“Gocce di colore” - goccecolorate.files.wordpress.com · persone che si divertono nel modo in...

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Newsletter n. 1 - Agosto 2013 Il dono della serenità è nascosto nel cuore di ciascuno di noi. (Paulo Coelho) Riflessioni Diversità Il mondo in cui viviamo ci propone spesso dei modelli (estetici e comportamentali) che diventano per tanti esempi da seguire, quasi fossero l’ideale da dover impersonare. In questa specie di modo uniforme di fare ed essere sta a noi riuscire a vedere quello di positivo che in questi modelli c’è e quello che, invece, può non essere adatto o conforme alla nostra persona. E allora può capitare di sentirsi “diversi” dagli altri, dalle persone che seguono le mode, dalle persone che si divertono nel modo in cui tutti si divertono … tranne noi. E poco alla volta possono iniziare a farsi largo nella nostra mente pensieri che mettono in dubbio la nostra persona come “persona adatta”, come “persona adeguata” alle situazioni e alla società in cui viviamo. Ma è davvero così? Siamo davvero delle persone sbagliate solo per il fatto di voler essere noi stesse?Siamo davvero così strane per il solo fatto di voler portare avanti quello in cui crediamo, i nostri pensieri e le nostre convinzioni? So che è molto difficile, soprattutto in determinate fasi della vita, dove si è più fragili e dove si cerca maggiormente l’approvazione degli altri, ma il voler essere se stessi, il voler fare e pensare liberamente non è sbagliato ne da rimproverare. Si, può essere doloroso, anzi, spesso lo è, ma siamo noi a poter impedire che questo dolore diventi eccessivo e lo possiamo fare pensando che, in fondo, se ci comportassimo come tutti gli altri, forse staremmo peggio perché le nostre scelte non sarebbero più nostre, ma degli altri e perché ci impediremmo di essere liberi … liberi di essere e di pensare. “Gocce di colore” I disturbi del comportamento alimentare colorano di grigio le nostre giornate; sta anche a noi usare colori diversi per dipingere giorni nuovi

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Newsletter n. 1 - Agosto 2013

Il dono della serenità è nascosto nel cuore di ciascuno di noi.

(Paulo Coelho)

Riflessioni

Diversità

Il mondo in cui viviamo ci propone spesso dei modelli (estetici e comportamentali) che diventanoper tanti esempi da seguire, quasi fossero l’ideale da dover impersonare. In questa specie di modouniforme di fare ed essere sta a noi riuscire a vedere quello di positivo che in questi modelli c’è equello che, invece, può non essere adatto o conforme alla nostra persona.

E allora può capitare di sentirsi “diversi” dagli altri, dalle persone che seguono le mode, dallepersone che si divertono nel modo in cui tutti si divertono … tranne noi. E poco alla voltapossono iniziare a farsi largo nella nostra mente pensieri che mettono in dubbio la nostra personacome “persona adatta”, come “persona adeguata” alle situazioni e alla società in cui viviamo.

Ma è davvero così? Siamo davvero delle persone sbagliate solo per il fatto di voler essere noistesse?Siamo davvero così strane per il solo fatto di voler portare avanti quello in cui crediamo, inostri pensieri e le nostre convinzioni?

So che è molto difficile, soprattutto in determinate fasi della vita, dove si è più fragili e dove sicerca maggiormente l’approvazione degli altri, ma il voler essere se stessi, il voler fare e pensareliberamente non è sbagliato ne da rimproverare. Si, può essere doloroso, anzi, spesso lo è,ma siamo noi a poter impedire che questo dolore diventi eccessivo e lo possiamo fare pensandoche, in fondo, se ci comportassimo come tutti gli altri, forse staremmo peggio perché le nostrescelte non sarebbero più nostre, ma degli altri e perché ci impediremmo di essere liberi … liberidi essere e di pensare.

“Gocce di colore”I disturbi del comportamento alimentare colorano di grigio le nostre giornate; sta

anche a noi usare colori diversi per dipingere giorni nuovi

E a tutti quei ragazzi e ragazze che si trovano a dover vivere un momento difficile perché stannoprovando in prima persona lo sconforto che può portare il sentirsi diversi dagli altri vorrei direche “non siete sbagliati”, non siete diversi dagli altri per un qualche cosa di brutto del vostrocarattere, ma siete diversi perché avete avuto la forza di essere voi stessi nonostante tutto equesto, credetemi, è una grande dote, una grande qualità. E’ vero, probabilmente questo non è diconsolazione, perché il sentirsi esclusi non è una bella cosa, ma prima o poi conoscerete personediverse, entrerete in contesti diversi dove sarete apprezzati per quello che siete … adesso peròsiete voi che dovete accettarvi per come siete, per le belle persone che siete e che avete saputomantenere nonostante il mondo esterno tentasse di farvi diventare qualcun altro.

