HOMMAGE A JEAN BEAUDRILLARD

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È morto ieri a Parigi, all'età di 77 anni, il sociologo e filosofo francese Jean Baudrillard,uno dei (pochi) grandi critici della post-modernità,capace di uno sguardo feroce alla società dello spettacolo, di cui ha denunciato l'insignificanza e la natura assassinacritico radicale dei media, dell'arte, attraverso un umorismo nero e un pessimismo gioioso che pervadono tutti i suoi cinquanta libri.Sulle orme di Guy Debord, aveva esordito nel 1968 con "Le Système des Objets", seguito nel 1970 da "La Société de Consommation", prendendo le distanze dal marxismo: le masse non sono più per lui vittime dell'ordine sociale, bensì complici del sistema. Da qui parte il suo attacco alla pretesa della sinistra di cambiare il mondo e a quella degli intellettuali di pesare sulle scelte politiche. "Il faut vivre en intelligence avec le système et en révolte contre ses conséquences. Il faut vivre avec l'idée que nous avons survécu au pire". La sua filosofia prende le mosse da una critica del pensiero illuminista-scientifico tradizionale, sulla scia francofortese, e sviluppa le sue idee a partire da due concetti base la "simulazione" e la "seduzione". Baudrillard distingue tra società premoderne, organizzate attorno allo scambio simbolico, moderne, organizzate attorno alla produzione, e postmoderne, organizzate attorno alla “simulazione”, termine con il quale egli designa la realtà virtuale dei mass-media e dei computer. Nel teorizzare la rottura epocale tra società moderne e postmoderne, dichiarò la “fine dell'economia politica” e di un'era in cui la produzione era stata la forma organizzatrice della società.

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(...) La fine del lavoro. La fine della produzione. La fine dell'economia politica. La fine della dialettica significante/significato che facilita l’accumulo di conoscenza e di significato, del sintagma lineare del discorso cumulativo. E, nello stesso tempo, la fine dello scambio valore/uso che è la sola cosa che rende possibili l'accumulo e la produzione sociale. La fine della dimensione lineare del discorso. La fine della dimensione lineare dei beni. La fine dell'era classica del segno. La fine dell’era della produzione (...)

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È morto ieri a Parigi, all'età di 77 anni, il sociologo e filosofo francese Jean Baudrillard,uno dei (pochi) grandi critici della post-modernità,capace di uno sguardo feroce alla società dello spettacolo, di cui ha denunciato l'insignificanza e la natura assassinacritico radicale dei media, dell'arte, attraverso un umorismo nero e un pessimismo gioioso che pervadono tutti i suoi cinquanta libri.Sulle orme di Guy Debord, aveva esordito nel 1968 con "Le Système des Objets", seguito nel 1970 da "La Société de Consommation", prendendo le distanze dal marxismo: le masse non sono più per lui vittime dell'ordine sociale, bensì complici del sistema. Da qui parte il suo attacco alla pretesa della sinistra di cambiare il mondo e a quella degli intellettuali di pesare sulle scelte politiche. "Il faut vivre en intelligence avec le système et en révolte contre ses conséquences. Il faut vivre avec l'idée que nous avons survécu au pire".

La sua filosofia prende le mosse da una critica del pensiero illuminista-scientifico tradizionale, sulla scia francofortese, e sviluppa le sue idee a partire da due concetti base la "simulazione" e la "seduzione".  Baudrillard distingue tra società premoderne, organizzate attorno allo scambio simbolico, moderne, organizzate attorno alla produzione, e postmoderne, organizzate attorno alla “simulazione”, termine con il quale egli designa la realtà virtuale dei mass-media e dei computer. Nel teorizzare la rottura epocale tra società moderne e postmoderne, dichiarò la “fine dell'economia politica” e di un'era in cui la produzione era stata la forma organizzatrice della società.

