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HOMO SCEMENS CRONACHE DI LUCIDA CRIMINALITÀ AMBIENTALE SERGIO CRIPPA HOMOSCEMENS 5_6_06 26-09-2006 16:29 Pagina 1

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HOMO SCEMENSCRONACHE DI LUCIDACRIMINALITÀ AMBIENTALE

SERGIO CRIPPA

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© 2006 Sergio Crippa© 2006 Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri

Quest'opera è rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione-Noncommerciale-Non opere derivate. Per il testo integrale della licenza si veda:http://www.creativecommons.it/Licenze/LegalCode/by-nc-ndhttp://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/ (originale inglese)

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Sergio Crippa, 50enne illustratore, designer e vignettista satirico da moltianni. Collabora con agenzie pubblicitarie e studi di design, si è occupato conuna vignetta satirica di temi ecomici sul sito Bluinvest.com, di ecologia sulquotidiano “La Stampa”. Ha una rubrica settimanale sul sito di eco-culturaLifeGate.it e una sul mensile di nuova economia “Millionaire”. Ha parteci-pato a mostre a Forte dei Marmi, Tolentino, Comix for help; e vinto diversipremi: Olio di satira 2003 e 2004 e Spotorno Comics 2002.

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Dall’ Homo sapiens all’ Homo scemens: questa, ahinoi,sembra essere l’attuale traiettoria evolutiva dell’essere umano;con il risultato che il suo modello di sviluppo dominante, dicui orgogliosamente si vanta, lo sta portando dritto sparatoverso la futura estinzione. Informare, far riflettere su questo, ma anche sorridere e di-vertire, è lo scopo di Sergio Crippa in questo delizioso volu-metto. Usando lo strumento immediato e diretto delle vi-gnette – graffianti, pungenti, illuminanti, sempre abbinate eaffiancate da verificate informazioni e dati scientifici –l’autore prova a evitare, in modo spiritoso ma documentato,che le conseguenze degli orrori quotidiani della razza uma-na su sé stessa, sull’ambiente e sul pianeta passino inosserva-te: perché volutamente oscurate da chi ha interessi economiciin gioco o perché sommerse dalla “fuffa” di pseudo-notizie checi sfiniscono. Crippa, utilizzando un altro media, fa ciò che con gran suc-cesso esprime Beppe Grillo: satira (ma anche controinforma-zione) sul rapporto malato tra ambiente ed economia e pro-duzione industriale. Le vignette qui presentate fanno venire

Vignette, satira e ambientalismo

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in mente alcuni passaggi dello spettacolo Rai del ‘93, quelloper il quale il comico genovese si guadagnò l’esautoramentodalla tv. Diceva Grillo:

“Io voglio veramente che le cose prodotte siano conve-nienti per me che le compro. Non è più così… Scusateun po’: rompo un tergicristallo… sarà successo a tutti, ilgommino… rompo il gommino… vado dal distributo-re e dico: “Buongiorno…”, giuro è vera, eh? Dico:“Buongiorno… guardi, ho rotto il gommino, mi dà ungommino?”. L’addetto agli autoricambi fa la faccia in-nervosita. “Abbia pazienza, ho rotto solo questo. Io… sevuole mi do due martellate sul cofano…”, cosa dovevodire? Questo qui mi ha detto: “Voi comici venite a pren-dere per il culo noi che lavoriamo”, “Ma no! Volevo so-lo questo, va be’, mi dia tutto il tergicristallo”, “Uno?Due gliene dobbiamo dare”. Due? 40.000 lire, perchéli vendono a due a due. Allora io ho dovuto spenderequaranta sacchi, 40.000 lire, per un gommino da mil-le lire. Mi tocca lavorare un giorno di più, perché le co-se che compro non le trovo. Ma cacchio, lo specchietto…avete mai rotto uno specchietto? Lo specchietto… cosa ticambiano, lo specchietto? Ti cambiano tutto il braccioelettrico, il piantone della macchina, il seggiolino e ilpasseggero se gli sta sulle balle. E allora dico ma… do-ve le faranno queste cose, amici? Dove le faranno? Do-ve le faranno? Il gommino da mille lire, sapete dove l’ho

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trovato io? In Svizzera, dove sono miliardari proprioperché hanno un gommino da mille lire. E allora noifacciamo queste cose per buttarle via, per rifarle… io houn orologio, ho un orologio giapponese… che è pro-grammato il cinturino per rompersi dopo ottanta volteche lo piego: è la cosa più precisa dell’orologio… Noi vi-viamo immersi in questa economia… e buttiamo via lecose per rifarle, va bene?… e le rifacciamo sempre così.Lo spazzolino, addirittura, lo devi buttare via perché tiavvisa, lo spazzolino: quelli che li hanno costruiti sonogentilissimi, quando devi buttarlo via ti avvisano per-ché si decolora… che gentili che sono, no? Rischiavi diusarlo magari una mezz’oretta di più: non vogliono,non vogliono. E allora prendi e butti via… butti via. Equando butti via… quando buttiamo via, noi non ciinteressa più: buttiamo via, qualcuno ci pensa… chi losa chi sarà, non m’interessa, non è mica più mio, l’hobuttato via. E allora noi buttiamo via lo spazzolino, echi se ne frega, son dieci grammi di plastica… ma laplastica si fa col petrolio: dieci grammi, butti via. Semoltiplichiamo cinquanta milioni di spazzolini è giàuna petroliera piccola… e la buttiamo via. Questo quiva in un fornetto, questa plastica qui… nel PVC c’è ilcluoruro, e a 650 gradi il cluoruro reagisce!… perchénon è un vigliacco!, reagisce. E diventa diossina, chenon è una bestemmia… è un gas... e la diossina va incielo… e c’è l’aria che la trasporta per i prati, i campi,

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i mari: va sull’oceano, piove, la diossina va in mare, inmare c’è il plancton, i pesci mangiano il plancton, tuvai al ristorante, spendi 80.000 lire per un branzino eti sei mangiato il tuo cazzo di spazzolino, eccolo qua! Eallora… allora la tecnica… allora io non devo lavora-re di più, non posso. Io voglio lavarmi i denti con unospazzolino concepito e costruito in un altro modo. Cisarà, abbiamo la tecnica. Allora, la tecnica c’è: faccia-mo un altro spazzolino fatto in un altro modo, per la-vorare un po’ meno, per non comprarne dieci all’anno.C’è??? Sì che c’è! Dove l’ho comperato? In Svizzera. Ec-co perché son tutti miliardari in Svizzera… perché lospazzolino lo fanno così: ogni due mesi non buttano viatutto, ogni due mesi quando è consumato, tac, tengonoil manico e buttano via la testa, con le setole per la pu-lizia dei denti… non ve l’aspettavate questa! Vado a ve-dere la marca: “Monte Bianco”, made in Italy; lo fac-ciamo noi e lo diamo agli svizzeri, pensa come siamo…una cosa geniale! Abbiamo la tecnica e non sappiamousarla”.

Il problema, allora, è l’informazione ecologica. Se ne dovreb-bero occupare i media. Peccato lo facciano poco e male. Lastampa italiana è poco sensibile all’andamento delle grandiquestioni ambientali ed è attirata, più che altro, dalle noti-zie che possono offrire il pretesto per usare toni allarmistici esensazionalistici.

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È significativa una ricerca pubblicata solo pochi anni fa dal-la newsletter Ecotrend (si tratta di un’indagine eseguita dal-la società di comunicazione Gaia in collaborazione con Aiga– Associazione Italiana Giornalisti Ambientalisti) analiz-zando per tre anni i principali quotidiani italiani: le tema-tiche ambientali trovano sempre minore spazio sui giornali,nonostante aumenti l’interesse del pubblico per questi temi.Il culto della notizia porta a dare spazio ai temi ambientalisolo in occasione di eventi catastrofici o luttuosi. Perché l’am-biente faccia notizia ci vuole insomma un’altra Chernobyl, oun’altra Seveso, o una bella alluvione. Si parla d’ambientesolo quando da esso provengono delle minacce: gli incendiestivi, l’inquinamento delle città, l’incidente della petroliera,le varie emergenze rifiuti. Il fatto stesso che i temi ambientali siano relegati in cronacalascia intuire quanto per trovare spazio sia necessario rap-presentare situazioni drammatiche. I rifiuti si trattano solose c’è l’emergenza, l’inquinamento atmosferico nelle città vie-ne trattato solo nei mesi invernali quando si riaccendono iriscaldamenti, l’inquinamento del mare solo in estate. Inquesto modo va a farsi benedire una delle funzioni del gior-nalismo che, informando, svolge indirettamente un ruolo diformazione, orientamento, educazione dell’opinione pubbli-ca, stimolo verso gli amministratori e i politici. Un compito,questo, che per essere svolto ha bisogno di un’informazionecostante su questi temi che dovrebbe lasciare la nicchia dellacronaca e diventare una presenza costante nei media, aven-

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do come obiettivo la creazione di una cultura ambientale inlinea con i grandi quotidiani stranieri.E allora ben vengano, per promuovere l’alfabetizzazione eco-logica, le vignette satireggianti, amare, un po’ sarcastiche evelenose di Crippa, che ci fanno riflettere sulla qualità delnostro ambiente e della società. Crippa ci offre una grandio-sa opportunità: il contrasto tra la “pesantezza” delle notiziedi cronaca ambientale (che però passano semi-inosservate) ela “volatilità” delle vignette (che però rimangono impresse inmente) ancorano questo libro nella memoria dei lettori am-bientalisti. Epperò questo mix testo-vignetta aggiunge inte-ressi e addentellati di riflessione anche ai fruitori della solasatira, che s’aspettano magari solo di sorridere, e invece do-vranno pensare. Crippa mette alla berlina la moderna società dei consumi,portatrice (mal-sana) del trionfo dell’inessenziale sull’essen-ziale, dell’artificiale sul naturale, del superfluo sul necessario:è il sottile filo di divertimento angoscioso, di stralunato hu-mour che attraversa questo libro. Scriveva beffardo Michele Serra in Il nuovo che avanza:“Un tempo i negozi erano come certe chiese protestanti delNord. Che sono disadorne e silenziose, e proprio perché nien-te ti costringe a pregare hai voglia di farlo… I negozi eranoal servizio delle merci, e non viceversa. Come le chiese esisto-no per le persone, e non le persone per le chiese… Poi c’è sta-ta una specie di controriforma. Insegne chiassose, luminarie,filodiffusione, vetrine piene di piante, sassi, rami e fronzoli

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che non c’entrano niente con la merce. Un barocco, un baroc-co dell’altro mondo. Per impressionare, per stordire, imbroglia-re… Poesia? Realtà? Satira? Un po’ tutte e tre le cose…”. Oggi contro la libertà di satira è in atto una intimidazionesupportata da legioni di avvocati del cavillo e dai loro man-danti. Il diritto di satira è la democrazia stessa, dà la possi-bilità di mettere in discussione il potere. E allora godiamocile vignette di Crippa, tra gli autori più sensibili e attenti aglisviluppi che la realtà del nostro paese produce nell’eterogeneouniverso delle “questioni ambientali”. Buon sorriso. Amaro.

Edgar Meyer e Stefano Apuzzo

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Il 3 dicembre 2002, nel corso della presentazione di un li-bro di Bruno Vespa, il premier Silvio Berlusconi lancia pe-santi critiche al management dell’azienda automobilisticatorinese dando un’originale ricetta anti-crisi: «Cancellia-mo il nome Fiat; cambiamo con un restyling tutti i modelli,li facciamo uscire dagli uffici della Ferrari e li lanciamo nelmondo col prestigioso marchio Ferrari».

Nel giugno 2003 il Consiglio dei Ministri individua in un co-mune lucano, Scanzano Jonico, il sito ove costruire il depositonazionale di stoccaggio delle scorie nucleari italiane, oggi spar-se in mezza Italia. Dopo mesi di tumulti in Basilicata, nel di-cembre 2003 il decreto viene ritirato.Le operazioni di stoccaggio delle scorie radioattive rappresen-tano un problema irrisolto del ciclo di produzione di energianucleare. La ricerca della soluzione ha goduto per oltre 50 an-ni di investimenti più massicci di qualunque altra tecnologianel mondo. James Clarke, docente di ingegneria a Nashville,parla d’un progetto per un deposito di 20 ettari a mille metridi profondità nel Nevada.Alcuni isotopi del plutonio rimangono fortemente tossici e ra-dioattivi per oltre 100.000 anni. Nessuna attività umana do-vrebbe essere intrapresa senza aver risolto il problema dellachiusura del suo ciclo produttivo, sia in termini tecnici cheeconomici. Lo postula la disciplina scientifica emergente del-l’LCA – Life Cycle Assessment.

