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Economia industriale – M2 Specializzazione e competitività dei sistemi di imprese – 2009-2010 (G. Solinas) Glossario sulla crisi Voci tratte da Wikipedia (… e controllate) Settembre 2009

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Economia industriale – M2Specializzazione e competitività dei sistemi di imprese – 2009-2010(G. Solinas)

Glossario sulla crisi

Voci tratte da Wikipedia (… e controllate)

Settembre 2009

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AIG

American International Group, Inc. (AIG) è una grande società di assicurazioni statunitense con sede a New York. Ha inoltre un quartiere generale in Europa a Croydon, Londra (Regno Unito) e in Asia a Hong Kong (Cina). AIG è la sesta più grande compagnia del mondo secondo l'elenco stilato nel 2007 dal Forbes Global 2000. La società fa parte dell'indice Dow Jones Industrial Average dal 8 aprile del 2004. È inoltre lo sponsor ufficiale del Manchester United F.C..

Storia

La AIG nasce nel 1919, quando viene fondata da Cornelius Vander Starr a Shanghai. Dopo il successo asiatico Starr decide di espandere l'azienda nei mercati internazioniali, come America Latina, Europa e Medio Oriente.

Nel 1962 Starr cedette l'azienda all'americano Maurice R. Greenberg. Nel 1969 la compagnia diventa pubblica (public company), e Greenberg ne diviene a tutti gli effetti il presidente, carica mantenuta fino al febbraio 2005, quando viene succeduto da Martin Sullivan.

Crisi subprime

Il 15 giugno 2008 Sullivan, dopo numerose pressioni createsi a causa dell'aggravarsi della situazione finanziaria della compagnia, rassegna le dimissioni. Il suo sostituto fu Robert B. Willumstad, già presente nella dirigenza dell'azienda dal 2006.

Nel 2008 il valore borsistico della AIG ha perso l'80% (con il picco toccato nella giornata di venerdi 12 settembre, nella quale ha perso il 31%), ed inoltre la compagnia ha registrato perdite per 13,2 miliardi di dollari nei primi sei mesi dell'anno.

Nel settembre 2008 l'azienda mette in piedi un piano che dovrebbe permettere introiti per 50 miliardi, attraverso la cessione dei beni preziosi della compagnia. Oltre a ciò la compagnia avrebbe richiesto alla Federal Reserve un prestito di 40 miliardi di dollari.

A fine settembre AIG viene nazionalizzata.

Asset-backed Security

L'Asset-backed security (ABS) è uno strumento finanziario, obbligazione negoziabile o trasferibile emessa a fronte di operazioni di cartolarizzazione garantito dagli attivi sottostanti.

L'emissione avviene a opera di SPV (Special Purpose Vehicle), create da banche, imprese o pubblica amministrazione. Queste trasferiscono alle SPV crediti o altre attività finanziarie normalmente poco liquide (di difficile negoziazione es. crediti da mutui). La SPV emette obbligazioni (le obbligazioni ABS) collocabili sui mercati, soprattutto se hanno un buon rating. I crediti ceduti sono costituiti a garanzia del pagamento delle obbligazioni emesse. Esiste una stretta correlazione tra pagamento delle cedole e le somme incassate dai crediti ceduti.

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Vi sono diversi rischi per i detentori di ABS:

insolvenza liquidità (ritardo pagamento interessi, capitale) tasso di cambio (i crediti di garanzia siano di diversa valuta dalle obbligazioni ABS emesse)

Cartolarizzazione

La cartolarizzazione è la cessione di attività o beni di una società definita tecnicamente originator, attraverso l'emissione ed il collocamento di titoli obbligazionari.

Il credito viene ceduto a terzi, e il rimborso dovrebbe garantire la restituzione del capitale e delle cedole di interessi indicate nell'obbligazione. Se il credito diviene inesigibile, chi compra titoli cartolarizzati perde sia gli interessi che il capitale versato.

Per lo più i beni ceduti sono costituiti da crediti, tuttavia possono essere immobili, contratti derivati o altro. I beni vengono ceduti a società-veicolo (SPV, società cessionaria abilitata ad emettere i titoli in cui sono incorporati i crediti ceduti) che ne versano al cedente il corrispettivo economico ottenuto attraverso l'emissione ed il collocamento di titoli obbligazionari. Le obbligazioni emesse sono divise in classi a seconda del rating (AAA,AA,BBB,BB etc.. fino alla partecipazione azionaria), con un merito creditizio che è minore quanto più è alto il livello di subordinazione nella restituzione del debito obbligazionario.

La legge di riferimento, in Italia, è la legge 130/1999 successivamente modificata all'articolo 7 con l'aggiunta degli articoli 7-bis e 7-ter con la legge n.80 del 14 maggio 2005.

Gli investitori, sottoscrivendo i titoli, accettano una clausola di limited recurse, che vincola la corresponsione delle cedole al rimborso del credito dal quale i titoli dipendono. Si tratta di una operazione rischiosa, per la quale società di rating specializzate valutano la qualità dei titoli obbligazionari, e dunque del credito sottostante, facilitando la valutazione degli operatori interessati.

La cessione può riguardare crediti in sofferenza delle banche, non ancora dichiarati inesigibili e depennati dal bilancio.

Tra le società più attive sul mercato secondario delle cartolarizzazioni ci sono gli hedge fund in un intreccio molte volte inestricabile di interessi contrapposti.

Nella cartolarizzazione dei crediti si identificano due costruzioni:

Dualistica: l'operazione è formata da due distinti contratti (cessione di credito del creditore originario alla società di cartolarizzazione più contratto di finanziamento ossia un mutuo erogato dalla società ai sottoscrittori dei titoli emessi dalla società di cartolarizzazione), uniti da un collegamento legale.

Monistica: tra i due momenti c'è un nesso talmente stretto da farla ritenere unica cioè un contratto avente un'unitaria causa quale la cartolarizzazione.

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Soggetti del contratto sono il creditore originario, cedente, e i sottoscrittori dei titoli. La società di cartolarizzazione è quindi il tramite attraverso il quale si attua la cessione di crediti dal cedente ai portatori dei titoli.

La cartolarizzazione è una cessione pro soluto, cioè non vi è garanzia della solvenza del debitore ceduto e i rischi gravano sui portatori dei titoli.

in Italia la cartolarizzazione ha dato luogo a cessioni importanti sia da parte degli istituti bancari (soprattutto crediti in sofferenza) sia di enti pubblici. In diverse ipotesi le cartolarizzazioni o i tentativi di porle in essere, hanno dato luogo ad inchieste penali.

Per gli enti pubblici spetta alla Corte dei Conti certificare la solvibilità del credito e autorizzarne la cartolarizzazione. Gli intermediari che curano il collocamento dei titoli possono accettare garanzie da parte di altri soggetti.

CDO – Collateralized Debt Obligation

Una CDO (Collateralized debt obligation) è letteralmente una obbligazione che ha come garanzia (collaterale) un debito. Una CDO è formata unendo decine o centinaia di ABS, obbligazioni a loro volta garantite da centinaia di debiti individuali.

L'enorme numero di debiti inividuali sottostanti la singola obbligazione CDO rende di fatto impossibile valutare i rischi di ciascuna obbligazione. La conseguenza è che più facilmente gli acquirenti, non potendo valutare correttamente le potenziali perdite dovute all'insolvenza dei debitori, si libereranno delle CDO non appena comprendono che sta aumentando la quota di debitori insolventi. Ciò avviene nonostante secondo alcune teorie economiche affermino che strumenti come i CDO, realizzando un investimento particolarmente diversificato, riducano il rischio di perdite.

Un'altra conseguenza è la difficoltà per le agenzie di rating di valutare correttamente tali obbligazioni.

La prima CDO è stata emessa nel 1987 dalla Drexel Burnham Lambert Inc. per conto della Imperial Savings Association. Nel 2007 negli USA sono stati emessi CDO per un valore di 481 miliardi di dollari.

CDS – Credit Default Swaps

Il credit default swap (CDS) è uno swap che ha la funzione di trasferire l'esposizione creditizia di prodotti a reddito fisso tra le parti. È il derivato creditizio più usato. È un accordo tra un acquirente ed un venditore per mezzo del quale il compratore paga un premio periodico a fronte di un pagamento da parte del venditore in occasione di un evento relativo ad un credito (come ad esempio il fallimento del debitore) cui il contratto è riferito. Il CDS viene spesso utilizzato con la funzione di polizza assicurativa o copertura per il sottoscrittore di un'obbligazione. Tipicamente la durata di un CDS è di cinque anni e sebbene sia un derivato scambiato sul mercato over-the-counter è possibile stabilire qualsiasi durata.

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La reference entity è l'ente che ha emesso degli strumenti di debito, di solito obbligazioni societarie, definite reference obligation. Il periodo di validità della protezione è detto effective date o termination date. Il contratto nomina un calculation agent chiamato a dire se si è verificato un evento relativo al credito e a definire l'ammontare del pagamento da effettuare al verificarsi di tale evento. Un'altra clausola tipica è la restructuring clause, la quale determina quale forma di ristrutturazione del debito della reference entity rappresenti un evento relativo al credito. Ad esempio una società in difficoltà finanziarie potrebbe decidere di posticipare la scadenza delle proprie obbligazioni e quindi del pagamento degli obbligazionisti, fatto che può rappresentare o meno un evento significativo. Solitamente un contratto più restrittivo in tal senso è più rischioso e dunque più costoso. Un diverso fattore che influisce sul costo di un contratto CDS è la maggiore o minore anzianità del debito coperto dal contratto. In caso di fallimento della società, le obbligazioni emesse in forma di debito senior hanno al priorità rispetto alle obbligazioni che costituiscono il debito subordinato, altrimenti detto junior, causando un maggiore credit spread del debito junior.

Il venditore di un contratto CDS darà una quota alla pari per una determinata reference entity, anzianità, scadenza e forma di ristrutturazione debitoria. Ad esempio il venditore di un contratto CDS può valutare il premio da pagare per un CDS di 5 anni di durata sul debito senior della FIAT con modificate condizioni di ristrutturazioni 100 basis point. Il premio alla pari viene calcolato in modo tale che il contratto abbia un valore attuale pari a zero a scadenza. Ciò perché il valore atteso del pagamento del venditore è esattamente uguale e opposto al valore atteso del premio pagato (in un'unica soluzione o ratealmente) dall'acquirente. Il fattore che maggiormente influisce sul costo della copertura è il merito di credito (spesso approssimato dal rating creditizio) del debito cui si fa riferimento. Un merito di credito inferiore comporta un rischio maggiore che la reference entity si riveli insolvente e per questo motivo il costo della copertura sarà più elevato.

Esempio

Il sottoscrittore di obbligazioni per 10 milioni di euro, con durata di 5 anni, emessa dalla Società Rischiosa, copre il rischio di insolvenza del debitore acquistando un CDS dalla Banca Derivati per un importo nominale di 10 milioni di euro, pagando ad esempio il 2% dei 10 milioni garantiti.

Se la Società Rischiosa non è insolvente, allo scadere dei 5 anni restituisce il valore dell'obbligazione al sottoscrittore, che sopporta un costo per essersi "assicurato" tramite l'acquisto del CDS. Tale costo riduce il rendimento dell'investimento e elimina il rischio di perdite da parte del sottoscrittore.

Se la Società Rischiosa è insolvente 3 anni dopo la sottoscrizione del CDS, il pagamento del premio è interrotto e la Banca Derivati rimborsa al sottoscrittore la perdita di 10 milioni di euro subita. Qualora il merito di credito della Società Rischiosa migliorasse significativamente o fosse acquisita da una Società più solida dopo 3 anni, il sottoscrittore delle obbligazioni potrebbe eliminare o ridurre la sua posizione nel CDS vendendo sul mercato i rimanenti due anni di copertura.

Aspetti speculativi

I CDS, al pari dell'investimento in opzioni su azioni, possono essere usati come strumenti speculativi, dando la possibilità di realizzare un grosso profitto da variazioni nel merito di credito di una società.

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Ad esempio, se una società che ha emesso obbligazioni per il valore di un milione di dollari versa in difficoltà, il possessore delle obbligazioni, temendo di perdere il capitale investito può decidere di cederle per -supponiamo- 900.000 dollari. Se l'azienda paga il debito, lo speculatore guadagna 100.000 dollari.

Chi emette un CDS potrebbe ricevere, ad esempio, 100.000 dollari sotto forma di premio senza avere investito alcunché.

Inoltre si possono negoziare CDS già conclusi. Al pari delle obbligazioni, il costo di acquisto dello swap varia in conseguenza delle variazioni nella qualità di credito della società percepite dagli operatori. La differenza è che tali variazioni di prezzo sono molto amplificate rispetto a quelle delle obbligazioni. Per questo motivo sono possibili profitti (ma anche perdite) molto superiori dell'investimenti in obbligazioni .

Approfondimento: pricing

Un CDS viene prezzato con l'ausilio di un modello che prende in considerazione quattro input: il premio all'emissione, il tasso di recovery, la curva dei tassi d'interesse e la curva del LIBOR. Se non si verificassero mai eventi di insolvenza il prezzo di un CDS sarebbe semplicemente la sommatoria dei flussi di cassa scontati relativi al pagamento del premio. Ma così non è, e i modelli di pricing del CDS devono prendere in considerazione la possibilità che si verifichi l'insolvenza in un momento compreso tra la data di inizio e la scadenza del CDS. Ai fini della spiegazione si può immaginare il caso di un CDS di durata 1 anno con data di inizio t0 che preveda 4 pagamenti trimestrali del premio nelle date t1, t2, t3, e t4. Se il valore nominale di un CDS è N e il premio di emissione è c l'ammontare dei pagamenti trimestrali del premio è Nc / 4. Se si assume per semplificare che l'insolvenza possa avvenire solo in una delle date fissate per i pagamenti trimestrali del premio ci sono 5 modi in cui il contratto può finire: qualora non si verifichi l'insolvenza, in questo caso i 4 pagamenti del premio sono effettuati e il contratto sopravvive fino a scadenza, o l'insolvenza si verifica in corrispondenza della prima, seconda, terza o quarta data fissata per il pagamento. Per dare un prezzo al CDS si deve dunque assegnare le possibilità relative ai 5 diversi casi, e quindi calcolare il valore attuale del payoff di ciascun caso. Il valore attuale del CDS è semplicemente dato dal valore attuale dei 5 payoff moltiplicati per la loro possibilità di verificarsi.

Questa procedura è illustrata nel diagramma ad albero qui sotto in cui in corrispondenza di ciascuna data fissata per il pagamento o si verifica un evento di insolvenza, nel qual caso il contratto finisce con un pagamento di N(1 − R) (in rosso), in cui R è il recovery rate, oppure il contratto sopravvive per il non verificarsi dell'insolvenza, nel qual caso si verifica un pagamento pari a Nc / 4 (in blu). In ciascuna biforcazione del diagramma sono rappresentati i flussi di cassa relativi a quel punto nel tempo con i pagamenti del premio in blu e i pagamenti in caso di default in rosso. Se il contratto viene terminato il quadrato è mostrato con ombreggiatura.

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Al tempo del i-esimo pagamento, la probabilità di sopravvivere tra il periodo ti − 1 ed il ti senza che si verifichino pagamenti per l'insolvenza è data da pi e la probabilità che si verifichi insolvenza è data 1 − pi. Il calcolo del valore attuale dati i fattori di sconto da δ1 a δ4 è dunque

Descrizione Pagamento premio PV Pagamento default PV Probabilità

Default al tempo t1

Default al tempo t2

Default al tempo t3

Default al tempo t4

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Nessun default

Le probabilità p1, p2, p3, p4 possono essere calcolate utilizzando la curva credit spread. La probabilità che non si verifichi insolvenza nel periodo di tempo compreso tra t e t + Δt decade esponenzialmente con una costante di tempo determinata dal credit spread, o matematicamente p = exp( − s(t)Δt) dove s(t) è la credit spread zero curve al tempo t. Maggiore è la rischiosità della reference entity maggiore lo spread e maggiore la velocità con cui la probabilità di sopravvivenza decade nel tempo.

Per ottenere il valore attuale complessivo del CDS si abbina la probabilità di ciascun evento con il suo relativo valore attuale

Il prezzo di un credit default swap si può inoltre anche derivare calcolando l'asset swap spread di un'obbligazione. Se un'obbligazione ha uno spread di 100 e lo swap ha uno spread di 50 punti base, il contratto cds dovrebbe essere scambiato a 50. Ad ogni modo per via di inefficienze del mercato non sempre tale relazione è rispettata.

Quanti sono: livelli e flussi

La Banca dei regolamenti internazionali ha stimato che il valore nozionale dei forward e swap sul debito emesso assommi a 3.846 miliardi di dollari alla fine del giugno 2004, in crescita rispetto ai 536 miliardi di dollari a fine del giugno 2001.

L'Office of the Comptroller of the Currency ha comunicato che il valore nominale dei derivati creditizi posti in essere da 882 banche censite ammonti a 5.472 miliardi di dollari alla fine del marzo 2006.

L'International Swaps and Derivatives Association (ISDA) ha comunicato che il valore nominale dei cds è cresciuto del 52% nella prima metà del 2006, raggiungendo i 2.600 miliardi di dollari.

