Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012
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Transcript of Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012
Nel mezzo del mattin a una cert'oraCi ritrovam sul banco 'l Giornalottoche d'allegrezza sempre ci rincora.
Ahi quanto è duro dir com'in un bottoLa classe si lancio’ su quel malloppoChe venne in un istante malridotto;
Tanti sono, che pochi più son troppo.Ma si per dar cagion del gran radunoCantero’ l'istoria di un tal gruppo.
Noi ci riuniam di sette giorni unoE siam garanti della giusta cartaChe parola non toglie ad alcuno.
Lo giornal nostro, o caro Volta, In veritat'è tuo: sia da te fatto
Ché nostra libertà non venga tolta.
Questo'l sogno, che rimanga intatto.Questo'l comandamento che ci guida.
Questo'l motivo pria e anzitutto.
Ma non pensiate voi a nostra sfida,com'immune di una temibil fiera
che tant'è usual quant'essa è infida
Quest'è la mite sprovveduta pecora,che pria d'ogni pensier sceglie lo gregge
e se n'accoda senz’aver remora
E di tali paure l'uom'affligge,da gettarlo in quella selva folta
ch'in breve volger l'arbitrio distrugge.
Percio’ noi promettiam con mente adultache sol di libertà saremo servi
e mai ci presterem a trama occulta
Bando ai faziosi, dunque, ed ai protervi;mettiamci all'opra con la mente sgombra,
col cuor sereno e con ben saldi i nervi.
Il Direttore Alessandro Luciano IIIG
Il Giornalotto è fiero di introdurre a partire da questo numero una novità che speriamo apprezzerete: la Bacheca - uno spazio riservato a chiunque voglia scrivere (anche anonimamente, o firmato come classe) un annuncio, un’idea, un messaggio segreto, un’osservazione, una lamentela, una citazione una dichiarazione
amorosa... Tutto ciò che verrà ritenuto idoneo (non offensivo) verrà pubblicato sul prossimo numero cartaceo del Giornalotto. Andate a dare un occhiata in atrio e... Divertitevi!
L’Ovina Tragedia
‘
Il liceo classico di Reggio Calabria, a dispetto del luogo, non è certo a rischio sismico. Nulla, infatti, può smuovere il complesso ed intricato gioco di pompose ipocrisie e nascoste virtù, su cui, a quanto pare, da sempre si regge. Non fraintendetemi, non possiamo di certo lamentare una situazione disastrosa; eppure, agli occhi di chi da tempo l‘ha vissuta, appare tristemente immutabile.
Sappiamo bene che i l mezzo di sopravvivenza di una scuola è il prestigio, che procaccia nuovi alunni e convince i genitori, che muove i fondi scolastici e genera note positive sui curricula degli insegnanti. Per questa e altre ragioni, seppur con molte eccezioni, i l l iceo classico reggino sembra p o s s e d e r e u n a c o n n o t a z i o n e aristocratica, sin dai tempi in cui solo i notabili lo frequentavano. Tali notabili, ancora oggi, perduti forse i blasoni, sono ormai scelti per virtù economiche e popolarità mondana, per formare una classe dirigente studentesca, poco soggetta a mutamenti . Qualcuno potrebbe accusarmi di esagerare, tuttavia è pur vero che alcuni personaggi possono snocciolare le rose dei candidati alla rappresentanza d’istituto e della consulta e prevederne ogni anno i vincenti, prima ancora che siano
presentate le liste! Da ciò capite bene che tali rappresentanti, una volta eletti, sono, in parte o del tutto, inafJidabili.
