GIUDICANTE PENALE ORDINARIO E SORVEGLIANZA · Il rito abbreviato è un giudizio speciale...

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1 “I riti alternativi a richiesta dell’imputato nel giudizio monocratico” Programma di formazione per i magistrati ordinari in tirocinio nominati con D.M. 10 dicembre 2015 e 18 gennaio 2016 TIROCINIO MIRATO GIUDICANTE PENALE ORDINARIO E SORVEGLIANZA PRIMA SETTIMANA: 6-10 marzo 2017 Dott. Alfonso Scermino INTRODUZIONE La presente relazione si propone l’obiettivo di offrire un compendio quanto più completo delle questioni applicative e problematiche più ricorrenti in tema di rito abbreviato e patteggiamento da celebrarsi davanti al Giudice Monocratico del Dibattimento. Si ometteranno volutamente gli aspetti nozionistici di base afferenti i riti speciali, tenuto conto che questo scritto è destinato ai M.O.T. in procinto di assumere le funzioni Giudicanti penali, come tali già in possesso di ampia conoscenza manualistica degli istituti. Si cercherà di esaminare le questioni nell’ordine corrispondente al normale svolgimento del processo, onde strutturare una esposizione che abbia una spiccata vocazione all’utilizzo pratico e possa così fornire supporto rapido ed immediato all’operatore secondo l’ordinaria successione temporale delle questioni.

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“I riti alternativi a richiesta dell’imputato nel giudizio monocratico”

Programma di formazione per i magistrati ordinari in tirocinio

nominati con D.M. 10 dicembre 2015 e 18 gennaio 2016

TIROCINIO MIRATO

GIUDICANTE PENALE ORDINARIO E SORVEGLIANZA

PRIMA SETTIMANA: 6-10 marzo 2017

Dott. Alfonso Scermino

INTRODUZIONE

La presente relazione si propone l’obiettivo di offrire un compendio quanto più completo delle

questioni applicative e problematiche più ricorrenti in tema di rito abbreviato e patteggiamento da

celebrarsi davanti al Giudice Monocratico del Dibattimento.

Si ometteranno volutamente gli aspetti nozionistici di base afferenti i riti speciali, tenuto conto che

questo scritto è destinato ai M.O.T. in procinto di assumere le funzioni Giudicanti penali, come

tali già in possesso di ampia conoscenza manualistica degli istituti.

Si cercherà di esaminare le questioni nell’ordine corrispondente al normale svolgimento del

processo, onde strutturare una esposizione che abbia una spiccata vocazione all’utilizzo pratico e

possa così fornire supporto rapido ed immediato all’operatore secondo l’ordinaria successione

temporale delle questioni.

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Sommario

PARTE PRIMA: RITO ABBREVIATO

Par. 1) Premesse di inquadramento

Par. 2) Prime verifiche relative agli avvisi

Par. 3) La richiesta di rito abbreviato

- Par. 3.1) La procura speciale

- Par. 3.2) I termini per la richiesta

- Par. 3.3) La rinnovazione della richiesta di rito abbreviato condizionato

- Par. 3.5) Richiesta dopo rigetto patteggiamento

- Par. 3.6) Richiesta parziale nei processi oggettivamente e soggettivamente cumulativi-

Incompatibilità

- Par. 3.7) Revoca della richiesta e revoca del rito

Par. 4) Rito Abbreviato “Puro, secco o incondizionato o ordinario”

- Par. 4.1) Rigetto irrituale del rito abbreviato puro

- Par. 4.2) Abbreviato secco e nuovi documenti

Par. 5) Rito abbreviato condizionato

- Par. 5.1) Parametri di ammissibilità

- Par. 5.2) Decisione vincolata alla richiesta della parte

- Par. 5.3) Sindacato e controllo sul rigetto della richiesta

Par. 6) Rito abbreviato ed effetto sanante sulle nullità e le inutilizzabilità – Caratteri , limiti

e casistica

Par. 7) Abbreviato e prove atipiche

Par. 8) Trattazione del rito abbreviato

- Par. 8.1) Fatto diverso e contestazione suppletive

- Par. 8.2) Interrogatorio e dichiarazioni spontanee dell’imputato

- Par. 8.3) Abbreviato, parte civile e responsabile civile

- Par. 8.4) Il potere di integrazione ex art. 441 comma 5 c.p.p.

Par. 9) La decisione

- Par. 9.1) Immutabilità del Giudice e rinnovazione in sede di abbreviato

PARTE SECONDA: PATTEGGIAMENTO

Par. 10) Premesse di inquadramento 

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Par. 11) La richiesta di patteggiamento e la volontà dell’imputato

Par.12) I termini per la richiesta - rinnovazione e reiterazione della richiesta - sindacato del

Giudice dibattimentale

Par. 13) Alternatività dei riti

Par. 14) Accordo e controllo del Giudice

- Par.14.1) Cause di non punibilità

- Par. 14.2) Qualificazione giuridica e circostanze

- Par. 14.3) Congruità della pena

Par. 15) Accordo e pena sospesa

Par. 16) Limiti del potere del Giudice e delle parti: divieto di interventi modificativi e divieto

di pattuizioni con oggetto diverso dalla pena principale

Par. 17) Irrevocabilità dell’accordo: caratteri e condizioni di modificabilità

Par. 18) Il patteggiamento parziale

Par. 19) Patteggiamento , nullità ed incompetenza territoriale

Par. 20) Patteggiamento allargato e recidiva

Par. 21) Patteggiamento e motivazione

Par. 22) Patteggiamento ed incompatibilità

Par. 23) Patteggiamento e parte civile

Par. 24) Patteggiamento e spese  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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PARTE PRIMA: RITO ABBREVIATO

Par. 1) Premesse di inquadramento

Il rito abbreviato è un giudizio speciale giustificato da finalità deflattive, che consente di definire il

processo in via anticipata, ossia in sede di udienza preliminare ovvero nella fasi preliminari al

dibattimento, ponendosi come modello alternativo rispetto al dibattimento ordinario.

Si tratta di un giudizio allo stato degli atti con effetti premiali, che ha subito nel corso degli anni,

rispetto alla struttura originaria, una profonda metamorfosi.

La L. 16.12.1999, n. 479 - unitamente alle successive leggi 5.6.2000, n. 144 e 19.1.2001, n. 4 - ha

completamente ridisegnato la struttura del giudizio abbreviato, anche in risposta alle decise

sollecitazioni della Corte Costituzionale.

Per effetto della riforma, l'accesso al rito non è più subordinato né al consenso del P.M., né alla

decidibilità del procedimento allo stato degli atti; inoltre, la richiesta non comporta più la rinuncia a

introdurre ulteriori mezzi di prova.

Per la instaurazione di tale giudizio alternativo non è più necessario il previo accordo con il P.M., al

quale è stato sottratto ogni potere di interlocuzione su questa scelta dell'imputato.

La richiesta non è più soggetta a valutazione di ammissibilità da parte del Giudice .

La definibilità del processo allo stato degli atti non costituisce più presupposto imprescindibile per

la attivazione del rito.

Da “patteggiamento sul rito” l’abbreviato si è trasformato in giudizio su istanza del solo imputato,

che accetta di essere giudicato “allo stato degli atti”, cioè quelli della fase dell’indagine preliminare.

La diversificazione della forma processuale è l’effetto solo della manifestazione di volontà di

quest’ultimo, secondo uno schema che si può ricondurre al “negozio unilaterale” (cd. rito

abbreviato secco).

Nella sola ipotesi di richiesta condizionata (cd. rito abbreviato condizionato), il Giudice, qualora

non ritenga necessaria ai fini della decisione, ovvero non compatibile con le finalità di economia

processuale, l’integrazione probatoria cui è subordinata la richiesta medesima, può decidere di non

ammetterla, e dunque di non far luogo al giudizio abbreviato.

L’attuale modello di giudizio abbreviato può dirsi pienamente compatibile con i valori

costituzionali, in quanto la deroga al principio della formazione della prova nel contraddittorio -

aspetto di primo piano nel giusto processo - in conseguenza della riconosciuta utilizzabilità degli

atti assunti nel corso delle indagini preliminari, trova la sua giustificazione nell'apposito consenso

dell'imputato (come valorizzato dall'art. 111, 5° co., Cost.).

Inoltre, esso risponde all’altro principio della ragionevole durata del processo: il suo svolgimento

assicura sempre e comunque una notevole economia processuale e una maggiore celerità

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dell’accertamento giudiziale , ciò che costituisce una delle ragioni che fonda il corrispettivo diritto

allo sconto di pena in capo all’imputato che se ne voglia avvalere.

Par. 2) Prime verifiche relative agli avvisi

Il Giudice Monocratico del Dibattimento può essere investito da una richiesta di rito abbreviato :

- o a seguito di emissione di decreto di citazione diretta a giudizio (salvo quanto si dirà in

tema di rinnovazione della richiesta di abbreviato condizionato rigettata dal GIP/GUP e

riproposta davanti al Giudice del Dibattimento) ;

- o in sede di giudizio direttissimo.

In entrambi i casi il codice prevede che l’imputato riceva apposito avviso della facoltà di accedere

al rito speciale.

Ai sensi dell’art. 553 comma 1 lett. f) il decreto di citazione diretta a giudizio deve contenere

“l’avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l'imputato, prima della dichiarazione di apertura

del dibattimento di primo grado, può presentare le richieste previste dagli articoli 438 e 444 .”.

Parimenti, ai sensi dell'art. 451 c.p.p., comma 5 , l’imputato contro il quale si procede con giudizio

direttissimo deve essere avvertito della facoltà di richiedere il giudizio abbreviato o il

patteggiamento.

Il difetto di tali avvisi integra nullità di ordine generale sanzionata dall'art. 178 c.p.p., comma

1, lett. c).

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 148 del 2004, ha chiarito che la richiesta di riti

alternativi costituisce una modalità di esercizio del diritto di difesa (sentenze n. 497 del 1995, n. 76,

n. 101 e n. 214 del 1993, n. 265 del 1994, n. 70 del 1996, tutte nel senso che sarebbe lesivo del

diritto di difesa precludere all’imputato l’accesso ai riti speciali per un errore a lui non imputabile).

Già nella sentenza n. 120 del 2002, il Giudice delle Leggi ha puntualizzato che l’effettivo esercizio

della facoltà di chiedere i riti alternativi costituisce una delle più incisive forme di “intervento”

dell’imputato, cioè di partecipazione “attiva” alle vicende processuali, con la conseguenza che ogni

illegittima menomazione di tale facoltà, risolvendosi nella violazione del diritto sancito dall'art. 24

Cost., comma 2, integra la nullità di ordine generale sanzionata dall'art. 178 c.p.p., comma 1, lett.

c).

La suddetta omissione, quindi, determina una nullità a regime intermedio1.

Tuttavia, tale nullità viene sanata, ex combinato disposto dell'art. 180 c.p.p. e art. 182 c.p.p.,

comma 2, ove non venga eccepita, dalla parte che vi assiste, "immediatamente dopo" il suo

compimento.

                                                            1 Cassazione penale, sez. II, 16/06/2010, n. 28153

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In applicazione di tali principi,

1) in caso di decreto di citazione diretta a giudizio:

- a fronte dell’eccezione di mancanza dell’avviso nelle fasi preliminari al dibattimento, il

Giudice dovrà dichiarare la nullità del decreto di citazione diretta ex art. 552 comma 2 c.p.p.

e rimettere gli atti al PM per il nuovo corretto esercizio dell’azione penale;

- in assenza di eccezione prima dell'apertura del dibattimento , la nullità relativa del decreto

di citazione a giudizio resta sanata , con la conseguenza che sarebbe abnorme il

provvedimento con il quale il Giudice, una volta aperto il dibattimento e nel corso della sua

celebrazione, dichiari di ufficio la nullità del decreto ai sensi dell'art. 552, comma 2, c.p.p. e

disponga la restituzione degli atti al p.m., poiché tale atto determinerebbe un'inammissibile

regressione del procedimento 2;

2) in caso di rito direttissimo, la presenza del difensore dell’imputato semplifica lo schema,

posto che:

- se la difesa avrà interesse ai riti speciali, lo dichiarerà immediatamente al Giudice del

Direttissimo, così inducendolo a ricordarsi degli avvisi;

- se sarà silente rispetto all’apertura del dibattimento, il suo comportamento avrà effetto

sanante con riguardo all’omesso avviso del Giudice ex art. 451 comma 5 c.p.p. .

Peraltro, secondo un ulteriore arresto della Suprema Corte, in caso di direttissimo l’omissione degli

avvisi neanche integrerebbe nullità .

Si è affermato, in particolare, che l'inosservanza della norma dell'art. 451, comma 5, c.p.p., secondo

cui l'imputato contro il quale si procede con giudizio direttissimo deve essere avvertito della facoltà

di richiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento, non integra una nullità di ordine generale di

cui all'art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p. sotto il profilo dell'intervento dell'imputato, in quanto la

presenza del difensore vale a consentire all'imputato stesso la piena cognizione delle ragioni che

possono determinare la scelta tecnica prevista dalla legge 3 .

Né l'omesso avviso della facoltà di chiedere un termine per preparare la difesa, previsto dalla

diversa norma di cui all’art. 451 comma 6 cod. proc. pen., produce una qualche nullità, qualora

l'imputato, avvertito circa la possibilità di chiedere il giudizio abbreviato ovvero il patteggiamento

ai sensi del comma 5 dell'articolo menzionato, abbia optato per uno dei riti alternativi, in quanto, in

                                                            2 Cassazione penale, sez. V, 14/05/2014, n. 28512 3 Cassazione penale, sez. VI, 05/03/2007, n. 11287

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tale ipotesi, trovano applicazione le regole del procedimento richiesto, mentre l'avviso della facoltà

di richiedere il termine a difesa riguarda unicamente il dibattimento del giudizio direttissimo 4 .

Par. 3) La richiesta di rito abbreviato

Ai sensi dell’art. 438 commi 2 e 3 c.p.p., la richiesta del rito abbreviato può essere formulata,

oralmente o per iscritto, dalla parte personalmente o dal suo procuratore speciale (con sottoscrizione

autenticata ex art. 583 comma 3 c.p.p.).

Trattasi di atto giuridico unilaterale, con il quale l’imputato rinuncia alla garanzia della formazione

della prova in contraddittorio e, per l’effetto, dispone di un diritto personalissimo, che non può

essere esercitato dal difensore nei limiti del proprio mandato ordinario.

Par. 3.1) La procura speciale

Ha costituito motivo di oscillazione giurisprudenziale il tema della ammissibilità della richiesta nei

casi in cui la stessa sia formulata dal difensore, non munito di procura speciale, alla presenza del

suo assistito.

Secondo un orientamento più rigoroso la scelta del giudizio abbreviato, che consente di pervenire

alla definizione del procedimento utilizzando come prova gli atti delle indagini preliminari compiuti

dal pubblico ministero, senza le maggiori garanzie del contradditorio, importa necessariamente la

disposizione di un diritto personalissimo di difesa, tale da non poter essere esercitato dal difensore

nei limiti del proprio ordinario mandato defensionale.

Ne consegue che, fuori dall'ipotesi di procura speciale, è invalida la richiesta di rito abbreviato

formulata in udienza dal difensore, ne' la tacita presenza dell'imputato può valere come ratifica 5.

Secondo altro orientamento, pur dovendosi riconoscere natura di atto dispositivo personalissimo

alla richiesta di giudizio abbreviato, può essere attribuita piena validità alla richiesta manifestata,

alla presenza dell'imputato, dal difensore non munito di procura speciale, posto che quest’ultimo

funge da semplice interprete o portavoce del suo assistito, avendo del resto il Giudice, stante la

presenza dell'interessato, la possibilità di verificare la volontarietà dell'atto 6.

Sul tema sono intervenute le SS.UU. che hanno aderito alla seconda opzione interpretativa.

                                                            4 Cassazione penale 10 aprile 2013 n. 30852 sez. II ; Cassazione penale, sez. V, 22/11/2002, n. 43713; Cass. pen., sez. I, 21 giugno 2001 n. 29446; Cass. pen., sez. IV, 18 aprile 2001 n. 20189 5 Cass. Pen. Sez. 1, Sentenza n. 3622 del 11/01/1995 Ud. (dep. 04/04/1995 ) Rv. 201494; Sez. 1, Sentenza n. 9249 del 01/03/2006 Ud. (dep. 16/03/2006 ) Rv. 233581).   6 Cassazione penale, sez. III, 19/06/2007, n. 33822

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Il Massimo Consesso ha evidenziato come, fermo che la scelta del rito abbreviato implica

disposizione di diritti personalissimi, la stessa è di carattere tecnico e ciò comporta la necessità che

l'imputato nell'operarla si consulti con il difensore, nella di lui tipica funzione di assistenza.

Il difensore, poi, nell'espletare tale essenziale compito, ha il dovere di informare l'imputato e di

concordare con lui le possibili strategie processuali, rappresentandogli le implicazioni che ne

derivano.

D’altronde, l'art. 438 c.p.p., nel disciplinare i presupposti del giudizio abbreviato , prevede che la

richiesta “può essere proposta oralmente o per iscritto” (comma 2) e che “la volontà dell'imputato è

espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale” (comma 3): per cui nulla vieta che

l'imputato possa esternare di persona il suo consenso anche con un comportamento concludente.

Insomma, se il silenzio di per sé (ad eccezione del caso in cui sia la legge a stabilirne gli effetti)

costituisce un fattore neutro, esso, unitamente ad altre circostanze, è suscettibile di assumere una

determinata significatività 7.

In definitiva, “la presenza dell'imputato all'udienza ed il fatto che la richiesta concernente il rito

speciale provenga da un soggetto non a lui contrapposto, ma che con lui costituisce la medesima

parte processuale e che è deputato ad agire nel suo interesse, rappresentano elementi idonei a

conferire all'atteggiamento silente dell'assistito portata dimostrativa di una volontà dello stesso nel

senso enunciato dal difensore: il che consente di ricondurre la domanda di quest'ultimo direttamente

all'imputato, nel pieno rispetto della prescrizione legislativa” 8.

***********

La giurisprudenza non richiede particolari requisiti contenutistici alla procura speciale prevista

dall’art. 438 comma 3 c.p. .

Tale procura non prevede formule sacramentali, essendo necessario soltanto che l'imputato

manifesti la chiara e univoca volontà di conferire al difensore l'incarico di richiedere il rito speciale

e che non vi siano dubbi in ordine alla provenienza dal medesimo 9 .

Laddove, proprio facendo seguito a tale approccio, si è affermato che il difensore dell'imputato,

munito di procura speciale per la richiesta di "riti alternativi" non meglio specificati, ha il potere di

                                                            7 si veda in materia l'insegnamento della Cassazione civile: Cass. 25-8-99 n. 8891 Rv. 529439; Cass. 26-2-04 n. 3861 Rv. 570555; .Cass. 16-3-07 n. 6162 Rv. 596701 8 Cass. Sez. UU, Sentenza n. 9977 del 2008 9 Cass. Pen. Sez. II, 19 gennaio 2005, n. 3290, Sedda

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richiedere anche lo svolgimento del giudizio abbreviato cosiddetto "condizionato" , senza che sia

necessaria la pedissequa indicazione in sede di procura dello specifico rito speciale invocato 10 .

*************

Secondo il disposto della norma di cui all’art. 438 comma 3 c.p.p. è solo il procuratore speciale –

oltre al diretto interessato – a poter avanzare la richiesta de qua.

Pertanto, il sostituto del difensore di fiducia, a cui sia stata rilasciata procura speciale per la richiesta

di riti alternativi senza indicazione della facoltà di farsi sostituire per tali specifici incombenti, non è

legittimato a formulare istanza di giudizio abbreviato.

Infatti, l'applicazione dell'art. 102 cod. proc. pen. concerne la sostituzione del difensore nel mandato

alle liti e nella rappresentanza processuale , ma non comporta la possibilità di sostituzione di

quest'ultimo nell'esercizio di quei poteri che, per la natura del particolarissimo atto dispositivo in

vista del quale sono conferiti, si caratterizzano per l' "intuitus personae" ed esulano da quelli tipici

inerenti allo svolgimento del mandato difensivo 11.

Ne deriva che, qualora il sostituto non legittimato avanzi la richiesta, una volta ammesso il rito si

determina la nullità del procedimento, nullità che, se pure assoluta, è di ordine generale e deve,

quindi, essere eccepita nei motivi di appello o, comunque, essere rilevata, anche di ufficio, nel corso

del giudizio di secondo grado 12 .

Stessa nullità si configura in ogni caso di celebrazione del giudizio di primo grado con il rito

abbreviato, malgrado la carenza del consenso dell'imputato, non comparso, ed in assenza della

procura speciale di cui all'art. 438 comma 3 c.p.p. 13.

Par. 3.2) I termini per la richiesta

Nel caso in cui si proceda a seguito di decreto di citazione a giudizio, per l’accesso al rito

dell’abbreviato trova applicazione la generale disposizione di cui all’art. 555, comma 2, c.p.p., che

impone la necessità di formulare la richiesta del rito alternativo “prima della dichiarazione di

apertura del dibattimento”.

                                                            10 Cassazione penale, sez. III, 08/10/2009, n. 44469 11 Cass., Sez. 5, Sent. n. 3703 del 17/11/2011 Ud. (dep. 30/01/2012) Rv. 252943 12 Cassazione penale, sez. II, 18/06/2015, n. 35786; Cassazione penale, sez. II, 01/10/2013, n. 45328 13 Cassazione penale, sez. III, 05/05/2004, n. 26926

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Stesso termine deve osservarsi in caso di rito direttissimo, nel corso del quale l’imputato può

accedere all’abbreviato “subito dopo l’udienza di convalida” ex art. 566 comma 8 c.p.p. ed in ogni

caso “prima della dichiarazione di apertura del dibattimento” ex art. 452 comma 2 c.p.p. .

Si badi che, in sede di direttissimo, quando viene richiesto e concesso termine a difesa, ai sensi

dell’art. 451, comma 6, c.p.p., ciò implica che abbia già avuto luogo l’apertura del dibattimento.

Per l’effetto, una richiesta di abbreviato che pervenga dopo la concessione del termine a difesa

andrebbe considerata tardiva ed inammissibile, in quanto la concessione del termine a difesa , come

si evince dall’art. 451 c.p.p., comma 6, determina a norma di codice che il dibattimento “è

sospeso”, presupponendone l’avvenuta “apertura” e, di riflesso, la maturazione del termine di

decadenza ai fini del rito speciale 14.

Potrebbe rispondere a buona prassi, allora, dare espresso avviso al difensore che la richiesta

del termine a difesa ha questa portata preclusiva, sì da concordare, se ciò risponde ad

interesse della difesa, un rinvio nelle fasi preliminari al dibattimento, onde consentire

all’imputato ancora l’eventuale accesso al rito alternativo.

Par. 3.3) La rinnovazione della richiesta di rito abbreviato condizionato

Prima delle modifiche apportate alla disciplina del giudizio abbreviato dalla legge 16 dicembre

1999, n. 479, in un contesto normativo in cui presupposti per l'instaurazione del rito erano, da un

lato, la richiesta dell'imputato e il consenso del pubblico ministero, dall'altro, una valutazione

positiva del Giudice per le indagini preliminari in ordine alla possibilità di definire il processo allo

stato degli atti, la Corte Costituzionale (sentenza n. 23 del 1992) affermò che l'assenza di qualsiasi

controllo sulla decisione del Giudice contraria all'adozione del rito determinava, in considerazione

delle conseguenze che ne derivavano sul piano sanzionatorio, una irragionevole limitazione del

diritto di difesa dell'imputato.

Ecco che la soluzione per porre rimedio alla violazione dell'art. 24 Cost. venne individuata

attribuendo al Giudice il potere di sindacare, in esito al dibattimento, la precedente decisione del

Giudice per le indagini preliminari e di applicare la riduzione della pena.

Entrata in vigore la nuova disciplina del giudizio abbreviato, che non presuppone più alcuna

valutazione circa la possibilità di definire il processo allo stato degli atti, né il consenso del pubblico

ministero, la Corte ritenne con la sentenza n. 54 del 2002 che una soluzione che ricalcasse

pedissequamente quella indicata dalla sentenza n. 23 del 1992 fosse incongrua rispetto all'attuale

assetto normativo, rilevando, in particolare, che “l'eventuale riesame del provvedimento che nega

                                                            14 Cass. n. 10569 del 1992, rv. 192129; Cassazione penale, sez. IV, 02/03/2010, n. 9204; in senso conforme, Cass., sez. I pen., 22 aprile 2008; 5 maggio 2008 n. 17796; Id., sent. 18 aprile 2001; 18 maggio 2001

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l'accesso al rito condizionato non dovesse più essere necessariamente collocato in esito al

dibattimento”.

Si pervenne così alla sentenza n.169/2003 , con cui si riaffermavano le ragioni che avevano indotto

la Corte, con la sentenza n. 23 del 1992, a dichiarare illegittima la mancata previsione di un

sindacato giurisdizionale sul rigetto della richiesta del rito abbreviato.

Se nel nuovo sistema introdotto dalla L. Carotti la decisione negativa del Giudice per le indagini

preliminari sulla richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria

continuava ad essere era sottratta a qualsiasi forma di sindacato e precludeva in via definitiva

l'ammissione dell'imputato al rito alternativo, non vi era alcun ostacolo – secondo la Corte - a

che, qualora l'imputato avesse riproposto prima dell'apertura del dibattimento la richiesta di

giudizio abbreviato condizionata, fosse lo stesso Giudice del dibattimento, a fronte di un

ingiustificato rigetto della precedente richiesta, a disporre e celebrare il giudizio abbreviato.

Da tanto la declaratoria di incostituzionalità – con pronuncia additiva - degli artt. 438 comma 6 c.p.,

458 comma 2 c .p.p. e 464 comma 1 c.p.p. .

Su tali basi, il Giudice Monocratico del dibattimento può oggi essere investito, oltre che di una

richiesta di abbreviato - avanzata per la prima volta - nei giudizi a citazione diretta e nei giudizi

con rito direttissimo, anche di una “rinnovazione della richiesta di abbreviato condizionato” nei

giudizi provenienti da udienza preliminare e/o da opposizione di decreto penale di condanna, nei

quali il GUP o il GIP abbia rigettato la richiesta del rito.

Ciò posto, il Giudice del dibattimento dovrà verificare che la richiesta di rito abbreviato , rinnovata

dopo il rigetto, sia identica a quella oggetto di valutazione da parte del GUP .

Invero, la facoltà di riproporre, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo

grado, la richiesta de qua presuppone necessariamente che essa non sia mutata nel contenuto

rispetto a quanto dedotto in udienza preliminare o in opposizione a decreto penale.

Ciò in quanto il sindacato richiesto al Giudice del dibattimento deve avere ad oggetto la medesima

richiesta respinta nella precedente fase, mentre in caso di modifiche avrebbe luogo una richiesta di

rito speciale “nuova” , conseguente elusione del termine di decadenza comunque maturato (con la

conclusione della udienza preliminare o con la decorrenza del termine dell’opposizione ex art. 461

c.p.p.) .

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Ecco che la giurisprudenza ha chiarito come , in caso di rinnovazione della richiesta di abbreviato

condizionato nella fasi preliminari al dibattimento, resta preclusa la possibilità di trasformare, per

tale via, la richiesta da condizionata ad incondizionata 15 .

Par. 3.5) Richiesta dopo rigetto patteggiamento

La Suprema Corte ha più volte statuito che giudizio abbreviato e patteggiamento sono istituti

alternativi per cui non è consentita la conversione dell'uno nell'altro 16 .

La differenza di struttura dei due riti, i diversi effetti delle sentenze emesse al loro esito ed il

differente regime di impugnazione cui queste sono sottoposte escludono che possa configurarsi la

convertibilità dell'uno nell'altro.

Nessuna disposizione, peraltro, disciplina la trasformazione dell'uno rito nell'altro, mentre numerose

sono le norme codicistiche che presentano la possibile opzione, in capo all'imputato, in termini di

alternatività.

Ciò posto, l’effetto di “consumazione dell’opzione processuale”, tale per cui scelto un rito speciale

non può accedersi ad altro, non si configura sempre.

Esso si produce in due casi.

Il primo caso riguarda l’avvenuto e definitivo incardinamento del primo rito speciale prescelto , con

conseguente impossibilità della conversione: ciò che si verifica, ad esempio, in caso di ammissione

al rito abbreviato, dopo la quale non può più invocarsi il patteggiamento 17 .

Il secondo riguarda l’avvenuta decorrenza del termine di decadenza processuale previsto dal codice

per l’accesso al diverso rito, una volta operata la prima scelta: evenienza questa che ha luogo

quando, ad esempio, dopo che è stato emesso decreto di giudizio immediato, l’imputato chiede

semplicemente il patteggiamento nel termine decadenziale ex art. 458 c.p.p. , senza riservarsi in

subordine la richiesta di abbreviato, accettando di decadere dalla relativa facoltà e optando

definitivamente solo per il procedimento di cui all’art. 444 c.p.p. 18 .

Al di fuori di tali ipotesi, il principio di alternatività dei riti non opera in pregiudizio dell’imputato.

                                                            15 Cassazione penale, sez. I, 27/04/2011, n. 21219; Cassazione penale, sez. III, 02/12/2010, n. 1851 ; Cassazione penale, sez. I, 29/11/2007, n. 47027; Sez. 1, Sentenza n. 27778 del 19/04/2006, Lombardi, massima n. 234964 ; Cass., Sez. 1, 3 luglio 2007, n. 29115, Pontrelli 16 Cassazione penale, sez. I 25/03/2010 n. 15451 (data dep. 22 aprile 2010); Cass. Pen. Sez. 3^, n. 32234 in data 11.07.2007, Rv. 237023, Lupo; Cass. Pen. Sez. 5^, n. 11945 in data 22.09.1999, De Rosa ed altri 17 Cassazione penale, sez. III, 29/01/2015, n. 21456 18 Cassazione penale, sez. II, 18/11/2014, n. 8997; Cassazione penale, sez. II, 22/12/2009, n. 2765

13  

Se tant’è, davanti al Giudice Monocratico del Dibattimento, investito del processo con decreto di

citazione diretta a giudizio o con rito direttissimo, nessuna norma vieta che l’imputato possa

chiedere il rito abbreviato dopo che, nella fasi preliminari al dibattimento, vi sia stato rigetto di una

sua precedente richiesta di patteggiamento ex at. 444 c.p.p.

Invero, in tal caso, da un lato non è stato definitivamente incardinato il rito inizialmente prescelto ,

tenuto conto del rigetto; dall’altro lato non è elasso il termine decadenziale per accedere al diverso

rito premiale, tenuto conto che si avanza la nuova richiesta sempre nelle fasi preliminari al

dibattimento.

Peraltro, le disposizioni richiamate (artt. 552, 566 e 452 c .p.p.) non contengono il riferimento al

compimento di dette formalità "per la prima volta" (come invece fanno altre disposizioni, il cui

contenuto non può certo essere esteso in malam partem).

Ne deriva che la richiesta di accesso al giudizio abbreviato operata dopo il rigetto di quella di

accesso al patteggiamento, ma pur sempre prima dell'esaurimento delle formalità di apertura del

dibattimento, è da ritenersi tempestiva ed ammissibile 19 .

Par. 3.6) Richiesta parziale

nei processi oggettivamente e soggettivamente cumulativi -

Incompatibilità

La giurisprudenza è concorde nel ritenere che , in caso di processo nei confronti di un solo imputato

per più imputazioni (cd. oggettivamente cumulativo), la richiesta di giudizio abbreviato non possa

essere proposta solo per taluna ma, a pena d'inammissibilità, deve avere riguardo a tutte le

imputazioni.

Invero, si osserva, una richiesta di giudizio abbreviato non riferita alla totalità degli addebiti non è

consentita perché in tal modo il processo non sarebbe definito nella sua interezza, restando così

ingiustificato l'effetto premiale derivante dal rito speciale, previsto dal legislatore per evitare la fase

dibattimentale per ciascun processo e non per ciascun reato.

D’altronde, in questi termini si esprime anche la lettera della norma, visto che l'art. 438 c.p.p. parla

di richiesta di definizione nell'udienza preliminare del «processo» riguardante l'imputato, non di

singoli capi di accusa 20 .

                                                            19 Cassazione penale, sez. II, 08/01/2016, n. 10462 20 Cassazione penale, sez. V, 16/11/2015, n. 11905; Cassazione penale, sez. II, 27/03/2008, n. 20575; Cass. pen., sez. IV, 5 luglio 2006 n. 30096, Cass. pen. n. 12525 del 2001, Cass. pen. n. 380 del 2000, Cass. pen., sez. I, 10 giugno 1999 n. 9142, Cass. pen., sez. I, 10 giugno 1999 n. 9142

14  

Ciò posto, la giurisprudenza ha individuato un solo caso di accoglibilità di richiesta di rito

abbreviato “parziale”, cioè relativa solo ad alcuni dei reati contestati nei confronti di un unico

imputato.

Questo riguarda l’ipotesi in cui l'imputato richieda, per i residui reati, l'applicazione della pena

concordata, atteso che, in tal modo, non viene eluso il fine di deflazione processuale del giudizio

speciale 21 .

In una tale prospettiva, tuttavia, l’ammissibilità della richiesta di abbreviato ad oggetto parziale

dipenderebbe preliminarmente dalla accoglibilità del patteggiamento concordato, posto che, nel

caso in cui quest’ultimo fosse rigettato, si avrebbe una reviviscenza del rito ordinario, con

inevitabile scomposizione impropria del processo (ordinario per taluni reati, abbreviato per altri) e

conseguente perdita della finalità deflattiva perseguita con l’abbreviato.

Dal che, in un caso di tal fatta, apparirebbe preferibile dapprima pronunciarsi sul patteggiamento –

previa separazione dei capi di accusa attinti dall’accordo ex art. 444 c.p.p. – e , solo una volta che si

pronunci sentenza ex art. 444 c.p.p., ammettersi e trattarsi il rito abbreviato per le residue

imputazioni; mentre ove si rigetti la richiesta di patteggiamento, dovrebbe procedersi – essendovi

stata separazione ex art. 18 c.p.p. - alla nuova riunione di tutti i capi di accusa nell’unico originario

procedimento, con successivo (ed inevitabile) rigetto del rito abbreviato parziale e trattazione

secondo il rito ordinario di tutte le imputazioni.

*********

Nell'ipotesi di processo soggettivamente cumulativo, vale a dire a più imputati chiamati a

rispondere ciascuno per uno o più reati, la personalizzazione della responsabilità penale e la

individualità di ogni singola posizione processuale consentono, specie in presenza di differenziate

situazioni probatorie, la separazione dal procedimento principale di quello a carico di imputati

rispetto ai quali, in concorso delle condizioni previste dalla legge, può essere applicato il rito

abbreviato.

Per cui , se in tali processi è addirittura fisiologico che le posizioni dei vari imputati possano

definirsi secondo riti diversi, una volta che uno o più imputati chiedano di accedere al rito

abbreviato ed altri accettino il rito ordinario, il Giudice provvederà a separare le posizioni ex art.

18 c.p.p. e procederà nei confronti degli imputati secondo i diversi modelli procedimentali

prescelti.

La separazione ex art. 18 c.p.p. in queste ipotesi è indefettibile.

                                                            21 Cassazione penale, sez. VI, 05/10/2010, n. 2251; Sez. 5^, 24 ottobre 2000, n. 4511, Torello

15  

Con riguardo alla sua necessità, è stato financo affermato che sarebbe abnorme la sentenza con la

quale contemporaneamente siano giudicati più imputati nei confronti dei quali erano stati adottati

riti diversi, l'uno ordinario e l'altro speciale, in quanto tale possibilità, sebbene non espressamente

vietata da specifiche norme processuali, trova un ostacolo insormontabile nella differente struttura

di ciascuno dei procedimenti previsti dal titolo VI c.p.p. che ne rende incompatibile una gestione

congiunta con quello ordinario 22 .

