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GUIDA ALLA VISIONE un film di ETTORE SCOLA

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GUIDA ALLA VISIONE

un film diETTORE SCOLA

LE PROIEZIONI PER GLI ISTITUTI SCOLASTICI

SONO A CURA DI

MEDUSA FILM

IN COLLABORAZIONE CON IL

MINISTERO

DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

E L’ASSOCIAZIONE

“FIGLI DELLA SHOAH”

C O N C O R R E N Z A S L E A L E

P A G I N A D U E

MEDUSA FILMpresenta

un film diETTORE SCOLA

DIEGO SERGIOABATANTUONO CASTELLITTO

e con la partecipazione straordinaria diGERARD DEPARDIEU

in

CONCORRENZA SLEALEcon

ANTONELLA ATTILICLAUDIO BIGAGLI

SANDRA COLLODELAUGUSTO FORNARI

ELIO GERMANOSABRINA IMPACCIATORE

ELIANA MIGLIOROLANDO RAVELLO

GIOIA SPAZIANIANITA ZAGARIA

con i piccoliSIMONE ASCANI

eWALTER DRAGONETTI

e conFEDERICA BONAVOLONTÀ

EMANUELE CERMANGIORGIO COLANGELIMAURO CREMONINIROMINA DE CICCO

FAUSTO ENNIO DI CESAREIVONNE EKMAN

PAOLA GIANNETTIMARINA GIORDANA

CARLO MOLFESEGIULIANO PERSICOEMANUELE SALCE

eJEAN CLAUDE BRIALY

eCLAUDE RICH

SoggettoFURIO SCARPELLI

SceneggiaturaETTORE SCOLA FURIO SCARPELLISILVIA SCOLA GIACOMO SCARPELLI

CostumiODETTE NICOLETTI

ScenografiaLUCIANO RICCERI

MusicheARMANDO TROVAJOLI

MontaggioRAIMONDO CROCIANI (a.m.c.)

Direttore della fotografiaFRANCO DI GIACOMO (a.i.c.)

C A S T T E C N I C O

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P A G I N A T R E

Fonici di presa direttaCORRADO VOLPICELLI

ANDREA PETRUCCI

Aiuto regiaFABRIZIO CASTELLANI

ArredatoreEZIO DI MONTE

Operatore alla macchinaROBERTO MARSIGLI

Ufficio stampaMARIA RUHLE - PAOLA COMIN

OrganizzatoreGIORGIO SCOTTON

Una produzioneMEDUSA FILM

realizzata da FRANCO COMMITTERI

per la MASSFILM

Il film, riconosciuto di interesse culturale nazionale,è stato realizzato con l’intervento della

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRIDIPARTIMENTO DELLO SPETTACOLO

RegiaETTORE SCOLA

Umberto DIEGO ABATANTUONOLeone SERGIO CASTELLITTOAngelo (fratello Umberto) GERARD DEPARDIEUNonno Mattia JEAN CLAUDE BRIALYConte Treuberg CLAUDE RICHCommissario Collegiani CLAUDIO BIGAGLISig.ra Margherita ANITA ZAGARIASig.ra Giuditta ANTONELLA ATTILIZio Peppino AUGUSTO FORNARIPaolo ELIO GERMANOSusanna GIOIA SPAZIANIMatilde SABRINA IMPACCIATOREIgnazietto ROLANDO RAVELLOProfumiera Di Veroli ELIANA MIGLIOLele SIMONE ASCANIPietruccio WALTER DRAGONETTIChiaretta SANDRA COLLODELCrispina FEDERICA BONAVOLONTÀVinaio Boccioni GIORGIO COLANGELIProfumiere Di Veroli BRUNO CARIELLOMaestro pianoforte FAUSTO ENNIO DI CESARENonna Susanna IVONNE EKMANPortiera PAOLO GIANNETTIProprietario stabile CARLO MOLFESEAgente Tramontana EMANUELE SALCE

C A S T A R T I S T I C O

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P A G I N A Q U A T T R O

V ivere nella stessa città, nella stessastrada. Fare lo stesso lavoro,appartenere alla stessa classe

sociale, avere la stessa composizionefamiliare – una moglie, due figli, zii enonni – eppure non essere uguali, nonavere gli stessi diritti, non poterfrequentare le stesse scuole, non poteresercitare il proprio lavoro né tenereaperto il proprio negozio, conoscerel’intolleranza e l’esclusione. Scoprire diessere considerati “diversi”, per nascita eper razza. È accaduto in passato a ebrei eneri, accade oggi a immigrati eextracomunitari.

Concorrenza sleale, il film che ho scrittocon Furio Scarpelli, Silvia Scola eGiacomo Scarpelli, si occupa delle leggi

razziali improvvisamente stabilite nel1938 in Italia contro gli ebrei: regole edivieti imposti nella vita quotidiana,assurdi e anche – come spesso succede nelnostro allegro Paese – tragicamente buffie grotteschi.

È la vicenda di due commercianti distoffe che hanno negozi attigui e chesono dapprima divisi da una rivalitàprofessionale che alimentano con furbiziee tiri mancini, poi legati da un’amiciziache nascerà dalle ingiustizie subite da unodei due.

È una commedia divertente e amara suun brano poco edificante della nostrastoria.

Ettore Scola

N O T A D E L R E G I S T A

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Concorrenza sleale è unbell’esempio di sintesi tra laqualità del cinema, la sua forma

e i suoi contenuti. Con il valoreaggiunto, se così si può dire, del forteimpegno civile che questo film esprimeattraverso uno dei nostri autori piùgrandi, Ettore Scola. Ed è anche unesempio di come e quanto MedusaFilm, nella realizzazione del suo disegnoeditoriale/produttivo, voglia dedicare alcinema italiano di qualità e di sostanzale sue energie più convinte. Scola, e con lui gli splendidi attori, lasceneggiatura di rara densità, laricostruzione scenografica suggestiva epoetica, il racconto di larghi spessoriumani ed emotivi, costituiscono uninsieme narrativo capace di

rappresentare un dramma con laleggerezza tipica dei capolavori, dovetrovano spazio in egual misura isentimenti e la memoria storica. Dueelementi che il cinema, così come noi lointendiamo, ha il compito di valorizzaree difendere. Sempre. Anche quando un film è veicolo didivertimento o di tensioni avventurose,conservando, tra le tante, le sue capacitàdi far pensare, commuovere, sorridere. L’augurio, per i giovani studenti che siaccostano a Concorrenza sleale, è proprioquesto: di trarre dal film supportodialettico e arricchimento interiore. Tutti noi, con loro, saremo contenti diavervi partecipato.