• Nessuno è stato in grado di quantificare i costi. Unico dato certo: i 170miliardi di dollari che gli Usa spenderanno per stoccare «temporanea-mente» le loro scorie nucleari fin qui prodotte.

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Gli americani presto potranno sedersi a tavola e mangiareun hamburger clonato.

La Food and drug administration (Fda), l’agenzia statunitensedi controllo su cibi e farmaci, è propensa a dare l’ok alla com-mercializzazione e al consumo di carne e latte provenienti daanimali clonati perché sembra che non presentino alcun rischioper la salute. L’agenzia sanitaria non rilascia interviste ma il“Washington Post” affermava, nell’ottobre 2005, che si stavamuovendo in questa direzione. Pare che nelle fattorie americane centinaia di maiali e vitelliclonati siano in attesa di conoscere la loro sorte. Molte aziendeproduttrici hanno sperimentato, in questi anni, la clonazionedei propri animali e aspettano soltanto il sì dell’agenzia sanita-ria. Sono passati i tempi in cui fattori e agricoltori si scandaliz-zavano per la pecora Dolly, il primo animale clonato da unacellula adulta nel 1997. Molte imprese agricole stanno facendopratica con la nuova tecnica scientifica.

• Ma gli americani stessi sembrano non gradire molto la possibilità. Al-cuni sondaggi rivelano che il 63% non comprerebbe uova, latte o carneproveniente da animali clonati. La maggior parte delle mamme non sifiderebbe a dare latte clonato ai propri figli e molti si sono dichiarati di-sgustati all’idea di servire in tavola bistecche di vitelli «replicanti».

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Gli Ogm sono piante il cui Dna, con operazioni di “taglia ecuci genetico”, viene interpolato con tratti genetici di altrespecie, di batteri, di altri vegetali, di animali.

Gli effetti sull’ambiente della semina in tutto il mondo di mi-liardi di organismi mai visti in natura non sono noti. La poli-tica di alcune multinazionali biotech è stata definita arrogante.Anche gli effetti sulla salute non sono chiari. Molte ricerche so-no in corso. Si è scoperto che le piante transgeniche avvelena-vano le farfalle (mais Bt176 su “Nature”, 1999), che avvelena-no il suolo dalle radici, che sono potenzialmente allergeniche enon si sa quali e quanti frammenti di Dna mutato o proteinepotrebbero avere effetti nel nostro intestino.Secondo l’attuale normativa italiana, tutti gli alimenti che con-tengono ingredienti geneticamente modificati in quantità su-periore allo 0,9% devono riportare in etichetta la dicitura“contiene Ogm”.L’obbligo d’etichettatura non riguarda però carne, latte e uova,che quindi potrebbero provenire da mucche, maiali e gallineallevati con soia, mais e sottoprodotti transgenici senza chenulla venga detto.

• In una fattoria olandese un agricoltore lasciò due serbatoi di mais inmagazzino, uno normale, l’altro Ogm. Uno fu saccheggiato e divoratodai topini. Quello pieno di Ogm rimase intoccato (Institute for Sciencein Society, 2002).

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Nucleare, una scelta “intelligente”? L’ambasciatore in Ita-lia di The Natural Step, Eric Ezechieli, risponde così:

«1. Il nucleare è economicamente sconveniente e non compe-titivo rispetto a investimenti in efficienza energetica e alle mo-derne fonti rinnovabili.2. L’uranio si sta esaurendo. 3. Non è risolta la questione dello stoccaggio delle scorie e del-la radioattività da estrazione, movimentazione, utilizzo.4. Le centrali vecchie non sono sicure. La centrale media almondo ha oltre 21 anni, è già prossima alla dismissione o oltrela soglia di uso sicuro. 5. Le centrali nucleari e i luoghi di stoccaggio delle scorie sonoobiettivi dei terroristi.6. Trend d’investimento in declino: chi non ha centrali non nesta costruendo, chi ce le ha le dismette (eccezioni: una nuovacentrale in Finlandia, la Cina, l’Iran, forse la Turchia).7. Trascurabili i vantaggi in termini di riduzione delle emissio-ni di CO2 in ottica di Life Cycle Assessment. 8. Tempi lunghi dalle decisioni all’operatività, nell’ordine deidecenni.9. Difficoltà in regimi democratici nell’individuare luoghiadatti per nuove centrali.

• 10. Il nucleare viola tutte le 4 System Condition di sostenibilità di TheNatural Step. 15 anni di esperienza indicano che ciascuna di queste vio-lazioni porta a un sistematico e inevitabile aumento dei costi e dei rischidell’attività svolta».

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Nascono, a Taiwan, tre maialini fosforescenti. Una nuovapietra miliare nel filone di ricerca sugli xenotrapianti, glistudi che vorrebbero ingegnerizzare animali transgeniciche possan fungere da serbatoi di organi di riserva perl’uomo.

I ricercatori del Dipartimento di Scienze Animali dell’Univer-sità di Taiwan hanno iniettato tratti genetici di medusa in cir-ca 265 embrioni di maiale, impiantati in 8 maialine “madri”, 4delle quali rimasero incinte, e 3 ne sono nati (ma s’è saputo so-lo tre mesi dopo, nel gennaio 2006). Non è la prima volta chesi fa, nel mondo. L’hanno fatto ai conigli.Perfino il loro cuore e gli organi interni, oltre a occhi, denti eunghie, emanano una diffusa luce bluette-verdognola.Una cosa è sicura secondo Roberta Bartocci, Lav: «Esistono ri-getti nei trapianti tra individui della stessa specie, figurarsi traspecie diverse; il recente allarme dell’influenza aviaria ci am-monisce sui rischi di passaggio di virus tra animali e uomo, ri-schi che con uno xenotrapianto sarebbero esponenzialmentemaggiori. Questi studi non giovano agli animali ma neanche aimalati e alle loro famiglie». Dopo il cane clonato Snuppy del-l’estate 2005 e ora i maiali fluorescenti, è preoccupante che iPaesi asiatici possano diventare la frontiera della ricerca senzalimiti etici.

• Una ricerca, quella sugli xenotrapianti, su cui l’OMS ha imposto unamoratoria nel 1999 per il rischio, definito «incontrollabile», di creazio-ne e trasmissione di retrovirus da un’altra specie animale all’uomo.

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Quella italiana, nonostante il carico sia in calo, resta un’a-gricoltura fortemente dipendente dai pesticidi.

Si calcola che ogni anno nel mondo vengano immesse nellabiosfera 2.000.000 di tonnellate di pesticidi.Il quantitativo di sostanze chimiche utilizzate in agricoltura nelnostro Paese rimane uno dei più alti in Europa: si stima cheogni anno da 60 a 70mila tonnellate di pesticidi (fra erbicidi,battericidi, fungicidi, insetticidi) vengano sparse nei campi col-tivati (più di quante ne siano state usate in Germania e RegnoUnito insieme). Qualcosa come 450 kg per chilometro qua-drato di superficie agricola, all’anno.Un quantitativo impressionante, specialmente considerandoche per ogni chilogrammo di principio attivo utilizzato, solo10 grammi vengono assimilati dagli insetti “bersaglio” del trat-tamento: i restanti 990 rimangono nell’ambiente, sui frutti, nelterreno, nell’acqua.

• È necessario rivolgersi a soluzioni alternative come l’agricoltura biolo-gica: ritrovare piante rustiche e resistenti, distogliersi dall’agricolturastandardizzata e ibridata, promuovere un’alimentazione che usi frutta everdura anche non immacolata ma senza pesticidi, aiutare le aziende diagricoltura biologica.

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Alcuni gravi casi hanno scosso il mercato farmaceutico, apartire dal talidomide, molecola d’un tranquillante checausò, a partire dal 1961, tra gli 8 e 10 mila casi di nascitecon malformazioni in Europa.

Ben più recentemente (2001) un farmaco anticolesterolo dellafamiglia delle statine è stato ritirato dopo le prime 54 personemorte e 10.000 cause contro il produttore (che per chiudere leprime 3.000 ha già sborsato 1,1 miliardi di dollari). Tra i far-maci “di sostituzione ormonale” che promettono alle donne diritardare la menopausa e di sconfiggere l’osteoporosi s’è sco-perto che due, molto diffusi, provocano cancro, embolia pol-monare, infarto e demenza: in Usa almeno 14 milioni di don-ne se le sono viste prescrivere. Recente anche il caso del tolca-pone, farmaco antiparkinson lanciato sul mercato e ritirato po-co dopo perché provocava casi di epatite fulminante, o della ci-sapride, venduta in milioni di pezzi per migliorare la digestio-ne e poi relegata alla prescrizione specialistica perché tossica peril cuore. Per non citare l’antinfiammatorio Vioxx, al quale sa-rebbero attribuibili secondo stime Fda quasi 28mila tra infartie morte cardiaca improvvisa... Altri problemi emergono in caso di interazione tra differentifarmaci, quando si avviano terapie con trattamenti già in atto,o di interazione tra farmaci e alimenti.

• Solo un errore di metodo nella filiera del farmaco può spiegare l’alta per-centuale di medicinali ritirati, per danni gravi, dopo la loro commercia-lizzazione (negli USA, in un recente studio del General Accounting Offi-ce, sono il 51%). E spiegare il fatto che le malattie iatrogene (procurate daifarmaci) costituiscono la quarta causa di morte nei paesi industrializzati.

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Oggi, gran parte dell’energia elettrica in Italia è fatta conpetrolio, nafta, pet coke, catrame, carbone... Di questo èfatta l’energia elettrica per l’83%: proviene da centrali ter-moelettriche che bruciano fonti fossili e producono elettri-cità e fumi di combustione, gas inquinanti, tonnellate diCO2 e scarichi d’acqua bollente.

La soluzione c’è.Si chiama energia rinnovabile.È l’energia elettrica che si produce dalle fonti rinnovabili conimpianti idroelettrici, solari e fotovoltaici, eolici, non è causa diemissioni di CO2 e di inquinamento, non danneggia il clima.Il petrolio:– è limitato (le risorse presenti nel mondo stanno per esaurirsi);– causa inquinamento atmosferico ed emissioni di CO2 e gasserra;– è localizzato solo in pochi Paesi (tensioni geopolitiche e con-flitti);– è rischioso nel trasporto (petroliere, oleodotti...);– è una risorsa del passato.Il sole:– è illimitato (il sole, come l’acqua e il vento, è fonte perpetua);– non inquina, non emette anidride carbonica/gas a effetto ser-ra;– è ovunque («il sole splende in tutto il mondo» dichiarò l’ar-tefice della politica energetica tedesca, Hermann Scheer);– incentiva tecnologie del futuro.

• “L’era dei combustibili fossili è al tramonto – secondo Jeremy Rifkin –e sta nascendo un regime energetico capace di incanalare la civiltà versouna strada radicalmente nuova”.

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Stiamo consumando il 20% in più delle risorse naturali cheil nostro Pianeta può produrre, le specie animali sono di-minuite in media del 40% tra il 1970 e il 2000, del 30% lespecie terrestri e marine, del 50% quelle d’acqua dolce.

Tutto ciò è la conseguenza della domanda umana di risorse ali-mentari, di energia e acqua. In particolare lo sfruttamento del-le risorse energetiche è aumentato di circa il 700% tra 1961 e2001! Sono queste le principali conclusioni cui giunge il LivingPlanet Report 2004, il rapporto sull’impatto dell’uomo sul Pia-neta presentato il 21 ottobre 2004 dal Wwf Italia in contem-poranea con il lancio internazionale presso il Palazzo delle Na-zioni Unite a Ginevra. Gli fa eco il rapporto presentato quasi in contemporanea dalgruppo di lavoro internazionale sul cambiamento climatico“Up in smoke”, che ribadisce che il riscaldamento globale haun’origine dovuta all’azione umana, ed è inarrestabile. “Up insmoke” significa che il mondo rischia di andare in fumo. Si-gnifica che il cambiamento climatico manda in fumo le ric-chezze delle nazioni, agisce sulla capacità di sopravvivenza del-le popolazioni, delle persone in povertà. Le popolazioni e lepersone in difficoltà saranno sempre più colpite, e le loro terresi impoveriranno.

• Le nazioni più ricche, che producono la maggior parte delle emissionie consumano le risorse naturali, dovrebbero risarcire quelle più povere,che patiscono prima e più gravemente le conseguenze dell’effetto serra.Nel leggere questi rapporti viene da domandarsi quanto tempo resta.

