Il potere non può realizzare i suoi progetti da solo. Ha bisogno di noi. Ha

bisogno del nostro lavoro, del nostro consumo, del nostro risparmio, del

nostro voto.15

Dal momento che il nostro lavoro, il nostro consumo, il nostro voto e

quindi, in ultima analisi, il nostro comportamento è fondamentale per

garantire la sopravvivenza del sistema, diventa allora possibile utilizzarlo a

nostro vantaggio, per dirigerne l’azione ed obbligarlo ad un cambiamento.

La forza delle imprese produttrici che appare illimitata, ha dunque nella

realtà una debolezza intrinseca molto forte, costituita appunto dalla sua

dipendenza dal consumatore dal cui comportamento di acquisto deriva la

concreta possibilità di produrre profitto e allargare il business. Assumere

consapevolezza di questo potere, della valenza sociale, economica e

politica che può assumere il gesto del consumo e della spesa, equivale ad

affermare che ogni volta che si va a fare la spesa, accordando la

preferenza ad un prodotto piuttosto che ad un altro, si accorda anche un

voto all’azienda produttrice influenzandone l’andamento economico.

Assumersi questa responsabilità, permette di pensare ad una strategia di

condizionamento della politica di approvvigionamento, produzione e

distribuzione delle imprese.16

E’ come dire, quindi, che lo strumento del consenso se da un lato

rappresenta la forza del potere perché lo legittima, dall’altro ne costituisce

la debolezza, perché senza di esso non potrebbe svilupparsi. Non a caso

Padre Alex Zanotelli, lo ha paragonato alla statua del Nabucodonosor: una

statua talmente grande da incutere timore in coloro che la ammiravano,

ma che aveva un grande difetto alla base: aveva i piedi di argilla,

materiale che si scioglie a contatto con l’acqua e che si indurisce con il

calore. Con questo paragone Zanotelli ci vuole dire che i piedi del potere

15 Gesualdi, Francesco, op. cit. 133.16 Cfr. Documento Base dei GAS, 1999.

13

siamo noi e che è attraverso i nostri comportamenti di consumo che

decidiamo se mantenerlo o portarlo alla distruzione.

E’ quasi paradossale rendersi conto che, mentre il consumatore fatica a

prendere coscienza di del proprio potere e del peso che effettivamente

hanno le sue scelte di consumo e i suoi acquisti, le aziende sanno invece

vederlo in modo chiaro e nitido arrivando seriamente a temerlo. E’ ancora

una volta Gesualdi a far notare questa surreale situazione nel momento in

cui apre una riflessione affermando che, se davvero le imprese non

avessero compreso l’entità del potere del consumatore e non ne fossero

influenzate e spaventate, non arriverebbero a spendere ogni anno milioni

di euro in campagne pubblicitarie con l’intento di dirigere e dominare la

nostra volontà. In quest’ottica ciò che ci viene richiesto è di praticare uno

sforzo per riappropriarci della nostra volontà decisionale, rivalutando il

nostro potere:

Un potere che preso singolarmente è certamente piccolo, ma che,

moltiplicato per milioni di persone, può condizionare anche le più grosse

multinazionali e, al limite, l’intero sistema.17

Affinché il consumo critico sia effettivamente efficace è però importante

cercare di compiere un ulteriore sforzo: riuscire a viverlo non solo come

uno strumento di etica e coerenza personale che permette di non aderire

a pratiche ritenute inique, ma utilizzarlo come mezzo di condizionamento

delle imprese. In questo senso è di fondamentale importanza la

comunicazione con esse, l’esplicitazione delle motivazioni che stanno alla

base della decisione di comprare o non comperare i prodotti che offrono

perché è solo conoscendo le ragioni che animano i consumatori che si

andrà ad incidere sui loro comportamenti agendo, quindi, come serio

strumento di rinforzo o punizione.

17 Centro nuovo modello di sviluppo, op. cit. 20.

14

1.2La sobrietà

In un’intervista rilasciata a L. Guadagnucci, F. Gesualdi, ripercorrendo il

percorso che ha portato il Centro nuovo modello di sviluppo a lanciare

l’idea del consumo critico, sottolinea come, se fino a dieci anni fa

l’attenzione era incentrata sulle imprese con l’intento di modificarne i

comportamenti in merito a temi allora urgenti quali squilibri Nord-Sud,

corse agli armamenti e diritti dei lavoratori, oggi la situazione si presenta

ancora più compromessa arrivando ad ampliare il ventaglio delle

emergenze a questioni di portata planetaria come la crisi delle risorse,

l’eccesso dei rifiuti e dell’inquinamento ambientale, ecc. 18

Partendo da queste considerazioni, essere consumatori critici non è più

sufficiente. Ciò che ci viene richiesto, in quanto consumatori e consum-

attori19 è di estendere la riflessione e l’atteggiamento critico al nostro intero

stile di vita, passando dal consumo critico al consumo responsabile, un

consumo che costantemente si confronta con il concetto di sobrietà,

sfondo di ogni scelta. Appare evidente, dunque, come i due concetti siano

profondamente collegati.

Cerchiamo di capire meglio cosa significa sobrietà.

Maurizio Pallante, padre del movimento della decrescita felice (che

avremo modo di approfondire in seguito), definisce la sobrietà come una

virtù e una manifestazione di intelligenza e di autonomia di pensiero,

rappresentando l’impegno a ridurre l’utilizzo di merci nella nostra vita. Alla

luce del fatto che per sostenere il nostro stile di vita attuale, il Nord del

pianeta, che rappresenta solo il 20% della popolazione mondiale, ha

bisogno di consumare l’80% delle risorse disponibili e che queste, che per

definizione sono limitate, stanno sempre più venendo meno, è evidente

che per poter guardare al domani e al prossimo futuro si impone la

necessità di praticare un consumo più sostenibile e uno stile di vita che

18 Per approfondimenti Gesualdi, Francesco, Dalla parte sbagliata del mondo, ed. terre di mezzo, 2008.19 Per approfondimenti www.consumattori.org.

15

sappia garantire a tutti il soddisfacimento dei bisogni fondamentali con il

minor spreco possibile. 20

Quanto detto finora è legato, a mio parere, da un chiaro e diretto filo rosso

al nostro personale concetto di bisogno, di necessità e di benessere. Se,

infatti, la sobrietà è un comportamento che deve investire la nostra intera

vita, andando a toccare i nostri consumi, ma anche i nostri atteggiamenti

quotidiani, chiedendoci di ridurre lo spreco e di saperci liberare dai bisogni

e dai desideri che non sono fondamentali e rappresentano un sovrappiù,

si pone in noi un sicuro interrogativo: che cosa è necessario? Che cosa

può invece essere eliminato? Cosa, tra ciò che facciamo e possediamo,

rappresenta un di più? Come poter delineare i confini tra ciò che serve e

ciò che non serve? E, in definitiva, in che cosa consiste il benessere?

Ritengo che la possibilità di divenire consumatori e consum-attori

responsabili parta proprio da qui, dal porsi questi quesiti, perché è

andando a ricercare una risposta ad essi che si comincia, per lo meno, a

mettere in discussione ciò che fino a poco fa ci appariva certo e scontato.

E’ la capacità di andare oltre il non detto, il chiedersi il perché delle nostre

azioni, l’avere uno sguardo penetrante e profondo nei confronti della realtà

il primo passo per poter essere sobri: accettando la possibilità di

cambiare.

A tal proposito Gesualdi afferma che il sistema in cui viviamo è

fondamentalmente materialista e, in esso, il benessere viene presentato

come possesso di oggetti quindi, in definitiva, il ben-essere viene

rimandato esclusivamente al ben-avere:

Più oggetti abbiamo, più dovremmo considerarci benestanti. Ma noi non siamo dei bidoni aspiratutto. Siamo creature che, oltre alle esigenze del corpo, abbiamo bisogni affettivi, sociali, intellettuali, spirituali. Solo se tutte queste dimensioni sono soddisfatte in maniera armonica possiamo parlare di benessere.21

E così, una volta che si sarà presa coscienza del fatto che solo in parte il

benessere può essere raggiunto attraverso la disponibilità di beni, si

20 Cfr. Centro nuovo modello di sviluppo, op. cit. 15.21 Gesualdi, Francesco, op.cit. 53.

16

porranno le basi per pensare ad un modello di vita che permetta di

soddisfare in maniera equilibrata le nostre esigenze.

Anche Mance è dello stesso avviso e, sebbene in modo forse più

complesso, richiama nel concetto di benessere quello di bem-vivir,

all’interno del quale attribuisce fondamentale importanza alla

considerazione dell’altro ai fini della sua completa realizzazione,

affermando:

Il bem-vivir è l’esercizio umano di disporre delle mediazioni materiali, politiche, educative ed informative non solo per soddisfare eticamente le necessità biologiche e culturali di ciascuno, ma per garantire, sempre eticamente, la realizzazione di tutto ciò che può essere concepito e desiderato per una libertà personale che non neghi quella collettiva. 22

E’ il bem-vivir solidale come vera base del benessere, che per essere

praticato implica il rispetto del desiderio personale e la sua realizzazione

nella stessa misura in cui si rispetta il desiderio collettivo e la promozione

della sua realizzazione.

Riprenderemo questi fondamentali interrogativi nel corso della trattazione

cercando di darvi una possibile risposta, per il momento, il problema che si

pone, giunti a questo punto del discorso, è capire se la sobrietà può

essere la strada giusta da percorrere verso un traguardo di questo tipo. A

tal fine, ritengo possa essere utile farsi guidare dall’analisi dei tre pilastri

che reggono la sobrietà, tre imperativi: ridurre, recuperare e rispettare.

La scelta della sobrietà richiede prima di tutto una riduzione dei consumi e

quindi, parallelamente, una nuova considerazione del concetto di bisogno.

Come afferma Gesualdi, per poter essere sobri, bisogna prima di tutto

essere critici e questa criticità va innanzitutto sperimentata nei confronti

dei propri bisogni e di ciò che ci rappresentiamo come necessario. E’

importante saper essere critici per rendersi conto del fatto che i nostri

bisogni, oggi come oggi, non sono spontanei e neutri, ma mediati e spinti

dalla società e dal bombardamento mediatico cui giornalmente siamo

sottoposti. Per essere sobri è necessario essere critici e quindi chiedersi,

ogni volta che desideriamo comperare qualche cosa, se con questo gesto

22 Mance, E.A., op. cit. 17.

17

stiamo cercando di soddisfare un bisogno reale o un bisogno indotto dalla

pubblicità o altrimenti condizionato.

La criticità va, però, operata non solo in merito ai prodotti inutili, ma anche

sui prodotti ritenuti utili. In questo caso ciò che si chiede di ridurre è la

quantità. Mangiamo troppo e buttiamo via troppo, accumuliamo troppi

vestiti e ne gettiamo altrettanti, usiamo l’auto anche quando potremmo

spostarci a piedi o in bicicletta. Gesualdi definisce questo atteggiamento

come un costante vivere nell’opulenza e nello spreco e sostiene che

questo “troppo”, questo “eccessivo” si vede. Per fare solo un esempio, non

sembra difficile potersi riferire al crescente livello di obesità che sta

gravemente minando le giovani generazioni del Nord e, allargando il

discorso per ricongiungerlo con le più ampie problematiche sociali,

riportiamo le parole dello stesso Gesualdi che continua la sua riflessione

dicendo:

Volendo usare una metafora potremmo dire che il mondo è come se fosse abitato da pochi grassi che convivono con un esercito di scheletrici. Gli scheletrici hanno bisogno di mangiare di più ma possono farlo solo se i grassi decidono di sottoporsi a cure dimagranti perché il cibo è contato e non si può produrne di più. La morale della favola è che non si può più parlare di giustizia senza tenere conto della sostenibilità e l’unico modo per coniugare equità e sostenibilità è che i ricchi si convertano alla sobrietà, ossia ad uno stile di vita personale e collettivo più parsimonioso, più pulito, più lento, più inserito nei cicli naturali.23

Ridurre è il primo imperativo che si pone all’interno di un ragionamento

orientato alla sobrietà e, dunque, se si desidera riportare i propri consumi

entro limiti ragionevoli e sostenibili, è importante riuscire a riconoscere i

propri reali bisogni così da recuperare un concetto chiave per la riduzione

che, a mio parere, consiste nella sufficienza. Saper capire di cosa

abbiamo bisogno, ci permette anche di riconoscere quando questo

bisogno è stato soddisfatto e dunque capire quando il nostro consumo è

stato sufficiente, e poterlo in questo modo mantenere entro tali limiti.

Si ritorna dunque agli interrogativi iniziali, a cosa è necessario e cosa è

invece superfluo. A tal proposito, è ancora una volta Gesualdi a fornirci

una possibile risposta risolutiva sostenendo che, dal momento che né la 23 Gesualdi, Francesco, op. cit. 48.

18

scienza né la filosofia riescono a fornirci delle definizioni universali, perché

la concezione di ciascuno varia in relazione alle risorse disponibili, alle

tecnologie e alla cultura di appartenenza, si potrebbe ricorrere a dei

metodi empirici. In questa prospettiva si può trovare la giusta misura dei

nostri consumi operando un continuo richiamo tra tre dimensioni guida: il

buonsenso, l’attenzione per l’ambiente e le dimensioni umane24. Ma, a mio

parere, per farci guidare nei nostri consumi da questi concetti è necessario

compiere, in origine, un ulteriore passo consistente nell’acquisire la

capacità di guardare ai nostri acquisti con occhi innocenti, con sguardo

neutro che non porti a caricarli e rivestirli di significati di cui essi,

intrinsecamente, mancano. Dovremmo, in altre parole, riuscire ad uscire

dalla dimensione dello status symbol, del significato simbolico che

attribuiamo agli oggetti, perché questo ci potrebbe portare a considerare

necessario ciò che invece non lo è, in nome del significato sociale che gli

abbiamo dato, dell’immagine che di noi viene trasmessa all’esterno

tramite il possesso di quel determinato bene e delle considerazioni che gli

altri maturano sulla nostra persona. In definitiva, per praticare la

prospettiva delineata da Gesualdi, dovremmo cambiare qualcosa dentro di

noi in modo da vedere gli oggetti per ciò che realmente sono e perciò degli

strumenti per soddisfare dei nostri bisogni.

Se lo scopo dei nostri acquisti fosse quello di nutrirci, di ripararci dal freddo, di passare bene delle ore, acquisteremmo il poco cibo che ci serve, i pochi abiti per essere sempre puliti, qualche libro, una radio. Invece abbiamo i frigoriferi stracolmi di cibo, gli armadi traboccanti di vestiti e di scarpe, stereo all’ultimo grido e una montagna di cd.25

E, aggiungo, forse neanche un libro.

Secondo l’autore, dunque, il nocciolo della questione consiste nel riuscire

a guardare all’avere con distacco perché solo così si potrà riuscire a

trovare la giusta misura tra ciò che è necessario e ciò che è superfluo, ma

questo avverrà solo nel momento in cui “avremo riempito il nostro cuore e

la nostra mente con altri principi e altri valori di riferimento”.26

24 Gesualdi, Francesco, op. cit. 56.25 Ibidem.26 Ibidem.

19

Il secondo imperativo della sobrietà è il recuperare, dimensione da attuare

attraverso il riuso e il riciclo. Per camminare sulla strada della sobrietà

dobbiamo quindi imparare a conservare e riutilizzare gli oggetti fino a che

funzionano, andando oltre la moda e la rincorsa dell’avanguardia

tecnologica. E, dal momento che non possiamo essere consumatori sobri

se prima non siamo consumatori critici, la cultura del riutilizzo deve essere

fatta sentire anche alle imprese produttrici, privilegiando le merci con

confezionamenti leggeri, in materiale riciclato e sfuse. Recuperare vuol

dire anche riciclare, dare nuova forma ai rifiuti per renderli nuovamente

utilizzabili, cercando così di risolvere, almeno parzialmente, il problema

della scarsità delle risorse e dello smaltimento dei rifiuti.27 Infine,

recuperare significa anche riparare, significa tentare di prolungare la vita

di un oggetto.

Prima di analizzare l’ultimo imperativo, ritengo interessante sottolineare

come Gesualdi ricolleghi la dimensione del riutilizzo, del riciclaggio e della

riparazione degli oggetti al più ampio concetto di rispetto. Egli sostiene

che la sobrietà non è solo una scelta di libertà dai condizionamenti

mediatici sui nostri bisogni e le nostre necessità, ma anche una scelta di

rispetto dal momento che consumare con rispetto significa trattare con

riguardo gli oggetti così che possano durare il più a lungo possibile:

La società dei consumi ci ha abituati a buttare le cose quando sono ancora utilizzabili solo perché non sono più di moda, senza averne rispetto […] per percorrere la strada della sobrietà dobbiamo sottrarci a questi condizionamenti, imparando a conservare gli stessi oggetti finché sono ancora funzionanti e imparando a ricorrere di più allo scambio e la mercato dell’usato […] così facendo, inoltre, creeremo localmente occupazione che non potrà essere messa in pericolo dalle multinazionali. Del resto, se impariamo ad aggiustarci le cose da soli diventeremo più padroni della nostra vita.28

In ultimo, rispettare, ossia avere un profondo riguardo per il lavoro altrui,

lavoro che ha dato vita a ciò che acquistiamo e che andremmo a svilire

attraverso lo spreco e l’opulenza.

27 Cfr. Centro nuovo modello di sviluppo, op. cit. 28 Gesualdi, Francesco, op. cit. 58.

20

Ritengo sia importante, a questo punto, riconsiderando quanto detto,

sottolineare che vivere sobriamente non significa ritornare al passato

senza tecnologie e comodità, non significa abolire e guardare

negativamente alle innovazioni o a tutto ciò che negli anni ha permesso di

rendere più piacevole le nostre vite. Sobrietà significa solo seguire uno

stile di vita che evita gli eccessi, le ridondanze, il superfluo che fa male, la

tecnologia inutile e la comodità “scomoda” che ci porta unicamente a

sederci e a rimanere fissi nel nostro modo di essere, senza slanci vitali.

Tuttavia, la sobrietà si teme, da un lato probabilmente perché si è troppo

abituati a vivere nell’abbondanza e la sola idea di fare a meno di qualche

cosa, anche la più piccola, non sembra praticabile, dall’altro perché

richiede un cambiamento che, per sua natura, non è mai semplice attuare.

Gesualdi, per altro, riflette sulla possibilità che questo timore nei confronti

della sobrietà e questa tendenza a guardarvi con diffidenza, sia generata

dai possibili risvolti sociali che questa può determinare:

In primo luogo siamo preoccupati per l’occupazione. Se consumiamo di meno, come creeremo posti di lavoro? Parallelamente siamo preoccupati per i servizi pubblici. Se produciamo di meno e con minor guadagni, chi fornirà allo stato i soldi per garantirci istruzione, sanità, viabilità e trasporti?

In definitiva la preoccupazione sembra possa essere riassunta in un’unica

domanda: si può vivere bene con meno? Secondo Gesualdi si:

Ma bisogna saper attuare quattro rivoluzioni: la rivoluzione degli stili di vita, la rivoluzione della produzione e della tecnologia, la rivoluzione del lavoro, la rivoluzione dell’economia pubblica. Queste sono le nostre sfide.29

1.3La decrescita

Un concetto strettamente legato al tema della sobrietà e che quindi

necessariamente dobbiamo richiamare nell’analisi del quadro teorico di

riferimento all’interno del quale prende vita l’esperienza dei gruppi di

acquisto solidali, è quello di decrescita. Termine coniato da N. Georgescu-

29 Per approfondimenti, Gesualdi, Francesco, op. cit.

21

Roegen, fondatore della bioeconomia30, la decrescita indica un percorso di

costruzione di un sistema economico antinomico rispetto a quello attuale

ritenuto ecologicamente e socialmente insostenibile, incompatibile con il

pianeta e chi lo abita. 31

Serge Latouche, professore di scienze economiche all’università di Parigi,

esponente del movimento altermondista32 e uno dei principali sostenitori

della decrescita, spiega questo concetto partendo dall’analisi dei principi

su cui si fonda la moderna società e l’odierno modello economico che

sembra rispondere ad un unico imperativo: la crescita economica, intesa

come crescita del prodotto interno lordo, è vista come la chiave di

soluzione del problema sociale, perché permette la creazione di nuovi

posti di lavoro e una più equa ripartizione dei redditi.33 Per come si

presenta attualmente, sostiene Latouche, la società è improntata sul

principio della crescita, dal quale rischia di lasciarsi assorbire, una crescita

fine a se stessa che diventa l’obiettivo primario della vita. Ma una società

di questo tipo, continua Latouche, non può essere sostenibile perché si

viene a scontrare con la limitatezza delle risorse disponibili sul pianeta.

Se si assume come indice dell’impatto ambientale del nostro stile di vista la nostra impronta ecologica, i risultati che ne emergono sono insostenibili sia dal punto di vista dell’equità dei diritti di prelievo sulla natura, sia da quello della capacità di rigenerazione della biosfera.34

Alla luce di questa situazione che, nonostante risulti migliorata in termini di

efficienza ecologica non ha permesso di fermare il degrado ambientale

globale, è allora necessario ridurre progressivamente l’impatto ecologico e

il prelievo delle risorse naturali così da raggiungere un livello compatibile

con le effettive possibilità del pianeta. In questo senso il richiamo alla

30 Teoria economica fondata sulla necessità di ripensare radicalmente la scienza economica in modo da coniugare biologia ed economia compatibilmente con le leggi della natura. Per approfondimenti Georgescu-Roegen, Nicholas, Bioeconomia: verso un’altra economia biologicamente e socialmente sostenibile, ed. Bollati Boringhieri, 2003. 31 Cfr. www.decrescita.it. 32 Altermondialismo è il progetto di costruire un altro mondo possibile opposto alla logica del profitto che porta alla progressiva distruzione delle basi naturali della riproduzione della vita sulla terra. Per approfondimenti www.monde-diplomatique.it. 33 Latouche, Serge, Per una società della decrescita. www.decrescita.it 34 Ibidem.

22

decrescita si presenta come una necessità che si traduce innanzitutto

nella capacità di abbandonare l’obiettivo della crescita fine a se stessa per

sposare un atteggiamento di maggiore attenzione e maggiore

responsabilità. Ivan Illich, uno dei primi esponenti del movimento che già a

partire dalla fine degli anni ’60 iniziò a mettere in discussione le basi della

società dei consumi, sottolinea, a tal proposito, come la rinuncia al nostro

tradizionale modello di vita non sia di per sé un atto sacrificale di ascesi

perché ciò che dovrebbe essere sacrificato non è di per sé buono:

E’ un po’ come quando ci si astiene da una pietanza squisita per evitare i rischi che potrebbe comportare. Di fatto quella pietanza è pessima di per sé e avremmo tutto da guadagnarci facendone a meno: vivere diversamente per vivere meglio.35

In questo senso, la società della crescita non è auspicabile perché da un

lato incrementa le disuguaglianze, dall’altro promuove un benessere

illusorio e, infine, non permette una vita conviviale neppure ai benestanti:

“E’ un’anti-società malata della propria ricchezza”. 36

Maurizio Pallante, padre del Movimento per la decrescita felice in Italia, 37

ritiene che per capire che cosa sia la decrescita è fondamentale capire, a

monte, che cosa sia la crescita economica. Generalmente, dice, si crede

che questa corrisponda alla crescita dei beni materiali e immateriali che

vengono messi a disposizione di una popolazione da parte del sistema

economico e produttivo e che sia il P.I.L. l’indicatore che ci permette di

misurarla. In realtà il prodotto interno lordo si limita a misurare il valore

monetario delle merci e quindi dei prodotti scambiati con denaro. Se,

dunque, generalmente ci si riferisce a beni, il P.I.L. si riferisce a merci e, in

questo, appare chiaro come i due concetti non siano equivalenti poiché ci

sono beni che non sono merci e merci che non sono beni. La decrescita si

presenta allora non come una riduzione di beni, ma come una diminuzione

della produzione di merci. Come perseguire questo obiettivo? Attraverso

due tipi di strumenti: da un lato praticando uno stile di vita improntato alla

35 Dupuy, Jean Pierre, Ivan Illich ou la bonne nouvelle, Le Monde, 27/12/2002.36 Latouche, Serge, op. cit. 37 Per approfondimenti www.decrescitafelice.it.

