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I cambiamenti climatici:che cosa sono?Introduzione per i giovani

Commissione europea

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I cambiamenti climatici:che cosa sono?Introduzione per i giovani

Commissione europeaDirezione generale dell’Ambiente

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(1) Alcuni gestori di telefonia mobile non consentono l’accesso ai numeri 00 800 o non ne accettano la gratuità.

© Fotografie:Digital Vision Ltd, pag. 6;E. Johansson, pag. 12 (in alto);Comunità europea, pag. 19;Comunità europea, direzione generale dell’Ambiente, Mike St. Maur Sheil, pag. 17;Comunità europea, direzione generale della Ricerca, pag. 14;Hans Oerter (EPICA), pag. 10;International Institute for Sustainable Development (IISD), Earth Negotiations Bulletin, Leila Mead, pag. 13;PhotoDisc, copertina e pagg. 3, 7, 8, 12 (in basso);Jack Stein Grove, pag. 9.

Ulteriori informazioni sull’Unione europea sono disponibili su Internet tramite il server Europa (http://europa.eu.int).

Una scheda bibliografica figura alla fine del volume.

Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2006

ISBN 92-894-8917-0

© Comunità europee, 2006Riproduzione autorizzata con citazione della fonte.

Printed in Belgium

STAMPATO SU CARTA RICICLATA A CUI È STATO ASSEGNATO IL MARCHIO COMUNITARIO DI QUALITÀ ECOLOGICA PER LA CARTA GRAFICA (WWW.EUROPA.EU.INT/ECOLABEL).

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Indice

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I cambiamenti climatici: che cosa sono? 4

Che cosa provoca i cambiamenti climatici? 4

L’ effetto serra 4I gas serra che produciamo 5

Alcuni dati concreti sui cambiamenti climatici 7

Gli effetti dei cambiamenti climatici 8Come lavorano gli esperti del clima 10

Che cosa dobbiamo fare per limitare i cambiamenti climatici? 12

Che cosa stanno facendo gli Stati? 12La convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici 12

Il protocollo di Kyoto 13

Che cosa sta facendo l’UE? 14Che cosa sta facendo l’industria? 17Che cosa puoi fare tu? 18

Il futuro 19

Siti web utili sui cambiamenti climatici 20

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I cambiamenti climatici sono ormai una realtà e hanno ripercussioni sempre più evidenti su tutti noi. Hai notato un aumento delle inondazioni o delle forti piogge nella zona in cui vivi o in televisione? Ti sembra che gli inverni siano più miti, con meno neve e più pioggia? Hai la sensazione che la primavera arrivi un po’ prima ogni anno e che i fiori sboccino o gli uccelli tornino prima di quanto ti aspetteresti?

Tutti questi sono segnali che i cambiamenti climatici — o il surriscaldamento globale, come a volte sono chiamati — si stanno facendo più rapidi.

Se non si interviene adesso per fermarli, saranno un pericolo per il mondo in cui viviamo e modificheranno gli stili di vita che adesso diamo per scontati.

Il clima sta cambiando per il modo in cui le persone vivono oggi, soprattutto nei paesi più ricchi e più economicamente sviluppati, compresa l’Unione europea. Gli impianti che generano energia per darci elettricità e per riscaldare le nostre case, le automobili e gli aerei che usiamo, le fabbriche che producono i prodotti che compriamo, l’agricoltura che ci fornisce il cibo: tutti questi elementi incidono sul cambiamento del clima.

L’effetto serraL’atmosfera funziona come uno schermo trasparente e

protettivo che avvolge la Terra: lascia filtrare la luce solare e trattiene il calore. Senza questo schermo, il calore del Sole

rimbalzerebbe immediatamente sulla superficie della Terra per riflettersi nello spazio. Se così fosse, la temperatura

della Terra sarebbe inferiore di circa 30 °C e tutto congelerebbe. L’atmosfera funziona dunque un po’ come

le pareti di vetro di una serra e per questo si parla di «effetto serra». I responsabili dell’effetto serra sono i «gas serra» presenti nell’atmosfera, che intrappolano il calore.

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Che cosa provoca i cambiamenti

climatici?

I cambiamenti climatici:che cosa sono?

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Gran parte dei gas serra si forma naturalmente. Tuttavia, dall’inizio della rivoluzione industriale nel XVIII secolo anche la società umana produce gas serra in quantità sempre maggiori. Oggi le concentrazioni di questi gas nell’atmosfera sono le più elevate degli ultimi 420 000 anni e l’effetto serra è ancora più intenso. Ciò significa che sulla Terra le temperature sono in aumento: da qui i cambiamenti climatici.