Carlo BernasconiPresidente Medusa Film

I L C I N E M A D E I S E N T I M E N T I E D E L L A M E M O R I A S T O R I C A

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P A G I N A S E I

Il film di Ettore Scola CONCORRENZA SLEALE viracconta una piccola storia che può essere riassuntacosì: “In Italia, tanto tempo fa, c’era una legge che

toglieva ad alcuni cittadini italiani i diritti che tutti gli al-tri cittadini avevano. Questa legge era così ingiusta e ar-bitraria e incomprensibile che nessuno capiva il perchédi quello che stava accadendo, neppure coloro che nonavevano niente da temere da quella legge. Però la leggec’era, e alla fine tutto andava a posto. Chi deve scompa-rire scompare e gli altri (quelli che non hanno aiutato ecollaborato) restano a domandarsi: ma che gente siamo?Che Paese è questo?”Il paese, come ho detto, è l’Italia. I concittadini colpitidalla strana legge sono gli italiani di origine ebrea. Mi-gliaia di essi sono stati deportati nei campi di sterminioe non sono mai più tornati. Quando vedrete il film no-terete due cose. La prima è che nessuno, all’inizio dellastoria, pensa di essere diverso dall’altro. Infatti nessunolo è. Fra i personaggi della storia, alcuni si amano, altri sifrequentano. Due, i commercianti che hanno il negoziol’uno vicino all’altro, sono rivali, perché ognuno di lorovorrebbe essere quello che vende di più. C’è anche unmomento in cui si trattano male, quei due. Ma quandocade su di essi “la strana legge” (la legge razziale appro-vata dal parlamento fascista nel novembre del 1938 sulmodello della legge razzista della Germania di Hitler) euno dei due viene dichiarato ebreo, dunque diverso,dunque privo di tutti i diritti, nessuno dei due capisce ilsenso o il perché di quella legge. Infatti quello dei dueche non è ebreo si arrabbia, si indigna, e il suo senti-mento, anche se non lo dice con queste parole, si puòesprimere così: “Non è giusto. Non vale. Noi stavamoprovando a dimostrare chi di noi due è più bravo. Nonsi può interrompere una gara fra persone libere e per be-ne, legando le mani a uno dei due”. Il film è importan-te perché dimostra che l’offesa delle leggi razziali colpiscedue volte: colpisce le vittime, che subiscono la privazio-ne di tutti i diritti (e poi della vita). Ma colpisce e offen-de e umilia e riduce al ruolo vergognoso di complici tut-ti gli altri cittadini. Vedono, assistono, capiscono che lacosa è allo stesso tempo terribile e priva di senso. Ma nonfanno niente. È in questo senso che il film interessa lepersone giovani. Nella vita certe cose possono sempre ac-cadere. Tu che cosa faresti se fossi lì accanto mentre por-tano via il tuo amico, o compagno, o conoscente o riva-le, per la pazzesca ragione di essere stato definito “diver-so” da una legge che vuole la distruzione di una parte de-

gli uomini, delle donne, dei bambini che vivono intor-no a noi?Vi ho detto che guardando il film noterete due cose. Laseconda è che l’offesa delle leggi razziali appare subitogrande. Ma pochi, o nessuno in quel momento, sembracapire che quella offesa (perdi i documenti, perdi l’iden-tità, perdi il lavoro, perdi i collaboratori, perdi la casa e ilquartiere, perdi gli amici, devi persino consegnare allapolizia il tuo apparecchio radio) non è che un prean-nuncio. La deportazione verrà tra poco.Quella che vedete nel film è una strada di Roma. Quel-lo che vedete alla fine del film è un triste trasloco inun’altra strada di Roma (“nel ghetto”, dicono i perso-naggi del film).Nel film non si vedono soldati, baionette, non si sento-no ordini e rumori di porte abbattute. Ma se il film con-tinuasse, in questa stessa Italia, in quella stessa città, inquella strada vicina in cui finisce il trasloco, vedreste ciòche è accaduto il 16 ottobre 1943, quando soldati tede-schi e collaboratori italiani hanno circondato le case fraVia Arenula e il Portico di Ottavia, e hanno portato viatutti gli italiani ebrei che vi hanno trovato, compresi ineonati e i malati.

I N T R O D U Z I O N E D E L L ’ O N . F U R I O C O L O M B OA L L A V I S I O N E P E R L E S C U O L E M E D I E E S U P E R I O R I

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P A G I N A S E T T E

Solo sette persone sono ritornate. Molte famiglie - forseanche quella dei protagonisti del film di Scola - sonoscomparse. Scomparsi tutti, nei campi e nelle camere agas, scomparsi insieme a parenti lontani e cugini. Nessu-no si è mai più presentato a dire: questa era la mia casa,il mio negozio.C'è un senso in questa storia? Sì che c'è, e non possiamoliberarci dall'incubo di queste cose che sono avvenutedavvero. Non possiamo dire: è stata una follia, un mo-mento di oscuramento della ragione umana o della ra-gione di qualcuno. Occorrono alcune condizioni perchéun simile delitto si verifichi. Ma queste condizioni pos-sono sempre verificarsi. Per questo non è fuori luogopensarci, oggi, adesso.Primo, si deve abolire la libertà. Non c'era libertà nellaGermania nazista e nell’Italia fascista quando sono stateimposte le leggi razziali. Per questo la libertà è così im-portante, per questo la difesa della libertà è sempre es-senziale. Quando si perde la libertà, magari per seguirequalcuno che promette la garanzia della forza e fa intra-vedere sogni di felicità, solo allora il peggio, diventa pos-sibile, perché si è già perso un diritto fondamentale.Secondo, occorre che viva e circoli e lasci il suo segno lacultura del razzismo. Non vorrei che vi sembrasse im-proprio l’accostamento delle parole “cultura” e “razzi-smo”. Non lo è. Il progetto di persecuzione nazista e fa-scista è stato un progetto culturale. Quella cultura ades-so ritorna in altri gruppi e organizzazioni politiche, ma-gari invocando elusive identità di etnia, di regione, diluogo. Il male è sempre lo stesso e occorre riconoscerlosubito. Sono stati commessi molti delitti collettivi nelmondo, in nome di ideologie implacabili, insanguinan-do per tante ragioni altrettanto atroci il ventesimo seco-

