Harold Bloom Contro Tutti

9
Harold Bloom contro tutti Anatomia del più importante e celebre critico letterario del mondo. Pensieri tranchant da Shakespeare a DFW. Di Francesco Longo Durante la notte sogna ancora in yiddish, la lingua che ha parlato prima di imparare l’inglese da solo, all’età di sei anni. Nei sogni a volte lo va a trovare Sigmund Freud: «Freud appare sempre nei miei sogni come Jahveh il Padre», come ha raccontato nel libro Rovinare le sacre verità. Poesia e fede dalla Bibbia a oggi (1992). Freud però non si manifesta soltanto nelle visioni oniriche, a lui Harold Bloom ha dedicato addirittura un capitolo del suo libro di maggior peso, Il canone occidentale . Gli altri capitoli celebrano venticinque maggiori scrittori di sempre, considerati inevitabilmente più maestosi dei loro critici e dei teorici letterari. Nonostante abbia fatto entrare Freud nel canone, Bloom non ritiene sia utile servirsi della psicanalisi per interpretare i testi letterari, e propone di sostituire alla lettura freudiana di Shakespeare una lettura shakespeariana di Freud. L’idea è che nessun campo del sapere può far luce su Shakespeare, che è al centro del canone letterario di ogni tempo. Per Bloom Shakespeare è un faro, è un evento sismico irripetibile, è una potenza abbagliante che squarcia l’umanità e le cui ombre benefiche arrivano a fecondare gli scrittori dei secoli successivi, fino al Novecento: «Chiunque tu sia e ovunque ti trovi, egli è sempre davanti a te, concettualmente e quanto a immaginario». Shakespeare contiene già tutti quelli che proveranno a leggerlo.

description

Harold Bloom Contro Tutti

Transcript of Harold Bloom Contro Tutti

Page 1: Harold Bloom Contro Tutti

Harold Bloom contro tuttiAnatomia del più importante e celebre critico letterario del mondo. Pensieri tranchant da Shakespeare a DFW.

Di Francesco Longo 

Durante la notte sogna ancora in yiddish, la lingua che ha parlato prima di

imparare l’inglese da solo, all’età di sei anni. Nei sogni a volte lo va a trovare

Sigmund Freud: «Freud appare sempre nei miei sogni come Jahveh il Padre»,

come ha raccontato nel libro Rovinare le sacre verità. Poesia e fede dalla

Bibbia a oggi  (1992). Freud però non si manifesta soltanto nelle visioni

oniriche, a lui Harold Bloom ha dedicato addirittura un capitolo del suo libro di

maggior peso, Il canone occidentale . Gli altri capitoli celebrano venticinque

maggiori scrittori di sempre, considerati inevitabilmente più maestosi dei loro

critici e dei teorici letterari. Nonostante abbia fatto entrare Freud nel canone,

Bloom non ritiene sia utile servirsi della psicanalisi per interpretare i testi

letterari, e propone di sostituire alla lettura freudiana di Shakespeare una

lettura shakespeariana di Freud. L’idea è che nessun campo del sapere può

far luce su Shakespeare, che è al centro del canone letterario di ogni tempo.

Per Bloom Shakespeare è un faro, è un evento sismico irripetibile, è una

potenza abbagliante che squarcia l’umanità e le cui ombre benefiche arrivano

a fecondare gli scrittori dei secoli successivi, fino al Novecento: «Chiunque tu

sia e ovunque ti trovi, egli è sempre davanti a te, concettualmente e quanto a

immaginario».

Shakespeare contiene già tutti quelli che proveranno a leggerlo. Nel Canone

occidentale si legge: «Non puoi illuminarlo con una nuova dottrina, sia essa il

marxismo o freudismo o scetticismo linguistico demaniano. Al contrario,

Shakespeare illuminerà la dottrina (…): tutto ciò che interessa a Freud è già in

Shakespeare, oltre che una persuasiva critica a Freud». Chi ha disegnato la

mappa freudiana della mente? Shakespeare. Con chi devono competere gli

scrittori contemporanei? Shakespeare. Chi è al centro della cultura

occidentale più di Platone e Aristotele, Kant e Hegel, Heidegger e

Page 2: Harold Bloom Contro Tutti

Wittgenstein? Shakespeare. E in futuro, chi sarà «lo scrittore più originale che

mai conosceremo»? Shakespeare.

