GRECI E ROMANI TURISTI IN EGITTO

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    Nonostante lo stato di guerra più o meno continuo lungo i suoi confini, l’impero romano haconosciuto, soprattutto durante i primi due secoli d.C., un periodo di pace - la cosidetta  pax romana - i

    cui benefici effetti furono celebrati in tutta l’antichità. Citiamo a mo’  d’esempio il ventiseiesimodiscorso del retore Aelius Aristides di Smirne che, intorno al 170 d.C., facendo l’elogio del governoimperiale e degli imperatori, così dice7:

    Voi avete strappato al mondo il suo vecchio vestito di ferro e ora esso si mostra in abiti da festa.

    Greci e Barbari possono ora uscire dai loro paesi e circolare dappertutto, ... ; non vi sono più

    da temere le Porte Cilicie, né le piste strette e sabbiose dell ’  Arabia e dell 

    ’  Egitto; non vi sono piùmontagne o fiumi invalicabili, non vi è nazione barbara che non si possa visitare. Per essere

    sicuri non basta che essere Romani o vostri sudditi. Voi avete misurato la terra intiera, avete

    gettato dappertutto ponti sui fiumi, aperto passaggi nelle montagne, popolato i deserti, ... Ora

    non c’ è più bisogno di descrizioni del mondo, non è più necessario raccontare gli usi e i costumidei popoli; voi siete diventati per tutti le guide nel mondo intiero, voi avete aperto tutte le porte e

    dato a ciascuno la possibilit à di vedere ogni cosa coi propri occhi. 

    Il giorno in cui gli imperatori romani avessero voluto diventare direttori d’agenzie turistiche nonavrebbero potuto far di meglio che riprodurre sui loro prospetti - sui loro  d épliants - questo passaggiodel discorso di Aristides, agente pubblicitario di prim’ordine. 

    Molteplici e di vario tipo sono le informazioni pervenuteci riguardo agli antichi turisti in Egitto:

    oltre ai resoconti dei viaggi scritti dai viaggiatori stessi - i vari Erodoto, Strabone, Diodoro Siculo, per

    non citare che i più famosi -, abbiamo notizie, anche se più brevi, conservate su papiri e su ostraca8, e,più numerosi di tutti, abbiamo i loro nomi, e le loro eventuali impressioni, graffite sui monumenti e sullerocce.

    Per lo più si tratta di nomina stultorum9, come quelli che deturpano tanti nostri monumenti,nomi di personaggi altrimenti sconosciuti, ma che ci permettono di farci un’idea dell’ampiezza delfenomeno del turismo nell’antico Egitto. In questi “specie di biglietti da visita” - secondo la definizione

    7 Cfr. N. HOHLWEIN, Déplacements et tourisme dans l ’  Égypte romaine, CdÉ XV, 1940, pp. 253-254.8 Col termine greco di ostracon (pl. ostraca) si intendeva in origine un coccio fittile usato come materiale scrittorio. In Egitto, in

    particolare, il termine è utilizzato per indicare in maniera più estesa anche una qualunque scaglia di pietra utilizzata per scrive rvio disegnarvi.

    9 Gustave Flaubert, che, ufficialmente incaricato di fotografare i monumenti e far schizzi delle principali iscrizioni, viaggiò inEgitto nel 1849-50 col fotografo Maxime du Champ, così lasciò scritto (G. FLAUBERT, Flaubert in Egypt. A sensibility on tour :a narrative drawn from Gustave Flaubert ’  s travel notes & letters, Chicago 1979, p. 54):

    Si è irritati dal numero di nomi di imbecilli scritti ogni dove: sulla cima della Grande Piramide vi è uncerto Buffard, 79 Rue Saint-Martin, fabbricante di carta da parati, in lettere nere.  

    Evidentemente egli si riferiva ai graffiti lasciati dai turisti suoi contemporanei, ai quali si indirizza anche quest ’altra suaosservazione (ibidem, p. 160):

     Nei templi abbiamo letto nomi di viaggiatori: ci colpiscono per quanto siano stupidi e futili. Noi non

    abbiamo mai scritto i nostri. Ce ne sono alcuni che hanno richiesto almeno tre giorni per essere incisi,

    tanto profondamente sono scavati nella roccia. E ce ne sono alcuni che continui a trovare in ogni dove:

    sublime persistenza di stupidit à! 

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    dello Champollion, padre dell’egittologia - gli antichi viaggiatori, esprimendo la loro ammirazione per imonumenti e indicando l’epoca del loro viaggio, ci hanno trasmesso, senza pensarci, una quantità diinformazioni, a volte preziose, per la storia del loro tempo.

    Gente da ogni parte del mondo veniva a visitare la valle del Nilo, spinta dal desiderio di

    conoscere e alla ricerca di ricordi storici e mitologici, poiché nella Terra delle Piramidi a ogni passo sisollevava la polvere del passato.

    Oltre agli Egiziani stessi, ai quali dobbiamo i molteplici graffiti geroglifici, ieratici10

      e

    demotici

    11

    , tutti i popoli del Mediterraneo sono rappresentati. I più numerosi provenivano dal mondogreco: dalla Grecia stessa e dalle sue numerossime colonie europee e asiatiche.La Grecia continentale è rappresentata da Atene, Eleusi, Delfi, Etolia, Epiro, Peloponneso,

    Corinto, Argo, Arcadia, Sparta, Tessaglia, Macedonia, Tracia, Istria, Scizia. Le isole da Zacinto, Tafo,

    Rodi, Lesbo, Samo, Cipro, Mitilene, Creta. L’Asia Minore da Bitinia, Galazia, Ponto, Licia, Pisidia,Cilicia, Panfilia, Caria, Lidia, Cappadocia, Siria, Paflagonia, Fenicia, Palestina.

    Neppure i limiti dell’impero romano riescono a fermare i visitatori: ve ne sono alcuni che sidicono originari dell’Armenia, altri del Caucaso, della Persia, di Babilonia, dell’Arabia. 

    Per l’Egitto - avviato ormai a un inesorabile declino materiale, ma non intellettuale - sbarcanovisitatori anche da occidente: dalle coste africane stesse (Libia, Cirenaica), ma anche dall’Italia (Napoli,Roma) e da tutto il bacino occidentale del Mediterraneo (Gallia, Spagna). E si trovano anche Blemmi e

    Nobati, popolazioni abitanti rispettivamente i deserti a Est e a Ovest del Nilo a sud della prima cateratta.

    E questo lungo elenco è stato composto solo considerando i graffiti lasciati in una decina ditombe della Valle dei Re; se si tenesse conto di quelli lasciati anche in altri siti, esso diventerebbe senza

    dubbio più completo, ma anche ... più noioso. 

    2. LE PIU’ ANTICHE TESTIMONIANZE 

    L’abitudine di lasciare testimonianza della propria presenza in un posto graffendo i l proprionome sulla prima superficie conveniente a portata di mano non è stata di certo introdotta in Egitto daiGreci. Fin dai tempi più antichi gli Egiziani stessi si sono comportati analogamente, ma in genere conuno spirito che non può definirsi propriamente turistico: gli antichi graffiti egiziani sono infatti per lopiù dovuti a motivi religiosi o semi-ufficiali; si tratta di iscrizioni lasciate sulla parete di un tempio inonore della divinità ivi venerata, oppure su di una roccia a ricordo di una spedizione compiuta perincarico del sovrano, come le numerosissime incisioni sulle rocce delle cave (Sinai, Wady Hammamat

    12,

    Isola del Sehel13

    ).

    10  Ieratica  - ossia”sacerdotale”  - è il nome dato dai Greci al tipo di grafia corsiva utilizzato, per la sua più veloce notazionerispetto ai geroglifici, prevalentemente su papiro - ma attestato anche su pietra, sia dipinto che inciso (ieratico lapidario) - e

    derivato da una semplificazione del tracciato dei segni geroglifici.

    11  Demotica - ossia “ popolare” - è detta la lingua parlata in Egitto a partire dalla metà del settimo secolo a.C. fino grosso modo alterzo secolo d.C., nonché il particolare sistema di scrittura usato per segnarla, sistema derivato da una semplificazione edastrazione dei segni ieratici.

    12

     Stretto wady posto lungo la strada che da Coptos conduce a Qosseir, sul Mar Rosso. Qui si trovavano le cave di scisto verde,

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    Tuttavia, anche se a molti risulta difficile pensare agli antichi Egiziani come turisti nel proprio

    Paese, alcuni graffiti sono chiari testimoni dell’interesse che anch’essi nutrivano per i monumenti dellaloro gloriosa storia.

    Sulle pareti del tempio funebre addossato alla faccia est della piramide di Meidum -

    un’ottantina di chilometri a sud del Cairo e all’imbocco della depressione del Fayum -, risalente alla finedella terza dinastia e all’inizio della quarta (faraoni Huni e Snofru), si possono vedere numerosi graffitiieratici tracciati in inchiostro nero da visitatori più di mille anni dopo la costruzione della piramide,

    esprimenti lo stupore e l’

    ammirazione per questo imponente monumento del passato:  Anno 30, sotto la Maest à del Re dell ’  Alto e Basso Egitto Nebmaatra, figlio di Ra Amenhotep(III), ..., lo scriba May venne a vedere la grandissima piramide dell ’  Horus Snofru. 

     Anno 41, quarto mese dell’ estate, giorno 12, sotto la Maestà ... del Re dell ’  Alto e Basso Egitto Menkheperura, figlio di Ra Thutmosi (III), ... , venne lo scriba Aakheperkaraseneb ... a vedere il

    meraviglioso tempio dell’  Horus Snofru: egli lo trovò come il cielo ..., quando Ra sorge in esso, eallora esclamò: “  Il cielo piove fresca mirra e lascia cadere incenso sul tetto del tempiodell’  Horus Snofru”. 

    Altri graffiti, inoltre, trovati sul soffitto del corridoio d’accesso alla piramide, mostr ano comegià al periodo ramesside (XIII - XII sec. a.C.) l’interno del monumento fosse aperto ai visitatori. 

    In Egitto la prima piramide sorse verso la metà del XXVIII sec. a.C. a Saqqara, una ventina di

    chilometri a sud del Cairo, a opera del faraone Djoser, fondatore della terza dinastia; per la suacaratteristica forma viene comunemente indicata come “ piramide a gradoni”. Su una parete interna diuna delle costruzioni ausiliarie che la fiancheggiano a est - la cosidetta “Casa del Sud ”  - è ancoraleggibile, in splendida grafia ieratica del periodo ramesside, un interessante graffito lasciato da un

    visitatore intorno all’anno 1240 a.C., sotto Ramesse II14:

     Anno 47, secondo mese della stagione invernale, giorno 25: lo scriba del tesoro Hadnakhte,

     figlio di Sener, sua madre è Tausert, venne a fare una gita e a divertirsi all ’ Ovest di Menfi consuo fratello Panakhte, scriba del visir ...

