i e e agie Questioni cruciali Q Spi- luglio... · 2011-11-21 · 4 RAPPORTI ISTITUZIONALI di Emidio...

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Spi Anche su internet: www.marche.cgil.it/spi Spi rito di gruppo luglio 2011 Suppl. a LiberEtà n. 7-8/2011 mensile del Sindacato pensionati italiani della Cgil direttore responsabile Giorgio Nardinocchi / a cura dello Spi Cgil regionale Marche Tariffa R.O.C. - Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB Roma LiberEtà Marche Marche Questioni cruciali Q uesto mese Spi- rito di gruppo apre con una in- tervista a Susanna Camusso, segretario generale Cgil che risponde alle nostre doman- de su giovani, immigrazione e ambiente. Proseguono gli incontri con la Regione Marche sulle politiche socio-sanitarie: il segretario regionale Spi, Emidio Celani, ci aggiorna sugli ultimi sviluppi. Il luogo della memoria, il racconto delle attività produttive della regione che sono stati dismesse, è il Ca- scamificio di Jesi. Il dottor Marcello Ba- iocco, specialista in Medi- cina Preventiva e medico dello sport, ci offre due “pil- lole” dei suoi preziosi con- sigli per rimanere in forma prevenendo. Le storie di vita, due brevi ritratti di nonni scritti da due bambine, i problemi della previdenza, le antici- pazioni sull’assemblea na- zionale delle donne dello Spi, che si terrà in autunno a San Benedetto del Tronto, completano il giornale. La vignetta di Marco Temperini ci mostra questa volta Nonno Nello vittima della contestazione in fa- miglia che si indigna per il suo monopolio nella gestio- ne della televisione. sul numero di luglio/agosto di Nonno Nello di Marco Temperini Speciale 18ª Festa di LiberEtà: A Salerno con lo Spi tre giorni memorabili Susanna Camusso rilancia la proposta per un fisco più equo Da Perugia a Salerno: due anni da protagonisti con Carla Cantone Rosy Bindi parla del dopo referendum: “Ora tocca a noi” Intervista a Roberto Vecchioni: L’amore e la memoria oltre il tempo del berlusconismo Contro corrente: parla l’economista Amartya Sen Carla Cantone: Le idee del premio Nobel per l’economia e la nostra azione sindacale In Italia come in Europa, i giovani danno segnali di voler rimettere in discussione i modelli improntati alla competizione e all’individualismo. Cosa può fare il sindacato per far conoscere loro la forza della solidarietà e dell’agire collettivo? «Credo che la Cgil abbia letto questi segnali ancor prima che l’opinione pubblica segue a pag. 3 in queste pagine Intervista a Susanna Camusso, segretario generale Cgil «I referendum? È la voglia di una politica contro le paure» «I referendum? È la voglia di una politica contro le paure» a cura di Gherardo Giglioni

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SpiAnche su internet: www.marche.cgil.it/spi

Spirito di gruppoluglio 2011

Suppl. a LiberEtà n. 7-8/2011 mensile del Sindacato pensionati italiani della Cgil direttore responsabile Giorgio Nardinocchi / a cura dello Spi Cgilregionale Marche Tariffa R.O.C. - Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB Roma

LiberEtàMarcheMarche

Questioni cruciali

Q uesto mese Spi-rito di gruppoapre con una in-

tervista a Susanna Camusso,segretario generale Cgil cherisponde alle nostre doman-de su giovani, immigrazionee ambiente.

Proseguono gli incontricon la Regione Marche sullepolitiche socio-sanitarie: ilsegretario regionale Spi,Emidio Celani, ci aggiornasugli ultimi sviluppi.

Il luogo della memoria,il racconto delle attivitàproduttive della regione chesono stati dismesse, è il Ca-scamificio di Jesi.

Il dottor Marcello Ba-iocco, specialista in Medi-cina Preventiva e medicodello sport, ci offre due “pil-lole” dei suoi preziosi con-sigli per rimanere in formaprevenendo.

Le storie di vita, duebrevi ritratti di nonni scrittida due bambine, i problemidella previdenza, le antici-pazioni sull’assemblea na-zionale delle donne delloSpi, che si terrà in autunnoa San Benedetto del Tronto,completano il giornale.

La vignetta di MarcoTemperini ci mostra questavolta Nonno Nello vittimadella contestazione in fa-miglia che si indigna per ilsuo monopolio nella gestio-ne della televisione.

sul numero di luglio/agosto diNonno Nello di Marco Temperini

� Speciale 18ª Festa di LiberEtà: • A Salerno con lo Spi tre giorni memorabili • Susanna Camusso rilancia laproposta per un fisco più equo • Da Perugia a Salerno: due anni da protagonisti con Carla Cantone • Rosy Bindi parla del doporeferendum: “Ora tocca a noi”

� Intervista a Roberto Vecchioni:L’amore e la memoria oltre iltempo del berlusconismo

� Contro corrente: parla l’economista Amartya Sen

� Carla Cantone: Le idee delpremio Nobel per l’economia e la nostra azione sindacale

In Italia come in Europa, i giovani danno segnali di voler rimettere in discussionei modelli improntati alla competizione e all’individualismo. Cosa può fare ilsindacato per far conoscere loro la forza della solidarietà e dell’agire collettivo?

«Credo che la Cgil abbia letto questi segnali ancor prima che l’opinione pubblica

segue a pag. 3

in queste pagine Intervista a Susanna Camusso, segretario generale Cgil

«I referendum? È la voglia diuna politica contro le paure» «I referendum? È la voglia diuna politica contro le paure»

� a cura di Gherardo Giglioni

� di Giuseppe Pettinari

ei sistemi democratici mo-derni la partecipazione col-lettiva, genericamente inte-

sa, è esercitata attraverso il mecca-nismo della rappresentanza. Il rap-presentante viene designato comeportavoce del gruppo, di regola ap-partiene alla stessa categoria, o adun insieme di categorie confederate,per rappresentare gli interessi co-muni. Questa è anche l’esperienzadel sindacato.

È necessario poi verificare la ri-spondenza tra rappresentanza e rap-presentatività: il carattere rappre-sentativo del sindacato deve averefondamento nella logica della rap-presentanza o, invece, è un potere asé, indipendente da quest’ultima. Inaltre parole, il sindacato può essererappresentativo senza che tra i rap-presentanti e i rappresentati vi siaun rapporto giuridico di rappresen-tanza? Cioè l’iscrizione, la tessera?

In questi ultimi anni la Cgil,spesso da sola, ha occupato piazzecon manifestazioni, gazebo, volanti-naggi per rappresentare la giustaopposizione alle politiche di questogoverno e proponendo piattaformealternative. Ha ottenuto consensi elarga partecipazione alle iniziative.Tutto ciò non si è tradotto in forteaumento delle iscrizioni al sindacato.

I motivi, tutti da indagare, sonomolti: si riducono gli spazi della pre-senza strutturata dei lavoratori (chiu-sura delle aziende, nuove tipologiedi lavoro); presenza nelle iniziativedi persone non riconducibili ad unacategoria di lavoratori; casalinghe,studenti; una libera scelta di noniscriversi ad una organizzazione,ecc..

Per misurare con esattezza larappresentatività all’interno del per-corso annuale del tesseramento sor-gono, poi, problemi tecnici, risolvibilisolo con la fissazione di alcune regolecondivise sulla rilevazione dei dati(il periodo temporale per la statistica,

la certificazione come e da chi vieneeffettuata, la tipologia dei diversiiscritti e come considerarli, ecc).Una semplificazione potrebbe esserequella del dato al 1 gennaio di ognianno, considerando la movimenta-zione degli iscritti (in entrata ed inuscita) solo un fatto amministrativointerno da gestire con le diverse ca-tegorie.

La Cgil ha lanciato una sfida,molto coraggiosa: arrivare a 6 milionidi iscritti certificati. Come tutte lesfide vanno accolte e rilanciate anchequando si nutrono forti dubbi sullaloro realizzazione. Ci proviamo sa-pendo che questo non è un annonormale per lo Spi. Le nuove regoleper il ricorso al pensionamento sonomutate e questo di fatto posticipaalmeno di un anno le uscite dallavoro per raggiunti limiti di età o dicontribuzione. Nelle Marche abbiamoanche un alto tasso di sindacalizza-zione dei pensionati Inps e questolimita anche nuovi iscritti tra i giàpensionati.

