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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI Corso di laurea magistrale in Scienze della Comunicazione pubblica e sociale TITOLO DELLA TESI GLI EVENTI COME STRUMENTO STRATEGICO DI MARKETING TERRITORIALE Il Resto del Carlino come vetrina per le aziende che sanno comunicare Tesi di laurea in Comunicazione pubblica Relatore Prof.: Roberto Grandi Correlatore Prof.: Saveria Capecchi Presentata da: Giovanna De Filippo Sessione prima Anno accademico 2015-2016

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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA SCUOLA DI LETTERE E BENI

CULTURALI

Corso di laurea magistrale in

Scienze della Comunicazione pubblica e sociale

TITOLO DELLA TESI

GLI EVENTI COME STRUMENTO STRATEGICO DI MARKETING

TERRITORIALE

Il Resto del Carlino come vetrina per le aziende che sanno comunicare

Tesi di laurea in

Comunicazione pubblica

Relatore Prof.: Roberto Grandi

Correlatore Prof.: Saveria Capecchi

Presentata da: Giovanna De Filippo

Sessione

prima

Anno accademico

2015-2016

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GLI EVENTI COME STRUMENTO STRATEGICO DI

MARKETING TERRITORIALE

Il Resto del Carlino come vetrina per le aziende che sanno comunicare

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INDICE

Introduzione .................................................................................................... pag. 1

PARTE PRIMA

L’IMPORTANZA DELLA COMUNICAZIONE PER LE IMPRESE

Capitolo 1

In principio è la comunicazione ............................................................... pag. 5

1.1 Comunicazione e informazione: quali differenze? ......................................... pag. 8

1.2 I modi di comunicare nello scenario mediatico attuale: una breve storia ....... pag. 12

1.3 La stampa come sinonimo di comunicazione, informazione e libertà di

espressione nell’era di Internet ............................................................................... pag. 16

Capitolo 2

L’impresa dalla sua evoluzione alla cultura organizzativa ........... pag. 20

2.1 I fenomeni che l’hanno cambiata nel tempo .................................................... pag. 27

2.2 La cultura come presupposto di un’impresa vincente ..................................... pag. 33

Capitolo 3

I princìpi fondamentali dell’impresa ...................................................... pag. 37

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3.1 La mission ........................................................................................................ pag. 39

3.2 La vision ........................................................................................................... pag. 40

3.3 Il posizionamento ............................................................................................. pag. 41

3.4 Identità e immagine a confronto....................................................................... pag. 43

3.5 La comunicazione d’impresa come “vantaggio competitivo” ......................... pag. 48

PARTE SECONDA

GLI EVENTI PER FESTEGGIARE I 130 ANNI DE IL RESTO DEL

CARLINO

Capitolo 4

il Resto del Carlino, simbolo della città di Bologna

da 130 anni ....................................................................................................... pag. 52

4.1 1900: secolo di grandi cambiamenti per il Carlino .......................................... pag. 58

4.1.1 Si apre una nuova pagina aziendale con il Cavaliere del Lavoro

Attilio Monti ........................................................................................................... pag. 60

4.2 Monrif Group, il suo impero della carta e non solo ......................................... pag. 64

Capitolo 5

Le “iniziative speciali” per i 130 anni de il Resto del Carlino

secondo la regola delle 5W ......................................................................... pag. 73

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5.1 Il profilo lettore ................................................................................................ pag. 75

5.2 WHO? ............................................................................................................... pag. 77

5.3 WHAT? ............................................................................................................. pag. 80

5.4 WHERE? .......................................................................................................... pag. 89

5.5 WHEN? ............................................................................................................. pag. 90

5.6 WHY? ................................................................................................................ pag. 91

Capitolo 6

Le tavole rotonde a tema “L’economia locale: come creare

valore per il territorio” ...................................................................................... pag. 94

6.1 Keywords per organizzare le tavole rotonde .................................................... pag. 95

6.1.1 Le fasi della comunicazione .......................................................................... pag. 97

6.2 Dialogo con BPER Banca e QN-il Resto del Carlino. Le opinioni

sulle “tavole rotonde” ............................................................................................ pag. 99

Conclusioni ....................................................................................................... pag. 111

Bibliografia

Sitografia

Ringraziamenti

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INTRODUZIONE

Con il titolo “Gli eventi come strumento strategico di marketing territoriale. Il Resto

del Carlino come vetrina per le aziende che sanno comunicare” prende forma l’oggetto

principale di questo lavoro. Oggetto che racchiude in sé importanti argomenti, tra cui gli

eventi, il marketing territoriale e il Resto del Carlino, i quali fanno capo alla

“comunicazione”, collante di queste attività.

Ma qual è la relazione che intercorre tra questi mondi, apparentemente distinti e separati? La

risposta risiede nell’obiettivo finale di questa Tesi, che è capire in che modo e per quali

ragioni una redazione di stampo nazionale come il QN-il Resto del Carlino operi nel settore

eventi, partendo dal presupposto che si occupa anche di marketing territoriale, in maniera

trasversale. Come prima nozione, è indubbio che gli elementi presi in esame siano

condizionati dalla comunicazione in senso stretto, perché come è noto “non si può non

comunicare”, e un’azienda come la Monrif Group lo sa bene: infatti da ormai 130 anni

opera nel settore della carta stampata (e non solo), pubblica quotidianamente notizie

riguardanti il panorama italiano e internazionale e ed è ben radicato in quei territori di

riferimento come l’Emilia Romagna, le Marche, il Veneto, la Lombardia, la Toscana.

Prima di approfondire questo argomento, è interessante capire, teoricamente e praticamente,

come si è sviluppato il dibattito sulla comunicazione e sul ruolo degli eventi organizzati da

il Resto del Carlino, che fungono da strumenti strategici del marketing territoriale.

La struttura dell’elaborato, è suddivisa in due parti:

La Prima parte, di carattere teorico, si apre con il capitolo 1 che indaga il campo della

comunicazione, sin dalla sua etimologia e focalizzando l’attenzione su tutti quei fattori che

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l’hanno cambiato nel corso dei decenni, primo fra tutti i new media (vedi l’avvento di

Internet). Con la distinzione tra vecchi e nuovi media si tenta di capire la differenza tra

comunicazione e informazione, termini il più delle volte confusi o usati erroneamente come

sinonimi. Il cerchio si ristringe a un settore particolare che è quello della stampa. Chi meglio

di questo comunica e informa, confrontandosi ogni giorno con uno scenario mediatico

innovativo, tecnologico e all’avanguardia come quello attuale?

I fattori che hanno modificato il modo di comunicare sono gli stessi che hanno cambiato il

mondo della stampa, ma non solo. Ormai l’elemento “comunicazione” è fondamentale in

ogni contesto della vita, anche per ciò che riguarda le attività di un’azienda che senza

comunicare e quindi senza coinvolgere, accomunare, rendere partecipe tutti i soggetti, dagli

stakeholder agli utenti, non ha vita, non ha successo ed è destinata a fallire in un mercato

sempre più competitivo. L’argomento “impresa” viene ripreso e approfondito nel capitolo

2, in cui vengono analizzati tutti gli elementi che compongono la sfera aziendale, dalla sua

evoluzione, ai fenomeni che l’hanno cambiata nel tempo, al concetto di “cultura

organizzativa”, prendendo come punto di riferimento fondamentali contributi teorici come

quello di Barnard e Maslow. Il capitolo 3 invece, oltre a concludere questa parte primaria,

analizza i principi fondamentali su cui ogni impresa si fonda, quelli relativi alla mission, alla

vision, al posizionamento e al binomio immagine-identità, il tutto non perdendo di vista il

valore della comunicazione, poiché questi concetti non potrebbero essere espressi e

comunicati né all’interno né all’esterno dell’azienda.

La Seconda parte, invece, vuole approfondire l’esperienza di Stage svolta all’interno

dell’ufficio “Eventi, progetti ed iniziative editoriali” del QN-il Resto del Carlino, sulla base

del metodo deduttivo: il capitolo 4, infatti, ha come argomento iniziale la nascita e lo

sviluppo della testata giornalistica, arricchendolo di alcune curiosità; inoltre si cerca di

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capire come il Gruppo Monrif sia stato in grado di garantire successo e notorietà a quello

che ad oggi è il terzo quotidiano di informazione in Italia per numero di copie diffuse. Nel

capitolo 5 l’attenzione si sposta sul compleanno dei 130 anni de il Resto del Carlino,

motivo di festeggiamenti per l’intero 2015. Dopo aver ideato e messo a punto il piano delle

iniziative che hanno visto la collaborazione tra l’editore, l’ufficio eventi e la vasta

partnership del quotidiano QN-Quotidiano Nazionale, si sono svolti nelle città dove è

diffusa la testata giornalistica, numerosi eventi di tipologie diverse, dagli eventi culturali, a

quelli economici, musicali e altri.

La caratteristica che determina l’originalità di tale lavoro è che tutti i progetti vengono

analizzati e confrontati per mezzo della “regola delle 5W” tipica del giornalismo

anglosassone e attraverso questa metodologia sono emersi tutti i valori che da sempre

caratterizzano l’identità de il Resto del Carlino e della Monrif Group, tra cui la vision, la

mission, gli obiettivi, l’immagine che ha di sé e il posizionamento in un mercato

concorrenziale.

Con il capitolo 6, infine, si entra nello specifico della questione “eventi”, prendendo in

esame un ciclo di incontri intitolato “L’economia locale: come creare valore per il

territorio”, tavole rotonde che hanno come protagonista la partnership del Gruppo BPER

Banca. In questo cotesto vengono analizzate le fasi tecnico-operative dell’evento, dagli

obiettivi, alla scelta del target e del partner, alla cura della comunicazione, fondamentale per

qualsiasi tipo di evento, (concetto ribadito anche in questo caso) e le finalità di questi

appuntamenti.

Relativamente alle tavole rotonde analizzate, la scelta è ricaduta sull’intervista come

strumento comunicativo e lo scopo è stato quello di evidenziare le considerazioni di due

personaggi importanti dell’ambito degli eventi curati dalla Poligrafici Editoriale: i dialoghi

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con Eugenio Tangerini, Responsabile Media Relations del Gruppo BPER Banca e Oda

Costa, Responsabile dell’ufficio “Eventi, progetti ed iniziative editoriali” hanno arricchito

questa Tesi, fornendo ulteriori spunti di riflessione su quanto le iniziative culturali siano

strategiche per valorizzare il territorio, nonostante la crisi economica e finanziaria che ha

danneggiato il patrimonio artistico, storico e paesaggistico, considerato muro portante per

un teatro a cielo aperto come la nostra Italia.

Tutta la documentazione raccolta per questa Tesi di Laurea Magistrale è stata gentilmente

fornita, dopo un percorso di Stage curriculare, dall’ufficio “Eventi, progetti ed iniziative

editoriali” e dall’ufficio Marketing di QN-il Resto del Carlino, sede di Bologna.

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PARTE PRIMA

L’IMPORTANZA DELLA

COMUNICAZIONE PER LE IMPRESE

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CAPITOLO 1

In principio è la comunicazione

Se in principio era il Verbo, nella società contemporanea – per cui molti fattori esterni

incidono in modo cruciale - è la comunicazione, essa sia verbale o non verbale. In effetti,

ciò che si impara fin dai primi gemiti è che “non si può non comunicare”, primo assioma

fondamentale che ci distingue dal genere animale e che ci rende umani. A detta di Paul

Watzlawick e di altri studiosi della scuola Palo Alto in California, qualsiasi interazione

umana è una forma di comunicazione. Di conseguenza qualunque atteggiamento assunto da

un individuo diventa immediatamente portatore di significato per gli altri:

“[…] Non è possibile non avere un comportamento … ne consegue che non si può non

comunicare. L’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno valore di messaggio:

influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste

comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro”1.

La storia dei mezzi di comunicazione è segnata dalle scoperte tecnologiche che hanno via

via contribuito a modificare le interazioni sociali, permettendo una più libera circolazione di

idee e notizie. Pensiamo ad esempio all’introduzione della stampa nel XV secolo,

all’invenzione del computer e dell’efficacia della rete informatica e alla televisione e

telefonia mobile, fattori che riducono le distanze fisiche, accelerano e moltiplicano i

processi comunicativi tra gli uomini. Le tecnologie favoriscono lo scambio di informazioni,

offrendo nuove opportunità alla comunicazione umana. Si potrebbero definire “strumenti

1 P. Watzlawick, J.H Beavin, D.D. Jackson, “Pragmatica della comunicazione umana: studio dei modelli

interattivi, delle patologie e dei paradossi”, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1971, pagg. 41- 42

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intelligenti” che aprono a nuovi spazi comunicativi, soprattutto a coloro i quali producono

gli stessi e li usano per attuare la comunicazione. E se essa può giovare agli esperti delle

tecnologie, senz’altro le tecnologie dell’informazione e della comunicazione giovano agli

esperti che studiano quest’arte, spingendo loro ad analizzare sempre più a fondo la sua

natura e le sue dinamiche. La società dell’informazione fa dell’universo della

comunicazione un fattore cruciale, determinativo e di qualità: si tratta nello specifico di

saper interpretare le complesse dinamiche comunicative che persistono nella nostra vita e

all’interno della società contemporanea2.

Dal punto di vista etimologico, il termine “comunicazione”, oltre che all’origine greca

koinós, ha anche origine latina, derivando dal verbo communicare, cioè mettere in comune,

derivato di commune, ossia che compie il suo dovere con gli altri. Dall’origine della parola

presa in esame, si percepiscono l’importanza, il valore e la profondità del termine stesso e di

quanto sia insito nell’uomo sin dalla sua esistenza, tanto che non sono ancora conclusi gli

studi analitici e semantici sulla lettura del termine per darne una definizione concreta, al

contrario non bastano a rendere giustizia a una parola che suona di libertà. E come la libertà,

allo stesso modo tutti noi abbiamo bisogno di comunicare, per vivere. Non esiste infatti una

sola scienza della comunicazione, capace di interpretarla in toto, ma vi sono diverse

discipline che riflettono sulla stessa realtà della comunicazione con domande e interessi

diversi. Le scienze che si occupano di studiare la comunicazione, con il fine di migliorarla,

sono numerose e variegate: dalla semiotica alla linguistica, dalla psicologia alla sociologia,

dall’economia alla storia, dalla pedagogia alla retorica. Addentrandoci nei sentieri tortuosi

di questo orientamento ci accorgiamo che spesso il termine comunicazione è sinonimo di

2 L. Cantoni, N. Di Blas, “Teoria e pratiche della comunicazione”, Edizione Apogeo, Milano, 2002,

‘Prefazione pag. xxii’

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ambiguità, perché è il terreno dello scambio e della contaminazione, ed essendo costruita su

interrelazioni non tutte prevedibili, è espressa e mediata da persone concrete, con o senza

ausilio di tecnologie e canali particolari. La comunicazione è fondamentalmente un processo

interpretativo e negoziale: questa è una delle tante definizioni autorevoli, tuttavia il termine

ha mille sfumature di significato; può essere esaminato con ottiche diverse e ogni volta che

l’ottica cambierà, emergeranno nuovi aspetti che avranno rilievo nel contesto al quale ci si

riferisce. Paolo Giammarroni3, ad esempio, fornisce un decalogo analitico e personale sulle

possibili definizioni della parola, tra cui quattro rilevanti, ad esempio:

1. la comunicazione è un insieme di strategie e non solo di tecniche;

2. la comunicazione si basa su una struttura, centralizzata o a rete;

3. la comunicazione è ormai un settore economico, con molte sfaccettature, ma anche con

crescenti sinergie;

4. le informazioni obbediscono alle regole della comunicazione, ma in esse prevale il lato

utilitaristico per chi le riceve o le richiede.

Grande è lo spazio di manovra del cosiddetto destinatario. Dunque si potrebbe parlare di

comunicazione4:

- Come il passaggio e la trasmissione di informazioni, di elementi cognitivi, di valori

espressi e veicolati da quello che è il contenuto del messaggio che viene espresso;

- Il porre in comune quegli elementi che partecipano alla costruzione sociale della

realtà che lo stesso processo comunicativo contribuisce a creare;

3 P. Giammarroni, “L’organizzazione che comunica. Obiettivi, ruolo, esperienze di comunicazione sociale”,

Edizioni Lavoro, Roma, 2000, pagg. 23-24 4 M. Morelli, “L'immagine dell'impresa. Le leve strategiche della comunicazione nell'epoca del

cambiamento”, Franco Angeli Editore, Milano, 2004, pag. 40

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- Lo scambio e la condivisione, elementi questi che hanno come presupposto il

consenso di coloro che dello scambio e della condivisione sono i protagonisti;

- La relazione sociale che si realizza attraverso la reciproca influenza che i protagonisti

del processo comunicativo vengono realizzando;

- Il processo di inferenza attraverso il quale è possibile trarre deduzioni,

interpretandole, dagli elementi contenuti nei messaggi scambiati tra gli interlocutori;

- Il processo interpretativo grazie al quale i destinatari dei messaggi trasmessi ne

interpretano il significato e danno un senso a ciò che viene loro comunicato.

1.1 Comunicazione e informazione: quali differenze?

Molto spesso la comunicazione viene associata all’informazione, senza sapere che si

inciampa in un errore madornale poiché sono due termini distinti e separati. Per cui sorge un

dubbio, che apre le porte a ulteriori approfondimenti. Essendo due termini spesso usati

erroneamente come sinonimi, prima di andare più a fondo alla questione, è bene fare il

punto della situazione. Apparentemente convertibili, informazione e comunicazione in realtà

sono due risorse con determinati significati e non possono essere considerate come

espressioni equivalenti, anzi sono due concetti differenti della stessa realtà. Il lemma

“informazione” indica il fatto che da una parte, la sorgente sceglie il messaggio da inviare,

dall’altra il destinatario lo interpreta, o meglio lo decodifica, tra quelli per lui possibili.

Quanto più numerosi sono i messaggi possibili, tanto maggiore è la quantità di informazione

che il messaggio è in grado di veicolare. Secondo due studiosi della teoria matematica delle

comunicazioni5, Claude Shannon e Warren Weaver, l’informazione non riguarda tanto ciò

5 C. Shannon, W. Weaver, “La teoria matematica delle comunicazioni”, EtasLibri, Milano, 1971, pag. 8

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che si dice effettivamente, quanto ciò che si potrebbe dire. Cioè, l’informazione è una

misura della libertà di scelta che si ha quando si sceglie un messaggio.

Il termine “comunicazione”, invece, ha etimologicamente un chiaro significato di “mettere

al corrente” qualcuno, coinvolgendolo. Ma, mentre l’uso corrente attribuisce al termine

“informazione” un significato che lo rende indifferente dal feedback, la “comunicazione”

presuppone la consapevolezza da entrambe le parti di una convergenza avvenuta e di una

identità conseguita sul medesimo contenuto mentale. La comunicazione si esprime infatti

attraverso l’azione della relazione-scambio tra i soggetti e come tale non va confusa con

alcuni mezzi con i quali essa viene connotata. Nel linguaggio comune, quando ci si riferisce

ad una comunicazione ottimale, si fa riferimento alla capacità dell’individuo di interloquire

in modo retorico e informale, in altre parole, il bel parlare, l’esprimersi correttamente o

l’avere risposte pronte, mentre non deve essere trascurato un aspetto importante, ovvero che

non sempre lo stesso modo di interloquire è adatto ad ogni situazione: è il contesto che fa la

differenza. Comunicare significa rendere trasmissibile un’idea, una nozione,

un’informazione, ma anche un’intenzione, un coinvolgimento, una richiesta. In altri termini,

quando parliamo di comunicazione quello che conta non è soltanto l’informazione che viene

trasmessa, ma come questa viene trasferita tra un emittente e un ricevente. In conclusione si

può affermare che la comunicazione rappresenta il momento del rapporto tra gli uomini che

stabiliscono un contatto. L’informazione è invece un aspetto della comunicazione, è un suo

particolare utilizzo; fondamentale è il tipo di interazione, di comunicazione, che si stabilisce

tra i partecipanti all’attività comunicativa.

Per rappresentare in modo generale il processo della comunicazione, nel corso dei decenni

sono stati elaborati tanti modelli comunicativi, molti dei quali sono stati oggetto nella teoria

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e ricerca sui media. Ogni teoria si basa su uno specifico modello di comunicazione:

innanzitutto quello proposto da Laswell nel lontano 1948, conosciuto come il “Modello

delle 5W” (who?, what?, when?, where?, why?), analizza come gli attori sociali entrano in

gioco nel processo di comunicazione di massa. Tra i tanti paradigmi sviluppati nel corso

degli anni, sicuramente si può far riferimento al modello di Shannon e Weaver

(schematizzato qui di seguito), che in qualche modo si può rapportare a una comunicazione

più specifica, per esempio alla comunicazione d’impresa.

Il modello fisico della comunicazione, di Shannon e Weaver, ideato nel 1949

Questo schema si può tradurre come la trasmissione ottimale dei messaggi da una “fonte di

informazione” ad un “destinatario” attraverso un canale di comunicazione. Lo scopo è

quello di consentire un veloce passaggio di informazioni riducendo il più possibile il

“rumore” nel canale di trasmissione. Applicando questo modello alla comunicazione

massmediatica, ne deriva una concezione del processo comunicativo scontata e lineare:

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infatti esso sostiene l’esistenza di un passaggio unidirezionale e diretto di informazioni dalla

fonte al destinatario senza considerare che tra essi vi è relazione. Tuttavia, i modelli citati

sinora, secondo Saveria Capecchi, contribuiscono a rafforzare la concezione di “audience

passiva” 6

: un aggregato informe di individui che assorbono esattamente gli stessi contenuti

informativi inviati dalla fonte. Perciò, nel corso degli studi, sono state avviate modifiche e

aggiornamenti che hanno portato ad altre teorie comunicative di grossa rilevanza e che in

qualche modo hanno influenzato i media studies. Un importante contributo è quello fornito

da Stuart Hall che nel 1980 schematizza il cosiddetto “Encoding and Decoding Model”,

riproposto in questo quadro:

Encoding/Decoding Model di Hall (1980)

La differenza sostanziale rispetto ai modelli precedenti è relativa agli aspetti contestuali del

processo comunicativo, alle condizioni sociali, politiche, economiche e strutturali entro cui

avvengono sia il processo di encoding sia di decodifica di un testo. Per fare chiarezza,

6 S. Capecchi, “L’audience attiva. Effetti e usi sociali dei media”, Carocci Editore, Roma, 2015, pagg. 148 -

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l’emittente codifica un messaggio che veicola determinati significati e che assume una

particolare “forma” a seconda del mezzo utilizzato, mentre il destinatario, sulla base dei

propri codici, decodifica il messaggio cercando di comprendere le intenzioni e i significati

proposti dall’emittente: solo quando il messaggio ha significato allora si può parlare di vera

comunicazione.

1.2 I modi di comunicare nello scenario mediatico attuale: una

breve storia

Si evince, da questa argomentazione, quanto è importante il comunicare e com’è cambiata la

modalità di esercitarlo nel corso del tempo. Ma per avere un quadro temporale più netto

dell’evoluzione comunicativa, connessa inesorabilmente ai media - vecchi e nuovi non fa

differenza - viene proposta una “storia breve dell’invenzione dei media”, tratta dall’opera di

Saveria Capecchi7 “L’audience attiva”, partendo dall’invenzione della scrittura fino

all’avvento di Internet, strumento strategico, divenuto ormai un mezzo che ci accompagna

lungo tutto l’arco della giornata in modo costante e continuo. Un quadro, quello proposto

qui di seguito, per comprendere a fondo i radicali cambiamenti sociali all’interno della vita

quotidiana:

5000 a.C., invenzione della scrittura: Compaiono nell’antico Egitto le prime forme di

scrittura definite geroglifici;

2000 a.C., invenzione dell’alfabeto: Gli antichi greci sviluppano il sistema di scrittura più

veloce e si diffonde in tutto il mondo la pratica di utilizzare le lettere; 7 Saveria Capecchi è Professoressa associata di Sociologia dei processi culturali e comunicativi”, presso il

Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell'Università di Bologna.