23

sobrietà che, come abbiamo precedentemente chiarito, consiste in una

riduzione dell’utilizzo di merci che comportano utilità decrescenti e inutilità

crescenti, che hanno un forte impatto ambientale e determinano ingiustizie

sociali, dall’altro sostituendo la maggior parte delle merci, con dei beni,

cioè dedicandosi all’autoproduzione. La rivalutazione dell’autoproduzione

consente non solo di ridurre il consumo di merci e quindi anche del P.I.L.,

ma anche di riscoprire tutta una serie di attività, di saperi e saper fare che

oggi si sono in gran parte dimenticati:

L’autoproduzione ha quindi una forte valenza culturale, che non si limita a questo recupero di conoscenza, ma libera dalla dipendenza assoluta dalle merci ed emancipa dalla subordinazione alle leggi del mercato. Aumenta il prezzo della frutta e della verdura? Pazienza, tanto io me la produco da me. Maggiore è la quantità di beni che si sanno autoprodurre, meno merci occorre comprare, meno denaro occorre per vivere.38

Per non essere utopici, però, è necessario mantenere un legame continuo

con il piano della realtà e non illudersi di poter auto produrre tutto ciò che

serve per vivere. E’ ancora una volta Pallante a tentare una soluzione, in

questa via, sostenendo che l’autoproduzione può essere potenziata

attraverso la pratica di scambi non mercantili che sappiano fondarsi sul

dono e la reciprocità, elementi che hanno sostanziato le economie delle

società pre-industriali fino agli anni ’50 del secolo scorso. Non ci si

riferisce qui “a regali acquistati e donati in un numero di circostanze fittizie

crescenti”, ma ad uno scambio gratuito di tempo, professionalità,

conoscenze e capacità non mediate dal denaro che hanno seguito come

canale di diffusione regole non scritte inerenti l’obbligo di donare, l’obbligo

di ricevere e l’obbligo di restituire più di quello che si è ricevuto e che

permettono di creare legami sociali che, invece, la logica di mercato porta

a distruggere:

Le famiglie sono state ridotte al nucleo ristretto di genitori e figli e anche nei legami tra questi, i servizi alla persona fondati sul dono e la reciprocità sono stati progressivamente sostituiti da prestazioni a pagamento soprattutto per la cura dei piccoli e degli anziani […] Rivalutare i legami comunitari nelle famiglie, rompere i limiti mononucleari in cui la famiglia è stata ristretta, riscoprire l’importanza dei rapporti di vicinato, costruire gruppi di acquisto

38 Pallante, Maurizio, La virtù della sobrietà, www.decrescitafelice.it.

24

solidali e banche del tempo, restituire ai nonni il loro ruolo educativo: tutto ciò comporta una decrescita del P.I.L. attraverso una riduzione della mercificazione nei rapporti interpersonali e, al contempo, forti miglioramenti della qualità della vita. 39

Tornado, quindi, alla distinzione tra beni e merci, distinzione che il

paradigma culturale della crescita tende ad annullare sulla base dal fatto

che, se i beni si identificano con le merci la crescita della produzione di

queste comporterà un aumento della disponibilità dei primi e

conseguentemente del benessere, la decrescita non si identifica con la

rinuncia, la riduzione del benessere e un ritorno al passato, ma con una

scelta di miglioramento della vita in prospettiva futura.

Se la riduzione degli effetti negativi della crescita è il primo passo da

compiere verso la costruzione di una società improntata alla decrescita,

l’attivazione di un circolo virtuoso ad essa legato, ne costituisce un

naturale prolungamento. E Latouche, nel suo programma delle “otto R”,40

mostra quali comportamenti ingenerano questa virtuosità: In primo luogo

Rivalutare, riconsiderare i valori su cui organizziamo la nostra vita

sostituendo l’egoismo con l’altruismo, la concorrenza con la cooperazione,

l’ossessione del lavoro con il piacere del tempo libero, il consumo illimitato

con la cura della vita sociale; in secondo luogo Ricontestualizzare e perciò

modificare il contesto concettuale di una situazione così da investirla di

nuovo significato, come ricchezza e povertà, scarsità e abbondanza;

Ristrutturare, adattando le strutture economiche, il modello di consumo e

gli stili di vita alla rivalutazione dei valori in funzione della decrescita;

Ridare slancio alle economie locali consumando prevalentemente prodotti

locali riducendo, inoltre, al minimo i movimenti di merci e capitali:

Rilocalizzare; Ridistribuire per garantire a tutti l’accesso alle risorse

naturali e ai beni comuni; Ridurre innanzitutto l’impatto sulla biosfera dei

nostri meccanismi di produzione e consumo e la nostra impronta

ecologica, ma anche l’orario di lavoro così da ridare centralità alle

relazioni; Riutilizzare tutto ciò che è possibile e, in ultimo, Riciclare in

modo da abbassare lo spreco di risorse. 39 Ibidem. 40 Latouche, Serge, Il programma delle 8R, www.decrescita.it.

25

Mi sembra significativo, a questo punto del discorso, riportare le parole

che lo stesso Pallante utilizza per descrivere il movimento della decrescita

perché in poche righe, in un modo delicato e allo stesso tempo pungente,

semplice ma profondo, piacevole e realista, riescono a racchiuderne tutta

l’essenza e il significato più profondo:

La decrescita è l’elogio dell’ozio, della lentezza e della durata; rispetto del

passato, consapevolezza che non c’è progresso senza conservazione;

indifferenza alle mode e all’effimero; attingere al sapere della tradizione; non

identificare il nuovo col meglio e il vecchio col sorpassato, il progresso con

una sequenza di cesure, la conservazione con la chiusura mentale; non

chiamare consumatori gli acquirenti, perché lo scopo dell’acquistare non è il

consumo ma l’uso; distinguere la qualità dalla quantità; desiderare la gioia e

non il divertimento; valorizzare la dimensione spirituale e affettiva;

collaborare invece di competere; sostituire il fare finalizzato a fare sempre di

più con un fare finalizzato alla contemplazione. La decrescita è la possibilità

di realizzare un nuovo rinascimento, che liberi gli uomini dal ruolo di

strumenti della crescita economica e ricollochi l’economia nel suo ruolo di

gestione della casa comune a tutte le specie viventi, in modo che tutti i suoi

inquilini possano viverci al meglio.41

Mi piacerebbe concludere questo paragrafo con uno stralcio del discorso

pronunciato da Robert Kennedy all’università del Kansas nel 1968, perché

allora qualcuno è stato in grado di comprendere ed ha avuto il coraggio di

esprimere il limite dell’economia tradizionale pagando, forse anche per

questo, un prezzo troppo alto:

Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL).Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

41 Pallante, Maurizio, La decrescita Felice, ed. Editori Riuniti.

26

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.

1.4 Il commercio equo e solidale

Nella Prefazione al testo di A. Reina Un mercato diverso: guida al

commercio equo e solidale, padre A. Zanotelli scrive:

E’ da sei anni che vivo nei sotterranei della vita e della storia, a Korogocho, una delle tante baraccopoli di Nairobi, la stupenda capitale del Kenya.[…] Come sostiene il teologo americano Pallmayer, dobbiamo smetterla di pensare che questi sono tempi normali, decine di milioni di persone nel mondo muoiono ogni anno di fame e povertà e questo non può essere ritenuto normale. Un’economia globale che adora l’idolo del libero mercato e lascia i poveri sempre più disperati è inaccettabile.[…] Ecco perché ritengo fondamentale un’alternativa. Ma il sistema non cambierà da solo. Tocca a noi cambiarlo, anche se ci appare come un enorme gigante, come la statua di Nabucodonosor; eppure questa statua ha i piedi di argilla e basta un sassolino, che si tacca dal monte per farla crollare.42

Uno di questi sassolini è proprio il commercio equo e solidale, perché solo

facendo attenzione a dove impieghiamo i soldi possiamo riuscire a

cambiare questo sistema.

Il commercio equo e solidale è una forma di attività commerciale che

promuove un approccio alternativo al commercio convenzionale. Se

questo è, infatti, rivolto alla massimizzazione del profitto, il Fair trade si

pone come obiettivo primario la lotta allo sfruttamento e alla povertà

sostenendo il miglioramento delle condizioni di vita dei produttori e dei

lavoratori del Sud del mondo, garantendo un trattamento economico equo

e rispettoso che si contrapponga alla speculazione applicata dalle aziende

multinazionali, avviando un percorso improntato alla giustizia sociale ed

42 Prefazione di A. Zanotelli a Reina, Andrea, Un mercato diverso: guida al commercio equo e solidale, ed. EMI, 1998, 6.

27

economica, allo sviluppo sostenibile e al rispetto per le persone e per

l’ambiente.43

Attraverso la creazione di canali commerciali alternativi a quelli dominanti,

il commercio equo e solidale (CES) si pone come fine l’aumento

dell’offerta di sbocchi sul mercato per i produttori del Sud del mondo e in

particolar modo per quelli svantaggiati, pagando un prezzo migliore per le

merci da importare e assicurando una continuità dei rapporti commerciali.

Favorendo la creazione di opportunità di lavoro, il CES, inoltre, sostiene e

promuove l’autosviluppo economico e sociale dei Paesi svantaggiati,

organizza i rapporti commerciali nel rispetto dei diritti e della dignità

umana e si adopera per la divulgazione di informazioni sui meccanismi

economici di sfruttamento, stimolando nei consumatori una

consapevolezza sugli effetti negativi del commercio internazionale sui

produttori che faccia loro assumere un atteggiamento critico ed alternativo

al modello dominante. A questo proposito ritengo che una parte di questa

consapevolezza viene ad essere sensibilizzata attraverso l’apposizione

sulle confezioni dei prodotti di un prezzo trasparente, un prezzo

scomposto nelle sue diverse componenti che, in tal modo, permette al

consumatore di conoscere quanto di ciò che egli sta pagando andrà al

produttore, quanto all’importatore, quanto è da imputarsi al trasporto e

quanto, infine, va al venditore al dettaglio.

Nato nei Paesi Bassi nel 1959, Il Fair trade è stato riconosciuto a livello

internazionale come forma di cooperazione da inserire in modo integrante

nella politica estera solo nel 1998, quando la risoluzione del Parlamento

Europeo del 2/7/1998, lo definisce come strumento per favorire uno

sviluppo dell’uomo e promuovere regole internazionali in materia

economica e commerciale ispirate a maggiore giustizia ed equità tra Nord

e Sud alla luce del fatto che

Il principale obiettivo del CES, a breve termine, è fornire maggiori opportunità ai piccoli produttori e ai lavoratori dei paesi in via di sviluppo e, in tal modo, apportare un contributo alla promozione di uno sviluppo sociale ed economico durevole per le popolazioni; a più lungo termine il CES mira ad orientare il sistema commerciale internazionale in un senso più equo,

43 Cfr. Carta Italiana dei Criteri del Commercio Equo e Solidale.

28

istituendo un esempio ed esercitando pressioni sui governi, organizzazioni internazionali e imprese affinché ne riconoscano e adottino le componenti principali.44

Il commercio equo e solidale diventa quindi il primo passo di un cammino

che si popone di applicare il principio di equità al commercio. Analizzando

nello specifico questa nuova forma di commercio, può essere utile

soffermarsi sui due termini che lo caratterizzano: equità e solidarietà.

Come evidenzia Reina, equo è quel commercio che permette di

riconoscere al produttore una giusta remunerazione per il proprio lavoro e

che gli consente di soddisfare le proprie necessità, passo effettuabile solo

attraverso una concezione paritaria della relazione fra i diversi soggetti

coinvolti nella catena di commercializzazione e perciò produttori,

lavoratori, importatori, soci delle Botteghe del mondo45 e consumatori. Tale

impostazione concettuale permette, infatti, un mutuo riconoscimento in cui

non c’è imposizione da parte dell’acquirente né del prezzo, né della

tipologia di prodotto, né dell’organizzazione della produzione.

La possibilità di realizzare un commercio equo si basa sull’avvicinamento del consumatore al produttore, alle sue esigenze, al suo lavoro, alla sua cultura. Commercio equo vuol dire incentivo allo sviluppo economico libero, verso forme nuove e originali[…] Il commercio equo permette ai produttori di svincolarsi dal controllo delle imprese straniere e di organizzare, secondo forme per lo più collettive, la produzione.46

Attraverso la pratica del commercio equo è poi possibile esprimere in

modo diretto e continuativo una scelta di solidarietà, chiedendo ad ognuno

di mutare il proprio stile di vita personale, rinunciando al consumismo

irresponsabile, divenendo consapevoli e attenti a chi abita, insieme a noi,

questo Paese, essendo sobri, critici nei nostri consumi e dando quel

famoso voto47 al CES. In questo modo conoscendo e agendo, come

consumatori, possiamo positivamente e direttamente opporci a pratiche

inique e assumere un comportamento solidale a favore di persone,

44 Cfr. Risoluzione del Parlamento Europeo 0198/98 del 02/07/1998.45 www.assobdm.it.46 Reina, Andrea, op. cit. 37.47 Cfr. pag. 12 del presente testo.

29

sicuramente lontane e senza un volto, ma quanto mai vicine perché

presenti nei nostri acquisti quotidiani.

Secondo Reina, però, la solidarietà non è solo questo, perché permette

anche e soprattutto di capire

che la salvaguardia dei modelli culturali non produttivistici di cui sono depositarie le comunità del Sud del mondo rappresenta il primo inderogabile passo verso la prefigurazione di un modello di sviluppo alternativo.48

Ritengo che, per concludere, potremmo quindi, in definitiva, riassumere il

concetto di Fair trade in una collaborazione, una partnership economica

tra i consumatori del Nord e i produttori del Sud del mondo, un’alleanza

basata sul dialogo, il rispetto, la reciprocità e la trasparenza in prospettiva

di una sempre maggiore equità nel commercio internazionale.

1.5 Una riflessione sul cambiamento: perché è difficile cambiare?

Alla luce di quanto detto, è ormai chiaro che se un cambiamento di

direzione non avviene in maniera spontanea dall’alto, dai vertici del

potere, è allora dal basso che deve essere attivato; si è presa coscienza

del fatto che se non autonomo, il cambiamento deve essere stimolato

dalla popolazione. E’ altrettanto chiaro che, per raggiungere questo

obiettivo, è necessario che ognuno, a partire dalla propria quotidianità,

cominci ad assumere un punto di vista differente sulla realtà, che ognuno

si attivi per prendere coscienza di ciò che si cela dietro l’apparenza e, una

volta compiuto questo passo, cominci a pensare e agire

responsabilmente. Tutto ciò richiede di saper modificare delle proprie

abitudini, richiede di saper mettere in discussione il modo in cui si è vissuti

fino a quel momento, richiede un cambiamento.

Un cambiamento per un cambiamento dunque. Ma perché questo non

avviene in maniera generalizzata? Perché, una volta acquisita la giusta

48 Reina, Andrea, op. cit 44.

30

conoscenza e la sufficiente informazione, non tutti ugualmente si prestano

a questo passaggio?

Per loro natura, i cambiamenti sono difficili da praticare: è complicato per

un verso trovare il modo più adatto per proporli, per l’altro attuarli. Quando

pensiamo ad un cambiamento, soprattutto se ci viene proposto

dall’esterno, sulla scorta di esperienze già avviate, si attuano in noi due

diverse tensioni: da un lato, istintivamente, potremmo immaginare un

processo lineare che da una situazione determinata A ci conduce verso

una situazione determinata B, un processo in cui, inserendo una varabile

secondo ben definite sequenze, da una certa causa si determina un certo

effetto, secondo un percorso già tracciato che deve solamente essere

seguito49. Dall’altro lato, però, avere a che fare con il cambiamento

richiama ad una condizione in cui è necessario fare i conti con se stessi e

con la propria capacità di cambiare, ovvero di lasciare una situazione

conosciuta per dirigersi verso una sconosciuta. Il cambiamento,

soprattutto in una situazione come quella presentata, non sempre appare

in termini lineari, non necessariamente la strada è già stata tracciata da

altri, proprio perché ogni persona è caratterizzata da alcune peculiarità

che rendono il suo percorso di vita differente rispetto a quello di un altro

soggetto. Ci si trova a confrontarsi con l’incertezza, con l’instabilità, con

quella parte di noi che ci fa vedere con timore una situazione nuova

poiché, dal momento che non si conosce, è potenzialmente pericolosa.

Ognuno di noi è infatti portatore di una propria storia, si è formato

all’interno di un certo ambiente sociale, ha ricevuto una certa educazione,

ha interiorizzato determinati pensieri su cui ha sviluppato una personalità,

ha dei propri modi di interpretare il mondo, ha delle abitudini e un proprio

stile di vita. Modificare un’abitudine, uno stile di pensiero ormai radicato è

quanto di più difficile si possa immaginare.

Attuare un cambiamento è proprio questo, ed è quindi di per sé difficile

perché la stabilità dà sicurezza e la sicurezza dà stabilità. Il risultato è che

si viene a creare un circolo vizioso in cui, anche se non si è

49 Orsenigo, Achille, La progettazione sociale, ed. EGA, 2000.

31

completamente soddisfatti della situazione attuale, si preferisce non

alterarla per non perdere un terreno su cui comunque si può camminare e,

di fatto, si è camminato. Saper cambiare richiede fatica, richiede coraggio,

richiede la capacità di mettersi in gioco, di porsi degli interrogativi, di

disfare per poi ricostruire su nuove basi, di mettere in discussione il

domani senza timore di ciò che potrebbe accadere. Se davvero un

cambiamento vuole essere tentato, se davvero si vuole camminare verso

una direzione senza che necessariamente la strada sia già stata battuta,

dobbiamo essere in grado di disegnarla da noi, rendendoci conto che ciò

che non si conosce, se da un lato può provocare la destabilizzazione di un

equilibrio, dall’altro costituisce un’apertura sul mondo, una possibilità che

ci è dato di seguire, una risorsa che dobbiamo saper usare. Per cambiare

dobbiamo superare un confine in noi tra ciò che siamo e ciò che

potremmo essere, tra ciò che vediamo e ciò che invece solo intravediamo

e ci appare offuscato, tra ciò che sappiamo con certezza e ciò che non

conosciamo, tra un terreno in discesa ed uno in salita, ma se riteniamo ne

valga la pena dobbiamo avere il coraggio di fare questo passo perché ciò

che ci è ignoto sicuramente servirà ad aprire in noi degli orizzonti fino ad

allora mai immaginati, ad allargare la nostra mente e sarà quindi fonte di

insegnamento.

Come tutte le partenze, anche quella verso il cambiamento richiede una

previsione e una pianificazione seppur parziale, e allora diventa

importante sapersi equipaggiare, partire con uno zaino in spalla carico di

interrogativi aperti e di curiosità, perché è da qui che si sviluppa la

conoscenza, ma anche di responsabilità e coscienza.

Perché non è detto che se di un argomento non se ne è ancora scritto un

libro, questo di per sé non sia interessante. E’ forse solo il caso di

chiedersi se già qualcun altro aveva guardato all’orizzonte come ci si sta

guardando al momento attuale, sebbene senza una sicura risposta alla

mano.

32

CAP. 2

I GAS, Gruppi di Acquisto Solidali:cosa sono e come funzionano

2.1 Cos’è un GAS

Cerchiamo ora di delineare come i concetti presentati nel capitolo

precedente si vengono a declinare nella realtà specifica dei gruppi di

acquisto solidale, iniziando a definirne la natura e il funzionamento.

I Gruppi di acquisto solidali sono formati da un insieme di persone e di

famiglie che, condividendo una profonda critica e un sostanziale rifiuto nei

confronti del modello di consumo e di economia tradizionalmente proposto

dalla nostra società, ricercano un’alternativa praticabile nel quotidiano, a

cominciare dalla spesa. I gasisti, come loro stessi si definiscono, sono

persone che si incontrano per acquistare collettivamente generi alimentari

e beni di uso comune all’ingrosso, direttamente dal produttore per

ridistribuirli poi all’interno del gruppo stesso.50

Dalla lettura del Documento Base dei GAS, una sorta di statuto steso tra

l’autunno del 1998 e la primavera del 1999 in collaborazione tra i membri

dei vari gruppi, si evince che il meccanismo di base utilizzato dai GAS è

quello tipico dei gruppi di acquisto, organizzazioni di consumatori che, alla

luce della situazione di disparità esistente nel mercato tra il singolo

consumatore e le imprese produttrici di beni e servizi, si pongono come

finalità quella di fornire ai partecipanti un vantaggio, innanzitutto

economico, nel momento in cui acquistano un particolare bene. Tanto i

gruppi di acquisto quanto i GAS si rappresentano come “una delle realtà in

cui si cerca di dare realizzazione concreta ad una concezione alternativa

dell’economia”51,una realtà in cui insieme si tenta di porre rimedio a questo

sbilanciamento. Rispetto ai gruppi di acquisto tout court, però, i GAS

50 Cfr. Documento Base dei GAS, 1999.51 Ibidem.

33

presentano una specificità: se, infatti, i gruppi di acquisto possono sorgere

unicamente per ragioni di tipo economico, presentandosi come strumento

di risparmio, sono invece motivazioni di carattere etico che distinguono i

GAS. E’ proprio quella “S” finale contenuta nel loro acronimo che denota

la connotazione etica e solidale del gruppo e designa il ruolo dato alla

solidarietà come guida e criterio che sostanzia le quotidiane scelte di

consumo. Un gruppo diviene solidale nel momento in cui fa della

solidarietà il riferimento primario del proprio approccio alla realtà, una

solidarietà ampia che, come avremo modo di vedere, a partire dai membri

del gruppo, si estende ai produttori, all’ambiente circostante e ai popoli del

Sud del mondo che per primi subiscono le conseguenze dell’odierno

modello di sviluppo basato sullo spreco e sull’ingiusta ripartizione delle

risorse e delle ricchezze. Appare chiaro come, manifestandosi in ambiti

diversi, il concetto stesso di solidarietà venga di volta in volta ad assumere

un significato differente. In relazione ai membri del gruppo, che si vedono

legati da rapporti di affinità ideologica o da comuni interessi, la solidarietà

può essere intesa come la capacità degli stessi di prestarsi reciproca

assistenza e sostegno.52 Essere solidali nei confronti dei produttori

significa invece farsi guidare nella scelta e nella selezione da principi etici

che portano a privilegiare coloro che sono impegnati in azioni di solidarietà

sociale, sostegno e promozione dello sviluppo delle categorie più deboli.

Solidarietà nei confronti dell’ambiente significa, invece, averne rispetto

cercando di ridurre al minimo i rifiuti e l’impatto ambientale delle proprie

scelte di consumo. In ultimo, come detto, la solidarietà viene espressa nei

confronti dei popoli del Sud del mondo e di coloro che sono danneggiati

dal modello di sviluppo promosso dalla società dei consumi e, in

quest’accezione, per solidarietà si deve intendere quell’azione sociale che

viene compiuta a favore o in aiuto di altri, quella partecipazione umana e

morale e quell’impegno diretto offerto a chi si trova in una situazione

critica. In tutti e quattro i casi, il comportamento solidale coinvolge norme,

principi e scelte di natura etica.53

52 Cfr. dizionario della lingua italiana de Mauro Paravia53 Per approfondimenti www.geocities.com/canossa-vsm/900/311-psol.htm

34

Dall’analisi del Documento Base, si deriva anche che l’elemento che funge

da minimo comune denominatore dei gruppi di acquisto solidali è

rappresentato dal potere del consumatore, dalla capacità che questi ha di

indirizzare, attraverso i suoi acquisti, il comportamento del mercato e dei

suoi attori, prime fra tutte le multinazionali produttrici dei beni. Partendo

dalla considerazione che, per come è strutturata la nostra società, non è

possibile non consumare, i gasisti si propongono di farlo in modo

consapevole e responsabile, agendo un senso di criticità verso i propri

acquisti, accordando la propria preferenza a quei produttori che

dimostrano di rispettare i diritti umani dei lavoratori, che hanno riguardo

per l’ambiente e per i cicli naturali dell’agricoltura, che producono

biologico, ecc. Fare parte di un GAS significa quindi, in prima analisi,

diventare protagonisti della propria spesa, evitando almeno in parte le

deleghe e ponendo la solidarietà come regola di appartenenza al gruppo e

come criterio nella scelta dei prodotti. Fare parte di un GAS significa

anche percepirsi come uno strumento di contrasto alle logiche del

consumismo e come una forma di espressione che:

[…] consente al consumatore critico di esercitare il suo potere in modo positivo, acquistando prodotti che hanno uno spessore e una storia, realizzati dalle mani di chi si conosce. I GAS sono una pratica di riappropriazione e utilizzo del proprio potere da parte del consumatore.54

E attraverso i GAS questo potere può essere esercitato da tutti, anche da

chi ha poche risorse finanziarie. Se oggi, infatti, il biologico certificato può

essere trovato a prezzi competitivi all’interno dei supermercati, continuano

a rimanere cari i prodotti su cui vige una garanzia solidale55 in quanto

reperibili solo nella piccola distribuzione. In questo senso l’esperienza del

GAS sembra riesca a realizzare una rete di solidarietà estesa al mondo

circostante permettendo al consumo critico di fuoriuscire dalle piccole

elite, consentendo un risparmio notevole dovuto, da un lato all’acquisto

54 Saroldi, Andrea, Gruppi di acquisto solidali, ed. EMI, 2001,15. 55 Nel commercio equo e solidale la certificazione della solidarietà, eticità ed equità dei prodotti è affidata ad organismi nazionali riconnessi internazionalmente alla FLO, Fairtrade Labelling Organization, e ad IMO, Institute for Marketecology, che dal 2006 ha introdotto il marchio Fair for Life.

35

unitario di ingenti quantità di prodotto, dall’altro all’assenza degli

intermediari classici del mercato, dalla possibilità di eludere tutta la filiera

della distribuzione acquistando direttamente dal produttore.

Fare parte di un GAS significa, infine, esprimere la volontà di ridare

slancio e vigore alle relazioni sociali, significa sentire un forte richiamo ad

una vita in cui la condivisione e le relazioni umane tornino ad avere

un’importanza primaria. Alla luce di una società che vede e anima una

parcellizzazione del tessuto sociale, l’esperienza del gruppo di acquisto

afferma un bisogno di relazionalità e di scambio, di rapporti diretti e non

mediati che permettano di creare e dare nuovo impulso a reti a

responsabilità diffusa. Un punto cruciale nei GAS è, infatti, la fiducia, sia

come presupposto che come prodotto del gruppo stesso e la costruzione

o il ritrovamento di conoscenze personali e legami sociali. Non a caso la

maggior parte dei GAS nasce tra conoscenti, tra amici, colleghi, vicini di

casa che sentono la necessità di agire insieme contro il senso di

impotenza e solitudine che il consumatore avverte nei confronti del potere

dilagante delle multinazionali. L’unione fa la forza56 dunque, da due punti

di vista: dal lato personale e da quello sociale; per un verso in riferimento

a sé e al proprio bisogno di socialità, di condivisione e riconoscimento, per

l’altro in riferimento al diverso impatto che evidentemente a livello sociale

può esercitare un gruppo rispetto ad un singolo (si pensi, a titolo

esemplificativo, alle campagne di pressione o alle azioni di boicottaggio).

