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dell’utilizzo degli autoformer, i leggendari trasfor-matori di uscita che, grazie ad una intelligentissimascelta di configurazione degli avvolgimenti, per-metteva alle amplificazioni di lavorare sempre inmaniera ottimale persino in corrispondenza di unavariazione di impedenza notevolmente bassa do-vuta a diffusori particolarmente ostici. Tutt’ora lafabbrica produce in casa i propri trasformatori chevengono avvolti e customizzati per poter funzionarein maniera ideale in ogni elettronica sfornata daMcIntosh. A questo tipo di elemento si aggiunsero altre bril-lanti innovazioni come il “sentry monitor” che sgan-cia il circuito di uscita in corrispondenza di un piccodi corrente, che potrebbe essere deleterio per il com-ponente; ulteriore esempio è il “power guard” checonfronta la corrispondenza di input e output, perevitare che ci siano situazioni di overdrive. Tuttiquesti accorgimenti, assieme agli inconfondibili Vu-Meter azzurri, sono diventati elementi distintivi eimprescindibili, che, ovviamente raffinati grazie allepiù moderne tecniche di ricerca e sviluppo intro-dotte col tempo, fanno ancora bella mostra di sé al-l’interno degli oggetti di questa prova. Con i 301 saliamo decisamente nell’offerta delle elet-troniche della casa di Binghamton, verso il range diamplificazione costituito dai finali di potenza mo-nofonici. All’ingresso della linea troviamo questi ot-timi ampli che sviluppano ben 300 Watt continui aprescindere dal carico di impedenza del diffusorecollegato, ciò garantisce un pilotaggio ad alta cor-rente stabile e omogeneo, grazie ad una configura-

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Fin da quando McIntosh fu fondata in quel diSilver Spring nel Maryland, il focus di FrankMcIntosh, fu quello di introdurre oggetti dalle

prestazioni certamente ottime, ma che soprattuttofossero affidabili e ben costruiti. L’apporto di Gor-don Gow, che contribuì sostanzialmente alla costru-zione del primo circuito “Unity Coupled Cicuit” esuccessivamente di Sidney Cordeman, che spinseper innalzare sempre di più la qualità audio dei pro-dotti facendo della ricerca e sviluppo un punto car-dine del brand, fece sì che si arrivò alla formulazionefinale di quelli che furono i primi amplificatori astato solido da parte di McIntosh. Il leitmotiv di queste creazioni fu proprio l’innova-zione, pur continuando la grande tradizione di soli-dità costruttiva, senza mai perdere di vistal’obiettivo della qualità audio che aveva contraddi-stinto i più grandi successi della casa (che negli annicinquanta si trasferì definitivamente nello stato diNew York e precisamente a Binghamton). Molti modelli fecero storcere a dir poco il naso ai pu-risti, oramai irrimediabilmente assuefatti alla val-vola, ma poi, grazie anche a varie operazionicommerciali azzeccatissime, come quella di amplifi-care eventi come Woodstock nel 1969 o i concerti deiGrateful Dead nel 74, permisero allo stato solido difare il definitivo salto di qualità anche agli occhidella fetta più oltranzista degli appassionati del-l’epoca. Una delle scelte progettuali più azzeccate che con-sentì a McIntosh di essere al passo e persino avantirispetto alla maggioranza dei concorrenti fu quella

AMPLIFICATORI FINALI MONOFONICI

MCINTOSH MC 301

Visto lo sforzo che stavano facendo i miei fidati colleghi di redazione, scaricandodal baule della macchina i prossimi protagonisti di queste righe, ho subito subo-dorato che si dovesse trattare di qualcosa di alto livello. Beh si sa che noi audiofili“ascoltoni” misuriamo la qualità a spanne e chilogrammi ma, nello specifico, allaluce dei risultati della prova di ascolto, devo dire che ci avevo proprio azzeccato!!