Ma non demordiamo, anzi accet-tiamo la sfida mettendo in campotutta la nostra organizzazione e ilgrande supporto dei tanti collabora-tori con la loro capacità di fare pro-seliti alla giuste politiche rivendicativedella Cgil.

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ORGANIZZAZIONE

Rappresentanza, le nuove sfide del sindacato

Urbino29 aprile 2011 La presidenza delconvegno “Proposteper uno statosociale” durantel’intervento di ElioCerri, segretariogenerale Spi dellaprovincia di Pesaro. I lavori si sonoconclusi conl’intervento di CarlaCantone, segretariogenerale nazionaledello Spi Cgil

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DALLA PRIMA PAGINA

tutta se ne accorgesse. Il binomio“Giovani e futuro” è stato il tema alcentro della manifestazione nazionaleche abbiamo promosso lo scorso 27novembre. Così come con la campa-gna ‘Giovani non più disposti a tutto’,e con il sostegno che abbiamo datoalla manifestazione del 9 aprile ‘Ilfuturo è adesso - la vita non aspetta’,abbiamo cercato di imporre il temadei giovani e dei precari, del futuroche gli viene negato. Siamo quoti-dianamente impegnati a contrastareun governo che ha foraggiato gliegoismi, pensando così di fare unfavore al suo blocco sociale, che halavorato scientemente per la divisionenel paese e, nello specifico, tra leorganizzazioni sindacali e quindi trai lavoratori, che sta negando con lesue politiche il futuro stesso. La sfidache abbiamo davanti è quella di pro-muovere un progetto per il paese,che passi attraverso la centralità deigiovani e dell’intero mondo del lavoro.Una nuova sfida collettiva, che abbiaradici nei temi della solidarietà edell’eguaglianza: la sola capace dipoter garantire ancora un futuro alpaese. Ma il governo è in questo mo-mento in una crisi di consenso, perdeprogressivamente il contatto con ilpaese anche a causa delle responsa-bilità che ha circa lo stato in cuiversa il paese. Lo ripeto spesso - e igiovani così come i lavoratori e ipensionati lo dimostrano ogni giorno- questo è un paese migliore di comeviene raccontato. Questo è un paesedalle grandi risorse, lo dimostra an-cora una volta col risultato del refe-rendum che denota il fatto che c’èuna voglia di risposte all’altezza eche guardino al futuro».

Europa e immigrazione: un pas-so indietro?

«Il vento di libertà e di democraziache ha soffiato nei paesi del NordAfrica ha determinato una politicamiope, alimentato con scarso successola politica della paura, e ha trovatoun’Europa assolutamente imprepa-

rata nei confronti della necessità diuna iniziativa politica che potesseaccompagnare questi paesi verso unapiena democrazia. Quanto accadutoin Italia è invece sotto gli occhi ditutti: l’isola di Lampedusa portataallo stremo, gli egoismi di alcunenostre Regioni, le risposte “fuoriluogo” date dal nostro presidentedel Consiglio nel suo tour sull’isolache non ha trovato di meglio cheannunciare di aver comprato lì unacasa. C’è una totale assenza di unaidea di accoglienza, come dimostral’inasprimento della detenzione neiCie. Il mondo dei migranti si dovrebbeinvece tutelare per altre vie: cambiarela legge Bossi - Fini che, come si èdimostrato durante la crisi, rendeclandestini quei lavoratori che per-dono il lavoro perché vincola il per-messo di soggiorno al lavoro. Un ‘bi-nomio’ che la Corte di Giustizia del-l’Unione Europea, ricordiamolo, hacondannato in alcuni suoi recentipronunciamenti. La seconda via daperseguire ricalca la nostra propostadi istituire una nuova legge sul ca-poralato che lo riconosca come reatopenale. Analogamente, per contra-stare il lavoro sommerso, bisogna in-tervenire sulle regole degli appalti,abrogando le gare al massimo ribassoe rendendo vincolanti le clausole so-ciali. Terzo punto, bisogna organizzarei migranti e per questo vogliamo raf-forzare la nostra iniziativa,anche sperimentandovie nuove come ilsindacato di strada,che la Flai sta at-tuando per raggiun-gere i braccianti. In-fine bisogna garantirelo “Ius Soli”, vale adire riconoscere lacittadinanza ai figli degliimmigrati per il fatto diessere nati sulnostro terri-torio».

I referendum su nucleare e pri-vatizzazione dell’acqua sono statimomenti importanti di una battaglianon conclusa. Quale ruolo può gio-care il sindacato?

«I risultati dei referendum dimo-strano che il nostro è un paese me-raviglioso, che non manca le occasioniimportanti e che, quando interrogato,sa scegliere ciò che è giusto. Unascelta che è cresciuta in questi annie che non nasce solo attraverso laraccolta delle firme ma che va ri-cercata anche nella voglia di unapolitica diversa, contro le paure -alimentate dal berlusconismo - e ildisorientamento che la crisi ha ge-nerato. Non solo siamo stati tra ipromotori di alcuni quesiti ma giàprima del referendum abbiamo por-tato avanti delle vertenze sull’acquain alcune regioni. Le politiche sul-l’acqua e sull’energia sono grandiquestioni che investono il lavoro e idiritti di cittadinanza e in questoquadro il sindacato evidentementenon può disinteressarsene. Il refe-rendum sull’acqua impone la quali-ficazione di un lavoro pubblico intesocome servizio anziché come profitto.E la bocciatura netta del nuclearesposta inevitabilmente il tema sul-l’esigenza in un nuovo piano ener-getico che guardi al risparmio, allerinnovabili integrandole e qualifi-candole con le fonti tradizionali.Queste sono creatrici di lavoro e una

disattenzione da questo tema,che si lega a quanto dicevosul futuro e sulle strategie,sarebbe incomprensibile eindice di una visione di-storta. Perché le ricadutedel referendum potrannoavere riflessi positivi indiversi settori, dall’edilizia

all’innovazione, dalla ricercaal lavoro qualificato.

Non possiamoperdere que-sta preziosaoccasione».

segue da pag. 1

«I referendum? È la voglia diuna politica contro le paure»

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RAPPORTI ISTITUZIONALI

� di Emidio Celani

attacco alla scuola pub-blica, alla sanità e al si-stema previdenziale segna

una precisa scelta del Governo chevede la famiglia come l’ammortizza-tore sociale che deve far fronte aibisogni sociali delle persone. L’azionecaritatevole dello Stato e l’interventodell’impresa privata nel welfare sonoi fondamenti della nuova filosofiache viene proposta e che vede nellademolizione dei diritti dei cittadini,anche quelli costituzionali, un futuroper l’avvento di un nuovo businessnel sociale.

Lo smantellamento da parte delGoverno del fondo per la non auto-sufficienza segna evidentemente lavolontà di abbandonare le famigliead affrontare, in piena solitudine, ladrammatica condizione delle personeafflitte da malattie degenerative.

Di altro avviso il comportamentodella Regione Marche che, in questimesi, ha avviato con il sindacatoconfederale e dei pensionati un ser-

rato confronto sulla non autosuffi-cienza.

Nell’ultimo incontro con la Re-gione Marche sono stati illustrati irisultati dell’istruttoria predispostadall’Asur sul piano di convenziona-mento che riguarda i 3.242 postiletto presso le 109 Residenze Protette.

Nell’incontro, i sindacati hannorichiesto l’attivazione degli strumentidi monitoraggio sull’andamento delleconvenzioni, con l’immediata aperturadei tavoli di zona come definito dal-l’accordo; lo scopo è di prendere vi-sione di ogni singola convenzionestipulata dalle Residenze Protetteper allineare la nuova retta ai 66 €giornalieri, di cui 33 a carico del-l’utente, a fronte di una prestazionedi 100 minuti di assistenza. Spi Cgil,Fnp Cisl e Uilp Uil hanno anchechiesto l’invio di una comunicazioneagli utenti di una lettera da partedelle RP firmatarie per illustrarel’adeguamento della retta nella faseche andrà a regime, ricordando cheil riferimento è quella applicata nel2009. È stata anche sollecitata laconvocazione di un incontro per i

primi di luglio per verificare il defi-nitivo completamento della stipuladelle convenzioni.