Dimensioni che nella pratica si stimolano e si accrescono a vicenda, con

un continuo rimando dell’una nei confronti dell’altra. Il gruppo diviene così

un luogo di crescita, di scambio, di socializzazione; un luogo in cui

nascono amicizie, in cui ci si sostiene l’un l’altro, in cui si condividono

esperienze e stili di vita:

I Gas non sono solo attenti a quello che consumano. Tramite gli acquisti di gruppo, sviluppano la socialità, vivono relazioni, scambiano idee e contribuiscono così a creare una mentalità critica che favorisce lo sviluppo di un consumo più consapevole.57

56 Cfr. Documento base dei GAS.57 Saroldi, Andrea, op. cit. 15.

36

E ancora:

La presenza del gruppo inoltre facilita lo scambio di esperienze tra i partecipanti, fornisce un supporto psicologico e aiuta a sviluppare una mentalità di consumo critico. Il gruppo arriva così ad innescare dinamiche positive di fiducia tra i produttori e i consumatori e ad attivare circuiti di economia locale. 58

Fare parte di un GAS significa quindi, in definitiva, essere membri attivi di

una realtà che fornisce una possibilità di impegno concreto per tutti coloro

che desiderino mettersi in gioco iniziando ad operare nella vita quotidiana

per la costruzione, dal basso, di un nuovo modello di sviluppo.59

2.2 Come nasce un GAS: le motivazioni di fondo

Fornire un’analisi organica delle motivazioni che determinano la nascita di

un gruppo di acquisto è impresa più che mai ardua, in quanto le ragioni

che animano i gasisti possono presentare delle profonde differenze a

seconda del gruppo considerato. Ogni GAS nasce, infatti, sulla base di

stimoli e storie proprie che possono risultare anche molto diverse rispetto

a quelle vissute da un altro gruppo. L’apertura di una bottega del mondo

nel proprio quartiere, l’appartenenza ad un’associazione impegnata

nell’ambito del consumo critico, l’incontro con la realtà degli stili di vita

sostenibili e della sobrietà, la sensibilità per le condizioni di vita e di lavoro

delle popolazioni del Sud del mondo, la conoscenza di chi vive in prima

persona l’esperienza di un gruppo di acquisto solidale, la nascita di un

sentimento di intolleranza nei confronti della spersonalizzazione imperante

all’interno dei supermercati o anche semplicemente la voglia di scoprire i

gusti autentici dei prodotti naturali e di ritornare a vivere in una realtà in cui

è possibile mangiare una mela con la buccia senza il timore di introdurre

nel nostro organismo delle sostanze nocive, posso essere tutte delle

valide motivazioni per dare vita ad un GAS. 60

58 Centro nuovo modello di sviluppo, Guida al consumo critico, ed. EMI, 2003, 36.59 Cfr. Documento Base dei GAS.60 Cfr. Valera, Lorenzo, Gas, Gruppi di acquisto solidali, ed. Terre di mezzo, 2005.

37

Al di là delle specificità però, spesso alla base di questa esperienza si

trova una critica nei confronti del modello di economia e di consumo

globale, il richiamo ad uno stile di vita sobrio che non si nutra degli

eccessi, il rispetto per le persone e per l’ambiente e la ricerca di

un’alternativa praticabile da subito:

L’idea del GAS è quella di fare un percorso comune che parte dalla spesa collettiva per esprimere una concezione del mondo.[…]E’ il risultato del chiedersi che cosa si può fare, anche in piccolo, nella vita di tutti i giorni, per provare a cambiare la situazione. Noi pensiamo che il consumo sia un gesto politico, attraverso il quale esprimere idee e attuare cambiamenti. 61

Un GAS, quindi, nasce quando un insieme di persone che condividono

comuni esigenze, si rendono conto che un’alternativa esiste, che una

possibilità di cambiamento è data e decidono di unirsi per realizzarla. Un

gruppo di acquisto solidale prende allora vita da un gruppo di amici, dagli

abitanti di un condominio, da colleghi di lavoro, da militanti politici, da

membri di un’associazione, da volontari, ma anche da persone che non si

conoscono62 e questo dato testimonia il crescente interesse e la sempre

maggiore eterogeneità che negli ultimi anni ha caratterizzato il fenomeno

dei GAS. Se, infatti, come testimonia Valera, ai suoi albori, nella prima

metà degli anni ’90, l’esistenza di un rapporto di amicizia o comunque di

un legame precedente tra i membri costituiva un presupposto

fondamentale per la nascita di un gruppo di acquisto, oggi, sebbene un

rapporto antecedente risulti essere un elemento facilitatore, la realtà

appare mutata. La grande diffusione del fenomeno dovuta anche

all’interesse crescente che i media hanno dimostrato avere nei riguardi

degli stili di vista sostenibili, nonostante le semplificazioni63, hanno

61 Tratto da un’intervista di A. Saroldi a R.Besana e J. Parolini, fondatori del GAS di Bevera.62 Per approfondimenti riferirsi al paragrafo inerente le modalità di creazione di un gruppo di acquisto solidale, pag. 41 del presente testo.63 La presentazione del fenomeno operata dai mass media risulta essere profondamente criticata da parte dei membri dei gruppi di acquisto solidali. Le maggiori perplessità nascono in riferimento al fatto che in molti casi ciò che viene sottolineato quale esclusivo elemento fondante la strutturazione di un Gas è l’aspetto del risparmio derivante dal vantaggio di effettuare gli acquisti in gruppo potendo trattare il prezzo della merce con il produttore. Tutto ciò che è relativo alla necessità di una pratica di consumo sobrio e sostenibile, alla luce dell’impoverimento del nostro pianeta e del rischio del collasso mondiale, alla critica profonda ad un modello di economia centrato sul consumo e sullo

38

permesso a un numero maggiore di persone di acquistare familiarità con

la realtà dei gruppi di acquisto che ha ormai superato i confini della stretta

militanza del consumo critico. Oggi, l’unico denominatore necessario per

formare un gruppo è la condivisione di alcuni presupposti fissati nel

Documento Base dei GAS, carta nata con la finalità di raccogliere alcuni

elementi comuni alle diverse realtà in un unico documento, in modo tale

da rendere possibile e agevole l’identificazione dei GAS rispetto ad altre

iniziative.

Dalla lettura del Documento Base si evincono cinque principi fondanti

l’esperienza del GAS: in primo luogo lo sviluppo e la pratica del consumo

critico, inteso come l’atteggiamento critico di colui che valuta e sceglie ciò

che acquista in base a criteri autodeterminati e non imposti dal mercato e

dalle logiche pubblicitarie; la pratica della solidarietà viene posta come

regola di appartenenza al gruppo e come modalità di relazione con i

produttori, con le popolazioni del Sud del mondo e con tutti coloro su cui si

riversano le iniquità del sistema capitalista; in terzo luogo attenzione viene

data allo sviluppo e alla creazione di consapevolezza riguardo il mondo

circostante e le sue contraddizioni, derivata da una continua attività di

informazione e formazione sulle problematiche ambientali, sul suo

sfruttamento e sulle condizioni di lavoro; il desiderio di socializzazione e

di condivisione all’interno del gruppo di idee, posizioni, decisioni,

esperienze e stili di vita basati sulla ricerca dell’essenzialità e della

sobrietà. Socializzazione che si estende all’esterno nella creazione di un

contatto diretto tra produttore e consumatore, con la conseguente

costruzione di un rapporto fiduciario che permette di ottenere evidenti

vantaggi dal punto di vista della trasparenza della produzione,

trasformazione e vendita del prodotto; in ultima battuta il riferimento è alla

forza derivante dall’unione degli individui nella dimensione gruppale come

elemento che permette di acquistare da piccoli produttori, di preferenza

spreco, al sentimento di intollerabilità sentito nei confronti dello sfruttamento del lavoro delle popolazioni del Sud del mondo, così come tutti gli altri aspetti che caratterizzano la solidarietà del gruppo di acquisto, tendono ad essere sminuiti se non addirittura tralasciati.(Cfr. Valera, Lorenzo, op. cit. 94.)

39

locali, evitando l’intermediazione delle multinazionali e la filiera della

grande distribuzione, che consente sia al produttore che al consumatore di

realizzare un vantaggio economico ed equo e si prospetta come

trampolino di lancio per le piccole aziende e cooperative di lavoro attente

alle tematiche sociali che rimangono escluse dal circuito classico di

mercato. Il gruppo consente poi di ridurre il prezzo di acquisto dei prodotti

equo solidali e biologici aumentandone gli sbocchi sul mercato ed

evitando, di conseguenza, il consumo di nicchia, incentiva il recupero delle

colture e culture della tradizione proteggendone la biodiversità ed infine

permette di ridurre notevolmente i tempi necessari a fare la spesa potendo

usufruire dei vantaggi organizzativi.

E’ dunque possibile affermare che, se fino a qualche tempo fa il GAS

costituiva essenzialmente il modo in cui si poteva mettere in pratica la

consapevolezza acquisita all’interno di un percorso di crescita nell’ambito

del consumo critico, oggi, alla luce del radicamento dell’esperienza e della

perdita dell’assioma tale per cui per fondare un gruppo di acquisto era

necessario essere amici, conoscenti e condividere un precedente

percorso di militanza politica e sociale legata ai temi della solidarietà

dell’eticità e della sostenibilità ambientale, si è assistito ad un

cambiamento dei presupposti e il GAS può essere quindi la prima

modalità di approccio e confronto con il mondo del consumo consapevole.

Da un punto di vista pratico, il Documento ci illustra come la creazione di

un gruppo di acquisto solidale possa avvenire in diversi modi: un gruppo di

persone, una volta valutata e verificata l’esistenza di una matrice di

pensiero comune e la condivisione di alcuni principi di base che fanno

ritenere non più praticabile il consumo individualizzato così come proposto

dalla nostra società, può decidere di organizzarsi in modo informale per

procedere all’effettuazione di una spesa collettiva di generi alimentari e

beni di uso comune. E’ così che si può dar vita ex novo ad un gruppo di

acquisto solidale. Si stabiliscono le modalità di funzionamento e di

organizzazione del gruppo: si decidono quali merci comperare e su quali

criteri basare la selezione, si definiscono le modalità di raccolta ed invio

40

degli ordini e le regole relative al ritiro e alla redistribuzione delle merci, si

determina il grado di responsabilità e di coinvolgimento personale di

ciascun partecipante all’interno dell’attività del gruppo, si ricercano i

produttori e si prendono i contatti, ecc.

Per facilitare e stimolare la formazione di nuovi gruppi, alcuni GAS già

operanti da diversi anni sul territorio offrono la possibilità di usufruire di un

periodo di tutoraggio e di accompagnamento. Il tentativo è quello di

riuscire a trasmettere come funziona nella pratica un gruppo di acquisto,

quali sono i criteri utilizzati, quali gli strumenti di verifica e di informazione

a disposizione, ecc. in modo tale da rendere progressivamente il nuovo

gruppo in grado di operare autonomamente. Diverse sono le forme in cui

avviene in tutoraggio: si possono invitare alcuni dei membri del nuovo

GAS a partecipare alle riunioni del gruppo più anziano, organizzare degli

incontri di formazione collettivi, oppure ancora decidere di distaccare

temporaneamente alcuni membri con maggiore esperienza dal GAS di

appartenenza per andare ad inserirsi come guida nel nuovo GAS.

Un gruppo di acquisto solidale può anche nascere per scissione o

filiazione, ovvero per gemmazione di gruppi già esistenti ed operanti. Le

motivazioni posso essere di diversa natura: in primo luogo vi è

tendenzialmente l’esigenza di costituire e mantenere dei gruppi di

dimensioni abbastanza ridotte. In questo modo l’organizzazione interna

risulta più agevole, gli acquisti più snelli ed agili, le riunioni realmente

partecipate, la condivisione dei valori e dei criteri di fondo effettivamente

viva e attuale. Nel momento in cui un gruppo di acquisto cresce troppo è

allora possibile che questo si divida in sottogruppi autonomi. Il fenomeno

della gemmazione per scissione ha posto una questione ed una domanda

ai GAS: quanto è possibile crescere? O meglio, si può determinare un

numero soglia al di sopra del quale un gruppo di acquisto fatica a

funzionare e rischia di subire un’implosione? In realtà non è possibile dare

una risposta a questo interrogativo che sia valida in assoluto, molto

dipende dal tipo di organizzazione che un GAS ha deciso di darsi e anche

dal livello di partecipazione che viene richiesto ai membri. In linea

41

generale però, l’esperienza mostra che gruppi piccoli risultano essere

maggiormente funzionali, il coordinamento appare più semplice,

l’organizzazione delle riunioni, la raccolta degli ordini e lo smistamento dei

prodotti meno laborioso.

Inoltre è necessario ricordare che i GAS sono delle realtà di gruppo e

come tali per funzionare richiedono l’accordo e la condivisione

costantemente rinnovata da parte dei membri. Ciò che sembra essere

fondamentale è quindi la capacità del gruppo di saper fare i conti con se

stesso, di sapersi rendere conto dell’eventuale raggiungimento di un

“limite massimo” oltre il quale sarebbe rischioso protrarsi. E’ necessario

quindi sapersi mettere in discussione ed eventualmente decidere per una

riorganizzazione, per una ristrutturazione e un rinnovamento. I nuovi GAS

che nascono in questo modo, rielaborando l’esperienza precedente e

cercando delle soluzioni sempre nuove, costituiscono una risorsa

fondamentale per l’evoluzione del movimento.64

Ma non solo alla necessità di mantenere una ridotta numerosità risponde

la decisione di scindere un gruppo: a questa situazione si può, infatti,

giungere a seguito dell’emergere di divergenze e contrasti tra i

partecipanti in merito ai criteri fissati o alle modalità di gestione stabilite,

oppure ancora la filiazione è il risultato della volontà di costituire un nuovo

GAS più vicino a casa.

2.3 La struttura organizzativa e il funzionamento

Da quanto detto finora risulta chiaro che un gruppo di acquisto, avendo

come obiettivo la creazione di una piccola rete distributiva, per poter

funzionare ed essere efficacemente gestito necessita di una struttura

organizzativa. Si pone allora il problema della scelta del tipo di

organizzazione che, come gruppo, ci si vuole dare; bisogna chiedersi, a tal

proposito, se si preferisce rimanere ad un livello informale o se invece ci si

64 Cfr. Valera, Lorenzo, op. cit. 42.

42

vuole formalizzare riconoscendosi come associazione. Generalmente un

GAS nasce come gruppo informale ed eventualmente, una volta raggiunta

una certa consistenza numerica, valuta la possibilità di darsi una forma più

strutturata. Oltre che dall’aumento numerico, questa decisione può anche

essere frutto della volontà del GAS di rappresentarsi come un soggetto

che sia riconoscibile anche all’esterno, da parte della società, aumentando

così le possibilità di accesso alle strutture presenti sul territorio. Fermo

restando che ogni GAS sceglie la forma organizzativa che meglio può

rispondere alle sue esigenze specifiche, la formalizzazione se da un lato

può essere un elemento di maggiore efficienza, dall’altro può essere visto

come fonte di rigidità che, soprattutto nell’esperienza dei gruppi più piccoli,

risulta superflua e inopportuna, soprattutto perché mancare di una forma

giuridicamente riconosciuta non equivale a non avere regole: se le

associazioni hanno uno statuto, i gruppi informali spesso si dotano di un

regolamento non meno dettagliato.65

A. Saroldi, nel suo testo Gruppi di acquisto solidali, sostiene che la forma

associativa ad oggi predominate nel panorama dei GAS è costituita dai

Gruppi informali, gruppi cioè privi di una struttura organizzativa che sia

formalmente riconosciuta. Tali realtà nascono dalla spontanea ed ufficiosa

aggregazione dei membri o dall’inserimento degli acquisti collettivi

all’interno dell’attività di un gruppo già esistente senza che sia sentita la

necessità di fornirsi di una particolare struttura. Come detto, dopo un

periodo di rodaggio, alcuni gruppi decidono di dotarsi di una strutturazione

formale più idonea allo svolgimento degli impieghi, altri scelgono

volutamente di mantenere la forma del piccolo gruppo informale, non

volendo richiamarsi a ufficialità preferendo invece muoversi “in una logica

di buon vicinato, spesso a livello condominiale o rionale”.66

Il funzionamento di base di un gruppo informale è piuttosto semplice:

definiti i criteri su cui fondare la selezione dei prodotti e dei produttori, si

procede alla stesura della lista dei beni da acquistare collettivamente.

Sulla base di questa lista i partecipanti compilano periodicamente i propri

65 Ibidem.66 Saroldi, Andrea, op. cit. 42.

43

ordini che, una volta raccolti e sommati, definiscono il più consistente

ordine di gruppo inviato al produttore. Quando arrivano, i prodotti vengono

distribuiti alle famiglie ed ognuna paga la propria parte. La maggioranza

dei GAS, al fine di rendere più funzionale ed organico il proprio

andamento, decide di eleggere un responsabile che si occupi dell’invio

degli ordini e del mantenimento dei contatti con i fornitori. In alcuni casi si

preferisce nominare un garante per ogni specifica area di acquisto (frutta e

verdura, carne, formaggi, pasta e riso, ecc.) e, per non appesantire

eccessivamente un singolo soggetto, nell’ottica di favorire ed incentivare

la partecipazione e la responsabilizzazione di tutti gli aderenti al GAS,

spesso si opta per la nomina a rotazione.

Risponde anche alla necessità di mantenere vivo e attivo l’aspetto della

condivisione e del consenso all’interno del gruppo, l’organizzazione di

periodici incontri e riunioni. Obiettivo è il confronto, lo scambio di idee e di

esperienze, l’aggiornamento in merito ai produttori e alla lista dei prodotti

che è possibile far rientrare negli acquisti collettivi, la formazione relativa

all’autoproduzione di alcuni beni, il continuo approfondimento tematico

riguardo la pratica del consumo critico, della solidarietà e della

sostenibilità ambientale. Le riunioni, stimolando la discussione e la messa

in gioco di ognuno, diventano un momento di conferma e di

riconoscimento per il gruppo, che ha così l’opportunità di ragionare su se

stesso e sul proprio processo di crescita divenendo quindi maggiormente

cosciente e responsabile. La frequenza degli incontri, tuttavia, varia di

gruppo in gruppo: si va da una cadenza settimanale, ad una mensile e

talvolta trimestrale. Tali differenze possono trovare causa, ad esempio,

nelle dimensioni di un GAS che, tanto più numeroso si presenta, tanto

meno è semplice da organizzare: si pensi alle difficoltà che possono

insorgere solamente nel tentativo di fissare un giorno per la riunione che

raccolga le disponibilità di tutti i partecipanti. Anche il tipo di strutturazione

di un gruppo o l’esistenza di attività collaterali all’organizzazione degli

acquisti possono incidere sulla frequenza degli incontri, tuttavia l’aspetto

relazionale e conviviale è generalmente molto sentito.

44

Raggiunto un notevole ampliamento, un gruppo di acquisto può decidere

di costituirsi in Associazione formalmente riconosciuta. I vantaggi a livello

organizzativo e funzionale sono evidenti, soprattutto in considerazione del

fatto che l’associazione da un lato consente di coinvolgere un numero

cospicuo di persone e dall’altro permette di svolgere attività di promozione

e sensibilizzazione.

Per dar vita ad un’associazione è necessario stilare uno Statuto

accompagnato da un Atto Costitutivo pubblico o privato autenticato,

depositati presso l’Ufficio delle Entrate competente per il proprio territorio.

Per poter acquistare dai produttori ricevendo fatture intestate al gruppo,

occorre richiedere agli uffici finanziari il Codice Fiscale ed eventualmente

procedere all’apertura di un Conto Corrente Postale intestato

all’associazione. Per acquistare da distributori è invece necessario

possedere la Partita IVA. Ogni associazione si occupa poi di conservare le

ricevute e tutto ciò che concerne la contabilità, in un apposito registro che

deve permanere nella sede legale che ci si è dati, così che sia reso

disponibile nell’ipotesi in cui sia richiesto un controllo esterno. A tal fine è

anche possibile procedere alla stesura dei verbali delle riunioni

dell’assemblea e del consiglio direttivo in modo da dimostrare, in ogni

occasione, il rispetto del fine sociale pattuito. Allo scopo di consentire la

copertura dei piccoli costi di gestione, è richiesto agli associati il

versamento di una quota di iscrizione una tantum oppure si può decidere

di operare un lieve ricarico sui prezzi delle merci così come presentate da

listino67. Anche in questo tipo di forma organizzativa è fortemente richiesta

la partecipazione e la collaborazione attiva dei soci in solidarietà, che si

sostanzia, ad esempio, nella nomina dei responsabili, dei referenti o dei

capigruppo che permette di organizzare più efficacemente gli ordini, lo

stoccaggio e la consegna delle merci acquistate.

Un gruppo di acquisto, pur rimanendo autonomo, decide di appoggiarsi ad

un’organizzazione già esistente: è questo il caso delle Organizzazioni di

supporto. Si può trattare di un’associazione, di una cooperativa sociale, di

67 Cfr. Documento base dei GAS.

45

una Bottega del Mondo o ancora di un negozio del biologico che, tra le

proprie finalità comprende l’effettuazione degli acquisti collettivi

(nell’ipotesi in cui manchi tale finalità, si rende necessaria la modificazione

dello Statuto in tal senso). Per poter usufruire di questa forma

organizzativa è necessario che i partecipanti siano soci della struttura di

appoggio che, nella pratica, mette a disposizione i propri spazi e le proprie

strutture per lo svolgimento dell’attività del GAS. In cambio questo

provvederà al rimborso delle spese organizzative di gestione ( telefono,

fax, spedizioni ecc.) attraverso un ricarico del 15- 20 % sui prezzi dei

prodotti. La scelta di appoggiarsi ad un’organizzazione già esistente può

essere preferita rispetto all’autonoma costituzione di un’associazione, nel

momento in cui la prima abbia già una propria struttura che riesce a farsi

carico di alcuni aspetti logistici e che determina quindi una semplificazione

dei compiti per i componenti del GAS. E’ utile ricordare infine che, in alcuni

casi, l’organizzazione può essere utilizzata anche da parte più gruppi

contemporaneamente.

Qualunque sia la strutturazione che un GAS decide di darsi, ai fini della

sua gestione si rende necessario un buon livello di coordinamento e di

organizzazione tra i membri che permetta loro di far circolare le

informazioni in modo semplice, immediato e diretto. Ricordiamo che è

proprio l’aspetto comunicativo ciò che maggiormente caratterizza un

gruppo di acquisto, anche in termini di sviluppo e diffusione del fenomeno.

In questo contesto assume un ruolo centrale la comunicazione telematica

e, in essa, soprattutto Internet. Avvalersi della posta elettronica permette

un consistente snellimento delle incombenze organizzative ed uno

scambio in tempo reale degli ordini e della lista dei prodotti soggetti

all’acquisto collettivo, ma anche di informazioni, idee, conoscenze, spunti

e suggerimenti. Non è inoltre da sottovalutare il fatto che l’avvento della

posta elettronica, oltre ad aver velocizzato il mondo della comunicazione,

permette anche un ingente risparmio di carta stampata e i GAS, attenti e

sensibili all’equilibrio ambientale e all’impatto che il comportamento umano

ha sulla natura, non possono che guardare con favore a tale strumento.

46

Ciò detto, questo ovviamente non significa che coloro che non possiedono

un computer o non facciano uso della posta elettronica siano esclusi dal

mondo GAS; i primi gruppi sono infatti sorti nella prima metà degli anni

’90, in un periodo in cui l’utilizzo del computer e soprattutto di Internet era

appannaggio di pochi: guardando al panorama attuale non sembra si

possa dire che ne abbiano risentito.

2.3.1 I GAS e la legge finanziaria del 2008

In sede di Commissione di Bilancio del Senato, nel Novembre 2007, è

stato approvato un emendamento all’art. 1 della Legge Finanziaria per il

200868 che ha introdotto alcune disposizioni a favore dei Gruppi di

acquisto solidali dandone, in primo luogo, una definizione giuridica e

chiarendone, poi, il regime fiscale.

Nella borsa della spesa possono trovare lo spazio che meritano l’attenzione all’ambiente e alla solidarietà sociale. Mi sembra questa la prima positiva conclusione che si può trarre dall’approvazione delle’emendamento alla Finanziaria. […] Grazie alla costante e preziosa collaborazione degli amici della rete e alla luce delle conclusioni del’ultimo incontro nazionale, abbiamo proposto un testo che indica sinteticamente le caratteristiche dell’esperienza dei gruppi di acquisto solidali e consente ad eventuali altri referenti istituzionali, che intendano approvare progetti di sostegno in questo campo, di disporre di un riferimento giuridico certo.69

Così dichiara la senatrice dei Verdi De Petris, prima firmataria

dell’emendamento.

Il comma 266 stabilisce cosa debba intendersi per gruppi di acquisto

solidale definendoli, dal punto di vista giuridico, come soggetti associativi

senza fini di lucro che hanno come finalità l’acquisto e la redistribuzione

dei beni senza ricarichi sui membri e nel rispetto di principi di solidarietà,

eticità e sostenibilità ambientale.

68 L. 244/07.69 Tratto dalla dichiarazione di Loredana De Petris in merito all’approvazione della legge finanziaria 2008. Cfr. www.equologia.it.

47

Il comma 267 si occupa, poi, di estendere a tali gruppi i benefici fiscali e le

agevolazioni di cui godono gli enti associativi in termini di esenzione

dall’IVA e dall’IRES.

L’emendamento stabilisce, infatti, che le attività poste in essere dai GAS

nei confronti dei propri aderenti non si devono considerare commerciali né

ai fini dell’imposta sul valor aggiunto, né ai fini dell’imposta sui redditi,

ferma restando l’applicazione delle disposizioni sancite dall’art. 4 comma 7

del D.P.R. 633/72 richiamate anche all’art 148 comma 3 del Tuir (testo

unico delle imposte sui redditi) che prevedono il divieto di redistribuzione

degli utili, dei fondi o degli avanzi di gestione; l’obbligo di devoluzione del

patrimonio, in caso di scioglimento, ad un’altra associazione che persegua

fini di pubblica utilità; l’obbligo di rendicontazione economica e finanziaria

attraverso la redazione e l’approvazione del bilancio; la libera eleggibilità

degli organi associativi e la disciplina uniforme del rapporto associativo;

l’intrasmissibilità della quota o del contributo associativo.