Un giorno la paura bussò alla porta,il coraggio si alzò e andò ad aprire

e vide che non c'era nessuno.

(Martin Luther King)

Quel dolore che a volte ritorna

Le ferite che ognuno di noi porta con se spesso sono ferite che, si, con il tempo si sonocicatrizzate, ma che hanno scavato talmente in profondità nella nostra persona che difficilmentepossono sparire completamente. E allora capita che esse brucino ancora e che quel bruciore sia undolore silenzioso ma pungente, un dolore invisibile agli occhi ma chiaro e nitido per il nostrocuore, un dolore che speravamo passato e che vorremmo non sentire più.

Purtroppo però ci sono dolori che non si possono dimenticare e che, forse, è giusto ricordareperché solo ricordando quello che è stato, la fatica fatta, i giorni vissuti lottando, i momenti disconforto, anche i più duri, possiamo trarre da essi un motivo in più per guardare alla vita con gliocchi di chi ha provato sulla propria pelle situazioni e momenti particolari; con gli occhi di chi, si,ha sofferto, ma anche di chi sa che il dolore ci può permettere di crescere e di cambiare, cambiarelasciando andare il passato per guardare avanti, al futuro, a quello che non è ancora scritto e su cuipossiamo ancora fare qualcosa. Si, perché mentre il passato può anche tornare sotto forma diricordo (… a volte quasi tangibile …), il futuro deve ancora venire e siamo noi a doverlocostruire.

E allora possiamo usare quelle cicatrici e quei ricordi per evitare di farci ancora del male e periniziare a costruire nuovi, bei ricordi, ricordi che un giorno guarderemo con gioia, la gioia chesapremo conquistarci giorno dopo giorno.

La felicità va cercata come si cerca ogni altra cosa della vita e non è mai troppo tardi pertrovarla. Essa arriva se la cerchiamo con tutte le forze e spesso è più vicina di quanto

pensiamo.

(Romano Battaglia)

Racconti

Il Passerotto

Sul ramo di un bellissimo ciliegio in fiore riposava un piccolo passerotto che guardava conammirazione il paesaggio attorno a lui. Il passerotto aveva da poco lasciato il nido e si apprestavaad affrontare le sfide che la vita gli riservava con l’energia e la vivacità proprie della sua età.Aveva una grande voglia di scoprire luoghi diversi, di conoscere nuovi amici e di vivereavventurose esperienze. Ogni giorno era per lui un’occasione per affrontare nuove sfide e perincontrare animali diversi con cui condividere momenti di divertimento e di scoperta. Spesso sifermava ad osservare l’ambiente in cui si trovava e ogni volta era stupefatto dalle meraviglie chelo circondavano e dalle grandi cose che madre natura aveva creato.

Una mattina come tante, dopo essersi svegliato il passerotto si preparò per un nuovo volo,spalancò le ali e si accorse che c’era qualche cosa che non andava. L’ala destra era indolenzita efaceva fatica ad aprirsi. Cercò di pensare se il giorno prima avesse preso una botta o fatto unmovimento strano ma non ricordò nulla di simile. Dopo aver provato a volare diverse volte, nonessendoci riuscito, a malincuore decise di prendersi un giorno di riposto per non affaticare l’ala, inmodo da recuperare le forze per il giorno seguente.

La mattina dopo il passerotto provò nuovamente a spiccare il volo ma si ripeté la scena del giornoprima. Il passerotto era molto preoccupato perché non capiva cosa gli stesse succedendo e nellostesso tempo era anche molto triste perché iniziava a pensare che in lui ci fosse qualche cosa disbagliato. Non capiva perché non poteva volare come tutti gli altri passerotti. Un po’ alla volta sifece strada in lui la convinzione di essere diverso dai suoi amici e di questo iniziò a vergognarsi.