Critiche

Warren Buffett ha definito in una famosa frase i derivati come armi finanziarie di distruzioni di massa. Nel report annuale agli azionisti Buffet scriveva:

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« Se i contratti derivati non vengono collateralizzati o garantiti, il loro reale valore dipende anche dal merito di credito delle controparti. Allo stesso tempo, comunque, prima che il contratto sia onorato, le controparti registrano profitti e perdite -spesso di enorme entità- nei loro bilanci senza che un singolo centesimo passi di mano. La varietà dei contratti derivati trova un limite solo nell'immaginazione dell'uomo (o talvolta, a quanto pare, del folle) »

Il mercato dei derivati creditizi è al momento molto esteso, in molti casi l'ammontare dei derivati creditizi in circolazione e riferiti ad un singolo ente è ampiamente superiore alle obbligazioni in circolazione. Ad esempio, la società X potrebbe avere 1 miliardo di dollari di debito in circolazione e 10 miliardi di dollari di contratti cds in circolazione. Qualora la società X risultasse insolvente, e si riuscisse a recuperare solo 40 centesimi per dollaro, la perdita per gli investitori che detengono le obbligazioni ammonterebbe a 600 milioni di dollari. La perdita per coloro che hanno venduto CDS ammonterebbe invece a 6 miliardi di dollari. Invece di disperdere il rischio, i derivati creditizi di fatto amplificano le perdite nel caso di insolvenza.

Secondo molti economisti i derivati hanno giocato un ruolo centrale nella "crisi dei mutui" subprime statunitense. In particolare proprio stock options e credit default swap.

Una seconda preoccupazione è relativa al pricing. Dal momento che gli spread dei cds si derivano dall'asset swap pricing, lo spread su di un contratto cds sarà solitamente inferiore allo spread dell'obbligazione sottostante sul debito sovrano. Ciò comporta un'anomalia nel pricing. Se un'obbligazione ha uno spread di 100 (per compensare l'investitore del rischio di insolvenza), e lo spread dello swap è di 50 punti base, il contratto CDS si dovrebbe scambiare a 50. Un investitore che voglia incassare il premio di un cds riceverà un pagamento di 50 punti base l'anno in contropartita alla sua assunzione del rischio di credito. Se invece l'obbligazione ha uno spread di 50, e lo spread dello swap è di 50 punti base, il contratto CDS dovrebbe teoricamente essere scambiato a zero. Ciò è chiaramente ridicolo in quanto nessuno assicurerebbe l'investitore contro il rischio di insolvenza senza ricevere nessun premio. Ma dal momento che il rischio di credito è prezzato come uno spread al di sopra del rischio bancario questo è il risultato.

Derivati

In finanza, uno strumento derivato è considerato ogni contratto o titolo il cui prezzo è basato sul valore di mercato di altri beni (azioni, indici, valute, tassi ecc.). I derivati hanno raggiunto solo recentemente una diffusione enorme nel mondo grazie alla globalizzazione dei mercati e alla contestuale introduzione dei computer per il calcolo di prezzi in relazione talvolta complessa tra loro. Esistono derivati strutturati per ogni esigenza e basati su qualsiasi variabile, perfino la quantità di neve caduta in una determinata zona. Gli utilizzi principali sono: arbitraggio, speculazione e copertura (detta hedging).

Le variabili alla base dei titoli derivati sono dette attività sottostanti e possono avere diversa natura; possono essere un'azione, un'obbligazione, un indice, una commodity come il petrolio o anche un altro derivato.

I derivati sono oggetto di contrattazione in molti mercati ma soprattutto all'over the counter, mercati alternativi alle borse vere e proprie creati da istituzioni finanziarie e da professionisti tramite reti telefoniche. Tali mercati, di solito, non sono regolamentati.

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Gli strumenti derivati possono essere utilizzati per copertura di un rischio (hedging), utilizzando un derivato con effetto opposto all'operazione che si vuole coprire (ad esempio, una opzione put può coprire il rischio di un acquisto di uno strumento finanziario; se le quotazioni calano, l'opzione put aumenta di valore più che proporzionalmente, riducendo la perdita maturata del sottostante). In questa configurazione risultano molto utili per coprirsi dai rischi di prezzo (oscillazioni del prezzo del sottostante), tasso (modifica dei tassi di interesse) o cambio (oscillazioni del tasso di cambio).

Possono anche essere usati a sé stanti, per scopi speculativi, sfruttando quello che in finanza è chiamato l'effetto leva.

Un terzo uso è quello di effettuare arbitraggi.

Nascono nuovi derivati ogni giorno, con diversi profili finanziari e diversi gradi di sofisticazione. In gergo, le tipologie standard vengono dette plain vanilla, mentre i tipi più complessi sono detti "esotici". Le tipologie più note e diffuse sono:

Future Opzione Swap Forward rate agreement Interest Rate Swap Esotici Strutturati

Opzioni e future

Nel grande universo dei derivati vi sono innanzitutto le opzioni. Esse conferiscono la facoltà, non l'obbligo, di comprare (Call) o vendere (Put) un determinato titolo a una determinata data futura a un determinato prezzo detto strike price. L'opzione comporta il pagamento di un premio, proprio perché conferisce un diritto al compratore. I future differiscono dalle opzioni proprio perché costituiscono un obbligo. Le opzioni possono essere di tipo europeo, americano o Bermuda: le prime possono essere esercitate solo alla scadenza, le seconde in qualunque momento fino alla scadenza, le ultime solo in determinate date. Sono anche presenti delle opzioni scherzosamente chiamate "asiatiche" (in quanto progettate durante un viaggio in Giappone da finanzieri statunitensi), il cui valore dipende dall'andamento storico del prezzo del sottostante e non solo dal valore attuale (queste sono a rigore delle opzioni esotiche, in quanto contengono un elemento "condizionale" che ne determina il valore in base al fatto che un evento si sia verificato o meno). Call e put sono due principali opzioni intorno alle quali si sono costruite moltissime strategie operative; alcune sono strangle, straddle, butterfly.

Prezzo di un derivato e rischi correlati

Diversamente da aumenti di capitale sociale o debiti, l'emissione di derivati è una modalità di finanziamento dell'impresa che può apparire a costo zero, se il sottoscrittore non esercita il diritto e incassa lo strike. In realtà, qualsiasi transazione finanziaria ha sempre un costo (altrimenti le banche non le proporrebbero), che può essere implicito (occulto). In altre parole, il costo viene mascherato da un mispricing rispetto al valore di mercato. Il costo vero dell'operazione può essere sostanziale e non determinabile da un operatore non qualificato. Apparentemente, l'emissione di derivati non tocca gli utili, dato che transita solo per lo Stato Patrimoniale, con un aumento delle entrate di cassa

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contrapposto ad un aumento delle immobilizzazioni finanziarie. Questa è una tecnica di ingegneria finanziaria e contabilità creativa, che realizza attraverso l'acquisto di prodotti finanziari lo stesso effetto che ha di contrarre un debito ed è, in termini di flussi di cassa, ad essa perfettamente equivalente. Questa tecnica ha consentito ad Enron di contrarre debiti non contabilizzati, che ne hanno determinato il fallimento. Sono celebri i disastri finanziari procurati attraverso i prodotti derivati, come quelli di Orange County, Enron o LTCM.

Come per un'obbligazione, il prezzo di un derivato è univocamente determinato da una formula matematica e non dipende da valori futuri della variabile indipendente di tale modello di pricing. Perciò, il prezzo varia soltanto dopo un cambiamento della variabile indipendente e non in previsione di tale evento, non risentendo delle aspettative degli investitori, ma soltanto del valore corrente e al limite dei valori passati. Il prezzo calcolato con un algoritmo certo, a partire da dati correnti e passati certi, produce un risultato univoco. In realtà esistono metodi di pricing più o meno accurati, a seconda del fatto che si considerino normalmente distribuiti i prezzi del bene sottostante o si usino approcci più sofisticati. Per aver determinato una prima formula di calcolo del prezzo dei derivati, venne attribuito il premio Nobel per l'economia a Black e Scholes nel 1997.

Il prezzo delle obbligazioni emesse e di quelle in corso di emissione risente dell'andamento del tasso d'interesse, come i derivati di quello del sottostante. Tuttavia, il prezzo del derivato può variare molto se è volatile il titolo sottostante (ad esempio un'azione), mentre i tassi d'interesse variano nel peggiore dei casi solitamente a cadenza mensile. Intuitivamente, il prezzo di un'opzione dipende:

dallo scostamento rispetto allo strike price e dal suo segno ("in the money", "out of the money")

dalla volatilità del sottostante (cioè dalla deviazione standard della distribuzione dei prezzi del sottostante)

da quanto tempo manca alla data di scadenza dell'opzione (un'opzione out of the money poco prima della sua scadenza ha un valore praticamente nullo, dato che la probabilità che sia esercitabile è quasi inesistente, mentre, appena emessa, ha un valore diverso da zero)

Mentre con le opzioni è possibile perdere al massimo il valore di acquisto dell'opzione (l'intero capitale, se si comprano senza copertura), nel caso dei future non è infrequente poter subire perdite superiori rispetto all'intero capitale. Ad esempio, acquistando un future call di un bene che subisca un notevole apprezzamento (ci si è impegnati ad acquistare una certa quantità di una commodity, nel futuro, ad un prezzo non noto: se il prezzo di quest'ultima sale, le perdite possono essere potenzialmente illimitate).

Inoltre, il rischio di un derivato è difficile da stimare poiché la funzione di pay-off dipende da una variabile sottostante di cui non è nota la distribuzione di probabilità. Spesso questa distribuzione viene assimilata ad una distribuzione normale, ma questa è solo una semplificazione. Ad esempio, per una call/put non è facilmente calcolabile la probabilità che il prezzo del sottostante sia maggiore/minore dello strike stabilito. Sono noti metodi di calcolo, spesso difficili, in particolare nel caso di opzioni esotiche, che possono comunque venire approssimate numericamente, per esempio con metodi Monte Carlo.

Mercato dei derivati

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Il mercato italiano dei derivati è l'Italian Derivative Market (IDEM). Il primo mercato a trattare derivati fu il CBOT nel 1848. Vengono negoziati sia in Borsa che in mercati over the counter (fuori borsa) e sono generalmente caratterizzati da leva finanziaria, rappresentando quindi strumenti finanziari di particolare rischio. Inoltre, i mercati su cui vengono negoziati sono normalmente caratterizzati da liquidità molto minore rispetto al mercato azionario, ed ancora peggio per i derivati tipicamente "sartoriali" (per esempio gli swap, che vengono "confezionati su misura"). Vengono spesso concettualmente equiparati alle scommesse, più che a degli "investimenti".

La massa di derivati circolante nel mondo ammonta a 300 trilioni di dollari, di cui cento depositati nelle banche statunitensi. La legislazione statunitense prevede la denominazione di un fondo pensionistico per le istituzioni finanziarie private che investono almeno il 25% del loro capitale in entità finanziarie classificate a loro volta come fondi pensione, che sono soggette a limitazioni prudenziali nelle scelte d'investimento in difesa del capitale che dovrà pagare la pensione ai titolari di quote del fondo.

Per l'elevato rischio, un derivato dovrebbe essere presente negli investimenti dei fondi pensione solamente per tutelare da un rischio di segno opposto maggiore: più direttamente il fondo se veramente seguisse una politica di investimenti prudenti e a basso rischio, non avrebbe necessità dei derivati per tutelarsi (eviterebbe l'alto rischio e basta). In particolare, è di discutibile legalità la vendita di derivati a soggetti non qualificati (vedi sentenza N. 2709/2007 della Corte di Appello di Milano), vista la difficoltà di determinarne correttamente il valore di mercato corretto, particolarmente ardua nel caso di derivati esotici e strutturati.

Alcuni fondi pensione sostengono di investire in derivati allo scopo di aumentare le entrate, a fronte delle fluttuazioni di mercato. Uno studio della Bank of New York e della Casey, Quirk & Associates prevede per l'anno 2008 un aumento degli investimenti delle aziende private in derivati da 5 a 300 miliardi di dollari. Privati ed aziende, quasi sempre privi di una conoscenza finanziaria sofisticata, non hanno normalmente alcun modo di determinare correttamente il pricing dei derivati esotici e strutturati, ne' di valutarne il rischio.

La Federal Reserve ha annunciato sul proprio sito web che la banca centrale statunitense non pubblicherà più le statistiche periodiche sulla consistenza della massa monetaria aggregata M3 (che comprende anche gli aggregati finanziari). In tale termine rientra in primo luogo la moneta emessa, si teme, per contrastare un fenomeno mondiale di vendita delle riserve in dollari iniziato da parte di Cina (30% del PIL in dollari) e Giappone. Gli accordi di Bretton Woods, non più validi, prevedevano che il dollaro fosse moneta di riserva, che la banca centrale non avrebbe cambiato con la Federal Reserve.

Alan Greenspan diede impulso all'emissione e diffusione di strumenti derivati. È rilevabile la particolarità di un titolo su mutui e ipoteche già esistenti, e di asset nominali registrati in attivo di bilancio anche se non rappresentano entità reali, diversamente da azioni e obbligazioni che sono almeno teoricamente collegate a investimenti in beni reali.

L'emissione di prestiti bancari per acquistare derivati a fini speculativi (vendite al rialzo) ha un effetto di decrescita dei prezzi poiché viene emessa una quantità di moneta che non è corrisposta da un aumento della ricchezza reale. Così, si deprezza il potere di acquisto della moneta rispetto ai beni/servizi.

Effetto leva

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Il leverage o rapporto di indebitamento è un indice utilizzato in ambito finanziario per misurare la proporzione fra il capitale proprio e quello di terzi delle risorse utilizzate per finanziare gli impieghi.

Le imprese utilizzano il debito come fonte di finanziamento sia per il suo costo, generalmente inferiore a quello del capitale di rischio (specialmente i debiti a lungo termine), sia per il vantaggio fiscale che esso genera (gli interessi passivi, formalmente denominati oneri finanziari, che esso genera possono essere usati in sede di stesura del bilancio d'esercizio per diminuire l'utile ante imposte, permettendo un abbattimento delle stesse, aumentando così il valore dell'impresa).

Più il rapporto d'indebitamento è elevato, più l'impresa sarà considerata rischiosa: ad un aumento del rischio corrisponde un aumento della remunerazione attesa dei finanziatori, quindi degli oneri finanziari che l'impresa dovrà sobbarcarsi per reperire ulteriori finanziamenti. È intuitivo comprendere come questo in casi estremi possa portare al fallimento.

A livello economico, un incremento dell'indice si traduce in un aumento degli oneri finanziari, dovuto sia al maggiore tasso richiesto per i finanziamenti ricevuti sia al fatto che gli oneri finanziari sono calcolati su una base più ampia. Alla luce di quanto esposto, l'indebitamento è conveniente fino a quando il rendimento dato dall'investimento dei capitali raccolti è maggiore del costo dei capitali stessi.

Per verificare che ci sia un corretto rapporto nell'ambito delle fonti di finanziamento, si ricorre al "calcolo del leverage" secondo la seguente formula:

se il leverage assume valore pari a 1 significa che l'azienda non ha fatto ricorso a capitale di terzi (non ha debiti);

se il leverage assume valori compresi fra 1 e 2 significa che il capitale proprio è maggiore del capitale di terzi;

se il leverage assume valori superiori a 2 significa che il capitale di terzi è maggiore del capitale proprio.

Non esiste una ricetta magica per valutare in senso assoluto la salute di un'azienda in base al suo rapporto d'indebitamento, ma si può genericamente affermare che, in media, se il rapporto assume valori compresi fra 1 e 2 l'impresa è in uno stato di corretto equilibrio nell'ambito delle fonti di finanziamento, mentre se il rapporto assume valori superiori a 2 l'impresa è da considerarsi sottocapitalizzata (capitale proprio insufficiente), per cui occorre effettuare un processo di ricapitalizzazione (aumento del capitale di rischio, cioè emissione di azioni).

Euribor

L'Euribor (acronimo di EURo Inter Bank Offered Rate, tasso interbancario di offerta in euro) è un tasso di riferimento, calcolato giornalmente, che indica il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in Euro tra le principali banche europee.

L'Euribor viene utilizzato come tasso medio applicato da primari istituti di credito per operazioni a termine effettuate sul mercato interbancario (con controparte altri primari istituti di credito) con

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scadenza una, due e tre settimane, e da uno a dodici mesi. L'Euribor varia solamente in funzione della durata del prestito e non dipende dall'ammontare del capitale.

La nascita dell'Euribor è avvenuta, contestualmente a quella dell'Euro, il 1º gennaio 1999; più precisamente il primo tasso Euribor è stato definito il 30 dicembre 1998, con validità dal 4 gennaio 1999. Attualmente viene determinato ("fissato") giornalmente dalla European Banking Federation (EBF) come media dei tassi di deposito interbancario tra un insieme di banche, oltre 50. I tassi applicati a tali operazioni dalle banche con il maggiore volume d'affari dell'area Euro e da alcuni istituti di credito estranei all'area (per l'Italia contribuiscono Intesa San Paolo, Unicredit e Monte dei Paschi di Siena) vengono comunicati giornalmente, entro le ore 11 CET, all'agenzia Reuters che provvede, per ogni singola scadenza, a calcolarne la media (arrotondata al terzo decimale) escludendo dal computo il 15% dei valori rispettivamente più alti e più bassi. Tale esclusione permette di evitare che valori anomali falsino il valore dell'Euribor stesso. Reuters provvede poi a pubblicare giornalmente il valore dell'Euribor.

La comunicazione dei dati è su base volontaria per le varie banche, l'Euribor è calcolabile se partecipano almeno 12 istituti di credito.

