I° Convegno il ruolo della chirurgia ortopedica funzionale ... · vincoli articolari Componente...
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I° Convegno
il ruolo della chirurgia ortopedica funzionale nel programma
riabilitativo del paziente affetto da Paralisi Cerebrale Infantile
Novara – 15 Gennaio 2011
Organizzazione Scientifica: Dott. Francesco Maria Lotito – Ortopedia Pediatrica
Ospedale Universitario Maggiore della Carità – Novara
Dott. Carlo Alberto Zambrino – Struttura Complessa di
Neuropsichiatria Infantile – ASL NO – Novara
INTRODUZIONE AL TEMA
1° relazione: Dott.ssa Michela Armando - Roma
La Classificazione delle Paralisi Cerebrali Infantili: dalla analisi del disturbo alla
architettura funzionale.
Definizione della Cerebropatia Infantile
Developmental Medicine & Child Neurology 2005,47:571-576
La Cerebropatia Infantile descrive un gruppo di disordini del movimento e della postura
che causa limitazioni dell’attività, e che sono dovute a lesioni cerebrali non progressive
occorse durante il periodo fetale o nella prima infanzia. I disordini motori della
Cerebropatia Infantile (P.C.I.) sono spesso accompagnati da disturbi della sensibilità
esterocettiva, della percezione, della comunicazione ed alterazioni della capacità
cognitiva e del comportamento, e/o crisi comiziali.
Classificazione
La grande variabilità nel classificare bambini con PCI ha portato gli esperti della P.C.I. a
proporre una classificazione semplificata, abolendo la distinzione tra diplegie e
tetraplegie, per distinguere solo tra forme spastiche bilaterali versus forme unilaterali e
prevedere un training specifico per gli operatori che operino in progetti di epidemiologia
delle PCI
(Colver e Sethunadhavan, 2003. The term diplegia should be abandoned. Arch Dis
Child 88: 286-290)
Ma tutte le classificazioni proposte hanno dei limiti, poiché, pur essendo per definizione
la lesione cerebrali non progressive, sicuramente sono mutevoli in relazione
all’evoluzione in crescita e ai fattori ambientali le loro conseguenze sullo sviluppo neuro-
psico-motorio del soggetto colpito.
Merito di Adriano Ferrari e del suo gruppo il tentativo di classificare “funzionalmente” i
disturbi neuromotori dei pazienti affetti da PCI.
“….non come un’alterazione del tono muscolare e come un insieme di pattern motori
patologici ma come un problema di organizzazione funzionale del bambino nella sua
interazione con l’ambiente. La modalità di organizzazione è in relazione non solo con
il disturbo motorio ma anche con le problematiche di ordine cognitivo, percettivo,e
motivazionale che in varia misura vi sono strettamente connesse. “
Classificazione delle P.C.I. sec. Adriano Ferrari ( 1990)
1. Forme Tetraplegiche: condotta posturale
2. Forme Diplegiche: abilità gestuale in relazione al cammino
3. Forme emiplegiche: manipolazione
4. Forme dispercettive: aspetto sensoriale in relazione alla tolleranza percettiva del
vuoto o dell’attenzione cinestesica
Definizione di funzione: “soluzione operativa messa in atto dal SNC del bambino per poter soddisfare un
determinato bisogno, biologicamente significativo per lui in quel dato periodo della sua
vita”
FUNZIONE CAMMINO
L’architettura della funzione del cammino necessita di una complessa organizzazione
neuro-psico-motoria, in cui sono necessarie informazioni che vanno dal cervello alla
periferia, cosidette “TOP DOWN”, informazioni che vanno dalla periferia al cervello,
cosidette “BOTTOM UP”e recupero di memoria del movimento in modo da poter
anticipare soluzioni di equilibrio e di movimento, cosidette “COPING SOLUTIONS”.
Componenti TOP DOWN = reazione di sostegno
reazione segnapassi
Componenti BOTTOM DOWN = forza muscolare
deformità articolari
vincoli articolari
Componente COPING SOLUTION = velocizzazione
oscillazione del tronco
FUNZIONE MANIPOLAZIONE
L’architettura della funzione manipolatoria necessita dello stesso tipo di
organizzazione, con queste caratteristiche:
Componenti TOP DOWN = moduli
Prassie
Azione
Componenti BOTTOM UP = rigidità
Range articolare
Deformità articolare
Componenti COPING SOLUTION: sostegno visivo
Pinze sussidiarie
Sinergie e movimenti CONCLUSIONE
♠ In questo modo di classificare la PCI è possibile che per definiti angoli visivi più
forme possano apparire indistinguibili tra loro, almeno in certe epoche di sviluppo
(es. tetra aposturale da tetra acinetico)
♠ In una disabilità evolutiva come la PCI anche la diagnosi non può che essere
evolutiva
♠ Classificare resta quindi processo assai difficile
♠ Ma se si definiscono chiaramente i criteri il processo resta utile per prevedere
ragionevolmente le condotte terapeutiche
2° Relazione: Dott. Giovanni Rossi – Novara
Epidemiologia ed aspetti sociosanitari nella realtà Novarese
La prevalenza: la prevalenza delle PCI è in leggero incremento a causa:
-aumento della sopravvivenza dei grandi prematuri
-incremento dei nati a termine con asfissia perinatale provenienti da paesi stranieri con un aumento significativo della diplegia spastica, sequela tipica della prematurità
Elementi importanti nella fisiopatologia del danno cerebrale nelle PCI:
prematurità-
parto distocico-
timing della lesione-
livello di maturità cerebrale al- momento dell’insulto dannoso.
estensione della lesione-
fattori di rischio
Basso peso alla nascita / prematurita’
35-40 %
Eventi ischemici intrauterini 5-10 %
Infezioni 5-10 %
Anomalie cerebrali congenite 5-10 %
Asfissia intraparto 10 %
Errori metabolici 5 %
Fattori genetici/cromosomici 2-5 %
Altri 22 %
La sorveglianza della paralisi cerebrale in europa (scpe) riporta un rapporto
m: f di 1,33 : 1
L’epidemiologia l’incidenza della PCI è stimata intorno ai 2-3 casi ogni 1000 nati
vivi
Prevalenza pci: 2.08/1000 nati vivi
Come gia’ detto, l’incidenza è significativa nei bambini nati prematuri (in articolare
sotto le 32 settimane di età gestazionale) e nei neonati di peso inferiore ai 1500 gr.