Il comma 268, infine, stabilisce che l’onere a carico dello Stato

dall’attuazione di queste disposizioni è pari a 200.000 euro annui.

Da quanto detto si comprende che, nel corso degli anni, si è ravvisata la

necessità di fornire ai GAS non solo una maggiore formalizzazione, ma

anche un riconoscimento e una definizione legale, alla luce della sempre

crescente diffusione capillare di questa esperienza sul territorio nazionale

e della crescita numerica degli associati. Inoltre, l’esenzione dal regime

IVA e IRES per le attività di acquisto collettivo e ridistribuzione rivolte ai

membri del gruppo, permette di superare ogni eventuale interpretazione

penalizzante per i GAS da parte degli uffici tributari locali ed è proprio in

questo senso che si ritenuto opportuno confermarne la de-

commercializzazione.

La legge finanziaria, infatti, ha tentato di risolvere il problema relativo alle

iniziative di commercio equo e solidale che si occupano di promuovere il

consumo dei beni prodotti nei paesi in via di sviluppo o di quei beni che

ingenerano comportamenti virtuosi, quali ad esempio beni ecocompatibili,

48

attraverso il loro acquisto e successiva distribuzione.70 Iniziative in cui

devono necessariamente essere ricompresi anche i gruppi di acquisto

solidali che, a partire dal 1994, anno della nascita del primo GAS, hanno

cercato di sviluppare un modello nuovo di economia fondato su criteri di

sostenibilità ambientale e solidarietà sociale, animato da una nuova etica

del consumatore responsabile e consapevole.

E commentando l’emendamento, la senatrice De Petris conclude:

Mi sembra un passo in avanti importante sulla strada del consolidamento e della diffusione sul territorio dell’esperienza dei GAS, nella prospettiva di una economia solidale che prefigura un rapporto profondamente diverso fra produttori e consumatori.

2.4 Prodotti e produttori: i criteri di selezione

All’interno del Documento Base dei GAS vengono delineati i criteri

generali cui far riferimento per orientare la scelta dei prodotti e dei

produttori. Come sottolinea Lorenzo Valera, giornalista di Radio Popolare,

70 Il problema cui ci si riferisce è inerente al fatto che tali iniziative svolgono un’attività interpretata dalla normativa fiscale come tipicamente commerciale e che, pertanto, non permetteva di godere delle esclusioni fiscali previste dalla normativa Onlus (l.460/97).

49

Comma 266: Sono definiti “gruppi di acquisto solidali” i soggetti associativi senza

scopo di lucro costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e

distribuzione dei medesimi, senza applicazione di ricarico alcuno, esclusivamente agli

aderenti, con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, in

diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di

somministrazione e di vendita.

Comma 267: Le attività svolte dai soggetti di cui al comma 266, limitatamente a

quelle rivolte verso gli aderenti, non si considerano commerciali ai fini dell’applicazione

del regime di imposta di cui al decreto del presidente della Repubblica 26 ottobre

1972, n° 633, ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 4, settimo comma, del

medesimo decreto, e ai fini dell’applicazione del regime di imposta di cui al decreto

del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n° 917. L. 24 dicembre 2007 n°244

gasista e autore del libro Gas, gruppi di acquisto solidali, in un’intervista

condotta da Dino Taddei, è però importante ricordare che il Documento

Base non costituisce un regolamento da applicare meccanicamente alla

lettera. Come, infatti, è emerso da un’indagine da lui condotta su un

campione di 70 gruppi di acquisto italiani, la traduzione pratica di quanto

espresso nel documento presenta talvolta delle importanti differenze. Per

riportare qualche esempio, è possibile riferirsi all’esperienza del GAS

Venegono di Varese, i cui membri ammettono di aver deciso sin dall’inizio

del loro percorso di mantenere una certa elasticità nella scelta del prodotto

in modo tale da poter accettare “il meglio in mancanza dell’ottimo”:

Abbiamo provato ad acquistare le “palle magiche” per la lavatrice da un’azienda che le importa dagli Stati Uniti: in questo caso si è deciso di sperimentare un prodotto perché ritenuto altamente ecologico.71

Il responsabile del gruppo GAABE di Roma invece afferma:

Diciamo che la gerarchia si forma a seconda del prodotto. Ad esempio il concetto di “locale” per acquistare gli agrumi è diverso dal concetto di “locale” per acquistare i prodotti orticoli; oppure un prodotto bio e vicino può comunque essere ritenuto meno equo per altri fattori. 72

Se, dunque, appare evidente che spesso un singolo produttore non riesce

a soddisfare in modo esaustivo tutti i criteri definiti, spetterà ad ogni

singolo gruppo di acquisto stabilire una priorità ed un gerarchia tra i

requisiti elencati costruendo una propria scala di valori, una scala che lo

stesso Valera definisce “mobile”, poiché dovrà essere di volta in volta

valutata a seconda della specificità del prodotto e della concreta

situazione:

[…] E’ ovvio che nella stesura di un documento non si possa tenere conto di tutte le possibili variabili (e sono tante) che si possono incontrare nella ricerca dei produttori. Una realtà come quella dei GAS, che si esprime in primo luogo attraverso l’azione concreta, definisce per forza di cose le proprie modalità d’azione nel confronto con l’esperienza diretta. E’ quindi nella pratica quotidiana che si affermano le priorità tra i criteri che, pur senza discostarsi significativamente da una scala di valori comuni, assumono differenti sfumature tra gruppo e gruppo.73

71 Valera, Lorenzo, op. cit. 80.72 Ibidem.73 Ibidem.

50

Il Documento Base deve pertanto essere inteso come una generale linea

di principio che poi, nella realtà concreta, a seconda delle diverse

specificità, ogni singolo gruppo deciderà come adottare. Valera ritiene

questo elemento fonte di stimoli e continui spunti creativi e afferma: “Da

questo punto di vista i GAS possono essere considerati come dei cantieri

perennemente aperti, in continuo movimento”.74

Non dobbiamo dimenticare, infatti, che ci troviamo all’interno del più ampio

ambito del consumo critico che, per definizione, implica l’esercizio di un

ragionamento costantemente in divenire, sempre interrogativo. E’ questo

un momento particolarmente delicato ed importante che definisce a chiare

lettere la necessità della partecipazione e della condivisione da parte dei

membri dei medesimi principi e delle motivazioni profonde, che vanno a

determinare quella che può essere qualificata come “coscienza del

gruppo”.

Il principio che sta alla base della definizione di tali parametri è lo stesso

che viene utilizzato da parte del singolo consumatore che si reca al

supermercato per fare la spesa. Ognuno di noi, infatti, fonda le proprie

scelte su talune considerazioni quali la convenienza, la qualità e il gusto

del prodotto. Nel caso dei GAS, si tratta dunque di richiamare la propria

attenzione su alcuni specifici temi, di approfondire le nostre motivazioni

utilizzando il canale dell’eticità, della sobrietà, della sostenibilità e dunque

del consumo critico e consapevole. L’obiettivo è promuovere la

formazione di soggetti attivi, non condizionati e non condizionabili da parte

della pubblicità e del “bombardamento mediatico”, attori consapevoli,

protagonisti delle proprie scelte e, quindi, anche della propria spesa.

Analizziamo ora più da vicino i singoli criteri secondo quanto espresso nel

Documento Base. Il primo elemento da considerare per orientarsi nella

scelta del prodotto è costituito dal costo del prodotto, inteso nella sua più

completa accezione. Ci si riferisce qui non solo ai costi diretti dei prodotti,

a quelli cioè che vediamo esposti come da listino, ma anche e soprattutto

ai costi indiretti, costi che non sono direttamente imputabili ai prodotti

74 “A” Rivista anarchica 01/07/2005.

51

perché inerenti spese generali riguardanti l’azienda nel suo complesso,

come spese amministrative o costi per oneri tributari. E’ inoltre necessario

avere riguardo per i costi individuali e sociali, dunque per le conseguenze

che l’acquisto di un determinato bene può determinare sia sul singolo che

sulla società, costi che non necessariamente sono immediati e

prontamente intuibili, ma che possono assumere rilevanza a distanza di

tempo. Un chiaro esempio viene dato dal Documento Base: nel momento

in cui si acquistano dei generi alimentari trattati e prodotti in luoghi distanti

dalla compra-vendita, si paga oltre ad un costo individuale di salute,

dovuto ad un massiccio utilizzo di pesticidi e conservanti, probabilmente

dilazionato nel tempo, anche un costo sociale ed ambientale dovendo

considerare l’incidenza che il trasporto della merce ha sull’inquinamento

atmosferico.

In secondo luogo bisogna valutare la disponibilità dei prodotti: ragionando

in termini di spesa individuale, è probabile che la riflessione sulla

disponibilità istituisca un rimando diretto alla grande distribuzione, dove

tutto sembra accessibile, a portata di mano, disponibile appunto. Il

supermercato è però anche un luogo fuorviante e dispersivo per l’inerme

consumatore. Ragionare in termini di spesa collettiva, significa invece

poter creare un accordo diretto con il produttore e il distributore così da

poter ottenere delle effettive garanzie sulla disponibilità dei prodotti. Avere

un rapporto di questo tipo con il fornitore, significa anche poter costruire

attorno al momento del consumo una cornice di fiducia e di lealtà

reciproca tale per cui, se un prodotto garantito non dovesse essere

disponibile o dovesse presentarsi con delle caratteristiche differenti

rispetto a quanto prospettato e concordato, si ha la possibilità di ottenere

una spiegazione e di poter così comprendere ciò che sta dietro un

determinato bene, conoscerne la storia.

Comodità di acquisto: per come sono costruiti, i centri commerciali e gli

ipermercati danno al consumatore la sensazione di potervi trovare

comodamente ciò di cui necessitano, in qualunque occasione, soprattutto

nelle emergenze. Forse uno degli aspetti che più spaventano coloro che

52

per la prima volta si avvicinano ai gruppi di acquisto, è proprio la paura di

non riuscire a definire oggi ciò di cui si avrà bisogno domani. Certamente

questo è il risultato del nostro moderno modo di pensare non solo gli

acquisti, ma la vita in generale; è probabilmente un discorso che ha a che

fare con il più generale senso di incertezza e di precarietà del futuro, ma

forse, a partire dal nostro piccolo, non è impossibile riuscire a maturare

un’impostazione di pensiero differente. Acquistare collettivamente

attraverso un GAS richiede, infatti, la capacità di organizzare e

programmare i propri acquisti, in tempo utile, così da evitare le situazioni

di necessità dell’ultimo minuto. In questo modo si dà senso a ciò che si

compra, e si consuma, si diventa maggiormente responsabili, si è capaci

di utilizzare ciò che compare nel frigorifero evitando, come accade invece

troppo spesso, di gettare prodotti ormai scaduti perché dimenticati. A poco

a poco si prende familiarità con se stessi e con le proprie necessità, ci si

rende conto di che cosa effettivamente abbiamo bisogno e di cosa invece

costituisce un di più, un superfluo, potendolo così evitare.

Il quarto criterio guida è l’accessibilità: la questione si pone, qui, in

riferimento alla necessità di consumare una merce che richieda

necessariamente di essere trasportata e, conseguentemente, alle

modalità con cui questo trasporto viene effettuato. La domanda che ci si

pone è relativa al significato in termini di costi individuali, sociali e

ambientali, del privilegiare il mercato locale dei piccoli produttori rispetto a

quello che si nutre dello spostamento dei prodotti da un paese all’altro. In

quest’ultimo caso aumenta, infatti, non solo l’impatto ambientale con tutte

le relative conseguenze, ma si causa anche il deterioramento dei beni che

rischiano di perdere in qualità. Tra i criteri stabiliti dai GAS per la scelta del

prodotto è dunque ricompreso anche il luogo di produzione e le modalità

di trasporto, preferendo accordare la propria scelta di consumo ai prodotti

a KM 0.

Altro principio cardine è costituito dal tipo di imballaggio delle merci.

Contrariamente a quanto solitamente accade, i gasisti sono molto attenti

al tipo di imballaggio di un prodotto: si guarda alla possibilità di riciclo delle

53

confezioni, alla presenza di materiale già riciclato, all’esistenza o meno di

vuoti a perdere, al confezionamento singolo o unificato ecc. Spesso il

consumatore tende a sottovalutare questioni di questo genere, da un lato

perché la nostra attenzione è catalizzata dai quei prodotti che si

presentano nella veste più accattivante, con colori sgargianti e design

moderno, dall’altro un ragionamento in termini di impatto ambientale degli

imballaggi non è forse immediato e richiede pertanto la pratica di uno

sforzo da parte del soggetto, sforzo che troppe volte non viene compiuto

perché, ancora una volta, ci si ritrova carenti a livello di impostazione di

pensiero e incatenati alle suggestioni pubblicitarie. Interrogarsi su questi

aspetti è invece molto importante perché tutti, consumatori responsabili e

non, ora come in futuro, paghiamo e pagheremo il prezzo

dell’inquinamento ambientale. Criterio riconnesso in modo circolare ai

precedenti, è l’utilità e la necessità di un prodotto che richiama

evidentemente ad una riconsiderazione dei propri bisogni e delle proprie

esigenze reali, non indotte dai media e dalla società. Anche questa non è

questione di semplice attuazione, il mettersi in discussione non lo è mai,

da un lato, e dall’altro siamo talmente inseriti e permeati del modello di

consumo proposto dai classici canali di informazione, che, a lungo andare

pensiamo di compiere scelte realmente dettate dal nostro volere e dal

nostro bisogno. Talvolta è persino più semplice adottare uno stile di

pensiero arrendevole piuttosto che fare i conti con la propria personalità e

con quelle che sono ormai diventate le nostre abitudini. Ragionare in

termini di utilità e di necessità non significa necessariamente rinunciare a

ciò che solitamente consumiamo, significa invece acquistare

consapevolezza, saper riconoscere le proprie esigenze e partire da queste

per richiedere prodotti che ci arricchiscano.

Abituati a trovare nei banchi del fresco dei supermercati ogni tipo di frutta

e verdura in qualsiasi periodo dell’anno, difficilmente siamo in grado di

distinguere i prodotti di stagione da quelli che non lo sono. Sia in termini di

genuinità di ciò che mangiamo che di costi di produzione e distribuzione

degli alimenti prodotti fuori stagione, è invece necessario saper recuperare

54

questa capacità. In termini qualitativi, l’apporto nutritivo e il gusto di frutta e

verdura non di stagione, è indubbiamente minore, mentre ragionando in

termini di costi sociali, questi risultano evidentemente accresciuti sia in

riferimento alla produzione che al trasporto.

Uno degli elementi di maggiore importanza all’interno della tematica del

consumo critico e consapevole è sicuramente rappresentato dalla ricerca

di prodotti biologici. Il richiamo alla biologicità, infatti, implica un minore

inquinamento ambientale, una maggiore garanzia della qualità dei

prodotti, nonché una vita più sana sia dal punto di vista del produttore che

del consumatore. E’ pur vero che ormai i prodotti biologici sono facilmente

reperibili all’interno di un qualunque superstore, ma è altrettanto vero che

questo tipo di etichetta rischia di essere inflazionata. Molti produttori storici

del biologico, che sono rimasti esclusi dal mondo della grande

distribuzione, infatti, guardano con sospetto alle diverse certificazioni che,

sostengono, oggi come oggi sono rilasciate con fin troppa facilità. La

sensazione che si avverte è che il biologico oggi costituisca forse più una

moda che una reale necessità e che quindi, come tale, rischia di essere

mercificato. E’ dunque solamente attraverso l’instaurazione di un legame

diretto con il produttore che si può ottenere la garanzia di acquistare e

consumare prodotti provenienti da un’agricoltura biologica; è il principio

del verificare con mano che sorregge tale rapporto ed effettivamente

l’esperienza mostra che conviene in primo luogo al produttore essere

leale, perché i GAS possono rappresentare un canale molto forte di

sostentamento e di rilancio soprattutto per le piccole economie. Alcuni

produttori molto piccoli, infatti, pur praticando i metodi dell’agricoltura

biologica, trovano la certificazione troppo onerosa finendo, quindi, per non

richiederla. In questa situazione di evidente svantaggio, il contatto con un

gruppo di acquisto può essere, per il produttore, il canale attraverso cui

rilanciare la propria attività. I GAS, tendenzialmente, cercano di favorire le

piccole realtà, soprattutto se locali, avendo la possibilità di conoscerle

direttamente, verificando di persona se ciò che dichiarano biologico lo è. A

questo proposito, un’attività praticata dai gruppi di acquisto è la gita

55

domenicale presso il produttore: in questa occasione, che non fatica a

divenire conviviale permettendo l’instaurazione di un clima caldo e di

accoglienza, si ha l’opportunità di osservare da vicino come avviene la

lavorazione dei prodotti, di fare domande, di discutere metodi e criteri e,

anche, di assaggiare quello che si comprerà. Un secondo ordine di

problemi, inoltre, può essere superato grazie alla spesa collettiva: se,

infatti, i prodotti biologici sono disponibili sul mercato, non

necessariamente sono accessibili da parte di tutti. Nonostante i

miglioramenti intervenuti nel corso degli ultimi anni, i prezzi continuano a

rimanere elevati e la concorrenza con molti altri equivalenti a costi

nettamente inferiori, incide sul loro consumo. Acquistare attraverso un

GAS permette invece di abbattere questi costi in ragione sia dei grandi

quantitativi comprati collettivamente dal gruppo, che della possibilità di

trattare il prezzo della merce direttamente con il produttore che, in questo

circolo, può venderla senza passare attraverso gli intermediari classici del

mercato. Si crea, così, una filiera corta che, come si può notare, comporta

vantaggi non indifferenti.

Per rispondere, dunque, a quella che forse è la domanda che più spesso

viene posta ai gasisti, relativamente alla reale possibilità di risparmiare sui

propri acquisti, un risparmio si ha a parità di qualità. Evidentemente non è

possibile instaurare un confronto tra un prodotto biologico ed uno

proveniente da agricoltura tradizionale, perché sempre, nel secondo caso,

i prezzi saranno inferiori. A parità di prodotto, però, a parità di qualità, è

molto probabile che attraverso il GAS si ottengano dei prezzi più

contenuti.

56

75.

Tirando le somme di quanto detto, è allora possibile affermare che

l’agricoltura biologica crea intorno a sé un processo di crescita e di

sviluppo virtuoso poiché significa innanzitutto utilizzare tecniche agricole

che non prevedono l’uso di sostanze chimiche e di sintesi, la promozione

di un’agricoltura che tutela l’ambiente contribuendo alla riduzione del

rilascio di residui nel terreno e nelle acque, la salvaguardia della

complessità dell’ecosistema e della sua biodiversità, la riduzione di

75 Crf. www.icea.it e Fà la cosa giusta, ed. Terre di mezzo, 2006, 14.

Agricoltura biologica

L’agricoltura convenzionale, di tipo intensivo e monoculturale, sia in fase di produzione che di

conservazione dei prodotti, si basa sull’utilizzo di sostanze chimiche quali diserbanti, concimi e

antiparassitari che costituiscono una delle cause principali dell’inquinamento terrestre e delle

falde acquifere.

A seguito degli importanti studi effettuati dall’istituto di ricerca Wuppertal in merito allo sviluppo

di un’economia sostenibile sul piano climatico, ambientale ed energetico, anche l’Unione

Europea ha compreso la reale portata del problema dell’inquinamento dei suoli e, per questo, ha

deciso di favorire una graduale riconversione delle terre in modo da sviluppare forme di

agricoltura a basso impatto ambientale.

Alla luce di queste constatazioni, uno dei modi per raggiungere tale obiettivo è riconosciuto nello

sviluppo dell’agricoltura biologica. La normativa di riferimento è il Regolamento CEE n° 2092/91.

Il rispetto delle regole qui enunciate è condizione necessaria per poter ricevere il marchio

certificativi del biologico che assicura l’applicazione dei metodi previsti di coltivazione dei

prodotti agricoli. Secondo quanto disciplinato, l’operatore biologico deve coltivare senza l’utilizzo

di prodotti chimici di sintesi e di Ogm, sostituendoli con i metodi di lotta biologica integrata

(Regolamento CEE 2078), usare la rotazione delle colture ai fini della prevenzione delle piante

dai parassiti e dalle malattie, fertilizzare il terreno unicamente con materie organiche e minerali

naturali e, infine, lavorare il terreno secondo tecniche non distruttive.

I produttori che intendono utilizzare la certificazione, devono farne richiesta alle regioni che

disporranno una serie di verifiche ispettive di conformità al Regolamento. Se le condizioni di

idoneità e rispondenza alla 2092/91 sono mantenute per un periodo non inferiore ai due anni,

definito “periodo di conversione all’agricoltura biologica”, gli organismi certificativi rilasciano il

marchio”prodotto da agricoltura biologica”. Attualmente gli organismi di certificazione sono:

Suolo e Salute, ICEA, IMC, Bioagricert, CCPB, CODEX, Ecocert Italia, Q.C. & I. international

services, BIOS, Eco sistem international certificazioni, BIOZOO, ICS, ABC fratelli Bartolomeo.

57

consumo energetico e la superiorità della qualità dei cibi rispetto a quelli

industriali.

Un altro importante criterio cui i GAS si riferiscono nel momento

dell’acquisto è caratterizzato dalla controllabilità e qualità riconosciuta del

prodotto. Avendo la possibilità di acquistare direttamente dai produttori e

amministrando in prima persona i rapporti con i distributori, è plausibile da

un lato richiedere delle garanzie e dall’altro stabilire le caratteristiche dei

beni che si intende comprare, mettendo in circolo le conoscenze e le

esperienze di ciascuno. Sono dunque i membri del GAS a verificare in

prima persona la qualità di ciò che acquistano, senza intermediari, senza

nascondimenti. E’ evidente che una tale opportunità non può essere data

all’interno del circuito della grande distribuzione dove non sono i

consumatori, bensì altri, i soggetti appositamente preposti alla gestione

del sistema di controllo.

E’ altresì fondamentale l’affidabilità: la costruzione di un ambito di fiducia

reciproca e di lealtà, di schiettezza e sincerità permette sia al consumatore

che al produttore di creare dei legami interpersonali significativi che, nel

caso specifico, abbiamo visto essere di fondamentale importanza. La sfida

è quindi quella di dare nuova vita ad un mercato degli uomini, come era un

tempo, che vada a sostituirsi all’odierno mercato delle merci. Tutti ne

avvertiremmo i vantaggi.

In ultimo funzionalità, manutenzione e assistenza sono fattori da non

sottovalutare nella guida all’acquisto di prodotti di lunga durata, come

elettrodomestici, macchinari, telefoni cellulari, ecc. Alla luce del grande ed

inarrestabile sviluppo tecnologico, accade sempre più spesso di

comperare degli oggetti che sono strutturati per sostituire e evidentemente

facilitare lo svolgimento di un lavoro che, un tempo, veniva svolto

manualmente. La prima domanda che il gasista, consumatore critico, si

pone è inerente la reale funzionalità di ciò che si intende acquistare,

ponderando dunque cautamente le proprie scelte evitando quello che

viene definito “incauto acquisto”. In secondo luogo, affinché un oggetto

possa durare nel tempo è necessario praticare la dovuta manutenzione

58

che però, oggi, troppo spesso risulta difficilmente praticabile per due ordini

di motivi: da un lato sarebbero necessarie delle conoscenze e delle

strumentazioni tecniche, dall’altro sembra che questo genere di prodotti

sia stato creato appositamente per avere una durata limitata nel tempo, in

modo anche che risultino troppo dispendiosi da riparare in caso di usura.

Ed ecco che si viene così indotti a comperarne uno nuovo. Le

considerazioni che sorgono in un ambiente di consapevolezza e di

sostenibilità sono legate all’ingente quantità di rifiuti non facilmente

smaltibili che questo tipo di circolo vizioso ingenera. I dubbi sono ancora

molti a riguardo e la problematica è aperta e in piena discussione; certo è,

però, che all’interno dei GAS quello che si può fin da ora fare, in attesa di

una risposta più compiuta, è cercare di allungare la vita degli oggetti

avendone cura e riguardo e provando a sostituire solo quelle parti che

effettivamente non sono più utilizzabili, riducendo in tal modo i rifiuti.76

Tutti questi criteri vengono poi, nella pratica, riconsiderati alla luce dei

principi fondanti il gruppo di acquisto solidale e, quindi, in prima analisi si

verificherà l’aspetto etico, solidale e sostenibile della produzione

selezionata accertando il rispetto dell’uomo e dell’ambiente e cercando,

dove possibile, di accordare la propria preferenza a quei produttori che

promuovono la dignità e l’autonomia di persone svantaggiate per motivi

fisici, psicologici o sociali.

Per quanto riguarda le modalità attraverso cui avviene il contatto tra

produttori e GAS, il canale più utilizzato è ancora il passaparola, anche se,

sicuramente, grande rilievo ha assunto l’utilizzo della posta elettronica e di

Internet: in questo modo, una volta scoperto ed approvato un certo

fornitore, la notizia viene diffusa non solo tra conoscenti e vicini, ma anche

attraverso i più generali canali del consumo responsabile, potendo

giungere a diversi km di distanza. Tra i canali di diffusione, inoltre, non

può essere dimenticato il fondamentale ruolo giocato dalle fiere dei

prodotti tipici, dai mercatini e dalle sagre organizzate dai rappresentanti

del commercio equo e solidale. Anche i grandi raduni e i grandi

76 Cfr. Documento Base dei GAS.

59

appuntamenti, come ad esempio “Fa la cosa giusta” che si tiene ogni anno

a Milano e Torino, sono un’occasione molto importante di conoscenza e di

scambio reciproco, di contatto e di incontro. E’ inoltre da sottolineare che,

essendo fiere molto conosciute e pubblicizzate, rappresentano anche uno

dei mezzi strategici più importanti da utilizzare ai fini della promozione e

della sensibilizzazione su larga scala, di coloro che non fanno parte dei

gruppi di acquisto o che non conoscono il consumo responsabile.

