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35 I DIAGRAMMI TANTRICI: GLI YANTRA A bbiamo visto che l’operazione tantrica fondamentale è quella di rovesciare il consueto modo di porsi rispetto alla percezione del tempo. Il tantrika attua un “vol- gersi indietro” che lo pone di fronte alla sorgente generatrice della realtà Questo guardare indietro, dentro la “bocca del mostro” che vomita il tempo e lo spazio, è esattamente quello che riproducono i grandi dia- grammi tantrici – gli yantra – e in particolare lo Sri Yantra, il simbolo più antico e rappresentati- vo della visione tantrica. La pratica di concentrazione su uno yantra è quindi volto a guidare la mente a realizzare la “visione all’indietro”, per capovolgere la comu- ne esperienza temporale e fissare direttamente l’atto continuo della creazione. Si può dire che tutte le pratiche e le arti tan- triche – così come la stessa consapevolezza ri-

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Abbiamo visto che l’operazione tantrica fondamentale è quella di rovesciare il consueto modo di porsi rispetto alla

percezione del tempo. Il tantrika attua un “vol-gersi indietro” che lo pone di fronte alla sorgente generatrice della realtà

Questo guardare indietro, dentro la “bocca del mostro” che vomita il tempo e lo spazio, è esattamente quello che riproducono i grandi dia-grammi tantrici – gli yantra – e in particolare lo Sri Yantra, il simbolo più antico e rappresentati-vo della visione tantrica.

La pratica di concentrazione su uno yantra è quindi volto a guidare la mente a realizzare la “visione all’indietro”, per capovolgere la comu-ne esperienza temporale e fissare direttamente l’atto continuo della creazione.

Si può dire che tutte le pratiche e le arti tan-triche – così come la stessa consapevolezza ri-

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chiesta in ogni azione quotidiana – sono rivolte proprio a questo processo di fissare direttamente l’atto creativo di produzione della realtà.

Il “mostro” vomita il mondo, che si rivela davanti all’osservatore, il quale ne viene inve-stito e coinvolto. In questo modo, l’atto creativo produce una forma di realtà che, a partire da un triangolo centrale, si dispiega in innumerevoli altre forme, tutte in relazione tra loro.

È questo lo Sri Yantra, il diagramma che rap-presenta e definisce la visione tantrica nel suo

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preciso riconoscimento dell’atto concreto della generazione del continuo presente. Ciò produce un disegno, una mappa, una geometria che poi diventa lo yantra – qualunque tipo di yantra. Lo Sri Yantra è il principale e il più antico, e rappre-senta esattamente la verità dell’esistente.

a partire dal punto centrale della proiezione, si manifesta l’intera realtà. nel Tantra, infatti, l’esistenza del mondo è intesa come un ripetu-to procreare da parte della yoni (la vulva) del principio femminile, come conseguenza della continua infusione del seme maschile nel piacere sessuale: la yoni è esattamente la “bocca del mo-stro”, che vomita il mondo.

Tuttavia, non ci sarebbe né mondo né yoni senza il seme, che fornisce a tutto il sistema la possibilità di esistere, il suo Essere, sempre im-plicito ma mai oggetto di percezione. II Tantra ritiene che sia il seme stesso a generare la yoni.

II seme viene simbolizzato nello Sri Yantra da un punto centrale – maschile –, sede origina-ria dell’energia e di solito dipinto in bianco; un punto che «è individuabile, ma non ha dimen-sioni». Esso inizia il suo movimento fondamen-talmente creativo nell’immagine simbolica che rappresenta il principio femminile, un triangolo rosso con la punta rivolta verso il basso.

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Da questa coppia originaria – il bianco e il rosso, il punto e il triangolo rivolto in basso – si sviluppa una serie di triangoli intrecciati tra loro, quattro collegati al principio maschile (con la punta verso l’alto) e quattro collegati a quello femminile (con la punta verso il basso). La loro compenetrazione reciproca produce serie com-plesse di triangoli più piccoli, che stanno a rap-presentare la suddivisione delle energie creative originarie in forze più precise.

nello Sri Yantra si rivela insomma la geometria di formazione dei piani che, dalla creazione, van-no a formare i princípi che regolano l’esistenza

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di tutte le cose che noi possiamo sperimentare.nella forma più estesa dello Yantra, i cerchi

esterni e gli anelli di petali di loto rappresentano la realtà manifestata del mondo sensibile.