Di certo la collaborazione fra le classi ed in special modo fra le sezioni, non è delle migliori. Dovete sapere che per lunga tradizione solo la sezione C sembra essere degna di vera attenzione, sebbene siano prese in considerazione anche la A e la B. Per motivi storici che esulano dalla mia comprensione si vocifera che tali sezioni abbiano sempre accolto gli insegnanti e gli allievi, migliori, ospitati per altro nelle migliori e meglio conservate aule di tutto l’istituto, che conservano ancora addirittura le greche ornamentali sui pavimenti. Inutile dire che tali aule sono state da sempre le mete preferite di ispettori e messi regionali, che non hanno forse mai varcato le soglie del piano seminterrato o del distaccamento. Anche i voti in queste sezioni sembrano valere in modo diverso rispetto alle altre. Un sette è considerato quanto un nove preso in sezioni “minori”, un progetto, un elaborato, una iniziativa sono più gradite, se trovano nelle sezioni “auree” la loro origine. Vero è che io non faccio parte di tali sezione e la mia visione potrebbe apparire distorta e parziale:
BENVENUTI AL SUDPer la prima volta il Giornalotto “emigra” e va a trovare i fratelli del Sud, al Liceo Classico
Tommaso Campanella di Reggio Calabria. Speriamo possiate apprezzare questa nuova rubrica, che tenta di raccogliere voci e opinioni dall’altra estremità dello Stivale, per un sano e costruttivo dialogo oltre il pregiudizio. E come iniziare, se non parlando di ciò che da più vicino ci tocca: la
Scuola?
Buona lettura
La Scuola in Punta allo Stivale
prendetela come vi pare; questo è ciò che ho da dire.
Penso che qualsiasi liceo italiano, in modi diversi, sia affetto dal problema del fumo nei bagni. Da noi la cosa è stata semplicemente ignorata, Jinché alcuni temerari non hanno scritto un articolo di protesta contro il fumo nei bagni, quando ormai la situazione era diventata insostenibile. Non sappiamo però giudicare cosa accadrà quest’anno: la dirigente scolastica, infatti, è cambiata; dobbiamo quindi lasciare alla nuova arrivata almeno il beneJicio del dubbio. È tuttavia notevole che ci faccia visita molto spesso e si preoccupi sempre di sapere come sta procedendo l’anno s c o l a s t i c o . Da a l unn i d i l i g en t i rispondiamo “bene”, ma, appena uscita, ci ricordiamo dei termosifoni inattivi, fra l e s emp r e p i ù um id e mu r a d i
cartongesso. La situazione è ancora tollerabile, ma non si possono fare previsioni su quanto lo sarà.
Per il resto, la situazione è abbastanza normale, se normale si può deJinire lo stato di decadenza pedagogica e strutturale in cui versa l’intera scuola italiana da lungo tempo. Il milanese Giorgio Gaber diceva, a proposito dell’Italia, che “tutto è calcolato e non funziona niente”. Le tante qualità degli studenti più attivi non sono tenute nel dovuto conto, e si sperperano tempo e risorse in attività spesso infruttuose. Ma se c’è rimasto qualcosa di non calcolato e funzionante, è forse una sana e autocritica indignazione.
Antonino Calabro’
a cura di Alessandro Luciano IIIG
Freddo e umido al campo da Rugby.
Giornata uggiosa come tante, in questo
paese. I Lasswade Colts hanno appena
superato la linea dei 22 metri. La palla
fangosa rimane intrappolata nelle mie
mani grazie a un qualche intervento dei
padri celesti, e inizio a correre. Tre piloni
innanzi a me. “Sulla sinistra, man,
profondo!” – un grido. Un’ombra schizza al
mio fianco. Passo la palla.
Nessuno presente a ricevere l’ovale.
Ma qualcuno c’era.
Nah, forse solo un’anima. Niente mani per
afferrare la palla.
“There are so many different worlds,
so many different suns,
and we have just one world
but we live in different ones”
Paffin a caccia di sardine infestano le
falesie.
Giovani che siedono in cerchio vicino ad
alberi rigogliosi. Giovani politici. Qui, riuniti
a sognare un mondo migliore, una
Norvegia migliore. Un meeting simile a un
sacco di altri in Europa; comuni ragazzi
che hanno aperto i propri occhi e cuori.