Non poteva fare le cose che facevano gli altri, non poteva volare come loro, non poteva rallegrarsidel cielo che lo circondava perché non poteva più attraversarlo con spensieratezza ed allegria. Lasensazione di inadeguatezza e di vergogna che lo avevano assalito si facevano sentire sempre piùpesantemente e sempre più difficilmente il passerotto riusciva ad essere sereno.

Per tentare di avere una vita il più possibile normale il passerotto cercava di fare la maggior partedelle cose che facevano i suoi amici, ma con molta, molta fatica. Capitava quindi che se i suoiamici gli chiedessero di andare con loro al piccolo laghetto che si trovava li vicino e il passerotto,

pur di non dimostrarsi diverso, faceva leva su tutte le sue forze e, con tutta l’energia che aveva incorpo, svolazzava fino a destinazione con un’enorme fatica, fatica che teneva nascosta in sé e chenon condivideva con nessuno. Tra molte rinunce e innumerevoli sforzi il passerotto passò diversimesi in cui si chiuse sempre di più in se stesso e in cui perse gran parte della sua allegria eserenità.

Un giorno sul ramo dove il passerotto solitamente riposava si posò un piccolo picchio rosso dallebellissime piume rosse e bianche. Il picchio si mise subito a chiacchierare con il passerotto cheintravide, sull’ala sinistra del picchio, un piccolo bendaggio, una sorta di medicazione. Ilpasserotto, incuriosito, chiese al picchio di cosa si trattasse e il picchio gli spiegò che qualchetempo prima si era ammalato, aveva contratto una malattia che colpiva gli arti di alcune specie diuccelli. Gli spiegò che si trattava di una malattia infettiva che non dava alcun segno di malessere,solo un indolenzimento generalizzato. Il passerotto, colpito da quelle affermazioni, pensò subitoche forse … forse anche lui era stato colpito da quella malattia e che forse … forse non era lui adessere sbagliato.

Si confidò quindi con il picchio, che lo condusse dal pettirosso che lo aveva curato. Egli vivevanel centro del bosco dei grandi larici e si prese cura del nuovo amico. Il passerotto dovette subireun piccolo intervento perché aveva aspettato troppo tempo prima di farsi curare ma alla fine riuscìa guarire definitivamente e ricominciò a volare come un tempo.

Solo in quel momento si rese conto del grande errore che aveva fatto; si era vergognato di unacosa che non dipendeva da lui, di una malattia che poteva colpire lui come tanti altri passerotti e sipentì per non essersi confidato con nessuno prima di allora.

A ricordo di quanto successo rimase solo una piccola cicatrice, a testimonianza dell’importanzadel non vergognarsi per una malattia in cui ci può ritrovare.

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L’anoressia e la bulimia sono due malattie che è difficile comprendere e accettare, soprattutto seviste dal di fuori. Spesso vengono associate a capricci o scelte di vita di chi ne è colpito, senzapensare che in realtà si tratta di malattie che, come le altre, colpiscono le persone indipendentedalla loro volontà.

Non abbiamo scelto di ammalarci di anoressia e bulimia, è capitato. E’ stata l’unica strada chesiamo stati in grado di prendere ad una svolta della nostra vita. E’ vero, la strada era sbagliata, manon lo sapevamo, non ne eravamo consapevoli e, in quel momento, era l’unica che abbiamo vistocome percorribile.

Vergognarci di queste malattie ci impedisce di prendere una strada diversa e di provare acambiare. Il non aver trovato un altro modo per affrontare un momento di difficoltà non ci deveimpedire, adesso, di cercarne uno diverso, migliore, che ci permetta di uscire dal dolore chel’anoressia e la bulimia portano con se. Certo, potrebbe succedere che qualcuno non ci capisca,che qualcuno ci giudichi, ma possiamo provare; magari staremo male, ma lo stiamo anche adesso,magari soffriremmo, ma soffriamo anche adesso. La differenza è che ci daremo una possiamo inpiù per stare meglio e chissà, magari incontreremo qualcuno che ci capisce, qualcuno che ci puòaiutare, qualcuno che può allegerire il peso che portiamo.

Per conquistare il futuro bisogno prima sognarlo.

(B. Pascal)

News

In agosto inaugurato una nuova sezione del blog, dedicata a chi si occupa dei disturbi delcomportamento alimentare con professionalità e competenza. Si tratta di medici, psicologi,psicoterapeuti, dietologi … ma anche di chi è diventato un “esperto” del settore perché ha decisodi dedicarsi a tali malattie per diversi motivi. Mi riferisco ai volontari che operano presso leAssociazioni che nel corso degli anni hanno sostenuto e aiutato chi ne aveva bisogno.