    Già diciassette anni prima, nel trentesimo anno di regno di Ramesse II, altri scribi si erano recatiin visita alla “Sekhmet di Sahura”, la dea leonessa distruttrice e guaritrice nello stesso tempo eprotettrice di quanti praticavano l’arte medica15, il cui culto si era sviluppato attorno a un’immagine

    della dea incisa su di una parete nella parte sud del tempio funerario del faraone Sahura (V dinastia) adAbu Sir, allora ancora ben conservato

    16. Sulla via del ritorno a Menfi, entrarono in una mastaba in

    di breccia verde e di basalto, pietre molto apprezzate nella statuaria.

    13  Isola granitica posta nella zona della prima cateratta del Nilo, ai confini dell ’Egitto, tra le isole di Elefantina - di fronte aSyene, attuale Aswan - e File. Era sede di importanti cave di granito.

    14 C.M. FIRTH, J.E. QUIBELL, The Step Pyramid , I, Il Cairo 1936, pp. 82-83 (S).

    15 Per Sekhmet quale protettrice dell’arte medica, si veda F.  VON KÄNEL,  Les pr êtres-ouâb de Sekhmet et les conjurateurs deSerket , Parigi 1984.

    16  Il culto della Sekmet di Sahura era assicurato da un ristretto numero di sacerdoti e si protrasse fino all’epoca greca (J.YOYOTTE, Les pèlerinages dans l ’  Égypte ancienne, Sources Orientales n. 3, p. 49; R. STADELMANN, Die ägyptischen Pyramiden,Darmstadt 1985, p. 168).

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    rovina - quella di Ptahshepses, sovrintendente dei lavori sotto Sahura - e, preso il pennello, lasciarono

    questa iscrizione17

    :

     Anno 30, primo mese della stagione estiva, giorno 16: lo scriba Ptahemuia e suo padre, lo

    scriba Iup, sono venuti a contemplare l’ ombra delle piramidi, dopo essere stati ... a presentare leloro offerte alla Sekhmet di Sahura ...

    Anche le più antiche iscrizioni greche trovate nella valle del Nilo non possono considerarsituristiche nel senso ordinario del termine.

    Già nel 591 a.C., nel terzo anno di regno del faraone Psammetico II (594 -588 a.C.), mercenarigreci dell’Asia Minore - ioni e dori - carii18  e fenici19 giunsero col sovrano all’isola di Elefantina, alconfine sud dell’Egitto. Mentre il faraone fece base all’isola, la spedizione - con Amasi comandante incapo di tutto l’esercito e generale dell’armata egizia, Potasimto (forma greca dell’egiziano Padismatawy) comandante della variopinta compagnia dei mercenari stranieri (definiti “ allòglossoi”,“coloro che parlano altre lingue”20), e Psammetico figlio di Theokles21  comandante della flottaincaricata di trasportare le truppe sul Nilo - si spinse fin oltre Kerkis, sulla quarta cateratta, in una

    spedizione punitiva contro Aspelta, sovrano delle tribù della Nubia. Durante il viaggio di ritorno, questi soldati, passando per Abu Simbel, dove sorgono i due

    grandiosi templi rupestri fatti scavare da Ramesse II nel XIII sec. a.C., lasciarono una serie di sette

    graffiti22

      incisi sui colossi sud del tempio maggiore, già allora parzialmente coperto dalle sabbie che

    colavano abbondanti dal canalone sovrastante la facciata. Oltre a un’interessante iscrizione in due lineecon scrittura bustrofedica (“ iscrizione di Anaxanor ”), incisa sulla gamba sinistra del colosso più

    meridionale, sulla gamba sinistra del primo colosso a sud dell’ingresso è ancor oggi leggibile la piùlunga e interessante di queste iscrizioni; essa, nota come “iscrizione di Potasimto”, consta di cinquelinee ed è scritta in caratteri maiuscoli dell’alfabetico ionico arcaico - si tratta in effetti della più antica

    17 W. SPIEGELBERG, RT 26, 1904, pp. 152-154.

    18 Molteplici sono le iscrizioni lasciate dai carii, questi mercenari anatolici che parlavano una lingua diversa dal greco e che

    utilizzavano un sistema grafico alfabetico, senza tracce di scrittura sillabica. Iscrizioni carie sono state trovate non solo ad Abu

    Simbel, ma anche ad Abido, a Buhen, a Tebe (nella tomba di Montuemhat e nella colonnata del tempio di Luxor), a Silsila e

    soprattutto a Saqqara (nella vicina Menfi era infatti stabilita un’importante comunità caria). Per i graffiti carii in Egitto, si veda inparticolare J.D. RAY, The Carian Inscriptions from Egypt , JEA 68, 1982, pp. 181-198 e la ricca bibliografia ivi citata; per i

    graffiti di Abu Simbel è fondamentale: A. BERNAND, A. ALY, Abou Simbel, Inscriptions grecques, cariennnes et sémitiques desstatues de la façade, Il Cairo, Centre Docum. et ét. anc. Ég., senza data. Per quelli di Luxor si può consultare: L.D. BELL,Quelques curieux graffiti de la Colonnade du Temple de Louqsor , Dossier Histoire et Archéologie, 101, 1986, p.85. 19  Secondo una recente teoria - basata su una nuova interpretazione di un brano della “ Lettera di Aristea a Filocrate” (contenente la richiesta da parte di Tolomeo II Filadelfo di settanta studiosi ebrei da inviare da Gerusalemme ad Alessandria allo

    scopo di tradurre il Pentateuco in greco per le collezioni della Biblioteca) -, a questa spedizione parteciparono anche soldati

    ebraici, come mostrato dai graffiti aramaici (J.M. MODRZEJEWSKI, Les Juifs d ’  Égypte - De Ramsès II à Hadrien, Parigi 1991, pp.23-25; A. BERNAND, Alexandrie la grande, Parigi 1966, p. 242).

    20 Questa specie di “legione straniera” era quindi multilingue, altrimenti sarebbe stato usato il termine heter òglossoi “coloro cheparlano un’altra lingua”. 21 Questo Psammetico, di padre greco, è probabilmente gia nato in Egitto e porta un nome egiziano. 22 Si tratta di alcuni tra i più antichi esempi di scrittura alfabetica greca. 

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    iscrizione in alfabeto ionico che ci sia giunta - ed è redatta in dialetto dorico, probabilmente quellodell’isola di Rodi23:

     Il re Psammetico essendo venuto a Elefantina, ecco ciò che fecero redigere coloro chenavigavano con Psammetico figlio di Theokles e che si spinsero oltre Kerkis, fin dove il fiume lo

     permetteva; coloro che parlano altre lingue erano guidati da Potasimto e gli Egiziani da Amasi.

    Coloro che ci hanno scritto sono Arkhòn, figlio di Amoibikhos, e Pelekos, figlio di Eudàmos 24.

    Benché non fossero certo in gita di piacere, non è difficile immaginare lo stupore el’ammirazione timorosa che questi rudi uomini dovettero provare a sostare all’ombra del tempio, avedere le immagini gigantesche di quei colossi rischiarate dal chiarore lunare o la pietra d ’arenariainfuocarsi ai raggi del sole nascente. Anche oggi chi si trova dinanzi a questa immane opera

    dell’ingegno umano prova sensazioni analoghe. Mentre i suoi mercenari combattevano per lui in Nubia, il re Psammetico, accampato a

    Elefantina in attesa del ritorno della spedizione, ingannava il tempo facendo il “turista”. La f amosaStele della vittoria di Psammetico II , di cui ci sono pervenute parecchie copie

    25 e che appunto narra di

    questa spedizione, così ci presenta il giro “turistico”  del sovrano, con l’evocazione del piacevolepaesaggio di acque e alberi:

    Sua Maest à girava per le paludi del lago Neferibra, passando per le sue terre inondate,attraversando le sue due isole, visitando i sicomori della terra del dio sulle sue rive ricoperte di

    limo, il suo cuore essendo felice di vedere le bellezze, come il Grande Dio che attraversa l’ acqua primordiale.

    23 A. BERNAND, O. MASSON, Les inscriptions grecques d ’  Abou-Simbel, pp. 2-12, in Rev. Ét. Grecques, LXX, 1957, pp. 1-46.24 È l’iscrizione stessa che parla. Gli ultimi due personaggi - Arkhòn e Pelekos - sono quelli incaricati di eseguire materialmentesulla pietra l’iscrizione. 25 In particolare due stele frammentarie da Tanis e da Karnak e una completa da Shellal, presso Aswan; quest ’ultima, ritrovata il2 luglio 1964, è attualmente eretta presso il nuovo sito del tempio di Kalabsha, non lontano dalla Grande Diga. S. SAUNERON, J.YOYOTTE, La campagne nubienne de Psammétique II et sa signification historique, BIFAO 50, 1952, pp. 157-207; L. HABACHI,Psammétique II dans la région de la première cataracte, in Sixteen Studies on Lower Nubia - Studies in honor of L. Habachi ,Supplément aux ASAE, Cahier n. 23, pp. 259-269.

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    3. NASCITA DEL TURISMO IN EGITTO. SUE MOTIVAZIONI

    Il desiderio di vedere dei Greci si rivolgeva naturalmente verso i paesi di più antica civiltà;soprattutto l’Egitto attirava l’interesse dei viaggiatori, sia per le sue antichissime tradizioni, sia per imonumenti.

    I viaggi in Egitto erano del resto facilitati dagli stretti rapporti politici e commerciali fra questo

    Paese e la Grecia: commercianti e soldati mercenari greci si recavano frequentemente in Egitto, dove la

    loro presenza era facilitata dall’

    esistenza dell’

    emporio di Naucrati - odierna Kom Gaef -, fondata dagliIoni di Mileto verso la fine del VII sec. a.C., durante il regno di Psammetico I (664-610 a.C.) 26. D’altraparte Atene mostrava per l’Egitto un notevole interesse economico e politico, che si estrinsecava anchein interventi militari

    27.

    È così che negli anni successivi alla spedizione di Psammetico II, troviamo altri Greci in Egitto,impegnati questa volta in faccende più pacifiche: alcuni desiderando impar are la “saggezza”  degliEgiziani - se le storie delle visite di Talete

    28, di Solone

    29, di Democrito di Abdera

    30, di Pitagora

    31 e dello

    stesso Platone32

      sono vere33

      -, altri, come lo storico, geografo e cartografo Ecateo di Mileto34

    , con lo

    26 Cfr. ERODOTO, Storie, II, 178, dove la fondazione della città è attribuita ad Amasi (570-526 a.C.)27 A. MOMIGLIANO, La spedizione ateniese in Egitto, Aegyptus, X, 1929, pp. 190-206.

    28 DIOGENE LAERZIO, I, 27

    29 La tradizione relativa al viaggio di Solone in Egitto, in un tempo successivo alla promulgazione della costituzione ateniese,

    risale ad Erodoto (Storie, I, 30; II, 177). La storicità di questo viaggio in Egitto è attualmente contestata a causa delle inesattezzecronologiche e storiche contenute nel racconto erodoteo: Solone, infatti, vissuto tra il 640 ed il 560 a.C., comp ì i suoi viaggidopo il 594/3, mentre Erodoto ci dice che arrivò in Egitto al tempo di Amasi, salito al trono nel 570 a.C. Tuttavia, lo stessoSolone in un suo carme menziona il braccio canopico del Nilo: se ne è quindi concluso che la tradizione sul viaggio di Solone inEgitto deriva dai suoi stessi carmi (cfr. L. PICCIRILLI, Plutarco. La vita di Solone, Milano, 1977, p. 264).

