Giovini-Delusor-Introduzione e Testo a Fronte

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Il testo mutilo, del qualeMarco Giovini ci offre qui la prima traduzione scientifica italiana, ci è stato tramandato soltanto dal ms. Parisinus Latinus Bibl. Nat. 8069, databile al X secolo, e scritto, probabilmente, nell’ambiente di Reims.Il conflictus fra Terenzio e il suo giovane e beffardo schernitore si apre con il giovane che recita un prologo costituito da 6 distici leonini, a cui seguono, in successione, la risposta sorpresa di Terenzio nonché le repliche dei due interlocutori, tuttein esametri leonini.Nel corso del dibattito, i ruoli via via si assestano e il vecchio Terenzio assume la maschera del senex iratus delle sue commedie, mentre il giovane provocatore prosegue nel reiterare le sue oltraggiose minacce. In esse fa ricorso a termini e stilemi terenziani, di cui volutamente si fa beffe, come quando definisce Terenzio poeta vetus, con un riecheggiamento volutoe parodico del v. 7 del prologo dell’Andria, del v. 22 del prologo dell’Heautontimorumenos e dei vv. 1-13 del prologo del Phormio, nei quali il poeta antico polemizzava con un suo nemico, come noi sappiamo da Donato ad eun. 4; 9; 10.Ne viene fuori dunque un Terenzio capovolto, che si trova a rivestire i panni e a recitare nel ruolo che era stato del vetus malivolus poeta Luscio Lanuvino.L’esame del testo, corredato da una scorrevole traduzione, ricca di nuove interpretazioni, e condotta con grande acribia e notevole finezza, dimostra le eccellenti doti filologiche dell’autore.Pertanto il volume si può considerare quanto di meglio sia disponibile oggi sull’argomento.FERRUCCIO BERTINI

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Quaderni di Scienze del Linguaggio 22UNIVERSITÀ IULM

Libera Università di Lingue e Comunicazione

MARCO GIOVINI

Un conflictus terenziano del X secolo:

IL DELUSORPrefazione di Ferruccio Bertini

Milano 2007

© 2007 Arcipelago edizioniVia Carlo D’Adda 21.

20143 [email protected]

Prima edizione: novembre 2007

ISBN 978-88-7695-355-2

Tutti i diritti riservati

Ristampe:7 6 5 4 3 2 1 02014 2013 2012 2011 2010 2009 2008

È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata,compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

INDICE

PREFAZIONE di Ferruccio Bertini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

CAPITOLO IINTRODUZIONE E TESTO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

CAPITOLO IISTORIA D’UN PALCOSCENICO EVOCATO(METAMORFOSI D’UN CONFLICTUS) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

CAPITOLO IIILEONITAS VACILLANS E “GRANCHI” PROSODICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

CAPITOLO IVDALLE FONTI ALLO STILE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203

INDICE DELLE OPERE E DEGLI AUTORI CITATI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221

INDICE DEGLI AUTORI MODERNI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225

LISCA Chi più di te mordace contro Terenzio avventale satire pungenti, e le calunnie inventa?E pur Lucan lo stima, e in sua presenza il lodi.Ciascuno il suo mestiere sa fare in molti modi.

FABIO Se critico lo schiavo, soffrir lo devi in pace;Lavinio mi diletta, Terenzio a me non piace.

(C. Goldoni, Terenzio, atto II)

Prefazione

Il testo mutilo, del quale Marco Giovini ci offre qui la primatraduzione scientifica italiana, ci è stato tramandato soltantodal ms. Parisinus Latinus Bibl. Nat. 8069, databile al X secolo,e scritto, probabilmente, nell’ambiente di Reims.

Il conflictus fra Terenzio e il suo giovane e beffardo scher-nitore si apre con il giovane che recita un prologo costituito da6 distici leonini, a cui seguono, in successione, la risposta sor-presa di Terenzio nonché le repliche dei due interlocutori, tuttein esametri leonini.

Nel corso del dibattito, i ruoli via via si assestano e il vec-chio Terenzio assume la maschera del senex iratus delle suecommedie, mentre il giovane provocatore prosegue nel reite-rare le sue oltraggiose minacce. In esse fa ricorso a termini estilemi terenziani, di cui volutamente si fa beffe, come quandodefinisce Terenzio poeta vetus, con un riecheggiamento volutoe parodico del v. 7 del prologo dell’Andria, del v. 22 del pro-logo dell’Heautontimorumenos e dei vv. 1-13 del prologo delPhormio, nei quali il poeta antico polemizzava con un suo ne-mico, come noi sappiamo da Donato ad eun. 4; 9; 10.

Ne viene fuori dunque un Terenzio capovolto, che si trovaa rivestire i panni e a recitare nel ruolo che era stato del vetusmalivolus poeta Luscio Lanuvino.

L’esame del testo, corredato da una scorrevole traduzione,ricca di nuove interpretazioni, e condotta con grande acribia enotevole finezza, dimostra le eccellenti doti filologiche del-l’autore.

Pertanto il volume si può considerare quanto di meglio siadisponibile oggi sull’argomento.

FERRUCCIO BERTINI

CAPITOLO IINTRODUZIONE E TESTO

Un solo prezioso codice, il Parisinus Bibl. Nat. 8069, alle-stito in area francese, probabilmente a Reims, verso la fine delX secolo1, ha consentito il fortunoso salvataggio dei 64 versi

1 Per una minuziosa descrizione del molteplice contenuto di questomanoscritto, frutto nel suo complesso del lavoro di due distinti copistioperanti sotto l’egida d’un anonimo ordinatore, la cui attività apparericonducibile ai centri di cultura degli Scoti, ossia Reims e Laon, cfr.Claudia Villa, La «Lectura Terentii», vol. I, Da Ildemaro a FrancescoPetrarca, Padova 1984, cap. III, Il linguaggio del «Delusor», pp. 67-98 (inpart. pp. 68-82, mentre per un’esauriente bibliografia relativa alle descri-zioni, più o meno parziali, di tale complesso ms., vera e propria antologiaad usum scolastico, vedi la nota 5 alle pp. 68-69). Oltre al dialogus inesame, il Parisinus comprende, fra l’altro, gli opera omnia di Virgilio,alcuni epigrammi di Marziale (fra cui il raro I 19), numerosi excerpta ovi-diani, desunti dall’Ars amandi e dai Remedia amoris, e ciceroniani (dal Deamicitia), il Iuvenalis ludi Libellus (che raccoglie il Culex, le Dirae, laCopa, alcuni carmi di Ausonio, il De rosis nascentibus e ilMoretum) non-ché svariati testi, specialmente lirici, d’autori d’età carolingia fra i qualiprimeggia la neo-auctoritas Alcuino e, infine, la rara vita virgiliana Salvaexpositione. La presenza di quest’ultimo testo, abbinato alla “nota gram-maticale” Inter vesper vesperis, contribuisce a ricondurre il ms. alla scuo-la di Reims, ove nella seconda metà del IX secolo operava l’illustre mae-stro Remigio (sull’argomento cfr. Claudia Villa, op. cit., pp. 75-76 e p. 81,ove la studiosa spiega, a conclusione di articolate indagini filologico-testuali alle quali rinvio, di essere indotta «a ritenere non impossibile cheil monumentale Parigino lat. 8069 sia stato preparato a Reims e poi utiliz-zato a Chartres»).