I gas serra che produciamo Il principale gas serra prodotto dalle attività umane è l’anidride carbonica o biossido di carbonio, che rappresenta il 75 % circa di tutte le «emissioni di gas serra» mondiali. Con questa espressione si intendono i gas serra rilasciati in atmosfera e che si trovano nei fumi, nei vapori e negli scarichi prodotti da tubi di scarico, camini, incendi e altre fonti.

L’anidride carbonica viene emessa in primo luogo durante la combustione di combustibili fossili, ad esempio il carbone, il petrolio e il gas naturale. E i combustibili fossili rimangono la fonte di energia più utilizzata: li bruciamo, infatti, per produrre elettricità e calore, oppure li utilizziamo per i carburanti delle automobili, delle navi e degli aerei.

Molti di noi conoscono l’anidride carbonica (CO) delle bevande gassate: le bollicine della birra e delle bevande gassate non sono altro che bolle di CO. L’anidride carbonica è anche importante nella respirazione: noi infatti inspiriamo ossigeno ed espiriamo anidride carbonica, mentre gli alberi e le piante assorbono CO per produrre ossigeno. Per questo motivo le foreste del pianeta sono così importanti: aiutano ad assorbire l'anidride carbonica in eccesso che produciamo. Purtroppo, la deforestazione, cioè lo sfruttamento dei boschi e delle foreste, il disboscamento e gli incendi, avanza in tutti i continenti.

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Fonte: Sito web sui cambiamenti climatici del governo canadese.

Parte dell'energia

torna nello

spazio.

La superficie

terrestre è

riscaldata dal sole

e riflette il calore

verso l'esterno.

I gas serra

dell'atmosfera

intrappolano parte

del calore

L'energia

proveniente

dal Sole attraversa

l'atmosfera

L'effetto serra

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Le attività umane rilasciano anche altri gas serra come il metano e il protossido di azoto. Questi gas si ritrovano nei fumi invisibili emessi dalle discariche di rifiuti, dagli allevamenti di bestiame, dalle coltivazioni di riso e da alcuni metodi di fertilizzazione

agricola. L’uomo produce anche artificialmente dei gas serra, i cosiddetti gas fluorurati, utilizzati negli impianti di refrigerazione e di condizionamento, che però raggiungono l’atmosfera se ci sono perdite o se le apparecchiature non sono trattate adeguatamente quando non sono più utilizzabili e diventano rifiuti.

Fonte: Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) & GRID Arendal.

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I cambiamenti climatici sono già in corso. Nell’ultimo secolo, la temperatura media mondiale è aumentata di 0,6 °C, mentre in Europa la temperatura media è salita di circa 1 °C.

Globalmente, i cinque anni più caldi di cui si ha notizia (a partire dal 1860 circa, anno a cui risalgono strumenti sufficientemente precisi per misurare la temperatura) sono stati, nell’ordine:

1) il 1998,2) il 2002,3) il 2003,4) il 2004,5) il 2001.

Questa tendenza al riscaldamento è dovuta al fatto che le attività umane producono quantità sempre maggiori di gas serra. Gli esperti del clima prevedono che questa tendenza sarà accelerata e che la temperatura media mondiale aumenterà di 1,4 °-5,8 °C entro il 2100 e quella europea di 2 °-6,3 °C.

Questi aumenti possono non sembrare importanti, ma bisogna ricordare che nell’ultima era glaciale, che si è conclusa 11 500 anni fa, la temperatura media mondiale era appena 5 °C più bassa di quella attuale. Eppure una coltre di ghiaccio ricopriva tutta l’Europa. Anche pochi gradi fanno una grande differenza per il clima.

I cambiamenti già in atto nel clima stanno avendo un impatto in Europa e nel resto del mondo (cfr. pagina successiva). A più lungo termine potrebbero perfino scatenare eventi catastrofici, come il rapido innalzamento del livello del mare e inondazioni, precipitazioni di notevole entità e carenza di cibo e di acqua in alcune parti del mondo. I cambiamenti climatici riguarderanno tutti i paesi, ma i più vulnerabili sono i paesi in via di sviluppo, perché spesso per vivere dipendono da attività dipendenti dal clima, come l’agricoltura, e non hanno molti mezzi a disposizione per adattarsi alle conseguenze dei cambiamenti climatici.

Alcuni dati concreti sui cambiamenti

climatici

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Gli effetti dei cambiamenti climatici• Le calotte polari si stanno sciogliendo. La superficie

di mare coperta dai ghiacci artici al Polo Nord si è ridotta del 10 % negli ultimi decenni, mentre lo spessore del ghiaccio sopra l’acqua è diminuito del 40 % circa. Dalla parte opposta del globo, la calotta glaciale sopra l’Antartide è instabile.