In seguito a un incidente automobilistico, il critico letterario più famoso del

mondo, Harold Bloom, per camminare ha bisogno di sostenersi con un

bastone e tiene i corsi universitari nel salotto di casa, a New York, dove è nato

nel 1930. Figlio di genitori ebrei scappati dall’Europa – il padre era nato a

Odessa, la madre vicino Brest Litovsk – ha incontrato da ragazzo la poesia di

Hart Crane grazie a un libro preso in prestito in una biblioteca del Bronx. Ha

conseguito un dottorato a Yale nel 1955, università dove è professore emerito

e che gli ha assegnato il massimo titolo accademico: Sterling Professor of

Humanities. I suoi libri, oltre venti volumi di saggi di critica letteraria, sono

tradotti in più di quaranta lingue. Tra i più celebri, a parte il Canone

occidentale (1994), vanno ricordati almeno L’angoscia dell’influenza (1973), Il

libro di J (1990), Come si legge un libro e perché  (2000) e Anatomia

dell’influenza  (2011).

Non è solo il critico più conosciuto del globo, è anche il più controverso. I

suoi testi sono inseriti nei programmi d’esame di studenti di ogni angolo del

mondo e contemporaneamente non si contano i suoi nemici dentro e fuori

l’accademia. Chi contesta le sue selezioni letterarie – ovvero chi negli anni ha

cercato di allargare il canone composto da Dante, Chaucer, Cervantes,

Montaigne, Shakespeare, Goethe, Wordsworth, Dickens, Tolstoj, Joyce, Proust

e da altri, per inserire nuovi autori – è entrato immediatamente nella lista

nera delle sue conoscenze. I suoi maggiori detrattori ideologici lo hanno

accusato, negli anni, di essere razzista, sessista, conservatore e reazionario

perché esclude il recupero di scrittori dimenticati, è beffardo nei confronti

delle scritture marginali, sostiene da una vita di voler leggere e insegnare solo

i classici. «Il ‘68 ha distrutto l’estetica, introducendo una finta

controcultura politically correct in base alla quale basta essere un’esquimese

lesbica per valere di più come scrittrice. Mentre il resto dei critici li buttava

alle ortiche in quanto ‘elitari e non rappresentativi delle altre culture’, io ho

osato riesumare i cosiddetti ‘maschi europei bianchi defunti’. Beccandomi

Page 3: Harold Bloom Contro Tutti

l’accusa di razzismo, elitismo e sessismo. Ho osato sostenere che la grande

letteratura non ci rende più altruisti o generosi», ha dichiarato in un’intervista

ad Alessandra Farkas, contenuta nell’ebook Cosa resta della letteratura). Tutti

i suoi avversari sono stati classificati dallo stesso Bloom sotto la categoria di

“Scuola del Risentimento”. In questo insieme compaiono i critici che vogliono

abbattere il canone. In realtà nessuno vuole demolire il canone, chi lo

contesta cerca solo di dilatarlo, ma per Bloom la dilatazione del numero di

testi da trasmettere agli studenti significa distruzione del canone: «Quanto

viene insegnato non comprende affatto i migliori scrittori, siano donne,

africani, ispanici o asiatici, ma scrittori che ben poco offrono al di fuori del

risentimento che hanno alimentato in sé quale parte del loro sentimento di

identità». Vivendo nelle università si è guardato intorno e ha visto il

moltiplicarsi di dipartimenti di “Studi culturali” in cui «fumetti di Batman,

parchi tematici mormoni, televisori, pellicole cinematografiche e rock

sostituiranno Chaucer, Shakespeare, Milton» e se ne è addolorato. Fanno

parte della Scuola del Risentimento sei rami di studiosi: marxisti, femministi,

neostorici, lacaniani, decostruzionisti, semioticisti.

