Giovanni Casertano - La nascita della filosofia vista dai Greci

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Transcript of Giovanni Casertano - La nascita della filosofia vista dai Greci

  • il giogo

    17

    Collana diretta da Luca Greccm

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    Eschllo, Frammento 267.

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  • In copertina:

    Trono Ludovisi. Rilievo centrale, manno. 460-450 a,C, circa,

    Museo Nazionale Romano.

    GIOVANNI CASERTANO, La nascita della filosofia vista dai Greci. Prima ed, "Il Tripode srlfl, Napoli, 1977.

    In appendice: Pu ancora Talete essere considerato ilI/primo filosofo"?

    ISBN 88-7588-013-1

    Copyright 2007 J6I1 ,di"", ~)ffde p/Mance Via di Valdibrana 311 - 51100 Pistoia Tel.: 0573-480013 - Fax: 0573-480914

    C. c. postale 44510527

    www.petiteplaisance.it e-mail: [email protected]

    Chi non spera quello che non sembra sperabile

    non potr scoprirne la realt, poich lo avrjatto diventare,

    con il suo non sperarlo, qualcosa che non pu essere trovato

    e a cui non porta nessuna strada. ERACLITO

    Giovanni Casertano

    LA NASCITA DELLA FILOSOFIA

    VISTA DAI GRECI

    In appendice

    Pu ancora Talete essere considerato il "primo filosofo"?

    'div1~n

  • PREMESSA A QUESTA EDIZIONE

    Anche nella storiografia filosofica, e quindi anche nella storiografia 'sulI'antico, ci sono le mode. Ci sono, vero, alcuni autori (esempio facile: Platone, Aristotele ... ) sui quali, e fin dal loro tempo, non si sono mai interrotte le ricerche, le problematizzazioni, le messe a punto, le revisioni, ma ci sono anche alcuni autori ed alcune tematiche che hanno conosciuto, nell'interesse degli storici, invece che un andamento continuo, un andamento ondilineo, e quindi con creste e gole. Ci significa che gli studi su questi ultimi sono il semplice effetto di quelle mode? A volte s e a volte no; il pi delle volte no. E infatti poi, passato un certo tempo, essi ritornano alla ribalta, vengono ripresi e portati avanti in nuovi orizzonti e in nuove prospettive (ed a volterimaniiono nel mirino degli storiografi, altre volte scompaiono ancora).

    Un problema che appassion molti studiosi dell' antico e fu molto dibattuto nella seconda met degli anni Settanta del Novecento fu quello della "nascita della filosofia". Era un problema complesso, perch interessava varie angolature e varie tematiche: se la filosofia nata, in cosa si distingueva da altre forme di cultura, o meglio di culture ad essa precedenti e contemporanee; se nata in Grecia oppure nell'Oriente antico; quando e con chi nata; perch nata. Problemi, come si vede subito, che per essere sviscerati esigevano competenze diverse e complementari, come la filosofia, certo, ma anche la letteratura, e non solo quella greca, ma anche, almeno, quella egiziana e quelle mesopotamiche, le arti visive, l'archeologia. Problemi, insomma, che per essere affrontati e discussi avrebbero avuto bisogno di un impegno autenticamente e non superficialmente interdisciplinare. Impegno che, credo ancora oggi, o non vi fu o fu scarsamente perseguito. Ma credo di poter dire ancora un' altra cosa: in quei lavori di trenl'anni fa, alcuni dei quali indubbiamente eccellenti, mancava una prospettiva a mio avviso essenziale, quella dei diretti interessati, cio quella dei Greci. Cio, ammesso dai pi che la filosofia era nata in Grecia, e quindi che i primi veri filosofi furono i Greci, non si era tenuto conto di ci che i Greci stessi avessero pensato della loro "filosofia"; e ammesso che i rapporti culturali di quei primi "filosofi" greci con le culture orientali fossero

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  • Premessa a questa edizione

    stati certamente rilevanti, che cosa pensavano i Greci stessi di questo loro udebito" con l'Oriente.

    Questi furono i due interrogativi principali che mi posi trent'anni fa. Ed il lavoro che ne risult fu un tentativo non tanto di rispondervi esaurientemente, quanto di aprire una via di ricerca importante ma poco battuta. Se lo ripropongo oggi, cos come apparve, perch credo, innanzi tutto, che quel problema sia ancora vitale per chi si svolge indagini di storia della filosofia, e di storia della filosofia antica, ma anche perch la prospettiva e le problematiche entro le quali esso si collocava potrebbero essere ancora feconde di nuove ricerche e di nuovi risultati, non inutili alla coscienza storiografica dell'oggi. In appendice, con lo studio su "Talete primo filosofo", * propongo invece un primo tentativo di saggiare nel concreto quella metodologia e quell' orizzonte ermeneutico che nel libro avevo seguito ed inseguito. Come trent'anni fa, ancora una proposta e non soluzioni definitive.

    Debbo infine ringraziare l'Editore, ed in particolare Luca Grecchi, per 1'occasione che mi hanno gentilmente offerto. E, come trent'anni fa, dedico questo lavoro purtroppo non pi ai miei genitori, ma alla loro memoria.

    GIOVANNI CASERTANO

    * Apparso.c?n il titolo .pu ancor~ Talete ~ssere considerato il "primo filosofo"? in Miscellanea di studi claSSICI m onore di E. Manm, GiorgIO Bretschneider, Roma 1980, Tomo II, pp. 395-411.

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    A MO' D'INTRODUZIONE

    Questo lavoro nato dall' esigenza di sottolineare un aspetto del problema della "nascita della filosofia" e delle" origini o fonti orientali" della filosofia greca. Se vero, come noi crediamo, che non si pu pretendere di capire il presente - e tanto meno il futuro - se non si capisce ed assimila il passato, e se vero, come anche crediamo I che quest'opera di riflessione e di assimilazione non mai un' opera compiuta, che raggiunge risultati definitivi, perch in ultima analisi un' opera che affonda le sue radici in esigenze sociali e individuali che cambiano continuamente, in un "tempo presente" che continuamente impegna l'uomo a trarre nuove lezioni da quel mondo opaco che il suo passato, ad illuminarlo di nuove luci per poter pi consapevolmente proiettarsi nel Usuo" futuro; se tutto questo vero, non ci sembra inutile, ancora oggi, una rimeditazione sul senso e sulle prospettive della filosofia.

    Oggi si parla di "morte della filosofia", e se ne parla in sensi molto diversi; si va - attraverso varie sfumature ed accentuazioni - da posizioni che riprendono certi accenni e spunti di Marx e di Engels a posizioni che ripropongono certe vecchie contrapposizioni tra sapere mondano-diabolico-filosofico e sapere spirituale-divino-religioso. Noi non vogliamo entrare qui in questa disputa; ma nemmeno vogliamo fare una difesa della" categoria" filosofia, esaltandone il suo eterno valore nel campo teoretico-conoscitivo o in quello pratico-morale. Vogliamo soltanto osservare che se la filosofia morta o destinata a morire, essa deve essere pure in un certo tempo e da certi genitori nata: anche in questa prospettiva ci sembra quindi legittima una ricerca in tal senso. E nell'ambito del nostro discorso, pur se non li richiamiamo direttamente (ma sono fatti a bella posta), molti sono i raffronti, i richiami, le analogie, le allusioni - polemiche o no - a posizioni culturali, a tesi, a dottrine, a dibattiti dell'oggi: non sar difficile per il lettore scoprirli. Crediamo, in altre parole, che qualsiasi fatto, qualsiasi evento vada storicizzato, cio considerato e analizzato storicamente: non tanto importante lo spiegare e il dimostrare semplicemente - razionalmente - che la filosofia muore, nel XX secolo dopo Cristo, dopo esser nata nel V secolo avanti Cristo,

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  • LA NASCITA DELLA FILOSOFlA VISTA DAI GRECI

    quanto il mostrare come e perch, con quali caratteristiche e con quali motivazioni, in base a quali esigenze e a quali finalit, all'interno di quell'irreversibile processo dinamico-temporale che la realt nella sua totalit, si potuto parlare e si parla della nascita o della morte della filosofia.

    Tuttavia, il nostro saggio non una risposta a queste esigenze, e non soltanto perch si pone il problema della nascita e non quello della morte. Diciamo che una preparazione a certe risposte. La lettura del passato avviene sempre - e, non pu non avvenire - attraverso cerfi occhiali che non ci dato mai, tanto fanno parte di noi stessi, toglierci dal naso; ci nonostante crediamo sia doveroso - e possibile - spogliarci di quell'ottica che oggi comincia finalmente ad esser considerata poco credibile e che consiste, per usare un'espressione di Jean Bernhardt, in una lettura all'indietro della storia. Questo tipo di lettura, che non a caso stata tanto usata da una certa storiografia storicistico-idealistica, vede dovunque "precursori" e filosofie del u non ancora" e comunque un "processo", in positivo o in negativo, che ineluttabilmente porta all'oggi. Cio porta alla propria "filosofia", soltanto a partire dalla quale possibile ripercorrere retrospettivamente e veritieramente il passato e collocare ogni cosa - ogni dottrina, ogni teoria, ogni filosofo - nella sua giusta casella. Ma possibile, allora, pur rimanendo in tutto e per tutto uomini del nostro tempo, evitare questo scoglio? Crediamo di s; e crediamo che l'unica via sia quella di un contatto diretto con le fonti. Non alla maniera heideggeriana, si badi, nella quale l"'oggi" e il "proprio" finiscono per soffocare, pur mentre dichiarano di valerIa esaltare, 1'autenticit, delle fonti dell'ieri e dell' altro; bens attraverso una rilettura dei documenti da un lato diretta e immediata, dall' altro slorica nel senso pi pieno del termine, e cio cosciente delle molte mediazioni e dei vari piani attraverso i quali deve muoversi !'indagine storiografica per cogliere nella massima possibile "verit" il fatto, il documento, il personaggio. Questo tipo di riconsiderazione e di rimeditazione del passato consente, se non altro (e specialmente quando andiamo ad esaminare fatti tanto complessi quali quello, appunto, della nascita di quel fenomeno culturale che chlamiamo filosofia), di evitare due pericoli. Da un lato, quello, cui abbiamo accennato, di trasferire nel passato tematiche e problematiche che del passato non erano, ma appartengono al presente o ad epoche diverse da quella che prendiamo in esame, cadendo cos in una sorta di Il anacronismo" che non tanto di date, di tempi o di fatti, quanto di impostazioni culturali e di atteggiamenti

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    A mo' d'introduzione

    mentali; dall' altro, quello di schematizzare e semplificare - sotto la spinta del bisogno, pur legittimo, di individuare e caratterizzare gli elementi specifici di una situazione culturale - una realt che si dimostra sempre molto pi complessa delle nostre ricostruzioni. Naturaimente, non agevole assolvere un tale compito. Crediamo anzi che possa esser assolto soltanto da un'indagine che sia autenticamente e non epidermicamente interdisciplinare. Ecco perch abbiamo detto che in fondo questo nostro