12 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

che compongono il poemetto adespoto, pervenutoci mutilodel finale, tradizionalmente denominato, ex actoribus nonmeno che ex argumento, Dialogus (o Altercatio) interTerentium et delusorem eius.La scoperta di questo dialogus / conflictus, erroneamente

scambiato a varie riprese ora per la più antica attestazione diteatro “comico” profano in lingua latina, ora addirittura perun mimo, va ascritta al suo primo benemerito editore,Charles Magnin2, che ne fissò a torto la datazione intorno alVII secolo. Ripubblicato in seguito da A. de Montaiglon3, A.Riese4, R. Sabbadini5, Karl Strecker6, P. von Winterfeld7 edE. K. Chambers8, il Delusor, che ancora nel 1954 G. Frank

2 C. Magnin, Fragment d’un comique du septième siècle,«Bibliothèque de l’École des Chartes» 1 (1839-40), pp. 517-534. Magnindefinisce in sintesi il Delusor un «fragment dialogué, qui semble une sortede prologue, composé soit pour annoncer et justifier la représentationd’une pièce de Térence, soit pour servir de prélude à une farce dans legenre nouveau» (p. 521). Tratterò in seguito delle estrose, talora geniali(ma quasi sempre infondate), soluzioni interpretative proposte da Magnin.

3 Estratto da L’amateur des livres, Paris 1849.4 A. Riese, Beiträge zur lateinischen Anthologie, «Zeitschrift für die

Österreichischen Gymnasien» 18 (1867), pp. 433-446.5 R. Sabbadini, Dialogo scenico fra Terenzio e un Delusor, Per le

nozze di Stefano Sechi e Ida Grifi, Catania 1894.6 Nel terzo fascicolo del IV tomo dei Poetae Latini Aevi Carolini

(MGH, PLAC, Berlin 18961 [19642]) alle pp. 1088-1090.7 P. von Winterfeld (rec. et em.), Hrotsvithae Opera, in M.G.H.

Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, IV, Berlin 19021(19652), pp. XX-XXIII. Premetto sin da ora che per il testo del Delusormiavvalgo di quest’edizione, alla quale rimando per l’esauriente apparatocritico. Non ho invece tenuto conto della numerazione dei versi adottatada von Winterfeld (così come anche da Strecker), che, includendo nel con-teggio anche le prime due didascalie, per altro in prosa, ne porta il nume-ro a 66. Von Winterfeld si è occupato del Delusor anche nell’articoloHrotsvits literarische Stellung, «Archiv für das Studium der neuerenSprachen und Literaturen» 114 (1905), pp. 68-71.

8 E. K. Chambers, The Medieval Stage, II, Oxford 1903, pp. 326-328.

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 13

definiva in modo vago ed elusivo un «curious fragment ofunknown origin, date and purpose»9, non ha mai smesso, nelcorso dell’oltre secolo e mezzo che ci separa dal suo ritrova-mento, di stimolare feconde discussioni sulla sua natura esulla sua ancor più problematica destinazione, specie fra glistudiosi di storia del teatro o, meglio, delle manifestazioni dicarattere genericamente scenico e spettacolare in età medie-vale.Strutturalmente, il Delusor si può suddividere in due sezio-

ni, distinte ad artem fra loro tramite l’adozione di due diffe-renti sistemi metrici (il distico elegiaco e l’esametro, entram-bi di tipo leonino):

I) (vv. 1-12): prologo-ouverture (non preceduto da dida-scalia) in sei distici elegiaci, pregni di spunti e ripresedai prologhi terenziani. In esso una voce rabbiosa, dap-prima anonima10, s’abbandona a un fiero sfogo verbalecostruito come una vera e propria invettiva contro imonimenta vetusta (1), le fabulae (...) veteres (4) e lealtrettanto veteres (...) Camenae (5) dell’ormai superatopoeta vetus (2, 3) Terenzio, la lettura dei cui inutili (12)carmina è fonte unicamente di grande noia (9 multa tae-dia);

II) (vv. 13-64 = [Ter.] 13-20, [del.] 21-22, [Ter.] 23-26,[del.] 27-30, [Ter.] 31-34, [del.] 35-38, [Ter.] 39-42,[del.] 43-45, [Ter.] 46-48, [del.] 49-51, [Ter.] 52,[<del.>] 53, [<Ter.>] 54-55, [del.] 56-59, [Ter.] 60-64[...]): litigiosa controversia che vede contendere, da unlato, la vecchia ma sempre indiscussa auctoritas di

9 The Medieval French Drama, Oxford 1954, p. 9.10 Soltanto in seguito, ossia alla didascalia che precede il v. 21 (ECCE

PERSONA DELUSORIS PRAESENTATUR), quest’insolente voce si rivelerà apparte-nere al “personaggio” dello schernitore (o canzonatore o motteggiatoreche dir si voglia).

14 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

Terenzio, chiamato in causa e, in un certo senso, evoca-to come un fantasma a controbattere le mordaci e ingiu-riose accuse della preliminare battuta-prologus, e,dall’altro, il suo giovane e tracotante schernitore, ildelusor, che rincara la dose d’insulti e motteggi, mil-lantando la propria giovinezza, contrapposta a più ripre-se alla decrepita senescenza dell’illustre avversario, cheil mordace adulescens stigmatizza e bolla come vecchioimpotente (29 Tu sterilis truncus), sciocco rimbambito(37-38), falso sapiente (43 Si sapiens esses, non te meaverba cierent) e collerico smargiasso (56-59).