2.4.1 Quali prodotti? Aspetti attuali e prospettive future

Ma quali sono i prodotti acquistabili attraverso i GAS? Potenzialmente,

tutto ciò che si acquista nella grande distribuzione può essere acquistato

per mezzo del gruppo, non si può negare tuttavia che per alcuni prodotti la

gestione degli ordini collettivi sia più difficilmente operabile. Se problemi

particolari non si pongono per i generi alimentari, per i prodotti per l’igiene

personale e della casa, per i cosmetici, per i prodotti erboristici, alcune

difficoltà potrebbero sorgere relativamente all’acquisto di quei beni che

devono necessariamente essere provati. Il riferimento è qui, ad esempio,

al tessile e alle calzature. Non risulta semplice poter effettuare un ordine

collettivo di vestiti o di scarpe senza averli provati, senza averne verificato

la vestibilità o la comodità. Non bisogna rischiare di commettere l’errore di

dimenticarsi che ciò che si acquista deve soddisfarci, deve piacerci. Non

sarebbe giusto e nemmeno funzionale agli intenti che si vogliono

perseguire, sacrificare il proprio gusto, sebbene in nome dell’alto valore

dell’eticità, alla lunga verrebbe avvertito come un peso e andrebbe forse a

vanificare e a far perdere la motivazione profonda di appartenenza ad un

GAS. Evidentemente, non è possibile acquistare un capo di abbigliamento

unicamente sulla base di un catalogo ed inoltre, se da un lato fare degli

ordini collettivi non è semplice, dall’altro non è neppure facile reperire dei

produttori di abbigliamento etico che operino sulla piccola distribuzione. In

altre parole, la scelta a disposizione non è molta, lo stile è pressoché

60

unico e non è semplice che riesca a raccogliere le esigenze e i gusti di

ognuno. Alcuni gruppi, tuttavia, stanno cercando di promuovere e

sviluppare anche l’acquisto di questo genere di prodotti, pur consapevoli

delle difficoltà intrinseche e delle reali problematiche. Per ovviare

all’inconveniente della valutazione del prodotto unicamente tramite

catalogo, hanno pensato, in alcuni casi, di organizzare delle sfilate di “altra

moda”, in altri, di invitare i produttori di abbigliamento equo e solidale ai

propri incontri, così che ognuno potesse vedere e provare ciò che veniva

proposto e decidere di acquistarlo sempre attraverso la compilazione

dell’ordine. Per cercare di ridurre i costi, che, non essendoci ordini molto

consistenti, rischiano di rimanere elevati, si è inoltre pensato di effettuare

questo genere di acquisti in modalità intergas, cioè facendo un ordine

unico valido per più gas della stessa zona. La sfida è quindi aperta e la

sperimentazione in atto. Questo dimostra che i GAS sono sempre alla

ricerca di nuovi canali di espressione, che sono ambiti di forte vitalità e

creatività e che, in prospettiva, vogliono cercare di soddisfare tutte le loro

esigenze in modalità di acquisto collettivo, ottenendo tutti i prodotti e i

servizi da filiere corte, direttamente conosciute, rispettose dell’uomo e

dell’ambiente. Molte sono, infatti, le questioni ancora accese e in fase di

discussione: si stanno ad esempio cercando delle soluzioni relativamente

al campo della telefonia e delle assicurazioni e, se è pur vero che qualche

esperienza è stata avviata, non si può ancora dire di aver trovato la

risposta definitiva77. Questa è quindi la partita che i GAS stanno

attualmente giocando ed è qui che si vedranno le potenzialità e le

prospettive di sviluppo.

2.5 La rete dei GAS e il DES

Decine di migliaia di comunità fortemente radicate sul territorio, legate al loro

interno da relazioni sociali integrate e connesse le une alle altre da una

comune percezione dell’importanza di tutelare la diversità culturale,

77 Per approfondimenti www.livecom.coop.

61

rappresentano una potente forza sociale, oltre che un antidoto contro la

politica delle reti economiche globali.

Con queste parole l’economista J. Rifkin, ben sintetizza il significato della

costruzione di una rete di economia locale. E’ nel 1997 che, da esigenze

concrete di valorizzazione e scambio di esperienze, nasce la rete dei

GAS. L’idea di fondo è che lavorando congiuntamente, scambiandosi

informazioni, conoscenze e sperimentazioni, ci si può aiutare l’un l’altro

nella ricerca di un produttore, nella definizione dei criteri e delle modalità

operative e di gestione. Oltre che rappresentare uno strumento di aiuto

reciproco, la rete permette anche di promuovere e facilitare l’attivazione di

nuovi gruppi e comunità locali semplicemente diffondendone la

conoscenza. Attraverso l’interscambio delle esperienze è infatti possibile

raccogliere e diffondere le informazioni utili, da un lato a chi già appartiene

ad un GAS per ripensare alla propria strutturazione e per avere dei nuovi

stimoli su cui lavorare, dall’altro aiuta a costruire ed organizzare nuovi

gruppi di acquisto. Per quanto riguarda il livello organizzativo, la rete è

strutturata per essere aperta e flessibile, così da poter evolvere ed

adattarsi ad una situazione che, per sua natura, è in continuo movimento.

Fermo restando che ogni nodo della rete rimane dotato di una sua

autonomia, di una sua storia che lo differenzia dagli altri, tutti i nodi,

insieme, si riconoscono in un’esperienza comune che oltretutto

contribuisce a creare senso di appartenenza. Strutturata in questo modo,

la rete diventa uno strumento attraverso cui si può dare valore alla

diversità, che diviene fonte di confronto e crescita sia individuale che di

gruppo.

Sinteticamente, le finalità perseguite dalla rete dei GAS possono essere

così riassunte:

• Favorire lo scambio e la circolazione di esperienze e informazioni

pratiche sia sulle modalità organizzative che sui prodotti e i rispettivi

produttori;

• Favorire l’elaborazione di criteri di selezione sempre migliori;

62

• Promuovere la diffusione dell’esperienza dei gruppi di acquisto

solidali;

• Sensibilizzare alla pratica del consumo critico.

Tra gli strumenti utilizzati dalla rete per permettere la circolazione delle

informazioni troviamo il Bollettino Bogar, foglio informativo contenente

esperienze, notizie da e sui GAS, idee, novità, segnalazioni, ecc. Il

bollettino è stato pubblicato trimestralmente fino al 2001, ora sono invece

maggiormente utilizzati il sito internet www.retegas.org molto utile per chi

ha intenzione di cominciare l’esperienza e la mailing list che invece è

funzionale alla discussione. Non è da sottovalutare, infine, il ruolo giocato

dai convegni nazionali indetti dalla rete gas con cadenza annuale che

rappresentano un importante momento di incontro e di scambio a livello

superlocale.

La costituzione della rete tra i gruppi di acquisto, ha inoltre stimolato il

contatto e la collaborazione con molte altre realtà che tentano di

distanziarsi dal sistema economico tradizionale. I GAS rappresentano

dunque un’esperienza che si va ad affiancare alle botteghe del commercio

equo e solidale, alla campagna dei Bilanci di giustizia, alla realtà del

turismo responsabile, della finanza etica, delle cooperative sociali, ecc.

Seppur differenti, tutti questi soggetti si riconoscono in una comune critica

al modello economico che insegue il “ben-avere” mentre invece si

dovrebbe andare alla ricerca del “ben-essere”. E’ a partire da questa

considerazione che, nel 2002, ha potuto prendere avvio la costruzione di

un percorso comune che permetta di agire localmente, mettendo in rete le

diverse esperienze di economia solidale esistenti, così da poterle

sviluppare e rafforzare e promuovendo la creazione di distretti locali che, a

livello globale, possano ricomporre un sistema economico solidale. Il

primo passo per costruire un distretto di economia solidale (DES) è la

ricerca di tutte le realtà locali che possano e siano interessate ad essere

coinvolte nel progetto; in secondo luogo si procede ad una mappatura

63

delle realtà di economia solidali presenti sul territorio; resta da chiedersi,

infine, come poter agire nella realtà concreta.78

Come per i GAS, anche la partecipazione al DES richiede ai membri

l’adesione a dei principi generali che costituiranno elementi di guida

nell’azione concreta: promozione, diffusione e pratica di un’economia

equa e socialmente sostenibile, sviluppo di azioni di sostenibilità

ecologica, valorizzazione della dimensione locale e delle relazioni

personali e dirette, partecipazione democratica ed attiva alla definizione

della gestione dei processi economici e delle relazioni con gli altri soggetti

della rete.

E’ così, dunque, che dall’avvio di queste esperienze è diventato possibile

intrecciare reti con reti, azioni piccole con azioni grandi, andando a

costruire una struttura a più livelli in cui anche il singolo individuo o il

singolo gruppo ricopre un ruolo significativo e di ampia portata.

2.6 I GAS in cifre: l’attuale diffusione

Nel corso degli ultimi anni i GAS hanno visto aumentare notevolmente il

loro numero. Dal primo GAS, sorto a Fidenza nel 1994, i gruppi di acquisto

sono raddoppiati ogni due anni. Ad oggi, i gruppi che hanno segnalato la

loro formazione alla rete nazionale, sono poco più di 400, ma, in realtà, il

loro numero è molto più elevato se si tiene conto di tutti quei gruppi,

soprattutto di quelli molto piccoli, che non essendosi registrati sul sito

Internet, non sono stati censiti.79 Le stime riguardo il prossimo futuro

sviluppo, sono molto positive: alla luce delle esperienze passate e del

sempre più consistente interesse mostrato da parte della popolazione e

dell’opinione pubblica per le tematiche del consumo critico e della

responsabilità sociale, si crede che il numero dei GAS continuerà a

crescere in modo esponenziale. Le ragioni di questo successo sono da

ricercarsi, da un lato nella possibilità che il gruppo di acquisto dà di

78 Per approfondimenti www.des.varese.it. 79 Cfr. www.retegas.org.

64

rispondere a delle esigenze concrete ed attuali come l’acquisto di cibi sani

e genuini, il bisogno di intessere relazioni sociali sincere, la

consapevolezza rispetto a ciò che si consuma, la volontà di ridurre lo

sfruttamento dei lavoratori e della natura e la necessità di vivere oggi e di

lasciare alle generazioni future un mondo più pulito e meno inquinato. Per

altro verso, è la stessa modalità di strutturazione e funzionamento dei

gruppi a raccogliere interesse attorno a sé: la grande flessibilità ed

apertura, la mancanza di barriere rigide e strutturate e di un potere

imposto dall’alto, l’aspetto della condivisione e della convivialità,

l’importanza attribuita alla partecipazione, la possibilità di espressione e di

crescita sono tutti elementi che fanno sentire la realtà del gruppo di

acquisto come vivibile, praticabile e accogliente.

Credo che oggi, in una società che ha visto sviluppare tanti individui soli,

la possibilità di essere gruppo, di avere un luogo in cui confrontarsi e

sostenersi, in cui le differenze non rappresentano materia di conflitto, ma

di possibile crescita reciproca, il GAS costituisce un esempio molto

importante che, a poco a poco, ha fatto sentire la propria presenza, senza

imporsi, ma entrando a piccoli passi nelle realtà locali, silenziosamente.

Credo sia questo il reale punto di forza dei gruppi di acquisto solidali e

credo anche che, negli ultimi anni, se ne siano accorti alcuni enti locali nel

momento in cui hanno sostenuto e promosso nel loro territorio la

formazione di nuovi GAS, ravvisandovi uno strumento potenzialmente in

grado di rafforzare il tessuto sociale e favorire la produzione locale.

Credo che quindi il contributo che i GAS hanno portato e stanno

attualmente portando, sia riassumibile nell’attenzione crescente che

hanno catalizzato attorno all’importanza della capacità di intessere

relazioni interpersonali fondate sulla fiducia e sulla lealtà, sul valore della

promozione dell’economia locale, riportando alla luce la bellezza delle

realtà più piccole e meno conosciute, il valore della genuinità dei cibi, la

diffusione della cultura della convivialità come canale di accesso ad

un’economia sostenibile.

65

In una situazione in cui i cicli di produzione e di consumo sono organizzati

in modo disfunzionale per il pianeta, in cui sempre più si stanno incrinando

le possibilità di un futuro che ancora possa fare affidamento sulla natura,

in cui il potere di acquisto tende a diminuire drasticamente, l’esperienza

del gruppo solidale può essere di fondamentale importanza. La filiera

corta riporta l’economia globale al livello delle relazioni ed è qui che si

possono sviluppare alleanze e collaborazioni tra produttori e consumatori

in nome della fiducia. E’ in quest’ottica che vanno intese le potenzialità dei

GAS e la loro capacità di dare sostegno a chi è stato espulso dalla grande

distribuzione perché non in grado di giocare le regole della concorrenza.

La creazione di legami permette di sottrarre sempre più ampi spazi

all’economia globale, spazi che vengono riempiti di senso attraverso forme

di economia di relazione.

“Alla fine, sarà una rete di relazioni l’unica in grado di imbrigliare ed

addomesticare la globalizzazione”.80

80 Saroldi, Andrea, op. cit. 61.

66

CAP. 3

Voci dai GAS: resoconto di un’intervista

I capitoli precedenti sono stati dedicati alla definizione di che cosa è e di

come funziona un gruppo di acquisto solidale: riferendoci principalmente

al Documento Base, ne abbiamo indicato le caratteristiche e le

determinanti, le modalità di strutturazione e di organizzazione, i criteri che

stanno alla base della scelta dei prodotti e dei produttori, ecc. Da un punto

di vista prevalentemente teorico, abbiamo inoltre approfondito alcune delle

tematiche che fanno da sfondo a tale esperienza, cercando di fornire al

lettore un’immagine ed un profilo maggiormente completo di questa realtà.

Cercheremo ora, in quest’ultimo capitolo, di avvicinarci ulteriormente al

mondo dei GAS: guidati da alcuni interrogativi strutturati in una piccola

intervista, entreremo nella quotidianità di tali gruppi, dando voce a chi in

prima persona li vive e li anima, passando attraverso vissuti ed esperienze

personali, aneddoti e riflessioni.

Il campione cui è stata sottoposta l’intervista è costituito da alcuni membri

del gruppo di acquisto solidale di Legnano selezionati in relazione al ruolo

rivestito, alla posizione occupata o al diverso livello di attivismo,

partecipazione e coinvolgimento nelle attività e nella vita del gruppo.

G.A.S.A.BI.LE. nasce nel 2001 quale frutto di un progetto sviluppato da

alcune famiglie del territorio che già si vedevano riunite nell’esperienza dei

Bilanci di giustizia. L’acronimo del gruppo significa infatti Gruppo di

Acquisto Solidale Aperto Dai/dei Bilancisti di Legnano. Sono così

denominati coloro che hanno raccolto la sfida lanciata da padre A.

Zanotelli nel 1993 all’interno del movimento “Beati i costruttori di pace”.

L’intento della campagna era di aiutare le famiglie, qui intese come dei

soggetti micro economici, a dirigere verso valori di giustizia ed eticità i

propri consumi e i propri risparmi. Le famiglie del legnanese che aderirono

alla campagna pensarono così di costituire un piccola rete di acquisto con

l’obiettivo di amministrare, concretamente ed effettivamente secondo i

67

principi sopraddetti, il bilancio familiare in ambito alimentare. In questo

passaggio furono in particolar modo trainanti e decisive le figure di Paolo e

Barbara, da un lato, oggi ancora referenti di G.A.S.A.BI.LE. e Gianni e

Annapaola dall’altro. Nata come piccola realtà circoscritta, negli anni

l’esperienza si è ampliata e consolidata vedendo una sempre più cospicua

adesione ed un continuo sostegno da parte delle famiglie che nel tempo vi

hanno preso parte, costituendo un vero e proprio gruppo di acquisto

solidale che, ad oggi, conta più di un centinaio di nuclei.

In perfetta linea con i principi sanciti nel Documento Base dei GAS,

G.A.S.A.BI.LE. ha come obiettivo lo sviluppo di stili di vita sostenibili, sobri

e solidali, lo sviluppo e il consolidamento di un modello di criticità nel

consumo, nonché la riattivazione dei legami sociali dentro e fuori il gruppo.

Non essendoci un modello organizzativo predefinito cui ogni gruppo deve

conformarsi, G.A.S.A.BI.LE. ha compiuto la scelta della non strutturazione

e non formalizzazione in associazione con la conseguente mancanza di

ruoli, posizioni predefinite e gerarchie. La gran parte del funzionamento

del gruppo è quindi lasciato alla libertà e alla volontà di chi vi appartiene.

Libera e volontaria è anche la partecipazione alle attività indette dai

referenti, l’assunzione di compiti e responsabilità, così come la proposta di

nuovi prodotti e produttori, iniziative e incontri formativi di rilievo per le

tematiche che fanno da sfondo ad un’esperienza di tal sorta e anche la

fissazione dell’ordine del giorno delle riunioni che di norma si tengono ogni

quattro mesi. La decisione di non formalizzarsi in associazione, porta

G.A.S.A.BI.LE. ad essere aperto nei confronti di coloro che vogliano

entrarvi, ponendo come unico limite all’accoglienza la profonda

condivisione della filosofia e degli obiettivi espressi dal gruppo, non

volendo essere considerato una più comoda alternativa al supermercato.81

81 Per approfondimenti Cfr. carta dei principi di G.a.s.a.bi.le. disponibile su www.des.varese.it/gas/gas_legnano.htm

68

3.1 Visioni del GAS: significati e rappresentazioni

Che cos’è il GAS per chi ne è membro? Che significato ha appartenervi?

Piacevolmente accolti dagli intervistati, questi interrogativi hanno

rappresentato il punto di partenza per raccontare la propria personale

esperienza e il modo in cui questa è stata vissuta. Unanimi e concordi

nelle risposte fornite, per i gasisti il gruppo di acquisto solidale è

rappresentazione di diverse dimensioni: è anzitutto un luogo in cui

condividere idee e comportamenti con persone che si sentono vicine, uno

spazio di incontro e riflessione comune su tematiche di fondo quali

decrescita, consumo critico e sobrietà che generalmente non trovano

terreno fertile all’interno degli ambienti frequentati quotidianamente, primo

fra tutti quello lavorativo.

Il GAS è poi vissuto come strumento che rende possibile la

concretizzazione di uno stile di pensiero facendone uno stile di vita. In

questa accezione diviene un mezzo per poter essere più coerenti con se

stessi, con le proprie credenze e, conseguentemente, più sostenibili; un

modo attraverso cui riuscire ad esprimere un’idea di fondo molto forte

sulla vita, un dissenso a livello di consumi nei confronti della società e dei

principi su cui questa si regge. Organizzarsi al fine di utilizzare

congiuntamente il proprio potere di acquisto è infatti considerata una

decisione che naturalmente scaturisce come conseguenza del disaccordo

che si nutre nei confronti dei valori su cui si fonda il modello economico

tradizionale e dei danni collaterali che esso comporta. Ed è in questo

senso che il GAS è considerato propriamente un gesto politico e dunque

un mezzo per provocare cambiamenti. Spinto dalla necessità da me

manifestata di una maggiore chiarezza, Alessandro spiega che, come

consumatore, accordare la propria preferenza ad aziende che lavorano

secondo determinati criteri, significa per lui contribuire concretamente a

limitare lo sfruttamento umano e naturale e di conseguenza i danni

ambientali. Prendere questa decisione vuol dire fare politica perché si è in

grado di provocare dei cambianti. Naturalmente, nel caso specifico, non si

69

tratta di una politica partitica, ma queste modificazioni, sebbene siano

forse minime e ristrette, sono reali e, in quanto tali, meritano una giusta

considerazione dovendo essere evidenziati quali modi che la società civile

utilizza per affrontare e tentare di risolvere, o quantomeno limitare, i

sopraddetti problemi:

Eduardo Galeano, in un libro intitolato “Le vene aperte dell’America latina” diceva che il sottosviluppo non è una fase dello sviluppo, ma la sua conseguenza. Io credo che questo sia quello che il GAS cerca di risolvere, cioè non far pesare su altre persone o sulla natura le esigenze che hanno le persone che vivono in occidente. Alessandro, 25 anni, studente

Il GAS è quindi anche un movimento politico, perché attraverso la sua

azione cerca di spostare l’economia e la vita reale delle persone verso un

destino e un futuro diverso rispetto a quello cui porta il circuito

tradizionale.

Concorde con questa visione, Barbara sostiene che sia proprio l’idea di

non voler rinunciare a fare qualche cosa in cui si crede, che rende il GAS

uno strumento per praticare un gesto politico importante. Tuttavia, è

essenziale rimanere sul piano della realtà, ed è a questo proposito che si

sviluppa nel corso dell’intervista, una riflessione ulteriore:

Mio padre diceva sempre che dopo essere stati incendiari si diventa pompieri. Io non credo che questo gesto sia incisivo in sé […] Con questo non intendo dire che sono disillusa, ma che pur non credendo di riuscire a cambiare il mondo, ci credo molto simbolicamente, perché i gesti politici non necessariamente devono arrivare ad un risultato. Sono gesti e perciò quello che è importante è tu con essi contribuisci a creare una cultura e delle idee che poi evolvono storicamente, si acquisiscono e crescono da una generazione all’altra. Io credo molto nel GAS come mezzo per seminare un modo di pensare.

E ciò che questa azione politica innanzitutto semina è l’idea di voler

essere liberi rispetto a poteri forti e, nella dimensione del gruppo, se si

decide di contrastare una grossa multinazionale, si è in grado di trovare

delle alternative:

70

Magari non riusciremo a cambiare il mondo, ma il GAS rende possibile per me l’essere libera da una multinazionale, se non compro i suoi prodotti. Quindi, parlando di cambiamenti, innanzitutto se ne crea uno nella mia vita.Inoltre, credo moltissimo nell’insegnamento che questo modo di vivere dà ai miei figli. Barbara, 42 anni, educatrice

Il gruppo di acquisto solidale è infine descritto come una cosa bella in sé,

perché permette di creare socialità e relazioni umane profonde

caratterizzate da lealtà, sincerità e correttezza, costituendo anche un

importante insegnamento dal punto di vista educativo.

Dall’analisi delle risposte date a questo primo interrogativo, è emerso con

chiarezza che la dimensione del gruppo è percepita da chi lo vive come

fondamentale. Se, infatti, il GAS è uno strumento che permette di vivere

concretamente il principio della responsabilità, un mezzo attraverso cui

agire nella quotidianità un comportamento improntato alla sostenibilità e

alla sobrietà, è però imprescindibile, a tal fine, la dimensione del gruppo.

Cerchiamo di capirne la ragione.

3.2 Oltre il consumo critico individuale: la scelta del gruppo

Concordemente, gli intervistati ritengono che il gruppo abbia e dia un

valore aggiunto alle azioni intraprese.

La dimensione comunitaria, infatti, se da un lato permette alle singole

persone di sentirsi più forti, dall’altro consente di rinforzare anche i risultati

che questa attività si propone di ottenere, come ad esempio lo spostare

qualche percentuale di mercato:

Piccole azioni messe insieme spostano piccole percentuali di mercato e, se teniamo presente che le multinazionali e le grandi aziende sarebbero disposte a fare qualunque cosa per rubarsi un 1% di mercato, farebbero a cazzotti per avere quelle piccole percentuali spostate dalla propria parte. E allora, forse, anche le aziende, l’economia e le multinazionali iniziano ad accorgersi che è conveniente non solo quello che porta un immediato profitto, ma anche quello che lo può portare in un futuro. Alessandro, 25 anni, studente

71

Come sostiene Cristina, il gruppo forma una massa critica che permette

alle azioni compiute di avere un impatto e una visibilità superiore rispetto a

quella che potrebbe guadagnare un unico individuo, riuscendo a far

sentire la propria voce, diviene veicolo privilegiato di un messaggio che ha

maggiori possibilità di essere ascoltato.

Se il fine ultimo del GAS è la sensibilizzazione e la volontà di mostrare

come un altro modo di vivere sia possibile, è evidente che tante voci unite

avranno forza maggiore rispetto a molte voci individuali che, con fatica,

riuscirebbero a giungere all’orecchio delle persone:

Penso che sia come per la bandiera della pace: io l’ho esposta sul balcone come tanti altri, del resto, hanno fatto. Ma se si fa una marcia per la pace l’impatto che si ha è sicuramente diverso. Credo che per il GAS valga lo stesso discorso. Cristina, 46 anni, impiegata

Il gruppo, dunque, non può e non deve essere pensato come la semplice

somma dei singoli, piuttosto come una loro moltiplicazione.

Credo sia proprio in questa accezione che, sopra ogni cosa, si riesce a

cogliere il significato di quel valore aggiunto prioritariamente definito dai

gasisti in relazione al proprio gruppo, perché è nello stare insieme e

nell’agire verso uno stesso obiettivo che, incrementando visibilità e potere,

si ridefinisce il ruolo del singolo.

Riassume efficacemente i concetti trattati, a mio avviso, il pensiero

espresso da Alessandro che ritengo significativo riportare per intero:

C’è un proverbio che mi piace molto secondo cui un uomo solo che guarda un muro è un uomo da solo che guarda un muro, ma due uomini che guardano un muro è già un principio di evasione. Questo per me è verissimo e può sintetizzare quello che il gruppo è in grado di dare al singolo che, invece di sentirsi spaesato, può essere più motivato e concreto nelle cose che fa. Le esperienze, inoltre, si vanno ad accumulare e quindi si crea un bagaglio di errori già commessi, di conoscenze già apprese e di pratiche già testate che servono a tutti. Bisogna essere dei nani sulle spalle dei giganti e questa dimensione aiuta il singolo a salire su queste spalle, a raggiungere un altro livello.