Precedentemente si erano tenutiincontri circa l’assegno di cura (200,00€) stanziati dalla Regione per venireincontro alle spese dell’anziano nonautosufficiente e delle loro famigliee per la verifica dell’incremento delnumero di ore messe a disposizionedegli ambiti sociali per l’assistenzadomiciliare.

Sono in corso anche gli incontricon l’Anci Marche, l’associazione deiComuni, per uniformare i vari stru-menti Isee che le amministrazioniutilizzano per modulare l’accessoalle prestazioni sociali erogate. Ladisparità di trattamento è spessocausata non da una diversità di og-gettiva condizione del richiedente,o della sua famiglia, bensì dai diffe-renti parametri previsti dai singoliComuni. Una maggiore uniformitàdi parametri è l’obiettivo che si pre-figge la commissione predispostapresso l’associazione dei Comuni.

Al fine di poter meglio svilupparel’azione negoziale con la Regione èstato attivato dallo Spi Marche il Di-partimento delle politiche socio sa-nitarie ed è in fase di realizzazioneuno sportello informativo sulla nonautosufficienza, con il compito di in-formare tutti puntualmente sui propridiritti e sui risultati delle negoziazionirealizzate.

Sindacati e Regione discutono delle tariffe

Residenze protette, al via ilconfronto sulle convenzioni

Recanati (Mc) - 27 aprile 2011 - Il tavolo della presidenza in un momento del convegno “La nonautosufficienza. Da sinistra a destra: Benfatto, segretario generale Cgil Macerata, Marcucci, segretariogenerale Spi Macerata, Cingolani, segretaria provinciale Spi Macerata, Cesari, segretaria nozionale Spi,Celani, segretario generale Spi Marche e Quintili, segretario provinciale Spi Macerata

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� a cura di Franca Ranzuglia

Nelle Marche l’industriadella seta è stata l’attivitàpiù diffusa e più impor-

tante del sistema manifatturiero re-gionale, almeno fino alla primaguerra mondiale: Fossombrone, Jesied Osimo ne rappresentavano i polipiù importanti.

Jesi era considerata la “piccolaMilano”. Infatti, all’alba del Nove-cento, è una città di 23mila abitantinotevolmente sviluppata dal puntodi vista industriale. Ha dodici grandifilande, il cascamificio, un lanificio,una cartiera, due fornaci e tante

altre piccole fabbriche.Ma il suo punto forte è costituito

all’epoca dalle filande di seta e dalcascamificio.

L’industria della seta non puòche essere legata anche all’alleva-mento del baco da seta, che ha inve-stito le campagne circostanti sindalla prima metà del settecento, ca-ratterizzandone il paesaggio con ifilari di mori gelsi e con le bigattieresopraelevate sulle case coloniche.

Non per caso il gelso da questeparti era considerato l’albero delpane. Piantare gelsi era fare un in-vestimento per la vita. Le sue foglieper il baco della seta erano indi-spensabili e in ogni casa di mezzadrio contadini era stato elevato unpiano opportunamente arioso, in

cui si sistemavano le bigattiere.Non sempre i bombici venivano

forniti dai proprietari dei mezzadri,a volte erano le stesse donne che seli andavano a comperare al mercato,uno o due ditali: ogni ditale eramille, duemila uova e le mettevanodentro il letto, con il prete, in uncontenitore, perché il caldo le facevamaturare.

L’elemento di raccordo tra la cam-pagna che produce i bozzoli e lacittà che “cava” la seta negli opifici,è il mercato dei bozzoli, costituitonel 1834 per iniziativa di nobili epossidenti terrieri, affermandosi inbreve tempo come il più importantedella Provincia. Grazie alle condizioniambientali particolarmente favorevoli,nel giro di pochi anni sorgono diverseditte che, oltre a servire l’attivitàbacologica locale, vendono in tuttaItalia ed anche all’estero.

I LUOGHI DELLA MEMORIA

La prima filanda jesina di dimensioni e organiz-zazione di tipo “industriale” viene impiantatada Pasquale Mancini nel 1837, mentre la se-

conda in ordine di tempo fu la filanda dei Balleani im-piantata nel 1844 nella villa di Fontedamo.

Ma già nel 1899 erano attive ben quattordici filandeche occupavano circa 1000 operai, in gran parte donnee bambine.

Il 1906 è l’anno di fondazione della prima filandadei fratelli Antonio e Giuseppe Agostinelli.

Mariano Agostinelli, che erediterà l’attività paterna,sarà poi uno dei più importanti imprenditori della setadi Jesi. Sarà proprietario, a partire dagli anni trenta,di due filande e affittuario di diverse altre.

Sarà l’unico imprenditore jesino ad introdurre incittà la tessitura del filato serico ed uno degli ultimiad abbandonarne la lavorazione.

Questi sono gli anni dei filandieri Gasparetti, Carotti,Ponzelli, Leoni, Schiavoni, Perticaroli, Della Bella, Al-banesi, Talamona e di tanti altri imprenditori dellaseta che hanno contribuito a dare alla città il volto in-dustriale che tutti conosciamo.

Il panorama urbanistico ed edilizio porta ancora isegni dell’attività di trattura: quasi tutti gli edifici chehanno ospitato le filande sono attualmente esistenti;in uno di loro si trova oggi la sede della Camera delLavoro di Jesi.

F.R.

Da Jesi la via della seta

Le filande

uscita dal lavoro delle fi-landaie appariva comeallegri sciami di ragazze

piene di vita e di buonumore, era unrincorrersi a chiamarsi. Tuttavia lavita delle “sedarole”, sia dentro chefuori la filanda, era certamente menoidilliaca da come poteva sembrare.

Lunghi orari di lavoro, ambientimalsani, bassi salari, a cui si aggiun-geva la stagionalità e la precarietàdelle prestazioni, erano gli elementiche caratterizzavano il lavoro nellefilande.

Particolarmente difficili erano lecondizioni igieniche nelle quali ledonne svolgevano il lavoro.

Le patologie professionali più dif-fuse erano, oltre la tubercolosi, la“malattia delle bacinelle” - un’affe-zione cutanea delle mani delle ope-

raie (le sottiere) che si occupavanodi svolgere il filo del bozzolo all’internodelle bacinelle piene di liquido com-posto da acqua bollente e di elementiprodotti dalla putrefazione della cri-salide. Era definita “bacio dellamorte” quell’operazione che le operaieerano costrette a compiere, in man-canza di mezzi meccanici, per pren-dere il capo del filo e introdurlonella macchina: dovevano cioè avvi-cinare la bocca al bozzolo e aspirareforte in modo da attrarre il capo delfilo e prenderlo poi tra le dita. Laprolungata ripetizione di questo as-sorbimento violento d’aria si riper-cuote sul tessuto polmonare, provo-cando a lungo andare una forma ditubercolosi.

Per cercare di migliorare le lorocondizioni di lavoro le filandaie, nel

1899, proclamarono uno sciopero perrivendicare una diminuzione del-l’orario di lavoro che si conclusedopo 7 giorni a vantaggio delle ope-raie, che conquistano una riduzionedell’orario di lavoro e incrementi sa-lariali certamente migliori di quellivigenti in alcuni stabilimenti dellaregione, tanto che nel 1901 rappre-sentano gli obiettivi di un’agitazionedelle operaie maceratesi..

Con lo sciopero indetto nel 1899le filandaie e la loro organizzazioneassumono un ruolo di particolare ri-levanza ottenendo una costante at-tenzione da parte delle autorità edelle forze politiche locali e, a partiredal 1908, alcune operaie, come GemmaPerchi, Alaide Gherardi e Ida Pieran-drei, assumono un ruolo di primopiano all’interno della CdL, incrinandola tendenza all’esclusione delle donnedalla militanza sindacale.

F.R.

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I LUOGHI DELLA MEMORIA

Le filandaie

Fino a pochi anni fa a Jesi sipoteva sentir dire: “Mi mari-dofadiga giù lo stabbili-

mento” ed era certo che qualunquejesino verace avrebbe ben compresodove lavorasse quel signore: al ca-scamificio, naturalmente.

L’attività del Cascamificio, intro-dotta a Jesi nel 1874 dalla “Societàper la Cardatura e Filatura dei Ca-scami di seta in Jesi”, rappresenta,all’interno del settore serico, l’indu-stria principale, occupando circa unquarto del totale degli addetti. Nel1876 il numero gli occupati ammontaa 300 unità.