METODICHE DI NEUROIMAGING : ecografia cerebrale, RMN, TAC
L’ecografia cerebrale rappresenta la tecnica di prima scelta per individuare il danno
cerebrale già dalle prime settimane di vita e per seguirne l’evoluzione nel tempo,
il contributo della rmn appare più importante e significativo per valutare gli esiti a
distanza , quando si è completata la mielinizzazione cerebrale.
i dati più recenti confermano la prevalenza dei fattori eziologici prenatali nei bambini nati
a termine e la prevalenza dei fattori eziologici perinatali nei bambini nati pretermine
(<32 sett.)
IN 1/3 DEI CASI DI PCI NON SI RAGGIUNGE LA
DEAMBULAZIONE AUTONOMA
3° Relazione: Dott.ssa Manuela Lodesani - Reggio Emilia
Come è organizzato un Centro di Riferimento Nazionale
Chi siamo
Unita’ di Riabilitazione Gravi Disabilità Eta’ Evolutiva
Ospedale S.Maria Nuova
Reggio Emilia
primario
prof. Adriano Ferrari
Attività: a) approfondimento diagnostico mirato alle disabilità motorie
b) osservazione, valutazione ed individuazione degli obbiettivi del trattamento
c) formulazione tecnico-operativa dei piani di intervento fisioterapico
d) progettazione e validazione di presidi ortopedici (ortesi, ausili, protesi) con
relativo addestramento all’uso.
Scopi: a) valutazione clinica e formulazione delle proposte di chirurgia ortopedica
funzionale
b) attività di ricerca clinica
c) attività di formazione professionale
d) osservazione epidemiologica
Questa attività è svolta da un TEAM di 20 persone che lavorano in un reparto senza la
Degenza
Il team si avvale di collaborazioni con altri Reparti Ospedalieri, quali Ortopedia Ospedale
di Reggio Emilia, Neuropsichiatria Infantile, Chirurgia Pediatrica Ospedale di Parma,
Terapia Antalgica Ospedale di Parma e con un laboratorio di analisi del movimento
Aspetti critici del Centro:
a) mancanza di una degenza riabilitativa propria
b) Difficoltà di collaborazione con i centri territoriali
LA PRESA IN CARICO DEL BAMBINO CON P.C.I.: I PERCORSI
SANITARI NELLA REALTÀ NOVARESE
4° relazione: Dott. Giovanni Rossi – Novara
Il ruolo del Fisiatra
Il nuovo piano di indirizzo ministeriale per la riabilitazione prevede che per i circa
2.000.000 di cittadini italiani con disabilità, debba essere” garantito alla persona un
modello di accesso al sistema di welfare chiaro e definito, indipendentemente dall’età o
dalla causa che ha generato la condizione di disabilità”
L’interesse è quindi, non quello di una semplice valutazione della menomazione presente,
ma di accertare le ABILITA’ PRESENTI e le capacità globali della persona affetta da
disabilità.
L’OMS ha introdotto dal 2001 un modello di valutazione delle condizioni di salute,
cosidetto ICF (International Classificatiopn of Functioning and Disability and Health) che
prevede l’analisi di tre elementi:
a) strutture ed attività corporee
b) funzionamento
c) abilità e partecipazione
La valutazione basata su tali elementi sta ad indicare come sia base di partenza la
capacità di interazione fra ambiente sociale ed istituzianle del disabile e della sua
famiglia.
Per giungere a tale scopo, lo strumento principale è: “il percorso assistenziale integrato”
basato sulla valutazione multidimensionale sanitaria e sociale
Il fisiatra è il medico di riferimento della disabilità, colui che gioca il ruolo di play-maker
nel programma riabilitativo.
Suo compito è quello di definire il PRI ( progetto riabilitativo individuale) tenendo conto
della prognosi funzionale e del margine di modificabilità della disabilità.
5° relazione: Dott.ssa Roberta Pomella – Novara
Il ruolo del Neuropsichiatra Infantile
Il problema della paziente affetto da Paralisi Cerebrale Infantile, partendo dalla
definizione di lesione non evolutiva del S.N.C. avvenuta in età pre,neo,perinatale,
comporta degli aspetti specifici in relazione alle conseguenze che tali lesioni comportano
sullo sviluppo neuro-psico-motorio generale, poiché ai disordini motori, sono spesso
associati disordini legati a problemi sensoriali, percettivi, cognitivi e, poi, anche
emozionali, comportamentali e di comunicazione.
L’insulto cerebrale colpisce il soggetto quando il suo Sistema Nervoso Centrale è ancora
“vergine” quindi non ancora abile a svolgere i complessi compiti a cui sarà deputato. Per
cui, se è vero che il danno provocato al cervello è un danno definito, limitato nel tempo e
non evolutivo, le conseguenze nel tempo possono essere diverse in relazione a tanti
fattori sia fisici, che psichici, che comportamentali.
Quindi, nonostante che la lesione possa essere circoscritta alle aree motorie, tutte le
funzioni sono interessate da tale danno.