lo. Ma vi prego di leggere queste parole scritte dallo stu-dioso Marco Revelli nel libro “Oltre il Novecento” (Ei-naudi, 2001): “Ciò che rende diverso Auschwitz da ognialtro evento storico, da ogni altro massacro e abominio,facendone un riferimento etico negativo assoluto, sta nelcarattere finale dello sterminio. Nell’essere stato fine a sestesso, nell’avere esaurito nell’atto stesso della distruzio-ne dell’altro il proprio obiettivo esclusivo, senza altra ra-gione che la scomparsadell’oggetto odiato... L’annientamento dell’essere umano(nel progetto razzista) non è un mezzo, sia pure inaccet-tabile e disgustoso, per raggiungere un qualche scopo ul-teriore - la vittoria, la conquista dei beni dell’avversario,il potere - ma un valore in sé, un’azione che si esauriscein se stessa, destituendo così di ogni senso l’intero uni-verso umano”.Quello che vedrete nel film, è una piccola parte della vi-cenda dei personaggi che poi saranno perseguitati fino amorire. È una piccola parte della Storia che è restatamarchiata a sangue dalla strage razzista che oggi si iden-tifica con la parola ebraica Shoàh (sterminio imposto esubìto, non olocausto volontario). La grandezza del filme del suo autore consiste in questo: nel farvi vedere chestorie terribili, dalle conseguenze spaventose, sembranonascere in una situazione quasi bonaria e appena poco ri-dicola. Ettore Scola vi manda un messaggio: dobbiamostare attenti a piccoli segnali terribili che riguardano la li-bertà e la dignità nostra e di esseri umani come noi.Dobbiamo essere testimoni attenti. È una questione didifesa.Permettendo che si attacchi la dignità e l'integrità di unaltro noi svendiamo la nostra dignità e il nostro valore diesseri umani.

Furio Colombo

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P A G I N A O T T O

Non gli piace sentirselo ripetere, eppure è così: Et-tore Scola è uno dei giganti dei cinema italiano,uno di quelli che ha fatto la storia della nostra ci-

nematografia con pellicole come C’eravamo tanti amati,Una giornata particolare, Brutti, sporchi e cattivi, Riusciran-no i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scompar-so in Africa. Un autore colto e raffinato, diviso tra il cinema dell’impe-gno e quello dell’ironia, tra la commedia e il dramma, tral’intrattenimento e l’apologo, alla perenne ricerca di storiein cui la contaminazione di stili serve a rappresentare la vi-ta per quello che è: un insieme di drammi, di emozioni,di gioie e di passioni spesso inconfessate.

Le leggi razziali sono state promulgate nel 1938 e Con-correnza sleale è il primo film interamente dedicato adesse. Perché?

Credo che chi non ha la mia età non sia tanto informatoriguardo quegli eventi. Non so se un liceale oggi sa che nel‘38 c’è stato un manifesto di scienziati italiani che hannopromulgato per legge la differenza biologica degli ebrei.Credo manchi l’informazione. Il cinema italiano – poi –nel corso degli anni ha perso l’attenzione nei confrontidella cronaca e della storia dei nostro Paese. Oggi vige co-

me unica legge quella del mercato e quindi i giovani au-tori possono talvolta arrivare ad autocensurarsi pur di fareil primo film, rapportandosi a modelli americani che nongli appartengono o a modelli televisivi in cui tutto diventaun po’ più brutto di quello che già appare sul piccoloschermo.In più credo che i giovani oggi siano confusi riguardo aquanto accade nella nostra società. La mia generazione ècresciuta con lo scudo di certe idee: il cattolicesimo e il co-munismo costituivano delle certezze che ci hanno difeso.Oggi questi scudi non esistono più e i giovani non possie-dono le nostre corazze.Fare un film sulla società italiana dalla quale in qualchemaniera si sentono tagliati fuori o che non arrivano a ca-pire, diventa quindi impossibile. Anche se – fortunata-mente – non mancano i bravi registi. Per me, invece, rac-contare l’Italia è un po’ un pallino: come figlioletto postu-mo e indegno di De Sica, la mia aspirazione più grande èquella di mostrare una riflessione su quanto accade o ac-cadde.

Quanto hanno pesato i suoi ricordi?

Molto: in quegli anni cominciavo ad avere la percezionedelle cose. Avevo sette anni, l’età giusta per iniziare a capi-re. Ricordo che quando ero piccolo un materassaio ebreo

I N T E R V I S T A A D E T T O R E S C O L A

“Guardo la storia con gli occhidi chi la subisce”

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P A G I N A N O V E

veniva a casa ogni tre mesi a ravvivare la lana dei materas-si. Per me era un grande divertimento, perché mi facevacavalcare una specie di cavalletto con cui si cardava la la-na. Una volta mancò al suo appuntamento. Non lo ve-demmo per molti giorni e così - preoccupati - io e miamadre andammo al suo negozio in Via Conte Verde e lotrovammo chiuso. Chiedemmo al portone vicino e qual-cuno ci rispose: “E’un negozio ebreo...” Non capimmo, eproprio questa era la verità: non capivamo nulla. Quellaera la forza del regime: tutto sembrava continuare nellanormalità. Nei dettagli ci sono tutti i miei ricordi: dalle«scorreggette del Negus”, ovvero i petardi messi sotto iltram, fino allo spiare i grandi. È tutto vissuto.Tranne lapresa di coscienza, che io non ho vissuto personalmenteperché ero troppo giovane. Il ricordo di quel materassaioebreo però non mi ha più abbandonato.

Crede che se non ci fosse stato il fuoco assolutore dellaSeconda Guerra mondiale, ci sarebbe mai stata una pre-sa di coscienza della condizione degli ebrei italiani?

Credo proprio di sì. Il fascismo non è caduto per l’8 set-tembre. La mentalità forse non era comune. Ma c’era gen-te al confino, in galera, all’estero che combatteva contro ilregime. In Italia c’è stata una reazione forte contro tuttoquesto, e ci sarebbe stata comunque anche senza la guer-ra.

Lei crede che questo film possa saldare il debito che i cit-tadini italiani non ebrei hanno nei confronti della storiae della memoria di quelli di religione ebraica?

Non so se sia una sorta di risarcimento, ma in qualchemodo è quello che ho sempre cercato di fare. Trovo diffi-coltà a raccontare i grandi eventi della Storia, e mi rifugioa raccontare le vicende delle piccole persone rapportate adun corso più vasto degli eventi. Lo sguardo alla Storia at-traverso gli occhi di chi la vive e la subisce.

In Concorrenza sleale lei non offre un giudizio morale alpubblico, e rispetta il giudizio della coscienza dello spet-tatore...