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A chi sta bene pagare 100 euro all’anno in più di bollettadella luce, 200 euro in più la benzina, dissanguando l’Italiacon 4 miliardi di euro in più all’anno in petrolio continuan-do a pagare il greggio oltre 70 dollari al barile, queste do-mande non interessano. Noi le facciamo.

Con il prezzo del greggio in impennata, i grandi mezzi d’infor-mazione avanzano timori di gravi conseguenze sull’economiadi molti Paesi. Sono quasi 3mila milioni le tonnellate di petrolio bruciate nelmondo per energia e trasporti, e 23.000 milioni di tonnellatedi CO2 emesse in atmosfera ogni anno. La CO2 causa effettoserra.Quali sono i costi dei disastri ambientali e sulla salute correla-ti a inquinamento all’effetto serra?Quanto petrolio c’è ancora nel mondo?

• Salute e petrolio: l’allarme è contenuto nel Rapporto “EnvironmentMatters 2005” realizzato dalla World Bank in collaborazione con l’Or-ganizzazione Mondiale della Sanità delle Nazioni Unite. I Paesi poveridel pianeta sono i più a rischio per inquinamento ed effetto serra. 2 mi-lioni di decessi l’anno per inquinamento atmosferico, milioni di morti (ilnumero è imprecisato) per l’uso di pesticidi petrolchimici. I cambiamen-ti climatici si stanno rivelando, come causa diretta o indiretta, il fattoreprincipale dello stato di salute delle popolazioni.

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La Cites è la Convenzione di Washington sul commercio in-ternazionale delle specie di fauna e flora minacciate diestinzione, siglata a Washington nel 1973 con la firma dioltre 130 Paesi.

L’ultimo meeting Cites (svoltosi a Bangkok) ha rafforzato la pro-tezione di 100 nuove specie che s’aggiungono alla lista di 34.000in pericolo d’estinzione, ma indebolito la protezione di altre.Buone notizie per gli oranghi e le tigri di Sumatra: la deforesta-zione del loro habitat sarà fermata grazie al divieto di esportare illegno tropicale il cui commercio metteva a rischio. Buone noti-zie anche per alcuni pesci sempre più rari negli oceani, dal mer-luzzo antartico al ‘pesce Napoleone’, e per lo squalo bianco. An-che i delfini di Irrawaddy sono ora più protetti. Pessime per i rinoceronti. Presa la decisione di riaprire la cac-cia del rinoceronte, uno degli animali più a rischio della Terra.È vero, sarà consentita l’uccisione di 10 esemplari all’anno, inSudafrica e in Namibia. Ma, secondo le stime, proprio in quel-le zone sopravvivono solo 300 esemplari di questa specie! Lepreoccupazioni sono fortissime: chi li conterà, su tutto il terri-torio sudafricano? Chi sorveglierà?In tutta l’Africa, negli anni ‘70 vivevano 65.000 rinocerontineri. Oggi sono 2.000. Domani?...

• Il primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra ha affermato all’a-pertura del meeting di Bangkok che nessun Paese, da solo, può sconfiggere itraffici illeciti, che vanno dall’avorio degli elefanti al corno di rinoceronte,dal legno tropicale alle più rare tartarughe. «Globalmente, solo il traffico didroga e armi supera il commercio illegale di animali e piante selvagge, le-gno e altre risorse naturali. Sono dati scioccanti». Il commercio di specie sel-vagge ha un valore stimato, globalmente, di 4 miliardi di dollari.

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Sempre di più, ciò che mangiamo, gli alimenti, fanno incre-mentare la nostra resistenza ai trattamenti antibiotici, cioèal rischio di contrarre infezioni difficilmente trattabili.

Si stima che il 70% degli antibiotici (e farmaci correlati) pro-dotti dalle industrie farmaceutiche Usa si riversino nel cibo de-gli animali, per accelerarne la crescita, per tentare di prevenirele malattie causate dal sovraffollamento e dalle malsane condi-zioni degli allevamenti industriali. Recenti studi, tra cui uno del “New England Journal of Medi-cine”, lo confermano: l’abuso di antibiotici negli allevamenti ècollegato allo sviluppo di batteri che resistono a spettri semprepiù ampi di agenti antibiotici; batteri che si possono ritrovarenella carne in vendita nei banconi del supermarket. Rimedio? Comprare biologico. La scelta bio promuove un allevamentopiù sano e sostenibile. Nelle carni biologiche, infatti, sia in Usache in Europa, non sono ammessi usi né residui di antibiotici.

• Il fenomeno della resistenza agli antibiotici è in crescita. Il numero dipazienti che si ammalano per infezioni resistenti all’intero spettro di an-tibiotici conosciuti è decuplicato negli ultimi anni.

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«Gli Stati Uniti sono stati colpiti dall’effetto serra e non daun semplice uragano. In queste ore la Casa Bianca sta na-scondendo all’opinione pubblica mondiale ciò che la comu-nità scientifica internazionale ha previsto da anni».– Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on EconomicTrends – conferenza “Sbilanciamoci”, Roma 3-9-‘05

«Un ulteriore surriscaldamento del globo potrebbe accrescere lapotenza distruttiva degli uragani tropicali e aumentare le per-dite di vite umane nel ventunesimo secolo».– Kerry Emanuel, meteorologo del MIT – “Nature” sett. ‘05

«L’uragano Katrina deve ricordare alle compagnie assicurative,ai governi e al pubblico che tutti sono a rischio per l’escalationdella gravità dei danni da uragani e altri eventi meteo estremicausati dal cambiamento climatico. Gravità moltiplicata di 15volte in trent’anni».– Rapporto della coalizione finanziaria d’investitori Ceres

«Il clima è cambiato a causa del mutamento della composizio-ne dell’atmosfera. Negli ultimi 400 mila anni non c’è mai sta-ta una concentrazione di anidride carbonica così elevata». – Vincenzo Ferrara, direttore del Centro di climatologia Eneae referente italiano nell’IPCC; intervista a “Famiglia Cristiana”3-7-‘05

• «Bush chiede un’inchiesta. Da anni si sapeva che sarebbe potuto succederequesto disastro. Chi non ha firmato a Kyoto? Chi non ha fatto nulla perl’ambiente? A cosa serve un’inchiesta? Forse si metterà sotto processo da solo».– Beppe Grillo; blog, 7-9-‘05

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Mercurio, benzina e derivati, pesticidi, ritardanti di fiam-ma, composti del Teflon: queste sono alcune delle 287 so-stanze chimiche ritrovate nel cordone ombelicale dellemamme americane secondo una ricerca effettuata dall’En-vironmental Working Group e Croce Rossa Americana.

Un altro studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato dalla ri-vista “Psychiatric Times” ha accertato che un milione di bam-bini americani hanno livelli superiori a 10 microgrammi/dl diresidui di pesticidi e sostanze tossiche dannose per il sistemanervoso in circolo, mentre il 90% dei bambini ne mostravatracce nelle urine. Ben un milione di donne in età fertile, infi-ne, mangia dosi di pesce contaminato da mercurio sufficienti amettere a rischio i nascituri.La rivista “Environmental Health Perspectives” ha pubblicato irisultati di una ricerca condotta dalle Università di Standford eBerkeley con il sostegno del WWF. Lo studio, durato 4 anni econdotto su 324 bambini tra 0 e 14 anni (metà dei quali affet-ti da leucemia) dimostra inequivocabilmente la relazione traleucemia e sostanze chimiche di sintesi.

• «I nostri bambini nascono inquinati – ha dichiarato la deputata ame-ricana Louise Slaughter alla presentazione dell’inchiesta Ewg-Croce ros-sa Usa –. Se mai avessimo voluto una prova di come funzionano le leggia difesa dell’ambiente, leggendo la lista dei 287 composti chimici indu-striali trovati nel corpo dei bambini non ancora usciti dal grembo... ce nepossiamo fare un’idea».

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A pagina 101 di un media text di un’emittente tv nazionalesi leggevano i seguenti titoli, nell’ordine, in una giornatadel dicembre 2005:– Influenza aviaria, nuovi focolai– Influenza aviaria, virus per via respiratoria– Influenza aviaria, casi sospetti in Turchia– Influenza, a rischio 6 milioni di italiani.Secondo alcuni, i media avrebbero colpevolmente ingene-rato una confusione tra l’influenza aviaria da virus H5N1 ela normale, ricorrente influenza stagionale, cosa cheavrebbe spinto a un consumo straordinario di vaccini.

Invece... Il virus non è arrivato. Nei Paesi occidentali i norma-li regimi alimentari e le condizioni igieniche medie fanno sì cheil nostro organismo sia inattaccabile da agenti patogeni chein aree depresse del Sud del mondo sono pericolosi. Il temutis-simo virus Ebola, causa di sfracelli in Africa, non è mai nem-meno approdato sulle coste europee. L’immunologo Attilio Speciani aveva suggerito ai microfoni diLifeGate Radio: «L’aviaria è un’emergenza commerciale. Nonsanitaria».

• Quindi, «ci si può ammalare di aviaria solo in cinque modi – ram-menta sarcasticamente dalle colonne de “L’Espresso” Michele Serra – 1.leccare un cigno morto; 2. andare appositamente in Asia e rotolarsi nu-di nella cacca di pollo per un’ora; 3. inghiottire al volo un tordo crudo;4. pulire con la lingua un cornicione imbrattato dai piccioni; 5. limo-nare con un barbagianni».

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In Brasile è già record per il consumo di alcool, India e Ci-na seguono... a ruota. Ma parliamo... di motori!

In questa èra di febbre dei prezzi del petrolio, tutti sono alla ri-cerca di carburanti alternativi. In Brasile, da sempre molte au-tomobili vanno ad alcool, cioè a etanolo, derivato da raccoltiagricoli, per esempio dalla canna da zucchero.Ora è boom. Secondo uno studio privato cofinanziato dal go-verno brasiliano, i “flex-fuel vehicles”, che vanno anche ad al-cool, saranno presto in Brasile i due terzi delle vendite di auto,comparato al 28% del 2004.E il Brasile esporterà ogni anno ben 2 miliardi di litri di alcoolcombustibile, contro i “soli” 700 milioni di qualche anno fa.Un alto dirigente della più grande casa automobilistica mon-diale (GM) ha dichiarato: “La Cina, enorme mercato, si è ri-volta a noi per avere auto che vanno a alcool, l’India vuole usa-re lo stesso sistema. E anche il Giappone e la California si stan-no interessando”. Secondo gli studi dell’EPA, Agenzia Protezione Ambiente ame-ricana, i veicoli ad alcool hanno minori emissioni e più alta ef-ficienza energetica.

• Il bioetanolo è un combustibile già disponibile, economico (in Brasilecosta un terzo rispetto al gasolio), non occorrono tecnologie rivoluziona-rie per impiegarlo: ha tutte le carte in regola per essere incentivato e spic-care il volo. È il caso di dirlo: la Embraer, il quarto più grande produt-tore di aerei del mondo, ha presentato il Neiva Ipanema, il primo aero-plano di serie progettato specificamente per andare ad alcool.

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Grazie all’Energy Bill statunitense, ingenti contributi ven-gono erogati a favore delle grandi industrie petrolifere edenergetiche. Secondo “U.S. Pirg, Aug. 3, 2005” si tratta dialmeno 4 miliardi di dollari tra sussidi e sgravi fiscali a fa-vore dell’industria petrolifera.

Exxon Mobil (Usa) l’anno scorso ha realizzato profitti pari a25,3 miliardi di dollari con un incremento del 17% rispetto al-l’anno prima; Shell (Inghilterra-Olanda) 18,5 e +48%; BP (In-ghilterra) 16 e +26%; Total (Francia) 11,2 e +23%, Chevron(Usa) con 13,3 miliardi di utili netti realizza addirittura un in-cremento dell’85%, mai ottenuto nei centoventicinque annidella sua fondazione, Conoco Phillips 3.1 miliardi (U.S. PirgEducation Fund, Aug. 2005). «Sembra il caso di un settore in-dustriale che ha bisogno di aiuti dal governo?» si chiede AnnAurilio, responsabile legislativo di U.S. Pirg. Le sette sorelle guadagnano ogni ora 18 milioni di dollari (10milioni di vecchie lire al secondo). Gli utili del 2005 ammon-tano a 140 miliardi di dollari, la sola BP distribuisce dividendiper 23 miliardi.Oltre agli aiuti forniti direttamente dal governo federale, lecompagnie petrolifere hanno ricevuto altri vantaggi dall’E-nergy Bill. Il complesso di norme allenta i vincoli ambientali,pone limiti ai diritti degli Stati nel localizzare e costruire infra-strutture e tubazioni per il gas naturale liquido, diminuisce lepossibilità legali per le comunità locali di opporsi a nuovi pro-getti di trivellazione.

