I fondamenti ideologici del nazismo - · PDF fileNel 1938 il potente ministro...

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I fondamenti ideologici del nazismo 1. Rifiuto degli esiti della Prima guerra mondiale e del Trattato di Versailles: la sconfitta del 1918, secondo i nazisti, non era da attribuirsi alla forza militare dell’Intesa, ma al tradimento di marxisti e pacifisti che avevano sabotato la guerra all’interno del Paese. 2. La purezza della razza e il mito dell’arianesimo: la razza “ariana” (intendendo con questo termine il tipo etnico nord-europeo) era la stirpe eletta. Occorreva sottomettere le “razze inferiori” creando una comunità “purificata” di ogni elemento estraneo. Gli ebrei, in particolare, furono identificati come la fonte di tutti i mali che affliggevano la Germania. Ma la “difesa della razza” doveva essere esercitata anche contro gli zingari, gli omosessuali, i portatori di handicap, i malati di mente, “colpevoli” di contaminare il popolo tedesco. 3. L’anticomunismo: la lotta di classe, principio fondante del marxismo, era considerata un elemento disgregatore della società, quindi il comunismo, che la propagandava, era il nemico più temibile. 4. Il disprezzo della democrazia parlamentare: solo un capo carismatico (Fuhrer) sarebbe stato capace di guidare, con la sua ferrea volontà, la popolazione tedesca ad acquisire quello spirito di disciplina e di lotta che ne avrebbe fatto la razza dominante. In questa teoria confluivano, deformate, la filosofia del superuomo di Nietzche e la teoria darwiniana, oltre alle tradizionali teorie razziste europee. 5. La conquista dello “spazio vitale”: per raggiungere il suo obiettivo di potenza la Germania, privata delle colonie dai trattati di Versailles, doveva espandersi per garantirsi sviluppo e prosperità. Lo “spazio vitale” da conquistare era essenzialmente l’Europa orientale: l’obiettivo dunque era l’asservimento della razza slava, considerata inferiore, e la distruzione dell’URSS comunista. L’antisemitismo nazista L’antisemitismo nazista era implicito in una ideologia ossessionata dalla “purezza della razza”. Ma la persecuzione degli ebrei era anche strumentale alla presa e al consolidamento del potere: occorreva un capro espiatorio su cui concentrare l’aggressività e il malessere delle masse, un gruppo sociale sul quale scaricare le difficoltà economiche del Paese. - sugli ebrei, oltre che sui comunisti, sulla loro presunta mancanza di “amor di patria” venivano fatte ricadere le responsabilità della sconfitta del 1918; - si indicava la “finanza ebraica” come responsabile della dissoluzione dei risparmi delle famiglie tedesche; - l’isolamento politico della Germania veniva imputato a un “complotto ebraico internazionale” Leggi anti-ebraiche furono varate fin dai primi mesi della presa di potere del nazismo. Nel 1933 gli ebrei: - vennero estromessi dalla pubblica amministrazione (insieme a comunisti e socialdemocratici) - vennero esclusi dall’insegnamento superiore e dal giornalismo - divenne obbligatorio dimostrare una “discendenza ariana” da almeno 2 generazioni per svolgere qualsiasi impiego nell’amministrazione pubblica; Nel 1935: - vennero privati della cittadinanza tedesca e quindi di tutti i diritti politici; - vennero vietati i matrimoni tra ebrei e cittadini tedeschi; - vennero punite con il carcere le relazioni extra-coniugali con gli ebrei; Nel 1938: - venne imposto agli ebrei di denunciare i patrimoni superiori a 5.000 marchi affinchè potessero essere usati “a favore dell’economia tedesca”; - Fu vietato agli ebrei di svolgere la professione di medico e di avvocato; dopo i pogrom della “notte dei cristalli” (distruzione delle sinagoghe, 7.000 negozi di ebrei distrutti, un centinaio di omicidi), agli ebrei:

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I fondamenti ideologici del nazismo

1. Rifiuto degli esiti della Prima guerra mondiale e del Trattato di Versailles: la sconfitta del 1918, secondo i nazisti, non era da attribuirsi alla forza militare dell’Intesa, ma al tradimento di marxisti e pacifisti che avevano sabotato la guerra all’interno del Paese.

