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DEBORAH HALE

Scandalosa contessa

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: His Compromised Countess

Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2012 Deborah M. Hale

Traduzione di Maria Chiara Balocco

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione I Grandi Romanzi Storici ottobre 2012

Questo volume è stato stampato nel settembre 2012

presso la Rotolito Lombarda - Milano

I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410

Periodico settimanale n. 847 del 23/10/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Londra, aprile 1817 La cortina di damasco azzurro della sala da gioco di Almack's si aprì come un sipario, rive-lando l'interno del salottino. La scena sembrava tratta da una delle commedie sentimentali rap-presentate al Drury Lane: una coppia di amanti clandestini veniva sorpresa durante un bacio appassionato. Anziché sospiri e mormorii di approvazione, tuttavia, tale vista suscitò escla-mazioni scandalizzate, seguite da un silenzio carico di tensione durante il quale tutti parvero restare con il fiato sospeso. I due avrebbero potuto essere attori, vista l'avvenenza. L'uomo aveva un fisico possente e una folta capigliatura castano rossiccia e la sua eleganza avrebbe ottenuto l'approvazione di Beau Brummel in persona. La donna indossava un abito di pregiata seta azzurra con sfumature argentee e, benché il suo volto fosse ancora na-scosto agli astanti, la sua bellezza era palese quanto la sua identità. I boccoli dorati che

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sfuggivano all'acconciatura raccolta lasciavano scoperto il lungo collo aggraziato, adorno dei celebri zaffiri di casa Sterling. Chiunque l'avesse vista anche solo di sfuggi-ta non avrebbe potuto fare a meno di ricono-scere Caroline Maitland, Contessa di Sterling, una fra le donne più ammirate dell'alta società, e con identica certezza si sarebbe reso conto che l'uomo abbracciato alla contessa, le labbra premute su quelle di lei, non era suo marito. Un gruppetto di curiosi, fra le peggiori male-lingue di tutta Londra, aveva fatto cerchio at-torno a Bennett Maitland, sesto Conte di Ster-ling, il quale fissava la scena lottando contro la marea montante di rabbia e umiliazione che minacciava di travolgere la proverbiale padro-nanza di sé. Aveva sempre rifiutato di dar credito alle malevole insinuazioni di Fitz Astley riguardo alla presunta infedeltà di sua moglie. E adesso si ripeteva ciò che già era accaduto molti anni prima, quando un'altra sordida rivelazione del medesimo, spregevole individuo gli aveva fatto crollare il mondo addosso. Benché fosse una canaglia, all'epoca Astley non aveva mentito. E a ben vedere non lo stava facendo neppure in quel momento, a proposito della Contessa di Maitland. La prova manifesta dell'infedeltà di Caroline era sotto gli occhi di tutti. La vista di sua moglie in un atteggiamento di licenziosa intimità con il suo acerrimo nemico fu per Bennett come una pugnalata in pieno

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petto. Il legame fisico, un tempo appassionato, che era esistito fra lui e la moglie, era l'unico collante di un'unione ormai pericolante. Di fronte a quella scena non poté fare a meno di chiedersi quanti altri amanti avesse avuto a sua insaputa, mentre tutta Londra rideva alle sue spalle. Tuttavia avrebbe preferito morire strin-gendo i denti fra atroci sofferenze piuttosto che dare all'uomo che odiava e alla donna che or-mai disprezzava la soddisfazione di sapere quanto profondamente lo avessero umiliato. Quando i primi, velenosi bisbigli si diffusero nel silenzio esterrefatto che regnava nella stan-za, Bennett aveva già recuperato il proprio san-gue freddo. Stringendo i denti per non lasciarsi sopraffare dalla vergogna, si costrinse a pren-dere il controllo della situazione. Benché fosse ormai troppo tardi per salvare una reputazione a brandelli, Caroline si liberò con uno strattone da quell'abbraccio e arretrò, illudendosi di poter sfuggire in tal modo alla giusta collera del marito. Fitz Astley non ebbe tali scrupoli e rimase lì dov'era, in una posa ri-lassata e insolente, le labbra appena incurvate in un sorriso trionfante, suscitando in Bennett il desiderio di prenderlo a pugni fino a cambiargli i connotati. «Oh, Bennett, io... Mi dispiace terribilmen-te» mormorò Caroline mentre lui avanzava mi-naccioso verso i due. «Ascoltami, ti spiegherò tutto. Ti prego, non peggiorare la situazione!» Era impallidita e il suo volto aveva il cando-

