Hoenegger "Immagini Dialettiche"

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Walter Benjamin

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RIPENSARE LE IMMAGINI A CURA DI GIUSEPPE DI GIACOMO

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RIPENSARE LE IMMAGINI

A cura di Giuseppe Di Giacomo

MLMESrS Filosofie

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\I presente volume viene pubb licato con il contri buto del MURST (fondi di Ateneo 2003. re~ponsabil e dell a ri cerca pro r. Giuseppe Di Giacomo) - Uni versità degli Stud i di Roma ULa Sapienza", Dipartimento di Studi filosofi ci cd epistemologici.

© 2009 _ MIMESIS EDILION I (Milano - Udine)

Collana: Fi losofi e n. 70

www. mimes isedi zioni . i[ I www. mimesisbookshop. com Via Ri sorgimento. 33 - 20099 Sesto San Giovanni (MI)

Telefollo efax: +39 02 89403935 E-I1/(l ;/ : mimesised @ti sea li . il Via Chiampari s, 9~ - 330 13 Gemona del Friuli (UD)

E-ma;/: in ro. mim @111im-c. nel

In copertina: Joscph Kosuth . alle (I//(/ Three ella;rs, 1965- 1966.

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iNDICE

I NTRODUZIONE

di CiI/seppe Di Giacomo p. X I

I. STORJA E TEMPORALlTÀ DELLE IMMAG INI

I. LA SOG LIA DEL SILENZIO. Asy W ARBURG

E L'EPISTEMOLOGIA DELL"IMMAGINE

di Claudia Cieri p. 3 2. I MMAGINI E TEMPORALlTÀ IN H ENRI BERGSON

di Stefania Mariani p. 23 3. W ALTER BENJAM1N: lMMAGINI DIALETTICHE

E SC I-I EMAT1$MO STORICO

di Hansmichael Hohenegger p. 39 4. L' IMMAG INE A PARTIRE DALL' ASSENZA DJ IMMAG INE

di Carla SlIbrizi p. 59 5. LA DISSOLUZIONE DELLE IMMAGINI.

A STRAZIONE PITrQR1CA E LINGUAGGIO

di Massimo Carboni p. 77

II. ORIG INI E FORME DELLE IMMAGIN I

6. ALL'ORIGINE DEL PENSIERO: IMMAGINI. ALLUCINAZIONI

PR IMARIE, PERCEZIONI ENDOPSICH ICHE, PROTQFANTASIE

di Simo1/Q Argentieri p. 93 7. L' IMf..MGI NE E LE EMOZIONI. EROS, DOLORE E PENSA BILlTÀ

di TOlli(1 CC/Ilcrini p. III

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'W

8. I MMAGINE. ESPRESSIONE E MARG INALlTÀ.

IL CONTR m UTO DI H ANS P RINZIIORN

di Fiorella Bassall p. 119

9. MITO E IMMAGINE NELLA RIFLESSIONE DI JEAN- PIERRE

VERNANT E DI H ANS B LUMENBERG

di AlI,onio Valenthli p. 133

IO. L ' lNTENZIONALlTÀ ALL 'OPERA: L UDWIG WITIGENSTEIN,

R1 ClIARD WOLLlI EIM E P AUL KLEE

di Luca Marche"; p. 15 1

Il . I VOLTI DELLA MASCHERA. METAMORFOS I E TR AVESTIMENTO

NEL PROCESSO O[ AUTORAPPRESENTAZIONE

di Micol Porti p. 167

II I. SPAZIALlTÀ E DIVENIRE DELLE IMMAG INI

12. L' IMMAGINE E LA CRISI DELLA FORMA:

VERSO LA DEMATERIALIZZAZIONE DELL' ARTE.

L' ESPER IENZA DEL NOVECENTO

di Dario Evo/a p. 183

13. "PiÙ SIM ILE A UNA NUVOLA CilE A UNA ROCCIA":

BILL V IOLA E LE IMMAGINI COME ORGANIS~'II VIVENTI

di Silvia BO/dilli. p. 20 1

14. "NEL Q UADRO" , LA GRANDE DIMENS IONE

NELL' E SPRESS IONISMO ASTRA1TO

di Claudio Zal1lb ianchi p. 2 13

15. I MMAGINI DI CITTÀ . G EOGRAFIE INTERIORI,

DI GIORGIO DE CI liRICO ALBERTO SAVINIO. DIMITR1S PIKIONIS

di Michela Sali toro p. 229

16. P ER UN' IMMAG INE VISSUTA DELL'ARCI IITETrURA

di Lore,, ~o Gasparrini p. 245

IV. SUON I. PAROLE E IMM AG INI

17. EKPJ-IRASIS MODERNA E MEDIAZIONE ICONICA

di Giollfranco Rubino p. 26 1

18. TRA PAROLA E lMM ,\G1NE: RAGIONI TRANSUNGU1ST1ClIE

DELL' AVANGUA RD IA

di Giorgio Patri: ; p. 277

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19. L'Hvl f\'IAGINE DELL' AUTORE. LA rORMA DEL ROMANZO

di Cilllial/o BallislOl1 p. 29 1 20. SCUr\RDI AL LIMITE. IL TEMA DELLA SOGLIA NEL PENSIERO

LElTERARIO DI TIIOMAS B ERN II ARD E DJ ERNST BLOCII

di Micaela Wlilli p. 31 1 2 i. R APPRESENTAZIONE E IMMAGINE MUSICALE

di Alfol/so Ottobre jl. 327 22. IL SUONO INTERM INABILE E LA SUA IMMAGINE.

SAGGIO SULL'EBI~A1S i'\'10 NEL M OSES UNI) AIWN

DI ARNOLD SCI IÙNBERG

di Leollardo DiSfa.W) jl . 343

CONSIDERAZION I CONCLUSIVE

23. LA QUESTIONE DELL' IMMAGINE NELLA RIFLESSIONE

ESTETICA DEL NOVECENTO

di Giuseppe Di Giacomo p. 367

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HANSMICHAEL HOHENEGGER

W ALTER BENJAMIN: IMMAGINI DIALETTICHE E SCHEMATISMO STORICO

Trovare la misura della novità storica, cioè di qualcosa che ha in sé il futuro, non si può fare se non anticipando il futuro , ma ciò non sembra possibile se non assimilandolo al passato. Il futuro , infatti , sfugge ad ogni immagine. Come scrive Paul Valéry: «L'avenir, par définition, n'a point d'image. L'histoire lui donne les moyens d'etre pensé»'. Le immagini del passato non solo rendono pensabile il futuro , ma anche agiscono su di esso. La storia fornisce all'immaginazione storica

une table de situations et des catastrophes, une gallerie d'ancètres, un for­mulaire d'actes, d'expressions, d'attitudes, de décisions offerts à notre instabi­lité et à notre incertitude, pour nous aider à devenir 2.

È proprio l'incertezza e l'imbarazzo di fronte a una situazione nuova, che richiederebbe pensieri e azioni originali, ad impedire che si agisca ori­ginalmente: «la pensée hésitante tend à se rapprocher de l'automatisme» e per questo «l' histoire alimente l'histoire>>3. Luigi XVI non sarebbe pro­babilmente morto sul patibolo senza l'esempio di Carlo I, e se Napoleone non fosse stato «amateur passionné de lectures historiques» e non avesse meditato a fondo il passaggio dalla repubblica romana all'impero basato sulla forza militare, non si sarebbe incoronato imperatore. Valéry individua nitidamente il ruolo dell ' immaginazione storica, ma ritiene che essa sia soprattutto fonte di illusioni ed errori. «L' usage politique de l'histoire» è fallace e catastrofico perché l'immaginazione storica si vale di similitudi­ni tratte dal passato che non tengono conto se non superficialmente degli elementi quantitativi e in cui non si valuta oggettivamente l'importanza dei fatti nelle mutate condizioni storiche. L' immaginazione storico-politica si

P. Valéry, Regard sur le monde aetuei et autres essais, Gallimard, Paris, 1945, Aval1t-propos (1931 1 con il titolo Regard SUI" le monde actllel) , p. 14.

2 lvi , pp. 14- 15. 3 lvi, p. 15.