di Alberto Guerrini

L’UNIONE (SPESSO)FA LA FORZA

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sono accoppiati dal celeberrimo autoformer di McIn-tosh che consente un’uniformità di potenza in uscitadi ben 300 Watt continui a prescindere dall’impe-denza applicata, con livelli di distorsione bassissimaben oltre i limiti dell’udibile sia in basso che in alto.L’autoformer è un trasformatore di uscita con unaspeciale configurazione di avvolgimenti bilanciatache fa si di consentirgli di lavorare sempre attornoai valori ottimali di funzionamento, addirittura incorrispondenza di carichi variabili d’impedenza cheraggiungano valori inferiori ai 2 Ohm, senza sotto-porlo a rischi di surriscaldamenti (che diminuireb-bero di molto non solo l’efficienza ma la vita stessadell’amplificatore nel suo complesso). Anche per questo ampli abbiamo la presenza del cir-cuito di protezione “power guard” che previene ilsovraccarico dell’amplificatore, questo non è altroche un comparatore d’onda, che monitora con con-tinuità input e output, nel caso di differenze sostan-ziali (> 0,3%), questo attiva un attenuatore iningresso che diminuisce il livello quanto basta perrientrare nel range ottimo, intervenendo in manieracosì repentina da non inficiare assolutamente la qua-lità audio d’ascolto. Il trasformatore di alimentazione, incapsulato nellafamosa “potted enclosure” è capace di gestire sino a6 Ampere di corrente di picco ed è affiancato da dueenormi condensatori di filtro, ciò garantisce un fun-zionamento ottimale ben oltre i limiti di riferimentonominale.Le dimensioni complessive non sono proibitive, ab-biamo un’altezza di 15,24 cm per il frontale, dove

zione circuitale “quad-balanced” e all’utilizzo, comeaccennato in precedenza, dei tradizionali “autofor-mer” e a monte, di un trasformatore di alimenta-zione e una batteria di filtraggio assolutamentesovradimensionati.

DESCRIZIONE DEL COMPONENTE IN OGGETTOCome accennato pocanzi, questo componente è unfinale di potenza a stato solido (a transistor), mono-fonico con una potenza di 300 Watt. La configura-zione del circuito di amplificazione è un push-pulldoppio bilanciato dall’ingresso all’uscita, e ognimetà del circuito ha una sua complementare, il ri-sultato finale è una configurazione quadri bilanciata.Questo amplificatore utilizza l’ultima generazionedi transistor di uscita presenti sul mercato, selezio-nati per avere un gain di corrente uniforme e accop-piato perfettamente, una banda passante ad altacorrente ed un’area di operatività in sicurezza estre-mamente ampie. Questi transistor sono conosciuti come “thermaltrack” poiché consentono il monitoraggio dello statotermico del componente, il bias dell’amplificatore èstato progettato per avvalersi di questa caratteristicaadattandosi in tempo reale, per ottenere istantanea-mente una performance ottimale in uscita, assicu-rando bassissimi livelli di distorsione in uscita. Nei punti nevralgici dell’architettura sono state uti-lizzate resistenze in film metallico di precisione econdensatori con dielettrico a basso assorbimento. I segnali in uscita dai due circuiti doppio bilanciati,

Il look è classico e accattivante in pieno stile McIntosh, le dimensioni non sono proibitive, abbiamo un’al-tezza di 15,24 cm per il frontale in vetro, ai lati del quale troviamo le modanature metalliche che richiamanoesattamente quelle del pre digitale 15. Lo chassis è in acciaio verniciato alle polveri, tutta la circuiteria ènascosta all’interno del corpo macchina. Al centro c’è un unico Vu-meter, ai lati del quale abbiamo rispet-tivamente: a sinistra il tasto per disabilitare l’illuminazione dell’indicatore stesso e a destra il tasto di ac-censione/spegnimento. Un piccolo led quadrato indica l’eventuale intervento del power guard, uno circolareindica lo stato di accensione o stand-by.

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troneggia, posizionato centralmente, un Vu-Meter il-luminato con fibre ottiche (come il resto dei fregi edei loghi), alimentate da ecologici led. Agli estremidella parte in vetro troviamo le modanature metalli-che, che richiamano esattamente quelle del pre digi-tale D150, mentre ai lati ci sono rispettivamente: asinistra il tasto per disabilitare l’illuminazione del-l’indicatore stesso e a destra il tasto di accen-sione/spegnimento. Un piccolo led quadrato indica l’eventuale inter-vento del power guard, uno circolare indica lo statodi accensione o stand-by.Il pannello posteriore ospita da sinistra verso destra,rispettivamente: lo switch di selezione ingressi bi-lanciati/sbilanciati; il porta fusibile; la vaschetta IECdi alimentazione; l’ingresso bilanciato; l’ingresso sbi-lanciato; l’uscita sbilanciata; l’uscita bilanciata; labatteria di post di potenza (da notare il fatto che nonabbiamo un negativo comune, prassi assodata datanto tempo per gli amplificatori McIntosh, ma sta-volta ne abbiamo uno per ogni positivo della rispet-tiva impedenza, per un totale di tre coppie); la presadi controllo accensione e quella di uscita; lo switch diinnesco dello spegnimento automatico in caso dimancanza di segnale per qualche minuto.Il peso dovuto all’utilizzo di componentistica evi-dentemente sovradimensionata è ben oltre i 30 Kg,esso è supportato dai classici quattro piedoni in pla-stica di McIntosh.

