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quotidianosanità.itDossier

Documentazione legislativa

Studi e ricerche

Interventi e relazioni

Quotidiano online di informazione sanitaria

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Appropriatezza clinica, strutturale e operativanella prevenzione, diagnosi e terapia

dei disturbi dell’alimentazione

n. 17/22, luglio-agosto 2013

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ISSN 2038-5293

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n. 17/22, luglio-agosto 2013Ministro del la Salute : Beatr ice Lorenzin

Direttore Scientif ico : Giovanni Simonett i

Direttore Responsabi le : Paolo Casolar i

Direttore Editor iale: Maria L inett i

Vicedirettore esecutivo: Ennio Di Paolo

Comitato di Direzione

Massimo Aquili (Direttore Ufficio V – Direzione Generale della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali); Francesco Bevere (Direttore Generale dellaProgrammazione Sanitaria); Silvio Borrello (Direttore Generale per l’Igiene, la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione); Massimo Casciello (Direttore Generaledella Ricerca Sanitaria e Biomedica e della Vigilanza sugli Enti); Giuseppe Celotto (Direttore  Ufficio Generale delle Risorse, dell’Organizzazione e delBilancio); Gaetana Ferri (Direttore Generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari); Giovanni Leonardi (Direttore Generale delle Professioni Sanitarie edelle Risorse Umane del Servizio Sanitario Nazionale); Maria Linetti (Direttore Generale della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali); RomanoMarabelli (Capo Dipartimento della Sanità Pubblica Veterinaria, della Sicurezza Alimentare e degli Organi Collegiali per la Tutela della Salute); MarcellaMarletta (Direzione Generale dei Dispositivi Medici, del Servizio Farmaceutico e della Sicurezza delle Cure); Daniela Rodorigo (Direttore Generale dei RapportiEuropei e Internazionali ) ; Giuseppe Ruocco (Direttore Generale della Prevenzione ); Francesco Schiavone (Direttore Ufficio III – Direzione Generale dellaComunicazione e delle Relazioni Istituzionali); Rossana Ugenti (Direttore Generale del Sistema Informativo e Statistico Sanitario); Giuseppe Viggiano (DirettoreGenerale degli Organi Collegiali per la Tutela della Salute)

Comitato Scientif ico

Giampaolo Biti (Direttore del Dipartimento di Oncologia e Radioterapia dell’Università di Firenze); Alessandro Boccanelli (Direttore del Dipartimentodell’Apparato Cardiocircolatorio dell’Azienda Ospedaliera S. Giovanni Addolorata – Roma); Lucio Capurso (Direttore Generale degli Istituti FisioterapiciOspitalieri – Roma); Francesco Cognetti (Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena Irccs – Roma);Alessandro Del Maschio (Direttore del Dipartimento di Radiologia delI’Ospedale San Raffaele Irccs – Milano); Vincenzo Denaro (Preside delIa Facoltàdi Medicina e Chirurgia e Responsabile delI’Unità Operativa Ortopedia e Traumatologia del Policlinico Universitario Campus Biomedico – Roma); MassimoFini (Direttore Scientifico delI’Irccs S. Raffaele Pisana – Roma); Fabrizio Oleari (Presidente delI’Istituto Superiore di Sanità – Roma); Enrico Gherlone (Direttore del Servizio di Odontoiatria delI’Ospedale San Raffaele Irccs – Milano);Maria Carla Gilardi (Ordinario di Bioingegneria Elettronica e Informaticapresso la Facoltà di Medicina e Chirurgia delI’Università di Milano – Bicocca); Renato Lauro (Rettore dell’Università Tor Vergata – Roma); Gian LuigiLenzi (Ordinario di Clinica Neurologica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia delI’Università la Sapienza – Roma); Francesco Antonio Manzoli(Direttore Scientifico delI’Istituto Ortopedico Rizzoli – Bologna); Attilio Maseri (Presidente delIa Fondazione “Per il Tuo cuore - Heart Care FoundationOnlus” per la Lotta alle Malattie Cardiovascolari – Firenze); Maria Cristina Messa (Ordinario del Dipartimento di Scienze Chirurgiche presso la Facoltà diMedicina e Chirurgia delI’Università di Milano – Bicocca); Sergio Ortolani (Coordinatore dell’Unità di Malattie del Metabolismo Osseo e Reumatologia –Irccs Istituto Auxologico Italiano – Milano); Roberto Passariello (Direttore dell’Istituto di Radiologia – Università La Sapienza – Roma); Antonio Rotondo(Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini – 2a Università di Napoli); Armando Santoro (Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica edEmatologia – Irccs Istituto Clinico Humanitas – Rozzano, Mi); Antonio Emilio Scala (Preside delIa Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Vita/SaluteSan Raffaele – Milano); Giovanni Simonetti (Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini, Imaging Molecolare, Radioterapia e Radiologia Interventistica del Policlinico Universitario Tor Vergata – Roma); Alberto Zangrillo (Ordinario di Anestesiologia e Rianimazione dell’Università Vita/SaluteSan Raffaele e Direttore dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Cardiochirurgica dell’Ospedale San Raffaele Irccs – Milano)

Comitato di Redazione

Simonetta Antonelli, Massimo Ausanio, Milena Maccarini, Carmela Paolillo, Alida Pitzulu, Claudia Spicola (Direzione Generale della Comuni-cazione e Relazioni Istituzionali del Ministero della Salute), Antonietta Pensiero (Direzione Generale Personale, Organizzazione e Bilancio del Ministerodella Salute)

Quaderni del Ministero della Salute© 2013 - Testata di proprietà del Ministero della Salute A cura della Direzione Generale Comunicazione e Relazioni Istituzionali Viale Ribotta 5 - 00144 Roma - www.salute.gov.itConsulenza editoriale e grafica: Springer Healthcare Italia S.r.l.Registrato dal Tribunale di Roma - Sezione per la Stampa e l’Informazione - al n. 82/2010 del Registro con Decreto del 16 marzo 2010ISSN 2038-5293Pubblicazione fuori commercio, consultabile online sul sito www.quadernidellasalute.itFinito di stampare e pubblicato online sul sito www.quadernidellasalute.it nel mese di luglio 2013Tutti i diritti sono riservati, compresi quelli di traduzione in altre lingue. Nessuna parte di questa pubblicazione potrà essere riprodotta o trasmessa inqualsiasi forma o per mezzo di apparecchiature elettroniche o meccaniche, compresi fotocopiatura, registrazione o sistemi di archiviazione di informazioni,senza il permesso scritto da parte dell’Editore

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Perché i Quaderni

Uniformare e fissare, nel tempo e nella memoria, i criteri di appropria-tezza del nostro Sistema salute.

È l’ambizioso progetto-obiettivo dei Quaderni del Ministero della Salute, lanuova pubblicazione bimestrale edita dal dicastero e fortemente voluta dalMinistro Ferruccio Fazio per promuovere un processo di armonizzazionenella definizione degli indirizzi guida che nascono, si sviluppano e proce-dono nelle diverse articolazioni del Ministero.I temi trattati, numero per numero, con taglio monografico, affronterannoi campi e le competenze più importanti, ove sia da ricercare e conseguire ladefinizione di standard comuni di lavoro. La novità è nel metodo, inclusivo e olistico, che addensa e unifica i diversicontributi provenienti da organi distinti e consente quindi una verificaunica del criterio, adattabile volta per volta alla communis res. La formadunque diventa sostanza, a beneficio di tutti e ciò che è sciolto ora coagula.Ogni monografia della nuova collana è curata e stilata da un ristretto e iden-tificato Gruppo di Lavoro, responsabile della qualità e dell’efficacia deglistudi. Garante dell’elaborazione complessiva è, insieme al Ministro, il pre-stigio dei Comitati di Direzione e Scientifico.Alla pubblicazione è affiancata anche una versione telematica integrale sfo-gliabile in rete ed edita sul portale internet del Ministero www.salute.gov.it;qui è possibile il costante approfondimento dei temi trattati grazie alla sem-plicità del sistema di ricerca e alla scaricabilità dei prodotti editoriali; traquesti spiccano le risultanze dei pubblici convegni mirati che, volta pervolta, accompagnano l’uscita delle monografie nell’incontro con le artico-lazioni territoriali del nostro qualificato Sistema salute.Non ultimo, il profilo assegnato alla Rivista, riconoscibile dall’assenza dipaternità del singolo elaborato, che testimonia la volontà di privilegiare,sempre e comunque, la sintesi di sistema.

Le ragioni di una scelta e gli obiettivi

Giovanni Simonetti

Direttore ScientificoPaolo Casolari

Direttore Responsabile

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Appropriatezza clinica, strutturale e operativanella prevenzione, diagnosi e terapia

dei disturbi dell’alimentazione

GRUPPO DI LAVORO

Francesco Bevere (Coordinatore), Silvio Borrello, Francesca Brambilla, Riccardo Dalle Grave,

Antonino De Lorenzo, Teresa Di Fiandra, Lorenzo M. Donini, Andrea Fabbri, Carlo Faravelli,

Alba Fava, Alessandro M.G. Ghirardini, Mario Maj (Coordinatore), Romano Marabelli (Coordinatore),

Guido Marinoni, Palmiero Monteleone, Giuseppe L. Palma, Lorenzo Pavone,

Giuseppe Ruocco (Coordinatore), Giancarlo Sandri, Paolo Santonastaso, Bruno Scarpa,

Giovanni Simonetti (Coordinatore), Alberto Siracusano

Hanno collaborato gli esperti:

Mauro Cappelletti, Maddalena Conti, Paolo Curatolo, Massimo U. De Martino, Federica Fabiocchi,

Angela Favaro, Romina Lecis, Gallieno Marri, Walter Marrocco

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Si ringraziano inoltre:

Ylenia Barone, Simona Calugi, Rosetta Cardone, Lorenza Caregaro, Marwan El Ghoch, Elena Tenconi

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Indice

Prefazione pag. IX

Foreword pag. XIII

Sintesi dei contributi pag. XVII

Abstract pag. XXII

Premessa pag. XXVII

1. Epidemiologia, eziopatogenesi e caratteristiche cliniche pag. 1dei disturbi dell’alimentazione

2. Rapporti tra i disturbi dell’alimentazione e l’obesità pag. 19

3. Malnutrizione per difetto e disturbi dell’alimentazione pag. 23

4. Stili di vita nella popolazione generale: pag. 27rilevanza per i disturbi dell’alimentazione

5. Prevenzione dei disturbi dell’alimentazione pag. 33

6. Appropriatezza clinica nella gestione dei disturbi pag. 37dell’alimentazione

7. Appropriatezza strutturale e operativa nella gestione pag. 59dei disturbi dell’alimentazione

Appropriatezza clinica, strutturale e operativa nella prevenzione, diagnosi e terapia dei disturbi dell’alimentazione

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Appropriatezza clinica, strutturale e operativanella prevenzione, diagnosi e terapia

dei disturbi dell’alimentazione

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8. Conclusioni e raccomandazioni pag. 87

Bibliografia pag. 89

Ministero della Salute

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Prefazione

Idisturbi dell’alimentazione – anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da

alimentazione incontrollata (binge-eating disorder, BED) e disturbi dell’ali-

mentazione non altrimenti specificati – sono uno dei problemi di salute più comuni

nei giovani, soprattutto nelle ragazze, nel nostro Paese come in tutti i Paesi occi-

dentali. Nella popolazione generale di età maggiore di 18 anni e di sesso femminile

sono stimati tassi di prevalenza lifetime dello 0,9% per l’anoressia nervosa,

dell’1,5% per la bulimia nervosa e del 3,5% per il BED. L’incidenza dell’anoressia

nervosa è stimata essere di almeno 8 nuovi casi per 100.000 donne in un anno,

mentre quella della bulimia nervosa è di almeno 12 nuovi casi per 100.000 donne

in un anno. Negli studi condotti su popolazioni cliniche, i maschi rappresentano

tra il 5% e il 10% dei casi di anoressia nervosa, tra il 10% e il 15% dei casi di

bulimia nervosa e tra il 30% e il 40% dei casi di BED.

È stato recentemente segnalato un aumento dei casi a esordio precoce. Questo au-

mento è in parte spiegato dall’abbassamento dell’età del menarca osservato negli

ultimi decenni, ma potrebbe anche essere legato a un’anticipazione dell’età in cui

gli adolescenti sono esposti alle pressioni socioculturali alla magrezza, attraverso

mezzi di comunicazione come internet. Un esordio più precoce può comportare un

rischio maggiore di danni permanenti secondari alla malnutrizione, soprattutto a

carico di quei tessuti che non hanno ancora raggiunto una piena maturazione,

come le ossa e il sistema nervoso centrale.

Pur essendo primariamente disturbi psichiatrici, i disturbi dell’alimentazione pro-

ducono spesso complicanze fisiche anche serie, secondarie alla malnutrizione e/o ai

comportamenti impropri messi in atto per ottenere il controllo sul peso e sulla forma

del corpo. Le persone con anoressia nervosa, in particolare, hanno una mortalità

tra le 5 e le 10 volte maggiore di quella delle persone sane della stessa età e sesso.

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Ministero della Salute

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Nell’eziopatogenesi dei disturbi dell’alimentazione intervengono vari fattori, sia

genetici sia ambientali. Alcune caratteristiche di personalità (perfezionismo, im-

pulsività, bisogno di controllo sugli altri e sulla propria vita emotiva) si associano

a un’aumentata vulnerabilità a questi disturbi. Tra i fattori socioculturali, si pensa

che un ruolo importante sia stato svolto dall’ideale di magrezza sviluppatosi negli

ultimi 50 anni nei Paesi occidentali: le donne sono incoraggiate a perseguire la

magrezza, perché quelle magre sono considerate più intelligenti, competenti e vin-

centi; ciò può spiegare perché alcune donne sviluppano una valutazione di sé ec-

cessivamente dipendente dal peso e dalla forma del corpo. Dati epidemiologici

suggeriscono un nesso tra lo stare frequentemente “a dieta” e la comparsa di un di-

sturbo dell’alimentazione.

La maggior parte delle persone con disturbi dell’alimentazione non riceve una dia-

gnosi e un trattamento adeguati. Molti casi arrivano all’osservazione clinica dopo

una lunga storia di malattia, quando è più difficile ottenere una guarigione. È

importante che la gente sappia che per la terapia di questi disturbi sono oggi di-

sponibili vari trattamenti, la cui efficacia è stata documentata da studi clinici con-

trollati. Questi trattamenti richiedono l’integrazione di varie competenze

(psichiatri, psicologi, nutrizionisti, medici di medicina generale, internisti, endo-

crinologi, pediatri, neuropsichiatri infantili). Sul versante psichiatrico-psicologico,

le psicoterapie (terapia basata sulla famiglia nei giovani con anoressia nervosa; te-

rapia cognitivo-comportamentale e terapia interpersonale nella bulimia nervosa e

nel BED) hanno un ruolo essenziale. Tra gli interventi nutrizionali vanno citati

il pasto assistito (nell’ambito di un programma di riabilitazione psiconutrizionale)

e i supplementi nutrizionali orali.

Per la cura dei disturbi dell’alimentazione sono oggi proponibili cinque livelli di

intervento:

• medico di medicina generale o pediatra di libera scelta;

• terapia ambulatoriale specialistica;

• terapia ambulatoriale intensiva o centro diurno;

• riabilitazione intensiva semiresidenziale o residenziale;

• ricovero ordinario.

X

Ministero della Salute

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La maggior parte dei pazienti dovrebbe cominciare il percorso terapeutico al livello

meno intensivo di cura e accedere ai trattamenti più intensivi in caso di mancato

miglioramento, secondo un modello a passi successivi.

I programmi di prevenzione che hanno ottenuto i migliori risultati sono quelli sco-

lastici attuati in ragazze di età maggiore di 15 anni, utilizzando incontri multipli,

in piccoli gruppi, condotti da professionisti e focalizzati sull’accettazione del corpo.

È essenziale promuovere la diagnosi precoce di questi disturbi, attraverso la sensi-

bilizzazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, la crea-

zione di sportelli di consulenza e la sensibilizzazione di pazienti, famiglie e

insegnanti. Andrebbero inoltre promossi interventi preventivi nelle aree a rischio

elevato, come i settori dello sport, della moda e della danza.

Questo Quaderno della Salute intende offrire una sintesi delle conoscenze attuali

sui disturbi dell’alimentazione, fruibile non solo dagli operatori del settore, ma

anche dai pazienti, dai loro familiari e da tutti coloro che sono interessati al pro-

blema. Esso si propone, inoltre, di fornire gli elementi essenziali per una program-

mazione sanitaria che garantisca alle persone affette da questi disturbi un’assistenza

qualificata e il più possibile uniforme su tutto il territorio nazionale.

Lo stile del Quaderno è stato reso semplice e chiaro, evidenziando anche grafica-

mente i messaggi principali. Particolare attenzione viene rivolta al tema della pre-

venzione, e specialmente alle iniziative di salute pubblica che possono ridurre

l’incidenza dei disturbi dell’alimentazione, attraverso la collaborazione degli ope-

ratori della salute con le scuole, le industrie alimentari, i media e l’industria della

moda. Un’intera sezione è dedicata al ruolo dei medici di medicina generale e dei

pediatri di libera scelta nella prevenzione, nello screening e nella diagnosi precoce,

nella rilevazione dei segnali di allarme, nella comunicazione con il paziente e i

familiari, nella valutazione del rischio fisico, nel trattamento dei casi lievi e nel-

l’invio ai centri specialistici e nel follow-up.

Oltre a delineare i vari interventi terapeutici oggi disponibili, il Quaderno pone l’ac-

cento sull’importanza dell’alleanza terapeutica come ingrediente principale di qual-

Prefazione

XI

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XII

Ministero della Salute

siasi intervento, esaminando gli ostacoli che si frappongono allo stabilirsi di quest’al-

leanza, tra cui la frequente ambivalenza dei pazienti nei confronti della cura.

Il documento fornisce infine una descrizione dettagliata dei vari livelli di assistenza

oggi proponibili per i disturbi dell’alimentazione, che può rappresentare un punto

di riferimento per l’organizzazione dei servizi in tutte le Regioni italiane.

Il Quaderno verrà inserito nel sito del Ministero e sarà aggiornato periodicamente,

anche sulla base delle indicazioni che verranno proposte dai professionisti e dal-

l’utenza. Il mio auspicio è che le informazioni in esso contenute possano contribuire

al superamento di pregiudizi e semplificazioni e incoraggiare lo sviluppo di ini-

ziative concrete in un’area di crescente importanza per la salute pubblica.

On.le Beatrice Lorenzin

Ministro della Salute

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XIII

Ministero della Salute

Foreword

As in the rest of the western world, eating disorders – anorexia nervosa, bu-

limia nervosa, binge-eating disorder (BED) and not otherwise specified eat-

ing disorders – are among the most common health problems that young people,

particularly girls, are facing in Italy. In the general population of women aged

over 18 years, the estimated lifetime prevalence is 0.9% for anorexia nervosa,

1.5% for bulimia nervosa and 3.5% for BED. The incidence is estimated to be

at least 8 new cases per 100,000 women per year for anorexia nervosa and at

least 12 new cases per 100,000 women per year for bulimia nervosa. Clinical

studies have shown that males represent between 5% and 10% of all cases of

anorexia nervosa, between 10% and 15% of cases of bulimia nervosa and between

30% and 40% of cases of BED.

An increase in early onset cases was recently reported. This increase can in part be

attributed to the lowering in the age of menarche observed in recent years, but

could also be due to a lowering of the age at which adolescents are exposed to socio -

cultural pressures concerning thinness, by means of media such as the Internet. Ear-

lier onset can mean a greater risk of permanent damage secondary to malnutrition,

particularly in those tissues that have not reached full maturation, such as bones

and the central nervous system.

Despite being primarily psychiatric conditions, eating disorders often produce phys-

ical complications that can be serious, secondary to malnutrition and/or inappro-

priate behaviour aimed at gaining control over one’s weight and body shape. More

specifically, mortality amongst people with anorexia nervosa is 5 to 10 times higher

than in healthy people of the same age and gender.

The aetiopathogenesis of eating disorders involves a number of genetic and envi-

ronmental factors. Certain personality traits (perfectionism, impulsivity, need to

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control others and one’s personal emotional life) are associated with an increased

vulnerability to these disorders. Amongst the sociocultural factors, it is thought that

an important role is played by the thinness ideal that has developed over the past

50 years in the western world: women are encouraged to be thin, because thin peo-

ple are considered to be more intelligent, more competent and more successful, which

explains why some women develop a self-evaluation that is excessively based on

their weight and body shape. Epidemiological data suggest an association between

frequent dieting and the onset of an eating disorder.

Most individuals with eating disorders do not receive adequate diagnosis and treat-

ment. Most cases are only referred to clinical observation after a long history of ill-

ness, when it is more difficult to achieve full recovery. It is important for people to

know that various therapies whose efficacy has been confirmed in clinical trials are

now available for the treatment of these disorders. These treatments require coop-

eration between professionals with different competences (psychiatrists, psychologists,

nutritionists, general practitioners, internal medicine experts, endocrinologists, pae-

diatricians and child neuropsychiatrists). On a psychiatric/psychological side, a fun-

damental role is played by psychotherapy (family therapy in the case of young people

with anorexia nervosa; cognitive-behavioural therapy and interpersonal therapy in

those with bulimia nervosa and BED). Nutritional intervention includes assisted

eating (as part of a psychonutritional rehabilitation program) and oral nutritional

supplements.

The treatment of eating disorders currently includes five levels of intervention:

• general practitioner or primary care paediatrician;

• specialist outpatient therapy;

• intensive outpatient or day centre therapy;

• intensive semi-residential or residential rehabilitation;

• inpatient treatment.

Most patients should start the treatment programme at the least intensive level of

care and move up to the more intensive treatments if there is no improvement, ac-

cording to a step-by-step model.

XIV

Ministero della Salute

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The most successful prevention programmes are those involving girls over 15 years

of age, conducted through a series of sessions led by professionals and focussed on

accepting one’s body. It is essential to promote the early diagnosis of these disorders,

by improving the awareness of general practitioners and primary care paediatri-

cians, the creation of counseling spots and sensitization of patients, families and

teachers. Another important action would be to promote prevention initiatives in

high-risk areas such as sport, fashion and dancing.

The aim of this Quaderno della Salute is to provide a summary of the current

knowledge on eating disorders that can be used not only by professionals working

in the area, but also by patients and their families and any other subjects interested

in the matter. It also aims to provide the essential elements for health programming

that guarantees those who suffer from these disorders assistance that is both qualified

and homogeneously accessible nationwide.

The style adopted for the Quaderno is clear and straightforward, using graphs and

charts to highlight some of the key messages. Special attention is dedicated to the

topic of prevention, specifically those public health initiatives that are able to reduce

the incidence of eating disorders, through cooperation between medical professionals,

schools, food industries, the media and the fashion industry. An entire section is

dedicated to the role of general practitioners and primary care paediatricians in

terms of prevention, screening and early diagnosis, alarm signal capturing, com-

munication with the patient and his/her family, physical risk assessment, the treat-

ment of mild cases and referral to specialist centres and follow-up.

In addition to outlining the treatment options currently available, the Quaderno

stresses the importance of the therapeutic alliance, intended as the basis for any in-

tervention, examining the obstacles that can prevent the establishment of this rela-

tionship, including the patient’s frequent ambivalence to treatment.

Lastly, the document provides a detailed description of the various levels of treatment

now available for eating disorders, which may represent a benchmark for the or-

ganisation of services in all Regions of Italy.

XV

Foreword

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XVI

Ministero della Salute

The Quaderno will be published on the Ministry’s website and regularly updated,

including on the basis of feedback from both professionals and users. I sincerely

hope that the information it contains may contribute to overcoming prejudices and

stereotypes and encourage the development of concrete initiatives in an area of grow-

ing importance for public health.

Hon. Beatrice Lorenzin

Minister of Health

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XVII

Ministero della Salute

lazioni cliniche, gli uomini rappresentano il 5-10%dei casi di anoressia nervosa, il 10-15% dei casi dibulimia nervosa e il 30-40% dei casi di BED.Nell’anoressia nervosa e nella bulimia nervosa,l’età di esordio è in genere compresa tra i 15 e i19 anni, mentre nel BED essa è distribuita in unampio intervallo (dall’infanzia alla terza età).Nell’eziologia dei disturbi dell’alimentazione in-tervengono vari fattori, sia genetici sia ambientali.Alcune caratteristiche di personalità (perfezioni-smo, impulsività, bisogno di controllo), la bassaautostima e lo stare frequentemente “a dieta” sonoelementi di vulnerabilità. Tra i fattori sociocultu-rali, un ruolo importante è stato svolto dall’idealedi magrezza sviluppatosi negli ultimi 50 anni neiPaesi occidentali.Le complicanze mediche dei disturbi dell’alimen-tazione (in particolare dell’anoressia nervosa e delBED associato a obesità) sono relativamente fre-quenti e possono interessare tutti gli organi e ap-parati, soprattutto nei casi di malnutrizione ac-centuata per difetto o eccesso. La maggior partedi queste complicanze regredisce con la ripresa diuna regolare alimentazione e/o il recupero di unnormale peso corporeo.Nei disturbi dell’alimentazione gravi e di lungadurata si osservano notevoli difficoltà interperso-nali, scolastiche e lavorative ed è frequente l’asso-ciazione di altre patologie psichiatriche (depres-sione maggiore, disturbi d’ansia, disturbi di per-sonalità, dipendenza da alcool o da sostanze).

2. Rapporti tra i disturbi dell’alimentazione

e l’obesità

L’obesità è una patologia cronica dovuta a unosquilibrio fra introito calorico e spesa energetica.Essa si associa a un rischio aumentato di varie ma-lattie, tra cui il diabete mellito di tipo 2, l’iperten-sione arteriosa, l’osteoartrosi e diverse neoplasie.

Sintesi dei contributi

1. Epidemiologia, eziopatogenesi

e caratteristiche cliniche dei disturbi

dell’alimentazione

I disturbi dell’alimentazione sono uno dei pro-blemi di salute più comuni negli adolescenti enei giovani adulti dei Paesi occidentali. Essi com-prendono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa,il disturbo da alimentazione incontrollata (binge-eating disorder, BED) e i disturbi dell’alimenta-zione non altrimenti specificati. L’anoressia nervosa si caratterizza per: • consistente perdita di peso corporeo; • intensa paura di ingrassare anche se si è sottopeso; • disturbi della propria immagine corporea. La bulimia nervosa si caratterizza per: • ricorrenti episodi di abbuffate alimentari; • comportamenti di compenso volti a evitare

l’aumento di peso, come il vomito autoindotto,l’uso improprio di lassativi o enteroclismi, l’usoimproprio di diuretici, il digiuno protratto ol’esercizio fisico eccessivo;

• stima di sé eccessivamente influenzata dallaforma e dal peso del corpo.

Il BED condivide con la bulimia nervosa gli epi-sodi di abbuffate, ma non le pratiche di compensovolte a impedire l’aumento di peso, per cui i sog-getti possono sviluppare una condizione di obesità.I disturbi dell’alimentazione non altrimenti spe-cificati hanno caratteristiche cliniche simili al-l’anoressia nervosa e alla bulimia nervosa, ma nonsoddisfano tutti i criteri richiesti per tali diagnosi. Tutti i disturbi dell’alimentazione sono più frequentinel sesso femminile. Negli studi condotti su popo-

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e utilizzo dei nutrienti. La malnutrizione per di-fetto può essere correlata a insufficiente alimen-tazione, a malattie croniche che determinano in-fiammazione cronica, oppure a malattie acute o aeventi traumatici che determinano infiammazioneacuta. La malnutrizione correlata a digiuno è laforma tipica dell’anoressia nervosa.La malnutrizione può avere conseguenze sia fisichesia psicosociali, come documentato dal MinnesotaStudy, condotto tra il 1944 e il 1945 allo scopodi esplorare le migliori modalità di assistenza allevittime della carestia in Europa e in Asia durantela Seconda Guerra Mondiale. Molti sintomi damalnutrizione riportati dai volontari del MinnesotaStudy (effetti comportamentali, psicologici, sociali,fisici) sono simili a quelli osservati nelle personeaffette da anoressia nervosa.Alcuni sintomi da malnutrizione sono interpretatidal paziente con disturbo dell’alimentazione inmodo disfunzionale, come minaccia al controlloalimentare, o fallimento di tale controllo o neces-sità di aumentare tale controllo. I clinici dovreb-bero essere consapevoli che una valutazione at-tendibile della personalità e del funzionamentopsicosociale dei pazienti sottopeso con disturbidell’alimentazione può essere effettuata solo dopola normalizzazione del peso corporeo. I pazienticon disturbi dell’alimentazione dovrebbero essereeducati sui sintomi da malnutrizione e aiutati ainterpretarli in modo funzionale al raggiungi-mento di un peso corporeo salutare.

4. Stili di vita nella popolazione generale:

rilevanza per i disturbi dell’alimentazione

La combinazione di un ambiente obesogenico (cheinduce a uno stile di vita sedentario e al tempostesso offre stimoli ripetuti al consumo di alimenti)con un contesto culturale fortemente influenzatodall’industria della dieta e della moda (che idealizza

L’obesità è la condizione medica generale più fre-quentemente osservata nei pazienti con disturbidell’alimentazione, risultando particolarmente co-mune nelle persone affette da BED. Essa può pre-cedere la comparsa di un disturbo dell’alimentazione(rappresentando a volte un fattore di rischio pertale sviluppo) o essere la conseguenza degli episodibulimici. I disturbi dell’alimentazione e l’obesità,quando coesistono, tendono a interagire negativa-mente tra loro e a rendere più difficile il trattamento. I centri che si occupano dei disturbi dell’alimen-tazione dovrebbero garantire un servizio di con-sulenza ai centri di cura per l’obesità, sia per va-lutare eventuali indicazioni a un trattamento dichirurgia bariatrica, sia per l’identificazione deicasi in cui è presente un disturbo dell’alimenta-zione o un altro disturbo psichiatrico che possainterferire con il trattamento dell’obesità. La diagnosi preoperatoria di BED ha un valorepredittivo negativo sugli esiti del bendaggio ga-strico e del by-pass gastrico, ma non tale da esclu-dere l’utilizzo di questi interventi. È necessarioesplorare le problematiche attinenti alla sfera psi-cologica nelle persone obese con o senza BEDche richiedono un trattamento di chirurgia ba-riatrica e seguire nel tempo questi soggetti anchedal punto di vista psicologico.Quando l’obesità e i disturbi dell’alimentazionecoesistono, è indicato un trattamento da parte diun’equipe multidisciplinare che comprenda spe-cialisti con competenze per affrontare entrambele condizioni, possibilmente integrati in una reteassistenziale che offra vari livelli di cura.

3. Malnutrizione per difetto

e disturbi dell’alimentazione

La malnutrizione è una condizione di alterazionefunzionale, strutturale e di sviluppo dell’organismoconseguente allo squilibrio tra fabbisogni, introito

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la magrezza e disprezza l’eccesso di peso) può fa-vorire lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione.L’industria della dieta è fortemente implicata nellosviluppo del disprezzo sociale nei confronti dellepersone affette da obesità e, indirettamente, nelfavorire lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione,perché enfatizza, attraverso slogan pubblicitari,l’idea che le persone che hanno un peso in eccessosono non attraenti, deboli, pigre, golose e malatee che solo con la perdita di peso potranno esserefelici e risolvere i loro problemi.I canoni dell’aspetto fisico promossi dall’industriadella moda e della pubblicità sono difficili (o im-possibili) da raggiungere per la maggior parte dellepersone. Ciononostante, molte persone, con lasperanza di adeguarsi a questi canoni, intrapren-dono un controllo della propria alimentazione chediventa con il tempo sempre più rigido, fino asfociare, nei casi in cui è presente una vulnerabilità,in un vero e proprio disturbo dell’alimentazione. Nelle società occidentali, le donne sono incorag-giate a perseguire la magrezza, perché quelle magresono considerate più intelligenti, competenti evincenti. Ciò può spiegare perché alcune donneinteriorizzino l’ideale di magrezza e sviluppinouna valutazione di sé eccessivamente dipendentedal peso e dalla forma del corpo.Vanno promossi programmi di salute pubblica voltia migliorare le abitudini alimentari e lo stile di vitanella popolazione generale. Le iniziative di salutepubblica finalizzate a ridurre l’incidenza dei disturbidell’alimentazione richiedono la stretta collabora-zione degli operatori della salute con i politici, leindustrie alimentari, i media e l’industria della moda.

5. Prevenzione dei disturbi dell’alimentazione

I programmi scolastici di prevenzione dei disturbidell’alimentazione hanno avuto un ampio svi-luppo e sono stati oggetto di studi controllati in

numerosi Paesi occidentali. I programmi di primagenerazione hanno adottato un approccio psico -educativo (didattico), che forniva informazionisulla nutrizione, sull’immagine corporea, sui di-sturbi dell’alimentazione e sui loro effetti dannosi.Quelli di seconda generazione hanno affrontatopiù direttamente alcuni fattori di rischio per i di-sturbi dell’alimentazione identificati dalla ricerca.Quelli di terza generazione hanno utilizzato unapproccio educativo interattivo ed esperienziale estrategie volte a modificare gli atteggiamenti di-sfunzionali e i comportamenti non salutari. I programmi scolastici di prevenzione dei disturbidell’alimentazione che hanno ottenuto i miglioririsultati sono quelli attuati nelle ragazze di etàmaggiore di 15 anni, utilizzando incontri multipli,in piccoli gruppi, condotti da professionisti e fo-calizzati sull’accettazione del corpo. È essenziale promuovere la diagnosi precoce deidisturbi dell’alimentazione, attraverso la sensibi-lizzazione dei medici di medicina generale e deipediatri di libera scelta, la creazione di sportellidi consulenza, la sensibilizzazione di pazienti, fa-miglie e insegnanti. Andrebbero inoltre promossiinterventi preventivi in aree a rischio elevato, comei settori dello sport, della moda e della danza.È auspicabile l’evoluzione da un modello di pre-venzione basato sulla responsabilità personaleverso un modello di salute pubblica. Le istituzioniche si occupano di salute pubblica hanno la re-sponsabilità di attuare interventi come il controllodella pubblicità dell’industria della dieta e la pro-mozione di comportamenti di sana alimentazionee salutare attività fisica.

6. Appropriatezza clinica nella gestione

dei disturbi dell’alimentazione

I criteri diagnostici per l’anoressia nervosa, la buli-mia nervosa e il BED sono stati recentemente ag-

Sintesi dei contributi

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basata sulla famiglia per gli adolescenti con ano-ressia nervosa e della terapia cognitivo-compor-tamentale e di quella interpersonale per la bulimianervosa e per il BED. Il programma di tratta-mento dovrebbe sempre prevedere, soprattuttoper l’anoressia nervosa, un’attenzione particolareal rapporto con i familiari: l’approccio più utiliz-zato in quest’ambito è quello psicoeducativo.Nei disturbi dell’alimentazione, i farmaci possonoessere utilizzati per le patologie psichiatriche fre-quentemente associate (come la depressione mag-giore e i disturbi d’ansia) oppure, sempre nell’am-bito di un percorso di cura integrato, per contri-buire alla risoluzione dei sintomi specifici. Aquest’ultimo scopo, l’unico farmaco approvato inItalia è la fluoxetina per la bulimia nervosa.Gli interventi nutrizionali comprendono il pastoassistito (nell’ambito di un programma di riabili-tazione psiconutrizionale), i supplementi nutri-zionali orali (per supplire a un’alimentazione ca-rente in toto o relativamente a singoli nutrienti) ela nutrizione artificiale (in pazienti gravementemalnutriti, previo consenso informato del pazienteo del suo delegato).

7. Appropriatezza strutturale e operativa

nella gestione dei disturbi dell’alimentazione

Due principi generali sono alla base del tratta-mento dei disturbi dell’alimentazione: • l’approccio multidimensionale, interdiscipli-

nare, pluriprofessionale integrato, che coin-volge psichiatri, psicologi, internisti, nutrizio-nisti, endocrinologi, dietisti, fisioterapisti, edu-catori, tecnici della riabilitazione psichiatricae infermieri;

• la molteplicità dei contesti di cura, dalla ge-stione ambulatoriale a lungo termine alla ria-bilitazione intensiva – semiresidenziale e resi-denziale – indirizzata agli stati gravi di malnu-

giornati nella quinta edizione del Manuale Dia-gnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5),prodotto dall’American Psychiatric Association. Inquesta nuova edizione, l’amenorrea non figurapiù tra i criteri per la diagnosi di anoressia nervosae la frequenza delle abbuffate e delle condottecompensatorie richieste per la diagnosi di bulimianervosa è stata ridotta da due a una volta a setti-mana. Il BED compare per la prima volta nellasezione sui disturbi dell’alimentazione (nell’edi-zione precedente del manuale era compreso tra lecondizioni proposte per ulteriori studi). Vengonoindividuati sottotipi dei disturbi dell’alimenta-zione basati sulla gravità (in rapporto all’indicedi massa corporea per l’anoressia nervosa, alla fre-quenza delle condotte compensatorie per la buli-mia nervosa, alla frequenza delle abbuffate per ilBED).Per la valutazione psichiatrica e psicologica deidisturbi dell’alimentazione sono oggi disponibili,anche in lingua italiana, vari strumenti. Essi com-prendono alcune interviste cliniche strutturate osemistrutturate, vari questionari autosommini-strati e alcuni strumenti per la valutazione deisintomi psichiatrici associati, della personalità edel funzionamento cognitivo.Per la valutazione dello stato di nutrizione sonoessenziali la valutazione dell’introito di energia enutrienti (anamnesi alimentare, diario alimentare),la misurazione del dispendio energetico basale(calorimetria indiretta), la misura della composi-zione corporea (antropometria, bioimpedenzo-metria, densitometria a doppio raggio X) e la mi-sura della funzionalità corporea (parametri meta-bolici, immunocompetenza, funzione motoria). In ogni trattamento per i disturbi dell’alimenta-zione è necessario dedicare molta attenzione al-l’ambivalenza del paziente e adottare uno stile te-rapeutico “coinvolgente”. Tra gli interventi psi-coterapeutici è documentata l’efficacia della terapia

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trizione per difetto, alle fasi di instabilità escompenso delle comorbidità somatiche e psi-chiatriche e all’avvio di una correzione stabiledello stile di vita (mirata, in particolare, al-l’alimentazione e all’attività fisica).

I livelli di intervento per i disturbi dell’alimenta-zione sono cinque: medico di medicina generaleo pediatra di libera scelta; terapia ambulatorialespecialistica; terapia ambulatoriale intensiva o cen-tro diurno; riabilitazione intensiva ospedaliera; ri-covero ordinario e di emergenza.Il ruolo del medico di medicina generale o delpediatra di libera scelta è essenziale per la preven-zione, lo screening e la diagnosi precoce, la valu-tazione del rischio fisico, l’invio ai centri speciali-stici, il trattamento dei casi lievi e il follow-up.La terapia ambulatoriale deve essere considerataquella di elezione per le persone affette da disturbidell’alimentazione. Essa include l’utilizzazione dipsicoterapie la cui efficacia è basata sull’evidenza,ma spesso non si limita a questo. Essa coinvolgediverse figure professionali in una prospettiva in-tegrata e include, quando indicato, gli interventimotivazionali, la gestione psicofarmacologica, lapsicoeducazione, la riabilitazione nutrizionale ela gestione internistica, il supporto e la psicoedu-cazione dei familiari. Il trattamento in regime ambulatoriale intensivoè indicato per pazienti che hanno difficoltà a mo-dificare le loro abitudini alimentari con la terapiaambulatoriale standard.La riabilitazione intensiva residenziale è indicatain caso di mancata risposta al trattamento am-bulatoriale o presenza di un rischio fisico o psi-

chiatrico o di difficoltà psicosociali che rendonoinappropriato il trattamento ambulatoriale. Essaè basata su un progetto riabilitativo individuale,che comprende l’intervento psicoterapeutico, lariabilitazione nutrizionale, la riabilitazione fisicae la gestione delle complicanze mediche/psichia-triche.Il ricovero ordinario può essere attuato in repartiinternistici, per il trattamento delle complicanzemediche urgenti e della malnutrizione grave, o inreparti psichiatrici, per la gestione del rischio sui-cidario o della comorbidità psichiatrica.Per un’efficace organizzazione dell’assistenza nelterritorio di ciascuna Regione, è consigliabile lacostituzione di un centro di coordinamento re-gionale, tra le cui funzioni dovranno essere com-presi la programmazione e il coordinamento degliinterventi di prevenzione; il coordinamento conle strutture di riabilitazione intensiva pubbliche econvenzionate presenti nel territorio; la defini-zione di protocolli di collaborazione con i serviziper le tossicodipendenze e per la psichiatria del-l’infanzia e dell’adolescenza, con i reparti interni-stici ospedalieri e con i servizi di nutrizione clinica;la collaborazione con le associazioni dei familiarie la programmazione di interventi di formazionecomuni per il personale dei centri di riferimento. La formazione degli operatori a livello dei corsidi laurea, delle scuole di specializzazione medichee del corso di formazione specifica in medicinagenerale e la formazione professionale continuadevono dedicare una particolare attenzione ai di-sturbi dell’alimentazione, nei loro diversi aspettibiologici, psicologici e sociali.

Sintesi dei contributi

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10-15% of cases of bulimia nervosa and 30-40%of cases of BED.In anorexia nervosa and bulimia nervosa, the ageof onset is usually between 15 and 19 years, whilein BED it is distributed in a wide range (fromchildhood to old age).Several factors, both genetic and environmental,are involved in the etiology of eating disorders.Some personality features (perfectionism, impul-sivity, need to be in control), a low self-esteemand being frequently “on diet” are among the vul-nerability factors. Among sociocultural factors,an important role has been played by the ideal ofthinness which has developed during the last 50years in Western countries.Medical complications of eating disorders (in par-ticular of anorexia nervosa and of BED associatedwith obesity) are relatively common and may in-volve all organs and systems, especially when mal-nutrition is marked. Most of these complicationsremit when a regular food intake and/or a normalbody weight are resumed.In severe and long-term eating disorders, markedinterpersonal, school and work difficulties are ob-served, and the association with other mental dis -orders (major depression, anxiety disorders, per-sonality disorders, alcohol or substance abuse) iscommon.

2. Relationships between eating disorders

and obesity

Obesity is a chronic pathology due to an unbal-ance between caloric intake and energetic con-sumption. It is associated with an increased riskfor several diseases, including type 2 diabetes mel-litus, hypertension, osteoarthrosis and variousneoplasms. Obesity is the medical condition most frequentlyobserved in patients with eating disorders, being

Abstract

1. Epidemiology, etiopathogenesis

and clinical features of eating disorders

Eating disorders are one of the most commonhealth problems in adolescents and young adultsof Western countries. They include anorexia ner-vosa, bulimia nervosa, binge-eating disorder (BED)and eating disorders not otherwise specified. Anorexia nervosa is characterized by: • marked loss of body weight; • intense fear of becoming fat, even though un-

derweight; • a disturbance in the way one’s body weight or

shape is experienced. Bulimia nervosa is characterized by: • recurrent episodes of binge eating; • recurrent compensatory behaviours in order

to prevent weight gain, such as self-inducedvomiting, misuse of laxatives, diuretics or en-emas, prolonged fasting or excessive exercise;

• a self-evaluation unduly influenced by bodyshape and weight.