Il neuropsichiatra infantile deve valutare ed avviare il processo abilitativo già dalla
degenza in patologia neonatale e quindi gestire il percorso di follow up dei primi
fondamentali mesi ed anni di vita, valutando specificamente il raggiungimento delle
tappe neuro-psico-motorie
Il NPI gestisce il passaggio fra la prima fase abilitativa, quando monitorizza il complesso
sviluppo della plasticità cerebrale, alla fase riabilitativa territoriale coordinando la presa
in carico competente dei diversi operatori, non soltanto di area sanitaria, ma anche
educativa (insegnati) sociale( servizi), ludica (tempo libero e gioco) oltre che il
fondamentale apporto genitoriale, che, alla fine, rappresenta il quotidiano del piccolo
paziente per la maggior parte della sua vita.
I dati estrapolati dall’attività del Gruppo di NPI sui pazienti ricoverati presso l’Unità di
Patologia Neonatale dell’Ospedale di Novara durante l’anno 2008 riportano che su 168
neonati ricoverati i pazienti che poi hanno sviluppato una PCI sono stati 5 con una
incidenza del 1 per 1000, dato inferiore al dato nazionale che indica il 2-3 per 1000
l’incidenza di tale patologia.
Dal controllo statistico dei dati, pur essendo il campione piccolo, si è osservato come il
rischio maggiore di Ritardo Neuro Psicomotorio, nei pazienti in cui è stato necessario un
ricovero in TIN, sia da collocare nei neonati fra la 28 e 32 settimane e poi fra quelli nati
oltre la 38° settimana.
E’ da sottolineare come, però, i pazienti affetti da 4 delle 5 PCI siano tutti nati prima
della 32ma settimana.
In conclusione il controllo dei pazienti a rischio per danni al SNC, ricoverati nei Reparti
di Terapia Intensiva Neonatale necessitano della collaborazione stretta con il Servizio si
Neuropsichiatria Infantile.
Nell’Ospedale Universitario Novarese tale servizio è sostenuto da una NPI, da una
Fisoterapista a tempo parziale e da una psicologa che fa Servizio un ora al giorno.
E’ auspicabile, con il futuro, di poter implementare tale organizzazione migliorando
anche le collaborazioni con gli altri specialisti e con il territorio.
6° Relazione: Ft. Gabriella Carpanese-Ft. Silvana Sortino- Novara
Il ruolo della fisioterapista
Il Servizio di riabilitazione dedicato ai bambini viene istituito negli anni ’70 annesso alla
Fisioterapia degli Adulti dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara. Nel Maggio
1998 passa al Servizio di Rieducazione Funzionale della ASL 13 e dal Giugno 208 è
annesso al Dipartimento Materno Infantile all’inteno dell’Unità Complessa di
Neuropsichiatria Infantile dell’ASL “NO” diretto dal Dott. Carlo Zambrinocon il nome di
Servizio di Rieducazione dell’Età Evolutiva.
Il Sevizio ha in forze 2 psicomotriciste, una terapista della neuro psicomotricità, 3
fisioterapiste, 6 logopediste, figure che operano sul territorio della ASL.
I compiti del Fisioterapista riguardano gli interventi di:
a) rieducazione
b) educazione
c) assistenza
La rieducazione ha come obbiettivo quello di sviluppare e migliorare le funzioni adattive.
Rappresenta un processo discontinuo e limitato nel tempo che deve concludersi quando
non si verifichino cambiamenti significativi né nello sviluppo né nell’utilizzo delle
funzioni afdattive.
Il percorso terapeutico deve tener conto:
a) motivazione dle bambino
b) modificabilità del segno clinico
c) capacità di apprendimento
d) capacità di acquisizione
Gli strumenti per incidere in questo percorso sono:
a) tecniche di rieducazione neuromotoria
b) farmaci
c) ortesi ed ausili
d) trattamenti chirurgici di ortopedia funzionale
Nella realtà Novarese ci avvaliamo di interventi diretti, interventi indiretti e momenti di
valutazione multidisciplinare.
Gli interventi diretti sono:
a) le sedute di fisioterapia settimanale
b) i controlli periodici con la preparazione delle schede valutative
c) le sedute intensive in concomitanza con particolari situazioni cliniche, quali
inoculazioni di tossina o chirurgia
d) valutazione degli ausili prescritti
Gli interventi indiretti sono rivolti all’addestramento della famiglia e degli educatori, e,
quando possibile, alle modifiche ambientali: barriere architettoniche ecc.
Gli interventi multidisciplinari si avvalgono delle specifiche competenze dei vari
specialisti per porre indicazione alle ulteriori necessità terapeutiche del bambino con
disabilità.
Al momento ci avvaliamo del “Ambulkatorio delle Gravi Disabilità del Centro di III
Livello dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia.
Tutto questo percorso è necessario per redigere un PROGETTO RIABILITATIVO
CONDIVISO permettendo ai vari operatori coinvolti di non sentirsi soli nel gestire
dinamiche complesse.
Il flow chart delle modalità operative è regolato dal controllo della presa in carico e delle
valutazioni successive.
Le criticità sono da ricercare nelle:
a) difficoltà sociali
b) basso numero di operatori rispetto alla domanda
c) difficoltà di comunicazione fra operatori dello stesso servizio e fra Ospedale e
Territorio.
Il sogno è quello di poter costruire un buon Team anche a Novara.
6° Relazione : Sig.ra Lisa Santonocito – Monza
La storia di Lisa
Sono affetta da Diplegia e ho 22 anni.
La mia storia è una storia molto tipica, di una bambina che nasce con grave impaccio
motorio.
I miei genitori hanno combattuto a lungo nella speranza di farmi tornare “normale”. Ma
io non devo tornare normale, perché sono normale, con delle difficoltà nel movimento,
come molti cosidetti normali hanno difficoltà in tante altre abilità.
Certamente il mio problema non deve creare difficoltà prima a me stessa e, di
conseguenza poi, neppure agli altri. Più io sono “autonoma” più non devo pesare sulla
comunità e sulla famiglia.