Giovani che si sono coinvolti in un partito,
per essere ascoltati, per spiegare le
proprie opinioni.
Voglio ripeterlo, gente comune.
Ancora lì in cerchio, i membri del partito
laburista. Dibattono, uno di loro si alza e si
dirige verso gli alberi per pisciare. Un’urina
bianca scalda l’humus gelato.
E’ improvviso. Bum. Bum. Bum.
E la terza Chimera si rimbocca le maniche.
Zac, primo filo tagliato. Zac, seconda vita
spezzata. ... Zac, novantadue uccisioni.
E a poche Iarde di distanza, sulla scogliera,
i paffin continuano imperterriti la loro
brutale caccia.
Sondre Kjoren, 17.
16 Luglio. Eccitazione? Forse di piu’. Sta
per andare all’estero per 10 mesi. Scot-
land. Dalkeith. Emozionato all’idea di
conoscere nuovi compagni di avventure,
non solo scozzesi, magari anche un amico
dall’Italia . Voglioso di lanciarsi con lo
slang e visitare la terra degli Highlanders.
Voglioso di vivere un’esperienza che
potrebbe cambiare per sempre la sua
vita.
22 Luglio. Entusiasmo a parte, la vita di
Sondre continua. Essere un membro del
Partito Laburista implica alcune attività.
Oggi, sveglia alle 5 di mattina, direzione
Utoya. Un incontro per decidere le nuove
date delle proteste.
Bum. La terza Chimera non si dimentica di
tranciare il suo fragile filo.
FER CALEDONIA HONOUR TAE YE,
Le nuove organizzazioni terroristiche (Al
Quaeda, nuovi Nazisti …) compiono
attentati in ogni zona del mondo.
La maggior parte di questi atti di violenza
ha ragioni prettamente sconosciute alla
maggior parte della gente e allo stesso
modo autori ignoti.
La mia domanda è: ha senso?
Un’organizzazione criminale dovrebbe
nascere con l’intento di raggiungere un
qualche fine. La Mafia italiana è nota in
tutto il mondo come una delle
organizzazioni criminali più importanti da
distruggere. I suoi obiettivi sono molteplici,
principalmente il monopolio del traffico di
narcotici.
Ma fino ad ora nessuno ha compreso quali
siano gli obiettivi di questi nuovi gruppi
criminali. Dobbiamo ritenere che queste
organizzazioni siano fondate col semplice
scopo di uccidere?
La tragedia di Utoya ha coinvolto il mondo
intero. È stata l’occasione per il gruppo
criminale che attuò questo attentato per
spiegare a tutti i governi chi questa
organizzazione sia e quali siano i suoi
obiettivi. Perché una strage di queste
proporzioni, l’uccisione di 92 persone
innocenti, sicuramente aveva l’intento di
dimostrare qualcosa. Ciononostante,
neppure questa volta nessuna
informazione.
Qualcuno si domanda riguardo a eventu-
ali destinatari di cotali attentati.
Ma possiamo solo rispondere con altre
domande.
Qualcuno ha asserito che il killer fosse
solamente un malato di mente, un pazzo.
Naturalmente nessuno nutre dei dubbi al
riguardo. Ma appunto perché non era in
grado di ragionare con la propria testa
deve essere stato mosso da
un’organizzazione.
Probabilmente un’organizzazione di
stampo neonazista. E cosa vuole questa?
Silenzio. Un’altra volta.
Ma onestamente non sto scrivendo per
incazzarmi sulla natura sconosciuta di
questa organizzazione criminale. Scrivo
perché c’è qualcosa di sbagliato. Prima
che alcuna persona nel mondo sapesse
dei fatti di Utoya, il sogno di Sondre è stato
distrutto. E non solo il suo sogno, la sua
anima, La sua famiglia, il suo sorriso… e le
vite di molte altre persone.
