GIULIANO LAZZARI - Lettera a Cangrande · 2018. 10. 19. · Dante - Lettera a Cangrande - ita...

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Dante - Lettera a Cangrande - ita http://www.classicitaliani.it/dante/cangran.htm[19/10/2018 06:32:57] Dante Alighieri Lettera a Cangrande Traduzione di Maria Adele Garavaglia Traduzione inedita Al magnifico e vittorioso signore, signor Can Grande della Scala, Vicario generale del Santissimo Impero Cesareo nella città di Verona e presso il popolo di Vicenza, il suo devotissimo Dante Alighieri, Fiorentino di nascita e non di costumi, augura una vita felice per lungo tempo e continuo arricchimento della gloria del suo nome [1]. La gloriosa lode della vostra magnificenza, che la fama vigile diffonde a volo, induce i diversi individui a differenti reazioni, così da esaltare gli uni alla speranza della propria prosperità e da prostrare gli altri nel terrore della morte. Un tempo io ritenevo esageratamente superflua, in verità, la vostra rinomanza, troppo al di sopra delle imprese degli uomini d'oggi, quasi al di fuori della realtà dei fatti. In verità, per non restare sospeso in un'eccessiva incertezza, come la regina della terra dove soffia l'Austro si diresse a Gerusalemme, come Pallade raggiunse l'Elicona, mi sono recato a Verona per controllare con i

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Dante Alighieri

Lettera a Cangrande

Traduzione di Maria AdeleGaravaglia

Traduzione inedita

Al magnifico e vittoriososignore, signor Can Grande dellaScala, Vicario generale del SantissimoImpero Cesareo nella città di Veronae presso il popolo di Vicenza, il suodevotissimo Dante Alighieri,Fiorentino di nascita e non dicostumi, augura una vita felice perlungo tempo e continuoarricchimento della gloria del suonome

[1]. La gloriosa lode della vostramagnificenza, che la fama vigilediffonde a volo, induce i diversiindividui a differenti reazioni, così daesaltare gli uni alla speranza dellapropria prosperità e da prostrare glialtri nel terrore della morte. Untempo io ritenevo esageratamentesuperflua, in verità, la vostrarinomanza, troppo al di sopra delleimprese degli uomini d'oggi, quasi aldi fuori della realtà dei fatti. In verità,per non restare sospeso inun'eccessiva incertezza, come laregina della terra dove soffia l'Austrosi diresse a Gerusalemme, comePallade raggiunse l'Elicona, mi sonorecato a Verona per controllare con i

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miei occhi ciò che avevo udito e lì hovisto le vostre grandi opere: le hoviste e, contemporaneamente, ne hogoduto i benefici; e allo stesso modoin cui, prima, sospettavo esageratoparte di quel che si diceva, dopo misono reso conto che le imprese in séerano esorbitanti. Così è successo chein precedenza ero bendisposto, conuna certa qual soggezione dellamente, ma in seguito, da quanto hovisto, mi ritrovo a voi devotissimo eamico.

[2]. E non temo certo,assumendo il titolo di "amico", diincorrere nel difetto di presunzione,come forse alcuni potrebberoobiettare, dal momento che gliinferiori non meno che gliappartenenti al medesimo rangopossono legarsi nel vincolodell'amicizia. Infatti se vi piaceràosservare le amicizie utili e gradevoli,vi apparirà chiaramente che moltospesso i superiori si legano d'amiciziacon gente a loro inferiore. E se sivolge lo sguardo all'amicizia, quellavera e "per sé", non ci sarà daconstatare che molti uomini dallacondizione modesta, ma celeberrimiper l'onestà, furono amici dinobilissimi e illustri principi? Eperché no, se addirittura nonimpedita dalla disparità, l'amicizia diDio e dell'uomo? E se a qualcunosembrasse sconveniente quanto hoaffermato, ascolti lo Spirito Santo, chedecreta alcuni uomini partecipi dellaSua amicizia. Infatti nel libro dellaSapienza si legge, a proposito dellasapienza, che " gli uomini hanno un