BED shares with bulimia nervosa the episodes ofbinge eating, but not the compensatory behav-iours aimed to prevent weight gain, so that theindividuals can develop obesity. Eating disordersnot otherwise specified have clinical features sim-ilar to anorexia nervosa and bulimia nervosa, butdo not meet all the criteria required for those di-agnoses.All eating disorders are more common in females.In studies carried out in clinical populations, malesaccount for 5-10% of cases of anorexia nervosa,

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particularly common in people with BED. It mayprecede the onset of an eating disorder (sometimesbeing a risk factor for that development) or bethe consequence of episodes of binge eating. Eat-ing disorders and obesity, when they coexist, tendto interact negatively with each other and maketreatment more difficult.Centers dealing with eating disorders should pro-vide a consultation service to centers for the treat-ment of obesity, both in order to evaluate possibleindications for bariatric surgery, and to identifycases in which an eating disorder or another men-tal disorder is present which may interfere withthe treatment of obesity. The pre-operative diagnosis of BED is a negativepredictor of the outcome of gastric banding andby-pass, but not such as to exclude the use ofthese interventions. There is a need to exploreproblems related to the psychological sphere inobese patients with or without BED who requestbariatric surgery and to follow-up these peoplealso from the psychological viewpoint. When obesity and eating disorders coexist, a treat-ment is required by a multidisciplinary team in-cluding specialists who are able to address bothconditions, possibly being part of a network whichoffers different levels of care.

3. Undernutrition and eating disorders

Malnutrition is a condition of functional, struc-tural and development alteration of the organismdue to an unbalance between the need, intakeand utilization of nutrients. Undernutrition maybe due to an insufficient intake of food, chronicdiseases involving chronic inflammation, or acutediseases or traumas involving acute inflammation.Undernutrition due to fasting is the form typicallyobserved in anorexia nervosa.Undernutrition may have both physical and psy-

chosocial consequences, as documented by theMinnesota Study, conducted between 1944 and1945 to explore the best modalities of care forthe victims of famine in Europe and Asia duringthe Second World War. Many symptoms of mal-nutrition reported by the volunteers of the Min-nesota Study (behavioural, psychological, socialand physical effects) are similar to those observedin people suffering from anorexia nervosa.Some malnutrition symptoms are interpreted bypeople with an eating disorder in a dysfunctionalway, as a threat to eating control or a failure ofthat control or a need to increase that control.Clinicians should be aware that a reliable assess-ment of personality and psychosocial functioningin underweight people with eating disorders canbe implemented only after the normalization ofbody weight. People with eating disorders shouldbe educated on malnutrition symptoms andhelped to interpret them in a way which can leadto the achievement of a healthy body weight.

4. Lifestyles in the general population:

relevance to eating disorders

The combination of an obesogenic environment(which promotes a sedentary lifestyle while pro-viding a continuing stimulus to the consumptionof food) with a cultural context strongly influ-enced by the industry of diet and fashion (whichidealizes thinness and disdains the excess ofweight) can favour the development of eating dis-orders. The industry of diet is strongly involved in thedevelopment of social contempt against peoplewith obesity and, indirectly, in favouring the de-velopment of eating disorders, because it empha-sizes, through advertising slogans, the idea thatpeople whose weight is excessive are not attractive,weak, lazy, glutton and sick, and that only by los-

Abstract

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The school programmes of prevention of eatingdisorders which have achieved the best results arethose implemented in girls of more than 15 yearsof age, using multiple sessions, in small groups,led by professionals and focusing on the accept-ance of the body.It is essential to promote the early diagnosis ofeating disorders, through the sensitization of gen-eral practitioners and primary care pediatricians,the establishment of counseling spots, and thesensitization of patients, families and teachers.Furthermore, preventive interventions should bepromoted in high risk areas, such as those of sport,fashion and dance.The evolution from a model of prevention basedon personal responsibility towards a public healthmodel is desirable. The institutions dealing withpublic health have the responsibility to implementinterventions such as the control of diet industryadvertisement and the promotion of healthy eat-ing and physical activity behaviours.

6. Clinical appropriateness

in the management of eating disorders

The diagnostic criteria for anorexia nervosa, bu-limia nervosa and BED have been recently up-dated in the fifth edition of the Diagnostic andStatistical Manual of Mental Disorders (DSM-5),produced by the American Psychiatric Association.In this new edition, amenorrhea is no more in-cluded in the diagnostic criteria for anorexia ner-vosa, and the frequency of episodes of binge eatingand compensatory behaviours required for the di-agnosis of bulimia nervosa has been reduced fromtwo to one per week. BED appears for the firsttime in the section on eating disorders (in theprevious edition of the manual, it was includedamong conditions proposed for further studies).Subtypes of eating disorders based on severity (in

ing weight they may be happy and solve theirproblems.The standards of physical appearance promotedby the industry of fashion and advertisement aredifficult (or impossible) to achieve for the majorityof people. However, many people, hoping to meetthese standards, implement a control of their eat-ing which becomes over time increasingly rigid,finally leading, in those cases in which a vulnera-bility is present, to a proper eating disorder.In Western societies, women are encouraged topursue thinness, because those who are thin areregarded as more intelligent, competent and win-ning. This may explain why some women inter-nalize the ideal of thinness and develop an evalu-ation of self excessively dependent upon theirbody weight and shape.It is essential to promote public health pro-grammes aimed to improve eating habits andlifestyles in the general population. Public healthinitiatives aiming to reduce the incidence of eatingdisorders require the close collaboration of healthworkers with politicians, the food industry, themedia and the industry of fashion.

5. Prevention of eating disorders

School programmes of prevention of eating dis-orders have been extensively developed and stud-ied through controlled trials in many Westerncountries. First generation programmes adopteda psychoeducational (didactic) approach, provid-ing information on nutrition, body image, eatingdisorders and their harmful effects. Second gen-eration programmes addressed more directly somerisk factors for eating disorders identified by re-search. Third generation programmes used an in-teractive and experiential approach, and strategiesaimed to modify dysfunctional attitudes and un-healthy behaviours.

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relationship to body mass index for anorexia ner-vosa, the frequency of compensatory behavioursfor bulimia nervosa, and the frequency of episodesof binge eating for BED) are identified.For the psychiatric and psychological evaluationof eating disorders, several instruments are currentlyavailable, also in Italian. They include some struc-tured or semi-structured clinical interviews, severalself-administered questionnaires, and some instru-ments for the assessment of associated psychiatricsymptoms, personality and cognitive functioning.For the evaluation of nutritional status, the assess-ment of the intake of energy and nutrients (eatinghistory, eating diary), the measurement of basalenergetic consumption (indirect calorimetry), theassessment of body composition (anthropometry,bioimpedance analysis, dual-energy X-ray absorp-tiometry) and the assessment of body functionality(metabolic parameters, immunocompetence, mo-tor function) are essential.In every treatment for eating disorders, it ismandatory to pay much attention to patient’s am-bivalence and to adopt an engaging therapeuticstyle. Among psychotherapeutic interventions,the efficacy is documented of family based therapyfor adolescents with anorexia nervosa, and of cog-nitive-behavioural and interpersonal therapy forbulimia nervosa and BED. The treatment pro-gramme should always include, especially foranorexia nervosa, a special attention to the in-volvement of relatives: the most used approachin this respect is the psychoeducational one.In eating disorders, medications may be used forthe mental disorders which are frequently associ-ated (such as major depression and anxiety disor-ders) or, always within the frame of an integratedcare pathway, in order to contribute to the reso-lution of specific symptoms. In this latter respect,the only medication approved in Italy is fluoxetinefor bulimia nervosa.

Nutritional interventions include assisted lunch(within a programme of psycho-nutritional reha-bilitation), oral nutritional supplements (to com-plement a food assumption which is deficient asa whole or with respect to individual nutrients)and artificial nutrition (in severely malnourishedpatients, upon informed consent by the patientor his/her guardian).

7. Structural and operative appropriateness

in the management of eating disorders

There are two basic principles in the treatment ofeating disorders: • the multidimensional, interdisciplinary and

pluriprofessional integrated approach, involvingpsychiatrists, psychologists, internists, nutri-tionists, endocrinologists, dietists, physiother-apists, educators, psychiatric rehabilitation tech-nicians and nurses;

• the multiplicity of care settings, from long-term outpatient management to intensive re-habilitation – either semi-residential or resi-dential – focusing on severe states of malnu-trition, phases of instability and decompensa-tion in somatic and psychiatric comorbidities,and the start of a stable correction of lifestyle(especially concerning eating and physical ac-tivity).

The levels of intervention in eating disorders arefive: general practitioner or primary care pedia-trician; specialist outpatient therapy; intensiveoutpatient therapy or day center; hospital inten-sive rehabilitation; ordinary or emergency hospi-talization. The role of the general practitioner or the primarycare pediatrician is essential for prevention, screen-ing and early diagnosis, evaluation of physicalrisk, referral to specialist centers, treatment ofmild cases and follow-up.

Abstract

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internistic wards, for the treatment of acute med-ical complications and severe malnutrition, or inpsychiatric wards, for the management of suiciderisk or psychiatric comorbidity.For an efficient organization of care in the territoryof each region, the establishment is advisable of aregional coordination center, whose functionsshould include planning and coordination of pre-ventive interventions; coordination with publicor private structures for intensive rehabilitationavailable in the territory; definition of protocolsfor collaboration with substance abuse andchild/adolescent psychiatry services, with in-ternistic hospital wards and clinical nutrition serv-ices; partnership with associations of carers andplanning of training programmes for the staff ofreference centers. Training of health workers at the level of under-graduate courses, medical postgraduate coursesand specific courses for general practitioners, aswell as of continuing professional education,should devote a special attention to eating disor-ders, in their various biological, psychological andsocial aspects.

Outpatient therapy should be regarded as the op-timal one for people with eating disorders. It in-cludes the implementation of evidence-based psy-chotherapies, but often is not restricted to this. Itinvolves various professionals in an integrated per-spective and includes, as needed, motivational in-terventions, psychopharmacological treatment,psychoeducation, nutritional rehabilitation andinternistic management, and support and psy-choeducation for relatives.Intensive outpatient treatment is indicated forpatients who have difficulties to modify their eat-ing behaviours through standard outpatient ther-apy.Residential intensive rehabilitation is indicated incases of non-response to outpatient treatment orpresence of a physical or psychiatric risk or ofpsychosocial difficulties making outpatient treat-ment inappropriate. It is based on an individual-ized rehabilitation project, including psychother-apeutic intervention, nutritional and physical re-habilitation and the management of medical/psy-chiatric complications.Ordinary hospitalization can be implemented in

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Ministero della Saluten. 17/22, luglio-agosto 2013

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loriche e indici più elevati di psicopatologia (de-pressione, abuso di sostanze, disturbi d’ansia).I disturbi dell’alimentazione non altrimenti

specificati hanno caratteristiche cliniche similiall’anoressia nervosa e alla bulimia nervosa, manon soddisfano tutti i criteri richiesti per talidiagnosi. I disturbi dell’alimentazione colpiscono soprat-tutto adolescenti e giovani adulti, interessandoprevalentemente il sesso femminile. Secondo al-cuni dati epidemiologici, la loro incidenza è au-mentata notevolmente nel corso degli ultimitrent’anni, mentre secondo altri studi si tratterebbesolo di un aumento apparente dovuto a una mi-gliore conoscenza dei disturbi e al maggiore nu-mero di diagnosi corrette. Il dato certo è che tut-tora solo una minoranza delle persone affetteda tali disturbi riceve una diagnosi e un tratta-mento adeguati. Molti casi arrivano all’osserva-zione del medico dopo una lunga storia di malat-tia, quando è più difficile ottenere una guarigione.I disturbi dell’alimentazione sono uno dei pro-blemi di salute più comuni che affliggono gli

adolescenti e i giovani adulti nei Paesi occi-

dentali. Pur essendo primariamente dei disturbipsichiatrici, essi producono spesso complicanzefisiche, secondarie alla malnutrizione e/o ai com-portamenti impropri messi in atto per ottenere ilcontrollo sul peso e la forma del corpo. Per talimotivi, essi rappresentano una delle più frequenticause di disabilità nei giovani e sono gravati daun rischio significativo di mortalità. L’Organiz-zazione Mondiale della Sanità ha incluso i disturbidell’alimentazione tra le priorità per la tutela dellasalute mentale nei bambini e negli adolescenti.Sebbene le cause di questi disturbi non siano an-cora completamente note e alcuni pazienti sianoresistenti ai trattamenti attualmente disponibili,negli ultimi trent’anni sono stati compiuti no-

tevoli progressi sia nella comprensione dei fat-

Premessa

I disturbi dell’alimentazione sono caratterizzatida una persistente alterazione della condottaalimentare e dalla presenza di comportamentivolti al controllo del peso e della forma del

corpo, che possono arrecare danni alla salute fisicae compromettere in misura significativa il fun-zionamento psicosociale. Essi comprendono l’ano-ressia nervosa, la bulimia nervosa, il disturbo daalimentazione incontrollata (binge-eating disorder,BED) e i disturbi dell’alimentazione non altri-menti specificati. In breve, l’anoressia nervosa si caratterizza per: • consistente perdita di peso corporeo;

• intensa paura di ingrassare anche se si è sot-

topeso;

• disturbi della propria immagine corporea. La bulimia nervosa si caratterizza per: • ricorrenti episodi di abbuffate alimentari;

• comportamenti di compenso volti a evitare

l’aumento di peso, come il vomito autoin-dotto, l’uso improprio di lassativi o enterocli-smi, l’uso improprio di diuretici, il digiunoprotratto o l’esercizio fisico eccessivo;

• stima di sé eccessivamente influenzata dalla

forma e dal peso del corpo.

Il BED condivide con la bulimia nervosa gli

episodi di abbuffate, ma non le pratiche di

compenso volte a impedire l’aumento di peso,per cui i soggetti possono sviluppare una condi-zione di obesità. Le persone con obesità e BEDsembrano distinguersi da quelle con obesità senzaBED per il fatto di presentare un quadro di obesitàmediamente più grave e a esordio più precoce,un ricorso più frequente e precoce a diete ipoca-

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Centro per la Prevenzione e il Controllo delleMalattie (CCM) e la recente conferenza di con-senso dell’Istituto Superiore di Sanità.Il documento è rivolto non solo agli operatoridel settore, ma anche ai pazienti e ai loro fami-

liari e a tutti coloro che sono interessati al pro-

blema. Esso intende, inoltre, fornire elementi sucui si possa costruire un’adeguata programma-zione sanitaria, che garantisca alle persone affetteda questi disturbi e ai loro familiari un’assistenzaqualificata e quanto più possibile uniforme su

tutto il territorio nazionale.

tori di rischio e dei meccanismi patogenetici

sia nella gestione clinico-terapeutica. Questiprogressi sono riassunti nel presente documento,alla cui stesura hanno contribuito esperti di varisettori disciplinari, quali psichiatri, psicologi,nutrizionisti, pediatri, neuropsichiatri infantili,

medici di medicina generale, endocrinologi e

internisti. Il testo si pone in continuità e in raccordo con al-tre iniziative che il Ministero della Salute ha pro-mosso e/o sostenuto negli ultimi anni, come ilprogramma “Guadagnare salute”, i progetti del

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1. Epidemiologia, eziopatogenesi e caratteristiche cliniche dei disturbi dell’alimentazione

life time dello 0,9% per l’anoressia nervosa,dell’1,5% per la bulimia nervosa e del 3,5% per

il BED tra le donne, mentre i tassi corrispondentinegli uomini sono stati trovati essere dello 0,3%,dello 0,5% e del 2%. Nelle donne di età compresatra i 18 e i 24 anni, i tassi sono molto più elevati:2,0% per l’anoressia nervosa, 4,5% per la bulimianervosa e 6,2% per il BED e i disturbi dell’ali-mentazione non altrimenti specificati.La recente conferenza di consenso dell’IstitutoSuperiore di Sanità (www.iss.it), patrocinata dalMinistero della Salute, ha raccomandato che inItalia siano condotti studi di prevalenza e inci-denza dei disturbi dell’alimentazione su ampi cam-pioni della popolazione generale, per consentireun aggiornamento dei dati disponibili.

Sesso

Tutti i disturbi dell’alimentazione sono più fre-quenti nella popolazione femminile che in quellamaschile. Negli studi condotti su popolazioni cli-niche, gli uomini rappresentano il 5-10% di tuttii casi di anoressia nervosa, il 10-15% dei casi dibulimia nervosa e il 30-40% dei casi di BED. Gli uomini con disturbi dell’alimentazione nonsembrano differire sostanzialmente dalle donneper età di esordio, insoddisfazione per il proprio

Incidenza e prevalenza

Con il termine incidenza si intende il numerodei nuovi casi di una malattia, in una popolazionedefinita, in un determinato periodo di tempo. L’in-cidenza dell’anoressia nervosa è stimata essere dialmeno 8 nuovi casi per 100.000 persone in un

anno tra le donne, mentre è compresa fra 0,02 e1,4 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tragli uomini. L’incidenza della bulimia nervosa è sti-mata essere di almeno 12 nuovi casi per 100.000persone in un anno tra le donne e di circa 0,8nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra gliuomini. Non ci sono dati attendibili per quantoriguarda l’incidenza del disturbo da alimentazioneincontrollata (binge-eating disorder, BED).Con il termine prevalenza puntiforme si intendela percentuale di una popolazione affetta da

una malattia in un determinato momento. Laprevalenza puntiforme dell’anoressia nervosanelle giovani donne è stimata tra lo 0,2% e lo0,9%, mentre quella della bulimia nervosa è sti-mata tra lo 0,5% e l’1,8%. Con il termine prevalenza lifetime si intende lapercentuale di una popolazione che sviluppa

una determinata malattia nel corso della sua

vita. Nella popolazione generale di età maggioredi 18 anni sono stati stimati tassi di prevalenza

n. 17/22, luglio-agosto 2013

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corpo, metodi di controllo del peso, caratteristichecliniche ed evolutive. Tuttavia, sono state osservateanche alcune differenze. La presenza di sovrappesoe di obesità nella storia clinica sembra essere piùfrequente negli uomini rispetto alle donne. Mag-giore negli uomini sembra anche essere la fre-quenza della depressione, dell’abuso di sostanze edei disturbi di personalità. Nei maschi le preoccupazioni per il peso e la

forma del corpo sono spesso influenzate dal-

l’impegno in attività atletiche. L’attività fisica nelsuo complesso è più intensa, mentre il ricorso all’usoimproprio di lassativi è meno frequente. Talora simanifesta una vera e propria “dipendenza” dal-l’esercizio fisico estremo, che viene definita “ano-ressia atletica”. In alcuni pazienti si osserva, piùche un’ossessione per la magrezza, una focalizza-zione estrema sulla forma e sulle dimensioni

della muscolatura. Una conseguenza di questa fo-calizzazione può essere l’uso improprio di steroidianabolizzanti per “modellare” la forma del corpo.L’uso a lungo termine di queste sostanze può in-durre ipertrofia prostatica, aumento dei livelli dicolesterolo nel sangue e depressione. L’ossessioneper l’esercizio fisico e la preoccupazione estremaper le dimensioni della muscolatura sono state an-che indicate con il termine di “vigoressia”.

Età di esordio

Sia nell’anoressia nervosa sia nella bulimia ner-

vosa, la fascia di età in cui l’esordio si manifesta

più spesso è quella tra i 15 e i 19 anni.

Alcune osservazioni cliniche recenti hanno segna-lato un aumento dei casi a esordio precoce. Que-sto aumento è in parte spiegato dall’abbassamentodell’età del menarca osservato negli ultimi decenni,ma potrebbe anche essere collegato a un’anticipa-zione dell’età in cui gli adolescenti sono esposti allepressioni socioculturali alla magrezza, attraverso

mezzi di comunicazione come internet. Un esordiopiù precoce può comportare un rischio maggioredi danni permanenti secondari alla malnutrizione,soprattutto a carico di quei tessuti che nell’adole-scenza non hanno ancora raggiunto una piena ma-turazione, come le ossa e il sistema nervoso centrale. L’età di esordio del BED si differenzia da quelladell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa, es-sendo distribuita in un ampio intervallo (dal-l’infanzia alla terza età), con un picco nella primaetà adulta. Casi di anoressia nervosa e bulimia nervosa a esor-dio tardivo non sono infrequenti, anche se ancorapoco studiati. In generale, un’età di esordio tardivasembra essere associata a un maggiore rischio dicronicità e a una maggiore presenza di disturbi psi-chiatrici in comorbidità, soprattutto ansia e depres-sione.

Aspetti socioculturali

Il ruolo di alcuni fattori socioculturali nello svi-luppo dell’anoressia nervosa è stato inizialmentesuggerito dall’osservazione che il disturbo colpivaprevalentemente le adolescenti appartenenti alleclassi sociali più elevate nei Paesi occidentali. Di-versi studi hanno poi suggerito che l’immigrazionee l’acquisizione dei modelli della cultura occiden-tale possono favorire l’esordio del disturbo: po-polazioni orientali immigrate in Inghilterra, Ger-mania o Stati Uniti presentano una prevalenza si-mile a quella delle popolazioni residenti e inferiorea quella dei Paesi di provenienza. Mentre studiprecedenti al 2002 indicavano una disparità nellaprevalenza dei disturbi dell’alimentazione tra i di-versi gruppi etnici degli Stati Uniti, e in particolareuna maggiore prevalenza tra le bianche non latine,studi recenti sembrano indicare che la prevalenzaè diventata simile nei vari gruppi etnici. I fattori socioculturali implicati nello sviluppo dei

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disturbi dell’alimentazione non sono stati ancoraidentificati con certezza, ma si pensa che un ruolorelativamente importante sia stato svolto dal-l’ideale di magrezza sviluppatosi negli ultimi50 anni nei Paesi occidentali. In uno studio con-dotto in due campioni di studentesse delle isoleFiji nel 1995 (qualche settimana prima dell’in-troduzione della televisione satellitare) e nel 1998(dopo 3 anni di esposizione alla televisione satel-litare), si è riscontrato un aumento della frequenzadel vomito autoindotto dallo 0% all’11% e unaumento della percentuale delle ragazze con pun-teggi all’Eating Attitudes Test (EAT) di almeno 20dal 12,7% al 29,2%. L’esposizione alla televisionesatellitare sembrerebbe aver promosso il valore so-ciale della magrezza e incoraggiato diete restrittivee la ricerca di un corpo rimodellato come strategiaper il progresso sociale ed economico. L’ideale di magrezza sembra anche diffondersi erafforzarsi attraverso varie e complesse reti so-ciali, includenti i pari e la famiglia. Diversi studihanno riscontrato un più alto tasso di problemialimentari e preoccupazioni per il peso e la formadel corpo nelle persone coinvolte in attività spor-tive nelle quali la magrezza è valutata e incorag-giata, come la danza, il nuoto e la ginnastica. Il rinforzo dei familiari può essere diretto, attra-verso espliciti incoraggiamenti alla dieta o alla per-dita di peso, o indiretto, attraverso comportamentie attitudini modellanti come il seguire delle dieteper perdere peso. Tra le ragazze preadolescenti, lapressione familiare a essere magre sembra favorirel’insoddisfazione corporea più della pressione deimedia o dei pari. Inoltre, l’imitazione di modelligenitoriali che mostrano comportamenti tipici deldisturbo dell’alimentazione (es. seguire una dietain modo ferreo) si associa a un incremento del-l’insoddisfazione corporea. È stato anche osservatoche il fatto di essere presi in giro sul peso e laforma del corpo, da parte sia dei familiari sia di

persone al di fuori della famiglia, può essere unfattore di rischio specifico per la bulimia nervosa.

Fattori di rischio ed eziopatogenesi

L’anoressia nervosa e la bulimia nervosa sono di-sturbi nella cui eziologia intervengono vari fat-

tori, sia genetici sia ambientali. In generale, lamaggiore vulnerabilità osservata nei soggetti disesso femminile in età adolescenziale o giovaneadulta sembra indicare che questi disturbi sonoassociati a difficoltà nelle fasi di passaggio dall’in-fanzia alla vita adulta, scatenate dai cambiamentifisici e ormonali che caratterizzano la pubertà.Vari tipi di studi (sulle famiglie, sui gemelli, sulDNA) sono stati condotti per stabilire quanto siaimportante la componente genetica nel determi-nare il rischio di sviluppare questi disturbi. Questistudi sembrano suggerire che circa il 50% del ri-schio sia dovuto a fattori genetici. Le ricerche suigeni implicati in questa vulnerabilità hanno datofinora risultati non conclusivi. I fattori ambientali sono molteplici e possono esseresuddivisi in precoci e tardivi. Per fattori ambientaliprecoci si intendono quei fattori di rischio che in-terferiscono con le prime fasi del neurosviluppo econ la maturazione e la programmazione dei sistemidi risposta allo stress. Questi fattori includono lecondizioni di vita intrauterina, le complicanze pe-rinatali e le separazioni precoci dalle figure di ac-cudimento. Per fattori di rischio ambientale tardivi,invece, si intendono gli abusi nell’infanzia, gli stresspsicosociali e le relazioni familiari caratterizzate dauna forte conflittualità tra i genitori e tra genitori efigli, l’abuso di sostanze psicoattive e l’esposizionea pressioni verso la magrezza da parte di membridel gruppo familiare o dell’area relazionale e affettivain cui il soggetto vive.Alcune caratteristiche di personalità possonoassociarsi a un’aumentata vulnerabilità ai disturbi

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dell’alimentazione. Tra queste il perfezionismo,l’impulsività, la tendenza all’ansia anticipatoria eall’evitamento, il bisogno di controllo sugli altri esulla propria vita emotiva e l’ossessività. Dati epidemiologici suggeriscono un nesso tra lostare frequentemente “a dieta” e la comparsa diun disturbo dell’alimentazione. Molti studi hannotrovato che la maggior parte degli individui condisturbi dell’alimentazione riferisce di avere iniziatouna dieta prima di acquisire un comportamentoalimentare “disturbato”. Una recente indagine pro-mossa in Italia dal Ministero della Salute e dal Di-partimento della Gioventù della Presidenza delConsiglio dei Ministri, nell’ambito del programma“Guadagnare salute”, ha messo in luce il ruolo deimedia nel potenziare gli effetti negativi dell’indu-stria della dieta, che promuove il ricorso indiscri-minato a diete “fai da te”. Spesso le diete correlatealla successiva comparsa di disturbi dell’alimenta-zione sono squilibrate nella qualità e quantità del-l’apporto di nutrienti e sono caratterizzate dal-l’esclusione di intere categorie di alimenti o dal-l’abolizione di pasti quali la prima colazione. L’ec-cessivo consumo di snack e dolciumi nei primi 12anni di vita è un fattore di rischio per lo sviluppodei disturbi dell’alimentazione, mentre il regolareconsumo della prima colazione è stato associato auna minore vulnerabilità all’insorgenza sia del-l’anoressia nervosa sia della bulimia nervosa. La letteratura psicologica ha proposto numeroseteorie per spiegare lo sviluppo e il mantenimentodei disturbi dell’alimentazione. Tra queste, parti-colarmente influenti sono le teorie cognitivo-comportamentali. Queste sostengono che i di-sturbi dell’alimentazione hanno origine da dueesigenze fondamentali. La prima è la necessità diavere un controllo estremo su vari aspetti dellavita (es. lavoro, scuola, sport, altri interessi), chepuò, in momenti particolari, focalizzarsi sul con-trollo dell’alimentazione. La seconda è l’eccessiva

importanza attribuita al controllo del peso e dellaforma del corpo in individui che hanno interio-rizzato l’ideale della magrezza. In entrambi i casi,il risultato è l’adozione di una restrizione dieteticaestrema e rigida che, a sua volta, rinforza la neces-sità del controllo in generale e in particolare delcontrollo del peso e della forma del corpo. In se-guito si realizzano altri processi che contribuisconoal mantenimento del disturbo dell’alimentazione,come l’isolamento sociale, la comparsa di abbuffatefavorite dalla restrizione alimentare, gli effetti ne-gativi delle abbuffate sulla preoccupazione per ilpeso e la forma del corpo e sul senso di controlloe i sintomi da malnutrizione, che aumentano lanecessità di controllare l’alimentazione.

Psicopatologia e comorbidità psichiatrica

Anoressia nervosa

L’esordio dell’anoressia nervosa è spesso gradualee insidioso, con una progressiva riduzione dell’in-troito alimentare. Nella maggior parte dei casi ildisturbo si presenta a seguito di una dieta ipo-

calorica iniziata per modificare il peso e la

forma del corpo; in altri casi a seguito di difficoltàdigestive, malattie (depressione compresa), inter-venti chirurgici o traumi. Nel periodo precedentesi osservano sovente eventi stressanti o cambia-menti di vita (es. perdite, separazioni, insuccessi).La diminuzione dell’apporto calorico è attuata dalsoggetto con una riduzione delle porzioni o attra-verso l’esclusione di alcuni cibi e il salto dei pasti.Nel periodo iniziale si osserva una fase di benesseresoggettivo, dovuto alla perdita di peso, al miglio-ramento della propria immagine e anche al senti-mento di onnipotenza prodotto dalla capacità dicontrollare la fame, mentre la consapevolezza delproblema è scarsa e manca una richiesta di aiuto(cosiddetta “luna di miele” con il disturbo). In se-

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guito, le preoccupazioni riguardo alla forma delcorpo e al peso diventano marcate e la paura di in-grassare non diminuisce con la perdita di peso.Sono comuni il ricorso a un esercizio fisico ecces-sivo, la misurazione frequente del peso e il con-fronto continuo con lo specchio, con la taglia deivestiti, con la bilancia e con il corpo delle altre per-sone. Il pensiero del cibo è persistente e ossessivo;molte pazienti collezionano ricette, contano le ca-lorie, impiegano ore a mangiare e si preoccupanodell’alimentazione dei familiari. Comuni sono an-che alcuni rituali alimentari, come tagliare il ciboin piccoli pezzetti e mangiare lentamente. Con iltempo le pazienti diventano più irritabili, depressee isolate socialmente e i sintomi ossessivo-compul-sivi si aggravano. Nella maggior parte dei casi questisintomi sono successivi e probabilmente conse-guenti alla riduzione dell’apporto calorico e delpeso; tuttavia, in una minoranza di casi, i sintomipsichiatrici insorgono prima del disturbo dell’ali-mentazione. Il rapporto con i familiari può diven-tare teso e difficile, talvolta francamente ostile, e icommenti critici da parte dei familiari possono in-fluenzare negativamente il decorso del disturbo. Il nucleo psicopatologico è costituito da un di-sturbo dell’immagine corporea, responsabile diuna profonda alterazione del modo con cui il sog-getto vive il rapporto con il proprio corpo e conil cibo, tale da compromettere l’elementare istintodi sopravvivenza che accomuna tutti gli esseriumani. La persona valuta se stessa in modo pre-dominante o esclusivo sulla base del peso e dellaforma del corpo, spesso sovrastima le dimensionidel proprio corpo, nega le conseguenze della per-dita di peso e adotta comportamenti disfunzionalidi controllo del peso e del corpo (body checking),come misurare frequentemente il peso, guardareripetutamente allo specchio specifiche parti delcorpo, misurare le varie circonferenze del corpo,prendere in mano le pieghe del grasso, confrontare

la forma del corpo con quella di altre persone(Tabella 1.1). La maggior parte delle persone nonriconosce il pericolo determinato dalla perdita dipeso nemmeno quando è chiaramente espressodai medici e manifesta disinteresse o aperta op-posizione nei confronti del trattamento. Per ridurre il peso alcune persone ricorrono al vo-mito autoindotto o all’uso improprio di lassativi,diuretici o, più raramente, sostanze anoressizzanti.Questo sottogruppo presenta una prognosi peg-giore, complicanze mediche più frequenti e, dalpunto di vista psicopatologico, una maggiore co-morbidità. Le caratteristiche cliniche sono più vi-cine a quelle della bulimia nervosa, con una mag-gior frequenza di comportamenti impulsivi, attiautolesionistici, tentativi di suicidio, abuso di al-cool o di altre sostanze. L’anoressia nervosa presenta una spiccata comor-bidità psichiatrica. Le patologie più frequente-mente associate sono la depressione maggiore, ildisturbo ossessivo-compulsivo e altri disturbi d’an-sia, la dipendenza da alcool o da sostanze. Tra idisturbi di personalità, i più frequenti sono il di-sturbo borderline, l’istrionico, il narcisistico e l’evi-tante. La comorbidità psichiatrica tende a dimi-nuire con il recupero del peso e la normalizzazionedell’alimentazione.

Bulimia nervosa

L’esordio della bulimia nervosa si può verificare inrelazione a una forte restrizione alimentare per

modificare il peso e la forma del corpo, o in se-

guito a difficoltà personali ed emotive nel pa-

droneggiare situazioni di perdita o di frustra-

zione. Le crisi bulimiche sono scatenate dalla rotturadelle regole dietetiche rigide ed estreme, da stati diumore disforico, conflitti, eventi stressanti per ilsoggetto, sentimenti di vuoto e di solitudine. Lamaggior parte dei soggetti, per compensare il disagio

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Tabella 1.1 Termini utilizzati per descrivere la psicopatologia dei disturbi dell’alimentazione

• Immagine corporea: è la percezione soggettiva, cognitiva ed emozionale, del proprio corpo. Nei disturbi dell’alimentazione, l’immaginecorporea è negativa e distorta (es. la persona con anoressia nervosa si vede sempre grassa). Caratteristiche dell’immagine corporeasono l’instabilità nel tempo, il legame con l’autostima e la relazione con l’immagine ideale del sé

• Eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del loro controllo: giudicare il proprio valore in modo predominante o esclusivoin termini di peso, forma del corpo e loro controllo

• Eccessiva valutazione del controllo dell’alimentazione: giudicare il proprio valore in modo predominante o esclusivo in base allacapacità di controllo sull’alimentazione

• Preoccupazione per il peso, la forma del corpo e l’alimentazione: pensieri ripetuti e ricorrenti, associati ad ansia e apprensione,riguardanti il peso, la forma del corpo e l’alimentazione

• Ricerca della magrezza: continua ricerca della perdita di peso anche quando si è sottopeso• Paura di ingrassare: paura di aumentare di peso che non si riduce con il dimagrimento• Insoddisfazione corporea: insoddisfazione nei confronti della forma del proprio corpo. Comune anche nelle persone che non hanno

un disturbo dell’alimentazione• Disprezzo nei confronti del proprio corpo: considerare il proprio corpo disgustoso o repulsivo. Di solito si accompagna all’evitamento

dell’esposizione del corpo• Check del peso: controllo ripetuto e frequente del proprio peso corporeo• Check della forma del corpo: controllo ripetuto e frequente della forma del corpo allo specchio, attraverso misurazioni varie e

confrontandosi con altri• Check dell’alimentazione: controllo ripetuto e frequente della porzione del cibo da mangiare, delle calorie, delle etichette nutrizionali

degli alimenti e del comportamento alimentare degli altri• Evitamento della misurazione del peso: evitare di misurare il proprio peso corporeo• Evitamento dell’esposizione del corpo: evitare di guardare il proprio corpo o di esporre alcune parti del corpo agli altri• Restrizione dietetica cognitiva: provare a limitare la frequenza, la quantità e la qualità di cibo ingerito per controllare il peso,

indipendentemente dal fatto che tale tentativo produca un deficit energetico• Regole dietetiche: regole rigide ed estreme su quello che va o non va mangiato• Reazione alla rottura delle regole dietetiche: reazione emotiva, cognitiva e comportamentale alla rottura di una regola dietetica. È

una reazione che spesso favorisce le abbuffate e che avviene in base a uno schema cognitivo di tipo “tutto o nulla”, per cui, quandosi infrange una regola dietetica anche minima, allora si può mangiare di tutto

• Evitamento dei cibi: evitare alcuni cibi per paura di aumentare di peso o di avere un’abbuffata• Restrizione dietetica calorica: limitazione della quantità, frequenza e qualità del cibo assunto, che produce un deficit energetico e

una perdita di peso corporeo• Abbuffata oggettiva: assunzione di una quantità di cibo effettivamente eccessiva date le circostanze, associata alla sensazione di

perdita di controllo• Abbuffata soggettiva: assunzione di una quantità di cibo non effettivamente eccessiva date le circostanze, ma vissuta dalla persona

come eccessiva e associata alla sensazione di perdita di controllo• Spiluccare: episodio alimentare ripetuto non pianificato, con assunzione incompleta e incerta, ma non minima di cibo• Attività fisica eccessiva e compulsiva: esercizio fisico eccessivo per controllare o modificare il peso e la forma del corpo, talora per

modulare le emozioni. È una forma di esercizio che interferisce con attività importanti e può produrre danni alla salute. Le personesi sentono obbligate a praticarlo e sono a disagio se non lo praticano

• Vomito autoindotto: induzione del vomito allo scopo di controllare il peso e la forma del corpo• Uso improprio di lassativi: assunzione di lassativi allo scopo di controllare il peso e la forma del corpo• Uso improprio di diuretici: assunzione di diuretici allo scopo di controllare il peso e la forma del corpo• Comportamenti di eliminazione: termine che indica il vomito autoindotto o l’uso improprio di lassativi e diuretici, allo scopo di ridurre

il peso. Il comportamento può essere di compenso se eseguito dopo un episodio di alimentazione considerato eccessivo o non dicompenso quando non è eseguito in risposta a un episodio di alimentazione considerato eccessivo

• Comportamenti di compenso non eliminativi: termine che indica l’esercizio fisico eccessivo e la dieta ferrea o il digiuno messi in attodopo un’abbuffata

• Indice di massa corporea: è il rapporto tra il peso, espresso in chilogrammi, e il quadrato dell’altezza, espressa in metri• Sottopeso: indice di massa corporea inferiore a 18,5 kg/m2

• Normopeso: indice di massa corporea compreso tra 18,5 kg/m2 e 24,9 kg/m2 (massa grassa intorno al 15-17% del peso nell’uomo oal 25-27% nella donna)

(continua)

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Epidemiologia, eziopatogenesi e caratteristiche cliniche dei disturbi dell’alimentazione 1

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seguente all’abbuffata e la paura di prendere peso,utilizza pratiche di compenso quali il vomito au-toindotto, l’uso improprio di lassativi o di diu-

retici, l’attività fisica eccessiva e il digiuno. In unsottogruppo di persone sono presenti comporta-menti autolesivi, talvolta finalizzati ad allontanareil disagio seguente all’abbuffata o a punirsi per essa.Alla persistente attenzione per il peso e la forma delcorpo si aggiunge un’alimentazione molto irregolare,che alterna pratiche dietetiche estreme e rigide (consalti di pasto, eliminazione di molti elementi consi-derati ingrassanti e riduzione delle porzioni) e crisibulimiche con o senza vomito autoindotto, seguiteda sentimenti di autosvalutazione per la mancatacapacità di auto controllo e di vergogna.I disturbi depressivi e l’abuso o la dipendenza dasostanze sono i disturbi psichiatrici più frequente-mente associati con la bulimia nervosa. Tra i disturbid’ansia, la fobia sociale, il disturbo ossessivo-com-pulsivo e il disturbo di panico sono i più frequenti.Sono anche comuni disturbi di personalità, tra iquali il disturbo borderline e quello evitante si ri-scontrano con maggiore frequenza. Si osservano avolte comportamenti impulsivi come cleptomania,promiscuità sessuale, tentativi di suicidio.

BED

Il BED si caratterizza per la presenza di ricorrentiepisodi di abbuffate, non seguiti dall’attuazione

regolare di pratiche compensatorie. Esso si distingue nettamente dagli altri disturbidell’alimentazione per l’epidemiologia e per il suo

rapporto peculiare con l’obesità e i disturbi del-l’umore. È un disturbo che può insorgere a qual-siasi età, dall’infanzia all’età avanzata, e che hauna distribuzione maschi/femmine meno asim-metrica (il 30-40% dei casi è di sesso maschile).Non attuando comportamenti compensatori, lapersona con BED tende ad aumentare di peso

e, quindi, a presentare obesità. La frequenza delBED nei soggetti che si rivolgono ai servizi sanitaridedicati all’obesità è tanto maggiore quanto mag-giore è il grado di obesità, tanto che negli StatiUniti si stima che il BED sia presente in circa il40% delle persone con obesità grave che richie-dono un trattamento per questa condizione. Si osservano chiare differenze tra le personeobese con BED e senza BED: le prime mostranoun maggiore introito calorico durante le abbuffate,una maggiore psicopatologia alimentare (abitudinialimentari caotiche, abbuffate legate a fattori emo-zionali) e un più alto tasso di comorbidità psi-chiatrica, soprattutto di sindromi depressive. Il discontrollo dell’alimentazione presente nelBED viene spesso descritto dagli esperti come un“equivalente” depressivo, legato più a una difficoltànel gestire le emozioni e gli impulsi che non a unbisogno di controllo del peso e della forma delcorpo, che è tipico invece dell’anoressia nervosa edella bulimia nervosa. Se il controllo è il temadominante nell’anoressia nervosa e nella bulimianervosa, nei pazienti con BED prevale il sensodi inadeguatezza e di impotenza. Un tratto am-piamente diffuso tra i pazienti con BED è la bassaautostima, con tendenza all’umore depresso. Avere

Tabella 1.1 Termini utilizzati per descrivere la psicopatologia dei disturbi dell’alimentazione (continua)

• Sovrappeso: indice di massa corporea compreso tra 25,0 kg/m2 e 29,9 kg/m2

• Obesità: indice di massa corporea superiore a 29,9 kg/m2 (massa grassa superiore al 25% del peso nell’uomo o al 35% nella donna)• Sintomi da malnutrizione: sintomi fisici, psicologici e sociali che compaiono in seguito alla restrizione dietetica calorica e alla grave

perdita di peso

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una bassa stima di sé espone maggiormente allapressione ambientale verso la magrezza e quindiverso l’inizio della dieta, i cui insuccessi, associatiagli episodi di abbuffata, contribuiscono a peg-giorare ulteriormente la considerazione di sé.

Comportamenti autolesionistici

Sia l’anoressia nervosa sia la bulimia nervosa sonocaratterizzate da un rapporto conflittuale con ilcorpo. Nel corpo si focalizzano il perfezionismo eil bisogno di controllo, all’interno di un ideale dibellezza e magrezza, ma il corpo può essere ancheoggetto di pratiche autolesionistiche dirette e indi-rette. I comportamenti autolesionistici non suicidari

possono essere raggruppati in due dimensioni: • una dimensione impulsiva, che include com-

portamenti episodici come il tagliarsi o bru-ciarsi la pelle, lo sbattere la testa o il pugnocontro il muro;

• una dimensione compulsiva, che raggruppacomportamenti in genere ripetuti come il man-giarsi le unghie o lo strapparsi i capelli.