Diversamente, è stata ritenuta legittima la trattazione cumulativa del rito abbreviato condizionato e

di quello non condizionato richiesti da diversi imputati in un medesimo processo, purché il Giudice

selezioni per ciascun imputato le prove utilizzabili in base alle regole proprie del rito dallo stesso

prescelto 23 . Nella relativa evenienza , il regime di assunzione e utilizzazione delle prove deve

seguire le regole specifiche previste per ciascun rito, non potendo la disciplina del "simultaneus

processus" modificare la disciplina imposta per legge per ogni singolo rapporto processuale.

Sicchè la parte giudicata con rito abbreviato incondizionato non ha diritto né a partecipare

all'assunzione delle prove ammesse in via integrativa nel rito abbreviato condizionato né ad

utilizzare i risultati delle stesse 24 .

***********

Il Giudice, disposta la separazione, verosimilmente definirà più sollecitamente il procedimento per

il quale è stato scelto il rito abbreviato.

Pronunciata sentenza, potranno così profilarsi situazioni di incompatibilità in relazione alle

posizione dei coimputati (magari per medesimo reato) nei cui confronti dovrà espletarsi l’istruttoria

dibattimentale e procedersi con rito ordinario.

Sul punto, è opportuno ricordare – seguendo un espresso dictum della Corte Costituzionale

pronunciatasi sul tema con sentenza n. 371 del 2006 - che il Giudice, il quale abbia definito la

posizione di un coimputato con il giudizio abbreviato, chiamato poi a trattare successivamente

anche la parte del procedimento che è proseguita con il rito ordinario, non è incompatibile ai sensi

dell'art. 34 c.p.p. se, nel decidere la posizione processuale definita con il rito abbreviato, non ha

espresso valutazioni sul merito dell'accusa nei confronti dei coimputati che hanno scelto il

processo massimamente garantito giacché, in tema di incompatibilità, la mera conoscenza da parte

del Giudice del dibattimento degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, senza che vi

                                                            22 Cassazione penale, sez. VI, 25/10/2001, n. 45586 23 Cassazione penale, sez. IV, 18/11/2008, n. 7284 24 Cassazione penale, sez. III, 14/11/2007, n. 4983; Cass. pen. n. 4983 del 2008; Cass. pen., sez. VI, 9 maggio 2005 n. 40984, Cass. pen., sez. I, 26 febbraio 2004 n. 25096, Cass. pen., sez. I, 9 marzo 2004 n. 21376, Cass. pen., sez. I, 7 febbraio 2003 n. 8546, Cass. pen. n. 24711 del 2002

16  

sia poi alcuna valutazione di merito, non rende lo stesso Giudice incompatibile a partecipare al

giudizio.

In siffatti casi, quando il Giudice non si è pronunciato sui fatti oggetto dell'imputazione, non

sussiste alcuna causa di incompatibilità perché la Consulta (con la richiamata pronuncia n. 371 del

1996) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 34 c.p.p., comma 2, limitatamente alla

"parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il

Giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di

altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità

penale sia già stata comunque valutata".

La Corte 25 ha ribadito che le situazioni pregiudizievoli per l'imparzialità del Giudice riconducibili

all'istituto dell'incompatibilità operano all'interno del medesimo procedimento in cui interviene la

funzione pregiudicata e si riferiscono ad atti o funzioni che hanno di per sè effetto pregiudicante, a

prescindere dallo specifico contenuto dell'atto stesso o dalle modalità con cui la funzione è stata

esercitata 26.

Le incompatibilità trovano la loro ratio nell'esigenza obiettiva, attinente alla stessa logica del

processo, di preservare l'autonomia e la distinzione della funzione giudicante, in evidente relazione

all'esigenza di garanzia dell'imparzialità di quest'ultima, rispetto ad attività compiute in gradi e fasi

anteriori del medesimo processo 27 .

Ecco perché anche le valutazioni di merito in ordine alla responsabilità di un terzo non imputato

espresse in una precedente sentenza penale rientrano tra le situazioni di incompatibilità, essendo

idonee a determinare un pregiudizio per l'imparzialità del Giudice chiamato a giudicare il medesimo

soggetto in un diverso procedimento penale.

Se il pregiudizio è insito solo nell'espressione di «precedenti valutazioni sulla responsabilità penale

dell'imputato manifestate dallo stesso Giudice in altre fasi del medesimo processo (e quindi, a

maggior ragione in diverso processo)» , tali da influenzare il successivo giudizio a carico del

medesimo imputato e quindi da ledere il principio del «giusto processo», si è ribadito che , nelle

ipotesi di concorso di persone nel reato, non esiste incompatibilità, rispetto ai concorrenti ancora da

giudicare, del Giudice pronunciatosi in un precedente giudizio sulla responsabilità di alcuni

concorrenti , in quanto la fattispecie concorsuale, pur nella sua naturalistica unitarietà, può essere

                                                            25 Corte Cost. n. 283 del 2000 26 Coste. Cost. n. 308 del 1997 27 Corte Cost. n. 306 del 1997).

17  

scomposta in una pluralità di condotte, tutte autonomamente valutabili con decisioni reciprocamente

indifferenti.

In pratica «alla comunanza dell'imputazione fa necessariamente riscontro una pluralità di condotte

distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, le quali, ai fini del giudizio di responsabilità,

devono formare oggetto di autonome valutazioni sotto il profilo tanto materiale che psicologico, e

ben possono, quindi, sfociare in un accertamento positivo per l'uno e negativo per l'altro»28 .

In definitiva, in ipotesi di concorso eventuale nel reato, il Giudice dell’abbreviato diviene

incompatibile rispetto al processo con rito ordinario sui concorrenti solo allorquando operi una

valutazione “pregiudicante” sulla posizione di questi ultimi.

Nel caso in cui, di contro, non prenda posizione sui coimputati, ben potrà delibare sulle rispettive

responsabilità 29 .

Par. 3.7) Revoca della richiesta e revoca del rito

L’imputato può revocare la richiesta di abbreviato solo a seguito delle contestazioni suppletive del

PM all’esito delle integrazioni probatorie ex art. 438 comma 5 e 441 comma 5 c.p.p. (art. 441 bis

comma 1).

Al di fuori di questa ipotesi, in linea di principio la richiesta di giudizio abbreviato deve

considerarsi revocabile dall'imputato che l'ha presentata solo fino a che non abbia prodotto i propri

effetti e cioè finché non sia stato emesso dal Giudice il provvedimento dispositivo del rito 30 .

La giurisprudenza di legittimità , in assoluta maggioranza, è concorde nel ritenere che l'ordinanza di

revoca del provvedimento di ammissione dell'imputato al rito abbreviato, pronunciata oltre i casi

di cui all'art. 441 bis c.p.p., è provvedimento abnorme che comporta l'abnormità, altresì, di tutti gli

atti conseguenti 31 .

Il principio è stato poi avallato dalle Sezioni Unite 32 secondo cui l'ordinanza di ammissione del

giudizio abbreviato non può essere revocata , salvo che nell'ipotesi espressamente disciplinata

dall'art. 441 bis c.p.p..

                                                            28  in questo senso, si era espressa dapprima C.cost., 22 aprile 1992, n. 186 e poi C.cost., 16 dicembre 1993, n. 439; cfr Cassazione; cfr. Sez. VI, 1° marzo 1995, De Masi 29 Cassazione penale, sez. III, 24/04/2015, n. 33591; Cassazione penale, sez. V, 18/11/2003 30 Cassazione penale, sez. IV, 28/03/2008, n. 19528 31 Cass. Pen. Sez. 3, Sentenza n. 9921 del 12/11/2009 Ud. (dep. 11/03/2010) Rv. 246326 32 SS.UU. sentenza n. 41461 del 19/07/2012 Ud. (dep. 24/10/2012) Rv. 253212

18  

Si è specificato che l'ordinanza di ammissione del rito abbreviato è equiparabile, ai fini della detta

irrevocabilità, al provvedimento previsto dall'art. 458 c.p.p., comma 2 con cui , a seguito della

formalizzazione della richiesta di rito abbreviato da parte dell'interessato, viene fissata con decreto

l'udienza per il rito speciale.

Infatti, la legge disciplina , all'art. 441 bis c.p.p., la richiesta dell'imputato che è di prosecuzione

del processo nelle forme ordinare (con revoca della richiesta di abbreviato) nei limitati ed

eccezionali casi in cui il pubblico ministero abbia potuto procedere a nuove contestazioni: ciò che

rende evidente come la tesi della irrevocabilità della richiesta dell'imputato che abbia già prodotto i

correlati effetti (e cioè quello della fissazione, con decreto, della udienza di trattazione – dopo

decreto di giudizio immediato – ovvero quello della ammissione del rito davanti al Giudice del

dibattimento o dell’U.P.) trova conforto nel rilievo che la regressione della procedura è consentita in

ragione di una comprovata (dal legislatore) esigenza difensiva insorta, senza profili di colpa per

l'agente, successivamente alla prima scelta.

Ragionare diversamente, si afferma, significherebbe affidare all'imputato, potenzialmente spinto da

iniziative improvvide, ingiustificate e dilatorie, l'altalenare della procedura con conseguente

allungamento dei tempi processuali, ciò che non è conforme al principio della ragionevole durata

del processo, soprattutto in considerazione del fatto che non vi sarebbe possibilità di sindacato da

parte del Giudice e la rinuncia potrebbe essere soggetta a revoca ad libitum 33 .

E si badi come la giurisprudenza abbia tenuto a specificare che l'ordinanza di ammissione al

giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria non è revocabile neanche nel caso in

cui la condizione alla quale il rito è stato subordinato si riveli non realizzabile per circostanze

imprevedibili e sopraggiunte, tra cui può essere ricompreso anche il comportamento della parte che

volontariamente ometta di effettuare gli adempimenti necessari all'integrazione probatoria cui aveva

espressamente condizionato la scelta del rito.

Nella relativa ipotesi, si procede con il rito speciale comunque, atteso che il vincolo di

subordinazione insito nella richiesta condizionata è utilmente assolto con l'instaurazione del rito e

con l'ammissione della prova sollecitata dall'imputato 34 .

*************

                                                            33  Cassazione penale, sez. I, 24/09/2015, n. 43711; Cassazione penale, sez. VI, 17/04/2014, n. 17716; Cassazione penale, sez. VI, 08/05/2013, n. 22480; Cassazione penale, sez. VI, 23/09/2010, n. 37022 34 Cassazione penale, sez. un., 19/07/2012, n. 41461 ; Cassazione penale, sez. II, 07/10/2014, n. 43876

19  

La revoca dell'ordinanza di ammissione del giudizio abbreviato può essere eccezionalmente

disposta – al di fuori della ipotesi normata dall’art. 441 bis c.p.p. - soltanto nel caso in cui detta

ordinanza abbia violato norme inderogabili, cioè a dire quando vi sia stata intempestività della

richiesta, perché avanzata una volta decorso il termine di decadenza previsto dal codice 35 o quando

– può ritenersi - emerga una nullità della medesima per difetto di procura speciale del difensore o

difetto di valido consenso dell’imputato (che abbia espresso la volontà personalmente)

successivamente accertato.

La giurisprudenza ha precisato che, allorché sorgano dubbi in ordine alla capacità di intendere e

volere dell’imputato, potendo ciò inficiare quel "consenso" posto alla base del meccanismo ex art.

111, 5° co. , il Giudice può disporre anche d'ufficio accertamenti ex art. 70, essendo la richiesta di

perizia psichiatrica per l'accertamento di eventuali vizi di mente totali o parziali non inconciliabile

con il giudizio abbreviato, che presuppone la piena capacità di intendere e di volere 36 .

Par. 4) Rito Abbreviato “Puro, secco o incondizionato o ordinario”

Nel rito abbreviato secco , cui fa riferimento il 4° co. dell’art. 438 c.p.p. , il Giudice non ha il potere

di rigettare la richiesta di accesso al giudizio premiale che provenga dall'imputato .

La richiesta, ove rispettosa dei requisiti formali (richiesta personale o a mezzo di valida procura

speciale, contenuto tipico e non “parziale” sul piano oggettivo) e temporali (rispetto dei termini di

decadenza) , costituisce presupposto necessario e sufficiente per l'ammissione del rito: né il

Giudice né il P.M. possono in alcun modo impedire che egli realizzi il proprio diritto di essere

giudicato secondo questo modulo processuale.

Va ribadito che la riforma attuata dalla l. n. 479 del 1999 ha configurato, in caso di richiesta

incondizionata da parte dell'imputato, l’ordinanza ammissiva quale atto dovuto del Giudice (art.

438 comma 4 c.p.p.), modificando, al contempo l'"aspettativa" in un "diritto" alla instaurazione del

rito medesimo.

Par. 4.1) Rigetto irrituale del rito abbreviato puro

La giurisprudenza appare divisa su quali siano le conseguenze nel caso in cui il Giudice, nonostante

l’obbligo di ammissione, si determini nel senso di rifiutare il rito abbreviato secco.

Secondo l'orientamento maggioritario, un tale provvedimento – come quando il Giudice rigetti la

richiesta ex art. 438, 1° co. rilevando ad esempio che lo stato degli atti impone una integrazione

                                                            35 Cassazione penale, sez. II, 09/03/2007, n. 12954 36 Cass. Pen., Sez. IV, 12.4.2005, M., in Mass. Uff., 232096

20  

probatoria incompatibile con le finalità di economia processuale proprie del rito - sarebbe abnorme 37.

In particolare, l'ordinanza , eludendo un diritto processuale, non soltanto sarebbe invalida, tale

cioè da determinare l'invalidità conseguente degli atti successivamente compiuti e la regressione del

procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l'atto nullo (art. 185 c.p.p.) , ma abnorme,

in quanto, determinando il passaggio di fase, confligge con la struttura stessa del sistema di giudizio

abbreviato, come modificato dalla legge n. 479 del 1999, e sarebbe come tale immediatamente

ricorribile in Cassazione 38 .

Secondo un diverso indirizzo il provvedimento di diniego del giudizio abbreviato semplice sarebbe

illegittimo ma non abnorme, atteso che lo stesso non si collocherebbe per singolarità e stranezza del

suo contenuto al di fuori dell'ordinamento processuale né determinerebbe l'impossibilità di

prosecuzione del processo potendo l'istanza essere riproposta fino a che non siano formulate le

conclusioni 39 .

Si è anche ritenuto che la erronea decisione di rigetto non determina alcuna nullità, legittimando

piuttosto l'interessato a riproporre la richiesta nelle successive fasi processuali 40 .

********

La giurisprudenza è divisa anche con riguardo alla competenza sulla trattazione del rito nel caso in

cui al Giudice del dibattimento pervenga nuova richiesta di rito abbreviato “secco” dopo irrituale

rigetto da parte del GUP/GIP.

Appare preferibile ritenere che il procedimento, a fronte della compiuta abnormità o illegittimità,

vada nuovamente rimesso al GUP/GIP per la celebrazione del rito abbreviato, soccorrendo un

profilo di competenza funzionale.

Sotto tale profilo, costituendo provvedimento abnorme l'ordinanza con cui il Giudice dell'udienza

preliminare rigetti la richiesta incondizionata di ammissione al rito avanzata dalla difesa, posto

l’obbligo per il Giudice di procedere nei termini richiesti , dopo la modifica apportata all'art. 438

c.p.p. dalla l. 16 dicembre 1999 n. 479 , il conflitto di competenza insorto fra Giudice dell'udienza

                                                            37 C., Sez. I, 11.12.2000, Litrico, in FI, 2001, II, 204; nel senso dell'abnormità cfr., altresì, tra le altre, C., Sez. I, 7.10.2004, R., in Mass. Uff., 230057; C., Sez. I, 15.6.2004; C., Sez. I, 2.4.2004, confl. comp. in c. P., in Mass. Uff., 228198; più di recente, C., Sez. I, 18.11.2008, n. 399, in CED Cassazione, n. 242871 38 Cassazione penale, sez. I, 25/06/2001 39  Cass. Pen., Sez. VI, 20.9.2002, Putignano, in Mass. Uff., 222428; C., Sez., I, 13.10.2000, Mangani, in Mass. Uff., 218113 40 C., Sez. IV, 19.6.2006, n. 12222, in CED Cassazione, 236184

21  

preliminare e Giudice del dibattimento a cui è stata nuovamente avanzata la richiesta di abbreviato

è stato già risolto a favore del primo 41 .

Nondimeno, secondo altra parte della giurisprudenza, dovrebbero applicarsi gli stessi criteri di

competenza valevoli per l’ipotesi dell’illegittimo rigetto dell’ abbreviato condizionato , con

successiva rinnovazione della richiesta in dibattimento.

Si è così affermato che il Giudice dibattimentale successivamente investito non può declinare la

propria competenza funzionale sul rilievo della illegittimità della decisione del G.U.P. o GIP di

inammissibilità dell'istanza dell'imputato, potendo solo, eventualmente, applicare la prescritta

riduzione di pena all'esito del giudizio 42 .

Tale orientamento non appare condivisibile per più ragioni.

In primis esso , prevedendo la sola applicazione della riduzione di pena, imporrebbe al Giudice del

dibattimento la trattazione dell’intero dibattimento e non dell’abbreviato pur richiesto , in

violazione dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del procedimento .

In secundis, esso sembra scaricare sulla sede dibattimentale la trattazione di un rito abbreviato che

è di pertinenza del GIP/GUP secondo lo schema codicistico , e ciò al di fuori di qualsiasi norma

attributiva della competenza funzionale.

In tertiis, l’orientamento oblitera il dato che, in tema di giudizio abbreviato "di tipo semplice", non è

previsto, in caso di rigetto della relativa richiesta, che l'imputato possa rinnovare la stessa davanti al

Giudice prima dell'apertura del dibattimento e che il Giudice possa disporre in conseguenza la

riduzione per il rito: infatti , la sentenza della Corte cost. n. 169 del 2003, di illegittimità dell'art.

438 c.p.p., è stata pronunciata – si badi bene – solo con riferimento al giudizio abbreviato

condizionato e non è certo estensibile al diverso caso di diniego, non consentito dall'attuale assetto

del rito, del giudizio abbreviato semplice 43 .

Par. 4.2) Abbreviato secco e nuovi documenti

In ordine alla producibilità di documenti in sede di rito abbreviato secco esiste un contrasto di

giurisprudenza.

Secondo un orientamento più restrittivo, il rito abbreviato "ordinario" disciplinato dall'art. 438

c.p.p., comma 1 è di per sè caratterizzato dalla fisiologica incompatibilità dello stesso con richieste

di ammissione di mezzi di prova, sia orali che documentali.

                                                            41 Cassazione penale, sez. I, 02/07/2001, n. 30276 42 Cassazione penale, sez. I 23/11/2012 n. 47960 (data dep. 11 dicembre 2012); C., Sez. I, 30.10.2008, n. 47021, in CED Cassazione, 242059 43 Cassazione penale, sez. I, 24/10/2012, n. 44539

22  

Sotto tale profilo . viene ricordato come in tal caso il processo venga definito, secondo la testuale

espressione della norma, "allo stato degli atti" e solo nel caso del comma 5 , richiamato dal comma

1 come un'evidente eccezione rispetto a tale definibilità allo stato degli atti, è consentita la richiesta

di una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione cui il rito stesso viene condizionato.

Ne consegue che, una volta richiesto e disposto il rito speciale nella configurazione "secca" del

comma 1, nessuna prova, documentale od orale, può essere acquisita 44 .

Laddove – si è ritenuto - il quadro probatorio non è suscettibile di modificazioni anche con

riferimento agli aspetti relativi alle circostanze attenuanti, per il riconoscimento delle quali non è

possibile procedere ad ulteriori acquisizioni probatorie, quand’anche di tipo documentale 45 .

Altro orientamento è meno rigoroso.

Esso propugna la possibilità di acquisizione di prove documentali nonostante la fisionomia del rito

abbreviato puro 46 .

Ciò con taluni limiti.

Trattandosi di un giudizio allo stato degli atti, si ritiene, l’ulteriore produzione non deve

radicalmente modificare il compendio di indagine sulla cui base il Giudice deve pervenire a

sentenza.

Il divieto di ulteriori acquisizioni probatorie riguarderebbe, perciò, solo le prove concernenti la

ricostruzione storica del fatto e l'attribuibilità del reato all'imputato, ma non i documenti riguardanti

sia l'accertamento di responsabilità, sia l'accertamento di presupposti e condizioni di applicabilità di

attenuanti e benefici.

Tanto si desumerebbe dall'art. 421 c.p.p., comma 3 (richiamato dall’art. 441 comma 1 c.p.p.), il

quale dispone che il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni

utilizzando, oltre agli atti contenuti nel fascicolo trasmesso a norma dell'art. 416 c.p.p., comma 2,

anche "gli atti e i documenti ammessi dal Giudice prima dell'inizio della discussione 47 .

Ne deriva che l'istanza delle parti volta ad acquisire atti e documenti, ai sensi dell'art. 421, comma

3, c.p.p., formulata contestualmente alla richiesta di rito abbreviato c.d. “secco”, essendo

                                                            44  Cass. Pena Sez. 4, Sentenza n. 51950 del 15/11/2016 Ud. (dep. 06/12/2016 ) Rv. 268694; Cassazione penale, sez. III 28/11/2013 n. 5457 (data dep. 04 febbraio 2014) 45 Cassazione penale, sez. IV 20/11/2012 n. 6969 (data dep. 12 febbraio 2013); Cass. Sez. 6, Sentenza n. 11462 del 12/06/1997 Ud. (dep. 15/12/1997) Rv. 209696; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 45806 del 08/10/2008Ud. (dep. 11/12/2008) Rv. 241766 46 Cassazione penale, sez. II, 02/02/2010, n. 8527 47 Cass. Sez. 2 sent. n. 4014 del 2.10.1992 dep. 27.4.1993 rv 195013 -fattispecie in tema di prova documentale dell'avvenuto risarcimento dei danni

23  

compatibile con il predetto rito nei termini esplicati, non determina la trasformazione della predetta

richiesta da incondizionata a condizionata 48, dovendo andare accolta se rispettosa dei parametri

sopra indicati .

Si tenga presente, in ogni caso, che secondo la Suprema Corte i pareri espressi dai consulenti di

parte non integrano “documenti ”, ma sono riconducibili alla nozione di memoria scritta a norma

degli artt. 233 e 121 c.p.p. , suscettibile di essere letta in udienza ed utilizzata ai fini della decisione

anche in mancanza del previo esame del consulente 49 .

Per l’effetto, tali pareri dovranno sempre essere acquisiti , in applicazione dell’art. 121 c.p.p. , a

tenore del quale le parti e i difensori possono presentare al Giudice memorie o richieste scritte,

mediante deposito nella cancelleria, "in ogni stato e grado del procedimento", trattandosi di facoltà

che vale in via generale.

Par. 5) Rito abbreviato condizionato

Par. 5.1) Parametri di ammissibilità

Ai sensi dell’art. 438 comma 5 c.p.p. l'imputato può chiedere che il processo sia definito allo stato

degli atti, con utilizzabilità a fini di prova degli atti indicati nell'art. 442, 1° co. bis, subordinando

però la richiesta di giudizio abbreviato ad una integrazione probatoria che reputa necessaria ai fini

della decisione.

La subordinazione della richiesta al compimento di attività di integrazione probatoria preclude

l'automatica instaurazione del rito, innestando il controllo del Giudice sulla ammissibilità di tale

integrazione, dipendente dalla verifica della sua effettiva “necessità” e della sua “compatibilità con

le finalità di economia processuale proprie del giudizio” .

Necessità

Il concetto di ‘integrazione’ ex art. 438 comma 5 c.p.. svolge una funzione selettiva richiamando il

dovere del Giudice di verificare immediatamente la accoglibilità della richiesta in ragione del

profilo di “necessità” dell’attività istruttoria che ne costituisce l’oggetto .

Giova premettere che all’imputato che ha scelto il giudizio abbreviato non è riconosciuto il diritto

di svolgere in questo ambito un programma probatorio di ampiezza e contenuto paragonabili a

quello che potrebbe realizzare nell’istruttoria dibattimentale.

Il rito abbreviato implica per definizione l’accettazione dell’imputato di essere giudicato ‘allo stato

degli atti’, tanto che il quinto comma fa precedere la previsione dell’opzione condizionata

dall’inciso ‘ferma restando la utilizzabilità ai fini della prova degli atti indicati nell’articolo 442 co.

                                                            48 Cassazione penale, sez. V, 09/09/2015, n. 41174 49  Cass. pen.:, Sez. 6, n. 3500 del 23/09/2008 dep. 2009; Sez. 3, n. 21018/2014

24  

1 bis’, degli atti cioè che costituiscono l’ordinaria base cognitiva del giudizio abbreviato e che si

identificano in quelli contenuti nel fascicolo delle indagini allegato alla richiesta di rinvio a giudizio

del p.m., nell’incarto relativo alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a

giudizio, nelle prove assunte nel corso dell’udienza preliminare ai sensi degli artt. 421 co. 3, 421

bis, 422 c.p.p. .

Rispetto a questo materiale, del quale la richiesta condizionata del rito lascia impregiudicata

l’utilizzazione, dev’essere ‘necessario’ il contenuto dedotto nella domanda istruttoria.

In ordine al requisito della “necessità”, allora, è stato affermato da varie pronunce della Suprema

Corte che la sua sussistenza non è condizionata alla complessità od alla lunghezza dei tempi

dell'accertamento probatorio, né si identifica con l'assoluta impossibilità di decidere o con

l'incertezza della prova, ma presuppone, da un lato, l'incompletezza di un'informazione probatoria

in atti, e, dall'altro, una prognosi di positivo completamento del materiale a disposizione per il

tramite dell'attività integrativa, con idoneità del probabile risultato dell'attività istruttoria ad

assicurare il completo accertamento dei fatti del giudizio 50 .

Deve ritenersi "necessaria" soltanto la prova indispensabile a garantire al Giudice che un qualunque

aspetto della regiudicanda non rimanga privo di un solido e decisivo supporto logico-valutativo, non

risultando dunque sufficiente una generica rilevanza della prova nella prospettiva difensiva

dell'imputato .

Per l’effetto, è legittimo il provvedimento di rigetto della richiesta condizionata qualora non sia

finalizzata al necessario e oggettivo completamento degli elementi informativi in atti, ma tenda

esclusivamente alla valorizzazione degli elementi favorevoli alla impostazione difensiva 51 .

In particolare, è stato ritenuto legittimo il provvedimento di rigetto della richiesta di giudizio

abbreviato, subordinata ad una integrazione probatoria, quando detta integrazione , più che avere le

finalità sopra indicate, mirasse esclusivamente alla valorizzazione degli elementi favorevoli

all'impostazione difensiva 52 .

                                                            50  Cassazione penale, sez. V, 14/11/2013, n. 600; Cassazione penale, sez. VI, 23/01/2009, n. 11558;Cassazione penale, sez. II, 14/01/2009, n. 5229 ; Cassazione penale, sez. II, 18/10/2007, n. 43329 51 C., Sez. II, 8.4.2008, n. 19645, in CED Cassazione, 240407 52 Fattispecie in cui la richiesta di integrazione probatoria era volta a confermare l'assunto difensivo attraverso una nuova escussione di un testimone, che già aveva reso un'esauriente deposizione su tutti gli aspetti della vicenda, Cassazione penale, sez. II, 08/04/2008, n. 19645

25  

Né è consentito che la prova miri a sostituire il materiale già raccolto ed utilizzabile, dovendo

semplicemente ”integrarlo” secondo il lemma “integrazione” impiegato dal codice 53 .

D’altronde, a decorrere dalla sentenza delle S.U. 27 ottobre 2004, Wajib si è assimilato il potere del

Giudice di ammettere la richiesta condizionata dell’imputato a quello di disporre un’istruttoria

d’ufficio, individuandoli entrambi come meccanismi tesi a “completare una piattaforma probatoria

inadeguata” e a “superare lo scoglio dell’indecidibilità conseguente all’insufficienza o

incompletezza delle indagini preliminari”.

Su tali basi, va da sé che nella richiesta di rito abbreviato condizionato si dovranno specificare in

termini analitici il mezzo istruttorio e il suo oggetto, non potendocisi limitare ad allegare una

generica attinenza della prova al thema decidendum ovvero ad indicare, a sostegno della

richiesta , evanescenti esiti agognati per il tramite dell’integrazione.

Qualora la richiesta abbia ad oggetto una testimonianza, graverà sull’imputato l’onere, oltre

che di indicare la fonte , di individuare le circostanze di fatto sulle quali dovrà svolgersi

l’audizione.

Tale oneri – pur privi di una specifica base normativa - sono desumibili dalla ratio

dell’istituto, essendo indispensabili onde consentire al Giudice di vagliare la reale necessità

dell’integrazione e la relativa attitudine a costituire effettivamente un completamento

ineludibile della piattaforma di indagine.

Non a caso, la Suprema Corte ha già affermato che la richiesta di giudizio abbreviato condizionata

ad un'integrazione probatoria, il cui oggetto sia la reiterazione dell'esame di una persona che ha già

reso dichiarazioni, deve indicare, a pena di improponibilità, i temi da integrare e specificare i fatti e

le circostanze, diversi da quelli già oggetto di dichiarazioni, che necessitano di approfondimento 54 .

Ed è evidente come gli oneri specificativi in esame siano più stingenti in ragione della stessa natura

del rito “a prova contratta” , stigmatizzando tutta la differenza tra la valutazione del Giudice

dell’abbreviato ai sensi del comma 5 dell’art. 438 c.p.p. e quella cui è chiamato il Giudice del

dibattimento ai sensi dell'art. 190 del codice di rito , ai fini dell'ammissione della prova nel giudizio

ordinario, in quanto per quest’ultimo non opererà di certo il parametro della necessità e tenuto

conto che il diritto alla prova in capo alle parti in sede dibattimentale postula un obbligo –

inesistente in sede di abbreviato condizionato - di ammettere tutte le prove richieste, ad esclusione

di quelle vietate dalla legge o manifestamente superflue od irrilevanti 55 .

                                                            53 Cassazione penale, sez. IV, 18/06/2013, n. 39492 54 Cassazione penale, sez. I, 25/03/2010, n. 29669 55 Cassazione penale, sez. V, 01/07/2002, n. 32363

26  

Compatibilità con le finalità di economia processuale

Il Giudice dovrà poi valutare la compatibilità dell’integrazione probatoria richiesta con le ragioni di

economia processuale tipiche del rito.

Sotto questo profilo, sarà oggetto di apprezzamento la complessità qualitativa e quantitativa non

solo delle prove richieste dell'imputato, ma anche di quelle a controprova che, presumibilmente, il

p.m. sarà indotto a chiedere.

Mentre potrà non tenersi conto delle prove che il Giudice stesso potrebbe decidere di assumere ai

sensi dell'art. 441, comma 5, c.p.p., trattandosi di una complicazione istruttoria meramente

eventuale, non pronosticabile al momento della decisione sull'ammissibilità del giudizio abbreviato

e dipendente non dalle richieste probatorie dell'imputato, ma dall'esito delle prove assunte 56 .

La compatibilità con le finalità del rito costituisce nondimeno un requisito a carattere relativo, in

quanto discendente dal suo necessario relazionarsi non solo ai tempi di assunzione della prova

proposta, crescenti in proporzione alla complessità qualitativa e quantitativa dell’integrazione, ma

anche all'effetto di complessiva semplificazione della forma prescelta rispetto all'alternativa

istruttoria dibattimentale per quello specifico procedimento, non potendosi non considerare il

minor dispendio di tempo ed energie nel caso di celebrazione del rito ordinario 57 .

Si vuole dire che una integrazione probatoria incompatibile con le ragioni di speditezza del rito per

un processo (magari semplice) può non esserlo per un altro molto più complesso, laddove in questa

ultima ipotesi il risparmio di energie processuali ottenuto con l’immediata utilizzazione di tutti gli

(articolati e numerosi) atti di indagine può essere di gran lunga più significativo del tempo pur

richiesto per l’invocata integrazione, sì da far ritenere ammissibile il rito condizionato.

Ecco che la valutazione andrà operata caso per caso e calata nel contesto della specifica vicenda

processuale.

Sotto altro profilo, la giurisprudenza ha chiarito che la compatibilità de qua va valutata con

riferimento alla situazione esistente al momento della richiesta del rito e non ex post, in base ai

tempi, particolarmente celeri, del dibattimento eventualmente tenutosi a seguito del rigetto della

stessa 58 .

Per cui , in applicazione di tali postulati:

                                                                                                                                                                                                      56  Cassazione penale, sez. I, 26/11/2008, n. 5942; altresì, Sez. III, 21 ottobre 2004, n. 219, in C.E.D. Cass., n. 230915 57 in questi termini C. Cost., 7.5.2001, n. 115, cit.. 58 Cass. Pen. Sez. III, 13 gennaio 2011, n. 7961, in C.E.D. Cass., n. 249387).

27  

- è stato ritenuto legittimo il provvedimento di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato,

subordinata ad una integrazione probatoria, quando detta integrazione non sia finalizzata al

necessario ed oggettivo completamento degli elementi informativi in atti, insufficienti per la

decisione, ma miri esclusivamente alla sostituzione del materiale già raccolto ed utilizzabile,

così da ottenere un vero e proprio dibattimento dinnanzi al Giudice dell’abbreviato , in

contrasto con gli obiettivi di speditezza e semplificazione perseguito dal rito alternativo 59 ;

- è stato ritenuto legittimo il diniego di accesso al rito abbreviato condizionato all'esame di un

numero talmente elevato (nella specie, sette) di testimoni da rendere il rito speciale

incompatibile con le esigenze di economia processuale ed addirittura "diseconomico"

rispetto alla durata ragionevolmente prevedibile del giudizio celebrato nelle forme ordinarie 60;

- è stato ritenuto legittimo il rigetto di richiesta di accesso al rito abbreviato condizionata

all'esame di un collaboratore di giustizia, la cui audizione doveva riferirsi ad una quantità

rilevante di vicende coinvolgenti una pluralità di soggetti, in quanto l'integrazione probatoria

demandata era tale da rendere il giudizio nuovamente incompatibile con le esigenze di

economia processuale proprie del procedimento speciale 61 .

Par. 5.2) Decisione vincolata alla richiesta della parte

La giurisprudenza della Suprema Corte è concorde nell’affermare che, quando è presentata richiesta

di giudizio abbreviato condizionato, al Giudice è demandato il controllo sulla fondatezza della

domanda al fine di verificare se l'integrazione probatoria sia necessaria e compatibile con le finalità

di economia processuale del rito, ma, all'esito di tale controllo, non gli è riconosciuta soluzione

diversa dall'accoglimento o dal rigetto dell'istanza.

Per l’effetto, sarebbe viziata dalla nullità di cui agli art. 178, lett. c) e 180 c.p.p. la decisione del

Giudice, che, investito di una istanza di abbreviato condizionato, ammettesse soltanto il

supplemento istruttorio reputato sufficiente, ovvero, sul presupposto che l'integrazione probatoria

richiesta sia errata, impossibile o inesistente giuridicamente, il rito abbreviato semplice 62 .

Parimenti, al Giudice non è dato riqualificare la richiesta.