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tesoro infinito: coloro che ne fannouso sono partecipi dell'amicizia diDio". Tuttavia l'ignoranza della genteformula giudizi azzardati; e allostesso modo in cui crede il sole delladimensone di un piede, sbaglianell'ottusa credulità riguardo aicostumi. Non è consentito a noi, chepossiamo conoscere quanto di ottimoè in noi, seguire l'esempio dellamassa, della quale, anzi, dobbiamocorreggere gli errori. Essa, infatti,carente d'intelletto e ragione, dotatadi una certa qual libertà divina, nonsi sente vincolata da alcunaconsuetudine. E non c'è da stupirsi senon dirige il corso delle leggi, bensìne sia diretto. E' dunque facileintendere ciò che ho detto pocosopra, che non c'è alcunapresunzione nel propormi comedevotissimo e anche amico.

[3]. E siccome stimo la vostraamicizia come un tesoropreziosissimo, desidero coltivarla condiligenza previdente e cura sollecita.E pertanto, dal momento che iprincipi morali insegnano chericambiare significa conservarel'amicizia, vorrei seguire questoassunto ricambiando i beneficiricevuti più d'una volta. Per cuisovente ho esaminato i miei regaluccie li ho differenziati e poi vagliati, allaricerca del più degno e gradito a voi.E non ne ho trovato uno adeguatoalla vostra eccellenza più di quellasublime Cantica della Commedia chesi intitola Paradiso. E, insieme conquesta lettera, come dedica allegataproprio al suo invio, vi ascrivo, vi

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offro e infine vi raccomando.

[4]. Il mio affetto ardente esincero non mi permette di passaresotto silenzio anche il fatto che inquesto scambio di doni può sembrareche si attribuisca più importanzaall'omaggio e alla fama che alsignore; invece apparirà evidente, sesi farà sufficientemente attenzione,che ho espresso, con la sua dedica, ilpresagio che la gloria del vostronome si diffonderà: e ciò diproposito. Tuttavia il desiderio dellavostra grazia, cui ambiscotrascurando la vita, mi spingerà benoltre la meta prefissata. E quindi,conclusa la lettera, aggiungerò insintesi qualche informazione, comeintroduzione dell'opera dedicata, amo' di commentatore.

[5]. Dice Aristotele nel secondolibro della Metafisica che "come unacosa si pone rispetto all'essere, così sipone rispetto alla verità": ilsignificato che la verità di una cosa,contenuta nella verità come nel suosoggetto, risiede nella somiglianzaperfetta di una cosa con il suo essere.Delle cose che esistono, tuttavia,alcune sono tali da contenere in sél'essere assoluto; in altre, invece,l'essere dipende da un'altra cosa concui sta in relazione, come essere nellostesso tempo e relazionarsi ad altro;come il padre e il figlio, il signore e ilservo, il doppio e la metà, il tutto e laparte, e simili, in quanto tali. Dalmomento che l'essere di tali cosedipende da altro, ne deriva che anchela verità di esse dipende da altro: sesi ignora la metà, infatti, non si può

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mai conoscere il doppio, e così tuttoil resto.

[6]. Pertanto, quando si vuolefornire un'introduzione esplicativa suuna parte di un'opera di unoscrittore, occorre fornire qualchenotizia della produzione integrale dicui essa, un segmento. Per cuianch'io, intenzionato a offrire qualchespunto, in qualità di introduzione,riguardo alla Cantica sopracitata dellaCommedia, ho ritenuto di doverpremettere qualche informazioneriguardo all'intera opera, affinchérisulti più facile e completol'approccio alla parte. Dunque, sonosei gli aspetti da considerare, quandoci si accosta a qualunque operadottrinale: il soggetto, l'autore, laforma espositiva, l'obiettivo, il titolodel libro e il genere della suadottrina. Di queste, tre sono tali davariare in quell'aspetto che ho decisodi dedicare a voi, ossia nel soggetto,nella forma e nel titolo; negli altriaspetti, per la verità, non c'èvariazione, come risulta evidente achi l'esamini. Così nell'indagine sullatotalità, queste tre parti vannoconsiderate "in sé": in tal modo saràaperta la via all'introduzione.Successivamente analizzeremo lealtre tre parti, non solo in rapportoalla globalità dell'opera, ma anche inriferimento alla sezione qui offerta.

