Gli effetti sul clima di una guerra...

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10 6 14 12 86 4 2 0 DISTANZA DAL PUNTO ZERO (CHILOMETRI) 5 SFERA DI FUOCO ONDA D'URTO 16 17 numero 194 ottobre 1984 anno XVII e.inlone etahun volume xxxifl D a quando, quarant'anni or so- no, ha avuto inizio la corsa agli armamenti nucleari si è dato generalmente per scontato che la conseguenza più distruttiva di una guerra nucleare di grandi proporzioni tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica sarebbe stata un numero enorme di perdite umane nel- le zone dell'emisfero boreale sede dei principali obiettivi militari. Anche se, presumibilmente, sulla scia di una guerra del genere la struttura sociale ed econo- mica delle nazioni in conflitto crollereb- be, è stato sostenuto che la maggior parte delle nazioni non partecipanti - e quindi la maggioranza della popolazione umana - non sarebbe messa in pericolo né diret- tamente né indirettamente. Nel corso degli anni sono stati sollevati interrogativi sulla possibile estensione planetaria di vari ef- fetti indiretti a lungo termine di una guerra nucleare, quali la ricaduta radioattiva ri- tardata, la riduzione dello strato protettivo di ozono nell'alta atmosfera e le variazioni sfavorevoli che si verificherebbero nel cli- ma. Fino a poco tempo fa tuttavia i pochi studi autorevoli disponibili relativi a questi pericoli supplementari avevano presentato la tendenza a minimizzarne l'importanza, mettendo in rilievo in alcuni casi l'incer- tezza inerente a qualsiasi tentativo di pre- vedere gli effetti combinati di esplosioni nucleari molteplici. Può darsi che oggi si debba rivedere questa opinione relativamente ottimistica del potenziale impatto di una guerra nu- cleare a livello planetario. Recenti sco- LE SCIENZE SCIENTIF1C XIVIERICAN perte compiute dal nostro gruppo, con- fermate da altri studiosi attivi in Europa, negli Stati Uniti e nell'Unione Sovietica, fanno pensare alla probabilità che gli ef- fetti climatici a lungo termine di una guer- ra nucleare di vaste proporzioni siano molto più gravi e di più vasta portata di quanto si sia fin qui ipotizzato. Come con- seguenza di una guerra di questo genere grandi aree della Terra potrebbero essere soggette a un'oscurità prolungata, a tem- perature abnormemente basse, a violente tempeste di vento, a smog tossici e a una ricaduta radioattiva persistente - in breve, a quella combinazione di condizioni dive- nute note con l'espressione «inverno nu- cleare». Gli effetti fisici di una guerra nu- cleare sarebbero aggravati dal collasso su grande scala dei sistemi di trasporto, delle reti di trasmissione dell'energia elettrica, della produzione agricola, dell'industria alimentare di trasformazione, dell'assi- stenza medica, dei servizi igienici, dei ser- vizi civili e del governo centrale. Anche in zone lontane dal conflitto i sopravvissuti potrebbero correre il pericolo di fame, ipotermia, malattie da radiazioni, indebo- limento del sistema immunitario, epide- Gli effetti sul clima di una guerra nucleare Nuove scoperte sono a favore dell'opinione secondo la quale le immense nubi di fumo e polvere sollevate da una guerra nucleare anche di medie proporzioni potrebbero provocare un «inverno nucleare» planetario di Richard P. Turco, Owen B. Toon, Thomas P. Ackerman, James B. Pollack e Cari Sagan Una tempesta di fuoco si sviluppa in seguito a una esplosione nucleare da un megaton sul centro di New York nella ipotetica sequenza di eventi illustrata nella pagina a fronte. (Il profilo della città, vista da occidente, è disegnato in scala; si parte dal presupposto che il punto dell'esplosione sia a circa 2000 metri di altezza proprio sopra l'Empire State Building.) Nei pochi secondi immediata- mente dopo l'esplosione il lampo iniziale di radiazione termica della sfera di fuoco provocherebbe l'incendio spontaneo di materiali combustibili anche a distanze notevoli (/). Molti di questi incendi verrebbero estinti subito dal passaggio dell'onda sferica di pressione (archi in nero) e dai forti venti a essa associati, ma nella loro opera di distruzione della maggior parte delle strutture della città questi due effetti provocherebbero anche un gran numero di incendi secondari (2). Alcuni dei singoli incendi primari e secondari potrebbero allora fondersi in conflagrazioni di grandi proporzioni (3), che a loro volta potrebbero unirsi, formando un unico grande incendio che coprirebbe quasi tutta la città (4). Se un incendio di questo genere fosse abbastanza intenso e se le condizioni meteorologiche fossero favorevoli, potrebbe conseguirne una vera e propria tempesta di fuoco alimentata da venti la cui velocità in vicinanza della corrente d'aria ascensionale centrale può raggiungere i 150 chilometri all'ora o anche più (5). Alla fine il fuoco si estinguerebbe, lasciando un residuo senza fiamma (6). Il fumo e la polvere lanciati in alto da migliaia di esplosioni di questo genere potrebbero estendersi su una vasta zona, bloccando efficacemente la radiazione solare e riducendo drasticamente la temperatura superficiale, indipendentemente dalla stagione. Nella sceneggiatura base di una guerra nucleare da 5000 megaton ipotizzata dagli autori del- l'articolo poca fuliggine viene immessa nella stratosfera dalle tempeste di fuoco urbane; se in una guerra nucleare queste tempeste di fuoco fossero comuni, il conseguente «inverno nucleare» risulterebbe notevolmente più rigido di quello previsto dai modelli elaborati al calcolatore.

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DISTANZA DAL PUNTO ZERO (CHILOMETRI)

5

SFERA DI FUOCO

ONDA D'URTO

16 17

numero 194ottobre 1984anno XVII e.inlone etahun

volume xxxifl

D

a quando, quarant'anni or so-no, ha avuto inizio la corsaagli armamenti nucleari si è

dato generalmente per scontato che laconseguenza più distruttiva di una guerranucleare di grandi proporzioni tra gli StatiUniti e l'Unione Sovietica sarebbe stataun numero enorme di perdite umane nel-le zone dell'emisfero boreale sede deiprincipali obiettivi militari. Anche se,presumibilmente, sulla scia di una guerradel genere la struttura sociale ed econo-mica delle nazioni in conflitto crollereb-be, è stato sostenuto che la maggior partedelle nazioni non partecipanti - e quindi lamaggioranza della popolazione umana -non sarebbe messa in pericolo né diret-tamente né indirettamente. Nel corso deglianni sono stati sollevati interrogativi sullapossibile estensione planetaria di vari ef-fetti indiretti a lungo termine di una guerranucleare, quali la ricaduta radioattiva ri-tardata, la riduzione dello strato protettivodi ozono nell'alta atmosfera e le variazionisfavorevoli che si verificherebbero nel cli-ma. Fino a poco tempo fa tuttavia i pochistudi autorevoli disponibili relativi a questipericoli supplementari avevano presentatola tendenza a minimizzarne l'importanza,mettendo in rilievo in alcuni casi l'incer-tezza inerente a qualsiasi tentativo di pre-vedere gli effetti combinati di esplosioninucleari molteplici.

Può darsi che oggi si debba rivederequesta opinione relativamente ottimisticadel potenziale impatto di una guerra nu-cleare a livello planetario. Recenti sco-

LE SCIENZESCIENTIF1CXIVIERICAN

perte compiute dal nostro gruppo, con-fermate da altri studiosi attivi in Europa,negli Stati Uniti e nell'Unione Sovietica,fanno pensare alla probabilità che gli ef-fetti climatici a lungo termine di una guer-ra nucleare di vaste proporzioni sianomolto più gravi e di più vasta portata diquanto si sia fin qui ipotizzato. Come con-seguenza di una guerra di questo generegrandi aree della Terra potrebbero esseresoggette a un'oscurità prolungata, a tem-perature abnormemente basse, a violentetempeste di vento, a smog tossici e a unaricaduta radioattiva persistente - in breve,

a quella combinazione di condizioni dive-nute note con l'espressione «inverno nu-cleare». Gli effetti fisici di una guerra nu-cleare sarebbero aggravati dal collasso sugrande scala dei sistemi di trasporto, dellereti di trasmissione dell'energia elettrica,della produzione agricola, dell'industriaalimentare di trasformazione, dell'assi-stenza medica, dei servizi igienici, dei ser-vizi civili e del governo centrale. Anche inzone lontane dal conflitto i sopravvissutipotrebbero correre il pericolo di fame,ipotermia, malattie da radiazioni, indebo-limento del sistema immunitario, epide-

Gli effetti sul climadi una guerra nucleare

Nuove scoperte sono a favore dell'opinione secondo la quale le immensenubi di fumo e polvere sollevate da una guerra nucleare anche di medieproporzioni potrebbero provocare un «inverno nucleare» planetario

di Richard P. Turco, Owen B. Toon, Thomas P. Ackerman, James B. Pollack e Cari Sagan

Una tempesta di fuoco si sviluppa in seguito a una esplosione nucleare da un megaton sul centro diNew York nella ipotetica sequenza di eventi illustrata nella pagina a fronte. (Il profilo della città,vista da occidente, è disegnato in scala; si parte dal presupposto che il punto dell'esplosione sia acirca 2000 metri di altezza proprio sopra l'Empire State Building.) Nei pochi secondi immediata-mente dopo l'esplosione il lampo iniziale di radiazione termica della sfera di fuoco provocherebbel'incendio spontaneo di materiali combustibili anche a distanze notevoli (/). Molti di questiincendi verrebbero estinti subito dal passaggio dell'onda sferica di pressione (archi in nero) e daiforti venti a essa associati, ma nella loro opera di distruzione della maggior parte delle strutturedella città questi due effetti provocherebbero anche un gran numero di incendi secondari (2).Alcuni dei singoli incendi primari e secondari potrebbero allora fondersi in conflagrazioni digrandi proporzioni (3), che a loro volta potrebbero unirsi, formando un unico grande incendio checoprirebbe quasi tutta la città (4). Se un incendio di questo genere fosse abbastanza intenso e se lecondizioni meteorologiche fossero favorevoli, potrebbe conseguirne una vera e propria tempestadi fuoco alimentata da venti la cui velocità in vicinanza della corrente d'aria ascensionale centralepuò raggiungere i 150 chilometri all'ora o anche più (5). Alla fine il fuoco si estinguerebbe,lasciando un residuo senza fiamma (6). Il fumo e la polvere lanciati in alto da migliaia di esplosionidi questo genere potrebbero estendersi su una vasta zona, bloccando efficacemente la radiazionesolare e riducendo drasticamente la temperatura superficiale, indipendentemente dalla stagione.Nella sceneggiatura base di una guerra nucleare da 5000 megaton ipotizzata dagli autori del-l'articolo poca fuliggine viene immessa nella stratosfera dalle tempeste di fuoco urbane; se inuna guerra nucleare queste tempeste di fuoco fossero comuni, il conseguente «inverno nucleare»risulterebbe notevolmente più rigido di quello previsto dai modelli elaborati al calcolatore.