                                                            59 Cassazione penale, sez. VI, 29/01/2009, n. 8738 60 Cassazione penale, sez. III, 17/05/2012, n. 28141 61 Cassazione penale, sez. III, 23/10/2014, n. 6175 62  Cassazione penale, sez. II, 13/02/2014, n. 19619; Cassazione penale, sez. VI, 23/10/2008, n. 42696

28  

Infatti è abnorme l'ordinanza con la quale il Giudice , investito di una richiesta di rito abbreviato

condizionata alla dichiarazione di inutilizzabilità di un atto allegato al fascicolo per il dibattimento,

sulla scorta del rilievo che la richiesta è irrituale perché non subordinata ad una integrazione

istruttoria, ammetta l'imputato al rito abbreviato non condizionato.

In tal caso la Suprema Corte ha precisato che la richiesta deve essere rigettata "in toto", non potendo

il Giudice sostituirsi alla parte 63 .

Secondo la stessa logica, rimanendo il Giudice legato al programma istruttorio indicato nella

richiesta di abbreviato condizionato, una volta ammesso il rito non è dato al Giudice di revocare

unilateralmente l'assunzione di una delle prove richieste, reputandola superflua, dandosi luogo

altrimenti ad una nullità di carattere generale , che resta sanata se ricorrono le condizioni di cui

all'art. 183 c.p.p. 64 .

Par. 5.3) Sindacato e controllo sul rigetto della richiesta

Una volta che il GUP o il GIP rigetti la richiesta di giudizio abbreviato condizionato, l’imputato

può rinnovare la richiesta davanti al Giudice del dibattimento (cfr Corte Cost. 169/2003 supra).

La rinnovazione della richiesta è il presupposto indispensabile per ottenere un sindacato da parte

del Giudice del dibattimento (e successivamente dell’impugnazione) in ordine al rigetto.

La mancata riproposizione, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, della richiesta di

giudizio abbreviato condizionato , già respinta dal Giudice dell'udienza preliminare, preclude

l'attivazione del meccanismo del sindacato sul provvedimento reiettivo e dell'eventuale

riconoscimento del diritto alla riduzione della pena 65 .

Ciò posto, l'orientamento giurisprudenziale maggioritario precisa che la facoltà di riproporre in

dibattimento, in limine litis, la richiesta di ammissione al rito abbreviato condizionato presuppone

necessariamente che essa non sia mutata nel contenuto 66 .

Tanto è diretta conseguenza dell’intervenuta decadenza ormai maturata (udienza preliminare), tale

per cui non è possibile avanzate richieste “nuove” di riti speciali .

Ecco che è impossibile trasformare, in tale situazione, il tipo di richiesta originariamente presentata,

magari modificando l’integrazione probatoria addotta o trasformando il rito da condizionato a

incondizionato.

                                                            63 Cassazione penale, sez. IV, 26/05/2011, n. 21803 64 Cassazione penale, sez. V, 12/12/2005, n. 6772; nel senso della abnormità della revoca Sez. I, 11 marzo 2004, Pawlak, in C.E.D. Cass., n. 228652 65 Cassazione penale, sez. III, 07/05/2009, n. 25983; Cassazione penale, sez. I, 13/01/2005, n. 3003 66 Cass. Pen . Sez. I, 27 aprile 2011, n. 21219, in C.E.D. Cass., n. 250232; Sez. III, 2 dicembre 2010, n. 1851,ivi, n. 249054; Sez. I, 19 aprile 2006, n. 27778

29  

L'istanza deve essere proposta esattamente negli stessi termini in cui era stata originariamente

avanzata, non essendo consentito modificare in alcun modo la condizione, neanche al fine di

renderla meno gravosa 67.

Una volta che allora l’imputato rinnovi l’identica richiesta di abbreviato condizionato , il Giudice

del dibattimento deve valutare la legittimità del precedente rigetto del GUP/GIP verificando, alla

luce della prospettazione operata dal richiedente, la ricorrenza del requisito di necessità e decisività

della prova richiesta, secondo una valutazione "ex ante" in considerazione della situazione esistente

al momento della valutazione negativa, nonché del requisito della compatibilità alle finalità del

rito68.

All’esito, potrà andare di contrario avviso rispetto al GUP ed ammettere il rito.

Ovvero potrà confermare il rigetto.

In questo ultimo caso, il Giudice del dibattimento non avrà esaurito il suo compito di garante della

legalità della pena irrogata.

Egli continuerà fino all'esito del dibattimento ad effettuare una verifica sulla legittimità del rigetto

(anche proprio) della richiesta di giudizio abbreviato condizionato , essendo tenuto ad applicare la

diminuente prevista per il rito anche se tale rigetto si riveli, alla fine , non fondato 69 .

In sostanza, il Giudice dibattimentale che abbia respinto "in limine litis" la richiesta di accesso al

rito abbreviato - "rinnovata" dopo il precedente rigetto del GIP ovvero proposta per la prima volta,

in caso di giudizio direttissimo o per citazione diretta - deve applicare anche d'ufficio la riduzione di

un terzo prevista dall'art. 442 c.p.p., se riconosca pure alla luce dell'istruttoria espletata che quel rito

si sarebbe dovuto invece celebrare 70 .

                                                            67 Cassazione penale, sez. II, 17/10/2014, n. 47409; Cass. pen. n. 21219 del 2011, Cass. pen. n. 1851 del 2010, Cass. pen. n. 27778 del 2006 68  Cassazione penale, sez. IV, 14/01/2016, n. 3624 ; Cassazione penale, sez. II, 06/12/2013, n. 51817 69 Cassazione penale, sez. fer., 20/08/2015, n. 38877; in senso conforme: Cass. Pen., sez. 04, del 05/06/2007, n. 37587 ; Cass. Pen., sez. 02, del 15/01/2013, n. 18745 ; Sezioni Unite Cass. Pen., sez. UU, del 27/10/2004, n. 44711 70  In applicazione del principio, la Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza con la quale la Corte territoriale aveva negato la riduzione per il rito, benché l'attività istruttoria espletata nel corso del dibattimento avesse coinciso con quella alla quale l'imputato aveva condizionato la richiesta di accedere al rito alternativo, avendo le parti prestato il consenso all'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di tutti i restanti atti di indagine; sul tema concordi Cassazione penale, sez. II, 15/01/2013, n. 18745; Cassazione penale 04 febbraio 2016 n. 8097 sez. II ; Cassazione penale 14 gennaio 2016 n. 3624 sez. IV ; Cassazione penale 20 agosto 2015 n. 38877 sez. fer. ; Cassazione penale 09 dicembre 2014 n. 15860 sez. I ; Cassazione penale 05 novembre 2013 n. 2193 sez. II ; Cassazione penale, sez. un., 27/10/2004, n. 44711

30  

Ciò in quanto il rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata dall'imputato

all'assunzione di prove integrative, quando deliberato sull'erroneo presupposto che si tratti di prove

non necessarie ai fini della decisione, inficia la legalità del procedimento di quantificazione della

pena da infliggere qualora si pervenga, in esito al dibattimento, ad una sentenza di condanna.

Peraltro, in tal caso, nulla osta alla piena utilizzabilità di tutte le prove assunte nel giudizio

ordinario.

Infatti, anche quando all'esito del dibattimento , ritenendosi erronea una precedente declaratoria di

inammissibilità o di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato, si riconosca all'imputato il diritto

ad ottenere la riduzione della pena ex art. 442 c.p.p., il Giudice può legittimamente utilizzare le

prove frattanto acquisite in dibattimento , in quanto “il riconoscimento della riduzione ex art. 442

c.p.p. all'esito del dibattimento non ha come effetto di far regredire il processo, affinché si svolga

nelle forme camerali del rito speciale” 71 .

Sotto tale profilo, è stata ritenuta illegittima la decisione del Giudice che, al termine del giudizio di

primo grado o del successivo giudizio di impugnazione, espressamente richiesto dall'imputato, nega

la riduzione della pena derivante dalla mancata instaurazione del rito abbreviato condizionato

all'espletamento di una perizia finalizzata all'accertamento dell'incapacità di intendere e di volere,

laddove quello stesso Giudice, sulla base degli elementi di prova utilizzabili, riconosca in sentenza

la configurabilità del vizio parziale di mente 72 .

Par. 6) Rito abbreviato ed effetto sanante sulle nullità , inutilizzabilità ed incompetenza

territoriale – Caratteri , limiti e casistica

La scelta del rito abbreviato ha una intrinseca capacità sanante in relazione agli atti del

procedimento.

Se esso integra un procedimento "a prova contratta" alla cui base vi è la personale volontà

dell’imputato, a mezzo del quale si accetta “lo stato degli atti” nonché una definizione del giudizio

alla stregua degli atti d'indagine (o dell’udienza preliminare) già acquisiti , il rito per sua natura

implica:

- la sanatoria di eventuali nullità (non assolute) procedimentali;

- l’attribuzione agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari o dell’udienza

preliminare di un valore probatorio pieno , valore di cui essi sono normalmente sprovvisti

in sede dibattimentale .

                                                                                                                                                                                                      71 Cassazione penale, sez. VI, 15/03/2013, n. 14454 72 Cassazione penale, sez. VI, 16/04/2014, n. 17687

31  

È evidente, tuttavia, che il negozio processuale di tipo abdicativo avente ad oggetto la scelta del rito

può avere ad oggetto esclusivamente i poteri che rientrano nella sfera di disponibilità degli

interessati, restando esso privo di negativa incidenza sul potere - dovere del Giudice di essere

anche in questo ambito speciale garante della legalità del procedimento .

Per questo, con riguardo al regime della utilizzabilità degli atti probatori, il rito abbreviato sana ed

elide :

- l'inutilizzabilità cosiddetta "fisiologica" della prova, funzionale cioè ai peculiari connotati

del processo accusatorio , in forza dei quali il Giudice non può utilizzare ai fini della

deliberazione prove, pure assunte secundum legem, ma diverse da quelle legittimamente

acquisite nel dibattimento secondo l'articolo 526 Cpp, con i correlati divieti di lettura di cui

all'articolo 514; in tal caso il “vizio – sanzione” dell'atto probatorio è neutralizzato dalla

stessa scelta negoziale, capace di far assurgere a dignità di prova gli atti d'indagine compiuti

senza le forme del contraddittorio dibattimentale;

- l'inutilizzabilità cosiddetta "relativa" della prova, cioè quella stabilita dal legislatore in via

esclusiva "nel dibattimento", laddove, venendo meno la fase dibattimentale, per effetto

della volontà dell’imputato a favore del giudizio abbreviato, gli atti di prova che non

avrebbero potuto fare ingresso nel dibattimento esplicheranno tutta la loro capacità

dimostrativa ai fini della sentenza73 .

Parimenti, con riguardo al regime delle nullità, l’abbreviato sana tutte le nullità (non assolute)

rispetto alle quali l’ “accettazione degli atti” da parte dell’imputato rileva nei termini di

accettazione degli effetti dell’atto invalido, così come previsto ex art. 183 lett. a) c.p.p. .

Ciò posto, la unanime giurisprudenza è di converso concorde nel ritenere che in sede di rito

abbreviato mantengono tutta la loro rilevanza invalidante – senza alcun effetto di sanatoria – le

nullità di carattere assoluto e le inutilizzabilità cd. patologiche.

Invero, le prime , siccome rilevabili d’ufficio e deducibili in ogni stato e grado del giudizio, sono

insanabili per definizione ex artt. 178 e 179 c.p.p. , onde nessuna accettazione può spiegare rispetto

ad esse gli effetti ex art. 183 c.p.p. .

Le seconde , siccome inerenti ad atti assunti contra legem ed in modo contrastante con i principi

fondamentali dell'ordinamento o tale da pregiudicare in modo grave ed insuperabile il diritto di

difesa dell'imputato , riguardano mezzi di prova il cui impiego è vietato in modo assoluto non solo

                                                            73 si pensi all'articolo 350 comma 7 Cpp per le dichiarazioni spontanee rese alla p.g. dall'indagato cft., ex plurimis, Cass., Sez. IV, 31 gennaio 1997, P., rv. 207872; Sez. IV, 19 novembre 1996, M., ry. 207147

32  

nel dibattimento , ma in qualsiasi altra fase del procedimento, ivi comprese le indagini preliminari,

l'udienza preliminare, le procedure incidentali cautelari e quelle negoziali di merito 74 .

In applicazioni di tali principi, la casistica giurisprudenziale è variegata.

***********

Sul tema delle nullità nei giudizi abbreviati, si è osservato:

- che l'omessa notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, determinando

una nullità a regime intermedio della richiesta di rinvio a giudizio, resta sanata dalla

presentazione da parte dell'imputato della richiesta di giudizio abbreviato 75 ;

- che l'omesso espletamento dell'interrogatorio a seguito dell'avviso di cui all'art. 415 bis

c.p.p., benché sollecitato dall'imputato, determinando ancora una volta una nullità di ordine

generale a regime intermedio, non può essere dedotta a seguito della scelta del giudizio

abbreviato 76;

- che la invalidità della notifica del decreto di citazione a giudizio dell'imputato, conseguente

alla sua effettuazione con modalità diverse da quelle previste, integra una nullità di ordine

generale a regime intermedio, operando nuovamente effetto sanante in caso di abbreviato 77 ;

- che l'omissione dell'avviso - all'indagato, alla persona offesa o ai difensori - degli

accertamenti tecnici irripetibili, integrando sempre una ipotesi di nullità di ordine generale a

regime intermedio, non può essere dedotta a seguito dell'opzione dall'imputato espressa per

il giudizio abbreviato 78;

- che , anche a seguito dell'entrata in vigore del d.lg. n. 32 del 2014, con cui è stata data

attuazione alla direttiva 2010/64/UE sull'assistenza linguistica, la omessa traduzione in una

lingua nota all'imputato delle dichiarazioni rese da una persona informata sui fatti ovvero

dell'avviso di conclusione delle indagini determina una nullità di ordine generale a regime

intermedio, non deducibile nel giudizio abbreviato quando l'imputato, optando per la

definizione del processo nelle forme del rito speciale, consapevolmente si sia astenuto dal

formulare eccezioni; in generale, si è ritenuto che l'accesso al rito preclude all'imputato

alloglotta, che non conosca la lingua italiana, la possibilità di eccepire la nullità derivante

                                                            74 Cassazione penale, sez. III, 24/01/2006, n. 6757 75 Cassazione penale 16 settembre 2014 n. 41397 sez. II ; Cassazione penale, sez. VI, 04/05/2010, n. 25153 76 Cassazione penale 17 novembre 2015 n. 541 sez. VI ; Cassazione penale, sez. II, 03/07/2014, n. 39474; Cassazione penale, sez. I, 05/05/2010, n. 19948 77 Cassazione penale, sez. III, 27/03/2014, n. 19454 78 Cassazione penale, sez. VI, 25/11/2014, n. 53734

33  

dalla mancata traduzione di una parte degli atti del procedimento ; d’altronde, l’art. 3,

paragrafo 8, della direttiva 2010/64/UE contempla la possibilità per l’imputato o indagato

alloglotta di rinunciare alla traduzione, a condizione che la rinuncia sia informata,

inequivocabile e volontaria 79 ;

- che il vizio di genericità e indeterminatezza dell'imputazione non può essere eccepito

dall'imputato del giudizio abbreviato incondizionato, perché la richiesta incondizionata di

giudizio abbreviato implica necessariamente l'accettazione dell'imputazione formulata

dall'accusa 80;

- che il diritto all'ascolto dei file delle intercettazioni è prerogativa difensiva in alcun modo

surrogabile dai cd. brogliacci, stesi senza contraddittorio e senza garanzia di fedeltà dalla

polizia giudiziaria ; pertanto, seppur la violazione del diritto all'ascolto delle registrazione e

quello legato alla copia dei file audio dà luogo ad una compressione del diritto di difesa,

essa concreta una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'art. 178 c.p.p.,

lett. c), come tale sanata con la scelta del rito abbreviato, anche in considerazione della

possibilità di optare per il giudizio ordinario o di subordinare la richiesta della definizione

con il procedimento speciale all'integrazione probatoria 81; per l’effetto, sono da ritenersi

sanati, in caso di abbreviato, sia il mancato accoglimento, da parte del Giudice dell'udienza

preliminare, della richiesta difensiva di avere accesso alle registrazioni di conversazioni

intercettate 82 , sia il mancato rilascio di copia dei supporti delle registrazioni da parte del

p.m 83, sia l'omesso deposito dei supporti magnetici con il conseguente mancato accesso

agli stessi da parte dei difensori 84 .

*************

                                                             79 Cassazione penale, sez. II, 02/02/2016, n. 6575; Cassazione penale, sez. II, 09/04/2014, n. 18781; Cassazione penale 28 ottobre 2015 n. 46139 sez. II ; Cassazione penale 14 luglio 2015 n. 45360 sez. I ; Sez. un., 26 settembre 2006, n. 39298, Cieslinsky, in questa rivista, 2007, p. 514 80 Cassazione penale, sez. VI, 15/12/2011, n. 21265; Cassazione penale, sez. VI, 20/05/2009, n. 32363 81 Cassazione penale, sez. II, 11/10/2013, n. 43103; Cassazione penale, sez. VI, 07/02/2013, n. 19191 82 Cassazione penale, sez. I, 18/12/2013, n. 4429 83 Cassazione penale, sez. V, 02/07/2013, n. 39837 84 Cassazione penale, sez. VI, 15/12/2011, n. 21265

34  

Sui rapporti poi tra le varie ipotesi di inutilizzabilità ed il rito abbreviato varie sono state le

pronunce della Suprema Corte.

Intercettazioni e tabulati

Con riguardo alle intercettazioni ed ai profili di invalidità dell’atto di autorizzazione si sono

registrate talune oscillazioni giurisprudenziali.

1) Relativamente alla ipotesi di intercettazioni eseguite con l'impiego di impianti diversi da

quelli in dotazione della Procura della Repubblica, benché disposte con decreto privo

di motivazione:

- un orientamento recente ritiene che , in tema di giudizio abbreviato, le captazioni siano

pienamente utilizzabili, atteso che la carenza motivazionale non integra un'ipotesi di

inutilizzabilità patologica 85 ;

- altro orientamento sostiene che la situazione di obiettiva incertezza sul luogo di effettivo

svolgimento delle operazioni di registrazione, nonché sugli impianti concretamente

utilizzati, integri gli estremi della inutilizzabilità patologica deducibile dall'imputato nel

giudizio abbreviato 86 , aggiungendosi che ricorre inutilizzabilità patologica anche in caso di

mancata motivazione del decreto del pubblico ministero, con il quale si dispone, per

l'esecuzione di operazioni di intercettazione telefonica, l'utilizzo di impianti diversi da quelli

installati nella procura della Repubblica 87 .

2) Relativamente alla ipotesi di mancanza di motivazione nei decreti autorizzativi:

- un orientamento ritiene che esso costituisca causa di inutilizzabilità dei risultati di

intercettazioni di comunicazioni, anche nel giudizio abbreviato88 ;

- altro orientamento assume, di contro, che l'inutilizzabilità derivante dalla mancanza di

motivazione dei decreti di autorizzazione all'intercettazione di comunicazioni può farsi

rientrare tra quelle cosiddette "fisiologiche", per cui la relativa rilevanza invalidante viene

neutralizzata nel caso di giudizio abbreviato 89.

3) Con riguardo alle acquisizione dei tabulati telefonici, si è ritenuto:

                                                            85 Cassazione penale, sez. II, 24/02/2016, n. 10134; Cassazione penale, sez. I, 03/11/2015, n. 472; in senso conforme: Cass. Pen., sez. 02, del 14/01/2014, n. 3606 ; Cass. Pen., sez. 05, del 25/06/2014, n. 472 ); 86 Cassazione penale, sez. III, 13/05/2014, n. 40209 87 Cassazione penale, sez. VI, 30/01/2007, n. 14099 88 Cassazione penale, sez. III, 26/11/2014, n. 15828 89 Cassazione penale, sez. VI, 11/05/2005, n. 33750

35  

- che la mancata allegazione agli atti (ferma l’esistenza) del decreto autorizzativo

dell'acquisizione dei tabulati telefonici non ne determini l'inutilizzabilità ai fini della

decisione nel giudizio abbreviato 90;

- che ha di contro natura patologica l'inutilizzabilità dell'acquisizione dei tabulati operata

senza il decreto motivato dall'a.g., essendo l'art. 191 c.p.p. applicabile anche alle c.d. prove

"incostituzionali" perché assunte con modalità lesive dei diritti fondamentali 91;

- che, nondimeno , in sede di giudizio abbreviato, il Giudice può disporre, anche d'ufficio, la

rinnovazione del decreto di esibizione per l'acquisizione di tabulati concernenti il traffico

telefonico, dal momento che gli compete il controllo sulla regolarità del decreto e quindi

anche il potere di rimuovere la causa impeditiva all'utilizzazione 92;

- che, da ultimo , la carenza di motivazione del decreto acquisitivo adottato dal p.m. non

comporta l'inutilizzabilità degli elementi raccolti, posto che tale sanzione non è prevista

espressamente dalla legge e non si tratta di prova assunta in violazione di un divieto legale,

per cui opera l’effetto sanante derivante dalla scelta dell’abbreviato 93.

Testimonianza indiretta

Non è applicabile all’abbreviato il divieto di "testimonianza indiretta" contenuto nell'art. 195,

comma quarto, cod. proc. pen., che è riferibile esclusivamente al dibattimento 94 .

Ecco perché è stata già ritenuta utilizzabile nel giudizio abbreviato l'annotazione di polizia

giudiziaria nella quale si riporta il contenuto delle dichiarazioni rese agli operanti in via

confidenziale dalla persona offesa che non ha voluto verbalizzarle, costituendo la stessa atto di

indagine alla quale la scelta dell'imputato di accedere al rito alternativo ha attribuito valenza

probatoria 95 .

Sono invero sempre utilizzabili le dichiarazioni de relato di un teste qualora l'imputato non si sia

avvalso del diritto di chiedere che sia chiamato a deporre il teste di riferimento 96: ciò che si

                                                            90 Cassazione penale, sez. VI, 14/01/2011, n. 8353 91 Cass. Pen. Sez. un., 23 febbraio 2000, n. 6, D'Amuri, ; cfr Sez. un., 21 giugno 2000, n. 16, Tammaro 92 Cass. Pen. Sez. VI, 4 maggio 2006, n. 33435, Battistelli, ivi, 2006, p. 3578; Sez. VI, 4 maggio 2006, n. 33519, Acampora 93 Cass. Pen. Sez. IV, 24 febbraio 2005, n. 20558, Pietroleonardo, in C.E.D. Cass., n. 231920 94 inutilizzabilità relativa, Cassazione penale, sez. III, 30/04/2015, n. 23273 95 Cassazione penale, sez. I, 11/05/2010, n. 32963; Cassazione penale, sez. V, 27/09/2013, n. 8376 96 Cass. Pen. sez. 5, n. 50346 del 22.10.2014, Palau Giovannetti, rv. 261316

36  

verifica, in caso di abbreviato, allorquando è proprio l’imputato ad acconsentire all’utilizzazione ,

chiedendo il rito senza subordinare l’ammissione del rito alla diretta escussione del teste di

riferimento.

Peraltro, si è chiarito, tale disciplina non si pone in contrasto con l'art. 111 Cost. in quanto

l'ordinamento consente che la formazione della prova avvenga senza contraddittorio, quando vi è il

consenso dell'imputato 97 .

Parimenti, l'inutilizzabilità della deposizione di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona

o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame (art. 195, comma 7, c.p.p.) opera,

in caso di giudizio abbreviato, solo nell'ipotesi in cui la parte abbia subordinato l'accesso al rito ad

un'integrazione probatoria costituita dall'assunzione del teste indiretto e se, nonostante l'audizione,

sia rimasta non individuata la fonte dell'informazione 98 .

Per cui è utilizzabile a fini probatori , nel giudizio ex art. 438 c.p.p., l'annotazione di servizio redatta

dal personale di polizia giudiziaria intervenuto sul luogo del reato e nella quale sono riportate le

dichiarazioni rilasciate da persona ivi presente, di cui non è stato possibile procedere alla compiuta

identificazione 99 .

Dichiarazioni indagato

Le dichiarazioni rese spontaneamente alla polizia giudiziaria dalla persona nei cui confronti

vengono svolte le indagini, a norma dell'art. 350, comma 7, c.p.p., non possono essere utilizzate nel

dibattimento se non ai fini delle contestazioni (cd, inutilizzabilità relativa), ma possono essere

utilizzate pleno iure nel giudizio abbreviato, considerata la peculiare natura di tale rito e

l'accettazione degli atti che esso comporta 100 .

E ciò anche se le dichiarazioni sono inserite in un verbale di perquisizione o sequestro e non in un

altro autonomo verbale101 .

                                                                                                                                                                                                      97 Cass. Pen. sez. 3, n. 38623 del 2.7.2003, B., rv 226544, fattispecie in cui l'imputato non aveva chiesto l'audizione del figlio minore vittima di abusi sessuali; conf. sez. 6, n. 28029 del 3.6.2009, Vinci ed altro, rv. 244415; sez. 6, n. 46795 del 24.10.2003, De Rose, rv. 226930; sez. 4, n. 35913 del 17.1.2012, Ruggieri, rv. 254071 98 Cassazione penale, sez. III, 24/09/2015, n. 44004; Cassazione penale, sez. III, 29/01/2008, n. 11100 99 in motivazione la Corte ha escluso l'assimilabilità delle dichiarazioni in oggetto alle voci correnti nel pubblico e l'operatività del divieto di cui all'art. 195, comma 7, c.p.p., Cassazione penale, sez. I, 11/05/2010, n. 32963 100 Cassazione penale, sez. VI, 03/12/2014, n. 53803; Sez. II, 19 settembre 2003, n. 37374 101 Cassazione penale, sez. VI, 26/10/2011, n. 8675, v., altresì, Sez. II, 1 luglio 2005, n. 30113

37  

Di contro, l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da chi, interrogato, sin dall'inizio avrebbe

dovuto essere sentito come indagato è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, pur se è stato

disposto il giudizio abbreviato: invero, quella sancita dall'art. 63 c.p.p. è una inutilizzabilità

patologica, stabilita dalla legge come concreto baluardo del principio di civiltà secondo il quale

nemo tenetur se detegere nonchè - per il profilo riguardante l'utilizzazione contro i terzi - a garanzia

dell'attendibilità delle dichiarazioni accusatorie formulate da chi tema di dover affrontare

personalmente un giudizio 102 .

Tuttavia, nei casi in cui il soggetto, dovendo essere sentito in qualità di imputato o di persona

sottoposta ad indagini, sia stato avvertito di tale sua qualità ed abbia reso, in assenza del difensore,

dichiarazioni spontanee alla polizia giudiziaria, non è applicabile la disciplina del comma 2 dell'art.

63 c.p.p. - con conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni nei confronti degli imputati in reato

connesso o collegato -, bensì la regola di cui al comma 7 dell'art. 350 stesso codice, di talché le sue

dichiarazioni, sebbene non utilizzabili nel dibattimento salvo quanto previsto dal comma 3 dell'art.

503, possono essere apprezzate nella fase delle indagini preliminari o nella valutazione dei gravi

indizi di colpevolezza per l'adozione di un provvedimento cautelare o in sede di abbreviato 103.

Parimenti, non si applicherà l’art. 63 c.p.p. e saranno utilizzabili nel giudizio abbreviato, anche

contro chi le rende, le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria da soggetto che non ha ancora

assunto la qualità di indagato104 .

Dichiarazioni prossimi congiunti

Le dichiarazioni rese dai prossimi congiunti nel corso delle indagini preliminari senza essere

previamente avvertiti della facoltà di astenersi ai sensi dell'art. 199 c.p.p. sono attinte dalla

sanzione della nullità , senza involgere profili di inutilizzabilità patologica.

Tale nullità non rientra tra le nullità assolute e di ordine generale previste dal combinato disposto

degli artt. 178 , 179 e 180 c.p.p. , potendo essere dichiarata solo su eccezione da parte, secondo il

regime delle nullità relative disciplinate dall'art. 181 c.p.p..

La scelta del rito abbreviato, allora, implicando il consenso all'utilizzazione degli elementi di

prova acquisiti nel fascicolo del pubblico ministero, ne sana l’invalidità 105 .

                                                            102 Cassazione penale, sez. II, 29/04/2009, n. 34512 103 Cassazione penale, sez. VI, 15/12/2011, n. 21265;Cassazione penale, sez. III, 20/01/2010, n. 10643; v. Sez. VI, 11 luglio 2006, n. 24679 ; in senso conforme: Cass. pen., sez. II, 29 novembre 2011 n. 44874, Cass. pen., sez. III, 20 gennaio 2010 n. 10643, Cass. pen., sez. III, 3 novembre 2009 n. 48508 104 Cassazione penale, sez. IV, 04/12/2013, n. 5619

38  

Dichiarazioni irrituali al perito

Con riguardo alle dichiarazioni della persona offesa o di altri testimoni rilasciate al perito nel corso

degli suoi accertamenti peritali, la giurisprudenza ha ritenuto come l’art. 228 comma 3 c.p.p. – che

vincola l’utilizzabilità di tali dichiarazioni ai soli fini dell’accertamento peritale – detti una ipotesi

di inutilizzabilità fisiologica, per cui le predette informazioni possono essere legittimamente

utilizzate nel rito abbreviato, ai fini di prova della responsabilità dell'imputato; mentre, si è

specificato, la stessa norma porrebbe un limite di inutilizzabilità patologica solo quando si riferisce

alle informazioni fornite al perito dall'imputato, operando stavolta tale limite anche con riferimento

al giudizio abbreviato 106 .

Sennonchè, altro orientamento intravede , con riguardo all’art. 228 comma 3 c.p.p. , un vincolo di

inutilizzabilità patologica, ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’imputato , anche nei

casi in cui le dichiarazioni rilasciate al perito provengano dal teste (vittima di reati) , valorizzandosi

il divieto espresso di cui all'art. 228 comma 3 c.p.p. nel senso di radicale limite alla fonte di prova

per la ricostruzione del fatto 107.

Scadenza termini delle indagini

Secondo la Suprema Corte la scelta del giudizio abbreviato preclude all'imputato la possibilità di

eccepire l'inutilizzabilità degli atti di investigazione compiuti dopo la scadenza dei termini delle

indagini preliminari , non essendo essa equiparabile alla inutilizzabilità delle prove vietate dalla

legge (all'art. 191 c.p.p.) e, come tale, non essendo rilevabile d'ufficio ma solo su eccezione di parte.

Invero, la sanzione prevista dall'art. 407, comma 3, c.p.p. integra un'ipotesi di "inutilizzabilità" che

scatta solo in riferimento alla fase dibattimentale e non in relazione a ogni stato e grado del

procedimento, sicché è sempre possibile l'utilizzo di atti tardivi sia ai fini delle determinazioni

relative all'esercizio dell'azione penale, sia nell'ambito dell'udienza preliminare e del giudizio

abbreviato 108 . Tuttavia , si è affermato, gli atti di indagine dichiarati inutilizzabili prima della

                                                                                                                                                                                                     105 Cassazione penale, sez. II, 05/05/2009, n. 34521; nello stesso senso di cui in massima Sez. VI, 19 marzo 2009, n. 19152 ; conf. Sez. VI, 18 gennaio 2005, n. 10065, Mascia, in C.E.D. Cass., n. 231479; Sez. I, 8 gennaio 2002, Marchegiani; Sez. V, 9 dicembre 1996, n. 5404, Loico, in C.E.D. Cass., n. 206641 106 Cassazione penale, sez. I, 02/12/2015, n. 21185 107 Cassazione penale, sez. III, 19/05/2015, n. 36351; Cassazione penale, sez. III, 23/05/2013, n. 43723 108 Cassazione penale, sez. VI, 26/06/2008, n. 36700; Cassazione penale, sez. VI, 15/12/2011, n. 21265; Cassazione penale, sez. VI, 19/12/2011, n. 12085; la giurisprudenza prevalente è in senso conforme ; Fra le altre, v. Sez. V, 12 luglio 2010, n. 34820; Sez. II, 5 febbraio 2009, n. 17798; Sez.

39  

formulazione della richiesta di accesso a riti alternativi, anche nel caso di inutilizzabilità

"fisiologica" o relativa (nella specie, sommarie informazioni testimoniali rese dopo la scadenza

del termine di durata delle indagini preliminari), non possono essere successivamente utilizzati per

la definizione del processo con il giudizio abbreviato richiesto dall'imputato 109 .

Abbreviato ed incompetenza territoriale

La questione della proponibilità o meno dell'eccezione di incompetenza territoriale una volta

richiesto ed ammesso il giudizio abbreviato ha diviso per anni la giurisprudenza.

Sul punto sono intervenute le SS.UU. con la sentenza del 29/03/2012, n. 27996.

Ricordava il Massimo consesso che , secondo un primo orientamento 110 l'eccezione di

incompetenza per territorio non era proponibile:

- perchè, imponendo l'art. 21 cod. proc. pen. la proposizione di tale eccezione prima della

conclusione dell'udienza preliminare, la questione, se presentata per la prima volta dopo

l'introduzione del rito alternativo, è da considerarsi tardiva, mentre, se reiterata dopo il rigetto di

istanza precedente proposta in sede di udienza preliminare, è inammissibile perchè mera

reiterazione di eccezione sulla quale si è formato il giudicato (cfr. in particolare sent. Ninivaggi);

- perchè la scelta del giudizio abbreviato, anche in ragione della connotazione assunta dal rito a

seguito della riforma del 1999, comporta la rinuncia a far valere le invalidità non assolute e le

inutilizzabilità non patologiche non solo degli atti a contenuto probatorio ma anche degli atti

processuali propulsivi ed introduttivi del rito nonchè le eccezioni sulla competenza territoriale che,

per il regime ad essi riconosciuto, rientrano nella sfera di disponibilità degli interessati (cfr. in

particolare sent.Acampora);

- perchè la esplicita e consapevole richiesta di un rito governato da regole diverse rispetto a quelle

dell'ordinario dibattimento, ed altresì caratterizzato dalla mancanza del segmento processuale

dedicato alla trattazione e risoluzione delle questioni preliminari, configura rinuncia per facta

concludentia a far valere le nullità non assolute verificatesi nelle fasi anteriori ai sensi della regola

di sanatoria prevista dall'art. 183 c.p.p., comma 1, lett. a) (cfr. in particolare sent. Acampora);                                                                                                                                                                                                      

VI, 24 febbraio 2009, n. 16986, in C.E.D. Cass., n. 243257; Cass. pen., sez. V, 12 luglio 2010 n. 38420, Cass. pen., sez. VI, 24 febbraio 2009 n. 16986 109(In motivazione, la Corte ha precisato che tale conclusione è imposta sia dal principio di tutela dell' affidamento delle parti in ordine alla stabilità delle decisioni giudiziarie, sia dall'assenza di limiti di efficacia alla dichiarazione di inutilizzabilità; Cassazione penale, sez. III, 05/06/2014, n. 31171 110 Sez. 6, n.44726 del 18/09/2003, Ninivaggi, Rv. 227715; Sez. 6, n.33519 del 04/05/2006, Acampora, Rv. 234392; Sez. 2, n. 11723 del 05/02/2008, Rotterdam, non massimata; Sez. 6, n.26092 del 26/05/2010, Eddahani, non massimata; Sez. 5, n.7025 del 10/12/2010, Bellacanzone, Rv. 249833

40  

- perchè, nel caso di giudizio abbreviato atipico, eccepire l'incompetenza per territorio in sede di

giudizio alternativo, richiesto dall'imputato dopo la citazione a giudizio immediato, si pone in

contrasto con la ratio stessa del giudizio immediato, vanificando l'interesse del legislatore,

prevalente rispetto anche all'esatta individuazione del Giudice territorialmente competente ed alla

quale l'imputato ha di fatto dimostrato di rinunciare chiedendo di essere ammesso al giudizio

abbreviato, alla speditezza del processo (cfr. in particolare sent. Rotterdam);

- perchè nella tesi contraria alla possibile proposizione dell'incidente di competenza nel giudizio

abbreviato non è ravvisabile alcuna potenziale violazione dell'art. 25 Cost., attesi il carattere

certamente disponibile della questione di competenza territoriale e la natura "negoziabile" del

giudizio abbreviato, che comporta la rinuncia da parte dell'imputato anche ad altre garanzie

costituzionali, quali, ad esempio, il principio del contraddittorio nella formazione della prova, e ciò

in cambio di plurimi benefici processuali e sostanziali (cfr. in particolare sent. Eddehani);

- perchè in realtà non vi sarebbe violazione del principio costituzionale di precostituzione per legge

del Giudice naturale in quanto, nelle ipotesi in questione, è proprio la legge processuale a

determinare specificamente quale Giudice naturale del procedimento quello al quale l'imputato

chiede di celebrare il giudizio con rito abbreviato (cfr. in particolare sent. Bellacanzone).

