Grattacieli a Milano

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GRATTACIELI A MILANO ALICE BRUNO I anno Storia dell’architettura contemporanea • Accademia di Architettura Mendrisio• febbraio 2010

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Grattacieli a Milano

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GRATTACIELI A MILANO

ALICE BRUNO

I anno Storia dell’architettura contemporanea • Accademia di Architettura Mendrisio• febbraio 2010

Amate l'architettura, la antica, la moderna

amate l'architettura per quel che di fantastico, avventuroso e solenne ha creato - ha inventato - con le sue forme astratte, allusive e figurative che incantano il nostro spirito e rapiscono il nostro pensiero, scenario e soccorso della nostra vita

amatela per le illusioni di grazia, di leggerezza, di forza, di serenità, di movimento che ha tratto dalla grave pietra, dalle dure strutture

amatela per il suo silenzio, dove sta la sua voce, il suo canto, segreto e potente

amatela per l'immensa gloriosa millenaria fatica umana che essa testimonia con le sue cattedrali, i suoi palazzi e le sue città, le sue case, le sue rovine

...

Gio Ponti

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PRESENTAZIONE

Era l’Italia del dopoguerra che ricostruiva le sue città, i suoi quartieri, le sue strade e la sua

vita sociale. L’architettura, la scena fisica urbana veniva caricata così delle vicende, dei

sentimenti, degli avvenimenti di tutta una civiltà.

La città è struttura complessa soggetta a evoluzioni e trasformazioni che ne costituiscono

la vita, in costante relazione con le azioni umane.

A Milano la “Ricostruzione” portava ad una trasformazione urbana e all’affermarsi dell’idea

di poter rappresentare architettonicamente i nuovi tempi e una nuova moderna società.

Tutto quello che si determinò, è ancora oggi materia di riflessione e dibattito, ma anche

soprattutto fonte di una esplorazione e di una rilettura dell’architettura del XX secolo, dei

suoi “valori”, dei suoi “nodi”, delle sue innovazioni stilistiche e delle capacità di trasforma-

zione della società.

Con l’entusiasmo sostenuto dalla carica della ricostruzione e col sostegno di un boom

economico senza precedenti, diversi architetti progettarono forme, spazi, tipologie e strut-

ture che non avevano precedenti.

Nell’estate del 1945, viene inaugurata l’VIII Triennale di Milano. Il tema prescelto, la rico-

struzione come problema sociale, rivela l’impegno di orientare ogni attività verso la rico-

struzione intesa anche nel senso di “costruzione nuova di quanto prima... non esisteva af-

fatto”.

Dai linguaggi architettonici di Ponti, Rogers e degli altri architetti milanesi, dal linguaggio

costruttivo popolare dell’architettura neorealista, dagli studi urbanistici di De Finetti, dai

progetti di Luigi Moretti, nascerà una nuova “rappresentazione” della città di Milano e le

forme architettoniche del grattacielo ne rappresenteranno la sua rinascita economica.

“Simbolo gioioso di una modernità scalpitante di misurarsi con il futuro, il grattacielo Pirelli

sorse come l'Araba Fenice dalle ceneri della Brusada, a testimonianza di una riciclica ri-

sorgenza di quella cultura del capitalismo lombardo che, sul mito della ‘moralità' dell'im-

presa, aveva contribuito a costruir, in più di un secolo di incessanti trasformazioni, l'imma-

gine di Milano come capitale industriale di un'Italia proiettata verso l'Europa (4)”.

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INDICE

Introduzione

Milano tra guerra e dopoguerra

L’urbanistica della città

- Il Piano Beruto

- Il Piano Masera

Il Piano di Ricostruzione tra Neorealismo, Movimento Moderno e Razionalismo

- Il Piano Regolatore

- Il Piano Ina-Casa (QT8 e quartiere Harrar)

- Il Movimento Moderno

- La Triennale di Architettura

- Il Neorealismo architettonico

- Il Razionalismo

Riflessioni

ITINERARI DI STUDIO E ICONOGRAFIA

Introduzione

Grattacieli (Scheda - Scuola di Chicago- Pilastro portante)

Timeline

Schede generali e descrittive

Grattacielo Pirelli

Torre Velasca

Complesso Corso Italia

Quartiere Harrar e QT8

Prospettiva e disegni

Documentazione iconografica

BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONEMILANO TRA GUERRA E DOPOGUERRA