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SPESSORE OTTICO DELLA NUBE

La trasmissione di luce solare attraverso le nubi di fumo e quelle di polvere è rappresentata infunzione dello spessore ottico di ciascuna nube, una misura dell'opacità uguale al logaritmo natu-rale negativo dell'attenuazione di un fascio di luce incidente. A un dato spessore ottico una nube difumo assorbe molta più luce solare di una nube di polvere. A scopo di confronto vengono dati treli% elli tipici di luce trasmessa, che corrispondono a una giornata molto nuvolosa (a), a un livello diluminosità a cui la fotosintesi è a malapena possibile (b) e a una notte serena con la luna piena (c).

9E RADIAZIOINFRARO;IN USCITA

RIFLESSA DALLASUPERFICIE (6)

ASSORBITADALL'ATMOSFERA (26)

ASSORBITA DALLASUPERFICIE (43)

FLUSSO ENERGETICONETTO DALLASUPERFICIE (43)

NESA(69)

RADIAZIONE SOLARE RADIAZIONE SOLAIN ARRIVO (100) RIFLESSA (31)

RIFLESSADALL'ATMOSFERA (25),,,

RIFLESSADALL'ATMOSFERA (20)

RIFLESSA DALLASUPERFICIE (< 1)

FLUSSO ENERGETICOASSORBITA DALLA NETTO DALLA

SUPERFICIE (5) SUPERFICIE (5)

ASSORBITADALL'ATMOSFERA (75)

RADIAZIONE SOLARE RADIAZIONE SOLIN ARRIVO (100) RIFLESSA (20

RADIAZIONEINFRAROSSAIN USCITA (80

ARE

L'«effetto serra», il fenomeno in virtù del quale la superficie terrestreviene riscaldata dalle proprietà isolanti dell'atmosfera, potrebbe veni-re annullato su una vasta zona dalla nube di fumo e di polvere conse-guente a una guerra nucleare. In condizioni normali (a sinistra) l'at-mosfera è del tutto trasparente alla radiazione a lunghezze d'ondavisibili; di conseguenza una grossa percentuale della luce solare inci-dente attraversa l'atmosfera e viene assorbita dalla superficie sottoforma di energia termica, o calore. Dalla superficie, la radiazionetermica viene emessa prevalentemente a lunghezze d'onda infrarosse,più lunghe, che vengono assorbite intensamente dall'atmosfera infe-riore, facendo salire la temperatura vicino alla superficie a livelli mol-to superiori al punto di congelamento dell'acqua. In condizioni norma-li il bilancio termico netto a livello del suolo è dato dalla differenza trail flusso infrarosso discendente di 101 unità e un flusso energeticoascendente di 144 unità; quest'ultimo valore a sua volta è costituito da

un flusso infrarosso ascendente di 115 unità più un flusso ascendente dicalore latente e «sensibile» di 29 unità. L'energia assorbita dall'atmo-sfera e dalla superficie sotto forma di luce solare è uguale, mediata neltempo, all'energia riemessa nello spazio dalla superficie e dall'atmosfe-ra sotto forma di radiazione infrarossa. Una densa nube di fumo e dipolvere presente nella parte alta o media dell'atmosfera ristabilirebbeil bilancio energetico della Terra (a destra). La maggior parte della luce

solare verrebbe allora assorbita dalla nube e una grande percentuale ver-rebbe irradiata di nuovo direttamente nello spazio a lunghezze d'ondainfrarosse senza mai raggiungere la superficie. In queste condizioniperturbate il bilancio termico netto a livello del suolo sarebbe costituitodalla differenza tra un flusso infrarosso ascendente di 70 unità; i dueflussi quasi si equilibrerebbero, annullando qualsiasi effetto riscal-dante nell'atmosfera. La superficie terrestre e l'atmosfera inferiore siraffredderebbero rapidamente via via che il calore residuo si dissipasse.

mie e altre terribili conseguenze. Nume-rosi biologi ed ecologi sostengono che incerte circostanze l'estinzione di moltespecie di organismi - compresa la specieumana - è una possibilità reale.

Il nostro impegno personale nella riva-lutazione degli effetti planetari di unaguerra nucleare ha avuto origine in unaconfluenza di parecchie linee di ricerca.Prima di unire le forze, eravamo statiimpegnati individualmente e collettiva-mente in ricerche su certi fenomeni qualile tempeste di polvere su Marte e gli effet-ti climatici delle eruzioni vulcanicheesplosive sulla Terra; più di recente cisiamo interessati tutti all'ipotesi secondola quale una o più estinzioni in massa dispecie animali evidenti nella documenta-zione geologica furono causate da im-mense nubi di polvere sollevate dall'im-patto di un asteroide o di una cometa. Nel1982 un comitato della National Acade-my of Sciences, riconoscendo il paralleloesistente tra la polvere sollevata da esplo-sioni nucleari e quella sollevata da altrieventi cataclismici, quali eruzioni vulca-

niche e impatti meteoritici, ci chiese disvolgere ricerche sui possibili effetti cli-matici della polvere che verosimilmentesarebbe stata provocata da una guerranucleare. La questione era già stata presada noi in considerazione e, per approfon-dirla, avevamo a nostra disposizione sofi-sticati modelli elaborati al calcolatore difenomeni atmosferici su grande e su pic-cola scala; i modelli erano stati sviluppatinel decennio precedente soprattutto perstudiare origine, proprietà ed effetti delleparticelle presenti nell'atmosfera.

Più o meno nel medesimo tempo unaltro aspetto importante della questionesi pose alla nostra attenzione. Un articolouscito su «Ambio», una pubblicazionesvedese che si occupa dei problemi del-l'ambiente, e scritto in collaborazione daPaul J. Crutzen del Max Planck Institutfiir Chemie di Magonza, nella GermaniaOccidentale, e da John W. Birks dell'U-niversità del Colorado a Boulder, facevarilevare che gli incendi provocati dalleesplosioni nucleari avrebbero potutogenerare massicce quantità di fumo, ridu-

cendo gravemente la luce solare che arri-va al suolo. Di conseguenza aggiungem-mo il fumo alla polvere come probabileinfluenza perturbatrice di una guerra nu-cleare sul clima.

In breve, i nostri risultati iniziali, pub-blicati su «Science» nel dicembre del1983, dimostravano che «le potenzialiconseguenze atmosferiche e climatiche diuna guerra nucleare.., sono gravi. Unanotevole attenuazione emisferica del flus-so di radiazione solare e un abbassamentoal di sotto dello zero delle temperaturecontinentali potrebbero essere causatidalla polvere sollevata da esplosioni nu-cleari di grande potenza a livello del suoloe dal fumo degli incendi di città e di fore-ste provocati da esplosioni nell'atmosferadi qualsiasi potenza.» Abbiamo scopertoinoltre che l'esposizione a lungo terminealle radiazioni nucleari della ricaduta ra-dioattiva di una guerra nucleare combat-tuta nell'emisfero boreale potrebbe supe-rare di un ordine di grandezza le indica-zioni di studi precedenti; al pari di altrieffetti dell'inverno nucleare, la radioatti-

vità potrebbe addirittura spingersi in pro-fondità nell'emisfero australe. «Unita alladistruzione immediata provocata dal-l'onda di pressione dell'esplosione nu-cleare, agli incendi e al susseguente au-mento della radiazione solare ultraviolet-ta dovuto alla diminuzione dell'ozono» -concludevamo - «l'esposizione a lungotermine al freddo, all'oscurità e alla ra-dioattività potrebbe costituire una graveminaccia ai superstiti umani e ad altrespecie.» Studi successivi, basati su model-li più efficaci della circolazione generaledell'atmosfera terrestre, hanno teso aconfermare sia la validità della nostraimpostazione di ricerca, sia la motivazio-ne principale delle nostre conclusioni.Nelle righe che seguono passeremo in ras-segna lo stato attuale delle conoscenze suquesta questione di vitale importanza.

prima di poter comprendere gli effetti

di una guerra nucleare sul clima, è ne-cessario capire innanzitutto come il bi-lancio delle radiazioni sulla Terra venganormalmente mantenuto in equilibrio. Laquantità di luce solare assorbita dall'atmo-sfera e dalla superficie terrestre, mediatasul lungo periodo, è uguale alla quantità diradiazione termica emessa di rimando nel-lo spazio. Poiché l'intensità della radiazio-ne termica è proporzionale alla quartapotenza della temperatura del corpo che laemette, sia la temperatura superficiale siala temperatura atmosferica possono ade-guarsi abbastanza rapidamente in modo damantenere l'equilibrio energetico com-plessivo tra energia solare acquisita edenergia termica perduta.

Se la Terra fosse un corpo privo di at-mosfera come la Luna, la sua superficieirradierebbe direttamente nello spaziol'energia solare assorbita. In questo casola temperatura della Terra, mediata intutto il globo, sarebbe molto al di sotto delpunto di congelamento dell'acqua e lavita così come noi la conosciamo non po-trebbe esistere sul nostro pianeta. Per for-tuna la Terra ha un'atmosfera, la qualeassorbe e intrappola una parte del caloreemesso dalla superficie, facendo pertantoaumentare la temperatura media a livellodel suolo molto al di sopra del punto dicongelamento dell'acqua e fornendo unambiente favorevole a certe forme di vita,come la nostra, che si basano sull'acquaallo stato liquido.

L'isolamento termico della superficieterrestre da parte dell'atmosfera - l'«ef-fetto serra» - nasce dal fatto che la lucesolare attraversa l'atmosfera più facil-mente della radiazione termica. La radia-zione emessa dal Sole cade in prevalenzanella regione visibile dello spettro elet-tromagnetico, mentre la radiazione ter-mica emessa dalla superficie terrestre èconcentrata nella regione infrarossa. Leprincipali componenti dell'atmosfera cheassorbono la radiazione infrarossa sonol'acqua (sotto forma di cristalli di ghiac-cio, goccioline e vapore) e l'anidride car-bonica, entrambe fondamentalmente tra-sparenti alla luce visibile. In genere per-tanto l'atmosfera funge da finestra per laluce solare, ma da coltre per il calore.