    . lavoro non presenta risposte, ma solo prepara a certe risposte. Anche in relazione, cio, al problema particolare che ci eravamo proposto (la nascita della filosofia e il rapporto della filosofia greca con le culture orientali) abbiamo dovuto operare una scelta di prospettiva e ci siamo posti delle limitazioni. La scelta stata quella di affrontare il problema dal punto di vista, diciamo cos, dei Greci: visto che tutta la storiografia sulla nascita della filosofia si muove grosso modo intorno a un certo secolo ed intorno a certe dottrine - per dare una risposta positiva o negativa al problema, non conta dal nostro punto di vista - ci siamo chiesti cosa pensassero dell' argomento gli stessi personaggi cui essa si riferiva. Naturalmente, e in parte anche, per lo stato delle stesse fonti prese in esame, dal VI al IV secolo a.c., mentre per alcune dottrine il discorso stato pi ampio, per altre si son fatti solo degli accenni. Le limitazioni, invece, riguardano il materiale preso in esame; specialmente per quanto riguarda il rapporto con le culture orientali, ci siamo fermati ad alcuni "sondaggi": per il V secolo a.c. ad Erodoto e Tucidide, per il IV a Platone ed Aristotele, per il I a Diodoro, per il I secolo d.C. a Plutarco, per il II-III a Clemente e Numenio. Semplici sondaggi, come si vede, ma, almeno speriamo, abbastanza significativi. Siamo quindi perfettamente convinti che il discorso non completo e dovrebbe essere approfondito - e anche soltanto nell' ambito del taglio che vi abbiamo dato -; cos come siamo convinti che le stesse conclusioni cui siamo pervenuti debbano essere considerate piuttosto aperte e problematiche, come del resto ci siamo sforzati di presentarle, che risolutrici e definitive. Contiamo, comunque, di riprendere il discorso. Confidiamo, per, che esso non risulti inutile; se non altro, come invito a tener presente e nella considerazione che merita (nel dibattito storiografico sulle origini della filosofia) una prospettiva non secondaria e non sottovalutabile: e cio la coscienza che ebbero di se stessi i "filosofi" di cui noi oggi parliamo.

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  • LI. L'ARGOMENTO

    (E IL SUO COMPLICARSI)

    Il problema delle "origini della filosofia" o della "nascita della filosofia" innanzi tutto ... un problema, nel senso che non una falsa questione o una questione mal posta, ma di esso si possono con maggiore o minore precisione individuare e definire i termini, si pu impostare uno sviluppo, abbozzare o dare una soluzione. Questo lavoro in effetti stato fatto e continua ad esser fatto: egregi studiosi, nell' affrontare questa questione, hanno offerto, alla storiografia filosofica ed alle ricerche di storia della cultura e di storia delle civilt, materiali abbondantissimi, hanno individuato connessioni insospettate, hanno compiuto riflessioni profonde. Molti preconcetti sono stati abbattuti o per lo meno messi in crisi, molte prospettive rivoluzionarie sono state aperte. La sola notazione che vorremmo fare, per ora, che nel quadro di questa storiografia sono davvero molto pochi i punti che si possono dire generalmente acquisiti ed accettati e sono molto poche le tesi che non hanno trovato delle controtesi altrettanto validamente e appassionatamente enunciate e difese. Se c' chi ha parlato della "nascita" della filosofia in Grecia, c' d'altra parte chi ha parlato di una" filosofia" prima dei Greci; se la filosofia stata presentata come la rottura del discorso mitologico, essa stata anche presentata come l'erede naturale del mito; se si visto nella filosofia, al suo sorgere, il porsi del problema metafisico, si altres visto in essa l'affacciarsi del pensiero scientifico.

    Tutto ci certamente naturale e pienamente legittimo. Se vero, come gi chiaramente aveva detto Hegel, che non possibile fare storia della filosofia senza avere un concetto di cosa sia la filosofia,! perch per poter individuare e riconoscere nelle sue manifestazioni 1'oggetto del nostro discorso dobbiamo ben possedeme gi il concetto,' la diversit delle tesi e delle prospettive circa il nostro problema si spiega certamente con la diversit dei punti di vista, su che cosa sia la filosofia, da cui i vari studiosi si sono posti. Ebbene, indubbio che questa molteplicit di punti di vista rispecchia tendenze e situazioni storiche, atteggiamenti culturali, posizioni personali; altrettanto indubbio, per, che essa debba essere

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  • LA NASCITA DELLA FILOSOFlA VISTA DAI GRECl

    sempre tenuta presente - ma in lutti i piani sui quali si articola - da chiunque affronti il problema pi importante di ogni ricerca storiografica e cio proprio del suo spessore storico. Chi discute, critica o accetta tesi e prospettive - su questo come su qualunque altro problema - deve certamente giudicare non semplicemente con l'adottare il criterio del ci che vero e ci che falso, ma anche e soprattutto conYindividuare le matrici storiche e culturali sul cui sfondo emergono appunto un vero e un falso.

    Facciamo un esempio concreto. In un punto dell'Estetica,3 Hegel riferisce il famoso passo del Protagora platonico,' noto comunemente come Mito di Protagora. Il mito, raccontato da Protagora, narra della nascita delle specie mortali ad un certo punto della storia della terra e dei cieli, e come gli di decidessero di attribuire alle singole specie le forze e le qualit necessarie alla vita. Il compito fu affidato a Prometeo ed Epimeteo; quest'ultimo chiese ed ottenne dal fratello di eseguire lui questa ripartizione. Ma quando Prometeo ispezion l'opera del fratello, . not che tutti i viventi erano stati dotati del necessario, ma l'uomo era rimasto nudo, indifeso e senza protezione. Allora Prometeo sottrasse agli di la saggezza di Efesto e di Atena - il fuoco - e ne fece dono agli uomini. Con ci era data all'uomo la possibilit della vita ma non l'arte politica. Allora Zeus, temendo che la nostra specie perisse completamente, invi Ermes a portare agli uomini - a tutti gli uomini-rispetto e giustizia (alMl e OLK'l), uniche garanzie per la vita sociale. Dopo aver riportato il mito, Hegel cos conclude: In questi passi esplicitamente sottolineata la differenza fra i fini immediati della vita, . che si riferiscono al benessere fisico, alla cura di soddisfare i bisogni diretti, e !'istituzione dello Stato, che fa a suo fine lo spirituale, i costumi, la legge, il diritto di propriet, la libert, la vita comune.' Orbene, allo studioso di storia della filosofia che si ponga dinanzi queste pagine hegeliane, non pu sfuggire la necessit di muoversi per lo meno su tre piani: 1) il discorso di Protagora; 2) il discorso di Platone; 3) il discorso di Hegel (ad essere ancora pi precisi, a questi tre piani se ne aggiungerebbe anche un quarto, che il nostro, cio del lettore di quelle pagine: dell'interesse che lo ha mosso a le!;gerle, delle finalit implicite od esplicite che lo hanno guidato, delle tendenze e delle direzioni che assume il suo discorso storico). Ciascuno di questi tre piani presenta una sua (relativa) autonomia ed una complessit maggiore o minore, ed certamente compito dello storico cercare di individuarle e definirle con la maggior chiarezza possibile, se non vuoI cadere in equivoci ed attribuire

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    L'argomento (e il suo complicarsi)

    all'uno quello che dell' altro e viceversa. E infatti la distinzione tra benessere fisico e io spirituale, tra i bisogni diretti dell'uomo e !'istituzione dell~ Stato col diritto di propriet e la libert, che Hegel vede COSI esplicitamente sottolineata nei passi riportati, se certamente funzionale al discorso che Hegel in questo punto sta facendo sul processo di formazione dell' arte classica, in particolare sulla lotta fra gli di antichi e nuovi, e in generale alla sua teoria sul sorgere e sulla funzion.e dello Stato, non d'altra parte riscontrabile intutto il contesto ~latomco, nel quale la preoccupazione fondamentale dI Socrate-Platone e quella della dimostrazione della non-insegnabilit della virt e della soluzIOne del problema dell'unicit della virt, o della relazio~e tra la virt. e le sue parti. Cos pure fuor di dubbio che la problematIca dello spmtuale. o del diritto di propriet, come appartiene ad H~gel e non a Platon~ - u: questo punto -, a maggior ragione no~ appartiene a Protagora, Il cm fine precipuo era un altro ancora e clOe quello dI rIvalutare un. vOlAo sulla linea di una qnJOL non costretta e compressa ma potenzIata ed ordinata.

    Ritornando al nostro problema, anche in esso bisogna distinguere allora almeno due piani, variamente complessi ed articolati al loro interno: 1) chi ha posto (quando lo ha posto, come lo ha sviluppato, come lo ha risolto e perch) il problema della nascita della filosofia i~ Grecia e delle sue origini (o fonti) orientali; 2) che cosa hanno pensato I Greci della loro

  • I. 2. NOTE DI METODO: HEGEL

    Se intendiamo soffermarci per un momento sulle posizioni di Hegel, Windelband e Zeller, perch crediamo che questi tre autori abbiano con estrema chiarezza individuato alcuni aspetti metodologici estremamente importanti per lo studio della filosofia greca alle sue origini. E queste indicazioni sono tanto pi importanti - oseremmo dire che costituiscono ormai dei punti fermi dell'indagine storiografica - se pensiamo che quasi nessuna delle conclusioni particolari di Hegel, una gran parte di quelle di Windelband, alcune di quelle di Zeller, non sono pi sostenibili oggi alla luce dei nuovi risultati raggiunti dalla ricerca storica e filologica relativamente all' antica filosofia greca.

    Hegel stato forse il primo a stabilire con estrema chiarezza, contro le tendenze e le aspirazioni alla oggettivit ed alla neutralit della ricerca storico-filosofica (non esclusive del tempo suo, ma ricorrenti ancora oggi), la necessaria parzialit della storia e della filosofia. giusto esigere che la storia, quale ne sia l'argomento, racconti i fatti senza parzialit, senza pretendere d'avvalorare interessi o scopi particolari. Ma tale esigenza un luogo comune, che approda a ben poco, giacch la storia d'un argomento necessariamente collegata in modo strettissimo all'idea che ci facciamo di esso.6 Sembra plausibile che lo storiografo della filosofia non abbia un sistema proprio, n metta nella sua opera alcunch di suo, n pronunzi il proprio giudizio. Anzi, specialmente la storia della filosofia dovrebbe avere come risultato siffatta imparzialit, e per questo motivo sembrerebbe magari consigliabile di limitarsi a dare estratti dei vari filosofi. Certamente chi dell' argomento non capisce un elle e non ha alcun sistema, ma soltanto cognizioni storiche, pu mostrarsi imparziale. 7

    La necessaria parzialit, quindi, non una caratteristica propria soltanto della ricerca filosofica, secondo il vecchio adagio che in filosofia ogni cosa si pu sostenere ed ogni opinione valida, mentre ci non avverrebbe nella scienza, ma una delle strutture fondanti di ogni tipo di ricerca, dalla storica (dove non ha luogo la distinzione tra cronaca-

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  • LA NASCITA DELLA PILOSOFlA VISTA DAI GRECl

    presunta narratrice di fatti separati dalle opinioni - e storia come interpretazione dei fatti, perch nella cronaca stessa, scegliendo i fatti, selezionando i particolari, non foss' altro che in base al criterio della importanza, opera pienamente l'intero plillto di vista del narratore) alla stessa scienza (dove i cosiddetti fattori oggettivi, concreti, gli stessi fatti, esperimenti, portano a conclusioni completamente diverse: e basti pensare a come lo stesso fatto del salto di orbita dell'elettrone ruotante intorno al nucleo porta un Heisenberg ed un Planck a delle riflessioni diametralmente opposte).

