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Bollettino ufficiale dell’UNEBA Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale n. 1/2- 2016 anno XLII Poste Italiane SpA spediz. in abb. post. 70% - C/RM/DBC GIUBILEO 2015: misericordia oltre i confini GIUBILEO 2015: misericordia oltre i confini Bangui Bangui Roma Roma

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Bollettino ufficiale

dell’UNEBA

Unione Nazionale

Istituzioni e Iniziative

di Assistenza Sociale

n. 1/2- 2016

anno XLII

Poste Italiane SpA

spediz. in abb. post.

70% - C/RM/DBC

GIUBILEO 2015:misericordiaoltre i confini

GIUBILEO 2015:misericordiaoltre i confini

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3 Scuola: l’ora delle religioni?

5 Luci e ombre della riforma della scuola

7 L’agonia del congiuntivo

9 Minori: dall’affido all’adozione

11 Siamo un popolo o una popolazione?

13 Italiani “brava gente”

16 Agevolazioni alle imprese per l’economia sociale

17 Inversione contabile (reverse charge)

20 Un voucher per il lavoro

23 Iscrizioni a Uneba 2016

24 Colpo d’ala

SOMMARIO

Le portedelle periferie

Quando Papa Francesco rese pubblica la propria intenzione di voler aprire la porta del

Giubileo 2015 a Bangui, per un attimo mi balenò l’immagine (peraltro rivelatasi

non isolata) di un gesto che andava a togliere a Roma un segno del suo primato ec-

clesiale, quasi uno scippo.

Un vedere miope non mi aveva fatto cogliere da subito il significato che andava sempre più

assumendo il pensiero, caro a Francesco, di “Chiesa delle periferie”.

Nel momento in cui la porta della cattedrale centroafricana si è aperta senza cigolii, senza

l’intervento del martello argentato –una porta di semplici assi di legno-, ho scorto in una

specie di dissolvenza le Porte Sante di Roma e ho pensato che esse non stavano perdendo la

loro solennità fatta di fede di popoli in cammino francigeno, di storia di genti e di contrade,

di arte eccelsa impressa nel bronzo. Semplicemente guardavano con occhi rischiarati dal ven-

to del tempo nuovo gli effetti dell’istanza evangelica che ci vuole “ai crocicchi delle strade”

per chiamare alle nozze del Re tutti coloro che incontriamo: “cattivi e buoni”, lontani in

senso spirituale e geografico, sbandati e soli.

Molto semplicemente, le Porte Sante di Roma stavano condividendo la loro solennità seco-

lare con la Porta Giovane di Bangui per darle voce, per farla parlare con pari dignità e forza

usando il linguaggio immediato del suo popolo, linguaggio che le parole e i gesti del Papa

–privo di mitria e coperto dal solo piviale liturgico- hanno reso anche visibile.

D’altra parte questa condivisione del primato era apparsa chiara già dal giorno dell’indizione

del nuovo Giubileo, quando la possibilità di acquisirne i doni spirituali era stata estesa a

ogni luogo, anche il più sperduto.

Forse il cammino ecclesiale sta intensificando il ritmo dei suoi passi.

GP. M.

Attuale assetto normativo dell’IRCL’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC)nelle scuole italiane non smette di far parlare disé. A cadenza regolare i quotidiani riferiscono epi-sodi più o meno clamorosi di presunta inadegua-tezza degli insegnanti, spese folli per la loro retri-buzione a dispetto dell’inutilità del loro servizio,indottrinamento antiscientifico degli alunni, diffi-coltà gestionali e problemi di varia natura. Trop-po spesso, però, si tratta di articoli progettati atavolino per screditare l’IRC, scritti da personeche ne contestano una grottesca caricatura, piutto-sto che presentarne onestamente le criticità. Vor-rei tentare, in queste poche righe, di descriverel’attuale assetto dell’IRC in Italia, segnalandosenza ipocrisia le questioni più controverse, e ten-tando nondimeno una difesa della sua plausibilitàanche per il presente.

L’insegnamento della religione in ItaliaLe vicende dell’insegnamento scolastico della reli-gione nell’Italia unita meritano almeno un fugaceaccenno, per comprendere meglio il presente. LoStatuto Albertino (1848), divenuto poi carta co-stituzionale del Regno d’Italia, considerava la reli-gione cattolica “religione di stato”: solo il cattoli-cesimo doveva essere insegnato nelle scuole. Lalegge C asat i (1859) rese obbl igatoriol’insegnamento della religione, lasciando però aigeni tori degl i alunni i l di ri t to di ri chiederel’esonero. Dopo il 1870, e il conseguente inaspri-mento dei rapporti tra Stato e Chiesa, furono so-prattutto i governi della “sinistra storica” a tentaredi cancellare tale insegnamento scolastico, senzamai riuscirci del tutto. Il Concordato del 1929 di-

chiarò l’insegnamento della reli-gione cattolica “fondamento e co-ronamento dell’istruzione pubbli-ca”, e ne ribadì l’obbligatorietà,confermando però l a facol t à dichiederne l’esonero per motivi dicoscienza. Un ventennio dopo, lacarta costituzionale repubblicana

(1948) rese necessario un lungo e laborioso ripen-samento della modalità di presenza della religionenelle scuole di Stato. Gli accordi di Villa Madama(1984) sancirono finalmente un cambiamentostrutturale nella sua impostazione. Queste le prin-cipali novità: l’insegnamento della religione (finoallora cattolica per definizione, trattandosi di reli-gione di Stato) diviene “Insegnamento della Reli-gione Cattolica”, specificando così la sua confes-sionalità; famiglie e alunni sono chiamati a sce-gliere se avvalersi o meno di detto insegnamento(viene cioè superata la logica dell’“esonero” in fa-vore di una piena facoltatività, fermo restando ildovere delle scuole di assicurarne l’offerta formati-va); il nuovo IRC deve perseguire “le finalità del-la scuola” e non quelle della Chiesa: pertanto nonsi tratta più di una catechesi in aula, m a di unavera e propria disciplina scolastica, proposta a tut-ti coloro che vogliano conoscere meglio «i princi-pi del cattolicesimo [che] fanno parte del patrimo-nio storico del popolo italiano», indipendente-mente dalle convinzioni religiose degli alunni.Non più, quindi, una concessione che lo Stato faalla Chiesa, ma il riconoscimento da parte delloStato dell’importanza della cultura religiosa nellaformazione dei propri cittadini. Le applicazioniconcrete degli accordi del 1984 sono confluite inuna Intesa, la cui ultima revisione è stata firmatanell’agosto del 2012. Tale revisione ha soprattut-to aggiornato i titoli di qualificazione richiestiagli Insegnanti di Religione (IdR), che sono statiallineati a quelli previsti per gli altri docenti.

I punti caldi della polemicaLe critiche che vengono mosse all’IRC sono piùo meno sempre le stesse. In primo luogo, lo siaccusa di essere una sorta di “cripto-catechesi” chela Chiesa svolgerebbe nelle scuole a spese delloS tato. Ma l’at tuale asset to normativo escludeesplicitamente questa possibilità: come è statodetto, l’IRC si inserisce “nel quadro delle finalitàdella scuola”, persegue finalità culturali e non diproselitismo o indottrinamento religioso, tant’èvero che viene offerto a tutti coloro che voglianoavvalersene, compresi i non credenti o i diversa-mente credenti. Se da un lato, infatti , gli inse-

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Scuola: l’oradelle religioni?

di Filippo Morlacchi

gnanti di religione appartengono esplicitamentealla Chiesa cattolica (per poter insegnare devonoessere riconosciuti idonei dal Vescovo ordinariodel territorio), è vero anche che questa appartenen-za serve a garantire la conformità del loro insegna-mento con la fede cattolica, e non ad imporre aglialunni una scelta di fede. S i contes ta poi una sos tanziale ineffi caciadel l ’IR C , come sarebbe ri cavabi l e dal l ’anal -fabetismo religioso diffuso in Italia. Ora, non sipuò negare che a volte le ore di religione possanosvolgersi come meri momenti di socializzazione odiscussioni superficiali, per via di insegnanti in-competenti. Ma questo – purtroppo, e senza volergiustificare nessuno – accade anche per altre disci-pline, come confermato dagli studi OCSE-PISA.Non andrebbe diment i cato, piut tos to, chel’ignoranza religiosa è figlia anche della secolariz-zazione, e forse ancor più di un laicismo beceroche confonde il doveroso rispetto degli altri con lavolontà di relegare ogni espressione religiosa nel-la sfera privata. È recentissimo il grottesco episo-dio di una classe primaria, in Toscana, alla qualealcuni insegnanti volevano impedire di visitareuna mostra di arte sacra (che espone opere di arti-sti del calibro di Chagall , Van Gogh, P icasso,Guttuso, ecc. ) “per non urtare la sensibilità deinon credenti”. Una vera sciocchezza, che avrebbegarantito a quei bambini non il rispetto della lorocoscienza, ma la perdita di una preziosa opportu-nità di crescita culturale.Più fondata l’obiezione che vede nel regime di fa-coltatività il rischio che alcuni alunni, per sceltapropria o dei genitori, attraversano “indenni” tuttoil curricolo scolastico, dall’infanzia all’università,senza nemmeno un’ora di religione. Per ovviareall’inconveniente è stata avanzata la proposta diconvertire l’attuale insegnamento confessionalefacoltativo in un insegnamento aconfessionale ob-bligatorio: uno studio storico-fenomenologico ditutte le religioni imposto a tutti. A favore di que-sto orientamento si segnalerebbe anche l’aumentodegli alunni stranieri non cattolici, e quindi la ne-cessità di un insegnamento “neutrale”. Ma è pro-prio la presenza di tante identità religiose e cultu-rali che rende oggi più che mai necessario risco-prire la nostra identità, anche nella sua matricegiudaico-cristiana: non per contestare l’inclusione,ma per costruire un vero dialogo. L’incontro in-fatti è possibile e autentico solo laddove le iden-

tità sono chiaramente definite e ledifferenze adeguatamente valorizza-te. Conoscere le altre religioni puòessere certamente utile, ma non adiscapito della conoscenza delle no-stre radici! Inoltre, se si vuole fa-vorire una vera integrazione deglialunni st ranieri in Ital ia, è indi-spensabile insegnare loro non solo

la nostra lingua, ma anche la nostra cultura e lenostre tradizioni. Infine, dubito che uno studioscolastico storico-comparativo delle religioni pos-sa, di per sé, favorire il dialogo e la coesione so-ciale: è vero, invece, che il reale incontro si pro-duce grazie alla testimonianza di chi ha fatto scel-te di fede impegnative e radicali. Nondimeno ri-tengo che potrebbe essere maturo il tempo per tra-sformare l’attuale facoltatività (che purtroppo con-sente a chi non si avvale dell’IRC di non fare as-solutamente nulla!) in una opzionalità obbligante:ovvero, chi sceglie di non avvalersi dell’IRC devenecessariamente svolgere una attività alternativa,di pari valore educativo e culturale, come ad esem-pio etica o – perché no? – anche storia delle reli-gioni.

La confessionalità mista dell’Italia: anomalia patologica o originalità funzionale?