Complicanze mediche

Le complicanze mediche in corso di anoressia

nervosa, bulimia nervosa e BED sono relativa-

mente frequenti (Tabella 1.2). Esse possono rap-presentare la conseguenza:

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Tabella 1.2 Complicanze mediche più comuni dei disturbi dell’alimentazione

Anoressia nervosa• Cute e annessi: cute secca e distrofica di colorito giallo-arancione (soprattutto sulla superficie palmare delle mani e plantare dei

piedi), peluria diffusa soprattutto al dorso, capelli fragili e cadenti, “segno di Russell”• Cavo orale: erosione dello smalto dentale, carie, gengiviti, ipertrofia delle ghiandole salivari• Apparato gastroenterico: reflusso gastroesofageo, esofagiti, ritardo dello svuotamento gastrico, ernia iatale, erosioni e ulcere esofagee,

epatomegalia, steatosi epatica, stipsi, emorroidi, prolasso rettale• Apparato cardiovascolare: bradicardia, ipotensione arteriosa, prolasso mitralico e tricuspidale, aritmie secondarie ad alterazioni

elettrolitiche, alterazioni elettrocardiografiche (riduzioni di voltaggio, allungamento del QRS e del QT, depressione dell’onda T e deltratto ST, inversione dell’onda T), riduzione del volume cardiaco (cuore a goccia)

• Apparato scheletrico: osteopenia, osteoporosi, ipotrofia muscolare, deformazioni ossee e fratture• Alterazioni metaboliche: ipoglicemia, ipotermia, disidratazione, dislipidemia, chetosi, chetonuria, iperazotemia e iperuricemia,

ipoprotidemia, alcalosi metabolica• Alterazioni elettrolitiche: ipocloremia, ipopotassiemia, iponatremia, ipomagnesemia, ipofosfatemia• Alterazioni ematologiche: anemia da carenza di vitamina B12 e/o ferro• Apparato endocrino: amenorrea, ipotiroidismo, ipercortisolemia, aumento dell’ormone della crescita, riduzione della leptina, aumento

della grelina

Bulimia nervosa• Cute e annessi: cute secca e distrofica, “segno di Russell”, petecchie peripalpebrali, emorragie congiuntivali, arrossamenti e ulcerazioni

periorali• Cavo orale: erosione dello smalto dentale, carie, gengiviti, ipertrofia delle ghiandole salivari• Apparato gastroenterico: gastriti, esofagiti, erosioni e ulcere esofagee, infiammazioni del colon, epatomegalia, steatosi epatica• Alterazioni elettrolitiche: ipopotassiemia• Apparato cardiovascolare: bradicardia, ipotensione arteriosa, aritmie cardiache

BED• Alterazioni metaboliche: obesità, diabete mellito di tipo 2, dislipidemia• Apparato cardiovascolare: ipertensione arteriosa, placche aterosclerotiche, dilatazioni venose agli arti inferiori• Apparato respiratorio: insufficienza respiratoria, dispnea notturna• Apparato osteoarticolare: lesioni cartilaginee agli arti inferiori, lesioni artrosiche diffuse• Apparato gastroenterico: sfiancamento delle pareti gastriche, calcolosi della colecisti, epatomegalia

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• della malnutrizione, con alimentazione carentesia in qualità sia in quantità di nutrienti;

• dell’eccesso di assunzione di cibo, in particolaregrassi e carboidrati semplici e complessi (nelBED);

• della presenza di comportamenti di elimina-zione, in particolare vomito autoindotto, usoimproprio di lassativi e/o diuretici;

• di un’esagerata attività fisica. Le complicanze mediche possono interessaretutti gli organi e apparati. In particolare, le con-seguenze della malnutrizione riguardano il sistemacardiocircolatorio, il sistema emopoietico e im-munitario, il sistema endocrino e metabolico, ilsistema nervoso, il rene, il sistema osteoscheletrico,il sistema muscolare, la cute e annessi, l’apparatogastroenterico, il fegato e il pancreas, il sistema

respiratorio. Le conseguenze dei comportamentidi eliminazione, invece, interessano per lo piùl’apparato gastroenterico, gli elettroliti e i fluidicorporei, la funzionalità renale, l’apparato osteo-muscolare, l’apparato respiratorio. I danni fisicipossono compromettere in modo marcato la qua-lità di vita delle persone e, in alcuni casi, metternea rischio la sopravvivenza. In genere, la frequenzae la gravità delle complicanze mediche sono di-rettamente in rapporto con l’intensità e la duratadel disturbo dell’alimentazione e, nella maggiorparte dei casi, si risolvono dopo il ristabilimentodi adeguate abitudini alimentari e/o il recuperodi un normale peso corporeo. La presenza di complicanze mediche può dareorigine a vari segni e sintomi, elencati nella Tabella1.3.

Tabella 1.3 Principali segni e sintomi delle complicanze mediche dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa

Segni Sintomi

Anoressia nervosaIpotermia AmenorreaBradicardia (< 60 battiti al minuto) Fatica da sforzoIpotensione (pressione sistolica < 90 mmHg) DebolezzaPelle secca CapogiriCapelli fragili Dolori addominaliUnghie fragili PoliuriaPerdita di capelli Intolleranza al freddoPelle giallo-arancione (specialmente ai palmi delle mani e alle piante dei piedi) StipsiLanugo (peluria) PolidipsiaEdema (alle caviglie, intorno agli occhi)Murmure cardiaco (per prolasso della mitrale)

Bulimia nervosaCallosità sul dorso delle mani (“segno di Russell”) Mestruazioni irregolariIpertrofia delle ghiandole salivari Palpitazioni cardiacheErosione dello smalto dei denti Bruciore esofageoIrritazione periorale Dolori addominaliUlcere nel cavo orale Gonfiore addominalePetecchie StanchezzaLanugo Stipsi o diarreaEmatemesi (vomitare sangue) Gonfiore delle mani e dei piediEdema (alle caviglie, intorno agli occhi) Mal di gola frequentiGonfiore addominale Denti sensibiliBattito del cuore irregolare

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Anoressia nervosa

In corso di anoressia nervosa, le alterazioni orga-niche possono interessare tutti gli organi e apparatie sono legate alla malnutrizione per difetto e aidisordini idroelettrolitici conseguenti alle condottedi eliminazione.Le principali alterazioni cui possono andare in-contro la cute e i suoi annessi sono rappresentateda cute secca e distrofica, di colore giallo-aran-cione, con peluria diffusa ma più evidente al dorso(lanugo), capelli fragili e cadenti, acne, lesioni in-fiammatorie periorali. La secchezza della pelle èl’alterazione più frequente e può essere generaliz-zata o localizzata prevalentemente alle braccia ealla schiena. La lanugo è seconda in ordine di fre-quenza ed è tipica dell’anoressia nervosa, in quantonon si riscontra in altre forme di malnutrizioneper difetto o digiuno prolungato; i soggetti piùgiovani ne sono maggiormente interessati. Ancheil colorito giallo-arancione della pelle è tipico del-l’anoressia nervosa ed è soprattutto dovuto all’ac-cumulo di carotene contenuto nei vegetali (es.carote, zucca), che alcune persone con anoressianervosa mangiano in abbondanza per il loro bassocontenuto calorico. Meno frequentemente pos-sono essere presenti edema, localizzato agli artiinferiori o diffuso, ed enfisema sottocutaneo alcollo (presente solo nella forma con vomito auto -indotto). Può comparire il “segno di Russell”, ca-ratterizzato prima da arrossamento ed erosionecutanea e poi da callosità delle nocche delle mani,tutti segni legati allo sfregamento praticato sullazona dai denti e dal palato durante il tentativo diprovocare il vomito mediante introduzione dellamano nel cavo orale. Tale alterazione è dunquetipica delle forme con vomito autoindotto e neicasi in cui la malattia viene negata la sua presenzapuò fare sorgere nel medico il sospetto diagnostico. A livello orale vi possono essere erosione dello

smalto dentale, carie, gengiviti, ipertrofia delleghiandole salivari, in genere secondarie al vomitoautoindotto. L’erosione dello smalto dentale ri-guarda tipicamente la superficie interna dei dentied è dovuta principalmente al contatto con i suc-chi acidi rigurgitati con il vomito. A livello del-l’apparato gastroenterico possono verificarsi (se-condariamente al vomito) reflusso esofageo, eso-fagiti, erosioni e ulcere esofagee con rischio diperforazione, ernia iatale. A seguito dello sforzodel vomito si può arrivare all’ematemesi (emissionedi sangue con il vomito). Più frequentemente, laparete gastrica può diventare atrofica-atonica, conritardo nello svuotamento dello stomaco, e ciò ècausa della sensazione di ripienezza che i pazientiavvertono in seguito all’ingestione anche di piccolequantità di cibo quando riprendono ad alimen-tarsi, la qual cosa ostacola il processo di rialimen-tazione. Possono esserci compromissione dellafunzionalità epatica, epatomegalia e steatosi epa-tica. Nelle forme con malnutrizione acuta per di-fetto si può riscontrare un aumento degli enzimiepatici (cosiddetta epatopatia da digiuno). Possonoessere presenti stipsi (dovuta a un diminuito fun-zionamento del colon a seguito della riduzionedell’introito di cibo), lesioni coliche infiammato-rie, melanosi da uso improprio di lassativi antra-chinonici, o atrofia e ulcerazioni superficiali dellamucosa intestinale, tutte lesioni secondarie all’usoimproprio di lassativi. Come conseguenza dellastipsi possono aversi megacolon, ectasia del plessoemorroidario e prolasso rettale. È stata anche ri-portata una sindrome dell’arteria mesenterica su-periore (vomito, dolore addominale e perdita dipeso), dovuta alla compressione della terza por-zione del duodeno da parte del plesso mesenterico,a seguito della perdita del pannicolo adiposo.Per quanto concerne le alterazioni cardiovasco-lari, la bradicardia sinusale (frequenza cardiaca < 60 battiti al minuto) e l’ipotensione arteriosa

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(pressione sistolica < 90 mmHg e/o pressione dia-stolica < 50 mmHg) sono le manifestazioni piùspesso e più precocemente osservate. Esse riflet-tono il risparmio energetico conseguente al dimi-nuito introito calorico. Quando la malnutrizioneper difetto perdura a lungo si può realizzare unariduzione della massa ventricolare, con diminu-zione del volume del cuore (cuore a goccia) e pro-lasso delle valvole mitrale e tricuspide, in generesenza alterazioni della funzionalità dei ventricoli.Queste anomalie si associano a riduzione dellacapacità di esercizio, ridotto innalzamento dellapressione arteriosa con l’esercizio e affaticamento.Versamenti pericardici sono anche possibili e ingenere asintomatici. Le alterazioni elettrolitiche(ipopotassiemia, ipomagnesiemia ecc.), secondariealle pratiche di compenso di tipo purgativo, pos-sono causare aritmie più o meno gravi, con even-tuale collasso cardiocircolatorio, e sono responsa-bili di alterazioni elettrocardiografiche molto ca-ratteristiche della malattia (riduzioni di voltaggio,allungamento del QRS e del QT, depressionedell’onda T e del tratto ST, inversione dell’ondaT). L’allungamento del tratto QT è l’alterazionepiù allarmante, in quanto rappresenta un fattoredi rischio per aritmie gravi e suggerisce la necessitàdi controlli elettrocardiografici ripetuti nei casicon grave perdita di peso corporeo. Tale fattoredi rischio scompare completamente con il ripri-stino di una normale alimentazione, l’abbandonodelle pratiche purgative e il recupero ponderale.A livello polmonare possono essere presentipneumotorace spontaneo ed enfisema per lo sforzodel vomito, pneumotorace mediastinico e polmo-nite ab ingestis. A livello renale si possono osservare insufficienzafunzionale, nefropatia ipopotassiemica e calcolosi(da ipercalciuria legata all’osteoporosi). A volte sipuò verificare un quadro simile al diabete insipido,con polidipsia (sete eccessiva con assunzione di

molti litri di acqua al giorno) e poliuria (eccessivaproduzione di urina). Questa condizione, chiamatapolidipsia psicogena, si differenzia dal diabete in-sipido (in cui c’è un’incapacità di concentrarel’urina per carenza dell’ormone antidiuretico) per-ché la prova di assetamento produce un aumentodella concentrazione delle urine. Può accadere chel’acqua sia bevuta in eccesso allo scopo di ottenereun peso più elevato in occasione di un controlloclinico (in rari casi è stata osservata un’intossica-zione acuta da acqua, con una notevole iponatre-mia e comparsa di crisi epilettiche, fino al coma). Le alterazioni metaboliche includono ipoglice-mia, iper- o ipo-colesterolemia, chetosi e cheto-nuria da catabolismo adiposo, iperazotemia e ipe-ruricemia da catabolismo proteico, iponatremia eipoproteinemia con riduzione dei livelli plasmaticidi alcuni aminoacidi (in particolare triptofano),aumento del bicarbonato ematico. Vi sono spessoipozinchemia (che può causare alterazioni nellapercezione del gusto), ipocloremia, ipopotassiemia,ipocalcemia, alcalosi metabolica, ipofosfatemia,ipomagnesemia. L’azotemia, la creatininemia, laconcentrazione delle proteine totali e dell’albuminanel plasma possono essere leggermente elevate perla disidratazione. La bilirubina totale e le transa-minasi possono essere aumentate per la disfunzioneepatica, così come la lipasemia e l’amilasemia. In-fine, si riduce il metabolismo basale, cioè il con-sumo di energia a riposo, che si normalizza soltantocon il recupero del peso corporeo.Le alterazioni ematologiche sono secondarie aipoplasia del midollo osseo, con trasformazione ge-latinosa e necrosi cellulare del medesimo. Esse pos-sono includere anemia normocitica-normocromica,anemia macrocitica da deficit di vitamina B12, ane-mia microcitica e ipocromica ferropriva, leucopeniacon riduzione di neutrofili e linfocitosi, tromboci-topenia, riduzione della ferritina. Nelle formeestreme di malnutrizione può aversi linfocitopenia.

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A livello dell’apparato scheletrico comparespesso osteopenia all’inizio della malattia, seguitada osteoporosi, con conseguente rischio di defor-mazioni ossee e fratture. Ciò si deve sia a una di-minuzione della formazione ossea sia a un au-mento del riassorbimento osseo (conseguente, tral’altro, alla carenza estrogenica e alla riduzionedella massa muscolare). È stato riportato che circail 40% dei pazienti con anoressia nervosa va in-contro a osteoporosi e il 90% a osteopenia. Il ri-schio di osteoporosi è elevato se si raggiunge unindice di massa corporea inferiore a 15 kg/m2, sel’amenorrea dura da più di 6 mesi o se la perditadi peso avviene in giovane età, quando la massascheletrica non è ancora completamente formata.Le fratture più frequenti sono a carico del femore,delle vertebre, delle coste e dello sterno; esse sonotalvolta così gravi da causare una condizione diinvalidità permanente. Quando l’anoressia nervosaha inizio nel periodo infantile o peripuberale, puòverificarsi un arresto temporaneo o irreversibiledella crescita staturale. L’apparato muscolare ri-vela ipotrofia e miopatia primitiva, con localizza-zione prevalente ai cingoli scapolare e pelvico. Le indagini strumentali cerebrali hanno messoin luce, in alcuni casi, un ampliamento degli spaziextracorticali e dei ventricoli cerebrali e un ipo-metabolismo dei nuclei caudati e delle aree frontaliinferiori. Perifericamente, è spesso presente poli-neurite da deficit di vitamina B12 e/o di tiamina,che causa dolore e può compromettere la deam-bulazione. Le alterazioni endocrine sono estese pratica-mente a tutte le ghiandole. La manifestazione piùprecoce e più frequente nelle donne che hannogià avuto il menarca è rappresentata dall’amenor-rea, che, in genere, insorge quando il peso corpo-reo scende al di sotto di un valore critico per ognidonna, per poi risolversi spontaneamente, nellamaggior parte dei casi, quando il peso ritorna al

di sopra di detto valore. L’amenorrea è secondariaa un’ipofunzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-go-nadi, caratterizzata da deficit di secrezione del go-nadotropin-releasing-hormone, degli ormoni folli-colo-stimolante (follicle-stimulating hormone, FSH)e luteinizzante (luteinizing hormone, LH), degliestrogeni e del progesterone ovarici, con mancatarisposta alle stimolazioni e assenza di ovulazione.Essa rappresenta un meccanismo di adattamentovolto a ridurre il consumo di energia e a impedirel’insorgere di una gravidanza in condizioni in cuinon vi sono adeguate riserve energetiche né suffi-ciente introito calorico che possano garantire lafunzionalità riproduttiva. Nei maschi, l’ipogona-dismo si può manifestare con riduzione dei livellidi testosterone e/o ridotta produzione e vitalitàdegli spermatozoi. Anche l’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide è precocemente interessato dalla malattia.Si hanno una ridotta secrezione di ormone di ri-lascio della tireotropina (thyrotropin releasing hor-mone, TRH), una normale o ridotta secrezione diormone tireotropo (thyroid stimulating hormone,TSH) e una ridotta secrezione di triiodotironina,con sintesi preferenziale della forma inattiva (re-verse T3), mentre è in genere conservata la secre-zione di tiroxina. La ridotta attività tiroidea ga-rantisce una riduzione del consumo energeticobasale in condizioni di ridotto introito calorico, èresponsabile dell’ipotermia e non richiede una te-rapia ormonale sostitutiva. Il sistema ipotalamo-ipofisi-surrene può presentare eccesso di secrezioneipotalamica dell’ormone di rilascio della cortico-tropina (corticotropin releasing hormone, CRH),ipersecrezione surrenalica di cortisolo, rispostaesagerata alla stimolazione con CRH o con or-mone adrenocorticotropo (adrenocorticotropic hor-mone, ACTH), risposta assente all’inibizione condesametasone. Gli androgeni surrenalici, in par-ticolare androsterone e deidroepiandrosterone,sono anch’essi aumentati, iper-rispondenti alla

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stimolazione con ACTH e non inibiti dal desa-metasone. In genere, queste alterazioni non hannosignificato clinico, in quanto non si accompa-gnano ai segni tipici delle condizioni di ipercorti-cosurrenalismo, come il morbo di Cushing. Lasecrezione di ormone della crescita (growth hor-mone, GH) è nettamente aumentata, mentre è ri-dotta la secrezione della somatomedina, effettoredell’azione del GH: ciò spiega perché nei pazienticon anoressia nervosa non compaiono i segni cli-nici del gigantismo o dell’acromegalia, che si os-servano appunto quando vi è un’aumentata pro-duzione di GH. La secrezione di prolattina è nor-male o ridotta. Sono state riportate, infine, nu-merose alterazioni a carico di ormoni e fattoriproteici responsabili della regolazione della famee sazietà (leptina, grelina, peptide YY ecc.), il cuisignificato nella fisiopatologia dell’anoressia ner-vosa non è ancora del tutto chiaro.Le giovani donne che hanno sofferto di ano-

ressia nervosa sembrano avere maggiori diffi-

coltà al concepimento e un tasso di maternitàpari al 70% delle donne sane. Le donne con di-sturbi dell’alimentazione possono presentare piùspesso complicanze perinatali e sembrano esserepiù a rischio di depressione postpartum. Con la ripresa di una corretta e sana alimenta-

zione e con l’abbandono delle condotte di com-

penso, la quasi totalità delle complicanze me-

diche sopra citate si risolve. Tuttavia, alcune diesse tendono a permanere anche a guarigione av-venuta. Tra queste il “segno di Russell”, le altera-zioni dentarie e l’ipertrofia delle ghiandole salivarinella forma con vomito autoindotto, l’atonia-atro-fia e il ritardo di svuotamento gastrici, l’osteopo-rosi e le deformazioni ossee, il blocco della crescitastaturale. Di particolare importanza per gli operatori sanitariche si occupano di anoressia nervosa sono le com-plicanze legate alla rialimentazione, che possono

essere molto gravi e potenzialmente mortali. Inparticolare, la sindrome da rialimentazione (refeed -ing syndrome) si presenta quando il paziente mal-nutrito è sottoposto a una rapida reintroduzionedi liquidi e nutrienti attraverso la via naturale o lanutrizione artificiale. Nella maggior parte dei casile manifestazioni della sindrome sono lievi (es. unedema transitorio ai piedi e alle gambe), ma in al-cuni casi possono aversi complicanze gravi, comealterazioni del tratto QT dell’elettrocardiogramma,ipofosfatemia, astenia, stato confusionale, disfun-zione neuromuscolare progressiva e collasso car-diocircolatorio, che richiedono cure mediche im-mediate. Il collasso cardiocircolatorio si verificaper due meccanismi principali: • il cuore, a causa della riduzione della massa

muscolare cardiaca conseguente alla perdita dipeso, può essere inadatto ad affrontare il rapidoincremento del volume del sangue che avvienecon la rialimentazione, e questo può causareuno scompenso cardiaco;

• il carico di glucosio associato con la rialimen-tazione stimola la secrezione di insulina, cheaumenta il trasporto di fosfati e potassio al-l’interno delle cellule; ai bassi livelli di fosfatoconsegue una diminuzione dell’adenosina tri-fosfato (ATP), che determina una riduzionedella capacità contrattile del cuore e aumentail rischio di scompenso cardiaco.

Il rischio di sviluppare la refeeding syndrome è

direttamente correlato all’entità della perdita

di peso e alla rapidità del processo di recupero

del peso. In particolare, il rischio è elevato quandol’indice di massa corporea è inferiore a 16 kg/m2,si è avuta una perdita di peso non intenzionalemaggiore del 15% del peso iniziale negli ultimi3-6 mesi, c’è stato uno scarso o assente introitoalimentare per più di 10 giorni e ci sono bassi li-velli di potassiemia, fosfatemia o magnesemiaprima della rialimentazione. In generale, un pa-

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ziente che pesa meno del 70% del suo peso idealedeve essere sempre ricoverato nella fase inizialedel recupero nutrizionale, in particolare se l’in-troito nutrizionale è stato inferiore al 25% delfabbisogno nei 5-10 giorni precedenti. I pazientisono ad alto rischio di refeeding syndrome special-mente nelle prime 2 settimane del trattamento dirialimentazione e di recupero del peso. Il rischiosi riduce nelle successive settimane.La sindrome può essere prevenuta pianificando ilrecupero nutrizionale con un introito caloricostrettamente corrispondente alla spesa energetica,evitando un rapido incremento dell’introito ca-lorico giornaliero e instaurando un monitoraggioattento dal punto di vista sia clinico sia biochi-mico, con particolare riguardo alle alterazioni elet-trolitiche e alle complicanze cardiovascolari e pol-monari. Le carenze elettrolitiche devono esserecorrette prima di instaurare il piano di rialimen-tazione, il che normalmente richiede dalle 12 alle24 ore. I seguenti accorgimenti devono esseremessi in atto per prevenire la sindrome: • se disponibile, l’equipe nutrizionale deve essere

consultata per definire i fabbisogni caloricigiornalieri del paziente;

• deve essere elaborato un protocollo standardper rialimentare il paziente, inclusa la limita-zione dell’introito di sodio e liquidi;

• la quantità di calorie dovrebbe partire da 20-25kcal/kg/die ed essere incrementata di 300-400kcal ogni 3 giorni, con un obiettivo di recuperodel peso limitato a 1-1,5 kg a settimana;

• i segni vitali e il peso dovrebbero essere moni-torati ogni giorno;

• l’esame obiettivo dovrebbe prestare particolareattenzione alle funzioni cardiovascolari e pol-monari e alla ricerca di eventuali edemi (unincremento della frequenza cardiaca, per esem-pio, può indicare un sovraccarico cardiaco edè un indicatore di inizio della sindrome).

Bulimia nervosa

Le alterazioni organiche che possono verificarsinella bulimia nervosa sono meno imponenti diquelle dell’anoressia nervosa, ma spesso ne rical-cano alcuni aspetti. Esse sono dovute al deficit dialcuni nutrienti conseguente all’alimentazione sbi-lanciata e al vomito autoindotto e alla perdita disali e liquidi in seguito alle condotte di elimina-zione. A livello cutaneo, come nel caso dell’anoressianervosa, la manifestazione più frequentemente ri-scontrabile è la secchezza della pelle, seguita dal-l’acne, dall’alopecia e dalla lanugo. Si può osservareil “segno di Russell” sulle nocche delle mani.Quando il vomito autoindotto è frequente, si pos-sono verificare arrossamenti e ulcerazioni nelle re-gioni periorali, dovute ai succhi acidi rigurgitati.Più raramente si verificano petecchie peripalpe-brali, emorragie congiuntivali e/o enfisema sot-tocutaneo a livello del collo, legati allo sforzo delvomito. A carico del sistema orogastroenterico le alte-razioni più frequenti sono l’erosione dello smaltodentale, le carie dentali, le gengiviti irritative el’ipertrofia delle ghiandole salivari. Quando lamalattia è più avanzata, si possono avere: esofagiti,erosioni, ulcere e rotture dell’esofago; gastriti,sfiancamento delle pareti gastriche da eccesso dicibo; infiammazioni coliche, melanosi colica dauso improprio di lassativi antrachinonici. Sono avolte presenti epatomegalia e steatosi epatica, di-latazione dei dotti pancreatici, riduzione della se-crezione stimolata degli enzimi pancreatici, pan-creatiti da ristagno duodenale con reflusso duo-deno-pancreatico.Le complicanze cardiovascolari sono essenzial-mente quelle descritte per l’anoressia nervosa, se-condarie agli squilibri elettrolitici che si possonoverificare in seguito al vomito autoindotto ripetuto

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e alle pratiche di eliminazione. La frequenza e lagravità di queste manifestazioni aumenta in rap-porto all’entità dei comportamenti di eliminazione.A carico dell’apparato respiratorio si possonoosservare pneumotorace spontaneo, enfisema epolmonite ab ingestis legati allo sforzo del vomitoautoindotto. A livello metabolico possono esserepresenti ipercolesterolemia e/o iperinsulinemia le-gate all’eccessiva introduzione di cibi ricchi digrassi e zuccheri. Le alterazioni ormonali sono molto meno fre-quenti e imponenti che nell’anoressia nervosa. Acarico dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene può es-servi sporadicamente ipercortisolemia e aumentatasecrezione di deidroepiandrosterone surrenalico.La funzionalità ipotalamo-ipofiso-gonadica è ingenere ben conservata, osservandosi solo nelleforme con comportamenti di eliminazione piùgravi una ridotta secrezione di FSH, LH, estrogenie progesterone e deficit ovulatorio, con eventualeamenorrea o dismenorrea, anche se il peso corpo-reo è normale. La funzionalità tiroidea è in genereben conservata. La secrezione di GH e somato-medina è normale. I livelli di prolattina sono nor-mali o diminuiti. Alcune delle alterazioni sopra riportate possonoperdurare dopo la guarigione della malattia. Esseincludono il “segno di Russell”, le alterazioni den-tarie, l’ipertrofia delle ghiandole salivari, l’aumentodella capacità gastrica, gli esiti delle rotture esofagee.

BED

Le alterazioni organiche in corso di BED sonodovute all’eccesso di peso associato al disturbo

dell’alimentazione. Esse coinvolgono prevalen-temente l’apparato cardiovascolare, come conse-guenza dell’eccesso di massa grassa, in particolarese questa è distribuita prevalentemente in sede vi-scerale, e della derivante ipertensione arteriosa,

con rischio di sfiancamento cardiaco, dilatazionivenose e varicosità agli arti inferiori e placche scle-rotiche a livello arterioso. Vi possono essere apnea ostruttiva notturna e in-sufficienza respiratoria. A livello osteoarticolarepossono essere presenti lesioni cartilaginee, in par-ticolare degli arti inferiori, e lesioni artrosiche dif-fuse da sovraccarico. A carico dell’apparato ga-stroenterico può essere presente sfiancamento dellepareti gastriche da eccessiva introduzione di cibo,calcolosi della colecisti, steatosi epatica ed epato-megalia. Dal punto di vista metabolico, si riscon-tra spesso diabete mellito di tipo 2 (inizialmentecon iperinsulinemia e in seguito con deficit di in-sulina) e dislipidemia. L’eccesso di massa grassa,soprattutto se associato a una massa magra insuf-ficiente, può comportare disabilità nelle attivitàdella vita quotidiana. Le complicanze a medio e lungo termine sono le-gate al persistere dell’obesità: malattie cardiova-scolari (ipertensione arteriosa, cardiopatia ische-mica, accidenti cerebrovascolari), malattie disme-taboliche (diabete mellito di tipo 2), patologieosteoarticolari (processi artrosici, in particolare alivello della colonna vertebrale, delle anche e delleginocchia), disabilità nelle attività della vita quo-tidiana.

Patologie mediche generali coesistenti

Diabete di tipo 1

Il diabete di tipo 1 (insulino-dipendente) puòcoesistere con il disturbo dell’alimentazione ecomplicarne il trattamento. Alcuni pazienti, in-fatti, riducono la dose di insulina per eliminareglucosio nelle urine e controllare il peso corporeo.Tali pazienti si espongono al rischio del coma dia-betico e, a lungo termine, di tutte le gravi com-plicanze del diabete, tra cui la retinopatia. D’altro

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canto, la presenza del diabete può ostacolare iltrattamento del disturbo dell’alimentazione,perché la fame indotta dall’iniezione di insulinapuò rendere particolarmente difficile resistere al-l’impulso di mangiare e di adottare un’alimenta-zione regolare. In questi casi è fondamentale in-staurare una stretta collaborazione tra l’equipespecialistica che tratta il disturbo dell’alimenta-zione e quella che gestisce il diabete e le sue com-plicanze.

Altre patologie mediche generali

Le interazioni tra i disturbi dell’alimentazione ealtre patologie mediche, come il morbo celiaco,la sindrome dell’intestino irritabile, le intolleranzeo allergie alimentari, sono in genere meno marcatee nocive di quelle descritte per il diabete di tipo1. Comunque, anche in questi casi è necessariauna stretta collaborazione tra l’equipe specialisticache tratta il disturbo dell’alimentazione e quellache gestisce la condizione medica coesistente.

Funzionamento sociale e familiare

Le persone con disturbi dell’alimentazione tendonoa trascurare la rete dei rapporti sociali, concen-trando la propria attenzione su attività volte a per-seguire il controllo del peso e della forma del corpo,comprese le attività fisiche solitarie prolungate, fi-nalizzate a consumare energia. Queste personespesso evitano gli inviti a pranzo o a cena di parentie amici, per la paura di perdere il controllo e man-giare in eccesso, o di essere osservate dagli altri.Quando è presente una grave perdita di peso cor-poreo, di solito si osserva un completo isolamentosociale, per la perdita di ogni interesse per i contatticon gli altri, compreso l’interesse sessuale.Per quanto riguarda la carriera scolastica e lavo-rativa, nelle fasi iniziali del disturbo dell’alimen-

tazione è frequente un eccessivo impegno scola-stico e lavorativo, strettamente legato al perfezio-nismo, che non lascia tempo ad altre attività dinatura interpersonale e ludica. In questa fase que-ste persone possono avere un ottimo profitto sco-lastico o lavorativo ma, pur ricevendo le lodi degliinsegnanti o dei datori di lavoro, raramente sonosoddisfatte delle loro prestazioni e appaiono moltosensibili anche al minimo fallimento dei loroobiettivi. Con il progredire del disturbo dell’ali-mentazione, soprattutto se interviene una marcataperdita di peso, è comune la comparsa di diffi-coltà di concentrazione, attenzione e compren-

sione. A volte, l’elevata frequenza delle abbuffatee del vomito autoindotto o l’eccessivo tempo de-dicato all’esercizio fisico impediscono lo svolgi-mento di qualsiasi altra attività e riducono note-volmente le prestazioni scolastiche. In alcune per-sone con bulimia nervosa, l’uso di alcool o dialtre sostanze e l’impulsività possono facilitarecambiamenti negativi nelle abitudini di vita, comela promiscuità sessuale e i comportamenti tra-sgressivi. Nei disturbi gravi e di lunga durata siriscontrano notevoli difficoltà scolastiche, chepossono portare all’abbandono degli studi. Neipazienti adulti possono esserci notevoli problemia intraprendere o a mantenere un’attività lavo-

rativa.Le persone con disturbi dell’alimentazione, all’ini-zio della loro malattia, appaiono a volte compia-centi e manipolative nei confronti dei familiari, alfine di non essere ostacolate nei loro comporta-menti volti al controllo del peso e della forma delcorpo. Esse possono impegnarsi nella preparazionedei pasti e mostrano interesse e disponibilità perle varie attività della famiglia. Con il tempo, però,quando i familiari acquistano consapevolezza dellaloro malattia e cercano di correggere i loro com-portamenti inadeguati, esse diventano spesso estre-mamente oppositive. Il momento più difficile si

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verifica a tavola, dove spesso la persona è sottopostaa un’attenta osservazione e in genere non tollera le“interferenze” dei genitori. A volte il disturbo del-l’alimentazione altera sostanzialmente le abitudinifamiliari e la persona mangia da sola, dedicandomolto tempo a realizzare i suoi complessi ritualialimentari. La vita dell’intera famiglia si caratterizzafrequentemente per un progressivo isolamento so-ciale, con evitamento dei contatti con i parenti egli amici, per una sorta di “vergogna” in rapportoalla malattia o per evitare occasioni di tensioni elitigi. Nelle famiglie dei pazienti con comporta-menti bulimici si possono determinare tensioniper la scomparsa di notevoli quantità di cibo dalladispensa, per le maggiori spese e per i tentativi dicontrollo che i familiari possono mettere in atto;tutto ciò dà origine a un’atmosfera di sospetto e direcriminazione.

Decorso ed esiti

Si parla di remissione quando la persona non sod-disfa più i criteri diagnostici per un disturbo del-l’alimentazione, non ha avuto episodi di digiuno,di abbuffate o purgativi negli ultimi 3 mesi e haun indice di massa corporea di almeno 18,5 kg/m2.

Anoressia nervosa

Nell’anoressia nervosa, il tasso di remissione èdel 20-30% dopo 2-4 anni dall’esordio e del70-80% dopo 8 o più anni. Nel 10-20% dei casisi sviluppa una condizione cronica che persisteper l’intera vita, danneggiando gravemente il fun-zionamento interpersonale e la carriera scolasticao lavorativa. Fattori prognostici favorevoli sonola giovane età e la breve durata del disturbo, men-tre fattori prognostici sfavorevoli sono la presenzadi problematiche mediche o psichiatriche coesi-stenti. Circa il 30% dei pazienti presenta un vi-

raggio verso la bulimia nervosa o un disturbo del-l’alimentazione non altrimenti specificato, di solitoentro i primi 5 anni dall’esordio della malattia.Il rischio di morte per una persona con dia-

gnosi di anoressia nervosa è 5-10 volte maggiore

di quello dei soggetti sani della stessa età e

sesso. Il suicidio costituisce circa il 20% di tuttele cause di morte, mentre le complicanze medicheacute e croniche (soprattutto le infezioni, la de-plezione di proteine e le alterazioni elettrolitiche)sono le cause più frequenti. Una maggiore età almomento della diagnosi sembra essere uno deiprincipali predittori di mortalità, assieme a unpeso estremamente basso e alla presenza di pro-blemi di alcolismo o diabete. La diagnosi di ano-ressia nervosa risulta maggiormente associata alrischio di suicidio rispetto alla diagnosi di bulimianervosa o di un disturbo dell’alimentazione nonaltrimenti specificato.

Bulimia nervosa

Nella bulimia nervosa, il tasso di remissione è dicirca il 27% a un anno dall’esordio e di oltre il70% dopo 10 o più anni. Circa il 23% dei pazientiha un decorso cronico protratto. Il passaggio dallabulimia nervosa all’anoressia nervosa è raro, men-tre il viraggio verso un disturbo dell’alimentazionenon altrimenti specificato avviene in circa il 20%dei casi. Quando il disturbo persiste negli anni,danneggia gravemente le relazioni sociali e la car-riera scolastica o lavorativa. La prognosi sembraessere peggiore quando si associano obesità, bassaautostima e disturbi di personalità.

BED

Nel BED, i dati di follow-up sono controversi:alcuni studi mostrano alti tassi di remissione, an-che a breve termine, facendo pensare a un mi-

Epidemiologia, eziopatogenesi e caratteristiche cliniche dei disturbi dell’alimentazione 1

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glioramento più rapido dei sintomi rispetto aicasi di anoressia nervosa e bulimia nervosa, mentrealtri mostrano tassi di remissione simili a quelli

della bulimia nervosa. I pazienti con BED pre-sentano raramente un viraggio verso l’anoressianervosa o la bulimia nervosa.

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Messaggi chiave

• I disturbi dell’alimentazione sono uno dei problemi di salute più comuni negli adolescenti e nei gio-vani adulti dei Paesi occidentali.

• Solo una minoranza delle persone affette da questi disturbi riceve una diagnosi e un trattamentoadeguati.

• Tutti i disturbi dell’alimentazione sono più frequenti nel sesso femminile, ma nel BED il rapporto trai sessi è meno squilibrato.

• L’età di esordio è in genere compresa tra i 15 e i 19 anni nell’anoressia nervosa e nella bulimia ner-vosa, mentre nel BED essa è distribuita in un ampio intervallo (dall’infanzia alla terza età).

• Nell’eziologia dei disturbi dell’alimentazione intervengono vari fattori, sia genetici sia ambientali. • Alcune caratteristiche di personalità (perfezionismo, impulsività, bisogno di controllo), la bassa auto -stima e lo stare frequentemente “a dieta” sono tra i fattori di vulnerabilità ai disturbi dell’alimen-tazione.

• L’anoressia nervosa si caratterizza per una consistente perdita di peso corporeo, un’intensa paura diingrassare anche se si è sottopeso e disturbi della propria immagine corporea.

• La bulimia nervosa si caratterizza per episodi ricorrenti di abbuffate alimentari, comportamenti dicompenso volti a evitare l’aumento di peso (vomito autoindotto, uso improprio di lassativi o diuretici,esercizio fisico eccessivo, digiuno) e una stima di sé eccessivamente influenzata dalla forma e dalpeso del corpo.

• Il BED si caratterizza per episodi ricorrenti di abbuffate alimentari senza pratiche regolari di com-penso, per cui la persona può diventare obesa.

• Le complicanze mediche dei disturbi dell’alimentazione (in particolare dell’anoressia nervosa e delBED associato a obesità) sono relativamente frequenti e possono interessare tutti gli organi e appa-rati, soprattutto nei casi di malnutrizione accentuata per difetto o eccesso. La maggior parte di que-ste complicanze regredisce con la ripresa di una regolare alimentazione e/o il recupero di un normalepeso corporeo.

• Nei disturbi dell’alimentazione gravi e di lunga durata si osservano notevoli difficoltà interpersonali,scolastiche e lavorative ed è frequente l’associazione di altre patologie psichiatriche.

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2. Rapporti tra i disturbi dell’alimentazione e l’obesità

è comune nelle persone affette da disturbo da ali-mentazione incontrollata (binge-eating disorder,BED), ma occasionalmente si osserva anche inquelle che soffrono di bulimia nervosa. L’obesitàpuò precedere la comparsa del disturbo dell’ali-mentazione o essere la conseguenza degli episodibulimici. I disturbi dell’alimentazione e l’obesità,quando coesistono, tendono a interagire negati-vamente tra loro e a rendere più difficile il tratta-mento.L’obesità può rappresentare un fattore di rischio

per lo sviluppo di un disturbo dell’alimenta-

zione, soprattutto di tipo bulimico, attraverso al-meno tre differenti meccanismi. Il primo è rappresentato dalla restrizione dietetica,a cui le persone obese si sottopongono nel tenta-tivo di ridurre il peso in eccesso. Lo stare a dietae la conseguente restrizione calorica cronica, in-fatti, possono avere un effetto destabilizzante sul-l’umore, che porta a irritabilità, ansia e depres-sione. Pertanto, possono verificarsi abbuffate ali-mentari nel tentativo di alleviare, con la gratifica-zione correlata all’ingestione di cibo, gli statid’animo legati alla deprivazione calorica. In secondo luogo, le persone con obesità sonooggetto di pregiudizi sociali, anche perché rite-nute responsabili della loro condizione, e possonosubire varie forme di discriminazione. Questa stig-

L’obesità è una patologia cronica dovuta a unosquilibrio fra introito calorico (assunzione di cibo)e spesa energetica (metabolismo basale, attivitàfisica e termogenesi), con conseguente accumulodell’eccesso di calorie in forma di trigliceridi neidepositi di tessuto adiposo (vedi il Quaderno delMinistero della Salute sull’obesità e il diabete mel-lito, www.quadernidellasalute.it). Essa si associa a un rischio aumentato di variemalattie (tra cui la sindrome metabolica, il diabetemellito di tipo 2, l’ipertensione arteriosa, la sin-drome delle apnee ostruttive notturne, la steatosiepatica non alcolica, l’osteoartrosi e diverse neo-plasie) e a una ridotta aspettativa di vita (in media,si ha una riduzione di 7 anni nell’obesità acquisitain età adulta). Si parla di obesità quando l’indice di massa cor-porea è superiore a 29,9 kg/m2 (massa grassa su-periore al 25% del peso nell’uomo o al 35% nelladonna). La diagnosi dovrebbe avvalersi di indica-tori di distribuzione adiposa, in particolare la cir-conferenza della vita (valori di tale circonferenzasuperiori a 102 cm negli uomini e 88 cm nelledonne sono considerati espressione di obesità vi-scerale e fattori di rischio cardiovascolare). L’obesità è la condizione medica generale più

comunemente osservata nei pazienti con di-

sturbi dell’alimentazione. Questa comorbidità

n. 17/22, luglio-agosto 2013

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matizzazione sociale ha un impatto negativo sullaloro autostima, generando sentimenti di colpa edi vergogna, che possono favorire l’acquisizionedi un’immagine corporea negativa e rinforzare icomportamenti di restrizione alimentare, nel futiletentativo di modificare il peso e la forma del pro-prio corpo, generando in alcuni casi un disturbodell’alimentazione. Infine, è stato ampiamente dimostrato che l’atti-vità fisica non solo ha effetti benefici sulla ridu-zione del peso corporeo, ma aumenta l’autostimae allevia la depressione e l’ansia. Pertanto, lo stiledi vita sedentario tipico delle persone con obesitàè un fattore che favorisce l’insorgenza di statid’umore disforici che, come sopra descritto, pos-sono portare alle abbuffate.La questione fondamentale, non ancora comple-tamente risolta dalla ricerca, è se le persone condisturbo dell’alimentazione e obesità coesistentepossano cercare di superare il disturbo dell’alimen-tazione e nello stesso tempo perdere peso, oppurese questi due obiettivi siano incompatibili tra loro.La risposta non è definitiva: alcuni studi suggeri-scono l’opportunità di ottenere una riduzione dellafrequenza degli episodi bulimici prima di affrontarel’obiettivo della perdita di peso, mentre altri studisembrano indicare che è possibile, almeno per ilBED, gestire contemporaneamente l’eccesso pon-derale e gli episodi bulimici. Infatti, è stato osser-vato che le persone con BED, a differenza di quellecon bulimia nervosa, hanno bassi livelli di restri-zione dietetica cognitiva (cioè, sono scarsamentemotivate a restringere l’alimentazione per control-lare il peso e la forma del corpo). La perdita dicontrollo nei confronti dell’alimentazione presentenel BED sembra essere piuttosto un equivalentedepressivo, legato più a una difficoltà nel gestirele emozioni e il controllo degli impulsi che non aun bisogno di controllo sul corpo, tipico invecedell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa.

Le ricerche più recenti hanno confermato che,nel BED, non solo una moderata restrizione die-tetica cognitiva non aumenta la frequenza degliepisodi bulimici, ma al contrario produce in mediauna loro diminuzione. Il trattamento della perditadi peso è invece controindicato nelle persone incui l’obesità coesiste con la bulimia nervosa. Que-ste persone, infatti, hanno elevati livelli di restri-zione dietetica cognitiva, che contribuiscono inmodo decisivo allo sviluppo e al mantenimentodegli episodi bulimici. In questi casi è più oppor-tuno aiutare inizialmente il paziente a controllarela propria alimentazione e poi prendere in consi-derazione la gestione del peso.I centri che si occupano dei disturbi dell’ali-

mentazione dovrebbero garantire un servizio

di consulenza ai centri di cura per l’obesità, siaper valutare eventuali indicazioni a un trattamentodi chirurgia bariatrica, sia per l’identificazione deicasi in cui è presente un disturbo dell’alimenta-zione o un altro disturbo psichiatrico che possainterferire con il trattamento dell’obesità. Quando l’obesità e i disturbi dell’alimentazionecoesistono, è indicato un trattamento da parte diun’equipe multidisciplinare che comprenda medicie altri specialisti con competenze sia per affrontarela psicopatologia del disturbo dell’alimentazionesia le complicanze mediche associate all’obesità(psichiatri, psicologi, endocrinologi, internisti, nu-trizionisti, fisiatri, chirurghi bariatrici, dietisti, fi-sioterapisti, educatori, infermieri). Gli operatoridevono avere una buona conoscenza delle rispettivecompetenze e un linguaggio condiviso, per con-sentire un’efficace interazione. È anche auspicabileche gli specialisti siano integrati in una rete assi-stenziale che possa offrire ai pazienti che non ri-spondono alla terapia ambulatoriale livelli più in-tensivi di cura, come il ricovero riabilitativo ospe-daliero o la terapia chirurgica per l’obesità.I soggetti con BED rappresentano una cospicua

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porzione (circa 34%) dei soggetti con grave obesitàcandidati alla terapia chirurgica. La diagnosi pre -operatoria di BED ha un valore predittivo nega-tivo sul risultato a lungo termine del bendaggiogastrico o del by-pass gastrico, ma non tale daescludere l’utilizzo di questi interventi. Secondoalcuni studi, la chirurgia bariatrica può facilitare

la comparsa di un disturbo dell’alimentazione,anche di tipo restrittivo. Si sottolinea la necessitàdi esplorare le problematiche attinenti alla sferapsicologica nelle persone obese con o senza BEDche richiedono un trattamento di chirurgia ba-riatrica e di seguire nel tempo queste persone an-che dal punto di vista psicologico.