In condizioni normali la temperaturadella troposfera, ossia dell'atmosfera in-feriore, diminuisce gradatamente conl'aumentare dell'altezza fino a una quotadi circa 12 000 metri, il limite chiamatotropopausa. Il calore proveniente dallasuperficie della Terra viene trasferito ver-so l'alto attraverso l'atmosfera da parec-chi meccanismi: la radiazione termica, laturbolenza su piccola scala, la convezionesu grande scala e la liberazione di calorelatente attraverso la condensazione delvapore acqueo ascendente. In un'atmo-sfera puramente radiativa (un'atmosferacioè in cui l'aria non si muove in sensoverticale e tutta l'energia viene trasferitaper irraggiamento) gli strati inferiori del-l'aria, dove viene assorbita la maggiorparte dell'energia solare, sarebbero piùcaldi degli strati più alti: in questa situa-zione la radiazione termica diretta versol'alto supererebbe quella diretta verso ilbasso, facendo sfuggire verso lo spazio ilcalore eccedente. Se l'opacità dell'atmo-sfera alla radiazione infrarossa dovesseaumentare (senza nessun cambiamentonell'opacità alla luce visibile), la tempera-tura aumenterebbe. Se all'atmosfera, peresempio, venisse aggiunta in quantitàsufficiente anidride carbonica, che habuona capacità di assorbimento nell'in-frarosso, si avrebbe un riscaldamento del-la superficie.

Se, per contro, qualche componentedell'atmosfera dovesse ridurre la quantitàdi luce solare che arriva alla superficie

senza aumentare in misura significatival'opacità all'infrarosso, la temperatura alivello del suolo diminuirebbe. Per esem-pio, se tutta la luce solare venisse assorbi-ta in alto nell'atmosfera e non arrivassemininiamente al suolo, e se la superficiepotesse irradiare energia verso lo spaziosenza nessun ostacolo, la temperaturasuperficiale scenderebbe al livello di quel-la di un pianeta privo di atmosfera. Sel'assorbimento dell'energia solare doves-se avvenire al di sopra della maggior partedell'atmosfera, il bilancio delle radiazionidella Terra si manterrebbe in equilibriosenza dar luogo all'effetto serra. (Di con-seguenza ci riferiamo a questa condizionecome «effetto antiserra».) Al di sotto del-lo strato in cui la luce solare venisse as-sorbita, la temperatura dell'atmosferanon varierebbe con l'altezza: a ogni livel-lo inferiore il flusso infrarosso ascendentesarebbe uguale al flusso infrarosso di-scendente e il trasferimento netto dienergia sarebbe trascurabile.

T e particelle presenti nell'atmosfera pos-sono incidere sull'equilibrio radiativo

della Terra in vario modo: assorbendo laluce solare, riflettendo indietro nello spa-zio la luce solare e assorbendo o emetten-do radiazione infrarossa. In genere unanube di particelle fini - un aerosol - tendea riscaldare lo strato atmosferico che essaoccupa, ma può o riscaldare o raffreddaregli strati sottostanti e la superficie a se-conda che le particelle assorbano la radia-

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TEMPO DOPO LE ESPLOSIONI (SECONDI)

La variazione nel corso del tempo dell'opacità delle nubi di fumo e di polvere dovute a numerosesceneggiature di guerre nucleari è tracciata in termini di spessore ottico v erticale delle nubi pre-senti mediamente sopra l'emisfero boreale. Gli spessori ottici sono stati calcolati per la luce visi-bile a una lunghezza d'onda di 550 nanometri. I risultati tendono a rientrare in due fasce. La fasciasuperiore comprende quelle sceneggiatore che hanno dato risultati vicini al caso base di 5000megaton, indicato dalla curva in colore intenso: la potenza esplosiva totale delle sceneggiaturecomprese in questa fascia N aria da 100 a 10 000 megaton. La fascia inferiore comprende quellesceneggiatore che hanno dato risultati meno drastici: esse variano dallo scambio limitato a 1000megaton indicato dalla curva in nero a un attacco coutztetforce da 3000 megaton diretto solo controobiettivi militari. Importanti sconvolgimenti climatici sono previsti ogni solta che lo spessore ot-tico medio sopra un emisfero è superiore a circa 1. Per confronto è indicato lo spessore otticomedio sopra l'emisfero boreale della nube di polvere sollevata nel 1982 dal vulcano El Chichon.

SCENEGGIATURAPOTENZA

ESPLOSIVATOTALE

(MEGATON)

EPLOSIONIIN SUPERFICIE

(PERCENTUALEDELLA

POTENZAESPLOSIVA)

OBIETTIVIURBANI O

INDUSTRIALI(PERCENTUALE

DELLAPOTENZA

ESPLOSIVA)

POTENZAESPLOSIVA

DELLETESTATE

(MEGATON)

NUMEROTOTALE

DIESPLOSIONI

MASSADI FUMO

SUBMICRO-METRICO(MILIONI

DITONNELLATE)

MASSADI POLVERESUBMICRO-

METRICA(MILIONI

DITONNELLATE)

SPESSOREOTTICO

DELFUMO

SPESSOREOTTICODELLA

POLVERE

A SCAMBIO BASE 5000 57 20 0,1 — 10 10 400 225 65 4,5 1

B 5000 10 33 0,1 — 1 22 500 300 65 4,5 0,2

CSCAMBIOTOTALE 10 000 63 15 0,1 — 10 16 160 300 130 6 2

DSCAMBIODI MEDIA SCALA

3000 50 25 0,3 — 5 5433 175 40 3,5 0,6

ESCAMBIOLIMITATO 1000 50 25 0,2— 1 2250 50 10 1 0,1

FATTACCOGENERALECOUNTERFORCE

3000 70 0 1 — 10 2150 O 55 0 0,8

G•

ATTACCOCOUNTERFORCEA OBIETTIVI DURI

5000 100 0 5-10 700 0 650 0 10

H ATTACCO A CITTÀ 100 0 100 0,1 1000 150 O 3 0

I GUERRA FUTURA 25 000 72 10 0,1 —10 28 300 400 325 8 5

Le sceneggiatore di guerra nucleare descritte a grandi linee in questatabella sono state tratte da un elenco molto più lungo di possibilità esa-minate in dettaglio dagli autori. Le ultime quattro colonne a destra

danno l'esito di ogni sceneggiatura in termini di nubi di fumo e di pol-vere che ne conseguono. Si ritiene che le sceneggiatore qui presentatetranne l'ultima rientrino nelle capacità attuali delle due superpotenze.

zione infrarossa più facilmente di quantoriflettano e/o assorbano la luce visibile.

L'effetto antiserra di un aerosol è mas-simizzato per particelle che hanno ungrande potere di assorbimento a lunghez-ze d'onda visibili. La luce solare che arri-va alla superficie è quindi molto di menoquando un aerosol consiste di particellescure come la fuliggine, che assorbe for-temente la luce visibile, che non quandol'aerosol è costituito da particelle chiarecome la polvere del suolo, che soprattuttodiffonde la luce. Nel valutare i possibilieffetti di una guerra nucleare sul climabisognerebbe di conseguenza concentra-re in modo particolare l'attenzione sulleparticelle di fuliggine che sono generatedagli incendi, in quanto la fuliggine è unadei pochi tipi comuni di particolato cheassorbono la luce visibile più intensamen-te della radiazione infrarossa.

La misura in cui un aerosol raffredderàla superficie (bloccando la luce solare) ola riscalderà (aumentando l'effetto serra)dipende dalle dimensioni delle particelle.Se il diametro medio delle particelle èinferiore a una tipica lunghezza d'ondainfrarossa (circa 10 micrometri), l'opacitàdell'aerosol all'infrarosso sarà inferiorealla sua opacità alla luce visibile. Di con-seguenza un aerosol di particelle finissimeche assorbisse sia pure debolmente la lucesolare dovrebbe avere un effetto nel visi-bile maggiore di quello che presenta nel-l'infrarosso, dando origine di conseguen-za a un significativo raffreddamento deglistrati inferiori dell'atmosfera e della su-perficie. Nel caso della fuliggine questovale anche per particelle di dimensioniun po' più grandi.

Gli effetti della radiazione visibile e in-frarossa associati a strati di particelle di-pendono dallo spessore e dalla densitàdell'aerosol. L'intensità della luce solare

che giunge al suolo diminuisce espo-nenzialmente con la quantità di materia-le particolato fine assorbente presentenell'atmosfera. Più che dalla quantità diaerosol, la radiazione infrarossa chegiunge al suolo dipende tuttavia dallatemperatura dell'aria. Pertanto, quandoè presente una elevata quantità di aero-sol, la conseguenza climatica dominantetende a essere un forte raffreddamentodella superficie.

Lo «spessore ottico» di un aerosol(una misura dell'opacità uguale al loga-ritmo naturale negativo dell'attenuazio-ne per assorbimento e diffusione di unfascio di luce incidente) serve da comodoindicatore dei potenziali effetti sul climadell'aerosol in questione. Una nube conuno spessore ottico molto inferiore a 1,per esempio, provocherebbe soltantoperturbazioni di secondaria importanza,mentre una nube con uno spessore otticopari a 1 o superiore provocherebbe unaperturbazione di importanza primaria,poiché la maggior parte della luce ver-rebbe assorbita nell'atmosfera e/o diffusanello spazio.

Sebbene si dia il caso che le particellevulcaniche abbiano dimensioni ottimaliper accrescere gli effetti nel visibile ri-spetto a quelli nell'infrarosso, l'ordine digrandezza del raffreddamento superficia-le indotto è limitato dal moderato spesso-re ottico degli aerosol vulcanici (meno di0,3 circa) e dal loro debolissimo assorbi-mento intrinseco nelle lunghezze d'ondadel visibile. Ciononostante non è da es-cludere che le nubi vulcaniche di maggioridimensioni perturbino l'equilibrio radia-tivo della Terra in misura sufficiente acausare condizioni meteorologiche ano-male. Perturbazioni climatiche molto piùsignificative potrebbero risultare dalleenormi nubi di polvere che verrebbero

scagliate nell'atmosfera dall'impatto diun asteroide o di una cometa con un dia-metro di parecchi chilometri o più. Que-ste nubi di polvere potrebbero in effettipresentare un grandissimo spessore otti-co, pari inizialmente anche a 1000.