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1450, invenzione della stampa: In Germania, Gutenberg, inventa uno strumento che utilizza

i caratteri mobili così, dalla diffusione manoscritta del sapere si passa alla diffusione

standardizzata della cultura;

1650, appaiono i primi giornali: Alla stampa quotidiana si attribuisce il merito di aver

cominciato a formare l’opinione pubblica diffondendo punti di vista differenti su una stessa

tematica;

1827: Nasce la fotografia grazie a Joseph Nicéphore Niepce;

1830, stampa di massa: Data fondamentale per i quotidiani che subiscono un forte

cambiamento in quanto nasce negli Stati Uniti la “penny press”, quotidiani dedicati agli

immigrati newyorkesi. Una stampa popolare non più rivolta ai politici e agli uomini d’affari,

ma a un pubblico di massa, avviando un processo di democratizzazione dell’informazione;

1837: Invenzione del telegrafo;

1876: Invenzione del telefono;

1895: Nasce e si diffonde velocemente il cinema nelle città più avanzate come Parigi e New

York;

1896: Il telegrafo è senza fili, grazie all’ingegno di Guglielmo Marconi;

1920: Vengono trasmessi via radio i nuovi networks come la BBC in Inghilterra o la CBS

negli Stati Uniti;

1923: Nasce la televisione, destinata a diventare vera protagonista nelle case di tutto il

mondo, ma a dire il vero il 1948 è il boom della televisione a New York, in Francia, in

Germania e in Italia con la prima trasmissione RAI nel 1954;

1952: Anno dei primi computer IBM (International Business Machines Company);

1956: Vengono lanciati sul mercato i primi videoregistratori ad uso professionale;

1977: Anno storico perché nasce la telefonia mobile ad uso privato;

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1981: L’IBM lancia il primo Personal Computer;

1989: È l’avvento di Internet, l’evoluzione della rete Arpanet risalente al 1969, destinato

allo scambio di informazioni tra università.

L’avanzamento delle tecnologie nei decenni ha dato un nuovo e più profondo senso di

comunicazione, poiché ha ampliato la varietà delle interazioni. Oltre alla comunicazione

interpersonale, infatti, avviata attraverso i media tradizionali, oggi è possibile dialogare in

tempo reale con una o più persone contemporaneamente, mediante la posta elettronica, chat

line, fax, sms ecc. Ma il cambiamento più visibile è attribuito ai new media e in particolare

ad una maggiore velocità grazie alla quale si accorciano le distanze e si riduce notevolmente

il tempo della comunicazione. Se la comunicazione mediata avviene in luoghi diversi

rispetto alla comunicazione faccia a faccia, i new media aumentano ancora di più la

possibilità di connettersi con gli altri in qualunque momento e in ogni posto. La

comunicazione mediata, perciò, differisce da quella faccia a faccia in quanto ha bisogno di

un medium; inoltre questa nuova comunicazione prevede la perdita di indizi fisici tipici

della comunicazione interpersonale, come gesti, postura, voce, che portano a considerarla

quasi come comunicazione “astratta”. Con ciò non la si vuole definire semplice e banale,

tutt’altro: la minore densità di informazioni inviate richiede al ricevente di “interpretare” nel

vero senso della parola; inoltre, si stanno via via sviluppando nuovi linguaggi e nuove

regole di comunicazione che è necessario acquisire se si vuole usufruire a pieno delle

potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. La loro evoluzione e rivoluzione ha reso nuova

la società e di conseguenza ha consentito di instaurare relazioni sempre diverse. Rispetto ai

media tradizionali, ciò che muta è l’illimitata estensione della comunicazione nel tempo e

nello spazio, oltre ad immagazzinare moltissimi dati in più rispetto alla scrittura. I new

media sono davvero interattivi e si avvicinano quindi ai canoni della comunicazione faccia a

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faccia. Ma nonostante si diversifichi nettamente l’utilizzo dei vecchi media con quelli nuovi

– contraddistinti da una costante innovazione - è importante sottolineare che i nuovi mezzi

di comunicazione di massa non sostituiranno mai i vecchi media, piuttosto si avverte

un’integrazione e complementarità in base al tipo di relazione che si desidera intrattenere e

degli scopi previsti dalla comunicazione. In conclusione, tutti i media si integrano nel

mondo in cui viviamo, modificano il nostro modo di vivere a livello individuale e collettivo

e contribuiscono a trasformare i contenuti culturali in cui siamo immersi. Infatti

“Poiché la cultura è mediata e messa in atto attraverso la comunicazione8, le culture stesse

subiscono una trasformazione fondamentale, che si radicalizza con l’andare del tempo a

opera del nuovo sistema tecnologico…La comparsa di un nuovo sistema di comunicazione

elettronica caratterizzato dal proprio raggio d’azione globale, dall’integrazione di tutti i

media e dalla propria potenziale interattività sta cambiando e cambierà per sempre la

nostra cultura.”

Per intenderci, si realizzano mutamenti a livello macro, toccando sistemi come quello

sociale - primariamente - ma anche economico, politico e culturale, quanto a livello micro,

dando la possibilità a ognuno di partecipare in maniera attiva alla vita pubblica e sociale.

8 M. Castells, “La nascita della società in rete”, Università Bocconi Editore, Milano, 2002, pag. 130

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1.3 La stampa come sinonimo di comunicazione, informazione e

libertà di espressione nell’era di Internet

“La lettura del giornale di mattina

presto è una sorta di realistica preghiera

mattutina”

Friedrich Hegel

Ma a cosa servono i media? E quali sono gli obiettivi dell’informazione e della

comunicazione? I media veicolano informazioni, aiutano a interpretare le dinamiche della

società contemporanea e soprattutto, dettano l’agenda dei problemi, orientando le scelte e le

opinioni dei cittadini. Alla conoscenza diretta di ciò che ci circonda si aggiunge una

conoscenza mediata di avvenimenti, difficile da controllare e verificare di persona. Inoltre, i

mezzi di comunicazione di massa assicurano maggiore visibilità alle procedure decisionali e

alle figure pubbliche: ciò aumenta sia il loro potere sia la loro responsabilità nei confronti

dei cittadini9. Per svolgere la loro funzione, dovrebbero idealmente garantire informazioni

complete, imparziali, varie, attendibili. Occorrerebbe quindi assicurare ai cittadini l’accesso

a informazioni di diversa provenienza, al fine di permettere un vero dibattito tra fonti

differenziate che si contendano le notizie da sottoporre a giudizio collettivo, e non il

predominio del mercato dell’informazione10

. Un preambolo, questo, per mettere in luce che

chi opera oggi nel campo dell’informazione e della comunicazione istituzionale ha una

precisa responsabilità collettiva. Le attività di informazione e comunicazione rivestono

ormai un ruolo tale da coinvolgere la dimensione etica, agendo sul funzionamento stesso

9 G. Gardini, P. Lalli, “Per un’etica dell’informazione e della comunicazione. Giornalismo, radiotelevisione,

new media, comunicazione pubblica”, FrancoAngeli Editore, Milano, 2009, pagg. 9-10 10

J. Habermas, L. Ceppa (a cura di), “Fatti e norme: contributi a una teoria discorsiva del diritto e della

democrazia”, Guerini Editore, Milano, 1996

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della sfera pubblica, definita in tal modo per il ruolo attivo del pubblico e dalla sua

accessibilità a tutti. Nella democrazia moderna la trasparenza istituzionale o il libero

dibattito sui temi collettivi dipendono sempre di più dal livello di affidabilità e completezza

che l’informazione e la comunicazione sono in grado di offrire al cittadino.

Ma c’è anche un altro livello di informazione rilevante nelle società, con cui si indica una

delle funzioni attribuite alla libertà di stampa e quindi al giornalismo e ai media in generale:

si assegna loro il ruolo qualificato con l’espressione inglese “watchdog”, o cane da guardia,

con il compito di monitorare, sorvegliare e investigare su processi decisionali e modalità di

espletazione dei servizi pubblici per informare i cittadini, garantendone la libera espressione

di giudizio. La stampa è divenuta sinonimo di informazione e la sua evoluzione ha segnato

quella dell’espressione del pensiero, il quale diventa manifesto grazie ai mezzi di

comunicazione di massa. Democrazia e libertà di espressione sono due concetti

interdipendenti. La manifestazione del pensiero diventa libera con la democrazia e questa ha

bisogno di tale libertà per crescere e consolidarsi. Alla manifestazione del pensiero sono

legati i mezzi per la sua diffusione tanto che alla stampa viene assegnata una funzione

importante: dare voce al popolo.11

Questo principio è espresso dall’articolo 21 della

Costituzione in cui si afferma che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio

pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, riconoscendo

l’importanza, il valore e il ruolo che i mezzi di comunicazione possiedono anche grazie alla

stretta relazione che intercorre con l’informazione. Tuttavia, tra i limiti posti dal suddetto

articolo, uno fondamentale a garanzia della libertà di informazione è la pluralità di fonti,

concetto importante per la storia italiana del giornalismo che mostra, inesorabilmente, un

11

C. Picca, “Senza bavaglio. L’evoluzione del concetto di libertà di stampa”, Edizioni Pendragon, Bologna,

2005, pag. 91

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intreccio perverso tra industria, politica e stampa. Per questo motivo, la Corte costituzionale

ha elaborato un nuovo principio, quello dei cittadini titolari del diritto all’informazione, la

quale garantisce il pluralismo, l’obiettività, la completezza e l’imparzialità nel fornire

notizie. L’informazione è ritenuta un bene collettivo perché favorisce la conoscenza e la

cultura che un popolo è capace di acquisire. E la pluralità delle fonti di informazioni, ossia

giornali, periodici, radio, televisione, internet, è figlia della tecnologia. Gli straordinari

sviluppi della rete hanno determinato un ampliamento del campo dei mezzi

dell’informazione cosicché le nuove vie della comunicazione hanno dato grande consistenza

all’enunciazione delle notizie che riguardano il mondo.

Il quotidiano moderno nasce e si sviluppa come mezzo di informazione e di opinione ma

anche come impresa nel corso dell’Ottocento. I due fattori principali sono il consolidamento

di regimi di libertà e i progressi dell’industrializzazione e dei mezzi di trasporto. Sono

cresciuti i giornalismi prodotti dai nuovi media, ma lo sviluppo tecnologico ha prodotto altre

novità che riguardano i giornali quotidiani. La più importante è il nuovo modo di produrli: il

full color ad esempio, comporta novità nelle formule e nei contenuti e un benefico aumento

degli introiti pubblicitari. Nonostante il quotidiano sia esposto a un avvenire difficile a causa

di internet, esso rappresenta lo strumento di successo che era previsto. In Italia i quotidiani

con testate on line sono 107, anche se la maggior parte si limita a immettere gli stessi

contenuti della carta stampata. L’innovazione del digitale sarebbe invece l’immissione in

rete di un’edizione diversa rispetto a quella stampata, in modo tale da integrare la tradizione

all’innovazione. Esistono anche quotidiani esclusivamente on line: pieni di notizie, di

immagini a colori e di servizi speciali, vivono soprattutto grazie al numero dei contatti

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giornalieri e alcuni si sono specializzati in economia, in scienze o informatica12

. Internet ha

cambiato molte cose. Ha cambiato i rapporti fra le persone, quelli privati e quelli di lavoro.

Ha cambiato la comunicazione giornalistica: sono scomparsi i limiti di spazio e ciascuno di

noi può modellare il proprio giornale, stabilendo cosa interessa e cosa no. Il moltiplicarsi dei

notiziari on line potenzia il giornalismo di nicchia, essendo possibile selezionare le

informazioni facilitando la scelta da parte del lettore13

. È ormai un concentrato di

multimedialità: la dimostrazione di quanto valore abbia se internet venisse usato nella sua

compiutezza e in maniera appropriata.

12

P. Murialdi, “Il giornale”, Il Mulino Editore, Bologna, 2006, pagg. 7-55-57 13

V. Roidi, “La fabbrica delle notizie. Piccola guida ai quotidiani italiani”, Edizioni Laterza, Roma-Bari,

2001, pag.197

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CAPITOLO 2

L’impresa dalla sua evoluzione alla cultura organizzativa

“La cultura di una data impresa

diviene non tanto una caratteristica che

si accompagna ad altre, ma ciò che

rende quell’impresa ciò che è.”14

Roberto Grandi, Mattia Miani

Dall’excursus precedentemente svolto a favore di tale Tesi, e prima di affrontare il tema

della comunicazione d’impresa, è d’obbligo contestualizzare questo concetto all’interno di

un determinato scenario, d’altronde tema principale dell’elaborato, cioè l’impresa. O

azienda oppure organizzazione complessa, come più aggrada. Proseguendo con ordine, la

domanda prioritaria che apre la discussione intende esaminare il concetto di impresa, o più

in generale, organizzazione. Il significato comune indica un insieme di persone formalmente

riunite per raggiungere degli obiettivi più o meno comuni; e pur considerando le possibili

soluzioni linguistiche, i dati comuni e ricorrenti definiscono l’organizzazione come “un

insieme di persone formalmente costituito per il raggiungimento di determinati fini.”15

La definizione chiara e lineare, in realtà nasconde un’analisi dettagliata che vede scomporla

in tre parti. Innanzitutto l’organizzazione è un “insieme di persone”, ma quante persone e

con quali caratteristiche? Certamente si compone di persone, ma non basta l’insieme di

persone, neppure caratterizzate da uno stesso scopo, per parlare di organizzazione in senso

proprio. Riguardo al “formalmente costituito”, l’espressione si può spiegare intendendo

che l’organizzazione ha bisogno di un atto formale di costituzione per essere considerata

14

R. Grandi, M. Miani, “L’impresa che comunica. Come creare valore in azienda con la comunicazione”,

Edizione ISEDI, Novara, 2006, pag. 45 15

M. Ferrante, S. Zan, “Che cos’è un’organizzazione?”, in “Il fenomeno organizzativo”, Carocci editore,

Roma, 2012, cap. 1

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tale, questo perché essa è un costrutto sociale, un’invenzione dell’uomo che richiede sempre

alle sue spalle un attore intenzionale, un imprenditore. Ciò che conta è che le organizzazioni

non nascono da sole o dal nulla, bensì dal risultato dello sforzo di uno o più individui che

nella maggioranza dei casi tenderanno a mettere per iscritto le regole che governano la loro

organizzazione. L’ultima, ma non per importanza, componente della definizione è relativa ai

“determinati fini”: non esiste definizione alcuna di organizzazione che prescinda

dall’esistenza di fini espliciti, possibilmente condivisi. In fondo l’organizzazione serve

proprio per raggiungere degli scopi. Per dare una definizione di fine, quella che più rende

l’idea si riferisce a uno stato futuro atteso, qualcosa che vorremmo si realizzasse in un

futuro più o meno prossimo. Ma non sono le organizzazioni ad avere fini, piuttosto sono gli

individui ad averne e spesso questi sono complessi, contraddittori e mutevoli nel tempo. Per

intenderci, l’impresa, il carcere, la Chiesa, il partito, l’esercito, la pubblica amministrazione

sono tutte organizzazioni, ognuna delle quali si distingue dall’altra per varie ragioni, prima

fra tutte per il tipo di attività; ma sono diverse anche per le persone che condividono i valori

e gli obiettivi dell’organizzazione o per il tempo che richiedono all’individuo. Tutte però,

hanno qualche tratto in comune: le organizzazioni, in effetti, definiscono come si entra

nell’organizzazione stessa, come ci si rapporta con gli altri all’interno e all’esterno, come ci

si rapporta con le tecnologie. È con queste premesse che si può fornire una definizione più

specifica e autorevole della precedente, affermando che

“L’organizzazione è una forma di azione collettiva reiterata basata su processi di

differenziazione e di integrazione tendenzialmente stabili e intenzionali.”16

16

Ivi pag. 31

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Per poter parlare di organizzazione in modo esaustivo, è necessario sottolineare quali sono

le due caratteristiche principali che definiscono il comportamento individuale: la

differenziazione è il processo attraverso il quale un lavoro complesso viene suddiviso tra

più persone, ognuna delle quali si specializza per svolgere al meglio quella determinata

attività. Le altre persone preferiranno acquisire quel lavoro dallo “specialista” piuttosto che

cimentarsi in una attività nella quale non possiedono abilità. A livello di società il grado di

modernizzazione di un Paese può venire misurato da quanto è complessa la struttura di

suddivisione del lavoro. Nelle società arcaiche gli uomini si specializzavano nella caccia

mentre le donne si specializzavano nella cura dei figli. Dall'antichità all'età contemporanea

c'è stato un progressivo evolversi della differenziazione strutturale che ha permesso agli

uomini di raggiungere livelli massimi di specializzazione per il soddisfacimento di sempre

nuovi bisogni umani. Attraverso la differenziazione un gruppo ottiene risultati superiori di

quelli che otterrebbe dalla somma dei singoli.

Per ottenere risultati non basta dividere i compiti tra più individui, occorre anche riportare a

unità ciò che si è diviso. Occorre un coordinamento, una “organizzazione” che definisca le

interrelazioni tra le persone e che li guidi verso un obiettivo condiviso. Il più antico e

utilizzato strumento di integrazione organizzativa è rappresentato dalla gerarchia.

Attraverso la gerarchia un soggetto assume una posizione di leadership su altre persone e ne

guida i comportamenti per il raggiungimento di obiettivi comuni. Con il tempo sono emerse

numerose altre modalità di coordinare il lavoro delle persone verso un unico fine, tra esse

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citiamo le leggi, gli statuti, le norme, le procedure, la tecnologia, il sapere, i valori e la

cultura.17

La combinazione di queste dimensioni potrebbe far nascere l’idea che esista

l’organizzazione ottimale in assoluto e che sia quella che ha il miglior processo di

differenziazione e il miglior processo di integrazione. In realtà non è così, piuttosto il focus

non è tanto quello di avere punti di ottimo nei diversi processi, quanto quello di garantire la

coerenza tra i diversi processi. Se è vero che i suddetti fattori rappresentano l’essenza

dell’organizzazione affinché essa funzioni, occorre che i due processi in questione siano

caratterizzati da coerenza, congruenza, sintonia e che si sostengano l’un l’altro in maniera

più armonica possibile18

.

La consapevolezza di come tra gli elementi costitutivi di un’organizzazione vi sia proprio la

comunicazione comincia a diffondersi a partire dalla fine degli anni Trenta: “Si può

affermare che un’organizzazione esiste – scrive C. Barnard nel 1938 – quando vi siano

persone in grado di comunicare le une con le altre, disposte a dare un contributo individuale,

con l’intenzione di conseguire un fine comune”. La comunicazione, specifica ancora l’allora

Presidente della Rockefeller Foundation, svolge una funzione indispensabile proprio nella

diffusione del fine determinante dell’organizzazione “tant’è vero che l’assenza di

un’appropriata tecnica di comunicazione potrebbe venire ad eliminare la possibilità di

adottare scopi comuni come base per l’organizzazione. Insomma, le tecniche di

comunicazione stabiliscono la forma e l’economia interna di ogni organizzazione formale.”

17

Cfr. http://organizzazione-aziendale.com/home/47-aziendale/62-integrazione.html consultato il 4 marzo

2016 18

Ivi, pag. 42

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Certamente, questa visione non è stata fatta propria da quelle aziende che si muovono

secondo una prospettiva puramente tecnologica, tipica dell’organizzazione scientifica del

lavoro. Il modello tayloristico – che connota gran parte della società industriale – arriva a

scomporre il servizio fino a considerare il fattore uomo in funzione dello strumento: è la

creazione della catena di montaggio, della specializzazione dei compiti e della produzione

seriale, dove importante è la rapidità del processo, determinata spesso dall’operaio più

veloce. La comunicazione, in una simile concezione, si risolve in un flusso informativo

unidirezionale che discende dall’alto della scala gerarchica e serve esclusivamente per

mantenere l’ordine e pianificare le risorse.

L’approccio al quale si è accennato sopra si sviluppa, invece, a partire da una visione della

persona quale soggetto sociale da cui l’organizzazione non può in alcun modo prescindere

nella realizzazione dei propri obiettivi. Grazie anche alle ricerche sperimentali condotte da

un gruppo di studiosi dell’Università di Harvard, coordinato da Elton Mayo, si sviluppa una

diffusa sensibilità per il contesto nel quale i dipendenti si trovano a operare. È la nascita del

movimento delle Human Relations, punto di partenza di tutta una serie di studi sulla

motivazione che, negli anni Cinquanta, trovano in Maslow il loro principale

rappresentante.

Gli anni Sessanta, con lo sviluppo degli studi psicologici, introducono, accanto alla

necessità di leggere i bisogni, quella di prendere in considerazione la visione del mondo e

della natura umana, quale componente fondamentale nel determinare la qualità del lavoro.

Per esemplificare, è diversa la resa di chi giudica l’impegno lavorativo come implicitamente

sgradevole, da quella di chi lo considera come una dimensione naturale della vita, che può

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26

risultare addirittura piacevole se sono garantite determinate condizioni19

. Mentre nel primo

caso si troverà il motivo per un’opzione manageriale direttiva e una funzione di controllo

del dipendente, nel secondo si investirà su un diverso tipo di comunicazione, che favorirà

l’autocontrollo e la creatività.

Gli anni Ottanta definiscono i tratti di un’organizzazione più flessibile, nella quale

diventano vincenti la partecipazione e la cooperazione. In questo modello è posta grande

attenzione alle comunicazioni che provengono dal basso, nonché alle cosiddette

comunicazioni informali; a loro volta, quelle provenienti dall’alto, più che essere direttive,

sono finalizzate al coinvolgimento dei dipendenti e, quindi, tendono a divenire orizzontali.

L’impresa, nel tempo, è cambiata. E il tempo ha portato con sé anche l’idea dei tanti

economisti che classificano l’impresa in stereotipi, considerandola per nulla flessibile e

condizionata da codici e formule e per nulla in grado di reagire al cambiamento che la

società si trovava ad affrontare. Ma con l’avanzamento di fenomeni che hanno inciso

notevolmente sull’intera collettività, anche alle imprese - a chi sta dentro e fuori di esse – è

imposto questo cambiamento; e dalle teorie economiche si sono sviluppati dei modelli che

rispondono a principi operativi conformi a possibili scelte aziendali.

Quattro macro modelli20

sono in grado di definire i tratti di un’impresa più nuova adattata

sicuramente ai cambiamenti socio-economici in atto:

- Impresa padronale, di cui la caratteristica principale è il grado di proprietà che si

potrà concentrare su una, due o più persone, spesso in una stessa famiglia.

L’obiettivo primario è la massimizzazione del profitto al quale si aggiungono altri

19

Cfr. http://www.lacomunicazione.it/voce/organizzazione-e-comunicazione/, Ivan Maffeis 20

A. Foglio, “Turnaround. Ripensare e reinventare l’impresa”, Franco Angeli Editore, Milano, 2009, pagg.

62 - 64

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obiettivi come il profitto sociale, il benessere, la qualità della vita, il potere, la tutela

dell’ambiente, ecc. Il successo di questa impresa è dato dalle spiccate capacità

imprenditoriali dell’imprenditore;

- Impresa manageriale: si differenzia nettamente dalla precedente poiché vi è una

separazione tra proprietà e governo dell’impresa. La proprietà è detenuta da azionisti

che necessariamente non svolgono attività decisionali all’interno dell’impresa. Anche

in questo caso lo scopo è il profitto, cioè la massima remunerazione del capitale di

rischio impiegato;

- Impresa multinazionale: impresa che sviluppa le proprie attività all’estero seguendo

un determinato percorso, con il fine di acquisire sempre più conoscenze per far sì che

l’impresa si sviluppi al meglio.

- Impresa globale, si riferisce al fenomeno della globalizzazione e la conquista del

mercato avverrà ricorrendo a politiche e strategie di marketing globale.

Come dice lo stesso Antonio Foglio21

, l’impresa in quanto parte integrante di un ambiente

socio-economico con il quale ogni giorno si confronta e nel quale si sviluppa e cresce, deve

ben recepirlo, percepirne i cambiamenti in corso e nel futuro per continuare a restarvi

protagonista e non subirlo e soccombere. L’impresa deve conoscere questo ambiente, per

adattarsi e migliorarsi.