• La crescita dei profitti dell’industria petrolifera pare originata in mas-sima parte dall’impennata delle quotazioni del greggio.

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Dal 5 all’8% dei bambini italiani sono obesi, cioè superanoil peso forma almeno del 20% (30 chili invece di 24, 42 an-ziché 35), mentre il 20-24% è in sovrappeso. Ogni anno lapopolazione infantile oltre il peso forma cresce dell’8%. Unpiccolo italiano su quattro deve, in sostanza, dimagrire.

Sul totale dei bimbi sovrappeso, solo il 2-3% lo è a causa di di-sfunzioni ormonali o metaboliche. Gli altri perché mangianotroppo e male. I chili di troppo rappresentano un problema,oltreché per la forma fisica e la socialità, anche per la salute –che si trascina negli anni. Secondo gli esperti dall’IstitutoAuxologico di Milano 85 piccoli obesi su 100 sono destinati adivenire adulti con seri problemi di alimentazione.

• Ecco i capisaldi di un decalogo proposto nell’ottobre 2005 dalla SocietàItaliana di Pediatria contro l’obesità nei bambini: 1. controllare peso e statura almeno ogni sei mesi; 2. cinque pasti al giorno (colazione, merenda a metà mattina, pranzo,merenda, cena), no ai “fuoripasto”; 3. consumare almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno; 4. bere più acqua, meno bibite zuccherate;5. ridurre i grassi, in particolare salumi, fritti, condimenti, dolci;6. non utilizzare il cibo come “premio”; 7. favorire il gioco all’aperto, possibilmente almeno un’ora al giorno; 8. camminare a piedi in tutte le occasioni possibili;9. praticare uno sport con regolarità, facendo esercizio fisico e divertirsi;10. limitare la ‘video dipendenza’ (TV, computer, videogiochi) durante iltempo libero. I bambini che guardano più TV, ingrassano di più.

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Disastro doloso: è il reato, punito con il carcere fino a dodi-ci anni, contestato nei tre avvisi di garanzia per disastrodoloso notificati nel luglio 2005 ai proprietari della Eternitper quasi 1.300 decessi dovuti a esposizione all’amianto.

La Procura di Torino indaga sulle morti avvenute negli stabili-menti italiani di Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Ales-sandria), Rubiera (Reggio Emilia), Bagnoli (Napoli). Indagati ivertici d’allora della multinazionale svizzera Eternit, i fratelliThomas e Stephan Schmidheiny, membri di una delle più no-te e ricche famiglie elvetiche, e un belga, il barone Louis deCartier de Marchienne.I legali delle vittime dell’amianto in Italia hanno chiesto alla se-de italiana di Eternit il sequestro conservativo di 60 milioni dieuro, cioè il patrimonio di Stephan Schmidheiny, per risarcirei lavoratori e i familiari colpiti dal mesotelioma. È la prima vol-ta che i fratelli Schmidheiny, imprenditori svizzeri ben piazza-ti nella classifica Forbes dei più ricchi del mondo, vengonochiamati a rispondere in un interrogatorio. Secondo il procuratore aggiunto Raffaele Guariniello, l’amian-to veniva impiegato anche al di fuori degli stabilimenti: per lalavorazione di strade, tetti, opere murarie nei cortili, spessoservendosi di materiale di scarto. Questo ha portato a una si-tuazione di pericolo per la “pubblica incolumità”: gli abitanti,infatti, sempre secondo la Procura, non erano stati avvertiti deirischi derivanti dall’esposizione al minerale-tossico.

• Il procedimento, avviato nel 2003 per chiarire le cause della morte dialcune decine di operai italiani, ha subito una svolta: si è arrivati a stu-diare i casi di 1.300 persone morte a partire dal 1970.

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Conoscere i ritmi della natura significa rispettarli. E gode-re di sapori che i frutti di serra non potranno mai regalar-ci. Mese per mese, sono diversi i frutti della terra da cer-care, o quelli da affrettarsi a rincorrere perché tra poconon saranno più... “di stagione”.

Tra gennaio e febbraio sono di stagione: barbabietole, erbette,finocchi, lattuga, ancora i porri, il radicchio, spinaci; e tutti gliagrumi, mela, pera, frutta secca (fichi, prugne, uvetta, datte-ri…).Marzo/aprile: broccoli, carciofi, cavoli, cipollotti, coste, crauti,erbette, poi asparagi, barba di frate, cavolini di Bruxelles. Maggio/giugno: ortica ed erbe spontanee; le fragole!Luglio/agosto: aglio, cetrioli, cipolle, fagiolini, fave, fiori dizucca, tutte le insalatine da taglio, patate novelle, tutte le ver-dure mediterranee dell’estate, melanzane, pomodori, peperonizucchine; poi pesche, pesche noci e albicocche, prugne, lam-poni, ribes, uva spina, angurie. Settembre/ottobre: carote, uva, verso ottobre le zucche...Novembre/dicembre: porri, le radici (sedano rapa, scorzobian-ca e scorzonera), melograno...

• Pensare “che bello, tra poco è il tempo delle fragole”... è un piacere. Ri-scopriamolo!

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Le risorse necessarie per combattere la fame nel mondo cisono. Oggi, però, sono malamente impiegate. L’allevamen-to animale è insostenibile. L’agricoltura è la soluzione.

Secondo i dati della Global Hunger Alliance (una coalizioneinternazionale che promuove soluzioni ecologiche ed equo-so-lidali sul problema della fame nel mondo) per produrre 1 kg.di patate si consumano 500 litri d’acqua; 1 kg. di carne di pol-lo, 3.500 litri d’acqua; 1 kg. di carne bovina, da 25.000 a100.000 litri d’acqua.Un altro esempio. Abbiamo un ettaro di terreno agricolo. Se locoltiviamo a patate possiamo produrne in un anno 25 tonnel-late. A fagioli e soia, avremo un raccolto di 2 tonnellate. Se lodestiniamo a foraggio da dare agli animali, alla fine otterremosolo 60 kg di carne. Quante persone possiamo sfamare? Un ettaro di terra coltivatoa patate sfama 22 persone; a riso, 19; a grano, 15; per foraggioe carne, 1 persona. Non solo: “Per produrre una bistecca da500 calorie – spiegano Sandro Pignatti e Bruno Trezza, autoridi Assalto al pianeta. Attività produttiva e crollo della biosfera –il manzo deve ricavare 5mila calorie. Il che vuol dire mangiareuna quantità d’erba che ne contenga 50 mila. Solo un centesi-mo di quest’energia arriva al nostro organismo: il 99% vienedissipata”. Il bestiame è dunque una fonte di cibo idrovora edenergivora. Se invece di coltivare terreni per cereali destinati abovini li si dessero “direttamente” alle persone...

• Aveva visto giusto Gandhi: “Nel mondo c’è abbastanza per i bisogni ditutti, ma non per l’ingordigia di alcuni”...

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La questione della coesistenza tra colture convenzionali ecolture transgeniche è molto dibattuta, in Italia e in Euro-pa. Mentre illustri scienziati decidono di schierarsi a favo-re degli Ogm, le associazioni dei consumatori, Coldiretti eConfederazione Italiana Agricoltori, guardano con apertaostilità al transgenico.

Il problema della coesistenza è questo: se si ammette la coltiva-zione di piante Ogm in campo aperto è inevitabile che tutte lecoltivazioni di quella zona vengano contaminate da semi Ogm,perché per natura spore e semi si propagano col vento, con leacque, nel suolo. La conseguenza è che chi non vuole coltivareOgm ma vuole continuare le sue coltivazioni con agricolturaconvenzionale o biologica non potrà più farlo, perché comun-que nei suoi campi inevitabilmente ci saranno tracce di Ogm,e quindi non si potranno più avere prodotti “non Ogm” concertezza. Federica Ferrario, campaigner Greenpeace, ha chiosato: “Nonesiste il problema ‘coesistenza’. Esiste il problema ‘contamina-zione’. ‘Coesistenza’ significa ‘contaminazione’”.Proprio per questo motivo, al momento in Italia vige una mo-ratoria che vieta di coltivare Ogm in campo aperto ma lo per-mette solo in serra o laboratorio.

• In estrema sintesi, lo spirito che sembra animare le politiche sulla coe-sistenza sembra essere: fate quello che volete con le piante in laboratorioma in campo aperto non si pianta niente finché non garantite che i semiOgm non si spargano negli altri campi. E chi contamina paga gli even-tuali danni.

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Nonostante una moratoria internazionale sancita dalla In-ternational Whaling Commission (Iwc), entrata in vigorenel 1986 a fronte del tremendo declino del loro numero edel dissenso internazionale, Giappone, Norvegia e Islandacacciano balene per scopi commerciali, spacciandola come“ricerca scientifica”.

Due opposte fazioni si scontrano da tempo tra loro. Il partitodei Paesi balenieri, il Giappone, la Norvegia e, da poco tempo,l’Islanda (seguiti da “alleati”, Paesi i cui voti in seno Iwc ven-gono “comprati” con aiuti economici); e il resto del mondo. Ma la minaccia di estinzione dei cetacei non è solo la caccia di-retta, anzi, la “raccolta di materiale per scopi di ricerca scienti-fica”. A questo si aggiunge anche il pericolo del by-catch, cioèdelle catture accidentali che avvengono a causa dell’uso dellereti da pesca. Gli studiosi stimano che in tutto il mondo sianoalmeno 30 mila i cetacei che finiscono uccisi nelle reti ogni an-no. Inoltre, studi scientifici suggeriscono un collegamento trail rumore prodotto dai sonar navali e gli spiaggiamenti di ceta-cei. Quando balene, delfini o altri mammiferi marini si arena-no sulle spiagge è possibile che stiano fuggendo dal rumore, oche siano stati frastornati fino a impazzire.

• La caccia su larga scala alle balene raggiunge tra Otto e Novecento ilpicco, quando si traeva da loro olio per lampade, candele, saponi e pro-fumi, pelle di balena per corsetti, lacci e altri indumenti. Ma, dal ro-manzo di Herman Melville Moby Dick ai film di Hollywood Free Wil-ly, la caccia ha sempre provocato fortissime discussioni. La World Societyfor the Protection of Animals afferma che le 1.400 balene cacciate ognianno impiegano molti minuti per morire, altre più di un’ora dopo chel’arpione esplosivo deflagra.

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“A manifestare – scrive Marcella Danon, della scuola diEcopsicologia, nel dicembre 2005 – sono anziane signorecol crocifisso in mano e giovani studenti, sono donne ebambini, sono veterani orgogliosi di sfoggiare le loro me-daglie guadagnate lottando per la libertà, sono pacifici in-segnanti quelli che si sono attivati per la Val di Susa”...

“...Certo ora arrivano anche i facinorosi, quelli che amano farcasino e non cercano altro che l’occasione di fare a botte, manon sono stati questi i primi, questo dovrebbe essere evidentea tutti”. Secondo il Comitato No Tav, non è vero che “senza laTorino-Lyon il Piemonte sarebbe isolato dall’Europa, che è in-dispensabile al rilancio economico della regione, che toglierà iTir dalle strade”. E si teme questo: “Il tracciato prevede unagalleria di 23 km all’interno del Musinè, montagna moltoamiantifera. La talpa che perforerà la roccia immetterà nell’ariaun bel po’ di fibre di amianto”. Dall’altro lato, la presidentedella Regione Piemonte, l’ambientalista Mercedes Bresso: “Sisopravvalutano i rischi e si sottovalutano i vantaggi”.

• Secondo il ministro dell’Ambiente del ‘99, Edo Ronchi, l’alta velocità,o meglio l’alta capacità ferroviaria si poteva fare senza danni per il ter-ritorio. “Come? – si legge su “La Valsusa” 11-3-‘99 – Ammodernando lalinea attuale. Che poi è la decisione che il vertice intergovernativo italo-francese aveva preso a Chambery nell’ottobre del ‘97. Il 6 marzo 1999 aBussoleno, incontrando gli amministratori valsusini su iniziativa dellaComunità Montana Bassa Valle, il ministro era stato chiaro: ‘I lavoripossono essere ‘cantierati’ immediatamente. Migliorare le prestazioni del-la ‘linea storica’ – intervendo sulla sagoma delle gallerie (Frejus compre-so), razionalizzando i binari e sostituendo i vecchi locomotori e il mate-riale obsoleto – per un costo complessivo di 9600 miliardi”.