Gli effetti radiativi di un aerosol sullatemperatura di un pianeta dipendono nonsolo dallo spessore ottico dell'aerosol, dalsuo coefficiente di assorbimento nel visi-bile e dalle dimensioni medie delle sueparticelle, ma anche dal variare di questeproprietà con il tempo. Quanto più a lun-go è possibile mantenere uno spessoreottico significativo, tanto più la tempera-tura superficiale e quella atmosferica siavvicineranno a un nuovo stato di equili-brio. Normalmente sono necessari parec-chi anni perché la superficie dell'oceanoreagisca a cambiamenti intervenuti nel-l'equilibrio radiativo planetario a causadella grande capacità termica dello stratosuperiore mescolato dell'oceano, che siestende fino a una profondità di circa 100metri. In antitesi, la temperatura dell'ariae quella delle masse continentali si avvici-nano a nuovi valori di equilibrio soltantoin pochi mesi. In realtà, quando l'atmo-sfera è fortemente raffreddata, la conve-zione al di sopra della superficie cessa e latemperatura a livello del suolo diminuiscerapidamente per raffreddamento radiati-vo, raggiungendo l'equilibrio in pochigiorni o poche settimane. Questo accadenaturalmente ogni notte, anche se l'equi-librio non viene raggiunto in un periododi tempo così breve.

Le particelle vengono rimosse dall'at-mosfera attraverso diversi processi: pos-sono cadere per effetto della gravità, at-taccarsi al suolo e ad altre superfici edessere portate via da nubi, pioggia e neve.La vita media delle particelle rispettoa quest'ultimo processo di rimozione di-

pende dalla frequenza della formazionedi nubi e di precipitazioni a varie altezze.In alcuni punti, nei primi pochi chilometridi altezza dell'atmosfera normale le parti-celle possono anche essere spazzate viadall'acqua nel giro di qualche giorno. Nel-la troposfera superiore (sopra i cinquechilometri) la vita media delle particelleaumenta fino a parecchie settimane o più.Ancora più in alto, nella stratosfera (oltrei 12 chilometri), le nubi d'acqua si forma-no raramente, e così la vita media delleparticelle di piccole dimensioni è tipica-mente di un anno o più. La rimozionestratosferica avviene soprattutto per de-posizione gravitazionale e per trasportoconvettivo delle particelle su grande sca-la. La deposizione delle particelle sullesuperfici è un processo molto inefficaceper particelle di fumo e di polvere di me-die dimensioni, dato che sono necessariparecchi mesi per la loro eliminazione inmisura significativa.

È chiaro che l'altezza alla quale le par-ticelle vengono immesse nell'atmosferaincide sul loro tempo di residenza. In ge-nere, quanto più elevata è l'altezza inizia-le, tanto più lungo è il tempo di residenzanell'atmosfera normale. Massicce immis-sioni di fuliggine e di polvere possonoperò alterare profondamente sia la strut-tura dell'atmosfera sia il tasso di rimozio-ne delle particelle.

Nella nostra analisi degli effetti di unaguerra nucleare sul clima abbiamo adot-tato numerose sceneggiature specifiche,basate su quanto è di pubblico dominiocirca gli effetti di singole esplosioni nu-cleari, l'entità e lo spiegamento degli at-tuali arsenali nucleari di tutto il mondo e ipiani di guerra nucleare degli Stati Uniti edell'Unione Sovietica. Tra le parecchiedecine di casi che abbiamo analizzato visono un attacco countervalue da 100megaton rigorosamente diretto controcittà, un attacco counterforce da 3000megaton rigorosamente diretto controsilos missilistici e uno «scambio comple-to» da 10 000 megaton diretto controobiettivi vari di.entrambe le parti. Il no-stro caso base è uno scambio nucleare da5000 megaton, con circa il 20 per centodella potenza esplosiva totale diretta adaree urbane, suburbane e industriali. Tut-te le sceneggiature di attacco ipotizzaterientrano perfettamente nelle attuali ca-pacità delle due superpotenze.

Un'esplosione nucleare può provocarefacilmente incendi in un insediamentourbano o rurale. Il «lampo» di radiazionetermica di un'esplosione nucleare ha unospettro simile a quello della luce solare ecostituisce un terzo circa della potenzaenergetica totale dell'esplosione. Il lampoè così intenso che una vasta gamma dimateriali combustibili prende fuoco spon-taneamente a una distanza di 10 chilome-tri o più da un'esplosione da un megaton aun'altezza nominale di un chilometro.L'onda di pressione dovuta all'esplosionespegnerebbe molti degli incendi iniziali,ma provocherebbe anche numerosi in-cendi secondari sparpagliando le fiamme,provocando la rottura di condutture delgas e di serbatoi di combustibili e provo-

cando scintille elettriche e meccaniche.Le distruzioni causate dall'onda di pres-sione impedirebbero anche di far fronteefficacemente agli incendi e favorirebbe-ro in tal modo la diffusione sia degli in-cendi primari sia di quelli secondari. Sullabase degli effetti incendiari noti delleesplosioni nucleari di Hiroshima e diNagasaki del 1945 si può prevedere chegli incendi provocati verosimilmente dauna sola delle armi nucleari strategichemolto più potenti oggi disponibili siestenderebbero su un'area variabile dadecine a centinaia di chilometri quadrati.

Acche le esplosioni nucleari•sopra fore-ste e praterie potrebbero provocare

incendi di estese dimensioni, ma questasituazione è più difficile da valutare. Tra ifattori che incidono sugli incendi in areeselvagge vi sono l'umidità, il contenutod'acqua del materiale combustibile, laquantità del materiale combustibile e lavelocità del vento. Grosso modo un terzo

dell'area continentale della zona tempe-rata settentrionale è coperta da foreste eun'area analoga è coperta da boscaglie epraterie. È noto che incendi violenti sisono diffusi per decine di migliaia di chi-lometri quadrati partendo da soli pochipunti: in assenza di guerre nucleari incen-di di questo genere scoppiano una voltaogni dieci anni circa. Sebbene la maggiorparte dei violenti incendi generati daesplosioni nucleari sarebbe limitata pro-babilmente alle immediate vicinanze del-l'area esposta all'intenso lampo termico,è possibile che incendi di proporzionimolto più vaste vengano provocati dalleesplosioni multiple che si avranno suobiettivi militari sparpagliati, come i silosmissilistici.

La quantità totale di fumo che con ogniprobabilità sarà generata da una guerranucleare dipende, fra le altre cose, dallapotenza esplosiva totale delle armi nu-cleari dirette su ogni singolo tipo di obiet-tivo, dall'efficienza delle esplosioni nel

20 21

INSOLAZIONE NETTA NORMALE MEDIATA GLOBALMENTE

rrgggggg"-- OFFUSCAMENTO INTENSO

PUNTO DI COMPENSAZIONE PER LA FOTOSINTESI

LIMITE DELLA FOTOSINTESI

10o

40

VARIAZIONE DI TEMPERATURA(GRADI CENTIGRADI)

20

40

10

w 252O

20

NN 15

10

30

240 260 280 300

35

30

. 20 40 60 80 100 120 140 160 130 200 220

30 . \20

TEMPO DOPO LE ESPLOSIONI (GIORNI)

La variazione di temperatura con l'altezza sopra i continenti settentrionali si riferisce al primoanno dopo la guerra nucleare base da 5000 megaton. Le isolinee danno il cambiamento mediodella temperatura a intervalli di 10 gradi centigradi sulla base del modello unidimensionaleradiativo-convettivo degli autori. L'area in grigio indica le parti dell'atmosfera raffreddate al disotto della loro temperatura normale; l'area in colore indica le parti riscaldate al di sopra della lorotemperatura normale. Il forte effetto riscaldante nella troposfera superiore e nella stratosfera infe-riore è attribuibile soprattutto all'assorbimento della luce solare da parte del fumo e della polvere.

100 200 300

TEMPO DOPO LE ESPLOSIONI (GIORNI)

Le variazioni della quantità di luce solare che arriva al suolo attraverso una nube molto diffusa difumo e di polvere creata da una guerra nucleare sono presentate qui per parecchie delle sceneggia-ture di guerre nucleari prese in considerazione dagli autori. Ogni curva dà il flusso medio dienergia solare a livello del suolo nell'emisfero boreale per una data sceneggiatura. I flussi corri-spondono a nubi di fumo mediate orizzontalmente e non tengono conto della possibile irregolaritàdelle nubi stesse. La curva in colore corrisponde al caso base di 5000 megaton (curva A). La curvaA' è una variante del caso base che tiene conto soltanto degli effetti della polvere. La curva C èuna variante dello scambio totale che assegna valori più estremi ai parametri dell'emissione di fumo.È indicato anche il livello energetico al quale la fotosintesi non riesce a stare al passo con la respi-razione di una pianta tipica (un livella noto come punto di compensazione) nonché il livello energe-tico al quale la fotosintesi cessa del tutto. Queste due soglie variano notevolmente da pianta a pianta.

La variazione con il tempo della temperatura a livello del suolo nell'emisfero boreale dopo unaguerra nucleare è indicata per varie sceneggiature. Anche in questo caso la curva in colorecorrisponde al caso base di 5000 megaton. In genere il fumo presente nella troposfera (al di sottodi 12 chilometri) avrebbe un notevole effetto raffreddante a breve termine, mentre la polverepresente nella stratosfera (oltre i 12 chilometri) avrebbe come risultato una tendenza raffreddantemeno accentuata ma più lunga. In ogni caso l'abbassamento medio della temperatura è probabil-mente il più grande che verrebbe registrato, non solo, ma si avrebbe esclusivamente nelle zoneinterne dei continenti. L'abbassamento della temperatura sull'oceano sarebbe soltanto di qualchegrado centigrado o meno. Pertanto il mescolarsi di masse d'aria continentale e marina porterebbea un abbassamento meno accentuato della temperatura sui continenti, specie lungo le fasce co-stiere. Lo stesso fenomeno però porterebbe anche a tempeste costiere violente e prolungate. Levariazioni di temperatura presentate in questo grafico sono mediate su base stagionale. Se la guer-ra fosse in estate, la variazione di temperatura sarebbe maggiore di quella indicata in ciascun caso;se fosse in inverno, l'abbassamento della temperatura sarebbe più ridotto. Un abbassamento di so-lo qualche grado potrebbe avere importanti effetti sfavorevoli sull'agricoltura. In un'ampia gam-ma di casi la temperatura precipita a —20 gradi centigradi o più e per mesi non ritorna allo zero.