Prima però di procedere nell’esame di quest’opera di fon-damentale importanza nello studio della fortuna medievale diTerenzio, eccone il testo, di cui fornisco una traduzione11.

11 La prima traduzione in italiano del Delusor, non esente da critiche,è opera di E. Franceschini in Teatro latino medievale, Milano 1960, pp.39-43, riproposta da F. Doglio in Teatro in Europa, I, Milano 1982, pp. 68-71. Segnalo che le citazioni del testo latino di Terenzio seguono l’edizio-ne oxoniense di W. M. Lindsay – R. Kauer 19583 (rist. 1961).

16 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

12 Ter. Andr. 873 (Rem potius ipsam dic ac mitte male loqui); 904(Mitte orare); ad. 335 (Era, lacrumas mitte).

13 Glossa in eun. 753:monumentis] idest cartis (Cfr. Claudia Villa, op.cit., p. 85). Per il raro nesso monimenta vetusta cfr. Curt. IX 5, 21 (Tantaconponentium vetusta rerum monimenta vel securitas vel par huic vitium,credulitas fuit). Vedi, però, per la contiguità dei due termini, anche Ov.fast. II 301 (Nunc quoque detecti referunt monimenta vetusti) e Sil. It.XIV 212 (poenae monimenta vetustae).

14 Ter. Andr. 6-7 (sed qui malevoli / veteris poetae maledictis respon-deat); heaut. 22 (Tum quod malevolu’ vetu’ poeta dictitat); Phorm. 1-2 e13 (Postquam poeta vetu’ poetam non potest / retrahere a studio [...] eVetu’ si poeta non lacessisset prior). Tutti e tre i passi provengono dai pro-loghi delle rispettive commedie.

15 Per tale clausola cfr. Verg. buc. 8, 103 (nihil ille deos, nil carminacurat), e, soprattutto, buc. 2, 6 (O crudelis Alexi, nihil mea carminacuras?). La medesima clausola si trova anche nei Gesta Berengarii impe-ratoris (X sec.) prol. 13 (Desine, nunc etiam nullus tua carmina curat).

16 Ter. heaut. 85 (Ne retice, ne verere, crede inquam mihi).17 Per il nesso fabulas (...) veteres cfr. Ter. eun. 25 (Colacem esse

Naevi, et Plauti veterem fabulam). Per il diptoto vetus veteres, cfr. Plaut.Curc. 98a (Ut veteri’ vetu’ tui cupida sum).

18 Cfr. Hor. epist. I 18, 47 (Surge et inhumanae senium deponeCamenae).

19 Per l’uso dello scurrile verbo pedere cfr. Hor. serm. I 8, 46-47(pepedi / diffissa nate ficus). Nella medesima posizione metrica cfr. Mart.IV 87, 4 (Ergo quid in causa est? Pedere Bassa solet) e X 15, 9-10 (Nilaliud video, quo te credamus amicum / quam quod me coram pedere,Crispe, soles). Tale verbo compare in Marziale anche in VII 18, 9; XII 40,3; 77, 3 e 10. Secondo Claudia Villa (in op. cit., p. 90), per l’irriverenteconnubio causa-effettuale fra le Muse della poesia comica e l’indotta pro-duzione di osceni sonitus “bassocorporei” cfr. Sen. apocol. 4, 3 expiravitautem, dum comoedos audit, ut scias me non sine causa illos timere.

Mitte recordari12 monimenta vetusta13, Terenti;2 cesses ulterius: vade, poeta vetus14.

Vade, poeta vetus, quia non tua carmina curo15;4 iam retice16 fabulas, dico, vetus veteres17.

Dico, vetus veteres iamiam depone Camenas18,6 quae nil, credo, iuvant, pedere19 ni doceant.

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 17

<Lo schernitore>

Smettila di ricordare le tue opere antiquate, Terenzio; fallafinita una buona volta: vattene, vecchio poeta. (2) Vattene,vecchio poeta, perché non mi curo dei tuoi carmi. Basta, vec-chio: metti a tacere, dico, le tue vecchie commedie. (4) Te lodico, vecchio: dìsfati delle vecchie Camene che, a parer mio,non servono a niente, tranne che insegnare a scorreggiare. (6)

18 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

Ultima vox eius haec inter homines audita est, cum maiorem sonitum emi-sisset illa parte, qua facilius loquebatur (...). Più probabilmente la fonte diquesto gesto irriverente è da ravvisarsi nel carme di Micone di Saint-Riquier De quodam lurgone meribibulo, come si vedrà nel corso dell’ana-lisi delle fonti (capitolo IV, cfr. in part. pp. 129-132).

20 Cfr. Ter. heaut. 20 e 51 (Habet bonorum exemplum quo exemplosibi; Exemplum statuite in me). Per il nesso exemplum (...) egregium cfr.Phaedr. II 1, 11 (Exemplum egregium prorsus et laudabile).

21 Per l’abbinamento recubare (...) taedia cfr. Plin. epist. IX 17, 3(Quam multi, cum lector aut lyristes aut comoedus inductus est, calceosposcunt aut non minore cum taedio recubant, quam tu ista [sic enim appel-las] prodigia perpessus es!).

22 Cfr. soprattutto Ter. Andr. 45 (dic quid est quod me velis), ma anche449 (quin dic, quid est?), 667 (eho dic mi), 763 (dic mihi), 931-932 (ehodic mihi / quid eam tum?) etc.; heaut. 349 (adsum: dic quid est?), 766 (dicquid est?), 884 (dic mihi) etc.; eun. 100, 349, 850, 978 (dic mihi), 360 (ehodum dic mihi) etc.; hec. 84, 826, 865 (dic mi), 356 (dic mihi) etc.; ad. 726(dic mihi) etc.

23 Per la clausola cfr. Sedul. Pasch. carm. I 242-243 (Heu miseri, quivana colunt, qui corde sinistro / religiosa sibi sculpunt simulacra); Hucb.Eln. carm. app. 31 (Quocirca quisquis legis haec non corde sinistro); anal.hymn. 33 (p. 329) nr. 273, 3 (Si sua verba cupis recto, non corde sinistro).Per l’interrogativa an latras cfr. Varr. sat. 217 Astbury (Quid est? quidlatras? quid rabis? quid vis tibi?).

Tale decens carmen, quod sic volet ut valet istud;8 qui cupit exemplum, captet hic egregium20.

Huc ego cum recubo, me taedia21 multa capescunt:10 an sit prosaicum, nescio, an metricum.