[7]. Per chiarire quanto stiamoper dire, occorre sapere che non èuno solo il senso di quest'opera: anzi,essa può essere definita polisensa,ossia dotata di più significati. Infatti,il primo significato è quello ricavato

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da una lettura alla lettera; un altro èprodotto da una lettura che va alsignificato profondo. Il primo sidefinisce significato letterale, ilsecondo, di tipo allegorico, moraleoppure anagogico. E tale modo diprocedere, perché risulti più chiaro,può essere analizzato da questi versi:"Durante l'esodo di Israele dall'Egitto,la casa di Giacobbe si staccò da unpopolo straniero, la Giudea divenneun santuario e Israele il suodominio". Se osserviamo solamente ilsignificato letterale, questi versiappaiono riferiti alll'esodo del popolodi Israele dall'Egitto, al tempo diMosè; ma se osserviamo il significatoallegorico, il significato si sposta sullanostra redenzione ad opera di Cristo.Se guardiamo al senso morale,cogliamo la conversione dell'animadal lutto miserabile del peccato allaGrazia; il senso anagogico indica,infine, la liberazione dell'anima santadalla servitù di questa corruzioeterrena, verso la libertà della gloriaeterna. E benchè questi significatimistici siano chiamati condenominazioni diverse, in generaletutti possono essere chiamatiallegorici, perché sono traslati dalsenso letterale o narrativo. Infattiallegoria viene ricavata dal grecoalleon che, in latino, si pronunciaalienum, vale a dire diverso.

[8]. Alla luce di questeconsiderazioni, è evidente cheoccorrono due soggetti, intorno aiquali corrano i due sensi. E perciòbisogna fare attenzione, inriferimento al soggetto di

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quest'opera, dapprima che vengacolto in senso letterale esuccessivamente che quel medesimosoggetto sia colto in senso allegorico.Preso solo nel suo senso letterale,dunque, il soggetto dell'interaCommedia riguarda semplicemente lacondizione delle anime dopo lamorte; infatti, l'opera tutta procedemuovendosi attorno a questo tema.Se, in verità, si scava nel sensoallegorico, il soggetto diventanell'uomo che, meritando o nonmeritando, alla luce del liberoarbitrio, è gratificato dal premio odannato al giusto castigo.

[9]. La forma, a sua volta, èduplice: la forma del trattato e la formada trattare. La forma del trattato ètriplice, secondo una triplicedivisione. La prima divisione è quellaper cui tutta la Commedia vienescandita in tre Cantiche; la seconda èquella per cui ogni Cantica si dividein canti; la terza è quella per cui ognicanto si divide in versi. La formaconcepita come modo del trattare èpoetica, inventiva, descrittiva,digressiva, transuntiva e insiemedefinitiva, divisiva, probativa,reprobativa ed esemplificativa.

[10]. Il titolo del libro è "Inizia laCommedia di Dante Alighieri,fiorentino di nascita, non di costumi".A chiarimento di ciò dobbiamosapere che commedia deriva da"comos", "villaggio", e "oda", cioè"canto": da qui commedia quasi "cantovillereccio". La commedia è un generedi narrazione poetica che differisceda tutti gli altri. Differisce dalla