Ciò che è importante comprendere è che que-sto processo avviene simultaneamente e in o-gni istante, che è un fotogramma dotato di realtà nell’eterno presente.

Come in una pellicola cinematografica, il Creatore genera costanti fotogrammi che, succe-dendosi a grande velocità ci danno la sensazione di una storia che ha un inizio e procede verso un possibile finale.

Ma attenzione! Il concetto del fotogramma ha un certamente un senso perché fa capire bene la progressione dei nostri sentimenti, la succes-sione di quello che possiamo immaginare: par-tiamo da un punto, un momento, e poi possiamo ridere o essere tristi. Ma dà solo un’idea di che cos’è quello che ci aspettiamo o quello che im-maginiamo.

La realtà è che noi viviamo un fotogramma per volta, non li vediamo in movimento come al cinema: la dinamica la immaginiamo soltanto, collegando proditoriamente i diversi momenti sulla base del ricordo o dell’aspettativa.

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Solo il fotogramma di questo preciso istante è reale, il resto è una costruzione mentale orga-nizzata sulla base della memoria – che le infor-mazioni provenienti dal passato garantiscono e fortificano – o su previsioni illusorie (speranze, sogni, aspettative) di quello che potrebbe acca-dere in futuro.

Questa non è la realtà. Viviamo solo un foto-gramma per volta, a cui colleghiamo il ricordo e un po’di aspettative, o comunque una visione nel futuro non troppo dilatata, e questo ci dà la sen-sazione che ci sia la pellicola che gira, e la nostra vita scorra all’interno di un fluire del tempo.

Ciò non significa che dobbiamo ritenere che il futuro non sia prevedibile o che un’azione che compiamo adesso non produca un effetto: se lan-ciamo un sasso, questo cadrà da qualche parte, e potrebbe fare dei danni.

Contenute nei piani di manifestazione ci sono delle leggi, alle quali non possiamo sottrarci. non dobbiamo pensare che tutto accada casualmente, in un pericoloso fatalismo. Ciò genererebbe uno stato di grande mancanza di riguardo verso i no-stri simili e il Tantrismo è forse il veicolo princi-pe di attenzione nei confronti degli altri.

Ciò che accade è il frutto delle nostre azioni che, volenti o nolenti, cozzano con la realtà che

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si manifesta. Possiamo anche dare la colpa al “mostro” ma una grande responsabilità in ciò che si verifica è determinata dalla nostra incon-sapevolezza.

Quello che è importante sottolineare è che la percezione del tempo è dovuta all’organizza-zione della mente, che necessita della memoria o della previsione, secondo catene successive di cause ed effetti.

La stessa impressione che le cose esistano fuori di noi, in realtà, è il risultato di un incontro tra campi di energia. Percepiamo un fenomeno solo quando una serie di circostanze coincidono: al cinema, assistiamo a uno spettacolo perché c’è un proiettore, costrui to in un certo modo, con un tipo particolare di lenti, che utilizza un principio collegato alla luce. anche il sole che entra in una cattedrale attraverso un foro produce un fascio di luce perché risponde alla stessa legge. Quindi il fenomeno è percepito solo quando certe condi-zioni confluiscono in una particolare relazione all’interno di ciò che si manifesta.

O meglio ancora, possiamo dire, quando que-ste condizioni fanno riferimento a una legge, al-lorché esplicano una legge contenuta nel nostro universo.

Un arcobaleno, per esempio, è un’esperienza

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emozionante, un fenomeno atmosferico di rara e-leganza, ma basta pochissimo – per esempio che le gocce nebulizzate siano troppo pesanti, o che la luce non provenga secondo quell’angolazione – perché non lo si percepisca.

L’arcobaleno è un effetto e la sua manife-stazione – come è per tutti i fenomeni che sono effetto di altri campi, di altre forze – richiede che si verifichino certe precise condizioni. Questi fenomeni vengono osservati e percepiti da noi solo quando corrispondono a una legge. Se non corrispondessero a nessuna delle leggi contenute nel nostro universo, noi non ce ne accorgeremmo affatto. non è detto che non succeda comunque qualcosa, ma noi non ce ne potremmo accorgere.