Credo che i pazienti affetti da PCI debbano avere persone che si occupino di loro con una
competenza specifica.
Queste persone devono sapere che abbiamo paura del dolore.
Devono sapere che spesso la FKT fa male, che gli interventi chirurgici portano dolore,
che l’utilizzo degli ausili non è semplice né facile da accettare.
Che noi affrontiamo queste difficoltà e queste sofferenze soprattutto per poter
raggiungere degli obbiettivi.
Questi obbiettivi devono essere chiari a tutti, e ci devono essere spiegati per filo e per
segno, a noi e ai nostri familiari.
Non è corretto sottostimare i problemi, fare tutto facile, e poi abbandonarci.
Ed è anche importante che onestamente ci si dica quando non serve più continuare ad
accanirsi contro qualcosa che non si potrà più modificare.
Ma questa affermazione non vuole assolutamente essere un’affermazione di
arrendevolezza e foriera di atteggiamenti pilateschi da parte delle Istituzioni.
Noi abbiamo bisogno sempre di assistenza e di aiuto per mantenere le nostre raggiunte
abilità. Io cammino con fatica, la mia schiena soffre più di una schiena “normale”.
Perciò io, anche se Grande e Autonoma (lavoro in Ospedale nell’Ufficio Formazione
come impiegata) avrò sempre bisogno della mia AIAS (Associazione Italiana Assistenza
agli Spastici) o di Associazioni, Centri o Servizi analoghi, soprattutto dopo che abbiamo
smesso di crescere.
Non fateci abili per poi abbandonarci e ricondurci alla “disabilità”.
7° Relazione: Dott.ssa Lodesani, TdR. M. Romei – Reggio Emilia
Quando l’apparato muscolo scheletrico necessita di “correzione” nelle differenti forme
di PCI secondo l’approccio neuro-abilitativo secondo Ferrari.
L’esperienza ci ha insegnato che, nel campo delle Cerebropatie Infantili è necessario, per
raggiungere degli obbiettivi terapeutici credibili, basarsi su un METODO rigoroso di
lavoro.
Nella nostra esperienza abbiamo strutturato il nostro intervento in questo modo:
inquadramento diagnostico:
anamnesi evolutiva
valutazione funzionale con analisi cinematica sia osservazionale che strumentale
valutazione distrettuale (muscolare, articolare, allineamento scheletrico, spasticità
esami strumentali
interpretazione del segno: difertto o compenso
progetto terapeutico
previsioni prognostiche del risultato
contratto terapeutico condiviso con il pazioente e la famiglia
valutazione del risultato raggiunto
Cosa si intende per evoluzione delle deformità:
Danni secondari e terziari:
a) decorso “spontaneo” delle singole forme di PCI spastica (pazienti mai
operati).
b) decorso influenzato dalle scelte terapeutiche
c) evoluzione “iatrogena”
ALTERAZIONE DEL MOVIMENTO NELLA PARALISI CEREBRALE
INFANTILE
Funzione adattiva
difetti
compensi
Disturbo motorio di origine centrale: spasticità, deficit controllo selettivo,ipoposturalità,
schemi patologici, vincoli combinatori..
DEFORMITA’
- It is inappropriate to emphasize that the cerebral lesion is static without clearly stating that the muscoloskeletal pathology will be progressive…(Graham et al, 2003)
- The evolution of gait in childhood and adolescent cerebral palsy. Johnson et al, 1997
- Natural progression of gait in children with cerebral palsy. Bell et al, 2002
Quale posso chiamare storia naturale?
Gli strumenti per contrastare l’evoluzione delle deformità:
fisoterapia
farmaci
ortesi
chirurgia
Fattori che caratterizzano la UMNS
fattori positivi = spasticità
iperriflessia
cocontrazione
fattori negativi = DEBOLEZZA
perdita del controllo selettivo
deficit sensoriale
alterazione dell’equilibrio
Altri fattori che influenzano l’evoluzione delle deformità dell’arto inferiore
nelle PCI spastiche.
Precoce esauribilità della reazione di sostegno
Crescita staturale
Crescita ponderale
Lassità legamentosa costituzionale
Tendenza alla recidiva
Disturbi Cognitivi
L’evoluzione del processo tiene conto di fenomeni intramuscolari che
passano dalla contrattura alla retrazione, fenomeni intermuscolari per
sinergie dei muscoli adiacenti e sinergisti nel pattern motorio, fenomeni
articolari e scheletrici.
Significato di Stiffness : nel muscolo spastico la “tensione” delle singole fibre muscolari
è AUMENTATA ma la Tensione complessiva dei gruppi di fibre è inferiore a quelle dei
muscoli normali.
Perciò un muscolo spastico Sembra più forte di un muscolo normale, ma invece è più
debole, meno efficiente.
Certamente per l’alterata Tensione Muscolare vi sono cambiamenti strutturali, intra ed
extracellulari a livello dei sarcomeri, mentre la lunghezza delle fibre muscolari sembra
normale(Shortland et Al. 2002).
A causa di ciò, il muscolo spastico:
a) È incapace di adeguare la sua lunghezza rispetto al segmento osseo sul quale si
inserisce
b) E’ meno capace di aggiungere sarcomeri durante la crescita
c) E’ molto confuso su i suoi compiti, specialmente se è un muscolo bi articolare.
Infatti la crescita e la destrezza muscolare si sviluppa durante lo stiramento muscolare.
Muscolo che non gioca, non lavora quotidianamente, cresce male.
Alle alterazioni di gioco muscolare, si accompagnano immediatamente le alterazioni
articolari.
L’articolazione vive del suo movimento. Ogni articolazione ha una suo RANGE
ARTICOLARE (ROM). L’articolazione per non soffrire deve muoversi in tutto il suo
range di fisiologico movimento.