Non c'è un solo tasso Euribor: vengono infatti definiti tassi per durate di tempo differenti, che variano tra una settimana e un anno. Come per tutti gli interessi in relazione alla loro durata, l'Euribor è crescente con la durata del prestito: un Euribor a 1 anno (indicato come EUR 12M) è maggiore di un Euribor a 6 mesi (EUR 6M), e questo è maggiore di un Euribor a 3 mesi (EUR 3M). Da notare che il tasso è calcolato su una base di 360 giorni all'anno, per cui ad esempio spesso ci si riferisce ad un tasso EUR 1M con l'indicazione "Euribor 1m/360". Il calcolo su base 365 giorni può essere effettuato con una semplice proporzione.

Sono rari i casi in cui gli interessi nel breve termine sono più alti di quelli a medio-lungo: il fenomeno è interpretato come un pessimismo degli investitori che si attendono un calo nel lungo termine della redditività e della creazione di valore economico.

L'Euribor è un indicatore del costo del denaro a breve termine, ed è spesso usato come tasso base per calcolare interessi variabili, come quello dei mutui. L'Euribor è tipicamente il riferimento dei mutui ipotecari a tasso variabile: ad esempio, un mutuo prima casa può essere offerto con cedola semestrale al tasso "euribor a sei mesi con spread dell'1,5%".

Fannie Mae

La Federal National Mortgage Association (FNMA, NYSE: FNM), nota comunemente come Fannie Mae, è una government sponsored enterprise, impresa privata (ha lo status di public company) con supporto governativo, statunitense.

L'azienda è specializzata nell'emissione di mutui ed è la prima entità per la loro rivendita nel mercato secondario degli stessi.

Freddie Mac

La Federal Home Loan Mortgage Corporation (FHLMC, NYSE: FRE), nota comunemente come Freddie Mac, è una government sponsored enterprise, impresa privata (ha lo status di public company) con supporto governativo, statunitense.

L'azienda è specializzata nell'emissione di mutui e nella loro rivendita nel mercato secondario.

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Hedge fund

I fondi speculativi (in inglese hedge funds) detti anche in italiano fondi hedge, nascono negli Stati Uniti negli anni '50. Il primo fondo hedge fu fondato da Alfred Winslow Jones nel 1949. La legge statunitense prescrive che gli investitori abbiano un patrimonio di almeno un milione di dollari o entrate nette per oltre 200.000 dollari. Il numero dei soci non può essere superiore a 99.

Si caratterizzano per:

l'utilizzo di tecniche e strumenti di gestione avanzati, spesso non adottabili dai fondi comuni (o direzionali) per motivi regolamentari;

la struttura commissionale, basata su una commissione di gestione annua ed una commissione di performance (tipicamente rispettivamente pari a 2% e 20%);

l'investimento nel fondo speculativi di una quota rilevante di capitale da parte dei gestori

I fondi speculativi hanno l'obiettivo di produrre rendimenti costanti nel tempo, con una bassa correlazione rispetto ai mercati di riferimento, attraverso però investimenti singolarmente ad alto rischio, ma con possibilità di ritorni molto fruttuosi.

Sono contraddistinti dal numero ristretto di soci partecipanti e dall'elevato investimento minimo richiesto. Sono soggetti ad una normativa che per quanto riguarda la prudenza, è più limitata rispetto a quella che vincola gli altri operatori finanziari.

Una tipica operazione effettuata dagli hedge funds è la vendita allo scoperto, a scopo ribassista; tale operazione infatti non è permessa, di norma, ai fondi comuni canonici di diritto italiano (costituiscono eccezione i fondi che hanno recepito le nuove normative Ucits III). Sono fondi ad alto rischio per l'investitore. In Italia sono rappresentati da fondi comuni di investimento speculativi (decr. Min. Tesoro 228/1999) recante norme per la determinazione dei criteri uniformi per i fondi comuni di investimento. Quest'ultimo costituisce uno schema strutturale atipico disciplinato attraverso negozi privatistici, disancorato dalle modalità di partecipazione e dall'oggetto tipico dell'investimento rispetto ai fondi comuni classici. Le Società di gestione del risparmio (SGR) possono istituire fondi speculativi il cui patrimonio è diverso da quello previsto in via prudenziale dalla Banca d'Italia con reg. 20/09/1999.

Le caratteristiche indicate dal detto Decreto sono:

numero partecipanti inferiore alle 200 unità; ammontare minimo non inferiore a 500 mila Euro; le quote non possono essere oggetto di sollecitazione.

Il regolamento del fondo deve menzionare la rischiosità e la circostanza che esso viene gestito in deroga ai divieti stabiliti dalla Banca d'Italia e dalla CONSOB. Nel regolamento del fondo sono indicati i beni oggetto dell'investimento e le modalità di partecipazione (conferimenti e ritiro delle quote). In considerazione degli effetti potenziali sulla stabilità delle SGR, i fondi speculativi possono essere istituiti o gestiti solo dalle SGR che hanno ad oggetto esclusivo l'istituzione o la gestione di tali fondi.

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IAS/IFRS

Gli International Accounting Standards (in forma di acronimo: IAS) sono principi contabili internazionali. Gli IAS, emanati da un gruppo di professionisti contabili (International Accounting Standards Committee (acronimo IASC)) fin dal 1973, sono stati il primo tentativo di standardizzazione mondiale delle regole contabili. Fino al 2001, lo IASC ha agito come comitato interno all'organizzazione mondiale dei professionisti contabili (International Federation of Accountants (IFAC)) trasformandosi poi in una fondazione privata di diritto statunitense (IASC foundation). All'interno di questa fondazione, l'organo incaricato di emanare i principi contabili è denominato IASB (acronimo di International Accounting Standards Board) e i principi redatti da questo comitato sono denominati IFRS (acronimo di International Financial Reporting Standards). Poiché tali principi coesistono, almeno per ora, con i precedenti IAS ci si riferisce spesso ai principi internazionali con il termine IAS/IFRS.

Struttura della IASC foundation

La IASC foundation è composta da quattro organi principali. Lo IASB (International Accounting Standards Board) è un comitato di 14 membri che ha sede a Londra e si occupa essenzialmente della stesura dei principi contabili IFRS e della convergenza dei vari principi contabili nazionali diffusi nel mondo. L'IFRIC (International Financial Reporting Interpretations Committee) è un comitato che controlla periodicamente l'applicazione dei principi suggerendone la corretta interpretazione e propone il trattamento più appropriato per casi non trattati dai principi stessi. Il SAC (Standards Advisory Committee) è un comitato consultivo composto da membri di tutto il mondo che si occupa di fare proposte allo IASB e ai Trustees sulle attività da svolgere. I Trustees sono l'organo amministrativo della fondazione. Composto da 19 membri, il comitato dei trustees nomina i membri dello IASB, dell'IFRIC e del SAC, approva il bilancio della fondazione e ne decide le strategie generali.

Principi contabili IAS/IFRS nell'Unione Europea

L'apertura agli standard internazionali si è concretizzata nel 2002 con il Regolamento (CE) n. 1606/2002, cui ha fatto seguito il Regolamento (CE) n. 1725/2003 e tutta una serie di altri regolamenti (c.d. “omologativi”) emanati per disciplinare l’applicazione concreta degli IAS/IFRS nell’ordinamento comunitario. In particolare, con il regolamento n. 1606 del 2002 l'Unione Europea ha reso obbligatoria l'adozione dei principi internazionali nei bilanci consolidati delle società quotate a partire dal bilancio dell'esercizio in corso al 1º gennaio 2005, nonché per banche e assicurazioni. L'Italia con successivo decreto legislativo n. 38 del 2005 ha esteso l'obbligo ai bilanci d'esercizio delle stesse società per l'anno 2006 e la facoltà per i soli bilanci consolidati di tutte le altre società a partire dal bilancio dell'esercizio 2005.

I principi contabili IAS/IFRS non vengono immediatamente applicati nell'Unione Europea. Essi subiscono un primo esame di tipo tecnico da parte di un comitato di esperti chiamato EFRAG (un acronimo di European Financial Reporting Accounting Committee) e uno di tipo politico da parte di un comitato di rappresentanti dei governi chiamato ARC (Accounting Regulatory Committee). Per la sua omologazione comunitaria, il documento deve inoltre passare al vaglio del neonato Standards Advice Review Group (SARG), nominato con la decisione della Commissione Europea 2007/73/CE, la cui funzione è quella di consigliare la Commissione stessa sull’obiettività e la neutralità dei pareri dell’EFRAG. Superati quindi i controlli, il principio contabile viene approvato con regolamento dai ministri dell'Unione ed acquista immediata efficacia di legge in tutti gli Stati

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membri. Al medesimo procedimento sono soggette anche le interpretazioni ufficiali SIC. Finora l'unico principio non completamente approvato dall'Unione Europea è lo IAS 39 che quindi è in vigore solo in parte.

LBO – Leveraged buy out

Il leveraged buyout o LBO è una particolare tipologia di operazione di acquisizione di una società, che prevede la creazione di una società-veicolo (costituita ad hoc e detta NewCo) distinta dagli investitori finanziari e dalla figura dello sponsor, che è l'intemediario finanziario alla ricerca di imprese target, in genere un fondo private equity.

Nella NewCo affluiscono le risorse finanziarie attraverso equity, debito senior e debito junior. Nella fase successiva si può verificare che:

1. La NewCo conferisce gli asset nella società target e quindi riceve partecipazioni della stessa (schema Oppenheimer).

2. Si ha una fusione per incorporazione tra società target (in genere incorporante) e NewCo (incorporata), secondo lo schema KKR.

Tale operazione può avere come investitori:

Management della società (Management buyout) Management di altre società (Management buying) Lavoratori della società (Workers buyout)

e permette di entrare nella compagine sociale non solo attraverso capitale di rischio, ma anche tramite indebitamento finanziario.

Il debito contratto viene generalmente poi ripagato o con i flussi di cassa generati dall'impresa acquisita o vendendo rami dell'azienda (o business unit non strategiche). In questo secondo caso si parla anche di break-up.

Non vi è dubbio che la nuova società avrà un indebitamento finanziario maggiore, quindi tale strumento si dovrebbe applicare con società target caratterizzate da un basso grado di leva finanziaria, e con un'alta capacità di produrre flusso di cassa, proprio perché la nuova società dovrà essere in grado di ripagare gli oneri finanziari aggiuntivi.

In Italia

Fino al 2003 in Italia vi era un espresso divieto di porre in essere operazioni di LBO, poiché strumento di aggiramento per interposta persona (NewCo) del divieto di sottoscrizione di azioni proprie (art.2357 c.c.) e del divieto di assistenza finanziaria per la sottoscrizione o l'acquisto di azioni proprie.

Di fatto la Newco è una scatola vuota priva di capacità di produrre reddito, ma ci sono modi di sbagliata applicazione di tale strumento nel caso italiano, in particolare; vi è da dire che tale strumento applicato nella giusta maniera (qui entra in gioco il ruolo importante della consulenza

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dell'advisor) può garantire dei vantaggi legati al miglioramento della corporate governance, e, nel caso per esempio del MBO e WBO, di poter condividere il rischio di impresa con soggetti dipendenti della società stessa.

Il leveraged buyout è stato espressamente reso lecito nell'ordinamento giuridico italiano a seguito della riforma del diritto societario del 2003, la quale ha permesso di superare i dubbi di legittimità che venivano sollevati sulla base del divieto, contenuto nel primo comma dell'art. 2358 c.c. che inibisce alle società di accordare prestiti o concedere finanziamenti per l'acquisto di proprie azioni.

La riforma ha però subordinato la liceità della operazione all'adempimento di alcuni oneri. In particolare, gli amministratori delle società interessate all'operazione dovranno predisporre un piano economico e finanziario, confortato da una relazione di esperti che ne attesti la ragionevolezza, nel quale devono essere indicate le fonti delle risorse finanziarie e devono essere descritti gli obiettivi che si intendono raggiungere.

Importante infine è la distinzione tra debito senior (ossia con garanzie e covenant positive e negative) e debito junior. Quest'ultimo viene remunerato dopo il debito senior.

In una operazione corretta di levereged buyout la concessione del debito senior è subordinata ad una serie di condizioni, quali:

L'obbligo di pagare interessi e capitale nel caso in cui vi sia un esubero di liquidità Il mantenimento del rapporto Debt/Equity entro un certo valore (in genere 1,75).

Riacquisto

Un'impresa può decidere il riacquisto delle proprie azioni, se il prezzo in Borsa è in forte calo. In questo modo, alimenta una domanda che rialza il corso azionario, agisce in controfase rispetto al mercato, comprando mentre la maggioranza degli investitori vende le proprie quote.

Il rialzo del prezzo così ottenuto non è limitato solamente al momento in cui è lanciata la richiesta di acquisto e si manifesta la domanda: diminuendo le azioni in possesso di soggetti terzi, l'impresa diminuisce le azioni da remunerare, e, a parità di utili, il dividendo per azione è più alto, e di conseguenza il prezzo se calcolato in base al profitto atteso e ai fondamentali dell'impresa.

Il riacquisto può anche avere finalità speculative, per creare un prezzo al di sopra della media degli ultimi periodi.

Da questa situazione può trarre vantaggio l'impresa per aumenti di capitale sociale a pagamento, collocando azioni a prezzi molto remunerativi; oppure il management per l'esercizio delle stock option, che danno il diritto di acquistare ad un prezzo inferiore al valore di mercato.

Lehman Brothers

Lehman Brothers Holdings Inc. (NYSE: LEH), fondata nel 1850, era una società attiva nei servizi finanziari a livello globale. La sua attività si concretizzava nell'investment banking, nell'equity e fixed-income sales, nelle ricerche di mercato e nel trading, nell'investment management, nel private equity e nel private banking. Era uno dei primari operatori del mercato dei titoli di stato statunitense. Tra le sue principali controllate Lehman Brothers Inc., Neuberger Berman Inc., Aurora Loan Services, Inc., SIB Mortgage Corporation, Lehman Brothers Bank, FSB,

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e il Gruppo Crossroads. Il quartier generale mondiale della società è sito a New York, e sedi secondarie locali si trovano a Londra e Tokyo, oltre a uffici locali situati in tutto il mondo.

Il 15 settembre 2008 la società ha annunciato l'intenzione di avvalersi del Chapter 11, la procedura di "fallimento pilotato" prevista dalla legge statunitense, annunciando debiti bancari per US$ 613 miliardi, debiti obbligazionari per US$ 155 miliardi e attività per un valore di US$ 639 miliardi.Quella annunciata è la più grande bancarotta nella storia degli Stati Uniti. La società è ancora esistente, fino al completamento della procedura di bancarotta.

Storia

Sotto la guida della famiglia Lehman (1850–1969)

Nel 1844 il ventitreenne Henry Lehman, figlio di un mercante di bestiame, emigrato negli Stati Uniti da Rimpar, in Baviera, si stabilì a Montgomery, Alabama, dove aprì un negozio di prodotti tessili e di abbigliamento, "H. Lehman". Nel 1847 in seguito all'arrivo di Emanuel Lehman, il nome della società divenne "H. Lehman and Bro.". Con l'arrivo del loro fratello minore, Mayer Lehman, nel 1850, la società cambiò nuovamente il suo nome e venne fondata la "Lehman Brothers".

Negli Stati Uniti meridionali del 1850, il cotone era una delle colture più importanti. Facendo conto sull'alto valore di mercato del cotone, i tre fratelli cominciarono ad accettare abitudinariamente il cotone grezzo dai clienti come pagamento per la merce, iniziando così una seconda attività commerciale sul cotone. Entro pochi anni questo affare crebbe fino a diventare la parte più significativa della loro attività. In seguito alla morte di Henry per febbre gialla nel 1855, i fratelli rimasti continuarono a focalizzarsi sulla loro attività di intermediazione e commercio di materie prime.

Dal 1858 il centro per il commercio del cotone si spostò dal sud del paese a New York, dove avevano sede i rappresentanti dei produttori e le case di mediazione. Lehman aprì la sua prima succursale a New York nel distretto di Manhattan, al numero 119 di Liberty Street, e il trentaduenne Emanuel si trasferì lì per gestire l'ufficio. Nel 1862 a causa delle difficoltà conseguenti la guerra di secessione, la società si unì con un mercante di cotone di nome John Durr per dare vita alla Lehman, Durr & Co. Finita la guerra, la società partecipò al finanziamento della ricostruzione dell'Alabama. Il quartier generale della società venne alla fine spostato a New York, dove partecipò alla fondazione della Borsa del cotone nel 1870; Emanuel sedette nel Consiglio d'Amministrazione fino al 1884. La società partecipò inoltre al mercato emergente delle obbligazioni ferroviarie ed entrò nel mercato della consulenza finanziaria (financial advisory).

Lehman divenne membro della Borsa del caffè nel 1883 e della Borsa Valori di New York nel 1887. Nel 1899 sottoscrisse la sua prima offerta pubblica relativa alle azioni ordinarie e privilegiate della International Steam Pump Company.

Nonostante l'offerta della International Steam, il passaggio effettivo della società dalla contrattazione delle materie prime a casa d'emissione di titoli non si ebbe fino al 1906. In quell'anno, sotto la guida di Philip Lehman, la società si alleò con Goldman, Sachs & Co. per portare sul mercato la General Cigar Co., cui seguì poco dopo la Sears, Roebuck and Company. Durante i successivi vent'anni, quasi un centinaio di nuove emissioni furono sottoscritte da Lehman,

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molte volte insieme a Goldman Sachs. Tra queste c'erano: la F.W. Woolworth Company, la May Department Stores Company, la Gimbel Brothers, Inc., la R.H. Macy & Company, la The Studebaker Corporation, la B.F. Goodrich Co. e la Endicott Johnson Corporation.