Il gruppo quindi aiuta il singolo ad acquisire una forza che altrimenti non

avrebbe, portandolo, come dice Barbara, ad essere libero dai poteri forti.

72

Quest’ultima e Riccardo convengono con questa visione ritenendo che,

alla luce delle esperienze vissute, i cambiamenti, se vogliono essere reali,

devono essere pensati nella logica del “far massa” in quanto, se promossi

individualmente, presentano un elevato rischio di autoreferenzialità.

Il gruppo diviene fondamentale per contrastare questa minaccia perché dà

garanzia di confronto. Essendo un luogo in cui circolano idee diverse,

diviene occasione di riflessione su tematiche comuni, offre l’opportunità di

unire ed utilizzare efficacemente il bagaglio esperienziale di tutti i suoi

membri riuscendo, da un lato, a limitare gli errori che potrebbero essere

compiuti in ragione dell’inesperienza e, dall’altro, ad indirizzare

correttamente le motivazioni a sostegno dell’azione.

In una seconda sfaccettatura, la dimensione gruppale è fondamentale sia

per poter praticare certi tipi di acquisti sia, successivamente, per usufruire

delle consegne a domicilio. Non per ragioni di comodità, questo tipo di

consegne è scelto come strumento per limitare il proprio impatto

ambientale. In gruppo, infatti, si effettuano degli ordini molto consistenti

che consentono di richiedere al produttore una sola, unitaria consegna

della merce. Rispetto al ritiro individuale, che per altro sarebbe troppo

oneroso, si limita dunque l’utilizzo dei mezzi di trasporto, si ottimizza il

viaggio perché i camion partono pieni, si riduce il consumo di carburante e

quindi, contestualmente, l’inquinamento ambientale.

Come sottolineano Gianni e Annapaola, non bisogna dimenticare che

l’acquisto di gruppo risponde anche ad un’altra motivazione: andando ad

incidere sull’economia stessa del meccanismo di produzione e

distribuzione, si diviene veicolo di solidarietà nei confronti dei produttori.

Come singolo, infatti, se si facesse la scelta di non acquistare i prodotti al

supermercato, ma direttamente dal produttore, non si riuscirebbe ad

incidere significativamente sulla sua economia, perché il potere di

acquisto avrebbe una dimensione infinitesimale. Se, invece, si costituisce

un gruppo disposto ad acquistare direttamente dal produttore un

quantitativo consistente di beni solo se questi rispondono a ben

determinati criteri, il produttore sarà altrettanto disposto ad adeguare i

73

propri metodi produttivi alle richieste avanzate, perché la sua economia

ottiene una garanzia ed egli avrà la certezza di uno sbocco sul mercato

che gli consente di sopravvivere.

È stata questa sensibilità e questa attenzione nei confronti dei produttori

che ha permesso al GAS di essere dipinto propriamente come uno

strumento di rialzo per le piccole economie locali in difficoltà, mostrando

ed esprimendo attivamente il proprio ruolo solidale:

Come gruppo si ha un peso diverso e si possono davvero salvare certe economie in crisi. Così è stato ad esempio con il produttore di formaggi da cui acquistiamo. Producendo biologico non aveva molto mercato e stava pensando di chiudere l’attività; riforniva delle piccole botteghe, ma aveva bisogno della certezza di un certo numero di clienti per andare avanti. Noi come gruppo possiamo garantire un tot di ordini all’anno e in questo modo gli abbiamo permesso di sopravvivere potendo rimanere coerenti con il metodo biologico. Gianni, 45 anni, fisioterapista

Non bisognerebbe allora sorprendersi nello scoprire l’esistenza di un

rapporto diretto tra chi compra e chi produce, un rapporto umano, basato

sulla fiducia, il rispetto, la lealtà, la schiettezza e la solidarietà.

Dunque, cercando di tirare le fila di quanto detto, sicuramente si può

essere consumatori critici acquistando i prodotti nella grande distribuzione,

ma all’interno di quel contesto non è possibile vivere in modo così

concreto l’aspetto della solidarietà.

Come sottolinea Diego, inoltre, il limite del consumo critico consiste nella

mancanza di un contatto diretto con il produttore: nonostante si acquisti

una maggiore consapevolezza su ciò che si compra, nonostante ci sia una

maggiore trasparenza, non si ha quel rapporto che invece il gruppo

permette di coltivare.

Tuttavia non bisogna correre il rischio di considerare il consumo critico e il

GAS come delle alternative: devono essere invece visti come due

elementi che si integrano e si arricchiscono vicendevolmente.

Evidentemente, non tutti coloro che appartengono al GAS riescono ad

effettuare tutti gli acquisti di cui necessitano attraverso il gruppo

74

trovandosi, quindi, ad essere dei consumatori critici “classici” al

supermercato, ma il ruolo e il valore del gruppo rimane indiscusso:

La dimensione del gruppo è vitale per fare questo tipo di acquisti. E’ ovvio che poi per i prodotti che devo comperare al supermercato pratico delle scelte critiche, ma non mi basterebbe il consumo critico in sé, perché non andare al supermercato ha per noi un senso ben preciso all’interno del discorso di cambiamento e di contrasto ai poteri delle multinazionali. Sono quindi a mio avviso livelli diversi. Barbara, 42 anni, educatrice

La dimensione del gruppo è inoltre considerata un luogo privilegiato

perché, come ricorda Diego, permette di acquisire informazioni e

conoscenza che altrimenti non si riuscirebbe ad ottenere, costituisce un

aggancio, contribuisce alla formazione di un pensiero critico ed agisce

come facilitatore nel contatto con la realtà della sobrietà, della decrescita e

del consumo critico e responsabile, fornisce infine spunti di riflessione che

permettono una crescita sia individuale che gruppale. Sostenuto in questo

pensiero anche da Gianni e Annapaola, essi ritengono, infatti, che il

gruppo consente di approfondire certe tematiche, di sviluppare indagini sui

prodotti ei i produttori, di costruire laboratori di autoproduzione, ecc.

In ultimo, l’aspetto forse più semplice e naturale del gruppo: lo stare

insieme in un clima di fiducia, aiuto, reciprocità e collaborazione. Il GAS è

anzitutto un luogo di relazione e di socialità, che si desidera

continuamente mantenere attiva attraverso l’organizzazione di incontri,

laboratori, gite sociali domenicali dai produttori, momenti di scambio e di

convivialità.

E’ stata premura di tutti gli intervistati sfatare il pensiero che oggi sembra

si stia diffondendo in relazione ai gruppi di acquisto solidali i quali, troppo

spesso, soprattutto a livello mediatico, vengono rappresentati come

mezzo a disposizione del consumatore per poter risparmiare sulla spesa.

Sebbene, come tutti riconoscono, la possibilità di fare degli acquisti molto

consistenti da un solo produttore dia effettivamente un lieve vantaggio

economico, in quanto questi è più propenso a concedere un prezzo

scontato rispetto a quello riportato sul listino, non è certo il risparmio la

molla che fa attivare un GAS.

75

A questo proposito, Cristina ritiene che oggi imperi un’errata percezione

del GAS, che lo porta ad essere conformato ai più generici gruppi di

acquisto. Se questi ultimi, sottolinea, sono gruppi che si attivano con

l’obiettivo di aggregare il maggior numero possibile di persone per poter

così comprare grosse quantità di prodotti e avere la forza necessaria per

richiedere uno sconto al produttore, le finalità perseguite dal GAS sono

invece differenti. Il gruppo di acquisto solidale, infatti, è contraddistinto

soprattutto dalla S finale, che ne fa elemento fondato e caratterizzato dalla

solidarietà che, come si è visto, viene praticata non solo all’interno del

gruppo attraverso l’aiuto reciproco che i membri si danno vicendevolmente

sostenendosi nelle difficoltà che emergono ogni giorno dentro e fuori dal

gruppo, ma anche nei confronti dei produttori applicandosi per aiutare le

piccole economie locali.

Oltretutto, fanno notare i gasisti, i prodotti che vengono acquistati,

rispondendo a certi criteri, hanno un livello qualitativo molto alto il cui

prezzo non potrebbe reggere il confronto con quello praticato dai discount

e da qualsiasi supermercato su prodotti di livello inferiore. Certo a parità di

qualità, c’è un vantaggio, ma è così ridotto da non poter essere ragione

sufficiente per entrare nel gruppo cui invece si giunge con una

motivazione che va al di là del risparmio economico.

Obiettivo ultimo dei GAS è quindi, come dice Cristina, la sensibilizzazione

non il reclutamento. Ed è proprio in questo differente approccio al mondo

circostante che si stanzia la maggiore differenza tra un gruppo di acquisto

solidale e un gruppo di acquisto tout court. Inoltre, se i GAS fossero

interessati come questi ultimi, ad aumentare esponenzialmente il numero

dei propri partecipanti, non ne otterrebbero, in realtà, un vantaggio. A

livello organizzativo è infatti controproducente una elevata consistenza

numerica, perché si complicherebbero i meccanismi di smistamento delle

merci, si aumenterebbe la possibilità di conflitto inter gruppo, e ci sarebbe

un carico di lavoro eccessivo per il nucleo di leadership.

Mi piacerebbe, dunque, a seguito dei ragionamenti fatti, concludere

questo paragrafo riportando la definizione che Gianni dà del GAS come:

76

un piccolo sistema capillare che funziona agendo sul livello politico ed economico. Attraverso il GAS si compie una micro azione politica che vuole cambiare qualche cosa, incidendo sui meccanismi di fondo della nostra società. E il gruppo di acquisto questo obiettivo non ce l’ha.

3.3 Quando nasce e finisce un gruppo: il ruolo della leadership

Un gruppo nasce laddove esiste un nucleo di persone motivate. E’

interessante notare come tutti gli intervistati siano unanimi su questo

pensiero: per dar vita ad un gruppo è necessaria una leadership che,

come sostiene Barbara, è fondamentale tanto nella fase iniziale quanto

nel mezzo dell’esperienza. Il ruolo di leadership deve infatti essere

mantenuto costantemente all’interno del gruppo perché, se nella fase di

avvio è essenziale per la definizione degli aspetti organizzativi, in seguito,

quando è già avviato, quando si distribuiscono i compiti e le responsabilità

ed è quindi in grado di sopravvivere con una leadership meno forte,

questa è cruciale per mantenere vive le motivazioni. Rinfrescare le idee e

le motivazioni che hanno portato alla costituzione del GAS, ricordare agli

aderenti che il fare la spesa insieme non è solo un modo per non andare

al supermercato, ma che l’aspetto comunitario, come abbiamo visto, ha un

valore aggiunto, è determinante per non sciogliersi, disperdersi e

demotivarsi. Costruire e fare parte di un gruppo è, infatti, sicuramente una

gioia, ma anche una fatica, richiede uno sforzo e un continuo rimando al

piano della realtà. Se è importante non perdere l’idea su cui si è fondato e

si è sviluppato un gruppo, è però vero che questa può modificarsi e

cambiare forma con il passare del tempo. E’ essenziale, tuttavia, che sia

sempre presente, sebbene con diverse sfaccettature e caratteristiche,

perché fonte di unità e sostegno.

Io e Paolo, all’inizio, eravamo delle colonne portanti per il GAS di Legnano, organizzavamo gli incontri e tenevamo le riunioni. Ora ci siamo un po’ più messi da parte, abbiamo avuto il quarto figlio e io ho ripreso l’università. Noi siamo davvero grati a chi ci ha un po’ sostituiti in questo ruolo, prendendo le redini del gruppo.Tra l’altro, noi come GAS, ci incontriamo solo due o tre volte all’anno, ma soprattutto ultimamente, mi sono resa conto dell’importanza di quei

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momenti. Incontrarsi con chi ha con te delle affinità, condividere con altri cose che ti appassionano, permette di mantenere vive le motivazioni, rinfranca e rinfresca le ragioni iniziali e fa si che si possa andare avanti ad agire secondo certe scelte. Barbara, 42 anni educatrice

E’ dunque anche in questo senso che il gruppo rinforza il singolo, andando

ad incidere sulle sue motivazioni in modo che non si logorino, non

decadano e non si colorino di una sfumatura sbagliata. Le scelte che si

fanno, infatti, non sono sempre semplici e facilmente sostenibili

determinando, sul lungo periodo, il rischio di rifiuto. A tal proposito Cristina

esemplifica questo elemento sostenendo che uno degli aspetti che

caratterizza chi vive un gruppo di acquisto solidale sia la capacità di

adattamento e la voglia di mettersi continuamente in gioco sapendo

cambiare le proprie abitudini. Fare la spesa con il GAS, significa perdere

la possibilità, che dà invece il supermercato, di scegliere personalmente

un prodotto fra tutti quelli esposti. Da questo punto di vista gli acquisti

avvengono al buio ed è quindi possibile che talvolta non si sia

completamente soddisfatti.

Ci è capitato, ad esempio, che un formaggio arrivasse amaro o che all’interno di una cassetta di arance ce ne fosse qualcuna toccata e qualche altra marcia, ma se credi in quello che stai facendo e ti ricordi perché lo fai, sei disposto a mediare. Poi il rapporto che abbiamo coi produttori ci permette di lamentarci se qualche cosa non funziona come dovrebbe e, fino ad ora, ha dato buoni risultati. Inoltre come gruppo cerchiamo di non penalizzare nessuno e quindi in questi casi dividiamo la merce sana con chi ha avuto dei problemi. Gianni, 45 anni, fisioterapista

È attraverso queste parole che possiamo comprendere l’importanza della

motivazione, proprio in ragione del significato di cui viene caricato il gesto

dell’acquisto.

In ultima analisi, quindi, è possibile sostenere che se la motivazione

personale fa sì che un individuo arrivi al gruppo, perché poi sopravviva è

necessario un nucleo di leadership che sappia mantenerla, dedicando

tempo e fatica alla dimensione comunitaria. E come sostiene Barbara, se

si crede davvero in qualcosa che è possibile condividere con altre

persone, in un momento di sconforto è possibile appoggiarsi l’uno

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sull’altro, riuscendo insieme a ritrovare un filo conduttore che sembrava

essersi smarrito. Rimanendo nel livello individuale, invece, gli ideali

corrono il rischio di divenire dei desideri irrealizzati.

Facciamo ora un passo ulteriore: se un gruppo nasce nel momento in cui

si struttura al suo interno un ruolo di leadership, viene anche meno e si

scioglie se questa manca.

Come sostiene Gianni, è infatti importante saper essere attivi nel gruppo

essendo disposti a sostituire coloro che lo hanno fondato nel momento in

cui manifestano difficoltà nel mantenere il proprio ruolo di responsabilità,

non riuscendo più ad essere trainanti e di stimolo per gli altri membri.

Annapaola arricchisce questo pensiero ponendo una riflessione circa il

rischio di chiusura corso da quei GAS che trovano come traino non un

nucleo, per quanto piccolo possa essere, bensì un solo soggetto. In una

situazione di questo genere, se tutta la responsabilità è poggiata sulle

spalle di un singolo individuo, è più semplice che questa perda la

motivazione e la gioia di stare nel gruppo, perché ogni questione pesa

direttamente ed unicamente sulla sua persona.

Affrontando questo discorso con Riccardo, è però emerso che, in realtà,

dalla sua esperienza questo “ricambio” non sembra porre particolari

difficoltà. All’interno di G.A.S.A.BI.LE., per esempio che, come abbiamo

detto, ha volutamente una struttura non formalizzata, la libertà lasciata ai

membri sia in termini di acquisto che di partecipazione, non si è rivelata

come limitativa, essendoci forse in questo modo, paradossalmente, un

maggior numero di persone motivate disposte a sostenere il nucleo

centrale di leadership nel momento del bisogno. Essere solidali, dopotutto,

significa proprio sapersi aiutare, saper capire quando e perché nascono le

difficoltà e attivarsi per risolverle.

Essere gruppo significa essere solidali anche tra di noi. Ognuno porta le sue competenze e le sue abilità e le mette a disposizione degli altri. Alcuni hanno delle possibilità che altri non hanno sia in termini di tempo che di predisposizione caratteriale. E quindi c’è sempre qualcuno che lavora anche per gli altri, qualcuno che catalizza […] ma io vedo che ad ogni riunione c’è sempre qualcuno che si propone per sostenerlo e aiutarlo. Riccardo, 47 anni, artigiano

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Non è però solo la mancanza di un traino, la ragione che determina la

chiusura di un gruppo. Analizzando, infatti, insieme agli intervistati, quelli

che secondo la loro esperienza possono essere individuati come i “contro”

di un gruppo, è emerso che la diversità di chi vi appartiene, se da un lato

rappresenta un forte stimolo al confronto e dunque un possibile fattore di

crescita individuale e collettiva, dall’altro determina l’esistenza di posizioni

e idee differenti.

Il contro sta nel dover condividere anche la diversità, dice Barbara, che

continua sostenendo che questa, a volte, può essere difficile da gestire

anzitutto a livello comunicativo:

C’è da discutere, ci sono diverse teste in gioco che bisogna saper mettere insieme e far dialogare. Il gruppo dà sicuramente tanto, ma richiede anche tanta energia [...] Saper stare in gruppo significa portare avanti le proprie ragioni essendo anche disposti ad accettare quelle degli altri, saper arretrare e mollare la presa per evitare il conflitto.

Dunque, può essere causa di fallimento la mancanza della capacità di

mediazione che viene a determinare un eccesso di conflittualità. Evitare lo

scontro è quindi possibile solo se si è in grado di riconoscere il momento

in cui è necessario andare oltre la propria posizione, accettare la

mediazione sapendo essere malleabili e aperti. Solo così sarà possibile

stare insieme efficacemente e serenamente.

Dunque come si prendono le decisioni?

All’interno di un gruppo le scelte si prendono discutendo e confrontandosi.

Barbara dice che, fino ad oggi, non si è mai arrivati ad una decisione sulla

base di una votazione a maggioranza perché si è sempre riusciti a

giungere ad un accordo comune praticando un metodo razionale e scelte

pragmatiche. In questo senso, se non c’è unanime consenso su un

determinato produttore, per esempio, nulla vieta che se ne possano

mantenere due differenti. Ciò che sembra fondamentale per far funzionare

un gruppo è quindi, in ultima analisi, la capacità e l’intelligenza che

permette di non rendere una questione un conflitto lacerante.

Trattando la tematica del fallimento di un gruppo di acquisto, ritengo

interessante dedicare un piccolo spazio di approfondimento alle riflessioni

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sviluppate da due degli intervistati, membri di un GAS che tanto

celermente hanno visto nascere quanto svanire.

Alessandro e Diego hanno fatto parte per circa un anno di un sottogruppo

del GAS di Legnano. Da sempre frequentatori di ambienti legati al

consumo critico e agli stili di vita sostenibili, sono venuti a conoscenza di

G.A.S.A.BI.LE. per mezzo di un’amica che, una volta contattati i

responsabili, ha dato vita ad una piccola costola che, a poco a poco, ha

cercato di inserirsi nel panorama dei GAS. Tuttavia, questa non è riuscita

ad avere lunga vita. Chiedendo le ragioni che hanno portato alla fine di

questa esperienza, vengo corretta da Alessandro secondo cui il gruppo in

realtà non è finito, bensì “evaporato”. Concorde con Diego, egli mi spiega

che la ragione di questo fallimento è ricollegabile a diversi fattori: in primo

luogo i membri erano tutti molto giovani:

Avevamo 20, 22 anni e vivevamo ancora tutti in casa con i nostri genitori. Mi sono trovato io, come figlio, ad aver proposto l’esperienza del GAS, ma la spesa la faceva comunque mia mamma e magari io facevo un certo acquisto col gruppo e lei comprava la stessa cosa al supermercato perché non aveva capito che l’avrei presa io o non era sicura su quando sarebbe arrivata. Vedevo che in famiglia ero io a sentire fino in fondo questa esigenza e che i miei, pur essendo d’accordo sui principi, probabilmente non erano tanto convinti da essere disposti a cambiare le loro abitudini. Si creavano problemi a livello organizzativo, malcontenti, insoddisfazioni, sorgevano disagi legati alla mancanza di spazio e alla fine qualche cosa veniva anche buttata e a me non stava bene.

In secondo luogo è stato determinante per la chiusura del gruppo il venire

meno di due figure centrali e trainanti: Elena prima e Diego poi che per

ragioni di studio hanno dovuto trasferirsi. Ed ecco che è venuto a mancare

una leadership. Diego pensa che se avesse gestito il gruppo Alessandro,

probabilmente sarebbe andato avanti ancora per qualche tempo, ma

come abbiamo detto, forse il terreno non era abbastanza fertile.

Avevo capito che se avessi preso io le redini del gruppo, avrebbe potuto andare avanti. Per un periodo ci ho provato, ma non avevo a disposizione la macchina, per esempio, e quindi non riuscivo a consegnare tutti i prodotti a chi li aveva ordinati per tempo. Così si sono creati delle situazioni spiacevoli in cui qualcuno si lamentava perché la carne non era fresca, ecc. E ho dovuto lasciar perdere. E’ così che si è dissolto.

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Riflettendo sulla propria esperienza, entrambi pensano che probabilmente

questa sia nata troppo velocemente e sull’onda di un entusiasmo giovanile

che forse non ha permesso loro di avere un confronto realistico con le

concrete possibilità possedute. Alla luce degli errori commessi si è invece

capito che è necessario tanto entusiasmo quanto realismo se davvero si

vogliono ottenere certi effetti e, soprattutto, che non è importante cercare

di coinvolgere quanta più gente si conosca, quanto piuttosto che chi vi

partecipa lo faccia attivamente e con una motivazione profonda che

sappia andare al di là del semplice non andare al supermercato.

E’ un’esperienza che per diversi motivi non ha funzionato[…]ma non voglio colpevolizzare nessuno. Penso che la motivazione serva per darti la spinta per metterti in gioco, per essere attivo. Mentre noi siamo stati un po’ passivi […] Il GAS è bello se si sa accogliere la differenza come un’opportunità. Alessandro, 25 anni, studente

E’ stato però molto bello rendersi conto di come questo fallimento non

abbia abbattuto gli animi di questi due ex-gasisti. E, in effetti, la

percezione che ne ho avuto è che non si sentano tali. Entrambi hanno

ricevuto degli insegnamenti da questa esperienza, entrambi sentono che

molto del discorso di fondo dei GAS è rimasto loro ed entrambi hanno

intenzione di rientrare nel gruppo nel momento in cui avranno

un’occasione e una possibilità più favorevole della precedente:

Quello del GAS è un discorso che sento profondamente mio e che ho cullato in questi anni per poi riprenderlo nel momento in cui avrò una famiglia tutta mia e potrò essere davvero attivo, potrò mettermi in gioco e capire a che cosa serve davvero un frigorifero e un freezer, diventando protagonista dellamia alimentazione e partecipando in prima persona alle scelte che faremo. Alessandro, 25 anni, studente

Mi ha lasciato tanto questa esperienza e, infatti, è una questione che sento ancora aperta. Mi ha lasciato l’idea di fondo, il fatto di comprare prodotti di stagione, che vengono da vicino, possibilmente biologici, che hanno il minor impatto ambientale possibile, Il conoscere un po’ cosa sta dietro un prodotto, la sua storia.Questo mi ha lasciato il GAS e questo cerco di fare anche adesso nei miei acquisti quotidiani anche se non con il gruppo[…] E’ stato un grande insegnamento. Diego, 25 anni, studente

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3.4 La socialità all’interno del GAS

Mi rendo conto che ogni tanto ho proprio bisogno di persone che sento vicine dal punto di vista dei valori e delle idee che ho su ciò che ci circonda. Però non addito chi la pensa in modo diverso da me con cui per altro passo molte ore al giorno, non mi sento superiore. Certo ho le mie idee e non subisco quelle degli altri, ma neppure impongo le mie. Perciò il desiderio di un gruppo che magari può anche essere un po’ chiuso, se così si vuol dire, mi fa piacere.

Così Barbara, ma nella stessa linea di pensiero si inseriscono anche gli

altri gasisti da me intervistati. Dalle risposte fornite emerge con chiarezza

come le relazioni che si sviluppano all’interno del gruppo siano

espressione del desiderio di un luogo di condivisione, di uno spazio in cui

ritrovare valori, pensieri ed idee che animano e sostanziano la propria vita.

Sentendosi nella vita di tutti i giorni delle “mosche bianche”, come dice

Cristina, poter trovare una dimensione che accoglie invece di allontanare,

che sostiene invece di deprimere, vede come naturale conseguenza la

creazione di rapporti sociali profondi, sinceri e particolarmente sentiti.

Anche in questa accezione, dunque, è possibile definire il gruppo come

elemento di rinforzo per il singolo, proprio perché trascorrere del tempo

con persone che condividono uno stesso stile di vita, che comprendono e

sostengono vicendevolmente le proprie idee, contribuisce a rinfrancare

queste stesse, da un lato e, dall’altro, permette di non sentirsi minacciati

nella propria personalità nel momento in cui ci si confronta o ci si scontra

con chi ha un pensiero diverso. Nell’incontro–scontro con le altre persone,

sostiene Barbara, le relazioni che si sono sviluppate all’interno del gruppo

e il ruolo di pilastro da questo giocato, permettono di vivere serenamente

la propria diversità, perché si hanno dei luoghi in cui rinforzare e

rinfrancare gli animi, in cui coltivare e far crescere le proprie idee e le

proprie credenze, senza la possibilità di essere minate dagli attacchi

esterni.