    30 DIOGENE LAERZIO, IX, 35; l’autore riporta una tradizione secondo la quale Democrito fu tanto amante dei viaggi da consumarein essi tutto il suo patrimonio.

    31 La tradizione sui viaggi in oriente di Pitagora, non nota a Erodoto, ebbe origine nel IV sec. a.C.: essa si form ò nell’ambientedell’Accademia, per poi svilupparsi attraverso il tempo in forme sempre più fantastiche (cfr. J.A. PHILIP, Pythagoras and EarlyPythagoreanism, Phoenix, suppl. VII, Toronto, 1966, p. 189 e segg.).

    32 Cfr. A.J. FESTUGIERE, Platon et l’ Orient , Rev. de Philol., XXI, 1947, p. 44 e segg.33  Le tradizioni dei viaggi in Egitto di gran parte dei maggiori filosofi greci nacquero dall ’alta considerazione di cui eranocircondate la sapienza e le tradizioni dei sacerdoti e dei dotti egiziani, la cui civiltà era ritenuta assai più antica di quella greca(cfr. ERODOTO, Storie, II, 4). L’universale stima di cui l’antica cultura egizia era oggetto indusse pertanto i Greci a ricollegare adessa l’origine della speculazione filosofica. Alla lista succitata, Diodoro aggiunge anche Orfeo, Melampo, Omero, Licurgo,Enopide e Dedalo quali leggendari visitatori dell’Egitto, in cerca di ispirazione. Durante il regno di Tolomeo I, lungo il lato suddel dromos di accesso al Serapeum di Menfi venne posto, davanti a un tempietto di Nectanebo II, un monumento dedicato ai

    “santi patroni” greci della locale Casa della Vita. A forma di emiciclo e protetto dall’erosione eolica da un muro di costruzionemoderna, esso ospita le statue di undici sapienti greci (è infatti noto col nome di “emiciclo dei poeti e dei filosofi”): a fianco di Omero, che occupa la posizione centrale, sono posti cinque filosofi e cinque poeti. Le staue identificabili (dalle iscrizioni o dagli

    epiteti risultanti dai disegni fatti dal Mariette nel secolo scorso) sono: Pindaro, Protagora, Platone, Omero, Demetrio di Falero,

    Esiodo e Talete; quelli non identificati potrebbero essere Eraclito, Orfeo e Aristotele.

    34 ERODOTO, Storie, II, 143

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    spirito del viaggiatore. Ma il primo vero turista di cui ci sia giunto il resoconto del viaggio è il padrestesso del genere letterario storico, Erodoto di Alicarnasso.

    Egli giunse in Egitto verso la metà del V sec. a.C., quando il Paese era sotto il dominio dellaprima dinastia persiana, durante il regno di Artaserse I. Secondo le sue stesse parole - e non abbiamo

    motivo per non prestargli fede -, nel suo viaggio egli visitò Menfi, le Piramidi, Eliopoli, la boccapelusiaca del Nilo, il Fayum, Tebe e si spinse fino a Elefantina. Contrariamente al turista moderno, egli

    era maggiormente interessato ai costumi della popolazione che non ai monumenti, e nel secondo libro

    delle sue Storie, dedicato per intero appunto all’

    Egitto, egli ci espone i dati etnologici, religiosi e storicida lui raccolti soprattutto con conversazioni coi sacerdoti. Al di là degli interessi storici ed etnografici,la bellezza dei luoghi, lo splendore delle opere artistiche, la diversità dei costumi, l’interesse per tuttociò che appare meraviglioso o, comunque, lontano dall’esperienza comune, prendono assai spesso ilsopravvento nello spirito di Erodoto e lo spingono a lunghe digressioni sui luoghi e sulle popolazioni,

    che svelano l’interesse del turista e del curioso più che dello storico. 

    Le vere opportunità per il turismo vennero però con la conquista di Alessandro Magno nel 332a.C. che, ponendo definitivamente termine all’epoca dei faraoni, inserì l’Egitto in uno spazio allargato espianò la via alla penetrazione del mondo ellenistico nella vecchia tradizione faraonica. Con lasuccessiva affermazione della dinastia macedone dei Tolomei, o Làgidi35 - a partire dalla fine del IV sec.a.C. -, i graffiti greci diventano infatti numerosissimi.

    Nei due secoli successivi anche i Romani cominciarono a interessarsi all’Egitto: la primaattestazione di un turista romano in Egitto - il senatore Lucius Memmius -si trova su un papiro datato al

    112 a.C.36

     

    Ma è dopo l’annessione dell’Egitto all’impero romano, nel 30 a.C., che cominciò per i Romanila voga del turismo nella Valle del Nilo

    37. A condizione di essere muniti di un documento di identità,

    ogni Romano - a eccezione, come si vedrà, dei senatori e dei cavalieri illustri, per i quali occorreval’autorizzazione dell’imperatore - poteva visitare a suo piacere una delle più ricche, strane e affascinantiprovince dell’impero. Già Ovidio, in un’elegia composta nell’8 d.C. sul battello che lo conduceva inesilio a Tomi, parla dell’Egitto come di una località turistica38.

    I motivi che spingevano la gente a viaggiare erano grosso modo quelli dei nostri contemporanei:

    al più generale desiderio di svago, si aggiungevano in particolare la curiosità di cose nuove e la voglia di

    vedere e imparare, la ricerca, cioè, di quello che gli autori classici definivano èáýìáôá e ó oößá, ossia“cose meravigliose”  e “saggezza”39; nella credenza popolare, l’Egitto era la terra della magia e i suoitempli erano depositari di un’arcana sapienza. Fin dalle origini il viaggio assunse per i Greci un valoredi esperienza culturale: esso permetteva, infatti, di comprendere realtà umane diverse, di confrontare il

    35 Da Lago, padre di Tolomeo I.

    36 Pap. Tebtynis I, 33.

    37  I numerosissimi documenti pervenutici mostrano infatti uno sviluppo intenso del traffico dei viaggiatori in Egitto all’epocaimperiale.

    38 OVIDIO, Tristes, II, verso 77 e segg.

    39  Ritenuta strettamente legata al sistema stesso di scrittura: i geroglifici erano infatti considerati la quintessenza dell’arcanasaggezza egizia.

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    proprio pensiero con quello di altre persone, di attingere a patrimoni culturali diversi e spesso più ricchi.I viaggiatori dell’età ellenistica erano dunque generalmente spinti dal desider io di visitare luoghi dovela vita culturale era assai viva e dove abbondavano le vestigia del passato: e nulla, meglio dell ’Egitto,poteva soddisfare queste loro aspettative.

    Non trascurabile tra le motivazioni che spingevano questi turisti a compiere viaggi a volte

    lunghi e senza dubbio scomodi era sovente anche la pietà religiosa, il desiderio di onorare i grandi deiegiziani - molti dei quali erano identificati a divinità del pantheon greco - presso i loro santuari nazionali

    o di consultare i numerosi oracoli che presso questi templi risiedevano, praticando eventualmente il ritodell’incubazione40. I riti tradizionali dell’epoca faraonica continuarono a essere celebrati anche duranteil periodo dell’occupazione greca e romana, e in particolare le numerose festività in onore dei principalidei erano motivo di grandiosi pellegrinaggi, che richiamavano migliaia di persone

    41, non solo indigeni

    ma anche stranieri, attratti dal fascino arcano della religione egiziana.

    Diodoro Siculo - che visitò l’Egitto durante la 180a  Olimpiade (60-56 a.C.) - afferma chel’Egitto è degno di essere visitato e studiato perché i suoi costumi sono stranissimi e riempiono i Grecidi meraviglia oltre ogni limite

    42. Tra le meraviglie dell’Egitto egli include il trattamento e il culto degli

    animali43

    , i costumi funerari, monumenti come le Piramidi, e il Nilo stesso, con le sue affascinanti piene.

    Vari “filosofi”  tentarono di spiegare questo fenomeno: chi attribuendo la piena a venti contrari alla

    40 La pratica dell’incubazione - consistente nel trascorrere la notte presso un luogo santo per ottenere dei sogni ispirati durante il

    sonno - fu introdotta in Egitto in epoca ellenistica. La maggir parte dei sogni ottenuti per incubazione avevano lo scopo di

    assicurare, per intervento divino, la guarigione dei malati (S. SAUNERON,  Les songes et leur interpr étation dans l ’  Égypteancienne, Sources Orientales n. 2, pp. 40-52). Tra i principali luoghi dove si praticava l’incubazione si possono ricordare iSerapea di Canopo e di Menfi, il  Memnonion di Abido, e i Sanatoria del tempio di Hathor a Dendera, del tempio di Deir el-

    Bahri, del tempio di Mandulis a Kalabsha e del tempio di Isi a File.

    41 Descrivendo la festa tenuta annualmente a Bubasti in onore della dea Bastet - identificata con la greca Artemide -, Erodoto

    parla di ben settecentomila visitatori (ERODOTO, Storie, II, 59-60), numero certamente esagerato. La gioia popolare che regnava

    durante queste festività può essere ben espressa da questo brano del tempio di Edfu, relativo alla festa celebrata al termine di unatappa della costruzione del tempio (E IV 3.2-.8):

    Ci fu festa al villaggio, gioia nei cuori, allegria lungo le strade; il rumore della gioia popolare esplodeva

    sulle piazze del villagio e le vie erano piene di un’ agitazione gioiosa. Vi era più cibo di quanta sabbia ci siasulla spiaggia, pani numerosi come i granelli della riva. Buoi di ogni razza erano abbattuti, pi ù numerosidi una nuvola di cavallette; tanti uccelli quanti ce ne sono in una palude; orici, gazzelle, camosci e tutte le

    specie apparentate bruciavano sugli altari e il loro fumo saliva sino al cielo. Il vino scorreva a fiumi lungo

    le strade, come il Nilo in piena quando sgorga dalle due caverne. L’ olibano bruciava sulla fiamma,mischiato ai grani d ’ incenso e il loro odore si sentiva a un miglio intorno. La città aveva assunto il suocolore di festa; dappertutto si era sparso del nitro e vi erano fiori e mazzi. I Profeti e i Padri Divini erano

    vestiti di lino fine; coloro che seguivano il Re erano rivestiti dei loro ornamenti, ..., tutti erano felici e le

    ragazze erano belle a vedersi. Non c’ era che allegria tutt ’ intorno, e gioia lungo le strade; fino all ’ alba nonci fu modo di dormire. 

    42 DIODORO, I, 69, 1-7

    43  La zoolatria, elemento caratteristico della religione egiziana, suscitava interesse, ma per lo più repulsione e disgusto, neivisitatori greci e romani. Nella sua quindicesima satira, Giovenale accusa gli Egiziani di adorare ogni sorta di animali e

    addirittura di legumi.

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    corrente che così gonfiano il fiume, chi pensando a sorgenti occulte sotto il letto del fiume, altriattribuendola al calore del sole dei tropici, che “ fa ribollire” le acque44.