L’inizio dell’attività del cascami-ficio coincide tuttavia con l’entratain crisi del settore: la forte concor-renza estera unita al modificarsidelle preferenze degli acquirentiporta immediatamente forti contra-zioni di vendite e alla conseguenteriduzione della produzione.

La Società per la cardatura e lafilatura dei cascami di seta non riescea risollevarsi dalla situazione di crisi

e nel 1884 è costretta a liquidare,con perdita dell’intero capitale, l’opi-ficio jesino.

L’attività viene rilevata da Giu-seppe Bonacossa, che pone in attoun processo di concentrazione delsettore a livello nazionale.

Per lo stabilimento jesino si apreuna nuova fase.

Vengono introdotte modificazionitecniche e nuovi macchinari, vieneraddoppiata la forza-vapore e la pro-duzione viene ripresa a pieno ritmocon forte incremento dell’occupazione,che raggiunge nel 1885 la quota di

632 operai, di cui 530 donne. L’attivitàdel cascamificio fu bruscamente in-terrotta nella notte fra il 19 e 20giugno 1944 quando i tedeschi, messiin fuga dall’artiglieria americana,decidono di fare terra bruciata. Iguastatori nazisti colpiscono diversestrutture civili e produttive di Jesi:distruggono l’acquedotto, la stazione,la Torre, il mercato, lo zuccherificioed anche il cascamificio, che ripren-derà vita dopo la guerra e continueràa dare lavoro a centinaia di uominie donne fino all’anno 2.000.

Da allora rimane abbandonatoed esposto all’usura del tempo edegli elementi atmosferici.

F.R.

Il cascamificio

Il cascamificio di Jesi

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� di Leonardo Lasca

Le lotte per la conquista deipiù elementari diritti, comequello di potersi organizzare

in un sindacato, o delle 10 ore lavo-rative, hanno visto le “sedarole” jesinein prima fila. Emblematica, in talsenso, è la battaglia contrattuale con-dotta per la nuova stagione serica del1906, che si apre da subito con la pre-giudiziale dei filandieri di riconoscerela Camera del Lavoro quale rappre-sentante dei lavoratori. “La libera pa-rola”, il settimanale socialista jesino,denuncia da subito la pretestuositàdella posizione padronale: «Infattil’anno scorso non si volle trattare conla Camera del Lavoro perché con-dotta da quegli aborriti socialisti, au-tori dello sciopero. Ma quest’anno laCamera del Lavoro è in mano a queirepubblicani di cui, l’estate scorsa, ifilandieri erano tenerissimi amici.(…) Gli è che la verità è un’altra. Edè questa: che ci siano repubblicani osocialisti, a dirigere la Camera del La-voro, non importa un fico secco; è laCamere del Lavoro come istituzione,

che dà impiccio e che si vuole ad ognicosto abbattere, perché organizzandole forze operaie turba i sonni e le di-gestioni della classe padronale. Maperdio, gli operai jesini sapranno bendifendersi» .

Nel merito, le richieste più quali-ficanti avanzate dalle “sedarole” sonola diminuzione dell’orario di lavoro el’istituzione del regolamento unico.Stando al cronista dell’epoca, le con-troproposte dei filandieri si muovonoin tutt’altra direzione: un aumentodelle croci e della “mezz’ora”. Le crocierano gli strumenti attraverso i qualii fili passavano dal bozzolo al naspo

che formava la matassa. Le operaielavoravano su diverse croci: su 10-11le sottiere, su 13-14 le maestre. Lamezz’ora era invece il tempo di lavoronon retribuito che i filandieri esigevanodalle operaie. Nella sostanza, si ri-chiedeva un aumento dei ritmi di la-voro. Alla fine, comunque, i filandierisono costretti a cedere e viene stabilitoche, con la nuova stagione, il lavorodurerà dieci ore al posto delle undicie mezzo e la rappresentanza dei datoridi lavoro riconosce alla CommissioneEsecutiva della Camera del Lavoro ilmandato di poter trattare la questionedel regolamento unico.

N onostante l’accordo rag-giunto, tuttavia, la Cascamiseta, appena una settimana

dopo, con un atto unilaterale decidedi ristabilire il vecchio orario dilavoro, affermando che il regolamentointerno dà questa facoltà all’azien-da.

La protesta scatta immediata, aJesi come in altre città sedi delgruppo lombardo. «Indignate, le po-vere lavoratrici si radunano domenicaalla Camere del Lavoro, e dopoudita la relazione della CommissioneEsecutiva sul colloquio avuto con laDirezione locale, inviarono un auguriodi vittoria alle scioperanti di Milano

e all’unanimità proclamarono lo scio-pero. (…) Lunedì mattina, con soli-darietà ammirevole, nessuna delleoperaie si presentò al lavoro: lungo iviali si incontravano i carabinieri,ma neppure una setaiola» .

Al terzo giorno di sciopero, la Ca-mera del Lavoro chiama la città asostenere la lotta delle setaiole e apartecipare ad una manifestazioneal S. Martino, dove viene approvatoall’unanimità un ordine del giornoin cui, dopo aver biasimato il com-portamento provocatorio e arbitrariodella ditta Bonaccossa e C. si dichiara«la solidarietà morale e materialecon le scioperanti, impegnandosi a

rispondere con entusiasmo ai mezzipratici di soccorso e di resistenza»necessari. Si inizia, seduta stanteuna sottoscrizione volontaria a favoredelle scioperanti.

All’azienda che dichiara di averedifficoltà nell’esportazione a causadella concorrenza della Svizzera edella Germania, La Camera del Lavorocontrobatte affermando che i motividella rottura da parte della societàBonaccossi non siano da ricercarenell’insostenibilità economica del-l’accordo, ma nella volontà di impe-dire un allargamento del conflittoin altre aree del paese.

L.L.

I LUOGHI DELLA MEMORIA

La battaglia per i diritti

Lo sciopero ad oltranza

Le maestranze

L a domenica successiva, dopoquindici giorni di lotta, losciopero ad oltranza termina

con un nuovo accordo. Le operaie,che per otto giorni avevano lavoratocon l’orario di dieci ore, accettano ledieci ore e mezzo giornaliere, comun-que inferiore di un’ora rispetto all’annoprecedente, e un salario aggiuntivo

di cinque centesimi al giorno «comevenne pattuito a Milano fra la DittaFilature Cascami di Seta e la rappre-sentanza operaia, appoggiata daglion. Turati e Chiesa». Lo stesso setti-manale socialista locale, non senzauna vena di amarezza, commenta cheforse si sarebbe potuto ottenere dipiù, ma che le operaie jesine, con

una prova di saldezza organizzativa ecompattezza, avevano conseguito co-munque un grande risultato, soprat-tutto in considerazione del fatto chein ben altri sei stabilimenti della so-cietà l’orario era rimasto a undici ore.Ma conclude comunque con una notadi esortazione e di speranza: «A coro-namento di questa agitazione noi in-vitiamo le operaie a rafforzare la loroassociazione, per conquistare quantoprima le 10 ore ».

L.L.

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I LUOGHI DELLA MEMORIA

La fine della lotta

Le canzoni delle “filandare”

Durante l’orario di lavoro era severamentevietato “il ciarlare”, ma la direzione per-metteva che potessero cantare.

E cantavano le filandare, eccome se cantavano!Cantavano perché quando le voci si uniscono,

si uniscono anche i cuori e si fanno più leggeri;cantavano per dimenticarsi delle loro mani a bagnotutto il giorno nell’acqua bollente, cantavano perchéfinito il lavoro in fabbrica, stanche morte, iniziavail lavoro a casa e intanto facevano i figli, li allattavanoe li crescevano.

I loro canti erano passati di bocca in bocca,erano canti di lotta e di protesta. Allegri e malinconici.

Alcune di queste canzoni, di cui non esistevanotesti scritti, sono state riprese direttamente dalleprotagoniste, con un lavoro certosino: andandole atrovare a casa muniti di un registratore e chiedendoloro di cantare. Canti che sono stati ripresi dalgruppo musicale di Jesi “La Macina”.

Io vado alla filandra....

Non è una donna che canta perché passa, ma canta di sé al mondo intero.Non soffoca nella risata,ma esalta nell’umorismo la passione.Non fugge la libertàma testimonia il suo vissuto.Alla rabbia e al doloreassocia garbo e tolleranzain un’arte di prendere la vita per il versoe goderne nonostante tutto.Canta la donna disincantata e arguta,fiera e capace di tenerezza,carica d’anni e con una giovinezza ritrovata.