1943: la zona compresa tra San Babila e largo Augusto - sullo sfondo è visibile la guglia del duomo

Durante la seconda guerra mondiale, a partire dal 14 febbraio 1943 Milano viene sottopo-

sta a diversi bombardamenti che vedranno colpite diverse zone della città e numerosi pa-

lazzi, tra i quali: il Teatro Filodrammatici, il corso Garibaldi, l'ospedale Fatebenefratelli, le

chiese di S. Marco e S. Francesco di Paola, Brera, il Circolo Filologico, il Castello, la Villa

Reale, il Museo di Storia Naturale, la Galleria, Palazzo Marino, Palazzo Reale, Palazzo

Serbelloni, l'Arcivescovado, il Duomo lateralmente, la Stazione Centrale, il Conservatorio,

il Teatro Manzoni, la Biblioteca Civica, l'Ambrosiana, il convento di Santa Maria delle Gra-

zie, il teatro Lirico e il Dal Verme, il Duomo, la Scala, le chiese di San Fedele e di San Ba-

bila, il Policlinico, la Ca' Granda, la Rinascente.

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MILANO - STABILI DISTRUTTI E GRAVEMENTE DANNEGGIATI DOPO IL 1943

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PIAZZA SAN FEDELE DOPO I BOMBARDAMENTI DEL 1943

Approssimativamente, la città perse un terzo delle proprie costruzioni, distrutte direttamen-

te dalle incursioni, dagli incendi da queste causati o per le demolizioni successive resesi

necessarie o giudicate più economiche dei restauri.

Degli 80.000 alberi cittadini presenti nel 1942, al termine della guerra se ne censirono solo

30.000. Le terribili incursioni del mese di agosto avevano colpito il 50% degli stabili, di cui

il 15% gravemente danneggiato.

In seguito si calcolò in 146.000 i vani che andarono distrutti, mentre i senza tetto furono

almeno 250.000 e 300.000 gli sfollati. Per diversi anni i senzatetto dovettero abitare nelle

case-minime allestite dal Comune, edificate ai limiti della città.

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L’URBANISTICA DELLA CITTA’

La struttura urbanistica sostanzialmente era costituita dai tre anelli viari concentrici o cer-

chie di Milano:

! la Cerchia dei Navigli, chiamata in tal modo per la presenza dei famosi canali artificia-

li (vie d’acqua). Questa cerchia che rappresentava l'area della città medioevale, fin dal

1158 cinta da muri, sfruttando gli antichi fossati, venne trasformata da Leonardo da Vinci,

facendo costruire i Navigli sul luogo delle antiche mura.

! la Circonvallazione interna, detta anche Cerchia dei Bastioni, Cerchia delle mura

spagnole. E’ costituita da due serie di viali paralleli che ricalcano il tracciato della cinta mu-

raria milanese eretta dagli spagnoli nel 1560 ed oggi demolita. Dalle porte presenti sulle

mura spagnole si diramano, a raggiera intorno al nucleo storico della città, le grandi vie di

comunicazione che portano verso le strade statali: corso Buenos Aires, corso XXII marzo,

corso Lodi, via Ripamonti, corso San Gottardo, corso Vercelli, corso Sempione.

! la Circonvallazione esterna, coincide con un anello viario fissato nel 1884 dal primo

piano regolatore di Milano (il piano Beruto) e che fino alla fine della seconda guerra mon-

diale ha grosso modo delimitato l'estensione urbana della città.

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MILANO - PLANIMETRIE STORICHE 1

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MILANO - PLANIMETRIE STORICHE 2

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IL PIANO BERUTO

Le tipologie previste dal Piano Beruto erano essenzialmente la casa borghese e quella

operaia. La prima, derivata da processi di successiva semplificazione del palazzo nobilia-

re, si organizza intorno a una corte (completa o incompleta a seconda delle dimensioni dei

lotti), talora con un residuo di porticato in corrispondenza dell’androne d’ingresso. Alta 4-5

piani fuori terra, poteva presentare negozi o botteghe artigiane al piano terreno. Anche le

facciate tendono a ricostruire l’impianto compositivo del palazzo: piano nobile, rispetto del-

le simmetrie, variazioni dei materiali dei paramenti murari al variare dei piani e questo sia

che si usino i modi dell’architettura eclettica che quelli successivi del liberty. La casa ope-

raia di derivazione rurale adotta a sua volta l’edificazione a corte con il caratteristico balla-

toio, sorta di balconata affacciata sulla corte, da cui il nome popolare di “casa di ringhiera”.