    Strabone, un discendente intellettuale di Erodoto, ci dice anch’egli che i turisti erano affascinatidai monumenti, dai costumi funerari, dagli animali esotici e dall’ancor più esotico culto del quale moltidi essi erano oggetto, nonché della straordinaria saggezza dei sacerdoti; la piena del Nilo era comunquel’attrazione più degna di essere vista in una terra di meraviglie45. E non bisogna dimenticare ilparticolare clima dell’Egitto, “dove non cade mai la neve”, al dire di Seneca46, e “non c’ è giorno senza

    sole”

    , secondo il già citato detto di Ammiano; numerosi infatti erano i ricchi Greci e Romani che, afflittida malattie, venivano in Egitto sperando di ritrovare la salute grazie alle virtù del suo clima dolce eseducente e alle cure dei suoi famosissimi medici.

    Quando la Grecia entrò sotto l’egida di Roma, gli esponenti della sua aristocrazia continuaronoa considerare i viaggi essenziali alla propria formazione e a dedicarvisi, facilitati anche dal minor

    interesse per la vita politica e dalle scarse preoccupazioni finanziarie. Ad esempio, Cleombroto di

    Sparta, amico di Plutarco47

    , si recò in Egitto e giunse fino al Mar Rosso, non per fini pratici,

    ma, uomo desideroso di vedere e apprendere, con un patrimonio sufficiente e non ritenendo

    molto importante avere più del necessario, occupava il tempo libero in tali cose. 48 

    Altri motivi di viaggio per e attraverso l’Egitto erano invece dovuti a fatti particolari del mondoromano.

    44 ERODOTO, Storie, II, 20-25

    45 STRABONE, I, 2, 22. Parlando della piena del Nilo, Seneca ci ha lasciato questo idilliaco quadro ( Naturales Quaestiones, IVa,

    2, 11):

     E ’   uno spettacolo magnifico quello del Nilo al momento in cui ha invaso le campagne: i campiscompaiono, gli avvallamenti sono inondati, gli abitati emergono come isolotti. In questo mare interno non

    è possibile alcuna comunicazione se non con barche. E la gioia della gente è tanto maggiore quantominore è la superficie ancora visibile delle loro terre. 

    46 SENECA, Naturales Quaestiones, IV, 2, 8. Per motivi di salute, Seneca venne in Egitto verso il 31 d.C., ospite della zia, sorella

    della madre e moglie del prefetto C. Galerius. Più tardi, Seneca ebbe in dono da Nerone un’estesa proprietà nel Fayum (M.ROSTOVTZEFF, The social and economic history of the Roman Empire, Oxford, 1926, p. 268); per altri studiosi, tuttavia,

    l’acquisizione di questa proprietà egiziana fu anteriore alla salita al trono di Nerone (cfr. P. FAIDER, S énèque en Égypte, BIFAO30, 1931, pp. 83-87).

    47  Plutarco fu il più celebre biografo dell’antichità. Nato a Cheronea - la cittadina che già aveva dato i natali a Pindaro e aEpaminonda - intorno al 46-48 d.C., compì nella sua giovinezza numerosi viaggi, in Egitto e in Occidente. Morì tra il 125 e il127 d.C. Con Erodoto, Plutarco è il più profondo conoscitore antico dell’Egitto faraonico. Mentre Erodoto è particolarmenteinteressato ai dati razionali - e l’“attacco” geografico del logos erodoteo mette chiaramente in luce gli aspetti informativi di tuttal’opera -, Plutarco concentra il proprio interesse particolarmente sul campo della religione e del mito, trascurato da Erodoto. Ed ècosì che, ancor prima della decifrazione dei geroglifici - e della nascita, quindi, dell’egittologia quale scienza ufficiale -, i duediventano quasi i simboli di due ben definite tendenze di “fare egittologia”: Erodoto divenne il padre di un gruppo di ricercatoriprecisi e scientifici nella loro indagine; a Plutarco si ispirò invece un’egittologia che si nutriva del mito dell’Egitto misterioso edenigmatico, della “symbolica Aegyptiorum sapientia”, e fu il capostipite di una schiera di interpreti, che nel “mistero” trovavanoargomento di ingegnose esegesi e di complicati sistemi (cfr. S. DONADONI, Erodoto, Plutarco e l’  Egitto, Belfagor 2, 1947, pp.203-208; ripubblicato in Cultura dell’  Antico Egitto, scritti di Sergio F. Donadoni, Roma 1986, pp. 13-18).48 PLUTARCO, De Def. Orac., 410A-B.

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    Dapprima la centralizzazione a Roma dei poteri civile e militare e dell’amministrazione dellagiustizia. Ciò aveva come conseguenza immediata di creare necessità continue di spostamenti tral’Egitto e Roma, come tra tutte le province dell’Egitto e Alessandria, residenza del governatore. Epoiché le questioni amministrative non potevano sempre regolarsi per corrispondenza, i funzionari cheviaggiavano in missione, sia nell’Egitto stesso che verso l’Italia, erano numerosi; e questi viaggi eranosempre intrapresi con un seguito più o meno numeroso. 

    A rendere frequentate le strade vi erano poi gli spostamenti frequenti degli ufficiali superiori e

    dei semplici centurioni che, in Egitto, cambiavano destinazione, nonché le truppe in missione e i viaggidelle reclute che lasciavano il loro borgo natio per essere arruolati nei grandi centri militari, comeMiseno, sulla baia di Napoli (Sinus Cumanus), quartier generale della flotta, o Alessandria.

    Ma senza tener conto degli spostamenti ufficiali, di quelli dei funzionari e dei soldati e senza

    considerare soprattutto i viaggi dei mercanti, altre categorie sociali erano in continuo viaggio sulle

    strade dell’Egitto. Il numero di coloro che hanno condotto in Egitto la ricerca scientifica col desiderio di allargare

    le proprie conoscenze è stato grandissimo. L’istruzione ai quei tempi era molto basata sull’osservazioneimmediata, sull’inchiesta diretta più che sull’insegnamento fornito dai libri, del resto ben  pocoaccessibili ai più; e così storici, geografi, archeologi e specialisti di diverse discipline hanno intrapresolunghi viaggi di ricerca in Egitto: tra i molti citiamo Posidonio, Diodoro Siculo, Strabone, Apione,

    Pausania, Dioscoride, Apuleio, Ammiano Marcellino che, tutti, viaggiarono e soggiornarono in Egitto

    con lo scopo di raccogliere personalmente gli insegnamenti necessari alle materie che trattavano. Esono le varie “ Aegyptiaka” e le varie “Geografie” che questi autori hanno lasciato che servivano poi daguida agli altri numerosi viaggiatori che ne seguivano le orme

    49: non soddisfatti di leggere le relazioni

    dei viaggi altrui e da esse stimolati, sono stati molti infatti coloro che preferirono ammirare e vedere

    tutto coi propri occhi, recandosi di persona sul posto.

    In un mondo in cui la diffusione dei libri era scarsa e l’insegnamento quasi esclusivamenteorale, è evidente che i viaggi dovevano assumere un ruolo insostituibile nella diffusione della cultura;essi divennero un elemento essenziale nella formazione dei giovani aristocratici, per i quali la

    superiorità culturale nei confronti della massa del popolo costituiva un vanto personale e di distinzionesociale. Era quindi soprattutto la gioventù studentesca, che usciva dai confini della propria provinciaper cercare i miglior insegnamenti e i miglior maestri, che veniva in Egitto. Come Roma, Atene e

    Antiochia, anche Alessandria godeva di fama mondiale e - se crediamo ai vari Strabone

    50

    , Quintiliano

    51

    ,Luciano52

      e Filostrato53

      - studenti di ogni nazionalità vi affluivano da tutte le province dell’impero.Avevano l’occasione di istruirsi in tutte le scienze conosciute e in particolare in quelle mediche,filosofiche e matematiche, ma anche nella musica, nella contabilità, nella filologia, nella letteratura,nell’astronomia, nell’astrologia, nell’alchimia, nella magia, nelle scienze occulte, nella calligrafia, nellatachigrafia.

    49 In particolare le opere di Erodoto, Diodoro Siculo, Strabone e Pausania.

    50 STRABONE, IV, 181

    51 QUINTILIANO, Decl., 333.

    52 LUCIANO, Vita di Alessandro di Paphl., 44.

    53 FILOSTRATO, Appol. Tyan., VIII, 15.

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    4. I VIAGGI VIA MARE E VIA TERRA PER L’EGITTO 

    Via mare54

     si viaggiava quasi esclusivamente da marzo a novembre; da un passo di Vigezio si sa

    che la navigazione era sospesa dall’11 novembre fino a tutto il 10 marzo55. Erano di gran lunga preferite

    le navi alessandrine, in quanto molto veloci e ben costruite. Filone di Alessandria (ca. 20 a.C. - 50 d.C.)scrive56

    :

     I loro piloti hanno una grande esperienza: come cocchieri che guidano cavalli da corsa, essi

    assicurano una rotta diretta, senza deviazioni.

    Una di queste navi, la Isis, ricordata da Luciano57

    , aveva un’immagine della dea Isi su ciascunlato della prua, tre alberi con vele dipinte a vivaci colori e stazzava circa 2200 tonnellate; era lunga 53

    m, larga 13 m e alta altrettanto. Serviva per il trasporto di derrate, cereali, tela di lino e papiro e anche

    di cento e più persone. A poppa vi era la cabina riservata al comandante e alle persone a lui gradite;lungo la tolda erano disposte cabine di lusso, dotate di bagni, per i viaggiatori più facoltosi. Di notte siaccendevano le lanterne e la nave, se il mare era calmo, poteva proseguire tranquilla la sua rotta.

    Ma vi erano anche navi mastodontiche, dei veri “giganti del mare”, come quella - per non

    citarne che una - costruita sotto Augusto nei cantieri alessandrini per trasportare ad Ostia l’obelisco di

    Seti I e Ramesse II che, posto nel 10 a.C. sulla spina nel Circo Massimo - come simbolo del sole e in

    commemorazione della conquista dell’Egitto da parte di Augusto -, si trova attualmente in Piazza delPopolo

    58. Questa nave - che, secondo Plinio

    59, poteva trasportare, oltre al carico normale, anche

    milleduecento passeggeri - venne addirittura messa in mostra a Roma, ma alcuni anni dopo fu distrutta

    da un incendio nei cantieri di Pozzuoli.

    Il periodo più favorevole per la traversata dalle coste italiane ad Alessandria era quellocompreso fra luglio e agosto, quando i venti soffiavano da Nord o da Nord-Ovest: in questo periodo, le

    rotte dall’Italia ad Alessandria erano oggetto di un traffico intenso e continuo. Partendo da Pozzuoli - Puteoli  in latino,  Dicearchea  in greco -, porto di Roma in epoca

    repubblicana, o da Ostia a partire dal tempo di Claudio60

    , si navigava per Reggio Calabria ( Rhegium),

    Malta, all’isola di Pharos, e quindi alla rada di Alessandria: in media una dozzina di giorni di

    54 Per informazioni sulla navigazione vedi: N. HOHLWEIN, Déplacements et tourisme dans l ’  Égypte romaine, CdÉ XV, 1940, p.267; M. HADAS-LEBEL, Flavio Giuseppe, l’ ebreo di Roma, Milano 1992, pp. 59-62.55 VIGETIUS, IV, 39: “  Ex die ... tertio Idus Novembres usque in diem sextum Idus Martias maria clauduntur ”.56 FILONE, In Flaccum, 26; opera scritta sotto il regno di Claudio.