Per quanto riguarda il rischio di chiusura, sia Cristina che Gianni e

Annapaola lo considerano minimale in quanto è la stessa modalità di

strutturazione del GAS a renderlo strumento di sviluppo e promozione di

socialità anche nei confronti dell’esterno e di tutti coloro che non vi

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appartengono. Incontri di formazione, laboratori artistici e di

autoproduzione, giornate di riflessione, iniziative legate ai temi del

consumo critico, della decrescita e della sobrietà, sono infatti aperti a

quanti desiderino prendervi parte. In questo, dunque, il gruppo è sinonimo

di apertura e di incontro, di accoglienza e accompagnamento; è guida e

sostegno e, allo stesso tempo, ascoltatore e oratore.

4.5 Essere genitori all’interno del GAS

Differentemente dai precedenti, questo argomento ha diviso gli intervistati

su due diverse posizioni.

Da un lato Cristina ritiene di avere fatto e di fare tutt’ora, come genitore,

una fatica ed uno sforzo maggiore rispetto a quanti non appartengono ad

un gruppo di acquisto solidale per il tipo di impostazione di pensiero che vi

sta alla base. Cristina ha due figli, di 8 e 13 anni ed ammette che non

sempre è facile trasmettere loro l’idea della decrescita, l’importanza del

prodotto biologico e, soprattutto, il messaggio della sobrietà che nel loro

caso si traduce nella mancanza di vestiti firmati, di giochi all’avanguardia,

di prodotti pubblicizzati e fortemente inflazionati, ecc. Soprattutto con il

figlio maggiore, ha vissuto e vive momenti di scontro e discussione e le

richieste, evidentemente provenienti dal costante confronto con compagni

e amici che hanno uno stile ed una impostazione di vita radicalmente

differente, sono a volte insistenti. Come madre, Cristina dice di aver

dovuto mediare molto spesso con le esigenze manifestate dai propri figli,

scoprendosi perdente in un difficile tiro alla fune tra le sue idee e i suoi

valori, da un lato e il desiderio e il bisogno di conformazione dei figli,

dall’altro. Dall’esperienza vissuta e dal confronto con altri genitori del GAS,

ritiene che sia molto più semplice riuscire a calmierare i conflitti,

bloccandoli sul nascere, quanto più i figli sono piccoli. Nonostante si cerchi

di seminare un determinato stile di pensiero, mano a mano che i figli

crescono, infatti, i momenti e le occasioni di confronto con i coetanei

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estranei al GAS aumentano esponenzialmente determinando maggiori

possibilità di sviluppare un senso di distanza e di differenza nei confronti

della massa, che spesso non riesce ad essere vissuto serenamente

soprattutto da parte di un adolescente in fase di ribellione. Cristina crede,

inoltre, che i figli piccoli siano anche più facilmente coinvolgibili nei

momenti di incontro e di socialità proposti dai gruppi, mentre invece i più

grandi faticano ad accogliere con entusiasmo un laboratorio manuale

piuttosto che una gita sociale dal produttore.

Più un figlio è grande più aumentano le pressioni da parete dei coetanei e il desiderio di conformarsi. Il problema è che si ha a che fare con un mondo retto da valori deprimenti e profondamente diversi rispetto a quelli che noi cerchiamo di passare loro […] Non ho mai avuto un ripensamento sull’appartenenza al GAS, però certo io credo di aver avuto più difficoltà a livello educativo rispetto ad un genitore che concede tutto senza porsi degli interrogativi.

Non sembra concorde con questa visione in primo luogo Barbara, madre

di quattro figli, secondo la quale l’appartenenza al gruppo di acquisto e la

condivisione di uno stile di vita sobrio e sostenibile, non fa del ruolo

genitoriale un compito più duro. Certamente, spiega, appartenere al GAS

influisce sul modello educativo che viene proposto ai propri figli: attraverso

questa esperienza, infatti, hanno la possibilità di apprendere uno stile di

socializzazione e di vita più corretto e maggiormente improntato all’eticità

rispetto a quello con cui si confrontano quotidianamente e con cui

plausibilmente si scontreranno. Tuttavia non per queste ragioni si

determinano più scontri o conflitti, perché:

Io credo che come è possibile che in mia figlia nasca un interrogativo in relazione ai vestiti firmati o alle merendine che mangiano gli altri bambini, così è possibile che anche negli altri bambini possono nascere degli interrogativi sugli abiti non firmati e sulle merendine biologiche di mia figlia […] Credo che tutti i genitori debbano fare delle scelte e, se da un alto, è sicuramente vero che non tutti sono portati a motivarle come noi perché siamo una minoranza, dall’altro se i nostri figli ci chiedono una spiegazione, noi gliela diamo senza particolari problemi perché ci crediamo fino in fondo ed è così naturale per noi che non è difficile. Se non facessi queste scelte, in fondo, dovrei farne delle altre e motivarne delle altre.

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L’unico rischio ravvisato da Barbara consiste piuttosto nella possibilità che

i propri figli sviluppino un’eccessiva rigidità e criticità nei confronti di chi

agisce secondo valori e criteri diversi da quelli da loro appresi. Spiegando

a dei bambini concetti molto complessi come quelli che fanno da sfondo

alle scelte di vita di un consumatore critico e responsabile, è onnipresente

il rischio di praticare un’ipersemplificazione della realtà che può

determinarne una troppo ristretta visione bipolare di essa:

Il rischio è che si semplifichi troppo tagliando dei passaggi importanti che potrebbero portarli ad avere idee radicali nei confronti di chi non vive come loro. Se, ad esempio, spieghiamo ai nostri figli che non compriamo quel tal marchio perché l’azienda che lo produce fa lavorare i bambini, loro automaticamente potrebbero pensare che chi invece lo compra è cattivo. E’ importante spiegare che non è un passaggio automatico e che il gesto di non comprare un certo prodotto è un gesto simbolico e che, quindi, comprarlo non significa determinare direttamente e automaticamente l’effetto negativo. Ovviamente non possono capire tutta la complessità delle questioni che fanno da sfondo al nostro comportamento, ma credo che basti placarli e spiegare loro con tranquillità e schiettezza tutte le cose come stanno.

Concordi con questa visione sono anche Gianni e Annapaola. Genitori di

due figli in età adolescenziale, pensano che per limitare gli scontri sia

necessario essere chiari e sinceri sin dall’inizio, sin da quando i bambini

sono piccoli e iniziano a porgere i primi interrogativi sul loro stile di vita

peculiare e differente rispetto a quello della massa:

Noi non abbiamo avuto problemi particolari, perché i nostri figli hanno respirato quest’aria sin da piccoli, sono cresciuti in questo ambiente e fino ad ora ne hanno condiviso i principi, ma proprio perché ne abbiamo discusso insieme e insieme abbiamo riflettuto su certi acquisti, certi consumi, certi comportamenti, ecc. e loro hanno anche sviluppato un certo orgoglio nell’essere diversi e se vengono presi in giro perché mangiano la barretta equo come merenda, sanno essere ironici.

Come genitori però, sia Barbara e Paolo che Gianni e Annapaola,

ritengono importante non imporre con eccessiva categoricità e

intransigenza le proprie scelte di vita ai loro figli. Sebbene si cerchi di

seminare un’idea e un valore, è giusto saper ascoltare le loro esigenze e

saper accogliere dei desideri che talvolta possono non collimare con i

principi in cui credono.

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Ci siamo accorti che Anna aveva paura a chiedere qualcosa che voleva. E questo è molto grave. E’ giusto che loro abbiano dei desideri e anche che siano diversi dai nostri; è giusto che sappiano chiedere e da parte nostra è anche giusto che qualcosa sia concesso. Certo in relazione ad un discorso di realtà e di possibilità […] Quindi non è più solo -questo sì e questo no, ma anche in relazione all’età diventa -per noi questo no e quest’altro sì. Perché per te si? Barbara, 42 anni, educatrice

Noi non siamo oltranzisti. Quella volta che andiamo in pizzeria, se la vogliono, possiamo prendere la coca cola, ma poi certo a casa non abbiamo bibite. Quello che è importante è che i nostri figli abbiano appreso certi principi in cui crediamo e quello che sta sotto un nostro no. Annapaola, 44 anni educatrice

Ma, come evidenziano Riccardo e la moglie Luciana, talvolta i frutti del

proprio lavoro non tardano a rendersi visibili, essendo gli stessi figli a loro

volta portatori del messaggio della sobrietà, magari rivisitato ed adattato

alla propria età, ma che dimostra come essi abbiano appreso e condiviso

lo stile di vita e di pensiero che fa da sfondo all’esperienza del GAS.

Una volta Stefano è andato a comperare un paio di scarpe con la nonna e quando al proprietaria del negozio gliene ha mostrato un paio della Nike, lui ha detto che non le voleva! Questo per noi è stato molto significativo, soprattutto se si tiene presente che cosa significa per un ragazzo avere le scarpe come quelle degli amici. Luciana, 42 anni, maestra

3.6 Il futuro dei gruppi di acquisto solidali: ipotesi e riflessioni

Alessandro vede il futuro dei gruppi di acquisto strettamente legato al

futuro della società civile che, gradualmente, sta prendendo coscienza

dell’importanza di temi come la sobrietà e la decrescita, che sta divenendo

sensibile ad uno stile di vita più sostenibile in conseguenza all’aumento

delle problematiche evidenziate soprattutto a livello ambientale ed

energetico. Egli ritiene che il fatto che le persone, oggi, siano mediamente

più istruite ed informate sia positivamente correlato ad una maggiore

attenzione nei confronti di stili di consumo più consapevoli e responsabili.

Questa consapevolezza porterà parallelamente gli uomini a ricercare delle

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modalità di vita più compatibili con le esigenze manifestate dal nostro

pianeta e, tra di esse, un’alternativa è sicuramente costituita dai GAS.

Secondo Riccardo costituisce testimonianza di quanto detto i successi

avuti da alcune iniziative promozionali di uno stile di vita e di consumo più

consapevole e responsabile come ad esempio “Fa la cosa giusta”.

Dello stesso avviso è anche Gianni il quale, infatti, ritiene che non può

essere considerato casuale il fatto che oggi stiano prendendo piede ed

attecchendo i discorsi legati al localismo o che la produzione biologica in

agricoltura abbia avuto un incremento sostanziale nel corso dell’ultimo

decennio.

Alessandro, a questo proposito, sviluppa una riflessione in merito alla

spinta che, paradossalmente, la ricerca della globalizzazione ha dato alla

dimensione locale:

Secondo me la società, grazie alla globalizzazione, sente l’esigenza di conservare la propria identità, piuttosto che di perderla. Si diffonde una mentalità del localismo, che non vuol dire escludere gli altri, ma tifare per ciò che ti sta vicino perché ti dà identità e, paradossalmente, è proprio la globalizzazione a sottolinearlo[…]La globalizzazione farà sentire l’esigenza alle persone comuni di agire attivamente proprio per le conseguenze che essa stessa crea. Dato che chi oggi sta bene, sta sempre meglio su questo pianeta e che quindi avrà bisogno di mangiare, certo per il suo sostentamento, ma non perché è in una condizione di vita o di morte, potrà perdere e prendere tempo da dedicare all’attenzione alla qualità dei prodotti che mangia.I GAS, quindi, per me, innanzitutto hanno un futuro e poi avranno sempre più importanza perché la gente comincerà ad organizzarsi.

E in questo sviluppo, egli ritiene che un ruolo fondamentale sia stato

svolto anche dalla tecnologia. Internet, infatti, ha permesso e permette di

conoscere meglio non solo ciò che sta lontano, ma anche ciò che ci è

vicino, a volte talmente vicino da non essere neppure visto.

Più pessimista sul futuro dei GAS è invece Diego, che però affronta la

questione da una prospettiva differente ritenendo difficoltoso uno sviluppo

sostanziale dei gruppi di acquisto all’interno della società civile, perché

questi mancano di un canale di trasmissione e di promozione vero e

proprio che sia in grado di garantirne una diffusione capillare anche

all’infuori di ambienti già “orientati” come, ad esempio, quelli del consumo

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critico. Diego parte dal presupposto che obiettivo dei gruppi è la

sensibilizzazione delle persone sui temi che fanno da sfondo a questa

esperienza, volendo mostrare come sia concretamente possibile condurre

una vita felice e serena in modo responsabile. L’interrogativo sorge in

relazione ai modi che vengono utilizzati per acquistare una cospicua

visibilità.

Come diceva Alessandro e come sosteneva anche Cristina, il gruppo non

fa evangelizzazione e quindi non utilizza canali di diffusione rispondenti a

meccanismi pubblicitari, quanto più, invece, è attraverso il passaparola

che viene portata e diffusa conoscenza ed esperienza. A questo

proposito, il dubbio che personalmente mi sono sentita di condividere con

Diego è relativo al rischio di rimanere circoscritti all’interno di una cerchia

ristretta di individui che condividono certi valori o si mostrano più sensibili

verso certe tematiche. Essendo il singolo soggetto a passare parola, egli

pratica, in questo momento di decisione rispetto a chi informare, una

scrematura guidata dall’idea che si ha rispetto all’ascoltatore:

forse il rischio è che la gente che aderirà al GAS sia sempre la stessa: gente già impegnata socialmente, che risponde ad un certo orientamento politico, che è già inserita nel circuito del commercio equo, ecc. Diego, 25 anni, studente

Egli si chiede allora come poter uscire da questo circuito, come scampare

questo pericolo, anche se, tuttavia, si rischierebbe di incrementare tutta

un'altra serie di problematiche relative all’adesione al gruppo di persone

che non sono effettivamente motivate.

Personalmente ho ritenuto di aiuto nella ricerca di una chiarificazione e di

una via d’uscita da questo interrogativo, la riflessione posta da Riccardo:

egli ritiene che, in realtà, la sensibilizzazione non passa attraverso il

passaparola, ma attraverso il portare la propria esperienza a chi ci

circonda senza avere il desiderio e l’obiettivo di convincere le persone a

vivere secondo gli stessi principi e ad entrare in un gruppo di acquisto

solidale. Esattamente come nel rapporto con i propri figli, il fine è

seminare, non convincerli a partecipare al GAS, perché questo passo, in

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ultimo, si trova solo alla fine di un percorso che comincia molto prima a

livello individuale e personale, una strada che si inizia a tracciare in sé

stessi attraverso profonde riflessioni:

Io non dico alla gente di entrare nel GAS. Io porto la mia testimonianza dicendo che noi in famiglia compriamo certe cose e non altre, che facciamo certe scelte, ecc. Il mio obiettivo è di stimolare la gente a pensare a quello che fa, a riflettere sui problemi che ci circondano. Ma non agisco come un venditore: non voglio vendere il GAS, perché entrarci vuol dire avere già fatto un percorso e volerlo condividere con altri.

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Conclusioni

1. Aperture sul futuro: valenze e potenzialità dei gruppi di acquisto solidali.

Abbiamo cercato in questo lavoro di avvicinarci alla realtà dei gruppi di

acquisto solidali dapprima, nei capitoli iniziali, da un punto di vista

meramente teorico e, successivamente, da una prospettiva più pratica, più

vicina ai suoi stessi componenti. Alla luce di quanto appreso, mi

piacerebbe, come conclusione di questo elaborato sviluppare alcune

riflessioni personali, provare a tradurre in parole un pensiero che è sorto in

me all’inizio della mia ricerca e che ora, immagino possa essere delineato

con maggior chiarezza.

Mi sono più volte chiesta che cosa significa, a conti fatti, appartenere ad

un gruppo connotato dalle particolari caratteristiche che abbiamo descritto.

In altri termini l’interrogativo cui ora vorrei dare risposta è inerente alla

effettiva portata di un GAS, al ruolo da esso giocato all’interno della

società, agli obiettivi che si prefigge di ottenere e ai risultati che è in grado

di produrre.

Abbiamo detto che, sebbene le ragioni che spingono una persona o una

famiglia a prendere parte ad un’esperienza di tal sorta possano essere

anche molto diverse, alla base si ritrova sempre una critica profonda nei

confronti del modello economico imperante nella nostra società. E’ allora il

caso di domandarsi che cosa si vuole ottenere. Non vi è ombra di dubbio

che ciò verso cui ci si dirige è un cambiamento, ma che genere di

cambiamento? E in che termini?

Appartenere ad un GAS significa mettersi nella prospettiva di agire,

significa dare senso e valore ai gesti quotidiani, a ciò che spesso viene ad

essere considerato meccanico e privo di un risvolto significativo.

Appartenere ad un GAS significa partire dal proprio piccolo per cercare di

ottenere una modificazione strutturale della società, significa agire per

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raggiungere un obiettivo che altro non è se non, come diceva Barbara, la

volontà di acquisire libertà dai poteri forti facendo la spesa all’infuori del

circuito e del controllo delle multinazionali. Presentato in questi termini, il

fine che ci si pone può sembrare utopistico ed in realtà questa è forse la

perplessità maggiore che si percepisce e si avverte nei riguardi delle

iniziative di consumo critico. Pensare di poter agire ed ottenere un

cambiamento, infatti, appare oggi un obiettivo troppo grande soprattutto se

ci si confronta con le imprese produttrici che sembra abbiano il coltello

dalla parte del manico. Di fronte a tanta grandezza ed imponenza, ci si

sente troppo piccoli, soli e impotenti e questo viene assunto come

elemento giustificatore della passività e dell’inattività. Ma la situazione di

stallo che si viene così a determinare, sebbene comprensibile, non è di

per sé giustificabile perché, in realtà, si tratta di cambiare prospettiva e

saper modificare il proprio punto di vista. Se, da un lato, il prendere

coscienza del potere del consumatore è il punto di partenza per ragionare

in termini critici e responsabili, dall’altro, costituisce anche il punto di arrivo

di un cammino non certo lineare. Incominciare a rendersi conto del fatto

che la nostra società è strutturata in modo tale da poter guidare i nostri

comportamenti pur dandoci la percezione di essere autonomi è, infatti, un

passo molto importante, ma anche di non semplice attuazione; è un atto

che si è in grado di compiere solo nel momento in cui si ha,

parallelamente, la capacità di mettersi in discussione, di porsi degli

interrogativi, di ricercare delle informazioni più vere, più sincere e non

filtrate. D’altra parte, però, questo richiede uno sforzo, una fatica che si

concretizza nella disponibilità ad attivarsi, a porsi in prima linea. La

questione centrale, a mio avviso, risiede proprio nel fatto che spesso si

preferisce non farsi domande, perché in tal caso non bisogna neppure

cercare delle risposte che certo non vengono da sé, ma necessitano di

essere trovate e scovate. Detto altrimenti, non richiede impegno. Ritengo

che noi, figli di questa società, frequentemente siamo troppi pigri per

compiere degli sforzi, siamo troppo abituati a vivere in un mondo in cui

tutto è dato, in cui basta chiedere affinché ci sia concesso, in cui tutto ciò

92

di cui potremmo avere bisogno si presenta ordinatamente disposto sul

bancone di un qualsiasi supermercato, al punto che l’unica domanda che

ci potremmo porre sarebbe: perché dover rinunciare a tutto questo?

Conviene faticare per dirigersi verso sentieri sconosciuti? Per cercare di

aprire delle porte ben chiuse? E allora, se tutto viene rimandato alla

convenienza, alla ricerca della scelta più economica, proprio come al

supermercato, basta fare un semplice calcolo per decidere che è meglio

rimanere assopiti nella tranquillità conosciuta e ampiamente testata che

porta a non porsi domande, non ricercare risposte, non compiere fatica,

non crearsi ulteriori problemi e, dunque, conseguentemente, avere

maggiori comodità. Ed è così che la soluzione sembra servita su un piatto

d’argento. Sarebbe interessante chiedersi chi ce la serve.

Chi questa fase di apparente comodità ha deciso di superarla, chi questi

interrogativi ha deciso di porseli, sta davvero cercando di cambiare le

regole su cui si gioca il nostro vivere quotidiano a partire dalla

riappropriazione della propria personalità e, in questi termini, l’obiettivo

non sembra più così lontano ed utopistico, ma tanto reale quanto i risultati

che si riescono ad ottenere. Sicuramente bisognerà faticare e non si

riceveranno ringraziamenti da parte dei vertici con cui, invece,

plausibilmente, ci si scontrerà, ma se così è significa, in ultima analisi, che

qualcosa comincia a muoversi, che qualcosa vacilla, che anche il Golia

imperiale82 inizia ad avvertire timore. Sembra strano pensare al mercato in

questi termini, ma ritengo che il punto nodale della questione sia che, se ci

si vede e ci si sente troppo piccoli di fronte ad esso e si pensa che il

coltello dalla parte del manico sia tenuto da altri diversi da noi,

probabilmente la ragione risiede nel fatto che siamo stati noi stessi a

porgerglielo. Si tratta allora, ancora una volta, di prenderne coscienza e

cercare di riconquistare le posizioni perdute.

A livello pratico, una possibilità consiste nell’entrare a far parte di un

gruppo di acquisto solidale potendo in tal modo ottenere un impatto

82 Secondo una definizione del mercato data da padre Zanotelli nella lettera di presentazione del testo “Lettera ad un consumatore del Nord” redatta nel 1996 dal Centro Nuovo modello di sviluppo.

93

rilevante sul corso economico e politico del sistema. Decidere di

comperare un certo tipo di prodotto piuttosto che un altro, infatti, significa

far perdere sul mercato dei punti percentuali ad un’azienda detentrice di

un certo marchio. Può forse sembrare irrilevante ai nostri occhi, ma, come

ricordava Alessandro, anche determinare una perdita del 2% sul fatturato,

significa mettere in crisi l’economia e il ciclo produttivo di un’azienda che

sarà costretta a porsi degli interrogativi. Ed è a questo punto che i

consumatori saranno in grado di rispondervi e di spiegare il motivo delle

scelte fatte: se l’azienda in questione vorrà recuperare quanto perso,

dovrà scendere a patti col consumatore. Le leggi su cui si basa la nostra

economia, infatti, ci dicono che il funzionamento del mercato si fonda sul

meccanismo della domanda e dell’offerta e, dal momento che un’azienda

produce ciò che il consumatore richiede, se questi necessita di prodotti

biologici, non contaminati da pesticidi, nella cui catena produttiva non sia

avvenuto sfruttamento dei lavoratori, essa dovrà essere in grado di

rispondere adeguatamente a tali esigenze per poter rimanere in vetta alle

classifiche economiche e battere la concorrenza. E in realtà,

confrontandoci coi dati dell’esperienza, ci viene mostrato che il

boicottaggio di certi prodotti e marchi è riuscito a produrre dei buoni

risultati dimostrando così il suo potenziale, obbligando certe multinazionali

ad adeguare i propri standard produttivi alle domande del pubblico di

acquisto.83 Se si vuole combattere la logica del mercato, dunque, bisogna

saper usare intelligentemente le sue stesse armi.

Nello specifico dei gruppi di acquisto solidali, questi hanno la volontà di

prediligere i piccoli produttori locali e, in tal senso, hanno rivestito e

rivestono tutt’ora un importante ruolo sull’andamento economico e sulla

sopravvivenza di alcune piccole aziende che, non riuscendo a competere

con le richieste del mercato globalizzato, ne sono state escluse pur 83 Si veda, a solo titolo esemplificativo, i risultati ottenuti dalla campagna intrapresa dal Centro nuovo modello di sviluppo, Coop Italia e Alex Zanotelli, nel 1999, contro la multinazionale Del Monte al fine di rivendicare il miglioramento delle condizioni cui erano sottoposti i lavoratori delle piantagioni di ananas di Thika, in Kenya, il riconoscimento e il rispetto dei loro diritti umani e la cessazione dell’utilizzo di pesticidi pericolosi per gli stessi. Per approfondimenti Gesualdi F., Mutunga W., Ouma S., Consumatori del Nord lavoratori del Sud: il successo di una campagna della società civile contro la Del Monte in Kenya, ed. EMI.

94

avendo prodotti di qualità. E’ in questo genere di azioni che si dimostra la

solidarietà caratteristica dei GAS e la loro capacità di produrre

cambiamenti.

Col passare degli anni, con il radicamento dell’esperienza, il potenziale e

le prospettive cui possono aprire i gruppi di acquisto solidali si sono fatte

sempre più sentire ed ora sono loro stessi ad essere contattati da parte

dei produttori perché questi hanno capito che cosa significa essere inseriti

nel circuito dei GAS: hanno capito che la sincerità, la trasparenza e la

schiettezza pagano, che è attraverso la creazione di rapporti fondati sulla

fiducia che si ha la possibilità di rimanere a galla in una situazione di

mercato instabile e che produrre biologico e di qualità conviene ad

entrambi perché dalla soddisfazione dell’uno, deriva la sopravvivenza

dell’altro; hanno capito, in ultima analisi, che le loro sorti sono

interconnesse e che è lavorando sul rapporto diretto e non mediato che è

possibile creare un mercato diverso, più giusto ed efficiente perché

attraverso il contatto si possono dare e ricevere tutte le informazioni e le

garanzie inerenti il processo produttivo. Il GAS, dunque, è una forma di

consumo consapevole che intende superare la mentalità del consumismo

attraverso l’applicazione di principi solidali in campo economico,

riportando il mercato ad un rapporto diretto tra produttori e consumatori,

creando circuiti che possono dare rifugio e nuove possibilità di sbocco a

chi si trova espulso dalle regole della concorrenza in un sistema

economico totalmente anonimo. L’obiettivo ultimo è quindi forgiare un

consumatore critico, refrattario alle pubblicità e alle pressioni mediatiche e

che, attraverso canali non convenzionali, acquista prodotti etici altrimenti

emarginati.

Non bisogna inoltre dimenticare che l’accesso ad un GAS determina un

ulteriore risvolto pratico non indifferente: permettendo un acquisto

collettivo e consistente delle merci ed evitando l’intermediazione della

catena di distribuzione, si concede un vantaggio economico sia al

produttore che al consumatore potendo rendere accessibili prodotti

95

biologici, tradizionalmente riservati ad una ristretta nicchia di privilegiati,

anche alle famiglie a basso reddito.