A partire da questo Piano si affermava un modello di sviluppo decentrato, situando le

grandi fabbriche al di fuori del perimetro della città, collegandole ad essa mediante grandi

viali di separazione che ne sottolineavano il distacco con il centro abitato.

MILANO - 1884

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PROGETTO del PIANO REGOLATORE

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MILANO - I TESSUTI DEL PIANO BERUTO

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MILANO - 1905-1930 DAL PIANO BERUTO AL PIANO MASERA

IL PIANO MASERA

La città conosce un ulteriore sviluppo con il Piano Pavia-Masera e successivamente con il

Piano regolatore elaborato dall’ingegnere Albertini, che propone per il centro di Milano una

funzione prevalentemente direzionale e di decentrare la popolazione verso le zone meno

popolate del territorio municipale. Con questo ultimo Piano, la sezione ideale delle nuove

arterie che facevano parte del piano si estendeva per circa 30 metri, con un doppio binario

tranviario al centro, una zona di sosta riservata ai veicoli per ciascun lato, e infine due

marciapiedi per il transito pedonale. Una viabilità così concepita accoglieva e smistava in

modo efficiente il traffico, collegando tra loro i punti d’arrivo delle grandi strade esterne

mediante la formazione di una più ampia circonvallazione, che dopo quelle dei Navigli, dei

Bastioni, la circonvallazione del Piano Beruto e quella ferroviaria, era la quinta arteria che

cingeva la città.

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IL PIANO DI RICOSTRUZIONE TRA NEOREALISMO

MOVIMENTO MODERNO E RAZIONALISMO

Il 28 febbraio 1949 viene approvato il piano di ricostruzione di Milano, che vedrà insieme

al Piano Fanfani (o Piano INA Casa, per la costruzione di case per i lavoratori) cambiare

l’urbanistica della città, a partire dalle aree prossime al Duomo, distrutte dai bombarda-

menti. La necessità della ricostruzione e il clima politico successivo alla Liberazione porta-

no alla elaborazione di nuovi strumenti urbanistici, che superano l’ultimo Piano regolatore

elaborato nel 1934 da Albertini.

L'architettura così come la vita di tutto il paese sembra risvegliarsi. Nasce il Neorealismo

architettonico, che prende forse spunto dalla stagione di grande valore che questa forma

di espressione aveva già avuto nel cinema. I suoi maestri sono Mario Ridolfi, Carlo Aymo-

nino, Ludovico Quaroni, Giovanni Michelucci, anche se quest'ultimo spazia anche in altre

tendenze. È proprio in quest'ottica di analisi storica delle tecniche edilizie del passato che

nasce il bisogno già avvertito alla fine degli anni trenta della codificazione delle conoscen-

ze dell'arte del costruire. Sarà appunto Mario Ridolfi che medierà tra "teoria" e "prassi" co-

struttiva e curerà la pubblicazione del Manuale dell'Architetto edito dal CNR nel 1946.

Tutto questo insieme di informazioni verrà poi immediatamente trasferito nella ricostruzio-

ne post-bellica di cui l'edilizia pubblica con i quartieri INA-Casa ne rappresenterà l'esempio

ed il modello più significativo, con l'edificazione di 2 milioni di vani in tutta Italia. In questo

periodo il canone più diffuso nell’architettura neorealista è quello dell’imitazione diretta de-

gli ambienti popolari, rurali, periferici, che sembrano i più autentici.

Questa abitudine della cultura architettonica italiana a riciclare le forme tradizionali porta i

migliori architetti ad una scelta metodologica, propria del costume progettuale del passato,

che è quella di trattare ogni progetto come evento isolato e non come programma di una

nuova organizzazione della città.

A Milano dopo una prima versione, adottata nel 1948, che recepiva i risultati di un concor-

so di idee del 1945, viene approvato nel 1951 il nuovo piano regolatore, punto di riferimen-

to normativo fino al 1976. La ricostruzione delle aree e degli edifici demoliti, l’inurbamento

della popolazione, rapido e disordinato, portano ad una espansione alla periferia dei centri

urbani, destinati agli immigrati addetti alle fabbriche.