Tutte queste persone sono persone speciali perché con il loro aiuto possono fare la differenza perchi altrimenti sarebbe lasciato a se stesso. E in questo loro aiutare gli altri essi hanno capito quantosia importante il rapporto umano, il riuscire a vedere l’altro con gli occhi di chi non giudica maascolta, di chi sa guardare oltre le apparenze per arrivare al cuore di chi parla.

Voglio ringraziare quanti partecipano o vorranno partecipare ad alimentare questa sezione delblog, che spero possa essere di aiuto per qualcuno di noi.

Nella sezione gli “esperti” potranno approfondire aspetti della malattia o postare riflessioni oapprofondimenti sull’argomento.

Gli esperti che finora hanno deciso di collaborare sono:

• il Dott. Genovese Aldo

• la Dott.ssa Pallini Stefania

• la Dott.ssa Vanzetta Raffaella

• la Dott.ssa Vicini Mariao:

• la Dott.ssa Dalla Regione Laura

Ecco una loro breve presentazione:

Dott.ssa Dalla Regione Laura: 57 anni, Psichiatra Psicoterapeuta, ha fondato e dirige i CentriDCA della ASL Umbria 1: Residenza “Palazzo Francisci” (primo centro residenziale pubblicoextra-ospedialiero in Italia) e “Nido delle Rondini” di Todi, “Centro DAI” Città della Pieve.

È supervisore di altri Centri dedicati ai DCA nel territorio italiano, nati sullo stampo di PalazzoFrancisci, collabora con il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità in qualità diesperta, è relatrice in molti convegni nazionali ed internazionali.

È autrice di numerose pubblicazioni, tra le quali:

• “La casa delle Bambine che non mangiano”, Il Pensiero Scientifico Editore (2005);

• “Il cuscino di Viola“ Ed Diabasis (2006);

• “L’anima ha bisogno di un luogo” Ed.Tecniche Nuove;

• “Giganti d’argilla”, Il Pensiero Scientifico Editore (2009);

• “L’inganno dello specchio”, Franco Angeli Editore (2012).

Dott. Genovese Aldo: Medico specialista in neurologia e in psicoterapia.

Dal 2000 al 2007 collabora con il Centro di riferimento provinciale per i Disturbi delComportamento Alimentare (CDCA) dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento comespecialista esterno.

Dal 2008 al 2010 è stato coordinatore del Centro CDCA di Trento e dal 2011 a oggi ne è ilResponsabile Medico.

Dott.ssa Pallini Stefania: nata a Livorno il 1° ottobre del 1961 si è Laureata in Medicina eChirurgia e specializzata in Endocrinologia e Malattie del Ricambio, presso l’Istituto diEndocrinologia dell’Università di Pisa, direttore Prof. Aldo Pinchera.

Ha svolto attività clinica presso lo stesso Istituto di Endocrinologia e successivamente pressol’Ospedale di Livorno.

Ha svolto attività di consulente di endocrinologia e nutrizione presso i Consultori adolescenti diLivorno e della Bassa Val di Cecina.

Dal 2001 a tutt’oggi lavora presso la Casa di Cura “Villa Tirrena” di Livorno, dove è responsabiledello Studio Diaita, Centro di Terapia Integrata Disturbi Alimentari e Obesità(http://www.studiodiaita.it) e del Servizio Ambulatoriale di Endocrinologia e Malattie delRicambio.

Svolge inoltre attività libero professionale a Livorno e Pisa. Socia fondatrice e Presidente di Libra– Associazione Disturbi Alimentari (http://www.associazionelibra.org).

E’ autrice, insieme alla Dott.ssa Cristina Cherchi, del libro per bambini “La bussola a tavola”,pubblicato nel Gennaio 2010 dalla Casa Editrice Mani di Strega.

Dott.ssa Raffaela Vanzetta: 47 anni, psicoterapeuta, guida il Centro per i Disturbi delComportamento Alimentare INFES di Bolzano, dove si occupa prevalentemente di primeconsulenze e di prevenzione.

Dott.ssa Maria Vicini: 28 anni, Biologa Nutrizionista Specialista in Disturbi del ComportamentoAlimentare. Collabora dal 2010 con i Centri DCA della ASL Umbria 1, (Residenza “PalazzoFrancisci” e “Nido delle Rondini” di Todi, “Centro DAI” Città della Pieve).