� di Marusca Mosconi

Sono stata assunta nello sta-bilimento del Cascamifico diJesi, insieme ad altre 100 ra-

gazze di età compresa dai 14 ai 18anni, nel lontano 1961, e vi ho lavoratofino al 1996. Era una grande azienda,con una storia che veniva da lontanonegli anni e il periodo di cui vi holavorato era il momento di maggioreespansione.

Eravamo in 300 a lavorarci com-presi i 30 uomini addetti alla manu-tenzione.

Il Cascamificio si trovava nellaperiferia di Jesi, verso la campagnae quando, finito l’orario di lavoro siusciva dalla fabbrica, c’erano sempreun nugolo di giovani ragazzi che gi-ronzolava lì intorno con la speranzadi poterci conoscere. D’altra partepersino le loro mamme li spronavanodicendogli che eravamo tutte bellee brave ragazze.

Dal 1977 al 1993 sono stata elettarappresentante aziendale sindacale.Allora il sindacato era unitario, e vi-gevano le percentuali sugli iscritti;sicchè ci ritrovammo 5 donne a rap-

presentare i lavoratori in fabbrica,delle quali 3 della Cgil e 2 della Uil,abbiamo sempre goduto del massimorispetto sia da parte della dirigenzache dei nostri colleghi.

Ogni 4 anni il tessile entrava incrisi: o di mercato o strutturale e,soprattutto in quegli anni, le riven-dicazioni e le contrattazioni avveni-vano sempre con la sede principaledi Milano o a Roma presso il Ministerodel Lavoro. Ci prospettavano semprela chiusura dello stabilimento di Jesi,ma con la nostra tenacia e soprattuttocon l’appoggio della Cgil siamo sempreriuscite ad andare avanti. Per noiera come crescere un figlio: lavora-vamo, lottavamo, era il nostro futuro,avevamo sempre una meta da rag-giungere.

La nostra determinazione ci con-sentì di non subire mai le decisionida parte dell’Azienda, ma le stesseerano sempre frutto di contrattazione.Ottenemmo la 14ª mensilità, il cambiodell’orario di lavoro, turni 4 ore più4, alle otto ore giornaliere, alla mensa,fino all’accordo del 6 x 6 su tre turnigiornalieri, il quarto volontario. Ot-tenemmo anche le 40 ore pagate, alposto delle 36 ore: 2 ore le pagava

l’Azienda le restanti 2 venivano re-cuperate.

L’avvento di nuovi macchinari adalta tecnologia fu la causa della chiu-sura di 3 stabilimenti nel Nord Italiae una riduzione sensibile del perso-nale in quello di Jesi. Nel 1990 lacrisi si fa sentire più forte: altra di-minuzione del personale.

Senza stipendi per mesi, assiste-vamo inerti camion di materie primeche erano diretti al Nord e che as-sieme agli assegni degli stipendi, siperdevano nella nebbia di Milano.

Si fece ricorso alla Cassa Inte-grazione e ad altri ammortizzatorisociale che rappresentarono il pre-ludio della chiusura definitiva delCascamificio nel 2.000.

Io e le altre mie colleghe, siamocresciute nello stabilimento: era lanostra casa.

Quelle mura, i macchinari stessi,possono raccontare storie di vita, digioie, di dolori, di sogni infranti erealizzati.

Vedere, oggi, l’abbandono, il vuotodello stabilimento procura una tri-stezza immensa: proprio perché finoad un decennio fa lì dentro c’era lavita: la nostra vita.

Chiaravalle (An)La consegna degli attestati dipartecipazione agli anzianiche hanno dato vita alprogetto “Longevità attiva”,organizzato dalle localiassociazioni di volontariatoAuser e Anteas, che li hannovisti impegnati dall’ottobre2010 all’aprile 2011

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STORIE DI VITA

Marusca e le lotte al cascamificio

“M io cugino, tunisi-no, figlio di unmedico, diciot-

tenne con un diploma da idraulico,si è imbarcato a Gerba pagando in-torno a € 1.200 per poter venire inItalia. Dalla televisione in Tunisiaarriva facilmente il segnale dellereti televisive italiane e l’immaginedell’Italia è quella di offrire un postodi lavoro, sicurezza, cosa che in Tu-nisia non c’è.

Musa Solah Addin - è questo ilsuo nome - stava lavorando in Libiafino a quando si sono venuti a crearei primi focolai di ribellione e nonsentendosi sicuro poiché Gheddafiattribuiva ai Tunisini la colpa diessere promotori della rivolta libica

definendoli come “topi drogati”, èritornato in Tunisia dove di lì a pocoè scoppiata la rivolta.

È venuto a sapere da un gruppodi suoi coetanei che lungo la costatre persone, che a lungo avevanolavorato in Italia e rimpatriati perdecreto di espulsione, conoscevanomolto bene l’Italia e davano infor-mazioni per entrare soprattutto dan-do la possibilità di imbarcarsi alprezzo di € 1.200-1.500. I tre orga-nizzatori delle traghettate avevanoa disposizione tre barche da pesca-tori e in ognuna facevano andare almassimo 50 persone e le altre, do-vendo aspettare il proprio turno,venivano accompagnate in una vil-letta poco distante da lì; in realtà

questi cercavano sempre di riman-dare di giorno in giorno le partenzeper quelli che non rientravano nelleliste per evitare scontri o tafferugliall’interno dell’abitazione predispostaall’accoglienza.

Il tragitto di Musa è durato 15ore e il mare, benché calmo, avevadelle onde molto alte lontano dallacosta rendendo l’imbarcazione moltoprecaria: la gente all’interno urlava,pregava, piangeva, si teneva per manosperando di intravedere da un mo-mento all’altro la terra.

Il cugino di Jamel è uno dei pro-fughi tunisini, sbarcato dopo unviaggio a dir poco avventuroso aLampedusa dopo il 5 aprile, e ora èin un centro di accoglienza nei pressidi Napoli senza sapere quale saràla sua sorte.

(raccolto da Emanuela Cingolani)

Barbara è una studentessadi 25 anni e frequenta ilsecondo anno di Laurea Ma-

gistrale presso la Facoltà di Economia.A pochi esami dalla laurea dovrebbeessere ad un passo dal toccare conmano il suo futuro, quel futuro alquale lei e la sua famiglia hanno in-vestito risorse, fatto sacrifici e dedi-cato tanto impegno. Eppure se oggile domandiamo come si vede tra 5anni, la sua risposta incerta è tut-t’altro che ottimista. Sa però dircicome si sentiva 5 anni fa, quando siè iscritta all’Università: era deter-minata e piena di entusiasmo, sisentiva fortunata ad avere la possi-bilità di studiare ed era consapevoledi star iniziando un percorso che leavrebbe garantito una vita dignitosae appagante. Ma oggi Barbara sa chequel diploma di Laurea non le ga-rantirà niente, a parte una soddisfa-zione personale con la quale perònon potrà pagare di certo un affittoo le bollette. Sembra cinica, ma sidefinisce semplicemente “disillusae realista”. Ha già visto gli amici più

grandi e anche sua sorella laurearsia pieni voti, per poi rimanere inoc-cupati per mesi, pur avendo speditoe consegnato curriculum ovunque.Se trovare un lavoro è già difficile,trovarne uno inerente a ciò che si èstudiato sta diventando un lusso, es-sere assunti a tempo indeterminatoun miraggio. La realtà è fatta dilavori sottopagati, rigorosamente atempo determinato, con contrattiche riducono all’osso i diritti dei la-voratori e ammazzano speranze edambizioni.