• I ghiacciai si stanno ritirando. È probabile che entro il 2050 il 75 % dei ghiacciai presenti nelle Alpi svizzere sarà scomparso. I responsabili della località sciistica di Andermatt, in Svizzera, stanno progettando di coprire il ghiacciaio Gurschen, una zona sciistica molto famosa, con un enorme rivestimento di plastica isolante durante l’estate per evitare che si sciolga e avanzi.

• Se le calotte di ghiaccio si sciolgono il livello del mare si alza. Il livello del mare è già aumentato di 10-25 centimetri nell’ultimo secolo (la differenza dipende dalle misure effettuate) e si prevede che entro il 2100 continuerà a crescere di un massimo

di 88 centimetri. Ciò provocherebbe l’inondazione delle isole e delle zone costiere più basse, come le Maldive, il

delta del Nilo in Egitto e il Bangladesh. In Europa circa 70 milioni di persone che vivono lungo le coste sarebbero a rischio. Ma l’acqua del mare potrebbe penetrare anche all’interno e contaminare i terreni agricoli e le forniture di acqua dolce.

• Se l’immensa coltre di ghiaccio della Groenlandia dovesse

sciogliersi, cosa che potrebbe accadere nei prossimi secoli, il livello dei mari potrebbe aumentare ancora, anche di sette metri.

• I cambiamenti climatici producono eventi meteorologici estremi come i tifoni, le inondazioni, la siccità e le ondate di calore. Negli ultimi dieci anni in tutto il mondo c’è stato il triplo di catastrofi naturali legate alle condizioni meteorologiche (soprattutto alluvioni e forti precipitazioni) rispetto a quelle avvenute in tutti gli anni sessanta. Tutti questi disastri non solo producono molti danni, ma fanno anche aumentare i costi delle assicurazioni.

• L’acqua scarseggia già in molte regioni del pianeta. Quasi un quinto della popolazione mondiale, cioè 1,2 miliardi di persone, non ha accesso ad un’acqua potabile pulita. Se le temperature mondiali dovessero aumentare di 2,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, da 2,4 a 3,1 miliardi di persone in più potrebbero non avere acqua a sufficienza nel mondo.

• Con un aumento della temperatura di 2,5 °C, 50 milioni di persone sarebbero a rischio fame, oltre agli 850 milioni che già oggi hanno problemi cronici di fame. In Europa la stagione vegetativa si è allungata di dieci giorni dal 1962 al 1995. Se questo è stato un aspetto positivo per l’agricoltura nell’Europa del Nord, anche lì i raccolti cominceranno a rendere di meno se le temperature saliranno di oltre 2 °C rispetto ai livelli preindustriali.

• Malattie tropicali come la malaria potrebbero diffondersi perché aumenteranno le zone in cui le condizioni climatiche favoriranno la crescita della zanzara che trasmette la malattia. Un aumento della temperatura di 2 °C potrebbe mettere in pericolo altri 210 milioni di persone.

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• Dal 2070 in poi l’Europa potrebbe essere colpita da periodi di calura come quelli del 2003 ad anni alterni. L’estate torrida del 2003 ha contribuito a causare 20 000 morti premature in Europa, ha scatenato vastiincendi nell’Europa meridionale e ha causato perditenel settore agricolo per oltre 10 miliardi di euro.

• Molti animali e piante non potranno resistere alle nuove temperature oppure dovranno spostarsi in regioni dove il clima sarà più confacente perloro. Secondo uno studio piuttosto allarmante,i cambiamenti climatici potrebbero portareall'estinzione di un terzo delle specie terrestri entro il2050. I mammiferi e gli uccelli che amano i climifreddi come gli orsi polari, le foche, i trichechi ei pinguini sono tutti particolarmente vulnerabili.Nella foresta amazzonica gli scienziati hannoosservato che gli alberi più grandi, a crescita piùveloce, che assorbono più anidride carbonica stannoespandendosi a spese di altri.

• Alla lunga cambiamenti climatici diffusi su vastascala potrebbero far scatenare conflitti regionali,carestie e movimenti di rifugiati se il cibo, l’acqua ole risorse energetiche dovessero scarseggiare.

• Un altro scenario pessimistico prevede la scomparsadella corrente del Golfo, che trasporta acqua caldaverso nord, nell’Atlantico, un’ipotesi diventata ilsoggetto del film «L’alba del giorno dopo» del 2003.Anche se si tratta di un fenomeno che difficilmentesi verificherà in questo secolo, gli scienziati sonod’accordo nel dire che annullerebbe le tendenze alsurriscaldamento nell’Europa del Nord, abbassandonotevolmente le temperature in quelle zone (1).