In questo film tutti sembrano abbastanza ‘incolpevoli’.Questo è ciò che un po’ succede per via di una misteriosaidea generale sull’Italia. Più volte – ad esempio – sono an-dato in Norvegia per motivi professionali e una volta in-contrando la Comunità ebraica di Oslo, mi sono sentitodire dagli anziani che molti ammiravano il nostro Paese eche durante il nazismo sarebbero scappati in Italia. Nonconoscevano neanche loro le leggi razziali, conservandoun’idea romantica del nostro Paese come una terra di sole

e libertà. In Scandinavia e non solo, l’Italia gode di unamisteriosa ammirazione. Io ho deciso di fare questo filmanche per raccontare agli stranieri la storia d’Italia con tut-te le sue debolezze e i suoi eroismi, che – comunque – ilmio film non nega essere esistiti.

Ha sentito il peso delle aspettative, mentre girava questofilm?

Solitamente lavoro senza esplicitare molto quello che fac-cio, senza proclami e senza sondare il terreno. Non credoche il cinema possa cambiare la Storia e la cronaca. Certa-mente, però, può aiutare ad avere qualche dubbio. Manon credo che i miei film possano confermare qualcosa aqualcuno: il mio è un cinema senza punti esclamativi.

Perché il suo film è incentrato sull’indifferenza e non sul-l’odio nei confronti degli ebrei?

Perché credo che l’odio sia – in qualche maniera – una for-ma di amore portata all’eccesso opposto. Il contrario del-l’amore è, invece, proprio l’indifferenza. Gli ebrei in Italianon erano amati e quindi la gente era indifferente nei lo-ro confronti.

L’emblema di questa indifferenza nel film è forse il cu-polone di San Pietro?

Sì, perché volevo rappresentasse l’assoluta indifferenza diPio XII nei confronti degli ebrei e di quanto accadeva lo-ro.

Marco Spagnoli

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P A G I N A D I E C I

22 febbraio 2001

Un film dolce e duro sulla tragediadi ieri e sulle paure di oggi

ENZO SICILIANO

IL CINEMA è un genere con-temporaneo. Più di cento anni falo sosteneva Sainte-Beuve a pro-posito del romanzo. L’afferma-zione di Sainte-Beuve mi è tor-nata in mente vedendo Concor-renza sleale. Con un gesto lieve,quasi svagato, Scola ha lanciatoquesto suo film sul tavolo di cer-ti nostri problemi di oggi perniente minimi. Il soggetto è cen-trato sulla persecuzione razzialedegli ebrei a Roma. Siamo nel1938, nel momento in cui il fa-scismo Fpromulga le leggi sullarazza e stabilisce rigide regole diseparatezza, nella scuola, nel la-voro, negli accessi alla vita pub-blica, nel privato. Per gli ebrei,niente radio in casa. Proibito Ra-bagliati, il Trio Lescano e I tremoschettieri di Nizza e Morbelli;veniva loro risparmiata così,consolazione magra, la quotidia-na filippica del regime.Siamo a Roma dunque in queimomenti, e il film vede due bot-teghe affiancate su una strada al-l’ombra del Cupolone dove pas-sa la vecchia Circolare Rossa,una strada che può essere benis-simo via Ottaviano. La. concor-renza del titolo è fra le due botte-ghe, un sarto e un merciaio: ilmerciaio è fortunato e il sarto no;il primo è bravo a raccogliereclienti, anche cucendo vestiti;l’altro è bravo a perderli, anchese ha stile, buone stoffe e unacommessa non carina ma solleci-ta con chi entra in negozio, a pat-to che non sia una bella donnache il padrone per galanteria puòfavorire con uno sconto matto,del 35%. Il merciaio e il sarto,Castellitto e Abatantuono, braviassai tutte e due, rischiano persi-no di venire alle mani, e fra loroci vola pure una parola grossa,«ebreo!» perché il merciaio èebreo, – ma le acque si farannoquiete, poiché il sarto anche seatticciato, non deve soffrire dipressione alta. Ha la cupezza di

certi miti, e non ce la fa ad esse-re fino in fondo antifascista, madi fronte al sopruso che le leggisulla razza incarnano, offre alsuo nemico un briciolo di solida-rietà, la stretta di mano dell’ami-cizia.

Si dice spesso che, prima che ar-rivassero i nazisti l’8settembre‘43, gli ebrei italiani non conob-bero persecuzione: specie gliebrei romani, la comunità ebrai-ca di Roma essendo la più anticain Italia e i suoi componenti i ro-mani veri, i discendenti puri diun nucleo stanziato in città findal tempo di Augusto. Scola hasaputo raccontare, con mano ap-passionata, intenerita, i primi ef-

fetti alienanti di quella persecu-zione: il lavoro reso sempre piùdifficile, botteghe che si chiudo-no, i bambini costretti a lasciarela scuola e i compagni per ritro-varsi solo tra ebrei in una scuola-ghetto; perciò, case abbandonate,

costosissimi pedaggi. Fu un lo-goramento sottile delle regole diconvivenza: per esempio, ragaz-zi innamorati che non riesconopiù a farsi capire dalle loro ra-gazze, e così via. Scola, dunque,ha raccontato questo screpolarsidell’ultimo residuo di civili rap-porti che la dittatura non avevaancora colpito, tenendosi vicinoal corsivo, anche caotico andaredella vita d’ogni giorno, allegra,

patetica, ma al fondo buia. Il fl-lm, poi, è vissuto, visto attraver-so il diario, i disegni a penna didue bambini solidali anche quan-do i genitori non lo sono.Concorrenza sleale scivola sot-togli occhi dello spettatore concrescente malinconia, ma la suadolcezza incide duro. Tutto è am-bientato in teatro, esterni e inter-ni: la visibile patina di finzionedà senso alla tragedia che è im-minente, la guerra e la Shoa: lelascia sprofondare come un’econel nostro animo sfiorandole ap-pena. Scola, con il suo film, nonsi è messo a fare sociologia spic-ciola, non si è proposto di resti-tuire ai suoi spettatori il riflessominimate di un’esistenza fra sur-vivors da bar e grandi fratelli dadiscoteca.In finale, su un camioncino diret-to in un altro quartiere di Roma,forse in ghetto, «dai nonni», cari-cati il tavolo della cucina, il som-mier e il comò, quella famiglia diebrei parte alla volta di insoffe-renze che stiamo conoscendo og-gi, e che, senza alcun Mussoliniaffacciato a un qualche balcone oa un qualche teleschermo (perora), insorgono all’idea di paure,di presunte minacce da molti in-traviste nella realtà multietnicache va rapidamente schiarendosisotto i nostri occhi. Ci sarannonuovi bambini che verranno di-visi nei giochi, e fidanzati chenon si capiranno più? Ci sarannoamici solidali, il cui rapporto saràtroncato a causa di diverse e nuo-ve idee di ghettizzazione?Il mondo è del tutto cambiato dal1938: i nazisti sembra non sianopiù alla porta (le polizie d’Euro-pa sorvegliano). Ma il fondo delnostro animo ospita settarismo,cinismo, brutalità di convinzioni,e più d’un residuo di macabre il-lusioni. Siamo noi a fare concor-renza sleale alla nostra stessaumanità. Questo, con la grazia diun artista vero, ha voluto raccon-tarci Scola con il suo film di ge-nere contemporaneo.

