I BRONZI DI RIACEPatrimonio restaurato, visitabile al Nuovo Museo Archeologico di Reggio Calabriadi Maria Pia Tucci

Gli ultimi giorni del 2013 hanno restituito alle sale del rinnovato Palazzo Piacentini, sede del NUMA - Nuovo Museo Archeologico della Magna Grecia di Reggio Calabria - i Bronzi di

Riace.Sotto gli occhi di un soddisfatto, attento ed emozionato Ministro per i Beni Culturali ed il turismo, Massimo Bray, che al taglio del nastro tricolore dichiara quanto sia “fondamentale unire le forze, le intelligenze ed i saperi, così come è stato fatto in questo caso. Spenderli a favore di una rinascita del Mezzogiorno e dell’Italia, che non può prescindere dalla Cultura di cui è portatrice. Questo è quello in cui crediamo -continua-, questo il senso di responsabilità, che vuole la creazione di occupazione legata a nuovi percorsi turistico-culturali che sappiano valorizzare appieno il grande patrimonio artistico di cui siamo custodi”. E annuncia che “i prossimi impegni saranno rivolti alla salvaguardia dei siti di Sibari, Pompei e Caserta”.Uniche al mondo e patrimonio indiscutibilmente identitario per la Regione Calabria, ritrovate nel 1972 a 300 m dalla riva del mare di Riace (costa jonica reggina), a circa 8 m di profondità, le due statue sono denominate “A” e “B”, alte 1,98 e 1,97 m, e attribuite, la prima, al periodo Severo e datata 460-70 a.C., la seconda al periodo classico e datata 420-30 a.C. Rappresentano due eroi mitologici non identificabili con certezza e appartengono ad un gruppo ristretto di esemplari sopravvissuti, pressoché integri, di una statuaria bronzea andata perduta.Sotto la guida attenta della Soprintendente per i Beni archeologici della Calabria, Dott.ssa Simonetta Bonomi, quest’ultimo restauro, il terzo di carattere conservativo, è il primo realizzato in situ e con un’operazione di “laboratorio aperto” situ e con un’operazione di “laboratorio aperto” situallestito presso le sale di Palazzo Campanella

p. 12-13. Ph Michele Galluccio

1-5. Bronzo “B” / Bronze “B” - 1, 3 Ph. Maria Pia Tucci; 2, 4, 5 Ph Michele Galluccio

6-10. Bronzo “A” / Bronze “A” - Ph Michele Galluccio

nella stessa Reggio Calabria.I Bronzi, a quattro anni dalla movimentazione da Palazzo Piacentini, ritornano in sale espositive anch’esse ripensate e rinnovate con un progetto curato dall’Architetto Paolo Desideri.Il restauro è stato curato da Paola Donati, dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, e da Cosimo Schepis, restauratore e lui stesso artista e scultore, affiancati da un team di ricercatori composto da chimici e fisici, dello stesso ISCR. All’Ing. Maurizio Salustri è stato affidato il compito di eseguire le Indagini gamma grafiche che, preliminarmente, hanno consentito di conoscere lo stato conservativo dei due “guerrieri”. “Dopo l’indagine diagnostica e la pulizia delle patine esterne su cui si erano formati degli stannati che ne opacizzavano le superfici – dice Schepis –, le operazioni di restauro si sono concentrate sulla pulizia interna delle statue. I video endoscopici hanno permesso di vedere e fotografare, millimetro per millimetro, la superficie interna del bronzo, e con gli ablatori ad ultrasuoni e le micro spazzole abbiamo rimosso le terre ancora presenti e poi trattato tutte le parti con il benzotriazolo. Dopo questa prima operazione di pulitura è stato possibile

studiare più approfonditamente particolari che in definitiva sono la novità di questo restauro”.

A Cosimo Schepis “strappiamo” un racconto. Il dialogo, che diventa un itinerario, una sorta di diario di bordo raccontato con parole che si fanno immagini e approdo di un delicato viaggio di restauro. “Abbiamo lavorato in maniera differente sulle statue. Se la frattura sulla nuca ha permesso l’ingresso nel Bronzo “B”, per il Bronzo “A” l’unico accesso, oltre a quello dei piedi, si è rivelato essere il piccolo foro presente nella parte alta della testa. Accesso che ci ha permesso di guardare meglio la controfacciata del volto. Dopo un delicato e minuzioso lavoro di rimozione delle terre siamo arrivati al “respiro”. È stato come tirare fuori l’anima - racconta con non poca emozione Schepis -. Quando abbiamo visto venir fuori la polvere, voleva dire che avevamo liberato quella parte da tutti i frammenti di terra di fusione ancora presenti. Il bronzo ha respirato dalla sottile apertura della bocca, tra i denti argento che la corredano riccamente. Eravamo ad un nuovo start. Da quel momento tutto era nuovo, mai indagato.