È operatrice del Numero Verde S.O.S. Disturbi Alimentari, servizio nazionale promosso dalMinistero della Gioventù, Istituto Superiore di Sanità e ASL Umbria 1, volto ad offrire counsellingtelefonico e informazioni sui servizi nazionali specializzati alle persone affette da DCA e ai lorofamiliari.

Ed ecco i loro primi contributi

Che cos’è la riabilitazione alimentare?

Dott.ssa Stefania Pallini

La riabilitazione alimentare rappresenta un punto di partenza senza il quale sottoporsi ad una terapiadietetica ipocalorica può rappresentare un’esperienza fallimentare. È importante sapere che nel nostrocervello esistono due centri nervosi importanti, uno che regola il senso della fame e l’altro il senso dellasazietà. Quando s’inizia a mangiare si attivano reazioni chimiche regolate da numerosi ormoni, i piùconosciuti sono la leptina, l’insulina, il neuropeptide Y e molti altri, il cui ruolo è quello di inviare aidue centri gli adeguati impulsi: se è attivato il senso della fame, la risposta adeguata è MANGIARE,viceversa, se è attivato il senso della sazietà, la risposta adeguata è SMETTERE DI MANGIARE.Sappiamo inoltre che è fisiologico mangiare ogni 4-5 ore. Nel nostro cervello esiste quindi un finemeccanismo, chiamato la “CASCATA della SAZIETÀ” che da solo è in grado di regolare il nostroAPPETITO e quindi il nostro peso. Sottoponendosi ad un “regime alimentare” restrittivo, situazione

molto diffusa quando s’intende perdere peso, si ignora il senso della fame, convinti che per dimagriresia necessario sopportarla. Per un sano istinto di sopravvivenza, questo tipo di atteggiamento,fortunatamente, può essere mantenuto per un periodo limitato; per cui alla RESTRIZIONE fa seguito laDISINIBIZIONE. Quando si riprende a mangiare, dopo un periodo di restrizione, si può arrivare acontinuare a mangiare oltre il senso della sazietà. È un po’ come se il nostro cervello cercasse direcuperare le mancanze subite; sensazione quest’ultima che potrà essere avvertita solo successivamente,come un senso di eccessiva pienezza.

Un esempio di questo comportamento è l’abbuffata. Il risultato finale è che, se ignorare il senso dellafame ci aveva portato a perdere peso, ignorare il senso della sazietà ci porterà a riprendere i chili persi,innescando una ciclica oscillazione di peso, la cosiddetta “SINDROME dello YO-YO”, fattorepredisponente al diabete mellito e alle patologie cardiovascolari. Il ripetersi di questi comportamentidetermina una disorganizzazione dei meccanismi che regolano la “CASCATA della SAZIETÀ”, cheporterà ad un’introduzione caotica dei nutrienti. Un esempio pratico è il non saper più distinguere se sista mangiando per fame “vera” oppure per altri motivi, noia, ansia, rabbia ecc.

La conoscenza di questi meccanismi è molto importante per comprendere che molti comportamentipatologici nei confronti del cibo non vanno interpretati come una personale incapacità di autocontrollo,ma come l’infrazione di una legge biologica. Quindi, per riassumere, la riabilitazione alimentarerappresenta il punto da cui partire per riappropriarsi di bisogni fisiologici come la fame e la sazietà,stimoli fisiologici fondamentale per riuscire a gestire autonomamente il proprio appetito.

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Disturbi alimentari e immagine femminile: un connubio controverso

Raffaela Vanzetta

Per anni si è discusso in maniera controversa, se i Disturbi del Comportamento Alimentare (in seguitoDCA) fossero o meno causati dalla rappresentazione della donna nei mass media. È un dato di fatto chea soffrire di DCA sono al 95% donne, e che i DCA compaiono soprattutto nei paesi industrializzati,però le donne che soffrono di DCA e con loro molti medici e terapeuti, si oppongono ad una teoria chele accusa di essere influenzate dalle immagini di modelle magre. È una spiegazione troppo riduttiva peraiutare a comprendere un fenomeno così complesso come i DCA. Esiste dunque un collegamento tral’immagine mediatica della donna e i DCA?

Nel 1999 fu presentata una ricerca fatta dalla Dott.ssa Anne Becker (un’antropologa dell’HarvardMedical School’s Department of Global Health and Social Medicine) sul cambiamento di attitudiniverso il cibo e l’ideale corporeo delle adolescenti delle isole Fiji’.