Dic mihi, dic, quid hoc est?22 An latras corde sinistro23?12 Dic, vetus auctor, in hoc quae iacet utilitas?

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 19

24 Didascalia non presente nel testo latino, ma necessaria per chiarirele ragioni dell’impiego del verbo volare nella battuta del delusor.

Un bel carme dignitoso è tale da volare come sa fare questo<(emette un ventris crepitus indicando il proprio dereta-no)>24; chi desidera un esempio, ne prenda qui uno davvero diprim’ordine. (8) Quando mi ci chino sopra, vengo pervaso daun grande senso di noia: non capisco nemmeno se si tratti diprosa o di versi. (10) Dimmi un po’, dimmi: che roba è? Forseabbai con animo sinistro? Dimmi, vecchio autore, che utilitàpuò trovarsi in questo? (12)

20 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

25 Per il verbo lacessere in clausola cfr. Ter. eun. 16 (Is ne erretmoneo, et desinat lacessere); Phorm. 11-13 (Minu’ multo audacter quamnunc laedit laederet / [et mage placerent quas fecisset fabulas]. (11a) /Nunc siquis est qui hoc dicat aut sic cogitet: / «Vetu’ si poeta non laces-sisset prior [...]»). Il verbo lacessere ritorna, sempre in clausola, ai vv. 52e 64 del conflictus in esame. Per l’abbinamento in clausola del verbolacessere con il sostantivo telum cfr. (con anastrofe) Stat. Theb. VIII 578(Tydea non timuit, fragilique lacessere telo).

26 Per l’inarcatura “epica” con effetto iperbatico fra il telum vibrato eil verbo reggente contorquere, cfr. Verg. Aen. VI 592-593 (At pater omni-potens densa inter nubila telum / contorsit). Per il nesso tela (…) turbidacfr. Verg. Aen. XII 283-284 (it toto turbida caelo / tempestas telorum acferreus ingruit imber); Sil. It. XV 296-297 (turbidus incessit telis [...] / [...]arva lacessens).

27 Per la clausola verba sonare cfr. corpus Tib. 6 (Lygd.), 36 (Necbene sollicitis ebria verba sonant); Mart. IX 32, 5 (Poscentem nummos etgrandia verba sonantem); Iuvenc. Evang. I 78 (Ut tua verba sonant, cer-nis servire paratam); Ermold. Nig. laud. Hlud. I 215 (Auribus in cuiusdulcia verba sonat); III 1367 (Vocibus alternis mutua verba sonant);Aedelw. Carmen de abbatibus 8, 42 (Excepto linguae plectro, quae verbasonare); Sedul. Scot. carm. I 12, 10 (Quartaque blandiloquax dulcia verbasonat); II 1, 28 (Tres veluti testes candida verba sonans).

28 Cfr. Ter. eun. 643 (Ubi ego illum scelerosum misera atque inpiuminveniam? Aut ubi quaeram?). La duplice interrogativa può avere influen-zato anche il v. 18, vista l’identità della clausola (ubi quaeram), pur neldifferente contesto metrico (vedi infra nota 32).

29 Cfr. Verg. Aen. VII 270 (generos externis adfore ab oris).30 Per il termine cachinnus in clausola cfr. Catull. 31, 14; 56, 2; 64,

273; Hor. ars 113; Ov. a. a. III 287; Pers. 1, 12; 3, 87 e a. Per l’abbina-mento risus / ridere – cachinnus cfr. Lucil. 696 (Ab eo risum magnumimprudens ac cachinnum subicit), Iuv. 3, 100-101 (rides: maiore cachinno/ concutitur), ma anche Lact. inst. I 21, 35 (cum risu et cachinnis) etc.

NUNC TERENTIUS EXIT FORAS AUDIENS HAEC ETAIT:

Quis fuit, hercle, pudens, rogo, qui mihi tela lacescens2514 turbida contorsit26? Quis talia verba sonavit27?

Hic quibus externis scelerosus28 venit ab oris29,16 qui mihi tam durum iecit ridendo cachinnum30?

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 21

UDENDO QUESTE PAROLE, TERENZIO ESCE FUORI E DICE:

Chi è stato, accidenti, mi domando, il galantuomo che, sfi-dandomi, mi ha vibrato questi violenti dardi? Chi ha intonatosiffatte parole? (14) Da quali remote contrade è giunto questofurfante che m’ha scagliato contro, a suon di risa, il suo sghi-gnazzo tanto zotico? (16) Quanto gravemente m’ha ferito il

22 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

31 Nella medesima posizione metrica (iaculo in cesura pentemimere)cfr. Verg. Aen. XI 574 (Institerat, iaculo palmas armavit acuto). Per ilverbo laedere vedi Ter. eun. 2 (Quam plurimis et minime multos laedere),nonché la diptotica clausola di Phorm. 11 (Minu’ multo audacter quamnunc laedit laederet).

32 Ter. Andr. 343 (Sed ubi quaeram? Quo nunc primum intendam?);vedi, soprattutto, per l’abbinamento indiziario di entrambi i verbirep(p)erire e quaerere (compresenti al v. 18 del Delusor), Phorm. 192(Sed ubi Antiphonem reperiam, aut qua quaerere insistam via?).

33 Per il nesso tantis (...) iris cfr. Verg. Aen. I 11 ([...] tantaene animiscaelestibus irae); Val. Flacc. III 27 (tantae non immemor irae). Per il sin-tagma se offerre obvius cfr. Ter. ad. 322 (oppido opportune te obtulisti miobviam), ove obviam è però avverbio; Verg. Aen. X 552 (Obvius ardentisese obtulit).

34 Per il verbo persolvere cfr. ad esempio Ter. Andr. 39 (Quod habuisummum pretium persolvi tibi). Per il costrutto debita (dona) persolverecfr. Cic. Phil. 11, 12, 29 (Poenas diis hominibusque meritas debitasquepersolvat).

35 Per un analogo uso del participio libratus (< libro) cfr. Cypr. epist.45, 3 (consilium [...] salubri ratione libratum) e 55, 3 (non sine librata diuet ponderata ratione).

Quam graviter iaculo mea viscera laesit acuto31!18 Hunc ubi repperiam, contemplor, et hunc ubi quaeram32.

Si mihi cum tantis nunc se offerat obvius iris33,20 debita iudicio persolvam34 dona librato35.