Si cerca di dare un assetto al fenomeno delle "coree", piccoli nuclei di case costruiti abusi-

vamente dagli immigrati nei campi alla periferia di Milano, iniziando la costruzione del

quartiere INA Casa Harar-Dessiè a San Siro, il quartiere dell’8a triennale (QT8), avviando

diversi programmi di edilizia sociale.

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Gli indirizzi fondamentali del nuovo piano regolatore riguardano:

- la creazione di un nuovo centro direzionale tra la Stazione centrale

e quella di Porta Garibaldi

- l’organizzazione di un sistema di viabilità primaria (gli “assi attrezzati”)

- la zonizzazione del territorio comunale sulla base di predefinite destinazioni d’uso

(residenza, industria, verde pubblico, servizi,...)

Mentre il “Movimento Moderno” sviluppava la sua concezione urbanistica delle città, elabo-

rata nella carta di Atene, in Italia lo Stato si impegna nell’edilizia e trascura l’urbanistica,

proprio quando vi era un’occasione unica per dare un assetto di qualità ai centri urbani.

L’idea di un quartiere a destinazione terziaria direzionale al di fuori del centro storico, risa-

liva agli ultimi anni della seconda guerra mondiale: la sua localizzazione, allora sensibil-

mente decentrata, avrebbe dovuto attestarsi nelle aree di proprietà pubblica lasciate libere

dalla soppressione dello scalo ferroviario Sempione e dall’ipotizzato spostamento della

Fiera Campionaria, lungo una strada a scorrimento veloce.

La decisione di adibire al nuovo polo terziario un’area più vicina alla stazione centrale si

tradusse in un concorso di idee, indetto nel 1948, per definire i lineamenti dell’insediamen-

to, concorso che, per assenza di normativa non ebbe vincitori. Il progetto, inoltre era vinco-

lato all’arretramento della stazione delle ferrovie varesine, che venne attuato solo nella se-

conda metà degli anni ’50. Assai discussa, la localizzazione apparve ben presto inadegua-

ta all’idea di un vero centro direzionale, soprattutto per le ridotte dimensioni territoriali e la

vicinanza del centro storico, con il risultato di rappresentarne un semplice ampliamento.

Con la ripresa economica a Milano si raccolsero e si concentrarono le funzioni direzionali, i

centri di potere decisionale delle grandi società, delle banche, del potere economico.

Dopo i proto-grattacieli, (il Torrione a Brescia di Marcello Piacentini, la Torre Littoria di Tori-

no), si fa concreto l’interesse dell’architettura italiana per una ricerca formale e interna alle

ragioni espressive della verticalità. Sul piano teorico, l’innovazione trova un momento di

grande risalto nella presentazione alla XII Triennale di Milano del 1960 della “Architettura

Parametrica” di Luigi Moretti, ma più concreto impatto è procurato dall’innovazione tipolo-

gica di servizi che cominciano a risultare sempre più in linea con le esigenze della società

moderna.

Il Razionalismo vede in Italia l'affermarsi di Albini, Luigi Walter Moretti, Gio Ponti, Carlo

Scarpa, Figini, Pollini, BBPR, Michelucci, Pierluigi Nervi, mentre Bruno Zevi, teorico del-

l'architettura, fonda nel 1945 a Roma assieme a Luigi Piccinato, Mario Ridolfi, Pier Luigi

Nervi ed altri, l'Associazione per l'Architettura organica.

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Con l’entusiasmo sostenuto dalla carica della ricostruzione e dal sostegno di un boom

economico senza precedenti, diversi architetti progettano forme, spazi, tipologie e strutture

che non hanno precedenti e si realizzano opere di grande qualità lavorando plasticamente

il cemento armato.

L’architettura milanese degli anni ’50 e ’60, sull’onda dei processi di trasformazione del

centro della città, sperimenta così l’edificio sviluppato in altezza, concentrandosi nell’area

del centro direzionale e in alcuni punti del centro storico.