(1) Questi e altri dati interessanti sono ricavati dal rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente intitolato Impacts of Europe’s changing climate, dell’agosto 2004, che si può consultare all’indirizzo: http://reports.eea.eu.int/climate_report_2_2004/en e dal documento di lavoro della Commissione europea Winning the battle against global climate change, del febbraio 2005, al seguente indirizzo: http://www.europa.eu.int/comm/environment/climat/pdf/staff_work_paper_sec_2005_180_3.pdf

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Come lavorano gli esperti del climaLa moderna scienza del clima si occupa di studiare il passato e di

osservare e interpretare accuratamente ciò che avviene adesso.

Gli scienziati usano un ventaglio incredibile di risorse per saperne di più su ciò che è accaduto in passato. Ad

esempio perforano la parte superiore delle calotte polari fino a raggiungere lo strato roccioso e ne estraggono dei cilindri

di ghiaccio chiamati «carote». Nell’Antartide un gruppo di ricercatori europei ha recentemente estratto delle carote di

ghiaccio che si trovavano ad una profondità di oltre 3 km e che non avevano alcun contatto con la luce o con l’aria da oltre 900 000 anni ()!

Le caratteristiche fisiche del ghiaccio e dell’aria contenuti in piccole bollicine indicano ai ricercatori com’erano il clima e l’atmosfera a quei tempi. Altre fonti che possono fornire degli indizi sul passato sono gli anelli nei tronchi degli alberi e i coralli antichi, le stalagmiti e il polline, i semi e le foglie.

Grazie a questi studi sappiamo che le ere glaciali si sono alternate a periodi più caldi e che le temperature terrestri hanno oscillato tra i 9 ° e i 22 °C (la temperatura media mondiale oggi è di 15 °C). Queste fluttuazioni erano tutte dovute a cause naturali, come le variazioni dell’orbita terrestre attorno al Sole e quelle dell'asse terrestre, i cambiamenti nell'attività solare e le eruzioni vulcaniche.

Negli ultimi 8 000 anni il clima si è mantenuto sostanzialmente stabile, con piccole variazioni di meno di 1 °C per secolo. Questa stabilità ha permesso alla società e agli ecosistemi di svilupparsi e diventare come li conosciamo oggi. Ma adesso la situazione sta diventando sempre più scottante. Le cause naturali, da sole, non possono essere responsabili del surriscaldamento rapido che si sta verificando e che non era mai avvenuto da almeno 1 000, e secondo alcuni 2 000, anni.

Gran parte delle informazioni che gli scienziati hanno scoperto serve a prevedere il clima futuro e gli effetti dei cambiamenti climatici.

(1) Per altre informazioni su questo progetto europeo, EPICA, consultare il sito: http://www.esf.org/esf_article.php?activity=1&article=85&domain=3

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Le previsioni si fanno con modelli e simulazioni al computer, ma non si tratta di semplici personal computer: le macchine utilizzate per studiare come sarà il futuro tra 100, 200 o 300 anni sono sistemi complessi che considerano molte variabili. Ad esempio, gli scienziati non sanno ancora esattamente quanto è sensibile il clima alle sempre maggiori concentrazioni di gas serra, cioè quali concentrazioni scatenano cambiamenti di temperatura e quali. Molto dipende anche da altri fattori come l’inquinamento atmosferico e la formazione di nuvole. Per questo gli scienziati fanno simulazioni a partire

da varie ipotesi.

Devono anche fare molte altre ipotesi, ad esempio quanto combustibile fossile bruceremo in futuro, quanti abitanti avrà la Terra e come si svilupperanno le economie. Per questo tutte le previsioni riguardanti i futuri sviluppi del clima si riferiscono a intervalli di valori.

Nel 1988 le Nazioni Unite hanno creato il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (o gruppo IPCC), che riunisce migliaia di scienziati provenienti da tutto il mondo, che devono valutare e riferire sulle ricerche in corso e sulle conoscenze disponibili sui cambiamenti climatici e i loro effetti. Finora il gruppo IPCC ha pubblicato tre rapporti: nel 1990, nel 1995 e nel 2001. Da tutti i dati disponibili l’IPCC ha concluso che le concentrazioni di gas serra in atmosfera sono aumentate soprattutto a causa delle attività umane. Secondo l’IPCC, inoltre, le temperature aumenteranno di un valore compreso tra 1,4 ° e 5,8 °C entro il 2100 (cfr. pag. 7).

Temperatura negli ultimi 1 000 anni (emisfero settentrionale)

e aumento previsto della temperatura nei prossimi 100 anni

Fonte: Agenzia europea dell’ambiente.