    57 LUCIANO, De Navigatione, I, 5 e segg.

    58 Alto 23.20 m e pesante 235 tonnellate, esso fu il primo dei tredici obelischi egiziani che presero la via di Roma.

    59 PLINIO, Naturalis Historia, XXXVI, 70; la descrizione datane da Plinio è di seconda mano, in quanto l’incendio che avevadistrutto la nave era di molto anteriore all’epoca di Plinio. 60 Il porto di Ostia venne fatto costruire da Claudio per essere il punto di arrivo e di deposito dell ’enorme quantità di grano che,quale annona, giungeva ogni anno a Roma. Esso venne poi ampliato da Nerone e ricostruito da Traiano.

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    navigazione. A volte bastavano solo nove giorni da Pozzuoli ad Alessandria, con rotta lungo la Sicilia,

    come ci è stato tramandato da Plinio il Vecchio per il viaggio del senatore di rango pretoriano ValeriusMaximus, nell’anno 60 d.C. Con vento favorevole - come ricorda ancora Plinio61 - si potevano stabiliredei veri e propri record di velocità marittima, come fu il caso di due prefetti d’Egitto: partendo daReggio, il prefetto Galerius arrivò ad Alessandria in sette giorni62, mentre il prefetto Balbillus neimpiegò addirittura soltanto sei. 

    Per chi non aveva fretta, vi era anche un’altra rotta per raggiungere Alessandria, ma più lunga:

    essa collegava Pozzuoli con Cartagine via mare, ma obbligava poi a proseguire via terra attraverso ildeserto, a dorso di dromedario, fino ad Alessandria. Un’altra via di terra era quella che proveniva dallaGiudea ed entrava in Egitto, passando l’istmo di Suez, nei pressi della città di frontiera di Pelusio, sullabocca pelusiaca del Nilo: è lungo questa via che arrivarono, tra gli altri, gli imperatori Vespasiano,Adriano e Settimio Severo.

    Prima di partire per l’Egitto, i privati cittadini63 dovevano munirsi, a Roma, di un permesso o diun documento di identità in latino, per ottenere ad Alessandria, nell’ufficio del procuratore imperiale aPharos, il passaporto

    64, pure in latino, necessario per lasciare poi l’Egitto via mare65.

    Un papiro di Berlino, il cosidetto “Gnomon dell’  Idiologo”66, datato alla seconda metà delsecondo secolo della nostra era e che contiene le direttive destinate all’amministratore dei beni

    61 PLINIO, Naturalis Historia, XIX, 1, 3

    62 Il prefetto C. Galerius. avunculus, ossia zio materno, di Seneca, perì poi in un naufragio durante un rientro dall’Egitto. 63 In epoca imperiale, ai senatori e ai “cavalieri illustri” era richiesta anche l’autorizzazione da parte dell’imperatore. 64 Detto ¢postol…on. Strabone (II, 3, 5) scrive che non solo al suo tempo, ma anche nel periodo tolemaico non era permesso

    lasciare Alessandria senza un prÒstagma.65 N. HOHLWEIN, Déplacements et tourisme dans l ’  Égypte romaine, CdÉ XV, 1940, pp. 253-278, in particolare pag. 264.66  Il procuratore dell’ìdios logos - o pros to id ìo lògo  in greco e semplicemente idiologus nei testi latini - era un funzionariopreposto alla gestione del “conto speciale”  (è questo il significato del termine ìdios logos), ossia un amministratore dei beniimperiali. In epoca tolemaica l’idiologo si occupava delle terre confiscate o abbandonate e vendute in nome del re e di tutti iterreni di stato giuridico incerto. Tale carica venne conservata dall’amministrazione romana: in quest’epoca l’idiologo era uncittadino romano di rango equestre, nominato dall’imperatore, e le sue competenze - in particolare sotto i Flavi (69-96) e gliAntonini (96-192) - vennero variate e ampliate: oltre che della valutazione e della vendita dei terreni ad éspota  (“liberi”), sioccupava anche, per esempio, della sorveglianza degli alberi (il legno era un materiale raro in Egitto ed il taglio degli alberi era

    strettamente regolamentato); inoltre, almeno fino all’istituzione dell’archiereus Alexandriae et Aegypti, “Gran Sacerdote diAlessandria e dell’Egitto” (sotto Adriano, intorno al 120 d.C.), era suo compito sorvegliare le proprietà dei templi ed i collegisacerdotali, nonché di occuparsi della vendita delle cariche sacerdotali ereditarie che si rendevano libere e del controllo sullatassa d’accesso (eiskritikon) alle stesse cariche sacerdotali ereditarie. Ad Augusto risale il complesso di norme sul funzionamentodel dipartimento dell’idiologo, di cui ci è pervenuta la raccolta dell’epoca di Antonino Pio che va sotto il nome di Gnomondell’ idios logos (BGU, V, 1210; Pap. Oxy., XLII, 3014). In tale Gnomom (“regolamento”) sono elencati in paragrafi successivi ivari casi che riguardano le sue competenze, regolando, tra l’altro, le obbligazioni delle diverse categorie sacerdotali e gliinterdetti ai quali sono sottomesse: ogni infrazione dà luogo ad un’ammenda, per esempio portare capelli lunghi o vestiti di lana,scegliere per il sacrificio animali non adatti, vendere offerte destinate agli dei, ecc. (Queste regole, ritenute dagli studiosi “uno

    strumento di oppressione fiscale”  - vedi N. LEWIS,  Life in Egypt under Roman Rule, Oxford 1983, pp. 32-33 -, davanoall’amministrazione romana l’occasione di intervenire praticamente in tutti gli aspetti della vita quotidiana degli Egiziani; essesono testimonianza dello spirito e della pratica degli amministratori romani, per i quali ogni infrazione alla legge doveva portare

    un vantaggio economico allo Stato). Non abbiamo niente del genere per nessun altro funzionario dell’Egitto romano. In questo

    periodo la carica di idiologo poteva essere cumulata con quella di dikaiod òtes  (lett.“dispensatore di giustizia

    ”, in latino

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    imperiali, cita agli articoli 64, 66 e 68 le ammende cui dovevano essere sottoposti coloro che si

    imbarcavano ad Alessandria senza aver ottenuto il passaporto. Si poteva arrivare fino alla confisca di un

    terzo dei propri beni67

    .

    Poiché il sistema monetario egiziano, sia sotto i Lagidi che sotto i Romani, fu un sistema chiuso,ossia non si poteva importare moneta straniera né esportare quella egiziana, quando uno stranieroarrivava in Egitto era obbligato a cambiare i suoi denari nella moneta locale (tetradracma, dracma,

    obolo)68

    ; gli stessi soldati di guarnigione nelle province del Paese ricevevano il loro soldo in dracme.

    5. I VIAGGI ALL’INTERNO DELL’EGITTO 

    In Egitto esistevano strade sulle quali circolava la posta imperiale, ma gli imperatori romani non

    mettevano a disposizione del pubblico questo organismo, riservato unicamente ai corrieri ufficiali, ai

    funzionari, ai soldati e ai commercianti, i soli, anche, che potessero usare delle stazioni di servizio lungo

    di esse.

    Vi erano in Egitto imprese private di trasporto (forse le prime “agenzie turistiche”): proprietaridi vetture a cavalli, asini e dromedari, organizzati in corporazioni, assicuravano i trasporti delle merci e

    dei viaggiatori, non solo all’interno del Paese, ma anche sulle vie carovaniere. Il governo, soprattutto in

    periodi di disordini, faceva scortare le carovane da guardie del deserto, esigendo evidentemente unatassa

    69. Esigeva una tassa dai viaggiatori anche per circolare sulla strada che univa Coptos a Berenice,

    porto sul Mar Rosso fondato da Tolomeo II Filadelfo in onore della madre, o sulla nuova Via Hadriana 70

     che collegava Antinoopoli con Berenice; bisognava munirsi di un permesso di circolazione (simile al

    nostro pedaggio autostradale), il cui importo variava a seconda del rango sociale del richiedente.

    iuridicus): costui era il capo della giustizia ed esercitava la sua funzione su tutto l’Egitto; era inoltre il più stretto collaboratoredel prefetto ed in caso di vacanza della prefettura poteva sostituire il prefetto in qualità di vice-prefetto. La carica di idiologo fusoppressa verso il 230 d.C.

    67 I tre articoli succitati sono:

    Art. 64:  I casi di persone partenti dall’ 

     Egitto via mare senza passaporto sono ora sottomessi alla giurisdizione del prefetto;Art. 66:  Le persone autorizzate a partire via mare e che si imbarcano senza passaporto sono condannate a un’ ammenda di unterzo dei loro beni;

    Art. 68:  Un Romano che era partito via mare senza aver fatto compilare i suoi documenti di partenza è stato condannato aun’ ammenda di ... talenti.

    68 La moneta standard era la tetradracma alessandrina d’argento, che equivaleva a 4 dracme, ossia a 24 oboli; gli oboli erano perlo più in bronzo. Durante la dominazione romana una tetradracma era equivalente ad un denarius romano; questa parità non fututtavia sempre reale. Soprattutto nelle transazioni private, infatti, ad un cambio teorico di 24 oboli per denarius  ne

    corrispondeva uno in pratica di 28 o 29 oboli. Nelle transazioni tra Stato e privati, invece, il calcolo continuò ad essere operatosulla base di un denarius  per tetradracma, ove veniva però aggiunta una tassa minima obbligatoria del 6.25%, detta prosdiagraphomena.

    69 Le guardie del deserto erano dette ™rhmofÚlakej e la tassa percepita ™rhmofulak…a.

    70 ÐdÕj kain¾ ‘Adrian», “nuova strada di Adriano” (OGIS 701). 

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    Da Coptos ben tre strade conducevano al Mar Rosso; la più corta e diretta è quella che portava aLeucos Limen - l’odierna Qosseir - attraverso il notissimo Wady Hammamat71. Lunga circa 160 km,disponeva di dodici posti di stazione, distanti l’uno dall’altro circa 3!4 ore di marcia a dorso didromedario, per un totale di circa 40 ore, percorribili in tre giorni dai viaggiatori ordinari e in due o

    addirittuta in un solo giorno dai corrieri, che montavano dromedari da corsa72

    . Ogni stazione

    comprendeva un castellum, una specie di fortino con caserme, magazzini, pozzi e cisterne d’acqua,nonché posti di ristoro per i viaggiatori e caravanserragli per gli animali. Alla difesa dei castella e alla

    sicurezza dei singoli tratti di strada, provvedeva un distaccamento di cavalleria, che veniva cambiatoogni cinque o sei mesi. Questi soldati e i numerosi viaggiatori ci hanno lasciato tutta una serie di graffiti

    incisi sugli ammassi rocciosi che spesso sorgevano nei pressi delle stazioni di ristoro73

    ; si tratta per lo

    più di preghiere al dio Pan - qualificato di Euòdos “che dà la buona strada” -, identificato con l’egizioMin, protettore delle strade del deserto. Le continue e notevoli spese per il mantenimento di queste

    stazioni giustificano la richiesta di pedaggi ai viaggiatori.