In seguito al pensionamento di Philip Lehman nel 1925, suo figlio Robert prese il controllo. Sotto la guida di Robert Lehman la società resistette alla crisi finanziaria della grande depressione focalizzandosi sull'attività di venture capital mentre il mercato azionario si riprendeva. Dal 1928 la società si spostò nella sua famosa sede di One William Street.

Pur essendo la società tradizionalmente costituita unicamente da componenti della famiglia Lehman, nel 1924 John M. Hancock ne divenne il primo membro esterno alla famiglia, seguito da Monroe C. Gutman e Paul Mazur nel 1927.

Negli anni '30 del XX secolo, Lehman sottoscrisse l'offerta pubblica iniziale del primo produttore di televisori, la DuMont, e partecipò al finanziamento della Radio Corporation of America (RCA). Partecipò inoltre al finanziamento del settore in rapida crescita legato all'industria petrolifera, incluse le società Halliburton e Kerr-McGee.

Negli anni '50 del XX secolo, Lehman sottoscrisse l'IPO della Digital Equipment Corporation. A seguire organizzò l'acquisizione di Digital da parte di Compaq. Robert Lehman morì nel 1969, e, da quel momento, nessun altro membro della famiglia Lehman ha guidato la società. La morte di Robert lasciò un posto vacante nella società, il che, insieme a una difficile situazione economica, condusse a un brutto periodo per la società. Nel 1973, Peter G. Peterson, presidente e amministratore delegato della Bell & Howell Corporation, venne chiamato a guidare la società per salvarla.

La fusione con American Express (1969–1994)

Con la guida di Peterson in qualità di presidente e amministratore delegato, la società acquisì la Abraham & Co. nel 1975, e due anni più tardi si fuse con l'autorevole, ma litigiosa, Kuhn Loeb & Co., per formare la Lehman Brothers, Kuhn, Loeb Inc., la quarta più grande banca d'affari del paese, dietro a Salomon Brothers, Goldman Sachs e First Boston. Peterson guidò la società da significative perdite operative a cinque anni consecutivi di profitti record con una tasso di rendimento del capitale tra i più alti nel settore dell'investment banking.

Nel tempo, le ostilità tra la divisione investment banking e la divisione trading (dalla quale proveniva la maggior parte dei profitti della società) spinsero Peterson a promuovere Lewis Glucksman, che già era presidente, direttore generale (COO) ed ex trader, alla carica di co-amministratore delegato nel maggio 1983. Glucksman introdusse una serie di cambiamenti che ebbero l'effetto di aumentare le tensioni, le quali, unite allo stile manageriale di Glucksman e all'andamento negativo dei mercati, sfociarono in una lotta di potere che estromise Peterson e rese Glucksman unico amministratore delegato.

Sconvolti ed esacerbati dalla lotta di potere, molti banchieri lasciarono la società. Steve Schwarzman, presidente del comitato per le fusioni e acquisizioni, ricordò in un'intervista rilasciata nel febbraio 2003 a Private Equity International che "Lehman Brothers aveva un ambiente interno estremamente competitivo, che alla fine diventò poco funzionale." La società soffrì questa disintegrazione, e Glucksman subì pressioni per vendere la società alla Shearson, una società di transazioni elettroniche del gruppo American Express, nel 1984, per la somma di US$ 360 milioni. L'11 maggio le società si unirono dando vita alla Shearson Lehman/American Express. Nel 1988 la

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Shearson Lehman/American Express e la E.F. Hutton & Co. si fusero nella Shearson Lehman Hutton Inc.

Dismissione e indipendenza (1994–oggi)

Nel 1993, sotto la guida dell'A.D. Harvey Golub, American Express intraprese la dismissione delle proprie divisioni bancaria e di intermediazione. Le attività di retail brokerage e di asset management furono vendute a Primerica e nel 1994 Lehman Brothers Kuhn Loeb venne scorporata con il nome di Lehman Brothers Holdings, Inc. mediante un'offerta pubblica iniziale.

Nonostante circolasse notizia che sarebbe stata nuovamente acquisita, Lehman si comportò abbastanza bene sotto la guida dell'A.D. Richard S. Fuld, Jr.. Nel 2001 la società acquisì i servizi per clienti private (private-client services, o "PCS") della Cowen & Co. e, più tardi, nel 2003, rientrò aggressivamente nel settore dell'asset management, dal quale era uscita nel 1989. Iniziando con US$ 2 miliardi di attività in gestione, la società acquisì il Gruppo Crossroads, la divisione reddito fisso (fixed-income) di Lincoln Capital Management e Neuberger Berman. Queste attività, insieme alla PCS e al private equity di Lehman, costituirono la Divisione Investment Management, che generava approssimativamente US$ 3,1 miliardi di ricavi netti e quasi US$ 800 milioni di utile ante imposte nel 2007. La società detiene attualmente oltre US$ 275 miliardi di attività in gestione. Complessivamente, a partire dall'offerta pubblica del 1994, la società ha visto crescere i ricavi netti di oltre il 600% da US$ 2,73 miliardi a US$ 19,2 miliardi e il personale di oltre il 230% da 8.500 a quasi 28.600 unità.

Risposta agli attentati terroristici dell'11 settembre

L'11 settembre 2001 Lehman occupava tre piani della torre nord del World Trade Center in cui perse la vita un dipendente. Il suo quartier generale globale, nel Three World Financial Center, è stato pesantemente danneggiato e reso inagibile dai detriti caduti, lasciando così senza posto oltre 6.500 dipendenti. La banca recuperò velocemente e ricostruì la sua presenza. La direzione trading si trasferì sull'altra sponda del fiume Hudson nei locali siti a Jersey City nel New Jersey, dove una sala di contrattazioni venne improvvisata e messa in linea in meno di 48 ore dagli attacchi. Quando il mercato azionario riaprì il 17 settembre 2001, le risorse di sales e trading di Lehman erano state ripristinate.

Nei mesi seguenti, la società distribuì le proprie attività operative in tutta l'area metropolitana di New York in oltre quaranta sedi temporanee. Nell'occasione, la divisione investment banking convertì le sale d'aspetto del primo piano, i ristoranti e tutte le 665 camere dell'hotel Sheraton di Manhattan in spazi per uffici. La banca sperimentò inoltre l'orario flessibile (al fine di condividere gli spazi degli uffici) e il telelavoro tramite VPN. Nell'ottobre 2001 Lehman acquistò un palazzo ad uso uffici di 32 piani (circa 97.500 m2) per la somma di US$ 700 milioni. Il palazzo, situato al numero 745 di Seventh Avenue, era stato recentemente costruito, e non ancora occupato, dalla rivale Morgan Stanley. Con il quartier generale mondiale di Morgan Stanley situato a soli due isolati di distanza, al numero 1585 di Broadway, sulla scia degli attacchi, la società stava rivalutando la propria pianificazione degli spazi che avrebbero posto oltre 10.000 dipendenti nell'area di Times Square. Lehman cominciò il trasferimento nel nuovo palazzo a gennaio e terminò a marzo 2002, un trasloco che migliorò significativamente il morale all'interno della società.

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La società è stata criticata per non essere tornata ad occupare il suo precedente quartier generale a Manhattan. In seguito agli attentati, tra le principali società, solamente Deutsche Bank, Goldman Sachs e Merrill Lynch sono rimaste nel centro della città. Lehman, comunque, ha puntato al fatto di impegnarsi a rimanere a New York, tenuto conto che il nuovo quartier generale ha rappresentato una circostanza ideale, in cui la società aveva disperato bisogno di comprare e Morgan Stanley aveva disperato bisogno di vendere, che, quando il nuovo palazzo è stato acquistato, l'integrità strutturale del Three World Financial Center non era ancora stata approvata, e che, in ogni caso, la società non poteva attendere fino alla conclusione dei lavori di riparazione del Three World Financial Center, prevista per maggio 2002.

Dopo gli attentati, il management di Lehman pose ancora più enfasi sulla pianificazione della continuità operativa. Al contrario dei suoi rivali, la società era insolitamente concentrata per essere una tra le più grandi banche d'affari del mondo. Ad esempio, Morgan Stanley mantiene una struttura per le attività bancarie e di contrattazione (banking and trading) di 70.000 m2 a Westchester County, New York. La sala contrattazioni di UBS è sita a Stamford, Connecticut. La divisione asset management di Merrill Lynch si trova a Plainsboro Township, New Jersey. A parte il suo quartier generale nel Three World Financial Center, Lehman manteneva le strutture operative e di backoffice a Jersey City, in uno spazio che la società intendeva lasciare libero prima dell'11 settembre. Tale spazio non solo è stato mantenuto, ma anche espanso, mediante la costruzione della struttura di backup trading. Inoltre, la rete di telecomunicazione apprestata nei giorni seguenti gli attacchi per permettere ai dipendenti di lavorare da casa, era stata ampliata e potenziata per l'utilizzo generale interno alla società.

La controversia legale con la SEC (2003)

Nel 2003 Lehman era una delle dieci società verso cui venne avviata simultaneamente una transazione da parte della Securities and Exchange Commission (SEC), del Procuratore Generale dello Stato di New York e di diverse altre autorità di regolamentazione, riguardo alla indebita influenza esercitata in ciascuna società nei confronti degli analisti che si occupano dell'attività di ricerca da parte delle divisioni societarie di investment banking. Nello specifico, le autorità di regolamentazione presumevano che le società avessero impropriamente collegato i compensi degli analisti ai ricavi delle loro attività di investment banking e che avessero promesso ai propri clienti la fornitura di ricerche positive capaci di muovere il mercato, in cambio di opportunità di sottoscrizione. La transazione, nota come “global settlement”, stabilì sanzioni finanziarie per complessivi US$ 1,4 miliardi, di cui US$ 80 milioni in capo a Lehman, oltre a imporre riforme strutturali, tra cui la completa separazione tra l'attività di investment banking e quella di ricerca, il divieto di stabilire compensi agli analisti collegati - direttamente o indirettamente - ai ricavi dell'attività di investment banking, nonché l'obbligo di fornire ai propri clienti ricerche gratuite e indipendenti realizzate da terzi.

Lheman e la crisi dei mutui subprime

Nell'agosto 2007 la società ha chiuso la sua banca dedicata ai prestiti subprime, BNC Mortgage, eliminando 1.200 posti di lavoro in 23 sedi e registrando una perdita dopo le imposte di US$ 25 milioni e una riduzione di US$ 27 milioni del goodwill. Lehman ha dichiarato che le scadenti condizioni del mercato nel settore di mutui "hanno reso necessaria una sostanziale riduzione delle risorse e dell'impegno nell'area dei prestiti subprime".

Nel 2008 Lehman ha affrontato una perdita senza precedenti per la persistente crisi dei mutui subprime. Tale perdita era apparentemente la conseguenza del mantenimento di ampie posizioni nel settore dei mutui subprime e di altri titoli a basso rating relativi alla cartolarizzazione di tali mutui;

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non è chiaro se Lehman l'abbia fatto perché semplicemente non è riuscita a vendere i titoli a basso rating in portafoglio, oppure a causa della decisione consapevole di mantenere tali posizioni. In ogni caso, vaste perdite si sono accumulate per tutto il 2008 sui titoli garantiti da mutui a basso rating. Nel secondo trimestre, Lehman ha registrato perdite per US$ 2,8 miliardi ed è stata obbligata a liquidare US$ 6 miliardi di attività. Nel solo primo semestre del 2008, le azioni di Lehman hanno perso il 73% del loro valore, mentre il mercato del credito continuava a frenare. Nell'agosto 2008, Lehman ha annunciato l'intenzione di ridurre del 6% la propria forza lavoro (1.500 persone) entro la data di presentazione dei risultati del terzo trimestre, a settembre. Già a Luglio 2008 si prospettava l'insolvenza dell'istituto. Il 22 agosto 2008 le azioni Lehman hanno chiuso con un progresso del 5% (16% nell'arco della settimana) grazie alle notizie secondo le quali la Korea Development Bank (controllata dallo stato) stava prendendo in considerazione l'acquisizione della banca. La maggior parte di questi guadagni sono stati velocemente erosi non appena si è avuta notizia che la Korea Development Bank stava "fronteggiando difficoltà per soddisfare le autorità regolatrici e per attrarre partners nell'operazione". Tutto è culminato il 9 settembre, quando le azioni sono affondate del 44,95% a US$ 7,79, dopo la notizia che la società statale sudcoreana ha posto le trattative in stand-by.

L'erosione della fiducia degli investitori è proseguita quando le azioni Lehman hanno perso violentemente metà del loro valore spingendo l'indice S&P 500 giù del 3,4% il 9 settembre. Il Dow Jones ha perso 300 punti lo stesso giorno per la preoccupazione degli investitori riguardo la solidità della banca. Il governo degli Stati Uniti non ha annunciato alcun piano di intervento a soccorso di crisi finanziarie che dovessero riguardare Lehman.

Il 10 settembre 2008 Lehman ha annunciato una perdita di US$ 3,9 miliardi e l'intenzione di liquidare una quota di maggioranza nelle loro attività di investment management, inclusa Neuberger Berman. L'azione scivolò del 7% quel giorno. Lehman, dopo aver inizialmente respinto ogni domanda riguardo la vendita della società, annunciò di essere in cerca di un acquirente e il prezzo delle azioni cadde di un ulteriore 40% l'11 settembre 2008.

La bancarotta

Il 13 settembre 2008 Timothy F. Geithner, presidente della Federal Reserve Bank di New York, ha convocato una riunione sul futuro di Lehman, inclusa la possibilità di una liquidazione d'emergenza delle sue attività. In tale sede Lehman riferì che erano in corso trattative con Bank of America e Barclays per la possibile vendita della società. Il 14 settembre 2008 sul The New York Times veniva pubblicato che Barclays aveva posto fine alla sua offerta per l'acquisto di tutta o parte di Lehman e che l'operazione per salvare la banca dalla liquidazione era naufragata. I leader delle più grandi banche di Wall Street hanno continuato ad incontrarsi durante il giorno per prevenire il rapido fallimento della banca. Sempre il 14 settembre 2008 il The New York Times riportava che Lehman si sarebbe avvalsa della protezione da bancarotta per la società capogruppo, Lehman Brothers Holdings, mantenendo le sue controllate solventi durante le procedure di bancarotta. Un gruppo di società di Wall Street si è accordato per fornire capitali e assistenza finanziaria per le liquidazioni ordinarie della banca e la Federal Reserve, a sua volta, ha acconsentito allo scambio degli assets di qualita' più bassa con prestiti ed altri aiuti da parte del governo. La bancarotta di Lehman rappresenterebbe il più grande fallimento di una investment bank da quando Drexel Burnham Lambert crollò tra le accuse di frode 18 anni prima. La International Swaps and Derivatives Association (ISDA) ha offerto una sessione straordinaria per domenica, 14 settembre 2008 per permettere agli operatori di mercato di fronteggiare le posizioni in vari derivati sulla base della bancarotta di Lehman in quella giornata. Sebbene la richiesta di bancarotta sia stata fatta oltre quella scadenza, molti operatori stanno onorando i contratti chiusi nella sessione speciale.

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A New York, il 15 settembre 2008, poco prima dell'una del mattino, Lehman Brothers Holdings ha annunciato l'intenzione di avvalersi della protezione in caso di bancarotta di cui al Chapter 11, sebbene le proprie controllate continueranno ad operare normalmente. La Borsa Australiana (Australian Securities Exchange - ASX) ha comunque sospeso la controllata australiana di Lehman dalla partecipazione al mercato, dopo che la stanza di compensazione aveva chiuso tutti i contratti con la società.

Le azioni Lehman Brothers sono crollate dell'80% nella fase di pre-apertura alla Borsa di New York. Il 15 settembre 2008 l'indice Dow Jones ha chiuso in ribasso di 500 punti, realizzando la più grande caduta da quella che era seguita agli attacchi dell'11 settembre 2001. Le condizioni della sala contrattazioni di Lehman quel giorno apparivano pessime: un terzo della forza vendita era assente e quelli che c'erano avevano portato i loro curricula vitae, insieme a pizza, birra e tequila.

Nel Regno Unito, la banca d'affari è entrata in amministrazione controllata con PricewaterhouseCoopers designata come amministratore. Il 16 settembre 2008 la succursale giapponese, Lehman Brothers Japan Inc., e la sua controllante hanno presentato alla Corte del Distretto di Tokyo la richiesta per avvalersi della legge sulla riorganizzazione pilotata in caso di crisi aziendale.

Il fallimento di Lehman è il più grande nella storia delle bancarotte mondiali. Lehman ha superato infatti il crac di WorldCom, il gruppo telefonico che finì in amministrazione controllata nel 2002. Lehman ha un debito pari a circa 613 miliardi di dollari. Ora i 26.000 dipendenti perderanno probabilmente il posto di lavoro. Lehman in Europa conta su 6 mila dipendenti. Nelle sedi italiane i dipendenti sarebbero complessivamente 140, di cui 120 operativi su Milano e i restanti 20 su Roma.

Bibliografia

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Bernhard, William, L., Birge, June Rossbach Bingham, Loeb, John L., Jr.. Lots of Lehmans - The Family of Mayer Lehman of Lehman Brothers, Remembered by His Descendants. Center For Jewish History, 2007.

Birmingham, Stephen. Our Crowd- The Great Jewish Families of New York. Harper and Row, 1967.

Geisst, Charles R. The Last Partnerships. McGraw-Hill, 1997. Lehman Brothers. A Centennial - Lehman Brothers 1850 - 1950. Spiral Press, 1950. Schack, Justin. (Maggio 2005). "Restoring the House of Lehman". Institutional Investor,

pagine 24-32. Wechsberg, Joseph. The Merchant Bankers. Pocket Books, 1966.