20

100 200

TEMPO DOPO LE ESPLOSIONI (GIORNI)

PUNTO DI CONGELAMENTODELL'ACQUA PURA

TEMPERATURAAMBIENTE NORMALE

provocare incendi, dalla superficie mediaincendiata per ogni megaton di potenzaesplosiva, dalla quantità media di mate-riale combustibile presente nella zonasottoposta alle radiazioni, dalla frazionedi materiale combustibile consumato da-gli incendi, dal rapporto tra la quantità difumo prodotto e la quantità di materialecombustibile bruciato e dalla frazione difumo che alla fine viene immessa nellacircolazione atmosferica planetaria dopoche le precipitazioni locali ne avrannoeliminata una parte. Assegnando i valoripiù probabili a questi parametri relativa-mente a una euerra nucleare in cui siaimpegnato meno del 40 per cento degliarsenali strategici delle due superpoten-ze, abbiamo potuto calcolare che l'emis-sione totale di fumo in uno scambio nu-cleare totale potrebbe facilmente supera-re i 100 milioni di tonnellate. Si tratta,sotto molto aspetti, di una stima pruden-te. Crutzen e i suoi collaboratori Ian Gal-bally della Commonwealth Scientific andIndustrial Research Organization (cst-RO) in Australia e Christoph Briihl delMax Planck Institut di Magonza hannocalcolato di recente che l'emissione totaledi fumo di una guerra nucleare totale sa-rebbe vicina a 300 milioni di tonnellate.

Se fossero distribuite sull'intero globosotto forma di nube uniforme, 100 milionidi tonnellate di fumo potrebbero ridurredi ben il 95 per cento l'intensità della lucesolare che giunge al suolo. Le nubi inizialinon coprirebbero però tutto quanto ilglobo, cosicché grandi aree dell'emisferoboreale, specie nelle zone in cui si trovanogli obiettivi, sarebbero ancora più buie; amezzogiorno il livello di luce in questearee potrebbe essere tanto basso quantoquello di una notte di luna. Se persistesseper settimane o mesi, un'oscurità diurnadi questa portata avvierebbe a una cata-strofe climatica. In realtà non è da esclu-dere che perturbazioni significative po-trebbero essere provocate da quantità difumo molto più ridotte.

Normalmente gli incendi violenti im-mettono fumo nell'atmosfera inferiorefino a un'altezza di cinque o sei chilome-tri. È noto per contro che grandi incendiurbani hanno immesso fumo nella tropo-sfera superiore, forse addirittura fino a 12chilometri. Le proporzioni senza prece-denti degli incendi che verosimilmenteverrebbero provocati da grandi esplosioni

300 nucleari e la complessa attività convettiva

generata da molteplici esplosioni potreb-bero anche far salire una parte del fumoancora più in alto. Studi sulla dinamica diincendi di proporzioni molto grandi fannopensare che singoli pennacchi di fumopotrebbero arrivare' fino a 20 chilometridi altezza, ben dentro la stratosfera.

Durante il bombardamento di Ambur-go nel corso della seconda guerra

mondiale il centro della città fu distruttoda un'intensa tempesta di fuoco, con ventidi origine termica di forza uragano che datutte le direzioni soffiavano verso il cen-tro a livello del suolo. Una rapida libera-zione di calore su un'area molto estesapuò produrre vortici di fuoco, tornado di

calore e cicloni con altissime colonneconvettive. La pura e semplice intensità diquesti incendi potrebbe ridurre in misuranotevole l'emissione di fumo attraversodue processi: l'ossidazione delle particel-le di fumo carboniose alle temperatureestremamente elevate generate nellazona dell'incendio e l'eliminazione delleparticelle di fumo per precipitazione nellacolonna convettiva. Entrambi questi ef-fetti sono stati presi in considerazione nel-le nostre stime dell'emissione totale difumo dovuta a una guerra nucleare.

L'impatto del fumo sul clima dipendedalle sue proprietà ottiche, che a loro vol-ta dipendono dalle dimensioni, dalla for-ma e dalla composizione delle particelledi fumo. Il fumo che ha l'effetto scher-mante più efficace nei confronti della luceconsiste di particelle con un raggio di circa0,1 micrometri e una composizione moltofuligginosa ricca di grafite. Il fumo menoefficace nell'attenuare la luce solare è co-stituito da particelle più grandi di 0,5 mi-crometri con una composizione prevalen-temente oleosa. Il fumo prodotto dall'in-cendio di una foresta è composto tipica-mente di particelle oleose estremamentefini, mentre il fumo prodotto da un incen-dio urbano consiste di grandi agglomeratidi particelle fuligginose. Il fumo prodottoda incendi violenti contiene di solitograndi particelle di cenere, di carbone dilegna, di polvere e di altri detriti, che ven-gono portate in alto dai venti generati dalcalore. Di queste particelle, quelle didimensioni maggiori cadono dalle nubi difumo sottovento rispetto all'incendio. Purproducendo meno fumo, gli incendi mol-to intensi sollevano una maggiore quanti-tà di polvere fine e possono anche brucia-re metalli come l'alluminio e il cromo, chegenerano efficacemente fini aerosol.

La liberazione di composti tossici negliincendi urbani non è stata studiata inmaniera adeguata. È risaputo che moltepersone che hanno perso la vita in unincendio sono state avvelenate da gas tos-sici. Oltre all'ossido di carbonio, che vie-ne prodotto in abbondanza in molti in-cendi, si formano anche acido cianidrico eacido cloridrico quando bruciano i compo-sti sintetici presenti nei materiali da co-struzione e in quelli da arredamento. Se inun conflitto nucleare venissero liberate ebruciate grandi quantità di sostanze chimi-che organiche, si produrrebbero nell'at-mosfera altre tossine. La possibilità chevaste aree siano contaminate da pirotossi-ne di questo tipo, assorbite sulla superficiedelle particelle di fumo, di cenere e di pol-vere e portate a grandi distanze dai ventirichiede ulteriori ricerche.

Le esplosioni nucleari a livello o inprossimità del suolo scagliano verso l'altoenormi quantità di polvere. Tra i principa-li meccanismi di formazione della polverevi sono l'espulsione e la disaggregazionedi particelle di suolo provenienti dal cra-tere formato dall'esplosione, la vaporiz-zazione e la successiva rinucleazione delleparticelle di suolo e di roccia e il solleva-mento della polvere superficiale e delfumo. Un'esplosione da un megaton sullaterraferma può scavare un cratere di cen-

tinaia di metri di diametro, espellere pa-recchi milioni di tonnellate di detriti, sol-levare ad altezze elevate da 100 000 a600 000 tonnellate di suolo e immetterenella stratosfera da 10 000 a 30 000 ton-nellate di particelle di polvere submicro-metriche. L'altezza alla quale la polvereviene immessa dipende dalla potenza del-l'esplosione: le nubi di polvere prodotteda esplosioni di potenza inferiore a circa100 chiloton non penetrano in genere nel-la stratosfera, mentre quelle prodotte daesplosioni di oltre un megaton si stabiliz-zano principalmente all'interno dellastratosfera. Anche le esplosioni al di so-pra del suolo possono sollevare grandiquantità di polvere, la quale viene aspira-ta dalla superficie dalla sfera di fuoco chesale. Gli effetti congiunti di moltepliciesplosioni potrebbero aumentare laquantità totale della polvere sollevata adaltezze elevate.

T a quantità di polvere prodotta in una1--1 guerra nucleare dipenderebbe inmaniera sensibile dal modo di impiegodelle armi. Le esplosioni al suolo sarebbe-ro dirette contro bersagli duri (hard), qua-li i silos missilistici e i centri operativi. Ibersagli morbidi (soft), ossia non protetti,potrebbero venire attaccati sia con esplo-sioni al suolo sia con esplosioni nell'atmo-sfera. Nei soli Stati Uniti continentali visono 1000 silos missilistici, a ciascuno deiquali sono destinate probabilmente duetestate sovietiche. I circa 1400 silos situatinell'Unione Sovietica costituiscono ana-logamente l'obiettivo delle testate statu-nitensi. Fra i molti altri obiettivi strategicicontro i quali potrebbero essere dirette leesplosioni al suolo vi sono le basi aeree e icampi d'aviazione secondari, i rifugi per

sommergibili e i centri operativi. In breve,sembra del tutto possibile che si possanofar esplodere a livello del suolo o nellevicinanze almeno 4000 megaton di armidi grande potenza perfino in una guerra incui le città non figurino tra gli obiettivi dacolpire e che si possano immettere nellastratosfera della zona temperata setten-trionale circa 120 milioni di tonnellate dipolvere submicrometrica, una quantità dimolte volte superiore a tutta la polveresubmicrometrica sollevata nella strato-sfera nel 1982 dall'eruzione in Messicodel vulcano El Chichón e paragonabilealla immissione globale di polvere submi-crometrica dovuta a eruzioni vulcanichemolto più ingenti, come quelle del Tam-bora nel 1815 e del Krakatoa nel 1883.

Spesso, per comodità, vengono fatteanalogie tra un'eruzione vulcanica digrandi proporzioni e una guerra nucleare.Ciononostante, non esiste un modo diret-to per valutare con lo stesso parametro glieffetti di una esplosione vulcanica e quellidi una serie di esplosioni nucleari. Le par-ticelle di aerosol prodotte dai vulcanisono fondamentalmente diverse percomposizione, dimensioni e forma daquelle prodotte dalle esplosioni nucleari.Per questo motivo abbiamo basato i no-stri calcoli sulle proprietà della polverevalutate direttamente in nubi prodotte daesplosioni nucleari.

L'unico confronto appropriato traun'eruzione vulcanica e un'esplosionenucleare è lo spessore ottico degli aerosola lungo termine prodotti. A dire il vero,per verificare e calibrare i nostri modellidel clima ci siamo serviti di dati su «veli dipolvere» globali generati da esplosionivulcaniche. Così facendo siamo riusciti avalutare quantitativamente l'effetto di

22 23

30' S 30° S

30' N

ARIAFREDDA

ARIAFREDDA

60' 60

60

ARIAFREDDA

Lo schema della circolazione globale dell'atmosfera potrebbe essere sconvolto da una guerra divaste proporzioni. In primavera e in estate (nell'emisfero boreale) la circolazione planetariamedia nella direzione meridiana, ossia nord-sud, è dominata dalla grande struttura convettivanota come cella di Hadley, , in cui l'aria si solleva sopra i tropici caldi e umidi, si divide in duecorrenti e discende sopra le medie latitudini subtropicali di entrambi gli emisferi, stabilendo celledi circolazione secondarie a latitudini più elevate (a sinistra). Se durante queste stagioni venisseintrodotta nella troposfera della zona temperata settentrionale una nube di fumo grande e densa,l'effetto riscaldante troposferico all'altezza del bordo meridionale della nube potrebbe esseretanto intenso da invertire la normale discesa delle medie latitudini, convertendo la circolazione diHadley in uno schema inconsueto caratterizzato da un'unica cella dominante con venti del livellosuperiore che soffiano intensamente attraverso l'equatore da nord a sud (a destra). Questo nuovoschema di circolazione è stato osservato in sofisticati modelli al calcolatore della circolazionegenerale dell'atmosfera messi a punto da ricercatori degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica.

raffreddamento superficiale osservato inun emisfero dopo eruzioni vulcaniche digrandi proporzioni. Gli attuali calcoli re-lativi alla polvere nucleare sono perfet-tamente coerenti con le osservazioni difenomeni vulcanici. Oggi, per esempio, èevidente che eruzioni violente possonoportare a un significativo raffreddamentoclimatico per un anno o più. Nondimeno,in epoca storica, i vulcani hanno avutosoltanto un ruolo climatico piuttostomodesto. Il fatto che i vulcani siano sor-genti localizzate di polvere limita la loroinfluenza geografica; essi inoltre immet-tono nella stratosfera una quantità relati-vamente scarsa di polvere fine (e nientefuliggine). Le esplosioni nucleari, d'altrocanto, costituiscono un mezzo potente edefficace per immettere nell'atmosfera suestese regioni grandi quantità di fuligginee di polvere fine.