Rapporti tra i disturbi dell’alimentazione e l’obesità 2

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Messaggi chiave

• L’obesità è una patologia cronica dovuta a uno squilibrio fra introito calorico e spesa energetica.• L’obesità è la condizione medica generale più comunemente osservata nei pazienti con disturbi del-l’alimentazione. È comune nelle persone affette da BED.

• L’obesità può precedere la comparsa di un disturbo dell’alimentazione (rappresentando a volte unfattore di rischio per tale sviluppo) o essere la conseguenza degli episodi bulimici.

• I disturbi dell’alimentazione e l’obesità, quando coesistono, tendono a interagire negativamentetra loro e a rendere più difficile il trattamento.

• I centri che si occupano dei disturbi dell’alimentazione dovrebbero garantire un servizio di consu-lenza ai centri di cura per l’obesità.

• Quando l’obesità e i disturbi dell’alimentazione coesistono, è indicato un trattamento da parte diun'equipe multidisciplinare che comprenda specialisti con competenze per affrontare entrambe lecondizioni, possibilmente integrati in una rete assistenziale che offra vari livelli di cura.

• La diagnosi preoperatoria di BED ha un valore predittivo negativo sugli esiti del bendaggio gastricoe del by-pass gastrico, ma non tale da escludere l’utilizzo di questi interventi.

• È necessario esplorare le problematiche attinenti alla sfera psicologica nelle persone obese con osenza BED che richiedono un trattamento di chirurgia bariatrica e seguire nel tempo queste personeanche dal punto di vista psicologico.

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3. Malnutrizione per difetto e disturbi dell’alimentazione

La malnutrizione può avere conseguenze sia fi-

siche sia psicosociali, come documentato dalMinnesota Study, condotto presso l’Università delMinnesota tra il 1944 e il 1945 allo scopo diesplorare le migliori modalità di assistenza allevittime della carestia in Europa e in Asia durantee dopo la Seconda Guerra Mondiale. La Tabella3.1 riporta le conseguenze fisiche, psicologiche esociali indotte dalla malnutrizione sperimentalenei partecipanti a detto studio.La malnutrizione comporta anche una riduzionedelle difese immunitarie, una ritardata cicatrizza-zione, un aumento del rischio di apertura delleferite chirurgiche e un’aumentata suscettibilitàalle infezioni. Essa è inoltre considerata un fattoredi rischio per le fratture ossee. Molti sintomi da malnutrizione riportati dai vo-lontari del Minnesota Study sono simili a quelliosservati nelle persone affette da anoressia nervosa.Tuttavia, negli individui che non hanno un di-sturbo dell’alimentazione, i sintomi da malnutri-zione hanno l’effetto positivo di focalizzare l’at-tenzione primariamente sulla ricerca del cibo e diprolungare l’esistenza attraverso una riduzione deldispendio energetico basale, mentre, nelle personeaffette da disturbi dell’alimentazione, le conse-guenze del sottopeso e della restrizione caloricacontribuiscono a mantenere la psicopatologia del

La malnutrizione è una condizione di altera-

zione funzionale, strutturale e di sviluppo del-

l’organismo, conseguente allo squilibrio tra

fabbisogni, introiti e utilizzo dei nutrienti, taleda comportare un eccesso di morbilità e di mor-talità o un’alterazione della qualità della vita (vediLinee Guida della Società Italiana di NutrizioneArtificiale e Metabolismo, www.sinpe.org). La malnutrizione per difetto può essere distin -ta in: • malnutrizione correlata esclusivamente a in-

sufficiente alimentazione (anoressia nervosa oanoressia senile);

• malnutrizione correlata a malattie croniche chedeterminano infiammazione cronica (neopla-sie, artrite reumatoide, obesità sarcopenica);

• malnutrizione correlata a malattie acute o aeventi traumatici, che determinano infiamma-zione acuta (infezioni maggiori, politrauma,ustioni).

La malnutrizione correlata a digiuno è la formatipica dell’anoressia nervosa ed è caratterizzata dauna riduzione della massa cellulare corporea senzauno stato infiammatorio sottostante, con parzialeintegrità del compartimento proteico viscerale edell’immunocompetenza e senza espansione deifluidi extracellulari. Segno clinico caratteristico èil calo ponderale.

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disturbo, attraverso un potenziamento del bisognodel paziente di controllare la propria alimentazione. Alcuni sintomi da malnutrizione, infatti, sonointerpretati dal paziente con disturbo dell’ali-

mentazione in modo disfunzionale, come mi-naccia al controllo alimentare (es. la fame) o comefallimento del controllo alimentare (es. il precocesenso di pienezza) o come necessità di aumentare

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Tabella 3.1 Effetti della restrizione calorica e della perdita di peso nei partecipanti al Minnesota Study

Effetti comportamentali• Pensieri ricorrenti sul cibo• Rituali alimentari (mangiare molto lentamente, tagliare il cibo in piccoli pezzi, mescolare il cibo in modo bizzarro,

ingerire cibo bollente)• Lettura di libri di cucina e collezione di ricette• Incremento del consumo di caffè, tè, spezie, gomme da masticare e acqua• Onicofagia• Incremento del fumo di sigarette• Episodi bulimici• Autolesionismo

Effetti psicologici• Alterazione della capacità di concentrazione• Scarsa capacità di insight e di giudizio critico• Preoccupazione per il cibo e l’alimentazione • Depressione• Sbalzi del tono dell’umore• Irritabilità• Rabbia• Ansia• Ossessività• Apatia • Episodi psicotici• Rigidità• Tendenza alla procrastinazione• Cambiamenti di personalità confermati dai test psicologici

Effetti sociali• Isolamento sociale• Riduzione dell’interesse sessuale

Effetti fisici• Disturbi del sonno• Vertigini• Debolezza• Dolori addominali• Disturbi gastrointestinali• Cefalea• Ipersensibilità al rumore e alla luce• Edema• Ipotermia• Riduzione della frequenza cardiaca e respiratoria• Parestesie• Diminuzione del metabolismo basale• Aumento della fame• Precoce senso di pienezza

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il controllo alimentare (es. la riduzione del meta-bolismo basale). La conseguenza di queste inter-pretazioni è spesso rappresentata dall’aumentodella restrizione calorica e dall’adozione di com-portamenti sempre più estremi di controllo delpeso e della forma del corpo. A causa di ciò, i clinici dovrebbero essere consa-pevoli che una valutazione attendibile della per-sonalità e del funzionamento psicosociale dei pa-zienti sottopeso con disturbi dell’alimentazionepuò essere effettuata solo dopo l’eliminazionedella restrizione calorica e la normalizzazione del

peso corporeo. I pazienti con disturbi dell’ali-mentazione, d’altra parte, dovrebbero essereeducati sui sintomi da malnutrizione, dal mo-mento che hanno spesso informazioni scorrettesulle loro cause, ed essere aiutati a interpretarliin modo funzionale al raggiungimento di unpeso corporeo salutare. È infatti osservazione co-mune che i pazienti con disturbi dell’alimenta-zione, se adeguatamente informati sui meccani-smi che mantengono alcuni aspetti del loro di-sturbo, tendono a ridurre gli sforzi di mantenereil sottopeso.

Malnutrizione per difetto e disturbi dell’alimentazione 3

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Messaggi chiave

• La malnutrizione è una condizione di alterazione funzionale, strutturale e di sviluppo dell’orga-nismo conseguente allo squilibrio tra fabbisogni, introito e utilizzo dei nutrienti.

• La malnutrizione per difetto può essere correlata a insufficiente alimentazione, a malattie cronicheche determinano infiammazione cronica, oppure a malattie acute o a eventi traumatici che deter-minano infiammazione acuta.

• La malnutrizione correlata a digiuno è la forma tipica dell’anoressia nervosa.• La malnutrizione può avere conseguenze sia fisiche sia psicosociali, come documentato dal Minne-

sota Study. • Alcuni sintomi da malnutrizione sono interpretati dal paziente con disturbo dell’alimentazione inmodo disfunzionale come minaccia al controllo alimentare, o fallimento di tale controllo o necessitàdi aumentare tale controllo.

• I clinici dovrebbero essere consapevoli che una valutazione attendibile della personalità e del fun-zionamento psicosociale dei pazienti sottopeso con disturbi dell’alimentazione può essere effettuatasolo dopo la normalizzazione del peso corporeo.

• I pazienti con disturbi dell’alimentazione dovrebbero essere educati sui sintomi da malnutrizione eaiutati a interpretarli in modo funzionale al raggiungimento di un peso corporeo salutare.

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4. Stili di vita nella popolazione generale: rilevanza per i disturbi dell’alimentazione

lare sul modo di alimentarsi e sui livelli di attivitàfisica. Ciò ha favorito il diffondersi dell’obesità, lacui prevalenza è aumentata in modo drammaticonei Paesi occidentali negli ultimi 20 anni.L’industria alimentare ha modificato la qualitàdegli alimenti abitualmente consumati. La sta-gionalità del cibo è stata superata e la disponibilitàdi alimenti, anche a basso costo, supera di granlunga il fabbisogno della popolazione, favorendo,attraverso l’assunzione di calorie in eccesso, l’au-mento della prevalenza dell’obesità. L’assunzione di un eccesso di calorie è favorita

anche dal frequente consumo di alimenti ad

alta densità energetica e pasti fuori casa, che

finisce spesso per squilibrare l’apporto calorico

della razione alimentare giornaliera.

Accanto a una modificazione dello stile e dellaqualità dell’alimentazione, il trasporto motoriz-zato, gli elettrodomestici e i macchinari per il la-voro hanno favorito nelle persone l’adozione diuno stile vita sedentario, caratterizzato dallo stareseduti a leggere, guardare la televisione o usare ilcomputer per buona parte del giorno, con man-canza parziale o totale di attività fisica. Questostile di vita, oltre a favorire lo sviluppo dell’obesità,è un fattore di rischio per numerose malattie cro-niche, come le malattie cardiovascolari, il diabete,l’ipertensione arteriosa, l’osteoporosi e le dislipi-

Il benessere che ha caratterizzato i Paesi occidentalinegli ultimi 50 anni ha determinato la scomparsadella maggior parte delle malattie da carenza nu-trizionale, ma ha favorito lo sviluppo di alcunemalattie croniche, come l’obesità e il diabete mel-lito di tipo 2. Lo stile di vita della popolazione generale sembraavere avuto un ruolo anche nell’aumento dell’in-cidenza dei disturbi dell’alimentazione osservatain tali Paesi a partire dagli anni Sessanta. La com-binazione di un ambiente obesogenico (che in-

duce a uno stile di vita sedentario, ma al tempo

stesso offre stimoli ripetuti al consumo di ali-

menti) con un contesto culturale fortemente

influenzato dall’industria della dieta e della

moda (che idealizza la magrezza e disprezza

l’eccesso di peso) può favorire lo sviluppo dei

disturbi dell’alimentazione.

L’ambiente obesogenico

Il processo di modernizzazione e di transizioneeconomica ha portato in molti Paesi del mondo auna progressiva industrializzazione e a un’economiabasata sul commercio all’interno di un mercatoglobale. Tale processo ha determinato notevoli mi-glioramenti nello standard di vita, ma anche alcuneconseguenze negative sullo stile di vita, in partico-

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demie che, com’è noto, sono associate a un au-mentato rischio di mortalità.

L’industria della dieta

L’espressione “industria della dieta” fa riferimentoalla produzione di strumenti, strategie, programmie qualsiasi altro mezzo che possa essere utilizzatoper perdere peso, indipendentemente dal rapportocosti-benefici. Tali opzioni vengono spesso pro-mosse attraverso messaggi stereotipati e inganne-voli, i quali danno l’impressione che sia possibileraggiungere il massimo risultato con il minimosforzo. I programmi per la perdita di peso, infatti,sono propagandati facendo riferimento a stru-menti diagnostici sofisticati o a sostanze miraco-lose o ad apparecchi di vario genere che implicanoquasi esclusivamente movimenti passivi. L’industria della dieta è fortemente implicata nellosviluppo del disprezzo sociale nei confronti dellepersone affette da obesità e, indirettamente, nelfavorire lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione,perché enfatizza, attraverso slogan pubblicitari,l’idea che le persone che hanno un peso in eccessosono non attraenti, deboli, pigre, golose e malate,e che solo con la perdita di peso potranno esserefelici e risolvere i loro problemi. Sebbene entrambiquesti messaggi siano erronei, moltissime personeogni anno cercano di perdere peso seguendo iprogrammi promossi dall’industria della dieta. Inalcuni casi, sono utilizzati sistemi di vendita “pi-ramidali”, in cui il produttore si serve di una ca-tena di liberi venditori (porta a porta), promet-tendo cospicui guadagni. Prodotti specifici dell’industria della dieta sonoanche i test “alternativi” di intolleranza alimentare,non validati dalla ricerca scientifica, come il testcitotossico, il test di provocazione-neutralizzazione(sottocute o sublinguale), la chinesiologia applicatae il test del riflesso cardiaco-auricolare. L’ipotesi

ingannevole alla base del loro utilizzo è che l’eli-minazione mirata di alcuni alimenti, a cui l’indi-viduo è “intollerante”, produca un decrementoponderale o una risoluzione di sintomi dispeptici.L’espressione “intolleranza alimentare”, che nellasua accezione più rigorosa “indica ogni reazioneavversa riproducibile che segue all’ingestione diun alimento o di alcune delle sue componenti(proteine, carboidrati, grassi, conservanti) e com-prende reazioni tossiche, metaboliche e allergiche”viene sempre più spesso utilizzata in senso genericoanche per indicare un’avversione psicologica neiconfronti di determinati cibi.L’uso di diete che prescrivono di evitare deter-

minati alimenti sulla base di “presunte” intol-

leranze alimentari sembra essere un fattore di

rischio per lo sviluppo di disturbi dell’alimen-

tazione in alcune persone predisposte. L’osser-vazione clinica, infatti, conferma la presenza dicasi di anoressia nervosa sviluppatisi in individuiche hanno seguito le indicazioni dietetiche di untest alternativo di intolleranza alimentare. Le dieteche richiedono l’eliminazione di molti alimentisembrano essere anche un fattore di rischio e dimantenimento delle abbuffate. Il tentativo di li-mitare l’assunzione di alimenti, indipendentementedal fatto che produca un deficit energetico, ri-chiede, infatti, l’adozione di rigide e specifiche re-gole dietetiche. La rottura (quasi inevitabile) diqueste regole dietetiche rigide ed estreme è spessointerpretata come l’evidenza di un’incapacità diautocontrollo e ciò determina l’abbandono tem-poraneo del controllo dell’alimentazione e l’assun-zione di una grande quantità di cibo. Le abbuffate,a loro volta, intensificano la preoccupazione per ilpeso e la forma del corpo, cosa che incoraggiaun’ulteriore restrizione dietetica, con il conseguenteaumento ulteriore del rischio di abbuffate.L’evitamento di determinati cibi, sulla base diconvinzioni personali disfunzionali (es. ritenere

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che un determinato cibo possa favorire il soffoca-mento o il vomito, oppure possa essere di dannoalla salute, oppure abbia caratteristiche di colore,sapore, consistenza non gradevoli), è un fenomenodiffuso nella popolazione generale. Nel DSM-5 enell’ICD-11 è previsto che, quando tale evita-mento porti a una restrizione alimentare tale danon soddisfare più le esigenze energetiche dell’or-ganismo e da determinare un significativo dima-grimento in assenza della psicopatologia specificadi un disturbo dell’alimentazione, si possa confi-gurare il quadro clinico del disturbo da evita-mento/restrizione dell’assunzione di cibo (avoid -ant/restrictive food intake disorder, ARFID).

L’industria della moda e della pubblicità

Negli ultimi 50 anni, si è assistito a un progressivocambiamento dei canoni dell’aspetto fisico fem-

minile, così come promossi dall’industria della

moda e dalla pubblicità. È stata, infatti, docu-mentata una progressiva diminuzione dell’indicedi massa corporea e della circonferenza del petto edei fianchi delle modelle centro-pagina della rivistaPlayboy nel periodo dal 1953 al 2001. In particolare,l’indice di massa corporea delle modelle è passatoda un valore medio leggermente al di sotto di 20,0kg/m2 negli anni Cinquanta a un valore medio di18,0 kg/m2 nel 2001. Analogamente, la taglia delcorpo delle modelle di copertina di quattro rivistefemminili (Cosmopolitan, Glamour, Mademoiselle eVogue) è diminuita significativamente dal 1980 al1990, mentre tra il 1960 e il 1990 si è verificatoun aumento significativo nella frequenza di imma-gini raffiguranti l’intero corpo delle modelle, ri-spetto agli anni Cinquanta in cui veniva rappre-sentato solamente il loro viso. Sempre più frequen-temente, inoltre, la pubblicità si avvale della pre-senza di modelle per reclamizzare prodotti che nullao poco hanno a che fare con il corpo della donna.

Anche se non è possibile stabilire un rapportocausale, la diminuzione del peso delle modelle èandata di pari passo con l’aumento dell’incidenzadell’anoressia nervosa che, nei Paesi occidentali, èpassata da 0,2 per 100.000 abitanti per anno neldecennio 1941-1950 a 5,4 per 100.000 abitantiper anno nel decennio 1991-2000. D’altra parte,è stata ampiamente documentata una maggioreprevalenza dei sintomi propri dei disturbi dell’ali-mentazione e/o delle forme parziali dei disturbidell’alimentazione tra le modelle rispetto alle coe-tanee della popolazione generale.I canoni dell’aspetto fisico promossi dall’indu-

stria della moda e della pubblicità, con l’utilizzodi modelle marcatamente sottopeso e alcune anchesofferenti di un vero e proprio disturbo dell’ali-mentazione, sono difficili (o impossibili) da rag-giungere per la maggior parte delle persone,perché il peso e la forma del corpo sono sottostretto controllo genetico. Ciononostante, moltepersone, con la speranza di adeguarsi a questi

canoni, intraprendono un controllo della pro-

pria alimentazione che diventa con il tempo

sempre più rigido fino a sfociare, nei casi in

cui è presente una vulnerabilità, in un vero e

proprio disturbo dell’alimentazione.

Nelle società occidentali, inoltre, le donne sonoincoraggiate a perseguire la magrezza, perchéquelle magre sono considerate più intelligenti,competenti e vincenti (“stereotipizzazione posi-tiva” della magrezza). Ciò può spiegare perché al-cune donne interiorizzano l’ideale di magrezza esviluppano una valutazione di sé eccessivamentedipendente dal peso e dalla forma del corpo.

Strategie per modificare gli stili di vita

nella popolazione generale

Per fronteggiare il problema dell’incremento dellemalattie correlate a stili di vita non salutari, la

Stili di vita nella popolazione generale: rilevanza per i disturbi dell’alimentazione 4

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maggior parte dei Paesi occidentali ha sviluppatopiani nazionali di prevenzione. In Italia, i PianiSanitari Nazionali 2001-2003, 2003-2005 e 2006-2008 sottolineano che numerose condizioni dimorbosità, disabilità e mortalità prematura pos-sono essere prevenute attraverso l’adozione di mo-delli comportamentali e stili di vita salutari so-cialmente condivisi e propongono azioni specifi-che concernenti l’alimentazione, il fumo, l’assun-zione di alcool e l’attività fisica.Purtroppo, nonostante le buone intenzioni, i pianinazionali di prevenzione hanno prodotto risultatilimitati per quanto riguarda gli stili alimentari. Iltradizionale intervento educativo determina, ingenerale, il miglioramento delle conoscenze suuna corretta alimentazione e sui benefici dell’at-tività fisica, ma non un cambiamento delle atti-tudini e dei comportamenti dei singoli individui.Le probabilità di successo sarebbero maggiori sefossero attuati programmi di salute pubblicaaventi come target l’ambiente “tossico” che pro-

muove l’assunzione di cibo in eccesso e i com-

portamenti sedentari. Esempi di possibili inter-venti volti a migliorare le abitudini alimentari elo stile di vita nella popolazione generale inclu-dono: modificare il disegno urbano al fine di fa-vorire l’attività fisica nella comunità; potenziareil tempo dedicato all’attività fisica nelle scuole;regolare le politiche economiche aggressive fina-lizzate a promuovere l’acquisto di prodotti ali-mentari processati; aumentare le opportunità diconsumare i pasti con tutta la famiglia; ridurrel’esposizione dei bambini alla pubblicità di cibiad alta densità energetica, poveri di micronutrientie alle bevande zuccherate; non consentire la ven-dita nelle scuole di bevande zuccherate e di junkfood (cibo considerato “malsano” per l’eccesso digrassi o zuccheri, come hamburger, hot dog, pa-tatine fritte, soft drink); diminuire il numero deipasti consumati fuori casa e nei fast-food; stabilire

standard nutrizionali per il cibo consumato ascuola e nelle mense; migliorare l’etichettaturanutrizionale dei prodotti alimentari; favorire l’ac-cesso dei gruppi etnici e sociali a basso reddito acibo con adeguati profili nutrizionali.In Italia è stato anche attuato qualche tentativo dimodificare alcuni fattori di rischio ambientali spe-cifici per i disturbi dell’alimentazione. Nel 2006 èstato pubblicato il Manifesto di Autoregolamen-tazione della Moda Italiana contro l’Anoressia (Mi-nistero per le Politiche Giovanili e le Attività Spor-tive, www.pogas.it), che ha raccomandato (ma nonimposto) ai produttori di moda di: favorire la dif-fusione di un modello di bellezza di tipo mediter-raneo; proteggere la salute delle modelle non per-mettendo la partecipazione alle sfilate a quelle chehanno un disturbo dell’alimentazione di gravitàclinica; non far sfilare modelle di età inferiore ai16 anni; promuovere l’inserimento nelle collezionidi abiti delle taglie 46 e 48; affiancare le istituzionie le associazioni mediche specializzate nel pro-muovere campagne di comunicazione, affinchémodifichino positivamente i modelli estetici ispi-ratori della formazione dell’identità e dei compor-tamenti sociali; impegnarsi a prevedere nei rego-lamenti interni misure idonee a garantire il rispettodei principi espressi nel manifesto.Esiste, inoltre, un consenso diffuso tra gli specia-listi che si occupano di prevenzione dei disturbidell’alimentazione sulla necessità di regolamentarela pratica di manipolare, con l’uso di software spe-cifici, le immagini delle modelle al fine di renderlepiù magre e modificare la forma di specifiche partidel loro corpo, nonché di promulgare leggi chepongano un argine ai messaggi ingannevoli e frau-dolenti dell’industria della dieta. Vanno poi fortemente stigmatizzate certe fontipseudoscientifiche che utilizzano i media per di-vulgare indicazioni terapeutiche estreme (no allapsicoterapia perché crea dipendenza, no agli psi-

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cofarmaci perché provocano effetti collaterali ealterano il peso, sì al “fai da te” con le diete velocie miracolose, sì all’uso di medicine “naturali” nonsupportate da evidenze scientifiche). Va infine se-gnalata la presenza di siti web che incentivano lecondotte alimentari distorte e promuovono il fa-scino della magrezza, sui quali è allo studio unalegge specifica.

Sebbene nessun dato sia disponibile sull’effettodelle iniziative di salute pubblica finalizzate a ri-durre l’incidenza dei disturbi dell’alimentazione,questi sforzi aprono una nuova fase nel campodella prevenzione di detti disturbi, la quale ri-chiede la stretta collaborazione degli operatoridella salute con i politici, le industrie alimen-

tari, i media e l’industria della moda.

Stili di vita nella popolazione generale: rilevanza per i disturbi dell’alimentazione 4

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Messaggi chiave

• La combinazione di un ambiente obesogenico (che induce a uno stile di vita sedentario ma nellostesso tempo offre stimoli ripetuti al consumo di alimenti) con un contesto culturale fortemente in-fluenzato dall’industria della dieta e della moda (che idealizza la magrezza e disprezza l’eccesso dipeso) può favorire lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione.

• L’uso di diete che prescrivono di evitare determinati alimenti sulla base di “presunte” intolleranzealimentari sembra essere un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi dell’alimentazione in alcunepersone predisposte.

• I canoni dell’aspetto fisico promossi dall’industria della moda e della pubblicità sono difficili (o im-possibili) da raggiungere per la maggior parte delle persone. Ciononostante, molte persone, con lasperanza di adeguarsi a questi canoni, intraprendono un controllo della propria alimentazione, chediventa col tempo sempre più rigido fino a sfociare, nei casi in cui è presente una vulnerabilità, inun vero e proprio disturbo dell’alimentazione.

• Nelle società occidentali, le donne sono incoraggiate a perseguire la magrezza, perché quelle magresono considerate più intelligenti, competenti e vincenti. Ciò può spiegare perché alcune donne in-teriorizzano l’ideale di magrezza e sviluppano una valutazione di sé eccessivamente dipendente dalpeso e dalla forma del corpo.

• Vanno promossi programmi di salute pubblica volti a migliorare le abitudini alimentari e lo stile divita nella popolazione generale.

• Le iniziative di salute pubblica finalizzate a ridurre l’incidenza dei disturbi dell’alimentazione richie-dono la stretta collaborazione degli operatori della salute con i politici, le industrie alimentari, imedia e l’industria della moda.

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5. Prevenzione dei disturbi dell’alimentazione

zato un approccio educativo interattivo ed espe-rienziale e strategie progettate per modificare gliatteggiamenti disfunzionali e i comportamentinon salutari. Esempi includono le tecniche di ri-strutturazione cognitiva per modificare gli atteg-giamenti disfunzionali nei confronti del peso edella forma del corpo, i messaggi video per dis-suadere i partecipanti dal praticare una dieta, letecniche attive (es. automonitoraggio) per inco-raggiare una modificazione delle abitudini ali-mentari, i videotape sulle diete e sull’immaginecorporea e i programmi multimediali su internetcon materiale di auto-aiuto. Questi programmihanno ridotto alcuni fattori di rischio e alcunisintomi dei disturbi dell’alimentazione.Negli ultimi 15 anni, numerosi programmi scola-stici di prevenzione dei disturbi dell’alimentazionesono stati valutati da studi controllati e randomiz-zati e l’efficacia di questi studi è stata analizzata darevisioni sistematiche. Gli effetti più significativisono emersi nei programmi offerti esclusivamentealle ragazze di età maggiore di 15 anni e in quelliche hanno utilizzato incontri multipli, in piccoligruppi (6-8 persone), condotti da professionisti,focalizzati sull’accettazione del corpo. I programmi di prevenzione selettiva (cioè direttia una sottopopolazione specifica, come appuntole ragazze di età maggiore di 15 anni) tendono a

Prevenzione scolastica

I programmi scolastici di prevenzione dei disturbidell’alimentazione hanno avuto ampio sviluppoe sono stati oggetto di studi controllati in nume-rosi Paesi occidentali (es. Canada,Stati Uniti,Nor-vegia, Svizzera,Olanda,Gran Bretagna, Italia, Spa-gna, Croazia, Australia e Israele), per cui un ampiobagaglio di conoscenze è oggi disponibile sullaloro efficacia e sui loro limiti.I programmi di prima generazione hanno adot-tato un approccio psicoeducativo (didattico), cheforniva informazioni sulla nutrizione, sull’imma-gine corporea, sui disturbi dell’alimentazione esui loro effetti dannosi. Questi programmi hannodeterminato un incremento delle conoscenze, manon una modificazione degli atteggiamenti di-sfunzionali (come l’eccessiva valutazione del pesoe della forma del corpo) e dei comportamentinon salutari (in particolare, la restrizione dietetica). I programmi di seconda generazione hanno af-frontato più direttamente alcuni fattori di rischioper i disturbi dell’alimentazione identificati dallaricerca (es. gli atteggiamenti disfunzionali nei con-fronti del peso). In generale, questi programmihanno ridotto alcuni fattori di rischio, ma non isintomi dei disturbi dell’alimentazione.I programmi di terza generazione hanno utiliz-

n. 17/22, luglio-agosto 2013

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ottenere risultati migliori rispetto a quelli di pre-venzione universale (cioè diretti a un’intera po-polazione scolastica). La maggior parte dei pro-grammi universali ha raggiunto l’obiettivo di mi-gliorare le conoscenze dei partecipanti, ma solopochi hanno prodotto effetti positivi sugli atteg-giamenti disfunzionali e sui comportamenti nonsalutari. La maggior parte dei programmi selettivi,al contrario, ha prodotto effetti positivi sia sugliatteggiamenti disfunzionali sia sui comportamentinon salutari.

Suggerimenti per ottimizzare

i programmi di prevenzione

I risultati ottenuti dai programmi di prevenzionescolastica dei disturbi dell’alimentazione permet-tono di proporre alcuni suggerimenti che possonoessere utili per chiunque sia impegnato nel campodella prevenzione scolastica.Primo, non esiste alcuna evidenza che i programmidi prevenzione scolastica producano effetti dan-nosi negli studenti. I risultati finora ottenuti pos-sono rassicurare i genitori e gli insegnanti che laprevenzione scolastica dei disturbi dell’alimenta-zione non ha effetti dannosi sui comportamenti esugli atteggiamenti dei partecipanti.Secondo, i risultati promettenti osservati con iprogrammi di prevenzione selettiva dovrebberoincoraggiare l’investimento di risorse economichein questi interventi per le ragazze, in particolarequelle con più di 15 anni, a rischio di sviluppareun disturbo dell’alimentazione. I programmi, pre-feribilmente somministrati da professionisti delsettore, dovrebbero affrontare i fattori di rischioidentificati dalla ricerca e promuovere un salutarecontrollo del peso. Terzo, i risultati scadenti ottenuti dai programmidi prevenzione universale suggeriscono che per ilmomento non è consigliabile dedicare risorse eco-

nomiche in modo indiscriminato a questi inter-venti. Tuttavia, dal momento che alcuni casi di di-sturbi dell’alimentazione derivano dal gruppo deglistudenti a basso rischio, la ricerca sulla prevenzioneuniversale dovrebbe continuare e la scuola rimaneun luogo importante per attuare questa ricerca. La Tabella 5.1 riporta alcuni suggerimenti per ot-timizzare l’attuazione e la valutazione dei pro-grammi di prevenzione scolastica dei disturbi del-l’alimentazione.

Direzioni future

La maggior parte dei programmi di prevenzionescolastica dei disturbi dell’alimentazione è stataprogettata senza essere guidata dalla moderna ri-cerca sui fattori di rischio. È raccomandabile che

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Tabella 5.1 Suggerimenti per ottimizzare l’attuazione ela valutazione dei programmi di preven-zione scolastica dei disturbi dell’alimenta-zione

• I programmi di prevenzione devono essere inseriti facilmentenel contesto dell’orario scolastico, con lezioni di durata nonsuperiore a 60 minuti

• I conduttori dei programmi devono essere adeguatamentepreparati prima di iniziare l’intervento

• Il programma deve essere descritto in dettaglio in un manuale,per facilitare la fedeltà e la disseminazione dell’intervento

• La fedeltà al programma deve essere sempre monitorata, spe-cialmente se l’intervento è eseguito lontano dall’equipe cheha strutturato l’intervento. Può essere opportuno registrare gliinterventi effettuati, affinché il supervisore possa valutare sesono stati attuati in modo corretto

• È importante coinvolgere nel programma di prevenzione lamaggior parte degli adulti a contatto diretto o indiretto congli studenti (genitori, insegnati, preside, amministratori scola-stici)

• Dovrebbero essere pianificati incontri di rinforzo, per mante-nere e aumentare l’efficacia dell’intervento

• I programmi dovrebbero prevedere misure di esito qualitativee quantitative e registrare anche la possibile comparsa di ef-fetti negativi

• Dovrebbero essere pianificati ed effettuati follow-up a brevetermine (6 mesi) e a lungo termine (uno o più anni), per valu-tare gli esiti dell’intervento

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i futuri programmi siano costruiti con lo specificoproposito di affrontare i fattori di rischio eviden-ziati dalla ricerca.Alcune strategie per migliorare l’efficacia dei pro-grammi possono essere mutuate da altri campidella prevenzione. Per esempio, alcuni interventipsicosociali sono stati disegnati con il propositodi ridurre il rischio di depressione nei figli di per-sone depresse, mentre nessuno studio è stato finoramirato ai figli dei soggetti con disturbi dell’ali-mentazione.Ci sono molte ragioni per integrare la preven-zione dei disturbi dell’alimentazione con quella

dell’obesità. Primo, i disturbi dell’alimentazionee l’obesità spesso coesistono. Secondo, un solo in-tervento è più economico di due, un punto im-portante da considerare in relazione alle limitaterisorse oggi disponibili per la prevenzione. Terzo,vanno evitati i messaggi conflittuali sulla nutri-zione, sull’attività fisica e sull’immagine corporeae i potenziali effetti iatrogeni di programmi som-ministrati separatamente (es. strategie per preve-nire l’obesità, come il monitorare l’assunzione de-gli alimenti, potrebbero promuovere un’eccessivapreoccupazione per l’alimentazione, il peso e laforma del corpo; viceversa, strategie finalizzate aeliminare qualsiasi forma di restrizione alimentarepotrebbero favorire l’adozione di un’alimentazionein eccesso e lo sviluppo di sovrappeso). Un ap-proccio integrato, che bilanci l’importanza di se-guire uno stile di vita salutare, per evitare lo svi-luppo dell’obesità, con l’importanza di accettarela diversità genetica del corpo umano, per evitarelo sviluppo di disturbi dell’alimentazione, è unasfida che dovrà essere affrontata e valutata nellefuture ricerche.

Poiché gli interventi di prevenzione universalesono poco efficaci, sembra più utile e opportunoconcentrare le risorse su interventi mirati agli in-dividui con prodromi dei disturbi dell’alimenta-zione, attraverso la sensibilizzazione dei medicidi medicina generale e dei pediatri di libera

scelta, la creazione di sportelli di consulenza, lasensibilizzazione di pazienti, famiglie e insegnanti,anche tramite l’apertura di siti internet informa-tivi, allo scopo di favorire il ricorso precoce allecure o agli interventi di prevenzione selettiva. An-drebbero inoltre promossi interventi preventiviin aree che sono oggi riconosciute a tasso di rischiopiù alto della media, come i settori dello sport,della moda e della danza, utilizzando approcci estrumenti basati su evidenze scientifiche maturatein ambiti contigui.Infine, è molto improbabile che semplici e breviprogrammi scolastici di prevenzione siano in gradodi produrre una reale riduzione dell’incidenza edella prevalenza dei disturbi dell’alimentazionesenza azioni finalizzate a modificare i fattori di ri-schio socioculturali per tali disturbi. L’evoluzioneda un modello di prevenzione basato sulla respon-sabilità personale verso un modello di salute pub-blica è stata promossa con forza, per esempio,nel campo dell’obesità. Le istituzioni che si occu-pano di salute pubblica hanno la responsabilitàdi attuare interventi come il controllo della pub-blicità dell’industria della dieta e la promozionedi comportamenti di sana alimentazione e salutareattività fisica. Un esempio che ha prodotto effettipositivi è fornito dalle campagne antifumo, chehanno combinato l’intervento educativo conazioni di salute pubblica, come la proibizione difumare nei luoghi pubblici e le tasse sul tabacco.

Prevenzione dei disturbi dell’alimentazione 5

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Messaggi chiave

• I programmi scolastici di prevenzione dei disturbi dell’alimentazione che hanno ottenuto i miglioririsultati sono quelli attuati nelle ragazze di età maggiore di 15 anni, utilizzando incontri multipli, inpiccoli gruppi, condotti da professionisti e focalizzati sull’accettazione del corpo.

• Al fine di favorire il ricorso precoce alle cure, è essenziale la sensibilizzazione dei medici di medicinagenerale e dei pediatri di libera scelta.

• Andrebbero promossi interventi preventivi in aree a rischio elevato, come i settori dello sport, dellamoda e della danza.

• È auspicabile l’evoluzione da un modello di prevenzione basato sulla responsabilità personale versoun modello di salute pubblica.

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6. Appropriatezza clinica nella gestionedei disturbi dell’alimentazione

In questa nuova edizione del manuale, pubblicatanel maggio 2013, l’amenorrea non figura più trai criteri per la diagnosi di anoressia nervosa e lafrequenza delle abbuffate e delle condotte com-pensatorie richieste per la diagnosi di bulimia ner-vosa è stata ridotta da due a una volta a settimana.Il BED compare la prima volta nella sezione suidisturbi dell’alimentazione (nell’edizione prece-dente del manuale era compreso tra le condizioni

Criteri diagnostici nelle principali classificazioni

I criteri diagnostici per l’anoressia nervosa, la bu-limia nervosa e il disturbo da alimentazione in-controllata (binge-eating disorder, BED) nellaquinta edizione del Manuale Diagnostico e Stati-stico dei Disturbi Mentali (DSM-5), prodottodall’American Psychiatric Association, sono presen-tati nelle Tabelle 6.1, 6.2 e 6.3.

n. 17/22, luglio-agosto 2013

Tabella 6.1 Criteri diagnostici per l’anoressia nervosa secondo il DSM-5

A.Restrizione dell’apporto energetico rispetto al necessario, che conduce a un peso corporeo significativamente basso tenendo contodell’età, del sesso, della traiettoria evolutiva e dello stato di salute fisica. Si intende per peso significativamente basso un peso cheè inferiore al minimo normale o, per i bambini e gli adolescenti, inferiore a quello minimo atteso

B. Intensa paura di acquistare peso o di diventare grasso, o comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anchein presenza di un peso significativamente basso

C.Alterazione del modo in cui il soggetto vive il proprio peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della formadel corpo sui livelli di autostima, o persistente rifiuto di ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso

Specificare il sottotipoTipo restrittivo: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo non ha avuto ricorrenti crisi bulimiche o condotte di eliminazione (cioè vomitoautoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). Questo sottotipo descrive quei casi in cui la perdita di peso è ot-tenuta primariamente attraverso la dieta, il digiuno e/o l’esercizio fisico eccessivoTipo con crisi bulimiche/condotte di eliminazione: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo ha avuto ricorrenti crisi bulimiche o condottedi eliminazione (cioè vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi)

Specificare il livello attuale di gravitàIl livello minimo di gravità è basato, per gli adulti, sull’attuale indice di massa corporea (vedi sotto) o, per i bambini e gli adolescenti,sul percentile dell’indice di massa corporea. Il livello di gravità può essere aumentato tenendo conto dei sintomi clinici, del grado di di-sabilità funzionale e del bisogno di supervisioneLieve: Indice di massa corporea ≥ 17 kg/m2

Moderato: Indice di massa corporea 16-16,99 kg/m2

Grave: Indice di massa corporea 15-15,99 kg/m2

Estremo: Indice di massa corporea < 15 kg/m2

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proposte per ulteriori studi). Vengono propostisottotipi dei disturbi dell’alimentazione basatisulla gravità (in rapporto all’indice di massa cor-porea per l’anoressia nervosa, alla frequenza delle

condotte compensatorie per la bulimia nervosa,alla frequenza delle abbuffate per il BED).Nella nuova edizione del manuale compare ancheuna nuova categoria diagnostica denominata di-

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Tabella 6.2 Criteri diagnostici per la bulimia nervosa secondo il DSM-5

A.Ricorrenti crisi bulimiche. Una crisi bulimica è caratterizzata da entrambi gli aspetti seguenti:1. Mangiare, in un periodo definito di tempo (es. un periodo di 2 ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che

la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili2. Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o di non controllare

che cosa o quanto si sta mangiando)B. Ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi,

diuretici o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivoC. Le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano entrambe in media almeno una volta a settimana per 3 mesiD. I livelli di autostima sono inappropriatamente influenzati dalla forma e dal peso del corpoE. Il disturbo non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa

Specificare il livello attuale di gravitàIl livello minimo di gravità è basato sulla frequenza delle condotte compensatorie inappropriate (vedi sotto). Il livello di gravità puòessere aumentato tenendo conto degli altri sintomi e del grado di disabilità funzionaleLieve: Una media di 1-3 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimanaModerato: Una media di 4-7 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimanaGrave: Una media di 8-13 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimanaEstremo: Una media di 14 o più episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana

Tabella 6.3 Criteri diagnostici per il binge-eating disorder (BED) secondo il DSM-5

A.Ricorrenti crisi bulimiche. Una crisi bulimica è caratterizzata da entrambi gli aspetti seguenti:1. Mangiare, in un periodo definito di tempo (es. un periodo di 2 ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che

la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili2. Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o di non controllare

che cosa o quanto si sta mangiando)B. Le abbuffate sono associate con tre (o più) dei seguenti aspetti:

1. Mangiare molto più rapidamente del normale2. Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieno3. Mangiare grandi quantità di cibo quando non ci si sente fisicamente affamati4. Mangiare da solo perché ci si sente imbarazzati dalla quantità di cibo che si sta mangiando5. Sentirsi disgustato di se stesso, depresso o assai in colpa dopo l’abbuffata

C. È presente un marcato disagio in rapporto alle abbuffateD. Le abbuffate si verificano, in media, almeno una volta a settimana per 3 mesiE. Le abbuffate non sono associate con l’attuazione ricorrente di condotte compensatorie inappropriate come nella bulimia nervosa e

non si verificano esclusivamente durante il decorso della bulimia nervosa o dell’anoressia nervosa

Specificare il livello attuale di gravitàIl livello minimo di gravità è basato sulla frequenza delle crisi bulimiche (vedi sotto). Il livello di gravità può essere aumentato tenendoconto degli altri sintomi e del grado di disabilità funzionaleLieve: 1-3 crisi bulimiche per settimanaModerato: 4-7 crisi bulimiche per settimanaGrave: 8-13 crisi bulimiche per settimanaEstremo: 14 o più crisi bulimiche per settimana

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sturbo da evitamento/restrizione dell’assunzione dicibo (avoidant/restrictive food intake disorder), ca-ratterizzata da un’apparente mancanza di interesseper il cibo, un evitamento del cibo basato sulle suecaratteristiche sensoriali, o una preoccupazione sulleconseguenze negative dell’alimentazione, che con-duce a una riduzione significativa del peso, a un si-gnificativo difetto nutrizionale e/o a una marcatainterferenza con il funzionamento sociale.Novità analoghe sono previste nell’undicesimaedizione della Classificazione Internazionale delleMalattie (ICD-11), prodotta dall’OrganizzazioneMondiale della Sanità, che sarà pubblicata nel2015. Per quanto riguarda l’anoressia nervosa,l’amenorrea non sarà più tra i criteri diagnostici eil sottopeso sarà definito come un indice di massacorporea uguale o inferiore a 18,5 kg/m2 perl’adulto e al disotto del 5° percentile (per sesso,età e popolazione) per i bambini e gli adolescenti.Inoltre, verrà suggerita una suddivisione dell’ano-ressia nervosa, in base a un criterio di gravità, in:• anoressia nervosa con peso corporeo modera-

tamente basso (indice di massa corporea supe-riore a 14,5 kg/m2);

• anoressia nervosa con peso corporeo pericolo-samente basso (indice di massa corporea nonsuperiore a 14,5 kg/m2).