la Repubblica

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P A G I N A U N D I C I

22 febbraio 2001

La Storia esposta in vetrinadi FABIO FERZETTI

ROMA - Il fascismo visto da unamerceria. Le leggi razziali inqua-drate nella vetrina di un negoziod’abbigliamento e tradotte inquel linguaggio. Cioè in terminidi stoffe, taglio, prezzi, clientela,qualità. In breve: di stile. Perché fascismo e razzismo sono- anche - una questione di stile. Esarà imparando a riconoscere ilcattivo stile fascista - il linguag-gio retorico e aggressivo, i mo-duli prestampati per la delazione,i cartelli antisemiti, la pessimaqualità delle divise autarchiche -che il cattolico Umberto (DiegoAbatantuono) prenderà le distan-ze dal conformismo soffocante.E imparerà a capire, rispettare eperfino apprezzare il suo ex-riva-le Leone (Sergio Castellitto),ebreo e vicino di bottega che gliruba i clienti con mille fantasiositrucchetti.

Che bel film è Concorrenza slea-le. Guardando ai lavori di Scola,potremmo dire che incrocia l’e-poca e l’unità di luogo di Unagiornata particolare con la cora-lità de La famiglia per la manosicura con cui Scola e Scarpellitratteggiano i due mondi contrap-posti, quello cattolico e quelloebraico, con il loro contorno difigli, nonni, zii, tutti disegnaticon mano così felice che non sifinirebbe di elencarli. E senzamai cadere nell’aneddotico, madando all’insieme la massima vi-vacità a forza di invenzioni, pre-cisione di linguaggio (panciafi-chista, versipelle, arzente, quanteparole sepolte e ritrovate), ovve-ro di cura per tutti quei dettagliche danno il sapore di un’epoca,dai fumetti a certi gesti scompar-si come il sarto che morde - lette-ralmente - le spalle troppo rigidedi un abito già addosso al clien-te...

E intanto l’astratto – l’intolleran-za, il razzismo – si fa concreto, ilpassato torna presente, l’abomi-nio di una delle pagine più buie(e rimosse) della nostra storia ac-quista l’evidenza della vita vissu-ta. Anche se oggi può sembrareincredibile che da un mese all’al-tro agli ebrei fossero vietate leprofessioni liberali, che non vifossero deroghe se non per gliiscritti al Partito dal ’24, che ailoro figli fossero chiuse le scuoledel regno, che dovessero conse-gnare addirittura le radio alla po-lizia - scena tragicomica e straor-dinaria come tutte quelle in cuiConcorrenza sleale condensaun’intera epoca in un momentofulminante (fra tutte la passeg-giata dei due rivali di ritorno dalcommissariato, dove sono statiinterrogati, magnifica per tensio-ne e non detto). Il resto, senza anticipar troppo, lofa un cast formidabile. Castellitto

ci ricorda a ogni scena che i ro-mani più antichi di Roma sonogli ebrei, Abatantuono è un mira-colo di rabbia e stupore, di legge-rezza e di gravità insieme. Maaccanto agli affiatatissimi prota-gonisti non si possono non citarela fotografia di Franco Di Giaco-mo, le scene di Luciano Ricceri,le musiche di Armando Trovajo-li. E poi le mogli Antonella Attili eAnita Zagaria, il commesso anar-chico e giramondo, pronto anche“a farsi ebreo se serve” (un feli-cissimo Rolando Ravello), il pro-fessore che fa antifascismo cor-reggendo i compiti (Gérard De-pardieu). E la commessa inna-morata Sabrina Impacciatore, ilcommissario Claudio Bigagli,l’orologiaio ebreo lituano ClaudeRich, ottimista perché “tanto inItalia non avete mai rispettato gliaccordi, figuriamoci ora”. E in-vece...

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3 marzo 2001

Non far dei concorrenti un fasciodi ROBERTO ESCOBAR

Una strada normale, negozi nor-mali, uomini e donne normali: èquesto il microcosmo messo inscena da Ettore Scola e dai suoisceneggiatori (la figlia Silvia eGiacomo e Furio Scarpelli). Ep-pure, del tutto particolare è lagiornata su cui si apre il lorofilm. Il 6 maggio del 1938, in-fatti, Benito Mussolini esibisceil suo alleato Adolf Hitler per levie e le piazze di Roma.A quel fatto lontano nel tempo -e ancor di più nella nostra me-moria storica - Scola torna ven-tiquattro anni dopo Una giorna-ta particolare (1977). Come al-lora, di nuovo sceglie un puntodi vista per così dire minore,non certo nel senso d’un suo va-lore ridotto, ma in un sensostrettamente narrativo. Non c’èinfatti quasi traccia dell’ufficia-lità di regime, nell’angolo d’Ita-lia ricostruito (splendidamente)sul set di Concorrenza sleale(Italia, 2001, 110’). Solo ne èdocumentata qualche eco mar-ginale: rimasugli di cortei, resi-dui d’entusiasmo, brandelli divessilli. Il tutto tenuto ben sullosfondo, senza commenti.Sullo sfondo è tenuto il regimestesso. Non alla sua ideologiatotalitaria il film è interessato,né a qualunque altra prospettivatotale su quell’umanità lontana,su quell’Italia di sessanta e piùanni fa. Al contrano, e per fortu-na, il suo sguardo è appunto mi-nore: orientato alla vita quoti-diana, preso dalla curiosità edall’interesse per fatti e senti-menti che difficilmente entranonella Storia.Dunque: mentre i due dittatoricelebrano il loro trionfo, in unastrada di Roma piccoli uomini epiccole donne sono immersinelle loro vite, impegnati nellafatica e anche nel piacere di sta-re al mondo. Il che, peraltro,non significa che non ce ne sia-no, nelle loro storie personali, diimpliciti riferimenti al regime edi profondi collegamenti con laStoria, appunto.In platea si sa, o almeno qualcu-