Libor

L'abbreviazione LIBOR o Libor indica il London Interbank Offered Rate (inglese, tasso interbancario 'lettera' su Londra), un tasso di riferimento per i mercati finanziari.

Si tratta di un tasso variabile, calcolato giornalmente dalla British Bankers' Association in base ai tassi d'interesse richiesti per cedere a prestito depositi in una data divisa (tra le altre, sterlina inglese, dollaro USA, franco svizzero ed euro) da parte delle principali banche operanti sul mercato interbancario londinese.

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Il Libor è il tasso di riferimento europeo al quale le banche si prestano denaro tra loro, spesso durante la notte (in batch notturno), dopo la chiusura dei mercati. Esso è maggiore del tasso di sconto che gli istituti di credito pagano per un prestito alla banca centrale. Il mercato interbancario è particolarmente importante per assicurare la solvibilità delle banche e dell'intero sistema creditizio, e per una banca è forse il modo più facile e meno costoso di reperire capitali.

A fronte di una domanda di prelievi maggiore del denaro liquido che un istituto ha a disposizione, la banca vende una certa quantità di titoli di Stato o altri titoli, ricevendo in questo mercato il denaro di cui ha bisogno.

Un elemento importante è la fiducia fra i vari istituti di credito a prestarsi denaro, e il ruolo "garantista" della banca centrale nel risarcire i diritti delle banche creditrici nel caso di qualche istituto in difficoltà.

Il Libor è un indice del costo del denaro a breve termine che viene adoperato comunemente come base per il calcolo dei tassi d'interesse relativi a molte operazioni finanziarie (mutui, future, ecc.) principalmente in valute diverse dall'Euro, per il quale il tasso di riferimento è più spesso l'EURIBOR.

LTCM – Long Term Capital Management

Il fondo Long Term Capital Management (LTCM) era un fondo speculativo nel cui board figuravano grandi protagonisti del mondo economico.

Numerosi erano i gestori che replicavano le strategie di investimento di LTCM, col risultato che, alcuni errori commessi dal fondo sono stati effettuati anche da chi utilizzava le medesime strategie. Tutto questo, unitamente al grande utilizzo della leva finanziaria da parte di LTCM, ha reso il suo collasso drammatico, richiedendo, nel 1998, l'intervento diretto della FED a sostegno, al fine di evitare il peggio.

Mutui subprime

I subprime, o "B-Paper", "near-prime" o "second chance" sono quei prestiti che vengono concessi ad un soggetto che non può accedere ai tassi di interesse di mercato, in quanto ha avuto problemi pregressi nella sua storia di debitore. I prestiti subprime sono rischiosi sia per i creditori sia per i debitori, vista la pericolosa combinazione di alti tassi di interesse, cattiva storia creditizia e situazioni finanziarie poco chiare, associate a coloro che hanno accesso a questo tipo di credito.

La tipologia subprime comprende un'ampia varietà di strumenti di credito, quali i mutui subprime, i prestiti d'auto subprime, le carte di credito subprime.

Un'attività subprime si qualifica prevalentemente per lo stato della parte debitrice. Un mutuo subprime è, per definizione, un mutuo concesso ad un soggetto che non poteva avere accesso ad un tasso più favorevole nel mercato del credito. I debitori subprime hanno tipicamente un basso punteggio di credito e storie creditizie fatte di inadempienze, pignoramenti fallimenti e ritardi. Poiché i debitori subprime vengono considerati ad alto rischio di insolvenza, i prestiti subprime hanno tipicamente condizioni meno favorevoli delle altre tipologie di credito. Queste condizioni includono tassi di interesse, parcelle e premi più elevati.

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Coloro che proponevano i mutui subprime negli Stati Uniti hanno sottolineato il ruolo che questa tipologia creditizia ha nell'estendere l'accesso al mercato del credito a consumatori che non l'avrebbero altrimenti. Eppure gli oppositori hanno criticato l'industria del credito subprime per aver messo in atto pratiche predatorie, come l'aver accettato clienti che non avevano chiaramente le risorse per soddisfare i termini dei contratti, o di aver portato le rate dei mutui a tasso variabile a un livello insostenibile per i redditi medi, senza consentire una rinegoziazione dei debiti o un allungamento della loro durata.

Il credito subprime avrebbe garantito un diritto ad un accesso universale al credito, ma in modo non selettivo rispetto agli impieghi. Altre iniziative, come il microcredito alle imprese o prestiti d'onore agli studenti meno abbienti, consentono un accesso a queste categorie, ma privo di guadagni speculativi.

Queste critiche sono aumentate esponenzialmente a partire dal 2006, in risposta alla crescente crisi dell'industria statunitense dei mutui ipotecari subprime: centinaia di migliaia di debitori sono stati costretti all'insolvenza e per molte compagnie prestatrici è stata presentata istanza di bancarotta.

La storia dei sunbprime

Il credito Subprime si è evoluto quando domanda ed offerta si sono incontrate nel mercato. Con un ambiente economico in costante fluttuazione ed il debito dei consumatori in perenne crescita, i prestatori tradizionali sono diventati nel tempo più cauti ed hanno abbandonato un grande numero di potenziali clienti. Statisticamente, circa il 25% della popolazione americana cade nella categoria subprime (punteggio di credito < 620).

Ma è dalla metà degli anni ’90 che le banche americane cominciarono a concedere massicciamente mutui a clienti non meritevoli di fiducia creditizia, fortemente sollecitate dall’allora amministrazione democratica di Bill Clinton, anche attraverso mirate iniziative normative. Ad esempio, furono posti in essere cambiamenti radicali nel Community Reinvestment Act, per dar vita a un sistema nel quale le banche venivano valutate in base al numero di prestiti offerti a cittadini della zona a basso reddito. L’intento, peraltro lodevole, era di far ottenere una casa agli strati più poveri della popolazione (in particolare ispanici, afroamericani ed immigrati in generale), affinché ciò contribuisse ad una loro migliore integrazione. La successiva insolvenza di massa di questi mutuatari, però (aggravata dall’aumento dei tassi), ha contribuito in maniera determinante alla crisi finanziaria oggi in corso.

La maggior liquidità a disposizione delle famiglie contribuì, inoltre, alla bolla immobiliare, come, viceversa, la loro insolvenza obbligò le banche a vendere forzatamente le case avute in garanzia, deprimendo, così, le quotazioni del mercato immobiliare.

Dal 1998, il 25% dei mutui ipotecari concessi sono stati classificati come subprime.

Parte delle potenziali sofferenze sono state ribaltate in crediti cartolari: obbligazioni "garantite" da mutui subprime ad alto rischio di insolvenza che gli istituti di credito hanno venduto ai risparmiatori, o collocato direttamente nel portafogli dei loro fondi di investimento. In questo modo, le perdite non sono evidenziate a bilancio, depennando i crediti inesigibili, e sono pagate dai risparmiatori. L'obbligazione, infatti, non è un titolo a capitale garantito in caso di fallimento dell'emittente, e i titoli subprime non sono garantiti dalla propria banca di fiducia, ma dal mutuo a

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rischio di sofferenza: se il mutuo non è pagato, non pagano interesse, e se è dichiarata l'insolvenza, non sono più cedibili, comportando la perdita del capitale.

Definizione di attività di credito subprime

Non c'è un profilo di credito ufficiale che cataloga un mutuatario come subprime, anche se negli Stati Uniti il termine viene usato convenzionalmente in riferimento a chi contrae un prestito avendo un "punteggio di credito" inferiore a 620.

I prestiti subprime sono associati a garanzie basse o nulle dei debitori. Talora non sono chieste dagli istituti di credito; altre volte il cliente medio non è in grado di fornirle, e l'istituto dovrebbe il suo mercato potenziale.

Alla concessione di crediti privi di garanzie contribuiscono diversi fattori: la libertà di licenziamento e un mercato del lavoro flessibile che non consentono ai mutuatari di disporre di un reddito stabile e sicuro, il ricorso all'indebitamento per abitudini consumistiche ovvero per un reddito insufficiente per cui gli stessi beni dovrebbero garantire molteplici finanziamenti, una legislazione sfavorevole per i creditori in materia di recupero crediti, la presenza di coperture finanziarie dei rischi alternative alle garanzie fornite dal cliente.

I prestatori subprime

Per avere accesso a questo mercato in crescita, i prestatori si assumono il rischio associato all'attività di credito nei confronti di debitori scarsamente affidabili, con un "punteggio di credito" basso o molto basso.

Si crede che i prestiti subprime costituiscano un rischio addirittura maggiore per il prestatore, a causa delle suddette elevate caratteristiche di rischio della controparte.

I prestatori usano diversi metodi per coprire questi rischi: in molti prestiti subprime, il rischio viene coperto con un tasso di interesse più alto; per quanto riguarda le carte di credito subprime, ai possessori vengono addebitate tariffe di mora più elevate, in aggiunta a varie tariffe annuali. Inoltre, a differenza delle carte di credito Prime, non viene dato generalmente ai clienti un intervallo temporale di "tolleranza", in cui i pagamenti possono essere ancora effettuati senza conseguenze, nonostante la scadenza. Una volta addebitate sul conto, le tariffe di mora possono anche spingere il credito oltre il limite previsto, e sfociare in ulteriori penali. Tutto ciò determina introiti più elevati per i prestatori, in una sorta di circolo vizioso.

I debitori subprime

Il subprime da a coloro che contraggono un prestito l'opportunità di avere accesso al credito. Costoro usano questo credito concesso per acquistare abitazioni, oppure per finanziare altre forme di spesa, come l'acquisto di un'automobile, la ristrutturazione della casa, o persino rimborsare una carta di credito ad alti interessi. Ad ogni modo, a causa dell'elevato profilo di rischio dei clienti subprime, il costo di questo accesso al credito è un tasso di interesse più elevato.

Generalmente, coloro che contraggono un prestito subprime presentano una varietà di caratteristiche peculiari di rischio, tra le quali:

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Due o più pagamenti di crediti pregressi effettuati oltre 30 giorni dopo la scadenza negli ultimi 12 mesi, oppure uno o più pagamenti effettuati 60 giorni oltre la scadenza negli ultimi 36 mesi;

Dichiarazione di bancarotta negli ultimi 5 anni; Insolvenza su un mutuo negli ultimi 24 mesi; Alte probabilità relative di inadempienza come evidenziato, ad esempio, dagli score degli

istituti di credito inferiori a 660.

Tipologia di credito subprime

Mutui ipotecari subprime

Come per il credito subprime, anche i mutui ipotecari subprime vengono così definiti in base alla tipologia di consumatore alla quale vengono accordati. Stando alla guideline del Dipartimento del Tesoro Americano, "i debitori subprime hanno tipicamente una storia creditizia che include insolvenze, o addirittura problemi più gravi, come avvisi di garanzia, pignoramenti, e bancarotta. Tipicamente hanno anche una bassa capacità di rimborso, così come essa viene misurata dai punteggi di credito e dal rapporto debiti/reddito, o da altri criteri che riescono a supplire un profilo di credito incompleto".

Generalmente, i mutuatari subprime hanno bassi redditi od un punteggio di credito al di sotto di 620, in una scala che va da 300 a 850. I mutui subprime hanno un più alto tasso di insolvenza dei mutui prime e il loro prezzo dipende dal rischio che il mutuante si assume.

Nonostante la maggior parte dei mutui per la casa non rientri in questa categoria, i mutui subprime hanno proliferato a partire dai primi anni del 21esimo secolo. John Lonski, economista di Moody's, afferma che all'incirca il 21% dei mutui contratti dal 2004 al 2006 si sono classificati come subprime, mentre dal 1996 al 2004 la percentuale si assestava al 9%. Negli Stati Uniti i mutui subprime raccoglievano un importo totale di 600 miliardi di dollari nel 2006, capitalizzando circa un quinto sul totale del mercato statunitense dei mutui per la casa.

Ci sono molti tipi differenti di mutui subprime, tra i quali:

mutui "interest-only", che danno la possibilità a chi contrae il prestito di pagare solo la quota interessi per un determinato periodo di tempo (tipicamente 5-10 anni);

mutui "pick-payment", che permettono ai mutuatari di scegliere una tipologia di pagamento mensile;

mutui a tasso fisso iniziale che diventano nel tempo mutui a tasso variabile.

L'ultimo tipo di mutuo spiegato rappresenta una tipologia la cui popolarità tra i prestatori subprime è cresciuta rapidamente a partire dagli anni 90. Al suo interno vengono infatti inclusi i mutui "2-28", che offrono un tasso di interesse iniziale basso che resta fisso per due anni, dopo di che il piano di ammortamento viene ricompilato con un tasso di interesse più elevato per la vita residua del mutuo, in questo caso 28 anni. Quest'ultimo tasso è tipicamente agganciato ad un indice (ad esempio, 5% sopra il LIBOR a scadenza annuale).

Carte di credito subprime

A partire dagli anni 90, le compagnie di carte di credito hanno iniziato ad offrire le carte di credito subprime a quei debitori con un basso punteggio di credito ed un passato di insolvenze,

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pignoramenti o bancarotta. Spesso queste carte iniziano con bassi limiti di credito, accompagnati da tariffe estremamente alte e tassi di interesse che posso essere anche superiori al 30%.

Recentemente, a partire dal 2007, sono emerse nel mercato nuove carte di credito subprime. Il mercato stesso è diventato più concorrenziale e gli istituti di credito sono stati costretti a rendere le loro offerte più appetibili per i consumatori. Ora, difatti, gli interessi per le carte di credito subprime partono dal 9,9%, anche se in molti casi compiono escursioni oltre il 24%.

Resta il fatto che le carte di credito subprime possono anche aiutare a migliorare bassi punteggi di credito, nel caso in cui le pendenze vengano saldate regolarmente. I report positivi vengono compilati di solito entro 90 giorni dalle agenzie di credito.

Critiche al credito subprime

I mercati dei capitali operano sulla base del postulato che ad un determinato rischio deve essere associato un dato premio: gli investitori che si assumono il rischio comprando, ad esempio, azioni, si aspettano un tasso di rendimento più elevato di quanto non si aspettino gli investitori che comprano Titoli di Stato a basso rischio. Lo stesso avviene per i mutui e i prestiti in generale. Concedere un credito subprime rappresenta un investimento più rischioso, dunque i prestatori applicano un più alto tasso di interesse di quanto non farebbero in presenza di un debitore solido ed affidabile.

Secondo Alan Greenspan, è stata l'eccessiva cartolarizzazione dei mutui subprime americani a dare il via all'attuale crisi di solvibilita' delle banche. La vicenda dei mutui subprime ha aperto una falla enorme nell'attuale modello del capitalismo che riserva alle sole banche ed altre istituzioni finanziarie minori la funzione creditizia. Seguendo gli insegnamenti di Milton Friedman un nuovo modello di capitalismo dovrebbe prevedere l'eliminazione della riserva posta dall'intervento statale e la liberalizzazione della funzione creditizia.

La crisi statunitense dei mutui subprime

A partire dalla fine del 2006, l'industria statunitense dei mutui subprime è entrata in quella che molti osservatori hanno definito una catastrofe. Un'ascesa vertiginosa nel tasso di insolvenza di mutui subprime ha costretto più di due dozzine di agenzie di credito al fallimento o alla bancarotta; in primis la New Century Financial Corporation, precedentemente il secondo prestatore subprime della nazione. Il fallimento di queste compagnie ha provocato il collasso dei prezzi delle loro azioni, in un mercato che capitalizza 6.500 miliardi di dollari, minacciando più ampi effetti sul settore abitativo americano e persino sull'intera economia USA. La crisi ha ricevuto un'attenzione considerevole dai media USA e dal legislatore americano, nella prima metà del 2007 e nel settembre 2008.

Nell'aprile 2009, il Fondo Monetario Internazionale ha stimato in 4.100 miliardi di dollari Usa il totale delle perdite delle banche ed altre istituzioni finanziarie a livello mondiale. La cifra colossale, delle svalutazioni delle attivita' delle banche a causa delle crisi dei mutui c.d. sub-prime, per rendere l'idea, corrisponde ad un reddito annuo di 20.500 dollari per 200 milioni di lavoratori, oppure ad 1/3 dello stesso stipendio annuo per 600 milioni di lavoratori 

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La crisi dei subprime è una crisi finanziaria scoppiata alla fine del 2006 negli Stati Uniti e che ha avuto gravi conseguenze, ancora in evoluzione, sull'economia mondiale, in particolar modo nei paesi sviluppati, e per questo motivo viene considerata da molti la crisi economica peggiore dai tempi della grande depressione.

Nell'aprile 2009, il Fondo Monetario Internazionale ha stimato in 4.100 miliardi di dollari Usa il totale delle perdite delle banche ed altre istituzioni finanziarie a livello mondiale. La cifra colossale, delle svalutazioni delle attività delle banche a causa della crisi, per rendere l'idea, corrisponde ad un reddito annuo di 20.500 dollari per 200.000.000 di lavoratori, oppure ad 1/3 dello stesso stipendio annuo per 600.000.000 milioni di lavoratori o alla riduzione di 1/5 dello stesso stipendio per cinque anni.

Cronistoria della crisi subprime

La crisi è iniziata approssimativamente nella seconda metà del 2006, quando cominciò a sgonfiarsi la bolla immobiliare statunitense e, contemporaneamente, molti possessori di mutui subprime divennero insolventi a causa del rialzo dei tassi di interesse.