Le SS.UU., tuttavia, propugnavano il diverso orientamento favorevole alla proponibilità nel

giudizio abbreviato dell'incidente di competenza 111 .

Si riteneva che l'eccezione di incompetenza per territorio fosse deducibile:

- perchè il rito alternativo rappresenta soltanto una modalità speciale di svolgimento del giudizio di

primo grado e perchè l'esercizio del diritto di optare per il rito abbreviato non può comportare

ingiustificabili effetti discriminatori per l'imputato e per la sua possibilità di contestare la scelta del

Giudice effettuata dal pubblico ministero con l'esercizio dell'azione penale (cfr. in particolare

sentenze D'Andrea e Angeli);

- perchè la tesi della idoneità della richiesta di rito alternativo a configurare la rinuncia all'incidente

di competenza è priva di qualsivoglia ancoraggio normativo (cfr. in particolare sentenze La Perna e

Bega);

- perchè inibire all'imputato la possibilità di insistere nel richiedere il controllo sul rispetto delle

norme che attuano il principio del Giudice naturale determina una violazione dell'art. 24 Cost.,

comma 2, e art. 25 Cost., comma 1, atteso che il perseguimento del rispetto delle norme sulla

                                                            111Sez. 6, n.12894 del 28/06/1991, D'Andrea, Rv.188755; Sez. 6, n.1168 del 20/11/1997, Angeli, Rv.211126; Sez. 4, n.4528 del 28/10/1998, Generali, Rv.213136; Sez. 1, n.37156 del 10/06/2004, La Perna, Rv.229532; Sez. 1, n. 34686 del 05/07/2011, Bega, Rv. 251135; Sez. 2, n. 39756 del 05/10/2011, Ciancimino, Rv. 251196

41  

competenza, volto ad individuare il Giudice naturale precostituito per legge, è sottratto alla

disponibilità della parte (cfr. sent. La Perna);

- perchè il difetto nel rito alternativo del segmento processuale dedicato nel dibattimento alla

soluzione delle questioni preliminari è argomento inconferente, atteso che in un rito agile come

quello a prova contratta non è necessario fissare per le questioni preliminari rigide scansioni

procedimentali a contenuto preclusivo (cfr. sent. Bega);

- perchè non si rinviene alcun dato normativo, testuale o sistematico, dai quale ricavare la regola per

cui l'imputato, per poter essere giudicato dal Giudice naturalmente competente, debba rinunziare ai

riti alternativi e perchè entrambe siffatte opzioni vantano copertura costituzionale (cfr. sent. Bega).

In definitiva, le SS.UU. hanno sancito che l'eccezione di incompetenza territoriale è proponibile in

limine al giudizio abbreviato non preceduto dall'udienza preliminare, mentre, qualora il rito

alternativo venga instaurato nella stessa udienza, l'incidente di competenza può essere sollevato,

sempre in limine a tale giudizio, solo se già proposto e rigettato in sede di udienza preliminare: in

tal modo è stato rispettato l’inequivoco disposto di cui all’art. 21 c.p.p. che impone la sollevabilità

dall’eccezione prima della conclusione dell’udienza preliminare, con possibilità di reiterazione in

caso di rigetto.

Par. 7) Abbreviato e prove atipiche

Sono utilizzabili nel giudizio abbreviato i risultati della localizzazione mediante il sistema di

rilevamento satellitare (cosiddetto GPS) degli spostamenti di una persona sul territorio, mediante

l'acquisizione delle annotazioni e rilevazioni di servizio della polizia giudiziaria circa le coordinate

segnalate dal sistema di rilevamento, in quanto costituiscono il prodotto di un'attività di

investigazione atipica assimilabile al pedinamento e non alle operazioni di intercettazione 112 .

È poi legittima l'utilizzazione, nel giudizio abbreviato, dei verbali aventi ad oggetto

l'individuazione di persone o cose eseguita a norma dell'art. 361 cod. proc. pen., a nulla rilevando

che quest'ultima disposizione non preveda l'osservanza delle forme e delle garanzie stabilite dall'art.

214 stesso codice per la ricognizione di persone, trattandosi di valido atto di indagine , capace di

supportare la decisione del Giudice ex art. 442 comma 1 bis c.p.p. , fermo restando per il Decidente

l'obbligo, in caso di contestazione degli esiti della citata attività , di una puntuale enunciazione delle

ragioni per cui egli ritenga di attribuire attendibilità ad essi 113 .

                                                            112 Cassazione penale, sez. I, 07/01/2010, n. 9416 C. e altro 113 Cassazione penale, sez. VI, 11/04/2007, n. 18459; Cassazione penale 25 settembre 2014 n. 40583 sez. II ; Cassazione penale 25 febbraio 2009 n. 13882 sez. IV

42  

Parimenti sarà utilizzabile, ai fini della decisione, il verbale di individuazione fotografica, redatto

dalla polizia giudiziaria, pur in mancanza di allegazione del relativo fascicolo fotografico 114 .

Ed è da ultimo utilizzabile in sede di abbreviato una individuazione fotografica operata dalla P.G.

di propria iniziativa, senza previa delega del P.M., poiché gli artt. 55 e 348 cod.poc.pen. sanciscono

il principio di atipicità degli atti di indagine della polizia giudiziaria, cui compete, anche in difetto

di direttive o formali deleghe del P.M., il potere-dovere di compiere di propria iniziativa tutte le

indagini che ritiene necessarie ai fini dell'accertamento del reato e dell'individuazione dei colpevoli 115 .

Par. 8) Trattazione del rito abbreviato

Par. 8.1) Fatto diverso e contestazione suppletive

Il sistema delle contestazioni suppletive nel giudizio abbreviato, così come desumibile dal disposto

dell'art. 438 c.p.p., comma 5, art. 441 c.p.p., comma 5 e art. 441-bis c.p.p., comma 1, e dal richiamo

ivi costantemente fatto all'art. 423 c.p.p., è così disciplinato: quando si proceda col rito abbreviato

semplice, cioè non subordinato ad un'integrazione probatoria posta come condizione dall'imputato,

ed il Giudice si astenga dal provvedere d'ufficio all'assunzione di nuovi mezzi istruttori, l'accusa

rimane cristallizzata nell'imputazione in base alla quale è stata esercitata l'azione penale, senza

alcuna possibilità di modifica nel corso del processo: modifica che è, invece, possibile quando, a

seguito dell'integrazione probatoria condizionante l'accesso al rito speciale, o disposta d'ufficio dal

Giudice, si sia avuto un incremento del quadro probatorio 116 .

***********

Nel giudizio abbreviato non condizionato, pertanto, il disposto dell'art. 441, comma 1, c.p.p.

esclude l'applicabilità dell'art. 423 c.p.p. il quale consente al p.m. di modificare l'imputazione in

presenza di un fatto diverso o di procedere a contestazioni suppletive, neppure se queste ultime

concernano esclusivamente circostanze aggravanti 117.

La norma ha come finalità quella di evitare di esporre l'imputato a una fluidità dell'accusa

incompatibile con la rinuncia alla prova che si cristallizza irretrattabilmente con la richiesta del rito.

                                                            114 Cassazione penale, sez. V, 03/06/2015, n. 42577 115 Cassazione penale, sez. V, 19/02/2014, n. 18997 116 Sez. 1, n. 14491 del 04/02/2004, Kastlunger, Rv. 228830 

117 Corte Cost. 26 novembre 1997, n. 378

43  

Peraltro, tale disposizione non esclude che il p.m., senza alcuna modifica del fatto contestato, possa

semplicemente procedere a una mera modifica del riferimento normativo e all'aggiunta di una

specificazione che, nello specifico, nulla immuti rispetto al tenore del capo di imputazione 118.

Pertanto, il Giudice del rito abbreviato, al pari di quello del rito ordinario, qualora accerti che il fatto

è diverso da come descritto nell'imputazione, non potendo sollecitare una modifica

dell’imputazione inibita dal codice, deve limitarsi a restituire gli atti al pubblico ministero, non

potendo contestualmente pronunciare sentenza di assoluzione.

La S.C. , in particolare, ha affermato che la regola di cui all'art. 521, comma secondo, cod. proc.

pen. è applicabile anche al giudizio abbreviato in quanto espressione del principio generale di

correlazione tra imputazione e sentenza, laddove la scelta dell'imputato di essere giudicato allo stato

degli atti non comporta una cristallizzazione del fatto reato nei limiti dell'imputazione 119.

Di contro , diversamente dalla ipotesi di fatto diverso, per la mancata contestazione della

aggravante il Giudice non ha il potere di restituire gli atti al PM perché si integri l’imputazione,

posto che "è affetto da abnormità strutturale il provvedimento con il quale il Giudice, all'esito di un

giudizio abbreviato non subordinato ad integrazione probatoria, dispone, dopo la discussione finale,

la restituzione degli atti al P.M. al fine di sollecitare la contestazione della recidiva o di altra

circostanza aggravante 120 .

Sulla scorta di tali principi, una sentenza che pronunciasse su di una imputazione irritualmente

modificata in sede di rito abbreviato, in violazione della disciplina richiamata, determina un'ipotesi

di nullità a regime intermedio della sentenza pronunciata all'esito di tale giudizio121 .

Parimenti, la statuizione su fatti o circostanze aggravanti che non potevano essere oggetto di

contestazione suppletiva, determina, in applicazione dei principi desumibili dall'art. 522 c.p.p.,

comma 1, la parziale nullità della sentenza di condanna, pronunciata all'esito di giudizio abbreviato

introdotto da richiesta incondizionata 122 .

                                                            118 Cassazione penale, sez. II, 17/09/2010, n. 35350 119 Cassazione penale, sez. II, 18/12/2012, n. 859; Cassazione penale, sez. IV, 12/06/2007, n. 36936;

Cassazione penale, sez. V, 21/10/2008, n. 595 

120 Cassazione penale, sez. I, 12/05/2015, n. 25882; Cass. pen., Sez. VI, 27 novembre 2007 121 Cassazione penale, sez. IV, 03/06/2014, n. 3758 122 Cassazione penale, sez. IV 14/02/2007 n. 12259 (data dep. 23 marzo 2007; Cassazione penale, sez. III, 11/07/2007, n. 35624

44  

La stessa contestazione suppletiva della recidiva, da considerarsi a tutti gli effetti come una

circostanza aggravante del reato, determina la nullità della sentenza a fronte della violazione del

combinato disposto di cui all’art. 441 / 423 c.p.p. 123 .

Ciò posto, va rammentato che l’effetto preclusivo derivante per il PM dall’art. 441 comma 1 c.p.p.

si produce solo una volta ammesso il rito.

Mentre sarebbe legittima la contestazione suppletiva della circostanza aggravante formulata dal

pubblico ministero quando l'imputato ha richiesto l'ammissione del rito ma questa non è stata

ancora disposta dal Giudice con ordinanza, posto che prima della formale instaurazione del rito

speciale è ancora in corso l'udienza preliminare e l'imputato può revocare la scelta processuale

precedentemente compiuta 124 .

***********

A norma di codice , come sopra ricordato, una volta che abbia luogo una integrazione probatoria ex

art. 438 comma 5 c.p.p o 441 comma 5 c.p.p. , la contestazione dell’imputazione può essere

modificata.

Tale disciplina , che sintetizza la ratio legis posta a fondamento dell'applicabilità dell'art. 423 cod.

proc. pen. in deroga ai principi che governano in via generale il rito abbreviato, non può essere

intesa nel senso che la diversità del fatto contestato debba necessariamente emergere dalle

risultanze dell'integrazione istruttoria, costituendo invece l'incremento del quadro probatorio nulla

più che il presupposto oggettivo perchè la predetta facoltà possa sorgere in capo al pubblico

ministero: tant'è che non mancano arresti giurisprudenziali dai quali è espressamente riconosciuta,

anche in tal caso, la legittimità di nuove contestazioni basate su fatti e circostanze già in atti 125 .

Par. 8.2) Interrogatorio e dichiarazioni spontanee dell’imputato

Nel giudizio abbreviato, dovendosi fare applicazione, ai sensi dell'art. 441 comma 1 c.p.p., delle

disposizioni previste per l'udienza preliminare, ivi comprese, in difetto di espressa esclusione,

quelle di cui all'art. 421 stesso codice, sussiste il diritto dell'imputato ad essere sottoposto ad

interrogatorio, qualora egli ne faccia richiesta, nulla rilevando che questa non sia stata formulata

all'atto della scelta del rito.

Si richiede soltanto che l’istanza di rendere interrogatorio sia avanzata prima dell'inizio della

discussione , tanto per non alterare le regole del contraddittorio in relazione agli elementi di difesa

                                                            123 Cassazione penale, sez. VI, 19/01/2010, n. 13117 124 Cassazione penale, sez. VI, 20/03/2014, n. 14295 125  Sez. 5, n. 7047/09 del 27/11/2008, Reinhard, Rv. 242962; Sez. 2, n. 23466 del 09/06/2005, Scozzari, Rv. 231993

45  

apportati dall'imputato, sui quali deve essere ammessa la facoltà delle altre parti di prendere la

parola 126 .

È quindi illegittimo, e costituisce causa di nullità (da qualificarsi a regime cosiddetto intermedio), il

mancato accoglimento di detta richiesta, motivato dal fatto che, nel domandare l'applicazione del

giudizio abbreviato, l'imputato non lo aveva subordinato all'effettuazione dell'incombente in

questione 127 .

Parimenti, le norme in tema di udienza preliminare, richiamate dall’art. 441 cit. , consentono

all’imputato di rendere dichiarazioni spontanee in sede di abbreviato secco.

Sotto tale profilo, l'accesso al giudizio speciale non è incompatibile con la facoltà dell'imputato di

rendere dichiarazioni spontanee (art. 421, comma 2, c.p.p.) e, pur comportando la rinuncia a

difendersi provando, non compromette in toto il diritto di autodifesa, di cui le spontanee

dichiarazioni sono una fondamentale espressione .

Per l’effetto, è stata ritenuta affetta da nullità relativa, in quanto tale deducibile immediatamente ai

sensi dell'art. 182 c.p.p. , l'ordinanza con la quale il Giudice, dopo avere accolto la richiesta di rito

abbreviato, non subordinata a integrazione probatoria, formulata dall'imputato, non abbia consentito

allo stesso di rendere dichiarazioni spontanee 128 .

Par. 8.3) Abbreviato, parte civile e responsabile civile

La costituzione di parte civile, se non formalizzata in precedenza (fasi preliminari al dibattimento),

può intervenire anche dopo l'emissione dell'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, come da

disposto di cui all’art. 441 comma 2 c.p.p. 129 .

Il termine finale stabilito dalla legge a pena di decadenza per la costituzione di parte civile nel corso

del giudizio abbreviato è ricavato dalla Suprema Corte di Cassazione dalla disciplina dettata in tema

di udienza preliminare , che lo individua nel momento in cui il Giudice dichiara aperta la

discussione, ex art. 421 c.p.p., comma 1.

Ne consegue che, ove il decidente, senza dichiarare l'apertura della discussione, rinvii ad altra

udienza per consentire alla parte civile di regolarizzare la sua posizione, è da considerarsi

                                                            126 Cassazione penale, sez. IV, 15/01/2007, n. 12245 ; Cassazione penale, sez. VI, 07/11/2001, n. 937 127 Cassazione penale, sez. III, 26/11/2014, n. 15444; Cassazione penale, sez. V, 10/03/2004, n. 19103 128 Cassazione penale, sez. III, 16/11/2005, n. 46766 129 Cassazione penale, sez. V, 06/06/2008, n. 33356

46  

tempestiva, nel giudizio abbreviato, una costituzione di parte civile che avvenga, regolarmente, alla

successiva udienza, prima dell'apertura della discussione 130 .

Di contro, è stato ritenuta inammissibile la costituzione di parte civile effettuata dopo l'esercizio

del potere d'integrazione probatoria ex art. 441 comma 4 c.p.p. per impossibilità di decidere allo

stato degli atti, essendo decorso a quel momento il termine prima indicato , cioè l’inizio della

discussione 131.

*************

Mentre in caso di citazione diretta a giudizio la persona offesa ha notizia dell’azione penale essendo

destinataria della notifica del decreto ex art. 552 comma 3 c.p.. , in caso di rito direttissimo è

possibile che la stessa non abbia adeguata cognizione dell’immediato esercizio dell’azione da parte

del PM, non essendo previsto in tale rito un analogo meccanismo informativo a favore della parte

lesa.

Nondimeno, va confermato come sia tardiva una eventuale costituzione di parte civile effettuata

dopo l’integrazione probatoria disposta dal Giudice in sede di giudizio abbreviato, instaurato dopo

la fase della convalida e giudizio direttissimo.

È vero che solo in questo momento la parte civile potrebbe aver conosciuto formalmente del

processo, ma l’interesse della parte all’esercizio dell’azione civile in sede penale è recessivo rispetto

alla finalità di celerità perseguita con il rito direttissimo , essendo peraltro sempre consentito alla

parte civile di fare valere le proprie pretese in altra sede giurisdizionale (Tribunale Civile).

************

In un rito da definire allo stato degli atti, la parte civile non ha il potere di formulare richieste

probatorie, ma può, una volta che il Giudice abbia d'ufficio disposto perizia, nominare consulenti

tecnici132 .

La nomina di consulenti tecnici a norma dell'art. 225 c.p.p., una volta disposta dal Giudice la perizia

di ufficio, non costituisce formulazione di prova, ma si inserisce in una mera attività di intervento e

assistenza alle operazioni del perito, consentita a tutte le parti private , ragion per cui non vi osta il

citato divieto di articolare mezzi istruttori.

In applicazione di tali postulati , la Cassazione 133 ha specificato che è abnorme il provvedimento

del Giudice che accoglie la richiesta di giudizio abbreviato condizionato presentata dall'imputato e

                                                            130 Cass. Pen. 31/5/02, n. 21408 131  Cassazione penale, sez. III, 22/06/2010, n. 35700 132 Cassazione penale, sez. IV, 09/03/2009, n. 18974 133 Cass. Pen. Sez. II, 13 gennaio 2005, Argese

47  

nel contempo ammette l'esame dei testimoni indicati dalla parte civile, in quanto la parte offesa,

secondo quanto previsto dall'art. 441, comma 4, c.p.p. ha solo la facoltà di accettare o meno il rito

abbreviato, ma non quella di formulare istanze probatorie.

Parimenti, Sez. V, 19 giugno 1991, Serafini, ivi, 1992, p. 307 ha sottolineato che, in tema di

giudizio abbreviato, la parte civile può non accettare il rito speciale, evitando così gli effetti

svantaggiosi della decisione di merito, ma non ha il potere di opporsi e d'impugnare il

provvedimento ammissivo di tale giudizio, né può acquisire questo potere facendo valere eventuali

illegittimità del provvedimento ammissivo come causa di abnormità.

************

La celebrazione del processo con rito abbreviato è incompatibile con la presenza del responsabile

civile, che va escluso anche d'ufficio, come espressamente stabilito dall'art. 87 c.p.p., comma 3,

senza che a ciò sia d'ostacolo neppure l'avvenuta attiva partecipazione al processo da parte dello

stesso responsabile civile, che non equivale ad acquiescenza 134.

Inoltre, l'estromissione del responsabile civile nel giudizio abbreviato consegue direttamente

all'accoglimento della richiesta di instaurazione del rito alternativo, anche in assenza di un apposito

provvedimento dichiarativo ad opera del Giudice 135 .

Par. 8.4) Il potere di integrazione ex art. 441 comma 5 c.p.p.

In sede di rito abbreviato – condizionato o puro - il potere di integrazione probatoria ex officio

attribuito al Giudice dall'art. 441 c.p.p., comma 5 - per il quale quando il Giudice ritiene di non

potere decidere allo stato degli atti assume, anche, d'ufficio, gli elementi necessari ai fini della

decisione - è preordinato alla tutela dei valori costituzionali che devono presiedere, anche nei

giudizi a prova contratta, all'esercizio della funzione giurisdizionale 136 .

Tale potere del Giudice è conseguente al principio costituzionale di obbligatorietà dell'azione

penale di cui all'art. 112 Cost. che implica il controllo del Giudice sull'attività del P.M. ed i suoi

poteri sostitutivi in caso di inerzia del P.M. o di incompletezza delle indagini preliminari.

Né è ipotizzabile una lesione dei diritti della difesa, nel caso di attivazione del meccanismo

ufficioso.

                                                                                                                                                                                                      134 Cass. Sez. 3^ n. 5868 del 12.10.11, dep. 15.2.12 135Cassazione penale, sez. II, 10/10/2014, n. 44571; Cass. Sez. 5^ n. 37370 del 7.6.11, dep. 17.10.11 136  Cass. Sez. 5 sent. n. 4648 del 19.12.2005 dep. 3.2.2006 rv 233632

48  

Infatti , allorchè l'imputato richiede il giudizio abbreviato, non può non considerare da un lato la

possibilità, prevista dalla legge, che il Giudice acquisisca nuovi elementi e dall'altro che

sopravvengano nuove prove 137.

***********

L'art. 441 c.p.p., comma 5 introduce nel rito abbreviato un meccanismo analogo a quello previsto

dall'art. 507 c.p.p. per il dibattimento a tutela dei valori costituzionali di legalità che presiedono

all'esercizio dell'azione penale.

In relazione specificamente all'art. 507 c.p.p. la Corte Costituzionale, nel respingere l'eccezione di

incostituzionalità di detta norma, ha affermato che “i giudici rimettenti muovevano da una

concezione alla stregua della quale il nuovo codice processuale non tenderebbe alla ricerca della

verità ma solo ad una decisione correttamente presa in una contesa dialettica tra le parti, secondo

un astratto modello accusatorio nel quale un esito vale l'altro, purchè correttamente ottenuto. E'

ben vero che l'esigenza di accentuare la terzietà del Giudice - perciò programmaticamente ignaro

dei precedenti sviluppi della vicenda procedimentali - ha condotto ad introdurre, di massima, un

criterio di separazione funzionale delle fasi processuali, allo scopo di privilegiare il metodo orale

di raccolta delle prove, concepito come strumento per favorire la dialettica del contraddittorio e la

formazione nel Giudice di un convincimento libero da influenze pregresse. Ma tale opzione

metodologica non ha fatto trascurare che fine primario ed ineludibile del processo penale non può

che rimanere quello della ricerca della verità, e che ad un ordinamento improntato al principio di

legalità, nonchè al connesso principio di obbligatorietà dell'azione penale non sono consone

norme di metodologia processuale che ostacolino in modo irragionevole il processo di

accertamento del fatto storico necessario per pervenire ad una giusta decisione. Il potere conferito

al Giudice dall'art. 507 c.p.p. (e parimenti dall’art. 441 comma 5) è, dunque, un potere

suppletivo, ma non certo eccezionale. La configurazione del siffatto potere come eccezionale, e

quindi da escludere in caso di decadenza o inattività delle parti, discende, nella logica presupposta

dai giudici remittenti, dall'assunzione dell'immanenza del nuovo codice, come conseguenza della

scelta accusatoria, di un principio dispositivo in materia di prova. Si tratta, però, di un assunto che

non trova riscontro nè nei principi della delega nè nel tessuto normativo concretamente disegnato

nel codice” 138 .

                                                            137 ex multis, Cassazione penale 22 ottobre 2014 n. 4913 sez. III ; Cassazione penale, sez. V, 19/12/2005, n. 4648 138 Corte Cost. 26 marzo 1993 n. 111, Azzari

49  

La giurisprudenza della Cassazione , sulla stessa scia , è consolidata nel ritenere (pur alla luce della

nuova formulazione dell'art. 111 Cost.) che il Giudice possa esercitare il potere di disporre d'ufficio

l'assunzione di nuovi mezzi prova, previsto dall'art. 507 c.p.p., anche con riferimento a quelle prove

che le parti avrebbero potuto richiedere e non hanno richiesto, rimanendo comunque impregiudicata

la facoltà della parti di richiedere l'ammissione di nuovi mezzi di prova ai sensi dell'art. 495 c.p.p.,

comma 2 139.

Tale decisione ribadisce il principio già enunciato dalle stesse sezioni unite con la sentenza n. 11227

del 6.11.1992, secondo cui l'esercizio del potere previsto dall'art. 507 c.p.p. può essere esercitato

anche con riferimento alle prove che le parti avrebbero potuto richiedere .

Peraltro, alla ammissione della prova ex art. 507 c.p.p. il "Giudice non potrebbe non far seguire

l'ammissione anche delle eventuali prove contrarie".

Una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme che prevedono poteri istruttori da

parte del Giudice comporta necessariamente il riconoscimento del diritto alla prova contraria.

Applicando tali principi al rito abbreviato, la Cassazione , da un lato, ha ritenuto che "il potere

integrativo istruttorio del Giudice previsto dall'art. 441 c.p.p., comma 5 è esercitabile anche nel

momento stesso in cui viene disposto il giudizio abbreviato, difettando una qualunque previsione in

senso contrario e considerato che, sulla base degli atti, il Giudice può sin dal primo momento

valutare la necessità di acquisire ulteriori elementi necessari alla decisione" 140 ; dall'altro, ha

affermato che all'imputato "che abbia richiesto il rito speciale senza integrazioni probatorie deve

riconoscersi, nel caso in cui il Giudice assuma d'ufficio nuovi elementi necessari alla decisione, il

diritto alla controprova..... secondo una ragionevole analogia con l'interpretazione giurisprudenziale

dell'art. 507 c.p.p." 141 .

Una siffatta interpretazione dell'art. 441 c.p.p., comma 5 rende manifestamente infondata il sospetto

di incostituzionalità della norma , con riferimento all'art. 111 c.p.p., comma 2 , nella parte in cui

non prevede il diritto del PM di chiedere l'ammissione di prova contraria nell'ipotesi in cui

l'imputato abbia depositato il fascicolo delle investigazioni difensive e contestualmente formulato

richiesta di giudizio abbreviato.

                                                            139 Cass. sez. un. n. 41281 del 17.10.2006 140 Cass. sez. 6 n. 36236 del 7.7.2004, Mascarucci e successive tutte conformi 141 Cass. sez. 5 n. 11954 dell'8.2.2005, Marino; Cass., sez. 5 n. 19388 del 9.5.2006

50  

La stessa Corte Costituzionale ha "suggerito" di esplorare la concreta praticabilità delle soluzioni

offerte dall'ordinamento al fine di porre rimedio alla denunciata anomala sperequazione tra accusa e

difesa 142 .

**************

Il Giudice, ferma la necessità e il rispetto del thema probandum rimesso al suo scrutinio, non

incontra alcun limite nell’esercizio dei poteri ex art. 441 comma 5 c.p.p.

Un primo orientamento di legittimità 143 sosteneva che, anche dopo le modifiche apportate dalla L.

16 dicembre 1999, n. 479, se al Giudice del giudizio abbreviato si doveva riconoscere la facoltà di

assumere, anche d'ufficio, gli elementi necessari alla decisione, gli era tuttavia preclusa, dalla scelta

del rito, l'acquisizione di prove concernenti la ricostruzione storica del fatto e l'attribuibilità di esso

all'imputato , in quanto la scelta processuale della difesa di essere giudicata sulla scorta degli

elementi raccolti dal pubblico ministero sarebbe stata vanificata e snaturata se il potere del Giudice

di integrare la prova fosse stato illimitato , arrivando al punto di poter sostituire l'organo giudicante

a quello inquirente nella ricerca di elementi idonei a verificare (e non invece a confermare) se il

soggetto tratto a giudizio fosse effettivamente autore di un reato e se il fatto contestato integrasse gli

estremi di un reato perseguibile.

Tale orientamento, tuttavia, è stato decisamente superato da tutti i successivi e stabili

pronunciamenti della Suprema Corte.

Se ai sensi dell'art. 442 c.p.p., comma 1 bis c.p.p. , si è ritenuto, la sentenza conclusiva del giudizio

abbreviato può tenere conto di tutti gli atti ritualmente acquisiti al corredo processuale, purchè non

affetti da vizi eccepiti dalle parti o rilevabili d'ufficio, l'ordinanza ammissiva del giudizio

abbreviato non attribuisce affatto all'imputato un diritto ad essere giudicato senza che il Giudice,

ricorrendone le condizioni, possa disporre, in qualsiasi momento della fase processuale,

un'integrazione probatoria che si rendesse necessaria per acquisire gli elementi necessari ai fini

della decisione, nell'ipotesi in cui non fosse appunto possibile, sia ex ante che ex post, decidere allo

stato degli atti.

Infatti, la richiesta di giudizio abbreviato non neutralizza i poteri officiosi del Giudice

cristallizzando, una volta ammesso il rito, il materiale processuale in quello posto dal pubblico

ministero a fondamento dell'azione penale od in quello acquisito dal Giudice all'esito

dell'integrazione probatoria cui l'imputato abbia, con successo, condizionato la richiesta di

ammissione al rito speciale.

                                                            142 Corte Cost. ordinanza n. 245 del 2005 143 Sez. 4, 15/06/2005, n. 35247, D'Amato, Rv. 232580

51  

Nulla paralizza, al cospetto di un'incompletezza di un'informazione probatoria risultante dagli atti

processuali, i poteri integrativi officiosi del Giudice.

Vale sul punto il rilievo che il giudizio abbreviato non presuppone più come condizione per la sua

ammissibilità la definizione del processo allo stato degli atti, con la conseguenza che l'accesso al

rito non può mai essere rifiutato in presenza di carenze del quadro probatorio od istruttorio.

Dal che sarebbe illogico e contrario alla funzione primaria del processo (accertamento della verità)

imbrigliare in irragionevoli schemi procedimentali i poteri di accertamento del Giudice.

Questo principio opera in assoluto, sia nel caso in cui l'imputato richieda il giudizio abbreviato

"puro", sia nell'ipotesi di richiesta di giudizio abbreviato condizionato ad una integrazione

probatoria.

Per questa ragione, la scelta unilaterale dell'imputato non può fondare alcuna aspettativa circa un

preteso diritto ad essere giudicati sulla sola base degli atti disponibili al momento dell'ordinanza

ammissiva del rito, perchè - qualora il Giudice, in qualsiasi momento, dovesse rendersi conto

dell'incompletezza delle indagini e della conseguente impossibilità di possedere gli elementi

necessari per la decisione - l'integrazione probatoria officiosa costituisce l'unica forma di

bilanciamento rispetto alla inevitabilità del giudizio abbreviato, rimesso alla scelta unilaterale

dell'imputato, ed essa non è condizionata alla sua complessità od alla lunghezza dei tempi

dell'accertamento probatorio nè è soggetta a limiti temporali e può dunque intervenire in qualsiasi

momento e fase della procedura 144 .

In definitiva, gli unici limiti a cui è soggetto l'esercizio del potere ex art. 441 comma 5 cit. sono

costituiti dalla necessità ai fini della decisione degli elementi di prova di cui viene ordinata

l'assunzione e dal divieto di esplorare itinerari probatori estranei allo stato degli atti formato dalle

parti .

Al Giudice è consentito di valutare la completezza dell'indagine e provvedere alla sua integrazione

o specificazione nell'area individuata dallo stato degli atti formato dalle parti, con la sola esclusione

della possibilità di seguire un autonomo percorso di indagine su elementi di fatto non esplorati dalle

stesse parti e risultanti già dagli atti 145 .

                                                            144  Sez. 6, 23/01/2009 n. 11558, Trentadue ed altre, Rv.243063; sul tema conformi Cassazione penale, sez. II, 18/09/2013, n. 40724 ; Cassazione penale, sez. V, 10/10/2014, n. 48725; Cassazione penale, sez. I, 01/07/2014, n. 42050 ; Cassazione penale, sez. III 07/02/2014 n. 20237 (data dep. 15 maggio 2014 145 Sez. 5, sent. n. 15124 del 19/3/2002, Rv. 221322

52  

L'iniziativa ufficiosa del Giudice, pertanto, potrà aver per oggetto sia una prova nuova sia, ove

necessaria, la ripetizione della prova già acquisita agli atti 146.

Sotto altro profilo, l'integrazione probatoria officiosa non si spingerà sino al punto da alterare la

concorrente funzione del processo penale, quale processo di parti a struttura accusatoria, con la

conseguenza che il ricorso ai poteri ex art. 441 c.p.p., comma 5, richiede pur sempre non la totale

assenza di informazione probatoria, al cui cospetto alcuna integrazione sarebbe ammissibile, ma

l'incompletezza di essa , le cui lacune debbano essere colmante per l'acquisizione non di un

qualsiasi elemento ma solo di quelli necessari per decidere 147 .

Da ultimo , secondo una pacifica linea interpretativa della Suprema Corte, la decisione di

esercitare nel rito abbreviato il potere di integrazione della prova riconosciuto dalla legge

processuale ex art. 441 c.p.p., comma 5, rientrando nella discrezionalità del Giudice preposto alla

trattazione del giudizio in forma abbreviata, non necessita di una specifica motivazione e non è

sindacabile in sede di legittimità 148 .

Peraltro, l'attivazione dei poteri di ufficio di cui all'art. 441 comma 5 c.p.p. può ben essere

sollecitata dalle stesse parti processuali le quali, seppur private per scelta dell’imputato dei propri

poteri (nel caso di richiesta "semplice"di giudizio abbreviato), possono in ogni caso sottoporre al

Giudice la necessità di procedere ad un qualche incombente istruttorio, rimettendosi a lui in ordine

alla sussistenza dei presupposti per far luogo alla invocata integrazione probatoria .

Par. 9) La decisione

Esaurita la fase della discussione, se il Giudice ritiene di poter definire il procedimento emetterà

sentenza secondo le regola generali del dibattimento.

Premesso l’effetto premiale come disciplinato dall’art. 442 c.p.p (riduzione secca di un terzo o

sostituzione dell’ergastolo con la pena di anni trenta di reclusione ovvero dell’ergastolo con

isolamento con l’ergastolo senza isolamento) la Suprema Corte ricorda che l'opzione per il rito

abbreviato implica in radice l'applicazione di una diminuente processuale secondo la legge in

misura fissa, sì da comportare una rilevante riduzione della pena.

                                                            146 Sez. 5, n. 36335 del 30.04.2012 ; Cassazione penale, sez. V 18/06/2014 n. 49568 (data dep. 27 novembre 2014 ; Cassazione penale, sez. V, 09/01/2015, n. 10096 147Cass., Sez. 5, n. 36335 del 30/4/2012, dep. 21/9(2012, Rv. 254027; Sez. 3, n. 12842 del 16/1/2013, dep. 20/3/2013, Rv. 255109; Sez. 3, n. 20237 del 7/2/2014, dep. 15/5/2014, Rv. 259644 ; Cassazione penale, sez. IV 20/05/2015 n. 34702 (data dep. 10 agosto 2015). 148  Cassazione penale, sez. I, 18/06/2015, n. 47710; Cassazione penale, sez. VI, 18/11/2015, n. 49469; Cass. Pen. Sez. 6^, n. 30590 del 16/06/2010, dep. 02/08/2010, Rv. 248043

53  

La scelta del rito non può, pertanto, essere valorizzata anche ai sensi dell'art. 133 c.p., a

fondamento di una (più favorevole per l'imputato) determinazione del trattamento sanzionatorio,

poichè, in caso contrario, si verificherebbe una indebita duplicazione di benefici, per l'effetto della

incongruamente reiterata valorizzazione, al medesimo fine, di una circostanza fattuale tipica, la cui

rilevanza ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio è già stabilita dalla legge con

disciplina ad hoc 149.