L’IMPIANTO D’ASCOLTO UTILIZZATO L’ascolto è stato effettuato inserendo la coppia di fi-nali MC 301 in sostituzione di quelli di riferimento,nella mia catena di ascolto così composta: SorgenteDigitale per Musica Liquida: Mac Mini, ITunes conEngine Pure Music2, Audirvana Plus, convertitoreD/A USB 24/192, EMM LABS DAC2X CablaggioUSB Kimber Kable Select KS2436Ag, USB Audio-quest Coffee Dbs 7, RCA Audioquest Horizon Dbs7; Diffusori: Martin Logan SL3, Lumen White SilverFlame; Sorgenti digitali: CD Teac VRDS-10 modifi-cato a valvole Emmebi, Lettore Ibrido DVD-DVDA-SACD-Blu Ray Labtek Oppo 105EU Tubes; SorgenteAnalogica: Giradischi Michell Gyrodec, Braccio SME309, Testina Clearaudio Titanium MC, con Cablag-gio Audioquest Wel Signature; Preamplificatore:Convergent Audio Tecnology Legend, con StadioPhono MM, MC; due Amplificatori Finali a Valvole:McIntosh MC275 in configurazione mono; SuperCondizionatore di Rete: Emmebi Custom Made A.G.Signature 110/220 V; Cavi di Potenza: Nordost SPMReference; Cavi di Segnale tra Pre ed Finali Mono:Audioquest Horizon Dbs 72V; Cavo di segnale traCD VRDS-10 e Pre: Nordost Spm Reference; Cavi disegnale tra Labtek Oppo 105EU Tubes e Pre: RCANordost Valhalla; Cavo di Alimentazione Pre: Nor-dost Valhalla; Cavo di alimentazione DAC EmmLabs: Nordost Brahma con terminazioni Furutech;Cavo di alimentazione Oppo 105EU Tubes: Van DenHul The Mains Stream; Cavi di alimentazione Finali:

Nordost Valhalla; Cavo di alimentazione CD Vrds-10: Nordost Shiva.

PROVA DI ASCOLTOPer fortuna ho potuto sottoporre questi bei finalidagli “occhioni blu” ad un degno e sostanziale pe-riodo di rodaggio, che ha reso le prestazioni, già “outof the box” di tutto rispetto, ancor più rimarchevoli. Concord Records SACD Sampler, Vol. 1 (ConcordRecords, SACD): l’apertura è dedicata a “Beija-Flor”,composta da Nelson Cavaquinho e Noel Silva ed in-terpretata dal pluripremiato Jim Hall Quartet. Lapercussione della batteria iniziale è sintomatica del-l’ormai assodata qualità di riproduzione comunealle ultime elettroniche di McIntosh, grande è il ca-rico di essenze materiche e di dettaglio fine, la velo-cità con cui rimbalzano le bacchette respinte daltamburo e forzate di nuovo verso di esso dall’abilegesto del batterista, è assolutamente condivisibile.Man mano che entra il resto degli strumenti si vienea creare un’armonia notevole e la sala d’ascolto co-mincia a saturarsi in maniera omogenea e gradevole.La chitarra elettrica è naturale e delicata e si amal-gama alla perfezione con il pianoforte di contorno,anch’esso morbido e ambrato, ma altrettanto pre-sente e verifico, con un’azione incisiva e piuttostonetta, oltre che dinamica e caratterizzata da un corpomolto buono e decisamente olografico. Queste ca-ratteristiche vengono ancor più in evidenza in chiu-sura, dove lo strumento è da solo, massaggiatoesclusivamente dal contrabbasso suonato con l’ar-chetto e si possono facilmente cogliere tutte quellesensazioni che solo un orecchio più avvezzo potevacogliere precedentemente. Il brano seguente è “Come With Me” scritto da TaniaMaria e Regina Werneck, la voce di Tania Maria ècircondata da un supporto musicale caratterizzatoda una dinamica di grandissimo impatto, in cui il“roll” di basso elettrico la fa da padrone, con pas-saggi repentini in “slap” dai transienti di attacco edi rilascio veramente ripidi nella propria rappresen-tazione grafica. Le percussioni delle conga sono al-trettanto rapide e veloci, contribuiscono a delinearela capacità ottima di pilotaggio di questi finali neiconfronti anche di diffusori tignosi come possono es-sere le mie Martin Logan, che viaggiano velocissimee dinamiche esattamente come le più sempliciLumen White. La batteria colpisce duro, con unpunch di tutto rispetto, supportando la voce senzamai prendere il sopravvento, anzi, sottolineandolacon grande capacità risolutiva, tradendo quindi ot-time capacità di trasparenza. La terza traccia è la celeberrima “Straighten Up andFly Right” di Nat King Cole e Irving Mills brillante-mente cantata da Rosemary Clooney, la cui impo-stazione da performer di altri tempi èeccezionalmente ben resa. La voce è chiara, artico-lata e dettagliata con tutte quelle note rese raucheper volontà di stile e non per flessioni di pilotaggio.Ogni piccolo espediente inserito nella melodia da