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E…E grazie a questo, oggi sappiamo che il Bronzo “A” presenta occhi incastonati con delle griffes (come nella più moderna oreficeria), tecnica complessa e innovativa, soprattutto trovandoci di fronte a manufatti risalenti a 2.500 anni fa. Inoltre, il concentrarsi sui dettagli del viso, ci ha rivelato la natura microcristallina della superficie degli occhi e, oggi, sappiamo che gli occhi sono di calcite e non di avorio come da precedente attribuzione. Le indagini con il diffrattometro a raggi x hanno, infatti, confermato l’assenza di fosforo e di materia organica e ha dato valore a quella che fino a quel momento era solo una nostra ipotesi. Ipotesi che ha trovato conforto anche nell’esito dell’esame di laboratorio svolto dai dipartimenti di Fisica dell’UNICAL e dell’Università di Lecce”.

E il Bronzo “B”?“Sul Bronzo “B”, oltre al medesimo lavoro di pulitura, è stata effettuata un’operazione di rimessa in posa di una placchetta antistante la parte alta della fronte, nonché restaurato e risistemato le ciglia”.

Dettaglio quest’ultimo di non poco conto che, se necessario, connota ancora una volta la minuziosa cura dei particolari a cui si era pervenuti nella messa in opera della statuaria classica. I modelli dei Bronzi sono presumibilmente figure umane ritratte nella postura mitologica di atleti vincitori: nell’uno (il Bronzo “A”), ne è esaltata maggiormente la perfezione della bellezza vigorosa, nell’altro (il Bronzo “B”, che qualcuno definisce “il vecchio”), il movimento e la morbidezza delle forme.Accettare di buon grado di essere figli di cotanta bellezza e perfezione è certamente un’emozione forte, che ci pone molti interrogativi. Siamo figli di questa storia dell’arte, della sapienza e maestria a cui l’uomo è pervenuto in secoli così lontani, ma che hanno regalato un’immagine che è quella che oggi fa il giro del mondo e con la quale si identifica una terra ed il suo intero popolo: la Calabria magno greca.Quella dei Bronzi di Riace di nuovo in postura verticale, è la Calabria che chiede al visitatore di rivolgersi a questi luoghi con sguardo alto, così come per contemplare i capolavori restituiti.Stare al cospetto dei Bronzi è come fare un viaggio nel tempo, un bello inaspettato, intenso ed inebriante come il profumo del bergamotto, che trovi solo da queste parti.Un viaggio che, parafrasando Enrico IV, “val bene una messa”.

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THE RIACE BRONZESRestored heritage, viewable at the Nuovo Museo Archeologico of Reggio Calabriaby Maria Pia Tucci

In the closing days of 2013 the Riace Bronzes were returned to the newly refurbished rooms of Palazzo Piacentini, headquarters of the NUMA - New Archaeological Museum of Magna Grecia, in Reggio Calabria.

The unveiling occurred under the watchful eyes of a satisfied, attentive and emotional Minister for Cultural Heritage and Tourism, Massimo Bray, who in cutting the tricolour ribbon declared how it was “fundamental to unite the forces, the intelligence and know-how as was done in this case. To devote them to a rebirth of the Mezzogiorno and of Italy, which cannot disregard the heritage of which they

are the bearers. This is what we believe in” -he continued-, “this is the sense of responsibility, which calls for the creation of new jobs tied to new touristic and cultural avenues that can fully appreciate the great artistic patrimony of which we are the custodians”. And he announced that “the next commitment will be aimed at ensuring the safeguarding of the sites of Sibari, Pompei and Caserta”. The statues are unique and an undisputable symbol of identity for the region of Calabria. Discovered in 1972, 300m from the coast of Riace (on the Ionian coast) at a depth of about 8m, the two statues are labelled “A” and “B”,