La sofferenza articolare progressivamente porta a:
a) Cedimento tendineo inserzionale
b) Cedimento capsulare
c) Danni cartilaginei
d) Degenerazione precoce articolare con dolore
FENOMENI INTRAMUSCOLARI
• Alterata contrazione
• Contrattura
• Retrazione fixed contracture
errori di timing, intensità, durata, reazione allo stiramento
rilasciamento e inattivazione sempre più difficiliscompare in narcosi
modificazioni stabili a livello della struttura connettivale fenomeno irreversibileresiste in narcosi
Fisioterapia/ortesi
Farmaci/ortesi
Chirurgia
FENOMENI INTRAMUSCOLARIpercorso della spasticita’
aumento del “tono muscolare”
retrazione contrattura
aumentodella “stiffness”
Anche l’osso soffre!!!!!!!
Vi è un alterato modellamento del segmento osseo per tensioni non fisiologiche legate
alla spasticità, un cambiamento di geometria (cosiddetta lever arm dysfunction) ed anche
cambiamenti del contenuto minerale.
Da queste informazioni si deduce che:
La lesione primitiva neurologica non è progressiva ma le sue conseguenze sull’apparato
muscolo-scheletrico assolutamente sì.
E’ da tener presente che la chirurgia è irreversibile.
Per essere più precisi è necessario utilizzare a volte la valutazione in narcosi .
DAL MUSCOLO ALL’ARTICOLAZIONE ALLO SCHELETRO … AL MUSCOLO
ASIMMETRIA AGONISTI/ANTAGONISTI
RIDUZIONE DEL ROM
DETERIORAMENTO ARTICOLARE
deformazione delle strutture capsulolegamentose
DEFORMITA’ OSSEA
alterazione degli assi di movimento
LEVER ARM DISFUNCTION
OSSA
LUNGHE
RUOLO DELLA CHIRURGIA:SNC leso e app.locomotorio “integro”
Sviluppo
SNC leso e app. locomotorio danneggiato
Chirurgia
SNC leso e app. locomotrio riequilibrato
APPRENDIMENTO
FUNZIONE PIÙ EVOLUTA
CHIRURGIA FUNZIONALE
QUANDO• Errori stabili
• Retrazioni muscolo tendinee
• Squilibri
• Deformità articolari
PERCHE’• Vantaggioso per la
funzione
• Apre un nuovo spazio di modificabilità
• Previene deformità terziarie
• Elimina il dolore
Per avere un corretto approccio chirurgico al paziente affetto da PCI, è necessario una
valutazione multidisciplinare in modo da condividere:
a) Il progetto terapeutico
b) I tempi con i quali si intende operare
c) Le modalità, anche burocratico-amministrative, necessrie a far in modo che si
possano raggiungere gli obbiettivi prefissati.
La valutazione dei risultati è di fondamentale importanza per capire se si va per la via
giusta.
In fondo è necessario capire se si è rispettato il contratto terapeutico.
Conclusione:
GOAL ATTAIGNMENT SCALE
Definire obiettivi prima dell’intervento
Rivalutare l’outcome raggiunto:
- Punteggio -1 se come prima
- Punteggio 0 se obiettivo è raggiunto
- Punteggio +1 se outcome raggiunto supera le aspettative
(Turner-Stokes, 2009)
LAVORO DI EQUIPE
• L’atto chirurgico è determinante ma se isolato rischia di risultare in un fallimento..
• Va inserito nel percorso riabilitativo, affinchè porti all’apprendimento di una funzione più evoluta
• Integrazione di strumenti: fisioterapia + farmaci (tossina, antidolorifici..) + chirurgia + ortesi…
• Integrazione di professionalità: chirurgo (ortopedico, pediatrico), fisiatra,
fisioterapista, NPI, psicologo…
8° Relazione: Dott. M.Bertoni –Varese
La gait analysis e suo significato come strategia nel processo decisionale verso la
chirurgia funzionale.
L’utilizzo del sistema computerizzato per la valutazione della marcia (gait analysis) è un
formidabile aiuto a chi si interessa di cerebropatie infantili.
Con questo strumento si possono avere informazioni sia sulla cinematica, cioè su come si
muovono i diversi segmenti scheletrici sui vari piani (sagittale, frontale e trasverso), sia
sulla cinetica, cioè sulle forze messe in gioca dai vari segmenti scheletrici in relazione
all’appoggio al suolo, sia sulla attività muscolare di muscoli agonisti ed antagonisti
durante la marcia, attraverso la registrazione dell’attività muscolare per mezzo di elettrodi
di superficie.
Se l’aspetto magari più affascinante di che si avvicina alla gait analysis è quello di vedere
stilizzata la modalità del cammino sul computer, bisogna anche ben comprendere che tale
osservazione spesso non è più fondamentale di una attenta valutazione al video-tape.
Anche con la registrazione video è possibile avere molte informazioni sulla “modalità del
cammino” almeno sui due piani frontale e laterale.
Ma già valutare come il tronco, il bacino e gli arti inferiori si muovano sul piano
trasverso, senza l’ausilio di un sistema “intelligente” non è così banale. E spesso le
distorsioni ossee, cosiddetta “lever arm dysfunction” , le cui problematiche chirurghe
sono di problematica valutazione, avvengono proprio sul piano trasverso. In questo caso,
anche la cinematica risulta di fondamentale importanza nella valutazione del cammino di
un soggetto affetto da PCI.
Ma personalmente,credo, che l’impatto maggiore della gait sia la possibilità di valutare le
forze di reazione al suolo, vero parametro utile a capire se un intervento, una soluzione
terapeutica, un ortesi o tutore, stia portando ad un reale miglioramento nella
deambulazione, miglioramento non solo “estetico” ma realmente funzionale. Con la
valutazione delle ground reaction force siamo in grado di capire il reale dispendio
“energetico” del soggetto che cammina, al di là di quanto ci faccia vedere la semplice
cinematica.