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Gene Harris Quartet ci riporta ad un jazz classico epiù consono, dove la chitarra classica, supportata dacontrabbasso, batteria e piano, sottolinea un ritmofluido ma sempre più incalzante. Nonostante per lamaggior parte del tempo tutti gli strumenti viagginosu binari assolutamente paralleli, si percepisce per-fettamente a fuoco ognuno di essi, quasi come sestessero eseguendo un assolo ciascuno. Lo stru-mento a tastiera ha una dinamica importante, sep-pur allo stesso livello del contrabbasso, entrambiperfettamente fotografati in quanto a caratteristichedimensionali. Tutti rimangono intrecciati eppureperfettamente delineati, facendo vedere di nuovol’ottima trasparenza e definizione di queste elettro-niche. Ache “My Handy Man Ain’t Handy No More” diEubie Blake e Andy Razaf è una canzone di un’altraepoca, e che epoca! Carmen McRae è in grado di nonsfigurare di fronte ad un classico interpretato nelpassato da veri e propri mostri sacri, il suo stile è im-peccabile, ammiccante e capace di un’interpreta-zione su livelli difficilmente riscontrabili altrove. Ilcampionario della sua voce è ricchissimo di stilosiaccorgimenti di diaframma e laringe, rimane perfet-tamente intellegibile e al contempo profonda ed ar-ticolata, senza sibilanti e senza irrigidimenti o artefazioni. L’Hammond che la accompagna è molto di-namico e pieno di variazioni, scende che è un pia-cere! Dinamico ed espressivo tanto quanto la McRaestessa. I piatti spazzolati da un abilissimo batteristasono ricchissimi di fini particolari, sono aperti e se-tosi, vibrano con una quantità di materiale espressoche è un vero piacere ascoltare e percepire in salad’ascolto.

Rosemary è perfettamente intellegibile in sala, conuna facilità imbarazzante, sia durante i crescendoche durante i momenti più tranquilli, nonostante ifiati della big band che la affiancano siano forti eenergizzanti a livelli molto elevati. Persino l’intro-duzione tratta dal disco originale fa sentire tutti ipiccoli difetti di lettura della puntina fonograficasulla vecchissima lacca da cui è stata campionata. Siai piatti che gli ottoni che intervengono con assolutovigore durante tutta la canzone sono squillanti,aperti ed eccezionalmente efficaci, con vibrati ricchi,articolatissimi e carichi di contrasto dinamico a nonfinire.La mitica “Watermelon Man” di Herbie Hancock,magistralmente riarrangiata in chiave caraibica daPoncho Sanchez e Mongo Santamaria, ci da unospaccato di quanto possano essere veloci questi fi-nali, dandoci delle percussioni leggere che sono allostesso tempo tremendamente tonde e assolutamentefulminee, mantenendo però le caratteristiche costi-tutive sia delle pelli che dei corpi risuonanti. Si per-cepiscono perfettamente perfino le variazioni diintensità durante l’impatto delle mani sulle pelli egli sfregamenti dovuti ad un’azione non troppo ver-ticale di esse. Il sax è super energizzato e al con-tempo contornato da una serie di sfumature, dettaglichiaroscurali e sfaccettature sia in campo microsco-pico che macroscopico, che innalzano a livelli note-voli la performance complessiva in sala d’ascolto.Ne è un esempio lampante il finale del brano conl’esultanza di tutti gli interpreti suggellata da un ap-plauso spontaneo quanto dinamico e assolutamenterealistico.“Listen Here” scritta da Eddie Harris e suonata dal