Per quanto concerne la bulimia nervosa, la sogliadi frequenza delle abbuffate e delle condotte com-pensatorie sarà ridotta a una volta a settimana.Saranno incluse nel calcolo anche le crisi bulimi-che “soggettive” (quelle, cioè, caratterizzate dallasensazione da parte del paziente di mangiare unaquantità di cibo eccessiva, mentre obiettivamentedetta quantità è normale o ridotta). Il BED verràincluso come categoria diagnostica autonoma. Va tenuto conto che diversi sintomi e comporta-menti – come la restrizione alimentare, le crisi diabbuffate e la sopravvalutazione della forma e delpeso del corpo – sono comuni all’anoressia nervosa

e alla bulimia nervosa e che il passaggio dalla dia-gnosi di anoressia nervosa a quella di bulimia ner-vosa è piuttosto frequente. Per questo, alcuni au-tori sostengono una teoria unitaria dei disturbidell’alimentazione e tendono ad attribuire mag-giore importanza alle caratteristiche comuni aidue disturbi, piuttosto che alle differenze.

Strumenti di valutazione psichiatrica

e psicologica

L’utilizzo di strumenti diagnostici affidabili è es-senziale per la scelta di trattamenti efficaci, per mo-nitorare i fabbisogni di cura e per valutare l’esito. Le interviste cliniche strutturate o semistruttu-rate sono in genere utilizzate a scopo di ricerca.Le più note sono l’Eating Disorder Examination(EDE) e la Structured Diagnostic Interview forDSM-IV (SCID).L’EDE è un’intervista semistrutturata che permettedi ottenere due tipi di informazioni. Il primo ri-guarda la frequenza, in termini di numero di episodio di numero di giorni, di alcuni comportamentichiave del disturbo dell’alimentazione nelle 4 set-timane precedenti. Il secondo riguarda la gravitàdella psicopatologia, rilevata attraverso il punteggiodi 4 sottoscale e un punteggio totale. Le sottoscalerappresentano le aree principali della psicopatologiaspecifica dei disturbi dell’alimentazione: restrizione,preoccupazione per l’alimentazione, preoccupazioneper la forma del corpo e preoccupazione per il peso.L’intervista può essere somministrata da medici opsicologi con esperienza nel campo dei disturbidell’alimentazione e ha una durata di circa 40 mi-nuti. È disponibile la versione italiana.La SCID è un’intervista strutturata per ottenerele diagnosi psichiatriche secondo il DSM-IV. Puòessere utilizzata per la sola parte dei disturbi del-l’alimentazione o per tutte le diagnosi psichiatri-che, qualora si sia interessati alla comorbidità psi-

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chiatrica. Ha il vantaggio di valutare la presenzadella diagnosi nel corso della vita (lifetime) e nonsolo nel momento attuale, ma è meno sensibile aicambiamenti nel tempo e quindi meno adattaalla valutazione dell’esito rispetto all’EDE. Anchequesta intervista può essere somministrata da me-dici o psicologi. Essa ha una durata simile all’EDE.È disponibile la versione italiana.Il gruppo di lavoro sui disturbi dell’alimentazionedella Regione Veneto ha prodotto un’intervistastrutturata che include gli item diagnostici dellaSCID e integra altre essenziali informazioni cli-niche. Tale intervista viene attualmente utilizzatada tutta la rete dei centri della Regione per i di-sturbi dell’alimentazione. L’intervista è accessibilesul sito www.regione.veneto.it.Per valutare i vari aspetti della psicopatologia deidisturbi dell’alimentazione sono disponibili, anchein versione italiana, diversi questionari autosom-ministrati. Tra i questionari che valutano gliaspetti specifici dei disturbi dell’alimentazionevanno menzionati l’Eating Disorder ExaminationQuestionnaire (EDE-Q), il Clinical ImpairmentAssess ment (CIA), l’Eating Disorder Inventory(EDI), l’Eating Attitudes Test (EAT), il Body Unea-siness Test (BUT), il Body Attitudes Test (BAT) e laBinge Eating Scale (BES). La compilazione diognuno di questi questionari da parte dei pazientirichiede un tempo di 10-20 minuti.L’EDE-Q è la versione autosomministrata del-l’intervista EDE. L’attribuzione dei punteggi è so-vrapponibile a quella dell’EDE e permette di ot-tenere dati sia sulla frequenza dei comportamentisia sulla gravità della psicopatologia. Il CIA è un questionario autosomministrato co-struito per misurare la gravità del danno psicoso-ciale prodotto dal disturbo dell’alimentazione. Lostrumento si compone di 16 item e si focalizzasugli ultimi 28 giorni. Gli item prendono in con-siderazione il danno nelle aree tipicamente in-

fluenzate dalla psicopatologia specifica dei disturbidell’alimentazione: tono dell’umore e autoperce-zione, funzionamento cognitivo, funzionamentointerpersonale e prestazione professionale. L’EDI è un questionario autosomministrato perla valutazione multidimensionale delle caratteri-stiche psicologiche rilevanti per l’anoressia nervosae per la bulimia nervosa. Misura gli aspetti specificidei disturbi dell’alimentazione (3 sottoscale) e lecaratteristiche di personalità e psicopatologiche as-sociate (5 sottoscale). Si compone di 64 item. Lesottoscale esplorano l’impulso alla magrezza, labulimia, l’insoddisfazione per il corpo, l’inadegua-tezza, il perfezionismo, la sfiducia interpersonale,la consapevolezza enterocettiva e la paura dellamaturità. In una nuova versione dello strumento,l’EDI-2, sono stati aggiunti 27 item raggruppatiin 3 sottoscale: ascetismo, impulsività e insicurezzasociale. Recentemente è stato sviluppato l’EDI-3,che non ha aggiunto nuovi item, ma ha riorganiz-zato i costrutti dell’EDI e dell’EDI-2 adeguandoliai più recenti sviluppi teorici nell’ambito dei di-sturbi dell’alimentazione. Di questa versione è di-sponibile anche l’edizione italiana.L’EAT valuta i sintomi e le preoccupazioni tipichedei soggetti con disturbo dell’alimentazione. Nellasua versione originale è costituito da 40 item suuna scala a 6 punti. I punteggi assegnati varianoda 0 a 3, cosicché il punteggio totale varia da 0 a120. Il cut-off utilizzato per discriminare i casi daicontrolli è di 30. Il BUT è un test autosomministrato che esploranumerose aree riguardanti l’immagine corporea.Il test si compone di due parti: il BUT-A, checonsiste di 34 item raggruppati in 5 sottoscale(fobia del peso, preoccupazioni per l’immaginecorporea, evitamento, automonitoraggio compul-sivo e depersonalizzazione), e il BUT-B, compostoda 37 item che valutano specifiche preoccupazioniper parti o funzioni di corpo.

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Il BAT misura l’esperienza corporea soggettiva dellapersona e le attitudini verso il proprio corpo. È unquestionario autosomministrato composto da ventidomande che valutano tre aree relative all’immaginecorporea: attenzione per la taglia, familiarità con ilproprio corpo, confronto con gli altri. La BES è un test autosomministrato che valutacomportamenti, sensazioni e aspetti cognitivi as-sociati agli episodi di alimentazione incontrollatanelle persone obese. Ogni item della scala è com-posto da una serie di asserzioni in ordine di gravitàdel comportamento alimentare. La scala è capacedi identificare le persone obese con BED.Tra gli strumenti di screening utilizzati neglistudi epidemiologici per individuare i soggetti arischio in una popolazione va ricordata la formaa 26 item del test EAT (EAT-26). Vari studi hannodimostrato che un punteggio inferiore a 20 nel-l’EAT-26 può fare ragionevolmente escludere lapresenza di un disturbo dell’alimentazione, mentrepunteggi superiori a 20 richiedono un’indaginepiù approfondita. Va anche citato il Questionnaire on Eating andWeight Patterns (QEWP-R), messo a punto perl’identificazione e la diagnosi dei soggetti con di-sturbi dell’alimentazione di tipo bulimico, se-condo i criteri del DSM-IV. La scala distingue isoggetti con e senza condotte di eliminazione, in-daga il tipo e la frequenza delle abbuffate, la per-dita del controllo e il malessere legato agli abusialimentari, i comportamenti associati alle abbuf-fate (mangiare più rapidamente del solito, man-giare grandi quantità di cibo senza essere affamati,mangiare da soli) e gli eventuali comportamenticompensatori messi in atto per evitare l’aumentodi peso (vomito autoindotto, uso improprio dilassativi e diuretici, attività fisica, digiuno).In quest’ambito va anche segnalato l’Inventory forthe Screening of Eating Disorders (ISED), costruitoe validato in Italia, ma tradotto e validato anche

in lingua inglese. Si tratta di un questionario auto -somministrato di 43 item, semplice e veloce dacompilare (la risposta da attribuire è di tipovero/falso), costituito da 2 scale, una specifica perl’anoressia nervosa e l’altra per i disturbi dell’ali-mentazione con crisi bulimiche e/o comporta-menti di eliminazione. Gli item riguardano gliatteggiamenti di restrizione e di evitamento ali-mentare, il bisogno di controllo sul peso, l’ansialegata al peso, le sensazioni e le pressioni riportateda familiari e conoscenti, l’incapacità di controllarel’impulso ad alimentarsi, l’uso di comportamentidi eliminazione, le preoccupazioni e i sensi dicolpa su cibo e peso, l’insoddisfazione corporea.In ambito clinico, oltre alla valutazione di aspettispecifici della psicopatologia alimentare, può essereutile impiegare strumenti per la valutazione deisintomi psichiatrici, come la Symptom Checklist -90 (SCL-90), o della personalità, come il Tempe-rament and Character Inventory (TCI) e il MinnesotaMultiphasic Personality Inventory (MMPI-2). La SCL-90 è un questionario autosomministratoutilizzato per identificare la sofferenza psicologica.Per ogni item il soggetto deve indicare qual è il li-vello di sofferenza percepito durante la settimanaprecedente, con risposte che variano da 0 (“perniente”) a 4 (“moltissimo”). I 90 item sono uti-lizzati per calcolare 3 indici globali di sofferenza e9 sottoscale. Le sottoscale vanno a indagare i se-guenti aspetti: somatizzazione, disturbo ossessivo-compulsivo, sensibilità interpersonale, depres-sione, ansia, ostilità, ansia fobica, ideazione para-noide e psicoticismo. Il TCI è un questionario autosomministrato divalutazione della personalità, che misura quattrodimensioni del temperamento (evitamento del pe-ricolo, ricerca della novità, dipendenza dalla grati-ficazione e persistenza) e tre dimensioni del carat-tere (autodirezionalità, cooperatività e autotrascen-denza). Il questionario si compone di 240 do-

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mande e la sua somministrazione richiede 30-40minuti. L’MMPI-2 è un test di personalità la cui sommini-strazione consiste nel sottoporre al soggetto una seriedi affermazioni relative ai suoi vissuti, condizioni fi-siche, abitudini, atteggiamenti e pensieri ricorrenti.Gli item, a doppia alternativa di risposta (“vero” o“falso”), sono 567 e la durata della somministrazioneè in genere compresa tra 60 e 90 minuti.Gli strumenti di valutazione del funzionamentocognitivo sono attualmente utilizzati prevalente-mente nel campo della ricerca. Il Wisconsin Card Sorting Test (WCST) è un testche indaga varie funzioni esecutive superiori, tracui il pensiero astratto e la flessibilità cognitiva.Una buona prestazione al WCST riflette la capacitàdi modificare il proprio comportamento in fun-zione dei cambiamenti ambientali. In generale, ipazienti con disturbi dell’alimentazione presentanopunteggi globali maggiori dei controlli, indicatividi difficoltà di astrazione e rigidità cognitiva.Lo Iowa Gambling Task misura la capacità di va-lutare la ricompensa immediata rispetto alle con-seguenze a più lungo termine. Sia nell’anoressianervosa sia nella bulimia nervosa, il comporta-mento è spesso caratterizzato dalla ricerca di gra-tificazioni immediate, senza considerare le conse-guenze negative nel più lungo termine. La Figura Complessa di Rey-Osterrieth (ROFT)è un test che indaga vari aspetti della cognizione:abilità percettive e visuo-spaziali, memoria inci-dentale di tipo visuo-spaziale e alcune abilità ese-cutive superiori quali la pianificazione e l’orga-nizzazione visuo-percettiva. I pazienti con disturbidell’alimentazione non impiegano tempi maggioririspetto ai controlli, ma presentano spesso unostile di pensiero caratterizzato da difficoltà nel-l’elaborazione delle informazioni globali, con ten-denza a “perdersi nei dettagli”. Tali alterazioni sa-rebbero più evidenti nell’anoressia nervosa.

Valutazione dello stato di nutrizione

(indagini antropometriche, di laboratorio

e strumentali)

Le tre componenti principali che, con caratteri-stiche e significati diversi, caratterizzano lo statodi nutrizione sono il bilancio energetico e deisingoli nutrienti, la composizione corporea ela funzionalità corporea.

Bilancio energetico e dei singoli nutrienti

Il bilancio energetico, ovvero la differenza tra laquantità di energia e nutrienti introdotta e quellaconsumata dall’organismo, è ritenuto responsabiledelle modificazioni a breve, medio e lungo terminedello stato nutrizionale. L’introito di energia e nutrienti può essere valu-tato attraverso l’anamnesi alimentare e il diarioalimentare.L’anamnesi alimentare è un momento di grandeimportanza, perché consente di effettuare una primavalutazione nutrizionale e di conoscere l’ambientesociofamiliare in cui il paziente vive. Di solito si rac-coglie chiedendo al paziente di raccontare una gior-nata alimentare tipo, dalla mattina alla sera, e cer-cando di identificare la quantità e la qualità del ciboingerito. Va tenuto conto che sia le persone con ano-ressia nervosa sia quelle con bulimia nervosa possonofornire informazioni non attendibili, le prime de-scrivendo pranzi “luculliani”, le seconde nascon-dendo le abbuffate e i meccanismi di compenso.Il diario alimentare consiste nel riportare periscritto quello che si mangia, descrivendo ancheil contesto e le emozioni provate prima e dopo ilpasto. Serve al nutrizionista per monitorare l’ali-mentazione del paziente e le situazioni che deter-minano problemi e al terapeuta per analizzare conil paziente comportamenti e pensieri nei confrontidel cibo, aiutandolo a modificarli nel tempo.

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Nella pratica clinica, il dispendio energetico ba-sale può essere: • misurato attraverso la calorimetria indiretta; • stimato attraverso equazioni di predizione che

prendono in considerazione età, sesso, peso estatura.

In tutti i casi andranno applicati coefficienti dicorrezione per l’attività fisica. Il livello di attivitàfisica può essere valutato attraverso l’anamnesi(questionari ad hoc o diari), eventualmente inte-grata da dati strumentali (contapassi, accelerome-tri). Per i soggetti con patologie acute è necessarioapplicare fattori di correzione che tengano contodelle particolari condizioni cliniche e della neces-sità di assicurare al paziente una quota di energiae nutrienti sufficiente a superare l’evento acuto.La calorimetria indiretta valuta il dispendio ener-getico a riposo attraverso la misurazione dei gasrespiratori: l’ossigeno di un determinato volumedi aria inspirata e l’anidride carbonica prodotta.Il paziente respira dentro un casco trasparenteventilato e campioni del gas espirato vengono mi-surati in tempo reale attraverso speciali sensoriparamagnetici. La tecnica si basa sul principioche, nell’organismo, l’ossidazione dei nutrientiporta ai prodotti finali anidride carbonica, acquae urea. Per risalire al dispendio energetico, esistonodiverse equazioni che mettono in rapporto il con-sumo di ossigeno e i prodotti finali con le calorie.La valutazione del dispendio energetico a riposo,in particolare in presenza di grave sottopeso, puòessere d’aiuto per stabilire le necessità energetichedel paziente, consentendogli di recuperare il pesosenza esporlo a un eccessivo carico calorico, chepuò favorire lo sviluppo della refeeding syndrome.Gli accelerometri sono dispositivi utilizzati neidisturbi dell’alimentazione per valutare in modooggettivo i livelli di attività fisica dei pazienti, inparticolare di quelli con esercizio fisico eccessivoe compulsivo. I diversi strumenti in commercio

consentono di stimare il dispendio energetico do-vuto all’attività fisica attraverso la misura dellafrequenza cardiaca, della risposta galvanica dellacute, della temperatura cutanea, del calore dissi-pato e del movimento. L’utilizzo di questi stru-menti permette di valutare in maniera più precisail dispendio energetico del soggetto e ha eviden-ziato che i pazienti con anoressia nervosa sotto-stimano i livelli di attività fisica eseguita e cheesiste una correlazione tra i livelli di attività fisicaoggettivamente misurati e il miglioramento dellapsicopatologia del disturbo dell’alimentazione.

Composizione corporea

La composizione corporea è considerata un indi-catore a lungo termine dello stato nutrizionale,in quanto riflette la disponibilità pregressa di ener-gia e nutrienti. L’aumento della massa grassa o lariduzione della massa magra sono, di fatto, indicidi errori nel comportamento alimentare pregresso.Essa può essere valutata attraverso misure antro-pometriche, la bioimpedenzometria e la densito-metria a doppio raggio X.La misura della composizione corporea va preferitaalla semplice misura del peso e al calcolo degli in-dici a esso correlati (indice di massa corporea),che presentano una bassa specificità nei confrontidella malnutrizione, non essendo in grado di dareinformazioni sulle diverse componenti: massa ma-gra, massa grassa, acqua. Queste componentihanno una notevole importanza in termini clinicie prognostici e vanno pertanto misurate/stimateseparatamente. Il peso e l’indice di massa corporeamantengono una loro indubbia validità in terminiepidemiologici.L’antropometria (misura dello spessore delle plichecutanee e delle circonferenze) ha un ottimo rap-porto qualità-prezzo rispetto ad altre metodichepiù sofisticate per la valutazione della composizione

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corporea. Esistono equazioni di predizione che, apartire dalle diverse misure antropometriche, con-sentono di stimare la percentuale di massa grassao la perdita della massa magra. Per ridurre la va-riabilità intra- e interoperatore è indispensabileche il rilevamento dei dati antropometrici seguaprocedure standardizzate, che gli strumenti sianoperiodicamente tarati e che venga definito per glioperatori l’errore inter- e intraindividuale. Tra ivantaggi vi sono i costi contenuti, la ripetibilità, larapidità, l’impiego da campo. Tra gli svantaggi siannoverano la variabilità intra- e interoperatore,l’assenza di valori di riferimento (per popolazione,classe di età, sesso, per i sani e per i malati), i risul-tati spesso definiti come z-score (dato individuo –media o mediana della popolazione) o t-score (datoindividuo – media o mediana della popolazionedi pari età), le molte misure proposte (diametri,spessori di pliche cutanee, circonferenze, lunghezzeecc.), la necessità di fare ricorso a equazioni di re-gressione che hanno un errore implicito. La bioimpedenzometria misura l’impedenza of-ferta dal corpo umano al passaggio di una correnteelettrica. Questa è funzione dello stato di idrata-zione e del contenuto in elettroliti. Essendo l’ac-qua, in condizioni di idratazione normale del sog-getto, contenuta quasi esclusivamente nella massamagra in una quota fissa (pari al 73% circa delpeso della stessa massa magra), a partire dai datielettrici è possibile stimare la quota di acqua cor-porea e quindi la percentuale di massa magra.Tale tecnica, consentendo l’esecuzione delle misurein modo rapido, non invasivo, ripetibile e a bassocosto, rappresenta un’importante risorsa nel fol-low-up della riabilitazione nutrizionale, in parti-colare per valutare le variazioni del contenutoidrico corporeo e indirizzare l’intervento di riabi-litazione nutrizionale per prevenire la refeedingsyndrome. La metodica stima la composizione cor-porea in modo meno affidabile in presenza di

stati di disidratazione o iperidratazione (compresele situazioni di grave sottopeso). La densitometria a doppio raggio X consistenell’esplorazione dell’intero corpo, o parte di esso,mediante raggi X a due diversi livelli di energia.La tecnica presuppone che il corpo sia costituitoda tre componenti che si distinguono per le loroproprietà di attenuazione dei raggi X: massa grassa,massa magra e massa minerale ossea. Nei disturbidell’alimentazione, la tecnica viene utilizzata ancheper la misurazione della densità minerale ossea,allo scopo di diagnosticare e seguire nel tempol’osteoporosi. È indicata in tutti i pazienti con di-sturbi dell’alimentazione con indice di massa cor-porea inferiore a 15 kg/m2 oppure con amenorreadi durata superiore ai 6 mesi.

Funzionalità corporea

La misura della funzionalità corporea consente divalutare le conseguenze di errori precedenti nel com-portamento alimentare. Un test funzionale potràstimare i livelli di nutrienti introdotti misurando lafunzione che dipende da ciascun nutriente. Così,un ridotto livello di proteine plasmatiche potràessere indice di un insufficiente apporto proteico,relativo o assoluto; un alterato assetto lipidemicopotrà indicare un eccessivo apporto di energia; un’al-terata risposta al test di adattamento all’oscurità po-trà far pensare a una carenza di vitamina A. La sceltadei parametri da misurare sarà funzione anche deltipo di malnutrizione da indagare: così, per esempio,nel caso di una malnutrizione per difetto (anoressianervosa) sarà opportuno valutare l’assetto protide-mico (albuminemia, prealbuminemia ecc.), mentrenel caso di una malnutrizione per eccesso (BED)l’attenzione dovrà essere rivolta a valutare soprattuttoil compenso glicemico e l’assetto lipidemico.In linea di massima, tre gruppi di variabili sonovalutabili come indicatori di una funzione corporea

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alterata in relazione a un cattivo stato di nutrizione:parametri metabolici (assetto protidemico e lipi-demico, compenso glicemico), immunocompe-tenza (linfocitemia) e funzione motoria (dinamo-metro elettronico o manuale, test del cammino).

Obiettivi e strumenti terapeutici

L’alleanza terapeutica

I primi incontri con il paziente sono decisivi perstabilire il rapporto di fiducia e collaborazionenecessario al progetto terapeutico. Il primo con-tatto con il terapeuta è spesso carico di ansia e sfi-ducia e caratterizzato dal tentativo di minimizzarei problemi psichici collegati alla malnutrizione. Ilcolloquio non deve essere orientato in manieragiudicante sul peso del paziente, ma rivolto a unacomprensione allargata del significato dei sintomifisici e comportamentali tanto per il paziente cheper il contesto sociofamiliare. Alcune caratteristichepeculiari della struttura di personalità dei pazienticon disturbi dell’alimentazione (la diffidenza e lareticenza della persona con anoressia nervosa; lasfiducia, il senso di inadeguatezza e di vergognadella persona con bulimia nervosa) possono ren-dere difficile l’instaurarsi di un’alleanza terapeuticasalda. La relazione terapeutica richiede grandi ca-pacità di tollerare atteggiamenti squalificanti neiconfronti dell’andamento del progetto terapeuticoe delle capacità del terapeuta. Particolare attenzioneva posta alla definizione degli obiettivi terapeutici,che spesso, soprattutto agli inizi, possono noncoincidere con le richieste del paziente.Un aspetto cruciale nel trattamento dei disturbidell’alimentazione è la necessità di affrontare l’am-bivalenza del paziente nei confronti della cura.Alcuni pazienti, in particolare quelli sottopeso, nonconsiderano il loro disturbo come un problema,ma al contrario valutano il controllo del peso, della

forma del corpo e dell’alimentazione come unameta o un mezzo per diventare speciali o aumentareil loro valore personale. Altri pazienti hannoun’estrema paura di diventare grassi se abbando-nano il loro rigido controllo dell’alimentazione.Altri ancora hanno la paura di cambiare in generalee hanno difficoltà ad affrontare ogni situazione cheminacci il loro senso di controllo. Al contrario, al-cuni pazienti sembrano molto motivati a cambiare;nella maggior parte dei casi, sono quelli non sotto-peso con episodi bulimici ricorrenti. In realtà, inmolti di questi l’obiettivo principale è affrontaregli ostacoli alla perdita di peso, cioè gli episodi bu-limici, piuttosto che il disturbo dell’alimentazione.Infine, alcuni pazienti hanno avuto precedenti espe-rienze terapeutiche negative e per tale motivo sonoriluttanti a intraprendere nuovi percorsi di cura. Dunque, in ogni trattamento per i disturbi del-l’alimentazione è essenziale dedicare molta atten-zione all’ambivalenza del paziente e adottare unostile terapeutico “coinvolgente”. In generale, l’ap-proccio per “coinvolgere” i pazienti nel trattamentovaria a seconda della loro motivazione individualeal cambiamento, ma in tutti i casi è essenziale tra-smettere empatia, comprensione e competenza,promuovere un rapporto di fiducia e fornire unquadro chiaro di quello che il trattamento com-porta. Gli studi epidemiologici confermano cheuna percentuale molto bassa di pazienti con di-sturbi dell’alimentazione chiede direttamente untrattamento. Per questa ragione, le più qualificatestrutture per la gestione di questi disturbi preve-dono nella loro offerta di intervento una serie ini-ziale di colloqui di motivazione, che arrivano arappresentare fino al 20-30% dell’intero percorso.

Psicoterapie basate sull’evidenza

L’intervento psicoterapeutico nei disturbi dell’ali-mentazione ha compiuto numerosi progressi. Per

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la terapia della bulimia nervosa e del BED sonodisponibili vari trattamenti, la cui efficacia è stataampiamente documentata da studi clinici control-lati. Per l’anoressia nervosa, la terapia basata sullafamiglia ha un’efficacia dimostrata negli adolescentipiù giovani, mentre non sono ancora disponibiliinterventi basati sull’evidenza per gli adulti, seb-bene ve ne siano alcuni che hanno fornito risultatipromettenti. Infine, poco studiato è stato il trat-tamento dei disturbi dell’alimentazione non altri-menti specificati (Tabella 6.4). Non esistono evi-denze sufficienti per affermare in modo definitivola superiorità di un approccio psicoterapeutico ri-spetto ad altri e in letteratura esistono indicazionicirca la potenziale utilità dell’integrazione di diversitipi di intervento psicoterapeutico.Nei paragrafi seguenti sono descritte le psicotera-pie che hanno dimostrato di essere efficaci nellevarie categorie diagnostiche dei disturbi dell’ali-mentazione, i loro limiti e i problemi che devono

essere ancora risolti per la loro attuazione e diffu-sione in Italia.

Anoressia nervosa

Le evidenze riguardanti il trattamento psicotera-peutico dell’anoressia nervosa sono scarse. Questoè principalmente dovuto alla difficoltà (pratica edetica) di effettuare studi clinici controllati in pa-zienti non stabilizzati, poco collaboranti e conalti tassi di abbandono della terapia. Con pocheeccezioni, le linee guida disponibili si basano so-prattutto sul parere di esperti del settore, i qualiraccomandano un approccio multidisciplinare cheincluda gli aspetti psichiatrici, psicosociali, medicie nutrizionali. Tutte le linee guida, inoltre, racco-mandano una buona integrazione dei trattamenti,da ottenere attraverso adeguati livelli di comuni-cazione tra gli specialisti e una specifica espe-rienza/formazione nel settore. La psicoterapiaviene in ogni modo considerata un passaggio es-

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Tabella 6.4 Lo status artis del trattamento psicoterapeutico dei disturbi dell’alimentazione

Anoressia nervosa• Non vi sono trattamenti basati sull’evidenza per gli adulti (ma alcuni risultati promettenti non sono ancora stati pubblicati)• La terapia basata sulla famiglia è efficace nei pazienti più giovani (con meno di 3 anni di malattia) e determina un tasso di remissione

del disturbo di circa il 50%

Bulimia nervosa• Più di 20 studi randomizzati controllati hanno dimostrato l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale per la bulimia nervosa

(CBT-BN). Tra coloro che completano il trattamento (80-85%), il 40% ha una remissione duratura del disturbo• La CBT migliorata (CBT-E) permette di ottenere una remissione nei due terzi dei pazienti che concludono il trattamento• La terapia interpersonale (IPT) è meno efficace rispetto alla CBT-BN alla fine del trattamento, ma a distanza di un anno ottiene i me-

desimi risultati; sembra, comunque, meno efficace della CBT-E

BED• La CBT-BN adattata per il BED permette di ottenere una remissione delle abbuffate in circa il 50-60% dei casi che completano il trat-

tamento, ma non determina una perdita di peso nei pazienti in cui coesiste una condizione di obesità• L’IPT, individuale o di gruppo, adattata per il BED permette di ottenere una remissione delle abbuffate in circa il 50-60% dei casi che

completano il trattamento, ma non determina una perdita di peso nei pazienti in cui coesiste una condizione di obesità• La terapia comportamentale per la perdita di peso (BWL) permette di ottenere a breve termine una riduzione delle abbuffate simile

alla CBT e all’IPT e un calo di peso nei pazienti in cui coesiste l’obesità. A 2 anni di distanza, però, l’efficacia di questo trattamentoè inferiore alla CBT e all’IPT per quanto riguarda la riduzione delle abbuffate e il recupero del peso

Disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati• La CBT-E permette di ottenere risultati simili a quelli raggiunti nel trattamento della bulimia nervosa (nei pazienti moderatamente

sottopeso)• Non sono stati effettuati studi nei pazienti gravemente sottopeso

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senziale nel trattamento dell’anoressia nervosa epuò essere effettuata sia individualmente che a li-vello familiare.Vi sono forti evidenze dell’efficacia della terapiabasata sulla famiglia, secondo il modello delMaudsley Hospital di Londra, nei pazienti più gio-vani che vivono all’interno di una famiglia integra.Si tratta di un intervento intensivo ambulatoriale,manualizzato, che promuove il controllo genito-riale della normalizzazione dell’alimentazione edel peso attraverso i pasti familiari dell’adolescente,migliorando allo stesso tempo il funzionamentofamiliare in relazione allo sviluppo adolescenziale.La terapia ha la durata di un anno, prevede 24 se-dute di un’ora ciascuna, gestite da due terapeuti(un clinico primario e un co-terapeuta), e si svolgein tre fasi. Nella “fase uno” (sedute 1-10), i genitorisono assolti dalla responsabilità di causare il di-sturbo e sono complimentati per gli aspetti positividel loro ruolo genitoriale. Inoltre, sono incoraggiatia trovare da soli come meglio aiutare a normalizzareil peso corporeo del figlio. Nella “fase due” (sedute11-16), i genitori sono aiutati a trasferire il con-trollo dell’alimentazione e del peso al figlio conmodalità appropriate per l’età. La “fase tre” (sedute17-24) è focalizzata sullo stabilire una relazionesalutare tra i genitori e l’adolescente. L’interventoè multidisciplinare, perché è associato a visite set-timanali con un pediatra o un medico specialistadelle complicanze della malnutrizione, a consul-tazioni frequenti con un dietista e a periodi diospedalizzazione se il peso del paziente va al disotto del 75% del peso corporeo ideale oppure secompaiono ipotermia (< 36,3 °C), bradicardia (< 50 battiti/min), ipotensione ortostatica (aumentofrequenza cardiaca > 35 battiti/min, diminuzionedella pressione sistolica > 10 mmHg) o diminuzionedel peso al di sotto del 75% del peso corporeoideale. La presenza di un disturbo ossessivo-com-pulsivo in comorbidità sembra diminuire l’efficacia

di questa terapia, mentre nelle famiglie più pro-blematiche (eccessiva iperprotezione o criticismo)la terapia è più efficace se il paziente e la famigliavengono visti separatamente. La terapia non sembraessere molto efficace se la durata dell’anoressia ner-vosa è superiore a 3 anni e nella bulimia nervosa.Inoltre, essa non è applicabile quando i genitorisono divorziati o hanno problemi psichiatrici cheinterferiscono con le procedure del trattamento, oquando è disponibile un solo genitore.Nei pazienti adulti con anoressia nervosa non cisono evidenze che suggeriscano la maggiore effi-cacia di un particolare tipo di psicoterapia rispettoa un altro, anche se probabilmente un trattamentoaspecifico è meno efficace di una forma specificadi psicoterapia.Gli esperti, tuttavia, sembrano indicare la psico-terapia cognitivo-comportamentale (CBT)come la forma di terapia più adatta, poiché af-fronta i principali comportamenti (sottopeso, re-strizione alimentare, episodi bulimici, eserciziofisico eccessivo, controllo del corpo) e processicognitivi (eccessiva valutazione del peso e dellaforma del corpo) che caratterizzano i disturbi del-l’alimentazione. La CBT, inoltre, può essere uti-lizzata per la prevenzione delle ricadute e per trat-tare eventuali sintomi ansiosi e depressivi, chespesso persistono dopo il miglioramento del qua-dro di anoressia nervosa. Recentemente, è stata messa a punto una formamigliorata di CBT, chiamata CBT-E (enhanced),finalizzata alla cura di tutti i disturbi dell’alimen-tazione. La CBT-E è derivata dalla teoria che con-sidera i disturbi dell’alimentazione come un’unicacategoria diagnostica. Essa usa diverse nuove pro-cedure e strategie per migliorare l’esito e includemoduli per affrontare alcuni ostacoli al cambia-mento, come il perfezionismo, la bassa autostimae le difficoltà interpersonali. La CBT-E è stata ori-ginariamente progettata per pazienti adulti gestibili

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a livello ambulatoriale, ma è stata successivamenteadattata anche ai pazienti adolescenti e ai contestiintensivi di cura, come la terapia ambulatorialeintensiva, il day-hospital e il ricovero. Il tratta-mento può essere somministrato secondo due mo-dalità: una focalizzata (CBT-Ef ), che affrontaesclusivamente i processi che mantengono la psi-copatologia specifica dei disturbi dell’alimenta-zione, e una allargata (CBT-Eb), che affronta inmoduli specifici anche uno o più dei seguenti tremeccanismi: perfezionismo, bassa autostima, pro-blemi interpersonali. La CBT-Eb dovrebbe essereriservata ai pazienti in cui marcati problemi ag-giuntivi contribuiscono a mantenere il disturbodell’alimentazione. La CBT-E ha due intensità disomministrazione a seconda del peso del paziente:una di 20 sedute in 20 settimane per i pazienticon indice di massa corporea > 17,5 kg/m2 e unadi 40 sedute in 40 settimane per i pazienti con in-dice di massa corporea ≤ 17,5 kg/m2. Nei contestiambulatoriali la CBT-E è somministrata da ununico terapeuta, mentre nei livelli intensivi di curaè attuata da un’equipe multi disciplinare compostada medici, psichiatri, psicologi, dietisti e infermieriprofessionali che, pur mantenendo il loro specificoruolo professionale, hanno ricevuto una forma-zione specifica e applicano le procedure previstedal protocollo di cura. Studi clinici eseguiti in Italia e in Inghilterra in-dicano che la CBT-E sembra essere un trattamentopromettente per la cura dei pazienti sia adulti siaadolescenti affetti da anoressia nervosa. I dati di-sponibili indicano che con questa forma di curadue terzi dei pazienti completano il trattamento.Tra quelli che completano il trattamento, più del50% dei pazienti adulti, un anno dopo la conclu-sione della terapia, ha un indice di massa corporeasuperiore a 18,5 kg/m2 e l’80% circa una psico-patologia residua minima. I dati sembrano anchepiù promettenti negli adolescenti con anoressia

nervosa, nei quali il centile medio di indice dimassa corporea passa da 3,3 all’inizio del tratta-mento a 35,1 un anno dopo la fine del tratta-mento, associato nel 90% dei casi con una psico-patologia residua minima. Un approccio che sembra essere interessante intermini di originalità e meccanismi d’azione è laterapia di riabilitazione cognitiva. Si tratta diuna terapia su base neuropsicologica che prendespunto dagli interventi riabilitativi che si effet-tuano nelle malattie neurodegenerative e in ma-lattie psichiatriche come la schizofrenia. L’ipotesiè che, pur in presenza di un’intelligenza generalee di abilità verbali che nell’anoressia nervosa sem-brano essere anche maggiori rispetto ai controlli,l’inflessibilità e le difficoltà decisionali possanocontribuire ad aggravare la resistenza al cambia-mento e che le difficoltà visuo-spaziali contribui-scano alla distorsione dell’immagine corporea. Sitratta di un intervento breve, che può essere ef-fettuato in un ambiente sia ospedaliero sia ambu-latoriale. Il trattamento è vissuto in modo positivodalle pazienti, probabilmente poiché non riguardaaspetti specifici della psicopatologia. Esso sembraessere in grado di aumentare la capacità di rifletteresul proprio stile di pensiero (“metacognizione”) ela fiducia di poter intraprendere un cambiamentoin aree importanti della vita, inclusa la malattia.

Bulimia nervosa

Per la bulimia nervosa vi sono forti evidenze a fa-vore dell’utilizzo della CBT e, pertanto, in assenzadi gravi complicanze mediche e di comorbiditàpsichiatrica l’intervento psicoterapeutico può es-sere l’unico trattamento utilizzato. La CBT per la bulimia nervosa (CBT-BN) pre-vede 19 sedute individuali, della durata di 50 mi-nuti, per un periodo di 4-5 mesi. Il trattamento èdiviso in tre fasi. La “fase uno” (prime otto sedute)prevede l’orientamento del paziente nei confronti

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del trattamento, l’educazione sul disturbo e suimeccanismi che lo mantengono, l’apprendimentodell’uso dell’automonitoraggio, la misurazione set-timanale del peso e l’introduzione di uno schemaregolare di alimentazione. La “fase due” (otto se-dute) affronta la restrizione dietetica cognitiva ele convinzioni disfunzionali nei confronti del pesoe della forma del corpo. La “fase tre” (tre sedute)comprende la conclusione della terapia e la pre-venzione delle ricadute.La CBT-BN, valutata in più di 20 studi rando-mizzati, ha un’efficacia pari o superiore a tutte leterapie con cui è stata confrontata e determina laremissione completa in circa la metà dei pazientiche concludono il trattamento (che sono circal’80%). La diminuzione nella frequenza delle ab-buffate è accompagnata da una significativa ridu-zione dei livelli di restrizione alimentare, con unaumento della quantità di cibo assunto tra gli epi-sodi bulimici. Anche la preoccupazione per il pesoe la forma del corpo diminuisce significativa-mente. La terapia, infine, procura un notevolemiglioramento della depressione e del funziona-mento sociale, un aumento dell’autostima e unariduzione dei comportamenti impulsivi spesso as-sociati alla bulimia nervosa. Gli studi eseguitihanno dimostrato un buon mantenimento dei ri-sultati a 6 mesi, un anno e 6 anni dopo la conclu-sione della terapia. Gli studi recenti hanno ancheevidenziato che i pazienti i quali rispondono fa-vorevolmente alla CBT-BN possono essere iden-tificati dopo 4 settimane di cura: una riduzionedel 70% dei comportamenti di compenso predice,infatti, un esito positivo a distanza di un anno.La terapia interpersonale (IPT) è un’altra psico-terapia che ha dimostrato di essere efficace nel trat-tamento della bulimia nervosa. L’IPT, originaria-mente formulata come un trattamento breve perla cura della depressione, si propone di aiutare l’in-dividuo a identificare e a modificare i suoi problemi

interpersonali attraverso un intervento non direttivoe non interpretativo. L’intervento applicato nellabulimia nervosa consiste in 15-20 sessioni delladurata di 50 minuti per un periodo di 4-5 mesi. Iltrattamento è diviso in tre fasi. La prima ha l’obiet-tivo di identificare i problemi interpersonali checontribuiscono al mantenimento del disturbo del-l’alimentazione, classificati in quattro categorie:lutti non risolti, dispute interpersonali, difficoltà astabilire o mantenere rapporti, problemi inerentialle fasi di transizione della vita. Nella seconda fase,uno o più di questi problemi diventano l’obiettivodel trattamento e il paziente è incoraggiato a riflet-tere profondamente su di essi e su come affrontarli.Nella terza fase si rivedono i risultati ottenuti e siprepara la conclusione della terapia.Studi clinici randomizzati eseguiti in Inghilterrae Stati Uniti hanno evidenziato che l’IPT, alla finedel trattamento, è meno efficace rispetto alla CBT-BN, ma a distanza di un anno ottiene i medesimirisultati. I miglioramenti determinati dall’inter-vento si mantengono anche a 6 anni dal terminedella cura. Promettenti risultati preliminari sono stati ottenuticon altre forme di psicoterapia, che si focalizzanomaggiormente sul miglioramento della regolazioneemotiva (terapia dialettico-comportamentale,DBT) e degli stati affettivi (terapia integrativa co-gnitivo-affettiva, ICAT).

BED

Gli interventi psicoterapeutici si sono dimostratiutili nella bulimia nervosa e hanno dimostratouna buona efficacia anche nel BED. In particolare,la CBT-BN, con alcuni adattamenti, si è dimo-strata efficace nello stabilizzare il comportamentoalimentare nei pazienti con questo disturbo, contassi di remissione degli episodi di abbuffate at-torno al 50-60%, e nel migliorare la psicopatolo-gia. Il trattamento, tuttavia, non ottiene risultati

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soddisfacenti in termini di perdita di peso nei pa-zienti in cui coesiste l’obesità. Il trattamento conCBT prevede l’esame delle idee disfunzionali,l’identificazione degli stati emotivi che possonoinnescare le abbuffate e lo sviluppo di modalitàpiù funzionali per fronteggiarli. Viene enfatizzatala capacità di mangiare in modo adeguato, limi-tando gli eccessi, ma anche concedendosi piccolistrappi alla regola. I pazienti ricevono informa-zioni sui rischi legati all’obesità, sugli effetti be-nefici dell’attività fisica e sul valore calorico deglialimenti.L’IPT, sia individuale sia di gruppo, ha dato ri-sultati positivi simili alla CBT-BN per quanto ri-guarda la remissione degli episodi di abbuffate eil miglioramento della psicopatologia. Anche conquesta terapia non si ottiene un calo di peso si-gnificativo nei pazienti in cui coesiste l’obesità. La terapia comportamentale per la perdita dipeso (behavioral weight loss therapy, BWT), laquale promuove una moderata restrizione calorica,un miglioramento delle abitudini alimentari e unaumento dei livelli di attività fisica, permette diottenere miglioramenti a breve termine simili allaCBT-BN e all’IPT sugli episodi di abbuffate esulla psicopatologia e ha il vantaggio di determi-nare anche un calo di peso. Purtroppo, a due annidi follow-up si verifica il recupero del peso perdutoe la CBT e l’IPT sono più efficaci nel determinarela riduzione della frequenza delle abbuffate.La terapia dialettico-comportamentale (DBT) sioccupa in modo specifico della gestione delle emo-zioni, insegnando al paziente ad aumentare la suacapacità di regolarle. Contrariamente alla CBT, siinteressa delle abbuffate solo in modo indiretto,cercando di interrompere i circoli viziosi che le in-ducono e mantengono. Essa ha dimostrato unamaggiore efficacia nella riduzione della frequenzadelle abbuffate, ma gli effetti benefici del trattamentotendono a scomparire a 12 mesi di follow-up.

Auto-aiuto con i manuali

Negli ultimi 20 anni, sono stati pubblicati numerosimanuali di auto-aiuto per i disturbi dell’alimenta-zione, diretti sia ai pazienti sia alle loro famiglie, chedescrivono forme semplificate di CBT. Molti diquesti manuali sono disponibili anche in Italia. I manuali di auto-aiuto possono essere utilizzati invari modi: come unica forma di cura seguita dal-l’individuo (auto-aiuto puro); con il supporto di unprofessionista anche non specializzato nella cura deidisturbi dell’alimentazione, come un medico di me-dicina generale (auto-aiuto guidato); come aggiuntaa un intervento specialistico. I dati a disposizioneindicano che con l’auto-aiuto guidato si possonoottenere la remissione completa degli episodi di ab-buffate in circa il 30% dei pazienti e una riduzionesignificativa del loro numero in circa il 50-60%.