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L’Italia è il primo paese al mondo per consumo di acqua mi-nerale in bottiglia: ogni italiano ne beve all’anno 190 litri,spendendo in media quasi 300 euro. Il giro d’affari annuopare nell’orbita dei 2.500 miliardi di euro, 1/4 dei qualireinvestiti in pubblicità. Ogni anno, in Italia, si gettano150.000 tonnellate di bottiglie di plastica tra i rifiuti.

In effetti, l’acqua di rubinetto costa dalle 600 alle 5000 voltein meno. Ma è buona? È vero che in alcuni casi l’acqua imbot-tigliata può contenere più contaminanti di quella di casa e chele etichette possono omettere alcune voci “scomode” (fluoro efluoruri, o metalli pesanti indicatori dell’inquinamento dell’ac-qua), ma è anche vero che l’acqua di rubinetto può contenereresidui dei disinfettanti impiegati per renderla più sicura, il clo-ro. L’acqua di rubinetto, meglio e più controllata di quella inbottiglia, in alcune zone d’Italia non ha un buon sapore, hacattivo odore, è calcarea e potrebbe passare attraverso tubaturevetuste e rugginose.Insomma, liscia, gassata o... minerale o di rubinetto? Non è fa-cile come bere un bicchier d’acqua dettare una regola valida pertutti.

• L’acqua di rubinetto, anche delle città, è più buona di quello che si pen-sa (lo conferma un’inchiesta di “Altroconsumo” del maggio ‘03), e costapoco. Ma concedersi un bicchiere d’acqua cristallina, una “cara” bevutadi acqua minerale d’alta quota, con un basso residuo fisso e zero nitra-ti... si può, senza sensi di colpa. Forse la miglior soluzione, per noi e peril nostro portafoglio, è berne un po’ e un po’.

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“Un milione e trecentomila pizze al giorno escono dal for-no, entrano in un astuccio di cartone, pronte per essereportate a casa. Vi restano per molti minuti, il tempo di es-sere trasportate a destinazione, e, una volta giunte, di es-sere mangiate nello stesso contenitore. Sempre che non fi-niscano nei forni di casa per essere riscaldate, sempre ne-gli stessi cartoni, prima di finire in tavola...”.

Così s’apriva l’indagine pubblicata dal settimanale “Il Salva-gente” nell’aprile 2006 che attraverso due studi specialistici harilevato la presenza di sostanze potenzialmente pericolose per lasalute umana all’interno dei cartoni per la pizza da asporto. Sitratta di benzene, naftalene, ftalati, fenoli, Dibp, sostanze chepasserebbero dal cartone alla pizza attraverso il calore di que-st’ultima. Molecole vietate dalla legge italiana, e che derivereb-bero – dicono gli esperti – da collanti e sbiancanti usati per farassomigliare la carta riciclata a quella vergine.

• Secondo le analisi condotte nei Laboratori di Ricerche Analitiche (Ali-menti ed Ambiente) dell’Università degli Studi di Milano volte all’iden-tificazione di ftalati nei materiali destinati al contatto con alimenti,analizzando diversi contenitori di materiale cellulosico destinati al tra-sporto di pizza comunemente utilizzati su tutto il territorio nazionale,sarebbe stata identificata la presenza di una sostanza (il di-isobutilftala-to) “in quantità altamente preponderante rispetto a tutti gli altri com-ponenti della frazione volatile evidenziabile (…) già alla temperatura di60°C (…) simulante la condizione meno drastica di stoccaggio della piz-za in fase di ‘home delivery’”. La direttiva 2004/14/CE, infatti, non con-templa questa sostanza tra quelle ammesse per la fabbricazione di conte-nitori di cartone destinati a venire a contatto con gli alimenti.

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Chi ricorda l’atrazina? A fine anni ’80 a Casale Monferratofece chiudere tutti i rubinetti e arrivare le autobotti. Ebbe-ne, è ritornata, nel 2003, a inquinare le falde acquifere delPiemonte insieme ad altri fitofarmaci nocivi per la salute el’ambiente, come il betazone. Eppure, è un diserbante can-cerogeno proibito in Italia dal 1996…

Gli ultimi dossier Legambiente dicono che metà della frutta everdura in commercio è contaminata da uno oppure più resi-dui di pesticidi (in misura comunque inferiore ai valori limitedella legge); mentre il 2% ha residui superiori a quelli consen-titi. Tra gli alimenti controllati, è soprattutto l’uva quella che hafatto la figura peggiore, ma valori preoccupanti hanno riguar-dato anche prezzemolo, sedano, pere, mele e agrumi.

• L’impiego di pesticidi in agricoltura causa problemi all’ambiente, allafauna, agli organismi acquatici, ai microrganismi e alla fertilità del suo-lo, alle falde acquifere. L’esposizione a pesticidi è correlata a gravi pato-logie, specialmente per i bambini. Per loro è importante segnalare chepoiché il residuo di pesticidi definito tollerabile dalla legge dev’essere pros-simo allo zero strumentale, metà della frutta e della verdura normal-mente in commercio in Italia non è adatta all’alimentazione dei neona-ti. D’obbligo quindi scegliere frutta e verdura bio a casa, d’obbligo chie-derlo a gran voce anche ai sindaci per le mense dell’asilo e delle scuole pri-marie.

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“I raggi gamma – si legge in Quattro sberle in padella diStefano Carnazzi e Stefano Apuzzo – non sono solo unadelle formidabili armi del robot Mazinga, ma anche un me-todo, permesso dalla legge italiana, per impedire a patate,aglio e cipolle di germogliare dopo la raccolta”.

“Gli ortaggi possono essere sottoposti a sorgenti radioattive diCobalto 60 o, peggio, di Cesio 137 (il contaminante che si tro-va ancora nel liquido amniotico delle donne intorno a Cher-nobyl)! È falso che le radiazioni attraversino i prodotti senza lasciartraccia di sé: prima di tutto, se così fosse, a cosa servirebbe iltrattamento radioattivo? Poi, le ricerche 1) su vegetali, 2) su di-sgraziatissimi animali e 3) nell’area di Chernobyl parlano di“rottura del DNA”, “proteine mutanti” e così via…Per legge, le verdure radioattive devono recare sulle confezionila dicitura “a caratteri chiaramente visibili e indelebili” “patate(o cipolle o agli) irradiate a scopo antigermogliativo”.

• In America si sta inaugurando la pratica di sottoporre anche la carnealle radiazioni, per “pastorizzarla”. Ciò significa che la fettina di carne,prima di arrivare sulla tavola del consumatore americano, viene 1) gon-fiata con ormoni naturali, sintetici e/o geneticamente modificati; 2) siimpregna dell’adrenalina e delle tossine prodotte dall’animale malato,stressato e debilitato nei feedlot; 3) assorbe i residui degli antibiotici, deifarmaci; 4) al macello, si espone alle possibili infezioni; 5) viene irra-diata con materiali radioattivi.

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Lo spazio a disposizione per le galline “da produzione”,negli allevamenti “in batteria” è di 450 centimetri quadra-ti: un foglio di quadernone.

In Italia ogni anno 40 milioni di galline sono detenute in gab-bie di batteria per produrre 12 miliardi di uova, e 400 milionidi polli finiscono sulle tavole imbandite. Ma negli allevamentiintensivi si usano becchimi poco adatti all’alimentazione deglianimali (le famigerate “farine animali”) e prodotti di scarto.Nel loro cibo si reimmette il loro stesso guano, c’è dentro an-cora qualcosa di “nutriente”. Per correggere il colore dei tuorli,troppo “pallido”, e rendere l’uovo più appetitoso, spesso si ag-giungono alla dieta delle galline coloranti, antibiotici e residuidi pesticidi. Gli animali allevati, chiusi in gabbie strettissime, sistrappano le piume e si beccano a vicenda in accessi furiosi.Trattamenti per galline: irradiate con infrarossi, sottoposte allaghigliottina dello “sbeccamento” (taglio del becco), bioritmi al-terati da cicli notte/giorno artificiali, alimentazione forzata conpastoni, con scarti alimentari, residui d’ogni genere e di prove-nienza incontrollabile. Nei mangimi dei polli e dei maiali bel-gi sono stati trovati PCB (bifenile policlorurato) – come man-giare insalata di pollo condita con olio di macchina usato! Glianimali sono così malati che devono essere praticate ininter-rotte terapie antibiotiche.

• L’Unione Europea sta disincentivando l’uso delle gabbie metalliche “dabatteria” per giungere, forse entro dieci anni, alla totale abolizione diquesto cruento modo di allevare. Fin da ora però si possono scegliere uo-va “da agricoltura biologica”: per legge, sono di galline allevate all’aper-to nel pieno rispetto delle loro caratteristiche naturali.

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Orca batte orso polare nella classifica dei mammiferi mag-giormente contaminati. E l’Artico è un serbatoio tossico.

L’orca norvegese si aggiudica il primato dei mammiferi mag-giormente contaminati dell’Artico. Questi i risultati della ri-cerca condotta dall’Istituto Norvegese Polare (Npi) e finanzia-ta dal governo norvegese. Ricerche precedenti avevano conferi-to questo “primato” all’orso polare, ma oggi le orche hannopersino livelli più alti di Pcb, pesticidi e di ritardante di fiam-ma bromurato. “Le orche norvegesi – spiega Hans Wolkers, ri-cercatore del Npi – possono essere considerate come indicato-ri dello stato di salute del nostro ambiente marino. Gli elevatilivelli di contaminanti sono allarmanti e mostrano chiaramen-te che i mari artici non sono puliti quanto dovrebbero essere. Ilivelli di sostanze chimiche tossiche aumentano lungo la cate-na alimentare, quindi sono più elevati per i predatori al verti-ce: il processo è chiamato bioaccumulo”.

• I campioni di grasso prelevati da individui maschi di orca in Norve-gia, a Tysfjord, sono stati testati per il Pcb 153, il toxafene, il clordano,Dde e Pbde 47. Il Pbde (difeniletere polibromurato), classe di ritardan-ti di fiamma bromurati, è simile strutturalmente ai Pcb; aumenti espo-nenziali di Pbde sono stati documentati in natura – e, recentemente, perl’uomo. I Pbde vengono adoperati per apparecchiature elettriche, mate-riali da costruzione, rivestimenti, prodotti in poliuretano e fibre tessili.Molti inquinanti che interessano l’Artico non sono stati prodotti o uti-lizzati lì, ma sono sostanze chimiche di uso domestico quotidiano, indu-striale e agricolo, da altre aree del pianeta, che percorrono lunghe distan-ze trasportate dalle correnti aeree e marine per finire nell’Artico.

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“Niente scuse”.

È la campagna interrnazionale di tv-ads promossa da Bono,U2. Uno schiocco di dita ogni tre secondi, con cui musicisti,attori, testimonial invitano alla riflessione sulla sorte di unbimbo che scompare ogni tre secondi per povertà.“Oltre un miliardo di persone condannate alla povertà estrema. – 104 milioni di bambini non possono andare a scuola. – 860 milioni di adulti non sanno né leggere né scrivere. – La fame è una realtà quotidiana per 852 milioni di persone. – 1.400 milioni di persone non hanno un lavoro dignitoso. – Altrettante non hanno accesso all’acqua potabile. – L’Aids ha già contagiato 40 milioni di persone.

• La povertà è la più grande violazione dei diritti umani”.

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Arriverà o no il pop-corn transgenico?

Il Comitato europeo sugli Ogm, infatti, composto da tecnici,scienziati ed esperti ambientali dei diversi Paesi europei, si èpiù volte spaccato, senza riuscire a decidere sulla proposta pre-sentata dalla Commissione UE di importare il nuovo mais.L’Italia ha votato contro l’importazione, in buona compagniadi Austria, Danimarca, Grecia e Lussemburgo. Quella sul mais transgenico si configura quindi come il primo,grande scontro tra istituzioni internazionali e industrie biotechdopo una moratoria di cinque anni.

• Tre indicazioni per la scelta del popcorn:– il popcorn “made in Usa” può esser fatto con mais transgenico, poichénel continente americano se ne coltivano diverse varietà, dal NK603 alBt11;– alcuni tipi di popcorn preconfezionati e/o da microonde impiegano, alposto del burro, poco pregevoli grassi vegetali, e vengono poi addizionatidi un “aroma burro” artificiale;– perché non riscoprire, quindi, il piacere festoso di comprare una sanapannocchia di mais, ancor meglio se proveniente da agricoltura biologi-ca, e riempir di chicchi una sfrigolante padella?