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re purissimo dell'alabastro. Che ironia!, pensò Bennett, giacché in quell'aspetto ingannevol-mente innocente le sue labbra spiccavano anco-ra più rosse e turgide, forse ancora gonfie dei baci di quella spregevole canaglia. Si augurò che tale visione spegnesse le braci del desiderio che ancora provava per lei e che invece, proprio in quell'attimo, lo assalì a tradi-mento. Una parte di lui avrebbe voluto afferra-re la sua infedele consorte e rivendicarne il le-gittimo possesso, cancellando ogni traccia dei baci di Astley con il sigillo delle proprie lab-bra. Tuttavia resistette alla tentazione. «Niente che io possa fare» ringhiò, «potrebbe peggiora-re questo.» Non che fosse proprio così, ma non aveva certo intenzione di fingere che non fosse acca-duto niente soltanto per risparmiare alla moglie un'umiliazione che lei stessa aveva inflitto a entrambi. Il sorrisetto di Astley si trasformò in un vero e proprio sogghigno, deformando la sofisticata bellezza dei suoi tratti e rendendolo ripugnante proprio come a Bennett era sempre parso. «Suppongo che vorrai sfidarmi a duello, Ster-ling» lo apostrofò. «Quale luogo avresti scel-to... St. James's o Hyde Park?» Un lampo di cattiveria illuminò il suo sguardo. «Anche se, a essere sincere, troverei alquanto ingiusto che te la prendessi con me quando hai sempre chiuso un occhio sulle liaison della tua consorte.»

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«Di cosa state parlando?» intervenne Caroli-ne, sconvolta. «Non ho mai tradito mio marito! Non intendevo neppure... Mi avete colto di sor-presa. Io volevo soltanto...» Astley ridacchiò e agitò verso di lei un dito ammonitore. «È comprensibile che desideriate salvare la vostra reputazione, Lady Maitland, ma temo che il nostro segreto non sia più tale. E nessuno fra coloro che hanno assistito al no-stro bacio penserebbe mai che non foste con-senziente, anzi. Un minuto di più e giuro che a-vreste cominciato a sbottonarmi i calzoni...» «Siete una serpe!» strillò Caroline scaglian-dosi contro di lui. Bennett si sarebbe goduto volentieri lo spet-tacolo della moglie che cavava gli occhi a quel bellimbusto, se ciò non avesse rischiato di compromettere irreparabilmente la sua posizio-ne. Bloccò il suo slancio afferrandola per il pol-so e tirandola violentemente a sé la fulminò con uno sguardo truce. «Se non riuscite a dar prova di un minimo di discrezione, signora, al-meno fatemi la cortesia di tenere a freno la lin-gua.» Quelle parole la riempirono di vergogna. Tutta la sua rabbia svanì e le sue membra si af-flosciarono mentre con la mano rimasta libera si premeva le labbra, come a soffocare un sin-ghiozzo. Bennett lasciò andare il suo braccio, disgu-stato. Si rivolse invece verso Astley, per ri-

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spondere alle sue provocazioni. «Sei davvero convinto che rischierei la pelle per difendere l'onore di mia moglie?» Nel suo tono risuonò tutto il disprezzo che provava per entrambi. «Ti sfiderei piuttosto per avermi considerato tanto sciocco. Tuttavia preferisco colpire là dove so di poterti infliggere il danno maggiore.» Benché Astley si fosse limitato a inarcare al-tezzosamente il sopracciglio, Bennett ebbe la piccola soddisfazione di cogliere un guizzo di apprensione nello sguardo azzurro pallido del suo nemico. «Ah, davvero? E si potrebbe sapere dove?» «Nel portafogli, che diamine!» Bennett ave-va mantenuto un tono di voce basso e minac-cioso, ma abbastanza elevato da poter essere u-dito attraverso la sala dalla piccola folla di cu-riosi che stavano lì con il fiato sospeso. «Spero che questo capriccio ne sia valsa la pena, per-ché ti costerà parecchio.» Sotto l'effetto di quella minaccia Astley am-mutolì. A infrangere il silenzio fu invece Caroline, gli occhi dilatati dallo spavento, come se sol-tanto allora avesse compreso la portata dell'er-rore che aveva commesso e ciò che rischiava di perdere. Un gemito di animale ferito le sfuggì attraverso la mano che teneva premuta sulla bocca, ma l'ammonimento ricevuto le impedì di proferire parola. Nel frattempo Astley aveva ritrovato il suo e-loquio. «Intendi... farmi causa?» lo provocò.