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tragedia riguardo al contenuto: infattila tragedia all'inizio suscita unsentimento di quieta ammirazione,ma nella conclusione è rivoltante eterrificante; è definita così perchéderiva da "tragos", che è il "capro" e"oda", come se si trattasse di un"canto del capro", ossia disgustoso emaleodorante appunto come uncapro, come appare palese nelletragedie di Seneca. La commedia,poi, propone all’inizio le difficoltà diun evento, ma lo sviluppo di questoapproda a un esito felice, come sipalesa nelle commedie di Terenzio.Da qui alcuni scrittori hanno presol'abitudine di usare, nei loro saluti,invece di "salve", l'espressione "tragico principio e comico finale".Allo stesso modo i due generidifferiscono nell'espressione: alata esublime è la tragedia, dimessa eumile la commedia, come affermaOrazio nella sua Arte poetica, doveconsente talvolta ai comici diesprimersi come i tragici e viceversa:

Talvolta, però, anche la commedia solleva lo stile,e Cremete, irato, disputa con ampolloso linguaggio;e spesso si dolgono con parole dimessei tragici Telefo e Peleo...

E per questo appare chiara laragione per cui quest'opera si intitolaCommedia. Infatti, se guardiamo alcontenuto, inizialmente orribile eripugnante, poiché descrive l'Inferno,alla fine appare positiva, desiderabilee gradevole, perché illustra ilParadiso; quanto all'espressione,viene impiegato un linguaggiomisurato e umile, in quanto usa la

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lingua volgare in cui si esprimono ledonnette. Ma vi sono anche altrigeneri di narrazioni poetiche, come ilcarme bucolico, l'elegia, la satira e ilcanto votivo, come Orazio spieganella sua Arte poetica; ma, in questocontesto, non è opportuno parlare alriguardo.

[11]. A questo punto puòrisultare chiaro in che modo si debbadeterminare il soggetto della Canticadonata. Infatti, se il soggettodell'intera opera, colta nel suo sensoletterale, consiste nella condizionedella anime dopo la morte, nonlimitato ma accolto nella suasemplicità, è manifesto che in questacantica tale situazione sia il soggetto,ma solo per quanto riguarda lacondizione delle anime beate. E se ilsoggetto dell'intera Commedia, intesain senso allegorico, consistenell'uomo che, alla luce del liberoarbirio, merita di essere premiato opunito dalla Giustizia divina, èchiaro che in questa parte questosoggetto viene determinato e consistenell'uomo che merita il premioassegnato dalla Giustizia divina

[12]. Si definisce in questomodo la forma della Cantica,attraverso la forma della Commediatutta. Infatti, se la forma del trattato ètriplice, in questa parte è soltantoduplice: infatti, il Paradiso si divide incanti e in versi. Non può contenere laprima divisione, perché essa stessa èil risultato di questa scansione.

[13]. Anche il titolo non richiedetroppe spiegazioni: infatti, titolodell'intera opera è Inizia la

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Commedia... ecc., come dissi prima. Nederiva che il titolo di questa parte èComincia la terza cantica dellaCommedia di Dante ecc..., che si chiamaParadiso.

[14]. Analizzati i tre elementiper i quali la parte varia rispettoall'opera nel suo insieme, occorreparlare di quegli altri tre nei qualinon esiste alcuna variazione rispettoalla totalità. L'autore della Cantica è ilmedesimo che ha scritto il tutto.

[15]. L'obiettivo dell'opera edella Cantica potrebbe esseremolteplice, ossia riguardare la realtàimmediata e quella futura; ma,tralasciando ogni sottigliezza, perparlare brevemente, l'obiettivo dellaCommedia e di questa cantica consistenell'allontanare i viventi, durante laloro esistenza, dallo stato di miseriaspirituale, per condurli alla salvezza.

[16]. La branca della filosofia,sotto la quale procedono l'opera equesta parte, è quella della morale,ossia l'etica; infatti l'opera tutta, equesta parte, non è finalizzata allaspeculazione del pensiero, bensì a unrisultato concreto. Infatti se inqualche brano o in qualche passaggioil linguaggio si fa simile a quellodella filosofia speculativa, questoavviene non in virtù di un finespeculativo, ma per necessitàintrinseche all'opera stessa. Infatti,come dice il Filosofo nel secondolibro della Metafisica, "su qualcosa esu momenti particolari talvolta ipensatori pragmatici speculano".