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40 Ripensare le ill/magini

serve «de termes impurs, de notions variables, de métaphores illusoires», e per questo manca alla testa politica «une représentation satisfaisante et méthodique du moment»4.

Affinché si dia un uso politico razionale della storia per stabilire l'ordine sociale, la storia dovrebbe diventare una scienza come la fisica. L' immagi­nazione resa metodica e disciplinata condurrebbe allora a una profezia non troppo diversa da un calcolo probabilistico ben condotto. Questa istanza di ordine non è però utilitaristica, è una reazione viscerale dell ' intelligenza antipolitica di Valéri. Sebbene nella maggior parte dei suoi non numerosi «scritti quasi politici» tale esigenza sia esposta con una buona dose di scet­ticismo (la storia non potrà essere mai una scienza), nel saggio L'idée de dictature, che servÌ nel 1934 come prefazione a un libro su Salazar, dopo aver lamentato nel sistema abituale della politica un'incapacità a domi­nare la contingenza, una mancanza di preci sione, uno sperpero di forze, caos, fluttuazioni e défaillances, Valéry individua, finalmente, nell ' idea dittatoriale la rappresentazione soddi sfacente e metodica, l' unico modello intelligibile della politica6• Il dittatore, platonico tyran intelligent, è, come l' arti sta, un ' urgenza dello spirito di fronte al di sordine e all'irrazionalità. Esso, infatti ,

imagine nécessariement, il souhaite instinctivement l' intervention la plus prompte de l'autorité d ' une seule tete, car ce n 'est que dans une te te seule que la correspondance nette des perceptions, des notions, des réactions et des déci sions est concevable, peu! s'organiser e t tendre à imposer aux ehoses des conditions et des arrangements inte llig ibles [corsivo mioF.

Valéry parla proprio di choses, invece che di "uomini", "sudditi" o "cit­tadini"; inevitabilmente, infatti, «toute politique tend à traiter les hommes

4 Ivi, p. 19. 5 <de le confesse: le spectacle de l'univers politique me sou lève le coeUD>. L' uni ca

invocazione di fron te al pericolo rappresentato dalla «nécessité politique d'exploi­ter tout ce qui est dans l' homme de plus bas dans l'ordre psychique» è quella di G. Meredith: «More Brain, o Lord . . . », in P. Valéry Leftre sur la sociéré des esprirs, in P. Valéry, Petits rextes a!ltour de la politique [1933J, in P. Valéry, (Euvres , editi on établie et annotée par Jean Hytier, Gallimarcl, Paris, (1957- 1960), vo I. l, ( 1957) p. 1142.

6 «On voit qu ' il suffit c1e penser à la vie c1 ' ensemble cles hommes et de la considérer comme c1cvant s' organiscr sur un moclèle intellig ible pour que l'idée dictatoriale soit conçuc» in P. VaJéry. L'idée de dielalure, prcfazione a llibro di A . Fcrro, Sala­:ar. Le PortI/gal el son chef, Grasset, Paris. 1934, in P. Valéry. Regard sur le monde aetuel. cit. , p. 74.

7 lvi, pp. 70-7 1.

2Q

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Walter Benjamin: immagini dialettiche e schematismo storico 4 1

comme des choses. [ ... J l'esprit ne peut, quand il s'occupe des "hommes", que les reduire à des etres en état de figurer dans ses combinaisons»8.

L'extreme simplification de formules è un elemento essenziale di questa estetica dell' arte dittatoriale9

, ma il genio del dittatore si mostrerà, ancora più che nello stabilire tale aritmetica politica, nel non togliere agli "uomi­ni" tutta l' iniziativa «pour que l'oeuvre que l'esprit poursuit ne souffre pas d'excès de soumission et d' inertie chez ses agents»lO.

Si possono interpretare queste parole come le conseguenze estreme e pa­radossali di uno scetticismo non filosofico ll

, e non si deve forse prenderle troppo alla lettera. Esse permettono tuttavia, anche riportate così somma­riamente, di mettere in evidenza la relazione tra politica e immaginazione storica, ovvero la forza politica delle immagini storiche, un problema cen­trale nel pensiero di Walter Benjamin.

Come si sa, Benjamin ammirava molto Valéry e dedicò, nel 193] , per i 60 anni del poeta francese, un breve studio in cui metteva in luce sia la radicalità dell'indagine di un'intelligenza che indaga se stessa, sia la con­cezione della poésie pure che è quasi dialettica nel suo sapersi giocare tra le "idee" e la "voce". Gli editori delle opere di Benjamin esagerano però, forse, a dire che solo Proust e Kafka suscitano in lui pari entusiasmo l2

Trovano poi difficile, infatti, giustificare come nel lungo saggio del 1934 dedicato alla posizione nella società degli scrittori francesi contemporanei, Benjamin segnali i limiti della concezione politica di Valéry. Benjamin co­nosceva il prologo del] 931 dell'antologia politica di Valéry (Regard sur le monde actuel), avendolo citato nel suo primo studio. Già in quell'occasio­ne Benjamin aveva suggerito che la poetica di Valéry è sotto il segno dei due mondi formali della matematica e del mare, simboli della fuga dall a società J3 . Nel secondo saggio pubblicato nei primi mesi del 1934, Benja-

8 Ivi, p. 72. 9 «II y a de l'arti ste dans le dictaleur, et de l'es thétique dans ses conceptions»; iv i,

p.72. 10 Ivi, p. 73. I I Nella nota alla traduzione italiana del suo libro Eupalino, Valéry si dichiara

«lutt 'altro che filoso fo» e dice che «forse egli [l'Autore, cioè Valéry che parla in terza persona] non stima possibile un valo re universale della conoscenza, e pensa che una filosofia è opera essenzialmente volontaria, cioè personale all 'estremo». P. Valéry, El/palino o l'architetto, tI'. il a cura di R. Contu, Padova, 1991, (Lancia­no, 1932), p. XIII.

12 W. Benjamin, Gesammelle Schriften, hrsg. von R. Ticdcmann, H. Schwcppenhau­ser, Suhrkamp, Frankl'urt a./M., 1974- 1989; d 'ora in poi GS ILI , p. 11 43 .

13 Cfr. anche l'abbozzo di questo sagg io, riportato in nota dagli editori, GS 11.1 , p. I 145. 11 mare è certamente una delle déités incol1feslables di Valéry, e corrisponde

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min non cita la prefazione allibro su Salazar, che, essendo stata pubblicata quello stesso anno, forse non fece in tempo a leggere; ma, dopo aver di nuovo messo in evidenza l' «indiscutibile qualità della sua produzione», il suo essere «colui che più di ogni altro ha pensato a fondo la tecnica della letteratura»14, Benjamin sottolinea come il tentativo di passare dalla piani­ficazione artistica alla pianificazione della società umana non fosse riuscito a Valéry. Il processo metodico messo in atto dall'arte fa sì che l'uomo (si tratta esemplarmente di Monsieur Teste, Everyman estetico) possa varcare la soglia storica e diventare un individuo armonico autosufficiente il quale, una volta trasformato in tecnico e specialista, è pronto a inserirsi al proprio posto in una grande pianificazione.

La soglia non è stata varcata; l'intelletto rimane un intelletto privato, e que­sto è il malinconico segreto del signor Teste. Due, tre decenni prima Lautréa­mont aveva scritto: "La poesia deve essere fatta da tutti. Non da uno soI0"15.

Più avanti Benjamin ripete che Valéry «non ha avuto la forza di chia­rirsi la contraddizione che sussiste tra la sua tecnica e la società alla quale la mette a disposizione» 16. È piuttosto in Gide che Benjamin vede colui che ha saputo mettersi sulla strada della soluzione d.el problema. Almeno in questa fase della sua vita, Benjamin assume come modello teoretico del rapporto arte-vita quello rappresentato da Lautréamont e Gide, due anticipatori del surrealismo secondo lo stesso Benjamin. Non è questa l'occasione per considerazioni storiografiche sul rapporto tra Valéry e

analogicamente alla filosofia. Sebbene non sappia rispondere filosoficamente «<je n'ai pas l'honneur d'elre philosophe ... »). Valéry, dice che basta che egli si ponga la domanda di come possano nascere pensieri filosofici «que mon esprit aussitòt ne me transporte au bord de quelque mer merveilleusement éclairée». P. Valéry, lnspirations méditerranéennes, in P. VaJéry, (Euvres cit., voI. 1, p. 1093. Un'altra deità è il sole che fornisce all'umanità il modello "d'une puissance transcendan­te, d'un maltre unique». Significativamente il sole ha anche. secondo Valéry. un ruolo fondamentale nelle scienze: producendo ombre ha permesso e suggerito la geometria proietti va (p. 1095). Il sole introduce dunque <<l' idée d'une toute­puissance suréminente, J'idée d'ordre et d'tmité générale de la nature» (ibidem). Valéry sconsiglia, lui ne ha fatto la penosa esperienza, di fissare il sole, phénomè­ne souverain (p. 1094). Forse, con le sue brevi considerazioni sulla politica, egli voleva sconsigliare di indagare anche 1'origine della sovranità politica.