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«Oh, andiamo, Sterling! Non oseresti mai.» Un marito tradito poteva intentare contro l'a-mante della moglie una causa civile per danni materiali, che costituiva il primo passo per l'ot-tenimento del divorzio. Bennett trovò disgusto-so il tono leggero con cui Astley sembrava li-quidare la faccenda. Era il suo turno di irridere Astley. «E dimmi un po', cosa dovrebbe fermarmi? Adesso che hai reso piena confessione di fronte a così tanti testimoni, non mi sarebbe difficile sconfiggerti in aula.» Abbandonando il suo nemico alla consape-volezza di essersi scavato la fossa da sé, Ben-nett si voltò e uscì dalla stanza a grandi passi. La piccola folla degli astanti si aprì davanti a lui, come il Mar Rosso di fronte a Mosè. Igno-rava se Caroline l'avrebbe seguito o avrebbe scelto di rimanere con il suo amante. E a dire il vero, non avrebbe saputo cosa augurarsi. Ma quando udì alle sue spalle il fruscio dell'abito di lei e il rumore leggero dei sui passi, provò un guizzo di soddisfazione che mitigò in parte l'umiliazione subita. Discese le scale con passo solenne, lo sguar-do fisso davanti a sé, la bocca serrata in una li-nea severa per scoraggiare chiunque dal rivol-gergli la parola. Era consapevole delle teste che si voltavano al suo passaggio, dei mormorii furtivi che lo braccavano. I pettegolezzi viaggiavano veloci. All'ora di colazione sarebbero stati sulla bocca di tutta

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Londra e prima che la settimana finisse la stampa scandalistica lo avrebbe preso di mira e le vetrine dei tipografi si sarebbero tappezzate di crudeli caricature. Così, malgrado avesse condotto una vita irreprensibile al servizio del suo paese, si sarebbe ritrovato additato alla pubblica riprovazione proprio come il Principe Reggente e quei poco di buono dei suoi fratelli. Era quello che Caroline voleva? Non poteva negare che il loro matrimonio fosse stato un clamoroso errore, ma per qual-che tempo erano stati felici, prima che le diffe-renze tra loro prendessero il sopravvento, a-prendo un divario sempre più difficile da col-mare. Perché sua moglie lo odiava così tanto da infliggergli quel torto? Dopo la generosità che aveva dimostrato nei suoi confronti, chiedendo molto poco in cambio, non gli doveva almeno un briciolo di gratitudine o di lealtà? Quando fu in strada, il freddo vento di aprile gli scompigliò i capelli. Accidenti! Aveva di-menticato il cappello. Tanto peggio! Poteva mandare un valletto a riprenderlo l'indomani, oppure l'avrebbe lascia-to lì, dopotutto ne aveva a decine, di cappelli. E si sarebbe fatto impiccare piuttosto che rimet-tere piede da Almack's. Sforzandosi di ignorare la presenza della mo-glie al suo fianco, attese la carrozza con impa-zienza e si sentì sollevato quando la vide arri-vare prontamente, nonostante l'ora fosse insoli-ta e la loro partenza alquanto precipitosa.