21

Antonio Foglio è docente di marketing in svariate università italiane, europee, extraeuropee ed è

consulente di industrie e organismi internazionali come l’Unesco

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2.1 I fenomeni che l’hanno cambiata nel tempo

In un momento storico che di volta in volta è stato identificato con l’epoca dell’ “esplosione

dell’informazione”, della terziarizzazione e della globalizzazione, le problematiche che

hanno segnato gli anni a cavallo della fine del secolo XX e dell’inizio del XXI, hanno avuto

e continueranno ad avere un’influenza determinante sull’evoluzione delle imprese, non solo

dal punto di vista economico, ma anche per ciò che riguarda la loro influenza sulle realtà

sociali o culturali dei diversi paesi. Discende che la comunicazione d’impresa non può in

alcun modo prescindere da tali fattori, i quali ne condizionano in modo deciso le modalità di

applicazione. È evidente che per mantenere un costruttivo rapporto con il mercato, l’impresa

deve sfruttare al meglio la comunicazione e le modalità comunicazionali che le vengono

offerte per trarne più vantaggi possibili. Il cambiamento sociale avvenuto nel corso dei

decenni si è tradotto in cambiamento organizzativo, condizionando l’evoluzione di un

numero crescente di imprese, spingendole ad agire con maggiore flessibilità e prospettive di

adattamento22

. La complessità di questo cambiamento ha fatto nascere una tipologia di

comunicazione destinata a rivestire il fondamentale ruolo delle complesse funzioni e

categorie sociali e di condivisione culturale. Le organizzazioni hanno saputo vedere nella

comunicazione un importante strumento di coesione interna e un veicolo efficace per

attivare, attraverso atti comunicativi, una rete di soggetti disposti a collaborare con

l’organizzazione in un clima di reciproca fiducia. La condivisione di valori, di credenze e di

significati definisce la cultura di un’organizzazione; tale condivisione si attua attraverso la

“ritualizzazione” dei comportamenti esterni, il linguaggio e l’universo dei simboli propri di

quell’organizzazione.

22

M. Morelli, “L'immagine dell'impresa. Le leve strategiche della comunicazione nell'epoca del

cambiamento”, Franco Angeli Editore, Milano, 2004, pagg. 11 - 12

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Sotto questo aspetto le aziende di oggi non devono più seguire quello che era l’imperativo

di accrescere la loro efficienza e la loro produttività, al fine di colmare o ridurre la

differenza fra domanda e offerta. Se l’Italia degli anni Sessanta era contraddistinta da un

mercato in forte espansione, per cui la strategia aziendale era rivolta alla razionalizzazione

della produzione e all’incremento dell’efficienza; se negli anni Settanta lo strumento della

finanza è stato il fattore determinante per la sopravvivenza delle imprese che hanno visto

incrementare i loro costi in conseguenza di un notevole aumento del costo di denaro e se

negli anni Ottanta sono l’organizzazione e l’informatica le competenze necessarie per

gestire la complessità interna ed esterna alle imprese, nel pieno del terzo millennio la nuova

realtà delle imprese è proprio la comunicazione. Ma per valutare come esse dovranno

comunicare questa nuova realtà, si devono prendere in esame i più significativi elementi di

questo cambiamento, necessari a comprendere come le imprese si sono costituite, arricchite

e rinnovate nel tempo.

Primo fra tutte è il fenomeno della globalizzazione dei mercati23

. Per globalizzazione si

intende quella fase del capitalismo moderno iniziata negli anni ottanta e caratterizzata da

una velocizzata integrazione internazionale delle attività economiche, sia dal punto di vista

del commercio e degli investimenti finanziari diretti all’estero, sia dal punto di vista

“moderno” riguardo maggiormente investimenti finanziari a breve termine, speculazioni sui

cambi, commercio nei servizi, accordi con imprese e così via. In quest’ottica le imprese

hanno avvertito la necessità di ampliare gli orizzonti e guardare alle attività economiche non

soltanto nazionali, ma verso un panorama che comprenda realtà sociali, economiche,

culturali variegate e differenti da paese in paese. Manovra questa che potrebbe comportare

dei rischi per le imprese, in quanto si tende a fare un “salto nel vuoto” che implica una forte

23

Ivi, pagg. 19 - 20

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competizione ma allo stesso tempo una serie di prospettive e di opportunità sconosciute e

impensabili. Ci si deve confrontare con realtà differenti tra loro, con costi di lavoro diversi e

con realtà produttive che condizionano le aziende sulle possibilità operative e sulle

potenzialità a coprire territori più vasti. Un nuovo approccio ad un’economia nella quale

emergono in modo sempre più deciso le nuove tecnologie informatiche che tendono a

cambiare anche la quotidianità degli individui, tanto che il dibattito in corso sulle

problematiche della globalizzazione non è centrato solo sugli aspetti strettamente

economici, piuttosto sulle questioni culturali e sociologiche che finiscono per coinvolgere

gli individui posti ad un nuovo modo di essere. Lo sviluppo delle imprese in uno scenario

globalizzato ha comportato il sorgere delle imprese multinazionali, ma sono gli anni

novanta che hanno portato alla ribalta un nuovo tipo di impresa, la cosiddetta impresa

transnazionale. Esse si differenziano da quelle “tradizionali” perché localizzano la propria

struttura in paesi diversi, facendo risultare una struttura meno centralizzata trasferendo così

le diverse unità organizzative, quali il settore marketing, finanziario o dello sviluppo, in

altrettanti paesi, con lo scopo di far coincidere il luogo della produzione con i paesi nei quali

il costo delle materie prime è particolarmente basso.

Un altro fenomeno che caratterizza l’evoluzione delle attività imprenditoriali è la

terziarizzazione del lavoro che viene analizzato e reso pubblico dall’Istat attraverso un

rapporto annuale con lo scopo di mettere in luce i cambiamenti socio-economici del Paese.

Se tra la fine degli anni Novanta e il Duemila la crescita occupazionale è aumentata e si è

concentrata nell’area dei servizi24

, nel Rapporto annuale per l’anno 2016 le cose sono ben

diverse ed è necessario fare un confronto tra il passato e il presente. L’attenzione è

focalizzata sui “primi segnali di ripresa del ciclo economico, dopo una lunga fase recessiva,

24

Ivi, pag. 16

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insieme al permanere o all’aggravarsi di numerosi elementi critici, primo fra tutti la

concentrazione territoriale fra Nord e Sud della penisola. Se nel 2014 il PIL italiano ha

segnato una nuova flessione, nei primi tre mesi di quest’anno – complice la combinazione

favorevole fra la politica monetaria adottata dalla BCE, l’apprezzamento del dollaro e la

caduta dei prezzi del petrolio – si registra una buona dinamica delle esportazioni e un

miglioramento del clima di fiducia dei consumatori. E se nel 2014 l’occupazione è tornata a

crescere (ma solo al Centro e al Nord), il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 12.7%, con

dati particolarmente preoccupanti per quello giovanile che ormai sfiora il 43% a livello

nazionale e raggiunge picchi di quasi il 56% nel Mezzogiorno. Dati, questi, in

controtendenza rispetto allo scenario europeo, dove nel 2014 il tasso di disoccupazione ha

fatto registrare il primo calo dal 2008. Il tasso di occupazione segna una variazione annuale

positiva, raggiungendo il 55.7%, un dato tuttavia ancora molto lontano da quello UE

(64.9%): la distanza potrebbe essere colmata solo con l’ingresso nel mercato del lavoro di

altri tre milioni e mezzo di lavoratori; a questo proposito, i dati Istat confermano che,

benché la crescita dell’occupazione abbia riguardato soprattutto le donne, il tasso di

occupazione femminile (46.8%) rimane inferiore al valore medio dei Paesi dell’Unione

europea. Nel Rapporto, inoltre, si segnalano alcuni approfondimenti relativi alle dinamiche

del mercato del lavoro, che catturano diversi aspetti problematici della situazione italiana.

Un approfondimento del Rapporto25 evidenzia come il part-time sia l’unica forma di lavoro

cresciuta quasi ininterrottamente dall’inizio della crisi. Viene fatto notare che la crescita di

questo tipo di rapporto di lavoro non va interpretata tanto come una risposta alle crescenti

esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro degli individui, quanto

prevalentemente come una strategia seguita dalle aziende per far fronte alla crisi: dal

25

Rapporto annuale Istat per l’anno 2016, cap. 4.1.1

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32

documento si evince infatti un netto incremento del cosiddetto part-time involontario, cioè

scelto come ripiego, in mancanza di lavoro a tempo pieno. Si tratta di una forma di impiego

particolarmente diffusa fra gli atipici, che, come sottolinea la ricerca, si trovano esposti a

una doppia vulnerabilità, data dalla combinazione fra svantaggio di una lavoro precario e

ripiego su un orario ridotto: non stupisce che i valori di soddisfazione medi espressi da

questi lavoratori siano i più bassi (inferiori sia a quelli dei lavoratori a tempo pieno sia a

quelli dei lavoratori a tempo parziale volontario). La sezione si conclude osservando che in

questi anni di congiuntura economica sfavorevole, il part-time ha ricoperto e continua a

ricoprire un ruolo cruciale. Soprattutto quando involontario, il part-time è stato utilizzato

dalle imprese come uno degli strumenti di flessibilità, consentendo il mantenimento di

alcune posizioni lavorative e la creazione di nuovi posti di lavoro, ma penalizzando la

qualità del lavoro.”26

I cambiamenti imposti dall’evoluzione del mercato, dalla competizione, dalla

globalizzazione, dalla tecnologia sempre più avanzata impongono rapide e concrete risposte

con impegno, coerenza e dinamicità da parte di quelle imprese che sentono la necessità di

ripensarsi e reinventarsi. Per non soccombere, molte imprese pensano a un ringiovanimento,

ad una rivitalizzazione, la via giusta per fare “turnaround”27

e quindi per rinascere e

rientrare in quel circuito di domanda-offerta che le rende vive. Il turnaround, cioè la

reinvenzione dell’impresa potrà rendersi necessaria a seguito di una serie di fattori previsti e

perché no, imprevisti, come ad esempio mutamenti dovuti allo scenario, situazioni

aziendali, andamento della domanda, introduzione di nuovi strumenti legislativi. L’impresa

da reinventare dovrà dunque essere un insieme di risorse organizzate per dare soluzioni a

26

Cfr. http://www.secondowelfare.it/primo-welfare/istat-rapporto-annuale-2015-la-situazione-del-paese.html

Federico Razzetti, 25 maggio 2015 27

A. Foglio, pagg. 64 – 65 - 37

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33

problemi commerciali, produttivi, organizzativi, finanziari e per rispondere efficacemente

alle richieste del mercato. Dovrà innanzitutto rientrare in un sistema aperto (flessibilità e

visione di insieme) e organizzare persone, beni e servizi in maniera unitaria. Tutto questo

per conseguire un equilibrio economico duraturo e soddisfare i fabbisogni umani.

Essere consapevoli e saper gestire i cambiamenti fin qui analizzati, in un quadro di

riprogettazione, sarà la risposta che porterà successo alle imprese. Ma tutto questo è

possibile solo se esse sapranno accogliere il cambiamento in modo positivo, accettandolo e

confrontandosi con esso. Se saprà farlo, l’impresa sarà in grado di rispondere all’evoluzione

del mercato, all’innovazione tecnologica, alla battaglia concorrenziale e ai molteplici

cambiamenti che viviamo e vivremo. Lo scenario che prevede un forte sviluppo della

complessità dei problemi e delle situazioni, fa sì che l’impresa assuma un comportamento

più dinamico e attuale per rispondere all’evoluzione, alle incertezze al fine di gestire al

meglio la sua relazione con il mercato, quindi un’eventuale riprogettazione del suo modo di

essere impresa.

L’impresa deve fare di tutto per adattarsi a quanto richiesto dal mercato: migliori servizi,

competitività, qualità, flessibilità, migliori rapporti impresa-cliente, più organizzazione; se

dovesse rifiutarsi di capire il cambiamento, di adattarsi, di migliorarsi, è condannata a non

sopravvivere e a uscire di scena. Ma proprio i nuovi scenari analizzati finora sono la chiave

di lettura che ogni impresa deve considerare per trasformarsi e dare vita nuovi

comportamenti aziendali e nuove modalità organizzative. In una parola: innovazione.

Innovazione e qualità di prodotto, ricerca e sviluppo di prodotto, innovazione commerciale,

innovazione comunicazionale, innovazione gestionale. L’elaborazione di una vera e propria

cultura dell’innovazione all’interno dell’impresa garantirà una lunga vita nel mercato.

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34

2.2 La cultura come presupposto di un’impresa vincente

Ogni impresa, affinché si possa definire tale deve incorporare in sé ciò che rientra nel vasto

mondo della cosiddetta “cultura organizzativa”. L’importanza degli aspetti culturali nella

gestione d’impresa è esplosa con lo scoccare degli anni Ottanta quando ci si è accorti che i

modelli organizzativi e strategici non erano facilmente adottabili dalle aziende e non

producevano i risultati attesi. In questi anni si comincia a diffondere il tema del “change

management”.28

Le imprese, messe di fronte al cambiamento e all’impatto competitivo, si

trovano ad attivare importanti modifiche mirate a renderle più flessibili, veloci, efficienti e

adatte al contesto di mercato. È in questa situazione che irrompe il ruolo della cultura

aziendale nel management. I manager cominciano quindi a rendersi conto che la cultura

aziendale influenza i comportamenti delle persone all’interno dell’organizzazione.

Se vogliamo arrivare a una mappa il più possibile precisa della fenomenologia che sostiene

l’anima aziendale, non possiamo esimerci dall’analisi scrupolosa del termine “cultura”.29

Il

significato comune di “cultura” presuppone un complesso di cognizioni, tradizioni,

procedimenti tecnici, comportamenti e simili, trasmessi e usati regolarmente, caratteristico

di un gruppo sociale, di un popolo o dell’umanità; si può parlare di un complesso delle

tradizioni scientifiche, storiche, filosofiche, artistiche, letterarie di un popolo o di un gruppo

di popoli, di una caratteristica di chi è colto o chi ha una mentalità acquisita. La cultura è la

proprietà di un gruppo. Ogni volta che un gruppo ha abbastanza esperienza in comune

comincia a formarsi una cultura. Culture si trovano al livello di piccole équipe, di famiglie e

di gruppi di lavoro. Culture sorgono anche a livello di dipartimenti, di gruppi funzionali e di

28

A. Cravera, “La guida del Sole 24 ore ai classici del management nell’era della complessità”, Gruppo 24

ore, Milano, 2012, pag. 91 29

R. Cerovic, P. Bonani, “La nuova cultura aziendale. Vademecum per il cambiamento sistemico del

business”, Franco Angeli Editore, Milano, 2007, pag. 24

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altre unità organizzative che hanno un comune nucleo di occupazione ed esperienza. Si

trovano culture a ogni livello gerarchico. La cultura esiste a livello dell’intera

organizzazione, se c’è una storia sufficientemente condivisa.30

Tuttavia, le definizioni

sopracitate non sono altro che manifestazioni della cultura e nessuna esprime il livello in cui

la cultura è importante. A maggior ragione, il pericolo più grande nel cercare di

comprendere la cultura è di «semplificarla» eccessivamente nelle nostre menti. Il massimo

esperto della questione, Edgar Schein, ci insegna che per capire al meglio la cultura è

importante rendersi conto che «esiste a parecchi livelli». Ciò che realmente guida la cultura

sono gli assunti acquisiti, condivisi e taciti su cui la gente basa il proprio comportamento

quotidiano. La cultura è profonda, ampia e stabile: se la si considera un fenomeno

superficiale si è sicuri di fallire; quando un gruppo impara a sopravvivere nel proprio

ambiente, impara qualcosa anche sugli aspetti delle relazioni interne ed esterne; se si

vogliono cambiare alcuni elementi della propria cultura, si deve riconoscere che si stanno

affrontando alcune delle parti più stabili dell’organizzazione.31

In altre parole, per Schein la

cultura è data da un insieme di assunti condivisi dal gruppo, acquisiti imparando ad

affrontare i suoi problemi, tanto da poter essere insegnati ai nuovi membri come modo

corretto di percepire, pensare e sentire in base a quei problemi.

La cultura e la sua essenza, dunque, incidono particolarmente sull’organizzazione produttiva

dell’impresa, in quanto è la cultura di un popolo a essere influente nella struttura delle

relazioni sociali e a condizionare il modo di fare il business. Parafrasando “La nuova cultura

aziendale”, viene fuori un nuovo modo di definire la cultura d’impresa, ovvero la visione

30

E. H. Schein, “Culture d’impresa. Come affrontare con successo le transizioni e i cambiamenti

organizzativi”, traduzione a cura di Giuliana Picco, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000, pag. 16 31

Cfr. E. Schein, pagg. 18 – 25 – 26 – 27

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36

della “mappa del mondo aziendale” (come suggerito da Radoje Cerovic e Gian Paolo

Bonani, autori dell’opera): un insieme di elementi e tracce che orientano la percezione della

realtà e guidano gli individui che fanno parte dell’organizzazione; un insieme costituito da

modi di pensare ed interpretare la realtà da parte di ogni membro del sistema. Ne consegue

che la “mappa non è il territorio”, ossia la cultura aziendale non è data dalla realtà oggettiva.

Mappare la realtà è il modo di interpretare la realtà stessa. Come sostiene John Kotter,

professore emerito della Harvard Business School e autore dell’opera “Corporate Culture

and Performance” pubblicata nel lontano 1992 – ma sempre attuale -, la priorità delle

imprese di nuova generazione è fare della cultura non un vincolo, ma una leva di

adattamento al cambiamento. Ciò vuole significare che i leader che vogliono cambiare la

cultura aziendale e quindi l’azienda in sé, puntano a dei sistemi culturali in grado di

assorbire i cambiamenti senza danneggiarla.

Un altro punto interessante della questione è il distacco dei due autori dalle definizioni

classiche degli studiosi delle organizzazioni, infatti Bonani e Cerovic riferendosi all’analisi

di Schein sulla cultura aziendale, si trovano a dover sottolineare alcune imprecisioni poiché

secondo il loro parere la cultura è una caratteristica del sistema: ogni sistema umano ha una

sua cultura che rappresenta il miglior equilibrio possibile in un dato momento, ma quel

“miglior equilibrio” può essere, secondo gli esperti, inadeguato per i fini che l’azienda di

prefigge di seguire. Ciò significa che le culture sono qualità emergenti dei sistemi umani,

anche se come tali hanno effetti dannosi sul funzionamento aziendale e sul raggiungimento

di obiettivi specifici. Infine, il loro modo di vedere la cultura come aspetto inevitabile del

funzionamento dei sistemi aziendali32

è differente dalla prospettiva di altri esperti secondo i

quali vi sono sistemi aziendali privi di cultura aziendale. Anche queste aziende hanno una

32

Cit. R. Cerovic, P.Bonani, pagg. 31 - 32

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cultura che però impedisce il cambiamento e il raggiungimento di obiettivi aziendali:

nonostante sia una cultura “penalizzante”, pur sempre cultura è.

Per citare Schein, “la cultura è importante perché è un insieme di forze potenti, nascoste e

spesso inconsce, che determinano il nostro comportamento individuale e collettivo, i modi

della percezione, lo schema del pensiero e i valori. La cultura organizzativa è

particolarmente importante perché gli elementi culturali determinano strategie, obiettivi e

modi di agire. I valori e lo schema di pensiero di leader e dirigenti sono in parte determinati

dal loro bagaglio culturale e dalle loro esperienze comuni. Se si vuole rendere

un’organizzazione più efficiente ed efficace, allora si deve comprendere il ruolo giocato

dalla cultura nella vita organizzativa.”33

33

Cit. E. H. Schein, pag. 17

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38

CAPITOLO 3

I princìpi fondamentali dell’impresa

Quando si pensa alla cultura si possono identificare alcuni aspetti concernenti

l’organizzazione: come le persone si relazionano tra di loro e in che modo svolgono il

proprio lavoro. La prospettiva comune vuole che la cultura riguardi le relazioni umane

nell’organizzazione. Di certo i postulati culturali nelle organizzazioni crescono intorno al

modo in cui le persone si relazionano al loro interno, ma anche il modo in cui

l’organizzazione si relaziona ai suoi diversi ambienti.34

Com’è stato detto in precedenza,

un’organizzazione, sia essa un’azienda di prodotti o servizi, un ente o istituzione, è una

complessa struttura composta da risorse umane, mezzi e conoscenze, finalizzata a

raggiungere gli obiettivi che si è prefissata di raggiungere. I suoi fini sono espressi nella

vision e mission aziendale, perseguiti per mezzo di attività, valori e regole che ne

costituiscono la propria forza e caratteristica distintiva. Un’organizzazione è anche un

organismo dinamico poiché deve costantemente interfacciarsi con un“microambiente e

macroambiente”35

. Per “ambiente” si intende un complesso di protagonisti e di forze esterne

all’imprese che ne influenzano la capacità di sviluppare e mantenere positivi rapporti con i

clienti. Il primo (microambiente) è formato, oltre che dall’impresa stessa, dai soggetti che

influenzano la sua capacità di servire il mercato, ad esempio fornitori, intermediari

commerciali, clienti, concorrenti, operatori pubblici e sociali; il secondo (macroambiente) è

formato da contesti sociali non palpabili, come l’ambiente demografico, economico, fisico, 34

E. H. Schein, “Culture d’impresa. Come affrontare con successo le transizioni e i cambiamenti

organizzativi”, traduzione a cura di Giuliana Picco, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000, pag. 28 35

T. Ferrari, “Comunicare l’impresa. Realtà e trend polisensoriale-emozionale”, Clueb Editore, 2014, pag.

34

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39

tecnologico, culturale. La differenza sostanziale consiste nell’influenza degli ambienti

sull’impresa e viceversa: rispetto al microambiente, l’impresa può influenzarlo e può

esserne influenzata; il macroambiente invece, influenza l’organizzazione, sulla quale però

non è in grado di intervenire e di operare.36

Le funzioni organizzative e sociali degli ambienti caratterizzano un’organizzazione come

elemento di definizione della struttura organizzativa e come fattore di coesione interna,

necessario per la produzione e la trasmissione dei valori e dei conseguenti comportamenti.

Se l’organizzazione si trasforma in un sistema di rete, impostato sulla relazione, la

comunicazione diviene sempre più, una componente strutturale e strategica a sostegno della

mission, della vision, dei valori, della cultura dell’organizzazione. Da sistema di controllo,

nel suo trasformarsi in funzione dell’evoluzione dei modelli organizzativi, diventa un

sistema che crea cultura condivisa, partecipazione e coinvolgimento. Sorge, inoltre,

l’esigenza di agglomerare in un solo modello tutte le tipicità di comunicazione adottate

dall’organizzazione e da questa esigenza nasce la comunicazione organizzativa e le sue

definizioni.37

Tra le definizioni più autorevoli spicca quella di Emanuele Invernizzi, esperto

in comunicazione e strategie di marketing che asserisce così:

“la comunicazione organizzativa può essere dunque definita come l’insieme dei processi di

creazione, di scambio, di condivisione di messaggi informativi e valoriali all’interno delle

diverse reti di relazione che costituiscono l’essenza dell’organizzazione e della sua

collocazione nel suo ambiente. Essa coinvolge i membri interni, i collaboratori esterni ed

interni e tutti i soggetti esterni in qualche modo interessati e coinvolti nella vita

36

Dal sito web: https://associazioneetabetagamma.files.wordpress.com/2014/02/riassunti-marketing-philip-

kotler.pdf , cap. 3, pag. 5 37

E. Invernizzi, “La comunicazione organizzativa: teorie, modelli, metodi”, Giuffrè Editore, 2000, Milano,

pagg. 70 - 72

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dell’organizzazione compresi i suoi clienti effettivi e potenziali. Essa costituisce parte

integrante dei processi produttivi e decisionali e dei rapporti con gli ambienti esterni; viene

usata per definire e condividere la missione, la cultura e i valori dell’impresa; viene

impiegata inoltre per sviluppare la qualità dei prodotti e dei servizi; favorisce infine la

visibilità all’interno e all’esterno di tutta l’organizzazione, delle sue attività, delle sue

politiche e dei cambiamenti in corso.”

Da qui si evince come un’impresa sta in piedi e ha successo grazie a quella cultura che

racchiude in sé quattro principi fondamentali, quattro punti cardine della comunicazione

d’impresa, che nel tempo definiscono la sua identità, la relazione con i diversi pubblici38

e

rappresentano gli obiettivi di azienda, non dal punto di vista delle vendite, ma obiettivi di

più ampia portata, che servono a ridimensionare quelli commerciali. Quando si parla di fini

aziendali ci si riferisce il più delle volte alla vision, alla mission e al suo posizionamento,

oltre ai cardini che fanno dell’impresa la sua essenza, identità e immagine (molto spesso

oggetto di confusione).