Le isole Fiji sono tra le più isolate del mondo. Fino aglianni ’90 sulle isole Fiji non esistevano i DisturbiAlimentari. L’ideale di bellezza femminile era unideale opulento. Mostrare una certa formosità per ledonne era segno di benessere e femminilità.Differentemente da quello che usiamo fare noi, alleisole Fiji le donne si regalavano vicendevolicomplimenti dicendosi: “ti vedo ingrassata” .

Alle isole Fiji non esisteva la televisione. Nel 1995 fu impiantata una stazione televisiva che da subitomandò in onda le serie televisive più seguite negli USA e in Europa. Solamente tre anni più tardil’incidenza di DCA nell’arcipelago aveva raggiunto livelli più alti di quelli europei ed americani. Leragazze giovani non apprezzavano più la robustezza gradita alle loro madri, ma ambivano ad esseresottili e slanciate anche a caro prezzo.

L’equipe di Anne Becker intervistò un campione considerevole di ragazze adolescenti. Il 74%dichiarava di percepire il proprio corpo come “troppo robusto e grasso” e il 15% dichiarò di ricorrere avomito autoindotto per controllare il peso.

In Alto Adige è il 51% delle ragazze tra gli 11 e i 15 anni a ritenersi troppo grassa, ma solo il 7,6% adessere effettivamente sovrappeso.

Il 24,6% delle ragazze tra i 12 e i 25 anni ha un BMI (indice di massa corporea = rapporto tra peso ealtezza) inferiore a 20, secondo i canoni medici è quindi sottopeso.

Questi dati sono tratti dall’indagine sui giovani dell’ufficio di statistica altoatesino del 2009 e dallostudio HBSC del 2010, studio che riporta un altro dato preoccupante: un terzo delle ragazze 15enni hagià fatto una dieta per dimagrire.

Che sia riduttivo accusare tutte queste donne di ambire semplicemente ad essere belle secondo uncanone di bellezza che idealizza la magrezza, pare abbastanza evidente. Però forse le immagini che civengono mostrate dai media non idealizzano solamente un canone estetico, ma trasmettono anche altro.

Lavorando con ragazze e ragazzi nelle scuole, cercando (e sperando) di fare prevenzione ai disturbialimentari, noi del Centro per i disturbi alimentari INFES di Bolzano osserviamo ed analizziamo leimmagini.

Mostriamo la loro uniformità, che va dalle forme del viso, ai denti, alle forme del corpo, che nonpermettono varietà alcuna.

Mostriamo la loro artificialità, che crea una perfezione inesistente nella realtà, ma che ci fa sentireimperfette, inadeguate, insufficienti.

Due importanti studi fatti pochi anni fa negli Stati Uniti e in Germania hanno rilevato i cambiamenti diumore legati ad alcune attività. Lo sfogliare una rivista femminile causa nell’80% delle donne unabbassamento di umore. Vedere immagini di una perfezione fisica, alla quale non corrispondiamo, cirende scontente e insoddisfatte. Quindi pronte a fare di tutto (soprattutto a spendere soldi) per cambiare.

Le immagini che ci circondano, ci tramandano anche un’idea di bellezza sessuata e fatta oggetto. Ilcorpo femminile è usato per rendere sexy ed appetibile qualsiasi prodotto, dal latte ai cerchionidell’automobile.

Ed è usato per diventare il prodotto stesso. La bottiglia di una birra o parte di una playstation.

Far sembrare una persona un oggetto è il modo migliore per giustificare qualsiasi tipo di maltrattamentoo violenza contro quella persona. Il rendere non-persone è sempre stata anche nella storia lagiustificazione per qualsiasi scempio. Il razzismo, la schiavitù o l’olocausto sono stati giustificatidefinendo i neri o gli ebrei delle non-persone.

Le immagini pubblicitarie vanno anche oltre, dipingendo la violenza nei confronti di una donna comecosa attraente, trendy quanto un paio di jeans.

Sfogliando i giornali si trova veramente di tutto. Ed è altrettanto appassionante osservare con lo stessosguardo la TV. Lorella Zanardo ci ha offerto una bellissima analisi della rappresentazione femminile (emaschile) negli show televisivi italiani. Sarebbe interessante osservare con lo stesso sguardo le serietelevisive americane di cui si riempiono gli occhi le nostre figlie e figli, da “casalinghe disperate” a“How I met your mother” o “Scrubs” e capire quale immagine di donna e di uomo ci trasmettono.