    Un’iscrizione originaria di Coptos74, datata al 10 maggio del 90, sotto Domiziano75, ci informasu:

    ciò che gli appaltatori d ’ imposta devono reclamare per i diritti di passaggio a Coptos, pagabiliall’ amministrazione delle dogane, secondo la tariffa. 

    Siamo così a conoscenza delle tariffe per il diritto di passaggio richiesto per le persone (in

    genere ritenute proporzionali alla quantità d’acqua usata lungo il viaggio

    76

    ), per gli animali e per certitipi di materiale:

     per un pilota del mar Rosso 8 dracme

     per un ufficiale di prua 10 dracme

    71 La via da Coptos a Qosseir è la via naturale che collega il Nilo al Mar Rosso, nel punto in cui la curva del fiume maggiormentesi avvicina al mare. La banda di terra che separa il Nilo dal mare è qui così stretta che gli autori classici la denominarono “ Istmodi Coptos”. Essa, utilizzata fin dall’antichità, fu frequentata soprattutto in epoca romana, in particolare a partire da Tiberio. Sottoi Lagidi si utilizzava, per raggiungere il Mar Rosso, dapprima la strada Coptos-Edfu-Berenice, poi la Coptos-Dendera-Myos

    Hormos (cfr. A. BERNAND, De Koptos à Kosseir , Leiden, 1972, p. 15). La strada per Myos Hormos permetteva l’accesso alleimportanti cave del Mons Porphyrites e del Mons Claudianus, utilizzate anche in epoca romana; dalle cave del Mons Claudianus

    provengono infatti le colonne del Pantheon a Roma. I graffiti alle cave del Mons Porphyrites possono essere datati al periodo dal

    29 al 137/138 d.C. e quelli del Mons Claudianus dal 108/109 al 117 d.C.; oltre a soldati, cacciatori e lavoratori delle cave,compaiono anche mercanti che facevano commercio con le Indie.

    72 Il significato della parola “dromedario” è proprio quello di “cammello da corsa” 73 A. BERNAND, De Koptos à Kosseir , Leiden 1972.74 “Tariffa di Coptos”, OGIS 674; A. BERNAND, Les portes du d ésert , 1984, pp. 199-208; pl. 46; A. BERNAND, La Prose surPierre dans l’  Égypte Hellénistique et Romaine, Tome I, pp. 136-139; Tome II, pp. 154-155. Si tratta di una stele in calcaregiallastro, a frontone triangolare molto appiattito, alta 128 cm, larga 71 cm e con un’ordinanza in greco, su 33 linee, fattaincidere, su ordine del prefetto d’Egitto Marcus Mettius Rufus - il cui nome compare anche sul colosso di Memnone -, a cura diLucius Antistius Asiaticus, “ prefetto della montagna di Berenice”. Trovata a Coptos, la stele è conservata ora al Museo diAlessandria.

    75  L’ anno 9 dell ’ imperatore Cesare Domiziano Augusto Germanico, il quindicesimo giorno del mese di Pachon. 76 N. LEWIS, Life in Egypt under Roman Rule, Oxford 1983, p. 141.

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     per una guardia 10 dracme

     per un marinaio 5 dracme

     per un calafatore 5 dracme

     per un operaio 8 dracme

     per cortigiane 108 dracme

     per donne che arrivano col battello77 

      20 dracme

     per donne di soldato 20 dracme

     per il permesso di dromedario 1 obolo

     per il sigillo sul permesso 2 oboliQuando la carovana si mette in strada:

     per ogni permesso di uomo che sale all’ interno  1 dracma per le donne, di qualunque categoria, che salgono all’ interno  4 dracme per un asino 2 oboli

     per una carretta con tetto quadrato 4 dracme

     per un albero maestro (di nave) 20 dracme

     per un pennone 4 dracme

     per far salire e far scendere un sarcofago 1 dracma, 4 oboli

    L’enumerazione delle varie categorie di persone che partecipavano a queste carovane cipermette di immaginarci questi pittoreschi convogli che attraversavano il deserto. Per lo più si tratta digente di mare, o comunque di persone addette alla costruzione di navi, distinte secondo le loro funzioni,

    ma anche di donne, qui suddivise in tre categorie. Degna di rilievo è l’esosa tariffa richiesta allecortigiane; si potrebbe umoristicamente pensare che il governo, applicando tariffe così proibitive suquesta particolare categoria di viaggiatrici, volesse in qualche modo ostacolare gli spostamenti delle

    prostitute e difendere la moralità pubblica78, oppure, più realisticamente, perché si sapeva che esseavrebbero potuto rifarsi delle spese già durante l’attraversata del deserto ...! In ogni qual modo, le variecategorie di persone dovevano pagare una determinata tassa per il diritto di passaggio, due oboli (sei

    oboli formano una dracma) per il timbro sul permesso o sul passaporto, e un’ulteriore gabella per ilpermesso stesso quando la carovana si avviava.

    I turisti, invece, che per visitare i luoghi di attrazione non dovevano percorrere le strade del

    deserto, viaggiavano per lo più comodamente in grandi feluche lungo il Nilo o i numerosi canali e giuntinella località da visitare scendevano a terra e proseguivano con vetture trainate da  animali o a dorso

    d’

    asino. I turisti “di qualità”  non dovevano preoccuparsi personalmente dei viveri e dell’alloggio, inquanto erano scortati nei loro viaggi da un numeroso seguito di persone incaricate di tutto ciò. Inoltre,le autorità delle località in cui passavano queste piccole “spedizioni” avevano l’obbligo di provvedere atutti i loro bisogni. Queste prestazioni

    79 - imposte non soltanto per i “VIP”, ma anche per i funzionari

    77 Più che per “donne sposate a marinai”  - in contrapposizione alle successive “donne sposate a soldati (di terraferma)”  -, sitratterebbe di donne che venivano liberamente, senza un ðoñvüâoóê oò, per vivere come prostitute o come concubine (D.G.

    HOGART, in W.M. FLINDERS PETRIE, Koptos, 1896, pp. 27-30).

    78 D.G. HOGART, op. cit.; cfr. anche N. HOHLWEIN, Déplacements et tourisme dans l ’  Égypte romaine, CdÉ XV, 1940, pp. 253-278, in particolare p. 255.

    79 Chiamate îåvßá.

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    superiori e i soldati in servizio comandato - diedero luogo ad abusi che il governo dovette sovente

    reprimere.

    Riguardo ai preparativi per le visite importanti, abbiamo una testimonianza in un papiro del

    British Museum80

    , che elenca le vettovaglie e i generi di prima necessità predisposti in occasione dellavisita ad Ermopoli del prefetto Valerius Proculus nel 145 d.C.:

     pane bianco e pane nero, carne di vitello e maiale, vino e aceto, foraggio, paglia, orzo, legna,

    carbone, torce e lanterne, oche, olio e lenticchie, uccelli e selvaggina, conserve, formaggi,

    legumi, pesci, asini da carico e da sella.

    In Egitto però non andavano solo personaggi importanti, ma anche persone di tutte le condizionisociali che, arrivate a una tappa, dovevano trovare vitto e alloggio. Per questi viaggiatori comuni vi

    erano alberghi e locande81

     che non si preoccupavano troppo del lusso e delle comodità; tranne che inalcune località importanti, come Canopo, Menfi e Tebe, gli alberghi all’interno del Paese non godevanodi buona fama: si frodava il viaggiatore sofisticando il vino e nutrendo male gli animali, le pulci non si

    contavano e spesso le locande erano luoghi di prostituzione.

    Interpreti dei geroglifici egiziani - nonché scalpellini di professione per incidere eventualiiscrizioni - erano disponibili in tutti i principali luoghi di attrazione: già Erodoto ci tramanda l’esistenzadi una particolare casta di interpreti, incaricati di occuparsi dei Greci giunti in Egitto

    82; anche a Tebe vi

    è testimonianza dell’esistenza di guide e interpreti a pagamento83, e il prefetto Aelius Gallus84, per il suo

    viaggio fino a Syene, associò ad Eliopoli un certo Chaeremon, in qualità di guida. Tali guide - spessodegnamente emulate in questo anche dai loro moderni successori - non disdegnavano di lavorare soventedi fantasia, come quelle di cui ci parla Strabone, che mostrando ai visitatori dei sassolini ai piedi delle

    piramidi raccontavano loro che erano i resti fossilizzati delle lenticchie che avevano mangiato gli antichi

    costruttori85

    . Non meno dotati di fantasia erano gli interpreti di cui si servì Erodoto, pur egli in visitaalle piramidi; riferendosi infatti alla piramide di Cheope, così lo storico scrive86:

     E ’   indicato in lettere egiziane sulla piramide quanto fu speso in rafani, cipolle e agli per gli Egiziani; e a ben ricordare ciò che l ’ interprete mi diceva  leggendo l’ iscrizione  furono spesi1600 talenti d ’ argento. 

    80 Pap. Londinensis III, 1159; si veda anche un ostracon del Louvre (WILCKEN, Chrestomathie, n. 413) relativo alle misure prese

    dalle autorità per assicurare, dal 25 gennaio del 19 d.C., le requisizioni necessarie alla pr ossima presenza di Germanico (e„jparous…an Germanikoà Ka…saroj) a Tebe.81 Chiamati êáôáëýìáôá o êáôáëýóåéò nei papiri.

    82 ERODOTO, Storie, II, 125, 154, 164

    83  Evidenza dell’esistenza di guide, e quindi di una certa attività turistica in Egitto, è fornita d a Diodoro, Strabone, Tacito,Balbilla e Aristides.

    84 Secondo prefetto d’Egitto, dopo Cornelius Gallus, egli risalì il Nilo soprattutto per dare una dimostrazione di forza ai nuovisudditi dell’impero: ispezionò le varie istallazioni militari e si spinse fino a Syene, dove visitò la guarnigione ivi stanziata. 85 STRABONE, XVII, 1, 34

    86 ERODOTO, Storie, II, 125.6

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    E gli stessi interpreti, mostrandogli le tre piccole piramidi addossate al lato est della grande

    piramide, gli narrarono come Cheope fosse diventato talmente malvagio che, bisognoso di denari,

    costrinse la figlia a prostituirsi87

    :

    ed essa compì gli ordini del padre, e inoltre pensò di lasciare anche lei personalmente unmonumento, e a ognuno che veniva presso di lei chiedeva di donarle una pietra; con queste

     pietre, narravano, fu costruita la piramide che sorge in mezzo alle tre, dinanzi alla grande

     piramide, e i cui lati misurano un pletro e mezzo.

    6. TURISTI E VIAGGIATORI DI RANGO 

    Imperatori, generali e amministratori che andavano in Egitto o lo visitavano avevano

    normalmente ragioni militari o politiche per farlo, il turismo essendo solo una considerazione

    secondaria.