14 GS II.2, p. 792. 15 GS n.2, p. 794. 16 GS 11.2, p. 802.

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WaLter Benjamin: immagini dialettiche e schematismo storico 43

Benjamin l7, né in generale è utile, per la comprensione del pensiero di un

autore, pronunciare un giudizio sulle sue predilezioni politiche. Per un verso rimane comunque vero che Valéry ha posto con assoluto rigore e onestà le contraddizioni del poeta e del pensatore, anche nella sua conce­zione della politica e della storia, con risultati formali notevolissimi, per altro verso, a un giudizio sulla concezione politica personale di Valéry, si potrebbe facilmente opporre la sua serena e coraggiosa dignità di fronte agli avvenimenti politici del nazismo. Se qui lo si è chiamato in causa è perché le contraddizioni che incarna possono servire per porre la questio­ne dell'immaginazione storico-politica, cioè la questione, benjaminiana, della dimensione pubblica e mediatamente politica dell'immagine artisti­ca come esemplare schema della immagine dialettica. Non sarebbe strano se Benjamin avesse avuto, rispetto a questi temi, anche Valéry come uno dei suoi referenti; egli ha spesso scelto di dialogare con pensatori con cui aveva affinità profonde, ma su cui, su punti cruciali, era in radicale opposi­zione. Basti pensare all'assai controverso e perciò assai frainteso rapporto di Benjamin con il pensiero di Cari Schmitt. D'altronde, perfino nella sua concezione del tiranno artista, Valéry conserva pur sempre un'aspirazione a un luogo sottratto all'incantamento dell'esistente, all'automatismo che condanna alla ripetizione insensata. In questo luogo, creazione, libertà, intelligenza saranno però possibili solo solipsisticamente l8

. La metafisica semplificata che è alla base di tale impostazione non potrà dire molto della vita storica delle immagini, né della bellezza sottratta alla strumentalità

] 7 Riguardo alla fortuna di Valéry sarebbe, però, interessante valutare il fatto che Th. W. Adorno ha in lui uno dei suoi autori di riferimento, lo considera non solo poeta davvero moderno, ma anche vero filosofo. Di fronte alla proposizione di Valéry: «Ciò che non può essere stabilito è nulla. Ciò che è stabilito è morto», arriva a dire che «Se qualcosa può ancora pretendere il nome di Iìlosofia, allora è questo tipo di antitesi», Th.W. Adorno, Noten zur Literatur, in Th.W. Adorno, Gesammelte Schriften, hrsg. von R. Tiedemann, unter Mitw. von G. Adorno. Wiss. Buchges. , Darmstadt, 1998, Bd. XI, p. 177. Le poche obiezioni che Adorno muove al con­servatore Valéry sono sempre superate da giustificazioni recise. La negazione di una dimensione pubblica e storica dell' arte che pure Adorno trova in Valéry è vista come un esempio di autentica dialettica. L'art pour L'art è. nella perfezione della poésie pure, superamento del formalismo, l'assenza di concezione pubblica e comunitaria è vista come eminentemente dialettica. L'artista nella sua cura della forma, sparisce nel lavoro, in tal modo sta in luogo, è Statthalter, del soggetto so­ciale: «L'arte che grazie alla concezione di Valéry tornasse a se stessa supererebbe la stessa arte e si compirebbe nel vivere giusto degli uomini». Ivi, p. 126.

18 «Il [le tyran intelligent] demeure seule volonté Iibre, seule pensée intégrale, seuI possesseur de la plénitude de l'action, seuI etre jouissant de toutes les proprietés et prérogatives de l'esprit [ ... ]», in P. Valéry, L'idée de dictature, cit., p. 75 .

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Ri"ellJare te ill/magi" j

ideo log ica, né de ll a mi surazione utopica de ll a contingenza ne lla storia. Benj amin tenta una metafi sica critica che di a conto di tutto CiÒ19.

Negli scritli preparatori a Sul cOI/ celio di storia , Walter Benjamin de­scri ve l'uso po litico della storia quando non c 'è la capacità di predire il presente20 :

Chi va a fru gare ne l passato come in un ri posti glio di esempi e di ana­logie, non ha la benché minima idea di quanto, in un dala attimo, dipenda dall a loro attua li zzazione21

I termini dc i problema sono più o meno que lli posti da Valéry: la scom­postezza de ll ' uso po litico de lle immagini è indice di mancanza di co­scienza storica, cioè assenza di immaginazione politica melodica. C iò che preoccupa Be njamin non sono. però, le conseguenze di sordinate di que­sto difetto. l' esigenza non è que lla di stabilire regole oggettive scientifi ­che dell"uso dell'immaginazione che possano fornire alla politica i term ini esalt i per stabilire un ordine sociale razionale o esteticamente armonico. Non è l' ord ine la sua ossessione, Benjamin parla anzi de l di sord ine come «spazio immaginati vo tBildrauml de ll a rammemorazione I Eillgellell kell I

19 Pe r gli editori dell e GS. la critica di Benjamin a Valéry nel saggio del 1934 ( non ha un grande peso)~ perché il pensiero centrale de ll a «lcucrariaazione cii tutti i rapport i soc iali» non conta, a loro giudi zio. Ira le idee più forti d i Benjamin . GS Il . 1, p. 802. L'espressione ( Literarisierung der Lebe nsverh ti ltni ssc~) compare. non ne i saggi su Valéry, ma nel saggio marcatamcnle comuni sta del 1934, Sull'autore cOllie prod uITore; GS 11.2, p. 688. Il fatto che Bcnjallli n es itasse a fa rlo legge­re all' rllnico Scholem (GS Ll .3 . p. 146 1) non ne fa ce rto un lesto su c ui basare l'in terprctazione standard dci suo pensiero. Ma. anche se certi accenti c qua lche fo rlllulal. ionc po~:..on o essere ritenut i caratteri stici ~ol o di que~ ta produ / ionc di Bcnjamin. i termini del problema che po ne lì 11 0n sono però diversi da quelli degli sc ritt i !. uccess ivi. Il rapporto tra BildraulII e Leihraum non vienc dimenticato né ne l Passagerl- \Verk né ne llo se rino Sul c01lC:etto di storicI. Neanche negli scritt i cosiddett i "comunisti " Benjamin pensa a una cOll fu ~ ione di vita e arte. La ri volu­tio ne c il surreali slllo rimangono i te rmini di un ' indagine dialettica in c ui Valéry è un momento impo rtante in quanto rappresenta quasi in pureu<:\ una concel.ione de l ruolo de lle immagini nella stori a, e dell' arte in cui la dimensione pubblica è assente o riso lta in un solipsismo este tico totali tari stico.

20 Bcnjamin riprende qui la caratteri zzazione dell a poli tica come capacità di preve­de re il presente proposta da TurgoL. Cfr. W. Benjamin. GS 1.3. p. 1237. Ms 47 1; tr. il. in W. Benjamin. Sul cOl/cello di storia . a cura di G. Bonola e M. Ranchetti. Einaudi . Torino. 1997. p. 85.

2 1 GS 1.3. pp. 1237- 1238. Ms 47 1: in W. Benjami n. 5 /1 / conce/w di sto ria ciI.. p. 85.