Timm Grams, professore di elettrotecnica all’Università di Fulda (BRD) e autore di diversi testi sulrapporto tra elettrotecnica e pensiero, scrive: ”Le immagini hanno un potere dogmatico, perchéagiscono escludendo il pensiero cosciente, che sarebbe in grado di analizzare e pulire un’informazione.È per questo motivo che chi vuole creare un’opinione o manipolare un modo di pensare, lo fa attraversole immagini”.

Rance Crain, caporedattore della rivista per pubblicitari Adversiting Age spiegando come funziona lapubblicità, ha scritto che solo l’8% dei messaggi visivi è recepito dal pensiero cosciente, mentre il restoviene elaborato e rielaborato nei meandri più profondi del nostro cervello. (Adversiting Age 1999)

Udo Pollmer, un chimico degli alimenti e autore di molti libri in cui mette in discussione diete econsigli alimentari, spiega: “Le immagini sono esageratamente potenti. Non possiamo mettere indiscussione i canoni di bellezza in modo cognitivo. Possiamo riuscirci solamente, mostrando immaginidiverse“ (U.Pollmer, intervista a Emma, dic.2006).

Ora, qualcuno che offre immagini alternative, lo troviamo anche nei mass media. Sono però goccenell’oceano. C’è la ditta Dove, che da anni pubblicizza creme e bagnoschiuma mostrando donne euomini di diversa misura ed età:

C’è la body shop, che ha lanciato un messaggio pubblicitario in controtendenza, dichiarando che su 3miliardi di donne, soltanto 8 hanno le misure da top-model. La rivista germanica Brigitte dal 2010 fa isuoi servizi pubblicitari senza modelle di professione, ma con lettrici scelte attraverso il loro sito. E oraanche in Italia questa prassi è stata ripresa dalla rivista Donna Moderna, che scrive in copertina dioffrire moda solo con donne vere.

Purtroppo sono ancora esili tentativi di cambiare una cultura molto radicata. La maggior parte delleriviste, delle pubblicità, delle griffe di moda continuano a restare attaccate ad un uso dell’immaginefemminile che trasmette un’idea di donna ben precisa.

Ma qual è quest’immagine che soprattutto le ragazze più giovani assorbono come spugne?

Lavorando con le ragazze e i ragazzi nelle scuole, cerchiamo di riflettere sui messaggi subliminali checi vengono trasmessi dalle immagini di donne e uomini nei media. È importante dare ai/alle giovanistrumenti di analisi e critica che permettano di prendere coscienza e di opporsi ad una possibilestrumentalizzazione.

Riporto qui di seguito un elenco redatto da una classe di terza superiore, di messaggi subliminali chesecondo loro ci arrivano dalle immagini dei mass media:

• Devi essere perfetta

• Devi essere magra

• Per avere successo, devi essere giovane, magra, bella e seducente. E perfettamente rasata.

• Il tuo corpo è perennemente sottoposto a giudizio.

• Devi sembrare una bambina, debole e vulnerabile, ma essere disponibile al sesso, organizzareperfettamente casa, figli e lavoro.

• Chi è sovrappeso, è sfigata, è pigra, manca di forza di volontà, suda ed è sporca. Ed è colpa sua.

• Se sei magra, sei sana. Se sei grassa, sei malata.

• Se non riesci ad essere bella e perfetta, te ne devi vergognare.

• Se sei maschio devi essere forte e muscoloso e anche un po’ violento

• Se sei maschio, hai una sola cosa in testa e bastano un culo e due tette per catturare sempre ecomunque la tua attenzione. E convincerti a comprare qualsiasi cosa.

Non dobbiamo poi dimenticare che i mass media, oltre a dare un’interpretazione e rappresentazione delcorpo, danno anche un’interpretazione e rappresentazione del cibo. Il cibo è spodestato dal suo ruoloprincipale di nutrimento, mentre gli vengono affibbiati diversi altri ruoli: incentivare la digestione,accelerare il metabolismo, favorire il dimagrimento, far risparmiare tempo, permettere di rilassarsi,ravvivare una serata o anche renderci più erotiche ed attraenti…

Vediamo quindi che l’’influenza culturale a cui sono sottoposte le giovani e i giovani, non si limita alleimmagini di corpi magri. Viviamo in una cultura in cui la magrezza rappresenta molto di più che uncanone estetico: è simbolo di successo, di salute, di autocontrollo e autodisciplina, quindi di bravura.Attraverso l’estetica del corpo esprimiamo un mondo, nel quale vengono proiettati valori, peculiarità,caratteristiche personali, appartenenza sociale.