3.1 La vision

L’azienda è una struttura costituita e organizzata per conseguire un suo scopo ultimo che è

esplicitato nella “vision”. Essa rappresenta appunto il fine ultimo dell’azienda; indica la

direzione in cui si vuole andare e dove si vuole arrivare; rappresenta il riferimento guida per

tutte le attività e le risorse aziendali e fissa un obiettivo a lungo termine. La vision non è un

concetto astratto, tutt’altro, grazie alla visione di tanti imprenditori oggi il mondo è pieno di

38

T. Ferrari, pag. 44

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41

innovazione, tecnologia e nuovi prodotti sempre più avanzati39

. Per certi versi è il sogno

dell’azienda e rispecchia i suoi valori, i suoi ideali e le sue aspirazioni. Inoltre deve essere

esplicitata e soprattutto deve essere condivisa con l’intera organizzazione a tutti i livelli.

3.2 La mission

Oltre ad essere conseguente alla visione dell’impresa, la mission rappresenta un documento

con cui l’azienda esplicita e porta a conoscenza dei suoi pubblici (interni ed esterni) quello

che a suo giudizio è il suo core business, i vantaggi competitivi che intende mantenere,

consolidare o raggiungere, i suoi valori e i suoi obiettivi di breve/medio periodo e le

politiche aziendali che intende adottare per raggiungere gli obiettivi stessi. La mission

definisce il ruolo dell’azienda per attuare la vision. Indicando i princìpi e gli obiettivi che

l’impresa decide di perseguire, deve per forza allinearsi con la vision stessa, focalizzandosi

più sul presente e fornendo una guida operativa dell’azione dell’organizzazione.

La mission deve essere composta da alcuni elementi chiave quali: la storia dell’azienda; le

preferenze del management e della proprietà, le risorse di cui dispone; descrive in modo

chiaro e conciso il motivo per cui l’organizzazione esiste, la sua unicità (in cosa si distingue

dalle altre aziende concorrenti), i valori che ne guidano l’azione, il target a cui si rivolge, gli

strumenti che utilizza, i bisogni a cui risponde, le risorse su cui fa affidamento, per cui

definisce le strategie, i valori, le finalità e gli obiettivi. La differenza sostanziale con la

vision è che, mentre questa indica il percorso e le aree in cui muoversi, la mission individua

principi e scopi a breve o medio termine. Tuttavia, affinché essa si compia, deve rispettare

39

Dal sito web: http://www.businessplanvincente.com/modello-di-business-plan/gli-obiettivi-dellazienda,

Impresa Sviluppo & Management S.n.c., 2015

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quattro step di elaborazione, tra cui la “fase preparatoria”, cioè di rilevazione del

posizionamento mediante la raccolta di informazioni e dati; la “redazione del Documento

della mission”, importantissimo dossier che ingloba in sé i muri portanti di una impresa a

partire dalla dichiarazione di apertura, dalla vision, obiettivi, ai principi morali cui intende

ispirare le sue scelte di governo e i suoi comportamenti; la terza fase rappresenta l’

“elaborazione dell’Action Plan”, ovvero il piano operativo da mettere a punto e seguire

meticolosamente per raggiungere quei traguardi specificati dalla mission; l’ultimo step è il

“coinvolgimento dell’intera struttura aziendale40

” perché tutti sono parte integrante

dell’impresa, tutti hanno una valenza, tutti sono una squadra, tutti occupano un ruolo, fermo

restando che senza quei tutti l’azienda non avrebbe vita. Per loro la mission rappresenta la

bandiera sotto cui i dipendenti si identificano e combattono quotidianamente.

3.3 Il posizionamento

Vision e mission sono il punto di partenza per un’impresa, ma per andare avanti, crescere e

svilupparsi deve considerare come fondamentale il “mettersi a confronto”, avere un “posto”,

insomma deve posizionarsi in uno scenario competitivo e di mercato. Per un’azienda

conquistare un buon livello di notorietà ed avere una buona immagine è molto importante. I

clienti, infatti, preferiscono fare acquisti da un’azienda con una buona reputazione e

possono essere disposti a pagare un prezzo relativamente più alto per i suoi prodotti. Se i

clienti target conoscono l’azienda e ne hanno una buona immagine, è più facile conquistarli

e fidelizzarli. Naturalmente è l’azienda stessa che, tenendo conto dei suoi obiettivi, decide il

proprio posizionamento, cioè come vuole essere percepita dal segmento di clienti potenziali

40

T. Ferrari, pagg. 46 – 47

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43

ai quali rivolgersi (target). Costruire un’immagine forte può essere un modo molto efficace

per differenziare i prodotti e i servizi di un’azienda da quelli dei concorrenti. Ogni azienda

deve fare tutto il possibile per raggiungere il positioning stabilito e deve controllare

periodicamente se ciò sta effettivamente avvenendo oppure no. Per fare questo controllo

bisogna realizzare delle indagini di mercato sulla notorietà e l’immagine aziendale.

Un tipico percorso per rafforzare notorietà ed immagine prevede le seguenti fasi:

1- ricerche di mercato per capire quanti clienti potenziali conoscono l’azienda e che

opinione ne hanno in assoluto e rispetto ai concorrenti;

2- identificazione dei punti di forza e di debolezza dell’azienda;

3- definizione degli interventi di miglioramento;

4- attuazione degli interventi di miglioramento;

5- monitoraggio, dopo un adeguato arco temporale, dei risultati raggiunti.41

In linea generale comunque, il posizionamento per un’azienda può essere ricondotto a

quattro aree, ossia l’area dei valori fisici, razionali e oggetti, dei valori emozionali,

relazionali e profondi: aree, queste, tutte correlate tra loro ma che forniscono i tratti

caratteristici dell’immagine che l’azienda ha di sé.42

41

Dal sito web: http://www.metron-on-line.it/awareness-positioning-study.html 42

T. Ferrari, pag. 49

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44

3.4 Identità e immagine a confronto

La tematica dell’identità e dell’immagine d’impresa si sviluppa verso la fine degli anni

Settanta e durante gli anni Ottanta. Alla fine degli anni Sessanta le imprese erano orientate

al prodotto in quanto era elevata la richiesta di beni. Tra la fine degli anni Sessanta e la fine

degli anni Settanta il mercato italiano cambia. Solo con la fine degli anni Settanta che,

all’interesse delle imprese verso i beni e servizi proposti in funzione del ruolo che ricoprono

per i diversi segmenti di consumatori, si affianca l’esigenza di costruire le proprie identità e

immagine.

Le imprese devono essere considerate come sistemi di significati, di relazioni, di linguaggi

che dovrebbero essere condivisi al proprio interno per poter poi essere trasmessi all’esterno.

Al livello definito “di superficie” si possono collocare tutti quei comportamenti espressivi

che costituiscono l’insieme dei segni visibili di un’impresa. A un secondo livello definito

invece “intermedio”, si inquadrano i valori di una determinata impresa in quanto

costituiscono il substrato e la motivazione dei comportamenti visibili e dei segni di

superficie. A un livello ancora più profondo infine, poniamo gli assunti di base su cui

prendono corpo i valori di una determinata impresa. La costruzione dell’identità

organizzativa di un’impresa è dunque frutto di un processo articolato. Bernstein propone

una definizione di identità d’impresa che riprende tre diversi concetti di identità: identità in

quanto coerenza; identità in quanto individualità; identità in quanto segno che identifica il

possessore. La proposta di definizione di identità parte dall’indicazione del soggetto

responsabile della ideazione, costruzione e gestione dell’identità: l’identità d’impresa è

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45

dunque ciò che dell’impresa intendono valorizzare, e successivamente comunicare, i

componenti della direzione. I vincoli di cui la direzione dovrà tener conto sono43

:

- Gli elementi fattuali dell’impresa, ossia le qualità che l’impresa declama devono aver

riscontro nella realtà;

- I discorsi che circolano a livello sociale, praticamente condivisi da tutti, che hanno

come oggetto l’impresa in relazione sia al suo passato, al presente e al futuro;

- Il posizionamento del prodotto, della marca e dell’impresa, ossia la percezione

diffusa nell’immaginario dei potenziali clienti.

Tenendo conto di questi vincoli, la leadership dell’impresa deve scegliere gli assunti di base

e i propri valori specifici. Il processo di definizione dell’identità di un’impresa è una

operazione strategica fondamentale perché individua quei princìpi di unicità e di

permanenza che rimarranno tali nel tempo e che devono costruire l’ancoraggio di ogni

comportamento dell’impresa stessa. L’identità d’impresa ha dunque la funzione di

costringere a decidere, all’interno dell’impresa stessa, su quali principi e valori l’impresa

dovrà essere comunicata. Il profilo “estetico”, unico e socialmente condiviso di un’impresa

è costituito da strumenti visivi, organizzati attraverso applicazioni specifiche coordinate, che

sono definiti visual identity. Gli elementi costituenti la visual identity sono:

- Logotipo, il fonema leggibile, memorabile e tipograficamente connotato che si

presenta come la prima e più immediata forma di comunicazione della marca;

- Marchio, il segno grafico che permette di identificare e distinguere le diverse

imprese e marche;

- Codici cromatici, i colori di riferimento dell’impresa nei suoi diversi settori;

43

R. Grandi, M. Miani, “L’impresa che comunica. Come creare valore in azienda con la comunicazione”,

Edizione ISEDI, Novara, 2006, cap. 5

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46

- Lettering, i caratteri tipografici utilizzati per i testi scritti di un’impresa.

L’identità di un’impresa viene trasmessa e fatta circolare da specifici processi comunicativi

tra loro integrati per comunicare nella maniera più efficace gli elementi che caratterizzano

l’identità di ciascuna impresa, diversificandola da tutte le altre. Se manca questa

condivisione, viene meno la forza della comunicazione. Citando Roberto Grandi, “l’identità

è ciò che i responsabili dell’impresa intendono prima valorizzare e poi comunicare”: sono i

superiori che definiscono l’identità dell’impresa, creando un sistema di equilibrio tra

l’introspezione organizzativa, rivolta alle tradizioni passate e l’estroversione organizzativa,

orientata al sociale e al cambiamento. Dal consolidamento interno dell’identità e quindi del

dialogo interno, nasce la possibilità di trasmettere l’identità all’esterno, e da questa

trasmissione nasce l’immagine aziendale. Il processo dinamico e comunicativo che

accompagna questo passaggio è costituito dalla comunicazione dell’identità (quello che

viene veicolato dall’interno) e dalla costruzione dell’immagine, cioè quello che viene

percepito all’esterno. L’identità si colloca nel sistema come elemento necessario ma non

sufficiente alla comunicazione efficace dell’organizzazione che invece ha bisogno proprio

della comunicazione per costruire la sua immagine.44

Quindi l’immagine che cos’è? In linea generale si può definire l’immagine come l’insieme

delle rappresentazioni affettive e razionali, riferite a ogni individuo, di una marca, un

prodotto, un’azienda, un’idea; o ancora, l’immagine è il risultato delle percezioni dei

pubblici di riferimento. Questa definizione mette in evidenza due aspetti:45

innanzitutto

l’immagine è il prodotto delle percezioni e che è relativa a un determinato pubblico. Ma

44

C. Benzi, “La comunicazione organizzativa. Schede teoriche e tecniche”, Centro Studi Cisl, 2008, pag. 17 45

M. Morelli, “L'immagine dell'impresa. Le leve strategiche della comunicazione nell'epoca del

cambiamento”, Franco Angeli Editore, Milano, 2004, pagg. 26 - 27

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47

quali sono i fattori che influenzano l’immagine aziendale? L’evoluzione del concetto in

questione sembra essere determinata da sei fattori46

:

- Le dimensioni dell’impresa, la sua struttura, il settore in cui opera, i prodotti o i

servizi che offre: essi sono elementi essenziali nella creazione dell’immagine;

- Se si considera che l’immagine possa essere positiva, negativa o neutra, ma che in

ogni caso l’impresa non ne può prescindere, può darsi che l’impresa susciti interesse

grazie ai prodotti e servizi utili a migliorare la qualità della vita, o che, in caso

contrario, l’opinione pubblica sia interessata ugualmente alle notizie riguardanti

prodotti di cattiva qualità: anche le cattive notizie avranno l’effetto di aumentare la

notorietà dell’azienda, nonostante ciò provocherà sentimenti negativi nei suoi

confronti;

- Se le attività di un’azienda sono varie e diversificate, saranno diversificati anche i

messaggi che essa emette;

- È indubbio che le aziende seguaci di una politica di comunicazione, investendo nella

creazione dell’immagine aziendale sono meglio conosciute e godono di un’ottima

reputazione;

- Il tempo è uno dei fattori fondamenta mentali, in quanto la reputazione aziendale va

costruita e curata attraverso un processo graduale, senza fretta e meditando sui

possibili cambiamenti che l’ambiente interno ma soprattutto esterno inevitabilmente

impone;

46

T. F. Garbett, “La corporate image. Come costruire e mantenere l’identità dell’azienda”, Editore

Etaslibri, Milano, 1992, pagg. 11 – 12 e 20

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48

- Il tempo però è l’altra faccia della stessa medaglia, perché potrebbe lenire il ricordo

dell’azienda da parte della gente. Per questo è necessario che la costruzione e il

rafforzamento dell’immagine deve essere un lavoro costante e continuo negli anni.

Se l’immagine è l’insieme di percezioni allora è utile chiedersi cosa sia la percezione e cosa

si cela dietro il suo significato. La parola in questione deriva dal latino perceptio, che

indicava l’atto e l’effetto del percepire, del ricevere. Mentre l’italiano percezione appartiene

soprattutto al linguaggio della filosofia e della psicologia e indica un processo per cui le

sensazioni proveniente dal mondo esterno vengono elaborate dalla mente e riconosciute: la

percezione, quindi, è vicina ai processi mentali attivi come il ragionamento, i sentimenti e le

emozioni.47

In relazione all’immagine dell’impresa, però, i pubblici consumatori

percepiscono una serie di sensazioni/informazioni dal mondo esterno, attribuendone un

significato, relativo a un modello del mondo reale. Per tale motivo, in termini tecnici,

l’immagine complessiva non è altro che la “rappresentazione che i diversi pubblici hanno

dell’azienda”48

, pubblici costituiti non solo dagli individui esterni all’impresa che

usufruiscono di beni e servizi ma anche delle persone che fanno parte dell’azienda. Affinché

la rappresentazione che l’azienda desidera ottenere sia il più possibile coincidente con

quella che i pubblici si costruiscono di essa, è necessario promuovere il coordinamento

dell’immagine tra tutte le funzioni dell’impresa ed assicurare che il rapporto tra

comportamento e comunicazione sia coerente.

In ultima analisi, come si può comunicare un’immagine positiva del management? I criteri

messi a punto da Thomas F. Garbett49

sono molteplici - anche se a detta sua non uniformi.

47

M. Morelli, pag. 32 48

T. Ferrari, pag. 50 49

Thomas Garbett è uno dei maggiori esperti statunitensi di pubblicità e immagine aziendale.

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Tra i tanti vi è il confronto tra i progetti, le proiezioni e le previsioni aziendali precedenti

con i dati attuali; la disponibilità verso gli analisti è segno di apertura; l’attenzione al

marketing costituisce un ulteriore vantaggio; un buon programma di comunicazione dà

l’impressione che il management domini la situazione, al quale ne facciano parte tutti e con

una certa continuità.

Il rapporto scaturito tra corporate identity e corporate image risiede in quattro assiomi50

fondamentali:

- Ogni impresa ha una propria identità e una propria immagine;

- Qualunque attività dell’impresa (positiva o negativa), sia il suo modo di essere sia il

contesto in cui opera, condiziona la sua identità e di conseguenza la sua immagine;

- L’azienda non è in grado di controllare la propria immagine nella sua totalità, a

differenza invece dell’identità;

- Il proporre un’identità che corrisponde al reale, è sintomo di un miglioramento

dell’immagine dell’azienda.

3.5 La comunicazione d’impresa come “vantaggio competitivo”

Osservando il binomio comunicazione e organizzazione si può facilmente constatare come

il primo termine sia venuto assumendo un ruolo e uno spazio sempre più preponderante

nell’evoluzione e nella definizione dell’organizzazione stessa. Fino a un recente passato, il

rapporto tra i due termini rivestiva una realtà marginale: per le aziende, ad esempio, tra gli

aspetti decisivi vi erano i contatti con i fornitori, le reti di distribuzione, la puntualità nelle

50

M. Morelli, pag. 30

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consegne, il prezzo, ma la comunicazione non appariva un elemento così indispensabile per

l’affermazione di un determinato servizio. Oggi, ogni persona che opera con una qualsiasi

responsabilità all’interno del mondo del lavoro sa che tra i suoi compiti essenziali c’è

proprio quello di comunicare. Questa, ormai, è una funzione che determina il successo o il

fallimento di un prodotto, di un’iniziativa, di una stessa organizzazione; non appare

esagerato, quindi, affermare come essa costituisca uno snodo decisivo, l’ambito nel quale

viene a giocarsi il confronto, ciò che contribuisce a conferire contenuto al tanto conclamato

concetto di qualità. La qualità, infatti, non si risolve in un aspetto aggiuntivo del prodotto,

quasi fosse un suo effetto. Essa rappresenta, piuttosto, una dimensione destinata a

coinvolgere l’intero processo produttivo e domanda, innanzitutto – per una piena

soddisfazione del destinatario del servizio – la valorizzazione delle risorse umane interne

all’organizzazione. Quest’ultima, del resto, comunica non semplicemente quando decide di

uscire all’esterno con un’immagine specifica di sé, ma con tutto ciò che è: con le sue

relazioni interne, con la qualità dei rapporti tra gli operatori, con la messa in comune di

obiettivi e strategie, con la scelta di investire nella formazione del proprio personale. A

questo livello, la comunicazione viene a costituire un nuovo sistema manageriale, un

approccio sostanziale che coinvolge tutti i settori, canalizzandoli verso la realizzazione delle

strategie dell’organizzazione.

In una società sempre più terziarizzata51

come quella attuale, emergono valori come

l’affidabilità, per la costante responsabilità riconosciuta alle persone, la soggettività, che

porta a prodotti creati non più semplicemente per la massa, l’affettività, quale condizione

perché la persona sia valorizzata, la destrutturazione spazio-temporale, per cui si lavora a

casa mantenendosi collegati in rete, e – non da ultimo – la qualità della vita, dimensione

51

Cfr. http://www.lacomunicazione.it/voce/organizzazione-e-comunicazione/, Ivan Maffeis

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prima ignorata e ora ritenuta imprescindibile. Tale cambiamento ha provocato, a livello

gestionale, una crisi diffusa dei metodi tradizionali e la domanda di un nuovo rapporto tra

comunicazione e organizzazione. Essa, più che come sistema chiuso, viene interpretata

come insieme complesso di parti interdipendenti che interagiscono fra loro e che, per

conseguire i loro obiettivi, sono chiamate a partecipare a un processo di adattamento

continuo, all’interno di un ambiente in costante evoluzione. La propensione innovativa,

favorita dalla tecnologia, ha dimensioni tali in termini di trasformazione del modo stesso di

vivere, che il problema fondamentale per l’individuo diventa non tanto l’integrazione a una

specifica innovazione, quanto l’elasticità, ovvero il suo più generale equilibrio in un

dinamismo sistematico e solitamente stressante.

Decisivi diventano, da un punto di vista strutturale, il setting (o clima) e lo stile

manageriale, chiamato a confrontarsi continuamente con le persone alle quali si rivolge, per

percepirne le aspettative e aiutarle, a loro volta, a cogliere le possibilità offerte

dall’ambiente. A seconda della maturità dei collaboratori, il comportamento da direttivo

muta in relazione, passando dalla semplice prescrizione alla persuasione, dal

coinvolgimento alla delega.

La comunicazione assume, così, un ruolo sempre più centrale, tanto all’interno dei

sottosistemi che compongono l’organizzazione – dove essa favorisce l’entrata di nuovi

valori, la loro identificazione e interiorizzazione, fino ad accompagnare il processo di

ristrutturazione – quanto nei rapporti con l’esterno, in un dinamismo di reciproca influenza.

La sua funzione si avvicina, quindi, più a un’azione di armonizzazione che non a un bisogno

di controllo: ascoltare, informare, dialogare, promuovere una corporate culture, coinvolgere,

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valorizzare, diventano presupposti generali, alla cui validità sono oggi legate le condizioni

per il cambiamento e il miglioramento di qualunque struttura organizzativa.

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PARTE SECONDA

GLI EVENTI PER FESTEGGIARE I 130

ANNI DE IL RESTO DEL CARLINO

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Per focalizzare l’attenzione sull’oggetto principale di questo lavoro che è il vasto mondo

degli eventi dalla loro ideazione al loro svolgimento e monitoraggio a posteriori, e per

confermare “a livello pratico” quanto sia fondamentale la funzione della comunicazione in

ambito aziendale, è doveroso prima di tutto conoscere uno dei giornali più importanti del

panorama italiano che è il Resto del Carlino, per comprendere e valutare gli effetti

esperienziali e territoriali in un contesto circoscritto e di competenza che va dall’Emilia

Romagna, alle Marche, al Veneto.

La prima domanda che potrebbe nascere si riferisce a quale nesso intercorre tra gli eventi e

il Resto del Carlino – che prima di tutto è una redazione giornalistica. La risposta è

semplice: il Resto del Carlino, come tanti altri giornali, non è solo un quotidiano che

racconta le notizie ogni giorno dal 1885, ma si affaccia – per varie ragioni che verranno

illustrate in seguito – a numerosi orizzonti che l’hanno reso un’impresa a tutti gli effetti:

come impresa, dunque, instaura relazioni con molteplici settori, da quello economico-

finanziario, dal marketing, a quello delle relazioni pubbliche, della comunicazione ecc.

Apparentemente gli eventi e i giornali quotidiani appartengono a mondi ben distinti, eppure

tra questi due elementi vi è una stretta correlazione, possibile grazie a quel collante che è la

comunicazione, capace di “mettere in comune”, di connettere, di coinvolgere e di legare

l’opinione pubblica all’operato aziendale mediante l’organizzazione degli eventi, strumenti

per eccellenza delle relazioni pubbliche che occupano un ruolo centrale per le strategie di

marketing territoriale.

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CAPITOLO 4

il Resto del Carlino, simbolo della città di Bologna da 130 anni

Immagini storiche del ‘Carlino’: i quattro fondatori in una vignetta di Nasìca (Augusto Majani52

)

Quando Bologna nel 1885 contava già quattro quotidiani, la Gazzetta dell’Emilia, La Patria,

La Stella d’Italia, L’Unione, e tre periodici umoristi ovvero “La rana”, “Il Pappagallo” ed

“Ehi! Ch’al scusa”, nella notte tra il 20 e il 21 marzo del 1885, di sabato, quattro giovani

appena laureati in giurisprudenza e dediti alla scrittura e al divertimento, Alberto Carboni,

Cesare Chiusoli, Francesco Tonolla, tutti e tre bolognesi, ai quali se ne aggiunse un quarto,

il marchigiano Giulio Padovani, formando il conosciuto gruppo dei “quattro moschettieri”,

progettarono insieme quello che ad oggi è uno dei giornali più in voga del Paese,

52

Augusto Majani è stato il primo vignettista della storia giornalistica e anche pittore e grafico

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particolarmente diffuso in Emilia Romagna e nelle Marche, utilizzando 100 lire a testa per

la prima pubblicazione de “il Resto…del Carlino”.