Ricostruzione temperature. Dati

ricavati dagli anelli degli alberi,

coralli e carote di ghiaccio (blu),

dati elaborati (nero) e intervallo di

errore (grigio)

Temperatura media mondiale prevista,

2000-2100, calcolata secondo vari

scenari IPCC (linee tratteggiate) e

intervallo totale dei risultati (grigio)

Dati rilevati dai

termometri (rosso)

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La risposta è molto semplice: dobbiamo ridurre le emissioni di gas serra nell’atmosfera. Alcuni di questi gas hanno una vita lunga, nel senso che rimangono nell’atmosfera per decine di anni e anche di più. Anche se interveniamo con decisione adesso, le temperature continueranno a salire ancora per un po’ di tempo. Ma se non facciamo nulla, le temperature aumenteranno anche di più e ad un certo punto il clima potrebbe non essere più controllabile.

Per ridurre le emissioni di gas serra saranno necessari investimenti e dovremo cambiare il modo di produrre e usare l’energia. Recenti studi hanno mostrato che non fare nulla costerebbe molto di più se si tiene conto dei danni e delle sofferenze causati da cambiamenti climatici fuori controllo.

Che cosa stanno facendo gli Stati?Negli anni ottanta hanno cominciato ad accumularsi dati concreti sui cambiamenti climatici. Gli Stati hanno cominciato a rendersi conto di quale minaccia rappresentassero i cambiamenti del clima e che dovevano fare qualcosa. Hanno anche capito che dovevano collaborare per avere una qualche probabilità di successo. I cambiamenti climatici sono un problema a livello mondiale perché tutti i paesi contribuiscono, anche se in misura diversa, a produrre gas serra e tutti i paesi ne sono colpiti. Per questo motivo nessun paese può risolvere questo problema da solo.

La convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climaticiNel 1992 gli Stati hanno approvato la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (conosciuta anche come convenzione UNFCCC). Finora questo accordo internazionale è stato formalmente approvato da 189 paesi, quasi tutti i paesi del mondo. L’ obiettivo ultimo della convenzione è:

di stabilizzare le concentrazioni di gas ad effetto serra nell'atmosfera a un livello tale che escluda qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico. Tale livello deve essere raggiunto entro un periodo di tempo sufficiente per permettere agli ecosistemi di adattarsi naturalmente ai cambiamenti di clima e per garantire che

Che cosa dobbiamo fare per limitare

i cambiamenti climatici?

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la produzione alimentare non sia minacciata e lo sviluppo economico possa continuare ad un ritmo sostenibile.

La convenzione stabilisce che i 189 paesi controllino e riferiscano sui gas serra che producono, preparino strategie sul clima e aiutino i paesi più poveri ad affrontare la problematica dei cambiamenti

climatici. I paesi partecipanti si incontrano una volta l’anno per discutere e decidere cosa fare. La convenzione è considerata

come un contesto generale nell’ambito del quale si devono concordare altre azioni per il futuro.

Il protocollo di KyotoNel 1997, a Kyoto, in Giappone, gli Stati hanno fatto un altro passo avanti e hanno approvato un importante documento, il protocollo di Kyoto. È un trattato che impegna i paesi industrializzati a ridurre o a limitare le proprie emissioni di gas serra e a raggiungere

determinati obiettivi di riduzione delle emissioni entro l’anno 2012. Per ogni paese è stato fissato un obiettivo specifico.

Il protocollo di Kyoto punta in particolare ai paesi industrializzati perché questi sono responsabili della

maggior parte delle emissioni di gas serra passate e presenti e hanno inoltre le conoscenze e i mezzi per ridurle. Per fare un esempio, nell’UE vengono prodotte 11 tonnellate di gas serra per persona ogni anno, mentre nei paesi in via di sviluppo se ne produce solo una circa per persona.

Il protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio 2005. Finora 150 Stati, compresi tutti i 25 paesi dell’UE, lo hanno formalmente adottato (). Di questi, trentasei paesi sono industrializzati e devono rispettare gli obiettivi fissati a Kyoto, che in genere impongono di ridurre, entro il 2012, i gas serra del 5-8 % rispetto ai livelli del 1990. Solo gli Stati Uniti e l’Australia hanno deciso di non partecipare al protocollo di Kyoto, anche se all’inizio avevano espresso l’intenzione di farlo.

(1) Queste cifre sono aggiornate al 29 aprile 2005.

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Il protocollo di Kyoto è solo un primo passo: già durante i negoziati è stato subito evidente che non sarebbe bastato

ad arrestare i cambiamenti climatici. Ma il protocollo ha un’importanza cruciale, perché mostra al resto del mondo che la stragrande maggioranza dei paesi industrializzati vuole cambiare la situazione per salvare il clima del pianeta. Il protocollo ha anche introdotto vari meccanismi che permettono ai paesi di cooperare per ridurre le emissioni a costi più bassi.