La crisi diventa palpabile nel febbraio-marzo 2007, e nel settembre-ottobre 2008, bimestre in cui scompaiono le banche d'affari più note: il 15 settembre 2008 Lehman Brothers fallisce invocando il chapter 11, il 22 settembre Goldman Sachs e Morgan Stanley diventano banche normali. Tutti gli indici borsistici mondiali flettono in maniera consistente, arrivando mediamente sui livelli della fine del XX secolo.

Comparazione tra FTSE100 e S&P-MIB da ottobre 2000 a ottobre 2003

All'esplosione della crisi dei mutui subprime, ha fatto seguito la decisione di alcune banche di "congelare" le quote dei propri fondi di investimento, sospendendone la compravendita per impedirne un deprezzamento. In altri casi, i creditori hanno dichiarato le loro insolvenze e vi sono stati casi di fallimento, che hanno portato ad un calo dei titoli in Borsa generalizzato nei vari settori. Questo è riconducibile al ruolo del sistema creditizio per l'intera economia, al fatto che in varie Borse (come il MIBTEL) i titoli bancari sono quelli a massima capitalizzazione e più scambiati giornalmente, per cui un loro calo pesa molto sull'indice complessivo di Borsa, al fatto che l'insolvenza del creditore si ripercuote su tutti i suoi debitori, con la difficoltà di rinnovare prestiti in scadenza a tassi agevolati e a concedere dilazioni di pagamento, a molte industrie che hanno un debito che è un multiplo del loro capitale sociale.

Il calo di agosto delle borse americane, europee ed asiatiche ha indotto le banche centrali di tutto il mondo ad iniettare miliardi di liquidità per sostenere i corsi azionari della Borsa. Nell'area Euro si è verificato il più massiccio intervento nella storia della BCE, e si è parlato di un rischio di iperinflazione per i prossimi mesi a causa della moneta immessa in circolazione. I prestiti della Banca Centrale in un momento di vendite generalizzate servivano agli investitori a contenere le perdite o a realizzare un guadagno, impegnando sovente direttamente le banche centrali a comprare

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ciò che nessuno attore del sistema economico intende più acquistare, e di cui il mercato tende a disfarsi.

Il continuo rialzo dei tassi di interesse ha indotto l'insolvenza di circa 2 milioni di famiglie americane, e ha spinto il Congresso all'estensione alle famiglie dell'istituto del fallimento, in precedenza concesso alle sole imprese. Una riduzione dei tassi di interesse ridurrebbe automaticamente la rata variabile di questi mutui, riportandola ai livelli precedenti la crisi e sostenibili per i redditi americani. Oltre a ridurre la percentuale di insolvenze, un abbassamento del tasso di sconto avrebbe anche l'effetto opposto di spingere alla concessione di nuovi mutui (e aggravare il numero di potenziali insolvenze in futuro). In questo senso, il tasso di interesse non è l'unica leva a disposizione delle banche centrali. Un aumento della riserva frazionaria oppure un esplicito divieto di concedere prestiti ad un tasso ribassato per ridurre le insolvenze pendenti sarebbero strumenti in grado di attenuare il problema.

Nella prima metà dell'Agosto 2007, le preoccupazioni su un possibile crollo dell'industria dei mutui subprime hanno causato una netta caduta degli indici di borsa Nasdaq e Dow Jones, con serie ripercussioni sui listini di tutto il mondo. Gli indici delle borse asiatiche ed europee hanno fatto registrare una serie di record negativi.

La situazione mutui è a rischio anche in altri Paesi. In Italia, il debito pro-capite supera i 30.000 euro l'anno e nel 2007, a fronte di 3.500.000 famiglie titolari di un mutuo, i casi di insolvenza superavano quota 500.000, con altrettante procedure avviate di pignoramento. In Europa manca una regolamentazione internazionale comune per la concessione dei mutui.

Responsabilità della crisi subprime

Gli osservatori della crisi hanno evocato precise responsabilità. Molti hanno sottolineato le pratiche predatorie dei prestatori subprime e la mancanza di una effettiva supervisione da parte delle autorità governative. Altri hanno accusato i mediatori creditizi di aver indirizzato i debitori verso prestiti che non potevano soddisfare, hanno accusato i periti di aver gonfiato artificialmente le valutazioni degli immobili, e hanno tacciato gli investitori di Wall Street di aver scommesso sui titoli che incorporavano mutui subprime senza aver verificato l'effettiva solvibilità dei prestiti sottostanti. Senza dubbio il ruolo delle banche è stato centrale nell'estensione della crisi a livello globale.

Il mutuo è un'opportunità di investimento che offre in generale un buon profilo rischio/rendimento per chi presta denaro, poiché ha rendimenti medio-alti, spesso non è soggetto a rischi legati ai tassi di interesse né al rapporto di cambio (che sono trasferiti direttamente al cliente). Il subprime è garantito da un'ipoteca su un bene, la casa, che è immobile, e non può essere sottratto ai creditori. Nonostante queste garanzie legali e del mercato, parte del sistema bancario è esposta a perdite, svalutazioni di asset e al rischio di fallimento.

I debitori sono stati naturalmente criticati per aver contratto mutui, pur ben consci di non poterli soddisfare. Al momento della forte crescita dei mutui, tuttavia, tassi di interesse ai minimi storici e stabilmente bassi da alcuni anni, lasciavano pensare che fossero convenienti mutui a tasso variabile. I contratti stessi non prevedevano espressamente un interesse massimo applicabile.

Molti rapporti sulla crisi evidenziano pure il ruolo della caduta dei prezzi degli immobili, iniziato nel 2005. Mentre i prezzi degli immobili crescevano, dal 2000 al 2005, i debitori che avevano difficoltà nell'adempiere ai pagamenti potevano sempre vendere le loro case oppure accedere più facilmente a nuovi finanziamenti. Ma, come i prezzi si sono raffreddati in molte parti della nazione americana, questa strategia non si è più resa disponibile per i mutuatari subprime.

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Previsioni della crisi subprime

Molti esperti hanno suggerito che la crisi potrebbe peggiorare rapidamente. Lou Ranieri ha avvertito il pubblico del futuro impatto della crisi dei subprime: "È solo l'inizio della tempesta [...] Pensate cosa potrebbe succedere nel bel mezzo della crisi." Facendo eco a queste preoccupazioni, l'avvocato dei diritti dei consumatori Irv Ackelsberg ha predetto in una audizione al Congresso che potrebbero essere effettuati oltre 5 milioni di pignoramenti nei prossimi anni, ovvero nel momento in cui i bassi tassi fissi iniziali dei "mutui a tasso aggiustabile" verranno modificati nei ben più alti tassi variabili di cui si parlava in precedenza. Altri esperti hanno avvertito che la crisi potrebbe espandersi al settori dei cosiddetti mutui "Alternative-A" (Alt-A), che hanno tassi comunque migliori dei mutui subprime.

Alcuni economisti, compreso l'ex presidente della Federal Reserve Alan Greenspan, temono che la crisi dei mutui subprime avrà forti impatti sul settore immobiliare e sull'intera economia USA. In tale scenario, il valore degli immobili potrebbe descrescere, facendo sentire i proprietari degli immobili meno ricchi e quindi contribuendo a un graduale declino della spesa, che indebolirebbe l'economia. È rilevante notare che il 50% del PIL americano negli ultimi anni è derivato dal settore edilizio, e che gli americani diffusamente utilizzano le carte di credito per l'acquisto di beni di consumo e che impegnano beni durevoli come la prima casa per finanziare crediti: in questo modo il prezzo degli immobili diventa una determinante del credito e dei consumi.

Il calo dei prezzi dovrebbe riportare gli immobili ai valori precedenti la bolla speculativa. Nel ventennio precedente, in diverse aree degli Stati Uniti, i prezzi degli immobili raddoppiavano in media ogni 5 anni, prestandosi a lucrose compravendite di breve periodo. La crescita dei prezzi non appariva giustificata da un reale aumento di valore degli immobili, dovuti ad esempio a interventi interni di ammodernamento oppure esterni di riqualificazione dei quartieri o per la costruzione di infrastrutture, investimenti incorporati in un premio di prezzo. Più che una crescita del valore reale delle case, in questo senso, si trattava di una crescita del valore di mercato, priva di fondamentali. La crescita dell'indebitamento di famiglie e imprese era spinta dalla stesso aumento dei prezzi: in altre parole solo una minima parte di chi richiedeva un mutuo necessitava di comprare un prima casa, molti si indebitavano per rivendere al doppio dopo 4-5 anni.

Altri economisti, come Edward Leamer dell'UCLA, dubitano che i prezzi delle case scenderanno così drammaticamente, in quanto la maggior parte dei proprietari immobiliari non sarà costretta a vendere. La loro previsione vede i prezzi delle case rimanere costanti o scendere leggermente per i prossimi 3 o 4 anni.

Mentre la crisi si è rivelata e sono cresciuti i timori su un suo peggioramento, alcuni senatori democratici (Charles Schumer, Robert Menendez, Sherrod Brown) hanno proposto che il governo USA fornisca fondi per aiutare i debitori subprime nei guai ed evitare che queste persone possano perdere la loro abitazione. Alcuni economisti criticano la proposta, affermando che potrebbe persino peggiorare le insolvenze o incoraggiare prestiti ancora più rischiosi. Fra le soluzioni per evitare un'emergenza abitativa vi sono l'avvio di un programma di edilizia popolare o una riforma delle legge sui pignoramenti, più vicina alle esigenze della popolazione e meno garantista nei confronti dei creditori.

Over the counter (mercati OTC)

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Mercati Over the Counter (mercati OTC) sono caratterizzati dal non avere i requisiti riconosciuti ai mercati regolamentati. Sono mercati la cui negoziazione si svolge al di fuori dei circuiti borsistici ufficiali.

Caratteristiche del mercato OTC

I mercati sono quindi il complesso delle operazioni di compravendita di titoli che non figurano nei listini di borsa, la cui funzionalità è organizzata da alcuni attori, e le cui caratteristiche dei contratti che vengono negoziati non sono standardizzate. Il NASDAQ è un esempio di mercato Over the Counter.

La quotazione nei mercati non regolamentati (OTC) avviene secondo il principio dell'incontro tra la domanda e l'offerta soltanto; perciò il loro valore cambia continuamente e in maniera decorrelata rispetto all'andamento delle Borse Mondiali.

I mercati OTC vengono utilizzati per le transazioni all'ingrosso tra intermediari istituzionali (modalità prevalente per le euro-obbligazioni). Le contrattazioni avvengono in maniera informale, attraverso conversazioni bilaterali tra le parti (domanda e offerta), in maniera telefonica o telematica. Particolarmente diffuso il modello di Alternative Trading System, offerto dagli stessi providers quali "Bloomberg", che consente all'operatore la creazione di una pagina telematica in cui inserire le proprie quotazioni per una serie di titoli; tali quotazioni possono essere visualizzate ed "applicate" da qualsiasi altro utente "Bloomberg"; l'applicazione è l'atto che indica la propria volontà negoziale e deve essere accettata dal proponente; a seguito dell'accettazione il sistema invia una conferma telematica con tutti i dettagli della transazione conclusa. A differenza dei mercati regolamentati (ad es., MTS, MOT...), tale mercato si differenzia sotto vari profili:

NO ammissione formale dei titoli al mercato; NO obblighi di "market making" a carico degli intermediari negoziatori; NO "book" di negoziazione in cui vengono raccolti ed abbinati automaticamente gli ordini

di acquisto e di vendita; NO controlli a livello di negoziazioni; NO oneri informativi a carico degli emittenti dei titoli

Non sono da non confondere i mercati OTC con le vendite al dettaglio da parte delle banche ai risparmiatori, attraverso la loro rete di sportelli, che rappresentano "Sistemi di Scambio Organizzati" (SSO).

Sistemi di scambio elettronici OTC

OTC Bulletin Board: è stato creato nel 1990 per dare un minimo di trasparenza agli scambi OTC, L'OTCBB è un sistema elettronico di scambio per titoli non scambiati sui mercati ufficiali. Su questo tipo si sistema di scambi sono presenti oltre 3000 titoli con oltre 300 market makers

Pink Sheets ha origini nel 1904 con la pubblicazione di dati sullo scambio di titoli al di fuori del mercato, nel 1999 Pink Sheets diventa un sistema di scambio elettronico, dove negli stati uniti vengono scambiati titoli quotati regolarmente nei loro paesi di origini.

Entrambi i sistemi hanno la caratteristica di avere volatilità e rischio elevate.

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Origini del nome

L'etimologia "Over the Counter" sembra risalire all'espressione adottata nelle farmacie per i prodotti da bancone ("sul bancone"), per i quali non è necessaria la prescrizione del medico e i cui prezzi non sono controllati.

Secondo altre fonti, invece, "Over the Counter" nasce nella Borsa di Chicago, che aveva un grande orologio nella sala delle contrattazioni; chiuso il mercato gli operatori andavano in una sala sopra l'orologio per proseguire gli scambi (Counter inteso come contatore, e quindi orologio), ovvero le contrattazioni proseguivano chiusa la borsa sui banconi dei bar vicini alle sale di scambio ufficiali, over the counter letteralmente infatti significa sopra il bancone.

L'origine dell'espressione è perciò controversa. Tuttavia oggi spesso il mercato OTC viene indicato come "quarto mercato".

Private equity

Il private equity è un'attività finanziaria mediante la quale un investitore istituzionale rileva quote di una società, sia acquisendo le azioni, sia apportando nuovi capitali all'interno di una società (target). Le società target possono anche essere quotate in borsa, ed in questo caso il Leveraged buyout sarà di tipo "ostile". Per poter essere economicamente attraente per un LBO, le società target devono presentare un'elevata capacità di generare flussi di cassa costanti e altamente prevedibili, ovvero importanti tassi di crescita potenziale. L'investitore si propone di disinvestire nel medio-lungo termine realizzando una plusvalenza dalla vendita della partecipazione azionaria.

Gli investimenti in private equity raggruppano un ampio spettro di operazioni, in funzione sia della fase nel ciclo di vita aziendale che l'azienda target attraversa durante l'operazione di private equity, sia della tecnica di investimento usata.

Fasi di sviluppo

Seed capital o Angel Investing - investimenti in fase di start-up e senza fatturato Venture capital - investimenti in società avviate, ma con flussi di cassa negativi e grandi

potenzialità di crescita e fabbisogni di cassa per finanziare il lancio dei prodotti o sviluppare il mercato

Development Capital - investimenti in società avviate, con flussi di cassa positivi in rapida crescita con fabbisogni di cassa legati allo sviluppo del mercato

Management Buyout (MBO) - Management Buyin (MBI) - società medio/grandi dove il management assume un ruolo di imprenditore rilevando assieme ad un Fondo di private equity l'azienda. Si chiamano MBO quelli in cui il management dell'azienda compra e MBI quelli in cui sono manager esterni all'azienda che comprano.

Special Situation o fondi di Turnaround - investimenti in aziende in crisi. Si suddividono in Turnaround Operativi e Turnaround Finanziari

Technicality

Leveraged buyout (LBO) - Investimenti di MBO/MBI in cui viene usata come technicality una grande quantità di debito per acquistare la società dove in taluni casi l'azienda viene venduta a pezzi per ripagare il debito (i break up)

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Going Private - Investimenti in Aziende quotate per cui l'investitore di private equity vede un valore nel ritirare l'azienda dal mercato, sistemarla e rifocalizzarla e poi cederla con profitto.

Mezzanine Capital - Investimento sotto forma di Debito non garantito con un rendimento extra legato alla profittabilità dell'investimento (l'equity kicker)

Fondi di private equity - Investono in Fondi di private equity

Private equity firms

Generalmente, i fondi di private equity sono strutturati con particolari architetture societarie specializzate. In America si usano le Limited Partnership, simili alla Società in accomandita per azioni della disciplina italiana. In Italia possono operare sia con strumenti quali le Società Gestione Risparmio (SGR) sia tramite fondi "esteri" (basati in paesi con trattamenti fiscali particolari quali Lussemburgo, Belgio, Olanda, o le Channel Islands inglesi e molte altre).

I General partners di un fondo ottengono i fondi da Investitori Istituzionali che formalizzano il loro investimento diventando dei limited partners, ovvero senza responsabilità oltre a quanto versato. I General partners invece sono responsabili in solido per le attività dei fondi. Quando i General partner identificano un investimento idoneo alle finalità del Fondo, svolgono una serie di analisi e strutturano un processo di due diligence sull'azienda. Al buon esito della Due Diligence i General Partners "chiamano" quote di capitale dagli investitori (le Capital Call) e ciascun investitore la sottoscrive pro-quota.

Tutte le decisioni di investimento, gestione e dismissione sono gestite dai General Partners a volte raccolti assieme agli investitori principali nei Consigli di Amministrazione del Fondo. L'insieme degli investimenti di un fondo di private equity si definisce Investment Portfolio.

Elementi tecnici

Un fondo di private equity ha una vita predefinita (tra i 5 e i 30 anni, sul mercato la media è 10-12). I Fondi di Fondi possono arrivare a 15 anni.

Un fondo generalmente compie dai 7 ai 25 investimenti nell'arco della propria vita in funzione della dimensione delle aziende in cui investe. Con meno di 7 investimenti è molto alto il rischio che uno di essi vada male e influisca negativamente sul rendimento di tutto il fondo. Al crescere del numero degli investimenti, cresce la dimensione della squadra di gestione e di conseguenza la dimensione del fondo.