Riassumendo: ritengo si debba superare il pregiu-dizio che solo un insegnamento “neut rale”(a-valutativo e/o aconfessionale) della religionepossa avere dignità di “disciplina scolastica”. Alcontrario, proprio la forza di un insegnamentoconfessionale può permet tere al lo studente dicomprendere la concreta, reale rilevanza della reli-gione nella cultura e nella società.La confessionalità così intesa è una risorsa prezio-sa, non un fardello di cui disfarsi: se infatti la lai-cità non viene intesa nell’accezione francese dellalaïcité (laicità “negativa” = nessuna presenza dellareligione nello spazio pubblico), ma secondo ilmodello anglo-americano di laicità “positiva” (oinclusiva = tutte le appartenenze confessionali so-no legittime nello spazio pubblico, a patto di nonprivilegiarne una a discapito di altre), il contribu-to dell’IRC è un arricchimento per tutti, perchéinterpella la libertà senza costringere.Il modello italiano prevede una confessionalità“incompleta”: confessionalità della disciplina edel docente, ma non dell’alunno: in tal senso sidistingue dalla catechesi, non impone la fede e sipresenta come un contributo offerto allo studentenel quadro delle finalità della scuola. In vista diun insegnamento che educhi alla dimensione in-t ercul tural e ed i nt errel i giosa, è propriol’insegnamento confessionale ad offrire un mag-gior apporto. I problemi di convivenza nascono,infatti, non dal confronto astratto tra le religioni,ma dal confronto concreto tra persone effettiva-mente credenti (così come le tensioni negli stadiavvengono tra tifosi di squadre diverse, e non frapersone che studiano sociologicamente i fenome-ni sportivi). Proprio per questo mi sembra chel’attuale modello dell’IRC abbia ancora molto dadire e da dare.

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La Legge n. 107 del 2015 costi-tuisce attuazione del progetto gover-nativo di riforma (denominato “Buo-

na Scuola”) e, già prima della sua promul-gazione, ha acceso un dibatti to facendoemergere, talvolta, resistenze e opposizionial cambiamento. Ma prioritaria è l’esigenzadi dover preparare le nuove generazioni adun futuro sempre più difficoltoso a livelloeconomico, sociale e valoriale: è una que-stione di corresponsabilità a cui devono es-sere estranee le contrapposizioni derivantidalla difesa di interessi particolari.La nuova Legge si fa carico di completare ilprocesso di autonomia delle istituzioni sco-lastiche avviato dalla Legge n. 59 del 1997e dal D.P.R. n. 275 del 1999. I principiispiratori che animano la norma, 212 com-mi di un unico articolo, sono ampiamentecondivisibili: «affermare il ruolo centraledella scuola nella società della conoscenza einnalzare i livelli di istruzione e le compe-tenze delle studentesse e degli studenti, …per contrastare le diseguaglianze socio-cul-turali e territoriali, per prevenire e recupera-re l’abbandono e la dispersione scolastica,… per realizzare una scuola aperta, quale la-boratorio permanente di ricerca, sperimenta-zione e innovazione didattica, di partecipa-zione e di educazione alla cittadinanza atti-va…» (Art. 1, co. 1).Per tentare di offrire una sintesi, per quantoriduttiva, del complessivo impianto norma-tivo, esaminiamo, commentandoli, i puntisalienti della riforma appena approvata.

La valutazione dei docentiDalla lettura della Legge, il sistema dellaval utazi one dei docenti ed il connessocapitolo relativo al meri to (commi 126-130) appaiono come una risorsa che tuttaviafatica ad affermarsi a causa di una diffusa sfi-ducia nella reale possibilità di attuazione, an-

che in ambito scolastico, su principi di cor-rettezza e competenza. La Legge 107/2015stanzia anche fondi per la «valorizzazione delmerito del personale docente» (co. 126) seb-bene ciò si traduca in un bonus annuale dimodeste dimensioni. Ma, in effetti, nella“valutazione” la Buona Scuola trova un veropunto d’innovazione: tale valutazione, infat-ti, non va ridotta al concetto di sanzione, néva collegata al timore di perdita di credibilitàdell’istituzione o di svilimento del ruolo edella funzione sociale dei docenti.

Il coinvolgimento delle famiglieIl coinvolgimento dei genitori e del lefamigl ie è presente in più punti della Leg-ge: ad esempio laddove si stabilisce che igeni tori entrano nel Comitato per lavalutazione dei docenti , istituito pressoogni struttura scolastica ed educativa. Il Co-mitato ha durata di tre anni scolastici ed èpresieduto dal dirigente scolastico (Art. 1,co. 129). E il ruolo delle famiglie è riaffer-mato anche laddove si persegue «l a v al o-ri z zaz i one del l a s cuol a i nt esa com ecom uni t à at t i v a, apert a al t erri t orioe in grado di sv i luppare e aumentarel’interazione con le famigl ie e con lacom uni t à l ocal e, com prese l e orga-ni zzaz i oni del t erzo set t ore e l e i m -prese» (Art. 1, co. 7, lettera m) o quando siprevede che le istituzioni scolastiche garanti-scano «la partecipazione alle decisioni degliorgani collegiali… orientata alla massimaflessibilità, diversificazione, efficienza ed ef-ficacia del servizio scolastico».Il fine non è solamente la mera interazionetra comunità scolastica e comunità sociale,ma la creazione di una sede istituzionale incui trovare risposte condivise. Di conse-guenza, le famiglie «hanno i l di ri t t o ,m a anc he i l do v e re di c o no s c e repri m a del l ’i s cri z i one dei p ropri fi -

Luci e ombredella riforma

della scuolaLibera sintesi redazionale dell’articolo di Anna Monia Alfieri, in“Iustitia” n. 4/15 – pp. 429/ 438 – Giuffrè Editore

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essere riconosciuta anche parità di diritti.Nell’ottica di un superamento di questa si-tuazione, è accettabile nel breve periodol’irrisoria detrazione fiscale di 76 euro (co.151), ma l’auspicio è che si pervenga alladefinizione del costo standard per allievo.

Il dirigente scolasticoIn rapporto all’attuazione dell’autonomiascolastica, il passaggio da un preside buro-crate ad un preside leader educativo, scopri-tore di talenti è cruciale. Il ruo l o e l ecompetenze del di ri gente scol as ti co(commi 78-94) hanno evocato immagini diun “preside sceriffo”. In realtà, la riforma havoluto introdurre, più che un eccessivo ac-centramento di poteri, una figura di profes-sionista nella governance dei processi. E seil preside non è messo in condizione di sce-gliere secondo una progettualità condivisatra docenti, famiglie e territorio, la scuolanon avrà alcuna parvenza di identità. I pote-ri che si vogliono affidare al dirigente scola-stico consentono un maggiore radicamentonel territorio della scuola, perseguendo unapluralità di obiettivi tra i quali, ad esempio,quello di abbattere il fenomeno della disper-sione scolastica: e in ogni caso il dirigenteè «responsabile della gestione delle risorsefinanziarie e strumentali, dei risultati delservizio, della valorizzazione delle risorseumane», nella più assoluta trasparenza epubblicità, con indicatori e criteri di valuta-zione chiari.

L’organico dei docentiAltro elemento importante previsto dallalegge (commi 63-77) è l ’o rg ani c odel l ’autonomia, ovvero un certo numerodi docenti as s egnati al l e s cuo l e peri l potenziamento del l ’insegnamentocurricolare: occasione per offrire una pro-posta formativa più rispondente ai bisognidei ragazzi. Il sistema degli ambiti territo-riali, infatti, offre ai dirigenti e alle scuolela possibilità di inserire nel proprio organi-co nuovi docenti non in base a rigide eastratte graduatorie, ma creando l’incontrotra P.O.F. e competenze specifiche degli in-segnanti.

Il percorso formativo degli studentiQuesta preoccupazione emerge anche dallaparticolare attenzione data al perco rs o

g l i a s cuo l a i co nt enut i del P i anodel l ’Offert a Fo rm at i v a (P . O. F. ) e,per la scuola secondaria (medie e superio-ri), di sottoscrivere formalmente il Pattoeducativo di corresponsabilità per condivi-dere in maniera dettagliata diritti e doverinel rapporto tra istituzione scolastica au-tonom a, studenti e fam iglie» (CircolareMin. del 6 luglio 2015, nella quale si ri-badisce la «l i bert à di scel t a educat i v adel l a fam i g l i a», in collaborazione congli insegnanti, avendo come riferimento ilP.O.F., anche per le attività extracurrico-lari facoltative).

Il pluralismo educativo e la sostenibilita’ finanziariaIl t em a de l l ’ aut o no m i a è crucialenell’impianto della Legge 107/2015 e allosforzo che tutte le istituzioni devono fareper raggiungere la sos teni bi l i tà fi nan-zi ari a. Pur condividendo lo spirito del di-sposto normativo, resta non risoltal’iniquità che obbliga la famiglia che scelgadi iscrivere il proprio figlio ad una scuolaparitaria a pagare due volte la tassa sullascuola (una come imposta sul reddito el’altra, in più, come retta per contribuire al-la gestione della scuola): è fondamentalequindi l’intento della Legge di riportare alcentro della società il valore dell’educazionee della formazione; ma non si può prescin-dere dal di ri tto del l a l i bertà di s cel taeducativa, eserci tabi le solo ed esclu-s ivamente in un plural i smo educati -vo , come sancito dalla Costituzione all’art.33 e all’art. 118, ove si evince che deve es-sere definito “pubblico” ciò che è fatto perl’interesse della collettività e che pertantonon implica necessariamente e solo la ge-stione statale. E considerando anche i paridoveri richiesti dalla Legge, sia per le scuo-le pubbliche che per le paritarie, dovrebbe

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fo rmati v o e o ri entat i v o deg l i s tu-denti (commi 28-32): «A partire dal secon-do anno e nell’ultimo anno, le scuole se-condarie di secondo grado introducono i n-segnament i opzional i utilizzando anchela quota di autonomia e gli spazi di flessibi-lità». Insieme all’al ternanza scuol a-l a-voro (commi 33-44), che deve essere inse-rita nei piani triennali dell’offerta formativadal 2015/2016, questa innovazione punta adampliare le possibilità dei giovani di trova-re un posto di lavoro dopo gli studi. A talescopo si stabilisce «il potenziamento deltempo scolastico anche oltre i modelli e iquadri orari, tenuto conto delle scelte deglistudenti e delle famiglie» (Art. 1, co. 3, let-tera b).

La formazione dei docentiDopo decenni senza obblighi in proposito,«la formazione in serv i z io dei docen-t i di ruo l o diventa obbligatoria, perma-nente e strutturale» (co. 124) quale garanziadi un insegnamento non più stereotipato oripet i t ivo, ma aggiornato e di qual i tà.Senz’altro positivi sono poi l’intento di su-perare definitivamente l’annosa questionedelle graduatorie ad esaurimento e la previ-

sione del reclutamento statale solo medianteconcorso. I 150 mila precari (commi 95-114) sono il frutto di scelte politiche ispira-te ad una logica assistenziale che vedeva lascuola come ammortizzatore sociale.

La trasparenzaInfine la trasparenza: la Legge 107/2015richiede massima trasparenza all’am-ministrazione. Le istituzioni scolastiche,«anche al fine di permettere una v alu-t az i o ne co m p arat i v a da p art e deg l is tudent i e del l e famigl i e, assicurano lapiena trasparenza e pubbl i ci t à dei pianit ri ennal i » (co. 17). Il Mi ni s t ero pub-blicherà i dati relat iv i ai bi lanci del les cuo l e, i dat i p ub b l i ci afferent i alS i s t em a naz i o nal e di v al ut az i o ne,l ’A nagrafe del l ’edi l i z ia scolas t i ca, idat i in forma aggregata del l ’Anagrafedegl i student i , i prov v edimenti di in-carico di docenza, i piani del l ’offertaformativ a» (co. 137).