Che cosa sta facendo l’UE?L’Unione europea è in prima linea nella lotta mondiale ai cambiamenti climatici perché è convinta che, essendo una potenza economica mondiale, ha il dovere di dare l'esempio.

Durante i negoziati del protocollo di Kyoto, i 15 paesi che al tempo facevano parte dell’UE (contrassegnati in giallo, cfr. riquadro nella pagina successiva) si sono prefissati un obiettivo molto impegnativo: ridurre entro il 2012 le emissioni di gas serra che producevano nel loro insieme dell’8 % rispetto ai livelli del 1990. Successivamente hanno deciso in che proporzione ognuno di essi doveva limitarle per contribuire a raggiungere l’obiettivo collettivo, in funzione della situazione economica e della struttura industriale di ogni paese. Gran parte di essi deve ridurre le proprie emissioni, ma alcuni possono anche aumentarle entro un certo limite, mentre altri devono mantenerle agli stessi livelli del 1990.

I dieci paesi che sono entrati nell’UE il 1° maggio 2004 (indicati in blu) devono raggiungere obiettivi individuali fissati nel protocollo, ad eccezione di Cipro e di Malta per i quali non sono stati fissati obiettivi.

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Obiettivi di Kyoto nell’UEStati membri dell’UE che condividono

l’obiettivo di riduzione dell’8 %secondo il protocollo di Kyoto

Stati membri dell’UEcon obiettivi individuali

nell’ambito del protocollo di Kyoto

Austria –13 % Repubblica ceca –8 %

Belgio –7.5 % Estonia –8 %

Danimarca –21 % Ungheria –6 %

Finlandia 0 % Lettonia –8 %

Francia 0 % Lituania –8 %

Germania –21 % Polonia –6 %

Grecia +25 % Repubblica slovacca –8 %

Irlanda +13 % Slovenia –8 %

Italia –6.5 %

Lussemburgo –28 %

Paesi Bassi –6 %

Portogallo +27 %

Spagna +15 %

Svezia +4 %

Regno Unito –12.5 %

Nel marzo 2000 l’UE ha avviato il programma europeo per il cambiamento climatico (ECCP). L’UE, in collaborazione con rappresentanti dell’industria, delle associazioni ambientaliste e di altri gruppi interessati, ha individuato 42 misure che aiuteranno gli Stati membri a ridurre le loro emissioni di gas serra senza costi eccessivi. Tutte queste misure sono già diventate leggi o stanno per essere adottate.

Una pietra miliare delle politiche UE sui cambiamenti climatici è rappresentata dal sistema di scambio delle quote di emissione, applicato dal 1° gennaio 2005. Gli Stati dell’UE hanno fissato dei limiti alla quantità di anidride carbonica che circa 12 000 impianti per la produzione di energia e fabbriche ad alto consumo energetico possono emettere ogni anno. Tutti questi impianti e fabbriche rappresentano quasi la metà delle emissioni di anidride carbonica prodotte nell'UE. Gli impianti che emettono meno anidride carbonica di quanto sia loro permesso possono vendere le quote di emissione inutilizzate ad altri impianti o fabbriche che ne hanno bisogno. Questo sistema rappresenta un incentivo finanziario a ridurre le emissioni.

Il sistema garantisce anche che qualcuno compri le quote di emissione. Le imprese che superano i limiti di emissione fissati e

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che non li compensano con le quote di emissione comprate da altri devono pagare delle penali elevate. Il sistema di scambio delle quote di emissione farà sì che le emissioni siano ridotte dove costa meno e farà scendere i costi complessivi necessari per tagliare le emissioni.

Altre misure previste dal programma ECCP servono, ad esempio, a: migliorare l’efficienza dei carburanti delle automobili e l’efficienza energetica degli edifici (basti pensare che con un isolamento migliore è possibile tagliare le spese di riscaldamento del 90 %); aumentare l’uso delle fonti di energia rinnovabili come il vento, la luce solare, l’energia delle onde, la biomassa (cioè il materiale organico come il legno, gli scarti di segheria, le piante, gli escrementi degli animali ecc.) e l’energia geotermica (cioè il calore sprigionato dai vulcani e dalle sorgenti termali); incentivare la generazione combinata di calore ed energia elettrica che richiede meno energia; limitare l’uso dei gas serra fluorurati nei condizionatori; ridurre le emissioni di metano delle discariche; sensibilizzare le persone e rafforzare la ricerca, lo sviluppo e l’utilizzo di tecnologie compatibili con il clima.