Problematiche aperte e direzioni future

In Italia, ma anche negli altri Paesi occidentali, no-nostante la disponibilità di psicoterapie che hannodimostrato di essere efficaci per un ampio sotto-gruppo di disturbi dell’alimentazione, i trattamentibasati sull’evidenza sono offerti ai pazienti solo

da una minoranza di centri specialistici. Questofenomeno sembra derivare da due problemi prin-cipali. Primo, i terapeuti tendono a ritenere che itrattamenti valutati nei centri di ricerca siano ina-deguati ad affrontare i molti casi complicati checurano nei contesti clinici del “mondo reale”. Se-condo, i terapeuti, anche specializzati nel tratta-mento dei disturbi dell’alimentazione, raramentericevono una formazione sulle psicoterapie basatesull’evidenza. Una potenziale soluzione per il primo problemaè lo sviluppo di interventi ideati per curare cam-pioni eterogenei di pazienti (es. con comorbiditàmedica e psichiatrica). In linea con questo obiet-tivo, gli studi più recenti hanno incluso campionicon tutte le categorie diagnostiche dei disturbi

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dell’alimentazione e con presenza di gradi variabilidi comorbidità, anche in contesti intensivi di cura,come il ricovero ospedaliero.Per affrontare il secondo problema è necessariosviluppare nuove modalità di formazione. È evi-dente che il tradizionale modo di promuovere ladiffusione delle psicoterapie basate sull’evidenza,come le pubblicazioni scientifiche, i manuali ditrattamento e i seminari di 1-2 giorni non sonosufficienti per aiutare il clinico ad acquisire le abi-lità per somministrare queste forme di tratta-mento. Un’alternativa potenzialmente efficace po-trebbe essere quella di istituire nel nostro Paesecorsi postuniversitari specificatamente organizzatiper formare i terapeuti ad acquisire le abilità ne-cessarie per utilizzare queste forme di psicoterapie.I corsi dovrebbero includere le metodologie abi-tualmente usate per formare i clinici negli studicontrollati, come la disponibilità di un manuale,l’uso di un approccio didattico interattivo, l’os-servazione di sedute attuate da esperti, la praticadel role-playing. Sfortunatamente, sebbene corsiintensivi di questo genere possano attrarre uncerto numero di partecipanti, solo pochi clinicihanno il tempo e la possibilità di frequentarli.Una potenziale strategia per superare questi osta-coli potrebbe essere l’uso di internet. Questa stra-tegia formativa prevede la costruzione di un sitoweb ad hoc per fornire una formazione interattivaai partecipanti e la progettazione di misure pervalutare la competenza dei terapeuti. Il maggiorevantaggio di questo approccio è la possibilità diformare un ampio numero di terapeuti a bassocosto. Lo svantaggio potenziale è la mancanza delcontatto diretto faccia a faccia tra discente e do-cente, che può essere cruciale per incrementarel’entusiasmo e la curiosità nel terapeuta in for-mazione, nonché la difficoltà di adattare il pro-cesso di apprendimento alle capacità, alle moti-vazioni e al retroterra culturale dei partecipanti.

Un altro problema non ancora risolto è come aiu-tare i terapeuti formati nelle psicoterapie basatesull’evidenza a praticare il trattamento corretta-mente una volta terminata la formazione. A talfine potrebbe essere utile pianificare momentiperiodici di aggiornamento e di supervisione

di casi clinici trattati.Resta anche da capire come e quando semplificareo intensificare il trattamento. È noto che alcunipazienti possono beneficiare di forme semplificatedi cura, come la psicoeducazione o l’auto-aiutoguidato, mentre altri richiedono trattamenti piùprolungati e a volte più intensivi, come il ricovero,rispetto a quelli proposti dalle psicoterapie basatesull’evidenza. Sfortunatamente, non sono ancoradisponibili predittori clinici affidabili dell’esito deltrattamento ai diversi livelli di cura. Inoltre, nonsono stati individuati gli elementi attivi e inattividelle psicoterapie, cioè quelli che dovrebbero esseresempre inclusi nel trattamento e quelli che po-trebbero essere eliminati. Infine, la decisione diintensificare il trattamento si basa ancora sul sologiudizio clinico e non su affidabili dati empirici.L’ultimo e più importante problema da affrontareè quello di migliorare l’efficacia degli interventipsicoterapeutici disponibili. Nonostante gli inco-raggianti tassi di guarigione ottenuti dalle psico-terapie sopra descritte, alcuni pazienti non guari-scono anche con le forme più intensive di cura.Investire nella ricerca per comprendere meglio leragioni sottostanti al fallimento del trattamento eper generare procedure e strategie innovative è unasfida prioritaria da affrontare nei prossimi anni.

Interventi per la famiglia

Indipendentemente dall’attuazione di un interventoterapeutico specifico con la famiglia (come la terapiabasata sulla famiglia di cui si è detto prima), il pro-gramma di trattamento dovrebbe sempre prevedere,

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soprattutto per l’anoressia nervosa, un’attenzioneparticolare al rapporto con i genitori o il partnerdei pazienti. Escludere i genitori o il partner daltrattamento può determinare sfiducia e aggressivitànei confronti dei terapeuti e aumentare il rischiodi un abbandono del trattamento.L’approccio più utilizzato è quello psicoeducativo,il cui scopo principale è fornire ai familiari le in-formazioni più importanti sulla malattia, sui suoisintomi, sulle caratteristiche dell’evoluzione abreve e lungo termine, sulle indicazioni e sui livellipiù o meno intensivi del trattamento. I programmipsicoeducativi per i familiari sembrano in gradodi diminuire il carico familiare e, con esso, l’ec-cessivo coinvolgimento emotivo e gli atteggia-menti critici nei confronti del paziente. Gli incontri con i familiari sono effettuati separa-tamente dagli incontri con i pazienti. È opportunodare ai familiari un’occasione per parlare delleproprie difficoltà nei confronti del problema ali-mentare perché, nella cultura dei mezzi di comu-nicazione di massa, la famiglia è spesso considerata“responsabile” del disturbo e i familiari arrivanoalla consultazione colpevolizzati e in apprensione.Nell’esplorazione delle relazioni familiari è difficiledistinguere tra gli aspetti primari, che precedonol’insorgenza del disturbo, e quelli che ne sonouna conseguenza. Nei primi colloqui è meglioevitare la discussione sui problemi conflittuali piùangoscianti, cercando di stabilire un’atmosfera dicollaborazione, in cui i familiari si sentano par-tecipi del programma terapeutico, rassicuratidalla possibilità di chiedere indicazioni, alleviatidai sentimenti di colpa. È opportuno stabilire unrapporto che possa rappresentare un punto di ri-ferimento per la famiglia anche nel caso in cui ilpaziente dovesse rifiutare o abbandonare la terapia. I primi incontri servono soprattutto a completareil quadro diagnostico e a cogliere il punto di vistadei familiari: come è insorto il disturbo, quali

conseguenze ha avuto sul paziente e quali sonostate le ripercussioni sulla famiglia e sulle sue re-lazioni sociali. Le osservazioni dei familiari pos-sono essere utili per individuare un progressivoisolamento sociale oppure l’inizio di rituali osses-sivi, di cui il paziente non riferisce. Il contatto con i familiari può esaurirsi in uno odue incontri, se non vengono individuati particolaribisogni o rilevanti problemi di rapporto. Per le fa-miglie non molto conflittuali, in cui la coppia ge-nitoriale è integra, può essere indicato parteciparea incontri psicoeducazionali di gruppo, dove di-scutere le strategie e i comportamenti da adottare.Nelle coppie separate o in aperto conflitto, il gruppodei familiari è poco indicato, mentre possono essereutili incontri con il singolo nucleo familiare perevitare, nella misura possibile, il coinvolgimentodel paziente nel conflitto parentale e per aiutare igenitori a facilitare l’autonomizzazione del figlio.Esistono altri casi in cui l’approccio ai familiaririsulta notevolmente difficile nonostante un’ap-parente mancanza di conflittualità: sono quelli incui il disturbo anoressico, nonostante l’evidentegravità, viene negato dai familiari allo stesso modoin cui viene negato dal paziente. Si tratta in generedi situazioni particolarmente problematiche, chepossono arrivare all’osservazione del medico dopouna lunga durata di malattia.Nella bulimia nervosa, il rapporto con i familiaripuò essere utile in alcuni casi, per esempio quelliin cui le famiglie sono particolarmente coinvolte,con atteggiamenti che ostacolano il percorso te-rapeutico del paziente. In molti altri casi, però, iltrattamento può avere successo senza un partico-lare coinvolgimento della famiglia.

Trattamenti farmacologici

Nei disturbi dell’alimentazione i farmaci sono uti-lizzati per due distinte finalità. La prima è la cura

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delle patologie psichiatriche che si associano

frequentemente a questi disturbi, aggravandolie spesso interferendo negativamente con l’anda-mento della patologia di base e con gli esiti deitrattamenti praticati. Le comorbidità più frequentisono rappresentate dalla depressione maggiore, daldisturbo bipolare, dai disturbi d’ansia, dai disturbidi personalità e dall’abuso di sostanze. Il tratta-mento farmacologico di questi disturbi è quelloproprio del disturbo specifico, deve essere messoin atto fin dall’inizio dell’approccio terapeuticospecifico al disturbo dell’alimentazione, protrattofino alla risoluzione del disturbo stesso o mante-nuto, secondo le linee di indirizzo terapeutichespecifiche di ognuna di queste patologie.La seconda finalità della farmacoterapia è contri-buire alla risoluzione dei sintomi specifici dei

disturbi dell’alimentazione. Al riguardo, i datiderivanti dagli studi clinici controllati evidenzianoche, nell’anoressia nervosa, alcuni trattamenti far-macologici possono indurre miglioramenti signi-ficativi a breve termine dei sintomi psicopatologiciassociati, come depressione, ansia, pensiero osses-sivo, aggressività, mentre il nucleo centrale dellamalattia rimane immodificato o, quando migliora,va facilmente incontro a recidiva nel lungo ter-mine. Nella bulimia nervosa, invece, i risultatidelle farmacoterapie sembrano decisamente piùsoddisfacenti, specialmente a seguito di uso pro-lungato degli inibitori della ricaptazione della se-rotonina (selective serotonin reuptake inhibitors,SSRI) e in particolare della fluoxetina, inducendola remissione sia delle crisi bulimiche sia dei com-portamenti di compenso. Tuttavia, ciò si verificasolo nel 20-30% dei casi trattati e il miglioramentodella psicopatologia è troppo spesso seguito da ri-cadute. Infine, nel BED la farmacoterapia, in par-ticolare con SSRI, può ridurre o determinare, inun sottogruppo di pazienti, la totale regressionedelle crisi di abbuffate, ma non riesce a modificare

l’eccesso di peso e la sindrome metabolica che loaccompagna.Il trattamento farmacologico dei disturbi del-

l’alimentazione va attuato all’interno di un per-

corso di cura integrato che preveda il contem-poraneo impiego di interventi nutrizionali e psi-coterapeutici. Particolare attenzione deve essereprestata, nei soggetti malnutriti, ai possibili effetticollaterali dei farmaci, specialmente quelli a caricodella funzione cardiovascolare. Va ricordato chein Italia la fluoxetina è l’unico farmaco approvatospecificamente per il trattamento di un disturbodell’alimentazione (la bulimia nervosa), mentrel’uso degli altri farmaci è da ritenersi al di fuori diquelle che sono le loro indicazioni terapeuticheapprovate (off-label) e va quindi attuato, secondola legge n. 94/98 e il vigente codice di deontologiamedica, sotto la diretta responsabilità del medico,previa informazione del paziente e acquisizionedel suo consenso scritto (se il paziente è mino-renne, si applica la normativa specifica), qualorail sanitario ritenga, in base a dati documentabili,che non possano essere utilizzati farmaci per iquali sia già approvata quell’indicazione terapeu-tica e purché tale impiego sia noto e conforme alavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accre-ditate in campo internazionale.

Anoressia nervosa

Farmaci antidepressivi

Nell’anoressia nervosa sono stati inizialmente spe-rimentati i farmaci antidepressivi triciclici e gliinibitori delle monoaminossidasi (IMAO), instudi in aperto o in cieco, a dosi basse e per periodidi tempo variabili fra 3 e 12 settimane, con risul-tati molto incerti. Infatti, nei più validi studi incieco si sono osservati effetti significativi a caricodei sintomi depressivi, dello stato ansioso e anche,in parte, dell’ossessività-compulsività, ma quasinulli sui sintomi psicopatologici specifici della

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malattia, quali la ricerca della magrezza e la di-storsione dell’immagine corporea. Per di più, i ri-sultati ottenuti non sono stati stabili nel tempo.In seguito sono stati sperimentati gli SSRI, gli ini-bitori della ricaptazione della serotonina e della no-radrenalina (serotonin-norepinephrine reuptake in-hibitors, SNRI), la mirtazapina e la sulpiride. Anchequesti trattamenti hanno dato risultati soddisfacentisui sintomi depressivi, sullo stato ansioso e, in parte,sulla sintomatologia ossessivo-compulsiva, ma quasinulli sui sintomi specifici dell’anoressia nervosa. Èstato sostenuto che la somministrazione di fluoxe-tina, dopo la ripresa della normale nutrizione e ilrecupero del peso corporeo, possa prevenire le ri-cadute della malattia, ma questo risultato non èstato confermato da tutti gli studi.

Farmaci antipsicotici

Nell’anoressia nervosa i farmaci antipsicotici sonostati sperimentati sulla base dell’osservazione cheessi inducono aumento di peso nel trattamento alungo termine dei pazienti psicotici. Gli antipsi-cotici di prima generazione (clorpromazina, flu-pentixolo, aloperidolo, pimozide) sono stati uti-lizzati a dosi relativamente basse e per brevi periodidi trattamento, in studi in aperto e in cieco, conrisultati positivi a breve termine sulla ripresa delpeso, ma del tutto negativi sulla psicopatologiatipica della malattia che, anzi, viene peggioratadall’osservazione che il peso cresce indipendente-mente dall’assunzione di cibo e quindi dalla pos-sibilità di autocontrollo da parte dei pazienti.Recentemente sono stati sperimentati gli antipsi-cotici di seconda generazione, come l’olanzapina,la quetiapina, il risperidone, l’amisulpride, l’ari-piprazolo. Gli effetti globali di questi trattamentisulla malattia sono stati modesti, ma si è osservatoche alcuni sintomi possono migliorare. In parti-colare con l’olanzapina (utilizzata alla dose inizialedi 2,5 mg/die, aumentata fino a un massimo di

5-10 mg/die) si è osservato un miglioramento si-gnificativo non solo dei sintomi depressivi e an-siosi, ma anche dell’ossessività-compulsività, del-l’aggressività, dell’ostilità, del disturbo dell’imma-gine corporea.

Terapia ormonale estroprogestinica

La terapia ormonale estroprogestinica non trova in-dicazione nel trattamento dell’amenorrea nelle pa-zienti affette da anoressia nervosa in fase di caloponderale. L’esperienza clinica dimostra che il ri-pristino del ciclo mestruale indotto dalla terapia or-monale può essere di ostacolo al processo di cura,andando a interferire con la motivazione ad accettarel’intervento nutrizionistico e psichiatrico. Spesso,poi, le pazienti in terapia con estroprogestinici rife-riscono un fastidioso senso di gonfiore, che accentuala loro preoccupazione per il peso e la forma delcorpo. Infine, non esistono sufficienti evidenze sul-l’efficacia di tale terapia sul metabolismo osseo.Questa terapia può trovare invece indicazione: • in pazienti ancora amenorroiche nonostante l’ac-

quisizione di un indice di massa corporea nor-male, il mantenimento di un apporto caloricoadeguato e la normalizzazione dell’attività fisica;

• qualora si ravvisi la necessità di una contrac-cezione (in tal caso sarebbe preferibile un pre-parato transdermico);

• qualora, dopo la normalizzazione del peso cor-poreo, risultino presenti alcune patologie me-diche associate (es. ovaio policistico).

In queste circostanze, spetta all’equipe interdisci-plinare (endocrinologo, nutrizionista, psichiatra,psicologo), sulla base delle condizioni cliniche epsicologiche della paziente, valutare il tipo e ladurata del trattamento da instaurare.

Altri farmaci

Nell’anoressia nervosa è stato sperimentato l’an-tistaminico ciproeptadina, nell’ipotesi che la ri-

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duzione del senso di sazietà indotta dal farmacopotesse favorire la rialimentazione dei pazienti. I risultati sono stati incoraggianti per quanto ri-guarda il recupero del peso, in particolare nei pa-zienti più gravi e poco rispondenti alle terapie, eil miglioramento della sintomatologia depressiva,ma modesti e non confermati per gli aspetti psi-copatologici tipici della malattia.I farmaci pro-cinetici, cisapride e metoclopramide,sono stati sperimentati nel tentativo di accelerarelo svuotamento gastrico, che è rallentato nell’ano-ressia nervosa. Non vi è stata, tuttavia, evidenzadi effetti sui sintomi psichici della malattia né suidanni al tubo digerente.Gli antagonisti degli oppioidi endogeni, naloxonee naltrexone, sono stati sperimentati nell’ottica diun modello patogenetico di auto-dipendenza pro-posto per l’anoressia nervosa. Somministrati perbreve tempo in un ridotto numero di casi, essihanno esibito un effetto positivo, anche se transi-torio, in particolare sul comportamento bulimico-purgativo.La clonidina, la cicloserina e i sali di litio sonostati sperimentati nel tentativo di influenzare ilsenso di fame e di sazietà, ma i risultati ottenutisono stati molto modesti.L’impiego dello zinco come terapia aggiuntivanell’anoressia nervosa è stato suggerito dall’osser-vazione che molti sintomi tipici degli stati di ca-renza di questo metallo, quali perdita di peso, der-matiti, amenorrea e depressione, si riscontrano an-che nell’anoressia nervosa che, tra l’altro, si ac-compagna a una riduzione dei livelli ematici dizinco. I risultati degli studi in aperto o controllatiin doppio cieco che hanno utilizzato lo zinco siain forma elementare (50 mg/die per 6 mesi) siacome sale solfato (45-90 mg/die) o gluconato (50mg/die) hanno mostrato effetti positivi sul recu-pero di peso e sui sintomi ansiosi e depressivi dellamalattia, ma non sul suo nucleo psicopatologico.

Bulimia nervosa

Farmaci antidepressivi

Nella bulimia nervosa sono stati sperimentati dap-prima i farmaci antidepressivi triciclici e gli IMAO,con risultati modesti sia sulla sintomatologia acutasia nel mantenimento a lungo termine. In seguito,sono stati sperimentati gli SSRI, gli SNRI, la mian-serina, il bupropione, la reboxetina e il trazodone,con una riduzione della frequenza degli episodi diabbuffate e dei comportamenti di compenso nel60-70% dei casi e un’interruzione di questi com-portamenti nel 20-30% dei casi. In questi studi, ifarmaci sono stati somministrati a dosi più elevatedi quelle comunemente utilizzate per il trattamentodella depressione e per periodi di tempo relativa-mente brevi (8-12 settimane). Va sottolineato chele farmacoterapie si sono rilevate particolarmenteindicate nelle forme di bulimia nervosa moltogravi, con crisi di abbuffate e vomito molto fre-quenti nelle 24 ore e di tale violenza da non per-mettere un approccio psicoterapeutico immediato.In questi casi, iniziare il trattamento con una far-macoterapia può attutire la violenza della malattiae permettere l’inizio più precoce della psicoterapia.Anche per la bulimia nervosa è stato suggerito chel’uso della fluoxetina, dopo l’apparente guarigionedella malattia, può prevenirne le ricadute, sebbeneil tasso di aderenza alla terapia farmacologica alungo termine sembri essere basso.

Altri farmaci

In un piccolo gruppo di pazienti è stato speri-mentato l’antipsicotico aripiprazolo, con risultatipromettenti. Sono stati sperimentati anche i salidi litio, preparati anticonvulsivanti a spiccato ef-fetto antifame, come il topiramato, preparati an-tifame semplici come la d-fenfluramina, e altrifarmaci quali l’ondansetron, il triptofano, la mo-clobemide, il naltrexone e il metilfenidato, senzarisultati evidenti.

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BED

Per il trattamento del BED sono stati sperimentatigli antidepressivi triciclici, in particolare la desi-pramina e l’imipramina, gli SSRI, gli SNRI e lareboxetina alle dosi massime consentite e per pe-riodi di media durata, con risultati positivi sullapatologia psichica e sulle crisi di abbuffate, manessun effetto sul peso e sulla sindrome metabo-lica, che tendono a permanere immodificatiquando non trattati con approcci specifici.Nel BED sono stati anche sperimentati preparatiregolatori della fame e della sazietà, in particolarela d-fenfluramina e la sibutramina (farmaci at-tualmente non più in commercio), con effetti po-sitivi sulle crisi di abbuffate, ma non sugli aspettipiù strettamente psicopatologici della malattia.Inoltre, sono stati utilizzati sperimentalmente al-cuni antiepilettici (fenitoina, valproato, carbama-zepina, zonisamide), sulla scorta della loro efficacianel trattamento del disturbo da discontrollo degliimpulsi. Alcuni studi controllati hanno suggeritol’efficacia del topiramato nel ridurre la frequenzadelle crisi di abbuffate, anche se gli effetti sul pesocorporeo si sono rivelati alquanto modesti.

Interventi nutrizionali

Gli interventi nutrizionali possono essere attuatimediante diverse procedure, impiegate singolar-mente o variamente combinate tra loro. È impor-tante che l’intervento, qualunque sia la proceduraadottata, sia iniziato quanto prima. Purtroppo lamalnutrizione, sia essa per difetto o per eccesso,presenta un “punto di non ritorno” oltre il qualeil recupero clinico-funzionale e soprattutto la re-stitutio ad integrum diventano problematici a pre-scindere dall’intensità dell’intervento. Al fine diprogrammare in maniera ottimale la modalità el’intensità dell’intervento nutrizionale, sono essen-ziali un’accurata valutazione dello stato di nutri-

zione e il confronto all’interno dell’equipe di cura. Il pasto assistito rientra in un programma di ria-bilitazione psiconutrizionale che prevede che ilpaziente sia assistito durante i pasti da un opera-tore (in genere lo psicologo o il dietista) per su-perare gli ostacoli che gli impediscono un’assun-zione integrata di nutrienti. I più frequenti ostacolisono il non mangiare abbastanza (per recuperarepeso), il non mangiare abbastanza spesso e il nonmangiare una gamma adeguata di alimenti. A talfine va costruito, possibilmente con il coinvolgi-mento attivo del paziente, un piano alimentareche affronti le sue specifiche difficoltà. L’operatoreche assiste i pasti deve applicare specifiche proce-dure per aiutare i pazienti a mangiare. Queste in-cludono l’educazione, il supporto, la distrazionee il decentramento dalle preoccupazioni associateal disturbo dell’alimentazione. Il paziente è inco-raggiato a non farsi condizionare dalle emozioni,dalle preoccupazioni e dalle sensazioni fisiche (es.sensazione precoce di pienezza) associate all’as-sunzione del pasto. In alcuni pazienti vanno ancheaffrontati alcuni rituali alimentari (es. mangiaremolto lentamente, tagliare il cibo in piccoli pezzi),spesso secondari al sottopeso, ma che possono es-sere utilizzati per limitare l’assunzione di cibo. L’assistenza non deve diventare di tipo “poliziesco”e delatorio, ma essere finalizzata al dialogo e acreare un riferimento fiduciario per il paziente.Gli operatori coinvolti non devono assumere unruolo autoritario, dare consigli da esperto, ordi-nare, dirigere, spaventare, criticare, giudicare oprescrivere soluzioni preconfezionate. Devono in-vece mostrare un vero interesse e rispetto per ilpaziente e per le sue scelte, comprendere e aggirarele resistenze, mostrarsi incuriositi dai pensieri delpaziente per farlo incuriosire, comprendere le dif-ficoltà e la paura del cambiamento. I supplementi nutrizionali orali hanno il compitodi supplire a un’alimentazione carente in toto o

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per specifici nutrienti. Le linee guida concordanonel giudicare tali prodotti un importante stru-mento per la prevenzione e il trattamento dellamalnutrizione per difetto, ma anche sulla necessitàdi arrivare alla loro prescrizione dopo un percorsoche passi attraverso la valutazione dello stato dinutrizione. In commercio esistono diverse formu-lazioni, nutrizionalmente complete o incomplete,con densità energetica e bilanciamenti diversi. I supplementi orali nutrizionalmente completipossono essere suddivisi in due categorie: quellicon una formulazione nutrizionale di tipo “stan-dard” e quelli con formulazioni “adattate” per lagestione dietetica di una specifica condizione pa-tologica. Per distinguere una formulazione stan-dard sul piano nutrizionale da una formulazioneadattata, i principali parametri sono lo stato degliingredienti (in forma monometrica o polimerica),la distribuzione energetica e la densità energetica.La tipica espressione di una formulazione standardpuò essere ricondotta ai seguenti requisiti: ingre-dienti in forma polimerica; una distribuzione ener-getica con un 15% di proteine, un 55% di car-boidrati e un 30% di grassi; una densità energeticadi 1 kcal/ml. Le formulazioni adattate si disco-stano in varia misura dai parametri sopra elencatiper far fronte a determinate condizioni patologi-che. Tali formulazioni possono avere un contenutomaggiore di proteine, per il trattamento di situa-zioni gravi di malnutrizione. Possono anche con-tenere ingredienti specifici (es. arginina, gluta-mina, nucleotidi, acidi grassi omega-3) per la ge-stione dietetica di patologie a carattere infiam-matorio o legate a deficit immunitari. Alcune for-mulazioni sono adattate al trattamento dell’in-sufficienza epatica (con un apporto maggiore diaminoacidi ramificati e un apporto ridotto di ami-noacidi aromatici), dell’insufficienza respiratoria(con un’alta percentuale di kcal da grassi, preva-lentemente insaturi, e una riduzione di quella in

carboidrati) o dell’insufficienza renale (con un ri-dotto contenuto in proteine, sodio, potassio e fo-sfati e un più elevato contenuto di vitamine idro-solubili). Vi sono inoltre formulazioni semi-ele-mentari ed elementari, indicate in caso di com-promissione delle capacità digestive, per la preva-lente o esclusiva presenza di macronutrienti informa parzialmente o totalmente idrolizzata. I supplementi orali nutrizionalmente incompleti sicaratterizzano per un contenuto selettivo di macro-e micronutrienti. Non rappresentando una fontenutrizionalmente completa, vanno utilizzati per in-tegrazioni mirate, volte ad assicurare o complemen-tare l’apporto alimentare di specifici nutrienti. I supplementi nutrizionali orali sono presentati ingenere in formulazione liquida (200-300 ml), masono disponibili anche come polveri da aggiungerea liquidi (tè, minestre) o come barrette o budini.Se utilizzati in modo razionale, essi offrono diversivantaggi nei pazienti con disturbi dell’alimenta-zione sottopeso. Primo, durante la fase di recuperodel peso essi possono fornire il surplus energeticonecessario senza che il paziente debba ricorrere aun eccessivo uso di alimenti ordinari (es. consumogiornaliero di due bevande energetiche da 250kcal ciascuna, oltre alla razione alimentare ordinarianecessaria per mantenere il peso). Secondo, essipossono essere eliminati una volta raggiunto unpeso normale, senza dover ridurre la razione ali-mentare ordinaria che il paziente sta consumando.Terzo, nel paziente in cui l’apporto di energia conla razione alimentare ordinaria non è sufficienteper mantenere il peso, essi possono essere usatitransitoriamente al fine di ottenere un bilancioenergetico in pareggio. Quarto, essi sono relativa-mente semplici da utilizzare. La nutrizione artificiale viene attuata sommini-strando miscele nutrizionali, preferibilmente pervia enterale (tramite sonda nasogastrica). Si trattadi un intervento medico (non quindi di una mi-

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sura ordinaria di assistenza) che prevede il con-senso informato del paziente o del suo delegato,secondo le norme del codice deontologico. Nelcaso del paziente con un disturbo dell’alimenta-zione, essa va proposta con la dovuta prudenza,in quanto modifica in maniera radicale il rapportocon il cibo, può provocare sintomi gastroentericiimportanti e può modificare il peso corporeo inmodo non accettabile dal paziente. La nutrizione artificiale è indicata in pazienti gra-vemente malnutriti, avendo come obiettivi:• il ripristino della massa magra; • la preservazione o il ripristino di un’adeguata

immunocompetenza;

• il contrasto o la prevenzione delle complicanzemetaboliche;

• l’attenuazione del danno cellulare e una mi-gliore modulazione della risposta metabolicaallo stress e alla fame;

• la prevenzione dell’insufficienza cardiaca e/orespiratoria.

Anche il ricorso alla nutrizione artificiale in si-tuazione di trattamento sanitario obbligatorio(TSO) va valutato con le opportune attenzioni:se è vero che può rappresentare un intervento sal-vavita, è anche vero che modifica e rende proba-bilmente più complicato il rapporto del pazientecon l’equipe curante.

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Messaggi chiave

• Sono oggi disponibili, anche in lingua italiana, vari strumenti di valutazione psichiatrica e psicologicaper i disturbi dell’alimentazione. Essi comprendono alcune interviste cliniche strutturate o semistrut-turate, vari questionari autosomministrati e alcuni strumenti per la valutazione dei sintomi psichia-trici associati, della personalità e del funzionamento cognitivo.

• Per la valutazione dello stato di nutrizione, sono essenziali la valutazione dell’introito di energia enutrienti (anamnesi alimentare, diario alimentare), la misurazione del dispendio energetico basale(calorimetria indiretta), la misura della composizione corporea (antropometria, bioimpedenzometria,densitometria a doppio raggio X) e la misura della funzionalità corporea (parametri metabolici, im-munocompetenza, funzione motoria).

• In ogni trattamento per i disturbi dell’alimentazione è essenziale dedicare molta attenzione all’am-bivalenza del paziente e adottare uno stile terapeutico “coinvolgente”.

• Tra gli interventi psicoterapeutici, è documentata l’efficacia della terapia basata sulla famiglia pergli adolescenti con anoressia nervosa e della terapia cognitivo-comportamentale e di quella inter-personale per la bulimia nervosa e per il BED.

• Il programma di trattamento dovrebbe sempre prevedere, soprattutto per l’anoressia nervosa, un’at-tenzione particolare al rapporto con i familiari. L’approccio più utilizzato in questo ambito è quellopsicoeducativo.

• Nei disturbi dell’alimentazione, i farmaci possono essere utilizzati per le patologie psichiatriche fre-quentemente associate (come la depressione maggiore e i disturbi d’ansia) oppure, sempre nell’am-bito di un percorso di cura integrato, per contribuire alla risoluzione dei sintomi specifici. Aquest’ultimo scopo, l’unico farmaco approvato in Italia è la fluoxetina per la bulimia nervosa.

• Gli interventi nutrizionali comprendono il pasto assistito (nell’ambito di un programma di riabilita-zione psiconutrizionale), i supplementi nutrizionali orali (per supplire a un’alimentazione carentein toto o relativamente a singoli nutrienti) e la nutrizione artificiale (in pazienti gravemente malnu-triti, previo consenso informato del paziente o del suo delegato).

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7. Appropriatezza strutturale e operativa nella gestione dei disturbidell’alimentazione

effettuata da un’equipe specialistica che possatradurre i risultati raggiunti in un percorso tera-peutico strutturato o in precise indicazioni cheportino alla presa in carico in strutture della reteregionale per i disturbi dell’alimentazione. Il per-corso diagnostico potrà essere riportato in unacartella interdisciplinare o in un sistema di cartellecondivise dove venga comunque riportato conevidenza il percorso interdisciplinare. Vi potrà es-sere all’interno dell’equipe un responsabile dellagestione della cartella o del sistema di cartelle con-divise. Una parte di tale cartella potrebbe esserecondivisa da tutte le equipe che si occupano deidisturbi dell’alimentazione (nodi della rete), inmodo da facilitare i “passaggi“ del paziente daun’equipe all’altra (es. passaggi legati a necessitàdi diversa intensità terapeutica) e permettere diseguire il paziente evitando ripetizioni inutili diesami, valutazioni e altre indagini.Gli elementi critici per la valutazione clinica pos-sono essere suddivisi in: • diagnosi internistico-nutrizionale: indispen-

sabile non solo per il proprio contributo dia-gnostico e per definire le problematiche in-ternistiche e nutrizionali del caso, ma ancheai fini di fornire un giudizio medico sulla pos-sibilità di continuare il percorso in ambitoambulatoriale o la necessità di avviare il pa-

Requisiti strutturali e strumentali

per la diagnosi e per la cura

L’intervento terapeutico da praticare nei disturbidell’alimentazione viene deciso sulla base di unavalutazione clinica che prende in considerazionei seguenti elementi: • il tipo di disturbo dell’alimentazione, la sua du-

rata e gravità; • le condizioni fisiche generali del paziente e le

eventuali alterazioni degli indici di funzionalitàorganica;

• il profilo psicopatologico e personologico delpaziente (compresa la prevedibile aderenza allacura);

• l’eventuale coesistenza di altre patologie psi-chiatriche e/o mediche;

• la storia di eventuali trattamenti precedenti; • le dinamiche familiari e la situazione socio-

ambientale (compresa la prevedibile collabo-razione dei familiari e delle altre persone si-gnificative nei confronti dell’intervento tera-peutico).

Inoltre, come sottolineato dalla conferenza di con-senso dell’Istituto Superiore di Sanità, l’interventodeve essere modulato in rapporto all’età del pa-ziente.La valutazione deve essere interdisciplinare ed

n. 17/22, luglio-agosto 2013

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ziente a terapie in regime ospedaliero/residen-ziale (ricovero in un reparto di medicina in-terna o in strutture residenziali o semiresiden-ziali per la riabilitazione dei disturbi dell’ali-mentazione);

• diagnosi psicologico-psichiatrica: mirata alladiagnosi del disturbo, da cui ricavare ancheun’eventuale indicazione per un invio in ambitopsichiatrico (es. in caso di comorbidità psichia-trica, rischio di suicidio, abuso di sostanze), ealla valutazione dei vissuti ambientali e dellepossibili interferenze dell’ambiente familiare esociale del paziente nei confronti dell’eventualeprocesso terapeutico.

La terapia dei disturbi dell’alimentazione richiedestrutture e personale specializzati, che assicurinoun approccio interdisciplinare sia per i trattamentidi tipo ambulatoriale sia per quelli intensivi didegenza parziale o totale. I livelli di terapia utili(ambulatorio, day-hospital, degenza) sono pre-scelti in base al grado di gravità, dipendente

dalle condizioni fisiche, psicologiche e familiari

del paziente. La disponibilità di tutti questi livellidi assistenza è da ritenersi necessaria.Ai fini dell’appropriatezza dell’intervento, è indi-spensabile che le equipe dedicate ai disturbi del-l’alimentazione definiscano e strutturino i propriinterventi tenendo presenti le linee guida e le rac-comandazioni espresse dalla comunità scientificainternazionale.Il livello minimo dell’appropriatezza dovrebbeavere i seguenti obiettivi: • il ripristino di uno stato nutrizionale sano e

di comportamenti alimentari fisiologici e sa-lutari;

• l’interruzione dei comportamenti non salutaridi controllo del peso;

• il supporto psicologico in merito alla possibilitàdi modificare i comportamenti alterati di nu-trizione;

• l’identificazione e la gestione degli aspetti psi-cologici e relazionali della malattia;

• l’identificazione e il trattamento delle condi-zioni di comorbidità.

I luoghi di cura: strutture ambulatoriali,

strutture riabilitative, ospedale

Il luogo ideale per il trattamento dei disturbi

dell’alimentazione è il contesto ambulatoriale.

Il trattamento ambulatoriale, infatti, non inter-rompe la vita del paziente, come accade con ilday-hospital e il ricovero, e i cambiamenti effet-tuati tendono a persistere perché conseguiti dalpaziente nel suo ambiente abituale di vita. Nono-stante ciò, un certo numero di pazienti (circa il30%) non risponde al trattamento ambulatorialee ha bisogno di cure più intensive.

L’unità ambulatoriale specialistica

L’ambulatorio risponde all’esigenza di avere a di-sposizione un centro a diretto contatto sia con ilterritorio sia con le altre strutture sanitarie speci-fiche (medico di medicina generale, ospedale ge-nerale, servizio di salute mentale). Esso costituisceil nucleo fondamentale dell’attività diagnostica

e terapeutica e svolge funzione di filtro per i suc-cessivi livelli terapeutici, di day-hospital e di rico-vero ordinario, in relazione agli elementi cliniciemersi durante l’iter diagnostico. Oltre alla fasediagnostica, il livello assistenziale ambulatorialesvolge anche compiti di controllo periodico per isoggetti che non hanno presentato elementi clinicitali da richiedere trattamenti intensivi ma che,comunque, manifestano fattori di rischio che nonpossono essere trascurati.La dimensione ambulatoriale consente un con-tatto diretto con la popolazione, promuovendola ricerca epidemiologica e costituendo un punto

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di riferimento per l’informazione e l’educazionedelle categorie a rischio e delle figure con esse apiù stretto contatto (genitori, insegnanti e medicidi medicina generale). La presenza di personalequalificato e in grado di fare riferimento a unacomune metodologia operativa fa di questa sedeil luogo ideale per la formazione delle figure pro-fessionali chiamate alla diagnosi e alla terapia deidisturbi dell’alimentazione.

L’unità ambulatoriale intensiva

o centro diurno

La terapia ambulatoriale intensiva è un trattamentosviluppato per i pazienti che non rispondono altrattamento ambulatoriale convenzionale. Essava attuata in un centro ambulatoriale specializzatoper la cura dei disturbi dell’alimentazione. L’atmo-sfera del centro dovrebbe essere tale da permettereal paziente di sentirsi come a casa. Il centro do-vrebbe essere equipaggiato, in aggiunta ai tradizio-nali ambulatori per la psicoterapia e le visite medi-che, di una cucina (con piano cottura, forno a mi-croonde, frigorifero con un ampio freezer e lava-stoviglie), una sala da pranzo dove attuare l’alimen-tazione assistita (che può essere la stessa cucina),una sala ricreativa con televisione, computer, accessoa internet e tavoli per poter studiare e leggere.La terapia ambulatoriale intensiva va attuata daun’equipe multidisciplinare composta da psichia-tri, psicologi, medici nutrizionisti e dietisti, in-fermieri ed educatori. Il dietista prepara e assiste ipazienti durante i pasti consumati nel centro eaiuta i pazienti a pianificare il fine settimana e arivedere i problemi incontrati nei pasti consumatial di fuori del centro. Lo psichiatra e/o lo psicologoattuano la psicoterapia. Lo psichiatra gestiscel’eventuale comorbidità medica e psichiatrica, av-valendosi del supporto di specialisti delle altrebranche mediche.

L’unità di riabilitazione intensiva ospedaliera

La riabilitazione intensiva ospedaliera va eseguitain un reparto specializzato nella cura dei disturbidell’alimentazione che sia in grado di fornire alpaziente un programma che integri la riabilita-zione nutrizionale, fisica, psicologica e psichia-

trica. In Italia queste strutture sono state sviluppatesia in reparti di riabilitazione intensiva nutrizionalesia in reparti di riabilitazione psichiatrica.Questo tipo di intervento andrebbe praticato pre-feribilmente in un’unità aperta, per permettere aipazienti in condizioni mediche stabili di averepermessi di uscita giornalieri e di ricevere visite.Elementi chiave del trattamento dovrebbero esserelo sviluppo di una relazione terapeutica collabo-rativa e la responsabilità del paziente nel cambia-mento comportamentale. L’unità aperta, rispettoai tradizionali reparti chiusi, ha il vantaggio diesporre i pazienti a un ampio numero di stimoliambientali che possono contribuire al manteni-mento del disturbo dell’alimentazione, una stra-tegia fondamentale per ridurre il deterioramentodopo la dimissione e limitare la dipendenza deipazienti nei confronti della struttura.L’organizzazione di un reparto di riabilitazioneospedaliera richiede che il trattamento sia attuatoda un’equipe multidisciplinare, tipicamente co-stituita da psichiatri, psicologi, internisti, nutri-zionisti, endocrinologi, dietisti, fisioterapisti, edu-catori, tecnici della riabilitazione psichiatrica, in-fermieri e operatori socioculturali.

L’unità di ricovero ordinario

Le unità di ricovero ordinario possono avere sedein reparti internistici, per il trattamento delle com-plicanze mediche urgenti e della malnutrizioneper difetto grave, e in reparti psichiatrici, per lagestione del rischio suicidario, la comorbidità psi-

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chiatrica e i trattamenti sanitari obbligatori (TSO). È opportuno che in alcuni reparti internisticisiano riservati dei letti per pazienti con disturbidell’alimentazione, al fine di evitare, per quantopossibile, che essi vivano a stretto contatto conpazienti terminali, con persone molto anziane,con pazienti che presentano gravi problemi inter-nistici e frequenti urgenze mediche. Anche se ilreparto non ha in organico personale specializzatonel trattamento dei disturbi dell’alimentazione, ilpersonale medico e infermieristico deve acquisire,anche attraverso un’adeguata formazione, unacompetenza specifica nel trattamento delle com-plicanze mediche (es. refeeding syndrome) e nellagestione dei problemi di relazione che si manife-stano con questi pazienti (es. il controllo dell’ali-mentazione e dei comportamenti di eliminazione). Anche in alcuni reparti psichiatrici è opportunoche vi siano letti dedicati ai pazienti con disturbidell’alimentazione, per motivi in parte simili aquelli dei reparti internistici. È tuttavia difficile,nei reparti psichiatrici, evitare del tutto il contattocon pazienti particolarmente gravi e agitati e consituazioni potenzialmente traumatizzanti. Ancheper questo motivo il ricovero di pazienti con di-sturbi dell’alimentazione nei servizi psichiatrici didiagnosi e cura dovrebbe essere limitato a casi diestrema gravità e a quelli in cui è necessario unTSO. Anche al personale del reparto psichiatricoè richiesta una competenza specifica sulle caratte-ristiche cliniche dei pazienti, sulle loro particolariabitudini alimentari, sulle particolari modalità dirapporto che stabiliscono nell’ambiente in cui sitrovano.

Criteri di appropriatezza dell’equipe

multidisciplinare e del contesto di cura

Due principi generali sono alla base del tratta-mento dei disturbi dell’alimentazione:

• l’approccio multidimensionale, interdisci-

plinare, pluriprofessionale integrato, checoinvolge psichiatri, psicologi, internisti, nu-trizionisti, endocrinologi, dietisti, fisioterapisti,educatori, tecnici della riabilitazione psichia-trica e infermieri;

• la molteplicità dei contesti di cura, dalla ge-stione ambulatoriale a lungo termine alla ria-bilitazione intensiva – semiresidenziale e resi-denziale – indirizzata agli stati gravi di malnu-trizione per difetto, alle fasi di instabilità escompenso delle comorbidità somatiche e psi-chiatriche e all’avvio di una correzione stabiledello stile di vita (mirata, in particolare, al-l’alimentazione e all’attività fisica).

Un approccio interdisciplinare presenta diversivantaggi, ma può anche comportare alcuni svan-taggi. Il maggiore vantaggio è che la presenza diclinici con competenze multiple può facilitarela gestione di pazienti complessi con gravi pro-blemi medici e psichiatrici coesistenti con il di-sturbo dell’alimentazione. Gli svantaggi possonoessere divisi in due categorie principali. Primo,un trattamento con molteplici terapeuti inco-raggia i pazienti a parlare di problemi specificicon terapeuti specifici, per cui nessun terapeutaosserva e apprezza l’intero quadro clinico. Se-condo, l’applicazione di un trattamento da partedi terapeuti che non hanno un modello teoricoe clinico condiviso facilita la comunicazione diinformazioni contraddittorie ai pazienti sul lorodisturbo e sulle strategie per gestirlo. Questopuò creare confusione nei pazienti sui problemida affrontare e generare la sensazione di non es-sere in controllo durante il trattamento. Inoltre,può aumentare il rischio di divisioni e conflit-tualità tra i membri dell’equipe, che possono es-sere utilizzate dai pazienti per aumentare la lororesistenza alla cura.Per evitare questi problemi è auspicabile che l’in-

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tera equipe riceva una formazione sul modello

di trattamento praticato, al fine di avere con ilpaziente un approccio coerente e non contraddi-torio. Inoltre, è fondamentale che i terapeuti, purmantenendo i loro ruoli professionali specifici,condividano la stessa filosofia e utilizzino un lin-guaggio comune con i pazienti. È anche consi-gliabile che siano specificati chiaramente i ruoli ele aree d’intervento di ogni membro dell’equipe eche siano realizzati incontri periodici di revisionetra i pazienti e i membri dell’equipe per discuterei vari elementi del trattamento e la loro relazionereciproca. Questo consente a tutti i membri del-l’equipe di avere un quadro completo del disturbodi ciascun paziente e di non inviargli messaggicontraddittori.