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Walrer I3clljamùl: IIl1l1Wgil/i dialertiche e schellWli.l'l1Jo ,,"Ioric:o 45

invo lontaria»22. In Benjamin 110n c'è irrazionali smo2J , quanto piuttosto una criti ca de l razionalismo. II continui smo, che è il primo bersaglio polemico di Benja min , si presenta, infatti , come un principio razionalisti co della ri ­ducibilità del passato al presente e del presente al passato: quanto accade ha una causa nel passato secondo il principio di ragion sufficie nte c he, in ultima a nalisi, è un principio logico; la causa contiene l'effetto co me la premesse logiche contengono la conseguenza. Per pensare la conringenza della sto ria, l'effetto deve non essere contenuto analiticamente ne ll a causa. Non si deve dare però assoluta contingenza; se si deve poter interrogare il senso della storia, una teori a, s ia pure molto particolare, è però necessaria. Uno moti vo centrale delle tesi Sul concetto di storia sarà, infatti, l'e labo­razione di un «principio cosLruui vo» c he permetta di superare il modello dello storicismo (HislOrislIllls) che non ha «alc una armatura teoretiC3»2.f.

Uno dei tratti più appari scenti della teoria che emerge dagli scritti con­tempora nei alle tesi Sul cancello di storia è la presenza di una fitta tessi­tura di suggesti oni let terarie o teolog iche, apologhi, allegorie, ma anche di immagini vere e proprie come nell 'ekphrasis dell'acquerello di Klee, Augelus 110VIIS. La consapevolezza di Benjamin che proprio questo modo espositi vo eni gmatico c immagi noso avrebbe pOllllO spalancare «porte e fin estre al frainte ndime nto esa lt ato» 25 , testimoni a della necess it à no n solo espositi va dellc immagini . L'csame critico della necessità delle imma­gi ni , sia per l' intelli g ibilità della storia sia per la trasformaz ione politi­ca, è l' armatura teoreti ca della suo siste ma. La filo sofia della storia non può costi tuirsi come un sistema deduttivo, subordinativo, che riconduca la contingenza a intellig ibilità secondo il principio di ragion sufficie nte, può però individuare costellazioni , nuclei di punti di vista, che Benjamin, chiamando in causa Leibniz, chi ama monad i. Il richiamo alla metafi sica raziona lista , naturalmente non significa l'adesione di Benjamin ai presup­posti della monadologia le ibni ziana: l'armoni a del creato come un regno gerarchico in cu i ogni possibi le ha diritto a pretendere all'es iste nza a se­conda della perfezione, della quantità di essenza che, secondo un calcolo

22 GS 1. 3, pp. 12·B. Ms -1.74; in W. Bcnjamin, Sul cOllcetto di slOria cil.. p. &7. 23 L'irrazionali tà appartiene piuttosLO a un insensato bisogno di comrollarc la con­

tingenza de ll a slOria. alla c ieca fiducia ncll"assoluta alltocrazi~l del genio cui lo spirito diua delllro. Se quesla Icginim3 fede este tica ~i app lica alla politica è ine­vitabi le il fatale scambio di persona. al genio s i sostitui sce l'ullictlS dicuuor.

24 W. Benjmnill . 5111 COI/celio di sloria cit.. XV II . p. 5 1. 25 Lettera di W. BClljamin a Gretcl Adorno. april e 1940 in GS I. pp. 1226· 1227.

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46 Ripellsare le immagilli

divino, contiene26 • Benjamin del razionalismo conserva la tensione tra mo­nade delle monadi (dio) e monadi periferiche, ma non intende sciogliere l'aporeticità della riducibilità-irriducibilità tra sostanza unica e sostanze molteplici. La monade è un'individualità che contiene sonno e risveglio, percezioni oscure e distinte, universalità e singolarità, datità e costruzione, azione e conoscenza. La monade come è intesa da Benjarnin si pone, cioè, come una forma peculiare di schematismo. La nozione di monade com­pare, non a caso, insieme a un altro termine chiave di questa teoria che è quello di costellazione. La costellazione è già dal suo nome un'immagine, Sternbild, ma è, in ambito gnoseologico, anche un'immagine dialettica perché illustra nello stesso tempo la necessità e l'impossibilità dell'unione dell'universalità dell'idea con l'individualità del fenomeno. La sua neces­sità è evidente perché questo schematismo rende possibile la «salvezza dei fenomeni e l'esibizione delle idee»27, ma in quanto congiunzione di estremi è anche impossibile, solo chi possegga lo sguardo che sa sempre di nuovo interpretarla, vale a dire conosce l'arte di uno schematismo sto­rico e dialettico può pensarla. La questione si sposta, però, su quale sia il tipo di storia che permette di pensare questa impossibilità senza ridurla a una possibilità sotto un altro rispetto. La risposta di Benjamin, c'è da aspettarselo, è affidata a un'immagine: il «cielo della storia»28, che è sia la

26 G.w. Leibniz, Monadologie, § 54. in G.w. Leibniz. Die philosophischen Schrif­ten, hrsg. von C. L Gerhardt. Olms, Hildesheim, 1978, 1875-1890 1

, VoI. VI, p. 616.

27 Cfr. W. Benjamin, Ursprul1g cles deutschen Trauerspiels, E. Rowohlt Berlin, 1928, tr. il. a cura di E. Filippini, 1/ dramma harocco tedesco, Torino, 1980; (in GS 1.1 , ep·214-215).

28 E suggestivo pensare che questa espressione. che si trova in un luogo centrale di Sul concetto di storia (XIV, p. 47). possa essere arrivata insieme a quella di costellazione dal grande maestro delle allegorie barocche il gesuita portoghese Ant6nio Vieira. Nel suo Sermaò da domilliea da Sexagesima [1655] Vieira stabi­lisce un'analogia tra il cielo in cui le stelle sono disposte in un certo ordine per narrare la gloria di Dio e le parole della preghiera che dovrebbero avere un ordine simile anche loro per narrare la gloria di Dio. Se le parole nei sermoens devono comporsi come le stelle nelle costellazioni, la dispositio deve dunque concepire le parole non come piastrelle, ma somigliare al lavoro di chi semina. La sua clitica è dura con i cattivi predicatori che cercano si mmetrie e ordini artificiali. Il discorso deve essere «ordinato, ma come stelle: stellae manentes in ordine suo (!ude. 5. 20). Tutte le stelle sono in ordine, ma è un ordine che ispira [que faz influencia]. non è frutto del lavoro [quefaça lavor]. Dio non ha fatto il cielo come scacchiera di stelle [xadrez de estrelas) come i predicatori i sermoni in scacchiera di parole». A. Vieira, Sermoens, Lisboa, 1679, pp. 40-41. Cil. in Vocahulaire Européell des Philosophies. Dictiol1naire des intraduisihles, sotto la direzione di B. Cassin, Pa­ris, 2004, p. 967.

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Walter Benjamin: immagini dialettiche e schematismo storico 47

condizione del successo di una rivoluzione, cioè della vera novità storica, sia il testo da interpretare, lo spazio delle immagini storico-dialettiche. La storia, infatti, è interpretabile solo quando presente e passato incontran­dosi danno luogo a un'immagine che segna una frattura della continuità del tempo e produce irradiazione di punti di vista che costituiscono uno spazio immaginativo (Bildraum). L'arresto «improvviso del pensiero in una costellazione satura di tensioni, le provoca un urto in forza del quale essa si cristallizza come monade»29 . La storia è costruzione, non nel tem­po omogeneo, «ma in quello riempito di Jetztzeit», e solo in quanto tale è conoscibile.