Il nome dato a questa nuova testata ha una storia particolare e lo si deve a un’idea di

Padovani che cambiò in corsa il progetto dei soci, i quali copiando un piccolo foglio

denominato “il Resto al sigaro” che circolava a Firenze in quegli anni, avrebbero usato il

giornale appunto come resto di 2 centesimi a chi acquistava un sigaro “Cavour” o

“Minghetti” al prezzo di 8 centesimi e pagato con una baiocca (moneta dello Stato

Pontificio fino al 1886) da 10 centesimi, che qualcuno chiamava ancora “carlino”. Il foglio,

dunque, era già stato lanciato come “Il resto del zigaro” e affidato ai tabaccai per la

distribuzione. Padovani allora convinse i soci che il giornale identificato come “resto”

sarebbe morto al primo aumento di prezzo di sigaro o del giornale. Per non scontentare i

tabaccai si giocò sul concetto di resto, con l’aggiunta di tre puntini di sospensione nella

testata, riferendosi al detto popolare “dare il resto del carlino” che vuole significare mettere

le cose a posto, regolare i conti insomma. E così il Carlino si è salvato per i successivi 130

anni e promette un lungo futuro.53

53

P. Visci, già Direttore de il resto del Carlino, 130 anni del Resto del Carlino, radici, storia, eccellenze,

aneddoti, saggio, Libro Aperto, gennaio/marzo 2015

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Il primo numero de “Il Resto…del Carlino”, 21 marzo 1885

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Nel primo editoriale, non firmato ma attribuito a Padovani che lo titolò con un punto

interrogativo e tre puntini di sospensione, salutò i lettori con una nota di provocazione: «Ci

resta la vanità di credere che, se non riusciremo, il torto sarà tutto del pubblico, che non avrà

saputo comprendere» ed esordì così:

“Questo punto deve servire a rappresentare la curiosità dei lettori per un giornale piccolo

per chi non ha tempo di leggere i grandi; un giornale dove l’uomo d’affari, l’operaio,

l’artista, la donna, tutti, troveranno in un batter d’occhio le notizie sugli avvenimenti più

importanti.”

Era un foglio quotidiano tutto nuovo, «un giornale piccolo per chi non ha tempo di leggere i

grandi», con un approccio simpatico già nella sua testata, “il Resto…del Carlino” e con

un’immagine, opera del pittore Giacomo Lolli, di una giovane donna vestita da una

semplice camicia bianca e con un sigaro fumante in bocca (geniale idea del marketing –

diremmo oggi – non solo per favorire il commercio dei tabaccai che lo vendevano, ma

anche straordinaria anteprima dei movimenti di emancipazione femminile che di lì a poco

avrebbero provocato le suffragette inglesi). Successivamente quella donna che ispirava

“libertà femminile” cambiò d’abito e smise di fumare. Cambiò anche il nome della testata

per mano di Augusto Majani, il quale eliminò i puntini sospensivi a fine 1885, e più tardi la

“i” divenne minuscola, risultando così un nome chiaro e diretto, come in fondo volevano

che fossero le notizie: il Resto del Carlino.

Prese in mano le redini della redazione, i quattro giovani fondatori organizzavano i ruoli di

ognuno: Carboni si occupava di politica ed economia e firmava come redattore

responsabile; Chiusoli lavorava come critico drammatico, Tonolla critico musicale e

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Padovani curava la rubrica “Sprizzi/Azzi/Uzzi” in cui pullulavano indiscrezioni, gossip,

sottile ironia sui fatti della giornata, sia nazionali sia locali.

I bolognesi da subito adottarono questo giornale, ma paradossalmente più il Carlino

vendeva, più perdeva. La problematica risiedeva prettamente in un fattore economico-

amministrativo che portò il giornale a una profonda crisi: Tonolla, proveniente da una ricca

famiglia, colui che amministrava il Carlino all’epoca, era poco pratico dal punto di vista

economico, rischiò di mandare in rovina il giornale, perché fece l’errore di aumentarne il

costo di 3 centesimi. I tabaccai si infuriarono e smisero di venderlo; nel mentre di una tale

tensione si decise di modificare il formato, ma fu tutto inutile: le copie precipitarono. Si

tentò il possibile fin quando non si fece avanti un uomo, l’avvocato ferrarese Amilcare

Zamorani che il 23 dicembre 1885 acquisendo la quota di Padovani divenne il proprietario

e direttore de Il Resto…del Carlino.

Con Zamorani tutto si ridimensiona e torna finalmente la luce per il giornale. All’alba del

1886, l’avvocato trapiantato a Bologna trasformò il Carlino da un giornalino sulla strada del

fallimento in un vero quotidiano di informazione, assumendo i toni dei maggiori giornali

nazionali e portò il giornale a diventare un’azienda editoriale e tipografica con tutte le

migliori caratteristiche della modernità e dell’efficienza industriale e giornalistica.

Contemporaneamente comincia a definirsi l’area politica di riferimento, quella cioè

dell’associazione democratica dei radicali, repubblicani e socialisti, aumenta il formato, da

19x29 cm a 37x52 cm, le colonne da tre a cinque e anche il prezzo che sale a 5 centesimi:

con queste novità, entro un anno le vendite arrivano a 12.000 copie, tante se si rapportano a

una città con 130.000 abitanti. Il Carlino apre le porte alle donne, prima fra tutte Olga

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Ossani, poi Annetta Ceccoli Boneschi, ma tra le firme illustri spunta quella di Giosuè

Carducci con uno scritto dedicato a Severino Ferrari Poeta che finisce in prima pagina.

Nel 1888 Zamorani trasferisce la sede in piazza Cavour, dove nel 1990 verrà installata la

“rotativa delle meraviglie”, capace di stampare 10.000 copie già piegate in un’ora. Il

“nuovo” Carlino supera di gran lunga, portando al fallimento il Don Chisciotte di Barbanti

Brodano, La Stella d’Italia e La Gazzetta dell’Emilia. Nel mese di gennaio dello stesso anno

il giornale assorbe La Patria, un altro quotidiano locale. Qualche anno più tardi, il Carlino

diventerà un giornale sempre più radicato nella cultura bolognese, arrivando a salire al

primo posto dei giornali più letti e apprezzati: nel 1890 infatti, sono 20.000 le copie

vendute; nel 1895 viene così acquistata la prima macchina rotativa e il giornale si trasferisce

in piazza Calderini.

Nel 1905 il direttore viene colpito da una grave malattia al quale gli succede Pio Schinetti.

Ma i ventiquattro anni vissuti da Zamorani-direttore, sono stati fondamentali per un’azienda

editoriale come quella del Carlino, il quale con passione e intelligenza riuscì a guidarla

verso l’innovazione e la tecnologia proiettandola nel futuro.

4.1 1900: secolo di grandi cambiamenti per il Carlino

In un secolo come quello del 1900, dove si sono succeduti ripetutamente fatti cruciali che

hanno costituito la storia che conosciamo oggi, anche il Resto del Carlino ha subìto tanti

accadimenti che l’hanno sicuramente fatto crescere ma anche segnato, sia dal punto di vista

amministrativo e di gestione - poiché è passato in mano a tanti personaggi -, sia per quel che

concerne il contesto storico, perché sarà costretto a fare i conti con il fascismo.

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A partire dal 1909, dopo la morte di Zamorani, lo Stabilimento Tipografico Emiliano, la

società editrice del Carlino, passa a un gruppo finanziario, capeggiato dai deputati moderati

Giuseppe Tanari ed Enrico Pini, che resterà a “governare” il giornale per quattro anni, anni

in cui si susseguono altri direttori, fin quando la gestione finanziaria passa a Filippo Naldi

insieme a un gruppo di industriali saccariferi. Gli anni della Grande Guerra portano il

giornale a un picco di copie vendute, da 30.000 a 150.000 anche grazie all’esercizio speciale

per i soldati al fronte predisposto dal giornale. Tra i più grandi corrispondenti vi è Gino

Piva, sindacalista, politico, giornalista, nonché poeta italiano che operò per il Resto del

Carlino dal 1914 al 1929 come corrispondente di guerra.

L’influenza del Fascismo diventa preponderante dal 1925 e l’assetto proprietario del

quotidiano oscilla tra la famiglia Agnelli e il politico Leandro Arpinati nel che acquisisce il

controllo nel 1927, contro il parere di Mussolini che invece lo otterrà nel 1933. Il Carlino

diventa proprietà del partito fascista. Nel 1940 la parentesi fascista si conclude con

l’acquisizione da parte di Dino Grandi. Nei venti anni di regime si susseguono ben nove

direttori, quasi nessuno giornalista di professione. La caduta del fascismo porta una breve

boccata d’aria, un momento di libertà che a Bologna durò solo 45 giorni, dopodiché si

avviano i così definiti 600 giorni della RSI e della Resistenza, ma per il Carlino non sono

giorni facili, in quanto a causa dei bombardamenti che danneggiarono la sede di via Dogali,

furono vendute solo 15.000 copie. Addirittura lo storico nome il Resto del Carlino viene

cancellato. Gli ufficiali del PWB (Psychological Warfare Branch), la sezione informativa

delle forze alleate, fonda la nuova testata “Giornale dell’Emilia”. A causa di problemi

economici, il quotidiano è costituito da un solo foglio – definito “formato lenzuolo” – di cui

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la prima facciata è dedicata alle notizie di interesse nazionale, mentre il retro è riservato alle

notizie derivanti dall’area bolognese.

Poco dopo la Liberazione, nel maggio del 1945, al giornale si affiancano gli industriali

saccariferi, tornando in mano ai proprietari terrieri, mentre nel 1946, nel gruppo azionario

spicca il colosso saccarifero Eridania Zuccheri, che assume il controllo della società editrice

del quotidiano, la S.A. Polografici il Resto del Carlino. Seguono diversi direttori alla guida

del quotidiano, fino alla direzione di Vittorio Zincone che promuove un referendum per la

riappropriazione del vecchio nome della testata: vincerà il sì, quasi all’unanimità. Così il 4

novembre del 1954 il Resto del Carlino riappare dopo 3.483 giorni di assenza, con la

direzione di Giovanni Spadolini, dal 1955 al 1968, professore fiorentino a cui si deve la

creazione della Terza pagina, arricchita dalle firme di personaggi illustri dell’epoca.

4.1.1 Si apre una nuova pagina aziendale54

con il Cavaliere del

Lavoro Attilio Monti

Questi sono anni cruciali per il quotidiano, anzi si può dire con precisione che il 18

novembre 1966 è l’anno-svolta de il Resto del Carlino, grazie all’arrivo del petroliere Attilio

Monti acquirente del “pacchetto” Carlino, dall’Eridania Zuccheri al quotidiano gemello La

Nazione di Firenze nato nel 1952, al quale si affianca qualche anno dopo, nel 1956, a

Milano il quotidiano Il Giorno, diretto da Gaetano Baldacci (novità importante nel

panorama giornalistico nazionale: in breve tempo Il Giorno toccherà 150.000 copie di

vendita). Sì, la “trilogia” sta per compiersi, il Resto del Carlino, Il Giorno e La Nazione

54

Cit. P. Visci, 130 anni del Resto del Carlino, radici, storia, eccellenze, aneddoti, saggio, Libro Aperto,

gennaio/marzo 2015, pag. 139

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sono i tre quotidiani accorpati in un unico giornale che è il QN – Quotidiano Nazionale,

oltre che componenti di un unico gruppo editoriale, la Poligrafici Editoriale.

Tornando alle innumerevoli redazioni del quotidiano, dopo che Spadolini lascia il Carlino

per dirigere un altro giornale, il Corriere della Sera, arrivano Domenico Bartoli e il

designer Giuseppe Trevisani a cui si deve la modifica dell’immagine grafica grazie a una

nuova tecnica di stampa, dato che la tecnologia avanza..e avanza, soprattutto a cavallo tra

gli anni ottanta e gli anni novanta.

In 130 anni, dalla primissima di Alberto Carboni nel 1885, al direttore attuale Andrea

Cangini, nella sede di via Mattei (quinta sede dopo via Garibaldi, piazza Cavour, piazza

Calderini, via Dogali) si sono alternati ben 43 direzioni e 39 direttori e con l’attuale

proprietà, a partire da Spadolini, sono 16 le direzioni con 15 direttori tra cui Franco Di

Bella, Gabriele Canè, Giancarlo Mazzucca, Pierluigi Visci, Giovanni Morandi, Andrea

Cangini. Le date importanti sono tre:

1976: quando la S.A. Poligrafici il Resto del Carlino passa ad Andrea Riffeser,nipote di

Monti, l’anno seguente essa modifica la propria denominazione in Poligrafici editoriale;

1986: la Poligrafici Editoriale viene quotata in Borsa;

1996: Il Gruppo Monti-Riffeser diventa l’attuale Monrif Group.

Da 49 anni, insomma, l’attuale Famiglia Monti-Riffeser, assicura la più lunga e solida

continuità aziendale della storia de il Resto del Carlino, con il Cavaliere del Lavoro Attilio

Monti per i primi 28 anni, con la figlia Maria Luisa Monti Riffeser, attuale presidente, e al

nipote Andrea Riffeser Monti, amministratore delegato e direttore generale nel periodo

successivo e tuttora.

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Ma chi era Attilio Monti? In che modo – da petroliere - è riuscito ad accresce l’impero della

carta? Da un articolo pubblicato da La repubblica nel lontano 1984 si legge questo: “ ‘Il

cavalier Artiglio’, lo chiamavano così alcuni dei suoi collaboratori più fidati, e non certo a

scopo d’irrisione, ma quasi a riassumere le qualità dell' uomo e del finanziere. “Artiglio”:

bel nome di battaglia per questo romagnolo alto, asciutto, profilo grifagno, baffetti taglienti

come lame, aria simpatico-ribalda. Nel settembre 1966, conquistando il controllo della

Società Industrie Agricole Ligure Lombarda, si mette in tasca la maggior industria

saccariferia italiana, l’Eridania. Nello zucchero dell’Eridania c’è anche lo zuccherino dei

giornali. Sono quelli della Poligrafici Editoriale: il Resto del Carlino, La Nazione, le loro

edizioni serali, il quotidiano sportivo Stadio. Il suo impero poggia su due gambe, petrolio e

zucchero.

All’inizio degli anni settanta è il petroliere di cui si scrive di più. Si scrive della sua potenza,

sancita nel 1973 dall’ingresso nel sindacato di controllo della Montedison. Si scrive delle

sue tasse (800 milioni di reddito imponibile nel 1973). Dei suoi aerei privati. Delle sue ville

a Cap d’Antibes e in Florida. Nasce la figura del “Petroliere nero”. Monti è, sì, il maggior

petroliere italiano, ma le sue raffinerie cominciano a produrre solo perdite. È ora di ridurre

l’impero, anzi, di ristrutturarlo, arte nella quale Monti è sempre stato un maestro. Si disfa

del Giornale d’Italia. Chiude il Telegrafo. Cede l’Eridania ai Ferruzzi. Fra il 1980 e l’ ‘81 si

disfa dell’Eni, delle sue raffinerie e dei distributori di benzina. Per rialzarsi dunque,

possiede alberghi, progetta insediamenti turistici, ha tirato su una piccola compagnia aerea.

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Ma volete mettere il piacere, e il potere, che dà la carta stampata? Carlino e Nazione,

sistemati da abili manager, vanno bene, rendono di più...”55

Il Resto del Carlino voleva essere una finestra sulle vicende di cui si parlava in piazza, nei

caffè, magari andando a comperare il primo sigaro della giornata. È così che da piccolo che

era, è diventato grande. Da Bologna è arrivato ovunque, ha saputo documentare svolte

epocali, guerre, rivoluzioni, tragedie e successi, lacrime e sorrisi, ha accompagnato il

passaggio dall’Ottocento al Novecento e quindi al nuovo millennio, è entrato via via nella

nuova era della comunicazione, oggi ancor più veloce e multimediale. E tutto questo grazie

al sostegno degli editori che lo hanno fatto crescere, grazie alle intuizioni e all’impegno di

più di quaranta direttori che lo hanno guidato, grazie all’acume di firme autorevoli che

hanno illuminato la testata, Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli, e poi Alfredo Oriani,

Giuseppe Prezzolini, Giovanni Papini, Giovanni Gentile e Ignazio Silone, grazie al lavoro

quotidiano di centinaia, migliaia di giornalisti, collaboratori e fotografi pronti a cogliere

l’attimo fuggente, grazie a tutti coloro che questo giornale lo hanno impaginato, stampato

ogni notte, distribuito e diffuso.

Ma soprattutto lo hanno amato. Se il Carlino oggi è sempre leader nelle sue aree di vendita,

è proprio grazie a chi ha continuato a seguirlo quotidianamente e a sentirlo come uno di

famiglia.56

55

Cfr. G. Pansa, “L’irresistibile ascesa del Cavalier ‘Artiglio’”, articolo de “La Repubblica”, Roma, 11

settembre 1984, URL consultato il 23 maggio 2015

(http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/09/11/irresistibile-ascesa-del-cavalier-

artiglio.html) 56

Cfr. S. Marchetti, “Il Carlino compie 130 anni: la storia del foglio che cambiò l'informazione”, articolo de

il Resto del Carlino, 21 marzo 2015, Bologna, URL consultato il 24 maggio 2016

(http://www.ilrestodelcarlino.it/speciali/130/storia-resto-del-carlino-compleanno-1.779743)

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4.2 Monrif Group, il suo impero della carta e non solo

Modernizzazione, identità. L’originalità dell’accostamento di questo binomio sta nell’idea

che i modelli di sviluppo debbano essere fortemente legati all’identità. E questa è una cosa

straordinaria, proprio per l’elemento di contraddizione che c’è nel termine “identità”. In

effetti, non c’è dubbio che l’elemento “tradizione” abbia una valenza identitaria, ma al

tempo stesso va ricordato che non esiste identità senza scambio. Un aspetto importantissimo

che costituisce la ricchezza dell’identità che si arricchisce nella tradizione e nello scambio.57

Questi sono gli elementi distintivi di un’azienda come la Monrif Group, holding finanziaria

che negli anni è riuscita a radicarsi nel territorio emiliano ma anche a livello nazionale,

inglobando in un giornale unico, il Quotidiano Nazionale, tre quotidiani, il Resto del

Carlino, La Nazione e Il Giorno, diffusi distintamente nel bacino di competenza.

Nel segno di una profonda tradizione, l’editore Monti Riffeser è riuscito a sviluppare una

grande editoria nazionale e imprenditoriale, diventando leader nella comunicazione pubblica

e locale e portando il quotidiano alle vette più alte della lettura: il Quotidiano Nazionale,

infatti è il terzo quotidiano d’informazione in Italia per numero di copie diffuse, dopo il

Corriere della Sera e La Repubblica. È una delle più belle ed affascinanti storie del

57

C. Pertini, “La tradizione è un’innovazione ben riuscita”, articolo tratto da AriannaEditrice, 24 gennaio

2007, URL consultato il 25 maggio 2016 (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=8159)

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capitalismo italiano che dal quartier generale di Bologna è diventata un Gruppo leader nel

mercato dell’Editoria, Stampa, Nuove Tecnologie e Turismo. Il Gruppo assume l’attuale

denominazione con la quotazione in Borsa nel 1986 e segna un ulteriore sviluppo con la

quotazione nel 2007 del Gruppo Poligrafici Printing, attivo nella stampa con le controllate

Grafica Editoriale Printing S.r.l., Csp (Centro Stampa Poligrafici) e Gcp (Grafica

Commerciale Printing S.r.l).

S.A Poligrafici il Resto del Carlino viene rinominata Poligrafici Editoriale nel 1977, a

seguito dell’assorbimento delle società editrici dei quotidiani La Nazione e il Resto del

Carlino, che facevano capo ad essa. L’anno prima l’Editoriale (ora gruppo Monrif) aveva

acquisito la partecipazione di controllo della società. Nel 1986 viene quotata in Borsa. Nel

1989 acquisisce il controllo della Spe, (Società Pubblicità Editoriale ora SpeeD, Società

pubblicità editoriale e Digitale), nel 1997 acquista dalla Sogedit (Gruppo ENI) le azioni

della Editrice Il Giorno e della Nuova Same (che si occupava della stampa del quotidiano

nazionale Il Giorno). Nel 1997 è stato scorporato il ramo aziendale della stampa del

quotidiano La Nazione a favore della controllata Case Nuove S.r.l. (ora Centro Stampa

Poligrafici S.r.l.).

La vision e mission del Gruppo consistono in un’informazione indipendente, fedele ai

propri lettori, attenta alla realtà del proprio territorio ma aperta ai cambiamenti

internazionali. Attraverso la qualità, la verifica e l’attendibilità delle notizie è possibile

contribuire allo sviluppo della società civile, soprattutto in quest’epoca di grande fruibilità

favorita dallo sviluppo di Internet. Pioniere dello sviluppo tecnologico dell’editoria, abbina

la ricerca e l’innovazione con la grande tradizione dei principi e valori alla base dei

quotidiani più antichi d’Italia. È presente nel settore editoriale tramite Poligrafici

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Editoriale S.p.A., nel settore pubblicitario tramite SpeeD, nel settore Printig tramite

Poligrafici Printing S.p.A., nel settore New Media tramite Monrif Net e nel settore

alberghiero tramite Monrif Hotels.

Il grafico riportato qui di seguito descrive lo “scheletro” del Gruppo, risalente al 12 giugno

2013:

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Le attività della Poligrafici Editoriale sono relative a diverse aree, prima di tutto al settore

dei quotidiani (QN-Quotidiano Nazionale e QS-Quotidiano Sportivo) e dei periodici con

Cavallo Magazine e Cavallo Sport che sono mensili ed il settimanale L’Enigmista.

QN - QUOTIDIANO NAZIONALE

È un fascicolo comune ai tre quotidiani con news dall’Italia e dall’estero, sulla politica,

economia, finanza, attualità, sport. Dal mese di gennaio 2014 si fa in 4 per i suoi lettori:

1° fascicolo: informazione dall’ITALIA e dal MONDO

2° fascicolo: informazione della TUA CITTA’

3° fascicolo: informazione SPORTIVA (QS – Sport)

4° fascicolo: QN – ECONOMIA E LAVORO, nato da poco, nel marzo 2016, ha lo scopo di

raccontare l’economia anche a chi non se ne sente attratto, che la considera roba da iniziati,

mentre invece è ricca di spunti e di stimoli. Visto che dietro ogni azienda, di successo o

fallita, c'è la storia di imprenditori che hanno voluto giocare una partita a modo loro. Si

compone di 32 pagine ed è diviso in 3 sezioni: la prima è riservata ai protagonisti

dell’economia, attraverso interviste, la seconda si incentra sul mondo delle banche e della

finanza, la terza è una sezione curata da Giuseppe Turani che con il suo editoriale chiude il

fascicolo, fornendo in pillole i retroscena e gli appuntamenti dal punto di vista economico

5° fascicolo: PASSIONI e STILI DI VITA (QN il Settimanale), sezione di 5/8 pagine che

cercherà di orientare il lettore verso un acquisto consapevole, prevede degli appuntamenti

quotidiani così programmati:

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– Lunedì: Auto e Motori

– Martedì: 12 pagine di economia

– Mercoledì: Obiettivo Lavoro

– Giovedì: Turismo e tempo libero

– Venerdì: Moda e bellezza

– Domenica: Salute e benessere

Fornisce insomma un’informazione a 360º e la caratteristica che lo distingue dagli altri

giornali è l’insieme di tre prodotti in un unico quotidiano: il fascicolo nazionale, QN,

comune a tutte le testate, il fascicolo sportivo, QS e il fascicolo locale con 38 edizioni in

totale. 277.894 58

copie diffuse e 2.117.000 59

lettori ogni giorno.

Il Resto del carlino, è il primo quotidiano in Emilia Romagna e Marche, presente

anche nel Veneto meridionale e in Abruzzo e le sue edizioni sono 15 distribuite

insieme al QN;

La Nazione, quotidiano presente in Toscana, Umbria e parte della Liguria con 14

edizioni distribuite anch’esse con il QN;

Il Giorno, è presente invece a Milano e in tutta la Lombardia, con 9 edizioni.

58

Dato ADS (Accertamento Diffusione Stampa) settembre 2013 59

Dato Audipress 2015/I

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QS – QUOTIDIANO SPORTIVO

È l’unico quotidiano sportivo con 38 edizioni che coniuga una visione sportiva di rilevanza

globale con approfondimenti in funzione delle specifiche realtà territoriali.

I PERIODICI

Le attività dei periodici comprendono 3 pubblicazioni:

Cavallo Magazine: tutto il mondo dell’equitazione raccontato con grande passione

dando spazio anche agli avvenimenti più importanti di tutti gli sport equestri, dalle

discipline olimpiche e agli attacchi. Concludono il mensile racconti sulla natura,

turismo equestre, personaggi, reportage e interviste a prestigiosi esperti del settore.