no sa, che dopo quel 6 maggio ilfascismo mostra una propensio-ne razzistica in precedenza te-nuta e freno. Il 14 luglio, unManifesto degli scienziati razzi-sti, poco scientifico ma moltoufficiale, affema che è giunto iltempo per gli Italiani di procla-marsi “Francamente razzisti”, eprecisa che «gli ebrei non ap-partengo alla razza italiana». Il5 setternbre si decide l’espulsio-ne di docenti e studenti ebreidalle scuole del Regno. Il 6 ot-tobre, il Gran consiglio del fa-scismo approva una Dichiazio-

ne sulla razza le cui indicazioniconfluiscono il 17 novembre neldecreto -legge 1728. Provvedi-menti per la difesa della razzaitaliana, firmato da VittorioEmanuele di Savoia e da Mus-solini.Tutto questo e molto altro anco-ra si sa (forse) in platea. E tutta-via Concorrenza sleale non nedà che cenni parziali e impliciti,preferendo indagare quello chese ne riflette nelle vite quotidia-ne d’ognuno, e in specie nellestorie parallele del sarto Umber-to e del merciaio Leone (Diego

Abatantuono e Sergio Castellit-to, entrambi bravi e ben diretti).Due uomini, due individui, duepersone: questo sono all’inizio.Dunque, l’uno e l’altro sono im-mersi, giustamente immersi nelmestiere di campare, strappan-dosi reciprocamente i clienti.Per un po’, di questo ci raccon-ta il film, senza che la “concor-renza” assuma significati gene-rali. Il loro è dunque un risenti-mento del tutto specifico, indi-viduale. Ma poi, quando Um-berto usa come insulto la parolaebreo, la questione non è piùpersonale e specifica, e non ènemmeno più reciproca. Che re-ciprocità ci può essere tra un uo-mo a pieno diritto e un sotto-uomo, un non - uomo, un mem-bro fra i tanti d’un tipo?In Umberto, nella sua rabbiache ricorre allo stereotipo razzi-stico, si riflette dunque l’ideolo-gia del regime. Anzi: si riflette ilpregiudizio generale e diffusonel Paese intero, che a quell’i-deologia porta e che, insieme,da quell’ideologia è confermatoe giustificato. Sta qui la radicedella persecuzione razzistica, ed’ogni altra persecuzione: nelpregiudizio che vive nei singoli,non detto, nascosto, persinocondannato, ma che può mani-festarsi e vincere le coscienzequando l’immaginario diffuso eun sistema di potere prendano alegittimarlo.La grandezza umana di Umber-to consiste non in una sua pro-spettiva ideologica o religiosa omorale, ma nel fatto della suacapacitá di vedere in Leone unuomo e non un esponente ca-suale e fungibile d’un genere.Non lo si può perseguitare, unuomo. Si può perseguitare un“ebreo” - o un “islamico”, o uno“slavo” - , ma non un uomo.Scegliendo di raccontare storiedi uomini e di donne, e non digeneri e tipi, Scola e i suoi sce-neggiatori riescono a mostrareanche a noi, in platea, quelloche, nel film, vede Umberto:uomini e donne normali. Anzi:uomini e donne, tutti e ognuno,splendidamente particolari.

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Il Sole

Concorrenza SlealeNell’ultima scena la famiglia ebrea abbandona l’amata casa nel

quartiere Prati: venduto sottoprezzo il negozio di stoffe, caricati imobili su un camion, il rassegnato leone, la moglie Giuditta, i figli eil vecchio nonno salgono pure loro, e salutano. Ma non è Furore diSteinbeck. È l’Italia dei 1938 delle “leggi razziali”, dei futuri rastrel-lamenti al ghetto, e Scola sembra dirci – senza dirlo – che anche quel-la famiglia passerà probabilmente per il camino di Auschwitz.È un bel titolo Concorrenza sleale: semplice, allusivo, dalla doppialettura. Perché, se sleale, all’inizio, è la concorrenza che lo scaltromerciaio ebreo, venditore di abiti confezionati, opera ai danni dei con-tiguo sarto all’antica, tragicamente più sleale sarà di lì a poco la con-correnza attuata dallo Stato italiano, con “Il manifesto della razza” ele discriminazioni che ne discesero, ai danni della comunità ebraica. Eppure erano italiani a tutti gli effetti, avevano combattuto nelle guer-re coloniali, pagavano le tasse, contribuivano al benessere della na-zione, ma all’improvviso non furono più tali. Privati, in un crescendogrottesco di sanzioni, prima degli apparecchi radiofonici, poi delledonne di servizio (se cattoliche), infine dei diritti fondamentali: il la-voro, l’accesso alle scuole, la parità dei rapporti civili.Alla sua maniera, Ettore Scola si immerge nuovamente in quell’annocruciale. L’aveva già fatto con Una giornata particolare, raccontan-do, in forma di kammerspiel, il tenero incontro tra una casalinga e unomosessuale nel giorno – il 6 maggio 1938 – della “storica” visita diHitIer a Roma. Gli echi funesti di quell’adunata tornano anche in Con-correnza sleale, quasi a smentire chi sostiene che “gli italiani firmanoi patti ma poi non li rispettano”.Nelle case e nei negozi dell’immaginaria via Settimiano, ricostruita

interamente a Cinecittà da Luciano Ricceri, assistiamo così allo sro-tolarsi progressivo, “normale”, di un’ingiustizia che in troppi, anchein tempi recenti, sembrano aver rimosso. “Vittorio Emanuele III de-creta che nelle scuole italiane non possono essere iscritti alunni di raz-za ebraica”, recita l’ordinanza: per lo shock il figlio del merciaio co-mincia a balbettare, mentre l’amico per la pelle, cattolico, non potràfar altro che chiedere al papà: “Ma perché?”. Appartengono alla stes-sa classe sociale, uguale è la composizione familiare, eppure non so-no più uguali. Il film, sobrio, forse un po’ all’antica in certe sottoli-neature, ma intenso nell’evocare l’imporsi dei l’intolleranza di Stato,in realtà sfrutta la simpatia ilare e vitalistica dei bottegaio ebreo per faremergere il carattere dei sarto “ariano”. È lui il vero protagonista diConcorrenza sleale a pensarci bene: l’italiano mediocre iscrittosi alFascio per quieto vivere, che in un momento d’ira si lascia sfuggire“un ebreo è sempre un ebreo” ma poi avverte, in una chiave quasi pre-politica, la vergogna morale dei torto in atto.Se la partecipazione di Gérard Depardieu, nei panni dei fratello anti-fascista dei sarto, ovviamente tenero e un po’ svanito, aggiunge pocoalla tessitura del film, i due interpreti principali duettano sul filo dellamisura: Sergio Castellitto (il merciaio) non sbaglia un tono, mentreDiego Abatantuono (il sarto) sfodera un’intensità che pareva aversmarrito. Merito anche della sceneggiatura scritta a otto mani (Ettoree Silvia Scola, Furio e Giacomo Scarpelli): a suo modo cechoviananel far emergere la commedia dalla tragedia. Memorabile scambio dibattute al bar tra un cliente e il gestore: “Che paese di merda!”. “Nunfa’ nomi”. “E che, merda è un nome?”.