[17]. Fatte tali premesse,dobbiamo passare all'esposizione del

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significato letterale, attraversoqualche "assaggio", e anticipare chel'esposizione letterale non è altro chela manifestazione della formadell'opera. Questa parte, o terzaCantica, intitolata Paradiso, si divideprincipalmente in due parti, cioè ilPrologo e la parte esecutiva. Laseconda parte comincia così: "Sorge aimortali per diverse foci..."

[18]. Della prima parte occorresapere che, per quanto possachiamarsi Esordio, nel linguaggiocomune, se vogliamo esprimerci conproprietà non può essere definitoaltro che Prologo. Questo sembravoler suggerire il Filosofo (Aristotele)nel terzo libro della Retorica, laddovedice che "il proemio è l'inizionell'orazione retorica, così come ilprologo lo della poesia e il preludiodel brano musicale". Si deve anchepremettere che tale introduzione, chepotremmo comunemente definireesordio, viene effettuatadiversamente dai poeti e dai retori.Infatti i Retori hanno permesso che lefuture affermazioni venisseropregustate per accattivarsil'attenzione dell'uditorio; i poeti nonsoltanto fanno ciò, ma, dopo,aggiungono un'invocazione. E questoconviene loro perché necessitano diun'ampia invocazione, poichè toccaloro chiedere agli esseri superioriqualcosa che va oltre la misurad'uomo, una sorta di dono divino.Dunque questo prologo si divide indue parti, perché nella prima vieneanticipata la materia della Cantica,nella seonda viene invocato Apollo. E

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la seconda parte comincia così: "Obuon Apollo, all'ultima fatica..."

[19]. Quanto alla prima parte vanotato che tre sono i requisiti di unbuon esordio, come dice MarcoTullio Cicerone nella Nuova Retorica:la capacità di rendere benevolo,attento e docile il lettore; e ciòsoprattutto in un generestraordinario, come dice Tulliomedesimo. Essendo straordinaria lamateria trattata dalla presente opera,riconducibile, pertanto, al generestraordinario, nell'esordio si cerca diottenere questi tre risultati. Infattiafferma che illustrerà ciò che l'autoreha visto nel primo cielo e haconservato nella memoria. In taleaffermazione sono contenuti tutti etre quei requisiti: la benevolenzaderiva dall'utilità di quanto si narra,l'attenzione dalla natura straordinariadella materia narrata, la docilità dalfatto che sia una narrazioneplausibile.Suggerisce l'utilità quandodice che illustrerà ci che più attrael'uomo, ossia il gaudio del Paradiso;stimola l'attenzione quando prometteche dirà cose alte e sublimi, come lecondizioni del regno celeste. Mostrala plausibilità quando ribadisce cheracconterà ciò che la mente ha potutotrattenere. Confermata dunque lapositività e la perfezione della primaparte del prologo, si proceda allalettera.

[20]. Afferma, dunque, che "lagloria del primo Motore", che è Dio,"in ogni parte dell'universorisplende", ma in modo che "inalcune parti di più, in altre di meno".

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Il fatto che risplenda ovunque èchiaro alla luce della ragione edell'autorità. La ragione così: Tuttociò che è, o deriva da sé o da altro;ma si sa che derivare da sé non èpossibile se non a uno solo, cioè alprimo essere ossia al principio, che èDio; infatti avere l'essere nonsignifica che sia necessario per sestesso ed essere necessariamente perse stessi non compete che a uno solo,cioè al primo e al principio, che ècausa del tutto; pertanto tutto ciò cheesiste, tranne quell'uno stesso, derivada altro. Se dunque si accetta nonuna cosa qualunque, ma la realtàultima dell'universo, è manifesto cheessa riceve l'essere da un altro; e ciòche gliela dà, la riceve a sua volta oda sé o da altro. Se riceve l'essere dasé è il primo, se da altro, anche in ciòsimilmente o da sé o da altro. Epoiché questo processo puòcontinuare all'infinito rispetto allecause agenti, come si dimostra nelsecondo libro della Metafisica, siarriverà alla prima causa che è Dio, ecosì, o attraverso mediazioni, oimmediatamente, tutto ciò che esistederiva da lui. Infatti la causa secondariceve dal primo, influisce sopral'effetto in misura di quel che ricevedal primo, come ciò che riceve unraggio e lo riflette: per questo lacausa prima è maggiormente causa.Questo viene trattato nel libro DelleCause: "ogni causa primaria influiscemaggiormente sopra il suo effetto diuna causa universale seconda".Questo per quanto riguarda l'essere.