A fronte della complessità e molteplicitàdei problemi, anche le proposte di soluzio-ne appaiono cogenti e ragionevoli. Ai citta-dini la corresponsabilità, che spetta loro, difavorire il cambiamento.

Sussurri e grida s i susseguono aproposi to del le condizioni del lalingua italiana, così ricca di capo-

lavori del passato e così maltrattata nelpresente. Il giornalista Andrea De Bene-detti le ha descritte con la frase “La situa-zione è grammatica”, con un amaro giocodi parole che in enigmist ica si chiama“cambio di iniziale”. La nostra lingua è incrisi sotto la spinta di vari fattori negativi.Il primo è il restringimento del lessico usa-to dai giovani, anche studenti, nella vitaquotidiana, in famiglia o con i compagni.

Di una lingua ricchissima di vocaboli, nel-le conversazioni di ogni giorno, se ne usa-no soltanto poche centinaia, tra le più ba-nali, mentre un nostro vocabolario per lascuola media contiene circa 150.000 voci,molte con più significati. Un secondo fat-tore è dato da alcune mode che improvvisa-mente s’instaurano nel bel mezzo del lin-guaggio e a cominciare dai giovani. Dila-gano come una pestilenza: ci sono state lealluvioni del cioè (simbolo rivelatore di chinon sa che dire) e del portare avanti un di-scorso come se si potesse portarlo indietro;

L’agonia del congiuntivoMessaggio non in codice per gli insegnanti e per tutti gli altri educatori.di Domenico Volpi

oggi abbiamo la mania di un attimino, co-me se vi fosse qualcosa di più piccolo diun attimo, e del piuttosto che usato (ancheda autorevoli personaggi) come congiun-zione correlativa (avrebbe il valore di “e”)mentre è oppositiva, disgiuntiva (questopiuttosto che quello); “Ho comperato lefragole piuttosto che le mele, piuttosto chele pere e le arance” vuol dire che sono tor-nato a casa solo con un cestino della primafrutta nominata e non con una sporta pienadi tutto.Poiché tutte le lingue sono realtà vive incontinua evoluzione, ogni anno entranonel nostro linguaggio un migliaio di neo-logismi ed è sempre stato così: i “barbari”germanici ci hanno regalato “spada” e “sa-pone” e dagl i arabi abbiamo preso, adesempio,”almanacco, albicocca, ammira-glio” accogliendo anche l’articolo al; neisecoli più recenti abbiamo accolto molteparole francesi (garage, dessert, roulotte,silhouette… ) e abbiamo esportato moltilemmi i tal iani , in part icolare riguardoall’arte, alla musica, alla gastronomia.L’invasione dell’angloamericano, però, èvista oggi con preoccupazione in tut tal’Europa, perché la lingua è il maggior fat-tore dell’unità e della cultura di un popolo.Quasi tutti i nuovi media immettono velo-cemente parole di origine inglese (o angloa-mericana): alcune ormai radicate (computer,mouse, bit, smartphone), molte altre impo-ste da un uso scriteriato (selfie =autoscatto,snack=spuntino, break=pausa, fast food=pasto veloce e anche web=rete). Il fenome-no più risibile è quando si cominciò a par-lare di mass media pronunciando midia unlemma latino, e quando oggi, ormai acqui-sito nella sua dizione giusta, non si capisceche è al plurale. Qualche mese fa, già stufodi essere subissato da target, manager, au-dience, la tv mi ha sputato improvvisamen-te “ailiaits” (così l’ho percepito) e non capi-vo di che parlasse. Altrettanto potrei direper molti termini del mondo economico:perché una legge italiana deve chiamarsiJobs act o Spending review? Nell’adeguarsiper moda a termini stranieri s’incorre in er-rori concettuali gravi: giuridicamente il no-stro Presidente del Consiglio non può esse-re chiamato Premier, che nel Regno Unitoha poteri molto diversi, così come i nostriPresidenti di Regione non corrispondono af-fatto ai Governatori statunitensi.

La Rai, che aveva anche il compito di uni-ficare l inguist icamente l’Ital ia, eseguìsplendidamente questo ruolo per una decinad’anni, poi è scivolata in una lingua cheormai è italenglish. Per fortuna ci sonovendette del destino e ho sentito una voltaun annunciatore parlare di una sentenza“sabgiaidis” pronunciando all’inglese ilsemplice latino “sub judice”. Tutti coloro che trasmettono notizie devo-no conoscere l’inglese, ma spesso maltrat-tano le altre lingue, quindi ho sentito stor-piare il mio amato francese con Versaglie ealtri errori-orrori.Chi comunica ha una doppia responsabi-lità: quella di farsi capire e quella di tra-smettere parole e notizie esatte. Chi parlapuò sbagliare, ma la quantità di “se avreb-be…” che ho udito nelle ultime settimaneda parte di giornalisti e di politici è vera-mente eccessiva. È chiaro che, nel laespressione orale, possono sfuggire più fa-cilmente errori, ma , alle origini della tvitaliana, chi sbagliava aveva il dovere dicorreggersi, di pronunziare la dizione esat-ta e anche di chiedere scusa. Invece, men-tre scrivo, una giornalista de “La vita indiretta” annuncia un servizio su una carte-ria che è invece una cartiera; aspetto anco-ra una rettifica, per la quale ci sarebbe sta-to tutto il tempo. Ancora peggio è il casodi trasmissioni registrate, in cui sarebbefacile un intervento correttivo, e allora mitocca segnalare un film giallo in cui Ro-ger Moore ricerca piatti d’oro commissio-nati da un imperatore bizantino nel 790avanti Cristo, un altro in cui il personag-gio dichiara “Bisogna che me ne vadi”, edue telenovelas dove risuona un “voglioche tu sappi” e un at tore che spera lorifondino di una somma. Vi aggiungo unaragazza che, in una sceneggiata, dice “So-no i miei ultimi giorni da scapola”, unvecchio politico che incita a ripristinarel’alveolo originario di un corso d’acqua eun professore universitario che auspica lacreazione di paracaduti contro la crisi .RaiUno ci ta l ’eresiarca Ario come “i lgrande pagano” e, in un’intervista, un li-ceale - che sciopera per una scuola miglio-re - dichiara: “Vorrei che le cose che man-cassero ci siano”.In Francia si lamenta la morte del congiun-tivo. Da noi, se non è morto, è malatograve.

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L’occasione per riprendere l’argomentosull’adozione è data dall’approvazionedella legge n.173 del 19 ottobre 2015, in

vigore dal 13 novembre 2015 ( G.U. n.252 del 29ottobre 2015) sul Diritto alla continuità affet-tiva dei bambini e delle bambine in affido fa-miliare. Due osservazioni in premessa: • si continua ad intervenire con norme che

affrontano in modo parziale l’argomentofamiglia e minori (in alto mare il ricono-scimento del la ci t tadinanza ai bambinistranieri nati Italia, non pochi) e ancoracontrasti sull’adozione del figlio del part-ner nelle eventuali future unioni civili - see quando verranno riconosciute giuridica-mente - tra persone dello stesso sesso, chesono oggi l’argomento della discordia an-che nella maggioranza che governa;

• la norma del passaggio da affido ad ado-zione in realtà, più che una novità, è unaestensione di tale possibilità da parte delTribunale per i minorenni. Un esempio ditrasformazione dell’affido in adozione ès t ato da me v i s suto quando sono s t atocoinvolto come tutore di un minore già af-fidato ad una famiglia, in quanto privo diun genitore e per incapacità dell’altro enel disinteresse dei parenti.

Con riferimento alla no rmati v a v i g entes u mi no ri e fami g l i a si richiama quantosegue:a) i figli sono persone e non proprietà de-gli adulti; b) si nasce figli anche con unapaternità e una maternità non necessaria-mente biologica (adozione); c) vanno pri-v i legiate forme di af f idamento fami l iareper i minori in stato di abbandono tempo-raneo e superamento del ricovero in istitu-ti, di cui oggi si scoprono i danni, più che ibenefici , tant’è che la legge 149/2001 neaveva decretato la chiusura entro i l 2006(norma più o meno at tuata); d) in caso diseparazione o di divorzio i figli restino af-fi dat i ad en t ramb i i g en i t o ri ( l eg g esull’affido condiviso n.80/2006), che van-no aiutati da esperti , in caso di difficoltà,perché venga sempre tutelato l ’interessemorale e materiale dei figli.

Il pensiero di Carlo Alfredo Moro

Per quanto riguarda la famigl ia, come giàscritto in Nuova Proposta n.1/2007, si ri-chiama il pensiero di Carlo Alfredo Moro, al-to magistrato e studioso in materia. Egli af-ferma che il diritto ha ev itato di assumere unachiara definizione di famiglia proprio per unasostanziale ambivalenza delle strutture fami-liari. Infatti non si parla in modo esplicito difamiglia in un apposito capitolo o titolo delcodice civile, ma in diverse articoli sotto ti-toli differenti. Solo la legge 149/2001 affer-ma che il minore ha diritto alla famiglia sen-za specificare il tipo di famiglia.E’ pur vero che la Costituzione all’art. 29 di-ce che lo Stato riconosce i diritti della fami-glia come società naturale, ma ciò non vuoldire che attribuisce i diritti di una comunitànaturale. Altra cosa è ritenere – come argo-menta Moro – che per la Costituzione nonesistano, né in natura né per il diritto, altreaggregazioni non nate dal matrimonio. Se poi spost iamo l ’ot t ica verso i figl i i lsuccessivo art. 30 della Costituzione sanci-sce identici doveri e diritti per i genitori, sialegittimi che naturali, di mantenere, educa-re, istruire i propri figli.Lo stesso dovere ovviamente fa carico aigenitori adottivi, come pure agli affidatari diminori. Al riguardo è significativo che pergli affidatari (per l’art. 2 della legge 149/01sono i coniugi preferibilmente con figli mi-nori, ma anche persone singole) la legge so-pra citata aggiunga al mantenere, educare eistruire, anche l’obbligo di assicurare rela-zioni affettive. Peraltro la legge di cui tratta-s i pone come p i las t ro del passaggio al l ’adozione proprio la continuità affettiva.In sintesi, l’ordinamento giuridico attualeconsidera come famiglia, oltre quella fonda-ta sul matrimonio, anche quella con i figlinaturali riconosciuti da uno o entrambi i co-n iug i , come è indubb io che s i a famig l i aquella con figli adottati.