Organizzazione dell’assistenza

Nella cura dei disturbi dell’alimentazione sonodisponibili in Italia cinque livelli d’intervento: • medico di medicina generale o pediatra di

libera scelta; • terapia ambulatoriale specialistica (ospeda-

liera e non); • terapia ambulatoriale intensiva o centro

diurno (diagnostico/terapeutico/riabilitativo); • riabilitazione intensiva residenziale o riabi-

litazione psichiatrica (incluse le comunità te-rapeutico-riabilitative);

• ricoveri ordinari e di emergenza.Questi livelli di intervento, con le loro specificitàstrutturali e operative, sono da considerarsi ele-menti di una rete assistenziale, che va articolatasia longitudinalmente sia trasversalmente. Lon-gitudinalmente perché un paziente può avere bi-sogno, durante il decorso del disturbo dell’ali-mentazione, di modalità assistenziali eterogeneein relazione all’andamento della malattia e alla

presenza di complicanze internistiche e/o psi-chiatriche. Trasversalmente perché i pazienti condisturbi dell’alimentazione, in relazione al gradodi comorbidità/fragilità/disabilità, possono gio-varsi dell’uno o dell’altro nodo della rete assi-stenziale.La maggior parte dei pazienti dovrebbe iniziare

il percorso terapeutico al livello meno intensivo

di cura e accedere ai trattamenti più intensivi incaso di mancato miglioramento, secondo un mo-dello a passi successivi.Tutte le strutture comprese nella rete assistenzialeper la gestione dei disturbi dell’alimentazione do-vrebbero rispondere a criteri di qualità strutturalee di processo, al fine di offrire al paziente un’assi-stenza ottimale. In particolare, è opportuno chesiano presenti le figure professionali prima elencatee che siano attuate le procedure diagnostiche eterapeutiche prima descritte.

Indicazioni e percorsi assistenziali

Primo livello: medico di medicina generale

o pediatra di libera scelta

Il ruolo del medico di medicina generale o del

pediatra di libera scelta è cruciale nella rete di

trattamento dei disturbi dell’alimentazione. Learee potenziali di intervento da eseguire al primolivello di cura includono: la prevenzione, lo screen -ing e la diagnosi precoce, la rilevazione dei segnalidi allarme, la comunicazione con il paziente e ifamiliari, l’identificazione dei nuovi casi, la valu-tazione del rischio fisico, l’invio ai centri speciali-stici, il trattamento dei casi lievi, il follow-up.

Prevenzione primaria

Sebbene l’efficacia dei programmi di prevenzioneprimaria dei disturbi dell’alimentazione non siastata ancora completamente dimostrata, alcuni

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studi recenti hanno evidenziato che con appro-priati interventi è possibile aumentare le cono-scenze delle giovani e modificare alcune attitudinidisfunzionali che possono favorire lo sviluppo diqueste patologie. Il medico di medicina generalepuò intervenire educando le sue pazienti più gio-vani a una sana alimentazione e attività fisica, aiu-tandole ad adottare una filosofia di vita che bi-lancia il cambiamento e l’accettazione. Purtroppo,nella nostra società i giovani sono frequentementebersagliati dal messaggio che è possibile modificareil peso e la forma del corpo a proprio piacimento.Questo non è assolutamente vero. Una giovanedonna può migliorare la sua alimentazione e isuoi livelli di attività fisica per tenersi in forma e,se è in sovrappeso o obesa, può porsi l’obiettivodi raggiungere un realistico decremento ponderale(es. circa il 10%). Non può, però, modificare lesue forme corporee determinate dalla genetica eraggiungere e mantenere un peso corporeo moltoal di sotto del suo livello naturale. Le limitazionibiologiche nei confronti del dimagrimento sonouna realtà e una dieta troppo rigida e prolungatapuò portare, in alcuni casi, allo sviluppo di undisturbo dell’alimentazione. È fondamentale,quindi, che le giovani donne siano aiutate neldifficile compito di accettare quello che non

può essere cambiato. Infine, il medico di medicina generale può cercaredi aiutare le adolescenti in normopeso (indice dimassa corporea compreso tra 18,5 kg/m2 e 24,9kg/m2) a non intraprendere diete ipocaloriche.Alcune ricerche hanno dimostrato che una dietaipocalorica nei giovani normopeso aumenta di 8volte il rischio di sviluppare un disturbo dell’ali-mentazione.

Screening e diagnosi precoce

Uno dei principali problemi che affliggono ilcampo dei disturbi dell’alimentazione è il ritardo

con cui viene posta la diagnosi. Tale ritardo puòavere serie ripercussioni sulla storia naturale deldisturbo, perché più precocemente si inizia untrattamento maggiori sono le possibilità di suc-cesso. Purtroppo non sempre è facile per un me-dico non specialista porre una diagnosi precocedei disturbi dell’alimentazione. Nelle sezioni cheseguono sono fornite alcune indicazioni a questoproposito.

Rilevazione dei segnali di allarme

Esistono segnali di allarme per la presenza o il ri-schio di insorgenza di un disturbo dell’alimenta-zione, rilevabili direttamente attraverso il colloquiocon la paziente o che possono essere raccolti daifamiliari, nell’ambulatorio del medico generalista.Questi generalmente comprendono: grave perditadi peso, paura irragionevole di ingrassare, preoc-cupazione intensa per il peso e la forma del corpo,amenorrea da almeno tre cicli consecutivi, abbuf-fate o presenza di dieta ferrea (saltare i pasti, ri-durre le porzioni, dividere i cibi in buoni e cattivi),comportamenti frequenti di controllo del cibo edel corpo, evitamento dell’esposizione del corpo,coesistenza di tali sintomi con un cambiamentodell’umore, isolamento sociale, ansia, disturbi ga-strointestinali.Un medico generalista può sentire l’esigenza diun colloquio con i familiari, da programmare nelrispetto del segreto professionale e della normativasul trattamento dei dati personali, in due casi: • quando i familiari si sono rivolti a lui per rice-

vere un parere, perché preoccupati dal com-portamento del figlio (in tal caso il medicopuò svolgere un colloquio educativo-informa-tivo con i familiari e consigliare i comporta-menti utili nel caso specifico);

• quando egli abbia riscontrato segnali di allarmenel contatto con il paziente (in tal caso eglipuò chiedere ai familiari se essi abbiano notato

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la presenza di tali segnali e chiedere delucida-zioni sul comportamento alimentare del sog-getto). Nel caso il medico abbia sviluppato laconvinzione che sia in atto un problema cli-nico, potrà continuare il dialogo con i familiarisu queste basi.

Identificazione di nuovi casi

Sebbene i nuovi casi di anoressia nervosa nonsiano un’evenienza comune nell’ambito della me-dicina di famiglia – in media un medico di fami-glia con 1500 assistiti ha uno o due pazienti chesoffrono di questo disturbo –, la bulimia nervosae i disturbi dell’alimentazione non altrimenti spe-cificati raggiungono una prevalenza di circa il 5%tra le giovani donne e, quindi, sono di più facileosservazione da parte del medico di medicina ge-nerale. Gli studi disponibili indicano che meno dellametà dei casi clinici di disturbi dell’alimenta-

zione è identificato a livello della medicina di

base. Nonostante ciò, i pazienti affetti da questidisturbi consultano il medico di famiglia frequen-temente prima di ricevere la diagnosi per un’ampiavarietà di sintomi gastrointestinali, ginecologici epsicologici che potrebbero, se accuratamente va-lutati, far sospettare la diagnosi. Le difficoltà che devono affrontare i medici dimedicina generale e i pediatri di libera scelta neldiagnosticare un disturbo dell’alimentazione de-rivano da due cause principali. La prima riguardala natura della psicopatologia di questi disturbi,caratterizzata da negazione, ambivalenza, segre-tezza e vergogna, che rendono difficile per il pa-ziente parlare apertamente del problema alimen-tare con il medico curante. La seconda è la scarsaesperienza clinica dei medici di medicina generalee dei pediatri di libera scelta con i disturbi del-l’alimentazione. Questo li può portare a essereansiosi e insicuri circa l’atteggiamento da assu-

mere, oppure a fare dei commenti critici verso icomportamenti attuati dal paziente, oppure asottovalutare i sintomi iniziali del disturbo. Inol-tre, la diagnosi a volte non è posta se il mediconon considera che i disturbi dell’alimentazionepossono insorgere anche in gruppi non a rischio,come i bambini, gli uomini e le donne in etàavanzata. L’identificazione precoce dei disturbi dell’alimen-tazione è però importante, perché può portare ilpaziente a iniziare una cura più rapidamente e,come dimostrato da alcune ricerche, migliorarela prognosi di queste patologie. I medici che ope-rano al primo livello di cura sono in una buonaposizione per identificare i pazienti che presentanoi primi sintomi o anche i prodromi del disturbodell’alimentazione. L’impiego di alcuni sempliciquestionari di screening può facilitare questo pro-cesso, ma il più efficace strumento è che il medicoconsideri la possibilità che il paziente abbia undisturbo dell’alimentazione e che, quindi, sia ade-guatamente preparato alla sua valutazione anchein una fase prodromica.In concreto, non è pratico né conveniente che ilmedico di medicina generale e il pediatra di liberascelta attuino uno screening per i disturbi del-l’alimentazione in tutti i loro pazienti, perché laprevalenza di questi disturbi nella popolazionegenerale è bassa. Può, però, essere consigliabileche essi rivolgano a ogni nuovo paziente un paiodi domande chiave durante la raccolta dell’anam-nesi – per esempio, “Pensa di avere un problemaalimentare?” e “Si preoccupa eccessivamente delpeso e della forma del suo corpo?”. Se il pazienterisponde in modo affermativo a una di queste do-mande, vanno rivolte in modo empatico e nongiudicante domande specifiche sui comportamentiche egli adotta per controllare il peso e la formadel suo corpo. I gruppi ad alto rischio all’interno della popola-

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zione generale da considerare nello screening sonole adolescenti e le giovani donne con indice dimassa corporea basso o elevato, con preoccupazioniper il peso e la forma del corpo, disturbi mestrualio amenorrea, sintomi dispeptici e problemi psico-logici. Nei gruppi ad alto rischio può essere utileutilizzare un questionario di screening, comel’EAT-26 e lo SCOFF. Quest’ultimo (Tabella 7.1)si compone di sole cinque domande (a ogni “sì”viene assegnato il punteggio di 1 e un punteggiototale di almeno 2 indica un possibile caso di ano-ressia nervosa o bulimia nervosa). Va comunquesottolineato che i questionari non permettono diporre una diagnosi, ma solo di considerare il pa-ziente a rischio di avere un disturbo dell’alimenta-zione.

Caratteristiche che fanno sospettare la presenza

di anoressia nervosa

Nel caso dell’anoressia nervosa, il primo contattocon il medico di famiglia o il pediatra di liberascelta è generalmente attuato da un membro dellafamiglia preoccupato, da un amico o da un inse-gnante, piuttosto che dal paziente. Le preoccupa-zioni espresse riguardano in genere la perdita dipeso, l’adozione di regole dietetiche estreme e ri-gide, come per esempio saltare i pasti o eliminaremoltissimi alimenti, e, in molti casi, un aumentodell’attività fisica. Sono spesso riportati cambia-menti del tono dell’umore e alterazioni del sonno.Le caratteristiche psicopatologiche tipiche – lapaura d’ingrassare e la valutazione di sé dipendente

in modo predominante o esclusivo dal controlloesercitato sul peso, sulla forma del corpo e sul-l’alimentazione – non sono sempre presenti. Inparticolare, nei soggetti più giovani a volte non èriportata la paura di ingrassare.Nei casi di anoressia nervosa la presenza di ema-ciazione è il segno da ricercare primariamente,ma nelle fasi iniziali del disturbo i pazienti si pos-sono presentare al medico di medicina generaleanche prima di aver raggiunto una marcata perditadi peso, riportando sintomi fisici aspecifici, comedolori addominali, gonfiore addominale, stipsi,intolleranza al freddo, perdita di capelli, alterazionidella pelle e delle unghie. La presenza di amenor-rea associata a una perdita di peso non spiegatava sempre investigata nella popolazione a rischio.A volte allergie o intolleranze alimentari presunteo la sindrome da stanchezza cronica possono pre-cedere l’insorgenza di un disturbo dell’alimenta-zione e causare una confusione diagnostica. Infine,l’arresto della crescita staturale nei bambini devesempre far sospettare la presenza di un disturbodell’alimentazione.In genere, i casi tipici di anoressia nervosa possonoessere diagnosticati dal medico di medicina gene-rale o dal pediatra di libera scelta senza troppadifficoltà, attraverso la raccolta dell’anamnesi e lavalutazione delle attitudini del paziente nei con-fronti del peso e della forma del suo corpo. Alcontrario, la diagnosi è spesso ritardata quando ilmedico prescrive un eccesso di esami bioumoralie strumentali o invia il paziente a specialisti che

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Tabella 7.1 Questionario SCOFF per identificare le persone con disturbi dell’alimentazione

Sì No

• Ti induci il vomito quando ti senti eccessivamente pieno? � �

• Ti preoccupi se hai perso il controllo su quanto hai mangiato? � �

• Recentemente hai perso più di 6 kg in un periodo di 3 mesi? � �

• Pensi di essere grasso, mentre gli altri dicono che sei troppo magro? � �

• Diresti che il cibo domina la tua vita? � �

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non si occupano di disturbi dell’alimentazione(es. ginecologo, allergologo, gastroenterologo).

Caratteristiche che fanno sospettare la presenza

di bulimia nervosa

Generalmente i pazienti con bulimia nervosahanno un’età maggiore di quelli con anoressianervosa e tendono a consultare il medico di me-dicina generale da soli. A volte è presente unastoria pregressa di anoressia nervosa o di insoddi-sfazione corporea e di vari tentativi di perdita dipeso. Con appropriate domande, emerge in questipazienti la presenza di regole dietetiche estreme erigide interrotte da episodi bulimici seguiti dalvomito autoindotto. Nel caso il paziente non sveli la presenza di unproblema alimentare, alcuni sintomi e segni fisicipossono indirizzare verso la diagnosi di bulimianervosa. I sintomi specifici includono la richiestadi perdita di peso, la presenza di alterazioni me-struali e le conseguenze fisiche del vomito autoin-dotto o dell’uso improprio di lassativi e diuretici.I sintomi non specifici includono stanchezza, sen-sazione di gonfiore addominale, dolore addomi-nale, stipsi, diarrea, pirosi gastrica e mal di gola. I segni fisici, non sempre presenti, sono la conse-guenza del vomito autoindotto (es. erosioni suldorso delle mani, erosioni dello smalto dei denti,ingrossamento delle ghiandole parotidee). La pre-senza di questi sintomi e segni in una giovanedonna dovrebbe essere sempre considerata un se-gnale di allarme per un possibile disturbo dell’ali-mentazione.

Diagnosi differenziale

Le principali diagnosi differenziali che il medicodi famiglia o il pediatra di libera scelta dovrebberoconsiderare sono le seguenti. Per quanto riguardala perdita di peso: malassorbimento (es. morboceliaco, malattie infiammatorie intestinali), neo-

plasie, uso illecito di sostanze stupefacenti, infe-zioni (es. tubercolosi), malattie autoimmunitarie,malattie endocrine (es. ipertiroidismo). Per quantoriguarda l’amenorrea: gravidanza, ovaio policistico,prolattinoma, problemi uterini e altre malattieipotalamiche. Per quanto riguarda i disturbi psi-chiatrici: depressione, disturbo ossessivo-compul-sivo, somatizzazioni e, raramente, psicosi.

Valutazione del rischio fisico

Una volta confermato il sospetto di un disturbodell’alimentazione, il medico dovrebbe valutare ilrischio fisico attraverso un accurato esame obiet-tivo e la prescrizione di esami bioumorali e stru-mentali.L’esame obiettivo dovrebbe includere: • misurazione del peso e dell’altezza (una perdita

di peso > 1 kg a settimana può porre l’indica-zione per un ricovero urgente; negli adolescenti,un indice di massa corporea al di sotto del 5°percentile indica una condizione di sottopeso);

• misurazione della frequenza cardiaca e dellapressione arteriosa – la presenza di bradicardiamarcata (< 50 battiti/minuto) e di grave ipo-tensione (pressione arteriosa massima < 80mmHg) indica la presenza di rischio fisico;

• misurazione della temperatura corporea (i pa-zienti con malnutrizione per difetto hanno ingenere le mani e i piedi freddi e una tempera-tura corporea inferiore ai 36 °C);

• esame delle estremità (la presenza di acrocianosied edema sono segni di grave malnutrizione perdifetto);

• auscultazione cardiaca (la presenza di battiti ir-regolari in un paziente con disturbo dell’ali-mentazione indica la presenza di rischio fisico).

Un’estensiva valutazione laboratoristica e stru-mentale non è generalmente necessaria nel casoche il medico sospetti un disturbo dell’alimenta-zione in un contesto di medicina primaria. Molti

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esami risultano normali anche in condizioni diestremo sottopeso e costituiscono uno scarso au-silio per la valutazione del rischio fisico. Una listaragionevole di esami da prescrivere, se non ci sonoaltre indicazioni diagnostiche, è la seguente: emo-cromo completo; elettroliti serici (calcemia, fo-sforemia, magnesiemia, potassiemia, sodiemia,cloremia); creatininemia; creatinfosfochinasi; testdi funzionalità epatica; glicemia; esame delle urine;elettrocardiogramma (se ci sono sintomi e segnidi compromissione cardiaca); test di funzionalitàendocrina (misurazione dei livelli serici di FSH,LH, prolattina); densitometria a doppio raggio X(se l’indice di massa corporea è < 15 kg/m2 o per-centile equivalente o è presente amenorrea di du-rata superiore ai 6 mesi).

Invio ai centri di cura specialistici

Il medico di medicina generale e il pediatra di li-bera scelta dovrebbero essere in rete e avere lapossibilità di comunicare facilmente con il centroregionale di riferimento per i disturbi dell’alimen-tazione, per richiedere una valutazione specialisticase hanno accertato la presenza o hanno il sospettodi un disturbo dell’alimentazione in un loro assi-stito. In questo caso dovrebbero preparare una re-lazione per i colleghi del secondo livello di cura,allegando gli esami bioumorali e strumentali ese-guiti. Qualora sia presente una condizione di ri-schio fisico moderato-elevato o un’instabilità psi-chiatrica, il medico dovrebbe valutare l’opportu-nità di fare eseguire una valutazione medica o psi-chiatrica urgente attraverso l’invio al pronto soc-corso di riferimento. In pratica, in Italia solo poche Regioni sono or-ganizzate in un sistema di rete e in molti casi l’in-vio è effettuato a specialisti di conoscenza, chenon sempre adottano trattamenti basati sull’evi-denza o seguono le linee guida esistenti. Dal mo-mento che un trattamento inadeguato può favo-

rire la cronicizzazione del disturbo dell’alimenta-zione, la scelta del centro di cura secondaria è unpasso fondamentale che il medico di medicinagenerale o il pediatra di libera scelta dovrebberocompiere con estrema attenzione. Per valutare seun centro di cura secondario è adeguato per lacura dei disturbi dell’alimentazione, il medico do-vrebbe considerare i seguenti punti: • è consigliabile che il centro sia specializzato

nella cura dei disturbi dell’alimentazione e nonsia un centro generico di psicoterapia o di die-tologia;

• il centro dovrebbe avere un’equipe compostada almeno un medico, uno psicologo-psicote-rapeuta e un dietista per affrontare le proble-matiche mediche, psicosociali e nutrizionalidei disturbi dell’alimentazione;

• il centro dovrebbe essere in contatto con unpresidio ospedaliero per un eventuale ricoveroriabilitativo o in day-hospital (eventualità chesi verifica in circa il 30% dei casi);

• il centro dovrebbe adottare terapie raccoman-date da linee guida e/o che abbiano un’evidenzadi efficacia;

• il centro dovrebbe erogare sia trattamenti basatisu un programma nutrizionale per la norma-lizzazione del peso e del comportamento ali-mentare sia interventi psicoterapeutici per af-frontare la psicopatologia del disturbo dell’ali-mentazione;

• nell’equipe del centro dovrebbe essere semprepresente un medico per valutare e trattare leeventuali complicanze mediche associate ai di-sturbi dell’alimentazione e i disturbi psichiatricicoesistenti;

• diffidare di quei centri che non forniscono in-formazioni chiare su durata, costi, risultati,modello teorico di riferimento e linee guidaadottate.

Nel caso la gestione del paziente con disturbo

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dell’alimentazione sia condivisa tra il medico dimedicina generale e il centro di cura secondario,ci deve essere un chiaro accordo tra i professionistisu chi ha la responsabilità di monitorare e gestireil rischio fisico del paziente. Questo accordo do-vrebbe essere condiviso anche con il paziente e isuoi familiari. Infine, il medico di medicina generale dovrebbeeseguire valutazioni periodiche dello stato di salutefisico e mentale dei pazienti con anoressia nervosadi lunga durata che non sono seguiti dal centrodi cura secondario.

Trattamento dei casi lievi

Intervento motivazionale ed educativo

Il paziente non va mai confrontato direttamentee criticato per il suo comportamento, ma va aiu-tato in modo non giudicante ad analizzare il si-gnificato del suo comportamento, valutando, abreve e a lungo termine, i vantaggi e gli svantaggiche ha ottenuto dalla perdita di peso e i beneficie i costi che potrà avere da un eventuale cambia-mento. Il colloquio motivazionale deve essere af-fiancato da un intervento educativo che informiin modo scientifico e non terroristico il pazientedei rischi medici e psicologici del suo disturbo,delle opzioni terapeutiche disponibili e dei risultatiche può ottenere. Tale intervento deve essere strut-turato in modo idoneo al contesto della medicinagenerale, specifico perché fondato su incontribrevi e frequenti e su un forte rapporto di fiducia,e perché il medico conosce già da tempo il sog-getto e ha potuto riflettere sulle esperienze raccoltenei precedenti contatti.

Auto-aiuto guidato

Alcuni medici di medicina generale motivati einteressati a trattare i disturbi dell’alimentazionepossono curare nel contesto della medicina pri-maria alcuni casi lievi di bulimia nervosa e BED

utilizzando l’auto-aiuto guidato. Alcune ricerchecondotte in Inghilterra hanno dimostrato, infatti,che buoni risultati nel trattamento di questi di-sturbi possono essere ottenuti anche da medicidi famiglia che abbiano seguito un breve adde-stramento all’utilizzo dell’auto-aiuto con manualiderivati dalla CBT per i disturbi dell’alimenta-zione. Con questa forma di trattamento si puòottenere in circa il 20-30% dei pazienti la remis-sione completa degli episodi bulimici e in circail 50-60% una riduzione significativa del numerodegli episodi. Per applicare l’auto-aiuto guidato non è necessarioessere specialisti nel trattamento dei disturbi del-l’alimentazione; basta avere una buona conoscenzadel programma descritto nel manuale. L’auto-aiuto guidato implica che l’individuo affetto daun disturbo dell’alimentazione applichi il pro-gramma e venga seguito attraverso incontri rego-lari con il medico di medicina generale. Per lacura della bulimia nervosa e del BED sono suffi-cienti 8-10 incontri della durata di 20-30 minuti,da eseguire ogni 2 settimane. Poiché il programmaprevede che il paziente diventi terapeuta di sestesso, il ruolo del medico non è direttivo, ma èdi supporto all’esecuzione del programma. In pra-tica, il medico di medicina generale aiuta il pa-ziente a valutare i propri miglioramenti, fornisceincoraggiamento e, nei momenti difficili, lo aiutaa identificare i problemi e a risolverli usando leprocedure descritte nel manuale.Uno dei compiti centrali del medico di medicinagenerale che conduce l’auto-aiuto guidato è man-tenere elevata la motivazione del paziente. Unaltro compito è assicurarsi che il paziente abbiaeseguito le attività previste dalla fase del pro-gramma. Oltre a ciò, deve accertarsi che il pazienteproceda nel programma a un ritmo appropriato,né troppo in fretta, né troppo lentamente. Il tera-peuta deve anche assicurarsi che il paziente aderi-

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sca agli scopi del programma (Tabella 7.2), madeve mantenere sempre una posizione di secondopiano, perché è il paziente con il disturbo dell’ali-mentazione che è responsabile della conduzionedel programma e del suo cambiamento.

Ruolo durante il trattamento specialistico

e nel follow-up

Durante un programma di trattamento specialistico,è opportuno un rinforzo da parte del medico dimedicina generale sul paziente circa la sua perseve-ranza nel seguire il programma ambulatoriale in-

trapreso, da attuare con partecipazione, compren-sione e fermezza. Possono essere utili contatti tra lospecialista e il medico di medicina generale qualorasi verifichino crisi nell’adesione al trattamento.La remissione o guarigione di un disturbo del-l’alimentazione è seguita da un periodo di prote-zione da parte dello specialista e il paziente, du-rante questa fase, può giungere all’osservazionedel medico di medicina generale. Il medico potràmonitorare il buon andamento dei comporta-menti del paziente, rassicurandolo e consiglian-dolo a perseverare nell’attuazione del percorso

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Componenti

Passo 1. Iniziare l’automonitoraggio e misurare il peso

Passo 2. Mangiare in modoregolare

Passo 3. Adottare alternativealle abbuffate

Passo 4. Soluzione dei problemi e revisionegenerale

Passo 5. Dieta e altri modi di evitare il cibo

Passo 6. E poi?

Tabella 7.2 Principali componenti di un programma di auto-aiuto guidato eseguibile in un contesto di medicina generale(adattata da Fairburn, 2008)

Procedura

Fare riportare in tempo reale in un’appositascheda l’ora, il cibo e le bevande consumate, il luogo, gli episodi di vomito o di assunzione di lassativi e i commenti

Incoraggiare il paziente a misurare il suo pesouna volta a settimana

Iniziare a seguire un’alimentazione regolare(mangiare ogni 4 ore e non mangiare tra un pasto e l’altro)

Interrompere il vomito autoindotto, l’uso improprio di diuretici e di lassativi

Preparare e adottare attività alternative alle abbuffate

Usare la procedura di risoluzione dei problemi

Fare una revisione dell’andamento del programma

Affrontare le regole dietetiche estreme e rigideresidue (eliminazione di vari alimenti, riduzionedelle porzioni)

Prevenire le ricadute

Affrontare gli altri problemi

Scopo

Aiuta il paziente ad avere un quadro chiaro di quello che mangia e di conseguenzadell’esatta natura del problema. Aiuta a interrompere comportamenti che appaionoautomatici e non controllabili

Aiuta il paziente a non pesarsi troppo spesso o non pesarsi affatto, due comportamenti che aumentano la preoccupazione per il peso

Fornisce struttura alle abitudini alimentari e interrompe l’alternanza di abbuffate e restrizione dietetica

Aiuta il paziente a interrompere comportamentiestremi e dannosi di controllo del peso

Fornisce al paziente una strategia per resistereall’impulso di abbuffarsi

Aiuta a risolvere i problemi che possonoinfluenzare cambiamenti dell’alimentazione

Aiuta a valutare se continuare o meno il programma di auto-aiuto

Aiuta a interrompere la restrizione dieteticacognitiva cha aumenta il rischio di abbuffate

Aiuta a sviluppare un piano per prevenire le ricadute

Aiuta a valutare se affrontare con una terapiaaltri problemi (es. preoccupazione eccessiva per peso e forma del corpo, problemi di depressione, ansia, scarsa autostima)

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prescritto e a diffidare dei pensieri disfunzionalicirca il peso e la forma del corpo che dovesseroriaffiorare.

Secondo livello:

terapia ambulatoriale specialistica

La terapia ambulatoriale deve essere considerata

quella di elezione per i soggetti affetti da disturbidell’alimentazione. I trattamenti più intensivi do-vrebbero essere riservati ai casi (circa il 30%) chenon rispondono al trattamento ambulatoriale ola cui acuzie non sia gestibile a questo livello. Iltrattamento ambulatoriale include l’utilizzazionedi psicoterapie la cui efficacia è basata sull’evi-denza, ma spesso non si limita a questo. Coinvolgediverse figure professionali in una prospettiva in-tegrata e include, ove indicato, gli interventi mo-tivazionali, la gestione psicofarmacologica, la psi-coeducazione, la riabilitazione nutrizionale e lagestione internistica, il supporto e la psicoeduca-zione dei familiari.I centri in grado di erogare questo tipo di terapiadevono avere a disposizione diverse figure pro-fessionali che lavorano in modo integrato, inconformità a un progetto terapeutico condivisocon il paziente ed, eventualmente, i familiari.Tra le figure professionali essenziali vi sono lopsichiatra, lo psicologo, l’internista, il nutrizio-nista, l’endocrinologo, il dietista e l’infermiereprofessionale. La condivisione del progetto tera-peutico all’interno dell’equipe richiede da partedi tutte le figure professionali una capacità dicollaborazione integrata con rispetto delle reci-proche competenze, la discussione collegiale deicasi e una gestione concordata e unitaria delledifficoltà proposte dai singoli casi e dei tentativimanipolativi messi in atto dai pazienti resistential trattamento.Molti casi giungono all’osservazione clinica senza

una vera e propria consapevolezza di malattia e avolte la scarsa consapevolezza è condivisa anchedai familiari. La fase iniziale dell’intervento am-bulatoriale in questi casi viene dedicata soprat-tutto alla creazione di una relazione terapeutica,anche attraverso tecniche motivazionali. In alcunicasi la gravità clinica è tale da richiedere fin dal-l’inizio l’intervento di internisti e nutrizionisti,con eventuale prescrizione di supplementi nutri-zionali orali, con l’obiettivo di gestire le compli-canze mediche prima che sia necessario un rico-vero ospedaliero ordinario. In altri casi, la gravitàè dovuta alla coesistenza di sintomi psichiatricigravi, come depressione, sintomi ansiosi e osses-sivo-compulsivi, suicidalità e disturbi del con-trollo degli impulsi. Tali sintomi possono richie-dere l’utilizzo di trattamenti psicofarmacologicie, nei casi più gravi, un ricovero in ambiente psi-chiatrico.Una volta esclusa la presenza di complicanze me-diche e di un rischio psichiatrico acuto, il tera-peuta discute con il paziente gli obiettivi e le in-dicazioni del trattamento, tenendo presenti le sueaspettative e le sue richieste, fino ad arrivare a unprogetto terapeutico condiviso. Gli interventi psi-coterapeutici che hanno dimostrato la loro effi-cacia in studi controllati, come la CBT, richiedonoun’alta collaborazione da parte del paziente e, nelcaso dell’anoressia nervosa, la stabilizzazione dellasituazione internistica. I fattori che possono osta-colare la realizzazione di un percorso di CBTsono: il rifiuto delle cure, una gravità della condi-zione clinica che compromette la capacità di col-laborazione del paziente, la presenza di sintomiossessivo-compulsivi e/o depressivi gravi o di auto -lesionismo, un’alta conflittualità familiare, la pre-senza di deficit intellettivi e infine le difficoltà lo-gistiche, come la lontananza dai centri in gradodi erogare la terapia, gli impegni lavorativi, le dif-ficoltà sociali. In questi casi, il trattamento am-

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bulatoriale si avvale comunque di tecniche psi-coeducazionali e riabilitative e di eventuali tratta-menti farmacologici, riservandosi di iniziare laCBT (o altra terapia efficace) quando la situazionelo consenta.Nella maggior parte dei casi è utile il coinvolgi-mento dei genitori, fondamentale nel caso di pa-zienti molto giovani, o del partner. I familiari, seil coinvolgimento è possibile, rappresentanoun’importante risorsa per il trattamento e possonoessere coinvolti nella gestione domiciliare dei pasti,soprattutto quando i pazienti sono in età adole-scenziale. Un approccio di tipo psicoeducazionalecon i familiari ha lo scopo di migliorare le loroconoscenze sul disturbo, evitando le colpevoliz-zazioni, e di aiutare i genitori a promuovere lacrescita e l’autonomia dei figli, pur mantenendoun atteggiamento di supporto e comprensione. Anche se la CBT ha una durata definita e stan-dardizzata, il trattamento ambulatoriale nel suocomplesso ha una durata variabile, che dipendedalla diagnosi e dalla gravità clinica, nonché dallapresenza di ricadute. In genere, si stima che iltrattamento ambulatoriale dell’anoressia nervosarichieda almeno 12-24 mesi, mentre nella bulimianervosa il trattamento dura dai 6 ai 12 mesi.

Terzo livello: terapia ambulatoriale intensiva

o centro diurno

Il trattamento in regime ambulatoriale intensivo

è indicato per pazienti che hanno difficoltà a

modificare le loro abitudini alimentari con la

terapia ambulatoriale standard. Esempi inclu-dono pazienti sottopeso che non riescono a recu-perare peso oppure pazienti non sottopeso conelevata frequenza di episodi di abbuffate e vomitoautoindotto che non sono in grado di modificarele abitudini alimentari dopo alcune settimane dicura.

In rari casi il trattamento può essere indicato comeprima forma di cura. Esempi includono pazienticon lunga durata del disturbo dell’alimentazioneche non hanno risposto a numerosi trattamentiambulatoriali ben condotti; pazienti adolescentisottopeso che non possono ricevere un supportogenitoriale durante i pasti; pazienti con grave ri-duzione dell’autostima i quali durante gli incontridi valutazione diagnostica affermano apertamenteche non saranno in grado di affrontare i pastisenza assistenza. La terapia ambulatoriale intensiva è controindicatanei pazienti con condizioni di rischio fisico mo-derato-grave, uso improprio continuativo di so-stanze, depressione maggiore con rischio suicidarioe psicosi acuta. A differenza dei tradizionali trattamenti intensiviper i disturbi dell’alimentazione, come per esem-pio il ricovero o il day-hospital, che hanno l’obiet-tivo di ottenere il massimo cambiamento dellapsicopatologia specifica (es. normalizzare il pesoe ridurre l’eccessiva valutazione del peso e dellaforma del corpo), la terapia ambulatoriale inten-siva è stata ideata per affrontare solo specifici osta-coli al trattamento ambulatoriale standard (es. in-capacità di affrontare il recupero del peso o di ri-durre la frequenza degli episodi bulimici, del vo-mito autoindotto e dell’esercizio fisico eccessivo).Una volta affrontati con successo questi ostacoli,il trattamento continua con la terapia ambulato-riale standard. In tal modo si evita il ricorso atrattamenti intensivi più costosi, come il day-ho-spital e il ricovero. Il trattamento può durare fino a un massimo di12 settimane, ma può terminare molto prima seil paziente affronta con successo i fattori-chiaveresponsabili dello scarso progresso con la terapiaambulatoriale standard. I pazienti dovrebbero fre-quentare l’ambulatorio durante i giorni ferialidalle 13.00 alle 20.00 e il trattamento dovrebbe

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includere una combinazione delle seguenti pro-cedure: • tre pasti assistiti al giorno (allo scopo di aiutare

il paziente a esporsi a cibi di incerto contenutocalorico e a situazioni che prevedono l’alimen-tazione sociale, può essere utile accompagnarloa consumare il pasto in pizzeria, al fast-food oal ristorante in alcuni casi durante la settimana);

• due sedute di psicoterapia individuale a setti-mana;

• due sedute con il dietista a settimana; • una visita medica a settimana; • incontri con i familiari o il coniuge (sempre

nel caso degli adolescenti, se il paziente accon-sente nel caso degli adulti), per discutere comecreare un ambiente a casa che faciliti gli sforzidel paziente di mantenere i cambiamenti del-l’alimentazione al di fuori dell’ambulatorio.

Nelle fasi finali della terapia ambulatoriale inten-siva, il paziente dovrebbe essere incoraggiato aconsumare sempre più pasti fuori dall’ambulatorioe il trattamento dovrebbe gradualmente evolverenella terapia ambulatoriale standard. La terapia ambulatoriale intensiva ha due vantaggirispetto al tradizionale trattamento in day-hospi-tal: è meno costosa e consente al paziente di con-tinuare ad affrontare il disturbo dell’alimentazionecon gli stessi terapeuti che hanno praticato la te-rapia ambulatoriale standard, evitando così l’in-terruzione della relazione terapeutica.

Quarto livello: riabilitazione intensiva

residenziale

La riabilitazione dei disturbi dell’alimentazione èintensiva (cod. 56 o ex art. 26), in quanto la riabi-litazione estensiva utilizzata per altri ambiti (es. ge-riatrico, ortopedico) non consente l’approccio mul-tidisciplinare e l’intensità di cura (almeno 180 mi-nuti/die) necessari. La riabilitazione intensiva può

essere erogata in regime di day-hospital, quandorealizzabile logisticamente e qualora le condizionigenerali del paziente lo consentano, oppure in re-gime ospedaliero.La riabilitazione intensiva rappresenta un nodocruciale nella rete assistenziale quando: • il livello di gravità e comorbidità è elevato; • l’impatto sulla disabilità e sulla qualità di vita

del paziente è gravoso; • gli interventi da mettere in atto diventano nu-

merosi ed è opportuno – per ragioni sia clinichesia economiche – concentrarli in tempi relati-vamente brevi secondo un progetto coordinato;

• precedenti percorsi a minore intensità nonhanno dato i risultati sperati e il rischio per lostato di salute del paziente tende ad aumentare.

Nello specifico, ci sono quattro situazioni che in-dicano la necessità di un ricovero riabilitativoospedaliero: • la mancata risposta a un trattamento ambula-

toriale condotto secondo le attuali linee di in-dirizzo;

• la presenza di rischio fisico che rende inap-propriato il trattamento ambulatoriale;

• la presenza di rischio psichiatrico che rendeinappropriato il trattamento ambulatoriale;

• la presenza di difficoltà psicosociali che rendonoinappropriato il trattamento ambulatoriale.

Mancata risposta a un trattamento

ambulatoriale condotto secondo le attuali

linee di indirizzo

Numerosi dati indicano che l’entità del cambia-mento nelle prime settimane di cura è predittivodei risultati a lungo termine e che se non si verificaun miglioramento nei primi mesi di cura rara-mente il paziente lo otterrà prolungando il tratta-mento ambulatoriale. Purtroppo, non abbiamoancora dati definitivi su quanto tempo “al mas-simo” sia opportuno mantenere un paziente in te-

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rapia ambulatoriale senza un miglioramento si-gnificativo. Come guida elastica, da adattare alsingolo caso clinico, si può considerare l’indica-zione di nessun miglioramento o peggioramentodopo 12 settimane di cura ambulatoriale.

Rischio fisico che rende inappropriato

il trattamento ambulatoriale

Esistono condizioni che, determinando un rischiofisico moderato, rendono inappropriato il tratta-mento ambulatoriale. Esempi includono: • peso corporeo molto basso (indice di massa

corporea < 15 kg/m2); • rapida perdita di peso corporeo (> 1 kg a set-

timana per almeno 6 settimane); • elevata frequenza di vomito autoindotto; • elevata frequenza di uso improprio di lassativi

e/o diuretici; • elevata frequenza di esercizio fisico eccessivo e

compulsivo in una condizione di indice dimassa corporea < 17,5 kg/m2.

Rischio psichiatrico che rende inappropriato

il trattamento ambulatoriale

C’è un consenso clinico sul fatto che la presenzadi alcuni disturbi psichiatrici coesistenti con il di-sturbo dell’alimentazione rende inappropriato iltrattamento ambulatoriale. Esempi includono: • elevata frequenza di episodi di autolesionismo

grave; • depressione grave con o senza rischio suicidario

che non risponde al trattamento ambulatoriale; • elevata impulsività; • uso continuativo di sostanze.

Difficoltà psicosociali che ostacolano

il trattamento ambulatoriale

C’è un consenso diffuso sul fatto che la presenzadi alcune difficoltà psicosociali ostacola il tratta-mento ambulatoriale e rende necessario un trat-

tamento in un reparto riabilitativo ospedaliero.Le più comuni difficoltà psicosociali che possonoostacolare il trattamento ambulatoriale sono leseguenti: • isolamento sociale (secondario allo stato di sot-

topeso e di malnutrizione, alla psicopatologiaspecifica del disturbo dell’alimentazione o allapsicopatologia psichiatrica associata);

• interruzione dell’attività scolastica o lavorativa(un problema comunemente osservato nei di-sturbi dell’alimentazione più gravi);

• ambiente familiare problematico (presenza infamiglia di una o più persone con disturbidell’alimentazione o dipendenza da sostanze oaltro disturbo psichiatrico; presenza di com-portamenti di abuso fisico, emotivo o sessualeda parte di un membro della famiglia nei con-fronti della paziente; presenza di frequenticomportamenti di critica e ostilità da parte diuno o più membri della famiglia nei confrontidel paziente).

Alcuni pazienti possono giovarsi di un trattamentoriabilitativo in day-hospital, se non rispondonoalla terapia ambulatoriale ma presentano condi-zioni fisiche e psicosociali che permettono di pas-sare la notte fuori dall’ospedale.La Tabella 7.3 riporta uno schema di appropria-tezza del ricovero riabilitativo intensivo ospedalieroapprovato dalla Regione Veneto. Il ricovero riabi-litativo intensivo è controindicato nei pazienticon condizioni di rischio fisico elevato, uso im-proprio continuativo di sostanze, depressionemaggiore con rischio suicidario e psicosi acuta.

La lista d’attesa

L’unità di riabilitazione intensiva dovrebbe fare

del proprio meglio per ridurre al minimo la

durata della lista d’attesa. Un lungo periodo diattesa (> 12 settimane) può avere effetti negativisul paziente, soprattutto se ha già manifestato la

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disponibilità al trattamento. Una lunga lista d’at-tesa demoralizza la maggior parte dei pazienti epuò demotivarli ad affrontare il trattamento. Unabreve lista d’attesa, al contrario, può contribuirea ridurre la durata del disturbo e migliorare l’esitodella cura.La lunga durata media del ricovero riabilitativo ela limitata disponibilità di letti possono allungare,purtroppo, la lista d’attesa oltre il periodo massimoottimale di 12 settimane. Se la permanenza delpaziente in lista d’attesa è troppo lunga, i centriambulatoriali di riferimento devono concordarecon il centro di ricovero un piano per gestire ilperiodo di attesa, perché la psicopatologia del di-sturbo dell’alimentazione, le circostanze di vita ela comorbidità psichiatrica tendono a evolvere neltempo. La gestione della lista d’attesa può inclu-dere una o più delle seguenti procedure e strategie: • stimolare il paziente a iniziare il percorso di

cambiamento già con il trattamento ambula-toriale ed evitare il ricovero riabilitativo (l’espe-rienza clinica ha evidenziato che l’inserimentoin una lista d’attesa per il ricovero riabilitativopuò indurre alcuni pazienti ad attuare un cam-biamento già con il trattamento ambulatoriale);

• monitorare l’evoluzione delle condizioni me-diche e psicosociali con periodiche valutazionicliniche, di laboratorio e strumentali;

• programmare, in caso di necessità, brevi periodidi ospedalizzazione in reparti internistici/pe-diatrici per gestire le condizioni di instabilitàmedica;

• programmare visite periodiche presso l’unitàdi riabilitazione intensiva ospedaliera, per va-lutare ed eventualmente rinforzare la motiva-zione del paziente al ricovero durante la per-manenza in lista d’attesa.