Le Università, schiacciate traturn-over bloccati, sottofinanziamentistatali e requisiti da rispettare, ten-tano di rimanere a galla. Se le chie-diamo come ci si sente a vivere dastudentessa e da laureanda questoperiodo, Barbara ci risponde di sen-tirsi in un limbo, di essere stanca earrabbiata, di essere così preoccupatada ciò che la aspetta da aver già ri-nunciato all’idea di costruirsi entrobreve una famiglia. Se ci sarà tempoe modo si vedrà, ma di certo in unclima così incerto anche un desiderio

tanto naturale non può essere asse-condato con leggerezza. Come darletorto? E allo stesso tempo, come bia-simare chi abbandona gli studi? Cometrattenere i giovani che decidono difuggire all’estero, rigettati da unPaese che li considera un peso?Come spiegare ad un ragazzo chestudiare lo renderà libero, se la pre-carietà è la moderna schiavitù incui è destinato ad incappare? Nonpossiamo più aspettare, non si puòpiù rimanere in silenzio, non si puòpiù abbassare la testa. Ce lo siamodetti anche il 9 aprile, quando comeGulliver siamo scesi in Piazza alfianco dei Giovani non Più, ed il 6Maggio quando abbiamo manifestatocon la Cgil per difendere lavoro,diritti e tutele. Non dobbiamo caderenella trappola di chi ci vuole unocontro l’altro, a chi ci vuole allonta-nare per poterci manovrare meglionoi dobbiamo rispondere rinnovandoe coltivando ogni giorno un pattogenerazionale che ci renda forti ecoraggiosi. Un patto generazionaleche non ci faccia più sentire soli.

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STORIE DI VITA

Jamel, il profugo

Barbara, studentessa magistrale

� di Susanna Serviledirettore regionale Inpdap Marche

La direzione regionale Inpdapper le Marche e gli ufficiprovinciali in cui si articola

garantiscono sul territorio la resa dinumerosi servizi, che si aggiungonoalle prestazioni previdenziali obbli-gatorie, all’erogazione della pensionee dei trattamenti di fine servizio.

L’Istituto è meno conosciuto perle sue attività altrettanto importanti:la consulenza per una maggiore co-scienza previdenziale da parte deilavoratori più giovani (la cosiddetta“previdenza di secondo pilastro”cioè la previdenza complementare)

e le prestazioni di credito e welfarea favore di giovani e pensionati.

Nell’ambito creditizio Inpdap pre-vede la possibilità, per i pensionatiche si siano iscritti al Fondo Credito,di ottenere piccoli prestiti, prestitipluriennali ed addirittura mutui ipo-tecari per l’acquisto della prima casa.

Per quanto riguarda il welfare,l’istituto prevede la possibilità che ipropri pensionati autosufficienti pos-sano trascorrere soggiorni in localitàdi interesse culturale, artistico e na-turalistico nonché presso alcuni pro-pri convitti (Vacanze Senior) e, pos-sano essere alloggiati presso le casealbergo direttamente gestite dall’entea Pescara e a Monteporzio Catone(Rm). Inoltre, quando le condizionidi salute non garantiscono più l’au-tosufficienza, i pensionati possono

essere ricoverati presso Rsa o Resi-denze protette ovvero essere assistitia domicilio, con costi, relativamenteai trattamenti non sanitari, a com-pleto carico di Inpdap (progetto Per-sona Sempre).

In particolare per la regione Mar-che sono state stipulate convenzioniper il ricovero in strutture specia-lizzate (due in provincia di Anconae due in provincia di Pesaro) e con-venzioni per l’assistenza domiciliareper i residenti nei comuni di Ancona,Loreto (An) e Montecassiano (Mc).Tutte le informazioni al riguardo po-tranno essere richieste alla direzioneregionale Inpdap Marche, telefonandoal numero 0712135404 o collegandosial sito internet dell’istituto e con-sultando le Pagine Regionale delleMarche.

Per ogni altra informazione è pos-sibile rivolgersi agli uffici relazionicon il pubblico (Urp) delle direzioniprovinciali di riferimento.

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ISTITUTI PREVIDENZIALI

� di Massimo Giardini

Il mese scorso il presidente del-l’Inps, Antonio Mastrapasqua, hapresentato il rapporto annualesullo stato dell’istituto. Per quantoriguarda le pensioni, qual è la si-tuazione nelle Marche?

<Al primo gennaio di quest’anno,nella nostra regione, erano in paga-mento complessivamente 577.398pensioni, comprensive di 78.402 trat-tamenti di invalidità civile, appenal’ 1% in meno di quelle dell’annoprecedente. L’importo medio mensileper le pensioni vecchiaia e anzianitàè di € 788,06, inferiore di circa €100 rispetto a quello nazionale.

A conferma della longevità, an-zianità dal punto di vista demografico,i pensionati marchigiani di età su-periore ai 65 anni sono, nelle Marche,460.816, di cui 49.014 beneficiari di

trattamento di invalidità civile, e co-stituiscono l’80% del totale dei pen-sionati>.

Dai dati nazionali risulta che 8pensioni su 10 non arrivano a 1.000euro. E nelle Marche?

< Nelle Marche il dato è legger-mente peggiore: sono 8,5 su 10 lepensioni che non arrivano a 1.000euro e di queste 6 su 10 non arrivanoa 500 euro>.

Quali sono i tempi di attesaper un lavoratore che richiede unapensione di vecchiaia e di anziani-tà?

< Nella nostra regione, oltre il95% dei cittadini riceve la prestazionerichiesta entro il mese successivo alpensionamento e questo grazie ancheal “Servizio immediato”, un servizionato nelle Marche. Attuato in colla-borazione con i Patronati, il servizioconsente di sistemare in anticiposulla domanda la situazione contri-butiva del lavoratore>.

Una riflessione sui giovani: sa-ranno senza pensione?

<No, pensare che i giovani dioggi non avranno una pensione do-mani è sbagliato; il problema è nellivello di pensione che riceveranno.Oggi un lavoratore dipendente con35 anni di carriera, va in pensionecon circa il 70% dell’ultimo stipendio,contro una previsione del 50% chericeverebbe se andasse in pensionenel 2045. Il vero problema, però, èche le giovani generazioni entranotardi nel mondo del lavoro e moltospesso con contratti a tempo deter-minato o di collaborazione, e saràsempre quindi più difficile raggiun-gere i “desiderati” 35 anni di contri-buzione.

Anche se la situazione attualenon è di certo delle migliori, mi au-guro che la ripresa economica siaveramente dietro l’angolo, per poterguardare al futuro con maggiore po-sitività>.

Intervista ad Antonio Antonellis direttore regionale Inps«Le pensioni? Molte non arrivano a 500 €»

Inpdap, le prestazioni

� di Aurora Ferraro

È partito nelle Marche il gran-de progetto dello Spi Cgil,realizzato insieme al patro-

nato Inca e alla Cgil, che ha per og-getto la revisione e il ricalcolo dellepensioni.

Grazie a questo progetto, forte-mente voluto da Spi e Inca nazionali,verranno esaminate le pensioni inessere dal 2011. Qualora venisseroriscontrate cause che potrebberodare origine a recuperi monetari,quali il mancato riconoscimento didiritti non richiesti al momento dellaliquidazione, modifiche intervenutesuccessivamente alla situazione fa-miliare o a quella del titolare dellapensione, o modifiche normative suc-

cessive, le nostre strutture territorialisi faranno carico di convocare l’in-teressato per poi procedere alla pro-cedura di recupero.

Come è ben comprensibile, si trattadi un progetto molto importante, chefarà recuperare risorse ai pensionatimarchigiani che ne avranno diritto.Recuperare reddito per i pensionati,che sono più della metà dei pensionatiitaliani, che (soprav)vivono con menodi mille euro al mese (circa la metàdi questi sono al disotto di cinquecentoeuro) è un’operazione non solo buro-cratica, ma di alto contenuto sociale.

Nelle nostre sedi territoriali sonoquindi a disposizione i nostri operatoriche, dopo un percorso formativo adhoc, affiancano le responsabili ed iresponsabili del patronato Inca peraccogliere quante e quanti sono nelle

condizioni di richiedere agli enti pre-videnziali competenti il ricalcolodella propria pensione e che si pre-senteranno o su invito o autonoma-mente, iscritti o non iscritti allo Spi.

In questo progetto si estrinsecal’obiettivo centrale del sindacatopensionati della Cgil che è la difesadel reddito dei propri iscritti e ditutti i pensionati italiani che è rag-giungibile con azioni di tutela edifesa individuali, ma anche conun’azione più politica e collettivaqual è la vertenzialità che lo Spi e laCgil da tempo hanno messo in campoper dare alle pensionate ed ai pen-sionati condizioni di vita dignitose:l’ultima mobilitazione è stato lo scio-pero generale del 6 giugno, la cuipiattaforma aveva al centro le ri-chieste per i pensionati italiani.

L o Spi delle Marche ha defi-nito il proprio programmadi formazione per il 2011.