Siamo parte di un ordine universale, sotto-stiamo ai princípi e alle leggi contenute in questo universo, perché siamo contenuti in questo uni-verso: non possiamo volare, né respirare sott’ac-qua, e neppure fare a meno di inalare ossigeno per più di qualche minuto.

abbiamo la possibilità – e la capacità – di svelare queste leggi, di comprenderle, ma dob-biamo comunque sottostare ad esse.

anche la nostra capacità di osservazione de-ve necessariamente essere collegata a queste leg-gi, altrimenti non ci accorgeremmo di ciò che

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avviene. Quando manchiamo di consapevolezza, infatti, non siamo in grado di cogliere la realtà di quanto accade: anche questo, naturalmente, cor-risponde a una legge.

Ma torniamo allo Yantra. abbiamo visto che è la rappresentazione simbolica della realtà, quell’e-terno presente di cui siamo inconsapevoli perché immersi in una dimensione temporale.

Ma abbiamo anche detto che per un tantri-co il tempo non esiste, perché invece di dedurre la realtà attraverso l’osservazione del passato e la ricostruzione di catene causali, egli si volge direttamente al cospetto della fonte che manife-sta il reale, facendosi attraversare totalmente da quell’emanazione.

Per lui, quello che esiste e accade ora – tanto al di fuori che dentro se stesso – è perfettamente analogo a quello che è accaduto alle “origini”. E di fatto continuerà a generarsi nello stesso modo, in ogni istante di quello che noi, guardando dal finestrino, chiamiamo “tempo”.

Il Tantra ci mette di fronte alla dissoluzione del tempo. non ha senso interrogarsi sul “quan-do” è avvenuta l’Origine, perché l’Origine è a-desso, in questo preciso momento. L’unica cosa che possiamo fare è contemplare la realtà.

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Il processo continuo che erutta dalla bocca del “mostro” è di fatto l’evoluzione, lo scopo e l’identità del processo Creazione/Dissoluzione.

Per noi, che viviamo nel tempo, l’evoluzione è concepita come un processo lunghissimo, che si svolge nell’arco di milioni di anni. Ma non può essere così: l’evoluzione è costante, conti-nua, altrimenti sarebbe statica! Se non ci fosse un cambiamento continuo, una trasformazione costante, non si potrebbe passare da una visio-ne all’altra, ma si resterebbe sempre allo stesso punto, immaginando di poter verificare un muta-mento solo dopo un certo tempo.

Ciò dà un’incredibile forza all’azione: non «decido che smetterò di fumare», ma smetto ora, subito; vivo l’insoddisfazione di un lavoro, di un rapporto, di una condizione di vita: non resto nell’impotenza e nella sopportazione, ma affron-to immediatamente il problema. E già questo costituisce un cambiamento, che porterà inevita-bilmente a nuovi scenari.

Entrare nell’azione immediata è un aspetto di quel “lasciarsi attraversare” dalla realtà in muta-mento. Occorre naturalmente farlo in modo con-sapevole e non come reazione al disagio, altri-menti si torna ai percorsi della mente, aggrappata a memoria e aspettative. all’illusione, insomma.

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Per un praticante del Tantra, lo Yantra rappresen-ta tanto la forma sintetica dell’Origine nel con-

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Kali Yantra

Chinnamasta Yantra

Tara Yantra

Durga Yantra

Nava Yoni Yantra

Yantra del supremo Sé

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tinuo presente, quanto l’evoluzione stessa di ciò che viene costantemente generato. Un concetto complesso per la mente, più adatto ad essere col-to da un’intelligenza di tipo intuitivo.

Proprio a questo servono gli yantra: a dar for-ma e a consolidare intuizioni già risvegliate nel corso di pratiche e rituali, attraverso elementi figurativi e simbolici.