    Ma il merito di Hegel non soltanto di aver messo in luce questa parzialit. Questa rivendicazione, in effetti, potrebbe anche portare a conclusioni scettiche ed addirittura nichiliste, conclusioni delle quali infatti Hegel stato accusato dai nostalgici della verit assoluta e sovratemporale.8 Il suo merito consiste bens nell'aver messo in luce come la parzialit nella ricerca e nella filosofia debba essere o per lo meno sforzarsi di essere pur sempre strettamente e dialetticamente unita alla verit, e quindi come ogni ricerca e ogni filosofia, pur essendo parziali, non siano mere opinioni, ma possano essere al contempo vere. Parlando delle concezioni volgari sulla storia della filosofia e di quell' ossequio verso tutte le opinioni che allora come oggi sembra conquistare i sostenitori del ciascuno deve avere le proprie opinioni, farsele da s, Hegel cos commentava: In tal modo si rinunzia allo scopo di conoscere la verit. vero che la propria convinzione costituisce il fondamento ultimo e assolutamente essenziale, che stimola alla conoscenza la ragione e la sua filosofia, dal punto di vista soggettivo; ma vi differenza fra la convinzione che s'appoggia su sentimenti, presentimenti, intuizioni ecc., vale a dire su moventi soggettivi, in genere sulla peculiarit del soggetto, e quella che si basa sul pensiero, che la trae dali' approfondimento del concetto e della natura delle cose. La prima forma di convinzione non altro che opinione.9 In altre parole, se vero che ogni opinione ha pur sempre una sua validit, altres sempre da ricordare che sussiste sempre lilla differenza essenziale, od anche lilla opposizione, tra opinione e verit, e che la ricerca filosofica, come quella scientifica, dev' essere sempre strettamente connessa alla verit e non all' opinione. Il fatto importante che appunto questa verit non mai assoluta e sovratemporale, ma sempre un sapere storico.

    Accanto alla rivendicazione della parzialit e della verit della ricerca storico-filosofica, un'altra precisazione hegeliana merita di venir meditata nella considerazione del nostro problema, e cio l'individuazione di un

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    Note di metodo: Hegel

    apparente circolo vizioso che avvolge chiunque si ponga il compito di esaminare la nascita della filosofia. Abbiamo gi ricordato come per Hegel sia impossibile fare storia della filosofia senza possedere un concetto della filosofia: in particolare non possiamo dire che la filosofia

  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA V1STA DAI GRECI

    necessariamente a priori nella e dalla sua idea.!6 Ma su questi concetti non ci fermeremo, sia per non uscire troppo dal nostro tema, sia perch meriterebbero di esser trattati molto pi ampiamente, e con tutta una serie di giustificazioni e di argomentazioni che qui non possiamo dare.17

    Quello che crediamo invece sostenibile che queste conclusioni non accettabili di Hegel non inficiano certe sue precisazioni metodologiche . che crediamo tuttora valide. E che questa distinzione sia possibile ci sembra confermato dal fatto che, mentre Hegel avverte doversi trattare lo studio delle filosofie antiche con metodo storico, e attribuire a ciascuna di esse soltanto ci che ci attestato,!8 che cosa giustissima, pure parla di un Parmenide, per esempio, come di colui che ha scoperto che il pensiero produce se stesso; e ci che vien prodotto lUl pensiero,19 che cosa assolutamente non provabile n sulla base di B 8, cui Hegel si riferisce, n sulla base degli altri frammenti dell'Eleata. Cos come pure giusta l'affermazione che una cosa la storia della filosofia, altra cosa la storia della cultura: pur essendo il campo della filosofia certamente connesso con quello della scienza, dell' arte, della poesia, della religione, non corretto per chi faccia storia della filosofia confondere questa con la cultura generale di un'epoca." Altro merito infine, e non piccolo se si pensa allo stadio dei lavori storico-filologici del tempo, della ricostruzione hegeliana, l'uso corretto delle testimonianze degli antichi nel campo intricato, per esempio, della filosofia presocratica, nel senso che ogni testimonianza viene ricondotta - per quanto possibile _ all' ambiente storico di cui 1'espressione; e questo, ripetiamo, nonostante la discutibilit di molti dei risultati a cui lo stesso Hegel giunge.

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    1. 3. NOTE DI METODO: WINDELBAND

    Maturata nell' ambiente culturale del neo-kantismo di Heidelberg, l'opera storiografica di Windelband presenta, rispetto a quella di Hegel e per quanto riguarda il nostro problema, dei progressi, ma anche delle contraddizioni. Innanzi tutto, viene criticata !'idea hegeliana di storia della filosofia, perch se giusto che questa non pu essere una pura e semplice raccolta di opinioni, non giusto per che sia la serie temporale in cui le categorie eterne appaiono storicamente nei sistemi filosofici.'! Quest'idea non pu essere accettata perch nella storia della filosofia

  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAI GRECI

    andiamo ricercando la filosofia nella storia della filosofia, come pur necessario, dobbiamo essere sempre attenti al continuo spostamento di significato della parola e del termine filosofia nel corso dei secoli. Tutto ci va bene, ma il fatto che per il Windelband questo continuo spostamento di significato della parola filosofia - oltre ad essere certamente un fatto storico e spiegabile storicamente - si presenta anche come una serie di "tentativi di concretare l'idea generale di filosofia, come trattazione scientifica dei problemi universali circa la conoscenza del mondo e la concezione della vita, in definizioni ben deterrninate,27

    In conclusione, anche in Windelband, come in Hegel, sembra di dover avvertire quello iato fastidioso tra la filosofia e le filosofie, dove, nonostante tutto, il primato sembra doversi attribuire pur sempre alla prima sulle seconde, col risultato che il progresso - o meglio il processo - delle filosofie non faccia altro che seguire una norma, un disegno, comunque una linea gi tutta bella e definita. Prova ne sia non tanto la ormai - almeno si spera - sorpassata divisione che il Windelband fa della filosofia greca fino al 322 a. C. nei tre periodi cosmologico, antropologico, sistematico;28 quanto l'assai sintomatica giustificazione che se ne d: "E di questa eccellenza sono una prova la limpidezza e la semplicit della linea generale di sviluppo di questa filosofia, che dapprima port l'indagine dello spirito verso l'esterno, poi lo ricondusse su s medesimo e quindi, per l'appunto da questo ritorno, parve attingere una pi profonda comprensione di tutta quanta la realt."

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    I. 4. NOTE DI METODO: ZELLER

    Ben diversa personalit scientifica, Edoardo Zeller ci ha lasciato, con La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, un lavoro che per i suoi "intendimenti di genuina e impregiudicata ricostruzione storica, che egli ha sempre cercato di tradurre in atto)}, per il suo metodo di presentare ai lettori, nella pi larga misura possibile, il materiale documentario e l'apparato bibliografico, per metterli in grado di rendersi conto adeguato della interpretazione offerta e di discuterla e valutaria a ragion veduta,30 rimane uno strumento insostituibile a tutt' oggi per chi voglia orientarsi nel movimento degli studi di filosofia greca. E in effetti la ricostruzione zelleriana, per il costante contatto con lo sviluppo della letteratura critica storico-filologica che si svolgeva contemporaneamente a Zeller, per il rigore scientifico della sua critica, che batteva in breccia le tante fantasie che ricorrentemente - ed ancora oggi - vengono fatte passare per studi di filosofia antica, costituisce anCora un modello di storia della filosofia greca insuperato per vastit, profondit e scientificit.31

    Il lavoro dello Zeller inizia con la necessaria e giusta costatazione che il termine filosofia stalo adoperato dai Greci in significati ed estensioni molto variabili:32 da Omero ad Erodoto e Tucidide, fino a Socrate, a Platone, ad Aristotele, e gi fino alle scuole postaristoteliche ed ai Neoplatonici, per filosofia si sono intese le cose pi svariate. Per cui, se volessimo accogliere in una storia della filosofia greca tutto ci che dai Greci stessi stato chiamato o compare in opere filosofiche, verremmo o a restringere troppo i confini della trattazione o, pi spesso, ad allargarli troppo. Ecco che allora si pone preliruinarmente il problema: ci che filosofico, a qual contrassegno lo si pu riconoscere e differenziare da ci che non filosofico?." Essendo ovvio che questo criterio distintivo pu essere cercato solo nel concetto di filosofia, e che questo a sua volta cambia con l'angolo visuale dei singoli e delle et, ne consegue la necessit, per lo storiografo, di dare una propria chiarificatrice definizione. Quella che lo Zeller adotta la seguente: "lo considero adunque la filosofia come una attivit puramente teoretica,

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  • LA NASC1TA DELLA FlLOSOFfA VISTA DAI GRECI

    cio tale che in essa si tratti solo di conoscere; una scienza, cio una riflessione metodica, [ ... ] tale che si ponga coscientemente per fine una conoscenza razionale delle cose.34 Naturalmente, come ogni altra definizione, anche questa dello Zeller si presta, sia per il suo carattere intellettualistico, sia per le sue sottintese od esplicite implicazioni, ad obiezioni e critiche pi o meno valide e fondate; essa ha comunque, da un lato, il merito, come direbbe Hegel, di aborder la question con precisione, franchezza ed onest,35 dall'altro di essere sempre e consapevolmente aperta nei confronti di tutto ci che si escluso. Ed infatti lo stesso Zeller, subito dopo, a mettere in guardia dal pericolo di rompere con una tale delimitazione la reale connessione storica, allorquando perdessimo di vista il molteplice intrecciarsi del filosofico col non filosofico, la gradualit dello sviluppo col quale la scienza si elabor la propria esistenza autonoma, la peculiarit del posteriore sincretismo, il valore della filosofia per la cultura generale e la sua dipendenza dall'ambiente generale.36

    Questa coscienza, che deriva allo Zeller dalla migliore tradizione hegeliana, si arricchisce in lui di tutta una serie di indicazioni metodologiche che non possono affatto esser sottovalutate anche da parte di chi non accetta tutte le conclusioni particolari della sua mirabile ricostruzione storiografica. E infatti, mentre da un lato si critica la hegeliana successione dei sistemi filosofici ricalcata sulla successione logica dei concetti," si rivendica dall' altro lato una legittima connessione ed esposizione storica, solo non costruita speculativamente dall' alto, ma ricostruita positivamente dal basso, col materiale che ci dato;38 mentre da un lato - sulla scia della hegeliana parzialit dello storico-si rivendica la necessaria preparazione filosofica e la necessit di un proprio angolo visuale filosofico per chi si accinga a fare storia della filosofia,39 dall' altro lato si esce da quel famoso circolo vizioso indicato da Hegel (solo chi comprende la storia della filosofia raggiunge la filosofia, e solo chi raggiunge la filosofia comprende la storia della filosofia) con una conclusione cos aperta e tesa piuttosto verso il futuro che verso il passato, con una fiducia cos riaffermata e sincera nella ricerca, nella scoperta, nella storicit del sapere e della riflessione critica, da lasciarsi completamente alle spalle quell'impressione di risolto chiuso definitivo che traspariva dalle pagine di Hegel: Ci che peraltro ne consegue si soltanto questo, che mai e poi mai dobbiamo tenere per terminato il lavoro scientifico, cos nel campo storico come nel filosofico. Come anzi in genere la filosofia e la scienza sperimentale si esigono e si