Michele Anselmi

Vivi il Cinema

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P A G I N A Q U A T T O R D I C I

21 febbraio 2001

Un viaggio tra i ricordi e i racconti dei commercianti di oggi in occasione dell’uscita del film di Scola sulla Roma delle leggi fasciste

I negozi, il razzismo, l’olocausto“Quegli anni, l’odissea di noi ebrei”

SIMONA CASALINI

LA STORIA sono loro, anziani,figli, nipoti, cugini, che visseronella Rorna, nell’Italia, delle leg-gi razziali. Che, ancor prima disterminarla, colpì la comunitáebraica nel cuore delle sue tradi-zioni. Le migliaia di commer-cianti a cui, nel novembre del‘38, “venne fatto divieto” nonsoltanto di possedere qualcosama anche di “essere” qualcuno:tutti i romani di religione ebraicavennero messi all’indice, «nego-zio ariano, vietato l’ingresso agliebrei», si trovava scritto sulle ve-trine romane, qualcuno ricordapersino «no all’accesso ai cani eai giudii».E così, dal set dell’ultimo film diEttore Scola, “Concorrenza slea-le”, sulla rivalità di due commer-cianti di tessuti, uno ariano l’al-tro ebreo, sconvolta dalle leggirazziali del ‘38, occorre dar vocea chi allora c’era e fa di tutto per-ché figli e nipoti abbiano semprela memoria ben salda.Le famiglie Manasse, Piperno,Moscati, Terracina... A loro queiricordi in presa diretta. PieroTerracina, ad esempio, un signo-re settantenne che ad Auschwitzha perso madre, padre, i tre fra-telli, un nonno e uno zio. Luiaveva 15 anni, unico scampato.Ricorda: “Mio padre era un rap-presentante di stoffe a cui nel ‘38fu ritirato il patentino e fino al‘40 lavorò di nascosto. Io dovet-ti cambiare scuola, fui obbligatoa frequentare la scuola ebraicasul lungotevere ma la mia vita diragazzino fino ad allora era cam-biata poco. Eravamo ancora unafamiglia serena. Certo, mia ma-dre dovette rinunciare alla signo-ra di servizio, la Gina, che eraariana, e prese una lavandaia aore, e i miei fratelli più grandi la-sciavano gli studi e cominciava-no a lavorare: mia sorella com-messa a Tritone, un fratello ma-gazziniere, un altro fratello sem-pre al Tritone in una sartoria. Ci

fu sequestrata la radio, ma i fra-telli costruirono in casa le radio agalena, quelle che come antennausavano il letto. Avevo perso ivecchi amici ma ne avevo trova-ti di nuovi, e poi conobbi un uo-mo eccezionale, il preside dellamia scuola ebraica mandato dalministero, e dunque uomo di re-

gime, ma che a noi piccoli ebreidiceva: “Ragazzi, datevi da fareperché dovete dimostrare di nonessere inferiori a nessuno”. Epoi? «Ci presero tutti, anche miononno di 84 anni, fu una spiatadi un fascista che non riuscí a se-durre mia sorella. Fui l’unico atornare da Auschwitz. E voglioche si sappia che a noi ex depor-tati, ebrei e non, lo Stato ci rico-nosce una indennità vergognosa,il minimo della pensione socialee che quando il Parlamento ita-liano fissò il “Giorno della Me-moria” il 27 gennaio, data in cuinel ‘45 venne liberato il campodi Auschwitz, quattro esimii rap-presentanti del Polo si astenne-ro».Altra storia di lutto quella dellafamiglia di Claudio Manasse, icui genitori avevano un negozio

di biancheria in via Alessandria.Il padre Vittorio sparì nei campidi sterminio, madre, Ester Cavi-glia, morì l’anno successivo delsuo ritorno a casa. Come nel filmdi Scola, dove c’è una commes-sa infervorata del Duce, così nel-la sua tragedia familiare fu unaloro dipendente a tradirli, con un

premio di cinquemilalire ognicatturato. «Nel ‘43 vivevano na-scosti in casa di una famiglia cat-tolica in viale Eritrea, il negozioera chiuso da anni, e io e mio fra-tello per mesi eravamo rimasti“in villeggiatura” a Cave» ricor-da Claudio, «poi tornammo tuttiin città e un pomeriggio, mentremio fratello era andato a fare lafila del latte, arrivarono le Ssguidate dalla nostra commessa».“Non è niente, Claudiè, non tipreoccupare” mi continuava a ri-petere quella donna. Mi salvaiperché la padrona di casa disseche ero suo figlio, ma preseronoi miei genitori strappandogli su-bito catenina e orologio”. Da al-lora il papà non lo vide più, lamadre tornò nel ‘46 nel giornodel Kippur, e morì lo stesso gior-no dell’anno dopo. Non parlava,