La concentrazione sullo yantra ha la funzione di fissare l’attenzione del praticante sul principio da penetrare. La forma simbolica agisce più di mille parole e il senso puro del principio, vei-colato dalla forma geometrica, agisce in modo subliminale sulle facoltà intuitive.

nella Brhadaranyaka Upanisad viene descrit-ta la metafora di un ragno posto al centro della propria ragnatela, mentre i fili escono e rientrano formando cerchi concentrici, che partono tutti da un unico punto. L’immagine appare in numerose Upanisad fin da quando il punto è stato conside-rato la base della visione del mondo: l’unità nelle diversità.

I fili della ragnatela si espandono simmetri-camente in una circonferenza visibile e, sebbe-ne siano linee divergenti dal centro e aperti a diverse e variabili distanze, possono tutti essere

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tracciati all’indietro, fino al punto centrale della ragnatela.

Questa metafora condensa l’essenza del pen-siero indiano: tutta l’esistenza è governata da un unico principio, il punto d’origine della Suprema Coscienza che è allo stesso tempo un’infinita ri-serva di energia collettiva, da cui ogni cosa nasce e in cui ogni cosa ritorna.

Questo principio – o centro – è l’Uno, il “po-tenziale tutto”, che non ha solo funzione di ponte fra l’essere umano (microcosmo) e la divinità (macrocosmo), ma è l’Unità Cosmica inerente a tutte le diversità fisiche del mondo.

La metafora allude anche alla visione indiana della struttura del cosmo, immaginato come un holon (un tutto perfetto) o “universo chiuso”, in cui tutti gli elementi esistenti espandono la loro intrinseca natura partendo dal centro, e ven-gono regolarmente riassorbiti alla fine di ogni manvantara. L’espansione può essere atomica o infinita e, qualsiasi cosa accada nel loro ordine di grandezza, le espansioni e le contrazioni sono interconnesse e integrate in quella “cornice uni-versale” sostenuta dal centro.

allo stesso modo, nello spazio limitato di uno yantra, la posizione più significativa è dete-nuta dal punto centrale.

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Il punto, chiamato bindu nel Tantra, è sem-pre al centro dello yantra, inteso come centro di espansione e contrazione; l’intero modulo è quindi una proiezione intorno a questo centro. Il punto rappresenta l’Uno, l’Origine, il principio della manifestazione ed emanazione del mondo fenomenico.

Il Punto reale non ha dimensioni, o energia intrinseca, poiché è posto al di là dell’immagi-nazione più astratta, ma dovendolo considerare nella sua dimensione concreta, gli si attribuisce la più piccola quantità di grandezza concepibile, da cui cominciare a muovere i primi passi verso la visione del piano astratto, la dimensione senza forma.

La parola sanscrita “yantra” deriva dalla ra-dice yam che significa sostenere, contenere o supportare l’energia inerente a un particolare ele-mento, oggetto o concetto.

In uno dei suoi primi significati, yantra fu riferito ad ogni genere di congegno meccani-co fornito in aiuto ad un’impresa. Era definito yantra ogni tipo di strumento specialistico usato in architettura, astronomia, alchimia, chimica, guerra, ricreazione, ecc...

Quando la radice yam è usata nel suo signi-ficato più mistico, poiché Yama è il Dio della

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morte, e trana (da cui la sillaba tra) è in sanscrito il potere di dare o ricevere libertà, allora yantra è ciò che dà liberazione dalla stretta della morte o dal ciclo delle rinascite, dando così il moksha, o liberazione finale.

Questo genere di yantra diventa così un sim-bolo sacro.

I simboli sono precisi e cristallizzati mezzi di espressione, corrispondenti in essenza alla vita interiore, che è intensiva e qualitativa, in opposi-zione al mondo esterno estensivo e quantitativo.

nel simbolo, il particolare rappresenta l’u-niversale come un’immagine creativa sull’im-perscrutabile e questo fa dello yantra un riflesso della divinità. Diventando lo yantra un simbolo, esso diventa ogni simbolo ed ogni simbolo di-venta uno yantra.

Come strumento di meditazione, lo yantra ha la funzione di ritirare la coscienza dalle im-pressioni del mondo esterno e dirigerla verso il mondo interiore, aiuta il sadhaka (praticante) ad andare al di là della normale comprensione della mente verso un altro, più profondo stato della coscienza.

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