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“La ‘settimana della grande caccia all’orso nero’ – scrive ilcorrispondente Alberto Flores D’Arcais su “La Repubblica”7-12-05 – è stata inaugurata il 5 dicembre 2005, tra gli evvi-va di quasi cinquemila cacciatori che hanno invaso il piccoloStato che fiancheggia New York e le proteste degli ambien-talisti contro il governo locale. In quel solo giorno ben 136orsi neri sono stati uccisi: il più grosso pesava 329 chili”.

In New Jersey la caccia all’orso è una “tradizione”, vietata neglianni Settanta (l’orso era in via d’estinzione, ve n’erano rimasticento esemplari). Piano piano, l’orso ha ripopolato le monta-gne del nord-ovest e i grandi parchi... dove anche migliaia dinewyorchesi vanno a passare i week-end. Ha iniziato con loscendere a valle e ha finito per compiere “incursioni” prima incase isolate, poi nelle placide periferie... a meno di un’ora d’au-to dai grattacieli di Manhattan.

• Anche in Italia sono sempre più i casi di “clandestini in città” (per ci-tare un delizioso libro di Fulco Pratesi). Nelle nostre città si sono regi-strati avvistamenti di scoiattoli, istrici, moscardini, tassi, conigli selvati-ci; volpi (Monte Mario, a Roma) e gufo reale, falchetti, martin pescato-re e rospo smeraldino (Milano), picchio (Trieste), faina (Gubbio e Sie-na), airone cinerino (Venezia)... E c’è stata anche l’orsetta Bubu, che raz-zolava tra pollai e alveari di Villetta Barrea, paesone dell’Abruzzo. Nes-suno, però, s’è sognato di imbracciare il fucile.

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I numeri del Rapporto del Ministero della Salute sullo sta-to delle acque costiere italiane. Sono 430 i km proibiti, il7% in più rispetto al 2004.

Il rapporto ha raccolto i dati provenienti da Regioni e Comuni.Le spiagge inquinate sono cresciute di circa il 7%. Mentre quel-le non controllate, assolte cioè per “insufficienza di prove”, ri-mangono grosso modo le stesse dello scorso anno, passando da1.057 a 1.060 km. Come invariati rispetto allo scorso anno ri-mangono i km di costa vietati per motivi diversi dall’inquina-mento, dalla presenza di porti alle servitù militari, passati da 877a 874. Per quanto riguarda l’aumento della costa off limits ai ba-gnanti per l’inquinamento, in cima alla top ten quattro regionidel Sud: Campania (dal 17,5 al 19,8% su un totale di 469,7 kmdi costa), Calabria (dal 7,2 all’8,3%), Basilicata (dal 2,6 al 3,8%)e Sicilia (dal 4,7 al 5%). Segue il Nord-est con il Veneto (dal 2,6al 4,4%) e per la prima volta entrano nell’elenco delle coste “in-criminate” quelle del Friuli-Venezia Giulia (0,4%). Leggero mi-glioramento in Abruzzo (dal 7,9 al 7,6%), Emilia-Romagna (dal2,3 al 2,2%) e Lazio (dal 12,5 al 12%). La classifica si inverte sesi considera la presenza del batterio della salmonella nel campio-ne rilevato: la regione più a rischio è in questo caso il Lazio(8,2%). La presenza in mare di questo microrganismo derivadalla presenza di scarichi non depurati sufficientemente.

• Ma vi sono anche le perle ambientali. Secondo lo stesso Ministero, visono aree con acque completamente incontaminate, senza alcuna altera-zione dovuta all’uomo o minaccia di eutrofizzazione: Punta Sottile eMiramare in Friuli Venezia Giulia, il nord dell’isola d’Elba, Punta Li-cosa e Punta Tresino in Campania, l’Asinara e Sant’Antioco in Sardegnae la Foce del Piave in Veneto.

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17.500 tonnellate annue di piombo. 150 milioni di uccellimigratori massacrati ogni anno. 300 milioni di altri anima-li per 800mila cacciatori. Alcune cifre dell’attività venato-ria analizzate da Edgar H. Meyer, storico dell’ambientali-smo.

In un solo anno i fucili dei cacciatori italiani sparano sul terri-torio del Belpaese 500 milioni di cartucce. A raccoglierle tuttese ne farebbe un mucchio di 11.000 metri cubi. Vengono cosìdisperse nell’ambiente 17.500 tonnellate annue di piombo sot-to forma di pallini: un diluvio di frammenti velenosi che si ac-cumula sul fondo di laghi, fiumi, stagni e boschi italiani, chegià non godono di salute eccelsa. E senza contare l’altra conseguenza: quei colpi raggiungono ilbersaglio, a volte. Questa gragnuola di piombo serve infatti afar fuori centinaia di migliaia di lepri, fagiani, cornacchie, allo-dole, merli...Solo gli uccelli migratori abbattuti ogni anno dai cacciatori ita-liani assommano a 150 milioni. Lo sterminio dei migratori, tral’altro, fa ribollire di rabbia quei Paesi europei ed extraeuropeiche, invece, si sforzano di tutelare concretamente gli animali dipassaggio, considerati beni di tutta l’umanità. Per questo il Bel-paese è stato definito “il cimitero della fauna d’Europa”. Esclu-si gli uccelli migratori, il totale degli animali uccisi dai caccia-tori italiani raggiunge i 300 milioni di capi!

• L’attività venatoria non è uno sport: il CONI ha escluso infatti la Fe-dercaccia dal proprio ambito, in quanto non coerente con alcun tipo diattività sportiva.

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“El rockash es toxico e ilegal”. Con questi cartelli, gli abi-tanti sfilavano in cortei di protesta per le strade di Samanà.Proprio laddove, nel 2005, si è svolta l’edizione di un famo-so reality show.

Nel novembre del 2003 due navi provenienti da Puerto Ricoscaricarono ceneri tossiche prodotte da centrali termoelettricheportoricane nella baia di Samanà e Manzanillo, sulla costa do-minicana.L’Istituto degli avvocati per la protezione ambientale e l’asso-ciazione Mundo ecologico hanno chiesto alla Corte supremadominicana che la Compagnia Transdominicana che accon-sentì al trasferimento delle scorie fosse condannata a pagareuna multa di 500 milioni di pesos dominicani come indennitàper i danni umani e ambientali causati a Manzanillo e Samanà,da destinare alla comunità.

• Alla fine degli anni ‘80 è emerso lo scandalo delle “navi dei veleni”: lenote Zanoobia, Deepsea Carrier e Karin B trasportavano rifiuti tossicidalle industrie chimiche italiane verso l’Africa e il Sud America. Un al-tro caso tuttora irrisolto è quello del ritrovamento sulle coste turche delMar Nero di bidoni pieni di rifiuti tossici di origine italiana. Centinaiadi contenitori, recuperati sulle spiagge, che giacciono dal 1988 in via“temporanea” in due magazzini nelle località di Sinop e Samsun. Secon-do le analisi condotte da Greenpeace, il contenuto dei bidoni è tracima-to e s’è disperso nella falda acquifera a cui attingono le popolazioni loca-li per i propri fabbisogni.

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L’Environmental Protection Agency (Epa) ha cancellato dalproprio Rapporto sullo stato dell’ambiente ogni riferimen-to alla questione del cambiamento climatico e dei suoi pos-sibili effetti sanitari e ambientali, dopo che la Casa Biancaera intervenuta pesantemente sul capitolo dedicato all’ar-gomento.

Quando le bozze del rapporto originale e di quello “riveduto ecorretto” sono state consegnate al “New York Times” da ano-nimi funzionari dell’Epa la polemica è esplosa. Il rapporto ori-ginale affermava: “Il cambiamento climatico ha conseguenzeglobali per la salute umana e l’ambiente”. La revisione ha tra-sformato questa categorica affermazione in un vago riferimen-to alla “complessità del sistema Terra”. Spariti i riferimenti atanti studi sul collegamento tra le attività umane e il cambia-mento climatico e sul rapido e notevole aumento delle tem-perature nell’ultimo decennio rispetto ai precedenti mille anni.Aggiunta invece una nuova ricerca, finanziata in parte dall’A-merican Petroleum Institute, che contesta le conclusioni deglistudi precedenti. Perché più recente...I funzionari Epa decisero di eliminare completamente il capi-tolo dedicato al cambiamento climatico, per evitare le critichedel mondo scientifico e dell’opinione pubblica.

• La vicenda di Phil Cooney è esemplificativa. Come responsabile per ilPresidente Usa delle analisi ambientali rimuoveva, aggiustava, cambia-va dati scientifici e taceva allarmi. Scoperto dal “New York Times”, si èdimesso il 10 giugno 2005. Una settimana dopo è stato assunto dallaExxonMobil, il più grande colosso petrolifero del mondo.

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Reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl.Ora dell’incidente: 1 e 23. Data dell’incidente: 26-04-1986

Conseguenza dell’esplosione: proiezione all’esterno di 35 ton-nellate di combustibile nucleare. La colonna degli elementi ra-dioattivi dispersi si è alzata a due chilometri d’altezza e si è di-spersa per un raggio di 1.200 Km. Livello di radiazioni: pari a 20 milioni di curie equivalente a unmiliardo di Giga Beckerel (200 volte superiore a Hiroshima eNagasaki).Area contaminata: 155.000 kmq (un’area grande due volte l’Ir-landa fra Bielorussia, Russia, Ucraina).Paese più coinvolto: Bielorussia (70% di ricaduta radioattiva;23% del territorio contaminato, fra cui il 20% del territorio bo-schivo e 3.000 kmq di terreno agricolo; danno economico valu-tato in 200 miliardi di dollari).Persone coinvolte: 10.000.000.Persone evacuate definitivamente: 400.000 (l’area compresa inun raggio di 30 Km dalla centrale è completamente inabitabile)Liquidatori (addetti al controllo degli effetti dell’esplosione)impegnati: 800.000 (10.000 morti, 400.000 affetti da patolo-gia tumorale).Decessi previsti a causa dell’incidente: 200.000.Durata degli effetti dell’esplosione: centinaia di anni a causa del-l’azione del Cesio, dello Stronzio, del Plutonio (il Plutonio haun’emivita di 14.000 anni; il ritorno all’originaria situazione deiterreni contaminati dal Cesio 137 è prevista fra 300 anni). (scheda a cura di Massimo Bonfatti, Progetto Humus)

• “Chernobyl è una parola che vorremmo cancellare dalla nostra memoria,ma questo sogno ci è precluso” (Kofi Annan, segretario generale Onu).

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Si ritiene che l’acqua dolce disponibile per il consumo uma-no vari tra i 12.500 km cubi e i 14.000 km cubi per anno. Acausa della rapida crescita della popolazione, la disponibi-lità pro capite è diminuita da 12.900 metri cubi per anno nel1970 a 9.000 mc nel 1990 e a meno di 7.000 mc nel 2000.

Si prevede che la disponibilità di acqua dolce continuerà a di-minuire arrivando a 5.100 mc pro capite per anno nel 2025.Questa quantità potrebbe risultare sufficiente a soddisfare i bi-sogni dell’intera popolazione mondiale... se fosse distribuitaequamente. Ma molti Paesi dell’Africa, del Medio Oriente, del-l’Asia orientale e alcuni Paesi dell’Europa dell’est hanno una di-sponibilità d’acqua molto più bassa della media e dei livelli disussistenza. Si stima che per il 2025 circa 3,5 miliardi di per-sone rientreranno nella categoria di “water scarcity” con unadisponibilità media annua di 1.700 mc. Sfruttata fino all’abu-so in agricoltura, imprigionata dalle grandi dighe, sporcata dal-l’inquinamento: è la situazione dell’acqua sul nostro pianeta.

• Spiega il professor Gotthilf Hempel, biologo marino dell’Università diKiel, in Germania, coordinatore della ricerca Onu Global InternationalWaters Assessment (2006): “Se le risorse idriche dovessero diminuire an-cora, il futuro potrebbe offrirci un mondo in cui i conflitti per l’acquaprendono il sopravvento su tutti gli altri. A lungo termine la lotta perl’acqua sarà più drammatica di quella per il petrolio. Per il petrolio ci so-no dei sostituti, ma per l’acqua non ce ne sono”.

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L’Unicef, United Nations Children’s Fund, ha lanciato nel2002 il primo World Children’s Day accanto a McDonald’s.