[21]. Quanto poi all'essenza,

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ragiono in questi termini: Ogniessenza, tranne la prima, ha una suacausa. Diversamente, sarebberonumerose le cose che esisterebberoper sé: impossibile. Ogni effetto èprodotto o dalla natura odall'intelletto: quello che è prodottodalla natura è causato, perconseguenza, dall'intelletto, perché lanatura è opera dell'intelligenza; ognieffetto è frutto, quindi, di unintelletto, o per mediazione oimmediatamente. Dal momento chela virtù segue l'essenza di cui è virtù,se l'essenza è intellettiva, è tutta e diquella sola che causa. E così, come inprecedenza si giungeva alla causaprimaria dell'essere stesso, così ora siperviene alla causa primariadell'essenza e della virtù. Per ciò èchiaro che ogni essenza e virtùprocedono dalla prima e leintelligenze inferiori le ricevono omese irradiassero da un centro, erestituissero questi raggi ricevuti dauna realtà superiore a una realtàinferiore, come uno specchio. Aquesto sembra accennare abbastanzachiaramente Dionigi nell'opera Legerarchie celesti. E per questo si dice,nel libro Delle Cause che "ogniintelligenza è satura di forme". Sichiarisce quindi in che modo laragione riflette la luce divina erisplende dappertutto.

[22]. Allo stesso modo, e anchein maniera più dotta, lo dimostranogli Auctores. Dice infatti lo SpiritoSanto, attraverso Geremia: "Ioriempio cielo e terra" e nel Salmo"Dove mi nasconderò dal tuo spirito?

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e dove fuggirò dalla tua vista? Seascenderò in cielo tu sei lì, sescenderò nell'inferno, sarai presente.Se mi rivestirò delle mie penne, ecc.".E nel Libro della Sapienza si dice che"Lo Spirito di Dio riempì l'universo".E l'Ecclesiastico, nel quarantaduesimolibro: "La creazione di Dio è tuttapiena della sua gloria", affermazioneconfermata persino dai testi deipagani; per cui Lucano, nel nonolibro "Giove è ovunque tu guardi,dovunque tu vada".

[23]. Si dice dunque benequando si afferma che il raggio diDio, ossia la gloria divina "perl'universo penetra e risplende":penetra quanto all'essenza, risplendequanto all'essere. Quanto vieneaggiunto circa "più e meno" è vero inmodo palese; infatti, vediamo unacerta essenza in un qualche grado piùeccellente e una certa essenza in unoinferiore; come è palese a propositodel cielo e degli elementi dei quali, inverità, l'uno è incorruttibile e gli altricorruttibili.

[24]. E dopo aver premesso taleverità, prosegue parlando perperifrasi del Paradiso. E dice che fuin quel cielo che piùabbondantemente riceve la gloria diDio, cioè la luce. Per questo motivobisogna sapere che quello è il cielosupremo che contiene tutti i corpi eche non è contenuto, dentro il qualetutti i corpi si muovono, mentre essoè immobile in una quiete sempiternae non riceve virtù da nessunasostanza corporale. Viene dettoEmpireo, che significa "cielo ardente

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del suo stesso fuoco", non perché inesso vi sia del fuoco o ardoremateriale, ma spirituale, cioè l'amoresanto, ovverossia la carità.

