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18 Dental Tribune Italian Edition - Settembre 2016Teknoscienza
I dispositivi impiantabili riducono i sintomi dell’apnea notturna ostruttivaDenver, Filadelfia, Stati Uniti – Un nuovo apparecchio im-
piantabile promette miglioramenti per i pazienti che sof-
frono di moderata o severa apnea notturna ostruttiva e che
non tollerano il più comune trattamento in uso, il CPAP
(continuous positive airway pressure). Dopo un iniziale trial
clinico di successo nel 2014, che ha coinvolto istituzioni me-
diche europee e americane, un nuovo studio condotto da ri-
cercatori americani ha dimostrato che l’apparecchio riduce
notevolmente i sintomi dell’apnea notturna ostruttiva.
Fin dagli anni Ottanta il CPAP, attraverso il quale si applica
aria compressa continua al fine di mantenere le vie aeree
aperte, è stato il trattamento più utilizzato per l’apnea not-
turna ostruttiva. Tuttavia, molti pazienti non tollerano l’ap-
parecchio per la sua scomodità o per differenti ragioni. Per
aiutare questi pazienti Inspire Medical Systems ha sviluppa-
to uno strumento chiamato Inspire Upper Airway Stimula-
tion, impiantabile sulla parte superiore del petto.
Durante l’intervento uno stimolatore viene posizionato vi-
cino alla clavicola e connesso a un elettrodo posto sul ner-
vo ipoglosso, il quale controlla il movimento della lingua.
Inoltre, lo stimolatore è connesso a un sensore di pressione
tra i muscoli intercostali che serve a individuare lo sforzo re-
spiratorio. Dopo aver determinato il modello di respirazione
del paziente, l’apparecchio stimola il nervo ipoglosso che si
allarga, stabilizzando le vie aeree superiori e migliorando
il controllo del respiro. I pazienti possono usare un teleco-
mando per accenderlo e spegnerlo in modo da utilizzarlo
soltanto durante il riposo notturno.
Nello studio, ricercatori della Perelman School of Medici-
ne all’Università della Pennsylvania hanno esaminato 20
pazienti che avevano ricevuto l’impianto tra gennaio 2015
e marzo 2016. I partecipanti allo studio erano
tipicamente sovrappeso, di mezza età e soffri-
vano di apnea notturna ostruttiva severa. Tutti
i pazienti hanno subito una polisonnografia
di riferimento e un’altra circa due mesi dopo
che l’apparecchio era stato impiantato, al fine
di stabilire la severità del disturbo e ricercare
qualsiasi cambiamento dopo l’intervento.
Secondo i ricercatori, il punteggio totale sull’in-
dice dell’apnea-ipopnea, che misura la severità
della condizione contando il numero di pause
nel respiro durante il sonno, è sceso significati-
vamente per tutti i pazienti dopo che il dispo-
sitivo era stato impiantato, con una media di 35
pause all’ora. Ciò corrisponde a una riduzione
media dell’84%. Inoltre, il livello più basso mi-
surato di ossigeno nel sangue durante la notte è
aumentato notevolmente, dal 79% al 90%.
Il precedente trial clinico, che portò all’appro-
vazione dell’apparecchio da parte della Food and Drug Ad-
ministration nell’aprile 2014, era stato condotto in condi-
zioni controllate. Secondo i ricercatori, lo studio attuale va
oltre, guardando ai risultati nell’uso clinico. Replicando il
successo del trial clinico, le scoperte mostrano che il conge-
gno è efficace per l’intera popolazione come lo è stato per i
partecipanti che avevano i requisiti imposti dal trial clinico.
«Considerando che l’apnea notturna può portare pressione
alta, infarti, ictus e altri seri problemi, è molto importante
studiare strumenti diversi dal CPAP per trattare i pazienti
con questo disturbo», ha detto il principale autore dello stu-
dio, il dott. Richard Schwab, professore di Medicina all’ospe-
dale della University of Pennsylvania e co-direttore presso il
Penn Sleep Center. «Non esiste un sistema perfetto per trat-
tare l’apnea notturna, tuttavia i nostri dati preliminari mo-
strano che la stimolazione del nervo ipoglosso può aiutare
efficacemente i pazienti che soffrono della condizione e che
non tollerano il CPAP».