Gli atomi prodotti nelle reazioni di fis-sione di un'esplosione nucleare sono

spesso in stati isotopici instabili. Il deca-dimento radioattivo da tali stati liberaradiazioni alfa, beta e gamma. Nella mag-gior parte delle armi nucleari almenometà della potenza energetica è generataper fissione e il resto per fusione. Vengo-no prodotti circa 300 isotopi radioattiviben distinti, la maggior parte dei quali sicondensa su aerosol e su polvere formatinella sfera di fuoco (o da essa risucchiati).Di conseguenza la polvere e la radioattivi-tà generate dalle esplosioni nucleari.sonostrettamente connesse.

Di particolare interesse in questa sedesono la ricaduta radioattiva immediata equella intermedia. La prima è associata agliisotopi radioattivi, o radioisotopi, a brevevita che si condensano su grandi particelledi terreno che a loro volta cadono al suolodopo un'esplosione nel giro di ore. La rica-duta intermedia è associata a isotopi ra-dioattivi di vita più lunga trasportati daparticelle di dimensioni più ridotte portatealla deriva dal vento e rimosse per sedimen-tazione e per precipitazione in periodi ditempo variabili da giorni a mesi. La ricadutaimmediata è generata da esplosioni al suoloe quella intermedia da esplosioni al suolo ein aria nella gamma di potenza compresafra 10 e 500 chiloton, esplosioni che deposi-tano la loro radioattività nella troposferamedia e superiore.

Il pericolo della ricaduta radioattivaviene misurato in termini della dose totalein rad (un'unità di esposizione alle radia-zioni equivalente a 100 erg di energia io-nizzante depositata in un grammo di tes-suto), del tasso di dose per ora in rad e deltipo di radiazione. Gli effetti con un gradodi mortalità più elevato sono causati dal-l'intensa e penetrante radiazione gammadella ricaduta immediata. La ricaduta in-termedia, molto estesa, deposita una dosemeno potente sul lungo termine di raggigamma. Un'esposizione di 450 rad di tut-to il corpo a raggi gamma per parecchigiorni è letale per metà degli adulti sanicolpiti. Dosi continue di 100 rad o più diricaduta intermedia potrebbero soppri-mere il sistema immunitario anche di per-sone sane e provocherebbero aumenti sul

lungo termine dell'incidenza del cancro,di anomalie genetiche e di altre malattie.

I nostri studi più recenti sugli effettidella ricaduta radioattiva nel nostro casobase indicano che la ricaduta immediatapotrebbe contaminare con radioattivitàletale milioni di chilometri quadrati diarea continentale. La ricaduta intermediacoprirebbe come una coltre quanto menola zona temperata settentrionale, produ-cendo mediamente nella popolazione nonprotetta esposizioni a lungo termine dicirca 50 rad di raggi gamma in tutto ilcorpo. L'esposizione di organi interniparticolari a isotopi radioattivi biologi-camente attivi come lo stronzio 90 e loiodio 131, che entrano nella catena ali-mentare, potrebbero raddoppiare o tri-plicare le dosi totali. A detta di Joseph B.Knox del Lawrence Livermore NationalLaboratory, se come obiettivi diretti ve-nissero scelti le centrali nucleari sarebbepossibile aumentare a parecchie centinaiadi rad o più la dose media sul lungo termi-ne di raggi gamma.

I modelli al calcolatore di cui ci siamoserviti per definire la grandezza potenzialedelle conseguenze a lungo termine su scalaplanetaria di una guerra nucleare sono uni-dimensionali: essi prendono in considera-zione soltanto la struttura verticale dell'at-mosfera. Ovviamente l'atmosfera è un si-stema tridimensionale complesso, le cuiintricate interazioni determinano la suareazione alle perturbazioni. Attualmenteperò non esistono modelli tridimensionalicon caratteristiche adeguate a una tratta-zione estremamente precisa del problemadell'inverno nucleare, anche se diversimodelli del genere sono in corso di elabora-zione. I modelli esistenti del clima e dellacircolazione generale dell'atmosfera inclu-dono numerose impostazioni empiriche diprocessi fisici che non sono conosciuti afondo. Nella sceneggiatura dell'invernonucleare il clima viene perturbato tantoseriamente che trattazioni del genere sonodi dubbia applicabilità.

La nostra impostazione è diretta quindia valutare gli effetti di primo ordine me-diante dettagliati calcoli microfisici, chi-mici e ottici in una dimensione. Anchequesta impostazione semplificata non erastata tentata prima del nostro lavoro equindi non era evidente che fosse giustifi-cato un lavoro più raffinato in tre dimen-sioni. Sulla base dei previsti effetti unidi-mensionali di primo ordine furono dedot-te le principali interazioni meteorologi-che tridimensionali che si sarebbero do-vute trattare in studi più raffinati. I risul-tati tridimensionali confermano in generei risultati unidimensionali da noi ottenuti.

Tre modelli fondamentali sono statiusati nel nostro studio: un modello di

sceneggiatura nucleare, un modello dimicrofisica delle particelle e un modelloradiativo-convettivo del clima. Il modellodi sceneggiatura nucleare determina laquantità di fumo, polvere, radioattività epirotossine generata da uno scambio nu-cleare specifico, basandosi (fra l'altro)sulle stime del fumo e della polvere citatein precedenza. Il modello di microfisica

simula l'evoluzione della quantità e delledimensioni delle particelle di fumo e dipolvere e della deposizione della radioat-tività tenendo conto delle interazioni fisi-che e del trasporto verticale delle particel-le a tutte le altezze. Il modello radiativo--convettivo calcola le proprietà ottiche einfrarosse delle particelle che si evolvono,i flussi energetici nel visibile e nell'infra-rosso e le temperature atmosferiche infunzione del tempo e dell'altezza. Poichéle temperature atmosferiche previstesono sensibili alle capacità termiche su-perficiali, sono stati fatti calcoli separatiper gli ambienti oceanici e per quelli con-tinentali allo scopo di definire possibilidifferenze di temperatura.

Modelli unidimensionali non sono ingrado di prevedere con precisione gli ef-fetti locali o a breve termine di una guerranucleare. L'applicabilità delle previsionibasate su tali modelli dipende dal tasso edall'entità della dispersione dei pennac-chi di fumo e delle nubi di polvere. Subitodopo uno scambio nucleare migliaia disingole nubi di fumo e di polvere si distri-buirebbero su tutta la zona temperata set-tentrionale fino a 20 chilometri di altezza.L'azione della diffusione turbolenta oriz-zontale, del gradiente verticale del ventoe dell'emissione ininterrotta di fumo qua-si certamente diffonderebbe sull'interazona le nubi di detriti nucleari e riempi-rebbe gli spazi tra le nubi nel giro di unasettimana. In questo arco di tempo glieffetti locali potrebbero variare notevol-mente dagli effetti medi simulati con inostri modelli unidimensionali.

Dal momento che grandi incertezzesono intrinseche a qualsiasi valutazionedegli effetti di una guerra nucleare, sonostate fatte molte simulazioni per studiarela sensibilità di vari esiti a cambiamenti disceneggiatura e di parametri fisici fonda-mentali. Non è possibile discutere in unarticolo di questa lunghezza tutti questirisultati, ma alcuni di essi sono compen-diati nelle illustrazioni.

In genere i nostri risultati fanno pensa-re che lo spessore ottico della nube difumo e polvere prodotta da un massiccioscambio nucleare sarebbe quanto menocomparabile oppure superiore a quellodella nube prodotta da un'eruzione vul-canica di grandi proporzioni e che lo spes-sore ottico più probabile sarebbe di unordine di grandezza più grande. L'esitopiù probabile di una guerra nucleare sa-rebbe quindi una catastrofe climatica.

In ultima analisi l'impatto del fumo edella polvere sul clima dipende dalla fra-zione di luce solare cui fumo e polvereimpediscono di arrivare alla superficie.Ciò fa pensare che si avrà un effetto disaturazione. Per esempio, una nube difumo con uno spessore ottico 3 può impe-dire di giungere al suolo al 95 per cento opiù della luce solare. Spessori ottici mdg-giori producono soltanto ulteriori dimi-nuzioni di trascurabile entità della lucesolare che arriva in media alla superficie.Così uno spessore ottico me-dio di circa3 è grosso modo il livello di saturazioneper effetti climatici indotti dal fumo. Illivello di saturazione per la polvere si

ha a uno spessore ottico di circa 20 maviene raggiunto molto più gradualmenteall'aumentare dello spessore ottico diquanto non avvenga per il livello di satu-razione relativamente al fumo. È dubbiose in una guerra nucleare si possa solleva-re una quantità di polvere sufficiente acreare effettivamente saturazione otticasu scala planetaria.

Ache il modo in cui una nube di fumooscura la luce è diverso dal modo in

cui lo fa una nube di polvere. Un mantofuligginoso di fumo assorbe la maggiorparte della luce incidente e ne diffondeverso lo spazio o verso la superficie sol-tanto una piccola percentuale. L'assor-bimento riscalda rapidamente le nubi difumo, producendo forti moti d'aria e ven-ti. Le nubi di polvere, d'altro canto, dif-fondono in massima misura la luce solareincidente e ne assorbono soltanto unapiccola percentuale. Per arrestare effica-cemente la luce, è necessario che le nubiche si limitano a diffondere la luce sianomolto spesse, poiché gran parte dellaluce viene diffusa verso la superficie del-la Terra; le normali nubi di gocciolined'acqua. per esempio, hanno tipicamenteuno spessore ottico pari a 10 o più.

Ci rendiamo conto che per molte sce-neggiature una sostanziale riduzione diluce solare potrebbe persistere per setti-mane o mesi dopo la guerra. Nella primasettimana o due le nubi sarebbero ancheirregolari; i nostri calcoli pertanto sotto-valutano forse l'intensità media dellaluce in queste prime fasi. Ciononostante,all'interno delle zone degli obiettivi sa-rebbe troppo buio per vederci, anche amezzogiorno.