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    Note di metodo: Zeller

    condizionano a vicenda, cos accade anche in questo caso: ogni progresso della conoscenza filosofica apre alla riflessione storica nuovi angoli visuali, le facilita l'intelligenza dei sistemi anteriori, e delle loro connessioni e relazioni; ma reciprocamente anche ogni conoscenza novellamente raggiunta intorno alla maniera, in cm i compiti della ricerca filosofica sian stati compresi e risolti dagli altri, e intorno alle ragioni, alla connessione interna, e alle conseguenze delle loro ipotesi, ci istruisce

    . anche sui problemi, la cui soluzione incombe alla filosofia, sulle differenti vie che per ci si possono seguire, e sui risultati che da ciascuna di tali vie sono da attendersi.40

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  • I

    II. 1. L'ALTRO ARGOMENTO

    Nell' affrontare ora l'altra questione che ci eravamo proposta, che cosa i Greci hanno pensato di dovere all'Oriente e che cosa hanno pensato essere la filosofia, dobbiamo subito dire che anche a proposito di questo problema, per non restare nel vago e nell'impreciso e per non rendere ancora pi numerose le PU! necessarie omissioni, si rendono indispensabili ulteriori delimitazioni del tema. Poich vogliamo parlare delle origini della filosofia greca, abbiamo deciso di non slargare l'orizzonte del nostro discorso al di l dell'ultimo ventennio del IV secolo a.c., cio praticamente fino ad Aristotele, per quanto riguarda una ricerca del sorgere e del significarsi autonomo del termine e del concetto di filosofia; la verifica del senso di un nuovo termine, che sempre portatore di un nuovo concetto, sar falta d'altra parte - per le ragioni che diremo - principalmente su Platone e su Aristotele. D'altro canto, la ricerca, nelle testimonianze degli antichi Greci, di un rapporto di dipendenza o meno della cultura greca dalle culture orientali, sar condotta su di un piano molto pi vasto, giungendo fino all' era volgare, ma proprio per questo non potr andare molto in profondit. Insomma, quello che vorremmo con queste poche note non gi definire o risolvere questo problema - perch nessun problema si definisce o si risolve mai compiutamente -, quanto di offrire alla nostra meditazione un certo materiale di lavoro e certe linee ermeneutiche suscettibili, cos speriamo, almeno di venir prese in considerazione.

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  • II. 2.

    DI QUANDO IL FILOSOFO, IL FISICO E IL SOFISTA VIVEVANO IN ARMONIA

    Il terrrline filosofia non appare per la prima volta in Platone, ma forse con Platone che riceve una prima definizione, o - meglio - una prima serie di definizioni. Per quanto riguarda la speculazione preplatonica, ci troviamo di fronte a non pi di un paio di testimonianze attendibili e ad una massa di notizie e testimonianze (anche molto tarde) difficilmente controllabili e tra le quali bisogna muoversi con estrema cautela. La cosa non desta meraviglia se appena si pensi allo stato delle fonti su cui siamo costretti a lavorare per i pensatori presocratici. Ma accanto alla parola filosofia, troviamo almeno altri tre termini che debbono venir presi in considerazione: ao!po, aO!pLat1J e !pL,oao!po, i cui significati nei presocratici e fino a Platone e ad Aristotele inclusi, si intrecciano, si separano, si intrecciano di nuovo.

    Chi rappresentavano queste nuove figure che a partire dal VI secolo appaiono sulla scena della cultura greca? Un' antica tradizione ci presenta sette uomini sapienti (ao!poL), sul cui nome nemmeno gli antichi si accordavano,41 e la cui sapienza pare consistesse in una riflessione sui temi della vita morale e politica. In un' epoca posteriore vennero composte delle raccolte delle loro sentenze,42 ma sono cataloghi molto sospetti, sia per la loro redazione sia per le attribuzioni particolari." Dicearco sostiene che essi non furono n sapienti n filosofi, ma uomini esperti e legislatori (OmE aocpo omE cpLoaocpou ... auVE'tO b 'tI, va KUL VO~08E'tLKoU)>>;44 mentre Aristotele li chiama sofisti J cio possessori di una sapienza rivolta all'etica e alla pratica della vita, esercitatori di sapienza." In questo senso i termini aO!pLu e ao!po erano gi stati usati da Omeroed Esiodo per indicare il possesso di un'arte," ed Erodoto ancora li usa per indicare una sapienza - tutta greca - rivolta s alle cose pratiche, ma dove queste non hanno nulla a che vedere con le ricchezze accumulate da barbari quali il re Creso, nel noto episodio di Solone," o il tracio Salmoside, inutilmente discepolo del sapiente Pitagora.48 Di quest'ultimo abbiamo delle testimonianze che ce lo presentano come un filosofo: Esichio ci dice che Pitagora si diede alla filosofia, dedicandosi alla retorica, e inventando per primo i ragionamenti eristici;49 Aezio ci

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  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAI GRECI

    riferisce, en passantI parlando dei numeri come dei principi, che Pitagora per primo chiam la filosofia con questo nome.50 Come si vede, oocpo, oo

  • LA NASCITA DELLA FILOSOPIA VISTA DAI GRECI

    Ma almeno la parola sofista non acquist ben presto, grazie alla polemica che contro i soHsti condussero Platone, Aristofane, Aristotele, un senso ben preciso, con delle connotazioni negative tali che - a partire almeno dalla fine del V e dal IV secolo - non avrebbero permesso pi di accomunarla a quella di sapiente e di filosofo? In effetti in tutta l'opera platonica corre sempre, sottintesa od esplicita, una continua polemica nei confronti dei sofisti, spesso velata dalla sapientissima ironia di Platone, a volte anche dura e violenta. Contemporaneamente a Platone, con un disprezzo fors' anche maggiore, Senofonte scriveva che quelli che vendono la sapienza a chiunque vengono chiamati sofisti, che come dire prostituti ("opVOV).94 Ed Aristotele icasticamente cos definiva: sofistica aoepta apparente, non reale; aoepLCYtTJ uno smerciatore di oO'PLU apparente, non reale.95 Eppure, questa definizione cos netta e concisa, questa delimitazione concettuale - in negativo - cos chiara ed esplicita, valsa paradossalmente pi per l'et moderna fino ai giorni nostri, che per gli antichi e anzi per coloro stessi che l'avevano formulata. E infatti, se da un lato lo stesso Platone professava una sincera ammirazione per Protagora,96 Gorgia," Prodico,98 Ippia," e addirittura in un luogo chiamava sofista lo stesso dio;'O se Aristotele aveva chiamato sofisti - e senza alcun tono spregiativo - i Sette Sapienti;'01 ancora nel II secolo dopo Cristo un Elio Aristide poteva scrivere che non si conosceva non solo l'origine, ma neppure il significato della parola filosofia presso i Greci [ ... ] Erodoto non ha chiamato sofista Salone e poi ancora Pitagora? Androzione non d ai Sette l'appellativo di sofisti e non chiama poi sofista anche Socrate? Lisia non chiama sofista tanto Platone che Eschine? [ ... ] Ma io credo piuttosto che la parola sofista fosse semplicemente un epiteto generico, e che per filosofia s'intendesse una specie di buon gusto e passione per l'arte del ragionare (qJLAoOO'PLU Kut6La'tpLj3i] "Ept 6yov) [ ... ] una cultura in generale ("m6Eu KOLVW)>>.102 Dove non solo sparita qualsiasi accentuazione negativa del termine sofista, ma la 'PLOOO'PLU - dopo Platone, Aristotele, stoici, epicurei, i medio-platonici - ancora una specie di "m6Eu KOLVW. E del resto, sempre nel II secolo d.C., Clemente Alessandrino chiamava Orfeo che ammansiva le fiere col canto un 8p

  • LA NASCITA DELLA FILOSOFTA VISTA DAI GRECI

    cOnUnciamento ha il filosofare che questo.103 Il filosofo sembra esser qui, per Platone, colui che pronto a ricercare, a indagare, a sapere tutto. Eppure, gi in quelle parole, c' una limitazione che ad un Ippia, per esempio, o ad un Protagora, sarebbe parsa inaccettabile. A ben guardare, questo non un programma del sapere filosofico: piuttosto l'indicazione dell' atteggiamento, del movente psicologico che spinge un uomo ad aspirare alla filosofia. L'esser pieno di meraviglia non che il cominciamento del filosofare, necessario s, ma che non apre a tutte le direzioni. E infatti, se si passa alla "mOELu di un qJLoao

  • LA NASCITA DELLA FILOSOFiA VISTA DAI GRECI

    della valenza concettuale del termine filosofia in Platone? Ci troviamo di fronte a due possibilit per tentare di risolvere questo problema. Da un lato, possiamo ricercare il senso che Platone d al suo rapporto con gli antichi "filosofi, il significato delle riserve che egli muove alle loro indagini, e per questa via vedere se possibile ricavar dai testi degli elementi che ci permettano di stabilire se quei pred~cessori per Platone fossero veramente o no dei cpLOOOcpOL, e perch. E una via certo non facile, non foss' altro che per quella magistrale e tremenda ironia con cui Platone immancabilmente accompagna ogni discorso di questo tipo. Dall' altro lato, possiamo ricercare se al di l di quelle definizioni piuttosto generiche della OO

  • LA NASCITA DELLA FILOSmlA VISTA DAI GIlliO

    problemi della nascita e della crescita degli esseri viventi, della fisiologia e della percezione e della sensazione, delle vicende del cielo e della terra: in una parola, quasi tutta la qnJOLooyLa dei primi pensatori; incluso quell' Anassagora dal quale tanto aveva sperato quando aveva sentito dire che parlava di un vo ordinatore di tutte le cose.129 E quando gli antichi filosofi non hanno scelto l'argomento sbagliato, parlano sempre su di una lunghezza d'onda sulla quale Platone non sente di doversi e potersi sintonizzare, perch le loro argomentazioni, che potrebbero essere anche corrette, portano in effetti a conclusioni completamente diverse da quelle a cui dovrebbero condurre. Nel Liside, ricordando il verso di Omero sempre il dio mena il simile al suo simile ,130 cos Platone commenta: E non ti capitato di leggere gli scritti dei pi grandi filosofi che affermano la stessa cosa, che il simile sempre amico del suo simile? Questi filosofi sono quelli che hanno parlato nei loro scritti sia della natura che del tutto. Forse hanno ragione per met, forse del tutto, ma noi non lo comprendiamo. Ci sembra, infatti, che il cattivo quanto pi si avvicina e frequenta un cattivo, tanto pi nemico diventer a costui. [ ... ] Ma a me sembra che quei gran saggi intendono dire che solo i buoni sono simili e amici tra loro [ ... J. Questo, a mio parere, vogliono significare, mio caro amico, quelli che dicono che il simile amico del suo simile, che cio solo il buono amico del buono, mentre il cattivo non ha vera amicizia n per il buono n per il cattivo.131 Dove si vede chiaramente che un principio - il simile col simile - il quale, se applicato al campo della morale e dei rapporti etici, ha un qualche significato e porta a delle giuste conclusioni, applicato invece al campo della natura come hanno fatto quei grandi cpLMaocpOL per spiegare il moto delle stelle o la fisiologia dell'uomo, diventa incomprensibile: potrebbe essere giusto, potrebbe essere sbagliato, ma in ogni caso diventa per noi incomprensibile e non ci tocca affatto.