I ricercatori hanno presentato lo studio a SLEEP 2016, il tren-
tesimo meeting annuale della American Academy of Sle-
ep Medicine e della Sleep Research Society, che si è tenuto
dall’11 al 15 giugno a Denver.
DTI
Secondo uno studio condotto da ricercatori americani, un nuovo strumento impiantabile riduce notevolmente i sintomi di apnea notturna ostruttiva (Foto: ChameleonsEye/Shutterstock).
OSAS, l’odontoiatria e le altre discipline un “logico concerto di competenze sinergiche”Congressi e convegni dedicati all’OSAS (sindrome delle apnee ostruttive del sonno) si stanno moltiplicando. L’ultimo è quello che si è svolto il 1 luglio al Centro Congressi SGR di Rimini indetto da Sonnair Dextra intitolato “Il respiro del sonno”. L’interdisciplinarietà e la complessità del tema ha dato lo spunto a Bruno Davide Pugliese, dentista a San Patrignano, per alcune considerazioni.
Si sta evidenziando un focus so-
ciale nuovo, quello dei disturbi
del sonno. Da sempre delegato ad
altre specialità mediche, il tema
viene oggi affrontato anche dal-
le competenze odontoiatriche.
Se ne parla spesso a seguito di
recenti disposizioni ministeriali
allertati da nuovi provvedimenti
di sicurezza stradale. A monte c’è
un riposo notturno non efficace
che provoca una minor lucidità di
guida. In tutto questo cosa c’entra
l’odontoiatria? È indubbio che una
diagnosi in questa problematica
mette in primo piano l’aspetto
obiettivo respiratorio, la valuta-
zione dei parametri di saturazione
di O2 e il livello di rischio di apnea,
condizionato a sua volta dal bilan-
cio ponderale e dalla pervietà del-
le alte vie respiratorie.
Però è deduttivamente noto come
l’atteggiamento della mandibola
a causa della sua dinamica postu-
rale o dei rapporti dentali, possa
condizionare la fisiologia dell’i-
pofaringe. Di qui competenze che
diventano anche orali. Del resto
l’armonia del massiccio cranio-
facciale, dal rapporto delle basi
ossee alle relazioni occlusali, se
rappresenta un equilibrio morfo-
funzionale, definisce e completa
anche l’efficienza del contributo
oro-antrale nell’attività respi-
ratoria. Si è quindi definito un
logico concerto di competenze,
pneumologiche, metaboliche,
otorinolaringoiatriche, maxillo-
facciali e odontoiatriche, che se
supportate da un politica sanita-
ria dedicata, possono impegnarsi
sinergicamente sul paziente con
patologia del sonno.
Nell’ostruzione delle vie respi-
ratorie in cui si associano apnee,
le così dette OSAS (sindrome del-
le apnee ostruttive del sonno)
presentano componenti neuro-
vascolari che favoriscono com-
plicanze di ordine neurologico
e cardiologico. In casi severi, la
risposta terapeutica diventa un
trattamento ventilatorio con di-
spositivi meccanici (CPAP – conti-
nuous positive airway pressure), o
addirittura interventi chirurgici a
livello della funzionalità compro-
messa, per ridurre l’ostruzione.
Attualmente sono ricorrenti gli
incontri dedicati a questi temi
in cui si confermano esperien-
ze cliniche, dove viene integrata
la multidisciplinarietà medico
odontoiatrica, creando nuovi
profili sulle competenze della
salute orale. Sempre più diverse
specialità mediche trovano nel-
la bocca, il focus diagnostico o
un contributo nel pattern tera-
peutico, riqualificando la logica
biunivocità tra salute orale e si-
stemica a beneficio di una mag-
giore efficienza nelle cure e di un
ampliamento dell’odontoiatria
su problematiche ad ampia tra-
sversalità.