Il risultato di questo attentato parla anche
per molti altri: 92 persone che volevano
migliorare il mondo morte e il movente di
questo gesto è ancora quasi ignoto.
Secoli fa ci fu l’impero romano. I soldati di
questa impress ionante potenza
conquistarono grandi popolazioni ed
enormi territori. Durante le guerre i soldati
romani erano invincibili e uccidevano i
nemici senza pietà alcuna.
Ma non un bambino delle popolazioni
nemiche fu ucciso, non una donna
toccata, non un anziano oltraggiato.
Al contrario, ora persone innocenti
muoiono senza una vera guerra, senza
ragione, ingiustamente.
Siamo sicuri di stare evolvendo?
Governi e Servizi Segreti forse stanno
cercando di aumentare la nostra
sicurezza… o forse hanno a che fare con
queste organizzazioni criminali.
Ma la gente comune non può saperlo.
Solo un’immagine. La gente continua a
morire, mentre sullo sfondo Governi e
organizzazioni terroristiche giocano una
partita a poker. Qualcuno bluffa. Forse.
Una partita che non sembra finire senza
altri spargimenti di sangue.
Firmata, un mondo impazzito.
Farvel (Addio) , Sondre
Francesco Melloni IV F, Dalkeith, Scotland
Trad. Daniele Florean IV F
Il rubinetto si aprì e sgorgò un getto di acqua limpida, fresca, cristallina. Quanti aggettivi per la semplice unione di idrogeno e ossigeno. H2O. Ecco cos’era quella sostanza. Semplice H2O, la prima molecola che si fa studiare ai ragazzi sui banchi di scuola. Così semplice e pure così complessa, origine di tutto, origine della vita. La vita, quattro lettere per indicare la cosa più difficile da spiegare…qual è la sua formula? Tutto ha una formula, ogni singola cosa che ci circonda è fatta di atomi, che si legano e formano molecole, che a loro volta costituiscono cellule e particelle…cioè materia, concretezza, realtà. Anche noi siamo fatti di atomi; atomi e H2O. Noi potremmo avere una formula. A tutto può essere data una formula, perché tutto è fatto di materia. Ma alla vita no. Come anche ai pensieri, ai sentimenti, alle parole…“Mi scusi ha finito con il lavandino? Sa vado un po’ di fretta…”Fretta. E quale sarebbe la formula della fretta?Si allontanò sgocciolando le mani. “Prego, faccia pure”. Uscì, gettò alcuni spicci sul bancone del bar e si buttò all’aperto. L’aria gelida, ossigeno, azoto e una miriade di altre sostanze, gli entrò nei polmoni: bronchi, bronchioli, alveoli e poi indietro alveoli, bronchioli e bronchi.Di nuovo i pensieri si addensarono nella sua testa.Come fanno tutti questi atomi a non legarsi insieme, quelli delle mie cellule con quelli dell’aria, dando vita al caos? Cosa li spinge a rimanere così? La Natura, perfetta e razionale, che ordina metodicamente il Tutto trasformandolo in materia. La Natura, altro dilemma, come la vita. Che fatica trovare tutte queste risposte…le parole, le lettere si accavallano nella testa, ricordi immagini, suoni, profumi…tutto immagazzinato e stipato nel
cervello, la cosa più inimmaginabile e perfetta che esista.
Con una mano sollevò il lembo della giacca che sbatacchiava sulla sua coscia, infilò la mano nella tasca
anteriore dei pantaloni, inclinando leggermente spalla e testa dal
lato opposto, affinché il p ropr io bar icent ro
cadesse comunque entro l’ombra del suo
c o r p o . E s t r a s s e sigarette e accendino.