(...) La fine del lavoro. La fine della produzione. La fine dell'economia politica. La fine della dialettica significante/significato che facilita l’accumulo di conoscenza e di significato, del sintagma lineare del discorso cumulativo. E, nello stesso tempo, la fine dello scambio valore/uso che è la sola cosa che rende possibili l'accumulo e la produzione sociale. La fine della dimensione lineare del discorso. La fine della dimensione lineare dei beni. La fine dell'era classica del segno. La fine dell’era della produzione (...). Per Baudrillard, siamo in una nuova era di simulazione in cui la riproduzione sociale (l'elaborazione delle informazioni, la comunicazione e via dicendo) sostituisce la produzione in quanto forma organizzatrice della società. In questa epoca, il lavoro non è più una forza di produzione, ma è esso stesso un “segno tra i tanti”. L'economia politica

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non è più la base, il determinante sociale, o addirittura la “realtà” strutturale in cui altri fenomeni possono essere interpretati e spiegati. Piuttosto, le persone vivono in una “iper-realtà” di simulazioni in cui le immagini e l'attività dei segni sostituiscono i concetti di produzione e di conflitto di classe. Il capitale e l'economia politica scompaiono dalla prospettiva di Baudrillard: segni e codici proliferano e si riproducono in cicli senza fine. La “semiurgia” prende il posto della produzione. Nella società della simulazione, che è la società dello spettacolo, le identità sono costruite tramite la mediazione-appropriazione di immagini, codici e modelli che determinano come gli individui si percepiscono e si relazionano ad altre persone. L'economia, la politica, la vita sociale e la cultura sono tutte governate dal modo di simulazione, che tramite i propri codici e modelli determina come i beni siano consumati e usati, come sia spiegata la politica, come la cultura sia prodotta e consumata, e come la vita quotidiana sia vissuta.Se le società moderne erano caratterizzate dalla differenziazione, la società postmoderna è caratterizzate dalla de-differenziazione, dal collasso delle distinzioni, o dall'implosione, dalla dissoluzione delle identità (globalizzazione). Nella società della simulazione descritta da Baudrillard, i campi dell'economia, della politica, della cultura, della sessualità e del sociale implodono tutti quanti l'uno dentro l'altro (in quello che poi definirà "regno transestetico"). In questa miscela implosiva, l'economia è plasmata dalla cultura, dalla politica e da altre sfere; invece l'arte, un tempo una sfera di potenziale differenza e opposizione, è assorbita nell'ambito economico e politico, mentre la sessualità è ovunque. In questa situazione, le differenze tra gli individui e i gruppi implodono in una rapida e mutevole dissoluzione del sociale.  L'universo postmoderno è un universo di iperrealtà in cui l'intrattenimento, l'informazione e le tecnologie comunicative forniscono esperienze più intense e coinvolgenti delle scene banali della vita di tutti i giorni, così come forniscono dei codici e dei modelli che strutturano la vita quotidiana. Il reame dell'iperreale (ad es. le simulazioni mediatiche della realtà, Disneyland e i parchi dei divertimenti, i centri commerciali e altre escursioni in mondi ideali) è più reale del reale e attraverso di esso i modelli, le immagini e i codici dell'iperreale controllano il pensiero e il comportamento.

In questo mondo postmoderno, gli individui fuggono dal “deserto del reale” per provare l'estasi dell'iperrealtà, il nuovo regno creato dai computer, dai mass-media e dell'esperienza iper-tecnologica. “Estasi della comunicazione” significa che il soggetto è vicino alle immagini istantanee e all'informazione, in un mondo sovraesposto e trasparente. In questa situazione, il soggetto “diventa un mero schermo, una semplice superficie che assorbe e riassorbe le reti influenti”.

La società postmoderna crea una situazione in cui i soggetti perdono il contatto con il reale, si frammentano e si dissolvono. Questa situazione preannuncia la fine della dialettica soggetto-oggetto in cui il soggetto rappresentava e controllava l'oggetto (cioè la natura, le altre persone, le idee e così via). Il soggetto si confonde con l'oggetto, così come la figura con lo sfondo (come diceva Mcluhan).  (...) The hyperreal represents a much more advanced stage insofar as it manages to efface even this contradiction between the real and the imaginary. Unreality no longer resides in the dream or fantasy, or in the beyond, but in the real's hallucinatory resemblance to itself (...).