Nella metà dell’Ottocento, Thomas Babington Macaulay, l’architetto

dell’educazione inglese in India, espresse il noto giudizio secondo il quale un

unico scaffale di letteratura europea valesse tutti i libri dell’India e dell’Arabia

insieme. Le idee di Bloom sembrano essere in linea con le tesi di Macaulay.

Ma nel ricordare le origini dell’idea della superiorità della letteratura

occidentale sulle altre, e le strategie con cui la letteratura è stata usata per

sottomettere alte culture, anche Ania Loomba, nel

libroColonialismo/Postcolonialismo , ammette che «storicamente, Shakespeare

è stato usato in Sud Africa sia per contrastare che per diffondere il razzismo».

Comunque, il giorno in cui Bloom si è accorto che più del valore delle opere

contava il passaporto dell’autore – dove è indicata la provenienza geografica

e il genere sessuale – è cominciata la sua guerra di civiltà. Per valore delle

opere cosa intende? In che cosa consiste la battaglia tesa a salvaguardare

purezza e pienezza della poesia? Quali sono i “criteri severamente artistici”

Page 4: Harold Bloom Contro Tutti

che difende? Una delle caratteristiche fondamentali del suo discorso critico è

l’originalità: «Il grande scandalo che il risentimento non è in grado di

accettare». Come può uno scrittore entrare a far parte delle opere immortali?

«Uno dentro il canone irrompe solo per forza estetica, la quale consiste

primariamente di un amalgama: padronanza del linguaggio figurativo,

originalità, capacità cognitiva, sapere, esuberanza espressiva».

Raccontando se stesso, Bloom sostiene di aver condotto una vita dissipata,

«bevendo, fumando sigari e trascurando l’esercizio fisico» (così si è descritto

ad Alessandra Farkas). Mentre alla Paris Review, che gli domandò quale

persona avrebbe voluto aver incontrato nella vita, ha dichiarato: «La sola

persona che avrei voluto conoscere e che non ho mai conosciuto, ma è stato

un bene, è Sophia Loren. Sono stato innamorato di Sophia Loren per almeno

un terzo di secolo. Ma senza dubbio è stato meglio sia andata così».

Di fatto ha trascorso la vita a leggere – legge in greco, ebraico moderno e

antico, latino, yiddish, inglese, francese, spagnolo, tedesco, portoghese,

italiano – e l’unico rimpianto che ha sono gli inutili litigi, che gli hanno

sottratto tempo allo studio. All’inizio della carriera i suoi interessi erano rivolti

a Keats, Wordsworth, Emerson, Coleridge, Blake. Interessi molto vicini a quelli

di due critici della cosiddetta scuola di Yale : Geoffrey Hartman e J. Hillis Miller.

Anche per questo motivo per un lungo periodo è stato confuso e associato ai

teorici del decostruzionismo. Ma una volta confrontatosi con lo strutturalismo

degli anni sessanta e con la decostruzione, e aver quindi voltato le spalle sia a

Jacques Derrida che e al suo amico Paul de Man, si è trovato solo e da allora

dice di non avere né una scuola, né colleghi. Il sentimento di solitudine

deriverà anche dal fatto che gli attacchi arrivano non solo dai teorici degli

studi postcoloniali, o dalle femministe, ma anche dagli spiriti conservatori e

dalle autorità religiose. Per Bloom la letteratura non è una cassaforte di valori,

non rende migliore nessuno, i veri grandi scrittori sono anzi quelli che hanno

sovvertito tutti i valori della società. Leggere non rende cittadini morali, e così

gli scrittori non devono rispondere a una vocazione politica: è celebre la sua

Page 5: Harold Bloom Contro Tutti

idea secondo la quale pretendere responsabilità politica dallo scrittore è come

esigerla da un giocatore di baseball.