Appoggiò il sottile cilindro di carta e tabacco sulle labbra. Click. Il CH4 contenuto nell’accendino aveva iniziato la sua combustione generando una flebile fiamma gialla e bluastra percossa dal vento. Il tabacco prese subito fuoco, trasformandosi poi in fumo che usciva dalla sua bocca. CH4, fiamma, fumo e poi ancora aria. Che meraviglia! Quattro elementi così diversi che si t r a s fo rmano l ’ uno ne l l ’ a l t ro, generando un’emozione, un sentimento, così umano e imprevedibile: il piacere fugace della nicotina che entra in circolo. Chissà cosa sta succedendo ora nel cervello, il supremo organo, autore di tutto ciò che è pensiero, emozione e irrazionalità. Ah!! Ecco ancora quel tornado di immagini, suoni e ricordi che mi pervade e lascia intorpidito.Una lunga ruga corrugò la sua fronte, gli occhi ebbero un guizzo. Poi tutto tornò come prima.Perché è così complicato vivere? È così difficile non porsi domande di questo tipo. L’astratto, il concreto, il razionale e l’irrazionale, la Natura la scienza la religione si mischiano e si accumulano nel cervello, comunque costituito da semplici atomi. Come può allora raccogliere pensieri astratti che di certo non sono formati da nulla di tangibile?“Desidera?”. Senza accorgersene i piedi si erano spostati l’uno davanti all’altro portandolo di fronte a un’edicola. Sfilò le mani leggermente intorpidite
PAROLE SU CAR TApremio speciale concorso Mario Santi
dalle tasche del cappotto e ribatté “Sì, allora…due biglietti urbani, grazie.” Estrasse due monete dalla solita tasca anteriore dei pantaloni e le posò sulla mano dell’edicolante, con distaccata noncuranza. Poi intascò i biglietti e si allontanò.Accidenti! Ecco a cosa mi portano i miei folli e inconcludenti ragionamenti. Non mi accorgo nemmeno di dove sto andando e…ma che ore sono? Già le sei…un altro pomeriggio bruciato. La mia vita cerebrale mi distoglie da quella reale. E il tempo fugge via. Un lampo ed è mattina, un altro ed è passata una settimana, poi ancora un mese, un anno e tutta la vita. Unico collante delle mie giornate: il ronzio prodotto dai miei pensieri. Come fanno dei semplici atomi, come quelli che formano i miei neuroni, a generare tempeste emotive? Cosa li differenzia dalle molecole di H2O o CH4? “Biglietto, prego” Ma cosa…?Il suo volto sconcertato e sorpreso, contratto in modo da sembrare quasi disumano, si volse verso il controllore, che indietreggiò terrorizzato dalla folle tempesta interiore che quei lineamenti rivelavano. Pareva che dell’uomo fossero rimasti solo i pensieri, proiettati sulla maschera scavata e anonima del viso.Passato quell’attimo tutto tornò come prima.“Sì, scusi, un secondo…”. Egli estrasse il pezzo di carta e lo infilò nella mano dell’uomo che lo sovrastava. Quest’ultimo, poi, dopo un’occhiata veloce al biglietto, si girò e allontanò in fretta, gettando ancora rapidi sguardi all’uomo seduto, che si rigirava il foglietto in mano, fissando fuori da finestrino, con sguardo assente, qualcosa di terribile e misterioso che in realtà era dentro di lui. Gli occhi rivelano molto delle persone, come anche le mani. E infatti in quel momento nella sua testa era in corso una delle consuete tempeste di immagini, ricordi e suoni.Non ho più il controllo di me, impegnato come sono nel cercare di discernere scienza e sent iment i , atomi e pensier i , razionale e irrazionale…devo, devo…Gettò uno sguardo tutto intorno a sé, come per
riprendere possesso di