La grande quantità di fumo generata dauno scambio nucleare potrebbe provocaredrammatici abbassamenti della temperatu-ra continentale per un notevole periodo ditempo. In molte delle sceneggiature rap-presentate nelle illustrazioni le temperatu-re continentali rimangono per mesi al disotto dello zero. Abbassamenti medi dellatemperatura di solo qualche grado centi-grado in primavera e agli inizi dell'estatepotrebbero distruggere i raccolti in tutta lazona temperata settentrionale. Abbassa-menti della temperatura di 40 gradi cen-tigradi (fino a una temperatura assoluta di25 gradi centigradi sotto zero) sono previ-sti per il caso base, ma effetti di raffred-damento ancora più gravi sono possibilicon gli arsenali nucleari attuali e con quel-li previsti per il prossimo futuro.

Le variazioni della temperatura atmo-sferica in funzione dell'altezza e del tem-po previste per la nostra sceneggiaturabase da 5000 megaton rivelano parecchiecaratteristiche importanti. Innanzitutto,l'atmosfera superiore si riscalda sino auna temperatura compresa tra 30 e 80gradi centigradi a mano a mano che laluce solare, che normalmente riscalda lasuperficie, viene assorbita negli strati difumo più alti. Nel medesimo tempo il suo-lo si raffredda nell'oscurità. Simili a pal-loni ad aria calda, le nubi calde non rimar-rebbero stazionarie, ma si solleverebberoe si espanderebbero.

Un mese dopo un massiccio scambio nu-cleare l'intera troposfera sopra le aree con-tinentali potrebbe essere portata dal puntodi vista termico a un punto morto. Anchedopo tre mesi solo i pochi chilometri piùbassi riceverebbero energia solare suffi-ciente ad alimentare una debole convezio-ne. In effetti la stratosfera scenderebbe finoalla superficie, creando un'atmosfera divi-sa. In alcuni punti correnti calde di ariaoceanica continuerebbero ancora ad arri-vare sui continenti a livello del suolo, maquesta sorgente di calore sarebbe in gradodi alimentare una attività convettiva solo

nei pochi chilometri più bassi dell'atmosfe-ra. L'intensa inversione di temperatura at-tenuerebbe efficacemente una attività con-vettiva di grande spessore. Altrove, ariafredda proveniente dai continenti potrebberiscaldarsi sopra gli oceani, alzarsi a ricirco-lare sui continenti per abbassarsi da ultimofino alla superficie.

Una delle possibili conseguenze del-l'inversione di temperatura causata dauna nube di fumo del genere potrebbeessere un aumento del tempo di residenzadel fumo e della polvere nell'atmosfera.Questa conseguenza rappresenta un ef-

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fetto di retroazione positiva, di cui non siè tenuto conto finora e che aumenterebbesia il rigore sia la durata dell'inverno nu-cleare. L'inversione di temperatura ridu-ce la penetrazione convettiva di aria umi-da dal basso, impedendo la condensazio-ne dell'acqua nell'aria fuligginosa e limi-tando quindi in misura notevole le preci-pitazioni ad altezze superiori ad alcunichilometri. Quanto più a lungo la fuliggi-ne e la polvere rimangono nell'atmosfera,tanto più lontano si diffondono orizzon-talmente e tanto più esteso è il loro impat-to sul clima. In queste condizioni le parti-celle vengono rimosse soprattutto dall'i-ninterrotta coagulazione e ricaduta ra-dioattiva e dal trasporto in sistemi di ventie turbolenze su scala planetaria fino aquote basse, dove ha ancora luogo l'eli-minazione dovuta alle precipitazioni.

T e variazioni di temperatura da noi cal-colate su estese masse continentali

non tengono conto della non uniformedistribuzione iniziale delle nubi o dellasuccessiva diluizione dell'aria fredda con-tinentale da parte di aria marina calda.Michael MacCracken del Livermore hastudiato a fondo gli effetti combinati del-l'irregolarità delle nubi e del trasporto delcalore proveniente dall'oceano, lavoran-do con un modello della circolazione ge-nerale per accertare le cause di grandichiazze di fumo; egli lavora anche con unmodello bidimensionale del clima per cal-colare le temperature continentali corri-spondenti all'emissione di fumo della no-stra sceneggiatura base da 5000 megaton.MacCracken rileva abbassamenti medidella temperatura sulle aree continentaliche sono grosso modo la metà di quelli danoi rilevati per l'interno dei continenti.Calcoli ancora più sofisticati effettuaticon modelli tridimensionali della circola-zione generale per condizioni analoghealla nostra sceneggiatura base conferma-no che abbassamenti della temperaturacompresi fra 20 e 40 gradi centigradi sonopossibili su vaste aree continentali.

I risultati dei nostri calcoli indicano che imoti indotti nelle nubi fuligginose dall'as-sorbimento di luce solare potrebbero farsalire la nube fuligginosa e farla diffondereorizzontalmente. Questo fenomeno po-trebbe accelerare sia la dispersione preco-ce sia la diffusione a livello planetario deipennacchi di fumo, un processo dominatoaltrimenti dal gradiente del vento e dallaturbolenza. Di recente un gruppo dell'A-mes Research Center della National Ae-ronautics and Space Administration, com-posto da Robert M. Haberle e due di noi(Ackerman e Toon), ha usato un raffinatomodello bidimensionale della circolazioneplanetaria per calcolare il movimento nellatroposfera terrestre di nubi di fuliggine ri-scaldate. Il gruppo dell'Ames ha preso inconsiderazione una nube uniforme di fu-liggine, situata fra 30 e 60 gradi di latitudi-ne nord, che cingeva la Terra a questelatitudini e che si estendeva dal suolo fino aun'altezza di otto chilometri. Questa simu-lazione del fumo presenta massicci fram-menti della nube che si levano alti nellastratosfera e che si spostano rapidamente

in direzione dell'equatore e dell'emisferoaustrale.

Pur essendo preliminari, questi calcolisuffragano un'ipotesi fondamentale delnostro studio iniziale, secondo la qualenubi di polvere e di fumo che si spostanoautonomamente potrebbero venire tra-sportate rapidamente dall'emisfero bo-reale nell'emisfero australe, provocandoanche lì grandi anomalie climatiche. Unadispersione accelerata di questo generepotrebbe avere le più gravi conseguenzenei tropici di entrambi gli emisferi, dovegli organismi indigeni sono estremamentesensibili all'oscurità e al freddo. Un in-verno nucleare che si estendesse fino aitropici rappresenterebbe un disastro eco-logico senza riscontro nella storia.

Le nostre ipotesi sulle perturbazionimeteorologiche di grande rilievo e sul tra-sporto interemisferico susseguenti a unconflitto nucleare hanno ricevuto ulterio-re sostegno da calcoli sofisticati compiuticon modelli tridimensionali della circola-zione planetaria. Questi modelli non sonoancora progettati in modo da muovere ilfumo e la polvere come elementi traccian-ti o da fare i necessari calcoli particola-reggiati del trasporto radiativo. Essi sonoin grado però di definire le perturbazionitridimensionali iniziali dei venti e delletemperature causate da massicce immis-sioni di fumo. Due gruppi di ricerca han-no svolto questi studi avanzati sul clima:Curt Covey, Stephen H. Schneider e Star-ley L. Thompson del National Center forAtmospheric Research (NcAR) a Boul-der, nel Colorado, e Vladimir V. Alexan-drov e Georgi L. Stenchikov del Centro dicalcolo dell'Accademia delle scienze del-l'Unione Sovietica.

Te previsioni fatte da entrambi i gruppisulla circolazione perturbata meri-

diana, ovvero nord-sud, dell'atmosferaparecchie settimane dopo uno scambionucleare nell'emisfero boreale in prima-vera o in estate portano alla stessa conclu-sione: la circolazione normalmente bifor-cata della «cella di Hadley» ai tropici ver-rebbe trasformata in un'unica cella inten-sa con forti venti nella troposfera superio-re che fluiscono direttamente dall'emisfe-ro boreale a quello australe. Questo rap-presenterebbe un profondo cambiamentonel sistema planetario dei venti.

La circolazione meridiana media è ilmovimento residuo di oscillazioni di ondeplanetarie su grande scala. I modelli dellacircolazione planetaria prevedono ano-malie nei moti delle onde planetarie eanche a questo proposito i risultati sonosorprendenti. Il gruppo del NCAR rilevache i corpi di aria riscaldata di dimensionicontinentali potrebbero penetrare in pro-fondità nell'emisfero australe nel giro disolo pochi giorni. In pratica tutte le massecontinentali abitabili del nostro pianetapotrebbero essere soggette a un rapidooscuramento a causa della fuliggine. Imodelli della circolazione planetaria pre-vedono anche temperature sotto zero nel-la maggior parte delle regioni continentalisettentrionali. Ciò che sorprende è il fattoche la temperatura potrebbe scendere

sotto lo zero su scala locale nel giro di dueo tre giorni: il gruppo del N CAR parla diquesto fenomeno in termini di «rapidagelata». In tali circostanze nessuna areadel globo, a nord o a sud, sfuggirebbeall'inverno nucleare.

L'esame della possibile attività meteoro-logica vicino alle fasce costiere durantel'inverno nucleare fa pensare che, anche sela luce sola -re incidente venisse ridotta inmisura significativa, gli oceani continue-rebbero a fornire caldo e umidità allostrato limite marino vicino alle coste. Inalcune regioni venti freddi di terra intera-girebbero con l'ambiente marino perprodurre tempeste violente e abbondantiprecipitazioni. In altre regioni, via via chei venti prevalenti trascinassero aria ocea-nica sui continenti freddi, potrebberoformarsi spesse nubi stratiformi e aversiprecipitazioni continue. Non si sa fino ache punto questo tempo rigido potrebbeestendersi nell'entroterra dalle fasce co-stiere, ma un margine di 100 chilometriincluderebbe probabilmente la maggiorparte dell'attività.

Vi sono molti altri interrogativi sull'in-verno nucleare che attendono ancora unarisposta. Con un rapido raffreddamentodella superficie si svilupperebbero nebbiediffuse, e queste potrebbero influire sul-l'equilibrio radiativo alla superficie. Lapresenza di milioni di tonnellate di detritinucleari nell'atmosfera potrebbe modifi-care le proprietà delle goccioline dellenubi e quindi il tasso di rimozione deidetriti. Le nubi nucleari e le nubi naturalimodificate influirebbero anche sull'equi-librio complessivo della radiazione infra-rossa nell'atmosfera, ma le implicazioniper le temperature superficiali rimangonoincerte. Anche le variazioni quotidiane,che non sono ancora state prese in consi-derazione nei modelli climatici applicatial problema della guerra nucleare, po-trebbero incidere sulla dinamica e sullarimozione dei detriti nucleari. Non è daescludere che l'acqua introdotta dalleesplosioni nucleari e dagli incendi possainfluenzare i processi chimici e radiativiatmosferici. Tutti questi effetti sono im-portanti affinamenti di second'ordine del-la teoria climatica fondamentale dell'in-verno nucleare. Sulla base delle provescientifiche esistenti, nessuno di questieffetti sembra però in grado di alterare inmisura significativa gli impatti climaticiprincipali previsti attualmente per unaguerra nucleare.