Il centro direzionale tra il “Pirellone” (così chiamano i milanesi affettuosamente l’edificio) e

la massiccia costruzione eclettica dell’albergo Gallia Excelsior (aperto dopo l’inaugurazio-

ne della stazione), a partire da via Galvani comprende un agglomerato di grattacieli, quasi

tutti costruiti negli anni ’60. L’edificio delle scuole elementari, progettato da Camillo Boito

con elementi neoromanici, avanti il grattacielo della cosiddetta Torre Galfa, la presenza di

edifici preesistenti (lato sn) e di palazzi moderni (lato dx) in via Pirelli, così come l’area di

piazza Einaudi, confermano un tessuto edilizio marcatamente discontinuo, con ampi spazi

da ove emergono diversi grattacieli.

Nel 1950 il grattacielo di piazza della Repubblica di Luigi Mattioni, alto 114,25 metri, è il

primo edificio al quale è consentito di superare la Madonnina (108 m). In questo stesso

periodo Mattioni costruisce anche il grattacielo in piazza Diaz, e quello all’angolo tra via

Turati e piazza Repubblica.

Nel 1951 inizia la costruzione della Torre Velasca su progetto dello studio BBPR (Banfi,

Belgiojoso, Peressutti, Rogers). A partire da un’idea originaria che prevedeva un semplice

volume trasparente con curtain wall, segue un’ipotesi intermedia, primo tentativo di rompe-

re la compattezza del volume e affrancarsi dall’immagine canonica del grattacielo moder-

nista. La Società Generale Immobiliare era proprietaria dell’intero isolato fra le vie Velasca,

Pantano e corso di Porta Romana, gravemente compromesso dai danni bellici.

La richiesta avanzata ai BBPR è di concepire un edificio misto terziario-residenziale nel-

l’ambito di una più ampia riconfigurazione urbanistica dell’aerea. Frutto di una rigorosa ap-

plicazione dei dettami del movimento moderno, esprime il tentativo di porsi in stretto rap-

porto col contesto milanese in cui sorge, dialogando in modo particolare col Duomo, i

campanili della città, ma soprattutto col Castello Sforzesco, interpretando un concetto di

torre medioevale moderna.

I lavori si protraggono lungo l’arco di quasi un decennio, a testimonianza di un iter proget-

tuale complesso e tormentato e a simboleggiare forse, nelle sue forme, una transizione

epocale per la città.

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Il 12 luglio 1956 inizia la costruzione del grattacielo Pirelli, su un lotto in origine occupato

da stabilimenti dell’azienda distrutti dai bombardamenti del 1943, che con i suoi 127 metri,

è stato per anni una delle più alte strutture in cemento armato d’Europa. Analogamente

alla sede Montecatini, il processo compositivo del Pirelli è impostato sul modulo dello spa-

zio di lavoro, coincidente con un quadrato di 95 x 95 cm. Gli stereometrici volumi della

Montecatini, dal rivestimento marmoreo, mutano in una superficie sfaccettata con l’ado-

zione del curtain wall. Inaugurato il 4 aprile 1960 Il progetto di Giò Ponti, Antonio Fornaroli,

Alberto Rosselli con la collaborazione per le strutture di Pierluigi Nervi e Arturo Danusso e

dello studio Voltolina e Dell'Orto, diventerà l’edificio più rappresentativo della città di Mila-

no e del suo boom economico.

“Simbolo gioioso di una modernità scalpitante di misurarsi con il futuro, il grattacielo Pirelli sorse

come l'Araba Fenice dalle ceneri della Brusada, a testimonianza di una riciclica risorgenza di quel-

la cultura del capitalismo lombardo che, sul mito della ‘moralità' dell'impresa, aveva contribuito a

costruir, in più di un secolo di incessanti trasformazioni, l'immagine di Milano come capitale indu-

striale di un'Italia proiettata verso l'Europa.(4)”

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RIFLESSIONI

“In ogni discorso architettonico, sia che si parli della relazione fra antico e nuovo, sia che si

considerino le cause e gli effetti di quanto si è prodotto, sia che si analizzino i desideri e le

aspettative popolari... ritorna puntualmente l’esigenza di una definizione di valore e dei re-

lativi criteri”. ... La storiografia intesa, tra l’altro, come una successione di giudizi di valore,

è una conoscenza indispensabile per ordinare l’esperienza del passato in vista delle future

valutazioni e prese di posizione” (De Fusco - Architettura come mass medium).

in progress

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