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 23

cuore col suo aguzzo strale! Ora vedo un po’ dove trovarlo,dove cercarlo. (18) Se mi si presentasse davanti ora, che sonoin preda a tanta rabbia, gli renderei pan per focaccia i doni chesi merita. (20)

24 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

36 Per il raro termine delusor cfr. Hier. comment. in ps. 1, 1 (Pro pesti-lentibus, in Hebraeo ‘delusores’ habet, quod scilicet omnes discipulosperversus doctor illudat); Cassiod. complex. in Iud. I 17 (Memores eosdicit esse debere, ultimis venire temporibus delusores); Alcuin. carm. III15, 8 (Mox perit infelix delusor luce secunda).

37 Ter. ad. 558 (Rogitas?); Andr. 828 (at rogitas?); eun. 366; 675; 794;897; 948; 1008. Cfr. inoltre Val. Fl. V 582 (“Quem rogitas, Carmeius” ait;[...]).

38 Per l’uso già plautino dell’imperativo cedo (che forma un pirrichio)in sede conclusiva di verso cfr., a titolo d’esempio, Ter. Phorm. 550 (quamob rem? Aut quidnam facturu’s? Cedo).

39 Secondo von Winterfeld (cit., p. XXI), in questo verso si ravvisauna lieve eco da Verg. Aen. II 704 (Cedo equidem nec, nate, tibi comes irerecuso) (il cedo incipitario [< cedere con la prima e lunga] sarebbe peraltro divenuto un cedo imperativo [con la e breve], slittando in posizionedi clausola al verso precedente [21]).

40 Cfr. Ter. Andr. 789-790 (Ne me attingas / sceleste); heaut. 312 (Eho,sceleste, quo illam duci’?); eun. 668 (Exi foras, sceleste).

41 Per il nesso conrodere / dentes cfr. Tertull. resurr. mort. 61, 1 (Sedaccepisti dentes ad macellum corrodendum), ma vedi anche Aldh. virg.1241 (corrosus dente leonis). Per l’impiego metaforico del lessico “denta-rio” cfr. Hor. serm. II 1, 77-78 (fragili quaerens inlidere dentem / offendetsolido). Cfr. in particolare, per la compresenza dei verbi conrodere e lae-dere nonché del termine dens, Phaedr. IV 8, 1 e soprattutto 6-7(Mordaciorem qui improbo dente appetit, / […] / “Quid me”, inquit,“stulta, dente captas laedere, / omne assuevi ferrum quae corrodere?”).Cfr. successivamente Gaufr. Monum. gest. reg. Brit. X 480-481 ([...] Curea dente / scabro corrodis?).

42 Per l’aggettivo temerarius cfr. Ter. Andr. 229 (Sane pol illa temu-lentast mulier et temeraria).

ECCE PERSONA DELUSORIS36 PRAESENTATURET HOC AUDIENS INQUIT:

Quem rogitas37, ego sum: quid vis persolvere? cedo38;22 huc praesens adero, non dona probare recuso39.

TERENTIUS:

Tune, sceleste40, meas conrodis dente41 Camenas?24 Tu quis es? Unde venis, temerarie latro?42 Quid istis

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 25

ECCO FARSI AVANTI IL PERSONAGGIO DELLO SCHERNITORE CHE,UDITO QUANTO DETTO, COSÌ RISPONDE:

Quello che stai insistentemente cercando, sono io. Cos’èche vuoi rendere? Avanti, su: me ne starò qui, di persona: nonrifiuto di provare questi tuoi... doni. (22)

TERENZIO:

Tu, canaglia, critichi mordace e corrosivo le mie operepoetiche? Ma chi sei? Donde vieni, temerario brigante?Perché, manigoldo, mi insulti con codeste (24) espressioni,

26 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

43 Ter. ad. 760 (adulescens luxu perditus). Da notare che lo stessodelusor, perditus secondo la risentita esclamazione di Terenzio, si defini-sce un adulescens tre versi dopo (28).

44 Nel manoscritto, dopo il v. 25 si legge la glossa: persona cuiusdamprudentis terentum est, sed clam dedecorat, corretta da von Winterfeld(Hrotsvithae Opera, cit., p. XXI) in: cuiusdam prudentis sententia est, sedclam detorta. Lo stesso editore spiega e motiva in questi termini il signi-ficato dello scolio: Quod ita et correxi, ut ‘prudentis cuiusdam sententiam’et ‘dicta procerum’ (v. 27 [= 25 nella presente edizione]) ad Vergilii ver-sum referrem, quo delusor usus erat, Aen. II 704.

45 Cfr. Ter. eun. 688 (vietu’ vetu’ veternosus senex).46 Tyro = tiro per ipercorrettismo grafico. Per l’antitesi vetus / tiro cfr.

Ov. a. a. III 565-556 (Ille vetus miles sensim et sapienter amabit / multa-que tironi non patienda feret) e, in età medievale, Wandalb. Prum. mens.nom. 128 (Tyronem vetus instituit doctrina, [...]).

47 Cfr. Lucan. IX 822 (Ecce procul saevus sterilis se robore trunci).48 Per il nesso fertilis arbor cfr. Verg. georg. IV 142 (Quotque in flore

novo pomis se fertilis arbos). Per l’abbinamento antitetico sterilis / fertiliscfr. Ov. fast. III 567 (Fertilis est Melite sterili vicina Cosyrae). Per la dit-tologia di aggettivi fertilis / opimus cfr. Cic. imp. Cn. Pomp. 6, 14 (Asiavero tam opima est ac fertilis); leg. agrar. orat. sec. 19, 51 (agros opimosac fertilis); domo sua 9, 13 (opimam fertilemque Syriam).

49 Cfr. Plaut. merc. 314 (Nam meo quidem animo vetulus, decrepitussenex); Cic. fin. V 14, 39.

vocibus et dictis procerum me, a! perdite43, caedis?4426 Tene, superbe, meas decuit corrumpere Musas?

PERSONA DELUSORIS:

Si rogitas, quis sum, respondeo: te melior sum:28 tu vetus atque senex45, ego tyro46 valens adulescens;

tu sterilis truncus47, ego fertilis arbor, opimus48.30 Si taceas, vetule49, lucrum tibi quaeris enorme.