Il modello famiglia

Questo non è poco, se si considera che contal i p rincìp i non es i s tono famig l i e con

Minori: dall’affidoall’adozionedi Giovanni Santone

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base delle valutazioni documentate dei ser-vizi sociali, dei legami affettiv i significa-tiv i e del rapporto stabile e duraturo con-solidatosi tra i l minore e la famiglia, laquale deve avere tutti i requisiti stabilitidalla legge 184/1983;

• sono sempre possibili le adozioni in casiparticolari, già previsti dall’art. 44 dellacitata legge 184 quali: a) da parte di perso-ne (anche di chi non è coniugato) unite alminore da vincoli di parentela fino al se-sto grado o da rapporto stabile e duraturo,preesistente prima della morte dei genito-ri; b) nel caso il minore sia figlio adottivodel coniuge;

• ai fi n i del l a deci s i o n e i l g i udi ce dev eascoltate i l minore che ha compiuto 12anni o anche di età inferiore se capace didiscernimento;

• il giudice ha l’obbligo di convocare gli af-fidatari, a pena di nullità, nei procedimen-ti civ ili in materia di responsabilità geni-toriale, di affidamento e di adottabilità, re-lativ i al minore affidato; agli affidatari èconcessa la facoltà di presentare memoriescritte nell’interesse del minore;

• altra novità è quella riguardante il minoreche rientra nella propria famiglia o sia datoin affidamento ad altra famiglia o sia adotta-to da altra famiglia; in questo rapporto com-plesso del minore con più soggetti adulti lalegge prevede che venga tutelata, se rispon-de all’ interesse del minore, la continuitàdelle positive relazioni socio-affettive con-solidatesi durante l’affidamento (al riguardoosservo che potrebbe sorgere qualche con-fusione nel bambino con tanti soggetti chehanno svolto funzioni genitoriali o equipa-rabili, come annotavo in Nuova Propostan.4 del 2007 nell’articolo Quando la fami-glia è un cespuglio di rovi).

Questa legge sulla continuità affettiv a po-trebbe riguardare pochi casi, se applicata inmodo corretto. E su questo molto conta lapreparazione e i l ruolo che svolgono gl ioperatori sociali incaricati di seguire la fa-miglia di origine e quella affidataria.

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Nuo v a Pro po s ta ha pubbl i cato moltiarticoli sul tema dei minori. Per una possi-b i l e ri l et t ura – an ch e p er ri l ev arn el’attualità o meno – eccone un elenco in or-dine cronologico:anno 2007: N.P. n. 4; anno 2010: N.P. nn.4 e 10 ; anno 2011 : N. P. nn . 3 e 7 ; anno2012: N.P. nn. 1 e 11; anno 2013: N.P. nn.9 e 11; anno 2015: N.P. n. 7-8.

maggiori di ri t t i e famigl ie di serie B (adesempio senza la possibi l i tà di fruire deicongedi parentali , o con discriminazioninell’accesso ai servizi per la famiglia).Tanto per concludere ecco i capisaldi a suppor-to della famiglia e dei minori, quali risultanoin particolare dalla legge 149/ 2001, che alcomma1 dell’art.1 ricorda che il minore ha di-ritto di crescere ed essere educato nell’ambitodella propria famiglia. E al comma 5) prose-gue: Il diritto del minore a v ivere, crescere edessere educato nell’ ambito di una famiglia èassicurato senza distinzione di sesso, di etnia,di età, di lingua, di religione e nel rispettodell’ identità culturale del minore. Se la famiglia non è in grado, le alternativesono l’adozione, l’affidamento familiare o acomunità di t ipo famil iare. Come si vedetorna la parola famiglia. Perché? Sembra lo-gico che l’alternativa, quando la famiglianon c’è o è inadeguata, sia un servizio cherichiami il modello famiglia.Anche se occorre sottolineare che la leggecitata parla di diritto del bambino a rimanerenella propria famiglia, che, nel caso sia indif f icoltà, v a sostenuta dallo Stato, dalleRegioni e dai Comuni, che interv engonoperò in base alle disponibilità finanziarie. Equesto pone un interrogativ o sulla paroladiritto (bella affermazione, ma senza risorseè vuota di contenuto). Questi sono i riferimenti per inquadrare lacomplessa normativa su famiglia e minori.La nuova legge 173/2015, che consente ilpassaggio dall’affido all’adozione, è soloun ul t eri o re t as s el l o , co me ri co rdat oall’inizio, che amplia le possibilità di dareuna famiglia a minori.Si auspica che si pervenga ad una normati-va-quadro o Testo Unico che superi le con-traddizioni rilevate su responsabilità pub-bliche ai vari livelli, ma anche riconosca iservizi per la famiglia e i minori come es-senziali e pertanto da finanziare con le do-vute risorse.

La nuova legge 173

Brev emen t e: l a n o v i t à del l a l eg g e ènell’affermazione del diritto alla continuitàaf f et t i v a dei b am b i n i e del l e b am b i n e,principio indiscusso che è alla base di ognifamiglia. Da ciò scaturiscono le seguentimo di fi ch e e i n t eg razi o n i del l a l eg g e184/1983 sull’a-dozione:• si apre una c o rs i a p re f e re n z i al e che

consente di trasformare il rapporto di affi-do in adozione; al riguardo i l Tribunaleper i minorenni tiene conto, anche sulla

La riforma della legislazione italiana sulla ci t-tadinanza ci dà l’opportunità di fare delle ri-flessioni su un tema negli ultimi anni sempre

più urgente: chi sono gli immigrati e chi i cittadini,soprattutto quali differenze tracciare. In breve: i lterri torio è del popolo o del la popolazione?Due sono i principi che vengono messi in campoper risolvere la questione: lo ius soli e lo ius san-guinis.Il principio dello ius sol i attribuisce la cittadinanzadello Stato nel cui territorio ha avuto luogo la na-scita di una persona. L’attuale legge italiana applicatale principio ad ipotesi assolutamente residuali at-tribuendo rilievo decisivo al principio dello i ussanguini s , in base al quale la cittadinanza è acqui-stata per pura appartenenza genealogica.La normativa italiana sulla cittadinanza è sicuramen-te vetusta e inadeguata alle nuove istanze emergentinella società odierna. La centralità dello ius sangui-nis che la connota esprime una ormai vecchia ritro-sìa della nostra società civile a concepire la parteci-pazione dell’immigrato alla vita pubblica, ai dirittidi cittadinanza, appare come una sterile barriera alcambiamento storico-sociologico già in atto e irre-versibile: gli immigrati di seconda generazione chepur essendo nei tratti somatici africani non vengonoda un altro paese, non hanno attraversato frontiere,sono qui dall’inizio della loro vita. La questione della cittadinanza non è connessa alproblema del riconoscimento dei diritti civili, difattiè ormai dato acquisito che il riconoscimento di tali

diritti discenda dalla qualità di essere umano, nondalla sua appartenenza ad una comunità politica piut-tosto che ad un’altra. Occorre tenere distinti i diritticivili da quelli sociali. Per cui la questione della cit-tadinanza pone più propriamente un problema di ap-partenenza ad una comuni tà, perché nessuno deisuoi membri ne resti indebitamente escluso.E allora diventa sempre più impellente rispondere al

seguente quesito: quando un indivi-duo può reputarsi “parte” della co-munità italiana? Il problema è evi-dentemente delicato, se solo si con-sidera che dal lo status di ci t tadi-no derivano dei fondamentali dirittipolitici (come il diritto di elettoratoattivo e passivo), nonché il diritto aconcorrere per l’accesso alle maggio-

ri istituzioni pubbliche dello Stato (Magistratura,Parlamento, organismi di intelligence); diritti chepostulano un forte senso di at taccamentodell’individuo al Paese di appartenenza.Tornando al quesito iniziale, si è detto che una leggesulla cittadinanza dovrebbe risolvere il problemadell’appartenenza di un individuo ad una comunità;si tratta allora di individuare degli indicatori che fac-ciano emergere il grado, per così dire, di “italianità”di un individuo.

Appartenere alla “razza umana” (Einstein) Se fino a una trentina di anni fa al centro della que-stione c’era soprattutto l ’integrazione (culturale,lavorativa, economica, sociale ecc.) con qualcuno“realmente” diverso da noi per cultura, abitudini, lin-gua, oggi la questione riguarda anche coloro che, purnon godendo della cittadinanza italiana, sono “italia-ni” a tutti gli effetti. Ad oggi la cittadinanza italiana è trasmessa secondoil principio dello ius sanguinis da genitore a figlio.Sono italiani i figli di almeno un genitore italiano, ifigli di ignoti o apolidi nati nel territorio della Re-pubblica, i discendenti di italiani che riescano a di-mostrare la catena parentale fino al capostipite citta-dino italiano.Innanzi tutto bisogna prendere atto che a livello le-gislativo questo stato di cose sembra non essere suf-ficiente a far fronte alla situazione sociale e culturalenel nostro paese. Pensiamo ad un cittadino stranieronato e cresciuto in Italia, che ha frequentato le scuo-le qui, ha il suo gruppo di amici qui e trova lavoroqui: è possibile che questa persona non goda del di-ritto di voto, pur partecipando attivamente alla vitasociale del paese? E’ possibile che invece una perso-na nasca in un paese altro dall’Italia da uno o en-trambi i genitori italiani e, pur magari non mettendomai piede nel nostro paese, vi mantenga comunqueil diritto al voto? In sostanza, ha senso ragionare an-cora distinguendo popolo e popolazione?

Ipocriti tentativi di tolleranzaDi fronte a questi nuovi scenari l’elemento che deveessere valorizzato per l’attribuzione della cittadinanzaè dunque quello culturale: è sicuramente italiano chi

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Siamo un popoloo una popolazione?

di Sergio Zanarella

si sente legato ai principi ed ai valori espressi nellaCostituzione e vuole dare il proprio contributo perl’affermazione e la realizzazione di tali principi; chisente ed ha costruito la propria rete sociale di appar-tenenza nel nostro Stato ed è disposto a partecipareinsieme agli altri alla gestione di un fenomeno or-mai così complesso che semplicisticamente chia-miamo “cosa pubblica”. Allora forse scopriremoche ci sono italiani tali e quali a noi, in alcuni casianche migliori, che non hanno la cittadinanza. Lasfida che dobbiamo essere pronti ad accettare è chela cittadinanza del futuro inevitabilmente venga co-struita su una nuova idea di comunità politica: la co-munità culturale, non la comunità etnica. Non vedonella comunità in cui vivo un tessuto sociale prontoal cambiamento, anzi vedo in alcuni strati un re-gresso nella processo di integrazione, dovuto anchealle scarsità di risorse e ricchezze che stiamo viven-do; nello stesso tempo vedo invece ipocriti tentatividi to l l eranza in cui in fondo la condivisione congli immigrati degli spazi sociali può arrivare fino adun certo punto ma non superare alcune soglie. E’tipico sentire frasi del genere: “non sono razzista manon vorrei che mio figlio andasse in una classe conprevalenza di immigrati”. Forse perché nella nostraidea preconcetta l’immigrato è abbinato a condizionisociali difficili se non disagiate e che quindi è porta-tore più di problemi che non di risorse. Forse se fos-sero immigrati più abbienti, magari provenienti da-gli Emirati, saremmo più inclini a condividere con

loro scuole e collegi esclusivi. Maallora secondo me ciò che ci fa vera-mente paura è la perdita delle nostrepiccole certezze, del nostro poverobenessere. L’immigrato che vediamoarrancare tra le mille difficoltà è sol-tanto lo specchio di come la nostrasocietà, le nostre regole e i nostrimodelli possono trattare una perso-na; riusciamo ad accettarla e ad esor-

cizzarla solo se pensiamo che tutto ciò tocca ad unaltro, possibilmente lontano da noi, meglio ancorase la lontananza sia geografica e culturale, perchépunti di partenza diversi ci fanno indubbiamentepensare a punti di arrivo diversi. Ecco, il punto diarrivo fondamentale è quello che dobbiamo impararea condividere: i l diri t to a un lavoro, al la casa,all’istruzione, non dobbiamo vederlo come una com-petizione in cui ci sono posti riservati, altrimentianche la bancarella dell’immigrato davanti al nego-ziante italiano è un problema: ci siamo prima noi sepermettete.