    Possiamo ricavare allora da questa via d'indagine un risultato chiaro e preciso per il nostro problema? Sembrerebbe proprio di no. Certo, possiamo concludere che d che interessa Platone la conoscenza dell' anima e che la qnJOLooy[a un insieme di ricerche che non hanno una grande importanza per la soluzione dei problemi vitali dell'uomo. Queste due caratteristiche costituiscono certamente un ambito concettuale proprio della cpLoaocp[a platonica; ma possiamo assumere il concetto che ne deriva come criterio di giudizio in base al quale commisurare le altre dottrine e sostenere che, se questa la filosofia per Platone, Platone stesso escluderebbe tutte le altre dottrine e tutte le altre

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    Poi il filosofo cerc di mettere da parte il fisico

    problematiche dall' ambito proprio della filosofia? A noi sembra di no. E, pur senza voler prescindere dalYironia platonica sugli antichi, ci sembra di poter dire che, per quanto errassero, per quanto facessero confusione di principi e di dimostrazioni, per quanto si interessassero di pi cose di quante in effetti dovessero, essi per Platone rimanevano pur sempre dei cpLoaocpOL.

    Resta l'altra via a cui abbiamo accelUlato prima, cio di cercare delle Indicazioni pi precise per il concetto di filosofia in Platone e vedere se in base ad esse possibile operare - sempre nel contesto platonico - una distinzione tra ci che filosofia (Platone) e ci che filosofia non (i preplatonici?). In un passo del Sofista, e quindi successivamente a quell' elenco di discipline rientranti nella "moda del filosofo che ci era stato offerto nella Repubblica, Platone distingue la granunatica, che l'arte di conoscere quali lettere possono essere unite ad altre determinate, dalla musica, che l'arte di riconoscere quali [suoni] si accordano e quali no. La scienza invece che si preoccupa di dimostrare con precisione e correttamente quali sono i generi che si accordano con altri determinati e quali invece fra loro non ammettono di collegarsi, di vedere se ce ne sono alcuni che mantengono la loro continuit attraverso tutti gli altri, di vedere se ci sono altri generi cause della suddivisione fra complesso e complesso di generi, appunto la scienza pi importante, la cpLoaocp[a, e quell' arte appunto la dialettica, il saper distinguere per generi, vedendo dove ciascuno di essi pu e dove non pu entrare in comunicazione. Questa arte dialettica non appartiene a nessun altro che non sia il puro e il vero cpL6aocpo.132 Il filosofo [ ... ] costantemente mediante i suoi ragionamenti si stringe alla natura propria di ci che ".133 In questo contesto, lafilosofia ha acquistato senza dubbio un significato pi concreto rispetto a quello alquanto generico di amor di sapere, il suo oggetto sono gli 8Lll, il suo strumento la dialettica, come capacit di collegamento degli c'LO'l. Naturaimente questa non una conquista del Sofista (perch gi da diverso tempo che Platone ricercava il TL, il T DV, anche se in questo dialogo possiamo trovare delle espressioni che pi si prestano ad un uso definitorio, ed anche se in questo dialogo viene considerata possibile se non necessaria la conoscenza del collegamento tra gli ELO'l che altrove era stato dichiarato impossibile (per esempio, nel Fedone). Fra le tante testimonianze al riguardo, ne scegliamo una della Repubblica. Dopo aver distinto la conoscenza dall'ignoranza e dall'opinione, in quanto la prima attinge l'essere, la seconda si muove sul campo del non-essere, la terza uno

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  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAI GRECI

    strano miscuglio di essere e di non-essere, Platone conclude che il vero filosofo, colui che possiede la vera scienza (Jtu:mlf!'l), colui che conosce ci che , perch la scienza per natura destinata a ci che (~ cv), a conoscere che ci che (yVJVUL 0 son,; DV)).134

    Ma, allora, se questa la filosofia, e questo il filosofo, con che diritto escluderemo dal campo della filosofia e non chiameremo a pieno titolo filosofi tutti quegli antichi che si erano cos tenacemente e caparbiamente occupati dell' essere nel senso pi pieno, e proprio per questa ragione erano stati presi in giro e criticati da Platone nel Liside e nello stesso Sofista? Ma c' un'altra considerazione pi importante da fare: poche righe prima che il filosofo fosse definito esclusivamente come colui che vuole YV&VUL 0 san,; DV, esso veniva caratterizzato come colui che non desidera solo un ramo della sapienza (aoepLa) ed un altro no, ma la sapienza tutta (ov ~~ f!v, ~~ ii' ov, & "&01']>;135 Chi dunque pronto a gustare ogni disciplina ("av~ f!a8>lf!a~o) e va volentieri ad apprendere senza mai saziarsene, avremo ragione di dirlo un filosofo .136 Con il che, non solo ogni criterio per distinguere la aoepLa dalla epLoaoepLa e il aoep6 dal epL6aoepo viene di nuovo smarrito, ma sembra che siamo costretti a ritornare al punto di partenza, dal momento che la caratteristica pi vera ed autentica, quella che rende tale il filosofo, di nuovo quel voler sapere tutto e in tutti i campi che costituiva la nota saliente del!' atteggiamento culturale dei presocratici.

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    II. 4. QUI, INVECE, IL FISICO E IL FILOSOFO SI RICONCILIANO,

    MA SI DIVIDONO I RUOLI

    Anche per Aristotele, come per Platone, ci che offre lo spunto al filosofare la meraviglia; ma anche per Aristotele, come per Platone, se !'inizio della riflessione filosofica la meraviglia, pure chi ha propensione per la leggenda in un certo qual modo filosofo, giacch il mito un insieme di cose meravigliose.137 Nessuna opposizione, dunque, tra mito e filosofia, nessuna irriducibilit: il primo sembra essere nient'altro che una forma di rivestimento, tra fantastico e poetico, di verit fisiche o filosofiche o politiche che altrimenti rimarrebbero incomprensibili alle masse, una specie - si sarebbe delta secoli dopo - di instrumentum regni. Infatti, gli antichi pensatori, al "''

  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAI GRECI

    l'autore primo dei miti (o llu80oyYjaa :n:pwm) abbia congiunto Ares ed Afrodite, perch si vede che tutti gli uomini di tal sorta sono attratti dall'intimit cogli uomini o con le donne. In altre parole, colui che ha stabilito la favola degli amori tra il dio della guerra e la dea dell'amore ha inteso rappresentare in maniera fantastica e popolare un atteggiamento, lilla disposizione, lill comportamento tipico del guerriero, per lo meno nei suoi momenti di riposo. Ma non solo nel campo dei comportamenti umani il lnito esprime verit sotto forma di racconto fantastico: Ed ragionevole la favola che gli antichi composero sull'aula: dicono che Atena, inventato l'aula, lo gett via. Certo non sta male dire che la dea lo fece adirata per la deformazione delle guance: nondimeno pi naturale che ci avvenne perch lo studio dell' auletica non ha nessun effetto sull'intelligenza e ad Atena attribuiamo la scienza e rarte141. Qui, insieme al racconto viene fornita subito anche la spiegazione razionale del fatto: ma quel che conta che la spiegazione mitica, pur essendo diversa o se si vuole in contrasto con quella razionale, filosofica, non viene per svalutata e rigettata. l42 Sembra, in questo passo, che Aristotele non solo pensi al mito come strumento utile a suscitar persuasione tra le masse (in accordo con quell' altra testimonianza della Metafisica che abbiamo riportato sopra), ma anche ad una distinzione di piani tra mito-fantasia-religione e verit-ragione-filosofia, secondo quello schema della complementarit e non della opposizione tra discorso morale (e di fede) e discorso scientifico (e di ragione) che tanto sviluppo avr dall'Umanesimo all'Ottocento.

    Eppure, se quest'atteggiamento culturale sembra cos fondato e documentato, non mancano per altri tipi di affermazioni, nello stesso Aristotele, a segnare di un colore diverso il suo giudizio sul mito. Se questo, nei passi riportati, esprime pur sempre un contenuto di verit, a volte su questa verit viene gettata un' ombra di dubbio. A proposito degli attentati ai sovrani e delle versioni dell'uccisione di Sardanapalo, noi leggiamo per esempio questo significativo inciso: El u'18fJ 'r:aVTa al llu80oyoVV'l:E youmv.'43 E in un luogo della Retorica!44 leggiamo che illlU80oyfLv adatto all' et dei pi vecchi, ma quando non si di tale et sconveniente (U1tpE1t)>>. Quella Iniziale complementarit fra mito e filosofia sembra dunque andare via via svanendo, e specialmente se ci avviciniamo al campo delle scienze della natura. Qui i racconti dei llu80oym sono messi sullo stesso piano delle opinioni della gente comune: anche i pescatori sul concepimento dei pesci raccontano l'ingenua storia gi ripetuta a saziet che troviamo anche nel favolista

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    Qui, invece, il fisico e il filosofo si riconciliano, ma si dividono i ruoli

    Erodoto ('Hpooom Ollu80oyo)>>145 Finch giungiamo ad un contrasto abbastanza netto, non solo di forma, ma anche di contenuti dottrinali veri e propri, e ad un giudizio abbastanza negativo su coloro che usano il mito come strumento di spiegazione: il racconto non pi 1m racconto fantastico adombrante una certa verit, ma una vera e propria fantasticheria, ed il 8EOOyO viene accomunato alllU80oyo. Parlando infatti dei principi ed esaminando la questione se quelli delle cose corruttibili e quelli delle cose incorruttibili siano i medesimi o siano diversi, Aristotele cos si esprime:

  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAl GREO

    che ogni corpo ha una sua propria forma e figura .'49 Quello che colpisce in questo giudizio che Aristotele sta parlando di dottrine che hanno la dignit di filosofia e non di mito, e pur criticando queste dottrine platoniche e pitagoriche non esita a collocare i loro autori tra ifilosofh e non tra i mitologi; eppure, quando queste dottrine diventano assurde, inspiegabili, arbitrarie, Aristotele sembra voler declassare quelle dottrine da filosofie a semplici miti, dando quindi un senso tutto negativo a questi di contro alla positivit di quelle.