La vita del fondo si divide in "investment period" (per massimo 3 anni) in cui il fondo può fare investimenti e effettuare le capital calls e "disinvestment period", dove non può più fare investimenti e deve gestire le società per realizzare i valori attesi.

Il fondo è spesso gestito da una Società di Gestione del risparmio (sgr, è l'unico intermediario abilitato alla creazione e gestione del fondo) di proprietà dei Partner e degli Sponsor del fondo. La Management Company viene remunerata con:

management fee annuali, stabilite all'inizio sull'ammontare del fondo gestito ed in seguito sull'effettivo capitale investito: la fee è compresa tra il 2.5% dei piccoli fondi e il 1.25% dei mega fondi internazionali

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commissione di performance (chiamata tecnicamente carried interest) in funzione dei Capital gain per gli investitori generati dal fondo. Tradizionalmente il Carried Interest è del 20% ma ce ne sono stati di più alti e più bassi. Il Carried Interest si calcola "cash on cash" ovvero viene pagato solo se gli investitori hanno ricevuto per intero il capitale versato nel periodo di investimento nella vita del fondo e non operazione per operazione. Il carried interst viene calcolato sulla quota di rendimento che supera quello minimo garantito dalla SGR chiamato "hurdle rate". Se l'hurdle rate non viene raggiunto non ci sarà carried interest per la sgr. I General Partners quindi vivono con l'attesa dei guadagni.

Ritorni

Storicamente negli anni novanta il CMBO Center di Oxford ha registrato ritorni dei fondi di private equity oltre il 30% su base annua. Nei primi anni 2000 il ritorno medio degli investimenti di private equity si era abbassato tra il 28%-30%. Nel 2004 il ritorno atteso dei fondi di private equity si è attestato tra il 17% e il 20%.

Le grandi differenze si osservano nella varianza dei ritorni, dove la differenza tra il primo quartile e l'ultimo quartile può essere di 4000 basis point.

Tasso di sconto

Il Tasso Ufficiale di Sconto (TUS) è il tasso con cui la Banca centrale concede prestiti alle altre banche.

Esso è il termometro del mercato finanziario perché sulla sua base vengono determinati il tasso d'interesse, applicato dalle banche ai propri clienti, e il tasso interbancario, tasso che si applica ai prestiti fra le banche.

Quando il tasso ufficiale di sconto aumenta, si è in presenza di una stretta creditizia cioè di una tendenza atta a ridurre i crediti, in conseguenza dell'aumento del costo del denaro. Quando, invece, la Banca Centrale tende a ridurre il costo del denaro, si avrà una tendenza all' aumento dei consumi e investimenti, in conseguenza del minor costo del denaro.

A partire da gennaio 1999 il Tasso Ufficiale di Riferimento (TUR) sostituisce il tasso ufficiale di sconto (TUS), fissato dalla Banca d'Italia ed applicato nelle sue operazioni di rifinanziamento nei confronti del sistema bancario.

Il tasso sostituisce a tutti gli effetti il tasso ufficiale di sconto, gestito fino al 31 dicembre 1998 dalla Banca d'Italia.

Fino al 31 dicembre 2003 la Banca d'Italia ha determinato il "tasso ufficiale di riferimento", ai fini dell'applicazione agli strumenti giuridici che vi facciano rinvio quale parametro di riferimento. La determinazione è avvenuta sulla base del tasso, fissato periodicamente dal Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea, applicato alle operazioni di rifinanziamento principali dell'Eurosistema: tasso fisso ovvero tasso minimo di partecipazione per le operazioni a tasso variabile.

A partire dal 1º gennaio 2004, decorso il termine di cinque anni dal 1º gennaio 1999, la Banca d'Italia non ha più determinato il "tasso ufficiale di riferimento". I tassi utilizzati come base per la

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determinazione del "tasso ufficiale di riferimento" sono disponibili sul sito web della BCE Sito BCEe sul sito della Banca d'Italia Sito Banca d'Italia.

Oggi (autunno 2009) nell'area euro il tasso di sconto è all'1%, il minimo storico. Il valore massimo è stato 4,75% dall'ottobre 2000 al maggio 2001.

TARP - Troubled Asset Relief Program

The Troubled Asset Relief Program (TARP) is a program of the United States government to purchase assets and equity from financial institutions to strengthen its financial sector. It is the largest component of the government's measures in 2008 to address the subprime mortgage crisis.

Purpose

TARP allows the United States Department of the Treasury to purchase or insure up to $700 billion of "troubled" assets. "Troubled assets" are defined as "(A) residential or commercial mortgages and any securities, obligations, or other instruments that are based on or related to such mortgages, that in each case was originated or issued on or before March 14, 2008, the purchase of which the Secretary determines promotes financial market stability; and (B) any other financial instrument that the Secretary, after consultation with the Chairman of the Board of Governors of the Federal Reserve System, determines the purchase of which is necessary to promote financial market stability, but only upon transmittal of such determination, in writing, to the appropriate committees of Congress."

In short, this allows the Treasury to purchase illiquid, difficult-to-value assets from banks and other financial institutions. The targeted assets can be collateralized debt obligations, which were sold in a booming market until 2007 when they were hit by widespread foreclosures on the underlying loans. TARP is intended to improve the liquidity of these assets by purchasing them using secondary market mechanisms, thus allowing participating institutions to stabilize their balance sheets and avoid further losses.

TARP does not allow banks to recoup losses already incurred on troubled assets, but officials hope that once trading of these assets resumes, their prices will stabilize and ultimately increase in value, resulting in gains to both participating banks and the Treasury itself. The concept of future gains from troubled assets comes from the hypothesis in the financial industry that these assets are oversold, as only a small percentage of all mortgages are in default, while the relative fall in prices represents losses from a much higher default rate.

The Act requires financial institutions selling assets to TARP to issue equity warrants (a type of security that entitles its holder to purchase shares in the company issuing the security for a specific price), or equity or senior debt securities (for non-publicly listed companies) to the Treasury. In the case of warrants, the Treasury will only receive warrants for non-voting shares, or will agree not to vote the stock. This measure is designed to protect taxpayers by giving the Treasury the possibility of profiting through its new ownership stakes in these institutions. Ideally, if the financial institutions benefit from government assistance and recover their former strength, the government will also be able to profit from their recovery.

Another important goal of TARP is to encourage banks to resume lending again at levels seen before the crisis, both to each other and to consumers and businesses. If TARP can stabilize bank capital ratios, it should theoretically allow them to increase lending instead of hoarding cash to cushion against future unforeseen losses from troubled assets. Increased lending equates to

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"loosening" of credit, which the government hopes will restore order to the financial markets and improve investor confidence in financial institutions and the markets. As banks gain increased lending confidence, the interbank lending interest rates (the rates at which the banks lend to each other on a short term basis) should decrease, further facilitating lending.

The TARP will operate as a “revolving purchase facility.” The Treasury will have a set spending limit, $250 billion at the start of the program, with which it will purchase the assets and then either sell them or hold the assets and collect the 'coupons'. The money received from sales and coupons will go back into the pool, facilitating the purchase of more assets. The initial $250 billion can be increased to $350 billion upon the President’s certification to Congress that such an increase is necessary. The remaining $350 billion may be released to the Treasury upon a written report to Congress from the Treasury with details of its plan for the money. Congress then has 15 days to vote to disapprove the increase before the money will be automatically released.. The first $350 billion was released on October 3, 2008, and Congress voted to approve the release of the second $350 billion on January 15, 2009. One way that TARP money is being spent is to support the "Making Homes Affordable" plan, which was implemented on March 4, 2009, using TARP money by the Department of Treasury. Because "at risk" mortgages are defined as "troubled assets" under TARP, the Treasury has the power to implement the plan. Generally, it provides refinancing for mortgages held by Fannie Mae or Freddie Mac. Privately held mortgages will be eligible for other incentives, including a favorable loan modification for five years.

The authority of the United States Department of the Treasury to establish and manage TARP under a newly created Office of Financial Stability became law October 3, 2008, the result of an initial proposal that ultimately was passed by Congress as H.R. 1424, enacting the Emergency Economic Stabilization Act of 2008 and several other acts.

Timeline of changes to the initial program

On October 14, 2008, Secretary of the Treasury Paulson and President Bush separately announced revisions in the TARP program. The Treasury announced their intention to buy senior preferred stock and warrants in the nine largest American banks. The shares would qualify as Tier 1 capital and were non-voting shares. To qualify for this program, the Treasury required participating institutions to meet certain criteria, including: "(1) ensuring that incentive compensation for senior executives does not encourage unnecessary and excessive risks that threaten the value of the financial institution; (2) required clawback of any bonus or incentive compensation paid to a senior executive based on statements of earnings, gains or other criteria that are later proven to be materially inaccurate; (3) prohibition on the financial institution from making any golden parachute payment to a senior executive based on the Internal Revenue Code provision; and (4) agreement not to deduct for tax purposes executive compensation in excess of $500,000 for each senior executive. The Treasury also bought preferred stock and warrants from hundreds of smaller banks, using the first $250 billion dollars allotted to the program.

The first allocation of the TARP money was primarily used to buy preferred stock, which is similar to debt in that it gets paid before common equity shareholders. This has led some economists to argue that the plan may be ineffective in inducing banks to lend efficiently.

In the original plan presented by Secretary Paulson, the government would buy troubled (toxic) assets in insolvent banks and then sell them at auction to private investor and/or companies. This plan was scratched when Paulson met with England's Prime Minister Gordon Brown who came to

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the White House for an international summit on the global credit crisis. Prime Minister Brown, in an attempt to mitigate the credit squeeze in England, merely infused capital into banks via preferred stock in order to clean up their balance sheets and, in some economists' view, effectively nationalizing many banks. This plan seemed attractive to Secretary Paulson in that it was relatively easier and seemingly boosted lending more quickly. The first half of the asset purchases may not be effective in getting banks to lend again because they were reluctant to risk lending as before with low lending standards. To make matters worse, overnight lending to other banks came to a relative hault because banks did not trust each other to be prudent with their money.

On November 12, 2008, Secretary of the Treasury Henry Paulson indicated that reviving the securitization market for consumer credit would be a new priority in the second allotment.

On December 19, 2008, President Bush used his executive authority to declare that TARP funds may be spent on any program he personally deems necessary to avert the financial crisis, and declared Section 102 to be nonbinding. This has allowed President Bush to extend the use of TARP funds to support the auto industry, a move supported by the United Auto Workers.

On January 15, 2009, the Treasury issued interim final rules for reporting and record keeping requirements under the executive compensation standards of the CPP.

On January 21, 2009, the Treasury announced new regulations regarding disclosure and mitigation of conflicts of interest in its TARP contracting.

On February 5, 2009, the Senate approved changes to the TARP that prohibit firms receiving TARP funds from paying bonuses to their 25 highest-paid employees. The amendment was proposed by Christopher Dodd of Connecticut as an amendment to the $900 billion economic stimulus act yet to be passed.

On February 10, 2009, the newly confirmed Secretary of the Treasury Timothy Geithner outlined his plan to use the $300 billion or so dollars remaining in the TARP funds. He intended to use $50 billion for foreclosure mitigation and use the rest to help fund private investors to buy toxic assets from banks. Nevertheless, this highly anticipated speech coincided with a nearly 5 percent drop in the S&P 500 and was criticized for being short on details.

On March 23, 2009, U.S. Treasury Secretary Timothy Geithner announced a Public-Private Investment Program (P-PIP) to buy toxic assets from banks' balance sheets. The major stock market indexes in the United States rallied on the day of the announcement rising by over six percent with the shares of bank stocks leading the way. P-PIP has two primary programs. The Legacy Loans Program will attempt to buy residential loans from bank's balance sheets. The FDIC will provide non-recourse loan guarantees for up to 85 percent of the purchase price of legacy loans. Private sector asset managers and the U.S. Treasury will provide the remaining assets. The second program is called the legacy securities program, which will buy mortgage backed securities (RMBS) that were originally rated AAA and commercial mortgage-backed securities (CMBS) and asset-backed securities (ABS) which are rated AAA. The funds will come in many instances in equal parts from the U.S. Treasury's Troubled Asset Relief Program monies, private investors, and from loans from the Federal Reserve's Term Asset Lending Facility (TALF). The initial size of the Public Private Investment Partnership is projected to be $500 billion. Economist and Nobel Prize winner Paul Krugman has been very critical of this program arguing the non-recourse loans lead to a hidden subsidy that will be split by asset managers, banks' shareholders and creditors. Banking analyst Meridith Whitney argues that banks will not sell bad assets at fair market values because they are reluctant to take asset write downs. Removing toxic assets would also reduce the volatility

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of banks' stock prices. Because stock is a call option on a firm's assets, this lost volatility will hurt the stock price of distressed banks. Therefore, such banks will only sell toxic assets at above market prices.

On April 19, the Obama administration outlined the conversion of Banks Bailouts to Equity Share.

Administrative structure

The program is run by the Treasury's new Office of Financial Stability. According to a speech made by Neel Kashkari, the fund will be split into the following administrative units:

1. Mortgage-backed securities purchase program: This team is identifying which troubled assets to purchase, from whom to buy them and which purchase mechanism will best meet our policy objectives. Here, we are designing the detailed auction protocols and will work with vendors to implement the program.

2. Whole loan purchase program: Regional banks are particularly clogged with whole residential mortgage loans. This team is working with bank regulators to identify which types of loans to purchase first, how to value them, and which purchase mechanism will best meet our policy objectives.

3. Insurance program: We are establishing a program to insure troubled assets. We have several innovative ideas on how to structure this program, including how to insure mortgage-backed securities as well as whole loans. At the same time, we recognize that there are likely other good ideas out there that we could benefit from. Accordingly, on Friday we submitted to the Federal Register a public Request for Comment to solicit the best ideas on structuring options. We are requiring responses within fourteen days so we can consider them quickly, and begin designing the program.

4. Equity purchase program: We are designing a standardized program to purchase equity in a broad array of financial institutions. As with the other programs, the equity purchase program will be voluntary and designed with attractive terms to encourage participation from healthy institutions. It will also encourage firms to raise new private capital to complement public capital.

5. Homeownership preservation: When we purchase mortgages and mortgage-backed securities, we will look for every opportunity possible to help homeowners. This goal is consistent with other programs - such as HOPE NOW - aimed at working with borrowers, counselors and servicers to keep people in their homes. In this case, we are working with the Department of Housing and Urban Development to maximize these opportunities to help as many homeowners as possible, while also protecting taxpayers.

6. Executive compensation : The law sets out important requirements regarding executive compensation for firms that participate in the TARP. This team is working hard to define the requirements for financial institutions to participate in three possible scenarios: One, an auction purchase of troubled assets; two, a broad equity or direct purchase program; and three, a case of an intervention to prevent the impending failure of a systemically significant institution.

7. Compliance : The law establishes important oversight and compliance structures, including establishing an Oversight Board, on-site participation of the General Accounting Office and the creation of a Special Inspector General, with thorough reporting requirements. We welcome this oversight and have a team focused on making sure we get it right.

Eric Thorson is the Inspector General of the US Department of the Treasury and currently is responsible for the oversight of the TARP but has expressed concerns about the difficulty of properly overseeing the complex program in addition to his regular responsibilities. Thorson called oversight of TARP a "mess" and later clarified this to say "The word 'mess' was a description of the difficulty my office would have in providing the proper level of oversight of the TARP while handling its growing workload, including conducting audits of certain failed banks and thrifts at the same time that efforts are underway to nominate a special inspector general." As of November 2008, Neil Barofsky has been nominated as the Special Treasury Department Inspector General

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with the express role of overseeing the TARP. Barofsky is undergoing senate confirmation hearings from the Senate Finance Committee. The Treasury has retained the law firms of Squire, Sanders & Dempsey and Hughes, Hubbard & Reed to assist in the administration of the program. Accounting and internal controls support services have been contracted from PricewaterhouseCoopers and Ernst and Young under the Federal Supply Schedule.

Participation criteria

The Act’s criteria for participation are very unclear. It states that “financial institutions” will be included in TARP if they are “established and regulated” under the laws of the United States and if they have “significant operations” in the United States. The Treasury will need to define what institutions will be included under the term “financial institution” and what will constitute “significant operations.” Companies that sell their bad assets to the government must provide warrants so that taxpayers will benefit from future growth of the companies. Certain institutions seem to be guaranteed participation. These include: U.S. banks, U.S. branches of a foreign bank, U.S. savings banks or credit unions, U.S. broker-dealers, U.S. insurance companies, U.S. mutual funds or other U.S. registered investment companies, tax-qualified U.S. employee retirement plans, and bank holding companies.

The President is to submit a law to cover taxpayer losses on the fund, using "a small, broad-based fee on all financial institutions." To participate in the bailout program, "...companies will lose certain tax benefits and, in some cases, must limit executive pay. In addition, the bill limits 'golden parachutes' and requires that unearned bonuses be returned." The fund has an Oversight Board so that the U.S. Treasury cannot act in an arbitrary manner. There is also an inspector general to protect against waste, fraud and abuse.

CAMELS ratings (US supervisory ratings used to classify the nation’s 8,500 banks) are being used by the United States government in response to the global financial crisis of 2008 to help it decide which banks to provide special help for and which to not as part of its capitalization program authorized by the Emergency Economic Stabilization Act of 2008. It is being used to classify the nation’s 8,500 banks into five categories, where a ranking of 1 means they are most likely to be helped and a 5 most likely to not be helped. Regulators are applying a short list of criteria based on a secret ratings system they use to gauge this.