Della monade leibniziana, Benjamin conserva la compresenza del mo­mento pratico e di quello conoscitivo, ma, nel suo caso, si tratta di una compresenza che non è equivoca, ma dialettica30. Per un verso vale, in essa, il primato della politica sulla storia3l (dell'azione sulla rappresen­tazione) perché è proprio l'irruzione del presente nel passato (<<il balzo della tigre nel passato»32) a rendere intelligibile il passato. Per altro ver­so è l'immagine dialettica, in quanto istanza conoscitiva, a scatenare le energie sopite, a muovere all'azione. La peculiare monade che Benjamin chiama in causa è un'immagine che è in grado di far saltare la continuità del tempo come illusione di ordine, illusione di intelligibilità della storia. La storia non è ordo possibilitatum inconsistentium, svolgimento illusorio de1Ja lotta dei possibili che pretendono a1J' esistenza, la storia è fulminante esperienza della natura di questa illusione, è un'esperienza dialettica. Se la storia non è intelligibile a partire dal principio di ragion sufficiente, non è però neanche retta dalla logica dialettica hegeliana. Secondo Benjamin, infatti, neanche in Hegel si trovano gli strumenti per comprendere la rottu­ra della continuità che rende possibile la storia: «Il differenziale temporale

29 W. Benjamin , Sul concetto di storia, cil., XVII, p. 51. 30 ]] soggetto metafisico comprende secondo una equivocità sistematica <da Faculté

perceptive et la Faculté Appetitive» perché in ultima analisi esso è pur sempre un soggetto logico in cui ogni giudizio e ogni volizione sono riconducibili al princi­pio logico di identità. G. W. Leibniz, Monadologie, cit., § 48, voI. VI, p. 615.

31 W. Benjamin, Das Passagen- Werk, hrsg. von R. Tiedemann, Suhrkamp, Frankfurt a./M. , 1982, voI. V,I e V,2 (d'ora in avanti PW) hO. 2; tr. il. W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., 136.

32 In W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., tesi XIV, p. 47. L'esplosivo (l'ecrasite) che può scardinare la continuità del tempo è il presente. PW, N 9a, 6, p. 593; cit. in W. Benjamin, Sul concetto di storia cit., p. J24. Presente qui vuoi dire «coscien­za di scardinare il continuum della storia [ ... ] nell'attimo della loro azione». W. Benjamin Sul concetto di storia, XV, pp. 46-48. La coscienza storica è presenza di spirito. Cfr. PW N 12a l; in W. Benjamin, Sul concetto di storia. cit., p. 127.

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48 Ripensare le immagini

[Zeitdifferenzial] , nel quale solamente è vera l'immagine dialettica, per essa [la dialettica hegeliana] è ancora sconosciuto»33.

Questo Zeitdifferenzial, scarto temporale, ha, infatti, in sé una vera e propria contraddizione: un fatto nuovo del tutto singolare (come un'intui­zione crociana) che però ha un posto nel continuum temporale omogene034. La contraddizione tra novità e continuità non è dialettica in senso hegeliano perché lo scarto non è mai superato; in essa si genera, infatti, una discon­tinuità irriducibilc chc non può essere pensata se non come coesistenza, un'immagine appunto che può essere quindi in una relazione solo negativa con il continuo temporale.

Di questo nuovo, che rompe la continuità, una determinazione deve tut­tavia poter essere pensata:

Nell'immagine dialettica il momento temporale si lascia determinare inte­ramente solo grazie al confronto con un altro concetto. Quest'altro concetto è "l'adesso della conoscibilità"35.

La storicità dello schematismo dialettico sta proprio nell'affermazione che solo in un non calcolabile momento critico si determinano le condizioni di conoscibilità della storia, si può prevedere il presente, cioè si può trasfor­mare il mondo. Centrale per questa concezione è che questo momento non può venire dall'esterno, è un movimento interno all'immagine: il «perve­nire "a leggibilità"» delle immagini in un dato momento è «un determinato punto critico del movimento al loro [delle immagini] interno»36. Questo è il momento dell'incontro tra passato e presente in cui si dà discontinuità, immagine dialettica. Il punto critico è allora sia il momento in cui si può pronunciare il giudizio, sia quello in cui, con linguaggio ippocratico, la malattia peggiora rapidamente e decide per la morte o per un repentino

33 PW QO, 21; in W. Benjamin, Sul concetto di storia. cit., p. 136. 34 Cfr. su questo punto forse Benjamin aveva in mente M. Weber, Roscher und Knies

und die logischen Probleme der historischen NationaLOkonomie [1904 1], in M. Weber, Gesammelte Aufsiitze zur Wissenschaftslehre [1922 1

] , Miinchen, 1967, p. 135.

35 PW QO, 21 ; in W. Benjamin, Sul concetto di storia. cit., p. 136. 36 PW N 3, l; in W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., p. 1l7. Giustamente. mi

pare, i curatori dell'edizione commentata delle tesi Sul concetto di storia, sosten­gono l"importanza di questo concetto dell'adesso della conoscibilità per la teoria dell'immagine dialettica e dello stesso concetto di storia, benché esso non com­paia nella redazione lìnale delle tesi Sul concetto di storia, ivi , p. 227. L'imma­gine dialettica è in effetti almeno altrettanto importante come istanza conoscitiva (esperienza) quanto lo è per l' azione politica (rivoluzionaria).

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Walter Benjamin: immagini dialettiche e schematismo storico 49

ri sanamento. La storia è conoscibile solo «così come balena nell'attimo del pericolo»37; di nuovo ippocraticamente si mescolano pericolosità dell'espe­rimento, difficoltà del giudizio, e fuggevolezza dell 'occasione.

Per comprendere il movimento interno dialettico delle immagini una delle categorie più importanti è, lo si capisce già da quanto detto, quella del nuovo. In essa si trova sia la questione dell' adesso della conoscibilità, sia la possibilità del giudizio. Non è gioco linguistico che novus sia etimologica­mente legato a nunc (jetzt) e che, quando assume la figura del progresso, sia il giorno del giudizio, cioè uno dei quattro novissimi. È infatti un assunto centrale per la filosofia della storia di Benjamin che ogni giorno possa darsi rivoluzione o giudizio universale38, ovvero che questo giorno non sia un punto nel continuum del tempo omogeneo:

Il progresso non è di casa nella continuità del corso del tempo, ma nelle sue interferenze: quando ciò che è veramente nuovo per la prima volta si rende avvertibile, con la sobrietà del mattino prest039 .

Il nuovo è concetto escatologico, e appartiene, oltre che al giudizio uni­versale, anche agli altri tre novissimi (morte, paradiso e inferno).

Nell ' allegoria, lafacies hippocratica della storia si offre agli occhi dello spettatore come irrigidito paesaggio originari040 . Oggetto per eccellenza del­la meditazione dialettica, la morte si legge nel volto dalle orbite vuote, naso scavato e pelle livida, ma è un' immagine dialettica in quanto dice della fuga­cità e dell' eternità, della natura e della storia come in un paesaggio di rovine. Non c'è composizione, né consolazione, l'allegoria della morte è allegoria della storia come distruzione e ritorno all ' originario. Per questo motivo può avere una funzione schematica, può essere l'immagine che rende intelligibi­le la storia (in senso costruttivo, non annoverativo). Infatti l'allegoria è una figura retorica e quindi anche immagine, ma è un'immagine assai particolare perché non ha l'immediatezza del simbolo romantico - fusione di partico-

37 W. Benjamin, Sul concetto di sturia, ciI. , lesi VI, lI. il. , p. 27 . 38 Cfr. GS 1.3, p. 1245, Ms 483; cit. in W. Benjamin, Sul concetto di storia , cit., pp.

90-91. 39 PW N 9 a, 7; GS V, p. 593. Il soffio di qualcosa che verrà è caratteristica di ogni

vera opera d'arte, che quindi «non è refrattaria a ogni riferimento al progresso, ma anzi può servire a determinarlo autenticamente». Ibidem . La forma, in positivo, è quella del Urphiinomen. «un'autentica sintesi [eine echte Synthesisl ». PW N 9 a, 4. GS V, p. 592. In questa sintes i è costi tutivo il momento estetico. Cfr. l'Introdu­zione di R. Tiedemann, GS voI. V, p. 35.

40 Cfr. W. Benjamin. 11 dramma barocco tedesco, cit., (in GS 1. 1., p. 343).

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50 Ripensare le immagini

lare e totalità (<<"fenomeno" di un'idea» - "Erscheinung" einer Idee4'), che

rimanda subito a un'ipotiposi, contiene invece un forte elemento conven­zionale, linguistico, scrittori042 che è in grado di interrogare il simbolo, di metterlo in questione, mostrandone dialetticamente la non immediatezza. In Sul concetto di storia questo è il linguaggio delle macerie della storia che l'Angelus Novus vede ammassarsi ai suoi piedi e che non può ricomporre perché trascinato verso il futuro da un vento irresistibile43

Secondo la topica che si è voluto ricavare dai novissimi, il paradiso cor­risponderebbe in Benjamin al mondo messianico, ovvero alla società senza classi, che, però, non ha determinazioni positive, si può solo dire come smise di essere possibile:

Una volta definita la società senza classi come un compito infinito, il tempo omogeneo e vuoto si trasformò, per così dire, in una anticamera nella quale si poteva attendere, con maggiore o minore tranquillità, l'ingresso della situazio­ne rivoluzionaria44

.