[25]. Quanto al fatto che ricevain maggiore quantità la luce divina,lo si può poi dimostrare attraversodue argomentazioni: in primo luogoper il fatto che in sé contiene ognicosa e da nulla è contenuto; insecondo luogo che sta in una suasempiterna quiete o pace. Il primopunto è dimostrato così: il contenentesi rapporta al contenuto, in unasituazione naturale, come ilformativo si rapporta al formabile,come si dice nel quarto libro dellaFisica; ma nella natura dell'universo ilprimo cielo racchiude tutte le cose;quindi si rapporta a ogni cosa come ilformativo al formabile, il checorrisponde al rapporto di causa-effetto. E poiché ogni forza causativacome un raggio che emana da Dio,causa prima, è palese che quel cielo,che più partecipa del carattere dicausa, più riceve la luce divina.

[26]. Quanto al secondo, vienedimostrato così: Tutto quanto simuove, si muove ad opera diqualcosa che non ha (moto), che ètermine del suo moto stesso; come ilcielo della Luna si muove per unacerta parte di sé, che in sé non ha laCausa verso cui muove; e poichè unaparte di cielo, e ciò è impossibile, nonpuò scegliersi un luogo, si muove allaricerca di un altro, ne discende laragione del suo movimento e non stamai fermo, ed è questo il suodesiderio. E ciò che dico a proposito

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del cielo della Luna, può essere estesoa ogni altro, tranne che al primo(Mobile). Tutto ciò che si muovemanca di qualche cosa e nonpossiede integro tutto il suo essere.Pertanto quel cielo che non è mossoda alcunchè, possiede in sé laperfezione del suo essere. E poichèogni perfezione discende dalla primaperfezione, che è perfezione insommo grado, ne deriva chiaramenteche il primo cielo riceve di più la lucedel primo essere, cioè Dio. Pertantoquesto ragionamento sembraargomentare sulla distruzione delprecedente, così che non attua ladimostrazione linearmente e secondola forma del sillogismo. Ma seconsideriamo la materia di quello,attua una dimostrazione adeguata,perché si parla di una realtà eterna, incui si può eternare la mancanza,cosicchè, se Dio non gli diede il moto,palesemente non gli diede neppuremateria e che difettasse in qualcosa. Eattraverso questa supposizionel'argomento regge in ragione dellamateria. Argomentare così come sedicessi: Se l'uomo esiste, è capace diridere. Infatti in tutte le proposizioniconvertibili si ha simile sostegnograzie alla materia. Quindi cosìrisulta chiaro: quando la Cantica dice"in quel cielo che più riceve la luce diDio" intende parlare, in forma diperifrasi, del Paradiso, cioè del cieloEmpireo.

[27]. Date queste premesse, inpieno accordo dice il Filosofo nelprimo libro Del Cielo che il cielo"tanto più possiede materia raffinata

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rispetto a quelli inferiori, quanto piùè lontano dalle cose di quaggiù". Asostegno di ciò si può addurre ciòche dice l'Apostolo agli Efesini, aproposito di Cristo: "Colui che asceseal di sopra di tutti i cieli, per darecompimento a tutte le cose". Questo èil cielo delle delizie di Dio, di cuiEzechiele parla contro Lucifero: "Tufosti, insegna della somiglianza,pieno di sapienza e perfezione dibellezza, e fosti nelle delizie delParadiso di Dio".

[28]. E dopo che ha detto perperifrasi che fu in Paradiso, l'autoreprosegue affermando di aver vistoalcune cose che non può riferire chi èdisceso da lassù. E giustifica ciòdicendo che "l'intelletto tantosprofonda nel suo stesso desiderio",che è Dio, "che la memoria non riescea tenergli dietro". Per capire questaaffermazione bisogna sapere chel'intelletto umano, in questa vita, perl' affinità e connaturalità che ha conla sostanza intellettuale separata,quando si eleva, si eleva a tal puntoche la memoria, al ritorno, vienemeno per aver trasceso la misuraumana. E ci suggerisce l'Apostolo(Paolo) nella "Lettera ai Corinzi",laddove dice: "So che un uomo - nonso se con il corpo o fuori dal suocorpo, Dio lo sa - fu rapito al terzocielo e vide i misteri divini di cuiall'uomo non è lecito parlare". Ecco,dopo che l'intelletto aveva trasceso,con questa ascensione, l'umanaragione, non ricordava che cosa fosseaccaduto intorno a lui. Questo cisuggerisce Matteo, quando tre