Le sue letture dei testi sacri si sono prestate ad altrettante polemiche. Per

Bloom «l’adorazione occidentale di Dio – da parte di ebrei, cristiani e

musulmani – è l’adorazione di un personaggio letterario». Walter Siti, a

proposito della dimensione religiosa e del sacro in Bloom ha scritto un saggio

dal titolo An American Gnosis. Appunti su critica e religione in margine

all’opera di Harold Bloom. E proprio il primo saggio di Bloom che entrò nella

classifica dei libri più venduti fu il volume Il libro di J  nel quale sosteneva non

solo che un autore della Bibbia ebraica esistesse ma che l’autore fosse una

donna. Si ritrovò contro studenti, rabbini, giornalisti. Anche i rapporti con il

cristianesimo non sono buoni, visto che considera cristianità e antisemitismo

come sinonimi.

Alcune notti non sogna in yiddish, né gli appare Freud. Certe sere

semplicemente non riesce a dormire. «A volte, nelle lunghe notti insonni

mentre mi riprendo lentamente da acciacchi e malanni vari, mi domando

perché io sia sempre stato così ossessionato dai problemi dell’influenza.

Dall’età di dieci anni in poi, la mia soggettività si formò grazie alla lettura

della poesia e, in un momento che ormai ho dimenticato, cominciai a

interrogarmi sulle influenze», ha scritto in Anatomia dell’influenza, sorta di

autobiografia letteraria. A parte la difesa del canone dal proliferare di mille

anticanoni, infatti, l’altra nozione portante di Bloom è la visione della

letteratura come di un campo di lotta tra testi e tra autori. L’angoscia

dell’influenza nasce nell’anima di ogni scrittore che decide di scrivere ed è

costretto a relazionarsi con i giganti del passato. Gli spiriti deboli sono

sopraffatti dai maestri irraggiungibili tanto da esserne travolti. I grandi invece

si riconoscono tra loro e traggono vantaggio dalla competizione e

dall’influenza dei loro predecessori. Da Joseph Conrad, per esempio, sorgono

Hemingway, Fitzgerald e Faulkner. Ma ognuno di loro diventa se stesso

mescolando Conrad con un altro grande americano: Mark Twain per

Hemingway, Henry James per Fitzgerald, Herman Melville per Faulkner. A

Page 6: Harold Bloom Contro Tutti

volte addirittura – è il caso di Joyce nei confronti di Shakespeare – gli autori

possono arrivare a esprimere gelosia e invidia per il precursore. A volte, è il

caso di Beckett, i grandi fanno cambiare strada: «Beckett si decise a scrivere

in francese allo scopo di superare l’influenza di Joyce sulla sua opera iniziale».

Influenza per Bloom è ispirazione. Così scriveva inAnatomia dell’influenza: «I

miei studenti mi chiedono spesso perché i grandi scrittori non possano iniziare

da zero, senza alcun passato alle spalle. Posso soltanto rispondere loro che

non funziona così, perché, nella pratica, ispirazione significa influenza».

Fino a quarant’anni non ha posseduto il televisore. Tutt’ora non usa il

computer, a scrivere le email lo aiuta la moglie, Jeanne Gould, psicologa

infantile con cui è sposato dal 1958. A dire il vero non ha mai imparato

neanche a usare la macchina da scrivere, utilizza solo penna e carta.

Impedisce che i suoi libri siano editati da qualcuno, li corregge da solo e non

sempre troppo a lungo. Oltre alle opere critiche ha scritto una sola opera di

finzione, The Flight to Lucifer , sorta di sequel del romanzo A Voyage to

Arcturus  di David Lindsay e in seguito ha disconosciuto questo guizzo.

Enciclopedico, amante delle classifiche, ossessionato dai cataloghi di autori

e opere e soprattutto dai fossati che circondano le sue liste, Bloom è il critico

dai giudizi sprezzanti, sempre tutti tranchant, è il critico delle etichette

irrevocabili e dai commenti lapidari. Da qui nasce la sua fama di polemista in

grado di spaccare l’opinione dei critici e dei lettori e di polarizzare chilo legge

in due eserciti contrapposti. Lo si adora o lo si insulta. Uno dei suoi avversari

storici è il critico inglese neomarxista Terry Eagleton che recensendo Come si

legge e perché ha definito le tesi di Bloom «roba inconsistente e banale».