Anche l’attivazione muscolare, parametrata al soggetto normale di cui si conosce
perfettamente la fisiologia, è un informazione utilissima per capire quanta “muscolatura”
agisce sincrona o dissonante dai valori normali.
Ciò può essere di grandissimo aiuto al fisioterapista e al riabilitatore nel modulare e
indirizzare l’esercizio o la tecnica fisioterapica.
Naturalmente la gait analysis è uno strumento diagnostico , e come tale va utilizzato.
Ha delle sue criticità:
a) Necessita di una meticolosa preparazione del paziente, con l’apposizione dei
reperi trans illuminanti nelle giuste posizioni per non altere completamente le
informazioni raccolte.
b) La deambulazione in laboratorio di gait è sen’altro “artificiosa”. Il soggetto tende
a controllare e correggere la sua andatura perché osservato e studiato
c) Può essere utilizzata in pazienti che siano alti almeno più di un metro e
collaboranti
Ma è un formidabile strumento di controllo dei risultati conseguenti ad un atto
terapeutico. Il confronto fra pre e post trattamento, sia farmacologico, ortesico o
chirurgico, permette di oggettivizzare certamente il risultato della terapia somministrata.
Diminuiscono i “mi pare” che sia migliorato ed aumentano i riscontro oggettivi sul modo
con cui il soggetto effettivamente si muove e deambula.
9° relazione: Dott. S. Carda – Novara
L’utilizzo della tossina botulinica come strategia nel processo decisionale verso la
chirurgia funzionale La tossina botulinica è un farmaco in uso da circa 20 anni nei disturbi del movimento,
derivato da due sierotipi (dei 7 presenti in natura) della neurotossina prodotta dal
Clostridium Botulinum. Essa è in grado di determinare un blocco reversibile della
trasmissione colinergica a livello periferico, conducendo a una denervazione focale
transitoria.
In Italia sono in vendita 4 tipi di tossina botulinica, 3 di tipo A e 1 di tipo B.
Le preparazioni farmacologiche di tossina botulinica hanno differenti proprietà
farmacocinetiche, che le rendono diverse le une dalle altre.
Nell’ambito della paralisi cerebrale infantile, l’utilizzo comunemente accettato della
tossina botulinica è il trattamento della spasticità focale. Tuttavia, negli anni, la
maneggevolezza del farmaco e l’esperienza clinica hanno condotto a comprendere
come il suo ruolo possa essere anche:
1) la prevenzione delle retrazioni, con conseguente possibile modificazione della storia
naturale della malattia
2) il controllo del dolore post-operatorio, mediante la riduzione degli spasmi dolorosi,
tipicamente dopo chirurgia ortopedica
Tali dati sono supportati da studi clinici e da alcuni lavori di ricerca traslazionale.
Un altro possibile utilizzo, alquanto interessante è legato al suo effetto farmacologico
ed alla sua durata d’azione, ovvero la possibilità, anche se parziale, di mimare il
risultato chirurgico. Questo è possibile in pazienti con retrazione parziale, mista a
iperattività neurogena, e rappresenta un campo d’azione notevole per chi si occupa di
trattamento chirurgico della PCI.
L’insieme dei dati clinici, strumentali (gait analysis) e dei risultati ottenuti dal blocco
reversibile mediante tossina botulinica A possono perfezionare l’indicazione
chirurgica e la prevedibilità del risultato.
Tossina Botulinica A: primi lavori
• Nel trattamento della spasticità dal 1990 - Snow BJ et al. Ann Neurol 1990
• Utilizzata nella PCI da oltre 15 anni- Koman LA et al. J Pediatr Orthop 1993
Tossina Botulinica e Chirurgia nella PCI
Indicazioni meno «ortodosse»
A. PREVENZIONE delle retrazioni
B. CONTROLLO DEL DOLORE
POSTOPERATORIO
C. SIMULAZIONE DEL RISULTATO
POSTOPERATORIO
Prevenzione Retrazioni
Razionale: permettendo l’elongazione muscolare prevengono la retrazione.
Cosgrove AP, Graham HK. Botulinum toxin prevents the developement of
contractures in the heredtary spastic mouse. Dev Med Child Neurol 1994;
36(5):379-85
L. Andrew Komana, Beth Paterson Smith”, Craig T. Tingey”, James F.
Mooneya, Stacey Sloneb and Michelle J. Naughtonb: The effect of botulinum
toxin type A injections on the natural history of equinus foot deformity in
paediatric cerebral palsy patients. European Journal of Neurology 1999, 6
(suppl 4):S19-S22
Dolore Postoperatorio
Utilizzo frequente, anche se off-label
Dohin B, Garin C, Vanhems P, Kohler R.: Intérêt de la toxine botulique pour les
suitesopératoires en chirurgie des membres chez l’enfant infirme moteur cérébral.
Rev Chir Orthop Reparatrice Appar Motor 2007;93 (7):674-81
Simulare l’Intervento
Questo è il campo più interessante, anche se non c’è letteratura.
Sono i pazienti non ancora completamente retratti o con componente attiva ancora
importante.
SSSSS
10° relazione: Dott. P.Zerbinati – Castellanza
La chirurgia dei tessuti molli
La decisione chirurgica in un paziente affetto da PCI deve essere ben ponderata e deve
mettere in conto che in questi pazienti i risultati sono meno riproducibili che in altre
patologie e nei pazienti affetti anche da disturbi dispercettivi e in presenza di distonie la
imprevedibilità del risultato aumenta.