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discepoli caddero a terra, nonsapendo poi dare spiegazioni, quasiimmemori. E scrive Ezechiele: "Vidi ecaddi a terra". E se gli oppositori nonsi accontentano di queste autorevoliargomentazioni, leggano Lacontemplazione di Riccardo di SanVittore, leggano La considerazione diBernardo, La quantità dell'anima diAgostino e non saranno più contrari.Se poi latrassero contro tantoimpegnativa disposizione dell'autoredi elevarsi, a causa del peccato,leggano Daniele, dove troverannoche Nabucodonosor, per virtù divina,ebbe visioni contro i peccatori, ma ledimenticò. Infatti "colui che fasorgere il sole sui buoni e suimalvagi e fa piovere sopra i giusti egli ingiusti" talvoltamisericordiosamente per convertire,talaltra severamente per punire, più omeno, come vuole, manifesta la suagloria ai viventi, per quanto vivanomale.

[29]. Ha visto, dunque, comedice, alcune cose "che, tornando, nonsa né può ridire". Diligentemente,invero, da notare che dice "non sa enon può": non sa perché le hadimenticate, non può perché, seanche le ricorda e le conosce nelcontenuto, tuttavia gli viene meno laparola. Infatti vediamo che moltecose nell'intelleto mancano dellacorrispondente espressionelinguistica; questo suggerisceabbondantemente Platone nei suoilibri, attraverso metafore: infattimolte cose vide con la lucedell'intelletto che non seppe

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esprimere con linguaggio adeguato.

[30]. Poi dice che illustreràquelle cose che ha potuto conservarenella memoria circa il regno dei cieli:questa la "materia" dell'opera sua; lasua qualità ed estensione emergerànel corso della lettura.

[31]. In seguito, quando dice "Obuon Apollo, ecc.", effettua la suainvocazione. Questa parte si divide indue segmenti poetici: il primo attual'invocazione, il secondo persuadeApollo, fatta la richiesta, ad accordarela ricompensa. E la seconda parteinizia con l'espressione "O divinavirtù". Dapprima l'autore chiedel'aiuto divino, successivamenteaccenna alla necessità della suarichiesta ossia la giustifica: " Fino aqui una delle due cime di Parnaso"ecc.

[32]. Questo il senso dellaseconda parte del Prologo ingenerale. Veramente non l'esporròora nei suoi particolari; infatti sonoassillato dalla povertà, per cui devotralasciare queste e altre cose utili allacollettività. Ma spero che la vostraMagnificenza conceda che in altrecircostanze sia possibile procedereall'utile esposizione.

[33]. Nella parte esecutiva,divisa dal Prologo, non si può dirnulla, al presente, né della suasuddivisione né della suainterpretazione, tranne questo: inogni canto si procederà salendo dicielo in cielo e parleranno le animebeate incontrate in ognuna delle variesfere e che la vera beatitudineconsiste nell'accettazione del

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principio della verità, come apparechiaro nel Vangelo di Giovanni:"Questa la vita eterna, affinchèconoscano Te, vero Dio" e nel dialogoLa consolazione della filosofia di Boezio:"Il fine è vedere Te". Da questoderiva che, per mostrare la gloriadella beatitudine in quelle anime,saranno poste loro molte domande,di grande utilità e diletto: infatti essevedono tutta la verità. E poiché,trovato il principio o l'Essere primo,cioè Dio, non c'è più null'altro dacercare, perché Egli è l'alfa e l'omega,l'opera termina in Dio, benedetto neisecoli dei secoli.

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Biblioteca dei Classici italiani diGiuseppe Bonghi

Ultimo aggiornamento: 26febbraio 2011