A patire i suoi colpi di rivoltella sono stati spesso gli scrittori

contemporanei. Non ha mai apprezzato Jonathan Franzen e crede che sia una

profanazione affiancare il suo nome a quello di Charles Dickens. Anche

dopo Infinite Jest, non è mai stato convinto da David Foster Wallace:

«Paragonarlo a Joyce è ridicolo». Wallace «era uno scrittore dotato ma la sua

opera non arriva da nessuna parte». Butta giù dalla torre senza pensarci J. K.

Page 7: Harold Bloom Contro Tutti

Rowling – trovò Harry Potter e la pietra filosofale «terribile» – insieme a

Stephen King – quest’ultimo non darebbe molto altro contributo all’umanità a

parte tenere a galla l’editoria. Così come ritiene che Salinger sarà

dimenticato. Il premio Nobel Doris Lessing «ha scritto un solo libro decente

quarant’anni fa», il premio Nobel Jean-Marie Gustave Le Clézio è «illeggibile»,

il premio Nobel Toni Morrison ha scritto alcuni libri tra cui Il

dono e Amatissima che considera «deplorevoli». Salutò la decisione di

assegnare il premio Nobel a Dario Fo come «ridicola».

Tra gli scrittori americani contemporanei sembra apprezzare solo l’amico

Philip Roth (i suoi capolavori sarebbero Pastorale americana e Il teatro di

Sabbath), Thomas Pynchon (per L’Arcobaleno della gravità, L’incanto del lotto

49 e Mason & Dixon), Don DeLillo (in particolare Underworld, perché dopo non

ha meritato più suoi apprezzamenti), e Cormac McCarthy (soprattutto

per Meridiano di sangue). Della letteratura italiana, a parte Dante – «il più

aggressivo e polemico dei grandi scrittori occidentali» – apprezza molto

Manzoni e Leopardi: «Manzoni, il principale romanziere dell’Italia

ottocentesca, è in larga misura uno scrittore shakespeariano, come del resto

Leopardi». Dopo di loro passano l’esame Campana, Saba, Ungaretti, Svevo e

Primo Levi.

Spesso si è notata la scarsa presenza di scrittrici e poetesse negli studi di

Bloom. Un amore speciale è rivolto solo a Emily Dickinson: «Eccezion fatta per

Shakespeare, la Dickinson dà prova di maggiore originalità cognitiva di ogni

altro poeta occidentale dopo Dante». Tra i poeti è seconda solo a Walt

Whitman. Le scrittrici che preferisce sono Emily Brontë, Charlotte Brontë, Jane

Austen e George Eliot: «Come notava la Woolf – scrive nel Canone

occidentale – se mai c’è stata una sorella di Shakespeare, era la Austen che

scrisse due secoli fa».

Page 8: Harold Bloom Contro Tutti

Nella conclusione del Canone occidentale Bloom suggeriva ad ogni lettore

di possedere un elenco di libri da leggere su un’isola deserta per il giorno in

cui ci si dovesse ritirare a leggere «fuggendo dai propri nemici», naufragando,

o dopo aver terminato la propria guerra. Quali libri portare con sé su un’isola?

A questa domanda, una volta Joyce rispose: «Esiterei tra Dante e

Shakespeare, ma non a lungo. L’inglese è più ricco e voterei per lui». Bloom si

rispose così: «Se potessi avere un solo libro, vorrei che fosse l’opera omnia di

Shakespeare. Se potessi averne due, quello e la Bibbia. E se fossero tre? Qui

le difficoltà cominciano».

Di notte dunque Harold Bloom dorme e sogna in yiddish, o sogna Freud,

oppure resta insonne. Di giorno legge, insegna e scrive. Durante un’intervista

alla Paris Review, gli fu chiesto se c’erano giorni in cui non lavorava e lui

rispose: «Sì, ahimè, ahimè, ahimè. Ma penso sempre alla letteratura. Non so

distinguere tra letteratura e vita».