The New York Times states: "The criteria being used to choose who gets money appears to be setting the stage for consolidation in the industry by favoring those most likely to survive" because the criteria appears to favor the financially best off banks and banks too big to let fail. Some lawmakers are upset that the capitalization program will end up culling banks in their districts. However, the Wall Street Journal suggested that some lawmakers are actively using TARP to funnel money to weak regional banks in their districts.

Known aspects of the capitalization program "suggest that the government may be loosely defining what constitutes healthy institutions. [... Banks] that have been profitable over the last year are the most likely to receive capital. Banks that have lost money over the last year, however, must pass additional tests. [...] They are also asking if a bank has enough capital and reserves to withstand severe losses to its construction loan portfolio, nonperforming loans and other troubled assets." Some banks received capital with the understanding the banks would try to find a merger partner. To receive capital under the program banks are also "required to provide a specific business plan for the next two or three years and explain how they plan to deploy the capital."

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Whether hedge funds, as virtually unregulated institutions, will be included depends on the discretion of the Treasury, but it seems unlikely. Hedge funds (partnerships in which experienced investors pool their money to make complex, and often risky, investments using advanced investment strategies) have recently become politically unpopular in the U.S. as a result of their perceived role in creating the crisis. This perception of hedge funds makes it difficult for the Treasury to allow them to participate in a taxpayer-funded bailout program.

Eligible assets and asset valuation

TARP allows the Treasury to purchase both “troubled assets” and any other asset the purchase of which the Treasury determines is “necessary” to further economic stability. Troubled assets include real estate and mortgage-related assets and securities based on those assets. This includes both the mortgages themselves and the various financial instruments created by pooling groups of mortgages into one security to be bought on the market. This category probably includes foreclosed properties as well.

Real estate and mortgage-related assets (and securities based on those kinds of assets) are eligible if they originated (that is, were created) or were issued on or before March 14, 2008, the date of the Bear Stearns bailout.

One of the most difficult issues facing the Treasury in managing TARP is the pricing of the troubled assets. The Treasury must find a way to price extremely complex and sometimes unwieldy instruments for which a market does not exist. In addition, the pricing must strike a balance between efficiently using public funds provided by the taxpayer and providing adequate assistance to the financial institutions that need it.

The Act encourages the Treasury to design a program using market mechanisms to the extent possible. This has led to the expectation that the Treasury will use a “reverse auction” mechanism to price assets. A reverse auction means that bidders (that is, the potential sellers of the troubled assets) will place bids with the Treasury for the right to sell a specified type of assets. The sale price will be the lowest price at which the bid will provide the required quantity of the item. Theoretically, the system creates a market price because the bidders will want to sell at the highest price they can get, but they also want to be able to make a sale, so they must set a low enough price to be competitive. The Treasury is required to publish its methods for pricing, purchasing, and valuing troubled assets no later than two days after the purchase of their first asset.

The Congressional Budget Office (CBO) uses procedures similar to those specified in the Federal Credit Reform Act (FCRA) to value assets purchased under the TARP.

In a report dated February 6, 2009, the Congressional Oversight Panel concluded that the Treasury paid substantially more for the assets it purchased under the TARP than their then-current market value. The COP found the Treasury paid $254 billion, for which it received assets worth approximately $176 billion, for a shortfall of $78 billion. The COP's valuation analysis assumed that “securities similar to those issued under the TARP were trading in the capital markets at fair values” and employed multiple approaches to cross-check and validate the results. The value was estimated for each security as of the time immediately following the announcement by Treasury of its purchase. For example, the COP found that the Treasury bought $25 billion of assets from Citigroup on 10/14/08, however, the actual value was estimated to be $15.5, creating a 38% (or $9.5 billion) subsidy.

Protection of taxpayer investment

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1. Equity stakes 1. The Act requires financial institutions selling assets to TARP to issue equity

warrants (a type of security that entitles its holder to purchase shares in the company issuing the security for a specific price), or equity or senior debt securities (for non-publicly listed companies) to the Treasury. In the case of warrants, the Treasury will only receive warrants for non-voting shares, or will agree not to vote the stock. This measure is designed to protect taxpayers by giving the Treasury the possibility of profiting through its new ownership stakes in these institutions. Ideally, if the financial institutions benefit from government assistance and recover their former strength, the government will also be able to profit from their recovery.

2. Limits on executive compensation 1. The Act sets some new limits on the compensation of the five highest-paid

executives at companies that elect to participate significantly in TARP. The Act treats companies that participate through the auction process differently from those that participate through direct sale (that is, without a bidding process).

1. Companies who sell more than $300 million in assets through an auction process are prohibited from signing new “golden parachute” contracts (employment contracts that provide for large payments upon termination) with any future executives. It will also place a $500,000 limit on annual tax deductions for payment of each executive, as well as a deduction limit on severance benefits for any golden parachutes already in place.

2. Companies in which the Treasury acquires equity because of direct purchases must meet tougher standards to be established by the Treasury. These standards will require the companies to eliminate compensation structures that encourage “unnecessary and excessive” risk-taking by executives, provide for claw-back (forced repayment of bonuses in the event of a post-payment determination that the bonuses were paid on the basis of false data) of bonuses already paid to senior executives based on financial statements later proven to be inaccurate, and prohibit payment of previously established golden parachutes.

3. Recoupment 1. This provision was a big factor in the eventual passage of the EESA. It gives the

taxpayer the opportunity to “be repaid.” The recoupment provision requires the Director of the Office of Management and Budget to submit a report on TARP’s financial status to Congress five years after its enactment. If TARP has not been able to recoup its outlays through the sale of the assets, the Act requires the President to submit a plan to Congress to recoup the losses from the financial industry. Theoretically, this prevents TARP from adding to the national debt. The use of the term “financial industry” in the provision leaves open the possibility that such a plan would involve the entire financial sector rather than only those institutions that availed themselves of TARP.

4. Disclosure and Transparency 1. Though the Treasury will ultimately determine the type and extent of disclosure

required for participation in the TARP, it is clear that these requirements will be extensive, particularly with respect to any asset acquired by TARP. It seems certain that institutions who participate in TARP will have to publicly disclose information pertaining to their participation, including the amount of assets they sold to TARP, what type of assets were sold, and at what price. More extensive disclosure may be required at the discretion of the Treasury.

2. The Act also seems to give a broad mandate to the Treasury to determine, for each “type” of institution that sells assets to TARP, whether the current disclosure and

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transparency requirements on the sources of the institution’s exposure (such as off-balance sheet transactions, derivative instruments, and contingent liabilities) are adequate. If the Treasury finds that a particular institution has not provided sufficient disclosures, it has the power to make recommendations for new disclosure requirements to the institution’s regulators, which will probably include foreign-government regulators for those foreign financial institutions that have “significant operations” in the United States.

5. Judicial Review of Treasury Actions 1. The Act provides for judicial review of the actions taken by the Treasury under the

EESA. In other words, the Treasury may be taken to court for actions it took pursuant to the Act. Specifically, Treasury actions may be held unlawful if they involve an abuse of discretion, or are found to be “arbitrary, capricious . . . or not in accordance with law.” However, a financial institution that sells assets to TARP is not allowed to challenge the Treasury’s actions with respect to its specific participation in TARP.

Expenditures and commitments

As of February 9, 2009, $388 billion had been allotted, and $296 billion spent, according to the Committee for a Responsible Federal Budget. Among the money committed, includes:

$250 billion to purchase bank equity shares through the Capital Purchase Program ($195 billion spent);

$40 billion to purchase preferred shares of American International Group (AIG), then among the top 10 US companies, through the program for Systemically Significant Failing Institutions ($40 billion spent);

$20 billion to back any losses that the Federal Reserve Bank of New York might incur under the Term Asset-Backed Securities Loan Facility (none spent);

$40 billion in stock purchases of Citigroup and Bank of America ($20 billion each) through the Targeted Investment Program ($40 billion spent)

$12.5 billion in loan guarantees for Citigroup ($5 billion) and Bank of America ($7.5 billion) through the Asset Guarantee Program (none spent);

$25 billion in loans to automakers and their financing arms through the Automotive Industry Financing Program ($21 billion spent)

The Congressional Budget Office released a report in January 2009 reviewing the transactions enacted through the TARP. The CBO found that through December 31, 2008, transactions under the TARP totaled $247 billion. According to the CBO's report, the Treasury had purchased $178 billion in shares of preferred stock and warrants from 214 U.S. financial institutions through its Capital Purchase Program (CPP). This included the purchase of $40 billion of preferred stock in AIG, $25 billion of preferred stock in Citigroup, and $15 billion of preferred stock in Bank of America. The Treasury also agreed to lend $18.4 billion to General Motors and Chrysler. The Treasury, along with the FDIC and the Federal Reserve, has also agreed to guarantee a $306 billion portfolio of assets owned by Citigroup.

The CBO also estimated the subsidy cost for transactions under TARP. The subsidy cost is defined as, broadly speaking, the difference between what the Treasury paid for the investments or lent to the firms and the market value of those transactions, where the assets in question were valued using procedures similar to those specified in the Federal Credit Reform Act (FCRA), but adjusting for market risk as specified in the EESA. The CBO estimated that the subsidy cost of the $247 billion in transactions before December 31, 2008 amounts to $64 billion. An updated analysis from the

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Committee for a Responsible Federal Budget estimates a budgetary impact of $80 billion for all TARP spending as of 02/3/09.

Participants

The banks agreeing to receive preferred stock investments from the Treasury include Goldman Sachs Group Inc., Morgan Stanley, J.P. Morgan Chase & Co., Bank of America Corp. (including Merrill Lynch), Citigroup Inc., Wells Fargo & Co., Bank of New York Mellon and State Street Corp. The Bank of New York Mellon is to serve as master custodian overseeing the fund.

As of 2009, the U.S. Treasury has not yet released an official list of TARP recipients (though it periodically announces recipients in batches). News organizations ProPublica and the New York Times have kept lists of the recipients based on Treasury and individual institution announcements. Beneficiaries of TARP include:

CompanyPreferred Stock

purchased (millions USD)

Assets guaranteed (millions USD) Additional details

Citigroup $50,000 $306,000 Two allocations: $25,000 on October 28, 2008

Bank of America $45,000 $118,000Two allocations: $25,000 on October 28, 2008 and $20,000 in Jan 2009

AIG (American International Group) $40,000

JPMorgan Chase $25,000 October 28, 2008

Wells Fargo $25,000 October 28, 2008

General Motors $13,400

Goldman Sachs $10,000 October 28, 2008

Morgan Stanley $10,000

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PNC Financial Services Group $7,579

Bought longtime rival National City Corp. within hours of receiving TARP money.

U.S. Bancorp $6,600

GMAC Financial Services $5,000

Chrysler $4,000

Capital One Financial $3,555

Regions Financial Corporation $3,500

American Express $3,389

Bank of New York Mellon Corp $2,000 to $3,000

State Street Corporation $2,000 to $3,000

Discover Financial $1,230]

Of these banks, JPMorgan Chase & Co., Morgan Stanley, American Express Co., Goldman Sachs Group Inc., U.S. Bancorp, Capital One Financial Corp., Bank of New York Mellon Corp., State Street Corp. and BB&T Corp have repaid TARP money.

City Fund - Cities also asked Paulson to set up a $50 billion fund to rebuild infrastructure. The fund would consist of $25 billion in grant money for cities that are unwilling or unable to take on debt, and another $25 billion for loans to cities at an interest rate of 50 basis points above that of 30-year Treasury bonds.

Similar historical federal banking programs

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The nearest parallel action the federal government has taken was in investments made by the Reconstruction Finance Corporation (RFC) in the 1930s. The RFC, an agency chartered during the Herbert Hoover administration in 1932, made loans to distressed banks and bought stock in 6,000 banks, totalling $1.3 billion. "A similar effort these days, in proportion to today’s economy, would be about $200 billion." When the economy had stabilized, the government sold its bank stock to private investors or the banks, and is estimated to have received approximately the same amount previously invested.

In 1984, the government took an 80% stake in the nation’s then seventh-largest bank Continental Illinois Bank and Trust. Continental Illinois made loans to oil drillers and service companies in Oklahoma and Texas. The government was estimated to have lost $1 billion because of bad loans purchased as part of Continental Illinois, which ultimately became part of Bank of America.

Controversies

The effects of the TARP have been widely debated in large part because the purpose of the fund is not easily understood. For example, a review of investor presentations and conference calls by executives of some two dozen US-based banks by the New York Times found that "few [banks] cited lending as a priority. Further, an overwhelming majority saw the program as a no-strings-attached windfall that could be used to pay down debt, acquire other businesses or invest for the future." The article cited several bank chairmen as stating that they had no intention of changing their lending practices to "accommodate the needs of the public sector" and that they viewed the money as available for strategic acquisitions in the future. Nonetheless, it achieved its primary purpose of providing liquidity in response to the global financial crisis of 2008–2009.

Moreover, while TARP funds have been provided to bank holding companies, those holding companies have only used a fraction of such funds to recapitalize their bank subsidiaries.]

Many analysts have speculated that TARP funds could be used by stronger banks to buy weaker ones. This was proven true when on October 24, 2008, PNC Financial Services received $7.7 billion in TARP funds, then only hours later agreed to buy National City Corp. for $5.58 billion, an amount that was considered a bargain. Despite ongoing speculation that more TARP funds could be used in a Darwinism-like way by the stronger banks, as of September 2009 none since the PNC-National City deal has occurred.

The Congressional Oversight Panel created to oversee the TARP concluded on January 9, 2009: "In particular, the Panel sees no evidence that the U.S. Treasury has used TARP funds to support the housing market by avoiding preventable foreclosures". The panel also concluded that "Although half the money has not yet been received by the banks, hundreds of billions of dollars have been injected into the marketplace with no demonstrable effects on lending."

Government officials overseeing the bailout have acknowledged difficulties in tracking the money and in measuring the bailout's effectiveness.

On February 5, 2009, Elizabeth Warren, chairperson of the Congressional Oversight Panel, told the Senate Banking Committee that during 2008, the federal government paid $254 billion for assets that were worth only $176 billion.

During 2008, the companies that received bailout money had spent $114 million on lobbying and campaign contributions. These companies received $295 billion in bailout money. Sheila Krumholz, executive director of The Center for Responsive Politics, said of this information, "Even in the best

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economic times, you won't find an investment with a greater payoff than what these companies have been getting."

Banks that received bailout money had paid their top executives nearly $1.6 billion in salaries, bonuses, and other benefits in 2007. Benefits included cash bonuses, stock options, personal use of company jets and chauffeurs, home security, country club memberships, and professional money management. Obama's administration has promised to set a $500,000 cap on executive pay at companies that receive bailout money, but the proposal would also allow banks to give unlimited amounts of stock to these same executives. Graef Crystal, a former compensation consultant and author of "The Crystal Report on Executive Compensation," claimed that the limits on executive pay were "a joke" and that "they’re just allowing companies to defer compensation."

A lawsuit has been filed which challenges the constitutionality of using TARP funds to pay for the Chrysler bailout. See Indiana State Police Pension Trust v. Chrysler for more information.

ABA's attempts to expunge the TARP warrants

By March 31, 2009 four banks out of over five hundred had returned their preferred stock obligations. None of the publicly traded banks had yet bought back their warrants owned by the U.S. Treasury by March 31, 2009. According to the terms of the U.S. Treasury's investment, the banks returning funds can either negotiate to buy back the warrants at fair market value, or the U.S. Treasury can sell the warrants to third party investors as soon as feasible. Warrants are call options that add to the number of shares of stock outstanding if they are exercised for a profit. The American Bankers Association (ABA) has lobbied congress to cancel the warrants owned by taxpayers, calling them an "onerous exit fee." Yet, if the Capital Purchase Program warrants of Goldman Sachs are representative, then the Capital Purchase Program warrants were worth between $5-to-$24 billion dollars as of May 1, 2009. Thus canceling the CPP warrants amounts to a $5-to-$24 billion dollar subsidy to the banking industry at taxpayers expense. While the ABA wants the CPP warrants to be written off by taxpayers, Goldman Sachs does not hold that view. A representative of Goldman Sachs was quoted as saying "We think that taxpayers should expect a decent return on their investment and look forward to being able to provide just that when we are permitted to return the TARP money."

Titolo tossico

Titolo tossico è un titolo di credito derivato dalla cartolarizzazione dei mutui e prestiti subprime e venduto dalle banche ai propri clienti (spesso fondi di investimento) come obbligazioni a basso rischio ma rivelatisi di scarsa qualità o dal valore completamente azzerato a causa dalla sottostima del rischio a cui esponevano questi strumenti finanziari, da parte degli operatori e delle agenzie di valutazione (c.d. agenzie di rating). Sono i protagonisti dell'attuale crisi finanziaria mondiale, la cui data d'inizio si può generalmente far risalire al fallimento della banca d'affari Lehman Brothers.

Il significato del termine tossico in finanza è in via di evoluzione, in quanto se agli albori della crisi subprime, nell'autunno del 2007, un titolo tossico era identificato come il bond di una cartolarizzazione con una struttura eccessivamente complessa, talmente complicata, opaca e carente di informazioni pubbliche da renderne la valutazione difficile e incerta, oggi a causa di una diffusa crisi di fiducia nel mercato e per paura di deprezzamenti per titolo tossico si è passati ad indicare qualsiasi cartolarizzazione, anche se garantita da asset di prima qualità. I prezzi sul

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mercato secondario dei prodotti strutturati e cartolarizzati sono crollati, avvalorando la tesi di una tossicità dilagante. Le vendite hanno travolto qualsiasi bond poco liquido, difficilmente rivendibile a un prezzo equo: da illiquido a tossico il passo è stato breve.