Il bombardamento mediatico e culturale ha dunque un effetto “patoplastico” per lo sviluppo di DCA, ecioè indirizza l’espressione del disagio giovanile, che ha tante e molteplici cause, verso il corpo e,soprattutto verso la sua apparenza, promuovendo l’idea che la magrezza (o la muscolosità) costituiscaun indubbio valore distintivo, in grado di ridurre le insicurezze tipiche dell’età adolescenziale.

I soggetti più suscettibili a questo tipo di richiamo sono donne giovani o giovanissime con una bassaopinione di sé e dunque spesso insicure, che vedono nel raggiungimento di un basso peso e di una piùaccettabile forma fisica la soluzione degli insuccessi e dei disagi della loro vita. Chi sviluppa undisturbo alimentare dunque non è spinto esclusivamente da motivazioni socioculturali (tutti noi infattisiamo bersagliati ogni giorno da messaggi di questo genere, ma solo una minoranza sviluppa undisturbo), ma nasconde spesso sottostanti profondi fattori psicologici di disagio.

Un’ interessante spiegazione dell’influenza dei fattori culturali sui DCA la dá Marya Hornbacher, unagiornalista americana che ha raggiunto fama mondiale con la sua autobiografia, nella quale racconta lasua vita con la bulimia e l’anoressia: “Benché la personalità di chi soffre di questi disturbi rivesta unruolo importantissimo [...] benché la famiglia rivesta un ruolo abbastanza cruciale [...] sono convintache [...] l’ambiente culturale abbia una responsabilità uguale se non maggiore. Avevo a disposizionediversi metodi di autodistruzione, [...] milioni di modi in cui avrei potuto reagire ad una cultura chetrovavo altamente problematica. [...] Ho scelto un disturbo dell’alimentazione. Non posso fare a menodi pensare che se fossi vissuta in una cultura dove la magrezza non è considerata come un particolarestato di grazia forse avrei cercato un altro mezzo per raggiungere la grazia.» (tratto da “Sprecata” diMarya Hornbacher).

L’abbandono più grande è quello verso se stessi.

(Cynthia Badini)

Eventi

3° Forum nazionale sulle buone pratiche di cura dei disturbi del comportamento alimentare“Dove volano le farfalle? I disturbi del comportamento alimentare tra falsi miti e vera cura” –

Portogruaro, 8 e 9 novembre 2013

L’8 e 9 novembre 2013 si terrà, a Portogruaro (VE), il3° Forum nazionale sulle buone pratiche di cura dei disturbi del comportamento alimentare

“DOVE VOLANO LE FARFALLE?I disturbi del comportamento alimentare tra falsi miti e vera cura”

(evento ECM)

ARGOMENTI TRATTATI:• I disturbi del comportamento alimentare tra ricerca e cura (sessione Società Italiana

Psicopatologia della Alimentazione)• La vita sospesa (la sofferenza dei disturbi alimentari)• Specchio delle mie brame (miti moderni e disturbi alimentari)• Curare o prendersi cura (modi e luoghi delle cure)• I DCA nella vita quotidiana (tavola rotonda)

Per informazioni: Centro di riferimento per la cura e la riabilitazione dei disturbi delcomportamento alimentare – Segreteria: tel. 0421399211 fax 0421399250 - [email protected]

Avviso

La scadenza per la presentazione della domanda di partecipazione al

Master ECM

“Le buone pratiche nel trattamento dei disturbi del comportamento alimentare: modelliorganizzativi e paradigmi teorici” – Edizione 2013-2014

organizzato dall’Associazione “Mi fido di te Onlus” con il patrocinio della Regione Umbria,della Provincia di Perugia, del Comune di Todi e il Centro DCA di Palazzo Francisci Asl 2

di Todi

è prorogata al 10 settembre 2013

Se vuoi condividere la tua esperienza, esprimere il tuo pensiero o se hai il desiderio o il bisogno di parlare oconfrontarti con qualcuno oppure se sei un esperto del settore e vuoi contribuire con un tuo intervento puoi

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