Il pannello posteriore ospita da sinistra verso destra, rispettivamente: lo switch di selezione ingressi bi-lanciati/sbilanciati; il porta fusibile; la vaschetta IEC di alimentazione; l’ingresso bilanciato; l’ingresso sbi-lanciato; l’uscita sbilanciata; l’uscita bilanciata; la batteria di “binding post” di potenza, da notare il fattoche non abbiamo un negativo comune ma uno per ogni positivo della rispettiva impedenza, per un totale ditre coppie; la presa di controllo accensione e quella di uscita; lo switch di innesco dello spegnimento auto-matico.

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Particolare dell’architettura interna che è racchiusa totalmente all’interno dello chassis, da notare glienormi condensatori, l’autoformer ed il generosissimo trasformatore di alimentazione, oltre alla schedaelettronica come di consueto totalmente prodotta e assemblata in casa.

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La settima traccia è “Airegin” del mitico Sonny Rol-lins e reinventata totalmente da Tito Puente con ilsuo stile inconfondibilmente caraibico, con unatromba aperta e prontissima nei suoi saliscendi ra-pidissimi e sempre perfettamente focalizzati, carichidi una forza di impatto che, se non altrettanto bensupportata in fase di pilotaggio della gamma mediae medioalta risulterebbe solo in fastidio e fatica diascolto generale. Gli assoli di trombone sono altret-tanto efficaci quanto quelli del sax, ricchi di sfuma-ture delle più infinitesimali e sempre espresse conabbondanza di particolari. L’intera sezione dei fiati,assume con le percussioni un ruolo di primo pianonel donare questa inconfondibile connotazione cu-bana ai brani di questo fantastico performer, ma dicontro mettono ferocemente alla prova sia i diffusoriin campo medioalto e medio ma soprattutto le elet-troniche di pilotaggio, che in questo caso specificose la cavano in maniera decisamente egregia..Il sax in “Blood Count” di Billy Strayhorn è delgrande Stan Getz, parte con una forza prorompentee illumina letteralmente la sala d’ascolto con lampidi intensità notevolissima. Nonostante abbia dei pic-chi altissimi non risulta mai in trapanature da stu-dio dentistico, anzi, mantiene una setosità e unaquantità di microdettaglio e micro contrasto vera-mente impressionante. Lo strumento ha una pro-porzione perfetta con un posizionamento ed unafocalizzazione estremamente efficaci e puntuali. La composizione successiva è “Love Walked In”scritta niente popò di meno che da George Gershwine Ira Gershwin. L’interpretazione della The BossBrass, con Rob Connelly alla tromba e alla direzionee la voce retrò di Mel Tormé, rendono veramentegiustizia a questo classico jazz. I fiati sono di nuovoprotagonisti indiscussi e supportano alla grandeTormè, che viene materializzato in sala ben oltre illimite fisico del piano tracciato virtualmente dai baf-fle dei diffusori. Il timbro è piacevole e avvolgente earricchito da moltissimi particolari ed altrettanti det-tagli provenienti anche dallo stage. Il “mellow tone”tipico di questo interprete è perfetto per un brano diquesto genere e ne rende l’ascolto un vero e proprioantistress. La big band ha dimensioni molto ben ri-costruite, con una scena caratterizzata da una suc-cessione di piani ben spaziata e precisa e un’altezzainvidiabile. Tutti gli strumenti hanno un’ottimaquantità d’aria attorno e appaiono ben focalizzatinelle proprie posizioni specifiche. Il vibrafono di Cal Tjader in “Serengeti”, scritta daMark Levine, è velocissimo e caratterizzato da uncontenuto dinamico importantissimo sia in campomacro che micro, al pari del pianoforte con cuiduetta per tutto la traccia. Gli impatti dei martelletti,che siano quelli attuati meccanicamente dello stru-mento a tastiera, che quelli manuali che impattanosul vibrafono, sono assolutamente a fuoco, con va-riazioni perfettamente udibili e ben stagliate nel-l’ambito compulsivo della composizione. Lepercussioni sono ricche di piatti e si intrecciano per-