Il documento è stato definito nelDipartimento Formazione e, quindi,con il contributo di tutti i territori,che saranno poi i principali prota-gonisti nell’attuazione della forma-zione destinata ai propri quadri emilitanti.

Il programma si articola su quattroaree di lavoro che costituiscono leattività prevalenti del sindacato Spi:l’area relativa alla formazione per latutela individuale, collegata soprat-tutto alla previdenza e al fisco conl’ottica dell’accoglienza e della presain carico degli anziani, iscritti e non,che si rivolgono alle nostre sedi.

La seconda area di lavoro riguardal’attività di tutela collettiva e si espli-cita con la formazione specifica per

la contrattazione sociale che svol-giamo o dovremmo svolgere nei ter-ritori.

La terza area di lavoro ha per og-getto tutta la formazione in modoparticolare rivolta alle donne, manon solo, per veicolare l’importanzadella costruzione di un punto di vistadi genere in tutte le attività che loSpi mette in campo. Infine, un’areaper costruire competenze in materiadi comunicazione e informazione,attraverso le quali lo Spi deve pro-iettarsi all’esterno, rafforzando ilproprio radicamento nel territorio.

Il documento, discusso nel diret-tivo del 23 maggio scorso, è una pro-posta aperta che dovrà necessaria-mente integrarsi con i programmi diformazione delle strutture territorialidello Spi e con quello più generaledella Cgil Marche: uno degli obiettivi

è, infatti, quello di integrare un si-stema formativo che riguarda com-plessivamente la Cgil delle Marche.

A livello di Spi nazionale è insvolgimento da alcuni mesi il progetto“Spi atto primo-progetto 10.000” alquale le Marche stanno partecipandocon cinque componenti del Diparti-mento per un percorso di “formazioneformatori” che si è concluso il 24giugno a Roma.

L’obiettivo ambizioso del progettoè di far partecipare in tutta Italia10.000 nuovi iscritti allo Spi e i nuovieletti nei direttivi territoriali e diLega a esperienze formative sia icontenuti organizzativi sia l’altovalore politico e la storia del sindacatodei pensionati della Cgil. Nelle Mar-che il progetto partirà da set tembre/ot tobre prossimi.

A.F.

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PREVIDENZA E FORMAZIONE

Pensioni, al via il progetto revisioni

Spi Cgil: la formazione. Anzitutto

M io nonno Rodolfo ha com-piuto novanta anni. Melo ripete all’ infinito: sono

nato nel 1921. Rispondo sempre disì, ma la prossima volta mi dirà lastessa cosa. Penso che sia un pò sor-do… Non lo incontro spesso, perchéabita lontano dalla casa dei miei ge-nitori ma c’è qualcosa di lui cheporto sempre con me: il suo sorriso.Eppure conosco la sua storia, le vi-cende tristi della sua vita. Mia madreme le ricorda in continuazione, spe-

cialmente quando mi lamento, quan-do dico che mi manca qualcosa. “Noiavevamo ben poco, tuo nonno nonpoteva darci più di tanto…siamonati appena dopo la fine della guerra…”. Un ritornello al quale non riescoad abituarmi, tanto mi sembra im-possibile. Insomma, in un modo onell’ altro, spesso sento ripetere ilnome di nonno Rodolfo. Quando rie-sco ad incontrarlo, specie la domenicaquando viene a pranzo da noi, cercodi sapere di lui un po’ di più. Scopro

che ha fatto tanti lavori: il minatore,il contadino, l’ infermiere… mi piaceascoltarlo anche se mi sembra cheparla di un altro mondo. Lui continua:“Quanta fatica, quanta strada a piedio in bicicletta!”. Ma il sorriso non gliviene mai meno; anzi sembra che sidiverta a raccontarmi il suo passato.Aspetto di rincontralo la prossimadomenica. Per sentirlo ripetere: sononato nel 1921…

Francesca

I l mio bisnonno Albino è nato aMacerata l’11 Novembre 1909;è sempre vissuto in campagna

in una famiglia contadina e a queitempi le famiglie erano molto nu-merose perché si viveva tutti insie-me.

Nonno Albino è andato a scuolafino alla quinta elementare e a queitempi riuscire ad arrivare in quinta

era un buon risultato per chi vivevain campagna.

I suoi hobby preferiti erano andarea caccia e giocare a bocce.

Nonno era alto e magro con baffineri.

Ogni volta che mi parla di lui,nonna dice sempre che era un bel-l’uomo.

Purtroppo i suoi hobby e il suo

lavoro da contadino sono stati inter-rotti dalla 2ª guerra mondiale, infattifu chiamato in guerra e fu uno deipochi sopravvissuti alla ritirata diRussia.

Il mio bis-nonno mi ha conosciuto,ma io non lo ricordo perché è mortoquando ero molto piccola.

Veronica

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Rodolfo compie novant’anni

Il mio bisnonno Albino

I NONNI VISTI DAI NIPOTI

San Benedetto del Tronto (Ap) - 28 aprile 2011 - La manifestazione conclusiva della decimaedizione de “L’anziano si racconta storie, poesie arte”. Carla Cantone, segretaria generale nazionale Spi Cgildurante il suo intervento. Completano il tavolo della presidenza : Carlo Mestichelli, segretario generale SpiAscoli Piceno (al centro) e Emidio Celani. segretario generale Spi Marche (a destra)

� di Marcello Baiocco

Abbiamo visto nel numero pre-cedente perché le ammini-strazioni pubbliche devono

essere trascinate per i capelli affinchéfacciano interventi di prevenzioneprimaria collettiva. Un altro validomotivo è che la prevenzione sicura-mente paga, ma paga con molto ritardo:e così il bravo sindaco, che nell’esempiodel numero precedente avesse volutoridurre di circa la metà le cardiopatiedel suo Comune ordinando la produ-zione di pane “sciapo”, avrebbe vistoi risultati attesi molto probabilmentedopo la sua morte (magari favoritadagli “accidenti” inviatigli dai suoielettori arrabbiati). Chi deve affrontareuna campagna elettorale ha invecebisogno di risultati immediati e nonpuò aspettare decenni, a meno che

non abbia il coraggio di Berlusconi,che in una recente campagna eletto-rale si è arrogato il merito di aver al-lungato la vita media degli italiani,vita media che in realtà è aumentatagrazie agli interveti di prevenzioneprimaria effettuati 70 anni fa da par-lamentari e da sindaci di cui ogginessuno ricorda però più il nome.

Eppure, anche in termini stret-tamente economici, la prevenzioneconsentirebbe notevoli risparmi nellungo periodo, perché, come è noto,le persone sane consumano menofarmaci e meno ricoveri ospedalieri.Alcuni studiosi hanno calcolato cheun miliardo investito in prevenzionetriplica i risparmi in 10 anni (1), ri-sparmi indispensabili visto il pro-gressivo invecchiamento della popo-lazione con i costi conseguenti chequesto comporta: infatti un ottantennecosta dal punto di vista sanitario 10volte di più di un giovane adulto. Per

questo il segretario dello Spi EmidioCelani pone giustamente l’urgenzadi un ripensamento del nostro sistemasanitario orientandolo verso la pre-venzione “per un miglioramento dellaqualità della vita di tutta la popola-zione, ed in particolare della partepiù anziana di essa”. Celina Cesari,segretaria nazionale dello Spi, nelrecente convegno di Recanati sullanon autosufficienza, chiarisce inoltreche “la prevenzione, com’é intesaoggi, dovrebbe avere degli aggiusta-menti e che dovrebbe essere aggiuntaun’educazione a stili di vita diversida quelli attuali: dalla tipologia deiconsumi alimentari al movimento fi-sico bene impostato, alla rieducazionesull’uso dei farmaci”.

(1)Valerio De Molli in “Le sfide perla sanità, quale futuro per l’inno-vazione”, Cernobbio, novembre 2010

Per scendere nel concreto,vorrei dare adesso, come me-dico dello sport, alcune in-

dicazioni ai nostri lettori per svolgereun “movimento fisico bene impostato”,come consiglia giustamente CelinaCesari. Purtroppo in questo campoc’è molta impreparazione da partedei medici, generici o specialisti chesiano: nelle Marche soltanto il 45%dei medici di base raccomanda, sep-pur genericamente, ai propri pazientidi svolgere un’attività fisica. E soltantoil 10% specifica anche il tipo, la fre-quenza e la durata dell’esercizio (2).