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«Ritornate a Sterling House, milord?» si in-formò il cocchiere. Bennett annuì seccamente, mentre il valletto aiutava Caroline a salire in vettura. «Prima fer-mati al mio club, Samuel. Là ti darò ulteriori indicazioni.» Senza attendere una risposta, sparì in vettura dietro alla moglie. La carrozza era appena ripartita quando la voce di Caroline emerse dall'ombra che avvol-geva il sedile di fronte. «Ti prego, Bennett. So che sarai arrabbiato e imbarazzato quanto me dopo quella terribile scena, ma certo non crede-rai che volessi davvero baciare Astley!» Evidentemente, pensò lui, sua moglie non a-veva la minima idea di come si sentisse, altri-menti non avrebbe pronunciato tali assurdità. Si appoggiò contro lo schienale e incrociò le braccia sul petto. Davvero si aspettava che cre-desse alla sua innocenza? Chissà quanti altri baci c'erano stati, prima! Era già abbastanza umiliante fare la figura del marito tradito, non le avrebbe permesso di trattarlo come uno stupido. «Se ho capito bene saresti caduta fra le braccia di Astley così, per caso?» «Naturalmente no.» Il tono di lei conteneva una sfumatura di esasperazione. «Quando gli ho riferito che mi avevi ordinato di non fre-quentarlo più, voleva che gli dessi qualche spiegazione, così ha proposto di entrare nel sa-lottino per non farci vedere insieme.»

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Qualche ora prima, anche se ormai sembra-vano secoli, nella carrozza che li conduceva da Almack's, Bennett e Caroline avevano litigato furiosamente. Spinto dalle insinuazioni nean-che troppo velate di Astley, Bennett le aveva proibito di continuare a frequentare quel fara-butto e lei aveva avuto l'audacia di mostrarsi infuriata, chiedendogli la ragione di quel divie-to e perché mai dovesse fare un simile affronto a un uomo che, al contrario di suo marito, mo-strava di gradire la sua compagnia. Poi aveva cominciato a lodare Astley, definendolo amabi-le e spiritoso, e portando Bennett all'esaspera-zione. Quando finalmente erano giunti a desti-nazione, si era precipitata all'interno del locale senza dargli alcuna garanzia che avrebbe fatto ciò che le aveva chiesto. E adesso si permetteva addirittura di usare quella ragionevole richiesta per giustificare la propria sconsideratezza! Bennett sentiva le tempie pulsare, tanto che la testa gli parve sul punto di esplodere. «E non appena siamo entrati» proseguì Caro-line, «mi ha afferrato e ha iniziato a baciarmi. Mi ha colta talmente di sorpresa che non sono riuscita a reagire. Non mi era mai accaduto niente di simile... o almeno, non da moltissimo tempo.» Le ultime parole colpirono Bennett come uno schiaffo, ricordandogli quella sera di tanto tempo prima, quando l'aveva baciata per la pri-ma volta, insistendo perché accettasse di spo-

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sarlo. In tale occasione Caroline non aveva protestato né finto alcuna ritrosia, ricambiando il suo slancio con altrettanta passione, fatto in-solito in una giovane innocente di buona fami-glia. All'epoca l'intensità del suo desiderio non gli era dispiaciuta, tutt'altro, ma adesso si rim-proverava per non averne saputo prevedere le conseguenze. «E quindi» ribatté a denti stretti, «non sei pentita di ciò che hai fatto, ti dispiace soltanto di essere stata colta in flagrante.» «No!» negò lei. «Voglio dire... certo che mi dispiace che l'epilogo sia stato tanto scandaloso e imbarazzante. Tuttavia mi rammarico anche di non aver agito in modo più consono a una donna sposata.» Alle orecchie di Bennett ogni parola suonava più falsa della precedente. Era chiaro che avrebbe detto qualsiasi cosa pur di scongiurare la rovina. Peccato che lui non credesse a una sola sillaba. Scosse il capo. «È la storia più inverosimile che abbia mai sentito. È evidente che mi consi-deri uno stupido. Forse, però, è colpa mia. Devi aver pensato che fosse molto facile ingannarmi, dato che non ho mai sospettato nulla delle tue precedenti imprudenze.» «Cosa intendi dire, con precedenti?» prorup-pe lei, indignata. «Non ti ho mai tradito né con Astley né con altri!» Bennett resistette alla tentazione di crederle. Ora che gli era finalmente caduta la benda da-