Molte di queste tecnologie esistono già e devono solo essere sviluppate di più per essere usate da un maggior numero di persone. Per fare un esempio, è possibile catturare una parte del carbonio che viene rilasciato durante la combustione dei combustibili fossili e sotterrarlo in vecchie miniere o ex giacimenti di petrolio. Questa tecnologia si chiama «cattura e stoccaggio del carbonio» e riduce le emissioni di CO nell’atmosfera. Un’altra tecnologia che promette bene ma che richiede ancora ricerche è la produzione di idrogeno da fonti di energia rinnovabili, per poterlo impiegare nelle «celle a combustibile». Questi sistemi trasformano l’idrogeno con l’ossigeno in acqua e nel processo si produce elettricità.

L’UE è sulla buona strada e potrà raggiungere l’obiettivo di Kyoto nel 2012 se verranno applicate tutte le misure previste dall’UE e dai suoi Stati membri. Nel 2002, l’anno per il quale sono disponibili i dati più recenti al momento della pubblicazione di questo opuscolo, i paesi dell’ex UE a 15 avevano ridotto le loro emissioni del 2,9 % rispetto al 1990 (mentre l’obiettivo di Kyoto è dell’8 %). Globalmente, i 25 paesi dell’UE hanno ridotto le loro emissioni del 9 %.

Settore energetico

28 %

Altro 4 %

Agricoltura

10 %

Nuclei domestici

e piccole e medie

imprese 17 %

Trasporti21 %

Industria20 %

Emissioni di gas serra nell’UE nel 2001

Fonte: Agenzia europea dell’ambiente.

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Che cosa sta facendo l’industria?Le imprese hanno un ruolo importante nella lotta ai cambiamenti climatici. Cominciano infatti a capire che, tagliando le emissioni di gas serra, non solo proteggono il clima ma riescono anche a risparmiare denaro, si fanno una buona pubblicità e hanno un vantaggio sui loro concorrenti.

Facciamo un esempio: una grande multinazionale produce molti prodotti diversi in varie regioni del mondo; dal 1990 ha risparmiato 1,5 miliardi di euro riducendo il consumo di energia e installando nelle sue fabbriche nuove tecnologie compatibili con il clima. In più, ogni anno risparmia dai 7 agli 11 milioni di euro perché utilizza energia rinnovabile. Con tutti questi accorgimenti, rispetto al 1990 è riuscita a ridurre le sue emissioni di gas serra del 67 % ().

Le associazioni di produttori di automobili europei, giapponesi e coreani si sono impegnate volontariamente a ridurre di un

quarto le emissioni medie di CO delle automobili nuove che vendono in Europa rispetto al 1995

entro il 2008 (per i fabbricanti europei) ed entro il 2009 (per i fabbricanti giapponesi e coreani).

Lo sviluppo delle tecnologie compatibili con il clima crea anche nuovi posti di lavoro e apre nuovi

mercati. Grazie ai finanziamenti concessi all’energia eolica in molti paesi dell’UE, le imprese europee oggi forniscono il 90 % degli impianti eolici mondiali, e si tratta di un mercato in espansione. In Germania, l’introduzione dell’energia eolica ha dato lavoro a 40 000 persone.

Se le imprese europee saranno rapide a sviluppare le nuove tecnologie compatibili con il clima avranno un vantaggio competitivo nel momento in cui aumenterà la domanda mondiale di tali tecnologie.(1) Cfr. Less is more: 14 pioneers in reducing greenhouse gas emissions, del Climate Group,

un gruppo di organizzazioni impegnate a ridurre le proprie emissioni di gas serra. Il documento è consultabile all’indirizzo: http://www.theclimategroup.org/tcg_lessmore.pdf

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Che cosa puoi fare tu?I cambiamenti climatici sono un problema mondiale ma ognuno di noi può fare la differenza. Anche piccoli cambiamenti nel

nostro comportamento possono evitare emissioni di gas serra senza per questo

incidere sulla qualità della vita. Anzi, possono anche aiutarci a risparmiare denaro.

• Ricicla. Riciclare un chilo di vecchi barattoli di alluminio consuma dieci volte meno energia che

produrli da zero e le fabbriche usano meno energia a fare la carta da vecchi giornali che dalla pasta di legno.

• Quando ti prepari una bevanda calda, usa solo l’acqua che ti serve.

• Risparmia l’acqua calda facendoti la doccia e non il bagno: la doccia consuma quattro volte meno energia.

• Non dimenticare di spegnere le luci se non ti servono. I consumi domestici rappresentano il 30 % dei consumi totali di elettricità nell’UE: se tutti risparmiamo energia, i benefici saranno notevoli per tutti.

• Se devi comprare una lampadina nuova, prova le lampadine a basso consumo: durano di più e utilizzano cinque volte meno elettricità rispetto alle lampadine normali.

• Non lasciare la TV, lo stereo o il computer in standby, cioè spenti ma con la lucetta accesa. In media un televisore consuma il 45 % dell’energia quando è in standby. Se tutti gli europei non usassero questa funzione, risparmierebbero tanta elettricità da illuminare e alimentare un paese grande come il Belgio.