    L’elenco dei turisti VIP si apre con Alessandro Magno; il Macedone arrivò in Egitto nelnovembre 332 e si spinse fino all’oasi di Siwa, nel deserto libico, per consultare l’oracolo di Amon;quindi, riconosciuto figlio di Zeus e ritornato sui suoi passi, fondò Alessandria88 e si spinse poi fino a

    Menfi, dove, nella cerimonia di incoronazione che vi si svolse, sacrificò agli dei e al torello Api. La suatomba in Alessandria - il famoso  Ó  EMA, “sepolcro”  - divenne poi una delle principali attrazioni delmondo antico

    89.

    I Tolomei, ai quali toccò alla morte di Alessandro Magno e dei suoi immediati successori - ilfratellastro Filippo Arrideo e il figlio Alessandro Ego - il governo del Paese, girarono il regno per

    svolgere le funzioni religiose connesse con la loro carica di sovrani: Tolomeo VI Filometore e Tolomeo

    IX Sotere II si spinsero fino a File, dove parteciparono probabilmente alla festa annuale in onore di Isi,

    che si svolgeva in settembre od ottobre; Cleopatra VII andò a Tebe, dove presiedette all’installazione diun nuovo toro Buchis il 22 marzo del 51 a.C.

    Il primo grande romano a giungere in Egitto, coniugando impegni diplomatici e turismo, fu,

    durante il regno di Tolomeo VIII Evergete II, Publio Cornelio Scipione Emiliano; accompagnato da

    Polibio e mosso poi da curiosità turistica, si spinse con tutto il suo seguito fino a Menfi, meravigliandosiper la moltitudine della popolazione e per il gran numero di monumenti90.

    87 ERODOTO, Storie, II, 126

    88 Secondo un’altra tradizione, la fondazione di Alessandria sarebbe antecedente al viaggio all’oasi di Siwa. 89 Sepolto dapprima a Babilonia, dove era morto, il suo corpo venne fatto trasportare da Tolomeo I Sotere I a Menfi e quindi ad

    Alessandria ad opera di Tolomeo II Filadelfo (PAUSANIA, I, 7, 1). Lo ÓEMA venne fatto costruire da Tolomeo IV Filopatore,

    dove egli trasportò il corpo di Alessandro Magno, quello degli altri Tolomei precedenti e quello di Berenice II, la matrigna cheegli stesso aveva fatto avvelenare. Tolomeo X Alessandro I fece poi fondere il sarcofago d ’oro del macedone, sostituendolo conuno in materiale traslucido, probabilmente alabastro (STRABONE XVII, 1, 8). Il luogo della sua tomba è attualmente sconosciuto. 90 Tolomeo VIII era soprannominato Fiscone per la sua obesità e poteva muoversi solo con grande difficoltà. Si racconta cheScipione avesse osservato che la sua visita - politicamente osteggiata da Tolomeo - fosse stata vantaggiosa agli Alessandrini,

    avendo costretto il loro sovrano a fare del moto!

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    Anche Lucio Licinio Lucullo, brillante militare ma ben più famoso per la sontuosità e ricchezzadei suoi banchetti, fece sosta, nell’86 a.C., in Alessandria, accolto con tutti gli onori da Tolomeo IXSotere II Latiro

    91. Secondo Plutarco, tuttavia, egli rifiutò di fare  il turista dicendo di non averne il

    tempo92

    :

    Pare che non risalisse a Memfi, né si recasse a visitare nessun altro dei luoghi celebri e rinomatidell’  Egitto: quelli, a suo parere, erano svaghi adatti per un viaggiatore sfaccendato e ricco, non

     per un uomo come lui, che aveva lasciato il proprio comandante accampato a cielo scoperto

    davanti ai baluardi nemici. 

    Fu poi la volta di Gneo Pompeo di mettere piede in Egitto, ma non certo con intenti turistici.

    Fuggendo davanti a Cesare dopo la cocente sconfitta di Farsalo, il generale romano approdò a Pelusio,ma appena posto piede in Egitto vi trovò proditoriamente la morte (48 a.C.) per mano del generaletolemaico Achillas, che intendeva così conquistarsi la riconoscenza del nuovo astro del firmamentopolitico romano: Giulio Cesare. La tomba del corpo decapitato

    93  di Pompeo, sita ad est della bocca

    pelusiaca, ai piedi del Mons Casium, divenne un’importante attrazione turistica, visitata, tra i tanti,anche dagli imperatori Adriano e Settimio Severo.

    Sulle tracce del rivale giunse poco dopo anche Giulio Cesare, caduto ben presto vittima del

    fascino maliardo della bella Cleopatra VII. Nella primavera del 47 a.C., prima di lasciare l’Egitto per laguerra contro Farnace II, figlio del celebre Mitridate re del Ponto, Cesare trovò comunque il tempo non

    solo di visitare con cura Alessandria - lo storico Appiano ce lo descrive a zonzo per la città, adammirarne le bellezze e, mescolato tra la folla, ad ascoltare i discorsi dei filosofi -, ma anche dicompiere un voluttuoso viaggio di piacere in nave con la regina Cleopatra - dal quale non fu tuttavia

    assente il fine di una dimostrazione di forza militare - lungo le vie d ’acqua del Paese. Il corteo reale silimitò probabilmente alla zona del Delta e non a tutto il corso del Nilo in territorio egiziano, come alcuniritengono mal comprendendo un passo di Svetonio

    94:

    Sarebbe addirittura arrivato ad attraversare l’  Egitto fino in Etiopia, se l ’ esercito non si fosserifiutato.

    Sempre secondo Appiano, una flottiglia di quattrocento imbarcazioni con alcune migliaia di

    soldati si muoveva lentamente sul Nilo seguendo la nave che trasportava i due celebri personaggi

    attraverso il cuore dell’Egitto, sotto gli occhi di migliaia di sudditi. 

    Il greco-alessandrino Ateneo ci ha lasciato una descrizione della nave reale con la quale lacoppia compì questo celebre viaggio: era lunga circa 65 m, larga più di 12 m e alta 17 m dalla linea digalleggiamento; sospinta da parecchi ordini di remi, era un vero palazzo galleggiante che, oltre alla

    91  Lucullo venne ospitato ad Alessandria nella residenza reale, dove nessun altro capo straniero era mai stato ospitato

    (PLUTARCO, Vita di Lucullo, 2).

    92 PLUTARCO, Vita di Lucullo, 2.6-9

    93 Per conservare la testa di Pompeo, Giulio Cesare fece erigere presso la citt à di Alessandria un monumento adatto e lo dedicò aNemesis ( Nemeseum): esso venne distrutto dagli Ebrei durante la rivolta del 115-117 sotto Traiano e Adriano, cos ì come ciracconta Appiano.

    94 SVETONIO, Div. Jul., 52.1

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    cabina con letto nuziale, conteneva lussuosi saloni per banchetti, giardinetti con piccole grotte, colonnati

    e minuscoli cortili.

    Dopo la tragica morte di Cesare, toccò al triumviro Marco Antonio di entrare nelle grazie dellaregina Cleopatra e di godere delle mollezze della vita agiata condotta alla corte tolemaica. Ottaviano,

    sconfitti ad Azio, sulla costa occidentale della Grecia, nel settembre del 31 a.C., i due amanti - che la sua

    abile propaganda politica aveva dipinto quale “tristissimum periculum” per la stessa Roma - entrò il 1" agosto del 30 a.C. in Alessandria e annetté l’Egitto alle province dell’impero romano95, in qualità di

    prefettura con capitale Alessandria e sotto la giurisdizione di un prefetto imperiale appartenente al rangoequestre, il Praefectus Alexandriae et Aegypti96

    .

    Ammaestrato dalle vicende di Antonio e consapevole quindi del pericolo che dall’Egittosarebbe potuto venire se affidato ad una persona di prestigio e di indipendenza politica tali da

    consentirle ambizioni personali che avrebbero potuto trovare nella felice situazione logistica della

    provincia un’importante fonte di sostegno, Ottaviano proibì ai senatori e ai cavalieri più in vista, nondebitamente autorizzati, di metter piede in Egitto

    97.

    Augusto - titolo, questo, che Ottaviano ottenne però solo dal 27 a.C. - si rifiutò di visitare letombe dei Tolomei

    98 e si recò invece a rendere omaggio alla tomba del Macedone: si dice anche che

    toccò il cadavere di Alessandro Magno, causandone la caduta di un pezzetto di naso. Prima di lasciarel’Egitto, sullo scorcio del 30 a.C., compì poi un rapido giro nel Delta 99. Con lui, anche personaggi disangue reale cominciarono a venire in Egitto.

    Nel regno successivo, quello di Tiberio, il valoroso proconsole nonché principe imperialeGermanico

    100 fece il suo giro, come ci dice Tacito

    101, “cognoscendae antiquitatis (causa)”, ossia con lo

    scopo dichiarato di studiare le antichità del Paese. Arrivato ad Alessandria con la moglie Agrippina e il

    95 Si trova sovente scritto che l’Egitto divenne proprietà personale di Ottaviano, affermazione che non trova però alcun riscontronella documentazione esistente. Augusto stesso, nella sua opera, nonché testamento, Res Gestae Divi Augusti (il testo di questodocumento, così detto per le sue prime parole, era inscritto sulle porte del mausoleo di Augusto a Roma ed è completamentescomparso; una copia quasi completa di esso, tuttavia, sopravvive incisa sulle pareti del tempio di Roma e di Augusto ad Ancira,

    l’attuale Ankara), così lasciò scritto: “ Aegyptum imperio populi Romani adieci”  ( Res Gestae, 27.1); espressioni analoghe sitrovano presso altri autori, come in questi passi di Eutropio: “ Aegyptus per Octavianun Augustum imperio Romano adiecta est ” (EUTROPIO, VII, 7), “ Romano adiecit imperio Aegypto”  (ibid., VII, 9). L’Egitto divenne una provincia imperiale, sottomessaall’autorità diretta dell’imperatore. Per tutti i problemi riguardanti l’annessione dell’Egitto all’impero di Roma, si veda: G.

    GERACI, Genesi della provincia romana d ’  Egitto, Bologna, 1983, in particolare il cap. III.

    96  I cavalieri dovevano avere una fortuna di almeno 400.000 sesterzi. La prefettura d’Egitto era uno dei più alti posti dellacarriera equestre: solo la prefettura del pretorio a Roma era di un grado più elevato nel cursus. Il praefectus - designato comehegemòn “governatore”  in greco - era nominato direttamente dall’imperatore e, in genere, non restava in carica per più di treanni.

    97 TACITO, Annali,II, 59.3

    98 Dicendo di non essere venuto ad Alessandria per vedere cadaveri (DIONE, LI, 16, 5).

    99  Anche in questo caso, si rifiutò di vedere il torello Api, dicendo che egli avrebbe reso omaggio agli dei, non alle bestie(SVETONIO, Vita Aug., 93; DIONE, LI, 16, 5).

    100 Giulio Cesare Germanico, figlio di Nerone Claudio Druso, era stato adottato a diciotto anni dallo zio Tiberio che, a sua volta

    adottato da Augusto, era diventato imperatore nel 14 d.C.