C'è una mancanza di comprensioneanche a proposito delle interazioni del-l'atmosfera con gli oceani, che potrebberoforse avere una grande influenza sui cam-biamenti climatici a breve termine. Attra-verso quella che forse era una serie di coin-cidenze, l'eruzione di El Chichón nellaprimavera del 1982 fu seguita nell'invernodel 1982 e nella primavera del 1983 da unriscaldamento, dovuto a El Nino, insolita-mente intenso del Pacifico meridionale,associato a una calma inattesa degli aliseiche soffiavano da sud. Nell'America Set-tentrionale e in Europa questi eventi furo-no seguiti nell'inverno del 1982 e per tuttoil 1983 da condizioni meteorologiche in-

consuete. Quasi tutta l'America Setten-trionale soffrì quell'inverno di un freddorecord e l'Europa godette in dicembre diuna dolce primavera. Pur mancando leprove che questi eventi fossero connessifra di loro, l'evidenza dei fatti fa pensare aun accoppiamento potenzialmente signifi-cativo di correnti oceaniche, venti e condi-zioni meteorologiche su una scala cronolo-gica relativamente breve; una correlazionedel genere deve ancora però essere defini-ta in modo rigoroso.

IT i nostro studio ha preso in considera-

zione anche numerosi effetti climaticisecondari di una guerra nucleare. Muta-menti dell'albedo, ossia del fattore di ri-flessione, della superficie terrestre posso-no essere causati da incendi diffusi, dalladeposizione di fuliggine sulla neve e sulghiaccio e da modificazioni regionali dellavegetazione. Mutamenti a breve terminedell'albedo sono stati valutati e consideratiprivi di importanza rispetto alla scherma-tura della luce solare. Se si dovessero veri-ficare cambiamenti dell'albedo importantie semipermanenti, potrebbero conseguir-ne mutamenti climatici a lungo termine.Del resto, la grande sorgente di calore co-stituita dall'oceano agirebbe in modo daportare il clima a seguire le stesse leggi acui obbedisce normalmente dopo qualun-que intensa perturbazione. Di conseguen-za abbiamo concluso provvisoriamenteche non è probabile che una guerra nuclea-re sia seguita da un'epoca glaciale.

Abbiamo analizzato anche gli effettiprodotti sul clima da cambiamenti inter-venuti nella composizione gassosa del-l'atmosfera. La massima perturbazionetermica emisferica associata alla produ-zione di ossidi di azoto e al conseguenteimpoverimento di ozono è un raffredda-mento di non più di pochi gradi centigra-di. Anche le concentrazioni di gas cheproducono l'effetto serra verrebberomodificate da una guerra nucleare; taligas potrebbero produrre un riscaldamen-to superficiale di parecchi gradi dopo lascomparsa del fumo e della polvere. Que-ste perturbazioni termiche che si compen-sano a vicenda sono peraltro incerte, inquanto i mutamenti chimici e fisici pro-dotti nell'atmosfera da una guerra nu-cleare sarebbero accompagnati da pro-cessi che non sono stati presi adeguata-mente in considerazione nei modelli esi-stenti. Su questo punto è chiaramentenecessaria un'ulteriore analisi.

Va da sé che non sarà mai possibileprevedere con esattezza le conseguenzeeffettive di una guerra nucleare. Intera-zioni sinergiche fra singole tensioni fisi-che potrebbero aggravare per molti orga-nismi il problema della sopravvivenza. Ladistribuzione a lungo termine dell'am-biente e lo sfacelo dell'ecosistema plane-tario potrebbero alla fine dimostrarsi perla specie umana ancor più rovinosi deglispaventosi effetti distruttivi a breve ter-mine delle esplosioni nucleari e della lororicaduta radioattiva. Le politiche strate-giche di tutte e due le superpotenze e leloro rispettive alleanze militari dovrebbe-ro essere rivalutate in questa nuova luce.

L'inverno nucleare:alcuni dubbi sulle ipotesi e sui metodi

T1 gruppo. noto anche come ITAPS dalle iniziali dei suoi componenti, che ha prodotto il lavoroinizialmente pubblicato su «Science» (vol. 222, 23 dicembre 1983, p. 1283) si è occupato da

moltissimo tempo delle conseguenze climatiche delle eruzioni vulcaniche. Questo ha creato all'in-terno dello stesso gruppo di ricerca certe competenze che hanno permesso di studiare problemianaloghi come le conseguenze dell'impatto di un asteroide sulla Terra (si veda «Science», vol. 219,21 gennaio 1983, p. 287). Secondo molti il lavoro sulle conseguenze climatiche di un conflittonucleare si inserisce in quel tipo di ricerca e di risultati per cui si crede ciecamente in quello cheviene fuori da una simulazione con il calcolatore senza usare minimamente il buon senso. FreemanDyson nel suo libro più recente, Weapons and Hope, riferendosi proprio a questo genere di lavoridice che è piuttosto singolare che ci si affidi per fare queste stime alle scienze atmosferiche cheancora non riescono a dare spiegazioni esaurienti del clima e della sua normale variabilità.

Le critiche al lavoro del gruppo -vrA ps possono comunque essere riassunte in termini piùspecifici. A tutt'oggi, per esempio, non è stato pubblicato nessun lavoro che riporti in dettaglio imetodi seguiti per i calcoli e l'unica cosa che si conosce è che sono basati su un modellounidimensionale radiativo-convettivo. Questi modelli sono adatti a spiegare condizioni climaticheglobali medie e la loro «validazione» viene fatta confrontando i risultati del modello di riferimentocon la situazione attuale. Se lo stesso modello viene però usato in condizioni che differisconomolto da quelle attuali allora si rischia di invalidare le assunzioni che sono alla base del modello.Questo perché si assume che tutta una serie di processi, come il controllo dell'umidità dell'aria,della percentuale di copertura nuvolosa, lo scambio energetico superficie-atmosfera ecc., sianoessenzialmente gli stessi che in condizioni non perturbate. I modelli radiativi-convettivi hannodato perciò risultati apprezzabili nel calcolo degli effetti dell'aumento dell'anidride carbonica odegli effetti climatici delle eruzioni vulcaniche (si veda «Science», vol. 213, 28 agosto 1981,p. 957), ma non sono adatti a studiare situazioni che differiscono drasticamente da quelle attuali.

Questo problema è naturalmente noto agli autori i quali per questa ragione accennano asimulazioni con modelli più sofisticati come quello del russo Alexandrov (Proc. Appl. Math.,USSR Academy of Sciences) o del gruppo di Stephen H. Schneider (si veda «Nature» vol. 308,1 marzo 1984, p. 21). Il modello di Vladimir V. Alexandrov e in particolare la trattazione deglieffetti radiativi della polvere nell'infrarosso è stato già ampiamente criticato in quanto tropposemplicistico. La simulazione effettuata dal gruppo di Schneider del National Center for Atmos-pheric Research (NcAR) di Boulder usa il cosiddetto Community Climate Model messo a punto inquel centro. Anche questo tentativo comunque soffre di due problemi. Uno è che ignora comple-tamente il contributo della polvere nell'infrarosso; l'altro consiste nel considerare che la polverericopra istantaneamente il globo in una fascia compresa fra 30 e 70 gradi di latitudine nord erimanga fissa così per 20 giorni, che è anche la durata della simulazione al calcolatore. Natural-mente questa ultima supposizione è ben lontana dalla realtà in quanto trascura tutta la fase per cuida nubi isolate e concentrate in alcune zone continentali dell'emisfero nord si passa alla lorofusione e dispersione su scala globale.

Questo ci porta a parlare di un problema comune di tutte queste simulazioni che è quello deltrasporto su scala globale della polvere e come questa a sua volta possa influenzare la circolazioneatmosferica. Simulazioni su questo particolare aspetto non sono state fatte e l'analogia conl'atmosfera di Marte, riferendosi a diversi meccanismi di circolazione e ai quali contribuisconoforse anche le maree atmosferiche, sembra abbastanza fuori luogo. Inoltre al solito si invoca unfenomeno ancora per larga parte inspiegabile per spiegarne uno del tutto ipotetico. Il modello diRobert M. Haberle, che viene citato nell'articolo, è l'adattamento di un modello messo a puntoproprio per l'atmosfera di Marte e che nella trasposizione alla Terra non può essere visto come unmodello di circolazione generale. Le aree in cui è possibile con studi indipendenti migliorare illavoro del TTAPS sono la microfisica delle particelle, il trasporto della radiazione e quello dellapolvere. Quest'ultimo aspetto è quello più costoso in quanto richiede l'uso di molte ore di calcolodei più sofisticati calcolatori.

Un ultimo appunto riguarda l'allusione a El Nino e agli effetti dell'eruzione di El Chichén. Isegni premonitori dell'ultimo El Niflo si sono avuti contemporaneamente all'eruzione vulcanicamentre la temperatura anomala superficiale del Pacifico tropicale era già evidente nel maggio1982, cioè 1-2 mesi dopo l'eruzione. Nella ormai vasta letteratura sull'argomento non viene citatanessuna relazione fra El Nitio e El Chichén, quando addirittura non viene esplicitamente smentita(si veda «Science», vol. 222, 16 dicembre 1983, p. 1195). Per la stessa ragione non sembracorretto attribuire anomalie meteorologiche al vulcano in un anno così anomalo per la presenzadel più intenso El Nifio mai registrato.

Tutto ciò è puntigliosa critica scientifica e non vuole sminuire il problema. D'altra parte non ènecessario arrivare a raffreddamenti così intensi per causare il collasso di quel poco che saràrimasto dopo il conflitto. Basterebbero a tale scopo anche temperature attorno allo zero per estesiperiodi di tempo. Questo per ribadire che se anche le conseguenze del conflitto fossero menovistose, non per questo sarebbero meno gravi. L'immagine di un inverno nucleare potrebbe esseresostituita da quella meno spettacolare, ma più realistica, di prolungate, avverse condizioniambientali che aggiungerebbero sofferenze e sacrifici indicibili ai sopravvissuti.

Guido ViscontiProfessore associato di fisica terrestre

Università dell'Aquila

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