Cavallo Sport: un altro mensile relativo questa volta alle classifiche, risultati,

inchieste, interviste e retroscena dai campi di gara degli sport equestri, attraverso gli

avvenimenti più importante a livello internazionale e nazionale.

L’Enigmista: il supplemento settimanale dei quotidiani del Gruppo interamente

dedicato ai giochi per intrattenere tutta la famiglia.

SOCIETA’ PUBBLICITARIA EDITORIALE E DIGITALE (SpeeD)

Sempre al gruppo della Poligrafici Editoriale appartiene la Società Pubblicitaria Editoriale

(SPE), concessionaria di pubblicità multimediale che diversifica le sue attività sul mondo

della carta stampata e delle nuove tecnologie. Infatti Con la nuova denominazione la storica

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concessionaria di pubblicità del Gruppo Monrif – Poligrafici Editoriale (Spe) vuole

testimoniare lo sviluppo che la stessa ha avuto negli anni e sottolinearne la nuova vocazione

digitale. Con l’affermarsi del media Internet, Spe ha progressivamente sviluppato soluzioni

pubblicitarie digitali sempre più articolate, che oggi spaziano dal display adv alle

directories, dal couponing al keyword adv. SpeeD può infatti contare su una struttura

commerciale composta da: 3 Succursali – 44 agenzie sul territorio e più di 150 agenti per gli

oltre 24.000 clienti attivi di ogni dimensione e settore merceologico, cui è oggi in grado di

offrire “progetti di comunicazione integrata” attraverso un articolato portafoglio prodotti

costituito dai diversi media: Stampa (quotidiani e periodici), Internet, Radio e Tv Locali,

Eventi e Sponsorizzazioni. SpeeD è una realtà leader nella comunicazione pubblicitaria

locale e nazionale. Da oltre 60 anni offre le migliori soluzioni possibili per portare il

messaggio al grande pubblico attraverso l’ampia gamma di mezzi e servizi del gruppo

editoriale e un team competente.

POLIGRAFICI PRINTING

Poligrafici Printing è il polo industriale del gruppo media Poligrafici – Monrif che opera

principalmente nel settore editoria quotidiani (QN, il Resto del Carlino, Il Giorno, La

Nazione), editoria periodici (Superprint Editoriale), editoria online (Monrif Net) e pubblicità

ed eventi (SpeeD). Custodisce una lunga storia cominciata nel lontano 1885 insieme alle

prime edizioni de il Resto del Carlino e condotta in tutti questi anni attraverso una gestione

attenta alla professionalità delle proprie risorse umane e allo sviluppo tecnologico, per

risolvere sempre meglio le dinamiche esigenze del mercato. Poligrafici Printing opera sul

mercato nazionale ed europeo attraverso una rete commerciale capillare e una capacità

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produttiva articolata su numerosi impianti roto-offset (con e senza forno), operativi per 24

ore al giorno per 6 giorni alla settimana e distribuiti nei centri stampa di Bologna, Firenze e

Milano. Soddisfa con efficienza le necessità di produzione del mondo editoriale (prodotti a

periodicità variabile, free-press), della GDO (folder), del mondo aziendale in genere

(cataloghi commerciali). Tra i prodotti editoriali non vi sono solo i quotidiani ma anche

volantini, riviste, cataloghi, libri.

MONRIF.NET

Monrif Net è attivo anche nel settore internet con QN quotidiano.net – il Resto del Carlino,

La Nazione, Il Giorno. Nasce nel 1999 come società new media del Gruppo Monrif. Il 1999

segna l’apice degli anni della cosiddetta New Economy, anche se le origini di Monrif Net

rivelano solide basi nella Old Economy. Monrif Net è infatti figlia della holding cui fanno

capo alcune delle più importanti realtà del panorama editoriale e industriale nazionale. Il

gruppo concepisce i new media come l’evoluzione di una rotativa tipografica, mentre lo

schermo di un PC o di un cellulare sono modi nuovi di intendere la tradizionale pagina di

giornale.

La sua ambizione ma anche peculiarità è combinare tradizione e innovazione, mestiere

giornalistico e nuove tecnologie, per offrire ai lettori di ieri e di oggi i servizi di

informazione di domani. In termini di audience l’obiettivo primario è sempre stato quello

di fidelizzare il lettore del quotidiano coinvolgendolo in un percorso che inizia la mattina in

edicola e continua durante la giornata su un PC o su un device mobile.

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EGA – EMILIANA GRANDI ALBERGHI

Ega gestisce una catena di 4 prestigiosi alberghi 4 stelle a Milano e Bologna. La

caratteristica che accomuna i Monrif Hotels, oltre alla cura dei dettagli nell’arredamento e

nel servizio al cliente, è la vocazione per l’attività congressuale e per la clientela d’affari.

Tutti gli alberghi infatti, sono dotati delle più avanzate tecnologie e possono ospitare dai

piccoli meeting alle grandi platee.

Il Gruppo Monrif inoltre possiede immobili ad uso strumentale e ad uso terziario,

principalmente situati nelle città di Bologna e di Firenze, nonché nelle città ove hanno sede

le redazioni dei quotidiani editi.

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CAPITOLO 5

Le “iniziative speciali” per i 130 anni de il Resto del Carlino secondo la

regola delle 5W

“Era il 1885. A New York veniva completata la Statua della Libertà, a Bologna veniva

fondato il Resto del Carlino: due simboli cittadini, due eventi diversissimi eppure destinati a

caratterizzare nel tempo, un tempo che pare infinito, le città che furono allora teatro

inconsapevole della loro nascita. Centotrent'anni esatti tra un pugno di settimane, nel 2015.

Centotrenta anni fanno cinque generazioni. E' dunque da cinque generazioni che prima i

soli bolognesi, poi gli emiliani, i romagnoli e i marchigiani si informano, dibattono, si

arrabbiano e si consolano leggendo «il Carlino». Non solo. Il Resto del Carlino è più di un

giornale. E' un'istituzione, un fratello maggiore che da sempre cerca di comprendere, di

avvertire e persino di difendere i propri cittadini-lettori. E si tratta di lettori esigenti,

uomini e donne liberi che dal loro giornale pretendono in primo luogo la libertà. L'onestà

intellettuale, l'indipendenza di giudizio. Lettori che quando il Fascismo si impossessò del

“loro” foglio trasformandolo in un foglio di regime, disertarono le edicole spingendo

Mussolini a riconsegnare il giornale in mani private pur di non vederlo inutilmente fallire.

Il Resto del Carlino tornò così ad essere quel che era stato, quel che è e quel che di certo

ancora sarà: un quotidiano indipendente, di servizio; un servizio alle famiglie, alla

borghesia, ai ceti produttivi e, per senso di responsabilità, alla Patria.

Da Carducci a D'Annunzio, da Croce a Einaudi, da Pascoli a Parise, da Prezzolini a

Spadolini sulle colonne del Carlino sono comparse le firme migliori d'Italia e grazie a

queste firme eccellenti e alle migliaia di ottimi giornalisti che nel tempo vi hanno lavorato,

dell'Italia il Resto del Carlino ha sempre dato la propria, particolare lettura. Mai faziosa,

semmai appassionata. Mai presuntuosa, semmai scanzonata. Perché un po' di quello spirito

goliardico che caratterizzò il Carlino delle origini continua a vivere in noi e a voce bassa ci

suggerisce di non prenderci troppo sul serio.

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Non c'è bar di paese, in queste regioni, dove non capiti di vedere almeno una copia del

Carlino: poggiata su un tavolino a disposizione dei clienti o piegata in due che spunta dalla

tasca di un avventore. E da quando, sotto la testata Quotidiano Nazionale, al Resto del

Carlino di Bologna si sono aggiunti la Nazione di Firenze e il Giorno di Milano, le radici

locali hanno guadagnato una invidiabile, e in effetti invidiata, dimensione nazionale

quotidianamente suggellata da oltre due milioni di lettori effettivi.

Il compleanno cadrà in marzo, ma già da gennaio, gennaio 2015, cominceremo a

festeggiare i nostri 130 anni di vita. Lo faremo nel corso dell'intero anno con una

straordinaria sequenza di dibattiti, convegni, concerti, spettacoli e celebrazioni in molti dei

maggiori centri delle nostre zone di diffusione. Lo faremo con i cittadini, non per

impancarci ma per ringraziarli: perché - pur in quest'epoca di crisi, che per l'editoria è

crisi nera - ci è sembrato doveroso restituirgli in forme straordinarie almeno un po' di

quell'attenzione e di quell'affetto che ordinariamente ci riservano acquistando ogni santo

giorno il nostro giornale.”60

Con questo scritto, Andrea Cangini61

, nella conferenza stampa di presentazione dei 130 anni

de il Resto del Carlino, invita i numerosi lettori non solo bolognesi a festeggiare la longeva

vita di una testata tanto conosciuta quanto apprezzata dalla popolazione per i suoi contenuti

chiari e capaci di arrivare dritti al punto.

Un editoriale inoltre che apre le danze destinate a durare l’intero 2015, per commemorare

centotrent’ anni di attività continue, attraverso una rosa di iniziative variegate, dai concerti,

agli incontri culturali e dibattiti aperti a tutti. Perché questo è un quotidiano che appartiene a

quei cittadini affezionati e attenti che a loro volta appartengono ad esso. Non è, dunque,

“solo” la festa del Carlino, ma della libertà e dell’espressione di ognuno di noi.

60

A. Cangini, Direttore de il Resto del Carlino, “il Resto del Carlino compie 130 anni”, articolo 26

novembre 2014 URL consultato il 21 maggio 2016 (http://www.ilrestodelcarlino.it/speciali/130) 61

Andrea Cangini è il Direttore de il Resto del Carlino dal 26 ottobre 2014

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Eventi, progetti ed iniziative editoriali hanno arricchito il programma de il Resto del Carlino

con l’obiettivo di commemorarne la sua longeva vita, destinata ad andare avanti e a

rinnovarsi al passo dei tempi. E nonostante i 130 anni cadevano nel mese di marzo – il 20

marzo per l’esattezza – i festeggiamenti sono iniziati già dal mese di gennaio, soprattutto

perché i progetti sono tanti e variegati.

5.1 IL PROFILO LETTORE

A proposito di lettori, i “numeri” sono essenziali per comprendere ancora più a fondo

quanto il quotidiano sia ben radicato nel vasto territorio che comprende l’Emilia Romagna,

le Marche e parte del Veneto. Il suo forte legame con i lettori è rappresentato dall’alta

percentuale di copie vendute attraverso i canali previsti dalle disposizioni di legge (edicola)

pari al 90% del totale copie diffuse.62

Secondo gli studi effettuati sulla relativa testata da

parte di ADS63

, il totale raggiunge il numero di 1.097.000 dei lettori, con una prevalenza di

lettori uomini (57%). Più di un lettore su due (55%) ha una significativa disponibilità

economica con un reddito medio mensile superiore ai 2.401 euro. Il 41% appartiene alla

fascia centrale di età (35 – 54 anni). Questi lettori oltre a rappresentare la fascia di età più

popolata sono anche quelli con il maggior potenziale di spesa. La ricerca svolta da

62

(Fonte: ADS 2013 – Area Emilia Romagna e Marche) 63

Società i cui soci rappresentano le diverse componenti editoriali e pubblicitarie interessate a proporre dati

di tiratura, diffusione o distribuzione della stampa pubblicata in Italia di qualunque specie, certificati secondo

regole condivise

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Euromedia Research64

, risalente ad aprile 201565

, propone una “Sintesi dei principali

risultati emersi dalle tre metodologie intergrate, come le interviste telefoniche, face to face e

focus group” avente come oggetto l’indagine sul profilo dei lettori. Ricerca che ha come

obiettivi il conoscere le caratteristiche e le esigenze dei readers del quotidiano, approfondire

le modalità, le abitudini e le motivazioni di fruizione ed acquisto della testata, analizzare il

gradimento e l’immagine percepita presso i lettori e infine individuare idee, attese e

possibili ottimizzazioni suggerite da essi stessi. La lettura del quotidiano per il target

bolognese sembra configurarsi come un fatto culturale, fortemente legato al tessuto sociale e

ben consolidato nelle abitudini individuali. L’interesse del lettore è in questo caso

sbilanciato verso le notizie provenienti dal territorio. La scelta del quotidiano è quasi

“obbligata”: l’informazione è prevalentemente un fatto locale, l’essere informati su quanto

avviene sul territorio è parte integrante dell’identità del lettore bolognese e l’atto di

informarsi è associato quasi per analogia alla lettura de il Resto del Carlino. La lettura del

giornale si svolge soprattutto in situazioni di socialità come il bar e l’ambiente domestico,

luoghi che danno dimensione relazionale alle notizie. Il target bolognese, inoltre, manifesta

in modo marcato il senso di appartenenza verso le tradizioni culturali sedimentate nel

tessuto sociale di riferimento e si evidenzia una carica emotiva importante verso il territorio

64

Euromedia Research è un Istituto di ricerca sul mercato fondato da Alessandra Ghisleri e Alfonso Lupo nel

2003. Sviluppa la metodologia dedicata all’analisi qualitativa, lessicale e semantica dei contenuti raccolti

nelle interviste quantitative. 65

Documentazione “Sintesi il Resto del Carlino” resa disponibile dall’Ufficio Stampa del Gruppo Monrif ,

Milano, 2015

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inteso come luogo in cui le tradizioni e la cultura vivono e vengono condivise. Tra le

versioni che il QN-il Resto del Carlino offre (versione cartacea, online e mobile) quella

sicuramente più fruibile e acquistata è la cartacea (74,8%), seguita da quella online con il

20,5% e per ultima la versione mobile preferita da solo il 4,7% e le ragioni, secondo

l’opinione degli intervistati, si basano sul concetto tradizionale di quotidiano, sull’abitudine

personale di sfogliare il quotidiano e sentirne l’odore oppure sul fatto che il cartaceo invita

di più alla lettura. Dunque, dalle opinioni che emergono dalle interviste, i lettori del

quotidiano si sentono soddisfatti di usufruire di un giornale sicuramente leggibile, legato al

territorio, completo e alla portata di tutti, grazie a un linguaggio accessibile e popolare. Con

il Resto del Carlino, il pubblico bologbese ha un rapporto quasi umano di affetto e amicizia.

5.2 WHO?

È doveroso innanzitutto citare il “luogo” e le persone che hanno messo in atto tutti questi

grandi eventi, ringraziando l’ufficio “Eventi, progetti ed iniziative editoriali” sito nella sede

de il Resto del Carlino a Bologna, in particolare ringraziando la responsabile Oda Costa per

la sua disponibilità, per avermi accolta e per avermi inculcato passione e perseveranza,

elementi di chi fa un eccellente lavoro di successo. Proprio in questo ufficio sono stati

organizzati i progetti per celebrare l’anniversario del quotidiano, dalla loro ideazione ai

risultati portati a casa con esito decisamente positivo.

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Nel percorso durato quattro mesi, ho avuto l’opportunità di conoscere davvero il vasto

mondo degli eventi (molti dei quali già in esecuzione o in fase di elaborazione) in ogni sua

sfaccettatura.

La caratteristica che suscita curiosità risiede nel fatto che si tratta di eventi organizzati da

una testata giornalistica: iniziative che implicano una stretta collaborazione con alcuni dei

partner principali della testata come la BPER Banca, la Confcommercio, l’Unicredit, per

favorire una maggiore visibilità a entrambe le parti, per informare il numeroso pubblico

coinvolto che fa parte da 130 anni della “famiglia” di RDC e per ridare identità al territorio.

Inoltre, con gli eventi organizzati è stato possibile condividere la storia dei territori con lo

scopo di unire idee e riflessioni per capirne il loro sviluppo guardando al futuro. Tutto

questo è stato possibile grazie al quotidiano RDC che, informando tutti i giorni i cittadini, è

adatto e adeguato a raggiungere questo tipo di obiettivi.

La rassegna di eventi ha avuto realizzazione non solo agli sforzi organizzativi ed economici

di un intero anno, anche grazie all’impegno e alla collaborazione di molti sponsor

istituzionali e commerciali, insieme all’Alto Patronato delle cariche pubbliche italiane,

costituendo così il Comitato d’onore delle iniziative editoriali. I nomi:

Marisa Monti Riffeser - Presidente Poligrafici Editoriale S.p.A.; Andrea Riffeser Monti -

Presidente e A.D. Monrif S.p.A.; Bruno Riffeser Monti - Consigliere Poligrafici Printing

S.p.A.; Matteo Riffeser Monti - Presidente MonrifNet; Sara Riffeser Monti - Vice

Presidente SPE; Pietro Grasso - Presidente del Senato della Repubblica; Laura Boldrini -

Presidente della Camera dei Deputati; Matteo Renzi - Presidente del Consiglio dei Ministri;

Gianluca Galletti - Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; Giuliano

Poletti - Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali; Stefano Bonaccini - Regione Emilia

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Romagna; Gian Mario Spacca - Presidente della Regione Marche; Virginio Merola -

Sindaco del Comune di Bologna; Gian Carlo Muzzarelli - Sindaco del Comune di Modena;

Federico Ghizzoni - CEO di UniCredit; Alessandro Vandelli - Amministratore Delegato

BPER; Carlo Sangalli - Presidente Confcommercio Italia; Corrado Casoli - Presidente

Riunite & CIV; Claudia Cremonini - Direzione Relazioni Esterne Gruppo Cremonini;

Giovanni Consorte - Fondatore di NTC & P.E.; Graziano Verdi - Amministratore Delegato

di Petracer’s e Koramic; Lorenzo Cagnoni - Presidente Rimini Fiera S.p.A.; Duccio

Campagnoli - Presidente Bologna Fiere S.p.A.; Valerio Tura - Docente Universitario e

Esperto Arte, Musica, Teatro; Andrea Ceccherini - Presidente dell’Osservatorio Permanente

Giovani-Editori; Andrea Cangini - Direttore Responsabile di QN il Resto del Carlino.

Infine tra i riconoscimenti richiesti, vi è l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica,

con i Patrocini del: Senato della Repubblica; Camera dei Deputati; Presidenza del Consiglio

dei Ministri; Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo; Ministero degli

Affari Regionali , le Autonomie e lo Sport; Ministero degli Affari Esteri; Ministero

dell’Economia e delle Finanze; Ministero dello Sviluppo Economico; Ministero delle

Politiche Agricole, Alimentari e Forestali; Ministero dell’Ambiente e della Tutela del

Territorio e del Mare; Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Ministero

dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; Regione Emilia-Romagna; Regione Marche;

Comune di Bologna.

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5.3 WHAT?

Il Resto del Carlino ha deciso di festeggiare i suoi 130 anni di vita organizzando 130 eventi

riconducibili a due parole-chiave: informazione e identità. Parole che poi sono “esplose”

nelle loro declinazioni più significative, dando vita a un vero e proprio universo tematico,

con una sola matrice: i 130 anni de il Resto del Carlino. Si può affermare infatti che il piano

degli eventi è basato su un programma unico e complesso. Feste, concerti, convegni, tavole

rotonde, eventi di valore sociale, concorsi, giochi e altro ancora che hanno valore soprattutto

in termini di strategie di marketing territoriale.

Gli eventi programmati sono stati numerosi e hanno toccato moltissimi temi di vasto

interesse: eventi culturali, musicali, di informazione, da promozioni e omaggi inseriti nelle

pagine del quotidiano, dalle conferenze agli incontri. Per avere una panoramica completa,

qui di seguito sono descritti e presentati in breve tutte le iniziative organizzate dall’ufficio

“Eventi, progetti ed iniziative editoriali”:

“LA STORIA ATTRAVERSO LE PAGINE DE IL RESTO DEL

CARLINO”

130 riproduzioni delle prime pagine più importanti de il Resto del Carlino, a partire dal

1885 fino ai giorni nostri contenute in un prezioso cofanetto che verrà distribuito in

omaggio a tutte le scuole secondarie di Primo Grado dell’Emilia Romagna e a tutti i

Membri del Comitato d’Onore e alla partnership dei 130 anni de il Resto del Carlino;

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“PROGETTO DI EDUCAZIONE MUSICALE IN

COLLABORAZIONE CON IL MAESTRO RICCARDO MUTI”

Percorso di 4 DVD con relative “lezioni” pubblicate sui quotidiani del Gruppo Poligrafici

Editoriale. I DVD presenteranno 4 lectio magistralis, vere e proprie lezioni di musica inedite

che inviteranno gli studenti ed i lettori all’ascolto di importanti opere verdiane quali Ernani,

Simon Boccanegra, Nabucco e Attila;

“PREMIO MARCO BIAGI IL RESTO DEL CARLINO PER LA

SOLIDARIETA’ SOCIALE”

Premio organizzato da QN il Resto del Carlino per ricordare il professor Marco Biagi e per

dare un sostegno a quanti, in forma volontaria e senza scopo di lucro, si adoperano per

l'assistenza di persone e categorie svantaggiate. Il Premio, che ha potuto distribuire in

questi anni grazie ai contributi di singoli, aziende ed enti, riconoscimenti per 381.500 euro,

giungerà nel 2015 alla sua nona edizione;

“PREMIO MASCAGNI, IMPRESE CHE CRESCONO”

Iniziativa che vuole ricordare l’imprenditore Paolo Mascagni, testimone convinto del ruolo

dell’industria nella nostra provincia e, al tempo stesso, valorizzare e far conoscere le realtà

aziendali d’eccellenza del territorio bolognese che in questi anni hanno continuato a

crescere a dispetto della crisi, sottolineando il loro impegno e i loro risultati;

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“PANE, AMORE E FANTASIA – LA GIOVANEFOTOGRAFIA

ITALIANA”

Premio fotografico promosso e organizzato da QN - il Resto del Carlino e da BPER Banca.

I protagonisti sono i giovani, in particolare i ragazzi dai 14 ai 25 anni. Giunto alla sesta

edizione, si presenta come un’occasione unica per i giovani di poter cogliere con un clic le

immagini e le emozioni di un mondo in continua evoluzione sociale e culturale;

“PRIMA PAGINA ART PRIZE QN IL RESTO DEL CARLINO E

QN QUOTIDIANO.NET”

Rivolto a giovani artisti under 35, questo è un premio con l’obiettivo di far emergere nuovi

artisti e di far incontrare il mondo dell’informazione e quello dell’arte contemporanea

stimolando un confronto tra passato, presente e futuro;

“DIRETTORE PER UN GIORNO”

12 (o più) personaggi famosi, uno per ogni mese del 2015, ai quali affidare per un giorno la

direzione della testata on-line www.ilrestodelcarlino.it. Ogni ‘Direttore per un Giorno’ sarà

affiancato da due ‘Vice Direttori per un Giorno’: un lettore (che verrà scelto da una giuria

sulla base di un suo scritto) e un rappresentante del partner. Tra i personaggi che hanno

accettato di “giocare” vi sono: Bruno Barbieri, Luca Carboni, Paolo Cevoli, Martina

Colombari, Cesare Cremonini, Elisa DiFrancisca, Fabrizio Frizzi, Giuseppe Giacobazzi,

Raphael Gualazzi, Gianni Morandi , Red Ronnie, Paolo Simoncelli, Stadio, Alberto Tomba e

Vito;

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“‘130 RIGHE’ PREMIO LETTERARIO RIVOLTO AD ASPIRANTI

SCRITTORI”

Ogni iscritto dovrà produrre un testo di 130 righe ispirandosi a uno dei 130 anni di vita de il

Resto del Carlino. L’anno, tra il 1885 e il 2015, verrà assegnato al momento dell’iscrizione.