Rispettare le vite e le loro storieE’ in atto un sistema di compressione dei nostridiri tti che ci spinge a scaricare la pressione semprepiù verso i soggetti meno tutelati. Cosa fa più pau-ra, una comunità povera ma condivisa o una societàricca ma chiusa? Personalmente penso che non ab-biamo scelta; il concetto contemporaneo di Stato de-ve avere confini più penetrabili rispetto al passato,il Paese vicino è un vicino di casa con cui è meglioavere buoni rapporti, altrimenti anche la qualità dellanostra vita ne risente. Non ha possibilità di venirnefuori una società che non accetta la multiculturalità,le diverse religioni e soprattutto il rispetto delle per-sone, della loro vita e delle loro storie. Della vitasoprattutto, perché è unica e irripetibile ed in quantotale ha lo stesso valore in tutte le parti del mondo:da questo punto di vista sono contro la ragion distato, per salvare la vita di una sola persona sono di-sposto ad impoverire una nazione.Mi sorprende ed allo stesso tempo non riesco a sen-tirmi parte di una società o di una religione che nonmette l’uomo al centro; a tal proposito viene inmente il monologo del pazzo in “Train de vie - Untreno per vivere” (film di Radu Mihaileanu): “Dioesiste, Dio non esiste…….? Vi siete mai chiesti sel’uomo esiste? Dio creò l’uomo a sua immagine...È bello … .. Ma chi l’ha scritta questa frase nellaTorah? L’uomo. Non Dio, l’uomo. L’ha scritta sen-za modestia, paragonandosi a Dio. Dio forse ha crea-to l’uomo, ma l’uomo, l’uomo, il figlio di Dio, hacreato Dio solo per inventare se stesso... L’uomo hascritto la Bibbia per paura di essere dimenticato...Noi non amiamo e non preghiamo Dio, ma lo sup-plichiamo. Lo supplichiamo perché ci aiuti a tirareavanti:... ci preoccupiamo solo di noi stessi. Allorala questione non è solo sapere se Dio esiste, ma senoi esistiamo”.Sono tanti i fattori sociali che dobbiamo mettere indiscussione e al servizio di tutti, l’educazione, lacultura, la scuola, il lavoro e la religione, tutti devo-no essere al servizio della pacifica convivenza dellepersone e aiutare a migliorarne la qualità della vita.Non è ammissibile mettere prima del rispetto dellavita aspetti culturali, economici, geografici o, amaggior colpa, religiosi.

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Il nostro Paese non è solo l’approdo dichi cerca pace e futuro provenendo dallesponde meridionali del Mediterraneo o

dei cittadini europei che eleggono il “BelPaese“ a contesto ideale in cui lavorare. Visono anche molti italiani che lasciano la“patria“ per studiare, lavorare o semplice-mente per vivere all’estero. Si torna a parla-re di emigrazione che, diversamente dagliesodi dei nostri connazionali di fine ‘800 e‘900, non riguardano tanto i lavoratori adul-ti, bensì giovani e anziani che non trovanoin Italia prospettive o condizioni di vitasoddisfacenti. I dati parlano chiaro. I cittadi-ni italiani che nel 2014 hanno trasferito laloro residenza all’estero, ovvero che sonoespatriati, sono stati ben 101.297. In preva-lenza sono maschi, celibi, di istruzione me-dio-superiore, giovani (18-34 anni) - ma lacrescita in valore assoluto ha riguardato tut-te le classi anagrafiche - partiti da una re-gione del Nord e con destinazione preferitail Nord Europa, in particolare Germania eRegno Unito, non diversamente dalle op-zioni di approdo dei profughi siriani o afri-

cani. E’ la fotografia scattata dalla Fonda-zione Migrantes nel “Rapporto Italiani nelMondo 2015“.

Migranti “per desiderio”Se i profughi che scappano dalla guerra egli immigrati che fuggono la fame - la di-scriminazione nei confronti dei secondi èstucchevole, perché forse fuggire dalla fameè meno dignitoso che dalla guerra? - sonomigranti per “bisogno”, i nostri connazio-nali lo sono invece per “desiderio”. Se con-sideriamo la statistica ufficiale degli italianiall’estero (iscritti all’Anagrafe Italiana Resi-denti all’Estero) all’1.1.2015, la cifra com-plessiva è di 4.6 milioni di persone, con unaumento rispetto al 2014 del 3,3%. E’ undato ragguardevole per densità e variazionein quanto rappresenta un processo dinami-co. Gli italiani aspirano ad andare preferibil-mente in contesti nazionali non troppo di-versi per stile di vita e tratti culturali, ovve-ro inseriti nell’area del modello di sviluppooccidentale. Il 94,2% è approdato in unPaese dell’Europa (in primis) o dell’Ame-rica (del Nord e latina). I nostri concittadiniall’estero sono per lo più di estrazione me-ridionale (51,4%), ma la tendenza recentevede un flusso più elevato di espatri dalNord-Italia. La crisi, non solo economica,del nostro Paese e la voglia di mettersi allaprova altrove, ha acutizzato la propensioneesterofila di persone di tutte le estrazioniterritoriali. Negli ultimi 9 anni la crescitadelle cancellazioni anagrafiche verso l’esteroè stata di quasi il 50%. Le comunità di ita-liani più numerose sono quelle di Paesi distorica destinazione come Argentina, Ger-mania e Svizzera, ma negli ultimi anni so-no ambite anche mete residenziali in Paesieuropei come Spagna e Irlanda, o extraeu-ropei come Venezuela, Cina ed EmiratiArabi.Il saldo migratorio espatri-rimpatri degli ul-timi 10 anni (2004-2013) è di segno decisa-mente negativo (-53,6 mila persone). Chisono quelli che poi fanno ritorno in Italia? I

Italiani“brava gente”

di Renato Frisanco

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in seconda battuta, dipende dall’aver ricevu-to un’offerta interessante da un’azienda o daun ente estero (le due motivazioni copronoil 62,1% degli intervistati), a segnalare co-me il curriculum formativo di non pochigiovani sia segnato da una certa continuitàdi esperienza all’estero. Questi soggetti di-chiarano una prospettiva di rientro in Italiache nel medio termine (5 anni), definiscono“modesta”, dato che solo se non si inseri-scono secondo le loro aspettative il proget-to migratorio diviene reversibile.Il Rapporto di Migrantes evidenzia bene chesono i giovani più istruiti, spesso oltre ilcorso di laurea, a scegliere di emigrare. So-no i cosiddetti “Expat“ della generazione dei“Millenials“ che vivono l’emigrazione co-me un’opportunità, una carta importante daspendere. Sono “euromobili“ perché privile-giano l’Europa con cui hanno contatti finda giovanissimi e anche se hanno nostalgiadel luogo delle loro “radici” sono per lo piùcritici con un’Italia che tarpa le “ali”.Tra i lavoratori che invece da più tempo sitrovano all’estero molti rappresentano glis t o ri c i m es t i eri art i g i anal i vantodell’Italia creativa, geniale e laboriosa, dicui da conto il Rapporto Migrantes, narran-do alcune storie connesse con i vetrai di Al-tare, i ramai della Valle del Noce, i riquadra-tori di Sala, i suonatori d’arpa, i viticoltori,i barbieri, i gelatieri, i ristoratori.

Missionari e pensionatiAll’estero operano poi o l t re 1 0 m i l amiss ionari i tal i ani : religiosi, suore maanche laici, in tutti gli angoli della terra perdare il loro aiuto e la loro testimonianzacristiana. Sono in Africa, Asia America La-tina, Oceania, ma anche nella vicina Euro-pa, divenuta anch’essa, soprattutto a causadella crisi economica, “terra di missione”.L’età media di chi ha scelto di partire si èalzata con il tempo: oggi è di 63 anni. Lacomponente dei religiosi/e si è andata assot-tigliando negli ultimi anni a causa della ge-nerale crisi vocazionale, mentre il numerodi laici che vengono inviati dalla Chiesalontani dalle loro case è in aumento e ab-

rimpatri del 2013 segnalano un profilo dipersone di genere maschile, di età mediana(circa 40 anni), non ancora coniugati e conun titolo di studio basso. Sono coloro chehanno avuto maggiori difficoltà a inserirsiin maniera permanente nel Paese di destina-zione, dove non hanno costituito una pro-pria famiglia e che non potevano contare suun capitale culturale e linguistico sufficien-te per suffragare prospettive allettanti di in-serimento. L‘età relativamente giovaneconsente ad essi di “cercare fortuna“ in Ita-lia dopo avere fatto un’esperienza e capita-lizzato dei risparmi da investire.

Una tipologia di migrantiL‘universo dei migranti italiani è al suo in-terno differenziato, a cominciare dal seg-mento degli studenti - liceali, universita-ri, dottori di ricerca - che scelgono di fareun’esperienza di studio all’estero. Sono al-meno 60 mila i giovani che ogni anno van-no all’estero per motivi di studio, spessocon programmi ad hoc come Erasmus - chenell’ultimo anno ha portato oltre 26 milaitaliani all’estero, con meta preferita laSpagna - o come quelli di scambio indivi-duali di Intercultura (quasi 1.900 giovani alluglio 2015), mentre una ricerca di Alma-Laurea segnala che il 37% dei dottori di ri-cerca ha trascorso in una università stranie-ra un periodo di almeno 1 mese.I giovani laureati che cercano all’esteromigliori prospettive di lavoro sono un fe-nomeno in netta crescita negli ultimi annidato il quadro difficoltoso di inserimento inItalia, sia in termini occupazionali che discarsa remuneratività media. Un‘indagineha rilevato che all’estero aumentano le pro-spettive di lavoro (del 70% per i laureati edel 90% per i dottori di ricerca), ma ancheelementi incentivanti quali: guadagno, car-riera, maggiore flessibilità dell’orario di la-voro e prestigio professionale. Regno Uni-to, Germania, Francia e Svizzera risultano ipaesi europei più attrattivi nei confronti deilaureati per motivi di lavoro. Se la motiva-zione principale dell’espatrio risiede nellamancanza di opportunità di lavoro in Italia,

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bassa decisamente la media di età: il 58% èsotto i 40 anni. Quasi il 56% sono donne eil 60% è sposato e spesso parte con coniu-ge e figli, come si evince dalla rivista “Po-poli e missione” della Cei che traccia la ra-diografia del mondo delle missioni italiane.In forte aumento è infine la partecipazioneal fenomeno migratorio dei pens i onati ,definiti anche “profughi fiscali“ perché go-dono del loro piccolo “paradiso offshore”potendo riscuotere al lordo (senza ritenutefiscali) pensioni di entità medio-bassa in al-t ri Paesi del l’EU, che sappiamo esseretutt’altro che unita per quanto concerne letasse. E’ in atto un piccolo esodo oltrefrontiera dei “nonni tricolore” verso Paesidal fisco “amico”, per lo più europei dove,oltre ad un costo della vita più basso (comePortogallo, Romania, Spagna e Canarie),mantengono una certa vicinanza conl’Italia, per questioni di welfare e senso disicurezza. Tuttavia sono in aumento anche iflussi verso Oceania, Africa (Tunisia) e

America Centrale. Sono 400 mila gli ul-tra65 che hanno vinto la loro battaglia conil fisco italiano. L’INPS rileva che il nu-mero dei pensionati emigrati dal 2010 al2014 è aumentato del 109%. In definitiva l‘immigrazione degli italiani èoggi indotta dal tipico fenomeno della “glo-balizzazione” e dalla possibilità di disporredi una comunicazione immediata circa leopportunità esistenti all’estero e di arrivarcivelocemente per fare un’esperienza o pernuove prospettive di vita. Il mondo globa-lizzato è un mondo con frontiere aperte eche si contamina sempre più, anche a scapi-to dell’identificazione con la nazione intesacome “patria” esclusiva. Poiché i flussi mi-gratori sono prevalentemente intraeuropei eriguardano un elevato numero di giovani,non si può che auspicare che con tali pro-cessi cresca anche lo spirito e l’ambizionedi realizzare un’«Europa dei cittadini», an-che come via per arrivare prima e meglio adun’Europa istituzione realmente unita.