Patologie del sonno, dai vari livel-
li di roncopatia all’OSAS, trovano
infatti linkate tutte le dimensioni
sanitarie, da quella ospedaliera
per le diagnosi e gli accertamen-
ti clinico-anamnestici, a quella
ambulatoriale specialistica a de-
finizione delle precedenti, tra cui
l’odontoiatra, la cui prescrizione
al laboratorio odontotecnico re-
alizza il dispositivo orale. Atenei
e società scientifiche dedicate
estendono una matrice culturale
orientata in questa direzione, in
vista di ampliare figure specia-
listiche in grado di dare risposte
a queste patologie; la progressio-
ne del loro monitoraggio e degli
studi probabilmente arriverà a
una stima maggiore a quanto
riscontriamo oggi. Debitamen-
te concertato, potrà definire un
modello di integrazione medica
e di operatività dedicate alle al-
lerte sociali.
Bruno<Davide<PuglieseIl prof. Giuseppe Cuman e il dr. Bruno Davide Pugliese.
19Dental Tribune Italian Edition - Settembre 2016 Teknoscienza
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Fonte: 1. Ipsos InnoQuest, Oral Care Professional Brand Recommandation Study, February 2016.
L’Associazione Dentale Danese avverte: molti alimenti per gli sportivi danneggiano i denti
Copenhagen, Danimarca – Dopo
aver valutato il contenuto di zucche-
ro in 40 bevande e snack dedicate
agli sportivi, l’Associazione Dentale
Danese ha messo in guardia i con-
sumatori sull’utilizzo di integratori
energetici come bibite energetiche,
gel e barrette proteiche. Nonostan-
te spesso siano reclamizzati come
sani, la maggior parte dei prodotti
testati conteneva grandi quantità
di zucchero ed era altamente acida;
entrambi fattori che aumentano il
rischio di erosione dentale e carie.
Il test, condotto dall’Associazione
Dentale Danese in collaborazione
con il National Food Institute, ha
mostrato che la maggior parte dei
prodotti energetici contengono li-
velli di zucchero paragonabili alle
normali bevande e snack. Per esem-
pio, mezzo litro di frullato proteico
conteneva 50 gr di zucchero – simile
alla quantità contenuta in 500 ml di
cola – e una barretta energetica con-
teneva 23 gr di zucchero, paragona-
bile a una ciambella al cioccolato.
«I produttori sono esperti nel far
apparire i prodotti sani e invi-
tanti», ha affermato il presidente
dell’Associazione Dentale Dane-
se, Freddie Sloth-Lisbjerg, sul sito
dell’organizzazione. «Ma il nostro
studio mostra che in molti casi le
persone che consumano bevande e
barrette energetiche durante gli al-
lenamenti giocano con la salute dei
propri denti». Mentre si fa esercizio
i denti sono particolarmente vul-
nerabili ai danni da acidi, ha sotto-
lineato Sloth-Lisbjerg. Se la saliva
generalmente protegge i denti, lo
sforzo fi sico spesso porta secchezza
delle fauci. «Se poi si ingeriscono li-
quidi ad alto contenuto acido, come
gel e bibite energetiche, i denti ven-
gono quasi immersi nell’acido» ha
affermato.
Sloth-Lisbjerg ha suggerito di bere
molta acqua durante gli allenamenti
e piuttosto mangiare frutta. Se i pro-
dotti hanno un basso contenuto di
zucchero ma sono molto acidi – come
nel caso di molte bibite light – ha con-
sigliato di bere rapidamente e non a
piccoli sorsi, sciacquandosi successi-
vamente la bocca con acqua o latte.