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 27

con codeste parole che desumi dagli antichi maestri? Proprioa te, insolente, spetta di demolire le mie Muse? (26)

LO SCHERNITORE:

Se insisti a domandare chi sono, ti rispondo: uno miglioredi te. Tu sei un vecchio decrepito; io sono un gagliardo e gio-vane studente; (28) tu, uno sterile tronco, io un albero fecon-do, rigoglioso. A stare zitto, vecchietto, ci guadagnerai enor-memente. (30)

28 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

50 Cfr. Verg. Aen. IV 408 (Quis tibi tum, Dido, cernenti talia sensus).51 Questo verso risulta composto da soli cinque piedi; donde l’inte-

grazione di quaeso fra inest e numquid, proposta da Mointaiglon, accoltada Strecker e riportata in apparato da von Winterfeld.

52 Per il nesso fertilitas – fertilis / redundare cfr. Ov. her. IX (DeianiraHerculi) 95-96 (Quaeque redundabat fecundo vulnere serpens / fertilis[...]); per la struttura della clausola cfr. Ven. Fort. carm. III 24, 15(Promptus ad omne decus larga bonitate redundas).

53 Cfr. Ov. am. III 7, 15 (Truncus iners iacui, species et inutile pon-dus).

54 Per la locuzione fructu redundare cfr. Sedul. Scot. carm. II 25, 7 e76, 21 (Floridus ut palmes fructu redundet opimo; Floribus immo magisfructuque redundat opimo). Notare che l’aggettivo opimus in clausola sitrova anche al v. 29 del Delusor.

55 Per il verbo instigare cfr. ad es. Ter. Andr. 692; Phorm. 186; 547;969.

56 Cfr. dist. Cat. IV 18 (Cum sapias animo, noli ridere senectam; /nam quoicumque seni puerilis sensus inhaeret). Analogo concetto si trovaanche nel Mercator di Plauto, ai vv. 295-296 (Senex quom extemplo est,iam nec sentit nec sapit, / aiunt solere eum rusum repuerascere, cui ilsenex Demifone replica [297]: Immo bis tanto valeo quam valui prius).

TERENTIUS:

Quis tibi sensus50 inest? † Numquid melior me es?5132 Nunc, vetus atque senex quae fecero, fac adolescens.

Si bonus arbor ades, qua fertilitate redundas52?34 Cum sim truncus iners53, fructu meliore redundo54.

PERSONA SECUM:

Nunc mihi vera sonat; set huic contraria dicam. -36 Quid magis instigas?55 Quid talia dicere certas?

Haec sunt verba senum, qui cum post multa senescunt38 tempora, tunc mentes in se capiunt pueriles56.

TERENZIO:

Sei fuori di testa? E che? Tu saresti migliore di me?Allora,giovanotto, fa’ un po’ tu quel che ho fatto io, il vecchio decre-pito. (32) Ti presenti come un buon albero, ma di quale fertili-tà abbondi? Anche ammesso che io sia un tronco infecondo,sono ricolmo di frutti migliori. (34)

LO SCHERNITORE:

(Fra sé) Mi sta proprio cantando la verità, ma lo contrad-dirò.(Ad alta voce)57 Perché mi aizzi e mi stuzzichi ancor più?

Perché ti sforzi in questa contesa verbale? (36) Queste sonoparole da vecchi, che, con l’avanzare dell’età, tornano a ragio-nare come bambini. (38)

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 29

57 Altra didascalia non presente nel testo, ma da esso presupposta –come al v. 49 – (vedi già E. Franceschini, cit., nota 1 p. 42)

30 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

58 Cfr. Ov. met. XIII 700 (Hactenus antiquo signis fulgentibus aere);Milo Eln. sobr. II 1 (Hactenus antiquos descripsi carmine patres).

59 Per il tema tradizionale della veneranda senectus, al di là del Catomaior ciceroniano, cfr. Lucan. IX 987 e X 323 (veneranda vetustas);Maxim. 2, 65 (Sit gravitas sitque ipsa tibi veneranda senectus); Drac.Romul. 8 (De raptu Helenae), 236-237 (veneranda senectus / praecipitemfrenat monitis per cuncta iuventam); Coripp. Iohann. VII 202.

60 Verso stilisticamente ovidiano, che contamina abilmente met. XV780 (Verba iacit superosque movet) con met. XIII 9-10 (Tutius est igiturfictis contendere verbis, / quam pugnare manu). La medesima clausolacontendere verbis si rinviene anche in dist. Cat. I 10 (Contra verbosos nolicontendere verbis) – esametro ripreso ad verbum da Alcuino (carm. 62, 99Contra verbosos noli contendere verbis) – e in dist. Cat. II 11 (Adversumnotum noli contendere verbis).

61 Per la clausola verba cierent cfr. Val. Flacc. III 155-156 (ultima fru-stra / verba ciens). Nel verso del Delusor i verba sono soggetto e nonoggetto del verbo ciere.

62 Ter. ad. 556 (Quid ille gannit? Quid volt? Quid ais, bone vir? Estfrater domi?).

TERENTIUS:

Hactenus antiquis58 sapiens venerandus59 ab annis40 inter et egregios ostentor et inter honestos.

Sed mihi felicem sapientis tollis honorem,42 qui mihi verba iacis et vis contendere verbis60.

PERSONA:

Si sapiens esses, non te mea verba cierent61.44 O bone vir62, sapiens ut stultum ferre libenter,

obsecro, me sapias; tua me sapientia firmet.

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 31

TERENZIO:

Dai tempi antichi sino ad oggi, fra le persone tanto distin-te quanto oneste sono indicato come un saggio venerando. (40)Ma ora tu mi togli quest’onore che mi appaga, quello d’esse-re un saggio, tu che mi scagli contro parole e a parole vuoicontendere. (42)

LO SCHERNITORE:

Se tu fossi davvero saggio, le mie parole non ti irriterebbe-ro. Ti prego, buonuomo, sappi da saggio sopportare di buonanimo uno stolto come me; (44) possa la tua saggezza confor-tarmi...

32 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

63 Per il sintagma lacerare carmina cfr. Ov. ex P. IV 16, 1 (Invide,quid laceras Nasonis carmina rapti?).

64 Per analoghi contesti minatorî, ovviamente iperbolici, cfr. Ter. ad.317 (Ut cerebro dispergat viam); 571 (Dimminuetur tibi quidem iam cere-brum); 782 (An tibi iam mavis cerebrum dispergam hic?). La clausolaarma cerebro è di stampo epico: cfr. Val. Flacc. IV 153 (Constituit, tan-dem ut misero lavet arma cerebro); Il. Lat. 481 (Hic iacet exanimis fusosuper arma cerebro). Nel manoscritto, in luogo di arma cerebro si leggearmice erebro. La correzione è merito di Magnin. Come informa vonWinterfeld in apparato alla sua edizione (cit., p. XX), Traube ha fatto nota-re che, da un punto di vista paleografico, la sostituzione di ic in luogo dia è un tipico tratto della grafia Corbeiensis; questo elemento paleografico,come diremo più avanti, consente allo studioso di datare recto iure il com-ponimento intorno al X secolo.