Scopriamo che gli immigrati sono una risorsa per il nostro Paese e non un costocome sostiene qualche demagogo della politica italiana che reclama la chiusura del-

le frontiere. Sono i numeri della Fondazione Moressa che monitora le dichiarazionidei redditi dei lavoratori nati all’estero. Nel 2014 gli stranieri hanno dichiarato redditi per 45,6 miliardi di euro e versato nellecasse dell’Agenzia delle entrate 6,8 miliardi di Irpef netta, il 4,5% del gettito comples-sivo. Tra i 5 milioni di “nuovi italiani” nati all’estero vi sono 3,46 milioni che di-chiarano al fisco oltre 45,6 miliardi di euro l’anno, l’1,8% in più rispetto all’anno pre-cedente, nonostante la crisi. Piuttosto sono i lavoratori stranieri a sopportare la dimi-nuzione dei redditi - già più bassi di quelli degli italiani in media di 7.530 euro - nelperiodo della crisi: dal 2009 al 2014 il reddito medio di un immigrato è sceso di 585euro rispetto ai 410 di un italiano. Il PIL dell’immigrazione ovvero la ricchezza pro-dotta dagli occupati e dagli imprenditori stranieri è di 125 miliardi di euro - per la metàdel suo valore nel settore dei “Servizi”, in particolare nella ristorazione e nell’edilizia,e rappresenta l’8,6% del valore aggiunto complessivo. Per importo complessivo di-chiarato in testa ci sono i romeni, la popolazione straniera più presente in Italia, checontribuiscono con 6,4 miliardi (754 milioni versati), seguiti da albanesi (3,2), sviz-zeri (2,8) e marocchini (2.4). Nell’ultimo anno i redditi che aumentano di più sonoquelli di cinesi e ucraini (del 13% e del 9,1%, rispettivamente). Le donne stranierecontribuenti sono meno della metà (43,9%), ma per badanti e colf la percentuale sieleva, in misura esponenziale per le donne dell’Ucraina (75,9%). Un quinto dei contri-buenti stranieri si concentra in Lombardia e oltre la metà lavora in quattro regioni:Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Lazio. Gli stranieri sono ben rappresentati an-che tra gli imprenditori: 632 mila, pari all’8,3% del totale con un trend incrementalesuperiore di quello degli autoctoni: il 21,3% dei primi contro il -6,9% dei secondi. Il rapporto costi -benefi ci dell’immigrazione è a saldo positivo perché il bilanciotra le tasse pagate dagli immigrati (gettito fiscale e contributi previdenziali) e la spesapubblica per l’immigrazione (welfare, politiche d’accoglienza e integrazione, contrastoall’immigrazione irregolare) è in attivo di 3,9 miliardi.

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IL PIL DELL’IMMIGRAZIONE

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volati aiuti concessi sotto forma di contri-buti non rimborsabili.Con decreto del Ministro dello sviluppoeconomico, di concerto con il Ministrodell’economia e delle finanze e con il Mini-stro del lavoro e delle politiche sociali, sa-ranno stabilite le condizioni e modalità perla concessione ed erogazione dei finanzia-menti previsti dal nuovo regime di aiuto.L’apertura dei termini e le modalità per lapresentazione delle domande di agevolazionesaranno definite con provvedimento del Di-rettore generale per gli incentivi alle impre-se successivamente all’adozione degli atticoncernenti l’assegnazione delle risorse fi-nanziarie e la regolamentazione delle proce-dure.Per accedere alle agevolazioni finanziarie2015 gestiste dal Ministero, i soggetti de-stinatari dovranno possedere, alla data dipresentazione della domanda, i seguen-ti requisi ti :• essere regolarmente costituite e iscritte

nel Regi s tro del l e i mprese e inseritenegli elenchi, albi, anagrafi previsti dallarispettiva normativa di riferimento;

• trovarsi nel pieno e libero esercizio deipropri diritti e non essere in liquidazionevolontaria o sottoposte a procedure con-corsuali;

• avere sede legale e operativa ubicata nelterritorio nazionale;

• trovarsi in regola con le disposizioni vi-genti in materia di normativa edilizia edurbanistica, del lavoro, della prevenzionedegli infortuni e del la salvaguardiadell’ambiente ed essere in regola con gliobblighi contributivi;

• essere in regime di contabi l i tà ordina-ria;

• avere ricevuto una positiva valutazionedel meri to di credi to da parte di unabanca finanziatrice e disporre di una deli-bera di finanziamento adottata dalla mede-sima banca finanziatrice per la coperturafinanziaria del programma di investimentiproposto.

Al fine di promuovere la diffusione eil rafforzamento dell’economia so-ciale, con decreto ministeriale del

Ministero dello sviluppo economico (MI-SE), datato 3 luglio 2015, è stato istituitoun regime di aiuto volto a sostenere la na-

scita e la crescita del-le imprese operanti,in tutto il territorionazionale, per il per-seguimento degli in-teressi generali e del-le finalità di utilitàsociale.I soggetti beneficiari

delle agevolazioni finanziarie sono le se-guenti tipologie di imprese:• imprese sociali costituite in forma di so-

cietà, di cui al decreto legislat ivo n.155/2006;

• cooperative sociali e relativi consorzi, dicui alla legge n. 381/1991;

• società cooperative aventi qualifica diONLUS ai sensi del decreto legislativon. 460/1997.

L’intervento prevede la concessione di aiutiai sensi dei regolamenti europei “de mini-mis”, da erogare sotto forma di finanzia-menti agevolati per programmi di investi-mento delle predette imprese in qualunquesettore, purché coerenti con le relative fina-lità istituzionali.Le agevolazioni sono concesse sulla base diuna procedura valutativa con procedimentoa sportello.La copertura dell’intervento è posta a caricodel Fondo rotativo per il sostegno alle im-prese e gli investimenti in ricerca (FRI)istituito dalla legge n. 311/2004 pressoCassa depositi e prestiti S.p.a., previa asse-gnazione delle risorse da parte del CIPE.E’ prevista inoltre la possibilità di destinarealla misura anche risorse delle regioni o dialtri enti pubblici, risorse dei fondi struttu-rali europei e stanziamenti derivanti da spe-cifiche disposizioni normative, utilizzabiliper associare ai predetti finanziamenti age-

Agevolazionialle imprese per

l’economia sociale

Tratto dal sito del Ministero dello Sviluppo economico(www.mise.gov.it)

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La Legge 190/2014 (art. 1, co. 629)ha esteso l’obbligo di reverse char-ge (o inversione contabile) ad altre

fattispecie, rispetto a quelle già preceden-temente contemplate nel settore edilizia.Più precisamente, dall’01/01/2015, sonosoggette a tale meccanismo i servizi dipulizia, di demolizione, di installazionedi impianti e di completamento riferit i a edi fi ci (art i colo 17, l et t era a-t er, DPR 633/1972).L’Agenzia delle Entrate è intervenuta conla Circolare n. 14/E del 27/03/2015 fornen-do chiarimenti in proposito. Ancora oggi,comunque, ci sono dubbi e incertezze.In che cosa consiste il meccanismo del re-verse charge? E’ un meccanismo fiscale cheprevede l ’appl i cazi o ne del l ’ IV A daparte del destinatario del servizio in-vece che da parte del prestatore: l’imposta èpagata dall’Ente che usufruisce del servizio,attraverso l’integrazione della fattura di ac-quisto (che non riporta l’imposta e reca ilriferimento all’art. 17 lettera a-ter, DPR633/1972) e la registrazione della stessa sianel registro IVA acquisti che nel registroIVA vendite. Il reverse charge si applicasolo se entrambi le parti sono soggetti pas-sivi di imposta. Lo scopo dichiarato è quel-lo ostacolare l’evasione fiscale, spostandoil “carico IVA” su un soggetto considerato“tradizionalmente più affidabile”. La man-cata o errata applicazione dell’inversionecontabile co mpo rta s anzi o ni per en-trambe le parti interessate.I soggetti passivi (ad es.: imprese fornitri-ci) che rendono i servizi di cui sopra neiconfronti di altri soggetti passivi (ad es.:Ente Religioso – parte co mmerci al e /associazione con attività commerciale, inpossesso di partita IVA) devono applicareil reverse charge tenendo conto esclusiva-mente della tipologia del servizio reso, nondell’impresa che lo effettua (non è rilevanteil fatto di operare o meno nel settore edile). Quanto sopra nel caso in cui le prestazioni

di servizi interessino le sole “parti com-merciali” dell’Ente. Quando, invece, la prestazione di serviziinteressa la “parte privata – i s ti tuzio-nal e” dell’Ente, la fattura viene emessacon IVA esposta (come in precedenza) eviene registrata nel solo registro IVA ac-quisti. Il meccanismo del reverse chargenon trova applicazione nella sfera privataistituzionale, si applica solo nell’ambitocommerciale, specificatamente per serviziinerenti gli edifici (o porzioni di essi) neiquali si svolge attività commerciale. Saràpertanto cura dell’Ente specificare al pro-prio fornitore se trattasi di servizio (traquelli compresi) riferito all’ambito privato(no inversione contabile) piuttosto checommerciale (inversione contabile).L’Agenzia, facendo riferimento ai codici at-tività ATECO 2007, ha fornito un elencodi servizi o interventi relativi a edifici (cioèa fabbricati, esclusi i servizi realizzati perparcheggi, piscine e giardini), in presenzadei quali e se resi nei confronti di soggettipassivi, si deve applicare l’inversione con-tabile. Tale elenco comprende i seguentiservizi/interventi:• pulizia generale (non specializzata) di edi-

fici, altre attività di pulizia specializzatadi edifici; esclusi i servizi di disinfesta-zione (anche se relative a edifici);

• demolizione (demolizione o smantella-mento di edifici); escluse la preparazionedel cantiere edile e la sistemazione delterreno;

• installazione di impianti elettrici ed elet-tronici, installazione di impianti elettro-nici, installazione di impianti idraulici,riscaldamento, condizionamento, installa-zione impianti per la distribuzione delgas, installazione di impianti di spegni-mento antincendio (inclusa manutenzionee riparazione di tutti gli impianti);

• installazione riparazione e manutenzionedi ascensori e scale mobili;

• lavori di isolamento termico, acustico o

Inversione contabile(reverse charge)Ancora una complicazione per gli enti religiosi

di Federico Rossi e Fabio Rocci*

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opera di impianti di riscaldamento, condi-zionamento, lavanderia, cucina, infissi, pa-vimenti, etc. , quando colui che effettua ilavori sia lo stesso fabbricante o chi ne faabituale commercio e il contratto non pre-veda lavori volti a realizzare qualcosa di di-verso rispetto alla normale serie produtti-va.Nel caso di degli enti non profit può pre-

sentarsi i l problema dei“costi promiscui”. Se siacquista un servizio destina-to in parte allo svolgimentodella propria attività com-merciale e in parte al losvolgimento della propriaatt ivi tà non commerciale(cosiddetta attività istituzio-nale) ricevendo un’unica fat-tura, ai fini del l ’indi-viduazione della modalità diapplicazione del meccani-smo di inversione contabi-le, occorrerà far riferimentoa criteri oggettivi. Per di-stinguere la quota di servizida imputare al la gestione

commerciale, assoggettabile al meccani-smo dell’inversione contabile, da quellaimputabile all’attività istituzionale, occor-rerà far riferimento, ad esempio, agli accor-di contrattuali tra le parti, all’entità del cor-rispettivo pattuito, al carattere dimensiona-le degli edifici interessati (ad esempio allasuperficie adibita alla parte commerciale),etc. , così da scomporre part e pri v at a(con IVA in fattura) e parte commercia-le (con applicazione del reverse charge).