Nonostante non esistano dati stati-
stici di lungo periodo sugli effetti di
questi prodotti sulla salute dentale,
è certo che sono diventati sempre
più popolari e spesso sono conside-
rati non solo prodotti sportivi ma
vere e proprie mode. Se questo do-
vesse portare a un incremento del
loro utilizzo, i problemi associati al
contenuto trascenderanno la salute
orale, ha aggiunto Sloth-Lisbjerg. I
risultati del test si possono trovare
sul sito dell’Associazione Dentale
Danese all’indirizzo www.tandlae-
geforeningen.dk.
DTI
Bevande e snack sportivi sono spesso troppo acidi e contengono troppo zucchero per essere etichettati come salutari, come mostra
un nuovo studio di prodotto dell’Associazione Dentale Danese (Foto: Syda Productions/Shutterstock).
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21Dental Tribune Italian Edition - Settembre 2016 Teknoscienza
Concentrated Growth Factors (CGF): protocollo e caratterizzazione
Il CGF (Fig. 1) è un concentrato pia-
strinico autologo, inizialmente svi-
luppato da Sacco nel 2006, ottenuto
da un semplice prelievo di sangue
venoso, successivamente sottoposto
a uno standardizzato protocollo di
separazione per mezzo di un’apposi-
ta centrifuga (Medifuge 200, Silfra-
dent, Forlì, Italia), senza l’aggiunta di
sostanze esogene. La principale ca-
ratteristica del CGF risiede nella sua
consistenza: si tratta, infatti, di una
matrice organica ricca in fi brina, in
grado di “intrappolare” piastrine e
leucociti e rilasciare fattori di cresci-
ta; elementi che insieme svolgono
un ruolo importante nei processi di
rigenerazione. Se, da una parte, i fat-
tori di crescita rilasciati dalle piastri-
ne e dai leucociti sono importanti per
stimolare la rigenerazione cellulare,
dall’altra, la rete di fi brina costituisce
un valido scaffold temporaneo.
Come si prepara il CGFIl CGF è ottenuto tramite un sem-
plice prelievo di sangue, utilizzando
provette in polietilene rivestite con
micro particelle di silice, o in vetro,
senza l’aggiunta di sostanze esogene
(Fig. 2). Una volta eseguito il prelievo,
i campioni di sangue vengono imme-
diatamente centrifugati, utilizzando
un’apposita centrifuga (Medifuge, Sil-
fradent) (Fig. 3).
Oltre alla centrifuga dedicata, il mate-
riale necessario per preparare il CGF è
il seguente:
1. disinfettante;
2. laccio emostatico;
3. ago da prelievo (Butterfl y);
4. cerotti;
5. provette Vacuette (Greiner Bio-
One, GmbH, Kremsmunster, Au-
stria) o provette in vetro (Silfra-
dent, Forlì, Italia);
6. rack porta provette.
Centrifuga CGF Medifuge (Silfradent)Caratteristiche:
- centrifuga da banco dedicata alla
produzione di CGF, con un appo-
sito rotore a velocità alternate e
controllate, con un’accelerazione
sempre al di sotto di 300 RCF;
- il dispositivo medicale Medifuge,
consente di utilizzare fi no a 8 pro-
vette, a gruppi di due, per la prepa-
razione del CGF;
- un sistema di controllo a micro-
processore consente di mantenere
la velocità costante;
- l’eccezionale sistema del rotore
con autoventilazione protegge il
prelievo ematico da un eccessivo
innalzamento della temperatura.
Il vano porta rotore, lo sportello di
chiusura e le camicie portaprovet-
te garantiscono la sicurezza biolo-
gica in termini di biocontenimen-
to, in caso di rottura accidentale
delle provette;
- le camicie portaprovette e il rotore
sono costruiti in materiale termi-
co-antistatico e antimagnetico,
facilmente pulibile, estraibili e ste-
rilizzabili in autoclave a 135°;
- Medifuge è dotata inoltre di un ci-
clo di decontaminazione con luce
rifl essa UVC, della durata di 5 mi-
nuti a 1000 giri;
- il motore a controllo elettronico
e la sua componentistica interna
non richiedono una manutenzio-
ne specifi ca. Il livello di rumorosità
è al di sotto degli standard richiesti
e non supera i 57 dBA.