Per la festa di Halloween nel 2002, 20 milioni di scatole “trick-or-treat” Unicef sono state distribuite presso i ristoranti Mc-Donald’s Usa. Altri eventi promozionali si sono svolti in Asia. Un gruppo di medici, avvocati e organizzazioni per la tutela deibambini ha inviato nel 2003 una lettera al direttore Unicef,Carol Bellamy, in cui si legge: “Il vostro partner è leader glo-bale nella commercializzazione di cibo che innalza i tassi diobesità infantile e di diabete tipo 2, e disintegra i tradizionalimodi di preparare il cibo nelle famiglie e le diverse culture. Èdifficile comprendere come una simile partnership possa ‘pro-muovere la buona nutrizione per i ragazzi’. Come saprà, i cibicommercializzati sono precisamente quelli altamente addizio-nati di grassi e zuccheri, che minano la buona nutrizione deiragazzi”.

• Il Big Mac fa ingrassare? McDonald’s non ne ha colpa. Il giudice federa-le di Manhattan Robert W. Sweet ha respinto nel gennaio ‘03 un ricorsoche mirava a riconoscere McDonald’s colpevole di causare obesità nei tee-nager. La sentenza: “Non è provato che McDonald’s abbia nascosto infor-mazioni sugli ingredienti, ed è ampiamente risaputo che i fast-food, e i pro-dotti McDonald’s in particolare, contengono alti livelli di ingredienti po-tenzialmente dannosi. La gente sa, o dovrebbe sapere, che mangiare ab-bondanti porzioni di prodotti McDonald’s non è salutare e può causare unaumento di peso corporeo – scrive il giudice stesso – e non è compito dellalegge proteggerla dai propri stessi eccessi”. Il caso poteva potenzialmente faresplodere una cascata di altri ricorsi simili, considerando che gli americanispendono più di 110 miliardi di dollari all’anno nei fast food.

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Oltre il 23% degli stabilimenti industriali inquinanti (obbli-gati a effettuare la notifica ex art. 6/7 e art. 8 del D. lgs.334/99) sono concentrati in Lombardia, in particolare nel-le Province di Milano, Bergamo, Brescia e Varese.

Ma anche il Piemonte, l’Emilia Romagna (con circa il 10% cia-scuno), e il Veneto (circa 8%) hanno un’elevata presenza di in-dustrie a rischio. S’evidenziano alcune aree di particolare con-centrazione quali Trecate (nel Novarese), Porto Marghera, Fer-rara e Ravenna, in corrispondenza dei tradizionali poli di raffi-nazione o petrolchimici; altre nelle Province di Torino, Ales-sandria e Bologna.Al centro-sud le Regioni con maggior presenza di attività “ne-re” risultano essere il Lazio (circa 7%), la Sicilia (circa 6%), laCampania (circa 6%), la Puglia (circa 4%) e la Sardegna (circa4%), in relazione alla presenza degli insediamenti petroliferi epetrolchimici nelle aree di Gela, Priolo, Brindisi, Porto Torrese Sarroch e alla concentrazione di attività industriali nelle Pro-vince di Roma, Napoli e Bari. C’è una concentrazione di stabilimenti chimici e petrolchimi-ci in Lombardia (36% del totale nazionale), poi Piemonte,Emilia Romagna e Veneto. L’industria della raffinazione, 17impianti in Italia, risulta invece piuttosto distribuita sul terri-torio nazionale.

• In Italia vi sono (dati Apat 2004): 288 stabilimenti petrolchimici; 247depositi di gas liquefatti; 17 impianti di raffinazione del petrolio; 2987depositi di oli minerali; 27 depositi di pesticidi; 40 depositi di sostanzetossiche; 21 impianti di distillazione; 52 industrie di produzione esplo-sivi; 15 centrali termoelettriche; 21 galvanotecniche, 43 depositi di gastecnici; 14 acciaierie; 40 vari altri stabilimenti a rischio inquinamento.

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Rifiuti, numeri da record: 40 le inchieste che dal 2002 a og-gi hanno contestato il delitto di organizzazione di trafficoillecito di rifiuti previsto dall’articolo 53 bis del decretoRonchi, 251 le persone arrestate, 817 quelle denunciate,mentre sono 247 le aziende e 19 le Regioni coinvolte.

Delle 40 inchieste, 20 sono state compiute soltanto negli ulti-mi 15 mesi. A queste cifre si affiancano poi le statistiche sui ri-sultati ottenuti dalle forze dell’ordine su tutto il ciclo illegale:nel 2004 sono state accertate 4.073 infrazioni, più di 11 algiorno, mentre sono stati effettuati 1.702 sequestri, quasi 5 algiorno. Il 38,3% delle violazioni è stato riscontrato nelle quat-tro Regioni a tradizionale presenza mafiosa, e cioè Campania(che guida la classifica delle Regioni con 550 reati, pari al13,5% del totale nazionale), Puglia (seconda con 498 infrazio-ni, il 12,2% del totale), Calabria e Sicilia. Questi dati, elaborati da Legambiente nell’edizione 2005 del-l’annuale Rapporto Ecomafia, dimostrano per l’ennesima voltain modo inequivocabile come l’ambiente, e nello specifico la ge-stione illegale dei rifiuti, costituisca un affare redditizio per leorganizzazioni criminali: si parla di oltre 3,2 miliardi di euro.

• Secondo il Wüppertal Institut, istituto tedesco di ricerche ambientali difama mondiale, i rifiuti non sono altro che “la risorsa giusta, nel postosbagliato”.

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A Sellafield fin dagli anni Sessanta si svolge il riprocessa-mento dei combustibili usati nella fusione nucleare.

È in Cumbria, litorale nord ovest inglese. Vi sbarcano scorie ra-dioattive il cui traffico è gestito dalla British Nuclear Fuels, cheha contratti per 18 miliardi in euro con clienti europei, in ag-giunta alle commesse australiane e giapponesi. I dirigenti dellacompagnia hanno ammesso alcuni episodi (1995, 1999,2003...) di trasudamenti e contaminazioni esterne. Nel 1998Greenpeace attesta pubblicamente una contaminazione nelMare d’Irlanda: la fauna marina presenta livelli di radiazioni 42volte più alti degli standard Ue. Quattro anni prima il governobritannico aveva concesso alla Bnfl d’incrementare del 1100%gli scarichi liquidi e gassosi in mare e in atmosfera. C’entra anche l’Italia. Il passaggio di materiale nucleare avvie-ne tra la centrale di Sellafield al Deposito Avogadro di Fiat Aviodi Saluggia (VC) e viceversa: si compie con i tir da Saluggia aVercelli, su ferrovia da Vercelli a Modane, al porto di Dun-querque, in Francia, poi via mare fino a Barrow, in Gran Bre-tagna e da qui all’impianto di Sellafield.

• In Germania vengono usualmente utilizzati carri speciali, con ruote dicirca due metri di diametro in modo da prevenire l’uscita dai binari, unavelocità di 13 km orari, super scortati e con chiusura delle lineee ferro-viarie ad altri trasporti. In Italia prima di proteste, interrogazioni par-lamentari, appelli di importanti scienziati, l’invio delle scorte era previ-sto su carri tradizionali (rossi-marroni e apertura laterale) con un vago-ne vuoto davanti e dietro come unico cuscinetto in caso di incidenti.L’ultimo viaggio, il 14 febbraio ‘05, è stato bloccato da attivisti di Green-peace per una intera notte.

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Data 1972 la stipula di un accordo segreto tra il governodegli Stati Uniti e quello italiano, presieduto da Giulio An-dreotti, per aprire a Santo Stefano una base per sottoma-rini nucleari della Marina Usa (sistema di difesa Nato). Labase militare godrà di extraterritorialità.

Sette anni dopo l’apertura della base si predispongono i pianidi emergenza. Quando, anni dopo, il prefetto di Sassari li illu-stra all’amministrazione comunale, le polemiche divampano:evacuare 15mila persone in un’ora era impensabile. Negli ulti-mi anni, un sottomarino (Uss Oklahoma City) urta col peri-scopio una petroliera norvegese, un altro (Uss Hartford) toccail fondale nei pressi di Caprera. L’Us Navy sostiene “nulla digrave”; il comandante Greg Parker e il commodoro R. Van Me-tre vengono rimossi. Agli inizi del 2004 un istituto di ricercafrancese, il Criirad, diffonde i dati di una campionatura sullealghe tra La Maddalena e Bonifacio, segnalando radioattività400 volte superiore alla norma. La Maddalena è una città mi-litarizzata. La presenza di sottomarini a propulsione nucleareche circolano nel Mediterraneo è avvertita come una minacciaper la salute e l’ambiente della comunità maddalenina, dei sar-di, degli italiani e di tutti i popoli del Mediterraneo.Nel 2003 parte l’iter amministrativo per un suo ampliamento.Si parla di raddoppio delle volumetrie. Dopo un primo sì, conun colpo di scena il Consiglio regionale della Sardegna appro-va un ordine del giorno per il monitoraggio nell’arcipelago del-la Maddalena che affida a istituti di ricerca indipendenti il ri-levamento di radioattività nell’aria e nell’acqua e chiede losmantellamento della base Usa di Santo Stefano “entro un pe-riodo di tempo prestabilito”.

• Infine, il 24 novembre 2005 il presidente della Regione Sardegna Re-nato Soru annuncia: “Entro dodici mesi, gli Usa via dalla Maddalena”:il motto, annunciato in campagna elettorale, era “siamo amici degli ame-ricani, ma in futuro vogliamo che tornino da noi come turisti”.

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La ricercatrice Manuela Malatesta ha rilevato “modifica-zioni” a carico di fegato, pancreas e testicoli nei topi ali-mentati con soia Ogm. Le sono stati tagliati i fondi – per lestesse ricerche per cui fu convocata dalla Fao per far par-te della commissione di valutazione Ogm. LifeGate Radiol’ha intervistata, il 19-1-2006.

– Cosa ha scoperto, nelle sue ricerche?– Abbiamo trovato modificazioni a carico dei nuclei degli epa-tociti – le cellule principali del fegato. Potrebbero essere indicedi cattivo o di diverso funzionamento, avremmo avuto bisognodi più tempo, ma non è stato possibile. Abbiamo rivolto la no-stra attenzione al pancreas esocrino – che produce gli enzimidigestivi – e ai testicoli. E anche in questi organi abbiamo ri-scontrato modificazioni, visibili solo usando particolari stru-mentazioni. Non stupisce che queste modificazioni non sianostate rilevate in indagini di routine come posso supporre sianostate fatte dal produttore di soia Ogm.– Senta, lei (personalmente), fino adesso, che idea si è fatta de-gli Ogm?– Quando cominciai, non avevo preconcetti. Ho sempre cercato dimantenere un atteggiamento di onestà intellettuale. Ma tutto que-sto accanimento, questa opposizione, questo silenzio, la sparizionedi molti colleghi intorno a me in seguito all’interesse dei mass-me-dia... mi ha fatto aprire gli occhi. La mia opinione è che ciò chenon va in tutta la storia degli Ogm, è che siano stati messi in com-mercio, prima fatti coltivare poi immessi nella catena alimentare,senza controlli di autorità indipendenti. La ditta produttrice dice‘il prodotto è buono’; è ovvio, non immetterà mai sul mercatoqualcosa di immediatamente dannoso alla salute. Ma gli effetti alungo termine, sulla salute, sull’ambiente, sono stati valutati?

• – Ma lei... ora come ora, li mangerebbe, gli Ogm?(ride) – Temo di mangiarli quotidianamente. E inconsapevolmente! Sin-ceramente, vorrei evitarlo.

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Uno dei più grandi scandali alimentari europei riguardavaproprio le diossine.

Nel ‘98 si è scoperto che prosciutti, polli e uova provenienti dalBelgio contenevano livelli pericolosi di Pcb, policloruro bifeni-le. Li foraggiavano con mangimi contenenti olii minerali e re-sidui di carburanti. A seguito dello scandalo, l’Unione Europeaè stata sollecitata a mettere al bando i mangimi ottenuti dagliscarti della macellazione e dagli oli esausti. Tuttavia il Comita-to veterinario dell’Unione Europea nell’agosto ‘99 ha deciso diportare da 100 a 200 nanogrammi la quantità di diossina pergrammo di grasso consentita nei prodotti alimentari di origineanimale. Le industrie zootecniche hanno ringraziato, ma a tan-ti è passata la voglia di mangiar bistecche. Di recente in Italia s’è saputo pure di latte alla diossina: un al-larme che ha colpito diversi allevamenti della Campania (dovesi produce la mozzarella più rinomata d’Italia). Centinaia dianalisi sugli allevamenti predisposte dai magistrati rilevaronoalti livelli di diossina nel latte: 27 picogrammi, dieci volte oltrequello consentito. Cause probabili: gli inceneritori di rifiuti, leattività industriali, forse i mangimi non in regola.