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gli occhi, una miriade di dettagli, all'epoca insi-gnificanti, gli appariva invece rivelatrice. Il lo-ro matrimonio aveva perso da tempo l'incanto dei primi momenti e lui avrebbe voluto soltanto sbarazzarsi della moglie infedele che aveva gettato discredito sull'onore della sua famiglia. Un onore che Bennett aveva difeso a prezzo di notevoli sforzi. Rise amaramente. «Non mi aspetto certo che tu lo ammetta, anche se non mi dispiacerebbe, per una volta, sentirti dire la verità.» «Ma è la verità!» esclamò lei. La sfrontatez-za di sua moglie era diabolica, rifletté lui, sem-brava addirittura che fosse risentita per i suoi dubbi. «Non nego che altri uomini mi abbiano dimostrato la loro ammirazione» riprese lei, «ma nessuno prima di stasera aveva mai osato tanto.» Bennett non intendeva continuare quella con-versazione. Non sarebbe servito a niente, se non a esacerbare le emozioni che stava sforzan-dosi di controllare. «Pensi che in tribunale ti crederanno, dopo che testimoni inappuntabili avranno riferito ciò che hanno visto e udito sta-sera?» A quelle parole Caroline ansimò, sgomenta. «Dunque parlavi sul serio, quando hai minac-ciato Astley di fargli causa?» Sembrava che incominciasse a rendersi conto delle conseguenze delle proprie azioni. «Dovresti sapere che non ho l'abitudine di affermare cose che non penso» sibilò lui. «L'in-

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sincerità è una qualità di Astley, non mia.» Caroline non si curò di difendere l'amante, inducendo Bennett pensare che i propri interes-si le premessero di più. «Non puoi voler divor-ziare da me a causa di un singolo bacio, che non ho cercato, e delle accuse di un farabutto capace di approfittare in quel modo di una si-gnora.» Possibile non si rendesse conto che avrebbe potuto fare anche di peggio?, si domandò Ben-nett. «Ti garantisco che parecchie sentenze di divorzio sono state rese in base a prove molto meno compromettenti di queste.» «Ma è ingiusto!» proruppe lei, come se fosse davvero stata una vittima innocente. «Il mondo è ingiusto!» tuonò Bennett. «Te ne saresti resa conto se avessi guardato qualche volta oltre la punta del tuo bel nasino. Ogni giorno bambini innocenti nascono schiavi o vengono venduti come tali, strappati alle loro famiglie per il capriccio di padroni crudeli. Hai idea di quanto danno potresti aver arrecato alla causa del movimento abolizionista con il tuo comportamento licenzioso ed egoista? O non te ne importa niente?» «Sai benissimo che non è così! Sono cre-sciuta sentendone parlare tutti i giorni e ho re-spirato l'atmosfera del movimento sin da quan-do era in fasce. Rammento che Wilberforce mi faceva saltare sulle sue ginocchia.» Caroline esitò un istante. «Vorresti spiegarmi in quale modo potrei aver danneggiato la causa?»

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Esasperato, Bennett glielo spiegò. «Ho fatto grandi progressi, avevo finalmente radunato i consensi per l'approvazione di una legge aboli-zionista da parte della Camera dei Lord, che nel passato si è sempre rivelata un ostacolo in-sormontabile. Ma adesso... quale credibilità a-vrò per difendere la nostra causa, quando si sa-prà che mia moglie è andata a letto con il mio più feroce oppositore? Nessuno rispetta un ma-rito tradito.» «Ma tu non lo sei! È quello che sto cercando di dirti, se soltanto volessi ascoltarmi.» Caroli-ne si sporse in avanti, emergendo dall'ombra nella luce fioca dei lampioni, le braccia protese verso di lui. Bennett resistette all'impulso di afferrarla e stringerla a sé per farla di nuovo sua, come par-te di lui desiderava. Non poteva soccombere a una simile debolezza. Rendendosi forse conto di aver esaurito ogni altra risorsa, Caroline si appellò a un'ultima di-fesa. «Se divorzierai da me, non mi lasceranno mai rivedere Wyn!» «Rivedere Wyn?» Come osava servirsi a quel modo del figlio, dopo quel che aveva fatto?, si chiese lui esterrefatto. Aveva tradito non solo suo marito, ma anche il bambino. «Non mi pa-re che tu lo stia vedendo molto neanche adesso. Gli fai visita nella nursery quando ti fa comodo e ti diverte. Poi te ne vai, lasciandolo agitato e irritabile, certa che sarà Mrs. McGregor a occu-parsene. Credimi, Wyn starebbe molto meglio