65 Per il nesso manus / implicare in enjambement cfr. Stat. Theb. X718-719 ([...] Sic colla manusque tenebat / implicitus).

66 Ter. Andr. 208 (Quae si non astu providentur, me aut erum pessumdabunt) (= Phorm. 181a).

67 Cfr. Verg. Aen. VI 417-418 (Cerberus haec ingens latratu regna tri-fauci / personat). Il latratus belluino del Cerbero virgiliano si può mettereinoltre in connessione con le due locuzioni “latras corde sinistro” (delus.11) e “verba latrando” (delus. 57).

68 Cfr. Ter. eun. 688 (Hic est vietu’ vetu’ veternosus senex). Notevoleil fatto che in questo verso, oltre a veternosus (veternus nel Delusor), sitrovino anche l’aggettivo vetus e il sostantivo senex, entrambi impiegatidal personaggio del delusor per descrivere Terenzio. Veternus in clausolaè già in Virgilio (georg. I 124 Nec torpere gravi passus sua regna veter-no) e in Orazio (epist. I 8, 10 Cur me funesto properent arcere veterno).

69 Per il diptoto verbale in clausola cfr. Ter. heaut. 624-625 (vin meistuc tibi, etsi incredibilest, credere? / Credo).

TERENTIUS:

46 Cur, furiose, tuis lacerasti carmina63 verbis?Me retinet pietas, quin haec manus arma cerebro64

48 implicet65 ista tuo: pessumdare66 te miseresco.

PERSONA SECUM:

Quam bene ridiculum mihi personat67 iste veternus.68-50 Te retinet pietas? Non fas est credere, credo69.

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 33

TERENZIO:

Perché, forsennato, con le tue parole hai fatto scempio deimiei carmi? (46) La pietà mi trattiene dall’affondarti di miopugno nel cervello quest’arma: la compassione che provo mifrena dal rovinarti. (48)

LO SCHERNITORE:

(Fra sé) In che modo ridicolo mi strepita contro ’sto vec-chio bacucco!(Ad alta voce) Ti trattiene la pietà? Non è possibile creder-

lo, credo. (50)

34 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

70 Cfr. Vulg. Iohann. 20, 17 (noli me tangere).71 Per il nesso sanguine tela cfr. Ov. met. VIII 444 (Caede recalfecit

consorti sanguine telum); rem. 26 (Sed tua mortifero sanguine tela carent);trist. IV 6, 34 (Quam cui tela suo sanguine tincta rubent); ibis 54 (TinctaLycambeo sanguine tela dabit).

72 Cfr. Sen. rh. controv. X 1, 4 (cur me sequeris?).73 Per il verbo lacessere vedi il v. 13 con la relativa nota. Il sintagma

ludendo lacessis sembrerebbe risentire del concomitante influsso di Plaut.Poen. 296 (Enim vero, ere, meo me lacessis ludo et delicias facis).

74 L’immagine del daino in fuga è biblica: Is. 13, 14 (et erit quasidammula fugiens). Cfr. però anche Dracont. laud. Dei I 279 (Et rabidostimuit discurrens damna molossos). In Virgilio il leo non è mai horrendus,bensì horrens (Aen. IX 306-307 horrentisque leonis / exuvias), mentre nonmancano pavide dammae, specie se inseguite: georg. III 539 (timidi dam-mae cervique fugaces). Per l’abbinamento damna / leo cfr. Ov. halieut 4(Sic damnae fugiunt, pugnant virtute leones). Il nesso horrendus leo sitrova, con valore astronomico, in Manil. II 666 (Horrendus Leo, necmetuit sine conpare quemquam).

75 Cfr. Ov. am. I 4, 35; her. 8, 93.76 Per lentescere (= diventar vischioso, appiccicaticcio) cfr. ad

es.Verg. georg. II 250 Sed picis in morem ad digitos lentescit habendo(scil. pinguis tellus). In età medievale cfr. Sedul. Scot. carm. I 16, 7(Plumbeus ut pugio gladius lentescit acutus). Tenendo conto della glossadi Ainardo: Lentesco est adhaereo vel flecto (ed. P. Gatti, p. 83, r. 64), laminaccia di percossa manesca da parte della persona Terentii può esseremessa a confronto con l’analoga minaccia di Eschino negli Adelphoe(171): Ne mora sit, si innuerim, quin pugnu’continuo in mala haereat.

Me, peto, ne tangas70, ne sanguine tela71 putrescant.

TERENTIUS:

52 Cur, rogo, me sequeris?72 Cur me ludendo lacessis?73

<PERSONA>:

Sic fugit horrendum praecurrens damna leonem74.

<TERENTIUS>:

54 Vix ego pro superum teneor pietate deorum,ad tua colla75 meam graviter lentescere76 palmam.

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 35

77 Ho aggiunto questa terza didascalia per rendere più esplicitol’aspetto sarcastico della supplica del delusor, nient’affatto intimorito daltono minaccioso (e un po’ sguaiato) del senex iratus Terenzio.

(Ironico)77 Non toccarmi, te ne prego, perché le armi nonsi sciupino, insudiciandosi nel sangue!

TERENZIO:

Perché, domando, mi perseguiti? Perché mi provochi coituoi motteggi? (52)

<LO SCHERNITORE>:

Così la gazzella sfugge al leone che la terrorizza, corren-dogli innanzi.

<TERENZIO>:

A stento la pietà verso gli dèi del cielo mi trattiene (54) dal-l’appiopparti di mia mano sul collo un violento ceffone.

36 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

78 Espressione tipicamente plautina, ma assente in Terenzio: cfr. asin.306; Cas. 115; 634; Epid. 28; 333; merc. 161 etc.. Cfr. anche Ov. ibis 205;418; Mart. II 60, 3; IV 28, 7; V 33, 2; Alcuin. carm. 32, 24.

79 Cfr. Ter. Phorm. 667 (His rebu’ pone sane [...] decem minas) oveperò il termine minae indica le monete e non le omonime minacce cui siriferisce il delusor. Ponere minas nel senso di “smettere di minacciare” ècostrutto per altro abbastanza comune (cfr. Prop. I 10, 26 Nec meminitiustas ponere laesa minas).