Eppure nessun medico direbbeai propri pazienti: ”prendi un anti-biotico”, senza specificarne il tipo,la dose e la frequenza delle assun-zioni. Poiché anche il movimento vadosato e assunto come se fosse unfarmaco, sarebbe opportuno che ilmedico indicasse anche quante voltealla settimana, per quanti minuti eda quale velocità è necessario cam-minare (oppure correre, nuotare,ballare, ecc.) per ottenere gli attesibenefici per la salute. D’altra partenon è detto che camminare sia utile

a tutti, come non a tutti è indicatala bicicletta oppure il nuoto. Il mas-simo della confusione avviene poinelle palestre dove si vedono anzianicon le più disparate patologie messiinsieme a fare esercizi che, se inlinea di massima vanno bene pertutti, non è detto che siano utili allastesso modo per le diverse patologiedi cui ciascuno anziano è affetto.

Nella tabella sono indicati glisport più comuni con i relativi effetti

su alcuni apparati che giocano unruolo importante per il mantenimentodi un buon stato di salute.

Poiché è mia intenzione dare neiprossimi numeri delle indicazionipratiche che interessino il maggiornumero di lettori a proposito di atti-vità fisica, chi è interessato può co-municare alla Rivista gli argomentiche dovrebbero essere affrontati inmodo più specifico.

(2) ”Lo studio P.A.S.S.I. nelle Marche”,Regione Marche, Report 2005

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SALUTE: I CONSIGLI DELL’ESPERTO

Prevenzione, si vive meglio e più a lungo

Attività fisica: le regole

Tipo Effetto Effetto Effetto sui Effetto di attività dimagrante su cuore muscoli anti-ansia fisica e vasi (tono e forza) Bicicletta + + + + + + + + + + +Corsa a piedi + + + + + + + + + + +Camminare + + + + - - + + +Tennis + - - + + - -Nuoto + + + + + + + + +Sci alpino + + + +Sci nordico + + + + + + + + + + + +Calcio + + + + +Pesistica + + + + + + +Ginnastica + + + + +Il segno + indica che l’attività fisica offre vantaggi per l’effetto indicato in alto sulla ta-bella, mentre il segno – indica un vantaggio nullo o addirittura uno svantaggio.

� di Elisabetta Gabriellie Marina Druda

Questo mese presentiamo unintenso volume biograficodal titolo “Il bambino con

le braccia larghe” (ed.Ediesse) delgiornalista di Rassegna SindacaleCarlo Gnetti. Il libro è stato pubbli-cato nel 2010 cioè un anno dopo lascomparsa del fratello Paolo, prota-gonista del racconto, è lui il “ragazzodalle braccia larghe”, affetto da unatra le piu’ gravi patologie psichiatri-che, la schizofrenia. Carlo Gnetti te-

stimonia questa vicenda con un af-fetto tanto appassionato quanto trat-tenuto da una lucidità implacabileche trasforma il dramma individualein resoconto del percorso della psi-chiatria in Italia negli ultimi 50 anni.La diagnosi colpisce nel protagonistaanche la famiglia di Gnetti e necambia radicalmente la storia attra-verso i tempi che la patologia scan-disce: l’impatto difficile con gli psi-cofarmaci, i ricoveri in manicomio,gli effetti delle novità introdottedalla Legge Basaglia fino agli ultimi“esperimenti” della casa famiglia edella Rsa, un’assistenza sempre più“moderna”, che tuttavia poco può

fare di fronte all’aggravarsi di unamalattia implacabile.

Abbiamo scelto questo libro per-ché oltre ad avere un valore docu-mentale di quello che è stato ed è ilsistema psichiatrico in Italia, in que-sti tempi di forte ridimensionamentodell’assistenza sanitaria a tutti ilivelli e del tentativo fallito di daresoluzioni collettive ai problemi in-dividuali, ci dà un punto di osserva-zione privilegiato: lo sguardo di unfratello testimone che, con la suacon la scrittura chiara ed essenzialedi giornalista, ci coinvolge profon-damente nel suo doloroso itinerariopersonale.

Donnesono gambe e parolesono giovane prolesono armonia e perfezionesono vecchie signoresono voci al balconesono la nave e il timonesono coraggio e passionesono in piedi al lampione

sono nuvole in cielosono sguardo oltre il velosono curiosità e misterosono abbraccio sincerosono il meglio dell’uomosono il dolore e il perdono

sono specchio e poesiasono sogno e fantasiasono sigaretta tra le labbrasono tramonto e sono alba

sono sorelle, amiche, nonnesono madri, sono Donne

Di Iscra Bini Bontempi

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“Il bambino con le braccia larghe”CULTURA

� di Aurora Ferraro

I l 2011 è e sarà un anno im-portante per le donne delloSpi Marche e per i loro coor-

dinamenti, che sono stati definiti intutte le strutture, da quella regionalea quelle provinciali, e in quasi tuttele Leghe territoriali.

Intanto, l’apertura del 2011 ci haviste protagoniste in quel grandemovimento di donne che ha promossole esaltanti manifestazioni del 13febbraio: nelle Marche, migliaia didonne e uomini sono scesi nellepiazze delle città più grandi, dei ca-poluoghi, ma anche in alcune cittàpiù piccole, per gridare la loro indi-gnazione e il loro “Basta” nei confrontidi un potere politico, quello dell’at-tuale Governo e, in particolare, delsuo Presidente che, invece di operareper garantire i diritti nel lavoro, neiservizi, quotidianamente calpestala dignità delle donne.

Molti osservatori individuano inquella straordinaria giornata la primavera manifestazione della grande vo-glia di cambiamento che si respiranel Paese e che ha prodotto i risultatielettorali delle elezioni amministra-tive di maggio.

Nei mesi di marzo e di aprile, imesi dedicati alle iniziative dell’8marzo, sono stati un susseguirsi diimportanti manifestazioni che si sonotenute nella maggior parte delle no-stre Leghe e si sono concluse il 28

aprile a San Benedetto e il 29 aprilead Urbino, alla presenza della nostrasegretaria generale Carla Cantone.

E forse grazie al buon stato disalute della nostra rete di donne,presenti per oltre il 50% nei direttividelle diverse strutture e presentinelle segreterie regionale, provincialie di Lega, unito ovviamente, al gra-dimento del luogo e delle strutture,che la segreteria nazionale ha decisodi tenere l’assemblea nazionale delledonne dello Spi a San Benedetto,dal 12 al 14 ottobre.

Sarà un appuntamento molto im-portante per noi donne dello SpiMarche, che ci riempie di orgoglio,ma anche di responsabilità.

Un appuntamento di grande va-lenza politica, che servirà, a oltrequattro anni di distanza dall’ultimaassemblea nazionale di Montesilvano,per fare il punto sulle politiche orga-nizzative e, quindi, sullo stato dell’artedella democrazia paritaria, scelta inmaniera irreversibile dallo Spi.

Oltre che discutere di democraziaparitaria, l’assemblea sarà finalizzataal necessario aggiornamento dellepolitiche di genere, con particolareattenzione alla pesante situazionedelle donne e delle pensionate, allequali la crisi economica sta facendopagare prezzi troppo alti.

La discussione che si svilupperànei tre giorni dell’assemblea, saràsupportata da documenti che ledonne del Coordinamento nazionalestanno predisponendo, ma anchedalle discussioni che si svolgeranno

nelle assemblee che si terranno a li-vello provinciale e regionale. Anchenelle Marche nel mese di settembredovremo svolgere le assemblee allequali inviteremo tante donne percondividere con loro gli obiettivi dilavoro e politici dei prossimi anni.

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Segreteria regionale Spi Cgil Marche:Emidio Celani,

Giuseppe Pettinari, Aurora Ferraro

Comitato di redazione:Bruno Bravetti, Federica Buroni,

Emanuela Cingolani, Marina Druda, Giuseppe Fillich,

Elisabetta Gabrielli, Gherardo Giglioni, Carlo Mestichelli, Franca RanzugliaFrancesco Vagnoni

Grafica: Media Graphics

Collaborazione fotografica: Daniele Cimino, Giusy Marinelli

Stampa: Puntoweb srl

Sede: Via Primo Maggio, 142/a -Ancona

Tel. 071/285741 Fax 071/2857400e-mail

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Donne, da San Benedettol’onda lunga del cambiamento