Negli ultimi anni, anche in relazione all’incremento delle tecniche diagnostiche di gait
analysis e all’utilizzo della tossina botulinica, che ha permesso di, da un lato
comprendere meglio i reali disturbi della deambulazione dei pazienti affetti da spasticità,
e dall’altro di temporaneamente “mimare” gli effetti legati all’indebolimento del muscolo
“spastico”, la chirurgia della PCI si è spostata sempre di più verso una chirurgia
funzionale piuttosto che verso una chirurgia di correzione di deformità ormai strutturate,
e anche verso una chirurgia multilivello, cioè eseguita in un solo tempo chirurgico,
durante il quale si va a correggere simultaneamente tutte le componenti muscolari e
scheletriche che incidono sul processo del cammino.
Questi principi hanno permesso di porre molta attenzione all’equilibrio muscolare
globale, poiché si è ormai convinti che “muscolo spastico” non vuol dire “muscolo troppo
forte” ma spesso, anzi, muscolo con “debole efficienza antigravitaria”, da un lato e con
“squilibrio funzionale antagonista” dall’altro lato.
Non si guarda, perciò, solo al muscolo singolarmente, ma alla sua funzionalità di
reciproco utilizzo come agonista ed antagonista nel corretto svolgimento della gesto.
Il problema si complica quando si deve comprendere la funzione muscolare dei muscoli
bi articolari, cioè quei muscoli che agiscono su due diverse articolazioni.
L’esempio più evidente è a livello degli hamstring, che agiscono come flessori del
ginocchio ma estensori dell’anca. E anche fra questi muscoli, si è osservata una diversa
capacità di reagire ad un loro “indebolimento” che, chirurgicamente si ottiene allungando
il muscolo.
Il semimembranoso, in particolare, è un muscolo che non “gradisce” essere allungato,
perché perde, una volta effettuato questo intervento, la gran parte della sua funzione.
Rispondono molto meglio semitendinoso e gracile, che, quindi, consentono un margine di
manovra più ampio.
Per i motivi su esposti, modernamente l’approccio alla chirurgia del paziente affetto da
PCI viene effettuata, in generale, quando:
a) I disturbi del cammino interferiscono con la funzione globale del soggetto
b) Gli interventi conservativi (Terapia riabilitativa, ortesi, tossina) non riescono più a
mantenere i livelli di efficienza raggiunti
c) I progressi della funzione deambulatoria non progrediscono dopo 6 mesi (cioè
hanno raggiunto un plateau) ma, anzi, vi è una regressione nella funzione del
cammino.
Per questi motivi, la chirurgia deve essere presa in considerazione (per uno scopo
funzionale) non prima dei 5 anni, età in cui ragionevolmente il paziente affetto da
cerebropatia ha raggiunto la sua maturità neuromotoria, e non posticiparle dopo i 10 anni,
quando la plasticità cerebrale rallenta e, spesso, le retrazioni muscolari hanno già
espresso la loro capacità deformante sulle articolazioni, sviluppando la patologia
conosciuta come “lever arm disfunction”.
Quando agire sui muscoli: indicazioni generali:
Tenotomia adduttori: il distacco dell’adduttore lungo e del gracile alla sua origine
è procedura quasi sempre sufficiente per migliorare la capacità abduttoria dell’
anca.
Si esegue quanto intervento quando l’anca non si abduce più di 20°
11° relazione: Dott. F.M. Lotito
La chirurgia scheletrica
La chirurgia funzionale nel trattamento delle paralisi cerebrali infantili è la chirurgia che
riesce o dovrebbe riuscire a migliorare le performance legate alla funzionalità
dell’arto interessato al trattamento chirurgico.
la chirurgia che non migliora la funzione ma è solo correttiva delle deformità e
delle retrazioni è una chirurgia ortopedica correttiva (F.Motta)
Le alterazioni scheletriche legate alle deformità scheletriche subentranti nei pazienti
affetti da PCI possono essere legate a vari fattori:
a) Alterazioni articolari legate a non tempestiva correzione delle retrazioni muscolari
b) Alterazioni scheletriche legate a sovraccarico funzionale durante la
deambulazione
c) Alterazioni legate a problemi di “lever arm dysfunction”
d) Alterazioni correlate a trattamenti pregressi non corretti (patologia iatrogena)
e) Alterazioni correlate a problemi legati allo sviluppo puberale
f) Alterazioni correlate alla posture coatte in carrozzina
La chirurgia ortopedica, quando interessa la struttura ossea non può essere sempre
funzionale, ma molto più spesso è una chirurgia ortopedica correttiva.
In generale il chirurgo ortopedico si trova ad essere consultato per raggiungere
l’obbiettivo di :
• Correggere deformità scheletriche sopravvenute in crescita dopo eventuali
correzioni delle parti molli effettuate in età precedente.
• Correggere deformità scheletriche inserite in un programma chirurgico
multilivello e/o “ multiterapeutico”.
• Correggere deformità scheletriche strutturate per mancanza di prevenzione,
condizioni cliniche particolari e/o difficoltà di mantenere e sopportare ortesi o
sistemi posturali in correzione.
• La correzione scheletrica dell’arto superiore
La correzione scheletrica inserita nell’ambito di un trattamento chirurgico
multilivello e “ multiterapeutico”. Indicazioni:
• pazienti deambulanti, affetti da diplegia
• evoluzione del cammino stabilizzata
• età 6-10 anni
• nel contesto di un trattamento multiplo, non necessriamente simmetrico e con
aiuto anche di terapia iniettiva farmacologica locale o/e sistemica
(tossina o/e pompa al Baclofen)
Interventi sullo scheletro:
Derotazione femorale per correggere una esagerata antiversione femorale che
costringe l’arto in intrarotazione (frequente)
Derotazione interna di gamba per esagerata extratorsione di gamba
Correzioni del piede per esagerata valgo-pronazione calcaneare (meglio
osteotomie calcaneari che artrodesi)
La correzione scheletrica correttiva di deformità e retrazioni acquisite
Deformità strutturate dell’arto superiore
Defrormità strutturate dell’arto inferiore
Deformità strutturate del rachide
Defrormità strutturate dell’arto inferiore:
Anca
Ginocchio
Piede
Controllare sempre il bacino nel tempo perchè anche se completamente normali nei primi
anni, è sempre possibile un evoluzione in decentramento e, poi, in lussazione.