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senza una madre che lo tratta come un giocat-tolo da prendere e posare a suo capriccio.» Prima che Caroline potesse tentare di difen-dersi da quelle accuse, la carrozza si fermò di fronte al club. «Cosa ci facciamo qui?» domandò lei con una nota di smarrimento e tristezza nella voce. Lo spirito pugnace pareva averla abbandona-ta. Nel cerchio di luce formato da un lampione, Bennett poté vedere che si stringeva le braccia nude sul petto e si rese conto che stava treman-do. «Ho intenzione di fermarmi a dormire qui, stanotte» annunciò lui, poi aggiunse: «Hai di-menticato il mantello». «Non me ne sono accorta fino a quando non siamo stati fuori. E non osavo tornare indietro per timore che mi lasciassi lì.» E ne avrebbe avuto tutto il diritto, pensò a-maramente Bennett, ma il codice di comporta-mento di un gentiluomo era tanto radicato in lui che si sentì obbligato a togliersi la giacca e a porgergliela. «Prendi questa.» Caroline esitò solo un istante prima di affer-rare l'indumento e metterselo sulle spalle. Gli rimaneva ancora un'istruzione da impar-tirle. Sin da quando avevano lasciato Almack's, infatti, una parte della sua mente era rimasta di-staccata dalle emozioni e aveva continuato a deliberare sulla maniera migliore di gestire la terribile situazione. Una misura, comunque, an-dava adottata subito. «Domattina lascerai la cit-

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tà» le ordinò. «Resterai lontana da Londra sino a quando si saranno calmate le acque.» Si aspettava che lei obiettasse qualcosa, in-vece Caroline lo sorprese chiedendo semplice-mente: «Dove? A Brighton o a Bath?». «Santi numi, certo che no! Le chiacchiere ti raggiungerebbero in un baleno e si saprebbe al-trettanto velocemente dove ti trovi. No, devi ri-tirarti in un luogo che sia il più lontano possibi-le dalla vita mondana.» Aveva già preso in considerazione una serie di possibilità, per poi scartarle una dopo l'altra. D'un tratto gli balenò in mente la soluzione. «Le isole Scilly, al largo della Cornovaglia. C'è una dimora di famiglia proprio a Tresco.» Erano anni che non pensava a quei luoghi, ma in tale situazione gli parvero la destinazione più adeguata per una moglie adultera. Come aveva potuto essere così sciocca e sconsiderata da mettere a repentaglio tutto ciò che le era caro? Mentre la carrozza attraversava di volata Kensington diretta a Sterling House, Caroline si sottopose a un severo esame di co-scienza e la conclusione alla quale giunse fu più raggelante dei brividi che le procurava l'u-mida e ventosa notte d'aprile. Eppure non era certo un'ingenua provinciale alla prima uscita mondana. Nel corso degli an-ni aveva assistito a numerosi scandali e avreb-be dovuto sapere il rischio a cui si esponeva una donna nella sua posizione appartandosi in

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un salottino con un uomo che non fosse suo marito. Sarebbe bastato quello a danneggiare la sua reputazione, anche senza il bacio. Quel maledetto bacio! Com'era potuto acca-dere? Continuava a non capacitarsi che il fara-butto che si era preso una simile libertà, per poi trascinare il suo nome nel fango, fosse lo stesso uomo che l'aveva affascinata con la sua spirito-sa conversazione al tavolo da gioco e le aveva lanciato occhiate di ammirazione durante il ballo. Le era sembrato di civettare innocente-mente, come tante volte aveva fatto nel passato senza che la sua reputazione venisse compro-messa. Quando il marito si era infuriato proibendole ogni ulteriore contatto con un uomo che la guardava come lui ormai non faceva da anni, il risentimento che Caroline covava da tempo era improvvisamente esploso. Non poteva, si era detta, voltare le spalle a un fervente ammirato-re senza una parola di spiegazione o di scusa. Tuttavia l'ultima cosa che si sarebbe aspettata quando Astley l'aveva attirata nel salottino era che lui tentasse di baciarla. Per un attimo la sorpresa le aveva impedito di reagire, poi era rimasta paralizzata dalla con-fusione e dalla vergogna, ormai certa che il suo corteggiatore avesse frainteso il suo atteggia-mento. Quando alla fine si era riscossa e aveva cercato di liberarsi dal suo abbraccio, il silen-zio era improvvisamente calato nella stanza e lei era precipitata in quell'incubo.