    101 TACITO, Annali, II, 59.1

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    segretario Baebius nel gennaio del 19 d.C., egli fu molto apprezzato dagli Egiziani per il suo

    comportamento democratico, perché viaggiava senza scorta, aveva rifiutato ogni onore102  e qualsiasifavoritismo, incaricando il proprio segretario di provvedere ad ogni sua necessità senza attingere allecasse dello stato o alle requisizioni che, nel caso degli spostamenti di personaggi importanti, erano

    prassi comune103

    .

    Tale comportamento e anche il suo poco regale abbigliamento fecero infuriare in modo

    particolare l’imperatore Tiberio, al quale Germanico, essendo stato inviato in Oriente con poteri

    straordinari, non si era curato di richiedere il permesso di visitare l’

    Egitto. In effetti, Germanico si erarecato senza mire politiche nella terra del Nilo, semplicemente per ammirarne le antichità e, comequalunque visitatore, vestiva in “tenuta coloniale”, cioè col chitone ionico104 e calzari alla greca. Egli sirecò a Menfi - dove il torello Api rifiutò le sue offerte -, alle Piramidi, nel Fayum, a Tebe105  - doveascoltò la voce di Memnone, ma non lasciò alcun graffito -, e si spinse fino a Elefantina e a Syene.

    Da tre fonti - Svetonio106

    , Flavio Giuseppe107

     e Filone108

     - sappiamo di un progetto di Caligola

    di visitare Alessandria, arrivando in Egitto seguendo la via costiera della Palestina. Egli voleva recarsi

    nella capitale egiziana per soddisfare una sua grande passione per la città e poter portare a compimentoil processo di autodivinizzazione in un ambiente recettivo e prestigioso, tale da suscitare l’emulazione dialtri centri. Per Svetonio, Caligola aveva addirittura intenzione di trasferire ad Alessandria la capitale

    dell’impero. L’assassinio dell’imperatore il 24 gennaio 41 rese vani tutti i preparativi già intrapresi109 

    102  In un suo editto per l’occasione (edito da ZUCKER  in S.B. Berl. Akad., 1911, p. 794), aveva scritto: “Gli onori non sonodovuti che a mio padre e se voi non farete così io sarò costretto ad apparire solo raramente in pubblico”: ciò doveva essere unagrave sanzione per la folla dei curiosi!

    103  Un papiro di Berlino (ZUCKER, op. cit.) contiene il seguente editto di Germanico, emesso quando ancora si trovava ad

    Alessandria:

     Essendo informato che in vista della mia visita si fanno requisizioni di barche e di animali, che quartieri

     per gli alloggiamenti sono occupati con la forza e l’ intimidazione, ... credo necessario dichiarare chenessuno può requisionare né barche né bestie da soma. A tal scopo delle  persone saranno incaricate dalmio amico e segretario Baebius ed esse agiranno unicamente su suo ordine. Non si potr à più requisirealloggiamenti poiché, se necessario, Baebius si occuperà lui stesso di questi alloggiamenti, con spirito diequit à e di giustizia. Riguardo alle barche e agli animali che requisiremo, ordino che vengano pagati inconformit à con questo editto. Coloro che contravverranno ai miei ordini saranno, per mio espressodesiderio, portati davanti al mio segretario, che prender à ogni misur a perché non sia fatto alcun torto ai

     privati ... 104 Il chitone era una specie di tunica usata da uomini e donne greche, fermata in vita da una fascia ed allacciata sulle spalle o

    solo sulla spalla sinistra. Il chitone ionico maschile era più stretto e più corto di quello femminile; quello dorico era aperto su unfianco.

    105 Per la sua presenza a Tebe, si veda L. KAKOSY, Germanico a Tebe, da "ACTA ANTIQUA ACADEMIAE SCIENTIARUM

    HUNGARICAE" T.XXXII Fasc.1-2, Budapest 1985-1988 (traduzione di Maria Andreina Parogni, Frosinone 1994), sul sito

    http://www.archaeogate.org/egittologia/article/238/1/germanico-a-tebe-di-l-kakosy-trad-di-maparogni.html.

    106 SVETONIO, Calig., 49,2

    107 FLAVIO GIUSEPPE, Antichit à Giudaiche, XIX, 81108 FILONE, Legatio ad Gaium, passim

    109 C. SALVATERRA, Considerazioni sul progetto di Caligola di visitare Alessandria, in “ Egitto e Storia Antica. Dall’  Ellenismo

    all’ 

     Età Araba. Bilancio di un confronto”; Atti del Colloquio Internazionale; Bologna, 31 agosto - 2 settembre 1987, pp. 631-

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  • 8/19/2019 GRECI E ROMANI TURISTI IN EGITTO

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    Greci e Romani turisti in Egitto Alberto Elli

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    Svetonio110

      e Tacito111

    , pur con qualche diversità nei particolari, ci parlano di un viaggio inEgitto, pur esso mai realizzato, progettato da Nerone; ad esso si riferisce anche l ’invio di unadelegazione militare nel settembre 63 d.C. al prefetto Cecina Tusco, con l’ordine di dare avvio allacostruzione di sontuose terme in vista dell’arrivo dell’imper atore.

    Alcuni anni dopo l’Egitto ebbe però occasione di vedere finalmente un altro turista di sangueimperiale. Vespasiano venne ad Alessandria sulla fine del 69 d.C., immediatamente dopo la sua nomina

    al trono, proveniente dalla Giudea, dove era impegnato nell’assedio di Gerusalemme. Durante il suo

    soggiorno ad Alessandria ebbe modo comunque di visitare l’

    Ippodromo e il Serapeum

    112

     - il tempio deldio Serapis113

     - e, poiché “noblesse oblige”, il suo scetticismo religioso non gli impedì di fare miracoli innome del dio Serapis: lo storico Svetonio ci narra che guarì un cieco e uno zoppo114.

    Il figlio e successore Tito, che fu per due volte in Egitto, giunse invece fino a Menfi - come ci

    racconta Svetonio -, dove assistette alla consacrazione di un toro Api, così come secoli prima aveva fattoAlessandro Magno. Non sappiamo però se proseguì il suo viaggio verso sud. 

    Una sessantina di anni dopo, Adriano - che arrivò in Egitto dalla Giudea per via terra passandoda Pelusio, dove visitò la tomba di Pompeo -, fece invece un giro in grande stile e con un imponenteseguito, fermandosi in Egitto per quasi un anno. Adriano, uno degli imperatori romani più egittofili, eraun vero amante dei viaggi

    115 e, secondo Epifanio, uno dei motivi principali che, oltre ai normali compiti

    656.

    110 SVETONIO, Nero, 19,1111 TACITO, Annali, XV, 36

    112  PH. DERCHAIN, La visite de Vespasien au S érapéum d ’  Alexandrie, CdÉ XXVIII, 1953, pp. 261-279. Gli autori classici chehanno scritto di questa visita sono: SVETONIO ( Divus Vespasianus, VII), TACITO ( Hist., IV, 82), FILOSTRATO (Vita di Apollonio

    di Tyana, V, 28), DIONE CASSIO (LXVI, 8, 1).

    113 Il dio Serapis, secondo PLUTARCO ( De Iside et Osiride, 362.D), sarebbe risultato dalla fusione di Osiri con Api. Serapis era

    adorato in una sconosciuta località, Sinope, sulle sponde del Ponte Eusino; il suo culto fu introdotto in Egitto da Tolomeo ISotere I quale divinità dinastica, nel tentativo, fallito, di accomunare nel suo culto sia i sudditi greci che quelli egiziani. Tale dio,che riuniva in sé i caratteri di Zeus, Amon, Asclepio, Dioniso, Poseidone ed Ercole, ebbe invece una grandissima fortuna presso inon egiziani e il suo culto travalicò i confini dell’Egitto. Serapis, adorato non solo come dio guaritore ma anche come salvatoredegli uomini da ogni sorta di pericoli, era invocato da coloro che viaggiavano ed erano esposti a eventuali disgrazie. Parecchi

    imperatori romani, tra cui Adriano, Marco Aurelio e Caracalla, ne furono ferventi seguaci; lo stesso Settimio Severo si rivolse a

    lui prima di iniziare il suo viaggio verso l’Egitto. Antonino Pio ne introdusse poi il culto anche a Roma. I principali suoi templiin Egitto, i cosidetti Serapea, sorsero ad Alessandria, Canopo e Menfi. Il Serapeum di Alessandria non era un semplice tempio,

    ma un edificio complesso, contenente una libreria ed una galleria ricolma di capolavori artistici. Secondo Ammiano Marcellino

    esso era secondo in magnificenza solo al Campidoglio in Roma. Gli ammalati vi arrivavano da tutto il mondo greco-romano per

    trovarvi guarigione con l’incubazione. Venne distrutto nel 391 d.C. durante i disordini tra le comunità copta, capeggiata dalpatriarca Teofilo, e pagana della città; al suo posto sorse una chiesa dedicata a San Giovanni Battista. 114 SVETONIO, Divus Vespasianus, VII:

     Mentre sedeva ad amministrare giustizia, vennero a trovarlo un popolano cieco ed un altro zoppo, e lo

     pregarono di guarirli, facendo quanto Serapis aveva suggerito loro in sogno: che cioè l ’ uno avrebberiavuto la vista se egli gli avesse sputato negli occhi, ed all’ altro la gamba sarebbe rit ornata salda se egli si fosse degnato di toccarla col calcagno. Nella certezza che nulla sarebbe accaduto, Vespasiano non voleva

    nemmeno tentare; alla fine, poiché i suoi amici lo spingevano, fece con entrambi il tentativo, in pubblico,davanti alla folla, ed il miracolo avvenne. 

    115

      Adriano, spinto dal desiderio di conoscere personalmente il mondo, durante i ventuno anni del suo regno compì due

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    amministrativi, spinse l’imperatore in Egitto fu proprio quello di soddisfare la propria curiosità turistica,nonché il desiderio di saperne di più sulla religione egiziana e sulle pratiche magiche 116. Arrivato adAlessandria nell’agosto del 130, egli fece restaurare i quartieri e le costruzioni della città danneggiatidurante la rivolta giudaica del 115-117, quindi si concedette una battuta di caccia al leone nel deserto

    libico col suo favorito Antinoo. Verso la fine di settembre, quando le acque della piena stavano ormai

    scemando117

    , egli risalì il Nilo per visitare il Paese. Nel mese di ottobre il suo favorito Antinoo annegòmisteriosamente

    118 nel Nilo e l’imperatore in suo onore119 fondò (30 ottobre 130) la città di Antinoopoli

    (Antinoe)

    120

    , quindi proseguì per Tebe, dove numerosi graffiti sul colosso di Memnone mostrano cheegli lo visitò il 20 e il 21 novembre 130. Sulla via del ritorno ad Alessandria visitò le città greche diOxhyrhinchus e Tebtynis

    121, e infine ripartì per la Siria nell’agosto 131. In suo onore il mese di Choiak

    (27 novembre - 26 dicembre) fu chiamato “mese di Adriano” e tale denominazione rimase in uso fino al233 d.C.