I "frammenti del messianesimo" hanno, però, valore positivo: se il tem­po è Jetztzeit, il mondo messianico offre la sola luce che permette azione politica e giudizio. Per usare le parole molto benjaminiane di Adorno:

Dovrebbero essere costruite prospettive nelle quali il mondo si dissesti, si estranei, riveli le sue fratture e le sue crepe, come apparirà un giorno, deforma­to e manchevole, nella luce messianica45 .

41 W. Benjamin, Il dramma barocco tedesco, cit., (in GS voI. 1.1., p. 336). 42 Cfr. W. Benjamin. Il dramma barocco tedesco, cit., pp. 339 sgg. Non si può non

pensare che lo schema è kantianamente proprio monogramma (lineamentuIII), una singola linea tracciata come abbozzo.

43 W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., IX, pp, 36-37. 44 W.Benjamin, Sul concetto di storia. cit., XVIIa, p, 55. Cfr. le innumerevoli cita­

zioni nei Lemmi elaborati dai curatori di Sul concetto di storia cit." s.v. Messia. pp. 183-186. Sulla nozione di compito infinito cfr. T. Tagliacozzo, Esperien~a e compito infinito nella filosofia del primo Benjamin, Quodlibet, Macerata, 2003. Tema di un lavoro non solo di erudizione sarebbe seguire i momenti fondamentali del processo di disillusione riguardo alla filosofia della storia kantiana nell ' ultimo Benjamin. Cfr. in questo libro per esempio le considerazioni riguardo alla lettera di Benjamin a Scholem del 23 dicembre 1917, pp. 319-320. Non solo un confron­to più serrato con tutti gli scritti kantiani di filosofia della storia, ma anche andare oltre la lettura che gliene offriva il neokantismo. avrebbe permesso a Benjamin di cogliere gli importanti sviluppi sistematici che le idee della ragione hanno nella terza Critica kantiana, prima tra tutte quella rappresentata dalle idee estetiche, che molto hanno in comune con le immagini dialettiche.

45 Th.W. Adorno, Minima lIIoralia. cit. § 153; Ir. il.. p. 283.

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Walter Benjamil/: illlmagini dialettiche e schematismo storico 51

L'unica speranza, che si configura come un dover essere, sono le scheg­ge messianiche, cioè la Jeztzeit che scardina la continuità temporale46

• An­che per l'ultimo dei novissimi, l'inferno, c'è posto in questa illustrazione del carattere essenzialmente ancipite del nuovo. Come dice esplicitamente Benjamin, Il mondo moderno è «il tempo dell'inferno», Zeit der Holle:

Si tratta di ciò [ .. . ] , che il volto del mondo, la sua testa troppo grande, pro­prio in c iò che è più nuovo non muta mai , che " il più nuovo" rima ne sempre, in ogni sua parte, lo stesso. Questo costituisce l'eternità de ll ' inferno e la neofilia dei sadici. Determinare la totalità dei tratti fisiognomici in cui si esprime questa " modernità", sarebbe rappresentare l'infern047

.

Tanto più spaventoso questo inferno perché, come il Lucifero dante­sco, si presenta con tutti i tratti della divinità, ma in antitesi. Per Benja­min la moda (anche essa, come "moderno" è etimologicamente legato a modus, adesso) ha una struttura simile alle immagini dialettiche, rap­presenta una frattura nella storia, un salto di tigre nel passato. L' antica Roma, agli occhi di Robespierre era un passato carico di Jetztzei(ls, e la rivoluzione «citava l'antica Roma esattamente come la moda cita un abito d' altri tempi»49. Ma il salto di tigre nel passato «in un'arena in cui comanda la classe dominante» non è esattamente lo stesso salto «sotto il cielo libero della storia»50. All'inferno e al paradiso appartiene la stessa struttura storica della citazione. Citare può essere un automatismo, come dice Valéry, può servire a evocare potenze di cui non si ha coscienza, ma può anche voler dire citare un testimone in tribunale affinché si possa pronunciare un giudizio.

La vera differenza, ciò che decide tra redenzione e condanna, non è allo­ra soltanto il movimento nell ' immagine, quanto la natura di chi pronuncia il giudizio. Solo se il tribunale è l'umanità, se possiede cioè l'universalità della storia o della lingua universale5

!, è possibile «riattizzare nel passato

46 GS 1.3, p. 1248, Ms 442 (ad VII e A), 12; in W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit. , p. 74.

47 PW G O, 17. Cil. ne lla introduzione di R. Tiedemann a PW, GS V, p. 21. 48 W. Benjamin , Sul concetto di storia. cit. , XIV, p. 47. 49 Ibidem. «La grande rivoluzione citava l'antica Roma». GS l.3, p. 1239, Ms 446;

ivi, p. 76. 50 W. Benjamin, Sul concetto di storia, ciI. , XIV, p. 47. AI proposito si deve ripensare

il detto adorni ano, «Non si dà vita giusta nella falsa». Minima moralia cit. , § 18. p. 42 ; tr. il. , p. 35.

51 GS 1.3, p. 1235, Ms 490 Nuove tesi K; W. Benjamin, Sul concetto di storia, cil., p. 95.

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52 Ripensare le ill/II/agini

la scintilla della speranza»52. Il tribunale, certo, non è la ragione estranea all'immagine, al suo movimento dialettico, si tratta della vita stessa delle immagini, che deve contenere l'elemento dell ' universalità, conservando intatta la sua fluidità53. Questa è la ragione per la quale candidata a ri spon­dere a tutte queste esigenze è un ' immagine estetica. L' immagine dialettica è «una vera sintesi [eine echte Synthesis] »54 perché è monade senza ridu­zione di tutte le forze a un calcolo logico della massimizzazione dell ' es­senza, ma è anzi sospensione della strumentalità, incanto estetico e quindi semplicemente apertura di uno spazio di possibilità. La speranza che essa contiene non è prefigurazione intesa come calcolo, ma neanche idillio di una consolazione futura, piuttosto è compito se non dovere di credere nel­la poss ibilità della redenzione anche del passato55. Non si guadagna nulla

52 W. Benj amin, Sul concetto di storia, cil.. VI. p. 27 . 53 PW N Il ,3. «Scrivere storia signifi ca citare stori a. Nel concetto del c itare sta

anche che l' oggetto storico venga di volta in volta strappato dal suo contesto». Ma l' essere strappato dal suo contesto, non serve per dare autorità a quel che si dice, significa dargli valore autonomo di segno, togliere la fi ss ità ideologica sia al citato sia all a citazione. La c itaz ione non poggia «sur rien d ' extérieur à sa propre vérité comme critique présente». G. Debord, La société du spectac/e [1 967j, in G. Debord, (El/vres. edition etablie et annotee J.-L. Rançon en coll aboration avec A. Debord, Gallimard, Paris 2006, § 208. p. 854. Guy Debord parl a qui del détourne­ment come l'opposto della citazione. ma non è lontano dall ' idea di ci taz ione in senso benj aminiano. In Debord si trova ugualmente un senso de lla stori a come mi sura dell a novità che potrebbe esserc pensata insieme a quell a di Benjamin : «Le domaine de l'hi stoire était le mémorable, la totalité des événements don t les conséqllences se manifesteraient longtemps. C'était inséparablement la connais­sance qui devrait durer. et aiderait à comprendre, ali moins partie llement , ce qu ' il adviendrait de nOllveall : «lIne acqui sition pour toujours». dit Thucydide. Par là I"hi stoire étaitla mesure d ' une nouveauté véritable; et qui vend la nouveauté atout intéret à l'aire di sparaìtre le moyen de la mesurer». G. Debord, COII/II/entaires sur la société du spectacle [1 9881, in G. Debord, (Euvres ciI.. § VI, pp. 1601 - 1602.