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Si chiese se Bennett avrebbe davvero dato seguito alla sua minaccia di chiedere il divor-zio. Sino ad allora non era sembrato curarsi delle attenzioni che le manifestavano gli altri uomini. Una volta, un tipo spiritoso aveva di-chiarato che tutti i gentiluomini della sua cer-chia erano innamorati di lei, fatta eccezione per suo marito. Lei aveva finto di trovare la battuta divertente, in realtà aveva provato una dolorosa umiliazione. Che importanza aveva quanti uo-mini la desiderassero, dato che suo marito non rientrava in quel numero? Nei primi tempi del loro matrimonio aveva sempre accolto Bennett nel suo letto con entu-siasmo, illudendosi che il piacere provato fosse un pegno di quell'amore che lui non riusciva a esprimere altrimenti. Più tardi aveva dovuto fa-re i conti con la dura realtà e ammettere che quel trasporto era dettato soltanto dal desiderio fisico. Lui non provava nulla di più profondo nei suoi confronti né lo avrebbe mai provato. Anzi, di recente persino il desiderio fisico era andato scemando. Caroline avrebbe voluto po-ter dire lo stesso per quanto la riguardava e si era sforzata di soffocare i suoi sentimenti per quel marito che la rendeva infelice. Certe notti però si sentiva così sola nel letto vuoto e si struggeva dal desiderio delle sue carezze. Forse Bennett sapeva che Astley stava men-tendo, ma aveva colto al balzo l'opportunità di sbarazzarsi di una moglie che lo aveva deluso. Benché una simile ipotesi l'addolorasse e la fa-

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cesse infuriare, Caroline era molto più arrab-biata con se stessa per avergli offerto una scusa ideale. Su un punto, però, Bennett aveva ragione, purtroppo. Se avesse voluto il divorzio con o-gni probabilità lo avrebbe ottenuto anche se lei non era un'adultera. Quell'unica imprudenza pubblica sarebbe stata ritenuta la prova di una condotta privata ben peggiore. E le vanterie di Astley sarebbero rimaste prove a suo carico persino se, in un secondo momento, lui avesse ritrattato quelle falsità. Il divorzio significava la fine della sua esi-stenza, così come l'aveva vissuta sino ad allora. Per la società, infatti, lei sarebbe stata come morta. Esiliata nella noia di qualche oscura provincia, emarginata, costretta a vivere dell'e-lemosina che le avrebbe elargito Bennett. Nes-suna donna di buona famiglia e che tenesse al proprio buon nome avrebbe avuto il permesso di frequentarla. La privazione di gran lunga peggiore, però, sarebbe stata il divieto di rive-dere il suo bambino. Tale prospettiva le spezzava il cuore. Bennett l'aveva accusata di non amare abbastanza suo figlio, ma lui non poteva capire. Non appena la carrozza si arrestò di fronte a Sterling House, Caroline si precipitò all'inter-no, togliendosi la giacca di Bennett e scaglian-dola il più lontano possibile. Era intrisa del profumo di lui, corroborante e fresco, ma capa-

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ce di suscitare nel più profondo di lei un tor-mentoso desiderio. Si recò dapprima nelle proprie stanze, dove rimase il tempo necessario per impartire alla cameriera personale l'ordine di preparare un baule con il necessario per il viaggio che a-vrebbero intrapreso la mattina seguente. «Le isole Scilly, milady?» osservò la donna sorpresa. «E perché mai volete recarvi laggiù?» «È stata un'idea del conte, Parker» ribatté Caroline, sperando che quella ragione fosse sufficiente a ridurla al silenzio. «Partiremo alle prime luci del giorno e non so ancora per quan-to tempo staremo via, quindi non c'è tempo da perdere.» «Come volete, milady» rispose Parker, ac-cingendosi di malavoglia al lavoro. Lasciati i preparativi alla cameriera, Caroline si precipitò nella nursery. Sebbene fosse rien-trata più presto del solito, trovò Wyn già addor-mentato. Si avvicinò pian piano al suo lettino e si sedette sulla sponda, ascoltando il respiro lieve e regolare del bambino. «Il tuo papà pensa che non mi importi niente di te» sussurrò per non svegliarlo, ma auguran-dosi che in qualche modo lui potesse udirla e comprendere le sue parole, «ma io ti amo tan-tissimo ed è sempre stato così, da prima ancora che tu nascessi.» All'inizio aveva desiderato un figlio per com-piacere il marito e provargli di essere in grado di assolvere il suo principale dovere di moglie,