2. La purezza della razza e il mito dell’arianesimo: la razza “ariana” (intendendo con questo termine il tipo etnico nord-europeo) era la stirpe eletta. Occorreva sottomettere le “razze inferiori” creando una comunità “purificata” di ogni elemento estraneo. Gli ebrei, in particolare, furono identificati come la fonte di tutti i mali che affliggevano la Germania. Ma la “difesa della razza” doveva essere esercitata anche contro gli zingari, gli omosessuali, i portatori di handicap, i malati di mente, “colpevoli” di contaminare il popolo tedesco.

3. L’anticomunismo: la lotta di classe, principio fondante del marxismo, era considerata un elemento disgregatore della società, quindi il comunismo, che la propagandava, era il nemico più temibile.

4. Il disprezzo della democrazia parlamentare: solo un capo carismatico (Fuhrer) sarebbe stato capace di guidare, con la sua ferrea volontà, la popolazione tedesca ad acquisire quello spirito di disciplina e di lotta che ne avrebbe fatto la razza dominante. In questa teoria confluivano, deformate, la filosofia del superuomo di Nietzche e la teoria darwiniana, oltre alle tradizionali teorie razziste europee.

5. La conquista dello “spazio vitale”: per raggiungere il suo obiettivo di potenza la Germania, privata delle colonie dai trattati di Versailles, doveva espandersi per garantirsi sviluppo e prosperità. Lo “spazio vitale” da conquistare era essenzialmente l’Europa orientale: l’obiettivo dunque era l’asservimento della razza slava, considerata inferiore, e la distruzione dell’URSS comunista.

L’antisemitismo nazista L’antisemitismo nazista era implicito in una ideologia ossessionata dalla “purezza della razza”. Ma la persecuzione degli ebrei era anche strumentale alla presa e al consolidamento del potere: occorreva un capro espiatorio su cui concentrare l’aggressività e il malessere delle masse, un gruppo sociale sul quale scaricare le difficoltà economiche del Paese.

- sugli ebrei, oltre che sui comunisti, sulla loro presunta mancanza di “amor di patria” venivano fatte ricadere le responsabilità della sconfitta del 1918;

- si indicava la “finanza ebraica” come responsabile della dissoluzione dei risparmi delle famiglie tedesche;

- l’isolamento politico della Germania veniva imputato a un “complotto ebraico internazionale” Leggi anti-ebraiche furono varate fin dai primi mesi della presa di potere del nazismo. Nel 1933 gli ebrei:

- vennero estromessi dalla pubblica amministrazione (insieme a comunisti e socialdemocratici) - vennero esclusi dall’insegnamento superiore e dal giornalismo - divenne obbligatorio dimostrare una “discendenza ariana” da almeno 2 generazioni per svolgere

qualsiasi impiego nell’amministrazione pubblica; Nel 1935:

- vennero privati della cittadinanza tedesca e quindi di tutti i diritti politici; - vennero vietati i matrimoni tra ebrei e cittadini tedeschi; - vennero punite con il carcere le relazioni extra-coniugali con gli ebrei;

Nel 1938:

- venne imposto agli ebrei di denunciare i patrimoni superiori a 5.000 marchi affinchè potessero essere usati “a favore dell’economia tedesca”;

- Fu vietato agli ebrei di svolgere la professione di medico e di avvocato; dopo i pogrom della “notte dei cristalli” (distruzione delle sinagoghe, 7.000 negozi di ebrei distrutti, un centinaio di omicidi), agli ebrei:

- veniva vietato di frequentare teatri, musei, campi sportivi, piscine; - vietato di possedere oro, argento, pietre preziose, radio, telefoni; - fu imposto il lavoro obbligatorio (forzato); - fu prescritto di vivere tutti insieme in “case ebree”

Dopo aver escluso gli ebrei da tutti gli aspetti della vita civile Hitler progettava di espellerli completamente dal Paese attuando il progetto di una Germania judenfrei (libera dagli ebrei). Prende corpo in questi anni un folle progetto. Il progetto "Madagascar"

Per diversi anni la cosiddetta "questione giudaica" trovò una soluzione teorica nel concetto di emigrazione. Spingere gli ebrei tedeschi ad uscire volontariamente dalla Germania fu l'obiettivo delle leggi di espropriazione, di disumanizzazione. Tuttavia la politica seguita per spingere gli ebrei ad emigrare trovò un successo soltanto parziale. All'epoca dell'invasione della Polonia (1° settembre 1939) la situazione ebbe una radicale modificazione. Da un lato si apriva uno "spazio vitale" verso Est nel quale convogliare gli ebrei tedeschi attraverso una azione coordinata di deportazione, dall'altro si proponeva un nuovo problema ebraico da risolvere: i circa due milioni di ebrei polacchi da "sistemare" in qualche modo. Se, grazie all'occupazione di parte della Polonia, si rese possibile rendere la Germania judenfrei (libera da ebrei) attraverso la deportazione la nuova dislocazione nei grandi ghetti veniva considerata soltanto una misura temporanea verso un ulteriore spostamento. L'occupazione successiva di Olanda, Belgio e parte della Francia con le loro ampie comunità ebraiche rese la soluzione del "reinsediamento a Est" degli ebrei europei ancora più problematica. Nacque così una ipotesi che appare immediatamente astrusa se non folle in un clima di guerra: trasferire tutti gli ebrei europei in Madagascar che all'epoca era una colonia francese. I 500.000 chilometri quadrati della grande isola africana parvero ad alcuni circoli nazisti una delle soluzioni ideali per risolvere la “questione giudaica”. L'idea non era sorta dal nulla. Sin dal 1885 Paul de Lagarde, nel clima di acceso antisemitismo che animava la Francia di fine secolo, aveva proposto di deportare tutti gli ebrei europei in Madagascar. Tra il 1938 ed il 1939 il governo nazista riprese in mano l'idea. Nel 1938 il potente ministro dell’Interno nazista Göring accennò al fatto che Hitler era intenzionato a suggerire ai Paesi occidentali un piano di emigrazione degli ebrei europei in Madagascar. Ovviamente, essendo il Madagascar una colonia francese, si imponeva un accordo con Parigi che non venne realizzato. Dopo la guerra lampo che condusse alla disfatta francese, i tedeschi ripresero in mano il progetto. L'idea godeva dell'approvazione delle alte sfere naziste ma non esisteva ancora un piano di attuazione concreto. Il ministro degli Esteri Von Ribbentrop diede ordine di predisporlo. Il Piano Madagascar doveva essere inserito nel trattato di pace con la Francia. Ovviamente il presupposto era una rapida conclusione non solo della guerra con la Francia ma anche con la Gran Bretagna. L'incontestabile controllo inglese sui mari rendeva nei fatti impossibile realizzare un piano che prevedeva lo spostamento via nave di milioni di ebrei. Contrariamente alle previsioni tedesche la Gran Bretagna dimostrò una capacità di resistenza superiore alle aspettative. Con il fallimento della battaglia d'Inghilterra e il rinvio a tempo indeterminato dell'invasione delle Isole Britanniche il Piano Madagascar cominciò ad essere considerato irrealizzabile. L'invasione dell'Unione Sovietica nel giugno 1941 rese il piano totalmente impossibile. Il suo fallimento causò l'esplorazione di nuove soluzioni alla judenfrage, la Soluzione Finale, l'annientamento fisico degli ebrei europei rimase per i nazisti l'unica opzione possibile.