    Stabilita cos, bene o male, una linea di demarcazione tra mitologia e filosofia, resta da vedere da un lato che cosa possa definirsi filosofia nel contesto aristotelico, e se essa si possa distinguere dalla pi generica sofia; dall'altro lato, sulla base di queste definizioni, vedere se quei nauL, quei nu~aaLoL, cui accenna Aristotele, possano o no a buon diritto chiamarsi filosofi. Per quanto riguarda il primo problema, c' da notare anzitutto che la filosofia una scienza teoretica e non pratica; mentre il suo fine, infatti, la verit, quello delle scienze pratiche l'operare. E vero che anche i pratici operano una sorta di considerazione teoretica delle cose, ma ci che a loro interessa non tanto l'eterno nelle cose, quanto le relazioni tra di esse.150 Ma se questo lill atteggiamento della filosofia, lilla prima caratterizzazione di essa, non possiamo sulla sua base tentare una distinzione tra filosofia e aocpLu, se vero che anche quest'ultima una peTi] 6LaVOrp:LK1j151 e si distingue anzi dalla saggezza ('PPov'lm) perch mentre questa riguarda le cose utili alla vita, la sapienza (ao'PLa) invece rivolta a quelle cose che non hanno alcuna attinenza e alcun rapporto con l'utilit immediata della vita.152 Se cerchiamo poi di caratterizzare in maniera pi specifica questi concetti, incontriamo nel contesto aristotelico una serie di definizioni generali della filosofia-sapienza come scienza delle cause,'53 della sapienza che concerne le cause prime e i principi,154 della scienza (mar1jfLrll che sempre dell'universale,''' e infine una prima distinzione della filosofia in rapporto alle sostanze: se l'essere si divide in generi, le scienze seguono questa divisione e quindi la filosofia si distingue in filosofia prima e filosofie seconde .'56

    Scendendo pi nel concreto, abbiamo tre specie di filosofie (scienze) teoretiche: matematica, fisica, teologia.'57 bene precisare subito che il termine teologia in questo contesto non ha nulla a che vedere con il contenuto dei racconti dei 8EOoym che Aristotele aveva prima criticato; teologia qui siguifica quello che noi chiamiamo metafisica 158 e che lo Stagirita chiamava appunto filosofia prima. La teologia si occupa della 42

    Qui, invece, il fisico e il filosofo si riconciliano, ma si dividono i ruoli

    sostanza immobile e quindi ha una precedenza sulle altre due scienze teoretiche: , quindi, filosofia prima, e ad essa spetter il compito di studiare l'essere in quanto essere, cio che cosa l'essere sia e quali gli attributi che, in quanto essere, gli appartengono.159 La matematica si occupa di linee angoli numeri o di qualche altro determinato tipo di quantit, considerando questi non in quanto esseri [ ... ] invece la filosofia non svolge la sua indagine intorno ad oggetti particolari e in quanto

    . dotati di caratteristiche particolari, ma svolge la sua indagine sull' essere e su ciasclilla cosa in quanto essere. Analogamente per la fisica; essa infatti studia le propriet ed i principi degli esseri in quanto sono in movimento e non gi in quanto esseri, mentre - si detto - la filosofia prima si occupa di questi oggetti nella misura in cui essi sono esseri. [ ... ] Perci, e la fisica e la matematica vanno considerate solamente come parti della sapienza.'60

    Che cosa possiamo dedurre, ai fini del nostro problema, da questi passi? Anzitutto, che sia la matematica che la fisica fanno parte della aO'PLa, sono parti essenziali e costitutive di essa. Se pensiamo che per Aristotele un punto fermo che la fisica , s, una aocpLu, ma non la prima sapienza,161 sembrerebbe allora che il vecchio concetto di lilla sofia, di cui era parte integrante l'indagine sui fenomeni naturali, si sia tutto trasferito e sia entrato di diritto nell' ambito concettuale del termine 'PLoao'PLa. Ma non esattamente cos. Perch da un lato fisica e matematica, in quanto specie determinate della sapienza e quindi della filosofia (sia pure come filosofie seconde), appartengono alla sfera delle scienze teoretiche, per cui rimarrebbero fuori dall' ambito della sapienza-filosofia quelle scienze pratiche e poetiche quali l'etica, la politica, l'economia, la storia, la poetica, la retorica, che pure facevano parte di diritto della aO'PLa presocratica; dall' altro lato il 'PLoao'Po aristotelico rimane pur sempre colui che specula intorno alla sostanza tutta e alla natura di essa ,che possiede la conoscenza degli esseri in quanto esseri .162 La scienza del filosofo ha per oggetto r essere in quanto essere, considerato in universale.l63 Eppure, questa scienza del filosofo non costituisce, ancora una volta, il proprio della filosofia, bens caratterizza anche la sofia, la quale sembra identificarsi con la 1tpUn:'l 'PLoao'PLa, dal momento che Y} -cv npO:rtwv pXJv KUl, uL,tLwv 8SWpY)'tLKTJ.164 Non ci troviamo allora di fronte, anche per Aristotele, ad una oscillazione continua tra un' accezione larga del termine aocpLu, per cui il oocpo che allo stesso tempo un 'PLMao'Po, esperto di matematica, di fisica e di metafisica; ed un' accezione stretta per cui il cpL,oaocpo non pi n

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  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAI GRECI

    matematico n fisico? E se questo vero, possiamo allora dare una definizione precisa e univoca del sapiente e del filosofo? E in questo caso quale rapporto stabiliremo tra ao

  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAI GRECI

    occuparono della natura,173 mentre ai tempi di Socrate, pur essendo trascurate le indagini sulla natura, furono sempre filosofi (ol

  • LA NASCITA DELLA l'!LOSOFlA VISTA DAI GRECI

    ricerche dei fisiologi, le si critica poi per il loro semplicismo materialistico che non tiene conto dei campi correlati; anche se, a guardar bene, Aristotele sembra tenere, in questo passo, pi per una distinzione che per una indistinzione di questi campi.

    Comunque, a parte le critiche e le riserve che fa loro, sembra che per Aristotele un punto fermo ci sia: i primi 'PL,OOO'POL, e non fLu80,0YOL o 8fO,OYOL, sono stati coloro che hanno indagato la realt, ne hanno ricercato la sostanza permanente, i principi primi, la natura degli enti, la verit; ed il primo di questi uomini nuovi stato Talete. Eppure ... , eppure, proprio subito dopo aver affermato che Talete ha iniziato quel nuovo tipo di indagine che si chiama filosofia, subito dopo aver chiarito la particolare natura del 'PL,ooo'PeLv "epC qmoel e ,,"pC a,Yj8eCu, appena sette righe dopo, Aristotele vien fuori con questa affermazione: ma anche gli antichissimi che per primi hanno trattato degli di, molto prima della presente generazione, [hanno] avuto questa concezione della realt naturale:'90 emblematica espressione della sua costante fedelt al platonismo o profonda e nascosta nostalgia di un mondo in cui il 8fO,oyeLv in senso stretto e non il 'PL,ooo'PeLv rappresentava la mta pi alta della oO'PCu dell'uomo?

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    IILL GLI EGIZIANI

    RACCONTANO FAVOLE AD ERODOTO

    Passando infine all'ultimo problema che ci eravamo proposti (che cosa hanno pensato i Greci del loro debito verso l'Oriente), vogliamo offrire qui semplicemente degli spunti che, sulla base di un certo numero di testimonianze necessariamente non ampio, possano darci perlomeno degli elementi di giudizio sulla questione del rapporto di dipendenza o meno della cultura greca, in generale, e della filosofia in particolare, dalle culture orientali.

    Di un' antica sapienza orientale, di una sapienza riposta e misteriosa, tramandata segretamente per generazioni e gelosamente custodita, certo si favoleggia alle origini della stessa cultura greca,'9' n sono mancati i tentativi di ricondurre tutto il pensiero di alcuni tra i pi significativi pensatori presocratici alle dottrine indiane, mesopotamiche,

    .. 1925' d' egIZIane. aggI, sacer otrI stregoni e sciamani venivano presentati come i depositari appunto di quest' antichissima sapienza, che affondava le sue radici in tempi remoti e lontanissimi, fuori della portata della memoria umana. Ma tutto questo appartiene a leggende e a miti, la cui veridicit storica molto dubbia ed il cui interesse storico pi quello di essere un segno e un sintomo dell' epoca in cui furono elaborati che di esprimere delle verit documentabili e provabili. Si potrebbe obiettare che il dato di fatto che i Greci ebbero in genere un atteggiamento di disprezzo o per lo meno di condiscendenza verso tutto ci che fosse espressione di civilt e di costumi propri dei pappapoL, mentre al contrario dimostrarono sempre una certa ammirazione per le antiche civilt orientali, e specie per l'Egitto, dovrebbe pur significare qualcosa. Ma in effetti anche questo disprezzo e questa ammirazione sono un dato storico, e non si conservano costanti e con le stesse caratteristiche lungo tutto l'arco di secoli in cui si svolge la civilt greca. Non resta dunque, ancora una volta, che interrogare le fonti. Quelle che esamineremo, e che crediamo siano abbastanza significative, coprono un arco di tempo che va dal V secolo a.c. al III secolo d.C.

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  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAI GRECI

    Erodoto costituisce certamente una delle fonti pi interessanti e significative. Nato e vissuto ad Alicarnasso, probabilmente fino al quinto decennio del V secolo (quando dovette espatriare), in un ambiente nel quale vigeva ammirazione e ven~razione (si pe;,si all' opera della tiranna Artemisia che in quel penodo dommava m AlIcarnasso) per il Gran Re dei Persiani, del quale la citt era vassalla, Erodoto rappresenta certo una fonte che non pu essere sospettata di filoellenismo a tutti ~ costi: nessun preconcetto di superiorit dei Greci, nesstm prec?_ncet~o dr inferiorit dei barbari. Anzi, mentre in un punto delle sue Stone sostIene che anche i Greci, tm tempo, erano dei barbari,193 numerose volte egli non nasconde ma professa apertamente la sua simpatia per l'Egitto.!94 Per queste ragioni ci sembra che Erodoto si presti egregiamente ad essere interrogato in rapporto al problema dI CUI ~ra stIamo dlsc.utendo. Naturalmente non troveremo delle risposte bell e fatte ed esaunenti alle

    , . . nostre domande; ma degli indizi e delle testimonianze abbastanza slcun potremo ricavarli.

    Innanzi tutto, Erodoto ci d una notazione che dovrebbe rendere per lo meno pi cauti coloro che parlano della est~ema facilit e della naturalezza con cui avvenivano gli scambI culturalI tra GrecIa e Onente. A proposito dei Persiani, infatti, Erodoto ci testimonia che tutto ci che greco da loro considerato nemico. Poich i Persiani considerano l'AsIa e i popoli che vi abitano come cosa loro; con l'Europa, rnvece, e con Il mondo greco in particolare, ritengono di non aver nulla in co~une.1.95 Analoga resistenza all' accoglimento di costumanze stranrere, e In particolare greche, dimostrano gli Egiziani.'96 Ma al di l di queste affermazioni, delle quali chi volesse potrebbe, forse, nello stesso testo erodoteo trovare delle smentite, ci sembra importante sottolineare una notazione, diremmo oggi, di psicologia dei gruppi etnico-sociali, che Erodoto fa a proposito dei Persiani, ma che potrebbe essere attnbUlta probabilmente a tutti i popoli dell'antichit, Greci co~presL Nota Erodoto: Tra tutti, stimano in primo luogo se stessI e quellI che abItano le regioni loro pi vicine; in secondo luogo quelli che sono a una distanza media; poi, gradatamente, misurano la stIma In proporZIOne ~ella distanza. All'ultimo grado della loro considerazione tengono quellI che abitano i luoghi pi lontani, convinti di rappresentare essi il massimo della perfezione sotto tutti i rapporti fra gli uomini; che gli altrI onorano la virt secondo la proporzione citata e che i pi lontam da loro sono certo i peggiori di tutti.J97 Se pensiamo a quanto questo schema mentale e quest' atteggiamento psicologico siano operanti ancor oggi,''' possiamo

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    Gli Egiziani raccontano favole ad Erodoto

    per lo meno cercare di intuire una serie di difficolt che oggettivamente si frapponevano, non tanto allo scambio di prodotti e merci necessari alla vita e al commercio, quanto alla piena e completa osmosi delle culture di venticinque secoli fa.!99