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La coscienza drogata e mesmerizzata (alcune tra le metafore di Baudrillard), satura dei media, è in uno stato tale di adorazione dell'immagine che il concetto del significato stesso (che dipende da limiti stabili, strutture fisse, consenso condiviso) si dissolve. il referente, ciò che sta oltre e al di fuori, assieme a ciò che sta in profondità, che costituisce l'essenza e la realtà, sparisce, causando la dissoluzione anche di ogni potenziale opposizione. Nella misura in cui le simulazioni proliferano, esse finiscono col riferirsi solo a se stesse: una fiera di specchi che riflettono immagini proiettate da altri specchi sullo schermo onnipresente, del computer e della coscienza, che a sua volta rinvia l'immagine verso altre immagini prodotte da specchi simulatori. Imprigionate nell’universo delle simulazioni, le masse sono “immerse in un bagno mediatico”, un "impero di segni" saturo di messaggi o di significati.

“La catastrofe è avvenuta”. La catastrofe della modernità è l'eruzione della postmodernità, prodotta dall'esplosione tecnologica, e l'implosione delle masse, alla ricerca di un'immagine e non più di un significato. Esse implodono in una “maggioranza silente”, che rappresenta “la fine del sociale”. La teoria sociale perde il suo stesso obiettivo nel momento in cui i significati, le classi e le differenze implodono in un caos indistinto di non-differenziazione, nel momento in cui gli individui scompaiono nei mondi simulati della realtà virtuale tecnologica.

Baudrillard definisce questo processo, in una delle sue opere più citate, “un delitto perfetto”, precisando che “nel delitto perfetto, è la perfezione ad essere criminale”. “Perfezionare il mondo significa finirlo, compierlo e dunque trovargli una soluzione finale [...] L'alienazione ha cambiato senso radicalizzandosi: non è più l'estraneità a se stessi, bensì la privazione della stessa estraneità, l'assenza di un aldilà da sé, la scomparsa del segreto in cui un tempo ci si poteva rifugiare, la dissipazione dell'incognito e dell'imprevisto. Si è passati dall'Altro al Medesimo, dall'alienazione all'identificazione. Questo individuo invisibile è l'utopia realizzata del soggetto: il soggetto perfetto, il soggetto senza altro. Senza l'alterità interiore, esso è votato a un'identità senza fine”.

Subito dopo gli attacchi terroristici dell'11settembre 2001, Baudrillard scrisse un articolo, “Lo Spirito del Terrorismo”, pubblicato il 2 novembre 2001 su Le Monde, subito dopo tradotto e ampliato in uno dei testi più provocatori e controversi sul terrorismo, “Lo Spirito del Terrorismo: Requiem per le Torri Gemelle” (2002). In questo articolo, egli sosteneva che gli assalti al World Trade Center e al Pentagono costituivano un “evento forte”, che gli attacchi erano “l'evento principale, quello da cui sono derivati tutti gli altri, l'evento perfetto che unisce in sé tutti gli eventi che non sono mai accaduti”.

Baudrillard affermò che “lo sciopero degli eventi” era finito e da allora in poi ha preso a concentrarsi più intensamente sulle dinamiche e gli accadimenti della società contemporanea. Per Baudrillard, gli attacchi dell'11 settembre rappresentavano un nuovo tipo di terrorismo, che mostrava una “forma di azione che sta alle regole del gioco, che le stabilisce, esclusivamente con l’obiettivo di infrangerle”. Ciò significa che i terroristi (chiunque fossero, ndr), nell'opinione di Baudrillard, avevano usato gli aereoplani, i computer e i media, associati alle società occidentali, per produrre uno spettacolo di terrore.