I tre racconti selezionati dalla giuria, oltre al premio speciale assegnato dal Partner, saranno

raccolti e pubblicati in un libro che verrà regalato in 150,000 copie a tutti i lettori de il Resto

del Carlino;

“‘STORIE’ RACCONTA CON UN VIDEO I PERSONAGGI E LE

STORIE DEL TUO TERRITORIO”

Viene chiesto ad aspiranti videomaker di raccontare con un video, quindi con un linguaggio

moderno e coinvolgente, il proprio territorio attraverso le storie delle persone che lo abitano;

“PROGETTO ‘CARLINO, SOCIAL, CERSAIE”

A partire da gennaio 2015, uno specifico tema oggetto del calendario di Cersaie verrà posto

all’attenzione dei lettori del giornale cartaceo e della community virtuale del Quotidiano,

con l’obiettivo di avviare una discussione ed una riflessione in merito al tema. Una serie di

appuntamenti che, nel corso di altrettanti mesi, aiuteranno a conoscere meglio la realtà dei

rivestimenti ceramici, il mondo dell’Arredobagno, declinati a livello planetario dalla fiera in

programma dal 28 settembre al 3 ottobre a Bologna;

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“RIMINI FIERA S.P.A. E I 130 ANNI DE IL RESTO DEL

CARLINO”

Rimini Fiera S.p.A., nell’ambito della sua organizzazione fieristica annuale, annovera tre

grandi Eventi che ospiteranno le Celebrazioni dei 130 anni de il Resto del Carlino: il SIGEP

dal 17 al 21 gennaio 2015, RIMINI WELLNWESS dal 28 al 31 maggio 2015 e

ECOMONDO dal 3 al 6 novembre 2015;

“L’ITALIA IN PRIMA PAGINA”

12 riproduzioni di prime pagine de il Resto del Carlino relative ad altrettanti eventi che

hanno fatto la storia degli ultimi 130 anni del nostro Paese verranno regalate a tutti i lettori.

Ciascuna riproduzione sarà contenuta all’interno di uno speciale di 4 pagine, delle stesse

dimensioni del quotidiano, arricchito da un approfondimento firmato da una firma

prestigiosa;

“VIA EMILIA: EXPERIENCE THE ITALIAN LIFESTYLE”

Food Valley, motor Valley, wellness Valley: le eccellenze turistiche e produttive

dell’Emilia Romagna declinate nel nuovo brand turistico in vista di expo 2015;

“EDISON START & EDISON PULSE”

Per celebrare i 130 anni dalla fondazione è stato promosso il concorso Edison Smart, al fine

di sostenere i progetti più innovativi e sostenibili, sia dal punto di vista socio-ambientale,

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che da quello dell’energia e delle Smart Communities. Nel 2015 Edison Energia, visto il

successo del concorso Edison Start 2014 (841 i progetti pervenuti da tutta Italia), ha deciso

di replicare l’iniziativa con Edison Pulse, concorso dedicato alla valorizzazione dei progetti

che favoriscono il cambiamento, la competitività e lo sviluppo di un futuro sostenibile;

“PARCO DELLE BIODIVERSITA’ IN COLLABORAZIONE CON

EXPO MILANO 2015”

Progetto che colloca il modello dell’agricoltura italiana biologica al centro di una nuova

prospettiva, realizzando nel Parco della Biodiversità di Expo 2015, un Padiglione ed una

sede dove presentare il progetto: tecnologie agricole innovative volte a preservare e

valorizzare la biodiversità, prodotti alimentari e cosmetici biologici e naturali; logiche di

sicurezza alimentare e sostenibilità, soluzioni innovative di sostenibilità ambientale anche in

termini di processo e packaging alimentare e di riutilizzo di scarti alimentari come materia

prima di altri processi produttivi;

“MUSIC CONTEST 2015 ‘LA MIA MUSICA, LA MIA TERRA’”

È la gara musicale de il Resto del Carlino organizzata in collaborazione con Red Ronnie e

Roxy Bar TV, finalizzata a fare emergere i talenti musicali dell’Emilia Romagna e delle

Marche;

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“BOLOGNA – 50 GIORNI A EXPO 2015”

La Regione Emilia Romagna e il Gruppo Editoriale QN il Resto del Carlino, la Nazione, Il

Giorno organizzano questo Evento “50 giorni a Expo 2015” al fine di dar voce e

testimoniare i progetti che la Regione Emilia ha sviluppato e creato per l’Expo 2015;

“MIRELLA FRENI E LA LIRICA: 60 ANNI D’AMORE”

Concerto dedicato ai 60 anni di carriera di Mirella Freni, una delle più grandi cantanti

liriche di tutti i tempi;

“ATER - IL SISTEMA DELLO SPETTACOLO DAL VIVO IN

EMILIA ROMAGNA”

Un particolarissimo e affascinante "ecosistema" teatrale e musicale fatto di Musica e teatro

d'ogni genere: teatri, auditori e sale da concerto, orchestre, cori e bande, cantautori e gruppi

rock, insegnanti, conservatori e scuole di musica, di teatro e di danza pubbliche e private,

liutai e altri artigiani che ruotano intorno al mondo musicale, studi di registrazione, fino ai

complessini per il ballo liscio;

“IL VINO DEL CARLINO”

Le Cantine Riunite & CIV produrranno per le celebrazioni dei 130 anni de il Resto del

Carlino 2.600 bottiglie personalizzate di Lambrusco Ottocento della loro Cantina Albinea

Canali. Le bottiglie saranno confezionate singolarmente in un astuccio di latta con la grafica

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esclusiva dei 130 anni de il Resto del Carlino e saranno distribuite ai Membri del Comitato

d’Onore e durante gli Eventi istituzionali;

“10 ANNI DI VINCI IL TUO PESO IN CIOCCOLATO”

Una fortunatissima iniziativa giunta alla decima edizione che ha fatto arrivare alla redazione

centinaia di ricette a base di cioccolato, tra le quali ogni hanno una giuria di esperti Maître

Chocolatier eleggeva le migliori. Insieme al quotidiano anche il libro con le migliori ricette

del Cioccoshow.

DUE APPUNTAMENTI DEDICATI ALL’INFORMAZIONE DEL

FUTURO:

“IL NET CAMPUS”

Un vero e proprio openday nella sede de il Resto del Carlino, dedicato all’informazione di

domani e rivolto a 130 ragazzi che sognano di intraprendere la carriera giornalistica;

“IL FUTURE DIGITAL EXPERIENCE AWARDS”

Il progetto propone ai lettori e utenti di immaginarsi l’informazione del futuro e nello

specifico come potrebbe essere la home page de il Resto del Carlino fra 130 anni? Tra tutte

le proposte arrivate una giuria eleggerà le tre più ‘visionarie’, i cui ideatori riceveranno

premi super tecnologici;

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“TAVOLE ROTONDE A TEMA «L’ECONOMIA LOCALE: COME

CREARE VALORE PER IL TERRITORIO»”

QN il Resto del Carlino, Il Giorno, La Nazione e BPER Banca popolare dell’Emilia-

Romagna si interrogano sulla possibilità di un nuovo Rinascimento italiano e lo fanno

utilizzando la formula delle tavole rotonde. Le location selezionate si estendono a

importanti città dell’hinterland bolognese, a Ravenna, Modena, Reggio Emilia, Bologna e

anche Milano;

“FORUM A TEMA «DAL BORGO AL MONDO: INNOVAZIONE,

NUOVI MERCATI E NUOVI SOGGETTI»”

Una serie di forum per definire il profilo del nuovo modello economico italiano

valorizzando il ruolo del credito nel sostegno e nella promozione dell’innovazione e

dell’internazionalizzazione ai quali hanno partecipato e parteciperanno imprenditori,

ricercatori, formatori e rappresentanti istituzionali;

“INCONTRI A TEMA «DALL’EXPO ALLE SMART

COMMUNITIES: LE ECCELLENZE DELL’EMILIA-

ROMAGNA»”

Incontri che diventano l’occasione per porre in evidenza la straordinaria capacità di fare

impresa che il territorio dell’Emilia-Romagna da sempre esprime e, più in generale, le

unicità del Made in Italy. I luoghi di incontro sono stati Ferrara, Cesena, Rimini, Bologna,

Modena, Reggio Emilia.

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5.4 WHERE?

Sin dalla sua prima pubblicazione, il Resto del Carlino nasce per offrire un panorama

quanto mai esaustivo di ciò che succedeva nel mondo, con riprese puntuali dalle agenzie e

dalle testate giornalistiche di Parigi, Londra, Vienna, ma soprattutto di ciò che succedeva in

città.

Da allora il Resto del Carlino vuol dire Bologna, tanto che s’identifica con la sua città

d’origine e ne interpreta lo spirito. Oggi, con le sue numerose redazioni locali (15 in totale)

va ben oltre i confini cittadini, spaziando in tre regioni, tra le più belle in termini di “qualità

di vita” – come affermano ormai da tempo le università americane – e contemporaneamente

così trainanti e produttive, in termini economici.

Il Resto del Carlino, e di conseguenza il QN, si diffondono in un territorio ricco a livello

culturale ed economico, composto da una popolazione attiva che fa del bacino di diffusione

del quotidiano un territorio strategico a livello non solo locale.

In quest’area così importante, il Resto del Carlino rappresenta il leader indiscusso per

readership e autorevolezza grazie alla capillarità dell’informazione locale unita alla

completezza degli argomenti di livello nazionale e internazionale. Con il suo secolo e più di

vita, il Resto del Carlino rappresenta a pieno titolo il modello di quotidiano costantemente

attento ai propri lettori e agli interessi del proprio grande bacino di diffusione.

Il ruolo del quotidiano diventa quindi fondamentale perché “attira l’attenzione” di una

popolazione così numerosa, non solo attraverso le informazioni e comunicazioni, ma agisce

da fattore determinante nell’ambiente economico in cui è radicato.

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5.5 WHEN?

Nell’anno 2015 il Resto del Carlino ha compiuto 130 anni. Da quel lontano 1885 il

quotidiano è nato, cresciuto e continua a farsi apprezzare da quegli utenti appassionati e

fedeli. È stato quasi una scommessa e nonostante i numerosi ostacoli che ha dovuto

affrontare nel passato ha avuto fortuna.

La passione dei suoi fondatori e di tutti coloro che oggi fanno parte di questa famiglia, lo

hanno reso un quotidiano ricco di notizie, ben organizzato, particolare, strategico e

completo rispetto ad altri, poiché è formato da notizie non solo a carattere locale (con le

tante edizioni), non solo a carattere nazionale (perché è sinergico al QN) ma anche a

carattere internazionale perché le notizie toccano argomenti relativi a ogni parte del mondo.

Il Resto del Carlino, diceva Pierluigi Visci in occasione dei 125 anni, è la storia nella storia.

E come dice il direttore attuale Andrea Cangini, è un’istituzione, motivo di orgoglio per chi

ha il privilegio di portare avanti un’impresa, fiore all’occhiello per questo Paese.

La messa in opera dei grandi eventi ideati dall’editore insieme agli uffici di competenza è

sintesi della sua missione “ideale”:

1. ringraziare i cittadini emiliani e romagnoli, marchigiani e veneti che dal 1885 sono legati

al quotidiano perché si rivolge a loro con chiarezza e semplicità fornendo informazioni e

spaziando da un genere all’altro;

2. è l’augurio che possa continuare ad essere presente nella loro quotidianità per altri 130

anni, in maniera sicuramente più innovativa ma sempre chiara ella portata di tutti.

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5.6 WHY?

Le iniziative speciali organizzate dall’ufficio “Eventi, progetti ed iniziative editoriali” fanno

capo a un programma tanto consistente quanto è la grandezza di un quotidiano - al terzo

posto per diffusione di copie - che si vuole celebrare. È indubbio che i progetti realizzati nel

corso del 2015 siano stati ideati per commemorare il compleanno del quotidiano il Resto del

Carlino, ma non basta, poiché ad esso si uniscono il territorio, i lettori e la storia che ogni

giorno ci viene raccontata che d’altro canto sono gli obiettivi primari su cui puntare.

Ma cosa si intende per evento? Con questo termine si indica un avvenimento o un’iniziativa

di particolare rilievo; tuttavia in tale definizione possono essere compresi molteplici aspetti

che rendono di conseguenza l’attività complessa e di non facile gestione.66

L’organizzazione

degli eventi, insieme all’ufficio stampa, è uno degli strumenti più utilizzati nelle relazioni

pubbliche. Da alcune stime, si calcola che in Italia vengono organizzati circa un migliaio di

eventi al giorno. Il successo dell’evento dipende dall’affluenza dei pubblici e dalla sua

capacità di creare, sviluppare e rafforzare relazioni interattive e simmetriche tra interlocutori

ed impresa o ente. Per organizzare un evento sono necessarie le competenze e le capacità

tecniche per trasmettere messaggi coerenti con lo stile dell’organizzazione. Le

caratteristiche principali degli eventi sono innanzitutto la sua unicità, dovuta al suo accadere

in un determinato momento e luogo, per uno specifico pubblico e con un particolare tema,

infatti l’evento è circoscritto nel tempo (seconda caratteristica). Essenziale è anche la

visibilità presso i mass media, sia essi tradizionali che innovativi. In sostanza, il termine

“evento” può essere sinonimo di “riunirsi, incontrarsi, conoscere, comunicare, partecipare”;

66

S. Cherubini, S. Pattuglia, “Comunicare con gli eventi. Riflessioni e casi di eccellenza”, Franco Angeli

Editore, Milano, 2013, pagg. 13 - 14

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vi sono molteplici tipologie di eventi ma tutte presuppongono la “creazione di relazioni”. 67

Si osserva un fiorire di eventi nei settori più vari, nei territori più vari, con protagonisti più

vari, con tecnologie più varie e con modalità più varie, dagli eventi religiosi a quelli

sportivi, turistici, aziendali, economici, congressuali, politici, economici, medici, culturali,

musicali e così via. Tra le tipologie di eventi si possono annoverare ad esempio: i congressi,

i convegni, le conferenze, le tavole rotonde, i workshop, incontri tematici, i meeting, le

convention. Si può pensare che siano tutti uguali, ma in realtà sono eventi con caratteristiche

distinte e ben precise.

Particolarmente importante nel settore eventi è inoltre la comunicazione – altro obiettivo

delle iniziative de il Resto del Carlino – che con i suoi tanti strumenti e le sue molteplici

forme garantisce la riuscita dell’evento stesso. In effetti, tutti gli aspetti della comunicazione

integrata e del marketing relazionale si incontrano efficacemente nell’evento che

rappresenta un vero e proprio momento di mix comunicativo in quanto può prevedere

attività pubblicitarie, soprattutto nella fase di lancio, promozionali, di pubbliche relazioni e

di interattività, durante l’evento, di direct marketing, dopo l’evento, il tutto in una chiara

configurazione di marketing relazionale. In quest’ottica si comprende come gli eventi

rappresentino un’opportunità di per il marketing e la comunicazione.68

Essendo gli eventi una vetrina per comunicare, una modalità di contatto con il mondo

esterno e di promozione e comunicazione delle iniziative editoriali, si percepisce come la

scelta di questo strumento sia una vera e propria strategia di marketing territoriale, con lo

scopo di rafforzare la leadership all’interno del territorio sfruttando un’occasione come i

67

T. Ferrari, “Comunicare l’impresa. Realtà e trend polisensoriale-emozionale”, Editore Clueb, Bologna,

2014, pagg. 103 - 104 68

Cit. S. Cherubini, S. Pattuglia, “Comunicare con gli eventi. Riflessioni e casi di eccellenza”, pagg. 27 - 28

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130 anni. Un altro beneficio che l’evento comporta è la visibilità e il prestigio di tutti gli

attori coinvolti, sia istituzionali come le autorità invitate o le istituzioni che hanno

patrocinato le iniziative, sia commerciali, cioè gli sponsor delle celebrazioni: l’evento, in

questo caso ha rafforzato ancora di più il legame con i rappresentanti economici e

istituzionali coinvolti.

Tutto questo verrà in qualche modo “applicato” ad una specifica iniziativa per esaminare

come il Resto del Carlino ha ideato, sviluppato e gestito l’evento in questione e confermare

quanto queste celebrazioni siano muri portanti per il rilancio economico del territorio, per

offrire l’opportunità di nuove relazioni e per un maggiore radicamento de il Resto del

Carlino sul territorio.

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CAPITOLO 6

Le tavole rotonde a tema “L’economia locale: come creare valore per il

territorio”

Cinque appuntamenti di grande intensità sono stati realizzati dall’ufficio che si occupa

dell’organizzazione degli eventi nella sede de il Resto del Carlino in un periodo che va da

febbraio 2015 a gennaio 2016. Un ciclo di tavole rotonde inserito nel più vasto programma

di iniziative per le celebrazioni dei 130 anni della storia del giornale che ha “invaso”

diverse città del panorama emiliano-romagnolo e ha coinvolto anche Milano, come ultima

data, a coronare gli incontri su temi sempre molto attuali dell’economia, del lavoro e del

territorio. Il tutto con uno sguardo al futuro.

Cinque tavole rotonde dedicate all’economia nell’ambito delle celebrazioni per

l’anniversario della testata, ma com’è doveroso per il QN, l’orizzonte del dibattito e degli

approfondimenti economici è molto più ampio. Un grande quotidiano come questo, radicato

nelle aree ad alto tasso d’imprenditorialità d’Italia, che dà voce a comunità dinamiche e

operose non può esimersi dal compito che gli è proprio di individuare i presupposti di una

ripresa economica, interrogandosi se e come dare forza all’economia in “via di sviluppo”.

Ed è proprio questo l’intento degli incontri che il Resto del Carlino organizza in partnership

con la Banca Popolare dell’Emilia Romagna.

Per capire come questa tipologia di evento – le tavole rotonde – sia stata ideata e realizzata

nel corso di un tempo circoscritto è necessario fare riferimento alle fasi operative grazie alle

quali è stato possibile portare avanti il piano, ma prima di tutto è importante capire cosa

sono le tavole rotonde.

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Le “tavole rotonde” sono degli eventi, o meglio dei forum che riuniscono degli esperti per

discutere ed esaminare temi specialistici e evvengono sia in “seduta chiusa”, sia alla

presenza di pubblico e dibattito, per sensibilizzare l’opinione pubblica sugli argomenti in

discussione o di sollecitare l’intervento politico e istituzionale.69

Per offrire una lettura dinamica della nostra economia le tavole rotonde indagheranno volta

per volta vari aspetti del “creare valore”: dall’innovazione, alla competenza fino all’export,

cercando negli approfondimenti e nelle testimonianze di manager, esperti di industria e di

finanza, di marketing e con il supporto dei tecnici di Bper, la chiave per avviare la ripresa.

Le tavole rotonde hanno proprio lo scopo di far confrontare Sindaci, Assessori Regionali,

Imprenditori, Associazioni di Categoria, Centri di Studio e di Ricerca, per definire una sorta

di protocollo per la ripresa che mette insieme nel perimetro dei territori le energie

imprenditoriali il sostegno finanziario ma anche la capacità di conseulenza di BPER, la

funzione di rappresentanza di un grande quotidiano come il QN per generare quella

coesione territorialeche è il principale asset per avviare la ripresa.70

6.1 Keywords per organizzare le tavole rotonde

Obiettivo: sensibilizzare l’opinione pubblica su una tematica come quella dell’economia e

del valore che essa può accrescere per il territorio. QN il Resto del Carlino, Il Giorno, La

Nazione e BPER Banca popolare dell’Emilia-Romagna si interrogano sulla possibilità di un

nuovo Rinascimento italiano, e lo fanno utilizzando la formula delle tavole rotonde. La

69

T. Ferrari, “Comunicare l’impresa. Realtà e trend polisensoriale-emozionale”, Clueb Editore, 2014, pag.

105 70

Cit. Comunicato stampa QN e il Resto del Calino, “Tornano le tavole rotonde di QN e BPER”, Ravenna

19 febbraio 2015

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domanda viene posta agli imprenditori più dinamici, agli studiosi più attenti, agli

amministratori più lungimiranti, con lo scopo di sollecitare le migliori energie per costruire

un orizzonte di sviluppo sostenibile che passi attraverso le inclinazioni, le tendenze e le

peculiarità del nostro territorio.71

Location: Il primo incontro ha avuto sede a Ravenna il 19 febbraio 2015 e a seguire

Modena il 26 maggio, Reggio Emilia il 16 settembre, Bologna il 29 ottobre; ultima data il

27 gennaio 2016 a Milano. Le tematiche erano differenti per ogni città, tenendo sempre fede

al tema centrale “l’economia locale: come creare valore per il territorio”:

- RAVENNA: “Banca e Impresa: un rapporto da consolidare”

- MODENA: “Banca e Impresa: insieme per tornare a crescere”

- REGGIO EMILIA: “Industria 4.0: nuovi modelli per competere”

- BOLOGNA: “Banca 4.0: quale finanza per l’innovazione delle imprese?”

- MILANO: “La svolta di Milano: banca e impresa protagoniste”

Target: le tavole rotonde hanno avuto una grande affluenza di cittadini,ma principlamente

erano rivolte ad autorità istituzionali e ed esperti dei più svariati ambiti, da quello bancario,

economico e territoriale. Tutti i destinatari vengono invitati tramite mail contenente l’invito

e tutti i riferimenti dell’evento in questione;

Partnership: La ricerca di sponsor o di partner che sostengono le spese dell’evento si rivela

sempre di più una reale opportunità. C’è dunque un reale spazio di collaborazione per

71

URL di riferimento: http://www.ilrestodelcarlino.it/speciali/130/l-economia-locale-come-creare-valore-

per-il-territorio-1.436063

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l’organizzazione di eventi. Una sponsorizzazione o una collaborazione per l’organizzazione

di un evento è un vero contratto di scambio

che deve essere di mutuo beneficio. Il legame tra impresa e partner può rivelarsi di grande

vantaggio: per l’impresa in termini di immagine, per l’associazione in termini di risorse

disponibili.72

Per questo evento il Resto del Carlino ha avuto come partner la BPER

Banca73

, istituto di credito che si interfaccia costantemente con il territorio, oggetto delle

tavole rotonde che ha proprio come mission: “dare ossigeno finanziario e sostegno operativo

ai territori ad imprenditoria diffusa”. I territori in questione sono anche quelli del QN, dove

imprese ma anche amministazioni pubbliche, associazioni e centri di ricerca stanno facendo

sistema per lanciare e possibilmente vincere la sfida dell’economia globalizzata.

Catering: infine, ogni tavola rotonda termina con un “momento di svago”, mediante un

banchetto organizzato da il Resto del Carlino come ringraziamento alla partecipazione degli

invitati, in cui viene servito, tra le altre prelibatezze tipiche delle città che ospitano l’evento,

il vino del Carlino, per brindare ai 130 anni del quotidiano.

6.1.1 Le fasi della comunicazione

Le tavole rotonde, come ogni evento che si rispetti, sono un atto inteso a coordinare la

comunicazione dell’impresa o dell’ente intorno a un avvenimento sponsorizzato. Ogni

72

URL di riferimento: http://www.ciessevi.org/sites/default/files/pubblicazioni/universita/organizzare-

eventi.pdf, pag. 23 73

Banca popolare dell’Emilia Romagna è la capogruppo del Gruppo BPER, oggi costituito da 4 banche

territoriali, per circa 1300 filiali a presidio della quasi totalità delle regioni italiane. Sesto gruppo bancario in

Italia per numero di sportelli e terzo a matrice popolare, attraverso società partecipate, attivo in tutti i principali

segmenti di mercato. (Da: Comunicato stampa BPER, “Banca popolare dell’Emilia Romagna, idee per far

ripartire il territorio”, Ravenna 19 febbraio 2015)

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evento, dunque, è essenzialmente un atto di comunicazione persuasiva che propone almeno

tre fasi per la comunicazione, prima, durante e dopo l’evento:

- Prima: è questo il momento in cui informare i partecipanti e i fruitori dell’evento,

creare aspettativa e invogliare alla partecipazione. In questa fase è necessario: partire

con il giusto anticipo rispetto alla data dell’evento; comunicare in modo differente in

base ai diversi segmenti di pubblico ai cui ci si rivolge; investire in promozione e

pubblicità;

- Durante: questa è la fase privilegiata per raccontare, coinvolgere e approfondire i

contenuti dell’evento in questione. È necessario dare il giusto spazio ai contenuti

generati dai partecipanti e dai fruitori;

- Dopo: quando tutto è finito arriva il tempo di rendicontare e fidelizzare: è già il

momento di parlare dell’evento successivo. Qui è fondamentale rendere ragione di

quello che è stato fatto, raccontare i risultati dell’evento e illustrare le performance

raggiunte. Forse un’infografica può essere utile per trasmettere tante informazioni in

modo leggibile e accattivante.74

Infatti a fine evento, messi insieme i risultati sono

state realizzate le cosiddette “case history”, opuscoli con lo scopo di “narrare” come

si sono svolti gli incontri, sia dal punto di vista tecnico (indicando la partnership, gli

obiettivi ecc.), sia per spiegare il progetto realizzato.