    Ma veniamo alle testimonianze che pi da vicino interessano il nostro tema. Sembra che Erodoto parli, Con una certa insistenza, delle influenze culturali dell'Oriente e dell'Egitto sulla Grecia. In I 94 si dice che i Lidi furono i primi a coniare e ad usare monete d'oro e d'argento, e cos si continua: Secondo i Lidi stessi, anche i giochi, che ora si praticano presso di loro e presso i Greci, sarebbero stati da loro inventati. In un altro passo,'DO Erodoto sostiene in prima persona che la figura e il culto di Eracle siano originari dell'Egitto e di l i Greci li abbiano derivati; anzi, critica esplicitamente alcuni racconti che i Greci fanno dell' eroe-dio. Cos, in II 50, si dice che quasi tutti gli altri di sono venuti in Grecia dall'Egitto, ma subito dopo lo scrittore aggiunge: Io ripeto quanto affermano gli stessi Egiziani; mentre in II 58 si affenna che l'abitudine alle processioni, alle cerimonie, alle feste nazionali, i Greci l'impararono dagli Egiziani, che furono i primi fra gli uomini a celebrarle. Se dai miti e dai culti passiamo al campo delle scienze, leggiamo, in II 4, che gli Egiziani raccontavano di essere stati i primi a dividere l'anno e le stagioni, praticamente ad inventare il calendario sulla base di una determinazione astronomica del tempo. Questa loro invenzione pass ai Greci e forse _ e qui Erodoto stesso che commenta - il loro calendario pi esatto e preciso di quello dei Greci. In un altro passo20! Erodoto ci dice che fu dall' esigenza di misurare i campi dopo le inondazioni ed il reflusso delle acque del Nilo (esigenza dovuta al bisogno di stabilire con esattezza le variazioni dell' estensione dei campi in ragione del contributo da versare alle casse del faraone) che nacque la geometria.202 Quella geometria che fu poi introdotta in Grecia; mentre l'orologio solare, la meridiana e la divisione del giorno in dodici parti, i Greci li ereditarono dai Babilonesi. E se lasciamo il campo delle scienze, e consideriamo il campo della storia antica (quella apXaLo.oyLa in cui Ippia era maestro), ci troviamo di fronte a questa testimonianza: Quando io chiesi ai sacerdoti se erano sciocchezze o meno quelle che i Greci raccontavano sui fatti di Ilio, essi risposero quanto segue, affermando di averlo saputo da Menelao in persona.203 Altrove, Erodotodice che Solone attinse la sua legge sulla dichiarazione dei redditi direttamente dalla legislazione di Amasi.20'

    Se poi passiamo al campo della filosofia, o se si vuole della psicologia, leggiamo: A quanto dicono gli Egiziani, i signori del mondo sotterraneo

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  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAl GRECI

    sono Demetra e Dioniso; e furono ancora gli Egiziani a formulare per primi la dottrina che 1'anima dell'uomo immortale, e, quando il corpo si dissolve, entra in un altro animale che, di volta in volta, viene al mondo. [ ... ] Di questa teoria si valsero alcuni fra ifilosofi greci.205

    Possiamo ritenere fondata, sulla base di queste testimonianze erodotee, un' idea greca dell' origine orientale della filosofia nel V secolo? Anoi pare di no. Quello che potrebbe sembrare fondato, che ai Greci derivarono dall'Egitto culti e credenze "popolari, matematica e geometria, forse astronomia; dai Babilonesi astronomia ed alcuni strumenti tecnici come orologio e meridiana. Ma che il calendario egiziano fosse pi preciso di quello greco e che la metensomatosi fosse dottrina di origine egiziana, appare abbastanza chiaro dal contesto che sono supposizioni e commenti di Erodoto stesso. Il quale del resto, e proprio laddove ci parla della trasmigrazione delle anime,'06 aveva sentito il bisogno di fare questa chiara e sintomatica precisazione: Di tutto quanto raccontano gli Egiziani si valga pure colui che tali cose ritiene credibili; quanto a me, io mi sono proposto in tutta la mia storia di scrivere, come le ho sentite, le cose narrate dagli uni e dagli altri. Qui si tocca con mano in effetti il punctum dolens della questione: da un lato questo passaggio dall'Oriente alla Grecia riguarda miti, leggi, cognizioni tecniche, ma senza alcun accenno alla

  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAI GRECI

    Periele, in II 35-46. Dove non si tratta, a nostro avviso, di una posizione grettamente '

  • LA NASCITA DELLA FILOSOfIA VISTA DAI GRECI

    Se lasciamo per un attimo l'Egitto, e cerchiamo in Platone tracce di una antichissima filosofia in quello che noi moderni potremmo chiamare mondo egeo e miceneo, ci imbattiamo in questo passo del Protagora: La filosofia pi antica e pi viva che in alcun altro popolo greco si trova a Creta e a Sparta, ma gli abitanti di quelle citt lo negano per non apparire superiori agli altri Greci anche in sapienza oltre che nel far la guerra e nel coraggio. Cos hanno ingannato i filospartani che non sanno far altro che ammaccarsi le orecchie e indossare mantelli corti. Ma quando sono tra di loro si intrattengono a lungo con i sapienti. In questi due stati non solo vi sono uomini, ma anche donne, che vanno fieri della loro paideim,. E che nei ragionamenti filosofici gli Spartani hanno un' ottima formazione provato dal fatto che chi parla con uno spartano, costui gli sembrer un uomo di nessun valore solo che, poi, dove gli si presenter l'occasione del discorso, scaglier, come ottimo arciere, una frase significativa, breve e densa, s che il suo interlocutore far la figura di non esser di pi di un bambino. Ci si accorti che laconizzare significa filosofare molto pi che andar pazzi per la ginnastica, poich si sono resi conti che pronunciare tali frasi da uomini che hanno ricevuto una perfetta paideia. Chi ben comprese questo furono i Sette Sapienti, tutti emuli, ammiratori, seguaci della paideia spartana e chiunque pu comprendere che la loro sapienza dello stesso stampo di quella spartana. L'ambito della filosofia antica era dunque una certa qual brachilogia spartana.231 Anche questo passo, per, non ci di grande aiuto. Innanzitutto, dobbiamo ammettere, sia pure in via di ipotesi, che tutto questo discorso probabilmente non altro che una replica ironica di Socrate alla tesi di Protagora sull' antichit della sofistica; e l'ironia potrebbe gi essere presente, per esempio, nelfatto che i Cretesi e gli Spartani non avevano alcuna voglia di apparire superiori agli altri Greci anche nella omp(o. oltre che nell' arte militare, oppure nel fatto che gli Spartani amano apparire uomini semplici e ingenui, ma poi, dopo aver fatto a lungo parlare l'interlocutore, lo distruggono con una sola frase lapidaria e significativa. Ma a prendere pi seriamente il discorso e a spremerne il succo, noi vediamo che questa famosa antica filosofia altro non che, da un lato, una critica di coloro che scinuniottano solo gli aspetti pi esteriori della famosa paideia spartana (che altrove Platone stesso mostra di ammirare), come quell' andar pazzi per la ginnastica; e dall' altro lato sembra ridursi a quella mitica capacit di sentenziare, cio di esprimere concetti profondi e densi di significato specialmente etico in poche parole, usare cio quella famosa brachilogia spartana

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    La favola continua

    che, se non era un vero e proprio luogo comune, era entrata ormai da tempo nella tradizione letteraria e culturale.232

    Altrettanto complesso il lungo racconto che nel Timeo Salone fa del suo viaggio in Egitto. 233 Salone parla agli Egiziani delle storie antichissime dei Greci: Foraneo, il primo uomo vissuto sulla terra, il diluvio, Deucalione e Pirra. Ma uno di quei sacerdoti, ch'era molto vecchio, disse: - O Salone, Salone, voi Greci siete sempre fanciulli, e un Greco vecchio non esiste! [ ... ] Voi siete tutti giovani d'anima, perch in essa non avete riposta nessuna vecchia opinione d'antica tradizione, nessun insegnamento canuto per l'et. E il sacerdote egizio continua narrando dei tempi pi remoti, delle prime stirpi greche nate dagli di, della favolosa Atlantide scomparsa nel mare. Quello che interessante, ai fini del nostro discorso, che l'egiziano presenta tutto l'ordinamento politico e sociale, tutta la scienza dell'Egitto contemporaneo, come le conseguenze dirette e legittime di quella antichissima e favolosa civilt greca scomparsa ormai da novemila anni e della quale i Greci contemporanei hanno perso ogni ricordo. E infatti Salone trover ora qui, in Egitto, molti esempi di quelle [leggi] che allora esistevano presso di voi; e anzitutto, separata da tutte le altre classi, 't 'tON LcpWV yvor;" e poi la classe degli artigiani separata anch' essa dalle altre, e cos pure la classe dei guerrieri. In fatto di scienze, poi, la loro validit e la loro garanzia consiste nel fatto che tutte - dalla ricerca nepe x6of.lou, alla divinazione, alla medicina - obbediscono a quel criterio essenziale che il far derivare da queste scienze divine quel che possa giovare alle cose umane (ex 'tOU'tOlV 8eLOlV OV'tOlV el 't< v8pwmvo.)>>. Il lungo passo ci utile per almeno tre serie di considerazioni. In primo luogo, la perfezione dell' assetto politico-sociale e culturale vantata dal sacerdote egizio troppo fortemente ricalcata su quelli che sono le idee, gli schemi, le divisioni, gli ordinamenti illustrati da Platone nella Repubblica, per poter essere presi come una testimonianza dell' antica civilt egizia, supposto modello di quella greca. Si potrebbe sostenere, vero, che proprio l'ordinamento descritto da Platone a modellarsi su quello pi antico degli Egiziani, ma anche in questo caso non sarebbe, questa, una prova oggettiva della derivazione della civilt greca da quella egiziana. In secondo luogo, paradossalmente, nel discorso platonico, l'eccellenza e la priorit della civilt un merito, se mai, greco e non egiziano, dal momento che il sacerdote narra di quegli antichissimi tempi in cui i Greci avevano raggiunto il culmine di ogni sapienza, della quale per proprio i Greci avevano perso ogni memoria - per gli intercorsi diluvi, morbi,

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  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAI GRECI

    distruzioni - mentre gli Egiziani ne erano invece gli autentici eredi,234 Infine, il passo una testimonianza, per Platone come gi per Erodoto, e di quel mito dell'antichissima sapienza egiziana ed orientale, e di quell' altro mito della periodica distruzione del genere umano e del riapparire della stessa civilt in altri luoghi: miti che poi costituiranno tanta parte di quell' atmosfera culturale che a partire dall' et alessandrina e fino alla romana faranno favoleggiare dei contatti e delle trasmissioni di sapienza dall'Oriente alla Grecia, simboleggiati dalle interminabili serie di viaggi che si attribuiranno - in parte fondatamente e in parte no - a tutti i primi sapienti e filosofi della Grecia. In ogni caso, questa testimonianza platonica non pu essere assunta a dimostrazione della fondatezza di un' origine orientale della filosofia greca in Platone, sia per il significato e per la finalit troppo scopertamente platonici del racconto, sia per gli evidenti elementi fantastici della narrazione, come per esempio il fatto che i sacerdoti egizi avrebbero conservato per iscritto negli archivi dei loro templi le cronache di quell' et ... antidiluviana: fatto che fa il paio con quell'altra pretesa, nel contesto erodoteo, di possedere le cronache scritte dell' et in cui sull'Egitto governavano gli d, 235 el.