Inoltre, va rammentato che la riduzione della pena in seguito al giudizio abbreviato, risolvendosi in

un'operazione puramente aritmetica di natura processuale conseguente alla scelta del rito ad opera

dell'imputato, deve essere eseguita dal Giudice logicamente e temporalmente dopo la

determinazione della pena effettuata secondo i criteri e nel rispetto delle norme di natura sostanziale

previste dal codice penale.

Per cui , nella dosimetria della pena, il Giudice dovrà rispettare il seguente ordine:

- pena base;

- aumenti e diminuzioni per le circostanze , all’esito del giudizio di comparazione ex art. 69

c.p. se esse sono di segno diverso, laddove in caso di equivalenza non si farà luogo a

nessun aumento o diminuzione;

- aumenti per continuazione o concorso formale ex art. 81 c.p. , ricorrendone i presupposti;

- aumenti ex art. 72 e ss in caso di cumulo materiale di pene , in relazione ai reati per cui non

operi il temperamento della continuazione ;

- alla fine , riduzione per il rito, nei termini normati dall’art. 442 cit .

***********

Con particolare riguardo al riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p.,

nel caso in cui il procedimento venga definito nelle forme del giudizio abbreviato, vi è contrasto in

giurisprudenza in ordine al momento in cui deve intervenire il ravvedimento affinchè esso possa

essere preso in considerazione dal Giudice.

Tutto sta nella interpretazione dell’inciso “prima del giudizio” .

La norma, nel prevedere che la riparazione debba avvenire "prima del giudizio", ha inteso evitare

che la circostanza attenuante in oggetto possa essere fruita sulla base di una dimostrazione di

ravvedimento che, manifestata successivamente all'inizio del giudizio di primo grado, ben potrebbe

essere "interessata" e non, invece, il frutto di una spontanea resipiscenza, posto che, una volta preso

atto dell'andamento del dibattimento, l'imputato potrebbe determinarsi, secondo un calcolo di mera

opportunità, al comportamento previsto dalla norma in esame.

                                                            149  Cassazione penale, sez. II, 21/01/2014, n. 18379

54  

Si concorda sul fatto che la ragione del limite temporale fissato dal legislatore va individuata nella

possibilità di verifica, da parte del Giudice, del sincero ravvedimento, la cui prova può essere data

dall'imputato, secondo la presunzione logica che si evince dalla norma, solo prima che egli si sia

sottoposto al vaglio del giudizio .

Mentre , successivamente all'inizio del giudizio di primo grado, l’imputato , una volta visto

l'andamento del dibattimento, ancor prima della sentenza, potrebbe determinarsi solo secondo

maliziosa convenienza a risarcire il danno ovvero al comportamento alternativo previsto dalla

norma in esame 150 .

Tuttavia, stanti tali premesse, secondo una parte della giurisprudenza è l'ordinanza di ammissione al

rito a costituire il limite temporale entro cui deve essere effettuato il risarcimento del danno ai fini

del riconoscimento della relativa circostanza attenuante, costituendo tale procvvedimento “l’inizio”

del giudizio secondo il rito speciale 151 .

Secondo altra parte della giurisprudenza di legittimità, tale interpretazione non sarebbe

condivisibile.

Ciò in quanto, si sostiene, tale atto (l’ammissione del rito) non ha alcun significato di ragionevole

discriminazione tra manifestazioni dell'imputato di ravvedimento davvero disinteressate e

manifestazioni, invece, possibilmente suggerite dallo sfavorevole andamento processuale.

Un tale momento dovrebbe , invece, ravvisarsi nell'inizio della discussione ex art. 421 c.p.p., come

richiamato dall'art. 442 c.p.p., posto che solo successivamente a detto inizio possono insorgere

elementi predittivi di un epilogo processuale sfavorevole, tali da indurre l'imputato a risarcire il

danno allo scopo di ottenere l'attenuante 152.

Tale ultima interpretazione non convince.

Nel caso di giudizio ordinario, la Cassazione è unanime nel ritenere che il termine “prima del

giudizio” sia da riferire alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado 153 .

Sennonchè, a seguire il ragionamento proposto dall’ultimo orientamento, potrebbe opinarsi che

anche la mera dichiarazione di apertura del dibattimento è di per sé atto del tutto neutro, in quanto

l’imputato non gode affatto – a quale momento – di un qualche “alcun elemento predittivo

dell’epilogo del processo” ; per cui anche nel giudizio ordinario sarebbe da spostare in avanti il

                                                            150 Cass. Pen. sez. 6^, 25 novembre 1993, n. 897, rv. 197360 151  Cassazione penale, sez. IV, 30/04/2014, n. 39512; Cassazione penale, sez. II 13/11/2012 n. 45629 (data dep. 22 novembre 2012); Cass. Pen., sez. 04, del 28/06/2012, n. 32455 152  Cassazione penale, sez. III, 19/11/2014, n. 10490 153 Cassazione penale, sez. III, 19/01/2016, n. 18937

55  

termine finale de quo, in particolare alla fine dell’istruttoria dibattimentale, con ciò

contravvenendosi per tabulas al dato normativo.

In sostanza, l’individuazione del termine finale nell’inizio della discussione appare opinabile e

meno fedele alla norma , visto che il giudizio abbreviato è segnato , nel suo “inizio” , dalla

ordinanza di ammissione, esattamente come il giudizio ordinario dalla dichiarazione di apertura del

dibattimento.

Par. 9.1) Immutabilità del Giudice e rinnovazione in sede di abbreviato

In caso di mutamento della persona fisica del Giudice non si porranno , in sede di abbreviato puro,

esigenze di rinnovazione degli atti.

In difetto di una qualsivoglia attività istruttoria espletata davanti al Giudice del rito , per

definizione il materiale probatorio su cui deve fondarsi la decisione non si forma davanti ad “altro

Giudice”, di talchè è inconcepibile pensare ad una situazione equivalente o comunque lontanamente

paragonabile alla rinnovazione del dibattimento che si svolge nel rito ordinario.

Se tant’è, in sede di abbreviato puro non può operare l’art. 525 c.p.p. , che non a caso l'art. 442

c.p.p. neanche richiama quale norma applicabile al rito speciale.

Né rileva il principio di immediatezza , per il quale devono essere gli stessi giudici davanti a cui si

è formata la prova a impegnarsi per la decisione .

Nondimeno, nel giudizio abbreviato puro, rileverà l’esigenza che sia lo stesso Giudice che ha

assistito alla discussione ad assumere la responsabilità della decisione, posto che l’indefettibilità di

tale fase postula di per sé che le conclusioni delle parti raggiungano il Giudice-persona fisica che

poi definirà il giudizio.

Ecco perché si è affermato che "costituisce un'ipotesi di nullità assoluta per violazione del principio

dell'immutabilità del Giudice il frazionamento degli interventi conclusivi delle parti svolti dinanzi a

due collegi diversamente composti" 154 .

In definitiva, il Giudice subentrante, nel rito abbreviato puro, baderà solo al mancato inizio della

discussione e, ove questa sia già iniziata, alla rinnovazione della relativa fase davanti a lui 155 .

***********

Diversi sono i termini della questione in caso di rito abbreviato condizionato

Una volta che abbia luogo una attività di integrazione probatoria , con audizione di testi o

approfondimenti peritali, l'applicabilità anche al rito speciale ex art. 438 comma 5 c.p.p. del

principio di cui all'art. 525 c.p.p., comma 2 (secondo cui "alla deliberazione concorrono, a pena di

                                                            154  Cass. Sez. 5^, 25.9/22.11.2012, Scambia, Rv. 2540049 155 Cassazione penale, sez. II, 17/07/2013, n. 32367

56  

nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento") non può essere messa in

discussione, trattandosi di un principio per cui il giudizio sulla responsabilità dell'imputato deve

essere espresso dalle stesse persone fisiche che hanno partecipato – se non al dibattimento ,

comunque – ad una pregressa fase di assunzione della prova 156.

Alla fase dell’"assunzione delle prove" corrisponderà non il dibattimento, ma l'espletamento delle

prove integrative richieste dalla parte (o disposte di ufficio dal Giudice ex art. 441 comma 5

c.p.p.) 157 .

Da tanto deriva la necessaria estensione al rito abbreviato condizionato (o abbreviato puro con

integrazione ex art. 441 c. 5 c.p.p. ) del regime della rinnovazione degli atti probatori in caso di

mutamento della persona fisica del Giudice che ha assunto le prove, così come imposto nella sede

dibattimentale 158.

**************

Resterà in ogni caso fuori dalle esigenze di rinnovazione la precedente fase relativa alla

deliberazione del rito, con particolare riguardo alla ammissione della sua modalità "condizionata".

Invero, una volta adottata l’ordinanza ammissiva del rito ex art. 438 c.p.p. , la tassatività delle

ragioni della revoca (cfr supra Par. Revoca della richiesta e del rito) impediranno al nuovo Giudice

di intervenire sul provvedimento di ammissione159 : ciò che vale a fortiori in caso di ammissione di

rito abbreviato puro, atto obbligato per il Giudice e, come tale, ancor di più irrevocabile al di fuori

dei casi previsti.

Secondo la stessa logica, una volta intervenuta la decisione incidentale sulla ammissibilità del rito

alternativo (con ammissione), qualora si verifichi mutamento della persona fisica del Giudice deve

ritenersi preclusa, dinanzi al nuovo Giudice, una richiesta di applicazione di pena concordata 160.

                                                            156 Sezioni Unite sentenza n. 26 del 2000 mass. 216768 157 cfr. in argomento Cass. sent. 33840 del 2006 158 Cassazione penale, sez. VI, 22/01/2009, n. 13111 159 Cass. sentt. nn. 17317 e 3395 del 2004 160 Cass. Pen. Sez. 3, Sentenza n. 30416 del 01/07/2016 Cc. (dep. 18/07/2016 ) Rv. 267353

57  

PARTE SECONDA: PATTEGGIAMENTO

Par. 10) Premesse di inquadramento  

Il “patteggiamento” è un rito premiale predibattimentale attivato dall’accordo delle parti sulla pena

da irrogare.

Esso non implica ammissione di responsabilità né tantomeno confessione per fatti concludenti, ma

solamente rinuncia a difendersi e accettazione di una pena scontata in cambio delle energie e del

tempo fatto risparmiare nell'interesse generale della amministrazione della giustizia.

Il patteggiamento definisce in modo negoziale il procedimento e dalla equiparazione di cui all'art.

445 non può derivare alcuna ammissione di responsabilità da far valere fuori del procedimento così

definito» 161 .

Con la L. 12.6.2003, n. 134, che ha introdotto il c.d. «patteggiamento allargato», l’istituto è stato di

fatto esteso in misura ampia ad una vasta seria di reati, ben oltre i confini della criminalità

bagatellare, con possibilità di irrogazione di una pena fino ad anni cinque di reclusione soli o

congiunti a pena pecuniaria.

Nell'intento di temperarne l'accresciuta estensione applicativa, il patteggiamento “allargato” risulta

escluso per ragioni di tipo oggettivo ( nei procedimenti per i delitti di criminalità organizzata, di

terrorismo ovvero per determinati delitti contro la personalità individuale o contro la libertà

sessuale) e soggettivo (coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per

tendenza, o recidivi ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale).

Rispetto ai procedimenti rientranti nelle preclusioni de quibus trova applicazione l’ordinario limite

dei due anni di reclusione soli o congiunti a pena pecuniaria

La Consulta è stata anche investita dello scrutinio di costituzionalità del regime delle esclusioni

oggettive e soggettive del patteggiamento c.d. "allargato", sotto il profilo della compatibilità con

l'art. 3 Cost., dichiarando la manifesta infondatezza delle questioni prospettate sul presupposto che

il regime delle preclusioni costituisce frutto di una scelta di per sé non censurabile, in quanto

tendente a riequilibrare, per ragioni oggettive o soggettive particolarmente qualificate, una

dilatazione del perimetro della giustizia negoziata 162 .

Par. 11) La richiesta di patteggiamento e la volontà dell’imputato

                                                            161 C., Sez. VI, 27.11.1995, Birba, in CP, 1997, 1831; C., Sez. VI, 25.5.1993, Franco, in CP, 1995, 131; C. St., Sez. IV, 12.12.1997, n. 1416, in FPe, 1998, 2, 441 162 C. Cost. 28.12.2006, n. 455, in Sito Uff. Corte Cost., 2007

58  

Ai sensi dell’art. 446 commi 2 e 3 c.p.p., la richiesta di patteggiamento può essere formulata,

oralmente all’udienza o per iscritto negli altri casi, dalla parte personalmente o dal suo procuratore

speciale (con sottoscrizione autenticata ex art. 583 comma 3 c.p.p.).

È principio consolidato quello per il quale la domanda ex art. 444 c.p.p. costituisce un atto

dispositivo personalissimo dell'imputato, la cui volontà deve perciò essere necessariamente espressa

nei modi previsti 163 .

La volontà dell’imputato ai fini di cui all’art. 444 c.p.p. (sia che assuma l'iniziativa del concordato

sulla pena, sia che aderisca alla proposta del p.m.) è un atto negoziale di assoluta rilevanza (un atto

cd. personalissimo), perché incidente sul suo diritto di libertà.

Come tale , essa richiede effettività e sicura riconducibilità all’interessato nonchè consapevolezza

in ordine agli effetti giuridici che l'espressione del "consenso" produce.

Effettività e riconducibilità della volontà

Con riguardo ai profili della effettività e riconducibilità , il codice richiede la formalità della

procura speciale onde render certa la sussistenza della volontà dell’imputato in ordine all’accordo

ex art. 444 c.p. su cui deve intervenire la sentenza di applicazione del Giudice .

***********

A parte le ipotesi di manifestazione di volontà a patteggiare proveniente direttamente dall’imputato

o indagato, la richiesta può essere presentata dal difensore soltanto se lo stesso vi sia abilitato a

mezzo di procura speciale (art. 446, comma 3, c.p.p.).

In difetto, il difensore, pur esercitando i diritti e assumendo i doveri del suo mandato, non è

legittimato a presentare la richiesta di "patteggiamento", perché questa in tale evenienza non

sarebbe di sicuro riferibile all'imputato 164 .

Peraltro, sempre a presidio della effettività della scelta, si è affermato che il difensore munito di

procura speciale rilasciata esclusivamente per chiedere l'ammissione al rito abbreviato non può

concordare l'applicazione della pena, a pena della invalidità dell’accordo comunque raggiunto 165 .

*********

                                                            163 v. Sez. VI, 29 maggio 2009, n. 23804, inC.E.D. Cass., n. 244289; Vedi anche: Cass. pen., sez. VI, 29 maggio 2009 n. 23804 164 Cassazione penale, sez. IV, 14/02/2007, n. 11981; Cassazione penale 01 ottobre 2013 n. 45328 sez. II ; Cassazione penale 26 marzo 2009 n. 16111 sez. IV 165 Cassazione penale, sez. V, 27/11/2015, n. 4604

59  

I poteri che derivano dalla procura dell’imputato si caratterizzano "intuitu personae" e non possono

essere compresi fra quelli esercitabili dal sostituto processuale del difensore a norma dell'art. 102

c.p.p. 166.

Ecco perché al procuratore speciale non è consentito delegare altra persona per la formalizzazione

dell’accordo, a meno che tale facoltà non sia stata conferita espressamente all’atto del rilascio della

procura speciale ex art. 446, comma 3, c.p.p..

Se manca il riconoscimento della facoltà di farsi sostituire , il sostituto del difensore nominato ex

art. 102 c.p.p., pur esercitando i diritti e assumendo i doveri del difensore, non è legittimato a

presentare la richiesta di patteggiamento o a modificare quella originariamente presentata dal

difensore nominato procuratore speciale.

E se agisce in ogni caso, l'accordo per l'applicazione di pena è nullo.

**********

Il grado di specificità della procura speciale, definendo meglio il contenuto della volontà

dell’imputato, può da un lato vincolare maggiormente l’operato del procuratore speciale , il quale

da essa non potrà discostarsi, dall’altro legittimare sostituzioni anche non espressamente previste.

Pertanto, una volta che la procura speciale predetermini la pena o specifichi le condizioni cui la

richiesta sia subordinata , non è consentito al procuratore speciale dell'imputato di travalicare i

limiti del mandato ricevuto , dovendo egli attenersi alle direttive del suo assistito : la ratifica di un

concordato affetto dalla violazione dei limiti contenutistici fissati in sede di procura speciale

determinerebbe la nullità della sentenza per difetto di volontà dell’imputato 167 .

Di converso, una volta che sia stata rilasciata procura speciale per il patteggiamento con

indicazione espressa della misura della pena e del computo per giungere ad essa, il sostituto del

difensore potrebbe validamente perfezionare l'accordo sulla pena, anche se non è stata prevista la

facoltà del procuratore speciale di farsi sostituire, in quanto in tal caso il sostituto sarebbe un mero

"nuncius" di una volontà già chiaramente espressasi dell'imputato e non vi sarebbe alcun vulnus

alla sicura riferibilità dell’atto dispositivo personalissimo al medesimo 168 .

                                                            166 Cassazione penale, sez. IV, 17/06/2011, n. 33451; Cassazione penale, sez. II, 06/04/2011, n. 17381; Cass. pen., sez. III, 3 novembre 1999 n. 14164, Cass. pen., sez. IV, 20 maggio 1997 n. 1369, Cass. pen. n. 554 del 1997 167  in applicazione del principio, la S.C. ha annullato una sentenza di patteggiamento ad una pena, non sospesa condizionalmente, che il P.M. aveva concordato con il difensore e procuratore speciale dell'imputato, nonostante quest'ultimo avesse espressamente condizionato la procura alla concessione del predetto beneficio; Cassazione penale, sez. V, 07/09/2015, n. 37262 ;Cassazione penale, sez. III, 21/11/2007, n. 6427 168 Cassazione penale, sez. I, 25/09/2012, n. 43045

60  

************

La presenza dell’imputato risolve in radice ogni questione afferente alla effettività del suo consenso,

quando l’ istanza di patteggiamento venga formulata dal difensore di fiducia, pur privo di procura

speciale.

Invero, la presenza in udienza e il fatto che la richiesta concernente il rito speciale provenga da un

soggetto non a lui contrapposto, ma che con lui costituisce la medesima parte processuale e che è

deputato ad agire nel suo interesse (il difensore), rappresentano elementi idonei a conferire

all'atteggiamento silente dell'assistito portata dimostrativa di una volontà identica a quella

enunciata dal difensore: il che consente di ricondurre la domanda di quest'ultimo direttamente

all'imputato 169.

Consapevolezza dell’accordo

La consapevolezza della pattuizione ex art. 444 c.p.p rileva , in sede di processo penale, solo con

riguardo al profilo della capacità di intendere e di volere.

Ciò in quanto la capacità di intendere e di volere dell'imputato e la sua cosciente partecipazione al

processo rappresentano il presupposto giuridico cardine dell'esistenza di un valido processo

penale, la precondizione di ogni giudizio che eventualmente si concluda con una affermazione di

responsabilità.

Di tal che l'accertamento della capacità d'intendere e di volere dell'imputato è preliminare all’

instaurazione di qualunque giudizio valutativo di merito sulla regiudicanda penale

Su tali basi, si è sostenuto, la natura giuridica di atto negoziale rivestita sul piano processuale dal

consenso espresso dalla parte privata nell'accordo sanzionatorio concluso con il p.m. consente di

evocare l'efficacia estensiva, anche nella sede penale, di taluni principi civilistici disciplinanti la

manifestazione della volontà negoziale e la sua validità.

In tale ottica, nel quadro del richiamo effettuato per gli atti unilaterali dall'art. 1324 cod. civ. alle

norme regolanti i contratti in quanto applicabili, viene in rilievo la fondamentale disposizione

dell'art. 428 c.c., comma 1 (in rel. art. 1445 c.c., comma 2) in tema di incapacità naturale, che

commina l'invalidità (annullabilità) degli atti unilaterali compiuti da persona che, pur non interdetta,

"si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere e di volere al

momento in cui l'atto è stato compiuto", in tutti i casi in cui l'atto sia fonte di "grave pregiudizio"

per il suo autore.

Sulla scorta di tali norme, un patteggiamento intervenuto con imputato incapace non potrebbe che

essere caducato in sede di impugnazione.                                                                                                                                                                                                       169 Cassazione penale, sez. VI, 16/02/2011, n. 8492

61  

Infatti, al manifestarsi di elementi seriamente idonei a rappresentare un vizio di mente, il Giudice è

tenuto ad un accertamento specifico in ordine alla effettiva sussistenza della capacità a stare in

giudizio dell’interessato, in mancanza della quale il consenso non potrebbe reputarsi idoneo alla

definizione del processo con il rito alternativo di cui all'art. 444 cod. proc. pen. 170.

Non rileva, di contro, l’errore dell’imputato ai fini della validità del patteggiamento.

Può infatti verificarsi che l’interessato , nell’accedere all’accordo ex art. 444 c.p.p. , non ne abbia

ben compreso la portata o il contenuto, cadendo in errore sui relativi effetti.

Sennonchè, è principio pacifico che la pretesa divergenza tra volontà e dichiarazione in sede di

patteggiamento non può essere censurata in sede d'impugnazione, poichè al negozio processuale

concluso dalle parti ai sensi dell'art. 444 c.p.p. non si applica la normativa che regola la rilevanza

dell'errore nei negozi di diritto sostanziale, ma il regime della nullità degli atti processuali.

Quest’ultima non prevede la cennata divergenza come causa di nullità, stabilendo anzi l'art. 182

c.p.p., espressamente, "che le nullità previste dagli artt. 180 e 181 non possono essere eccepite da

chi vi ha dato ho a concorso a darvi causa", norma questa senz'altro applicabile quando l'imputato,

pur quando non ha compreso il contenuto dell'atto, ha comunque (colpevolmente) sottoscritto la

procura speciale rilasciata al difensore che lo assiste, con ciò concorrendo nel dar causa alla teorica

nullità 171 .

Par.12) I termini per la richiesta -

rinnovazione e reiterazione della richiesta -

sindacato del Giudice dibattimentale

Nel caso in cui si proceda a seguito di decreto di citazione diretta a giudizio, per l’accesso al

patteggiamento trova applicazione la generale disposizione di cui all’art. 555, comma 2, c.p.p., che

impone la necessità di formulare la richiesta del rito alternativo “prima della dichiarazione di

apertura del dibattimento “.

Stesso termine deve osservarsi in caso di rito direttissimo , nel corso del quale l’imputato può

accedere al patteggiamento “subito dopo l’udienza di convalida” ex art. 566 comma 8 c.p.p. ed in

ogni caso “fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento” ex artt. 446 comma 1 c.p.p. .

                                                            170 Cassazione penale, sez. VI 02/04/2012 n. 13183 (data dep. 05 aprile 2012);  Cassazione penale, sez. VI 21/01/2016 n. 7530 (data dep. 24 febbraio 2016) 171 Cass. Pen. Sez. 6, Ordinanza n, 3560 del 25/11/1993, Rv. 197720; Sez. 6, Sentenza n. 6580 del 15/2/2000, Rv. 217103; Sez. 2, Sentenza n. 311 del 19/12/2006, Rv. 235070; da ultimo, Cassazione penale, sez. I, 21/10/2010, n. 41995

62  

Trattasi di termini perentori, la violazione dei quali rende illegittimo un eventuale accordo

intervenuto tra le parti 172 .

********

E’ poi previsto dall’art. 448 comma 1 secondo periodo c.p.p. che “nel caso di dissenso da parte del

pubblico ministero o di rigetto della richiesta da parte del Giudice per le indagini preliminari,

l'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado , può rinnovare la

richiesta”.

La norma non incide sulla maturate preclusioni.

Essa riconosce all'imputato , infatti, solo la facoltà di “rinnovare” la richiesta , non di presentarla

per la prima volta "in limine iudicii"173 .

Per l’effetto, il Giudice del dibattimento verificherà:

- o che l’imputato abbia tempestivamente avanzato una richiesta di patteggiamento , nel corso

delle indagini o dell’udienza preliminare, ed il PM abbia espresso dissenso;

- o che il Giudice dell’udienza preliminare (a fronte di una richiesta concorde avanzata entro

le conclusioni ex artt. 421 e 422 c.p.p., coma da art. 446 comma 1 c.p.p.) ovvero il GIP nel

corso delle indagini (come da art. 447 c.p.p.) ovvero il GIP a seguito di emissione di

decreto di giudizio immediato (coma da artt. 446 comma 1 e 458 c.p.p.) abbiano rigettato

l’accordo ex art. 444 c.p.p. già formalizzato tra le parti.

Solo successivamente, ricorrendo tali presupposti, provvederà a delibare sulla nuova proposta di

patteggiamento.

Va da sé che il Giudice potrà emettere “immediatamente sentenza” ex art. 444 c.p.p. (art. 448

comma 1 secondo periodo c.p.p.) solo quando , sulla rinnovata richiesta di patteggiamento,

intervenga subito l’assenso del PM.

Non potrà procedere in tal senso , pur a fronte di una rituale rinnovazione , quando perduri il

dissenso del p.m., in quanto in tal caso soccorrerà solo il suo sindacato all'esito del giudizio, coma

da art. 448 comma 1 ultimo periodo c.p.p. , quando il Giudice avrà gli elementi per valutare se il

dissenso sia giustificato o meno 174 .

                                                            172 Cass., sez. 6^, 08/05/2009, n. 20390, rv 243847 173 Cassazione penale, sez. V 10/10/2012 n. 795 (data dep. 08 gennaio 2013; Cass, sez. 6^, 11 novembre 2003, n. 46783, Marega 174 Cassazione penale, sez. VI, 23/10/2009, n. 42374; Cassazione penale, sez. II, 13/05/2008, n. 22695

63  

In ogni caso, sulla necessità delle precedente e tempestiva richiesta onde ritenere ammissibile la

“rinnovazione” dell’istanza di patteggiamento , è stato affermato che la richiesta di patteggiamento

solo preannunciata nel corso dell'udienza preliminare, ma mai formalizzata , è inesistente, in quanto

inidonea ad integrare una proposta negoziale.

Pertanto, essa non può essere rinnovata prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, in

quanto la sua proposizione "in limine litis" equivarrebbe alla presentazione della stessa per la prima

volta, in un momento in cui il suo compimento è ormai precluso175 .

********

La Suprema Corte 176 ha da tempo affermato che il termine "rinnovare" di cui all'art. 448 c.p.p.,

comma 1, secondo periodo, non può essere interpretato nel senso che la riproposizione della

richiesta di patteggiamento sia formulata in termini identici ad altra precedente istanza, ma evoca il

significato di una "nuova richiesta", secondo quanto osservato anche dalla Corte Costituzionale

nell'ordinanza n. 426/2001.

Il lemma "rinnovare", infatti, a differenza di quello "riproporre", ad esempio usato dal legislatore

nell'art. 438 c.p.p., comma 6, in tema di riproposizione della richiesta di giudizio abbreviato, che

presuppone una perfetta coincidenza della nuova attività con quella precedente, evoca il significato

di una "nuova domanda".

La richiamata disposizione normativa deve essere, pertanto, interpretata nel senso che la nuova

domanda non deve reiterare quella precedente 177.

**********

La preclusione di una "nuova richiesta", intesa come "diversa richiesta", è prevista unicamente in

caso di opposizione a decreto penale.

In particolare, nel caso in cui l'istanza ex art. 444 c.p.p., proposta contestualmente all'opposizione al

decreto penale di condanna, sia stata rigettata dal GIP, con successiva emissione del decreto di

giudizio immediato ex art. 464 c.p.p. , la stessa può essere riproposta all'apertura del conseguente

dibattimento solo se reitera esattamente quella precedente.

Ciò deriva dallo specifico divieto di cui all'art. 464 c.p.p., comma 3, secondo cui “nel giudizio

conseguente all'opposizione, l'imputato non può chiedere l'applicazione della pena su richiesta”.

                                                            175 Cassazione penale, sez. III, 23/06/2015, n. 37879 176 Sez. 6^, n. 20794 del 19/01/2010, dep. 03/06/2010, Rv. 247361; Sez. 3^, n. 28641 del 28/05/2009, dep. 14/07/2009, Rv. 244581 177 Cassazione penale, sez. VI, 24/09/2014, n. 42775

64  

Sennonchè, ha chiarito la giurisprudenza, tale ultima preclusione attiene solo alla richiesta di

patteggiamento presentata per la prima volta nel giudizio conseguente all'opposizione al decreto

penale, richiesta inibita ad un imputato che ha volontariamente optato per il rito ordinario.

Di contro, allorquando l’imputato affronti il dibattimento solo perché il GIP gli ha rigettato una

richiesta ex art. 444 c.p.p. ovvero il PM non abbia espresso consenso alla sua proposta , nulla osta

a che egli reiteri fedelmente la stessa , quale presupposto perché possa esercitarsi ex art. 448 c.p.p.

il sindacato del Giudice del dibattimento sulla precedente decisione di rigetto o sulle ragioni del

dissenso del PM 178.

**********

La richiesta di patteggiamento, ritualmente avanzata o rinnovata davanti al Giudice del

dibattimento, non può essere rinnovata davanti ad altro Giudice, una volta che sia stata rigettata ed

il Giudice abbia conseguentemente dichiarato la propria incompatibilità.

Dopo la sentenza C. Cost, n. 186 del 1992, che ha comportato l’incompatibilità al giudizio del

Giudice del dibattimento che ha respinto la richiesta di patteggiamento, sorse il problema relativo

alla possibilità, per le parti, di reiterare indefinitamente la medesima richiesta di “patteggiamento”,

così provocando uno stallo processuale a causa delle possibili continue incompatibilità a seguito

dei ripetuti rigetti, siccome già ventilato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 439 del 1993 179.

Ecco che la L. n. 479 del 1999 , richiamando tale problema e il rischio di paralisi conseguente,

onde evitare la possibilità di reiterare all’infinito la richiesta dopo che precedente Giudice l’aveva

rigettata, inseriva nell’art. 448 c.p.p., comma 1 l’inciso “la richiesta non è ulteriormente

rinnovabile dinanzi ad un altro Giudice”: l’intento era espressamente “evitare” i detti effetti

paralizzanti (Atti parlamentari, Senato, DDL 3807-B, Commissione Giustizia in sede referente,

seduta 510 del 30.11.1999, p. 65 stampato).

Per l’effetto, dopo il rigetto del Giudice del dibattimento, nessuna nuova richiesta , pur nelle fasi

preliminari al dibattimento, è ammissibile 180 .

****************

                                                            178 Cassazione penale, sez. IV, 19/04/2005, n. 20610; Cass. Sez. 3^, 28/5/2009 n. 28641; Cfr. Cass. Sez. 4, 24/10/2007 n. 46367, Caminiti; Sez. 3, 12/5/2005 n. 20517, Morelli 179 v. pure Corte Cost. ord. n. 199 del 1995 e n. 231 del 1997 180 Cassazione penale, sez. I, 22/04/2010, n. 16889

65  

Quando interviene una sentenza di annullamento da parte della Cassazione avente ad oggetto una

pronuncia ex art. 444 c.p.p, del Giudice di prime cure, le parti possono sempre riproporre la

richiesta di patteggiamento davanti al Tribunale.

Esse, infatti, sono rimesse dinanzi al Giudice nelle medesime condizioni in cui si trovavano prima

dell'accordo annullato e pertanto non è loro preclusa la possibilità di ripresentarlo , sia pure in

termini diversi.

Si instaura in tal caso un processo "ex novo", sicché sono privi di effetti giuridici gli atti

presupposti, quali la richiesta di patteggiamento e il consenso prestato dall'altra parte, e non si può

provvedere secondo il rito speciale senza il rinnovo della procedura sin dall'inizio 181 .

**********

Ai sensi dell’art. 448 comma 1 ult. comma c.p.p. il Giudice pronuncia sentenza di patteggiamento

anche “ dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione quando

ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero o il (precedente) rigetto della richiesta”.

L’ipotesi più ricorrente è quella del protratto dissenso del PM , anche a fronte di una richiesta

“rinnovata” da parte dell’imputato davanti al Giudice del Dibattimento.

In tal caso, il Giudice non può delibare sulla richiesta di patteggiamento se non all'esito del

giudizio, disponendo solo allora degli elementi per valutare se il dissenso sia giustificato o meno 182.

In particolare, si è puntualizzato che il Giudice del dibattimento non solo non ha l'obbligo di

vagliare immediatamente la fondatezza o meno del dissenso espresso del P.M. e di accogliere la

richiesta dell'imputato, ma, anzi, deve procedere al dibattimento , rappresentando questo l'unico

strumento idoneo a fornire gli elementi sulla base dei quali esaminare la posizione del P.M. e, ove

ritenuto ingiustificato il dissenso manifestato dalla parte pubblica, valutare la congruità della pena

richiesta e applicarla.

A tali conclusioni si è pervenuti in adesione alla soluzione ermeneutica indicata dalla Corte

Costituzionale, secondo cui "l'art. 448 c.p.p., comma 1, ove interpretato nel senso che al Giudice del

dibattimento è riconosciuto il potere di accogliere la richiesta di patteggiamento in limine litis anche

in assenza del consenso del Pubblico Ministero, si porrebbe in contrasto con la struttura negoziale

che caratterizza l'istituto dell'applicazione della pena, in quanto verrebbe ad espropriare il Pubblico

                                                            181 Cassazione penale, sez. VI, 21/04/2008, n. 34810; Sez. 2^, 22 dicembre 2004, n. 168, Colangelo; Cassazione penale, sez. un., 27/05/2010, n. 35738 182  Sez. 2, Sentenza n. 22695 del 13/05/2008, Rv. 240415, Rea; sez. 6, Sentenza n. 31949 dell'11.4.2007, Rv. 237205, Raffi

66  

Ministero del suo potere di concorrere, in condizioni di parità con l'imputato, alla scelta del rito, e

sacrificherebbe l'esercizio del suo diritto alla prova in dibattimento" 183.

In sostanza, il comma 1 dell’ art. 448 c.p.p. consente al Giudice del dibattimento di emettere

immediatamente la sentenza solo quando le parti abbiano rinnovato il loro accordo, in precedenza

rigettato dal G.I.P. o GUP, o abbiano per la prima volta raggiunto tale accordo, avendo il P.M.

accettato il nuovo assetto pattizio .

Nel caso in cui, invece, il P.M. abbia reiterato il proprio dissenso rispetto alla richiesta di

applicazione della pena, non può essere negato all'organo dell'accusa l'accesso all'istruttoria

dibattimentale ed all'esito il Giudice valuterà se tale diniego sia ingiustificato184 .

Ciò posto, la sentenza di “patteggiamento” all’esito del dibattimento ha connotazioni diverse

rispetto a quella pronunciata a norma dell'art. 444 c.p.p. prima della celebrazione del medesimo.

Trattasi, infatti, di sentenza che viene pronunciata al termine dell’istruttoria ed è, quindi, fondata su

una piena cognizione del Giudice.

Ne consegue che essa comporta un giudizio di responsabilità, che non è, invece, implicato dalla

sentenza ex art. 444 c.p.p. emessa prima del dibattimento.