• Non lasciare il cellulare attaccato alla presa se non lo devi caricare. Se lo fai, il 95 % dell’elettricità è sprecato, visto che solo il 5 % viene effettivamente usato per caricare il telefonino.

• Se i tuoi genitori devono comprare un elettrodomestico nuovo, ad esempio un frigorifero o una lavatrice, guarda se ha la lettera «A» sull’etichetta europea sul consumo energetico che ogni apparecchio deve avere. «A» significa che consuma poca energia.

• Nei negozi e nei supermercati cerca i prodotti con il marchio ecologico europeo, rappresentato da un fiore (in alto a sinistra). Significa che i prodotti sono stati fabbricati nel rispetto di rigide norme ambientali.

• Non riscaldare troppo le stanze in cui vivi. Se abbassi la temperatura di un solo grado centigrado puoi risparmiare fino al 7 % della bolletta energetica della tua famiglia.

• Quando arieggi la tua stanza, lascia la finestra spalancata per alcuni minuti e poi richiudila, per non lasciare uscire il calore per troppo tempo.

• Le automobili private producono il 10 % delle emissioni di CO2 di tutta l’UE. Prendere i trasporti pubblici o andare in bicicletta o a piedi è meno costoso e fa bene alla salute.

• Se i tuoi genitori stanno per acquistare un’auto nuova, chiedi loro di comprare un modello piccolo e a basso consumo. Secondo la legislazione europea, i fabbricanti di auto devono indicare quanto CO2 emettono le loro automobili.

• Gli aerei sono la fonte di emissioni di CO2 che cresce più rapidamente al mondo. Per distanze di alcune centinaia di chilometri è meglio utilizzare altri mezzi come il treno o il pullman.

• Pianta un albero a scuola, in giardino o nel quartiere dove vivi. Cinque alberi assorbono circa una tonnellata di CO2 nell’arco della loro vita.

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L’Unione europea è convinta che sia possibile ridurre le emissioni di gas serra che produciamo e migliorare ancora lo stile e la qualità della vita delle persone. Questi due obiettivi non sono incompatibili. Richiedono però degli accorgimenti per adeguare il nostro stile di vita e il modo in cui produciamo e utilizziamol’ energia.

I leader europei sono d’accordo nel dire che le temperature sul pianeta non devono aumentare di più di 2 °C sopra i livelli pre-industriali: se ciò accadesse aumenterebbe il rischio di vedere scarseggiare il cibo e l’acqua e il verificarsi di catastrofi ambientali in tutto il mondo. Per raggiungere questo obiettivo dei 2 °C, servono interventi molto ampi dopo il 2012, anno in cui devono essere raggiunti gli obiettivi di Kyoto.

I paesi industrializzati potrebbero essere costretti a ridurre le loro emissioni di gas serra del 15-30 % rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020 e del 60-80 % entro il 2050. Ma è anche importante che i paesi in via di sviluppo con economie forti partecipino in futuro ad un accordo, perché le loro emissioni stanno aumentando rapidamente.

Adesso stanno per iniziare alcuni incontri internazionali sul futuro sistema per la lotta ai cambiamenti climatici.

La Commissione europea ha già pubblicato un documento nel quale illustra alcuni

elementi di base del nuovo sistema, come la partecipazione di tutti i paesi che emettono grandi quantità di gas serra e un forte impulso alle nuove tecnologie ambientali.

I cambiamenti climatici non scompariranno da un giorno all’altro, ma prima saremo consapevoli del problema e interverremo e più saremo in grado di controllare il

nostro destino, di vivere comodamente e di proteggere la bellezza e la diversità del nostro

pianeta per il futuro.

Il futuro

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Siti web utili sui cambiamenti climaticiCommissione europea, direzione generale dell’Ambientehttp://www.europa.eu.int/comm/environment/climat/home_en.htm

Agenzia europea dell’ambientehttp://themes.eea.eu.int/Environmental_issues/climate

Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e protocollo di Kyotohttp://unfccc.int/2860.php

Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC)http://www.ipcc.ch

Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP)http://www.unep.org/themes/climatechange

The Climate Grouphttp://www.theclimategroup.org

WWFhttp://panda.org/about_wwf/what_we_do/climate_change/index.cfm

Greenpeacehttp://www.greenpeace.net/climate.htm

Copie di questa pubblicazione possono essere ordinate o scaricate dal seguente link:http://europa.eu.int/comm/environment/pubs/home.htm

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Commissione europea

I cambiamenti climatici: che cosa sono?Introduzione per i giovani

Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee

2006 — 20 pagg. — 21 x 21 cm

ISBN 92-894-8917-0

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