Protocollo di centrifugazione per il CGF (one step protocol)30’’ accelerazione
2’ 2.700 rpm/735 g
4’ 2.400 rpm/580 g
4’ 2.700 rpm/735 g
3’ 3.000 rpm/905 g
33’’ decelerazione e stop
Al termine della centrifugazione, in
ciascuna provetta di sangue si posso-
no evidenziare tre strati (Fig. 4):
1. uno strato superiore, che rappre-
senta la fase liquida del plasma, de-
nominata “plasma povero di pia-
strine” (PPP – Platelet Poor Plasma);
2. uno strato inferiore, costituito
principalmente da eritrociti (RBC –
Red Blood Cells);
3. uno strato intermedio, denso e
gelatinoso, che rappresenta il CGF,
che si continua inferiormente con
la parte rossa.
Biologia del CGFIl CGF è costituito da una rete di fi brina
che “imbriglia” molti componenti cel-
lulari del sangue, che ne determinano
le attività terapeutiche di tipo rigene-
rativo.
Rete di fi brina
L’utilizzo della microscopia elettronica
(SEM – Scanning Electron Microscopy)
ha permesso di osservare che la rete di
fi brina del CGF è costituita da elemen-
ti fi brillari sia sottili sia spessi (Rodella
et al., 2011). Inoltre, la rete di fi brina si
presenta fortemente compatta con
maglie strette, in prossimità dell’in-
terfaccia tra la parte bianca e la parte
rossa del CGF, mentre diventa più lassa
a mano a mano che ci si allontana da
questa (Borsani et al., 2015).
Cellule del sangue
Nel CGF sono presenti eritrociti, leuco-
citi e piastrine. Gli eritrociti sono pre-
senti nella parte rossa del CGF; i leu-
cociti sono localizzati principalmente
nell’interfaccia tra la parte bianca e la
parte rossa del CGF (Fig. 5).
Le piastrine sono localizzate principal-
mente in prossimità dell’interfaccia
tra la parte bianca e la parte rossa, seb-
bene degli aggregati piastrinici siano
presenti in tutto il CGF (Fig. 6).
Rilascio “in vitro” di fattori di crescita dal CGFLa cinetica di rilascio “in vitro”, di
alcuni fattori di crescita del CGF ha
permesso di osservare che questa è
specifi ca per ciascun fattore (Borsani
et al., 2015).
Alcuni di essi, come TNF-a, hanno un
rilascio rapido e raggiungono il mas-
simo accumulo dopo un giorno; altri,
come IGF-1 e BMP-2, hanno un rilascio
più lento e raggiungono il massimo ac-
cumulo dopo 6-8 giorni; altri ancora,
come TGF-b1 e BDNF, hanno un accu-
mulo costante.
Applicazioni “in vitro” del CGFIl CGF è stato testato “in vitro” su di-
verse linee cellulari, mostrando delle
ottime capacità proliferative. In parti-
colare è stato utilizzato su:
- cellule di midollo osseo di ratto
(Takeda et al., 2015; Honda et al.,
2013);
- cellule staminali del legamento
parodontale (Yu et al., 2014);
- fi broblasti, osteoblasti e cellule
endoteliali umane (Borsani et al.,
2015);
- cellule di Schwan (Qi et al., 2016).
<> pagina 22
Fig. 1 - Concentrated Growth Factors (CGF).
Fig. 2 - Materiali per la preparazione del CGF.
Fig. 3 - Medifuge 2000 Silfradent.
Fig. 4 - Strati presenti nella provetta dopo centrifugazione.
Fig. 5 - Distribuzione di eritrociti e leucociti nel CGF.
Fig. 6 - Immunoistochimica delle piastrine per CD61.