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measuring 1,98m and 1.97m high respectively, with the first dating to the Severian period (460-70 B.C.) and the second to the classical period (420-30 B.C.). They represent two non-identifiable mythological heroes and they belong to a small group of almost intact surviving examples, of a now lost bronze sanctuary.Under the careful guidance of the Superintendent of Archaeological Heritage for Calabria, Dr. Simonetta Bonomi, this latest restoration, the third conservative intervention, was the first to take place in situ, by way of an ‘open laboratory’ based in the rooms of the Palazzo Campanella in Reggio Calabria. Four years since their removal from Palazzo Piacentini, the bronzes return to the exhibition room that has also been renovated in a project overseen by the architect Paolo Desideri. The restoration was managed by Paola Donati, from the Instituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, and the restorer Cosimo Schepis, himself an artist and sculptor, aided by a team of researchers composing chemists and physicists from the ISCR. The engineer Maurizio Salustri was entrusted with the task of carrying out a series of radiography tests which allowed for a preliminary understanding of the state of conservation of the two “warriors”. “Following the diagnostic tests and the cleaning of the external surface on which tin oxidants had formed, tarnishing it” – says Schepis –, “the restoration operation focused on the internal cleaning of the statues. Endoscopic cameras allowed us to see and photograph, millimetre by millimetre, the internal surface of the bronzes, and we were able to remove any soil still remaining there with the use of ultrasound drills and micro-brushes, after which we treated all of the areas with benzotriazole. After this first cleaning operation it was possible to carry out a deeper study of characteristics, which essentially, are the great discovery of this restoration”.

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We ‘snatch’ a tale from Cosimo Schepis. His words become a journey, a sort of captain’s diary, where the words bring to life the delicate voyage of restoration. “We worked in a different manner on the statues. Where a fracture on the back of the neck allowed us to enter Bronze “B”, for Bronze “A” the only access, apart from the feet, was found to be a tiny hole on the top of the head. This access point allowed us to get a good view of the reverse side of the face. Following a delicate and meticulous process of soil removal arrived the ‘breath’ moment. It was like the soul had come back” – Schepis recounts with emotion –. “When we saw the dust coming out it meant that we had liberated that part of all the fragments of soil still present. The bonze breathed out of the tiny opening in the mouth, between the silver teeth that richly frame it. We were at a new beginning. From that moment, everything was new, never before studied.

And…..And thanks to this, today we know that Bronze “A” had eyes inlaid using mounts (like in modern day goldsmiths), a complex and innovative technique, especially considering they were manufactured 2,500 years ago. Furthermore, focusing on the detail of the face revealed to us the microcrystal characteristics of the surface of the eyes. So we now know that the eyes were made of calcite and not of ivory as had previously been thought. Studies using an x-ray diffractometer have, in fact, confirmed the absence of phosphorous and of organic materials and given credence to what had up until now only been our hypothesis. A hypothesis that was also confirmed by the results of laboratory tests carried out by the Departments of Physics in UNICAL and the University of Lecce.

And Bronze “B”?“On Bronze “B”, apart from the meticulous

sotto / belowInaugurazione con la presenza del Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Massimo Bray / Opening ceremony attended by the Minister for Cultural Heritage, Activities and Tourism Massimo BrayPh Maria Pia Tucci

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cleaning work, we carried out an operation to replace a fragment of bronze that had dislodged from the upper part of the forehead, as well as restoring and reordering the eyelashes.

This last detail is of no small importance, since, in case more proof was needed, it demonstrates once again the care for detail in the production of classical statues. The models for the Bronze were more than likely human figures, depicted in the mythological pose of victorious athletes; in one (Bronze “A”), the perfection of physical beauty is celebrated, whereas in the other (Bronze “B”, which some call “the old man”), movement and the softness of the form are celebrated. Acknowledging willingly to be ‘the children’ of such beauty and perfection is certainly a strong emotion, which raises many questions. We are children of this artistic history, of the knowledge and mastery which mankind was capable of in

such distant centuries, but which gifted an image that today has spread around the world and is that with which an entire land and its people are identified: the Magna Graecia Calabria. With the Riace Bronzes once again on their feet, Calabria asks its visitors to return to these places looking up, as if to contemplate the restored masterpieces. To be in the presence of the bronzes is like taking a voyage back in time, an unexpected beauty, intense and inebriating, like the perfume of bergamot, which can only be found in these parts. A voyage which, to paraphrase Enrico IV, “is well worth a mass”.

www.archeocalabria.beniculturali.it/archeovirtualtour

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sopra / aboveBronzo “A” / Bronze “A” - Ph Michele Galluccio

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