80 Cfr. forse Ov. ibis 232 (Latrat et in toto verba canina foro).81 In posizione incipitaria anche in Ter. Andr. 424; hec. 358; ad. 168,

175, 587, 854.82 Il verbo vapulare, nel senso di “ricevere percosse”, “prendere

botte”, è tipicamente comico. Cfr. a titolo d’esempio Ter. eun. 742; Phorm.249; ad. 159; 213.

83 Cfr. Ter. hec. 427 (quod nunc minitare facere).84 Per il sintagma pati (...) verba cfr. Plaut. Men. 978 ([...] nam magi’

multo patior faciliu’ verba: verbera ego odi).85 Il v. 60 e il primo emistichio del v. 61 sono ricalcati, con le due

sostituzioni sinonimica puer / iuvenis e metonimica color / iuventa, suVerg. buc. 2, 17-18 (O formose puer, nimium ne crede colori! / Alba ligu-stra cadunt, vaccinia nigra leguntur).

86 Per l’antitesi cadere / resurgere cfr. Prop. IV 1, 87 ([...] Troia cades,et Troica Roma resurges) e, soprattutto, Theodul. Arel. carm. I 249 (Menselata cadit hominis, prostrata resurgit).

PERSONA:

56 Vae tibi78, pone minas79: nescis quem certe minaris.Verba latrando80, senex cum sis vetus, irrita profers.

58 I81, rogo, ne vapules82 et, quod minitare83, reportes;nunc ego sum iuvenis: patiarne ego verba vetusti?84

TERENTIUS:

60 O iuvenis, tumidae nimium ne crede iuventae:saepe superba cadunt85 et humillima saepe resurgunt86.

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 37

LO SCHERNITORE:

Guai a te, piàntala con le minacce; di certo non sai chi staiminacciando. (56) Con i tuoi latrati, vecchio decrepito comesei, non fai che sproloquiare a vanvera. Vattene, per favore, senon vuoi esser conciato per le feste, beccandoti tu quel cheminacci ripetutamente; (58) ora che sono giovane dovrò tolle-rare le parole d’un vecchio barbogio?

TERENZIO:

Giovincello, non confidare troppo nella tua tronfia giovi-nezza: (60) spesso le cose superbe crollano e le più abiettespesso si risollevano. Oh, se avessi in petto le forze d’un

38 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

62 O, mihi si veteres essent in pectore vires87,de te supplicium caperem88 quam grande nefandum.

64 Si mihi plura iacis et tali voce lacessis89,P (...)

87 Clausola epica: Il. Lat. 705 (Miserat, ut Danaum sollerti pectorevires); gesta Bereng. imp. II 21 (Et cultus similis patriaeque in pectorevires). Cfr. però anche Paul. Nol. carm. 6, 54 (Te maior sacras invicto inpectore vires). Cfr. in età medievale anche Paul. Diac. carm. 22, 25 Neff(Sunt illi invalidae pavitanti in pectore vires); Flor. Lugd. carm. 6, 14(Quis satur invictas adipiscar pectore vires); Milo Eln. vita Amand. IV254 (Quatinus invictas retinentes pectore vires). Per l’espressione veteres(...) vires cfr. invece Ov. met. VII 81 (in veteres agitata resurgere vires);her. 15, 197 (Non mihi respondent veteres in carmina vires).

88 Cfr. Ter. Andr. 623 (Quom non habeo spatium ut de te sumam sup-plicium ut volo); heaut. 138 (Interea usque illi de me supplicium dabo).

89 Cfr. Verg. Aen. X 644 (Inritatque virum telis et voce lacessit).Notare la strategica sostituzione paronomastica (con anastrofe) et tali /telis et; buc. 3, 51 (Efficiam posthac ne quemquam voce lacessas). Vedianche le note 25 e 73.

tempo, (62) con che grande indicibile punizione te la fareipagare! Se seguiti a scagliarmi ulteriori insulti e a provocarmicon espressioni di questo tipo...(...)

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 39

Al di là di ogni legittima valutazione critica sull’effettivariuscita artistica e sull’intrinseco valore poetico di questoincompleto opusculum dialogico, la sua importanza traspareindubbia sin da una prima lettura. Ci troviamo di fronte a untesto sorprendente e complesso, la cui rilevanza non si esauri-sce nel dialogo emulativo tanto con la consolidata auctoritasterenziana quanto con altri “mostri sacri” (Virgilio in testa)della tradizione letteraria classica (e non solo), continua fontecui attingere spunti linguistici, iuncturae, nonché nuclei con-cettuali sviluppati con originalità in modo ora mimetico orasottilmente antifrastico e speculare. Nel Delusor, l’antiquissapiens venerandus ab annis (39) Terenzio smette, seppurprovvisoriamente, di essere un accreditato simulacro nomina-le cui fare riferimento testuale in materia d’una moralità sen-tenziosa laicamente incentrata sullo scandaglio della nozionedi humanitas in senso lato, per prendere, come per incanto,possesso d’una vita e d’un volto del tutto nuovi.Attraverso la trasfigurante e, per così dire, incresciosa

assunzione dell’imprevisto ruolo del sosia anagrafico del suoanziano censor rivale (e forse anche delusor) d’un tempo,ossia il malevolus vetus poeta Luscio Lanuvino, Terenzio hamodo, per la durata d’un acceso diverbio, di tramutarsi in unpersonaggio in cerca non “d’autore”, essendo un auctor eglistesso, bensì di una metastorica conferma “curriculare”: unaratifica canonizzante a dire il vero non proprio indispensabi-le, poiché già sancita dalla storia in modo definitivo a partireper lo meno dagli Exempla elocutionum di Arusiano Messio,con la loro esemplare quadriga (Terenzio, Sallustio, Virgilioe Cicerone)90.Vediamo ora preliminarmente di esaminare per sommi capi

le singole posizioni critiche espresse dagli studiosi che si sono

40 Un conflictus terenziano del X secolo: ilDelusor

90 Per un’edizione di quest’opera cfr. Arusiano Messio, Exempla elo-cutionum, a cura di Adriana della Casa, Milano 1977.

occupati a vario titolo del Delusor, dai primordia ottocente-schi sino alle più recenti soluzioni prospettate da Maria DeMarco e Claudia Villa.

Capitolo I INTRODUZIONE E TESTO 41