CARATTERISTICHE TECNICHE

Tipologia di progetto:Amplificatore finale a sta-to solido monofonico, a trasformatori autoformerd’uscita, stadio d’uscita push pull complementa-re, con Powerguard e Vu meter centrale;Potenza di uscita per canale: 300 Watt su 8,4,2Ohm;Numero di canali: 1;Rapporto segnale rumore bilanciato (pondera-to A): 95 dB, (120 dB sotto l’uscita nominale);Rapporto segnale rumore sbilanciato (pondera-to A): 93 dB, (118 dB sotto l’uscita nominale);Rapporto segnale rumore: 118 dB sbilanciato, 120dB bilanciato (Power Amp);Soglia dinamica (dynamic headroom): 2 dB;THD: 0,005% da 250 mW alla potenza nominale;Distorsione di intermodulazione:max 0,005% seil picco istantaneo di potenza d’uscita non ecce-de di due volte la potenza di uscita nominale perqualsiasi combinazione di frequenze da 20 Hz a20 kHz;Fattore di smorzamento: >40 (su tutta la banda au-dio);Input: 1x bilanciati XLR; 1x sbilanciato RCA;Output: 1x sbilanciato; 1x bilanciato; Bindingpost di potenza 3x coppie positivo/ negativo;Altri ingressi/uscite:Power Control Input, PowerControl, IEC alimentazione;Impedenza di ingresso sia bilanciata/sbilancia-ta: 22 kOhm;Intervento Power Guard: <2% THD fino a 14 dBsegnale di overdrive;Gain in Voltaggio: 23 dB 2 Ohm, 26 dB 4 Ohm,29 dB 8 OhmBanda passante di potenza (Nominale): 20 Hz –20 KHz;Risposta in frequenza (+0/-0.25 dB): 20 Hz – 20KHz;Risposta in frequenza (+0/-3 dB): 10 Hz – 100KHz;Sensibilità in ingresso : (Bilanciata 3,4 V / Sbi-lanciata 1,7 V);Protezione: Powerguard;Terminali:Connettori Con Serraggio A Vite plac-cati oro;Consumo e alimentazione: 230 V 50/60 Hz @ 1,9A; Standby: <0.3 Watt;Finiture disponibili:Nero, con frontale in vetrocon cornice verticale metallica, Vu-Meter, scatolachassis acciaio in inclusione;Dimensioni: (AxLxP in cm) 15,24 x 44,5 x 50,8;Peso: 30,4 kg (con imballo 34,9 kg)

Prezzo IVA inclusa: Euro 15.000 la coppia

Distributore: MPI Electronic E-mail: info@ mpielectronic.com Web: www.mpielectronic.com

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fettamente con i flauti che, nonostante mantenganoquel garbo distintivo, hanno una connotazionemolto più ritmica rispetto all’utilizzo classico. No-nostante il ritmo serrato della composizione, gli stru-menti rimangono peculiari e perfettamentefocalizzati, mantengono un’escursione armonicaperfettamente caratterizzante e una timbrica moltonaturale, senza arte fazioni evidenti o variazioni disorta. Il pezzo successivo è “In Walked Bud” delgrande Thelonious Monk interpretato dal gruppoArt Blakey & the Jazz Messengers, ancora caratte-rizzato da un ritmo frenetico, con grande presenzadi fiati che, ancora una volta, non tradiscono, sia cheintervengano come sezione di band, che nelle pro-prie performance da solisti: come il sax e la tromba,che si alternano con grande passo e cadenza; ilprimo è intenso espressivo e forte del proprio corpo,con dei saliscendi importanti e dei picchi quasidegni della seconda, aperta intensa e penetrante alpunto giusto, pur rimanendo sfacciata e prepotentecon la sua impostazione più acuta. La batteria inquesto caso è molto più energetica e potente con unaforza che quasi definirei bruta all’apice dell’assolodi cui è protagonista a circa metà durata. Lo stessopianoforte viene quasi violentato, l’intensità con laquale vengono calcati i tasti è pari solo alla fre-quenza delle battute, sempre più alta e convulsa. Lacapacità di pilotaggio deve essere veramente note-volissima per mantenere il range dinamico e con-temporaneamente la risoluzione così elevati comerisultano essere in sala, senza indulgere in distor-sioni evidenti o in amalgame informi tipiche delleelettroniche di basso lignaggio. L’applauso finale cidescrive in un batter d’occhio tutta la tridimensio-nalità accurata del locale dal vivo dove è stata regi-strata la performance in presa diretta, gli applausisono caldi ed espressione di una neutralità e dinuovo di un contrasto dinamico di gran livello. Il clarino rapido e eccezionalmente espressivo che sischiude immediatamente dal brano “O NossoAmor”, composto dall’iconico Antonio Carlos Jobimcon Vinicius de Moraes e suonato da Ken Peplow-ski e dal Charlie Byrd Trio, è qualcosa di semplice-mente magico. Cinguetta letteralmente, sostenuto daun’immancabile chitarra classica, mantenendo unfocus ed una variazione dinamica importantissimi.L’articolazione in gamma puramente media è im-pressionante, soprattutto considerando la rapiditàcon cui si svolge la performance e la quantità di det-taglio che si coglie costantemente per tutta la duratadel brano. Si riesce a seguire il movimento dellostrumento durante l’intervento di scena, captandole variazioni di intensità che contribuiscono a deli-nearne posizione e distanza. L’ultimo pezzo è “Spring Will Be a Little Late ThisYear”, composto da Frank Loesser, interpretato dallavoce calda piena e profonda di Michael Feinstein, ac-compagnato dalla Israel Philharmonic Orchestra. Ilcantante si sporge in maniera molto importanteverso il punto d’ascolto, l’articolazione che la carat-