54 PW p. 592. N 9 a, 4. 55 In Kanl. per pensare la storia è necessario assumere come un dovere di credere in

modo pratico-morale (a li! praktischer Art) che vi sia «il concorrere della saggezza di vina con il corso della natura>>.I . Kant. Das Ende aller Dinge [1 794] A 516; La fine di tutte le cose. in l. Kalll Scritti sul criticismo, a cura di G. De Fl av ii s. Laterza, Roma- Bari. 199 1. pp. 25 1-252. Questo credere è un dovere che, ne l caso venisse a mancare. ci ricondulTebbe al semplice meccani smo de lla natura. all a vita animale. Credere cioè che la legge morale in noi ci inganni al riguardo. «pro­durrebbe il desiderio. che genera orrore, di liberarsi di ogni ragione e di conside­rarsi, riguardo ai propri princìpi . gettati in uno stesso meccani smo della natura con le altre cl ass i animali» .1. Kant, Metaphysik de l' Sitten (Rechstlehre) A 233-234/B 264-265; tr. il. a cura di F. Gonnelli , Fondazione della metafisica dei costumi, Laterza, Roma-Bari . 2005. p. 29 1. Ma una vita non solo animale in cui si dia il

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WC/Iter Benjamin: immagilli dialettiche e schematismo storico 53

dalla redenzione del passato, se non forse che l' immaginazione in tal modo lascia del tutto impregiudicato e aperto il futuro. Il mondo redento è solo misura della miseria e insufficienza del nostro mondo, la speranza è rivolta al passato: rammemorazione, appunto. La potenza della rammemorazione, Eingedenken, è l'unico motivo di speranza:

Ciò che la scienza ha "stabilito" può essere modificato dalla rammemora­z ione. La rammemorazione può fare de ll ' inconcluso (la felicità) qualcosa di concluso, e del concluso (il dolore) un inconcluso. Questo è teologia, ma nella rammemorazione facciamo un' esperienza che ci vieta di concepire la storia in modo fondamentalmente ateologico, tanto poco quanto ci è lec ito provare a scriverla in concetti immediatamente teo log ici56

La storia quindi non è possibile pensarla né con né senza la teologia. Con un 'altra allegoria dialettica, Benjarnin liferisce a se stesso questa necessità e impossibilità della teologia: la teologia è come queII'inchiostro di cui il pen­siero benjarniniano, come una carta assorbente, è tutto imbevuto, ma la carta assorbente fa sparire l'inchiostro della scrittura, lasciando, così sembra, la carta del tutto bianca57

. Questa carta bianca non sembra essere semplice obliterazione, canceIIazione della scrittura, quanto piuttosto disposizione a nuova scrittura, ristabilimento delle condizioni della scrittura. La teologia adempie alla sua funzione con la sua sparizione, sparendo apre al futuro.

In ogni caso, l'immagine storica non è afferrabile se non per chi ha la speranza di redimere il passat058 ; ma questa speranza su cosa si fonda? Nel-

dovere di proporsi uno scopo, per esempio la filosofia come dottrina della saggez­za, è la vita del Geist (I. Kant. Verkiindigung des nahen Abschlusses eines Traktats :um ewigen Frieden in der Philosophie A 494-495; tr. it. a cura di F. Des ideri , in I. Kant. Questioni di confille: saggi polemici. J 786- 1800, Marietti, Genova, 1990, p. 77. Analogameme per la vi nll: chi rosse interamente pri vo di sentimento morale «sarebbe moralmente morto, e se (per usare il linguaggio della medicina) la forza vitale che vi è nella morale non avesse la v irt li di eccitare questo sentimento. allora l' umanità si risolverebbe (per così dire secondo leggi chimiche) in pura animali tà e si confonderebbe irrimediabilmente nella massa degli altri esseri natu­rali». I. Kant, Metaphysik der Sitten (Tugendlehre) A 37; Metafisica dei costumi, tI'. il. di G. Vidari, rivo da N. Merker. Laterza, Roma-Bari 1991, p. 252. Inutile dire che questa vi ta della mente (Geist, mens, nous) è strettamente imparentata con il Geist in senso estetico della Critica della facoltà di giudizio.

56 PW N 8, l , p. 589; W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., pp. 121 - 122. 57 «IJ mio pensiero si rapporta alla teologia come la carta assorbente all ' inchiostro.

Ne è del tutto imbevuto. Se andasse, però, come vuole la carta assorbente, di ciò che viene scritto non rimarrebbe nulla». GS 1.3. p. 1235. Ms 472; W. Benj am in, SII I concetto di storia, cit., p. 85 .

58 W. Benjamin, Sul concetto di storia. cit. , VII. p. 29.

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54 Ripellsare le illll1lagilli

la prima delle tesi di Sul concetto di storia Benjamin presenta il candidato alla vittoria permanente nella partita della storia: il materialismo storico. Dichiara, però, che potrà vincere solo servendosi del trucco rappresentato dalla teologia. Nella storiella di Edgar Allan Poe che illustra questa idea, il nano gobbo nascosto nell'automa scacchista è, secondo Benjamin, proprio la teologia59. La teologia è rappresentata dal nano perché è impresentabile, come dice Benjamin (<<oggi, com' è a tutti noto, è piccola e brutta»). Ma il fatto che questo nano sia nascosto nell'automa indica anche la natura in­gannevole della teologia, che per agire deve nascondersi. Rimane tuttavia indeciso chi sia ad ingannare, se cioè il manichino sia al servizio del nano, o viceversa, e quindi non si sa propriamente chi sia a vincere la partita. Un trucco è indispensabile per trovare un finale alla storia (deus ex machina), ma il trucco stesso è allegoria della possibilità che la vittoria sia frutto dell'inganno (entrambi, manichino e nano sono al servizio dell'imprendi­tore, di chi finora ha sempre vinto: la classe dominante), oppure è allegoria di una macchina meravigliosa, di una magia che li vede davvero diventare un giocatore solo (come appare agli spettatori), una trasformazione alche­mica, redenzione, sintesi di Bildraum e Leibraum, o, per dirla più sobria­mente, schematismo. Solo insieme, insomma, manichino e nano possono vincere, ma per vincere il trucco deve perdere tutta la sua strumentalità60,

deve, cioè essere rimesso in gioco cosa significa vincere, e dunque chi sia il "vincitore".

Si torna quindi a indagare la natura estetica di questo schematismo. Gli esempi della coscienza storica sono d'altronde tutti fenomeni estetici, non strumentali: il rammemorare, proustianamente, è sempre involontario, e la coscienza come risvegli arsi non può mai essere intenzionale. L'illusione, non l'inganno, del sogno apre la possibilità dello «schematismo dialettico» come esperienza del risveglio:

Della dialettica si dà un'esperienza del tutto peculiare. Il risvegliarsi da un sogno è l'esperienza cogente, drastica che confuta ogni "pian piani no" del di­venire e rivela ogni "sviluppo" come rovesciamento dialettico che è eminente-

59 Il falso automa ideato dal barone W. von Kempelen era in grado di battere a scac­chi ogni sfidante. In effetti era manovrato dall'interno da un bravo scacchista na­scosto da un gioco di specchi che davano l'illusione che non ci fosse nessuno sotto il manichino che muoveva i pezzi. Oltre all'inganno si aggiunse la truffa quando l'automa finì nelle mani di 1. N. Maelzel, il quale lo sfrutto commercialmente anche negli Stati Uniti, dove lo vide all'opera Poe. Cfr. W. Benjamin. Sul cOllcello di storia. cit.. p. 21/n.

60 GS 1.3, p. 1235, Ms 472; W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., p. 85; PW N 7a, 7; lvi,p. 121.

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Walter Benjamin: immagini dialettiche e schematismo storico 55

mente composizione continua [durchkomponiert). Per lo schematismo dialet­tico che è alla base di questo processo, i cinesi hanno trovato un 'espressione altamente pregnante. Il nuovo metodo dialettico della teoria storica [Historik) si presenta come quell 'arte di esperire il presente in quanto mondo della veglia al quale quel sogno, che noi chiamiamo ciò che è stato [das GeweseneJ, in effetti si riferisce. Adempiere [durchmachen) ciò che è stato nel ricordo del sogno! - Dunque: ricordo e risvegliarsi sono strettamente imparentati . Risvegliarsi è cioè la svo lta copernicana, dialettica della rammemorazione [Eingedenken) 61.