22 Dental Tribune Italian Edition - Settembre 2016Teknoscienza
<< pagina 21
Applicazioni cliniche del CGFIl CGF rappresenta un valido ausilio nel campo della
medicina rigenerativa, per accelerare i processi di rige-
nerazione, mostrando talvolta proprietà rigenerative e
versatilità di utilizzo maggiori rispetto ad altri preparati
piastrinici (Park et al., 2016).
Il CGF è stato utilizzato nei seguenti ambiti clinici:
- riempimento di alveoli post-estrattivi (Tadic et al.,
2014);
- riempimento di cavità dopo cistectomie (Mirkovic et
al., 2015);
- rialzo del seno mascellare (Chen et al., 2016; Kim et al.,
2014; Del Fabbro et al., 2013; Sohn et al., 2011; 2009);
- trattamento di recessioni gengivali (Dogan et al., 2015);
Il CGF può anche essere utilizzato insieme al particolato
osseo autologo o a biomateriali (Wang et al., 2016; Ghe-
no et al., 2014).
L’articolo è stato pubblicato su Implants Italian Edition, luglio 2016.
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bibliografia
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D.<Corridore,<A.<D’Errico,<A.<Abbasciano,<T.<Marinucci,<M.<Bossù,<A.<Polimeni
UOC di Odontoiatria pediatrica, Sapienza Università di Roma
I disturbi dello spettro autistico
(DSA) sono un sottogruppo dei di-
sturbi pervasivi dello sviluppo. In
Italia, gli osservatori indicano una
prevalenza minima di 4,5 casi per
10.000, mentre per la fascia corri-
spondente alla scuola elementare il
dato sale sopra il 7 su 10.000. Inoltre
le statistiche mostrano che i tassi di
incidenza sono aumentati dal 10 al
17% ogni anno e sono caratterizzati
in larga misura da deficit nelle abi-
lità sociali e comunicative, quali
l’imitazione, la pragmatica della co-
municazione, la teoria della mente e
l’empatia, così come dalla presenza
di modalità di comportamento, in-
teressi e attività ristrette, ripetitive
e stereotipate.
Fornire cure orali a persone con
disabilità intellettiva richiede un
adattamento delle competenze di
uso quotidiano, ma in realtà molte
persone con lieve o moderata disa-
bilità intellettiva possono essere
trattate con successo nella pratica
grazie a una impostazione generale.
Le persone con disabilità intelletti-
va imparano lentamente e spesso
con difficoltà. Attività ordinarie
della vita quotidiana, come lavarsi
i denti e vestirsi e la comprensione
del comportamento degli altri come
pure i loro, può rappresentare una
vera e propria sfida per se stessi e
soprattutto per i loro parenti. Men-
tre la maggior parte delle persone
con disabilità intellettiva non pone
problemi di comportamento signi-
ficativi che complicano trattamenti
odontoiatrici, l’ansia per il tratta-
mento di questi soggetti si verifica
spesso.
Chi non conosce uno studio denti-
stico, le sue attrezzature e strumen-
ti, potrebbe mostrare paura. Alcuni
reagiscono con un comportamento
non cooperativo, come il pianto, cal-
ci, linguaggio aggressivo, o qualsiasi
cosa che li aiuta a evitare i tratta-
menti, nei bambini con autismo è
più difficile interpretare i segni di
paura e quindi intercettarli prima
di perdere la collaborazione. È pos-
sibile effettuare le cure orali in una
migliore esperienza di comforting
per i pazienti sapendo riconoscere
la loro ansia. In generale, le persone
con disabilità intellettuale presen-
tano una scarsa salute orale e igiene
orale rispetto a quelli senza que-
sta condizione. I dati indicano che
hanno più carie non trattate e una
maggiore prevalenza di malattie
parodontali e gengiviti rispetto alla
popolazione generale.