Gli attacchi erano serviti ad evocare uno spettro di terrore che faceva credere che il

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sistema stesso della globalizzazione e il capitalismo e la cultura occidentali fossero minacciati dallo “spirito del terrorismo” e da possibili attacchi in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo.

La produzione dello spettacolo dell'11 settembre, in definitiva, è stata, come ebbe a dire Stockhausen, una grande opera d'arte: è stato, dopo la prima guerra del golfo, il primo grande evento di guerra mediatica su scala mondiale, progettato e portato a termine, oltre che per un fine eminentemente simbolico, allo scopo di colpire al cuore le certezze percettive dello sguardo occidentale, o meglio, per colpire l'Occidente nel punto nevralgico del suo sistema percettivo di organizzazione della realtà. Un "delitto perfetto".

Riguardo la crisi dell'arte, nel saggio del 1996 "The Conspiracy of Art", Baudrillard scriveva: "non è più possibile alcun giudizio critico", riguardo l'arte, ma solo una "geniale condivisione di nullità".

Salut à vous, Baudrillard

ARTE DELL'ACCECAMENTO

L'ultimo libro di Paul Virilio, filosofo e critico per molti versi affine a Baudrillard, può essere considerato come un omaggio al collega e amico appena scomparso.Un saggio

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sull’accecamento, estetico e politico, prodotto dalla sovraesposizione massmediatica, dove “il sensibile è diventato il fotosensibile” e “l’oggettività una teleobiettività”.

Secondo Virilio,  l’arte contemporanea, essa stessa mediatica e audiovisiva, non è più, come sosteneva Paul Klee, ciò che rende più visibile bensì, l’arte di un accecamento.

«Violer, avilir ce qui restait encore de règles de l’art – écrit-il –, dégrader les pratiques de l’art profane, comme l’on avait auparavant profané celles des divers arts sacrés, tel était l’objectif d’un XXe siècle impitoyable (...) où la culture contemporaine allait bientôt surgir comme le simulateur du viol des foules».

«Grâce à la propulsion hypersonique des fusées, ce n’est plus seulement le mur de la chaleur qui est atteint, c’est le mur de la lumière qui devient l’ultime objectif de notre vision du monde. Dans cette transmutation soudaine de l’esthétique, on aperçoit mieux la raison cachée de l’iconoclasme, la fin programmée de l’image fixe de tableaux interdits de cimaise, ainsi que l’engouement de l’art pour l’art de la performance, pour ces installations de toute nature, qui encombrent systématiquement l’espace des galeries et des musées. De même, on comprend mieux la persistance d’une sculpture dont l’inertie et la statique sont devenues emblématiques de ce sédentaire, de ce grabataire universel, contemporain de l’âge mégaloscopique. Et encore, l’importance historique du Land Art quand le paysage s’affiche au XXe siècle dans le film, l’arrêt sur image — photo-finish où le cliché n’est plus guère que la proximité d’une séquence gelée : celle de l’instantanéité»

«Lorsque plus rien ne peut nous atteindre, nous toucher véritablement, on n’attend plus la trouvaille de génie, la surprise de l’originalité, mais uniquement l’accident, la catastrophe de la finalité. D’où l’influence secrète, après l’expressionnisme (allemand) ou l’actionnisme (viennois), du terrorisme, comme si Jérôme Bosch et Goya avalisaient la débauche du crime»

«Le ‘dolorisme’ de l’art contemporain provient de la profanation non plus de l’art sacré des origines, mais bien de celle de l’art profane de la modernité»

Pubblicato su La Centrale dell’Arte, 07 marzo 2007

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Jean Baudrillard - Wikipedia

JEAN BAUDRILLARD filosofico

UN' ARTE SENZA FINE (E SENZA ARTE) L'EPITAFFIO DEL VEDERE DI PAUL VIRILIO lettera22 17 ottobre 2007

L'arte dell'accecamento. Virilio, contro il potere dell'occhio insonne Il Manifesto 19 luglio 2007

GUERRA E CINEMA

STORIA DEL DELITTO PERFETTO