Come suggeriscono Gianfranco Bonola e Michele Ranchetti , i curatori della raccolta di scritti e commenti Sul concetto di storia, è plausibile che Benjamin alluda al famoso apologo in cui si fa esperienza di questa incer­tezza: se il vecchio filosofo sogni di essere farfalla o la farfalla di essere il vecchio filosofo . L'apologo si chiude infatti con la constatazione che questa incertezza è ciò che Zhuang-zi (l'autore dell ' apologo e il suo perso­naggio) chiama trasformazione delle cose. Schematismo vuole dire infatti anche trasformazione, passaggio da una forma all' altra. In che senso però il passaggio dal sogno alla veglia costituisce il modello della trasformazione storica? Forse è un'esperienza affine a quella del risveglio di Gregor Samsa da unruhigen Traiimen62

: anche l'autore della Metamorfosi amava molto gli apologhi cinesi. Ma forse ha anche a che fare con gli scarti immaginativi, con la variazione musicale senza uno sviluppo preciso, il Durchkomponie­ren. La variazione, in questo caso, è generazione del diverso dall ' identità, sviluppo dialettico non progressivo, non graduale e non razionale63 •

Quale che sia la struttura del risveglio, il sogno si riferisce sempre al mondo della veglia64 . Non si tratta di opporre assolutamente l'eracliteo

61 PW K l , 3; W. Benjamin, Sul concetTO di storia, ci t. , p. 113. 62 «Gregor Samsa, un mattino, svegli atosi da sogni agitati , si trovò, nel suo letto,

trasformato in un mostruoso insetto». (Als Gregor Salllsa eines Morgens aus un­ruhigen Triiumen erwachte, fancl er sich in seinem Bett zu einem ungeheueren Ungeziefer verH'andelt).

63 Anche Campanella usa una terminologia musicale Ce retorica) in riferimento alla sua concezione storica del sommo bene che, considerata nella tota lità del suo canto, è priva di opposti e distinti, innoceme identi tà: «Che maraviglia s' alcuno s'ammazziH Lo guida il Fato con occulto incanto/ per la gran vita, ove enno i mali e i pazzi/ semi toni e metafore al suo camo». T. Campanella, Poesie, in T. Campanella, Opere. a cura di L. Firpo, Mondadori, Milano, 1954, "Del somllw bene metafisico" Madrigale 5, p. 9 1. Luigi Scaravelli vedeva in questa concezione in cui gli opposti , nell ' unità dellogos, sono identici , «un buio mito e forse sogno». «Mai nei secoli è stata agitata "una fiamma così nera·'».L. Scaravelli, Critica del capire, Sansoni, Firenze 1942, e poi voI. I di L. Scaravelli , Opere, con imr. di M. Corsi, La Nuova Italia, Firenze, 1968, p. 155.

64 PW hO, 4; W. Benjamin. Sul concetto di storia, cit., p. 137.

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56 Ripellsare le immagini

mondo comune dei desti al mondo tutto loro dei dormienti, ma di cogliere il momento del risveglio come quell' «adesso della conoscibilità»65 che per­mette di passare dai sogni come processi naturali, inconsci, indistinti alla storia come esperienza collettiva:

[I sogni come processi naturali] si trovano nel ciclo di ciò che è eternamente medesimo, fino a quando il collettivo se ne impadronisce nella politica perché ne nasca storia66

.

La non assoluta opposizione di due mondi, del "ciò che è stato" e del risveglio, è resa possibile dal fatto che "ciò che è stato" non è più un dato oggettivo del tutto pacifico che lo storico può limitarsi a descrivere il più correttamente possibile, "ciò che è stato" è conoscibile solo nella sinte­si tra immagini oniriche e risvegli067. La rivoluzione copernicana di cui parla Benjamin si basa sul primato della politica sulla storia68. Non c'è rammemorazione se il mondo della veglia è del tutto esterno e distante dal sogno. Risveglio e sogno sono intimamente legati: il risveglio come ram­memorazione è adempimento del sogno nel mondo della veglia perché solo nel risveglio il passato diventa intelligibile e può essere riscattato. Ciò che rende intelligibile la storia, e nello stesso tempo la rende possibile, è questo movimento dialettico nell'immagine, questa profezia del presente, ovvero la politica che adempie, nella rammemorazione, ciò che è stato.

Questa nozione di adempimento (Durchmachen) fa pensare alla conce­zione figurale della storia che è stato il modello di intelligibilità storica per molta parte della tarda antichità e del medioevo. I padri della chiesa se ne servivano non solo per l'interpretazione della Bibbia, ma per dare senso alla propria esperienza storica in quanto rivolta all'adempimento del regno dei cieli. Le storie narrate nell' Antico Testamento sono figure, prefigurazioni di storie e personaggi del Nuovo Testamento, così non solo Adamo è figura di Cristo, che lo adempie, ma Cristo in quanto è chiamato Gesù (Giosuè) è figurafuturorwn perché condurrà alla salvezza l'umanità come Giosué gli ebrei; Giosuè, infatti, non Mosè ha condotto gli ebrei fuori dal desert069 .

65 PW N 3 a, 3. GS Y. p. 579. 66 PW K l. 5: W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., p. l 13. 67 PW N 3 a,3: GV V, p. 579. 68 Cfr. PW K 1. 2; W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., p. l12. cfr. anche GS

Y.2., p. 1057. 69 E. Auerbach , Figura [1938 '] in Studi su Dante, tr. it. di M.L. De Pieri Bonino.

Feltrinelli, Milano. 1980, pp. 174-221. in parI. p. 186. Se si considera l'esame dell ' area semantica di figu l'a in epoca precrisliana condotta da Auerbach, si vede bene come non solo la nozione di figura può servire come modello di intelligibi lità

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Walter Benjamil/: illllllagini dialettiche e schematismo storico 57

Che questa nozione di figura sia abbastanza plastica da poter andare oltre il quadro teologico è testimoniato dal fatto che, sia essa stata intesa come promessa di adempimento in un altro tempo storico o nel regno dei cieli, ha certamente influenzato la percezione della temporalità storica anche al di là della concezione medievale ed è stata vitale anche nella concezione dell'arte70

. In ogni caso, appartiene ad essa una distanza tra la natura irreale della figura e la realtà del suo compimento. Il residuo di trascendenza che porta con sé non è eliminabile.

Se qualcosa di questa dinamica è rimasta nella concezione dell'imma­gine storica in Benjamin, certo è stata condotta alle estreme conseguenze, se non altro come coscienza della potenza di questo residuo. Come si è già ricordato, Benjamin ritiene che non si possa concepire ateologicamente la storia, ma, aggiunge, non la si può concepire neanche teologicamen­te. Questa indecisione è essa stessa dialettica e costituisce il più profondo contributo di Benjamin alla comprensione delle immagini dialettiche come struttura dello schematismo della storia.

della storia. Uno schematismo storico o altri modelli semantici analogici della storia potrebbe avere analoga runzione mediatrice, si pensi ag li allri con'ispeuivi greci di figura: m0l1Jhé, eidos , schema, rypos. p/asis. Cfr. ivi , p. 176.

70 Dante nella Commedia non si serve solo dell 'allegoria dei teologi (la relazione figurale, teologicamente intesa), ma anche, in modo del tutto nuovo, dell'allegoria dei poeti. Dante stesso, come personaggio della Commedia. è figura difettiva di San Paolo e di Enea, ma in qualità di poeta politico e teologo è compiutamente figura di Orfeo. Per stabilire ['autonomia della poesia come via indipendente alla verità politica e religiosa, Dante deve forgiarsi una nuova concezione dell 'alle­goria, né bella menzogna, né linguaggio divino, ma che conserva qualcosa di en­trambe le concezioni, permettendo così di non arrestare arbitrariamente la ricerca poetica, che così può interrogare e politica e teologia. Nella Commedia la sua visio per somnium del mondo ullraterreno è tanto poeticamente vera da rendere umbratile la realtà terrena; non per questo qualcuno potrebbe interpretarla come fuga dal mondo.

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