Il primo caso giunto all’osservazio-
ne nella UOC di Odontoiatria pedia-
trica del Policlinico Umberto I, nel
2008, è stato un paziente autistico
di 12 anni, che presentava una lesio-
ne cariosa destruente del 3.6. Per lui
il ricorso alla sala operatoria è stato
inevitabile, in quanto la terapia ca-
nalare richiede tempi di esecuzione
e di gestione alla poltrona troppo
lunghi per un soggetto autistico. Il
dato rilevante però è che l’utilizzo
del metodo educativo sensoriale ha
permesso di effettuare una prima
medicazione e, dopo l’intervento in
sala operatoria, il paziente ha man-
tenuto una buon livello di collabo-
razione durante le visite successive,
fino a oggi, a 8 anni dopo il primo
intervento.
Questo primo risultato positivo ha
motivato l’équipe pedagogica-odon-
toiatrica a stendere un Protocollo
di ricerca che non fosse un “diktat”
metodologico, ma una linea guida
nel rispetto della disabilità e delle
sue diverse manifestazioni. Si è visto
che nonostante una diagnosi di auti-
smo, comune a ogni singolo soggetto
esaminato esistono molteplici sfac-
cettature nel modo di manifestarsi
della patologia. Infatti, non si parla
più di autismo al singolare, ma di
autismi o di casi che rientrano nello
spettro autistico. Questo passaggio è
fondamentale in quanto l’odontoia-
tra, realizzando che l’autismo non è
che un’etichetta sotto cui si può uni-
formare una categoria di pazienti,
deve adottare modalità di approccio
diversificate, flessibili e adattabili a
ogni singolo caso.
Nel 2008, presso l’Unità Operati-
va Complessa (UOC) di Pedodonzia
del Policlinico Umberto I di Roma,
si è costituita un’équipe pedagogi-
ca-odontoiatrica, composta da un
educatore-pedagogista, due igieni-
sti e tre odontoiatri, con l’obiettivo
di realizzare un modello innovativo
di approccio per migliorare le con-
dizioni in poltrona dei pazienti au-
tistici e in genere di tutti quelli che
rientrano nella categoria dei “non
collaboranti”. Pazienti in età dello
sviluppo con deficit “seri” di tipo
cognitivo-comportamentale, con
modalità relazionali problematiche
e difficoltà verbali.
Tale studio ha visto nell’educazio-
ne la possibilità di perfezionare il
trattamento odontoiatrico, sia per
limitare esperienze traumatiche
nel paziente autistico e consentir-
gli una continuità nelle cure, sia
per migliorare il suo livello di col-
laborazione, evitando così la sala
operatoria e conseguente anestesia
generale per piccoli interventi (le-
sioni cariose minimali, sigillature
e ablazioni tartaro, oltre che per il
follow-up). Il progetto di ricerca ha
condotto l’équipe a realizzare in
anni di intenso lavoro svolto nel
reparto di Odontoiatria pediatrica,
un metodo educativo-sensoriale in
grado di modificare e intercettare
atteggiamenti particolari e singola-
ri di ciascun paziente, che possono
ostacolare le manovre odontoiatri-
che e non consentire la gestione e
il mantenimento di una corretta
igiene orale domiciliare, il tutto at-
traverso il prezioso apporto delle
famiglie. Per condurre tale lavoro ci
si è avvalsi dell’esperienza di gruppi
di ricerca che in letteratura hanno
prodotto linee guida di comporta-
mento per la gestione del paziente
autistico e delle sue problematiche
in ambito sanitario.
Tale ricerca si è posta due obiettivi:
1. Dimostrare la possibilità, attra-
verso un intervento educativo, di
poter eseguire trattamenti odon-
toiatrici di minimal intervention,
quali ablazioni tartaro, lesioni ca-
riose minimali e nonché visite di
controllo e terapie preventive, senza
ricorrere alla sala operatoria in ane-
stesia generale.
2. Valutare l’efficacia di una colla-
borazione sinergica tra pedagogia,
psichiatria e odontoiatria, per perfe-
zionare la terapia odontoiatrica sul
piccolo paziente special-need.