Utile controllare l’anca con l’indice di Reimers, che valuta la percentuale di copertura
della testa femorale rispetto al cotile. Un indice del 50% indica la necessità di eseguire un
intervento chirurgico di centramento della testa femorale e di copertura acetabolare.
Interventi sul ginocchio:
• interventi di osteotomia in recurvato del femore distale
• di abbassamento rotuleo per rotula alta dolorosa.
Vantaggi:
• migliorare l’estensione del ginocchio per permettere una meno faticosa posizione
eretta.
Svantaggi:
• limitazione della flessione del ginocchio con difficoltà alla posizione seduta in
carrozzina.
Interventi sul piede equino-valgo:
• allungamento della colonna laterale con osteotomia di addizione calcaneare
• intervento di artrorisi extra articolare della sottoastragalica.
A comparison of two different techniques in the surgical treatment of flexible pes
planovalgus: calcaneal lengthening and extra-articular subtalar arthrodesis.
Dogan A, Zorer G, Mumcuoglu EI, Akman EY. J Pediatr Orthop B. 2009 Jul;18(4):167-75.
Conclusione:
• osteotomia calcaneare meglio per pazienti meno gravi
• artrodesi sottoastragalica meglio per pazienti più gravi
CONCLUSIONI
Nel 2011 non si dovrebbero più operare pazienti con PCI per correggere
deformità acquisite
La chirurgia dovrebbe essere funzionale e, gli interventi sullo scheletro,
indirizzarti esclusivamente a migliorare l’allineamento scheletrico a vantaggio
della funzione.
Ma per raggiungere tale obbiettivo, l’ortopedico deve essere parte integrante del
team che si occupa del trattamento di questa difficile patologia
Il suo ruolo dovrebbe essere quello del portiere, ruolo delicato perché poco
impegnato se la squadra è forte, ma decisivo nei momenti delicati del match
contro le perturbazioni indotte dalla PCI.
12° relazione: A.Marzolla, Direttore Tecnico Otto-Bock – Reggio Emilia
Il ruolo fondamentale delle ortesi.
Tipologia delle ortesi nella paralisi cerebrale infantile:
• Ortesi statiche
• Ortesi dinamiche
Funzione delle ortesi nella paralisi cerebrale infantile:
• Funzione e Reazione di sostegno
• Riallineamento degli assi
• funzione rotatoria-derotativa
• Fissazione distale o prossimale
• Bilanciamento (equilibrio statico)
Funzionamento delle ortesi:
Controllo delle articolazioni
• Ginocchio
• Tibiotarsica
• Metatarso falangea
Direzione e ampiezza del movimento
• ROM espresso in gradi di libertà articolare
• Allineamento e corrispondenza dei segmenti anatomici/meccanici
• Limitazioni anatomiche
Materiali principali:
• materie plastiche = poliolefine o poliesteri
• schiume = poliuretani, silicone bicomponenti
• materiali compositi = kevlar, carbonio
Progettazione:
• Rilevamento di dati misti codificati
• Grafici perimetrali dei segmenti
• Impronte e calchi gessati
• Scannerizzazioni ( laser scanner )
• Sviluppo con sistemi CAD-CAM
• Forma dell’ortesi:
Indicazione e Funzione : clinica bio-pato-meccanica progetto
Le ortesi sono costruite tenendo conto delle necessità “correttive” legate alle varie forme
cliniche di PCI.
Utilizziamo la classificazione di:
EMIPLEGIE • Secondo la classificazione di Winters, Gage et al. in 4 gradi di compromissione
DIPLEGIE • Secondo la classificazione cinematica in 4 forme cliniche di Ferrari
TETRAPLEGIE • Secondo la classificazione cinematica in 4 forme cliniche
Le ortesi e i tutori devono in casi sopperire a una mancanza di funzione e in altri casi a
limitare esagerate tensioni muscolari o a mantenere in asse articolazioni altrimenti
esageratamente disossiate.
I tutori che favoriscono una funzione persa sono senza dubbio più accettati e fruibili.
Sono anche più facilmente progettabili e facilmente conformabili al paziente.
I tutori AFO sono un esempio di tali caratteristiche.
Più complessa è la progettazione e costruzione di tutori che devono limitare l’eccesso di
articolarità, cioè necessari a limitare gradi di libertà articolare.
Tali tutori sono un compromesso fra blocco e funzione articolare, spesso debbono anche
riallineare segmenti scheletrici.
La densità e la resistenza del materiale, la sua rigidità, la sua plasticità, l’applicazione di
giunti e tenditori di regolazione fanno parte del progetto e della sua filosofia.
Un buon tutore associato ad una calzatura comoda sono strumenti indispensabili nel
trattamento dei pazienti affetti da PCI.
Molte sono le difficoltà sia nella progettazione che nella costruzione.
Il tutore deve, inoltre, essere accettato dal paziente e non deve procurare ferite o
escoriazioni cutanee nel suo uso quotidiano.
Una delle criticità maggiori legata ai tutori è la loro prescrivibilità.
Le modalità prescrittive e l’iter burocratico per ottenere un tutore od un ausilio per
disabili è ancora molto complesso e difficoltoso. Poiché il tutore è frutto di un ideazione
legata alla diagnosi e alla sua progettazione terapeutica, è possibile che non risponda
sempre alle esigenze reali cliniche del paziente.
La necessità di dover essere modificato e corretto non è solo una ipotesi remota, ma
spesso è una esigenza reale.
Sarebbe auspicabile una diversa metodologia di prescrizione di tali tutori, in modo da
rendere la loro progettazione e costruzione sempre più confacente alle esigenze dei
pazienti affetti da PCI