In particolare , dal momento che , per effetto del precedente rigetto e/o del dissenso del PM , è stata

svolta la istruttoria dibattimentale, il Giudice, nell'adottare la decisione, non può prescindere dalla

valutazione degli elementi di giudizio propri della cognizione piena.

Quindi, applicherà la pena proposta dall'imputato soltanto nel caso in cui ritenga, motivatamente, di

dovere pronunciare una sentenza di condanna.

Su tali basi, la sentenza di applicazione della pena richiesta dall'imputato a conclusione del

dibattimento è diversa da quella emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p., essendone accomunata solo a

determinati effetti e, principalmente, al fine di riconoscere il diritto dell'imputato, che abbia

formulato tempestiva richiesta, al trattamento premiale (sconto di pena ed esonero dalle spese

processuali, dalle pene accessorie e dalle misure di sicurezza ) 185.

Va da sé, peraltro, che il Giudice non sarà certo tenuto , all'esito del dibattimento, ad enunciare

specificamente le ragioni per le quali ritiene giustificato il dissenso del p.m. o il rigetto di

precedente Giudice sulla richiesta predibattimentale di applicazione della pena, sussistendo un

                                                            183  Corte Cost. ordinanza n. 100 del 28 marzo 2003 184 Cassazione penale, sez. II, 13/05/2008, n. 22695; cfr Cassazione penale, sez. IV, 28/11/2007, n. 877; Sez. VI, 11 aprile 2007, n. 31949, Raffi, ; Cassazione penale, sez. VI, 23/10/2009, n. 42374 185 Cassazione penale, sez. I, 04/06/2015, n. 37611; Cassazione penale, sez. III, 17/04/2002, n. 21406; Cassazione penale, sez. IV, 28/11/2007, n. 877

67  

obbligo di specifica motivazione solo quando, al contrario, ritenga tale dissenso o rigetto

ingiustificato , applicando la sanzione 186 .

Il Giudice del dibattimento , sotto altro profilo, non può accogliere, ai sensi dell'art. 448 c.p.p., la

proposta di patteggiamento presentata dall'imputato, quando il p.m. non abbia espresso alcun parere

sulla proposta medesima.

La Suprema Corte ha evidenziato come il potere di surroga "ex lege" del Giudice al p.m. deve

considerarsi un'eccezione alla regola generale della parità delle parti e compete nella sola ipotesi di

cui al comma primo dell'art. 448 c.p.p., quando cioè la manifestazione di dissenso del p.m. non sia

sorretta da adeguata motivazione o non sia giustificata .

Per l’effetto, sarà cura del Giudicane sollecitare una chiara presa di posizione del PM nel caso in

cui vi sia silenziosa inerzia a fronte di una richiesta ex art. 444 c.p.p. ritualmente avanzata

dall’imputato 187 .

Par. 13) Alternatività dei riti

La Suprema Corte ha piu' volte statuito che giudizio abbreviato e patteggiamento sono istituti

alternativi per cui non e' consentita la conversione dell'uno nell'altro.

Sul punto , si rinvia il lettore a quanto già ampiamente esposto nel Par. 3.5 .

Qui è solo il caso di ribadire che, solo una volta richiesto e ammesso il giudizio abbreviato, il

procedimento non può essere definito con una sentenza di patteggiamento.

Ciò significa che se l’imputato chiede rito abbreviato condizionato e si veda rigettare l’istanza, ben

si potrà immediatamente avanzare richiesta ex art. 444 c.p.p., posto che non è stato incardinato il

diverso rito e non sono maturate le preclusioni temporali di legge, trovandosi il procedimento

sempre nelle fasi preliminari del dibattimento .

Sotto altro profilo il Giudice, qualora all'esito del giudizio abbreviato ritenga ingiustificato il

diniego del p.m. alla originaria richiesta di patteggiamento, non può certo pronunciare sentenza di

accoglimento di tale richiesta ai sensi dell'art. 448 c.p.p. 188, non potendo più esercitare il sindacato

di cui alla citata norma una volta che il procedimento sia proseguito con il diverso rito ex art. 438 e

ss. c.p.p. 189.

                                                            186 Cassazione penale, sez. V, 21/10/2014, n. 2782 187 Cassazione penale, sez. III, 20/06/2013, n. 37378 188 Corte cost. n. 225 del 2003 189 Cassazione penale, sez. VI, 10/12/2009, n. 1940; cfr Sez. III, 11 luglio 2007, n. 32234, Lupo, in questa rivista, 2008, p. 3378; Sez. V, 22 settembre 1999, n. 11945, De Rosa, in C.E.D. Cass., n. 214855

68  

In ogni caso, una volta che l'imputato abbia chiesto ed ottenuto l'applicazione della pena ex art. 444

c.p.p., con irrituale trasformazione del rito abbreviato in patteggiamento, lo stesso non può dolersi

della violazione procedimentale, trattandosi di una nullità relativa dell'accordo che non può essere

dedotta dalla parte che vi ha dato o ha concorso a darvi causa, senza subirne alcun concreto ed

attuale pregiudizio 190 .

Par. 14) Accordo e controllo del Giudice

Taluni punti dell'indagine giudiziale restano sottratti alla disponibilità delle parti, perché

corrispondenti ad aspetti inderogabili della funzione giurisdizionale .

Tali punti sono la 'definizione giuridica del fatto, l'accertamento della sussistenza di cause di non

punibilità ex articolo 129 c.p.p., l'applicazione e la comparazione delle circostanze aggravanti ed

attenuanti, la congruità della pena.

E’ la stessa norma dell'articolo 444, comma 2, c.p.p. che esige, con limpida chiarezza, questa

sottrazione.

Il Giudice , in prima battuta, prescinde totalmente dalla richiesta ex art. 444 c.p.p. se ritiene che

debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129 c.p.p. .

Una volta escluso che debba applicare questa norma, controlla la legittimità dell'accordo con

riguardo ai profili non suscettibili di libera pattuizione da parte del PM ed imputato (qualificazione

giuridica del fatto , applicazione e comparazione delle circostanze, alla congruità della pena).

E solo in caso di esito positivo del suo controllo emette la sentenza richiesta.

Attribuire al fatto l'esatta rilevanza penale significa far corrispondere la fattispecie concreta alla

fattispecie astratta, ricondurre in modo corretto quel fatto specifico nell'alveo della corrispondente

ipotesi di reato che il legislatore ha prefigurato in modo astratto, comprese le circostanze

aggravanti o attenuanti dello stesso.

Nel suo ruolo di garante della legalità, il Giudicante tutela la obbligatorietà della legge penale e la

corretta attuazione dei suoi principi fondanti, senza che valori di rango costituzionale possano

essere immolati sull'altare di una malintesa logica contrattualistica capace di consacrare schemi

illegali.

Par.14.1) Cause di non punibilità

Il Giudice, prima di emettere sentenza ex art. 444 c.p.p. , deve verificare che non sussistano i

presupposti per una pronuncia ex art. 129 c.p.p. .

A tal fine rileverà solo la prova positiva di innocenza (inesistenza del fatto, non ascrivibilità del

medesimo, mancanza dell’elemento soggettivo, ricorrenza di una causa di giustificazione,

                                                            190 Cassazione penale, sez. II, 06/04/2011, n. 17384

69  

irrilevanza penale della condotta) o di non perseguibilità della condotta (estinzione del reato ,

difetto di condizione di procedibilità).

Di contro, conformemente a cristallizzato orientamento giurisprudenziale 191, sull'accordo delle

parti ex art. 444 c.p.p. non potrà prevalere una assoluzione per mancanza, insufficienza o

contraddittorietà della prova, giacchè il primo rinvia solo alle cause di proscioglimento

espressamente indicate dall'art. 129 c.p.p., fra le quali non può annoverarsi - appunto - quella per

mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova 192 .

Non varrebbe invocare l'equiparazione della mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova

alla insussistenza del fatto od alla sua non attribuibilità all'imputato, poichè tale equiparazione è

contenuta solo nell'art. 530 c.p.p., comma 2 e nell'art. 425 c.p.p., comma 3, a norma del quale va

emessa sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti,

contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa nel giudizio.

Si tratta di situazioni processualmente non assimilabili al patteggiamento.

Nel primo caso, la pronuncia ex art. 530 c.p.p., comma 2 indica uno dei possibili punti di approdo di

uno specifico momento processuale che vede le parti soffermarsi sulle proprie e altrui prove, iter

soltanto al termine del quale ha senso constatare, a seconda dei casi, la sussistenza delle condizioni

per emettere sentenza di condanna, come prevede l'art. 533 c.p.p., o per pronunciare sentenza di

assoluzione secondo le varie formule di rito.

L'art. 425 c.p.p., a sua volta, si innesta nel complesso delle norme che governano l'udienza

preliminare, nella quale l'incompletezza delle indagini può condurre solo ad una attività di

integrazione probatoria del Giudice (art. 422) o ad un provvedimento che dispone ulteriori indagini

(art. 421 bis c.p.p.), mai ad una sentenza di non luogo a procedere per insufficienza o

contraddittorietà della prova: in particolare, sulla base di una lettura dell'art. 425, comma 3

opportunamente coordinata con quella dei citati artt. 422 e 421 bis c.p.p., la sentenza di non luogo a

procedere per insufficienza o contraddittorietà della prova è possibile solo quando l'insufficienza o

la contraddittorietà della prova non possa essere sciolta con più complete ed esaurienti indagini.

E', dunque, solo al termine dell'udienza preliminare, ove si sia attraversato questo momento, o dopo

il dibattimento, ove l'udienza preliminare sia mancata, che la mancanza, insufficienza o

contraddittorietà della prova sono equiparate dal legislatore, attraverso la disposizione dell'art. 530

                                                            191 Cass. n. 2076 del 28.10.2003, dep. 22.1.2004, nonchè, in motivazione da Cass. S.U. n. 18 del 25.10.95; Cass. Sez. 6, n. 8719 del 21.591, rv. 188083; Cass. 6, n. 3467 del 9.10.95 rv. 203306 e numerosissime altre 192 Cass. n. 26008 del 18.5.2007, dep. 5.7.2007

70  

o quella dell'art. 425, alla prova negativa della sussistenza del fatto o della responsabilità

dell'imputato.

Il rito ex art. 444 c.p.p. è , allora, senza dibattimento , potendo prescindere dalla celebrazione

dell’udienza preliminare.

La stessa Corte Cost. nelle ordinanze 26.6.91 n. 300 e 18.7.91 n. 362 espressamente rileva come,

prima del dibattimento, l'art. 129 c.p.p. non consente di attribuire valore alla mancanza,

insufficienza e contraddittorietà della prova proprio perchè la prova non è stata ancora assunta.

In definitiva, nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti, governato

dall'art. 444 c.p.p. e ss., il Giudice non può pronunciare sentenza di proscioglimento o di

assoluzione per mancanza, insufficienza o contraddittorietà delle prove desumibili dagli atti del

fascicolo del p.m. perchè, altrimenti, la rinuncia all'istruzione dibattimentale manifestata dal p.m.

con l'accordo ex art. 444 c.p.p. verrebbe strumentalizzata per un fine diverso da quello proprio della

norma (cioè non consentire un accertamento di responsabilità ancora possibile ed accaparrarsi una

assoluzione per una prova incompleta nonostante la piattaforma probatoria sia suscettibile di essere

colmata in dibattimento), il tutto con indebita elusione della regola dell'obbligatorio esercizio

dell'azione penale193.

Nondimeno, secondo una posizione minoritaria della giurisprudenza, in uno specifico caso la

mera insufficienza della prova di colpevolezza giustificherebbe la pronuncia assolutoria prima

dell’accoglimento dell’accordo ex art. 444 c.p.p. : quando si versi in ipotesi di assoluta ed

irreversibile carenza di prova che non possa essere sviluppata in dibattimento 194.

In tal caso, si osserva, la necessità della pronuncia di assoluzione – al di là del dato normativo che,

menzionando l’art. 129 c.p.p. , non contemplerebbe tale tipologia di proscioglimento - deve farsi

dipendere dai principi generali che regolano l'istituto del patteggiamento, con cui sarebbe

logicamente impossibile un provvedimento di applicazione di pena svincolato dalla astratta

possibilità di accertamento della responsabilità penale dell'imputato senza tradire la causa stessa del

patto sulla pena, che è quella della possibilità, e quindi del rischio, di un accertamento della

responsabilità penale e di una conseguente più rigorosa condanna195 .

**************

                                                            193 Cassazione penale, sez. IV, 17/09/2015, n. 40100 ex multis questa sez. 4, 7 giugno 2012, n. 27952, Zilli, rv. 253588; conf. sez. 2, 9 gennaio 2009, n. 6095, Cusimano, rv. 243279 194 Cass. Pen. Sez. II, 9 gennaio 2009, n. 6095, inC.E.D. Cass., n. 243279 195 Sez. II, 28 ottobre 2003, n. 2076 ; da ultimo, Cassazione penale, sez. III, 07/06/2012, n. 28971

71  

Ha costituito motivo di incertezza giurisprudenziale la questione se la presentazione della richiesta

di applicazione della pena da parte dell'imputato e il consenso a quella proposta dal pubblico

ministero costituissero una dichiarazione legale tipica di rinuncia alla prescrizione, tale da impedire

al Giudice del patteggiamento una pronuncia ex art. 129 c.p.p. .

Sul tema sono intervenute di recente le Sezioni Unite con la sentenza 25/02/2016, n. 18953.

Il Massimo consenso ha preso le mosse dal dato normativo della L. 5 dicembre 2005, n. 151 che,

nel novellare il regime della prescrizione, ha riformulato, con l'art. 6, comma 1, l'originario art. 157

c.p., disponendo, al settimo comma, che "La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile

dall'imputato".

Si è dato atto di come , nel dare "cittadinanza" all'istituto della rinuncia, il legislatore – seguendo

pronunciamenti della Corte Costituzionale - abbia inteso stabilire i termini di formulazione dell'atto

abdicativo, sancendo, per un verso, che la prescrizione è "sempre" rinunciabile, ossia in ogni

momento, e - per altro verso - che è rinunciabile "espressamente", ossia in modo esplicito e formale.

La Cassazione ha poi stigmatizzato la rilevanza del lemma “espressamente” , avente lo scopo di

fugare ogni possibile ragione di equivoco, eliminando in nuce qualsivoglia ambiguità

nell'applicazione dell'istituto, laddove l'avverbio “attiene al modo di esteriorizzazione della volontà

di rinuncia, che, dovendo essere esplicita e formale, non può essere dedotta, in via congetturale, da

fatti incompatibili con la volontà di avvalersi della prescrizione, diversamente da quanto consentito

in ambito civilistico”.

Si è poi sottolineato come la rinuncia implichi opzione per la prosecuzione del processo verso

l'epilogo di una pronuncia nel merito della regiudicanda e comporta, pertanto, anche rivitalizzazione

della pretesa punitiva statuale, altrimenti affievolita dal decorso del termine di prescrizione.

Il tutto “nella ragionevole aspettativa, per l'imputato (od indagato), di conseguire un risultato più

vantaggioso rispetto alla maturata causa estintiva, ossia una pronuncia assolutoria nel merito”.

Su tali basi, si è colta una sostanziale antinomia tra la volontà di patteggiamento, racchiusa in un

modello legale di richiesta, orientata a tutt'altri fini (contenimento della risposta sanzionatoria), e la

volontà dismissiva ad avvalersi di una causa estintiva del reato.

Tale antinomia rende arduo qualificare come "espressa" la rinuncia desumibile dall’opzione per il

rito.

Si è concluso nel senso che "ai fini del valido esercizio del diritto di rinuncia alla prescrizione è

necessaria la forma espressa, che non ammette equipollenti, sicchè la richiesta di applicazione della

pena da parte dell'imputato, o il consenso prestato alla proposta del pubblico ministero, non

possono, di per sè, valere come rinuncia".

72  

Pertanto, in presenza di prescrizione del reato, il Giudice procederà ex art 129 c.p.p con la formula

di legge e non procederà a ratificare l’accordo.

*********************

La non punibilità del fatto per particolare tenuità ex art. 131 bis cod. pen. sembra poter

legittimare una pronuncia ex art. 129 c.p.p. .

Sul punto, la Cassazione ha espresso di recente posizione contraria .

Ha rilevato come quella introdotta con il D.Igs 28/2015 può definirsi una forma atipica di

esclusione della punibilità, avente natura sostanziale, non rientrante nelle previsioni normative dì

cui all'art. 129 cod. proc. pen. .

Ha posto in evidenza le particolari conseguenze nascenti dall'eventuale applicazione dell'art. 131

bis cod. pen. come indicate dall'art. 3 comma 1 e art. 4 del D. Lgs. 28/15 .

E non ha trascurato di rilevare che, qualora ricorrano i presupposti dell'istituto previsto dall'art.

131bis cod. pen., il fatto sarebbe pur sempre qualificabile - e qualificato dalla legge - come "reato",

tanto che il 'nuovo' art. 651-bis attribuisce efficacia di giudicato nei giudizi civili e amministrativi

alla sentenza dibattimentale di proscioglimento per particolare tenuità del fatto anche "quanto

all'accertamento ... della sua illiceità penale"

Mentre ai sensi dell’art. 445 comma 1 bis c.p. la sentenza di patteggiamento “non ha efficacia nei

giudizi civili o amministrativi”.

Per cui, si è alluso, un istituto a favore dell’imputato (art. 129 c.p.) si trasformerebbe (per il tramite

dell’art 651 bis cit.) in uno strumento pregiudizievole per le sue ragioni rispetto all’opzione del rito

premiale ex art. 444 c.p.p. 196 .

Tutti tali argomenti non sembrano insuperabili.

Come brillantemente messo in evidenza anche dall’Ufficio del Massimario presso la Suprema

Corte, quand’anche l’art. 129 cod. proc. pen. taccia sulla possibilità dell’immediato

proscioglimento per l’ipotesi in cui ricorre una causa di non punibilità (prevedendo la norma solo la

pronuncia del Giudice quando lo stesso “riconosce che il fatto non sussiste, o che l’imputato non lo

ha commesso, o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ovvero

che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità”), più volte, in passato, si è

ammessa in Cassazione la rilevabilità delle “cause di non punibilità” con la sentenza pronunciata

ex art. 129 cod. proc. pen.

Tra le decisioni che hanno ritenuto rilevabile di ufficio, dal Giudice adito con richiesta di

applicazione pena ex art. 444 cod. proc. pen. , cause di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen.

possono essere indicate:

                                                            196 Cass. Pen. Sez. 3 Num. 34932 Anno 2015

73  

Sez. VI, 6 dicembre 2012, n. 48765, Ricciardi, Rv. 254104, la quale si è espressa in ordine al

riconoscimento della situazione prevista dall’art. 384 cod. pen., sebbene non invocata dall’imputato;

Sez. VI, 1 marzo 2001, n. 15955, Fiori, Rv. 218875, che ha annullato senza rinvio la sentenza

impugnata, “perché il reato è stato commesso da persona non punibile ai sensi dell’art. 598 c.p.”;

Sez. V, 15 febbraio 2005, n. 25155, Sanpaolesi, Rv. 231896, che ha annullato senza rinvio la

sentenza impugnata, “perché l’imputato non è punibile ex art. 599 comma II c.p.”).

Si è ritenuto (Sez. VI, Fiori, cit.) che “non è di ostacolo a questa soluzione il dettato dell’art. 129 c.

2 c.p.p., dal momento che la formula «perché il fatto non costituisce reato» è stata sempre intesa

come comprendente anche le cause di non punibilità”.

E si è sostenuto (Sez. V, Sanpaolesi, cit.) che “la causa di non punibilità può essere riconosciuta

anche in sede di legittimità ai sensi dell’art. 129 c.p.p.”.

Peraltro, non è sfuggito che in diverse decisioni si è rilevata di ufficio, nel giudizio di legittimità,

l’esistenza di cause di non punibilità con la formula “perché il fatto non costituisce reato” , per

l’annullamento senza rinvio della sentenza di condanna, così adottandosi un dispositivo

espressamente previsto dall’art. 129 cod. proc. Pen. 197 .

Se pertanto il dato testuale non appare dirimente, anche l’argomento di cui all’art. 651 bis c.p.p

sembra superabile.

Infatti, il ‘nuovo’ art. 651 bis cod. proc. pen., attribuisce efficacia extra-penale di giudicato alle sole

sentenze pronunciate “in seguito a dibattimento”, o “a norma dell’art. 442 [cod. proc. pen.]”.

Ma la sentenza di patteggiamento è emessa prima del dibattimento, evitandone lo svolgimento.

Se tant’è, non è impossibile assumere che, se la pronuncia ex artt. 129 cod. proc. pen. e 131-bis

cod. pen. è emessa nell’ambito delle delibazione ex art 444 c.p.p. , in assenza di un accertamento

sulla responsabilità dell’imputato, la stessa non potrebbe spiegare gli effetti di cui all’art. 651 bis

cit., il tutto a vantaggio dell’imputato.

Residuerebbe, così, quale ultimo effetto negativo contrario allo spirito dell’art. 129 c.p.p. ,

l’iscrizione al casellario della sentenza che dichiara la non punibilità per speciale tenuità del fatto ex

art. 4 D.Lgd. 28/2015.

Tuttavia, se si considera che il patteggiamento è parimenti iscritto , essendo poi equiparato ad una

sentenza di condanna, salve diverse disposizioni di legge” ex art. 445 comma 1 bis c.p.p. , potrebbe

fondatamente sostenersi che nulla osta alla possibilità per il Giudice di emettere la sentenza ex art.

129 c.p.p. in sede di delibazione del patteggiamento, non permanendo alcun effetto pregiudizievole

per l’interessato.                                                             197 Sez. VI, 8 gennaio 2003, n. 11874, Cavaleri, Rv. 224259; Sez. VI, 18 febbraio 2014, Grieco, Rv. 259110

74  

A rafforzare da ultimo la praticabilità della pronuncia ex art. 129 c.p.p. sono intervenute le SS.UU.

con la sentenza 25/02/2016 n. 13682 (data dep. 06 aprile 2016) , con la quale il Massimo Consenso

ha ritenuto che la causa di non punibilità dell’art. 131 bis c.p.p. giustificasse una pronunzia

adottata ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen..

Né, si è affermato, “un ostacolo può essere rinvenuto nel fatto che tale articolo, pur dedicato nella

rubrica all'obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, non fa

menzione dell'ipotesi in cui ricorra una causa di non punibilità.

Invero , si è detto , la norma ha portata generale, sistemica.

Essa, come già ritenuto dalle Sezioni Unite 198, non attribuisce al Giudice un potere di giudizio

ulteriore ed autonomo rispetto a quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano

l'epilogo proscioglitivo nelle varie fasi e nei diversi gradi del processo, ma enuncia una regola di

condotta rivolta al Giudice che, operando in ogni stato e grado del processo, presuppone l'esercizio

della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio.

In breve, atteso l'indicato ruolo sistemico, l'articolo citato consente l'adozione di tutte le formule di

proscioglimento”.

**************

Potrà verificarsi che, a fronte di due imputazioni inserite in un accordo ex art. 444 c.p.p., il Giudice

assolva l'imputato solo da una delle stesse ex art. 129 c.p.p. .

In questa ipotesi , non potrà procedersi per la residua imputazione all'applicazione immediata di

una pena concordata, essendo venuto meno parte dell’assetto pattizio, con impossibilità di

rispettare fedelmente la volontà delle parti.

Sicchè, si disporrà la restituzione degli atti al p.m. per la prosecuzione del giudizio con il rito

ordinario in ordine alla residua imputazione, salvo nuovo ulteriore accordo ex art. 444 c.p.p.199 .

Par. 14.2) Qualificazione giuridica e circostanze

Il rito speciale ex art. 444 c.p.p. comporta un accordo sulla pena, non anche sul fatto-reato.

Ecco perché, sempre ai sensi dell’art. 444 comma 2 c.p.p., esclusi i presupposti di cui all’art. 129

c.p.p., al Giudice è rimesso , in seconda battuta, il controllo sulla corretta qualificazione giuridica

del fatto, proprio al fine di evitare che il patteggiamento si risolva in un accordo sui reati e sulle

stesse imputazioni, in violazione dell'art. 444 c.p.p. e dell'art. 112 cost. 200.

                                                            198 Sez. U, n. 12283 del 25/01/2005, De Rosa, Rv. 230529 199 Cassazione penale, sez. II, 26/01/2011, n. 6964; Cfr., in senso conforme, Cass., sez. I pen., sent. 4 novembre - 2 dicembre 1992 n. 4515. Vedi anche Id.., sez. VI pen., sent. 13 dicembre 1998 - 19 marzo 1999 n. 3461 200 Cassazione penale, sez. VI, 22/10/2002, n. 1282

75  

Dovrà così darsi conto della verifica eseguita con argomenti privi di vizi logici del percorso

motivazionale , specie nell'ipotesi in cui, in sede di accordo delle parti, si sia proceduto alla

qualificazione giuridica del fatto in termini diversi rispetto all'imputazione originariamente

contestata 201.

Il controllo del Giudice sulla contestazione non deve fermarsi al profilo formale della correttezza

estrinseca della imputazione (sussumibilità nella figura di reato rubricata della condotta oggetto di

incriminazione), ma deve spingersi al piano sostanziale e specifico della congruenza tra

l’imputazione e le emergenze di prova .

Ne consegue che dovrà essere dichiarata inammissibile la richiesta di patteggiamento non solo nel

caso di inesatta qualificazione giuridica del fatto contestato, ma anche nel caso di errore sul nomen

iuris, originato dalla contestazione di un fatto diverso da quello risultante dagli atti 202 .

Di conseguenza, ribadito che la qualificazione giuridica del fatto è materia sottratta alla

disponibilità delle parti, qualora la contestazione appaia inserita nell’accordo in termini

strumentali, fino a stravolgere la dinamica dei fatti fino a quel momento assodati, il

patteggiamento eventualmente siglato sarebbe da ritenersi illegittimo 203e suscettibile di

annullamento, in quanto detto vizio produce la nullità irrimediabile del patto con conseguente

necessità di riportare la situazione processuale alla fase precedente la sua stipula 204.

In definitiva il Giudice, ove ritenga di pervenire ad una diversa e più corretta qualificazione

giuridica della condotta di reato , lungi dal poter modificare l'imputazione, dovrà respingere la

richiesta di "patteggiamento" e procedere con rito ordinario 205.

************

Laddove le parti abbiano d'intesa proceduto alla applicazione o comparazione di circostanze,

occorrerà parimenti verificare la legittimità dell'accordo con particolare riferimento a tali aspetti ,

involgendo anche questi il profilo della corretta attuazione della legge penale e, di riflesso , il

principio di cui all’art. 112 Cost. 206.

                                                            201 Cassazione penale, sez. II, 21/01/2015, n. 6859 202 Cassazione penale, sez. VI, 14/01/2013, n. 6156, Cass. pen., Sez. V, 26 gennaio 1999, n. 467 Tavagnacco, rv. 213185; Cass. pen., Sez. VI, 11 dicembre 2003, n. 6510, Rossi, rv. 228272 203 Cassazione penale, sez. V, 20/12/2013, n. 5861 204 Cassazione penale, sez. VI, 23/01/2013, n. 7391 205 Cassazione penale, sez. V, 19/04/2013, n. 40797 206 Cassazione penale, sez. IV, 02/03/2005, n. 15429; in senso conforme si vedano Sez. I, 10 luglio 2000, Carrara, in C.E.D. Cass., n. 216554; Sez. I, 25 gennaio 2000, Cricchi, ivi, n. 215489; Sez. V,

76  

Sul tema, è stato affermato che il controllo sulla contestazione di una circostanza rientra nell'ambito

della verifica della corretta qualificazione del fatto, devoluta al Giudice chiamato a sindacare la

legittimità dell'accordo intervenuto tra le parti 207 .

Ed è stata ritenuta “illegale” la pena applicata ex art. 444 c.p.p. dal Giudice che, operando il

giudizio di bilanciamento tra le circostanze, compari le attenuanti ed una sola delle aggravanti, in

quanto l'art. 69 c.p. impone di procedere alla simultanea comparizione di tutte le circostanze

ritenute 208.

Par. 14.3) Congruità della pena

Da ultimo, il Giudice verificherà se la pena concordata risponda al requisito della “congruità” .

La valutazione di “congruità” ha una duplice connotazione.

Essa è anzitutto di legalità, dovendo assicurare il rispetto dei limiti normativi regolanti il

procedimento di computo della pena e/o di tutti i presupposti di legge per la relativa applicazione.

Integra poi apprezzamento di merito, rispondendo alla logica di cui all’art. 133 c.p., allorquando

mira ad evitare che si pattuiscano pene eccessivamente tenui, sì da essere frustrate le ragioni

repressivo/rieducative della risposta sanzionatoria della Stato.

*********

Sotto il primo profilo, va da sé che l'illegalità della pena sia censurabile in Cassazione ,

determinando l'invalidità dell'accordo su di essa concluso tra le parti 209 .

Il Giudice, per evitare annullamenti in sede di impugnazione , vigilerà a che , nel caso in cui si

addivenga all’accordo ex art. 444 c.p.p per più fatti unificati sotto il vincolo della continuazione, la

riduzione per il rito sia applicata all’esito di un corretto procedimento di determinazione della

pena, essendo necessario: innanzitutto individuare la violazione più grave, desumibile dalla pena

da irrogare per i singoli reati, tenendo conto della eventuale applicazione di circostanze aggravanti o

attenuanti, dell'eventuale giudizio di comparazione tra circostanze di segno opposto, e di ogni altro

elemento di valutazione; una volta determinata la pena per il reato base, aumentare per la

                                                                                                                                                                                                     

12 aprile 1999, Brienza, in questa rivista, 2000, p. 2353; Sez. VI, 4 dicembre 1996, Carandente, in C.E.D. Cass., n. 207115 207  Fattispecie nella quale era stata riconosciuta, su richiesta delle parti, l'equivalenza tra le attenuanti generiche e la "contestata recidiva", pur se quest'ultima non era stata, in realtà, contestata, risultando l'imputato incensurato; Cassazione penale, sez. II, 15/12/2010, n. 36 208 Cassazione penale, sez. V, 23/05/2014, n. 24054 209 nella specie, per essere stato applicato un aumento per la violazione satellite inferiore a un terzo a fronte di non esclusione della contestata recidiva reiterata, Cassazione penale, sez. I, 07/04/2010, n. 16766; Cass. Pen. sez. I, 7 aprile 2010 n. 16785, Pierantoni

77  

continuazione ; alla fine pervenire alla riduzione fino ad un terzo, ai sensi dell'art. 444, comma 1,

c.p.p. 210.

E secondo la stessa logica dovrà evitarsi che la sentenza di patteggiamento , avente ad oggetto

reati in continuazione , parta da una pena base erroneamente quantificata, a causa di una scorretta

individuazione del reato più grave, in misura inferiore al relativo minimo edittale, dando così luogo

nuovamente all’applicazione di una pena illegale 211.

Controllo di legalità dovrà essere operato anche con riguardo alla applicazione di sanzioni

sostitutive.

Infatti, in sede di accordo ex art. 444 c.p.p. , compete al Giudice il potere di sostituire la pena

detentiva da applicare con una sanzione sostitutiva, qualora ricorrano le condizioni previste dalla

generale disciplina fissata in materia dalla L. n. 689 del 1981.

Conseguentemente la richiesta di applicazione della pena può comprendere la deduzione della

sostituzione della pena detentiva concordata.

L'eventuale richiesta dell'imputato di applicazione di una sanzione sostitutiva è tuttavia congiunta, e

non alternativa, a quella di applicazione della pena.

Ne consegue che al Giudice incombe l'obbligo, ove la richiesta comprenda anche la sostituzione

della pena detentiva con quella pecuniaria, di controllarne l'ammissibilità e di rigettare la richiesta

stessa qualora la sostituzione non sia applicabile, senza alcuna possibilità di scindere i termini del

patto intervenuto tra le parti, che ha natura unitaria in vista dell'applicazione della pena concordata 212 .

E peraltro, non può farsi luogo ad applicazione della pena su richiesta delle parti nel caso in cui il

PM, pur avendo prestato il suo consenso in ordine alla quantificazione della sanzione detentiva, lo

abbia negato per quanto attiene la sua sostituzione ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689;

infatti, il mancato consenso del PM su di una parte della richiesta dell'imputato, impone al Giudice

di rigettare in toto la richiesta di patteggiamento213 .

************

                                                            210 In applicazione di tali principi, la S.C. ha annullato senza rinvio la sentenza di patteggiamento in cui l'aumento per la continuazione aveva preceduto la riduzione relativa alla concessione delle attenuanti generiche; Cassazione penale, sez. VI, 15/10/2014, n. 44368 211 Cassazione penale, sez. II, 04/07/2007, n. 26288 212 Cass. Pen. sez. 4, 3.5.1993 n.7651 rv 194858; sez. 6, 18.4.2007 n.17198 rv. 236454 213 Cass. Pen. sez. 5, 11.11.1999 n.5 rv. 215565; Cassazione penale, sez. IV, 10/04/2012, n. 18136

78  

La valutazione di congruità , con particolare riguardo alla sua rispondenza ai criteri di cui all’art.

133 c.p. , va riferita all'entità della sanzione concordata prima di operare la riduzione ai sensi

dell'art. 444, comma 1, c.p.p. , posto che la riduzione è conseguenza processuale automatica,

prevista dalla legge quale effetto premiale del rito 214 .

***********

Ai fini della congruità , secondo la giurisprudenza maggioritaria, deve aversi riguardo alla pena

indicata nel risultato finale, indipendentemente dai singoli passaggi interni, in quanto è proprio tale

risultato che assume valenza esterna, quale espressione ultima e definitiva dell'incontro delle

volontà delle parti 215.

L'accordo, in particolare, si forma non sulla pena inizialmente indicata e sulle eventuali operazioni

con le quali essa viene determinata, bensì, appunto, sul risultato finale delle operazioni stesse.

Ne costituisce riprova il fatto che eventuali errori di calcolo commessi nel determinare la sanzione

concordata ed applicata dal Giudice non assumono alcuna rilevanza, purché il risultato finale non si

traduca in una pena illegale 216 .

Su questa scia, si è affermato che l'erronea indicazione del reato base, individuato per la

determinazione della pena su cui operare l'aumento per la continuazione, rileva, ai fini del sindacato

di legittimità, solo nel caso in cui dall'errato recepimento dei termini dell'accordo sulla pena da

applicare ai sensi dell'art. 444 c.p.p. derivi l'impossibilità di far coincidere la pena finale indicata

con quella concordata dalle parti e non, invece, quando nessuna conseguenza vi sia rispetto alla

pena finale oggetto dell'accordo 217.

Nello stesso senso, si è ritenuto che la circostanza che nel computo della pena effettuato in accordo

non sia indicato l'aumento per la continuazione non può essere ritenuta causa di illegittimità della

                                                            214 Cassazione penale, sez. I, 26/06/2015, n. 32172 215 Cassazione penale, sez. I, 17/06/2014, n. 29668 ; Cassazione penale, sez. VI, 30/10/2013, n. 44907; Sez. III, 28 maggio 2009, n. 28641 216 Sez. IV, 12 aprile 2000, n. 518; in questo senso si veda inoltre Sez. VI, 31 gennaio 2013, n. 7401, in C.E.D. Cass., n. 254879; Sez. VI, 18 giugno 1992, n. 9781, ivi, n. 191996; Sez. IV, 28 settembre 2000, n. 4382, ivi, n. 217696 217  In motivazione la Corte - in una fattispecie nella quale il Giudice, correttamente ratificando l'accordo tra le parti nella misura finale, aveva però erroneamente individuato quale reato-base quello di furto, punito meno gravemente rispetto a quello previsto dall'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 - ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'imputato per carenza di interesse, Cassazione penale, sez. III, 14/12/2011, n. 2207

79  

pattuizione ove la sanzione concordata dalle parti e poi applicata dal Giudice risulti superiore al

minimo edittale e dunque sia perfettamente legale 218 .