L’applicazione del reverse charge interessaanche il “settore energetico”. Le fattispecie più comunemente riscontratenella realtà degli enti religiosi soggette alreverse charge sono le seguenti:• certificati verdi, che hanno lo scopo di in-

antivibrazione, altri lavori di costruzionee installazione non altrimenti classifica-bili (eventuali manutenzioni e riparazio-ni dovranno essere fatturate con IVA –senza reverse charge);

• intonacatura e stuccatura;• posa in opera di casseforti, forzieri, porte

blindate; posa in opera infissi, arredi,controsoffitti, pareti mobili e simili (perarredi s’intendono soloquelli che concorrono alcompletamentodell’edificio; non vi rica-de il montaggio del mo-bilio di arredamento);

• rivest imento di pavi-menti e di muri;

• tinteggiatura e posa inopera di vetri;

• attività non specializzatedi lavori edili;

• altri lavori di completa-mento e finitura (com-prende anche interventidi manutenzione ordina-ria, straordinaria, risana-mento conservativo, ri-strutturazione edilizia, etc., resi su fab-bricati esistenti e non solo su quelli incorso di costruzione).

L’applicazione del reverse charge costitui-sce regola prioritaria. Tuttavia, in presenzadi unico contratto di appalto comprensivoanche di prestazioni soggette a inversionecontabile difficilmente distinguibili dallealtre, possono trovare applicazione le rego-le ordinarie, ovvero l’applicazione di IVAesposta in fattura.Il meccanismo non si applica nel caso incui si rientri nell’area della “cessione dibeni”. A tal proposito la Corte di Giusti-zia UE (sentenza 29/03/2007, Causa C-111/05) ha stabilito che per distinguere sesi tratta cessione di beni o prestazione diservizi non ci si può basare solamente sulrapporto tra i l prezzo delbene e quello dei servizi, osulla complessità di questiultimi per far propendere lascelta verso la prestazionedi servizi, se i lavori nonalterano la natura del benee/o non lo adat tano al leesigenze del cliente. L’Agenzia del le Entrate(Ris. 360009/1976) haspecificato che sono daconsiderare cessioni la for-nitura e la relativa posa in

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centivare l’efficienza energetica o la pro-duzione di energia da fonti rinnovabili;

• certificati bianchi o titoli di efficienzaenergetica, che attestano il risparmio digas ed energia elettrica conseguito attra-verso sistemi di efficientamento dellaproduzione;

• cessioni di gas e di energia elettrica al“soggetto passivo-rivenditore”, ossia alsoggetto passivo IVA la cui principaleattività, in relazione all’acquisto di gas edi energia elettrica, è costituita dalla ri-vendita di questi beni e il cui consumo

personale di tali prodotti è trascurabile.Vista la complessità delle fattispecie e con-siderando le specifiche situazioni, le pecu-liarità e le problematiche dei singoli sog-getti (si pensi, in particolare, alla comples-sità degli enti non profit), si è ancora in at-tesa di ul teriori chiariment i da partedell’amministrazione finanziaria, che spe-riamo possano arrivare al più presto.

* Studio Curina & Rossi –[email protected] –www.consulenzaentireligiosi.it

Situazione Parte “co mmerci al e” del l ’Ente che …

Deve sosti tuire la caldaia e s i affi -da al tecni co di f i duci a, i l qual eprovvede s ia al la vendi ta del la cal -dai a nuo v a che al l a s ua i ns tal l a-zione.

S osti tui sce gl i infi ss i e s i affida aun pro dut t o re s pec i al i zzat o cheforni rà i nfi s s i prodotti i n seri e adun prezzo comprens i vo di posa i nopera.

Deve sos ti tui re gl i i nfi s s i e s i af-fida a un forni tore che produrrà in-f i s s i “s u m i s ura” ad un pre z z ocomprensivo di posa in opera.

Deve procedere al l a pavimentazio-ne di un piano di un suo immobi lee si rivolge a un produttore specia-l i zzato che forni rà materi al i pro -do t t i i n s eri e ad un prezzo co m-prensivo di posa in opera.

Deve procedere al l a pavimentazio-ne di un pi ano di un suo i mmobi -le: acquista i material i da un forni-tore e s i ri volge a una di tta che s ioccuperà del la posa in opera.

Deve procedere al l a pavimentazio-ne di un piano di un suo immobi lee si rivolge a una di tta special izza-ta per effettuare un particolare tipodi pavimento.

Possibile comportamento

Acquisto e installazione sono da considera-re come “unica operazione”, il valore delbene supera quello della prestazione e i la-vori non alterano il bene. NO Revers eCharge

Gli infissi sono prodotti in serie e le pre-stazioni collegate non sono atte a fornirequalcosa di nuovo rispetto al prodotto ini-ziale: è cessione di beni con posa in operaNO Reverse Charge

Prevale la prestazione di servizi poiché vie-ne creato un prodotto “nuovo su misura” (adifferenza del caso di cui sopra in cui vienevenduto e montato un prodotto fabbricatoin serie – standard) SI Reverse Charge

I materiali sono prodotti in serie e le pre-stazioni collegate non sono atte a fornirequalcosa di nuovo rispetto al prodotto ini-ziale: è cessione di beni con posa in operaNO Reverse Charge

Si avrà una fattura dal fornitore dei mate-riali con IVA (cessione di beni NO Re-verse Charge) e una fattura da assogget-tare al regime del Reverse Charge che ri-guarderà la posa in opera (prestazione diservizi S I Reverse Charge)

Si è in presenza di un contratto di appaltoper il quale s i appl i ca i l R ev ers eCharge: è preponderante la prestazione ine-rente l’esecuzione che va oltre la normaleposa in opera di piastrelle prodotte in serie.

ESEMPI PRATICI

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Tra i committenti – cioè coloro che im-piegano prestatori di lavoro accessorio –possono esservi non solo imprendi -to ri o enti pubbl i ci ma anche entisenza fini di lucro .Si evidenzia che il ricorso ai buoni lavoroè limitato al rapporto diretto tra prestatore eutilizzatore finale, mentre non è uti l izza-bi l e per reclutare e retribuire lavoratori alfine di svolgere prestazioni a favore di terzi,come nel cas o del l ’appal to o del l asommini strazione (unico caso consenti-to è per l’attività degli stewards in manife-stazioni calcistiche).

Quali benefici?Il committente può, con i buoni lavoro, be-neficiare di prestazioni lavorative nellacompleta legalità, con copertura assicurati-va INAIL per eventuali incidenti, senza ri-schiare vertenze sulla natura della prestazio-ne e senza dover stipulare alcun tipo di con-tratto.Per quanto riguarda gli enti committenti, èopportuno sapere che i compensi erogati at-traverso i voucher concorrono alla base im-ponibile da assoggettare a tassazione, conrelativa dichiarazione annuale e versamentodell’IRAP.Per il lavoratore, lo svolgimento di presta-zioni di lavoro accessorio non dà diritto al-le prestazioni a sostegno del reddi todell’INPS (disoccupazione, maternità, ma-lattia, ecc.), ma è riconosciuto ai fini deldiritto alla pensione. Inoltre questo tipo dicompenso è esente da ogni imposizione fi-scale (IRPEF) e non incide sullo stato didisoccupato o inoccupato (nel rispetto dellimite massimo dei 3.000 euro percepiti).E’, inoltre, cumulabile con i trattamentipensionistici e compatibile con i versa-menti volontari. Il compenso percepito coni buoni lavoro non viene computato nelcalcolo dell’ISEE e non fa perdere la quali-fica di soggetto a carico; viene tuttaviacomputato ai fini della determinazione deiredditi familiari, nel cui calcolo confluisco-

Che cos’è il lavoro accessorio?Si tratta di una particolare modalità di pre-stazione lavorativa che, proprio in quantoaccessoria e saltuaria, non è riconducibile aicontratti di lavoro ed è quindi diversamenteregolamentata.Il pagamento del la prestazione lavo-rati va avv i ene attravers o buoni l a-

v o ro ( c o s i dde t t i v o u-cher) che i committenti con-segnano (o, nel caso dei buo-ni lavoro telematici, accredi-tano) ai lavoratori. Il buono lavoro è acquistabi-le, quindi, sia in forma carta-cea che telematica: a secondadel caso cambierà la procedu-

ra di acquisto e di corresponsione del paga-mento al lavoratore (tutte le informazionisono reperibi l i sul si to del l’INPS,www.inps.it). Il D. Lgs . n. 81/ 2015 (decreto attua-ti vo del Jobs Act) ha introdotto alcunenovità che esamineremo nelle prossime ri-ghe. Una di queste ha stabilito che a partiredal 25 giugno 2015 ogni ora di l avoronon potrà avere retribuzione inferio-re a 1 0 euro (salvo che per i l settoreagricolo). Il valore di un voucher da 10 eu-ro nominali, in favore del lavoratore, corri-sponde a 7,50 euro al netto delle ritenute.E’ inoltre disponibile un buono multiplo,del valore di 50 euro (valore netto 37,50euro) ed un buono da 20 euro (valore netto15 euro).Con i l voucher sono garanti te la co-pertura previdenzial e presso l ’INPSe que l l a as s i c urat i v a pre s s ol ’INAIL. La prima (pari al 13% del valorenominale) mediante accredito sulla posizio-ne individuale contributiva del prestatore;idem per l’assicurazione anti-infortuniINAIL (7%). C’è infine una restante tratte-nuta del 5% sul valore nominale, a titolo dicompenso al concessionario per la gestionedel servizio.

Un voucherper il lavoro

di Alessio Affanni

Il lavoro accessorio e i buoni lavoro (voucher): regole e modalità di utilizzo

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no anche i redditi esenti da imposizione fi-scale, se superiori a 1.032,91 euro (andràpertanto computato, ad esempio, nella do-manda per ottenere l’assegno al nucleo fa-miliare).