Possiamo a questo punto capire come il ruolo giocato dai gruppi di

acquisto all’interno della nostra società abbia una duplice valenza:

economica e politica. Da un lato, infatti, si va ad incidere sul corso

economico delle multinazionali prediligendo i piccoli produttori locali, si

riapre il circuito di aziende in crisi, si dà accesso paritario e pieno ai

prodotti biologici e di qualità indipendentemente dal reddito. Dall’altro lato

questi comportamenti sono tutti espressione di una filosofia di fondo e di

un pensiero politico che vede la solidarietà come cardine e riferimento

primario e che necessariamente costringe i vertici ad un ripensamento o,

per lo meno, ad una mediazione che in origine non era immaginabile.

In un periodo di profonda crisi economica per la nostra società, la

proposta di consumo alternativo portata dai GAS ha contribuito, per un

verso, a riaccendere la discussione sui fallimenti di un certo modello

capitalista che vede il mercato come il solo strumento in grado di garantire

benessere e sviluppo, per l’altro, a far luce sui diversi tentativi praticati

dalla società civile di trovare delle strade alternative alla logica del profitto

che, in realtà, ha reso possibile la distribuzione iniqua delle risorse,

l’aumento della povertà e dell’esclusione dai diritti fondamentali di intere

popolazioni, il deterioramento dello stato sociale e della protezione del

lavoro, l’instabilità dell’equilibrio ambientale, ecc.

All’interno della galassia dell’economia solidale, i GAS si propongono

quindi come soggetti che intendono sottrarre degli spazi al mercato

tradizionale per riconvertirli in luoghi di produzione alternativa. Se, tuttavia,

alla luce del livello di diffusione ed evoluzione del mercato fondato sul

modello capitalista, non è facile e forse neppure verosimile pensare ad

una diffusione generalizzata di questa iniziativa in modo che sia in grado

di soppiantare il modello vigente, rimane indiscutibile la sua espansione e

la sua forte valenza simbolica ed educativa verso la costruzione di una

società fondata sui rapporti umani, sull’incontro, la convivialità, l’etica, la

96

solidarietà, la cooperazione e la condivisione al posto della concorrenza e

dell’accumulo, al fine di garantire una più alta qualità della vita.

2. Qualche esempio dei risultati ottenuti

Lo scorso aprile, il programma televisivo Report84, nella rubrica dedicata

alle buone notizie, ha descritto il mondo dei gruppi di acquisto solidali

sottolineandone il ruolo e la valenza come concrete possibilità di recupero

e valorizzazione delle piccole economie locali. Gli autori hanno portato

due esempi concreti in cui i GAS hanno permesso il rialzo in termini

economici di aziende sull’orlo del fallimento perché non in grado di

competere sul mercato globale con le leggi della concorrenza.

Il caseificio fratelli Tomasoni del bregamasco, uno dei più piccoli

appartenenti al Consorzio per la tutela del formaggio Grana Padano, è

un’azienda a conduzione familiare che dal 1815 produce grana, ricotta e

robiola. I Tomasoni producono i propri formaggi, certificati da ICEA85,

trasformando esclusivamente latte da agricoltura biologica proveniente da

stalle della pianura lombarda. Il responsabile del caseificio ammette che il

passaggio dal convenzionale al biologico non è stato semplice ma che,

nonostante un’iniziale riserva, motivata dal timore che poche persone

fossero interessate all’acquisto di tali prodotti, ora è pienamente

soddisfatto della scelta compiuta e con gratitudine guarda a coloro che si

sono adoperati affinché si trovasse il coraggio di prendere parte a questa

scommessa, vista come un passo naturale e doveroso per un’azienda di

tal sorta ed afferma:

E quando viene qui la gente e ti dice “Ho mangiato la tua robiola, mi sembrava di tornare a cinquant’anni fa quando c’era tuo papà che faceva la robiola” è una soddisfazione!

A tal proposito, sul sito internet del caseificio si legge:

84 www.report.rai.it. 85 Istituto per la certificazione etica e ambientale www.icea.info.

97

Quella che sembrava una scommessa fin troppo azzardata, specialmente per un prodotto già affermato come il grana padano, ci ha invece portato a convertirci totalmente al biologico e a promuoverne i principi che abbracciano tutto il benessere del’uomo e dell’ambiente che lo circonda. Non si tratta, infatti, solo di prodotti agro alimentari o di mero interesse commerciale, con il biologico si evidenzia un’attitudine a comprendere nuovi settori ed attività economiche, dimostrando concretamente la possibilità di uno sviluppo eco- sostenibile, attento alla conservazione delle risorse. Un progetto che da colturale diventa culturale, fino a dimostrare che un nuovo stile di vita è possibile. Uno stile rispettoso dell’ambiente, della conservazione delle biodiversità locali, delle risorse naturali, oltre che interessato alla qualità della vista. Il biologico risponde positivamente alla domanda dei consumatori di disporre di alimenti e prodotti sicuri, rispettosi della salute dell’ambiente dell’uomo, favorendo la ricostruzione di una relazione diretta fra chi consuma e chi produce. 86

Prima di conoscere i GAS il caseificio vendeva il proprio formaggio ad un

commerciante della zona: “Poi l’anno scorso, di punto in bianco, ci ha

detto che era pieno di formaggio e che non avrebbe più comprato da noi”.

E’ stato grazie al contatto con i gruppi di acquisto solidali e al passaparola

come strumento di diffusione, che la piccola impresa ha potuto continuare

la propria attività trovando numerosi acquirenti che tutt’ora se ne servono.

Possiamo dire che oggi i GAS sono tra i nostri principali acquirenti, con loro abbiamo instaurato un rapporto basato sulla condivisione dell’idea che il filo diretto tra chi produce e chi consuma sia vantaggioso e stimolante.87

Un rapporto che secondo i fratelli Tomasoni necessita di essere

recuperato e valorizzato in un’epoca in cui sempre più spesso ci si vede

obbligati ad acquisti frettolosi e scarsamente ponderati in riferimento a

provenienza e trattamenti praticati sui prodotti che frequentemente

mancano di una reale qualità.

Ecco quindi che rinnoviamo da sempre l’invito di venirci a trovare per visitare il caseificio e la produzione con la piacevole opportunità di poter assaggiare i nostri prodotti senza impegno alcuno. Sarà anche l’occasione per conoscerci, scambiarci idee e eventualmente accordarci sulle modalità dei vostri acquisti comuni. 88

86 Cfr. www.caseificiotomasoni.it.87 Ibidem.88 Ibidem.

98

Il secondo esempio riguarda IrisBio, una cooperativa agricola nata a

Corteregona di Calvatone in provincia di Cremona nel 1978 quando un

piccolo gruppo di ragazzi e ragazze di diversa formazione professionale

decisero di fondare un’esperienza lavorativa cooperativa in agricoltura

senza l’utilizzo di diserbanti, concimi chimici e pesticidi. Traendo

ispirazione da Ivo Totti, precursore e pioniere dell’agricoltura biologica in

Italia, IrisBio si occupa di coltivazioni orticole e cerealicole con l’intento di

promuovere e diffondere le metodologie e le tecniche del biologico e, da

sempre, si è indirizzata verso la vendita diretta dei propri prodotti e

trasformati al consumatore.

Nel maggio del 2005, la cooperativa ha acquisito il Pastifico Nosari con

sede a Piadena, con cui collaborava da diversi anni, in procinto del

fallimento con l’obiettivo di renderla, nel corso di tre anni, la prima fabbrica

europea totalmente biologica potendo così garantire al consumatore il

controllo diretto dell’intera filiera produttiva della pasta biologica di qualità

accertata dalla semina al momento della vendita. Anche in questo caso è

stato il contatto con i GAS, interessati ad acquistare pasta e riso biologici,

a salvare l’azienda dal tracollo. Maurizio Gritta, presidente di IrisBio

conferma, infatti, che i gruppi di acquisto hanno contribuito a non far

chiudere il pastificio e a mantenere attivi almeno 30 posti di lavoro.

“Adesso abbiamo un futuro. Prima potevamo scordarci di arrivare a Natale

e prendere il panettone” dice il responsabile di produzione del pastificio e

un operaio lo supporta affermando: “Ci hanno dato la possibilità di

guardare avanti insomma. E non è certo cosa da poco”. E’ inoltre lo stesso

Gritta a sostenere che i GAS siano un punto di forza molto importante dal

punto di vista economico e culturale per lo sviluppo del progetto della

cooperativa agricola e il suo riferimento per il mercato italiano. Tale

rilevanza è testimoniata dalla presenza di una pagina dedicata ai gruppi di

acquisto solidali sul sito internet di IrisBio in cui si legge:

La cooperativa agricola è aperta alle visite dei consumatori soprattutto nell’azienda agricola, dove si può vedere l’operato e le tecniche di coltivazione biologica sviluppati in tanti anni e come il reddito prodotto anche nel rapporto con i GAS venga investito per migliorare le condizioni di lavoro,

99

l’ambiente e la qualità dei terreni coltivati. In una visita, un consumatore del GAS ha avuto modo di dire: “ Queste siepi mi sento di averle piantate un po’ anch’io”. Pensiamo anche noi che sia proprio così, perché quando ognuno di noi decide di acquistare un prodotto decide anche che sviluppo dare a quel territorio. L’importante è che il consumatore possa sempre verificare e vedere attraverso le visite dirette se questo avviene veramente. 89

Un ulteriore esempio della potenzialità dei GAS, mi è derivato dalla

partecipazione al quinto forum dei gruppi di acquisto solidali della

provincia di Varese, una giornata di promozione del consumo consapevole

e sostenibile. Scopo di “Buono & Giusto” era, da un lato, presentare e

diffondere la realtà dei gruppi di acquisto solidali tra coloro che fossero

interessati a parteciparvi o tra chi ancora non li conoscesse, dall’altro, per i

veterani, creare un momento di riflessione e di discussione comune sulla

possibilità di estendere l’ambito degli acquisti InterGas al tessile e alla

libera informazione. La giornata prevedeva anche l’incontro con produttori

biologici e solidali della Sicilia.

Roberto Li Calzi è un produttore di arance biologiche, è stato segnalato da

parte di alcuni GAS siculi che se ne servono e ha avuto modo di illustrare

come la sua possibilità di rimanere sul mercato sia stata determinata

dall’incontro con i gruppi di acquisto. Il signor Li Calzi ha spiegato,

innanzitutto, che il biologico non ha molto mercato in Sicilia:

Sono stato molte notti in piedi per portare i prodotti al mercato e là mi dicevano: “Sono biologiche? Vabbè, niente ci fa!”, biologico era quasi una mala parola.

Roberto è stato uno dei primi agricoltori del sud Italia ad ottenere la

certificazione e forse anche uno dei primi che dopo breve l’ha rifiutata:

Troppi imbrogli, troppe aziende che ieri tiravano fuori TIR di ortaggi chimici e il giorno dopo sono certificate, troppe carte, troppa burocrazia buona per le grandi aziende ma strangolante per le piccole.

Per anni il principale fornitore di ortaggi freschi dei pochi negozi di

biologico nella Sicilia orientale, è stato espulso da un mercato che, a sua

detta, non fa altro che svilire e penalizzare i produttori e da commercianti e

89 Cfr. www.irisbio.com.

100

cooperative “Che per mala fede, ingordigia o inefficienza, hanno finito per

affossarci”.

E’ proprio dall’incontro con i GAS che Roberto ha potuto continuare a

produrre biologico e a vendere le proprie arance ad un prezzo

conveniente per entrambe le parti definendosi letteralmente:

economicamente e moralmente risorto grazie ai gruppi di acquisto solidali che non smetterò mai di ringraziare perché attraverso loro ho trovato nuovi stimoli ed entusiasmo per fare, progettare, costruire anche un futuro migliore per la Sicilia. Sono orgoglioso che la mia iniziativa abbia costituito e stia costituendo una possibilità concreta per un pò di amici di restare dignitosamente a fare gli agricoltori e, nello stesso tempo, a diventare ambasciatori della bellezza, ricchezza e varietà della nostra terra. Sono fiducioso che questa strada porti lontano e sono pronto a battermi perché questa attuale avventura non scada.

3. La specificità del GAS

Come già abbiamo accennato nel terzo capitolo, la pratica del consumo

critico attraverso il gruppo di acquisto solidale presenta delle

caratteristiche e delle specificità proprie che la rendono differente dal

consumo critico “classico” inteso come iniziativa svolta a livello individuale.

Ritengo importante completare questa riflessione delineando con

maggiore chiarezza quali sono le ragioni che rendono il GAS, all’interno di

questo panorama, unico nel suo genere.

Innanzitutto credo che, se da un lato il consumo critico costituisce il

serbatoio all’interno del quale è contenuta ed è potuta maturare l’azione

promossa dai gruppi di acquisto solidali, che ne costituisce dunque

un’estensione ed una modalità di attuazione, dall’altro le due pratiche, pur

riferendosi allo stesso quadro concettuale ed essendo espressione della

stessa criticità nei confronti del modello economico tradizionale, si trovano

ad operare su due piani differenti.

Il punto di partenza è pressoché lo stesso: in entrambi i casi si ha la

consapevolezza delle minacce cui è sottoposto il nostro pianeta, si

conoscono i rischi concreti che derivano direttamente dal modello di

consumo promosso dalla nostra società, si è consci del massiccio impatto

101

ambientale e della pesantezza dell’impronta lasciata dagli spostamenti

delle merci da un paese all’altro, dei danni provocati dai rifiuti

quotidianamente prodotti dall’industria nell’imballaggio delle merci ai fini di

rendere la confezione più accattivante agli occhi del consumatore in modo

da conquistare posizioni di primato nel mercato, si possiedono

informazioni riguardo lo sfruttamento cui sono sottoposti i lavoratori di

alcune aziende che, per ottenere un vantaggio economico, hanno

trasferito la produzione nei paesi del Sud del mondo. Ancora, si

conoscono gli sperperi e le ingiustizie su cui è fondato questo sistema

economico e, parallelamente, si è consapevoli del potere di cui ogni

persona è portatrice per il solo fatto di compiere quotidianamente degli

acquisti e dunque della responsabilità che ricade su tutti noi.

Tuttavia, al di là di questi elementi di affinità, il modo di agire e operare in

concreto nella realtà di tutti i giorni presenta delle differenze, perché ciò

che si vuole ottenere è di per sé differente o meglio, prospetta delle

diverse sfaccettature. Il consumatore critico da un lato e il gasista

dall’altro, vogliono entrambi ottenere un cambiamento ed una

modificazione della logica di mercato e del modello di consumo che è

sviluppato nella nostra società; entrambi si rendono conto che, non

potendo attendere un intervento dall’alto, è necessario muoversi dal basso

e, a partire da questa consapevolezza, propongono delle azioni più o

meno radicali dirette al raggiungimento dell’obiettivo ultimo. E’ proprio in

riferimento alle attività che possiamo sviluppare una riflessione in merito

alle differenze emergenti tra il consumatore critico e il consumatore critico

inserito in un GAS che, all’interno del vasto ambito delle alternative

praticabili al consumo tradizionale, si presenta come iniziativa ed

esperienza del tutto caratteristica.

Il consumo critico rende edotto il soggetto della logica che sostiene e

sospinge il mercato globale e chiede agli acquirenti di diventare attori della

propria spesa e delle proprie scelte, chiede alle persone di uscire dagli

schemi tradizionali, di assumere coscienza e informazione riguardo il

mercato, di capire che c’è una costruzione molto più grande con cui fare i

102

conti. Il consumo critico chiede di responsabilizzarsi per non essere

globalizzati come il mondo in cui viviamo invece ci vorrebbe, perché se

siamo tutti uguali siamo anche più facili da gestire, se siamo una massa

compatta, uniforme, con le stesse attitudini e le stesse caratteristiche,

siamo anche più dominabili e domabili, i nostri desideri e i nostri stessi

impulsi divengono più controllabili, nulla sfugge, tutto è ordinato e la

macchina mondiale continua a funzionare senza sosta e, a guardarsi

attentamente, ci scopriremmo ingranaggi di un meccanismo di cui non

riusciamo neppure a vedere i confini. Il consumatore critico decide di

diventare consapevole e responsabile, di prendere atto del potere di cui è

dotato e di utilizzarlo, decide di non voler essere eteroguidato, di volersi

gestirsi da sé, di voler sentire le proprie scelte come effettivamente

personali, di voler prendere delle decisioni e non solo delle pseudo

decisioni. Il consumatore critico classico, è però definito nella sua

individualità, agisce da solo pur riconoscendosi in un progetto più ampio in

cui altre persone si attivano con la medesima coscienza e la stessa

cognizione.

Il consumatore critico appartenente ad un gruppo di acquisto solidale,

invece, agisce in gruppo, fa parte da principio di una catena fatta di

persone che si conoscono, si pone e si vede come elemento di un tutto, di

un insieme. Essere gruppo, come abbiamo visto, ha molte valenze e

significati, ma prima di tutto vuol dire mettersi insieme, vuol dire

avvicinarsi, disporsi l’uno accanto all’altro, fianco a fianco e insieme

decidere quale direzione prendere. Il gruppo di acquisto è poi una realtà

alla pari, in cui nessuno prevale, in cui non ci sono né vertici né dirigenti,

in cui ognuno ha libertà di parola e di azione, in cui tutte le proposte

vengono accolte e valutate in comune, in cui ogni membro ha una propria

individualità che viene messa in circolo quale fonte di mutuo

arricchimento, in cui lo stare insieme è di per sé formativo e creativo. Il

gruppo di acquisto è poi solidale, perché fa leva sull’importanza e sulla

centralità dei rapporti umani, dell’aiuto reciproco e spontaneo, della

convivialità; fa leva sul senso e sul significato del sapersi supportare e

103

sostenere vicendevolmente, riuscendo a vedere l’altro non come un

nemico e un rivale, come spesso oggi tendiamo a considerarlo costruendo

preventivamente una barriera autodifensiva, ma come una personalità da

cui trarre numerosi spunti e insegnamenti in un’ottica in cui le differenze

che, soprattutto se il gruppo è grande, possono essere molte, diventano

elemento di confronto e di crescita.

Una seconda peculiarità che caratterizza il gasista rispetto al consumatore

critico è ravvisabile nel fatto che, nel momento in cui si decide di

accordare la propria preferenza a certi prodotti piuttosto che ad altri per

quella che è la storia che si nasconde dietro un marchio di fabbrica, questi

non lo fa all’interno di un supermercato, acquistando merci che sono state

comunque prodotte da multinazionali e grandi industrie sebbene non

armate e rispettose del lavoro. Il GAS agisce diversamente, si rivolge al

piccolo produttore, esce dalla dimensione del “super” per entrare in quella

del “micro”. La filiera che crea e promuove è corta e spesso cortissima,

una filiera in cui si possono avere degli scambi diretti con il produttore e si

può intessere con questo un rapporto umano, basato sulla fiducia e sulla

lealtà reciproca. Il consumo e l’acquisto in un gruppo di acquisto solidale

risulta quindi più personale, con un volto ed un nome, quello critico

individuale, invece, è più anonimo e spersonalizzato proprio perché

mancante di questo contatto.

Nel circuito dei GAS i rapporti che si vengono a creare, permettono una

conoscenza all’origine di ciò che si compra e la fiducia e la collaborazione

tra le parti comincia proprio da qui perché l’elemento della personalità

comporta che ognuno metta in gioco la propria faccia e il proprio nome:

uscendo dall’anonimato del supermercato l’agricoltore, il formaggiaio, il

vendemmiatore diventano persone reali con una fisionomia reale, un

nome e un cognome. Ed è in questo senso che la correttezza paga e

quindi, così come un produttore onesto ne avrà un sicuro beneficio e il suo

nome sarà trasmesso e consigliato da un gruppo di acquisto all’altro,

anche per il produttore disonesto si utilizzano le medesime reti di

diffusione con le relative conseguenze.

104

Poter godere del privilegio di effettuare gli acquisti direttamente dal

produttore permette anche un ulteriore vantaggio: elimina lo spreco delle

merci. All’interno del supermercato, infatti, ogni giorno i prodotti che

troviamo esposti sugli scaffali vengono rinnovati andando a sostituire la

merce in scadenza con quella fresca di giornata. In questo modo molti cibi

ancora potenzialmente consumabili diventano rifiuti. L’acquisto attraverso

il GAS permette di ovviare a questo problema perché insieme, produttori e

consumatori, valutano di quali e quanti prodotti avrà bisogno il gruppo in

modo che l’agricoltore possa adeguare la semina delle proprie colture al

prospetto degli ordini. La merce verrà così completamente ridistribuita e

non si creeranno né scarti né sprechi ottenendo, inoltre, un vantaggio in

termini ambientali dal momento che non si rischia di produrre ulteriore

inquinamento attraverso il trasporto di prodotti che verranno gettati.

Quando arriviamo nel periodi di gennaio dobbiamo programmare che cosa mettere in campo, quindi programmare le semine[…]Facciamo un programma, lo mettiamo sul sito Internet dove abbiamo un Forum, il gruppo guarda il programma aziendale per il 2008 e dice cosa ne pensa. Rispondono sul Forum dicono quello che vogliono compare e che vogliono consigliare[…]Sprechi di prodotto? No, perché tutto viene ridistribuito.90

Come abbiamo più volte sottolineato, inoltre, uno dei principi su cui si

fonda il consumo critico consiste nel prediligere, a parità di prodotto,

quello proveniente da un mercato equo e solidale. Sia il consumatore

critico che l’appartenente ad un GAS hanno fatto proprio questo principio,

ma nello spirito che anima il gruppo di acquisto solidale si ravvisa una

maggiore sensibilità per i cosiddetti acquisti a Km 0. Nel concreto, questo

significa privilegiare i prodotti locali che non necessitano grandi

spostamenti. Se, dunque, per esempio, il consumatore critico chiede di

acquistare un ananas equo-solidale, il gasista chiede invece di ridurne il

consumo all’origine poiché, attento ai problemi causati dal trasporto delle

merci, si rende conto che in questi casi è inevitabile che avvenga sulle

lunghe distanze. Ritengo sia utile sottolineare, infine, che il riferimento al

90 Tratto da un’intervista condotta da Piero Riccardi ad Alessandro Colombini dell’azienda biologica Colombini, Pisa. www.repor.rai.it.

105

Km 0 deve anche essere inteso come elemento che permette la

promozione e la tutela delle culture e delle colture locali contro quelle

globali, nella logica della valorizzazione e dello sviluppo delle potenzialità

di ogni territorio e della riappropriazione dei sapori tradizionali.

4. Perché questa tesi

La ragione che sostanzia la scelta di dedicare il mio elaborato finale ai

gruppi di acquisto solidali, credo possa essere efficacemente riassunta

nella profonda fiducia che nutro per il nucleo familiare.

Il percorso di studi effettuato, avendomi permesso di accostarmi con veste

professionale alla tematica familiare e di approfondirne alcuni aspetti

prima teoricamente e poi, attraverso il tirocinio, anche praticamente, mi ha

fatto capire che quando la famiglia è un luogo sano, diviene un elemento

di cruciale importanza nella definizione delle basi su cui costruire una

società sempre migliore. Da che è nata, la nostra repubblica si è detta

fondata sulla famiglia, sulla promozione e il sostegno di questa realtà

come ambito di apprendimento, socializzazione primaria, educazione e

formazione. Si potrebbe dire, in altri termini, che è nella famiglia che si

crea la stessa società che su questa si basa.

Ma nel corso degli anni sembra che qualche cosa sia cambiato e oggi ci si

ritrova in un’epoca in cui pare che la famiglia abbia perso di solidità, in cui

i rapporti che legano familiari ed affini appaiono sempre più deboli, in cui

la costituzione di un nucleo familiare sembra più una sfida che un fatto

naturale. E’ in questa situazione che a mio parere il gruppo di acquisto

solidale può essere una buona alternativa allo smarrimento e

all’individualismo costituendo il punto di partenza verso la costruzione di

una società ancora fondata sui rapporti umani.

Il GAS è formato prevalentemente da famiglie, divenendo occasione di

incontro e di sviluppo e costruzione di rapporti sociali caratterizzati da

profondità, fiducia rispetto e reciprocità; è ambito di crescita individuale, di

106

coppia e familiare essendo luogo di concretizzazione di valori ed ideali di

giustizia e solidarietà e di trasmissione di tutto questo ai propri figli: porsi

degli interrogativi pratici su aspetti così importanti della quotidianità, che

tuttavia spesso sembra vengano dimenticati, aiuta le persone a conoscere

meglio non solo il mondo circostante nei confronti del quale si acquisisce

consapevolezza, ma anche se stessi e chi ci circonda, andando incontro,

da un lato, ai propri limiti e alle proprie difficoltà, dall’altro, scoprendo

capacità ed abilità forse dimenticate o forse solamente non ancora

ravvisate. Vivere un GAS significa sviluppare criticità, sensibilità e senso

di responsabilità, significa sapersi mettere in gioco, entrare in scena in

prima persona, avere dei valori forti di riferimento che guidano il proprio

agire.

E significa, in ultimo, farlo insieme.

In un’epoca storica basata sull’immediatezza, la superficialità, l’usa e getta

e l’individualismo, fare parte di un gruppo di acquisto solidale permette a

nuclei familiari diversi di entrare in comunicazione potendo formare dei

legami più solidi ed una rete di aiuto informale di fondamentale importanza

per la società stessa. Questa, infatti, se le famiglie comunicassero

maggiormente al loro interno e verso l’esterno, ne trarrebbe a mio avviso

un sicuro beneficio, in quanto sono proprio queste reti sociali di aiuto

reciproco che, funzionando autonomamente e in modo più immediato,

potrebbero essere un buon appoggio per la risoluzione di problemi sociali

quali solitudine e abbandono.

E’ dunque per questo che ritengo il GAS una pietra miliare nello sviluppo

di una società sana e solidale e, in quanto tale, un’esperienza che deve

necessariamente trovare un canale di diffusione sempre più allargato.

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