e teneva sempre stretti sacchettipieni di bucce di patate e avanzidi cibo. Urlava se qualcuno pro-vava a levarglieli. Al Ghetto, la ditta Piperno èun’istituzione, la bottega dei dol-ciumi. E Angelo Piperno, giova-notto di 78 anni, è enche un mi-nuzioso custode di memorie, hada poco pubblicato un libro -summa con la storia del Ghetto,delle sue famiglie, dei loro ma-trimoni, dei loro lutti. «Ricordole leggi razziali e la leggerezzadi mio padre “vedrai che il ducenon ci farà niente, è sempre sta-to amico degli ebrei". Invece do-vemmo chiudere il negozio dipiazza Costaguti e scampammoper un miracolo alla retata delGhetto il 16 ottobre ‘43. Dalle fi-nestre della casa di via Arenulavedemmo i tedeschi al Porticod’Ottavia. Le donne e i piú an-ziani uscirono velocemente ver-so via Arenula, mentre io e miofratello Graziano avremmoaspettato le Ss. E invece miosuocero vide passare un vigileurbano e lo scongiurò di salire incasa ad arrestarci prima dei tede-schi. E lui lo fece e passammo,indenni sotto gli occhi sospettosidei tedeschi».E ancora una voce, quella di Eli-sabetta Moscati, cinquantennetitolare del negozio Stefanel dipiazza Bologna autrice deil libro“Le mie radici”' regalato ai suoimolti parenti. «Mia nonna cuci-va le camicie militari e i miei ziivendevano al mercato i reggise-ni e le mutande nascosti in unavaligia» ricorda nel suo libro -diario, «poi però mia madre emia zia si nascosero in un con-vento ad Acuto. Una sera unasuora lasciò loro un libro di cate-chismo consigliandole di legger-lo ma loro risposero che avevanotroppa fame. La monaca non siimpietosì, ma disse che se si fos-sero convertite certamenteavrebbero avuto un ottimo pran-zo». La storia sono davvero tuttiloro.

la Repubblica

C O N C O R R E N Z A S L E A L E

P A G I N A Q U I N D I C I

C O N C O R R E N Z A S L E A L E

P A G I N A S E D I C I

La diaspora degli ebrei avvenne nel 70d.C. con la distruzione di Gerusalemmeda parte di Tito Imperatore romano.Approfondite l’argomento.

S P U N T I D I R I F L E S S I O N E

U N O

Quale fu l’atteggiamento in generale delpopolo italiano nei riguardi delle leggi raz-ziali? Interrogate le persone anziane chevissero quel periodo.

O T T O

“Tu per me sei come gli altri”. Perché que-ste parole pronunciate da Paolo, figlio diUmberto, danno tanto dolore a Susanna,la sua fidanzatina, figlia di Leone?

Q U I N D I C I

La Germania nazista e il concetto di supe-riorità della razza ariana.

Q U A T T R O

L’espansionismo nazista e la teoria dello“spazio vitale” del Ratzel.

C I N Q U E

La persecuzione contro gli ebrei in Ger-mania iniziò nel 1933 con la notte dei cri-stalli. Cosa accadde?

S E I

Le leggi di Norimberga contro gli ebrei,promulgate dal nazismo nel 1938, apriro-no la strada alle leggi razziali del fascismoapprovate nello stesso anno. Perché Mussolini, che all’inizio non erad’accordo con questa politica, fu “costret-to” ad accettarla? Quale era la situazione internazionale neglianni dal 1936 al 1938? Cosa furono le “sanzioni”?

S E T T E

Dati storicamente esatti danno per certa lapresenza degli ebrei in Roma già dall’epo-ca del primo Triumvirato (Cesare, MarcoAntonio e Lepido).Approfondite l’argomento.

D U E

La violenta sistematica persecuzione de-gli ebrei da parte dei nazisti iniziò, a par-te sporadici casi, dopo l’otto settembre1943. Perché? Cosa accadde in quelgiorno?

N O V E

Oltre alle parole di Paolo, nella domandaprecedente, quali altre frasi offensive neiriguardi degli ebrei avete ascoltato nel filme ricordate?

S E D I C I

Margherita e Giuditta, due donne pronte adifendere le loro famiglie, ma in modo di-verso. Come?

D I C I A S S E T T E

Nonno Mattia e il conte Treuberg, i dueanziani signori ebrei. Chi dei due speraancora e chi ha perso ogni speranza?Perché?

D I C I O T T O

Perché nonno Mattia dà a Treuberg 300 lireper salvarsi e come finisce il vecchio conte?

D I C I A N N O V E

Matilde, la commessa pedissequa imitatricedello stile fascista, e Ignazietto, con la suaintelligente semplicità che non capisce onon vuole capire la tragicità della situazione.Spiega la psicologia dei due personaggi.

V E N T I

Peppino, il cognato di Umberto, ovverol’apparenza del potere senza intelligenza.Perché è così orgoglioso della sua divisa?

V E N T U N O

Alla fine del film, la famiglia di Leone si rifu-gia dalla nonna al ghetto ebraico di Roma.Quale è il significato della parola ghetto?

V E N T I D U E

L’allontanarsi della famiglia ebrea su un po-vero carro carico di suppellettili risveglia ri-cordi di eventi più tragici che sarebbero ac-caduti qualche mese dopo. Quali?Dove trovi atteggiamenti razzisti oggi nellasocietà italiana?

V E N T I T R E

Gli ebrei, nel corso della storia, furonosempre perseguitati. In Spagna, all’epoca di Isabella la catto-lica, spregiativamente, coloro che siconvertivano alla religione cattolica ve-nivano chiamati “marranos”; all’epocadi Filippo II, vennero cacciati dal territo-rio spagnolo. Questi due esempi fanno sorgere unpensiero. Quanto le loro persecuzioninel corso dei secoli sono state legate al-la religione che professavano e quantoal fatto che si ritiene appartengano aduna razza diversa?

T R E

Il 16 ottobre 1943 i tedeschi, agli ordini delcolonnello Kappler, comandante dellapiazza di Roma, fecero una grande retataal ghetto. Molti ebrei partirono per i campidi concentramento, pochissimi ritornaro-no. Eppure gli ebrei romani, il 28 settem-bre, avevano pagato i tedeschi per la loroincolumità. Come e dove?

D I E C I

“Gli ebrei hanno ucciso Gesù”, “gli ebreisono tutti ricchi, usurai e commercianti”,“gli ebrei sono più intelligenti degli altri”, “gliebrei hanno una fisionomia riconoscibile”.Di questi pregiudizi parla il libro di Lia LeviChe cos’è l’antisemitismo e spiega perchée come sono nate queste calunnie.Provate a dare la vostra interpretazione.

U N D I C I

Umberto e Angelo, due fratelli profonda-mente diversi. Il primo, commerciante,vuole solo vivere tranquillo mentre il se-condo, professore, “sente” con impotenzal’avvicinarsi della tragedia. Quando si ma-nifesta maggiormente questa impotenzadi Angelo e quando Umberto comincia adavvertire, con responsabilità, il disastro in-combente?

D O D I C I

Leone che capisce, ha paura per sé e perla sua famiglia e non può fare niente.Cosa avresti fatto tu?

T R E D I C I

Lele e Pietruccio: due bambini che noncomprendono ciò che accade e ne soffro-no. Quando Lele e quando Pietruccio fan-no più tenerezza?

Q U A T T O R D I C I

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MEDUSA FILM S.P.A.

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