    Anche nel contesto aristotelico, non pare che si possa trovare una qualche testimonianza che faccia risalire agli antichi popoli dell'Oriente l'origine della filosofia. Innanzi tutto, non c' in Aristotele quell' ammirazione, a volte incondizionata ed entusiastica, a volte venata di riserve critiche o ironiche, che si ritrova in alcuni passi di Erodoto e di Platone. Anche se in un luogo'36 Aristotele chiama gli Egiziani PXULO'tU'tOL 'twv v6pw:1tov, in genere egli non tenero con le antiche istituzioni sociali o costituzioni politiche: si veda, per esempio, la critica che fa delle costituzioni di Creta e Sparta.'37 Per quanto riguarda pi in particolare l'Egitto, Aristotele non ammira affatto quella separazione cos netta delle classi, e specie di quella dei militari e dei contadini, che vigeva ancora nella societ egiziana e che Platone, nel passo del Timeo sopra ricordato, sembrava tanto apprezzare. Anzi, dice Aristotele, questa divisione che esisteva in Egitto come a Creta - anche se la societ egiziana sembra essere pi antica di quella cretese - non era in fondo una scoperta nuova. Ma la cosa pi interessante che nel pass0238 possiamo leggere questa acuta osservazione: Forse, per, si deve ritenere [sta parlando della istituzione dei sissizi] che anche le altre istituzioni politiche furono trovate molte volte nel lungo torrere del tempo, o piuttosto infinite volte, perch naturale che lo stesso bisogno insegni i mezzi necessari per soddisfarlo.

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    La favola continua

    [".] Che siano tutte antiche lo dimostrano quelle d'Egitto: gli Egiziani infatti par che siano i pi antichi e hanno avuto leggi e un sistema politico. Dove, quale che possa essere la nostra valutazione di uomini moderni, interessante notare la presenza, in Aristotele, di una indicazione di filosofia della storia o, se si vuole, di un metodo di lettura comparata della storia che bene o male resiste ancora oggi. La non grande ammirazione, comunque, per le istituzioni e la costituzione dell'Egitto, la si pu ricavare da quest' altro passo, che si presta anch' esso ad utili considerazioni, purtroppo ancora attuali: Altro espediente tirannico rendere i sudditi poveri: cos egli mantiene la guardia del corpo ed essi, occupati nelle faccende quotidiane, non hanno tempo per cospirare. Esempio di ci sono le piramidi d'Egitto.'39

    Se passiamo poi al campo pi specifico della filosofia, quale che possa essere il significato che questo termine assume nel contesto aristotelico, ci troviamo di fronte a delle affermazioni in positivo, ma troppo generiche e per di pi indirette. Intendiamo riferirci ad una testimonianza di Diogene Laerzio: Aristotele nel primo libro dell' opera Della filosofia afferma che i Magi erano ancora pi antichi degli Egizi e che secondo loro due sono i principi, un demone buono e un demone cattivo, il primo di nome Zeus e Oromasde, il secondo di nome Ade e Arimane;240 e ad una di Plinio: Eudosso, il quale volle che tra le scuole filosofiche quella dei Magi fosse considerata la pi illustre e la pi utile, tramanda che Zoroastro visse seimila anni prima della morte di Platone. E cos sostiene anche Aristotele.241 Qui ci troviamo, ancora una volta, di fronte ad un discorso, tra mitico e religioso e filosofico, del quale per non siamo in grado di specificare in maniera pi concreta il contenuto ed il significato, se non dicendo che - probabilmente - Aristotele ritenne che nelle civilt pregreche fossero esistite delle scuole filosofiche. Ma del loro valore e della loro importanza nel giudizio aristotelico possiamo forse farci un'idea se ripensiamo alle qualificazioni di ingenuit, fanciullaggine, superficialit, stoltezza e vanit che lo Stagirita ha dato delle filosofie greche a lui precedenti, fino a quella platonica.

    Quello che tutt'al pi, allora, si potr dire in positivo e con certezza dell'Egitto che l, prima che presso gli altri popoli, fiorirono le matematiche. Anche in questo caso, per, pi dell'affermazione in s e per s, importante la giustificazione che di questo fatto d Aristotele. Di conseguenza, solo quando gi si erano costituite tutte le arti di questo tipo [le tecniche, le arti pratiche], si pass alla scoperta di quelle scienze che non sono dirette n al piacere n alle necessit della vita, e ci avvenne

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  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAI GRECI

    dapprima in quei luoghi in cui gli uomini erano liberi da occupazioni pratiche. Per questo le arti matematiche si costituirono per la prima volta in Egitto: infatti, l era concessa questa libert alla casta dei sacerdoti.'42 Quale che possa essere la valutazione che di questa teoria aristotelica di una nascita delle scienze soltanto dopo la liberazione dal bisogno noi possiamo dare, ci sembra importante ricordare che tutt' altro era stato l'indirizzo un secolo prima e nell'ambiente della sofistica, dove un Protagora e un Prodico, per esempio, avevano derivato il sorgere delle arti e delle scienze - compresa quella politica - dal bisogno vitale per la specie umana di sopravvivere e di migliorarsi, modificando insieme se stessa e il mondo in cui era costretta a vivere e ad agire.

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    T III. 3.

    IL CULMINE DELLA FAVOLA: DOVE, COME SEMPRE ACCADE,

    ESSA VIENE ORMAI RITENUTA VERIT

    Fin qui, per dirla con lo Zeller, sull'origine orientale della filosofia greca n fatti ben documentati n testimonianze degne di fede."3 Il Mondolfo auspicava che dI problema (storicamente mal posto) della "origine orientale della filosofia greca" si traducesse, in quello, scientificamente assai pi giusto, delle "fonti orientali", alle quali la filosofia greca possa aver attinto elementi della propria formazione e del proprio sviluppo."4 Il che senz'altro giusto, perch ovvio che una matrice dalla quale nasce un fatto culturale, sia pure nuovo e rivoluzionario, deve per forza esserci, dal momento che nella natura come nell'intelligenza dell'uomo nihil de nihilo fil. Ma ci, come da un lato non pu significare riportare pedissequamente ogni elemento della novit a ci che gi c'era prima /45 cos dalYaltro lato non toglie legittimit ad analisi del tipo di quella abbozzata dallo Zeller sulle testimonianze esterne sul problema, cio dichiarazioni esplicite od implicite dei Greci che facessero risalire la propria filosofia all' antico Oriente. Dal V secolo ad Aristotele, non troviamo nessuna di queste dichiarazioni, pur tenendo conto della difficolt - come abbiamo visto - in cui ci siamo trovati quando abbiamo cercato di definire un concetto per quanto possibile univoco del termine epL,oaoepLa.

    Nel I secolo a.c., in un'opera cos ricca ed interessante come la Biblioteca di Diodoro Siculo, questo quadro sembra confermato. In un luogo del V libro, Diodoro afferma che Orfeo fu il primo ad introdurre tra i Greci le cerimonie sacre e i misteri;246 altrove dice che, secondo una testimonianza di Callimaco,247 Pitagora alcuni problemi di geometria trov lui stesso, altri introdusse in Grecia dall'Egitto:24' ancora una volta, dunque, senza negare l'originalit dei Greci, dall'Oriente vengono ai Greci miti religiosi, conoscenze matematiche, dottrine particolari; e questo confermato da numerosi altri passi.249 Siamo in un' epoca in cui l'impero romano si ormai esteso su tutto il Mediterraneo e la scienza greca dell' et alessandrina, sotto i Tolomei, ormai penetrata profondamente - nel senso per lo meno che vive da pi di due secoli -

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  • LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAI GRECI

    in Egitto. Ali' onnipotente casta sacerdotale di questo paese - potente, ma sempre bisognosa di tenersi buoni i nuovi dominatori - non basta pi vantare una antica e originaria sapienza cui avrebbero attinto poeti, sapienti e legislatori. Ed ecco allora che al nuovo storico che si reca a visitare il loro paese, i sacerdoti egiziani non possono pi raccontare soltanto (deducendolo naturalmente EK 'tWV avaypaipwv EV 'tal: lrpai

    ~flAOL!) che Orfeo, Museo, Omero, Licurgo e Solone sono andati a visitarli ed a trarre lumi, ma sentono il bisogno di dirgli che in seguito anche filosofi come un Pitagora, un Platone, un Democrito sono giunti nel loro paese e solo dopo aver attinto alla loro sapienza sono divenuti cos esperti, il primo, nella geometria e nella matematica, il secondo nella matematica e nella psicologia, e il terzo nella fisica e nell' astronomia. E, come ogni buon sacerdote che (aimeno allora!) si rispetti, non mancavano di mostrare allo stupito storico greco delle reliquie di quei grandi uomini a testimonianza della veridicit del loro racconto.250

    Se passiamo dal I secolo a.c. al I secolo d.C., ci imbattiamo in uno scrittore che ci sembra estremamente significativo di tutto un clima culturale: Plutarco. Della sua vasta produzione prenderemo in esame -dato il fine e il taglio di queste nostre note, che non vogliono delineare un quadro completo, ma offrire spunti ed elementi di giudizio sul problema che qui ci interessa - solo quel libro che ha costituito in ogni tempo la croce e la delizia degli egittologi, e cio il De lside et Osiride. Crediamo infatti che questa sia un' opera emblematica nella produzione di Plutarco, che visit l'Egitt0251 con l'interesse di filosofo e di sacerdote (Plutarco lo fu del tempio di Apollo a Delfi), e che ebbe l'intento abbastanza esplicito di assimilare gli di della Grecia a quelli dell'Egitto, nello spirito del sincretismo proprio della sua epoca. Quest'opera di assimilazione evidente e pi che documentata. Plutarco ci d dei paralleli tra la cosmogonia egizia, quella esiodea e quella platonica,252 tra il dio - e gli di - degli Egizi e quello di Platone e di Aristotele.253 A proposito della morte di Osiride, per esempio, che cade il giorno 17, Plutarco nota che anche i Pitagorici aborrono questo numero,'54 e Osiride viene identificato con Dioniso.255 Del resto, sul parallelismo dei miti greci ed egiziani, Plutarco si diffonde a lungo,256 notando tra l'altro come i miti dell'Egitto mostrano una qualche somiglianza con le dottrine stoiche sugli di o~oLa 'tOL: ilJt 't(\W ~'t(DLKWV 8EOOy01J~VOL:.257 Non ci sembra pero che quest'opera di avvicinamento di culture diverse -sia sul piano della religione e del mito, sia su quello pi specifico della filosofia - ci permetta di inferire dal testo plutarcheo un qualche rapporto

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    Il culmine della favola: dove, come sempre accade, essa viene ormai ritenuta verit

    di dipendenza o di derivazione diretta della Grecia dall'Egitto. C' anzi un passo in cui Plutarco sembra far derivare la sapienza dei poeti e dei filosofi di ogni nazionalit da un pi antico sapere custodito da sapienti, teologi e nomoteti. Dice, infatti, che quell' antichissima sentenza (JtaflJtaAmO 061;a) espressa da Euripide, non possono star separati i ben