In alcune situazioni di particolare gravità clinica,

Appropriatezza strutturale e operativa nella gestione dei disturbi dell’alimentazione 7

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Tabella 7.3 Valutazioni antropometriche ed esami bioumorali e strumentali di routine da prescrivere nei pazienti sot-topeso e sospetta malnutrizione per difetto

Il ricovero è indicato se sono soddisfatti uno o più dei seguenti criteri Sì No

1.Mancata risposta a un trattamento ambulatoriale condotto secondo le attuali linee guida• Nessun miglioramento o peggioramento dopo 12 settimane di cura � �

2. Rischio fisico che rende inappropriato il trattamento ambulatoriale• Basso peso corporeo (indice di massa corporea < 15 kg/m2) � �

• Rapida perdita di peso (> 1 kg a settimana per almeno 6 settimane) � �

• Elevata frequenza di vomito autoindotto � �

• Elevata frequenza di uso improprio di lassativi � �

• Elevata frequenza di uso improprio di diuretici � �

• Elevata frequenza di esercizio fisico eccessivo e compulsivo in una condizione di indice � �

di massa corporea < 17,5 kg/m2

• Sintomi e segni che indicano un’instabilità medica � �

3. Rischio psichiatrico che rende inappropriato il trattamento ambulatoriale• Elevata frequenza di episodi di autolesionismo grave (es. farsi tagli o bruciature) � �

• Depressione grave con o senza rischio suicidario � �

• Elevata impulsività � �

• Uso improprio di sostanze � �

4. Difficoltà psicosociali che ostacolano il trattamento ambulatoriale• Isolamento sociale � �

• Interruzione dell’attività scolastica o lavorativa � �

• Ambiente familiare problematico � �

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il paziente può essere ricoverato rapidamente senzarispettare la lista d’attesa. Una particolare atten-zione va dedicata all’opportunità di un ricoveroin tempi brevi nei pazienti adolescenti che nonmigliorano con il trattamento ambulatoriale. Ilrazionale di questa indicazione dipende da dueconsiderazioni: • il sottopeso ha un effetto negativo maggiore

negli adolescenti, perché i loro organi non sonoancora sviluppati e lo sviluppo psicofisico nonsi è ancora completato;

• il trattamento degli adolescenti ha un esito mi-gliore e si associa più spesso a una completa erapida remissione, rispetto a quello degli adulti.

Il trattamento riabilitativo ospedaliero deve avereuna durata tale da permettere la normalizzazionedello stato di nutrizione, il miglioramento dellapsicopatologia specifica del disturbo dell’alimen-tazione e l’attenuazione della psicopatologia ge-nerale eventualmente associata. Il testo unico per la compensazione inter-regionaledella mobilità sanitaria prevede un abbattimentooltre il 60° giorno di degenza della tariffa M19,che comprende i disturbi dell’alimentazione. Perla maggior parte dei pazienti affetti da tali disturbi,un periodo di 60 giorni non è sufficiente per rag-giungere un quadro clinico e uno stato nutrizio-nale accettabili e una riduzione della psicopato-logia specifica del disturbo dell’alimentazione edi quella generale eventualmente associata. Nu-merosi dati della letteratura indicano che una di-missione precoce, senza il raggiungimento dellanormalizzazione del peso corporeo, si associa aun elevato tasso di ricaduta e di riospedalizzazionenell’anno seguente la dimissione. La Regione Ve-neto, sulla base di questi dati, ha fissato il valoresoglia per i ricoveri riabilitativi dei disturbi del-l’alimentazione (cod. 56) a 90 giorni, periodoconsiderato ottimale per il trattamento di questatipologia di pazienti.

È utile far seguire al ricovero riabilitativo un pe-riodo di day-hospital, per permettere ai pazientidi sperimentare l’esposizione ai fattori stressantiambientali, di consumare gradualmente i pasti aldi fuori del reparto e nello stesso tempo di conti-nuare ad avere il supporto di una terapia intensiva.

Valutazione diagnostica

La valutazione diagnostica dei pazienti ricoveratinei reparti di riabilitazione intensiva ospedalieradeve essere multidimensionale e includere le se-guenti aree:• Valutazione della natura e della gravità del di-

sturbo dell’alimentazione. L’obiettivo principaledi questa valutazione è analizzare lo sviluppoe lo stato attuale del disturbo. La valutazionediagnostica può avvalersi dell’uso di intervistesemistrutturate, sia specifiche per i disturbidell’alimentazione (come l’EDE) sia riguar-danti la comorbidità psichiatrica (come laSCID), e di questionari autosomministrati chevalutano la psicopatologia specifica dei disturbidell’alimentazione (come l’EDE-Q), l’influenzadel disturbo dell’alimentazione sul funziona-mento psicosociale (come il CIA) e la psico-patologia generale (come la SCL-90);

• Valutazione dello stato fisico. I pazienti ricoveratidovrebbero ricevere una valutazione accuratadel loro stato clinico-nutrizionale, perché moltidi loro sono in una condizione di instabilitàmedica. La valutazione dello stato fisico in-clude l’anamnesi e un accurato esame obiettivo(Tabella 7.4), integrato dalla prescrizione diesami bioumorali e strumentali (Tabelle 7.5 e7.6). La Tabella 7.7 riporta i segnali che ri-chiedono un intervento medico di emergenza.

Obiettivi e procedure del trattamento

Gli obiettivi e le procedure del trattamento riabi-litativo ospedaliero dovrebbero essere adattati alle

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Tabella 7.5 Valutazioni antropometriche ed esami biou-morali e strumentali di routine da prescriverenei pazienti sottopeso con sospetta malnu-trizione per difetto

Valutazioni antropometriche • Peso corporeo• Altezza• Indice di massa corporea• Misurazione delle pliche cutanee (tronco: sottoscapolare, medio-

ascellare, pettorale, addominale, soprailiaca; arto superiore:tricipitale, bicipitale, dell’avambraccio; arto inferiore: coscia,soprapatellare, mediale del polpaccio)

Esami bioumorali• Emocromo, reticolocitemia• Velocità di eritrosedimentazione (VES), proteina C reattiva • Transaminasi• Colinesterasi• Azotemia, creatininemia• Calcemia, fosforemia, magnesiemia, potassiemia, sodiemia,

cloremia• Ferritinemia, transferrinemia• Albuminemia, prealbuminemia• Colesterolemia totale• Ormone tireotropo (TSH)• Esame urine

Esami strumentali• Elettrocardiogramma • Pressione arteriosa

Valutazione della densità ossea (nei pazienti con amenorrea > 6 mesi e/o indice di massa corporea < 15,0 kg/m2)• Estradiolo, testosterone• Densitometria a doppio raggio X

Tabella 7.4 Segni fisici da ricercare nei pazienti con disturbi dell’alimentazione

• Emaciazione• Crescita rallentata e mancato sviluppo delle mammelle (se l’insorgenza è prepuberale)• Pelle secca, assottigliamento dei capelli del cuoio capelluto; lanugo sulla schiena, sugli avambracci e sul lato del viso; colorazione

giallo-arancione della pelle delle mani e dei piedi; petecchie, irritazione periorale della pelle; calli sul dorso della mano (“segno diRussell”), unghie fragili

• Ingrossamento delle parotidi e delle ghiandole sottomandibolari (specialmente nei pazienti con episodi bulimici e vomito autoin-dotto)

• Erosione della superficie interna dei denti anteriori• Mani e piedi e freddi e cianotici, ipotermia• Bradicardia (< 60 battiti/min), ipotensione (< 90 mmHg di pressione sistolica), aritmie cardiache (specialmente nei pazienti sottopeso

e quelli con alterazioni elettrolitiche) • Edema (caviglie, regione periorbitale)• Debolezza dei muscoli prossimali (difficoltà di alzarsi da una posizione accovacciata o dalla sedia senza aiutarsi con le braccia)

Tabella 7.6 Esami bioumorali e strumentali di routineda prescrivere nei pazienti sovrappeso consospetta malnutrizione per eccesso

Esami bioumorali• Colesterolemia totale e HDL, trigliceridemia• Glicemia e insulinemia basali• Curva glicemica e insulinemica da carico orale di glucosio• Proteina C reattiva• Transaminasi• Azotemia, creatininemia• Ormone tireotropo (TSH), triiodotironina, tiroxina

Esami strumentali• Elettrocardiogramma, ecocardiogramma• Pressione arteriosa

Tabella 7.7 Segnali che richiedono un intervento me-dico d’emergenza

Misura Valore di allerta

Indice di massa corporea (kg/m2) < 13,0

Pressione sistolica (mmHg) < 80

Pressione diastolica (mmHg) < 50

Frequenza cardiaca (battiti/min) < 40

QT nell’elettrocardiogramma > 450 sec.

Polso aritmico +

Glicemia (mg/dl) < 50

Potassio (mEq/L) < 2,5

Sodio (mEq/L) < 130

Temperatura (°C) < 34,5

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necessità del singolo paziente, sulla base della va-lutazione diagnostica multidimensionale effettuataal momento dell’ammissione e della stesura delprogetto riabilitativo individuale, che dovrebbeincludere i seguenti parametri:• Situazione attuale: sintesi degli elementi salienti

relativi alla patologia e alla disabilità;• Outcome globale: esiti complessivi attesi oltre

il termine del ricovero (es. raggiungere la re-missione del disturbo dell’alimentazione; rag-giungere una condizione clinica associata adanni fisici e psicosociali minimi);

• Outcome funzionale: esito atteso al termine delricovero, relativo all’insieme dei parametri og-getto dei trattamenti erogati (es. ottenere unmiglioramento della gravità clinica e delle di-sabilità correlate con il disturbo dell’alimenta-zione, che permetta il reinserimento sociale,lavorativo/scolastico del paziente e l’attuazionedi una terapia ambulatoriale);

• Outcome specifici: esiti attesi a breve e mediotermine, relativi a parametri minori o più di-screti. Per esempio: - recuperare un corretto stato di nutrizione in

termini di composizione e funzione corporea(l’andamento del peso può essere un riferi-mento a uso del paziente: raggiungere unindice di massa corporea superiore ai 19kg/m2 per i pazienti sottopeso; mantenere ilpeso nell’intervallo di 3 kg per i pazientinormopeso; ridurre di 2 kg/m2 l’indice dimassa corporea nei soggetti obesi),

- migliorare la psicopatologia specifica del di-sturbo dell’alimentazione (riduzione del 10%del punteggio all’EDE),

- migliorare la gravità clinica del disturbo del-l’alimentazione (riduzione del 10% del pun-teggio al CIA),

- migliorare la sintomatologia psichiatrica ge-nerale;

• Aree di intervento specifico: - Psicoterapia individuale

· Elenco degli obiettivi in ordine di priorità:aumentare la consapevolezza del disturbodell’alimentazione e affrontare i principalifattori di mantenimento del disturbo

· Trattamento: due sedute individuali di 50minuti a settimana

· Operatori: psicoterapeuti- Psicoterapia di gruppo

· Elenco degli obiettivi in ordine di priorità:affrontare gli eventi e le emozioni che in-fluenzano l’alimentazione, affrontare la re-strizione dietetica cognitiva, affrontare l’ec-cessiva valutazione del peso e della formadel corpo

· Trattamento: due incontri di 60 minuti asettimana

· Operatori: psicoterapeuti- Gruppi psicoeducazionali

· Elenco degli obiettivi in ordine di priorità:acquisire conoscenze sui disturbi dell’ali-mentazione, sui meccanismi di manteni-mento dei disturbi e sulle strategie per af-frontarli

· Trattamento: due incontri di 60 minuti asettimana

· Operatori: educatori; tecnici della riabili-tazione psichiatrica

- Riabilitazione nutrizionale· Elenco degli obiettivi in ordine di priorità:

affrontare la restrizione dietetica calorica ecognitiva; normalizzare lo stato di nutri-zione

· Trattamento: la riabilitazione nutrizionalesi basa su diverse procedure di intervento,che possono essere combinate tra loro aseconda del quadro clinico nutrizionale edella compliance del paziente. Si può farericorso a pasti assistiti, supplementi nutri-

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zionali orali, fino alla nutrizione artificiale(totale o di supporto, preferibilmente pervia enterale). È da preferire quando possi-bile la riabilitazione nutrizionale con cibinaturali; alla nutrizione enterale e paren-terale si associano infatti con maggiore fre-quenza complicanze mediche, come la re-feeding syndrome e le infezioni. È necessarioche l’intervento, a prescindere dalla mo-dalità, sia compreso dal paziente come fon-damentale per recuperare uno stato di nu-trizione adeguato a evitare complicanze or-ganiche e per beneficiare al meglio degliinterventi farmacologici e/o psicoterapeu-tici. A tal fine è spesso opportuno stabiliretra equipe curante e paziente un contrattoterapeutico che stabilisca procedure eobiettivi condivisi. Se il paziente non ade-risce al programma nutrizionale stabilito,va trasferito in un reparto per acuti

· Operatori: medici nutrizionisti (specialistiin scienza dell’alimentazione o con com-petenze specifiche in ambito clinico nu-trizionale), dietisti, tecnici della riabilita-zione psichiatrica

- Riabilitazione fisica· Elenco degli obiettivi in ordine di priorità:

ottimizzare il recupero della massa magra,· Trattamento: ginnastica medica per 30 mi-

nuti 2 volte a settimana· Operatori: terapisti della riabilitazione

- Gestione delle complicanze mediche/psichia-triche· Elenco degli obiettivi in ordine di priorità:

gestire le complicanze mediche/psichiatri-che associate al disturbo dell’alimentazione

· Trattamento: valutazione medica giorna-liera; terapia farmacologica

· Operatori: medici internisti-nutrizionisti,psichiatri.

Valutazione dell’andamento del trattamento

L’unità di riabilitazione dovrebbe informare pe-riodicamente il centro ambulatoriale di riferi-mento sull’andamento del trattamento. Oltre acontatti informali periodici, l’unità di riabilita-zione dovrebbe eseguire due valutazioni formali(dopo 4 settimane di cura e una settimana primadella fine del trattamento), da inviare e discuterecon il centro ambulatoriale di riferimento.

Programmazione del post-ricovero

La ricaduta dopo la dimissione è uno dei problemiprincipali associati al trattamento riabilitativo re-sidenziale dei disturbi dell’alimentazione. Ciò èdovuto a vari fattori, tra cui la natura stessa delricovero, che non espone il paziente agli stimoliambientali di mantenimento del disturbo dell’ali-mentazione, la natura persistente della psicopa-tologia del disturbo dell’alimentazione e la scarsapreparazione del paziente al post-ricovero. Perquanto riguarda quest’ultimo punto, dati della ri-cerca indicano che la ricaduta dopo un ricoveroha più probabilità di verificarsi se il paziente nonriceve un trattamento dopo la dimissione, se iltrattamento post-ricovero è di impostazione con-cettuale molto diversa da quello ricevuto duranteil ricovero, se non si verificano cambiamenti im-portanti nell’ambiente dove il paziente vive e se iltrattamento in sede di ricovero non ha una durataidonea a svolgere il programma previsto e adeguataalle necessità del paziente. Questi dati indicano come prioritario program-mare in modo accurato il passaggio dalla tera-

pia nell’unità di riabilitazione a quella nel cen-

tro ambulatoriale di riferimento. L’unità di ria-bilitazione deve prendere contatto con il centroambulatoriale affinché il paziente possa avere ilprimo appuntamento nella settimana successivaalla data di dimissione. Poiché i dati della ricercaindicano che la maggiore frequenza di ricadute

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post-ricovero si osserva nel primo e secondo mesedopo la dimissione, il centro ambulatoriale di ri-ferimento deve pianificare visite con frequenzabi-settimanale nel primo mese dopo la dimissioneo almeno una visita settimanale e un contatto te-lefonico o via e-mail tra una visita settimanale el’altra.

Adattamenti da apportare per il ricovero

riabilitativo degli adolescenti

Gli adolescenti (età < 18 anni) dovrebbero allog-giare in stanze separate dagli adulti. Durante ipermessi di uscita devono essere sempre accom-pagnati da un adulto. Per l’intero periodo di day-hospital, se non vivono a casa, devono alloggiarein camere private o appartamenti con almeno ungenitore o un parente designato dai genitori. Il trattamento degli adolescenti, oltre alle proce-dure terapeutiche descritte per i pazienti adulti,dovrebbe prevedere le tre seguenti procedure ag-giuntive: incontri con la famiglia, gruppo adole-scenti e scuola nell’ospedale.

Incontri con la famiglia

I genitori dei pazienti minorenni dovrebbero par-tecipare ad alcuni incontri, che hanno l’obiettivodi educarli sui disturbi dell’alimentazione, di creareun ambiente che influenzi positivamente il com-portamento alimentare del figlio quando torneràa casa, di migliorare la comunicazione tra i mem-bri della famiglia e di sviluppare strategie funzio-nali per gestire le crisi.

Gruppo adolescenti

Gli adolescenti dovrebbero affrontare, nelle sedutedi psicoterapia, le varie problematiche adolescen-ziali associate ai disturbi dell’alimentazione, comela costruzione del senso d’identità, l’acquisizionedi un maggior grado di autonomia, lo sviluppodi migliori capacità relazionali e l’adattamento ai

cambiamenti della pubertà. Gli adolescenti do-vrebbero anche essere aiutati ad apprendere pro-cedure specifiche per migliorare la comunicazionesociale, l’assertività e la capacità di risolvere i con-flitti.

Scuola nell’ospedale

Il progetto “Scuola nell’Ospedale” è stato svilup-pato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Universitàe della Ricerca (http://pso.istruzione.it) per offrirela possibilità di studiare ai giovani ospedalizzatiper un periodo superiore ai 30 giorni. Il progettodovrebbe essere sempre attuato nei reparti di ria-bilitazione intensiva dei disturbi dell’alimenta-zione, in collaborazione con il Provveditorato degliStudi della Provincia sede dell’unità riabilitativa. L’intervento prevede lezioni impartite diretta-mente o attraverso internet. I pazienti/studentisono sottoposti periodicamente a verifiche orali escritte del loro apprendimento, che hanno valorelegale. Dovrebbero essere organizzati incontri pe-riodici tra l’equipe curante e gli insegnanti, pervalutare e affrontare i vari ostacoli emersi duranteil percorso riabilitativo e di studio. Il progetto Scuola nell’Ospedale favorisce il rein-tegro dei pazienti nel tradizionale contesto scola-stico, prevenendo la dispersione scolastica, chepuò favorire la ricaduta dopo la dimissione dalreparto riabilitativo.

Quinto livello: ricovero ordinario

In alcuni pazienti con disturbo dell’alimentazionesi può rendere necessaria un’ospedalizzazione incondizioni di acuzie, sia per il rischio medico siaper quello psichiatrico. Il ricovero in reparti internistici dovrebbe essereeffettuato per gestire le forme più gravi di malnu-trizione per difetto e/o la presenza di gravi com-plicanze fisiche (complicanze cardiovascolari, di-

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sidratazione, emoconcentrazione, ipoglicemia sin-tomatica, disfunzione multiorgano). Prima di ini-ziare l’intervento nutrizionale devono essere cor-retti gli squilibri idroelettrolitici. La rialimenta-zione, anche nelle situazioni più gravi associate acomplicanze fisiche, deve privilegiare l’alimenta-zione per os, eventualmente associata a supple-menti nutrizionali orali, in forma di formule li-quide complete, che forniscono un apporto bi-lanciato di nutrienti. Alcune persone accettanopiù volentieri un aumento dell’apporto caloricoattraverso i supplementi nutrizionali orali piutto-sto che con gli alimenti ordinari, per una minorepaura di perdere il controllo o con l’idea che sitratti di una terapia farmacologica. Nei soggetti gravemente malnutriti e con gravicomplicanze fisiche, che non riescono ad accettarela rialimentazione orale o non sono in grado diraggiungere l’obiettivo ponderale concordato, viè l’indicazione a un intervento di nutrizione arti-ficiale. La nutrizione enterale con sondino naso-gastrico rappresenta la via di scelta, perché più fi-siologica, meno rischiosa e di più facile gestionerispetto alla nutrizione parenterale con accessovenoso centrale. Quest’ultima dovrebbe essere evi-tata, per l’elevato rischio di infezioni da catetere(legato soprattutto allo stato di immunocompro-missione) e di pneumotorace. La nutrizione pa-renterale attraverso un accesso venoso periferico,invece, può essere utilizzata come temporaneosupporto nutrizionale. I principali limiti della nu-trizione parenterale in vena periferica sono rap-presentati dalla mancanza di accessi venosi ade-guati e dalla durata limitata dell’intervento. Qualsiasi intervento, sia di rialimentazione per ossia di nutrizione artificiale, deve essere discusso econcordato con lo psichiatra o con lo psicologo,tenendo in considerazione sia le esigenze medichesia gli aspetti psicologici. Vanno evitati metodicoercitivi e rapidi aumenti di peso, che rischiano

di compromettere il rapporto di fiducia. L’infor-mazione e semplici tecniche cognitivo-compor-tamentali (es. un contratto terapeutico che stabi-lisca i metodi e gli obiettivi degli interventi) pos-sono essere di grande utilità. Nel caso si dovessericorrere a una rialimentazione forzata, è impor-tante cercare una comunicazione chiara ed effi-cace. Il personale del reparto deve imparare a ge-stire, anche da un punto di vista emotivo, l’op-positività e i tentativi di manipolazione, ma ancheessere consapevole del fatto che i pazienti conanoressia nervosa sono spesso stigmatizzati comepersone che si autoinfliggono i loro problemi eper questo possono ricevere commenti inadeguatio colpevolizzanti da parte di personale non pre-parato o da altri degenti del reparto. Il ricovero in un servizio psichiatrico di diagnosie cura (SPDC) è motivato dalla presenza di gravicomorbidità psichiatriche: scompenso psicotico,eccitamento maniacale, grave depressione, suici-dalità. Anche nel caso di ricovero in SPDC, ilpersonale deve sviluppare una specifica compe-tenza nella gestione dei comportamenti manipo-lativi, con una particolare attenzione alla chiarezzadella comunicazione e alla definizione delle regoledi comportamento. In una minoranza di pazienticon anoressia nervosa, la negazione della malattiae della gravità delle condizioni fisiche, l’inflessi-bilità cognitiva, una paura di ingrassare inconte-nibile e un disturbo dell’immagine corporea per-vasivo possono compromettere le capacità di giu-dizio e indurre al rifiuto del trattamento, anchein condizioni di grave rischio. Quando la salutefisica o la vita stessa del paziente sono in pericoloa causa del rifiuto del cibo o dei liquidi, con un’in-crollabile resistenza a ogni tentativo di persuasione,è necessario considerare l’indicazione a un TSO.Questo deve essere considerato come una risorsaterapeutica estrema, quando ogni altra possibilitàterapeutica è stata esplorata, ma sia i medici sia i

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pazienti devono sapere che può e deve essere rea-lizzato per proteggere i pazienti da possibili con-seguenze fatali.Sia nei reparti internistici sia nei reparti psichia-trici, la durata del ricovero dovrebbe essere limitataal tempo necessario a ottenere un livello minimodi stabilizzazione delle condizioni fisiche e psi-chiatriche del paziente. Poiché spesso dopo un ri-covero può esserci il rischio di peggioramento, ènecessario valutare attentamente il momento delladimissione e mettere in contatto il paziente o lasua famiglia con l’unità specialistica più vicina.

Implementazione di una rete

di centri di riferimento

Nelle diverse Regioni italiane, i servizi specificiper la cura dei disturbi dell’alimentazione sonopochi e non sono presenti in tutte le aziende sa-nitarie. Una mappa delle strutture dedicate in Ita-lia è disponibile sul sito www.disturbialimenta-rionline.it.L’organizzazione territoriale dei dipartimenti disalute mentale consente un’ampia diffusione nelterritorio di unità ambulatoriali specialistiche,che possono trovare collocazione all’interno ditali dipartimenti e che possono dotarsi di proto-colli di collaborazione con la medicina di base econ gli internisti, i nutrizionisti e altri medici spe-cialisti. Queste unità ambulatoriali hanno compitidi valutazione diagnostica e di definizione dei li-velli di trattamento, di motivazione alla cura e diconsulenza alle famiglie, anche di quelle che chie-dono aiuto per i figli che non vogliono andaredal medico. Allo stesso modo, i servizi di dietetica e nutrizioneclinica e le altre strutture con competenze specia-listiche in ambito nutrizionale, sia ospedaliere siadelle ASL, possono svolgere un ruolo importantenel trattamento dei disturbi dell’alimentazione,

eseguendo una valutazione clinico-nutrizionale eimpostando un trattamento nutrizionale adeguatoal quadro clinico. Anche queste strutture dovrannoessere inserite nella rete assistenziale in cui sonoprevisti i cinque livelli di assistenza precedente-mente descritti.Per un’efficace organizzazione dell’assistenza nelterritorio della Regione, è consigliabile la costitu-zione di un centro di coordinamento regionale,che abbia le seguenti funzioni:• condivisione degli strumenti di valutazione

diagnostica e definizione di strumenti comuniper la valutazione dell’esito;

• osservatorio epidemiologico regionale sui di-sturbi dell’alimentazione, per migliorare le co-noscenze sulla prevalenza e l’incidenza di questidisturbi nel territorio e per stabilirne le varia-zioni nel corso del tempo, anche in funzionedella programmazione delle strutture dedicateal loro trattamento;

• monitoraggio delle attività delle unità ambu-latoriali specialistiche;

• programmazione e coordinamento di inter-venti di prevenzione attraverso rapporti con lescuole, con gli insegnanti e con i medici dimedicina generale;

• coordinamento con le strutture di riabilitazioneintensiva ospedaliera ed extraospedaliera pub-bliche e convenzionate presenti nel territorio,per garantire la continuità della cura (a questoscopo sono utili protocolli che stabiliscano in-dicazioni e modalità di invio alle strutture diriabilitazione intensiva, nonché le modalitàdella dimissione da queste strutture e i contatticon il centro di riferimento per la continua-zione del trattamento a livello ambulatoriale);

• definizione di protocolli di collaborazione: - con i servizi per le tossicodipendenze e per

la psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza,per offrire trattamenti integrati nei casi più

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complicati, con comorbidità psichiatrica ocon esordio precoce;

- con i reparti internistici ospedalieri e con iservizi di nutrizione clinica, per promuoverela collaborazione multiprofessionale e l’in-tegrazione dei trattamenti;

• collaborazione con le associazioni dei familiari,per una corretta informazione sui disturbi del-l’alimentazione, le loro potenziali cause e il lorotrattamento, anche attraverso la diffusione dimateriale informativo, contatti con la stampae altri mezzi di comunicazione (televisione, in-ternet);

• programmazione di interventi di formazionecomuni per il personale dei centri di riferi-mento.

La natura complessa dei disturbi dell’alimenta-zione mette in luce i limiti di un’organizzazionerigida dell’assistenza (in cui le strutture psichia-triche e le strutture internistiche, di fatto, operanoin contesti assolutamente diversi), così come ledifficoltà legate all’organizzazione delle equipe as-sistenziali (nelle strutture psichiatriche e in quelleinternistiche sono raramente previste figure pro-fessionali delle altre discipline) e quelle riguardantila classificazione delle patologie. È auspicabile chequeste difficoltà siano superate in sede di pro-grammazione sanitaria, al fine di consentire un’ef-ficace presa in carico interdisciplinare e multidi-mensionale dei pazienti.

Sintesi delle linee guida del National

Institute for Clinical Excellence (NICE)

Nel 2004, il National Institute for Clinical Excel-lence (NICE) della Gran Bretagna ha pubblicatodelle linee guida cliniche per i disturbi dell’ali-mentazione. Esse includono una serie di racco-mandazioni basate sulla consultazione di vari or-ganismi professionali nel campo della salute men-

tale, associazioni di pazienti e familiari e istituzioniaccademiche. Le raccomandazioni sono basate suidati della ricerca e sono classificate nelle tre cate-gorie seguenti, con valore decrescente di evidenzascientificamente provata: A = forte sostegno em-pirico derivato da studi randomizzati ben con-dotti; B = sostegno derivato da studi clinici bencondotti ma non randomizzati; C = sostegno de-rivato dall’opinione di esperti ma non da fortidati empirici.Le raccomandazioni sono più di cento e sono perla maggior parte di grado C. La Tabella 7.8 pre-senta le principali raccomandazioni con un gradodi evidenza A o B.

Raccomandazioni per l’anoressia nervosa

Per l’anoressia nervosa, sono fornite tre racco-mandazioni prioritarie: • ai bambini e agli adolescenti con durata di ma-

lattia inferiore ai tre anni dovrebbe essere offertala terapia basata sulla famiglia (grado B);

• la maggior parte dei pazienti affetti da anoressianervosa dovrebbe essere gestita a livello am-bulatoriale (grado C);

• il trattamento ospedaliero dovrebbe associarela rialimentazione agli interventi psicosociali(grado C).

Per l’anoressia nervosa sono state anche fornite

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Tabella 7.8 Le principali raccomandazioni del NICE congrado di evidenza A o B

• Terapia cognitivo-comportamentale per gli adulti con bulimianervosa o BED (grado di evidenza A)

• Terapia interpersonale per gli adulti con bulimia nervosa o BED (grado di evidenza B)

• Terapia basata sulla famiglia con “pasti familiari” per gli ado-lescenti (meno di 18 anni) con anoressia nervosa (grado dievidenza B)

• Terapia farmacologica con antidepressivi per la bulimia ner-vosa e il BED (grado di evidenza B)

• Auto-aiuto con manuali per la bulimia nervosa e il BED (gradodi evidenza B)

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delle raccomandazioni per la gestione delle pro-blematiche fisiche (grado A) descritte nella Tabella7.9.

Raccomandazioni per la bulimia nervosa

Le linee guida del NICE raccomandano che agliadulti affetti da bulimia nervosa sia offerta, comeintervento di prima scelta, la CBT-BN (grado A).Un possibile passo iniziale nel trattamento dellabulimia nervosa è l’auto-aiuto, possibilmente gui-dato, con manuali derivati dalla CBT-BN e/o ifarmaci antidepressivi o la IPT (grado B).

Raccomandazioni per i disturbi

dell’alimentazione non altrimenti specificati

La raccomandazione è di seguire le linee guidasul trattamento del disturbo dell’alimentazione(anoressia nervosa o bulimia nervosa) che più siavvicina al disturbo del paziente (grado C). L’ec-cezione è per il BED, dove le linee guida delNICE raccomandano per gli adulti la CBT-BNadattata per questo disturbo (grado A). I pazientidovrebbero anche essere informati che i tratta-menti psicoterapici sono efficaci sulla psicopato-

logia, ma hanno un impatto limitato sul peso cor-poreo (grado A).

Considerazioni generali

Sebbene le linee guida del NICE abbiano un ca-rattere prescrittivo, esse non ignorano il giudizioclinico. Viene infatti affermato che “le linee guidanon sono un sostituto delle conoscenze profes-sionali e del giudizio clinico; ci saranno semprealcune situazioni per le quali le raccomandazionidelle linee guida cliniche non sono facilmente ap-plicabili”. Le raccomandazioni del NICE non in-tendono quindi prevalere sulla responsabilità in-dividuale degli operatori sanitari di prendere de-cisioni appropriate. L’enfasi sulle terapie basate sull’evidenza non do-vrebbe minimizzare l’importanza del contesto piùampio in cui vengono praticati i trattamenti. Lelinee guida del NICE prudentemente affermanoche “i trattamenti basati sull’evidenza vanno som-ministrati al paziente nel contesto di un pro-gramma di trattamento più generale”, che com-prende le attività di “coinvolgere il paziente e for-nire un contesto appropriato per l’erogazione degli

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Tabella 7.9 Raccomandazioni del NICE per la gestione delle problematiche fisiche dei pazienti con anoressia nervosa(grado C)

Gestione dell'aumento di peso• Nella maggior parte dei pazienti, l'obiettivo dovrebbe essere un aumento medio settimanale di peso di 0,5-1 kg durante il ricovero

e di 0,5 kg nel trattamento ambulatoriale (circa 3500-7000 calorie in più a settimana rispetto al dispendio energetico)• È raccomandato un monitoraggio regolare delle condizioni fisiche e in alcuni casi una supplementazione orale multivitaminica/mul-

timinerale, sia nei pazienti ricoverati sia in quelli ambulatoriali• La nutrizione parenterale totale non deve essere utilizzata, a meno che non vi sia una significativa disfunzione gastrointestinale

Gestione del rischio• Gli operatori sanitari dovrebbero monitorare il rischio fisico. Se il rischio aumenta, la frequenza del monitoraggio e della natura delle

indagini dovrebbe essere adeguata di conseguenza• Nelle donne in gravidanza con anoressia nervosa in atto o pregressa, si deve valutare la necessità di offrire cure più intensive, al fine

di assicurare un'adeguata nutrizione prenatale e un normale sviluppo del feto• Gli estrogeni non devono essere somministrati per problemi di densità ossea nei bambini e negli adolescenti, poiché tale trattamento

può portare alla fusione prematura delle epifisi

Alimentazione contro la volontà del paziente• Dovrebbe essere un intervento da considerare solo in ultima istanza

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interventi specifici”. Inoltre, esse sottolineano lanecessità di “incoraggiare e sostenere una buonarelazione terapeutica, a volte importante quantoil trattamento specifico offerto”.

Formazione degli operatori

Le figure professionali che operano nel campo deidisturbi dell’alimentazione sono molteplici e, ingenere, hanno una formazione di base eterogenea,che si deve amalgamare con la dimensione inter-disciplinare del lavoro clinico. Il primo livello nella formazione professionaledegli operatori è quello dei corsi di laurea. Sonointeressati i corsi di laurea magistrale in medicinae chirurgia e in psicologia (clinica, clinico-dina-mica, dello sviluppo e dell’educazione), alcunicorsi di laurea triennale (psicologia, servizio so-ciale) e alcuni corsi di laurea triennale delle pro-fessioni sanitarie (dietistica, educazione profes-sionale, infermieristica, tecnica della riabilitazionepsichiatrica, terapia della riabilitazione, scienzemotorie). È necessario garantire che nei pro-grammi di insegnamento delle discipline previstenegli ordinamenti didattici di questi corsi uni-versitari sia dedicata una particolare attenzioneai disturbi dell’alimentazione, nei diversi aspettibiologici, psicopatologici e sociali che sono statidescritti in questo documento. Un’adeguata co-noscenza delle caratteristiche diagnostiche e cli-niche dei disturbi dell’alimentazione da parte de-gli operatori della sanità pubblica, in particolaredei medici di medicina generale e dei pediatri dilibera scelta, può consentire di migliorare il rico-noscimento precoce dei casi e costituisce la basedei necessari programmi di prevenzione secon-daria.Il secondo livello della formazione professionaleè rappresentato dalle scuole di specializzazionemediche e dal corso di formazione specifica in

medicina generale. Anche qui i programmi diinsegnamento “frontale” dovrebbero prevedereuno spazio adeguato e specifico per i disturbi del-l’alimentazione. Il tirocinio ad hoc degli specialistiin formazione può essere svolto negli ambulatorie nei reparti specialistici delle cliniche universitariee delle altre strutture ospedaliere e territoriali in-cluse nella rete formativa della scuola (medicinainterna, pediatria, psichiatria, psicologia clinica,neuropsichiatria infantile, scienza dell’alimenta-zione, endocrinologia ecc.). Ma è soprattutto alivello dei centri di riferimento e delle struttureriabilitative residenziali e semiresidenziali per i di-sturbi dell’alimentazione, in cui viene svolta un’at-tività clinica fortemente caratterizzata da un ap-proccio interdisciplinare, che la formazione clinicaad hoc degli specialisti in formazione trova la suapiena realizzazione.Nel campo della formazione professionale con-tinua dei laureati e degli specialisti che operanonel settore dei disturbi dell’alimentazione, l’uni-versità può avere un ruolo specifico attraversol’attivazione di master e corsi di perfezionamento.Esperienze di questo tipo sono state finora rea-lizzate in Italia in modo frammentario. Esse, in-vece, dovrebbero essere programmate in modosistematico e in maniera tale da coprire le esi-genze formative su tutto il territorio nazionale.Un ruolo importante può essere svolto, poi, dalleSocietà scientifiche e dagli ordini professionali,attraverso l’organizzazione di corsi di aggiorna-mento e di congressi sul tema specifico dei di-sturbi dell’alimentazione. Infine, a livello locale,gli stessi centri di riferimento, anche in collabo-razione con le sedi universitarie limitrofe e conle Società scientifiche e gli ordini professionali,dovrebbero promuovere programmi di forma-zione e di aggiornamento, con particolare atten-zione ai problemi e alle esigenze del territorio incui operano.

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Messaggi chiave

• I due principi generali alla base del trattamento dei disturbi dell’alimentazione sono l’approccio mul-tidimensionale, interdisciplinare e pluriprofessionale integrato e la molteplicità dei contesti di cura.

• I livelli di intervento per i disturbi dell’alimentazione sono cinque: medico di medicina generale opediatra di libera scelta; terapia ambulatoriale specialistica; terapia ambulatoriale intensiva o centrodiurno; riabilitazione intensiva ospedaliera; ricovero ordinario e di emergenza.

• Il ruolo del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta è essenziale per la preven-zione, lo screening e la diagnosi precoce, la valutazione del rischio fisico, l’invio ai centri specialistici,il trattamento dei casi lievi e il follow-up.

• La terapia ambulatoriale deve essere considerata quella di elezione per le persone affette da disturbidell’alimentazione.

• Il trattamento in regime ambulatoriale intensivo è indicato per pazienti che hanno difficoltà a mo-dificare le loro abitudini alimentari con la terapia ambulatoriale standard.

• La riabilitazione intensiva residenziale è indicata in caso di mancata risposta al trattamento ambu-latoriale o presenza di un rischio fisico o psichiatrico o di difficoltà psicosociali che rendono inap-propriato il trattamento ambulatoriale.

• Il ricovero ordinario può essere attuato in reparti internistici, per il trattamento delle complicanzemediche urgenti e della malnutrizione grave, o in reparti psichiatrici, per la gestione del rischio sui-cidario o della comorbidità psichiatrica.

• La formazione degli operatori a livello dei corsi di laurea, delle scuole di specializzazione mediche edel corso di formazione specifica in medicina generale e la formazione professionale continua de-vono dedicare particolare attenzione ai disturbi dell’alimentazione, nei loro diversi aspetti biologici,psicologici e sociali.

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8. Conclusioni e raccomandazioni

gliorata e diffusa in maniera tale da raggiungeretutte le persone interessate del settore. I disturbi dell’alimentazione richiedono competenzespecifiche e multidisciplinari per la realizzazionedi trattamenti che possano avere garanzia di suc-cesso. È indispensabile, perciò, che nei centri pre-posti alla loro cura operino professionisti di diversediscipline (es. medici, psicologi, educatori profes-sionali, infermieri professionali e terapisti della ria-bilitazione) dotati di competenze specifiche, chesiano anche in grado di interagire tra loro in ma-niera integrata e coordinata. Tali competenze vannoacquisite attraverso programmi di formazione adhoc che travalicano il percorso formativo di basedel singolo professionista nella propria disciplinadi pertinenza. Di qui l’esigenza che detti programmisiano attuati, in futuro, negli ordinamenti didatticidei corsi di laurea e/o specializzazione delle disci-pline e delle professioni interessate.Nonostante la gravità dei disturbi dell’alimentazionee le difficoltà connesse con la loro diagnosi precoce,un intervento terapeutico immediato e integratoha consistenti possibilità di successo. Tuttavia, moltedelle persone affette da anoressia nervosa o bulimianervosa o altri disturbi dell’alimentazione non chie-dono aiuto, sia perché per lungo tempo non pen-sano di avere un problema di natura clinica, siaperché ritengono di “potercela fare da sole”. Per-

I disturbi dell’alimentazione sono tra i più comuniproblemi di salute che affliggono gli adolescenti ei giovani adulti nei Paesi occidentali. Essi deter-minano spesso gravi danni alla salute fisica e alfunzionamento psicosociale e, in taluni casi, pos-sono raggiungere livelli di gravità tali da metterea serio rischio la vita delle persone che ne sonoaffette. Dal momento che essi insorgono general-mente in età adolescenziale/giovanile e possonopersistere anche nell’età adulta, ben si comprendecome possano determinare un carico molto elevatoper il paziente, per la famiglia e per la società ecome possano compromettere la qualità della vitae le potenzialità di sviluppo delle persone. Ne de-riva che l’identificazione precoce dei casi e un in-tervento terapeutico immediato e appropriatosono essenziali per la prevenzione della disabilitàche essi possono provocare. I genitori, gli insegnanti, i medici di medicina ge-nerale e i pediatri di libera scelta giocano un ruolodi primo piano nell’individuazione delle personea rischio e di quelle con malattia iniziale. Esistonosegni e sintomi che, adeguatamente riconosciuti evalorizzati, possono far sorgere il sospetto che unapersona possa sviluppare o abbia da poco svilup-pato un’anoressia nervosa o una bulimia nervosao un altro disturbo dell’alimentazione. La cono-scenza di tali segni/sintomi dovrebbe essere mi-

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tanto, è di primaria importanza che le persone af-fette da questi disturbi siano aiutate sia a compren-dere di avere un problema clinico sia a svilupparela fiducia nei terapeuti e negli esiti delle cure di-sponibili, attraverso la diffusione di messaggi di in-coraggiamento per mezzo della stampa e degli altrimezzi di comunicazione, in particolare internet. Il futuro ci pone di fronte a sfide importanti inquesto settore. Innanzitutto, occorrerà approfon-dire la conoscenza dei fattori responsabili dellavulnerabilità biologica e psicologica ai disturbidell’alimentazione. La ricerca epidemiologica, daparte sua, dovrà approfondire la conoscenza deifattori di rischio ambientali, che rappresentano lebasi per gli interventi di prevenzione. Inoltre,come sottolineato dalla conferenza di consensodell’Istituto Superiore di Sanità, andrà promossal’individuazione di indicatori di gravità clinicacondivisi, anche al fine di migliorare l’appropria-tezza dell’accesso ai vari livelli assistenziali, l’analisidei fattori che possono favorire la cronicizzazionee l’analisi dei costi degli interventi proposti e delrapporto costo/efficacia. Nell’ambito dei trattamenti sono necessari studiclinici controllati che consentano di confrontarele varie tecniche psicoterapeutiche individuali, fa-miliari o di gruppo in merito all’efficacia sia nelbreve sia nel lungo termine. Nonostante gli im-portanti progressi ottenuti con lo sviluppo di psi-coterapie con un’evidenza di efficacia confermata

da studi randomizzati e controllati [es. la psicote-rapia cognitivo-comportamentale (CBT) e la te-rapia interpersonale (IPT) per la bulimia nervosae la terapia basata sulla famiglia per gli adolescenticon anoressia nervosa], questi trattamenti sono ra-ramente applicati al di fuori dei luoghi di ricercae, ancora oggi, molti pazienti continuano a ricevereinterventi subottimali. È perciò prioritario studiarenuovi metodi per diffondere le psicoterapie basatesull’evidenza e per formare un sempre più ampionumero di terapeuti alla loro applicazione. C’è an-che la necessità di sviluppare trattamenti più po-tenti ed efficaci per tutti i disturbi dell’alimenta-zione e di valutare l’efficacia reale dei trattamentiintensivi, come per esempio quelli in regime diday-hospital e il ricovero riabilitativo. Sul versantebiologico, lo sviluppo di nuovi farmaci e la verificadella loro efficacia e/o dell’efficacia dei farmaci at-tualmente disponibili richiedono studi multicen-trici che consentano il reclutamento di campionidi pazienti sufficientemente ampi. Per quanto riguarda in particolare il nostro Paese,l’auspicio degli autori di questo documento è chele informazioni in esso contenute possano con-tribuire al superamento di pregiudizi e semplifi-cazioni e rappresentare la base di una program-mazione sanitaria che assicuri alle persone con di-sturbi dell’alimentazione e alle loro famiglie un’as-sistenza qualificata e il più possibile uniforme sulterritorio nazionale.

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