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ma quando finalmente era rimasta incinta, sen-tendo la vita crescere e muoversi dentro di sé a-veva cominciato ad amarla incondizionatamen-te, rallegrandosi all'idea di poter dare a quel bambino tutto l'amore e la gioia che le erano mancati durante l'infanzia. Niente però era andato come aveva sperato. «È stata un'attesa difficile, sai? E quando alla fine sei arrivato, eri una cosina irrequieta e non sapevo cosa fare con te.» Un profondo sospiro le sollevò il petto al ri-cordo delle grida acute e rabbiose di quella creaturina dal faccino paonazzo. La ossessiona-vano ancora gli sguardi severi e accusatori dei medici che scuotevano il capo bisbigliando tra loro. Si era sentita una pessima madre, rifiutata dal figlio appena uscito dal suo ventre. Anche se Bennett non le aveva detto niente, era certa di averlo deluso mostrandosi incapace di qualcosa di tanto semplice e naturale. Lui a-veva assunto una istitutrice, Mrs. McGregor, e una balia. Non appena il bambino venne affidato alle loro cure, cominciò a rifiorire. La scintillante vita di società e l'ammirazione che vi suscitava l'avevano aiutata ad alleviare il cocente dolore di quel fallimento. Le serate a cui partecipava terminavano spesso a notte i-noltrata e la mattina successiva aveva bisogno di dormire fino tardi. «Non appena potevo, venivo a trovarti.» Il ricordo di quei giorni le appesantiva il cuore.

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«Solo che avevo paura di prenderti in braccio, temevo di lasciarti cadere o che ti mettessi a piangere.» L'istitutrice, una scozzese dai modi bruschi che la intimidiva moltissimo, aveva dato chia-ramente a intendere che la contessa non era la benvenuta nella nursery e che le visite troppo frequenti avrebbero potuto sconvolgere il quie-to vivere del bambino. Pur vergognandosene, Caroline si era lasciata estromettere dalla vita del figlio. Il pensiero di venirne bandita per sempre, pe-rò, le riusciva intollerabile. Fu assalita da ondate di rabbia incandescen-te. Nei confronti di Bennett, che si era capar-biamente rifiutato di crederle, arrivando perfi-no ad affermare che Wyn sarebbe stato meglio senza di lei, ferendola ancor più di quanto a-vesse fatto l'accusa di adulterio. Verso una leg-ge che puniva duramente l'infedeltà della mo-glie mentre consentiva al marito di avere impu-nemente decine di amanti; una legge ingiusta per cui i figli – in modo particolare i maschi ‒ appartenevano al padre e che considerava una madre divorziata immorale, dunque indegna di allevare le creature che aveva partorito. Tutta-via il risentimento più amaro era rivolto a stes-sa, per non aver capito quanto avrebbero potuto costarle le sue civetterie innocenti e un singolo episodio di sventatezza. Proprio in quel momento il bambino si mos-se nel sonno e Caroline temette che si sarebbe

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svegliato, spaventandosi nel vederla lì. Invece le si avvicinò, raggomitolandosi contro di lei con un dolce mormorio di appagamento. Un tenero sentimento materno la pervase, la-vando via ogni traccia di rabbia e di amarezza. «Non è troppo tardi» sussurrò rivolta al pic-colo addormentato e a se stessa. «Non può es-sere troppo tardi. Diventerò la madre che ho sempre desiderato essere.» Rimase pensierosa per qualche istante, prima di aggiungere, in un bisbiglio appena udibile: «Se solo tuo padre me lo permetterà».

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SCOZIA, 1305 - Alex, indomito laird dei MacKinloch, non è pronto a rinunciare a Laren, sua sposa, e alla speranza di es-sere di nuovo felici insieme. E decide di riconquistarla.

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