terizza è pari, se non ancor maggiore, rispetto aquella fino a questo momento ammirata per voci contimbrica ben più acuta: ci è offerta con una chiarezzaun’articolazione ed un’efficacia veramente degne dinota. Anche la sezione degli archi che finalmente,dopo tante tracce di assenza, possiamo analizzare eche ci dimostra essere altrettanto espressiva quantoquella di fiati fino ad ora esposta e apparse con piùfrequenza. Viole e violini sono ricchissimi e hannouna presenza importante, la spaziatura tra di essi èben delineata e la ricchezza di dettagli microscopicaè evidente. La timbrica è piacevolissima e sinuosa,partecipa attivamente alla costruzione della tramasonora, che diviene col passar del tempo sempre piùimportante e variegata. Menzione particolare vafatta per il flauto, stavolta molto più acuto ma sem-pre soave e dolce e contornato da grande dettaglio ericchezza di contrasti e chiaroscuri. I piani sonori,sono opportunamente spaziati e contribuiscono aduna tridimensionalità credibile e verifica. I pieni or-chestrali sono molti e sempre importanti, vengonosupportati egregiamente da una capacità di eroga-zione veramente impressionante.

CONCLUSIONISe già ci eravamo fatti trasportare dalle ottime pre-stazioni del MA8000, integrato top a stato solidodella casa di Binghamton, questi finali ci hanno fattofare un ulteriore step verso l’eccellenza. Ce lo sa-remmo dovuto aspettare, visto che, già su carta,molti valori dei parametri salienti (che ci servono avalutare la performance complessiva di un’elettro-nica di amplificazione), erano migliori. Ovviamenteil fatto di avere due circuitazioni separate e soprat-tutto un’alimentazione dedicata per canale ha aiu-tato ulteriormente e non poco! Non sempre lemisurazioni si concretizzano in un effettivo beneficiomancava solo la prova dell’orecchio, e l’abbiamo ot-tenuta eccome! Oltre alla notevole dinamica di cui ècapace il 301, superiore a quella del top di gammaintegrato stereo, si aggiunge un miglioramento incampo microscopico, migliora il contrasto, miglio-rano le sfumature, migliorano tutti i dettagli finioltre ai parametri prettamente muscolari. Le escur-sioni dei trasduttori sono ancor più controllate, ra-pide e frenate, diminuiscono le code e aumental’articolazione sia in basso che in campo medio. Lagamma alta è ancor più piacevole e rimane ben ce-sellata senza indulgere troppo alla fatica d’ascolto,la naturalezza dei fiati e la qualità degli archi, si ag-giunge ad una evidente predilezione per gli stru-menti prettamente analogici e per le voci. Proprioquest’ultima considerazione ci fa apprezzare ancordi più lo sforzo notevolissimo che nell’ultimo de-cennio ha fatto la casa statunitense per approcciareun’impostazione sonica più audiofila, improntataalla naturalezza e al realismo, abbandonando defi-nitivamente gli effetti speciali. Non resta che sce-gliere un’appropriata sezione di preamplificazioneed il gioco è fatto!