Par. 15) Accordo e pena sospesa

Ai sensi dell’art. 444 comma 3 c.p.p. l'imputato può subordinare la richiesta di applicazione della

pena alla concessione della sospensione condizionale.

In questo caso, ancorchè il pubblico ministero abbia aderito alla richiesta, il Giudice resta investito

di un ulteriore potere-dovere di verifica, con riguardo alla concedibilità del beneficio della

sospensione condizionale.

Egli deve, pertanto, rigettare la richiesta di patteggiamento, a norma dell'art. 444 c.p.p., comma 3,

qualora rilevi la sussistenza di condizioni ostative alla concessione del medesimo.

Ed ove non si adegui a detta "regula juris", la sentenza sarebbe affetta da nullità nel suo insieme e

non solo nella parte relativa al punto della sospensione, perchè emessa a seguito di un'istanza

inefficace 219 .

***************

La pena sospesa può poi essere concessa dal Giudice del patteggiamento anche quando le parti non

subordinino l’efficacia dell’accordo al beneficio.

I presupposti di tale potere sono tuttavia discussi in giurisprudenza.

E’ pacifico che il beneficio non possa essere applicato d’ufficio, cioè nel silenzio delle parti.

Sennonchè, secondo un primo orientamento, nel procedimento ex art. 444 c.p.p. la sospensione

condizionale della pena può essere concessa, al di fuori dell'ipotesi di subordinazione dell'efficacia

della richiesta alla concessione del beneficio, solo quando la relativa domanda abbia formato

oggetto di una pattuizione (non condizionante) intervenuta tra le parti 220 .

Secondo altro orientamento, il Giudice deve comunque pronunciarsi sulla concedibilità del

beneficio anche qualora tale questione sia stata devoluta dalle parti in maniera esplicita e specifica 221.

                                                            218  Cassazione penale, sez. II, 03/11/2009, n. 43929; Cassazione penale, sez. I, 09/04/2008, n. 17815; Cass. Pen. Zez. II, 25 gennaio 2000, n. 400, in C.E.D. Cass., n. 215409 219 Cassazione penale, sez. V, 01/10/2015, n. 4832; Sez. 4, n. 47795 del 22/11/2011, Motta, Rv. 252462; Sez. 5, n. 4421 del 28/09/1999, Pm in proc Di Biase G, Rv. 214491; Sez. 6, n. 3447 del 05/11/1998, P.g. e P.m. in proc. Bruno R, Rv. 212905 220 Cass. Sen. Sez. 4, sent. n. 40950 del 21 ottobre 2008, dep. 31 ottobre 2008, Ciogli, Rv. 241371 221 Cass. Pen. Sez. 3, sent. n. 31633 del 7 aprile 2015, dep. 21 luglio 2015, Macrì, Rv. 264426

80  

Sotto tale profilo, si è ritenuto che il potere ex art. 163 c.p.p possa trovare applicazione anche nella

ipotesi di una richiesta esplicita in tal senso di una sola parte, rispetto alla quale la controparte, con

il proprio silenzio, abbia apprestato una sostanziale acquiescenza 222.

In questi casi , la mancanza di un esplicito accordo sulla concedibilità del beneficio non fa saltare il

patto, ma ha come effetto solo quello di svincolare il Giudice dal giudizio in ordine al beneficio,

lasciando allo stesso la piena autonomia decisionale di verificarne la concedibilità o meno.

In sostanza, escludere - in mancanza di espresso accordo sul punto - la concedibilità del beneficio

e, prima ancora, la valutazione da parte del Giudice sulla ricorrenza dei presupposti per la sua

concessione, significherebbe deprivare il Giudice di un potere discrezionale che, vista la finalità

(anche preventiva) dell'istituto, l'ordinamento gli attribuisce in modo quasi illimitato, una volta

esclusi i casi di non concedibilità per ragioni di carattere oggettivo, allorquando deve formulare un

giudizio prognostico in ordine alla condotta futura dell'imputato.

********

Nel ratificare il contenuto dell'accordo intervenuto tra l'imputato ed il pubblico ministero, il

Giudice, applicando la pena sospesa, non può alterare i dati della richiesta e subordinare il beneficio

della sospensione condizionale della pena all'adempimento di un obbligo, la cui determinazione è

considerata dalla legge come facoltativa, ma che è rimasto del tutto estraneo alla pattuizione 223 .

In particolare, quando la statuizione (adempimento dell’obbligo) è considerata dalla legge quale

esercizio di una facoltà discrezionale del Giudice, in assenza di specifica previsione in sede di

accordo (ed a maggior ragione nell'ipotesi di esclusione) al decidente non rimane altra opzione tra

quelle di aderire al patto ovvero, nell'ipotesi contraria, respingere il patto per procedere al giudizio

ordinario, senza poterne immutare o integrare il contenuto 224.

Ma non solo.

Una volta ritenuta applicabile la sospensione della pena, è possibile condizionare il beneficio

soltanto a taluno degli obblighi specifici tra quelli citati nell'art. 165 cod. pen., tra cui vi è il

pagamento della somma liquidata dal Giudice penale a titolo di risarcimento del danno; a fronte di

un elenco "chiuso" di obblighi a carico del condannato, non può, invece, subordinarsi la

sospensione della pena alla effettuazione di un risarcimento incerto perchè (non ancora) determinato

                                                            222 Cass. Pen.Sez. 3, sent. n. 4954 del 17 dicembre 1999, dep. 21 aprile 2000, Moresco, Rv. 216563; Sez. 3, sent. n. 40232 del 14 luglio 2004, dep. 14 ottobre 2004, Caso, Rv.230178; Sez. 1, sent. n. 9228 del 14 febbraio 2008, dep. 29 febbraio 2008, Giannelli, Rv. 239180 223 Cass. Pen. Sez. 3, Sentenza n. 19788 del 28/02/2003; Sez. U, Sentenza n. 10 del 11/05/1993 224 Cassazione penale, sez. VI 11/03/2010 n. 13905 (data dep. 12 aprile 2010)

81  

dal Giudice 225. L'adempimento di un tale obbligo risulterebbe, infatti, impossibile senza un

ulteriore provvedimento; tanto più impossibile in quanto il procedimento di cui si discute si è svolto

secondo le forme del patteggiamento. Per l’effetto, non è consentito, in ratifica dell'accordo delle

parti e quand’anche vi sia consenso delle parti sul punto, subordinare la sospensione condizionale

della pena all'obbligo del generico risarcimento del danno, trattandosi di obbligo incerto, perché

indeterminato, e non determinabile in sede di patteggiamento 226.

Ancora.

Il dettato dell'art. 165 c.p., comma 2, nella formulazione successiva alla novella di cui alla L. 11

giugno 2004, n. 145, prevede che, nell'ipotesi in cui la sospensione condizionale della pena sia

concessa in favore di chi ne abbia già fruito "deve essere subordinata all'adempimento di uno degli

obblighi previsti dal comma precedente", ed ha provveduto alla soppressione dell'inciso esistente

nella norma in vigore in precedenza "salvo che ciò sia impossibile".

L'innovazione normativa trova la sua giustificazione nella modifica del comma primo, ove si è

previsto, unitamente al risarcimento del danno o alla eliminazione delle conseguenze dell'illecito,

anche la possibilità di subordinare la sospensione all'esercizio di lavori di pubblica utilità.

In tal senso la disposizione richiamata ha richiesto per l'applicazione di tale condizione la mancata

opposizione del condannato.

Se tant’è, una volta che, in un accordo ex art. 444 c.p.p. , venga inserita la richiesta di concessione

della sospensione condizionale della pena da parte dell'imputato che ha già usufruito del beneficio

in relazione a precedente condanna, è stato affermato che tale istanza implica il consenso (anche)

alla subordinazione della misura all'adempimento di uno degli obblighi previsti dall'art. 165 comma

1 c.p., compresa la non opposizione dell’imputato allo svolgimento di attività non retribuita in

favore della collettività 227.

Per cui il Giudice potrebbe disporre lo svolgimento di tale attività.

L’interpretazione, per la verità, non appare inattaccabile.

Invero, con l’inciso “se il condannato non si oppone”, in relazione allo svolgimento della attività a

favore della collettività, la legge sembra richiedere una espressa presa di posizione sul punto,

apparendo niente affatto scontato affermare che il consenso sulla pena si estenda automaticamente

al diverso profilo dell’attività lavorativa riparatoria: ciò tanto più che quest’ultima può essere

determinata dal Giudice sia nelle modalità che nella durata, aspetti questi che verrebbero imposti                                                             225  Sez. 4, n. 31441 del 09/07/2013, Sanzone, Rv. 256073; conf. Sez. 6, Sentenza n. 39213 del 15/10/2010, Rv.248520 226 Cassazione penale, sez. V, 09/06/2015, n. 35753; cfr. sez. 2 7.4.2004 n. 18044 Rv 229049 227 Cassazione penale, sez. VI, 04/03/2014, n. 13894

82  

“di ufficio” al condannato, al di fuori di ogni sua previa determinazione e, magari, oltre i suoi

intendimenti.

Il disposto di cui all’art. 165 comma 2 c.p.p. può poi incidere sotto altro profilo sulla stessa

percorribilità di un patteggiamento.

In sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, al Giudice non è dato decidere sulla

domanda della parte civile.

Non si può procedere , pertanto, a quantificare il danno o ad assegnare provvisionali o, infine, ad

emettere statuizioni che presuppongono una decisione del rapporto civile o, comunque, ineriscono

al titolo risarcitorio da conseguirsi in sede civile228 , essendo eventualmente illegittima la

subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento di una provvisionale in

favore della parte civile 229.

Ora, poichè la concessione per la seconda volta della sospensione condizionale deve essere

necessariamente subordinata all'adempimento degli obblighi riparatori di cui si è detto, consegue

che è ontologicamente impossibile concedere in sede di patteggiamento la sospensione condizionale

della pena a colui che abbia già usufruito del beneficio230 , fatto salvo il lavoro a favore della

collettività (per cui sembra richiedersi l’espressa non opposizione del condannato) .

Par. 16) Limiti del potere del Giudice e delle parti:

divieto di interventi modificativi e divieto di pattuizioni con oggetto diverso dalla pena

principale

E’ pacifico in giurisprudenza che il Giudice , a fronte di un accordo ex art. 444 c.p.p., ha solo il

potere di accogliere o rigettare la richiesta di definizione del procedimento concordata. (sul punto, il

combinato disposto del cit. art. 444 c.p.p., commi 1 e 2 e art. 448 cod. proc. pen. è inequivoco).

Stante la struttura in larga parte negoziale dell'istituto, al decidente, terzo rispetto al negozio

bilaterale intercorso tra le parti, è consentito esclusivamente di ratificare ovvero di negare la propria

ratifica all'accordo pattizio, essendogli assolutamente inibito di modificare motu proprio i termini

del medesimo, anche attraverso integrazioni, fatti salvi gli aspetti del proprio decisum che

conseguano direttamente dalla legge 231.

                                                            228 Sez. 5, Sentenza n. 7021 del 25/11/2009 Rv. 246150 229 Sez. 6, Sentenza n. 6580 del 15/02/2000 Rv. 217102 230 Cassazione penale, sez. II 28/09/2011 n. 46589 (data dep. 15 dicembre 2011) 231  Cassazione penale, sez. IV, 08/01/2015, n. 4632; Cassazione penale, sez. III, 09/09/2015, n. 13719

83  

Se pertanto al Giudice non è consentito integrare o cambiare il contenuto dell'accordo intervenuto

tra le parti, in quanto in tal modo verrebbe meno la base consensuale su cui questo si fonda:

- è illegittima la sentenza di patteggiamento con la quale il Giudice, a fronte di un accordo

che subordina l'applicazione della pena alla concessione della sospensione condizionale

della pena, ritenga, nel ratificare l'accordo, di "subordinare" il richiesto beneficio, ai sensi

dell'art. 165 c.p., alla prestazione, da parte dell'imputato, di un'attività non retribuita a favore

della collettività ovvero all’adempimento di uno degli obblighi di cui all’art. 165 c.p. ,

senza alcuna pattuizione delle parti sul punto 232;

- è illegittima la sentenza che accolga solo in parte la richiesta congiunta di patteggiamento,

prendendo in considerazione solo uno dei reati ivi indicati, e non pronunciandosi sull'altro

reato oggetto dell'accordo originario 233;

- è illegittima la sentenza di patteggiamento con la quale il Giudice , di propria iniziativa ed

al di fuori dell'accordo delle parti, subordini la concessione della sospensione condizionale

della pena al risarcimento del danno in favore della parte civile 234;

- è illegittima la sentenza di patteggiamento con la quale il Giudice sostituisca di ufficio la

pena detentiva con le sanzioni sostitutive, sempre in assenza di una esplicita richiesta delle

parti 235;

- è illegittima la sentenza di patteggiamento con la quale il Giudice applichi la pena

concordata in relazione a reato diversamente qualificato rispetto all’accordo addotto dalle

parti 236.

************

La sentenza di applicazione della pena è una sentenza che ha una natura giuridica diversa da quella

ordinaria di condanna avendo caratteristiche formali, strutturali, genetiche e funzionali differenti da

ogni altra sentenza di condanna.

“La sua atipicità della sentenza è strettamente correlata alle particolari caratteristiche del

procedimento del quale rappresenta il naturale epilogo, con la conseguenza che in essa non sono

                                                            232 Cassazione penale, sez. VI, 20/10/2015, n. 44775; Cassazione penale, sez. VI, 28/10/2009, n. 42635 233 Cassazione penale, sez. VI, 15/10/2010, n. 39213 234 Cassazione penale, sez. IV, 09/07/2013, n. 31441 235 Cassazione penale, sez. V, 18/03/2011, n. 15079 236 Cassazione penale, sez. V 19/04/2013 n. 40797, data dep. 02 ottobre 2013

84  

riconoscibili tutti gli elementi essenziali, idonei a qualificare una sentenza come sussumibile, a

pieno titolo, nella categoria delle "sentenze di condanna".

Se essa, infatti, è assimilabile ad una sentenza di condanna solo sotto l'astratto profilo del

provvedimento giurisdizionale con il quale si dispone l'applicazione della pena nei confronti di un

soggetto per un determinato reato, da quella si dissocia per la mancanza di una essenziale

componente, l'accertamento giudiziale della responsabilità penale, formalmente estrinsecabile in

una espressa dichiarazione di colpevolezza.

Nella sentenza ex art. 444 c.p.p. l'accertamento completo del fatto reato e della sua commissione da

parte di un determinato soggetto sono sostituiti dalla ricognizione dell'accordo intervenuto tra le

parti sul merito del processo e sulla pena da applicare 237.

Per questo, l'accordo può formarsi solo ed esclusivamente sul trattamento sanzionatorio

principale.

Ed esclusivamente con riguardo a questo il Giudice rimane vincolato , tanto che , ove non lo

condivida, non gli resta che respingere l'istanza (cfr supra).

Resta, pertanto, fuori da ogni accordo ex art. 445 cod. proc. pen., comma 1:

a) l'applicazione di pene accessorie e di misure di sicurezza ove la pena irrogata superi i due anni

(cd patteggiamento allargato; ma si ricordi che l'applicazione delle pene accessorie previste dall'art.

609 nonies c.p. per i reati di violenza sessuale è sempre obbligatoria, anche nel caso di sentenza di

patteggiamento applicativa di una pena inferiore ai due anni, in deroga alla regola generale di cui

all'art. 445 c.p.p., per la volontà del legislatore di irrigidire il quadro sanzionatorio nella specifica

materia 238);

b) la confisca - sia essa obbligatoria o facoltativa - qualunque sia la pena irrogata e, quindi, anche

ove la medesima sia inferiore ai due anni.

Restano pertanto rimessi alla valutazione del Giudice i capi relativi a tali statuizioni, rispetto ai

quali la discrezionalità del decidente si riespande come in una normale sentenza di condanna.

Il fatto che il legislatore abbia sottratto all'accordo delle parti le suddette misure non significa che le

parti, nell'ambito della loro discrezionalità ed autonomia, non possano inserire, nell'accordo sul

trattamento sanzionatorio, anche un accordo sulle stesse.

Tuttavia, proprio perchè la legge è categorica nello stabilire che tali profili della decisione non

rientrano nella disponibilità delle parti, essendone riservata l'applicazione al Giudice, un eventuale

                                                            237 SSUU 3600/1997; SSUU 11/1996; SSUU 8488/1998 238 Cassazione penale, sez. III, 16/11/2011, n. 20292

85  

accordo potrebbe avere solo una semplice funzione di orientamento nella pronuncia del Giudice il

quale, quindi, può tenerne conto o no, avendo solo l'obbligo di motivare sulla soluzione adottata.

Ciò comporta che non solo il Giudice non è vincolato ad un eventuale accordo sulle pene

accessorie, sulle misure di sicurezza o sulla confisca, ma che il medesimo – ove vi fosse - dovrebbe

considerarsi tamquam non esset, quand'anche le parti subordinassero l'intero patteggiamento

all'accoglimento dell'accordo relativo alle pene accessorie, alle misure di sicurezza o alla confisca 239 .

***********

Se le parti nel loro accordo hanno inserito l'applicazione dell'indulto, il Giudice non è vincolato

dalla relativa pattuizione .

Anche sotto tale profilo, è pacifico presso la Suprema Corte che l'applicazione dell'indulto, a

differenza della sospensione condizionale della pena, è materia nuovamente sottratta alla

disponibilità delle parti nell'ambito del patteggiamento, con la conseguenza che la pattuizione

avente per oggetto l'applicazione di tale beneficio, se inserita nell'accordo, è da considerarsi

"tamquam non esset", nel senso che "vitiatur sed non vitiat" 240 .

*******

Le sanzioni amministrative accessorie, quando conseguono obbligatoriamente alla condanna per

voluntas legis, sono parimenti sottratte all’accordo ex art. 444 c.p.p. e vanno disposte a prescindere

dalla volontà delle parti 241.

Con la sentenza di patteggiamento, pertanto, le stesse vanno applicate, essendo il divieto,

eccezionale, previsto dall'art. 445, comma 1, c.p.p. in relazione ai patteggiamenti non eccedenti i

due anni di reclusione , limitato alle pene accessorie e alle misure di sicurezza diverse dalla

confisca.

Ne deriva che con la sentenza ex art. 444 c.p.p. deve essere disposta – ad esempio - la sanzione

amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida prevista per alcune violazioni del

codice della strada (nella specie, la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza alcolica); e ciò

persino se la sospensione sia stata già disposta dal prefetto, posto che, una volta stabilita dal Giudice

                                                            239 Cassazione penale, sez. II, 18/12/2015, n. 1934; Cassazione penale, sez. V, 19/04/2013, n. 40797 ; Cassazione penale, sez. V, 22/03/2013, n. 1154 ; Cass. Pen., sez. 02, del 04/02/2011, n. 20046 240 Cassazione penale, sez. III 09/10/2008 n. 41875 (data dep. 10 novembre 2008); Cass. Sez. 5, Sent. n. 4132 del 29/09/99, rv 214483; Cass. Sez. 3, Sent. n. 3778 del 23/12/96 rv 206731; Cass. Sez. 4, Sent. n. 3756 del 16/04/93, rv 193688 241 Cassazione penale, sez. II, 26/11/2013, n. 49461

86  

la durata della sospensione, da questa dovrà detrarsi il periodo di tempo già scontato per effetto

della sospensione ordinata dal prefetto.

In senso contrario, non può opporsi che la sanzione amministrativa verrebbe applicata in difetto di

accertamento del reato, in quanto nel patteggiamento, anche se non si fa luogo all'affermazione

della responsabilità dell'imputato, si procede comunque all'accertamento del reato, sia pure "sui

generis", essendo fondato sulla descrizione del fatto-reato, nei suoi elementi, soggettivo e oggettivo,

contenuta nel capo d'imputazione, e non contestata dalle parti nel formulare la richiesta 242 .

Stesse affermazioni sono state espresse con riguardo alla revoca della patente ex art. 186 C.d.S.,

comma 2 bis o alla confisca del veicolo utilizzato per commettere il reato di guida in stato di

ebbrezza, la cui applicazione non richiede alcuna motivazione, ivi ricorrendo sanzioni dovute ,

come tali non implicanti l'esercizio di facoltà discrezionali del Giudice 243 .

Anzi, laddove la sentenza di patteggiamento nulla disponga , a seguito dell'impugnazione, la stessa

dovrebbe essere annullata , potendo se del caso provvedere direttamene la Cassazione ad

applicare tali sanzioni ammnistrative 244 .

Né , essendo tali sanzioni accessorie sottratte al potere dispositivo delle parti, il patto può essere

condizionato dalla scelta del tipo (sospensione, invece che revoca) ovvero dalla durata (se a

tempo) della sanzione: in tal caso, quando il patto fosse condizionato a tali aspetti , la clausola

dovrebbe ritenersi come non apposta, in quanto relativa all'esercizio di poteri non spettanti alle

parti e che, se esercitati, si risolverebbero in una disapplicazione della legge.

**********

Ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 9, (Testo unico delle disposizioni

legislative e regolamentari in materia edilizia), per le opere abusive di cui alla citata norma , il

Giudice ordina sempre la demolizione delle opere stesse, se ancora non sia stata altrimenti eseguita.

Poiché l'art. 445 c.p.p., comma 1 bis, equipara la sentenza emessa a seguito di "patteggiamento" alla

sentenza di condanna, l'ordine di demolizione di un manufatto abusivo di cui al D.P.R. 6 giugno

                                                            242 Cassazione penale, sez. IV, 17/12/2010, n. 2631 ; Cassazione penale, sez. IV, 05/03/2008, n. 17647 243 Cass. Sez. 4^, Sentenza n. 49221 del 30/11/2012 Ud. (dep. 18/12/2012), Rv. 253971; Sez. II, 26 novembre 2013, n. 49461, inC.E.D. Cass., n. 257871, ma la regula iuris era stata enunciata già da Sez. un., 27 maggio 1998, n. 8488, Bosio, in Giur. it., 2000, c. 153 244 Cassazione penale, sez. IV, 18/12/2013, n. 10920; Cass. Pen., sez. 04, del 09/07/2013, n. 42662; Cass. Pen., sez. 04, del 05/11/2013, n. 49414; Cassazione penale, sez. IV, 28/01/2014, n. 8022; Sez. VI, 20 novembre 2008, n. 45687; Sez. IV, 28 gennaio 2014, n. 8022, inC.E.D. Cass., n. 258622; Sez. IV, 30 novembre 2012, n. 49221,ivi, n. 253971

87  

2001, n. 380, art. 31, comma 9, va disposto anche in caso di applicazione della pena concordata

dalle parti.

In proposito la Cassazione 245 ha precisato nuovamente che non assume rilievo il fatto che l'ordine

di demolizione non abbia formato oggetto dell'accordo intercorso tra le parti, in quanto esso

costituisce atto dovuto per il Giudice, non suscettibile di valutazioni discrezionali, sottratto alla

disponibilità delle parti stesse e di cui l'imputato deve tenere conto nell'operare la scelta del

patteggiamento.

L'ordine di demolizione è un provvedimento privo di contenuto discrezionale e necessariamente

consequenziale alla sentenza di condanna o ad altra alla stessa equiparata.

Conseguentemente detto ordine va disposto anche se mancante nella richiesta 246.

***********

Altro aspetto della res iudicanda sottratto al potere di pattuizione delle parti è la rateizzazione

della pena pecuniaria .

La decisione circa il pagamento rateale della multa o dell'ammenda rientra nella discrezionalità del

Giudice, secondo quanto previsto dall'art. 133 ter cod. pen., e tale facoltà può essere esercitata

esclusivamente con la sentenza di condanna o con quella ad essa equiparata, ai sensi dell'art. 444

cod. proc. pen..

Di conseguenza, nell'ipotesi di applicazione della pena su richiesta delle parti, la rateizzazione non

può mai costituire oggetto dell'accordo, ma è consentito al Giudice, senza essere vincolato da

eventuale pattuizione sul punto ed ove ne sussistano le condizioni, di esercitare il suo potere

discrezionale, in quanto lo stesso non attiene alla determinazione della pena, bensì alla sua

esecuzione 247.

Par. 17) Irrevocabilità dell’accordo: caratteri e condizioni di modificabilità

Sulla revocabilità delle dichiarazioni delle parti in ordine alla definizione del processo ai sensi

degli artt. 444 c.p.p. e segg. si registrano due orientamenti.

Un primo orientamento – vetusto e superato negli ultimi anni – è estremamente aperto.

Si afferma che l'accordo tra le parti, che caratterizza l'istituto, non è riconducibile alla categoria dei

negozi giuridici bilaterali di diritto privato o di diritto pubblico.

                                                            245 ex plurimis, Sez. 3, n. 44948 del 07/10/2009, P.G. in proc. Ascenzi e altro, Rv. 245212 246 Cassazione penale, sez. III, 15/01/2015, n. 18509; Cassazione penale, sez. III, 28/04/2010, n. 32952; Sez. 3, n. 64 del 14/01/1998, Corrado, Rv. 210128; Sez. 3, n. 24087 del 07/03/2008, Caccioppoli, Rv. 240539 247 Sez. 2^, n. 528 del 15/11/2005 - dep. 10/01/2006, P.G. in proc. Reale ed altro, Rv. 233146); Cassazione penale, sez. V 17/06/2014 n. 38771 (data dep. 23 settembre 2014)

88  

La richiesta di applicazione della pena ed il consenso ("rectius": assenso) costituirebbero due

manifestazioni di volontà unilaterali convergenti, provenienti dall'imputato e dal Pubblico Ministero

e rivolte al Giudice, anche se è sottostante, ma ad esse esterno, un accordo tra le parti.

Ne conseguirebbe la revocabilità della richiesta o del consenso delle parti per l'applicazione della

pena, costituendo essa regola generale, applicabile - salve specifiche indicazioni normative di segno

contrario - nell'ambito del diritto processuale, in coerenza con il principio di disponibilità cui è

improntato l'istituto.

La richiesta e il consenso non sono da ritenersi così per le parti vincolanti e possono essere

revocati e modificati fino a quando non interviene la decisione del Giudice, salvo quanto è disposto

dall'art. 447 c.p.p., comma 3 248.

Altro e più recente orientamento è molto più rigoroso.

Esso muove dalla diversa ricostruzione per cui l’accordo ex art. 444 c.p.p. tra l’imputato e il

pubblico ministero costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, una volta pervenuto

a conoscenza dell’altra parte e quando questa abbia dato il proprio consenso, diviene irrevocabile .

Da tale momento non è suscettibile di modifica per iniziativa unilaterale di una delle parti , in

quanto il consenso reciprocamente manifestato con le dichiarazioni congiunte di volontà determina

effetti non reversibili nel procedimento e pertanto né all’imputato né al pubblico ministero è

consentito rimetterlo in discussione 249.

Peraltro, il riconoscere effetti irreversibili all’accordo già prima della ratifica del Giudice 250 si

riconnette, sul piano logico – giuridico, al dato testuale ricavabile dall’art. 447 cod. proc. pen.,

comma 3, il quale prevede che, durante il termine fissato dal Giudice per esprimere il consenso o il

dissenso sulla richiesta di una delle parti, la stessa non è revocabile , con conseguente illogicità

della tesi che, una volta raggiunto l’accordo, la richiesta possa essere revocata 251 .

************

Ciò posto, anche la giurisprudenza più rigorosa riconosce la possibilità di revocare il consenso

prestato per il patteggiamento quando sopravvenga una norma più favorevole per l'imputato.

                                                            248 Sez. 1, n. 2831 del 24/06/1991, Grossi ed altri, Rv. 188612; Sez. 3, n. 3580 del 09/01/2009, Aluku, Rv. 242673 249 Cassazione penale, sez. I, 15/10/2015, n. 48900; Cass., Sez. 4^, n. 38070 del 11/07/2012 – dep. 01/10/2012, P.G. in proc. Parascenzo, Rv. 254371 250 Cass. N. 39730 del 4-6-2009; n. 1066 del 17-12-2008 251 Cass. N. 115 del 9.1.1998; Cassazione penale, sez. V, 27/06/2012, n. 44456

89  

In tal caso, il consenso prestato alla richiesta di applicazione della pena è revocabile perché devesi

preservare l’interesse della parte che , dopo la stipulazione del patto e prima della pronuncia della

sentenza, ex art. 444 c.p.p., veda l’introduzione di una legge più favorevole, o tale ritenuta , che

alteri la precedente valutazione di convenienza sulla base della quale la parte si era determinata a

chiedere o ad acconsentire all'accordo 252.

In tal caso, in sostanza, la revoca è ammissibile avuto riguardo all'art. 2 c.p., comma 4 253.

Il principio di retroattività della lex mitior espresso dalla norma riguarda ogni disposizione penale

successiva alla commissione del fatto, che apporti modifiche in melius di qualunque genere alla

disciplina di una fattispecie criminosa, incidendo sul complessivo trattamento riservato al reo.

Per l’effetto, è stato annullato un accordo ex art. 444 c.p.p. allorquando, prima che intervenisse

sentenza del Giudice, era sopravvenuto l'istituto della messa alla prova introdotta con L. 28 aprile

2014, n. 67 (lex mitior nel senso precisato, considerato che l'esito positivo della messa alla prova

determina l'estinzione del reato) e non era stata data la possibilità alle parti di rivedere l’accordo254 .

Per andare esente da censure, il Giudice avrebbe dovuto soprassedere dall'applicare la pena

concordata ed invitare le parti a un nuovo accordo o, in difetto, a proseguire nell'ulteriore corso

della procedura 255.

************* 

Da ultimo, si è poi ritenuto che , anche per esigenze di ragionevole durata del processo, ferma la

unilaterale irretrattabilità della richiesta di definizione "patteggiata" , le parti possano - d'intesa tra

loro e non per iniziativa di una sola di esse - modificare il precedente accordo sulla definizione

del processo , chiaramente prima che intervenga la decisione del Giudice 256 .

Par. 18) Il patteggiamento parziale

La richiesta ex art. 444 c.p.p. solo per alcuni tra i plurimi reati contestati in un procedimento è

ritenuta inammissibile dalla prevalente giurisprudenza.

Secondo tale indirizzo, la caratteristica del rito alternativo di essere funzionalmente orientato alla

rapida definizione del processo, in ordine a tutti i reati contestati, rende incompatibile

un'utilizzazione differenziata dell'applicazione della pena su richiesta delle parti per la decisione

                                                            252 Cassazione penale, sez. IV, 23/02/2012, n. 11209 253 Sez. 6, n. 26976 del 10/04/2007, Gatti, Rv. 237095 254 Cassazione penale, sez. IV 08/04/2015 n. 15231 (data dep. 13 aprile 2015) 255 Cassazione penale, sez. VI, 10/04/2007, n. 26976 256 Cassazione penale, sez. VI, 19/01/2016, n. 5541

90  

solo di alcune imputazioni fra quelle contestate, individuate secondo criteri di opportunità, e la

prosecuzione del processo nelle forme ordinarie in relazione alle restanti .

La limitazione della pronuncia ad alcune soltanto delle ipotesi delittuose contestate darebbe luogo

ad una sorta di irrituale separazione di processi non prevista dall'art. 18 c.p.p., risolvendosi, anzi, in

un espediente procedurale per eludere i limiti di applicabilità del rito 257 .

Peraltro, si osserva, non merita alcun premio l'adesione al rito speciale che non solo non esclude in

alcun modo la necessità che, per il medesimo fatto e nei confronti del medesimo autore, si debba

comunque procedere a dibattimento - come nel caso, per esempio, di concorso formale di reati - ,

ma che addirittura comporti anche il ritardo nella definizione del processo in conseguenza

dell'astensione del Giudice, contraddicendo le finalità della separazione dei processi (artt. 17 e 18

cod. proc. pen.).

Si tratta dunque di una scelta che contraddice la finalità deflattiva dell'istituto, finendo per premiare

l'imputato in modo irragionevole.

Del resto, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile la richiesta di giudizio abbreviato in relazione

ad alcuni dei reati contestati qualora l'imputato non richieda, per i residui reati, l'applicazione della

pena concordata, atteso che, in tal modo, non viene eluso il fine di deflazione processuale del

giudizio speciale 258 .

*********

A fronte di tale posizione dominante, si è tuttavia sviluppato un contrapposto, per quanto

minoritario, orientamento in virtù del quale sarebbe consentito un patteggiamento parziale.

Secondo tale impostazione, approvato un tale accordo, per i reati esclusi si dovrebbe procedere

normalmente all'esercizio dell'azione penale, con la conseguenza che il Giudice, nell'applicare la

pena per i reati compresi nella pattuizione ex art. 444 c.p.p., deve disporre la trasmissione degli atti

al pubblico ministero perchè proceda.

A sostegno di tale diverso orientamento è stato affermato:

a) la non decisività dell'argomento secondo cui il beneficio, in termini di pena, derivante dal

patteggiamento sarebbe giustificabile solo a seguito di un effetto deflattivo completo, da realizzarsi

attraverso la definizione simultanea di tutti i reati contestati, in quanto si verificherebbe

                                                            257  Cassazione penale, sez. VI, 18/11/2014, n. 48651;Cassazione penale, sez. II, 06/12/2012, n. 11284; Sez. 3, 16/02/2001. Ardigò, Rv 218837; Sez. 2, 22/10/2001, Monaco, Rv. 221150; Sez. 3, 17/04/1997, Fiorelli; Sez. 1, n. 6703 del 12/01/2006, Ignacchiti, Rv. 233409; Sez. 3, n. 41138 del 23/05/2013, Lukasuak, Rv. 256929 258 Sez. 6, n. 2251 del 05/10/2010, Fenu, Rv. 248792; Sez. 5, n. 4511 del 24/10/2000, Torello, Rv. 217391

91  

l'inconveniente pratico di escludere il rito alternativo - e il suo effetto deflattivo - tutte le volte in cui

ogni volta che esso abbia ad oggetto soltanto alcuni reati;

b) l'assenza di un specifico divieto normativo, desumibile, oltre che dal testo della norma di cui

all'art. 444 c.p.p., anche dalla ratio dell'istituto, costituisce la conferma della possibilità di un effetto

deflattivo parziale che conferisce al Giudice il potere di concentrare lo sforzo decisionale e

motivazionale su un numero più limitato di reati;

c) la non decisività dell'argomento poggiante sulla conseguenza che dal patteggiamento parziale

scaturirebbe una sorta di separazione di processi, non rientrante in alcuno dei casi disciplinati

dall'art. 18 c.p.p., in quanto tale norma, al comma 2, prevede quale ipotesi generale e residuale di

separazione di processi, quella che il Giudice può disporre sull'accordo delle parti, qualora la

ritenga utile ai fini della speditezza del processo; secondo tale impostazione l'accordo delle parti

sull'applicazione della pena per alcuni dei reati oggetto dell'imputazione comprende evidentemente

in sè l'accordo per la conseguente separazione e trattazione autonoma degli altri reati;

d) la non persuasività logico-sistematica dell'argomento secondo il quale il patteggiamento parziale

si risolverebbe in un espediente procedurale per eludere i limiti di applicabilità del rito speciale

fissati dall'art. 444 c.p.p., comma 1, con riferimento all'entità della pena che sarà in concreto

irrogata; tale pericolo verrebbe escluso per la fondamentale ragione della necessità del consenso del

pubblico ministero, che è elemento costitutivo ineludibile dell'accordo sulla pena ed è espressione

della scelta, consentita in via generale dall'ordinamento, di procedere separatamente per alcuni reati;

d’altronde, la diversa soluzione affiderebbe al pubblico ministero la arbitraria scelta di procedere

congiuntamente o separatamente alla scelta del patteggiamento in relazione a più reati per i quali la

pena detentiva complessivamente applicabile su richiesta delle parti sia superiore a cinque anni 259.