Ovviamente, trattandosi di un quotidiano, la comunicazione degli incontri viene espressa

maggiormente attraverso articoli inseriti non solo nel cartaceo ma anche nel quotidiano

74

D. Ferraretti, “Un piano per comunicare gli eventi: prima, durante e dopo sono i 3 momenti chiave di un

evento”, 9 aprile 2015, URL di riferimento: http://greenwebmarketing.acquistiverdi.it/un-piano-per-

comunicare-gli-eventi/, consultato il 9 giugno 2016

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online, per dare più visibilità e far conoscere il più possibile agli utenti tutte le informazioni

e i temi relativi agli incontri. Gli articoli, infine, hanno una precisa programmazione, perché

vengono pubblicati quotidianamente a partire da due settimane prima dell’evento, durante e

anche quando si conclude.

6.2 Dialogo con BPER Banca e QN-il Resto del Carlino. Le

opinioni sulle “tavole rotonde”

*LE CONSIDERAZIONI DI EUGENIO TANGERINI, RESPONSABILE MEDIA

RELATIONS DI BPER BANCA:

Laureato in Giurisprudenza ma con una carriera giornalistica alle spalle, Eugenio Tangerini,

Capo delle relazioni esterne e Responsabile delle media relations, fa parte da quattro anni

del Gruppo BPER Banca. Ricopre questo incarico in un Ufficio che si occupa anche di

eventi, interni ed esterni alla Banca, di sponsorizzazioni, di erogazioni liberali e tutto quel

mondo che riguarda la “responsabilità sociale d’impresa” intesa come consapevolezza delle

ricadute sociali che l’attività di un’azienda importante come la BPER - sesto Gruppo

bancario nazionale per importanza e per dimensioni - ha sugli stakeholder e su tutto il

territorio. Essendo stato in passato Responsabile della Redazione il Resto del Carlino di

Modena, è di certo la persona adatta a rispondere ad alcune domande relative alle tavole

rotonde descritte precedentemente, per offrirci un’analisi più dettagliata del dibattito

sviluppatosi intorno alla questione “economia locale”, in un contesto come quello della crisi

finanziaria che ha colpito molti settori del nostro Paese.

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102

1. Da quanto tempo BPER è partner del QN-il Resto del Carlino e perché questa

scelta di collaborare con l'azienda?

Tra la più importante banca del territorio, che nel frattempo è diventata un grosso Gruppo

bancario nazionale e il quotidiano di riferimento dei territori in cui è nata questa banca, la

collaborazione in realtà c’è sempre stata e non potrebbe essere diversamente. Nata a

Modena come “Banca popolare di Modena”, BPER Banca (che l’anno prossimo festeggia

150 anni) si è tanto sviluppata così da diventare una banca nazionale a tutti gli effetti. La

collaborazione col Carlino si è intensificata in modo specifico negli ultimi cinque anni

anche in concomitanza di eventi del giornale – penso al 125esimo e al 130esimo

anniversario – ma non specificatamente riferito a questi, infatti cito due iniziative

fondamentali: l’organizzazione delle tavole rotonde e – non meno importante per quanto

riguarda il marketing territoriale ma più in generale per il rapporto con gli stakeholder e

con un target giovanile – un Concorso fotografico nazionale organizzato insieme ogni anno

che ha un tema sempre diverso, intercetta un pubblico giovanile e tramite il veicolo della

Poligrafici Editoriale di QN accede anche sul web dando la possibilità di inviare foto,

premiate da una giuria selezionatrice.

2. Per quanto riguarda le tavole rotonde realizzate nel 2015, com’è nata l’idea di

una tematica come quella dell’economia locale e cosa intendete per “creazione di

valore per il territorio”?

L’idea delle tavole rotonde nasce dal concetto di “creare valore”, in una fase economica

particolare, perché siamo nel pieno della crisi finanziaria che si è via via estesa

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all’economia reale, dando una ricaduta ulteriore sulle istituzioni finanziarie perché,

colpite le imprese, di conseguenza ne hanno sofferto anche banche e istituti di credito. In

questa fase ci siamo chiesti tutti come cercare di creare valore per il territorio, cioè creare

una consapevolezza diffusa dei beni più importanti per capire a che punto era la crisi,

allora, al punto che stiamo uscendo dalla crisi oggi, ma forse anche per andare oltre,

ovvero per avviarci al concetto di “nuova normalità” che spesso viene declinata in varie

forme ma che in definitiva fa riferimento a questo assunto: siamo proprio sicuri che stiamo

uscendo da una crisi lunga otto anni, oppure c’è un nuovo ordine dell’economia globale a

cui dovremmo abituarci poiché nulla sarà come prima? Nonostante ciò rispetteremo quella

che è la nostra funzione, quella cioè di creare valore economico per il territorio, creare

valore sociale, creare interesse, creare tutti quei concetti che fanno riferimento al territorio

nella sua totalità.

In questa cornice “come creare valore per il territorio” si declinano varie possibilità. Mi

piacerebbe ricordare, tra le varie tavole rotonde, quella di Reggio Emilia, perché da lì partì

un percorso innovativo in cui noi declinammo il concetto di “Industria 4.0” e di “Banca

4.0”: se è vero che le aziende devono aprirsi sempre più al mondo del digitale per

aumentare la produttività, diminuendo i costi di produzione, con minore impatto sociale

possibile, allo stesso modo le banche che accompagnano le aziende devono inoltrarsi in un

percorso in cui il digitale – e qui la concezione banca 4.0 – abbia un ruolo sempre più

importante, con tutto quello che comporta nella definizione degli assetti, della rete, delle

organizzazioni generali a cui tutte le imprese vanno incontro.

Comunque, in ogni territorio dove siamo andati, abbiamo declinato delle tematiche che

potessero avere riferimento alla situazione locale con lo scopo di creare valore per esso. In

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sostanza viene a galla sempre il concetto di “guardare avanti” e di vedere cosa si può fare

per modificare degli assetti, dei comportamenti, dei modi di produrre e concepire l’attività

economica in cui ci stiamo orientando. In questo sta l’idea della tematica che cambia ogni

anno e per ogni città ospitante, a seconda delle esigenze che saltano fuori, ma sempre con

un preciso radicamento territoriale.

3. Qual è la vostra idea di ripresa economica? In particolare, su cosa puntereste

per raggiungere questo obiettivo?

Sarà anche una ripresa, sì, ma noi non la vediamo del tutto. Si può dire che dal punto di

vista dei consumi delle famiglie una certa ripresa si può constatare ma appartiene a una

percentuale minima; non altrettanto e non nella misura sperata gli investimenti per

l’attività produttiva che sono il vero motore che alimenta l’economia. Si devono ancora fare

passi avanti per poter rispondere in modo affermativo.

4. Che funzione attribuisce alla informazione fornita dalla stampa in relazione

allo sviluppo economico del territorio e alla percezione della popolazione?

Ha una funzione assolutamente fondamentale. L’informazione è un valore che non verrà

mai meno; è vero che prima era declinata sui media tradizionali, adesso è molto proiettata

sui social. Senza informazione e senza la possibilità di far sapere al mondo quello che fai

non esiste quello che stai facendo. La comunicazione e quindi la notiziabilità, il “fare

notizia” sono essenziali per veicolare la giusta immagine della banca, dalla stampa, ai

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media tradizionali, ai nuovi tradizionali e ai social più recentemente, perché ci permettono

non solo di raggiungere facilmente gli stakeholder e di creare valore ma di avere un

rapporto proficuo che risponda alle istanze sociali, culturali, economiche – non solo attività

bancarie specifiche ma anche altro, nonostante il nostro mestiere è quello di “fare banca”

per prima cosa – che vengono dai territori serviti in tutti Italia.

5. Quanto sono importanti, per la crescita economica territoriale, le iniziative

culturali?

La cultura occupa un ruolo essenziale. Il problema è che non vorrei diventasse un slogan,

nel senso che stiamo dicendo tutti, da anni, «dobbiamo ripartire dalla cultura e dal nuovo

ordine mondiale e del Paese» e poi non si fa abbastanza né come destinazione di risorse da

parte della struttura pubblica né forse come abitudine nostra nel concepire la cultura come

tale. Per quello che ci riguarda la riteniamo importante - come lo dimostrano varie

iniziative - ne cito solo una: siamo sponsor del Premio Strega Giovani (da quest’anno

anche del Premio Strega Ragazzi), una formula particolare per cui i giovani di varie parti

d’Italia, via web, votano personalmente i veri finalisti del Premio Strega nazionale,

scegliendo il loro vincitore. Non solo per includere e coinvolgere a tutto tondo i giovani, ma

è un’iniziativa, secondo noi, ottima per diffondere cultura in un target giovanile. Questo

progetto è stato realizzato in occasione della Fiera del Libro per ragazzi di Bologna a cui è

stata aggiunta questa iniziativa. Di progetti sul tema “cultura” ce ne sono stati tanti dato

che abbiamo tante occasioni per “fare cultura”, fattore fondamentale su cui noi crediamo

molto, cercando di fare la nostra parte, avendo tutte le carte per poterla realizzare al

meglio.

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*LE CONSIDERAZIONI DI ODA COSTA, RESPONSABILE UFFICIO EVENTI,

PROGETTI ED INIZIATIVE EDITORIALI DELLA POLIGRAFICI EDITORIALE:

1. Che ruolo occupa all’interno della Poligrafici Editoriale?

Ho fatto esperienza per più di trent’anni al Gruppo Espresso-Repubblica e dal 2002 sono

arrivata a Poligrafici Editoriale, dove mi sono sempre occupata di attività legate

all’organizzazione degli eventi e alle iniziative editoriali che riguardano tutti quei “temi

monografici” inseriti nelle pagine dei nostri quotidiani: sono i cosiddetti appuntamenti

settimanali come ad esempio “le auto” il lunedì, “l’economia” il mercoledì, “il tempo

libero” il giovedì, “la moda” il venerdì, “la lettura” il sabato (nuovo supplemento dedicato

alla lettura dei libri) “la salute” la domenica. Per precisare, non mi occupo tanto delle

testate specifiche regionali ma della sezione a livello nazionale che è il Quotidiano

Nazionale.

2. Che funzione attribuisce agli eventi in relazione anche dei diversi

destinatari a cui sono rivolti?

La funzione è prettamente informativa ed esplicativa, nel senso che attraverso le pagine del

quotidiano, i nostri lettori hanno la possibilità di approfondire determinati temi, ma

dall’altra parte coloro che partecipano attivamente agli eventi diventano interlocutori che

possono interagire direttamente con i relatori del momento creando un vero e proprio

dibattito. Inoltre essendo temi di grande interesse quelli dedicati all’economia, hanno vari

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risvolti: abbiamo approfondito la tematica “territorio”, abbiamo parlato di

“internazionalizzazione”, di “start up”, di attività rivolte all’Expo. Le tavole rotonde, i

forum, o gli incontri hanno invogliato il pubblico a porre attenzione creando curiosità e

interesse. La funzione dunque è duplice: trovare e dare informazioni ai lettori e allo stesso

tempo dare al possibilità di fare domande specifiche a tutti coloro che sono presenti

all’evento per essere maggiormente indottrinati dai relatori.

3. Di che tipo di eventi si occupa l’ufficio Eventi, progetti ed iniziative

editoriali?

L’anno scorso ci siamo occupati maggiormente di eventi economici in senso generale ed

eventi dedicati al settore del turismo, anch’essi con un taglio prettamente economico, che

attraverso la Regione e l’Apt hanno dato risvolti interessanti per i nostri lettori. Nell’ultima

parte dell’anno, inoltre, abbiamo fornito una informazione molto interessante legata al

tema della salute. Sono stati tre gli eventi “salutistici”: l’evento dedicato alla Boston

Scientific e altri due dedicati a Roche e alla tematica del tumore al seno. Tuttavia i

maggiori temi affrontati rimangono quelli di stampo economico.

4. Quali elementi o fattori si considerano prima di pianificare un evento?

L’evento viene pianificato su specifiche date che combaciano con la “necessità” del

territorio di riferimento.

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Il motivo per cui ci siamo occupati dell’Expo, ad esempio, è perché, nel mese di settembre,

la Regione Emilia Romagna ha avuto la sua presenza all’evento mondiale. Mentre prima,

quando abbiamo pianificato altri eventi sull’Expo (e abbiamo cominciato tre anni fa), lo

abbiamo fatto in funzione di un cammino per raggiungere e capire come si sviluppava il

tema del cibo in regioni come la Toscana e l’Emilia Romagna e lo scopo era quello di

raccontare tutte le loro attività organizzate in occasione dell’Expo.

Il secondo elemento che impone l’organizzazione di un evento è il lancio di un prodotto. Ad

esempio, la Boston Scientific, nel 2015 si è servita di un evento per pubblicizzare e rendere

il più possibile “visibile” uno strumento innovativo per l’attività cardiaca che era stato

precedentemente lanciato sul mercato europeo: era necessario che nelle nostre aree in cui

eccelle il reparto di cardiologia venisse raccontato.

5. Ci sono delle fasi che la pianificazione di un evento deve seguire?

Innanzitutto, per parlare di “organizzazione di eventi” bisogna distinguere due fasi:

- Fase “interna” svolta in questo ufficio e ha funzione operativa perché si ricercano i

relatori, i partner adeguati a quel tema, si mandano gli inviti tramite e-mail, si stampano

tutti gli articoli e i comunicati stampa che vengono raccolti in “cartelline” che sono il

materiale di riferimento di quell’evento destinato al pubblico;

- Fase “esterna” contraddistinta dalla collaborazione di un partner che ci accompagna

durante tutto lo svolgimento del progetto e avviene perché può esserci richiesta dal

mercato.

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6. Perché avete scelto il Gruppo BPER Banca come partner delle tavole

rotonde?

Perché la BPER Banca è un gruppo molto importante per il territorio dell’Emilia Romagna,

ben radicato proprio come il Resto del Carlino, quindi non poteva essere altrimenti. La

BPER è un partner storico per noi. La collaborazione è iniziata con il Premio fotografico

da quando il Carlino ha compiuto 125 anni e continuerà negli anni avvenire. Infatti, al di là

di seguirci negli anniversari, la BPER ha espresso la volontà di promuovere alcuni loro

argomenti sui vari territori di riferimento. Ed ecco che è nata la partnership anche per le

tavole rotonde.

7. A chi vi rivolgete quando organizzate tavole rotonde di questo tipo?

Di solito ci rivolgiamo ad esperti a seconda del il titolo di quella tavola rotonda. Scelto

anche grazie all’ausilio dell’Università, è proprio un Professore esperto di quel

determinato tema che introduce il convegno. Poi selezioniamo quelli che sono i principali

protagonisti di quel determinato settore, figure per lo più istituzionali, mentre chi modera il

dibattito è sempre un responsabile di area di quel determinato territorio. Gli inviti sono

sempre creati dal Direttore di QN-il Resto del Carlino Andrea Cangini, al quale si

sottopone il panel dei relatori per discutere dell’organizzazione generale. I 300 e più

relatori, protagonisti degli eventi fatti finora, si possono raggruppare in categorie e quindi

avremo la categoria di relatori istituzionali che danno la caratura di queste attività e poi la

categoria di esperti del settore di quel territorio.

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8. Quali sono gli obiettivi che desiderate raggiungere utilizzando questo

strumento di marketing e comunicazione?

Gli obiettivi sono vari. Tra questi, interessare i lettori attraverso le pagine perché questi

eventi vengono pubblicati sul quotidiano prima, durante e post evento; il partner e anche

quello di avere la massima visibilità sull’argomento e sul territorio di riferimento.

9. Quali sono gli imprevisti che si possono incontrare quando si cura un

evento?

Chi cura gli eventi sa benissimo che ci possono essere degli imprevisti che ti obbligano a

trovare delle soluzioni all’ultimo momento. Perciò nulla deve essere trascurato. La regola è

che si deve arrivare al giorno dell’evento curando ogni minimo particolare. Tra gli

imprevisti vi può essere l’assenza improvvisa di un relatore, per cui è bene assicurarsi,

tramite conferma scritta, che sarà presente. Anche la location se non curata abbastanza

può comportare delle difficoltà: tutto deve essere scritto sottoforma di contratto per

garantire l’occupazione di quella sala o di quel palazzo.

10. Che funzione svolge la stampa rispetto allo sviluppo economico del

territorio e rispetto alla popolazione?

L’aspetto più importante è la fedeltà di lettura: tanto più hai un quotidiano che sviluppa dei

temi, tanto più la funzione che la stampa svolge è importante.

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Lavorando per un Gruppo che si chiama QN-il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno, il

ruolo fondamentale è di accontentare, non per raccontare al lettore quello che si aspetta,

ma di raccontargli le peculiarità dell’argomento che stai trattando. Nel 90% dei casi i

nostri lettori sono attenti e curiosi e sono anche stimolatori perché molto interessati a

quello che capita nel loro territorio.

11. Quanto sono importanti, per la crescita economica territoriale, le

iniziative culturali?

Sono assolutamente fondamentali per lo sviluppo della crescita economica territoriale. Se

non c’è cultura non c’è crescita economica e del territorio. La cultura è curiosità di

apprendere, per avere lo stimolo di conoscere e sapere sempre di più.

13. Che caratteristiche bisogna avere per intraprendere questa

professione?

Organizzare gli eventi, al contrario di quello che si possa pensare, è un lavoro complesso e

che ti obbliga ad essere costantemente disponibile in ogni momento, permettendoti di

instaurare relazioni di tutti i tipi sia con personalità di spicco sia con la gente comune. Ma

la prima qualità che bisogna avere è la curiosità di capire come funzionano le cose: mai

lavorare a livello superficiale, ma andare nel profondo dell’attività. Tanto più si ha

curiosità, tanto più porti a termine il lavoro in maniera eccellente. La seconda qualità è

l’aspetto culturale che caratterizza ognuno di noi e che è molto importante per un lavoro

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del genere. L’ultima qualità, che non è però da meno, è la capacità di lavorare in team in

armonia e coordinazione. Per riuscire nell’organizzazione di un evento esso deve essere

sempre supportato dal mezzo di comunicazione giusto, dalla televisione ai mezzi

specializzati nel settore. Se hai questa forza di comunicare attraverso i media, l’evento avrà

successo.

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CONCLUSIONI

Giunti alla conclusione di questo lavoro è possibile “tirare le somme” di un percorso che mi

ha permesso di comprendere a pieno il mondo degli eventi, diventandone in qualche modo

“protagonista”. Grazie all’occasione che mi è stata offerta dall’ufficio Eventi, progetti ed

iniziative editoriali, ho avuto modo di toccare con mano tutti i lati di una pianificazione di

attività – con annesse difficoltà - che non erano per nulla fini a se stesse. Sopraggiungono,

infatti, diverse riflessioni da argomentare.

I convegni, le tavole rotonde, gli incontri contribuiscono innanzitutto a “dare valore” a un

territorio come quello dell’Emilia Romagna, una regione ricca dal punto di vista culturale ed

economico, nonostante i problemi scaturiti da una crisi che va avanti da otto anni. Con

questi incontri però, argomenti come il territorio e il suo sviluppo in concomitanza della

crisi economica, sono stati sviscerati e semplificati per creare un dibattito e dare soluzioni

per una possibile ripresa, tra cui creare una maggiore consapevolezza e maggiore interesse

nelle persone per un nuovo ordine dell’economia, in relazione a un mondo come il digitale

che si sta imponendo con forza, ma si spinge anche a guardare avanti, a migliorarsi e a

concepire un nuovo modello economico nel quale siamo immersi. Per questi motivi sono

essenziali le iniziative pensate da un giornale come il QN-il Resto del Carlino, che dà voce

al popolo e che comprende e grida la sua necessità a migliorarsi.

Il funzionamento degli eventi permette di comprendere anche il ruolo fondamentale della

comunicazione, onnipresente nella vita di ognuno di noi e in tutti i settori lavorativi. Senza

una buona comunicazione, l’evento stesso non si potrebbe sviluppare, come la

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comunicazione che coinvolge gli attori interni ed esterni è l’aspetto centrale della vita

dell’azienda.

Si può confermare, inoltre, che gli eventi sono importanti strumenti strategici per il

marketing territoriale, sfera che accomuna tanti fattori: ad esempio il ruolo della cultura si

può definire “propagatore di ricchezza” nell’economia dell’Emilia Romagna, dato che essa

genera identità, valore sociale e proietta al futuro.

Le celebrazioni per i 130 anni de il Resto del Carlino sono state oggetto di tutto questo:

hanno permesso di analizzare e confrontare le diverse realtà economiche e di sviluppo di

tante città, cominciando a rivisitare il passato per inquadrare nuove progetti per risolvere le

difficoltà e le sfide di queste città. La tutela e la valorizzazione del grande patrimonio

storico insieme alla promozione delle attività culturali devono essere considerate come muri

portanti per lo sviluppo del nostro Paese e un quotidiano come questo, ben radicato nel

territorio, potrebbe accrescere l’importanza per lo sviluppo economico e culturale sia a

livello locale che nazionale.

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27 maggio 2016

http://www.ciessevi.org/sites/default/files/pubblicazioni/universita/organizzare-

eventi.pdf, URL consultato il 9 giugno 2016

http://www.ilrestodelcarlino.it/speciali/130/l-economia-locale-come-creare-valore-per-

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http://www.secondowelfare.it/primo-welfare/istat-rapporto-annuale-2015-la-

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Maffei I., http://www.lacomunicazione.it/voce/organizzazione-e-comunicazione/, URL

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Marchetti, “Il Carlino compie 130 anni: la storia del foglio che cambiò l'informazione”,

articolo de il Resto del Carlino, 21 marzo 2015, Bologna,

http://www.ilrestodelcarlino.it/speciali/130/storia-resto-del-carlino-

compleanno-1.779743, URL consultato il 24 maggio 2016

Pansa G., “L’irresistibile ascesa del Cavalier ‘Artiglio’”, articolo de “La Repubblica”,

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Pertini C., “La tradizione è un’innovazione ben riuscita”, articolo tratto da

AriannaEditrice, 24 gennaio 2007,

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=8159, URL consultato il

9 giugno 2016

Rapporto annuale Istat per l’anno 2016, http://www.istat.it/it/archivio/185497, URL

consultato il 31 maggio 2016

I dati statistici e i materiali specifici relativi alle celebrazione per i 130 anni del il Resto

del Carlino sono stati resi accessibili dall’ufficio Eventi e dall’ufficio Marketing

della Poligrafici Editoriale, Gruppo Monrif, sede di Bologna.

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“GRAZIE”

Frutto di impegno, costanza e perseveranza, questo lavoro deve tanti grazie. A tutte quelle

persone vere che mi hanno accompagnato in questo lungo percorso, supportandomi e

incoraggiandomi senza mai mancarmi di un sorriso e credendo sempre in me.

Grazie infinitesimo ai muri portanti della mia vita, Mamma e Papà. Il vostro sostegno e

amore sono linfa vitale.

Grazie ai miei fratelli, Andrea, Marianna e Antonella, semplicemente perché esistete. E

grazie a Francesco e Alessandro di cui sono follemente Innamorata.

Quando guardo lassù o quando chiudo gli occhi o quando stringo i pugni, mi viene sempre

in mente la mia cara nonnina che non mi stanco mai di ricordare e di pensare. Grazie.

E poi…Grazie a Francesco. Ringraziarti è davvero troppo poco in paragone a tutto quello

che ogni giorno, incondizionatamente, fai per me. L’amore quotidiano unito alla forza e

alla tranquillità insiti in te, mi rendono invincibile e orgogliosa. Grazie a te la felicità è

tangibile.

Grazie a Fiorella, di cui non posso fare a meno, ad Annalisa, grande compagna di sintonie

perfette, grazie a Rosangela e a Pasquale, compagni di risate e di avventure. Grazie a Rita

che mi ha supportato anche nei momenti bui di questo periodo. Grazie a Francesca e alle

risate impossibili da trattenere.

Ringrazio il Professore Grandi e la Professoressa Capecchi per la loro disponibilità.

Un ringraziamento particolare va a Oda Costa che con autorevolezza mi ha insegnato il

“mestiere”, perché mi ha dato fiducia e responsabilità e per il tempo dedicatomi.