Chi puo’ svolgere lavoro accessorio?I prestatori che possono accedere al lavoroaccessorio sono:• pensionati ;• s tudenti nei periodi di vacanza: so-

no considerati studenti “i giovani con me-no di 25 anni di età, regolarmente iscrittiad un ciclo di studi”. I giovani debbono,comunque, aver compiuto i 16 anni di etàe, se minorenni , debbono possederel’autorizzazione da parte del genitore o dichi esercita la potestà genitoriale. Per“periodi di vacanza” si intendono quelliindicati nella Circolare Ministero del La-voro n. 4/2005, vale a dire vacanze natali-zie, pasquali ed estive. Gli studenti pos-sono effettuare prestazioni di lavoro ac-cessorio anche il sabato e la domenica intutti i periodi dell’anno, compatibilmentecon gli impegni scolastici. Gli studentiiscritti, invece, ad un ciclo regolare distudi universitari possono svolgere lavoroaccessorio in qualunque periodo dell’anno;

• percettori di prestazioni integrati -ve del salario o sostegno al reddito(ad es. cassaintegrati);

• al tre categori e di pres tatori qual i ,ad es empi o , i noccupati o ti to l aridi i ndenni tà di di s occupazi one: laCircolare INPS n. 142/2015, a tal propo-sito, ha chiarito la compatibilità del lavo-ro accessorio anche con la NASPI (nuovaassicurazione sociale per l’impiego) am-mortizzatore sociale introdotto a partiredal 2015 per coloro che hanno perso il la-voro; tuttavia, in presenza di compensisuperiori a 3.000 euro annui, la prestazio-ne NASPI sarà ridotta dell’80% del com-penso considerando il periodo dall’iniziodi attività lavorativa fino a quello in cuitermina la corresponsione dell’indennità;

• lavoratori autonomi , lavoratori di -pendenti pri vati e pubbl i ci (questiultimi previa autorizzazione dell’Am-ministrazione alla quale appartengono,come previsto del D.Lgs. n. 165/2001).Il ricorso all’istituto del lavoro accessorionon è compatibile con lo status di lavora-tore subordinato (a tempo pieno o parzia-le), se impiegato presso lo stesso datoredi lavoro titolare del contratto di lavoro

dipendente (come precisa la Circolare IN-PS n. 49/2013);

• prestatori extracomunitari se in pos-sesso di un permesso di soggiorno checonsenta lo svolgimento di attività lavo-rativa, compreso quello per studio, o –nei periodi di disoccupazione – se in pos-sesso di un permesso di soggiorno per“attesa occupazione”. Il compenso da la-voro accessorio viene incluso ai fini delladeterminazione del reddito necessario peril rilascio o rinnovo del permesso di sog-giorno. Rimane fermo, comunque, quantoprevisto nella Circolare n. 44/2009 se-condo cui il reddito da lavoro accessorioda solo non è utile ai fini del rilascio orinnovo dei titoli di soggiorno per motividi lavoro.

In base a quanto disposto dalla vigente nor-mativa è poss i bi l e uti l i zzare i buonil avoro i n tutti i settori di atti v i tà eper tutte le categorie di prestatori .L’art. 48 del D.Lgs. 81/2015 prevede che icompensi economici fissati per il prestatoresiano “annualmente rivalutati sulla basedella variazione dell’indice ISTAT dei prezzial consumo per le famiglie degli operai edegli impiegati”.I compensi complessivamente perce-pi ti dal pres tatore non possono su-perare, a parti re dal 2 0 1 5 , i 7 . 0 0 0euro netti (9.333 euro lordi) nel corsodi un anno ci v i l e (si intende il periododal 1° gennaio al 31 dicembre di ogni an-no), con ri feri mento al l a total i tà deicommittenti . Viene pertanto innalzata di2.000 euro la precedente soglia massima di5.000 euro.Le pres tazi oni rese nei confronti dii mprendi to ri co mmerci al i e l i beriprofess ioni sti non possono superarei 2. 000 euro netti (2.693 euro lordi) perciascun committente, ferma restando lapossibilità, con compensi da altri commit-tenti, di raggiungere il limite complessivodi 7.000 euro netti. Questo limite di massi-mo 2.000 euro erogabili va applicato ancheagli enti non profit o ecclesiastici nel casodi pagamenti effettuati a lavoratori utilizzatinell’ambito di attività commerciali.Per prestatori percettori di misure disostegno al reddi to, i l l imi te econo-mi co è di 3 . 0 0 0 euro co mpl es s i v iper anno civi l e, con ri ferimento al latotal i tà di committenti , che corrispon-dono a 4.000 euro lordi. Per eventuali com-pensi (singoli o sommati) superiori a 3.000euro, il prestatore percettore di misure di

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l’emissione del pagamento e il caricamentosul l’estrat to conto del percet tore).L’acquisizione di tale dichiarazione costitui-sce elemento necessario e sufficientead evi tare, in capo al datore di lavo-ro, eventual i conseguenze di caratte-re sanzionatorio : in primis, la trasforma-zione in rapporto di lavoro di natura subor-dinata a tempo indeterminato, laddove visiano state prestazioni assimilabili a quellerese da al t ro personale già dipendentedell’imprenditore o del professionista (Cir-colare Min. Lavoro n. 4/2013).Tra gli adempimenti inderogabili del com-mittente vanno anche tenuti presenti quelli

relativi alla sicurezza dei luoghi di la-voro, in base al D.Lgs. n. 81/2008,con esclusione dei casi riguardanti ipiccoli lavori domestici a caratterestraordinario, compresi l’insegna-mento privato supplementare el’assistenza domiciliare ai bambini,agli anziani, agli ammalati e ai disa-

bili.Inoltre, per enti che svolgono atti-vità che comportano contatti direttie regolari con minori, rimane fermol’obbligo di acquisire il certificatopenale del lavoratore, richiedendolo alCasellario giudiziale (come previsto

dal D.Lgs. n. 39/2014).

Lo strumento del lavoro accesso-rio permette non solo di utilizzare

prestazioni lavorative regolari ma sirivela anche un utile strumento con

cui prestare aiuto economico a personein difficoltà (talora proprio perché han-

no perso il posto di lavoro altrove): siviene così a fornire non beneficenza ma

l’opportunità di svolgere un’attività in for-ma remunerata che, per quanto marginale,può comunque aiutare e sostenere – anchemoralmente – le persone assistite, consen-tendo loro di ricevere non un atto di caritàma un compenso per l’attività prestata, ele-mento che permette di sentire preservata evalorizzata la propria dignità anche in unasituazione critica. Da un altro lato va, tuttavia, prevenuto ocomunque arginato il ricorso indiscriminatoall’instaurarsi di forme di lavoro accessorioe all’utilizzo dei voucher, laddove sianopossibili forme di lavoro più stabili: ciòanche al fine di evitare che si verifichi uneffetto opposto a quello con cui fu annun-ciata l’entrata in vigore delle disposizionidel Jobs Act, vale a dire ridurre i lavori pre-cari a favore delle tutele crescenti.

sostegno al reddito ha l’obbligo di presenta-re comunicazione al le sedi provincial idell’INPS.

Obblighi per il committenteC’è anzitutto l’obbligo di comunicare allaDirezione territoriale del lavoro competen-te, attraverso modalità telematiche (ivicompresi sms o posta elettronica), primadell’inizio della prestazione, i dati anagrafi-ci e il codice fiscale del lavoratore nonché illuogo della prestazione lavorativa, con rife-rimento a un arco temporale non superiorea trenta giorni.

Prima del l ’inizio del l ’at-tivi tà di lavoro accessorio (ancheil giorno stesso purché prima dell’iniziodella prestazione), i l committente deveeffettuare l a comuni cazi one di i ni -zio prestazione al l ’INPS (val ida an-che ai fini INAIL), con le modalità pre-viste per il tipo di voucher acquistato. Lamancata comunicazione all’INPS/INAIL èsanzionata, come indicato nella CircolareINPS n. 157/2010. Inoltre il committente ha l’obbligo di veri-ficare i l non superamento del l imite dicompensi percepiti dal prestatore. A tal finedovrà richiedere al prestatore una di -chiarazione in ordine al non supera-mento degl i importi massimi previ -s t i , ri feri ta sia ai voucher riscossinell’anno solare che a quelli ricevuti dallostesso o da altri committenti e non ancorariscossi (anche considerando il possibile di-sallineamento temporale intercorrente tra

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Iscrizioni aUNEBA 2016

Essere iscritti a Uneba dà diritto ad una serie di servizi ad ampio spettro, come:• fruire di tutela e rappresentanza a livello nazionale, regionale, locale nei confronti

di legislatori, amministratori, sindacati;• avere consulenza generale gratuita su normative, applicazione del contratto di lavo-

ro, su questioni gestionali, etc.;• partecipare alla vita istituzionale ed organizzativa dell’Uneba;• partecipare alle iniziative di formazione: convegni, seminari, progetti finanziati da

For.Te e Fond.E.R.;• ricevere via email 2 newsletter informative a settimana;• accesso alla parte riservata del sito, con documenti di approfondimento e le risposte

degli esperti su casi concreti di applicazione del contratto nazionale Uneba;• promuovere propri eventi (ad esempio convegni) attraverso www. uneba. org ;• ricevere la rivista bimestrale Nuova Proposta;• in alcune Regioni viene inviata la Rassegna Legislativa e la Rassegna Stampa; • per Veneto e Liguria: accesso al servizio informativo regionale attraverso la pagina

regionale di Veneto e Liguria sul sito di Uneba.

QUOTE NAZIONALI 2016Le quote rimaste invariate anche per l ’anno 2016 sono valide per: Abruzzo,Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Marche, Molise, Sarde-gna, Sicilia, Trentino Alto Adige, Umbria, Valle d’Aosta,:• Scuole materne, euro 50• Istituti fino a 50 assistiti, euro 130• Istituti da 50 a 100 assistiti, euro 165• Istituti da 100 a 200 assistiti, euro 270• Istituti con oltre 200 assistiti, euro 320• Sostenitori, euro 600

Le quote possono essere v ersate con una di queste modal i tà:sul conto corrente postale 18680009 intestato a Uneba – Via Gioberti 60 – 00185Roma, utilizzando bollettini postali;• con bonifico postale: Iban IT 45 Z 07601 03200 000018680009;• sul conto corrente bancario: Iban IT40D0521603214000000081783. Il conto inte-

stato a Uneba è aperto presso il Credito Valtellinese – Agenzia 14 – Via Aosta, 60– 00182 Roma.

Si raccomanda, al momento del pagamento con bonifico, di specificare il numerodi codi ce i denti fi cati vo assegnato ad ogni associato. Pri m a di effet t uare i lv ersamento di una nuov a ist i tuzione contat tare la segreteria nazionale.

QUOTE REGIONALI 2016Per l’adesione nelle Regioni: Calabria, Campania, Liguria, Lombardia, Pie-m o nt e , P ug l i a, To s c ana e V e ne t o le quote sono riportate nel si towww. uneba. org

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Bollettino ufficiale dell’UNEBA - Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza SocialeDirettore Responsabile: MAURIZIO GIORDANORedazione ed Amministrazione: 00185 Roma - Via Gioberti, 60 - Tel. 065943091 - Fax 0659602303e - mail: [email protected] - sito internet: www.uneba.orgAutorizzazione del Tribunale di Roma n. 88 del 21/2/1991Progetto e realizzazione grafica: www.fabiodesimone.itStampa: Consorzio AGE - Pomezia (Roma)

Il giornale è inviato gratuitamente agli associati dell’UNEBAFinito di stampare nel dicembre 201524

Questa pagina vuole essere un “colpo d’ala”, cioè una proposta per un momento di riflessione.

Cittadinidel mondo

Il tuo Cristo è ebreo e la tua democrazia è greca.

La tua scrittura è latina e i tuoi numeri sono arabi.

La tua auto è giapponese e il tuo caffè è brasiliano.

Il tuo orologio è svizzero e il tuo walkman è coreano.

La tua pizza è italiana e la tua camicia è hawaiana.

Le tue vacanze sono tunisine, slave, marocchine, …

Cittadino del mondo,

non rimproverare il tuo vicino di essere straniero !

(Graffito letto nella metropolitana di Berlino)