*************

Si sono poi avute prese di posizioni intermedie che, pur aderendo tendenzialmente all’orientamento

maggioritario, hanno ritenuto ammissibile il patteggiamento parziale in due casi.

Il primo caso riguarda la contestazione di ulteriori reati che, esclusi dall'accordo, sono destinati ad

essere subito sentenziati con pronuncia ex art. 129 c.p.p. , sussistendo cause di non punibilità

immediatamente rilevanti 260 : nella relativa evenienza, come è intuitivo, la finalità deflattiva viene

ampiamente salvaguardata nonostante la parziarietà dell’accordo, andandosi a definire l’intera

posizione dell’imputato , seppur con pronunce differenti.

                                                            259 v. su tali punti Sez. 3^ 13.7.2011. n. 34915. D.L. Rv. 250860; v. anche Sez. 6^ 22.4.2008 n. 22427 cit. ; Sez. I, 27 settembre 1993, n. 10335 260 v. sul punto Sez. 2^ 8.7.2010 n. 28225, P.G. in proc. Salvi, Rv.248209 

92  

Il secondo caso riguarda i procedimenti nei quali l'azione penale è stata esercitata nei confronti del

medesimo imputato per fatti tra loro non connessi o che comunque non potevano nemmeno essere

riuniti ai sensi dell'art. 17 cod. proc. pen..

Questa posizione ripete i suoi argomenti dall’orientamento più aperto, laddove si osserva che:

- talvolta il patteggiamento parziale, grazie alla successiva separazione delle imputazioni (non

connesse e non ricomprese nell’accordo), può apportare una maggiore speditezza al

prosieguo del procedimento;

- il patteggiamento parziale porrebbe rimedio alla possibilità di un uso arbitrario di cumulo di

contestazioni da parte del Pm in un unico procedimento, posto che, quando tra le diverse

imputazioni non ricorre una significativa connessione, si priverebbe l’imputato della

possibilità di patteggiare (nel rispetto dei limiti di pena di legge) per alcuni reati solo per una

scelta discutibile della Procura.

Ecco che, allora, si afferma che l’imputato non può essere pregiudicato nel proprio diritto alla

richiesta di patteggiamento per alcuni dei reati non connessi perchè in tal caso la separazione è utile

ai fini della speditezza del processo (art. 18 c.p.p., comma 2), determinandosi altrimenti un

appesantimento in contrasto con le finalità che consentono la riunione dei processi 261.

Par. 19) Patteggiamento , nullità ed incompetenza territoriale

La richiesta formulata dall'imputato di accedere al rito alternativo ha portata di sanatoria

generalizzata , facendo venire meno l'interesse ad eccepire eventuali invalidità .

L'applicazione concordata della pena, infatti, postula la rinunzia a far valere qualunque eccezione di

nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad

essa prestato 262.

La ragione di ciò fonda sul fatto che le parti, che sono pervenute all'applicazione della pena su loro

richiesta, non possono proporre successivamente questioni incompatibili con la richiesta di

patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la qualificazione giuridica risultante dalla

contestazione 263 .

                                                            261 Cassazione penale, sez. III 21/01/2016 n. 10109 (data dep. 11 marzo 2016) 262 Sez. 2, n. 6383 del 29/01/2008, Rv. 239449 263  Sez. 3, n. 39193 del 18/06/2014, Da Silva e altri, Rv. 260392; Cassazione penale, sez. fer., 27/08/2015, n. 36897; Cassazione penale, sez. IV, 12/11/2009, n. 45328

93  

Alla stessa logica risponde l’orientamento di consolidata giurisprudenza 264 per cui la richiesta di

patteggiamento implica la rinuncia all'eccezione di incompetenza per territorio che non ha natura

inderogabile.

La questione è naturalmente superata da una pattuizione ex art. 444 c.p.p. implicante la generale

accettazione degli atti del procedimento.

E la legge non demanda al Giudice, tra le verifiche da compiersi in ordine all'intervenuto accordo

sulla pena, anche quello sulla sussistenza della propria competenza per territorio, la quale, pertanto,

non può essere rilevata ex officio (e ciò ancorchè prima dell'accordo la questione sia stata

prospettata dall'imputato interessato), a differenza del difetto di giurisdizione e dell'incompetenza

per materia, nei limiti dell'art. 21 c.p.p., comma 1, prima parte, il cui rilievo si sottrae ad ogni

preclusione di carattere temporale e processuale, nè può costituire oggetto di valida rinuncia .

Nondimeno, affinchè la rinuncia alla eccezione di incompetenza per territorio sia efficace, occorre

che il negozio processuale conseguente alla formulazione della richiesta di applicazione della pena

su richiesta ex art. 444 cod. proc. pen. si perfezioni con il consenso della parte che non ha formulato

la richiesta (art. 444 c.p.p., comma 2), e giunga a compimento, con la pronunzia della relativa

sentenza da parte del Giudice.

Qualora di contro il Giudice rigetti l'istanza per una delle ragioni indicate nel secondo comma

dell'art. 444 cod. proc. pen. , rivive la facoltà di dedurre l’incompetenza per territorio nel prosieguo

del giudizio ordinario o abbreviato 265.

Par. 20) Patteggiamento allargato e recidiva

Ha costituito motivo di contrasto giurisprudenziale l'interpretazione dell'art. 444 c.p.p., comma 1

bis, nella parte in cui stabilisce che sono esclusi dal "patteggiamento", “qualora la pena superi due

anni soli o congiunti a pena pecuniaria" i procedimenti "contro i recidivi ai sensi dell'art. 99 c.p.,

comma 4”.

Secondo un primo orientamento 266 per l'esclusione dal patteggiamento a pena detentiva superiore a

due anni non è sufficiente che dal certificato penale dell'imputato emerga una situazione di recidiva

qualificata, ma occorre che la stessa sia stata espressamente riconosciuta e dichiarata dal Giudice.

Secondo altro orientamento 267 ai fini dell'operatività della recidiva qualificata come causa di

esclusione del patteggiamento ai sensi dell'art. 444 c.p.p. comma 1 bis è sufficiente che essa sia

                                                            264 v. per tutte Cass. pen. sez. 2, sent. 1 gennaio 2000, n. 14; Cass. pen. n. 7903 del 1992 265 Cassazione penale, sez. III 15/10/2015 n. 49647 (data dep. 17 dicembre 2015) 266 Sez. 6, 16.9.2004, P.M. in proc. Bonfanti, rv 230378 e Sez. 1, 13.11,2008, P.M. in proc. Manfredi, rv 242509

94  

stata contestata, in tal senso dovendosi intendere, trattandosi di una circostanza, il concetto di

"dichiarazione" al quale sì richiama la predetta disposizione per ricomprendere anche le altre

situazioni soggettive quali condizione di delinquente abituale, professionale o per tendenza.

Sul punto sono intervenute le SS.UU. le quali, all’esito di articolata motivazione, hanno

specificato:

- che la recidiva reiterata di cui all'art. 99 c.p., comma 4, opera quale circostanza aggravante

facoltativa, nel senso che è consentito al Giudice escluderla ove non la ritenga in concreto

espressione di maggior colpevolezza o pericolosità sociale del reo;

- che dall'esclusione deriva la sua ininfluenza non solo sulla determinazione della pena, ma

anche sugli ulteriori effetti commisurativi della sanzione costituiti dal divieto del giudizio di

prevalenza delle circostanze attenuanti di cui all'art. 69 c.p., comma 4, dal limite minimo di

aumento della pena per il cumulo formale di cui all'art. 81 c.p., comma 4, dall'inibizione

all'accesso al "patteggiamento allargato" ed alla relativa riduzione premiale di cui all'art. 444

c.p.p., comma 1 bis.

Per cui, si è affermato , la formula lessicale contenuta nella disposizione in esame ("coloro che

siano stati dichiarati... recidivi ai sensi dell'art. 99 c.p., comma 4") non può essere interpretata nel

senso che indichi la necessità di una pregressa "dichiarazione" giudiziale della recidiva.

La circostanza aggravante, invero, può solo essere "ritenuta" ed "applicata" per i reati in relazione ai

reati è contestata ed in questo modo deve essere intesa detta espressione, la quale, imprecisa sotto il

profilo tecnico, è stata evidentemente utilizzata dal legislatore per ragioni di semplificazione

semantica essendo essa riferita anche ad altre situazioni soggettive che, attributive di uno specifico

status (delinquente abituale, professionale e per tendenza), abbisognano di un'apposita dichiarazione

che la legge espressamente prevede e disciplina agli artt. 102, 105, 108 e 109 c.p. 268.

Ciò posto, sulla scia di tali dicta, si è ribadito , per l'esclusione dal patteggiamento a pena detentiva

superiore a due anni , non è sufficiente che dal certificato penale dell'imputato emerga una

situazione di recidiva qualificata, ma occorre che la stessa sia stata espressamente riconosciuta e

                                                                                                                                                                                                     267 Sez. 2, 4.12.2006, P.M. in proc. Cicchetti, rv 235620 e Sez. 6, 9.12.2008, P.M. in proc. Ogana, rv 242148 268 Cassazione penale, sez. un. 27/05/2010 n. 35738 (data dep. 05 ottobre 2010) ; Sez. 3^, 4.12.2006, Cicchetti; Sez. 5^, 25.9.2008, Moccia, rv 241598; sez. 2^, 22.12.2009, Stracuzzi

95  

dichiarata dal Giudice 269, anche se in concreto non applicata per effetto del giudizio di equivalenza

con circostanze attenuanti 270 .

Dirimente è che sia riconosciuta la non esclusione dell’aggravante contestata, a prescindere

dall’esito del giudizio di valenza ex art. 69 c.p. .

Par. 21) Patteggiamento e motivazione

In linea di principio , la motivazione della sentenza di patteggiamento è improntata a canoni di

assoluta semplicità e sinteticità.

**********

E' stato reiteratamente affermato in giurisprudenza che, in funzione della particolarità del rito e

della centralità dell'atto negoziale che lo caratterizza - fermo restando che alla parte è preclusa la

possibilità di contestare, con i motivi di impugnazione, i termini fattuali dell'imputazione 271-

occorre una specifica indicazione di tutti gli elementi strutturali della motivazione "soltanto nel caso

in cui dagli atti o della deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile

applicazione di cause di non punibilità” 272, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario,

una motivazione consistente nella enunciazione anche implicita che è stata compiuta la verifica

richiesta della legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art.

129 c.p.p. 273.

In sostanza, la motivazione della sentenza in relazione alla mancanza dei presupposti per

l'applicazione dell'art 129 cod. proc. pen. può anche essere meramente enunciativa, poichè la

richiesta di applicazione della pena deve essere considerata come ammissione del fatto ed il Giudice

deve pronunciare sentenza di proscioglimento solo qualora dagli atti risultino elementi tali da

imporre di superare la presunzione di colpevolezza che il legislatore ricollega proprio alla

formulazione della richiesta di applicazione della pena 274.

L'obbligo motivazionale richiesto al Giudice con riferimento alla mancata ricorrenza delle cause di

proscioglimento di cui all'art. 129 c.p.p. è stato ritenuto ben assolto anche tramite il mero richiamo

                                                            269 Cassazione penale, sez. I, 11/02/2014, n. 23643 270 Cassazione penale, sez. VI, 15/01/2014, n. 2332 271 SS.UU. 20/1999 272 Cassazione penale, sez. IV, 02/07/2013, n. 33214 273 SS.UU. 5777/1992 274 Cassazione penale, sez. II, 06/10/2015, n. 41785; Cassazione penale, sez. VI, 01/04/2015, n. 15927

96  

alla norma processuale, in quanto idoneo a presumere espletata la verifica quanto all'assenza di

motivi che ostano alla condanna 275.

*************

La generale semplificazione del percorso motivazionale quale propaggine della natura pattizia del

rito vale, oltre che per il controllo negativo in ordine ai presupposti della pronuncia ex art. 129

c.p.p., anche per il controllo (positivo) in tema di qualificazione giuridica del fatto, ricorrenza e

corretta comparazione delle circostanze nonché congruità della pena, rispetto ai quali basterà dare

atto dell’avvenuta verifica e della correttezza in diritto dell’accordo siglato tra le parti ex art. 444

c.p.p, in uno alla condivisibilità della pena.

**********

Con riguardo alle circostanze, non è stata ritenuta censurabile la sentenza di patteggiamento nella

quale mancava la esplicitazione del giudizio di comparazione tra circostanze , nel momento in cui

il Giudice affermava la congruità della pena concordata, in quanto ciò costituiva espressione del

giudizio valutativo implicitamente effettuato anche con riguardo al giudizio ex art. 69 c.p., sì da

essere soddisfatto in tal modo l'obbligo della motivazione 276.

Parimenti, è stata ritenuta ultronea , in sede di patteggiamento, una specifica motivazione

sull'esclusione dell'operatività della recidiva e del conseguente aumento di pena , in quanto la

ratifica dell'accordo presuppone che il Giudice abbia effettuato il controllo sulla correttezza e

congruità della pena definita dalle parti, compresa la rilevanza ed applicabilità delle circostanze 277 .

D’altronde, sempre secondo la Cassazione, la concessione dell'attenuante di cui all'art. 73,

comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, può non essere motivata quando, in base all'imputazione, il fatto

risulti a prima vista di minima offensività; mentre il Giudice dovrà più adeguatamente motivare il

suo convincimento qualora - in assenza di altri dati significativi - la lieve entità del fatto non possa

essere desunta "ictu oculi" dalla quantità e qualità dello stupefacente, né dagli altri parametri

normativi (mezzi, modalità, circostanze dell'azione) 278.

***********

Con particolare riferimento alla congruità della pena , si ritiene che la parte, che abbia prestato il

proprio consenso all'applicazione di un determinato trattamento sanzionatorio, non può dolersi della

                                                            275 Cassazione penale, sez. III, 25/02/2014, n. 11110 276 Cassazione penale, sez. III, 29/09/2009, n. 42910 277 Cassazione penale, sez. I, 12/02/2014, n. 10067; Cassazione penale, sez. VI, 02/02/2012, n. 5027 278 Cassazione penale, sez. VI, 13/03/2013, n. 16596

97  

successiva ratifica dell'accordo relativamente alla entità della pena pattuita, neppure sotto il profilo

del difetto di motivazione, in quanto ha implicitamente esonerato il Giudice dall'obbligo di rendere

conto dei punti non controversi della decisione.

E' sufficiente che il Giudice dia conto di aver sottoposto ad un giudizio valutativo la proposta di

patteggiamento formulata concordemente dalle parti e di averla ritenuta congrua rispetto alle

componenti oggettive e soggettive del fatto-reato 279 .

Null’altro.

E sempre nella logica della semplificazione, la Suprema Corte ha affermato che il Giudice, quando

accoglie una richiesta di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. che prevede il

riconoscimento del cumulo giuridico per effetto della continuazione tra i reati contestati, non è

tenuto a motivare le ragioni di fatto poste a fondamento dell'unicità del disegno criminoso così

come prospettate dalle parti , potendosi limitare a dare atto della congruità della pena, nella cui

valutazione refluisce anche l’esistenza dei presupposti ex art. 81 c.p. 280.

In senso contrario, tuttavia, una giurisprudenza minoritaria ha affermato che nella sentenza di

applicazione della pena su richiesta delle parti il Giudice ha l'obbligo di motivare con chiarezza,

seppure in maniera concisa, la sussistenza del vincolo della continuazione tra i reati contestati e

delle circostanze attenuanti 281e che il Giudice deve verificare la sussistenza del medesimo disegno

criminoso, che non può essere dedotto dalla mera contestualità temporale dei fatti criminosi 282.

Al Giudice del patteggiamento , si afferma, non è riservata una funzione meramente notarile, sicché

egli non può limitarsi a recepire acriticamente l'accordo delle parti, e ciò proprio e specialmente

quando il medesimo non si contiene nella determinazione della pena per il reato contestato nel

procedimento speciale, ma coinvolge in un unico trattamento sanzionatorio reati trattati in diversi

giudizi 283.

*************

Ciò posto, taluni capi della sentenza di patteggiamento devono certamente essere oggetto di

maggiore attenzione motivazionale da parte dei Giudici di merito.

                                                            279 Sez. 3, n. 42910 del 29/09/2009, Gallicchio, Rv. 245209 280 Cassazione penale, sez. VII, 22/04/2015, n. 23672; in senso conforme: n. 32004 del 2003; Cass. Pen., sez. 05, del 03/04/2007, n. 20562 ; Cassazione penale, sez. VI, 05/05/2008, n. 35797; Cass. Pen., sez. FF, del 28/07/2009, n. 33409 ; Cass. Pen., sez. 05, del 14/07/2010, n. 37307 ; Cass. Pen., sez. 06, del 02/12/2010, n. 14563 281 Sez. VI, 1° luglio 2003, Caria, in questa rivista, 2004, p. 3731 282 Sez. VI, 5 ottobre 2004, Bougeois, in C.E.D. Cass., n. 230837 283 Sez. V, 19 aprile 1999, Canonico, in questa rivista, 2000, p. 2065

98  

**************

Il primo di essi riguarda l’applicazione delle sanzioni sostitutive, venendo in rilievo in tal caso la

corretta attuazione di valori costituzionali ex art. 27 Cost., con particolare riguardo alla effettiva

finalità di reinserimento del condannato.

Quando l’accordo abbia ad oggetto la sostituzione ex L. 689/81, nell'esercizio del potere

discrezionale di sostituzione della pena detentiva il Giudice - nell'osservanza dei criteri e dei

parametri indicati nella L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 57, comma 3 - deve specificamente

indicare i motivi che giustificano la scelta del tipo di pena erogata, l'idoneità della pena sostitutiva

al reinserimento sociale del condannato, la positiva presunzione di adempimento delle prescrizioni

imposte, secondo quanto detta l'art. 58 della Legge medesima.

Tale obbligo di specifica motivazione, si è affermato, pur nell'adattamento connesso alla limitata

funzione assegnata al Giudice in caso di patteggiamento ex art. 444 c.p.p., deve ricevere sufficiente

e idoneo adempimento per la delicatezza della materia, in aggiunta all'analogo obbligo di

giustificazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, alla sussistenza ed alla valenza delle

circostanze del reato nonchè alla conformità della pena 284.

Per cui, l'omessa motivazione sul punto da parte del Giudice travolge il patto d'identico contenuto

originariamente concluso tra il pubblico ministero e l'imputato, determinando la caducazione della

sentenza 285.

************

Parimenti la sinteticità della motivazione tipica del rito non può estendersi all'applicazione della

confisca ex art. 240 c.p. , per equivalente o ai sensi dell'art. 12 sexies d.l. 8 giugno 1992 n. 306,

conv. nella l. 7 agosto 1992 n. 356.

Stavolta vale il rilievo per cui tali capi della decisione sfuggono al potere di vincolo delle parti.

Per cui, le ordinarie ragioni di garanzia processuale impongono al Giudice di dar conto delle

relative statuizioni come in ogni sentenza.

Ecco che per giurisprudenza costante , anche dopo la novella apportata dalla L. n. 134 del 2003 al

testo dell'art. 445 c.p.p. con l'estensione dell'applicabilità - in caso di pena patteggiata - della misura

di sicurezza della confisca a tutte le ipotesi di cui all'art. 240 c.p., il Giudice ha l'obbligo di motivare

sulle ragioni per cui ritiene di dover disporre la confisca di specifici beni sottoposti a sequestro,

soprattutto quando procede a confisca facoltativa 286.

                                                            284  Cass., Sez. 6, n. 6110/1994, Rv - 199403 285 Cassazione penale, sez. IV 07/11/2013 n. 48574 (data dep. 04 dicembre 2013) 286 Cass. Sez. 6, sent. n. 42804/2008 rv. 241875; Cassazione penale, sez. V, 25/06/2013, n. 31250

99  

Così si è affermato :

- che, in caso di patteggiamento per il delitto di cui all'art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309

del 1990, il Giudice può, solo previa adeguata motivazione, sottoporre a confisca facoltativa

il denaro che rappresenta il profitto ricavato dalla cessione di sostanze stupefacenti,

trattandosi di cose riferibili direttamente al reato, la cui ablazione deve essere giustificata

con l'esistenza di un nesso pertinenziale con l'illecito tale da imporre la sottrazione dei

beni alla disponibilità del colpevole 287;

- che, in generale, anche con la sentenza di patteggiamento il Giudice che disponga la

confisca facoltativa delle cose sequestrate deve motivare sulla circostanza che la libera

disponibilità del bene possa costituire un incentivo alla reiterazione della condotta criminosa

e la sua valutazione, se correttamente e logicamente motivata, si sottrae al sindacato di

legittimità 288.

Ugualmente, per le confische per equivalente o ex art. 12 sexies cit., il Giudice che dispone

l'ablazione obbligatoria di denaro o di beni ha l'obbligo di motivare sia sulle ragioni per cui non

ritiene attendibili le giustificazioni eventualmente addotte in ordine alla provenienza del denaro o

dei beni confiscati, sia sull'esistenza di una sproporzione tra i valori sequestrati e il profitto del reato

per cui è stato disposto il sequestro 289 .

***********

Più specifica attenzione motivazionale viene nuovamente richiesta al Giudice quando si proceda

alla applicazione di sanzioni amministrative accessorie, nei casi in cui il Giudice intende fissare

la durata della sanzione in misura notevolmente superiore al minimo o addirittura nel massimo,

venendo qui in rilievo un esercizio del potere che - come per le confische – sfugge al potere

vincolante delle parti 290.

                                                                                                                                                                                                      287 Cassazione penale, sez. III, 23/10/2014, n. 2444; Cass. Pen., sez. 06, del 05/03/2013, n. 13049 288 Cassazione penale, sez. IV, 26/10/2010, n. 41560 289 arg. da Sez. 6, n. 11497 del 21/10/2013, Musaku, Rv. 260879 in tema di misura di sicurezza della confisca ai sensi del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies, convertito nella L. 7 agosto 1992, n. 356; si vedano anche: Cassazione penale, sez. II, 21/01/2014, n. 6618; Sez. 3, n. 19461 del 11/03/2014, Pg in proc. Stefanelli e altri, Rv. 260599; Sez. 2, n. 3247 del 18/09/2013, Gambacorta, Rv.258546). 290 Cassazione penale, sez. IV, 29/01/2014, n. 21574; Cassazione penale, sez. IV, 12/03/2013, n. 35839; in senso conforme, v. Sez. IV, 9 febbraio 1996, n. 2531, inC.E.D. Cass., n. 204578 ; Cassazione penale, sez. IV, 27/03/2012, n. 21194

100  

Di riflesso, per ragioni di economicità, quando il Giudice con la sentenza di patteggiamento applichi

una sanzione amministrativa accessoria (a tempo, si pensi alla sospensione della patente) in misura

modesta e comunque inferiore alla media edittale, l'obbligo di motivazione può ritenersi soddisfatto

mediante la semplice menzione dell'adeguatezza o della congruità della sanzione 291 .

Par. 22) Patteggiamento ed incompatibilità

Il procedimento di applicazione della pena concordata dalle parti integra un vero e proprio giudizio

e non richiede un compito di mera ricezione e certificazione della volontà ritualmente espressa dalle

parti 292.

Il Giudice - pur essendo il suo compito condizionato dall'accordo intervenuto tra imputato e

pubblico ministero e quindi in questo senso circoscritto e indirizzato – “è chiamato a svolgere

valutazioni, fondate direttamente sulle risultanze in atti, aventi natura di giudizio non di mera

legittimità ma anche di merito, concernenti tanto la prospettazione del caso contenuta nella richiesta

di parte, quanto la responsabilità dell'imputato, quanto infine la pena”.

La Corte Costituzionale , pertanto, con sentenza n. 186/1992, ha riconosciuto sussistente

l’incompatibilità con il giudizio dibattimentale del Giudice persona fisica che (fuori dalle ipotesi di

pronuncia di inammissibilità) abbia rigettato la richiesta di applicazione di pena concordata, dato

che essa comporta, quanto meno, una valutazione negativa circa l'esistenza delle condizioni

legittimanti il proscioglimento ex art.129 cod. proc. pen. e circa la congruenza alle suddette

risultanze della qualificazione giuridica del fatto e/o delle circostanze ritenute nella richiesta .

E’ stato chiarito come nella sentenza applicativa della pena su richiesta delle parti, "che spazia dal

merito alla legittimità" 293, pur mancando innegabilmente un accertamento pieno di responsabilità

basato su una valutazione probatoria di analoga pregnanza rispetto a quella svolta nel giudizio

dibattimentale o nel rito abbreviato, non sono dunque assenti aspetti di una pronuncia di merito e

anche, sia pure in forma di controllo del contenuto dell'accordo delle parti, aspetti di una pronuncia

statuente sulla pena.

Da tanto l’incompatibilità a trattare il giudizio ordinario o il giudizio abbreviato 294.

                                                            291 Sez. IV, 20 gennaio 1998, n. 2278, in C.E.D. Cass., n. 210385. Sulla stessa linea, v. Sez. IV, 24 aprile 1996, n. 8439,ivi, n. 206297; Vedi anche: Cass. pen., sez. IV, 20 gennaio 1998 n. 2278; Cass. pen., sez. I, 16 aprile 1996 n. 2531 292 C. Cost. sentenza n. 313 del 1990 293C.Cost. sentenza n. 124 del 1992 294 Cassazione penale, sez. VI, 05/06/2013, n. 25166

101  

Per cui, in caso di rigetto, il Giudice persona fisica , nelle fasi preliminari al dibattimento, dovrà

rimettere gli atti per l’ulteriore corso davanti ad altro Giudice della Sezione secondo le Tabelle

dell’Ufficio.

Tuttavia, facendosi fedele applicazione di tali principi, si è chiarito che il rigetto della richiesta di

"patteggiamento" in applicazione di una norma processuale ed in assenza di valutazioni sul merito

dell'imputazione, non comporta l'incompatibilità del Giudice ad esaminare una nuova richiesta di

"patteggiamento", non essendovi in tal caso un previo “giudizio pregiudicante” 295.

************

Nel caso in cui il Giudice rigetti una richiesta di patteggiamento nei confronti di uno solo dei

coimputati, lo stesso non diviene necessariamente incompatibile nei confronti degli altri.

La Corte Costituzionale ha ricordato che l'imparzialità è "connotato intrinseco dell'attività del

Giudice" e che perciò l'incompatibilità, nella disciplina qui in esame, "è ragionevolmente

circoscritta ai casi di duplicità del giudizio di merito sullo stesso oggetto", dato che per attuare "la

garanzia costituzionale del giusto processo" ciò che va evitato è "il rischio che la valutazione

conclusiva di responsabilità sia, o possa apparire, condizionata dalla propensione del Giudice a

confermare una propria precedente decisione".

A tal fine è, perciò, necessario che la regiudicanda sia identica, dato che solo in tal caso può

riconoscersi un condizionamento suscettibile di minare l'imparzialità.

Un'identità dell'oggetto del giudizio non è ravvisabile nell'ipotesi di concorso di persone nel

medesimo reato, “perchè alla comunanza dell'imputazione fa necessariamente riscontro una

pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, le quali, ai fini del giudizio

di responsabilità, devono formare oggetto di autonome valutazioni sotto il profilo tanto materiale

che psicologico, e ben possono, quindi, sfociare in un accertamento positivo per l'uno e negativo per

l'altro”.

Valutazioni sovrapponibili – e foriere di incompatibilità - vi saranno solo nella ipotesi estrema

presa in esame dalla sentenza n. 371/96, in cui la posizione del concorrente nel medesimo reato, già

oggetto di precedente valutazione, costituiva "elemento essenziale per la stessa configurabilità del

reato contestato agli altri concorrenti" 296 .

In sostanza, l'oggetto della valutazione pregiudicante è dato non dal reato in sé , ma dalla condotta

differenziata di ciascun imputato.                                                             295  si pensi alla declaratoria di inammissibilità della richiesta per violazione dei termini perentori entro cui andava avanzata, Cassazione penale, sez. IV, 31/01/2013, n. 18669 ; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 10099 del 08/02/2005, Bellopede, Rv. 231628 296 V. anche Corte Cost. ord. n. 490 del 20 - 26 novembre 2002

102  

Sicché, ove la posizione del terzo non sia stata oggetto di specifico apprezzamento giudiziale, non

sussiste l'incompatibilità.

Occorre la concreta e non astratta o presunta implicazione del vaglio del soggetto terzo che non sia

parte nel procedimento, affinché l'incompatibilità si configuri.

Ed ove nel rigetto del patteggiamento pronunciato nei confronti di un coimputato il Giudice non

prenda in alcun modo in esame la posizione del suo correo, rispetto a quest’ultimo non sarà

incompatibile ex art. 34 c.p.p. e, previa separazione, potrà trattenere il relativo fascicolo 297.

*************

Identici principi sono stati affermati dalla Corte Costituzionale anche nel caso in cui venga emessa

sentenza ex art. 444 c.p.p. nei confronti di un solo coimputato: nella relativa ipotesi , non sussiste

una situazione di incompatibilità nei confronti degli altri correi parimenti a giudizio, in relazione

agli stessi reati, a meno che la sentenza non contenga valutazioni di merito, tali da rappresentare

un'anticipazione di giudizio sui coimputati che non abbiano patteggiato la pena 298 .

Par. 23) Patteggiamento e parte civile

Per espresso disposto normativo ex art. 444 comma 2 c.p.p. , “se vi è costituzione di parte civile, il

Giudice non decide sulla relativa domanda; l'imputato è tuttavia condannato al pagamento delle

spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o

parziale”.

Il Giudice del «patteggiamento» è perciò tenuto a pronunciarsi solo in ordine al pagamento delle

spese sostenute dalla parte civile e a condannare l'imputato al pagamento di dette spese, salvo che

ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale .

A tal riguardo la Cassazione ricorda che il Giudice ha il dovere di dare conto, pur se

succintamente, sia dei «giusti motivi» in base ai quali ritenga di disporre la compensazione delle

spese, sia della decisione di effettuare una consistente riduzione delle spese rispetto alla richiesta

avanzata dalla parte civile, non potendosi ritenere assolto il relativo obbligo di motivazione

attraverso formule di carattere astratto e non realmente esplicative della decisione assunta, tanto per

evitare censure in sede di legittimità 299.

                                                            297 Cassazione penale, sez. IV, 16/06/2011, n. 34082 ; Cassazione penale, sez. IV, 08/11/2005, n. 14176 In tal senso, v. Sez. IV, 23 settembre 2003, Broch; Sez. II, 20 giugno 2003, Lucarelli 298 Cassazione penale, sez. VI, 14/12/2010, n. 7908; giurisprudenza costante, ex plurimis, v. Sez. V, 26 gennaio 2005, n. 8472, Cacciurri, in C.E.D. Cass., n. 231490 e Sez. V, 9 febbraio 2001, n. 9239, Foscale; parimenti v. C. cost., 22 luglio 1999, n. 358, in Giur. cost., 1999, p. 2767; C. cost., 30 giugno 1999, n. 281, ivi, 1999, p. 2294; C. cost., 16 aprile 1999, n. 127, ivi, 1999, p. 1045 299 Cassazione penale, sez. IV, 03/05/2006, n. 20796

103  

Ciò deriva dalla diversa natura del capo della sentenza.

Infatti, la domanda della parte civile tesa ad ottenere la rifusione delle spese sostenute nel processo

svoltosi nelle forme di cui all'art. 444 c.p.p., pur inserendosi in uno schema di giustizia contrattata,

esula dall'accordo intercorso tra il pubblico ministero e l'imputato circa la pena da applicare in

ordine ad un determinato reato; quindi, l'entità della somma da liquidare a titolo di rifusione delle

spese sostenute dalla parte civile non è compresa nei termini del patteggiamento e forma oggetto di

una decisione che, pur se inserita nel rito alternativo, si connota per la sua autonomia (in quanto

prescinde dalla pronunzia sul merito) e per la maggiore ampiezza dello spazio decisorio attribuito al

Giudice rispetto a quello inerente ai profili squisitamente penali.

Sicchè il Giudice vi provvede con pronuncia avente natura formale e sostanziale di condanna 300.

Sarà ammissibile l'acquisizione di documenti , pur estranei all’accordo ex art. 444 c.p.p. , su

questioni relative al pagamento delle spese da liquidare alla parte civile ovvero alla ricorrenza di

giusti motivi per la compensazione totale o parziale delle stesse 301.

Peraltro, la persona offesa poi costituita parte civile ha diritto, in caso di sentenza di

patteggiamento, alla condanna dell'imputato alla rifusione anche delle spese per l'attività svolta

prima della costituzione, e quindi in fase procedimentale, soprattutto quando abbia partecipato ad

incombenti di natura probatoria, in specie all'incidente probatorio 302 .

L'accollo delle spese a carico dell’imputato deve riguardare l'intero arco processuale “senza

limitazioni di sorta" 303.

Fa eccezione il caso in cui la richiesta di applicazione della pena sia presentata nel corso delle

indagini preliminari: in tale evenienza si ritiene non consentita la costituzione di parte civile e,

quindi, illegittima la condanna dell'imputato al pagamento delle spese sostenute dal danneggiato dal

reato la cui costituzione sia stata ammessa dal Giudice nonostante tale divieto 304.

Par. 24) Patteggiamento e spese  

L’'art. 445 cod. proc. pen.. prescrive che in caso di "patteggiamento" l'applicazione di una pena non

superiore ai due anni di reclusione (sola o congiunta con pena pecuniaria) non comporta la

condanna al pagamento delle spese processuali.

                                                            300 Cassazione penale, sez. IV, 10/02/2015, n. 7989 301 Cassazione penale, sez. VI, 04/04/2013, n. 30779 302 Cassazione penale, sez. IV, 18/01/2011, n. 4136 303 Sez. V, 29 ottobre 2009, n. 49493, Alaimo, in C.E.D. Cass., n. 245837 304 Sez. un., 27 novembre 2008, n. 47803

104  

Secondo una parte della giurisprudenza le spese della custodia cautelare sono comprese tra le spese

processuali, il cui titolo di recupero è costituito, ai sensi dell'art. 535 c.p.p., dalla sentenza di

condanna, sicché non possono essere poste a carico dell'imputato al quale sia stata applicata la pena

su richiesta delle parti 305.

Secondo altra parte 306, la condanna al pagamento delle spese di mantenimento in carcere è

compatibile con l'applicazione della pena su richiesta dell'imputato, in quanto la sentenza di

patteggiamento è equiparata ad una pronuncia di condanna, sicché ogni deroga al regime di tali

sentenze deve risultare da un'espressa disposizione.

Inoltre, si tratterebbe di costi sostenuti dall’amministrazione penitenziaria non rientranti nella

accezione di spese del procedimento 307.

Alfonso Scermino

GIP Tribunale Nocera Inferiore (SA)

                                                            305 Cassazione penale, sez. V, 01/10/2014, n. 6787; Sez. 4, n. 2699 del 04/12/2000 - dep. 2001, Magnetti, Rv. 217669; Sez. 5, n. 15571 del 26/03/2002, Zhou Yijing, Rv. 221188; Sez. 3, n. 38061 del 01/10/2002, Neri, Rv. 222502 306 Sez. VI, 1 aprile 2003, n. 21934, inC.E.D. Cass., n. 225973 307 Cassazione penale, sez. III, 19/04/2012, n. 19103) Cass. pen., sez. I, 26 giugno 2007 n. 27700, Cass. pen., sez. VI, 9 luglio 2004 n. 37926