• Il cibo conta per circa il 90% dell’esposizione umana alle diossine che,anche in basse concentrazioni, possono causare tumori, disturbi comporta-mentali, indebolimento delle difese immunitarie, riduzione degli ormonimaschili e dello sperma, diabete, una malattia della pelle (cloracne), un’af-fezione uterina (endometriosi). Il nostro organismo impiega sette anni pereliminare almeno una parte delle diossine assimilate. Come ridurre l’espo-sizione? Aumentando il consumo di frutta e verdura, riducendo i piatti abase di grassi animali (proprio nel grasso si concentrano le sostanze conta-minanti assimilate dall’animale). Prediligere gli alimenti biologici: gli ani-mali allevati con metodo bio non possono essere nutriti se non con mangi-mi controllati. Insomma, sette anni di dieta bio e... addio diossine.

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“Esiste una teorizzazione sul congresso come arma di fi-delizzazione del medico, per renderlo riconoscente a chil’ha mandato a farsi una bella vacanza con la scusa dell’ag-giornamento. All’inizio dell’anno ogni informatore ha unalista di posti disponibili per congressi in giro per il mondo,cui mandare i medici interessanti, quelli che prescrivonotante scatolette. Qui ho una lista curata da me dove si vedeil congresso al Cairo, naturalmente a febbraio, quello aSalvador de Bahia, a dicembre, e poi in Sardegna a giugno,a Ischia a maggio e così via. Qui ce n’è anche uno a Wa-shington, uno serio, ma qui c’è un solo posto ovviamente,per gli altri ce ne sono diversi”.

Questo è il racconto di un vero testimone, l’informatore scien-tifico del farmaco, mandato in onda da “Report” di Milena Ga-banelli (11-10-2001, Rai 3). L’autore, Paolo Barnard, prosegue:“Quest’uomo faceva parte di quella schiera di giovani incravat-tati che troviamo spesso negli studi dei medici e che si chiama-no informatori scientifici: alle dipendenze delle case farmaceu-tiche, questi avrebbero il compito di informare i dottori suinuovi farmaci, ma purtroppo sembra che la loro specialità siaquella di corromperli per ottenere più prescrizioni. Il mio testi-mone ha deciso di raccontare quello che sa su questo fenome-no, che prende il nome di comparaggio... Come fate a coccola-re i medici affinché prescrivano i vostri farmaci anziché altri?”.

• Informatore: “Dipende dal medico. Alcuni arrivano a prendere le maz-zette, altri si accontentano di gadget, di congressi-vacanza, di un appa-recchio per la pressione, di una bilancia. Poi ci sono i gadget che non sivedono, come il telefonino, il programma computer, per i quali si chiedequalcosa in cambio”.

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Uno studio promosso dal Ministero dell’Ambiente ha ana-lizzato i cambiamenti nella distribuzione della fauna itticadel Mediterraneo.

Dal 1995 l’Icram, Istituto centrale per la ricerca scientifica etecnologica applicata al mare osserva i primi cambiamenti e l’i-niziale diffusione di specie tipiche dei mari tropicali nel Medi-terraneo. Le specie mediterranee sono circa 550, contro le1800 indopacifiche, più competitive e più adattabili. Grandeattenzione è rivolta al fenomeno e alle specie aliene, tema cen-trale della convenzione internazionale sulla biodiversità. Le specie marine nuove per il Mediterraneo sono circa 250. Al-cune provengono dal Mar Rosso. Nelle acque intorno alla Sici-lia vivono ora nuove specie di triglie, un nuovo tipo di cernia,di tonnetto, e il barracuda del Mar Rosso, fino a qualche tem-po fa del tutto assenti nel Mediterraneo. La tropicalizzazionedel Mediterraneo non va considerata come qualcosa di irrever-sibile; è tipico degli ambienti marini cambiare in relazione aoscillazioni climatiche.

• Quel che preoccupa sono le conseguenze del cambiamento climatico glo-bale. La proporzione dei gas serra in atmosfera è aumentata di un terzo,da quando è cominciata ai primi dell’800 l’industrializzazione. Da al-lora, la massa di tutti i ghiacciai si è dimezzata. Gli 8 anni più caldi de-gli ultimi 130 si registrano negli ultimi 11.E tutta la CO2 riversata in atmosfera potrebbe reagire con la superficiedegli oceani: secondo uno studio della Royal Society (2005) l’anidridecarbonica sciogliendosi nell’acqua ne aumenta l’acidità, il cui livello cre-scerà del 300% in questo secolo. I gas serra avvelenano gli oceani...

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Un’enorme nube inquinante copre la Cina orientale, esten-dendosi nella pianura costiera che circonda il Fiume Gial-lo, alle rive del Mar Giallo e a nord fino alla capitale Pechi-no. Lo rivelano le immagini inviate nel novembre 2004 daisatelliti Nasa Aqua e Terra. Gli stessi satelliti mostrano unanalogo fenomeno sulla penisola indiana.

Per quanto riguarda la Cina, gli scienziati del Nasa Earth Obser-vatory ritengono che la nube fotografata dal Moderate ResolutionImaging Spectroradiometer (Modis) sia il risultato delle emissio-ni di centrali a carbone, autoveicoli e fonti di inquinamento dal-le grandi città come Pechino e Shenzhen. Impressionante anchel’immagine della penisola indiana. Una grande nube ai piedi del-l’Himalaya, mentre gli altipiani del Tibet sono completamentesgombri. “L’Himalaya fa da barriera naturale – spiegano alla Na-sa – e trattiene il fumo e l’inquinamento in quella zona”.

• Agli inizi degli anni Sessanta il chimico inglese James Lovelock elabo-ra una visione del pianeta Terra come entità vivente, l’ipotesi Gaia (an-tica dea greca, madre dei viventi). Nel 2006 Lovelock pubblica il saggioThe revenge of Gaia, e per lanciarlo, su “Independent” scrive: “...Le ab-biamo fatto venire la febbre, e presto le sue condizioni peggioreranno fi-no a farla andare in coma. Per guarire impiegherà più di 100.000 an-ni... Forse la cosa più triste è che Gaia perderà molto più di quanto per-deremo noi soli. La vita selvaggia e gli ecosistemi soffriranno, ma... nellacivilizzazione umana, il pianeta ha una preziosa risorsa. Non siamo so-lo la malattia. Siamo, con la nostra intelligenza e la comunicazione, ilsistema nervoso del pianeta. Attraverso questo, Gaia si vede dallo spazio,e conosce il suo posto nell’universo. Noi dovremmo essere il cuore e lamente della Terra, non la sua malattia. Quindi, dobbiamo essere forti esmettere di pensare solo ai bisogni e ai diritti umani; capire che abbiamodanneggiato la Terra vivente, e che ora dobbiamo fare la pace con lei”.

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Da Marconi a oggi, con l’applicazione su larga scala dell’e-nergia elettrica e delle telecomunicazioni, la dose quoti-diana di elettromagnetismo artificiale (CEM) assorbita dalcorpo umano si è moltiplicata di migliaia di volte e tende asalire, con lo sviluppo di tecnologie sempre più potenti esofisticate ad alta frequenza: ripetitori RadioTV e ponti ra-dio di telefonia cellulare, video, satellitare, wireless ecc.

In questa realtà fuori controllo, è la potenza condizionante delbusiness telefonico (2,6 miliardi di utenti, 130 miliardi di dolla-ri annui solo i produttori) a contrastare la diffusione dei datisempre più preoccupati delle indagini epidemiologiche indipen-denti (non finanziate dalle aziende) sulla possibile relazione alungo termine tra CEM e malattie degenerative del sangue (leu-cemie infantili), dell’encefalo, del sistema neuro-vegetativo, ner-voso e linfatico. Analisi che rilevano anche il collegamento conl’inquinamento atmosferico, che diventa acceleratore dello squi-librio nel delicato sistema di bio-hertz dell’organismo. Illumi-nante sul tema elettrosmog, è la relazione di Angelo Gino Lewis,biologo internazionale, membro permanente dell’Istituto Supe-riore di Sanità, consultabile sul sito: www.elettrosensibili.it, sitodei malati di elettrosensibilità (electrical sensivity), sindromeneurovegetativa (in espansione mondiale) direttamente o indi-rettamente causata dall’esposizione ai campi elettromagnetici.

• Negli anni ‘70 a Milano, era famoso un burbero anarchico che arrin-gava la folla del Parco Sempione sul pericolo dell’onda. “L’onda ci ucci-de” scriveva tra il dileggio e la compassione dei passanti, in mille scrittesui marciapiedi. Si chiamava C.T. e forse aveva ragione.

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Sono state le maggiori aziende dei settori agricoltura ebiotecnologia, della difesa, dell’energia, della sanità, deitrasporti e del tabacco i finanziatori (fino a otto volte di più)del candidato Bush.

Sono i loro finanziamenti (vedi scandalo Abramoff) e la capa-cità di lobbyng ad aver contribuito in modo decisivo al secondomandato di George Bush. Sono loro la squadra di governo, i po-teri forti dell’amministrazione (il vicepresidente Dick Cheneyera capo esecutivo dell’indagata Halliburton Oil), la mente stra-tegica e il motore economico della “militarizzazione della poli-tica energetica” americana. Le guerre del petrolio: cioè trasfor-mare l’esercito in un servizio globale di approvvigionamento,protezione, del greggio e delle sue rotte. In Iraq, ma anche inColombia, Arabia Saudita, Georgia, Golfo Persico, Mar CineseMeridionale ecc. Del resto la dipendenza americana dal petrolioimportato è cresciuta fino ai 20 mbg nel 2005 (69% del consu-mo) e Bush con la legge ENERGY BILL si è subito dimostratoriconoscente, con 4 miliardi di dollari tra sussidi e sgravi fisca-li nel solo 2005, ma soprattutto allentando vincoli ambientali eil potere di interdizione dei poteri locali contro il proliferare diinfrastrutture petrolifere. Non si può dimenticare tra i fedeli fi-nanziatori del candidato Bush, infine, i produttori di tabacco.Ricompensati con la nomina di personaggi benevoli verso BigTobaco in posizioni cruciali, col preciso intento di sgonfiare iprogrammi di prevenzione, e soprattutto complicare ricorsi ecause miliardarie (in dollari) delle Associazioni dei consumato-ri favorendo le archiviazioni (Class action faimess doctrine act).

• Le presidenziali 2004 e le elezioni per il Congresso sono costate in to-tale la cifra record di 4 miliardi di dollari.

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L’acqua è vita. Ed è uno dei settori su cui i gruppi mafiosihanno esercitato da sempre il proprio dominio in Sicilia.

La mafia non è solo una organizzazione criminale ma è un’en-tità più articolata. Ha rapporti con il contesto sociale, con l’e-conomia, la politica e le istituzioni, mischia attività illegali conattività legali, non sempre con il solo obiettivo di arricchimen-to, ma anche con precise mire di spartizione del potere, di con-trollo sociale e politico. Inevitabile quindi che il crimine ma-fioso abbia considerato il controllo sull’acqua, da secoli una ri-sorsa fondamentale per la coltivazione degli agrumi e quindiper l’economia isolana, un obiettivo mirato da raggiungere.Riuscendoci perfettamente. Questo anche per la mancanza daparte dello Stato italiano (fin dalle origini) di una precisa poli-tica delle acque che ha favorito la pratica del controllo privatoesercitata in Sicilia dai “fontanieri” (guardiani legati alla mafia)anche con clamorosi omicidi e cicliche sanguinose faide inter-ne.

• Ogni anno piovono in Sicilia circa 7 miliardi di metri cubi d’acqua,quasi il triplo del fabbisogno civile e industriale. La decina di dighe co-struite dagli anni ‘30 ad oggi sarebbero ampiamente in grado di fornirerisorse idriche alla regione, ma vengono sistematicamente costrette a fun-zionare a regimi ridotti. Gli stanziamenti statali (54 miliardi nel 2000)si disperdono nei rivoli del clientelismo (scandalo depuratori) e del con-trollo mafioso sulle amministrazioni locali. Intanto la rete idrica cola-brodo perde il 50% d’acqua, la Sicilia soffre la sete ed è in emergenzapermanente.

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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI GIUGNO 2006

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