qualcosa che aveva perso. Scrutò attentamente tutti gli altri passeggeri. Di fronte a lui, alla distanza di un metro e 14 cm, sedeva una donna, 30 o 40 anni, molto curata. Ma un evidente dettaglio la tradiva: le m a n i , p i c c o l e e t o z z e s i m u o v e v a n o incessantemente, borsa, fazzoletto, poi tasca, caramella, cellulare e poi ancora borsa... la stessa frenesia si verificava anche negli occhi, piccoli e scuri come quelli di un roditore. Era lampante, la donna aveva problemi sentimentali, probabilmente tradiva il marito con il suo migliore amico e ora, non avendolo ancora confessato, era tartassata dall’angoscia. Il migliore amico, ecco il terribile cruccio del malinconico adolescente seduto nei primi posti della vettura. Si era accorto di provare proprio per lui, lo stesso ragazzo con cui aveva condiviso tutta la sua breve vita, un sentimento diverso e più complesso, forse il temuto amore. Lo stesso amore, oppure profondo affetto, che la madre, appoggiata appena al lato sinistro del giovane, provava per la figlia che purtroppo le aveva voltato le spalle, abbandonandola e lei, come una pianta senza acqua stava lentamente appassendo. Lo sottolineavano le sue mani, prematuramente rugose e secche, prive del lavoro di madre che le avevano temprate solo alcuni anni prima. Ora assomigliavano a quelle del vecchio spento, accasciato sul rettangolo di plexiglass che divideva a metà la vettura, il quale osservava affranto la fede infilata all’anulare, probabilmente ultimo ed effimero ricordo della donna, ormai morta, con la quale aveva condiviso l’intera vita. Su quest’ultimo gravava lo sguardo severo dello scrupoloso impiegato, ritto di fianco alla porta, un braccio teso e la mano saldamente appoggiata alla maniglia dell’autobus. Forse nel suo sguardo, fermo e affilato come la sua persona, si poteva scorgere un po’ di compassione nel riconoscere nel vecchio la stessa espressione stanca ma finalmente felice che apparteneva anche al suo anziano padre. E poi, infine, ancora l’uomo attraversato e avvolto dai grovigli di pensieri che invadevano l’abitacolo.Mi sembra quasi di vederle, tutte le loro riflessioni, che fluttuano e galleggiano qui, intorno a me, in mezzo alla miriade di atomi che compongono l’aria che respiro. Questi ultimi, seppur possano sembrare emblema del caos, sono allineati e costruiti secondo la perfetta regola della Natura. I primi, invece, si allungano e deformano in modo puramente irrazionale, attraversando l’ossigeno, l’azoto e i legami che li uniscono, adagiandosi in mezzo a tutto ciò che li circonda come la goccia d’inchiostro che lasciata cadere nell’acqua si
diffonde formando spettacolari anelli e nuvole bluastre. A volte mi sembra addirittura che i loro pensieri mi avviluppino in una morsa letale e mi penetrino addirittura nel cervello andando a sommarsi alla confusione che già lì regna. Ah, ecco un’altra volta! La tempesta delle mie idee mi sta travolgendo!Si alzò di scatto, le rotule scivolarono veloci sul menisco e tibia e femore si trovarono allineati. Stupefatto dalla perfetta meccanica del suo corpo mosse alcuni passi verso la porta e si preparò a scendere senza sapere né dove fosse né perché lo avesse fatto. La pura irrazionalità del pensiero. Restò immobile, facendo una leggera pressione sui talloni, verso l’interno della curva che l’autobus stava percorrendo, per neutralizzare la forza centrifuga e ristabilire il proprio baricentro in mezzo ai piedi e, quindi, mantenere l’equilibrio. Il mezzo iniziò a decelerare. Stesso procedimento, ripetuto nuovamente, ma questa volta l’uomo spinse il suo corpo verso il fondo del veicolo. Sì fermò. Egli si avvicinò alla porta e scese, con un breve saltello, dopo aver calcolato l’altezza del gradino, la distanza dal marciapiede e le altre varianti per poter ricadere perfettamente sul selciato. Un tonfo, un rombo. Anche senza girarsi l’uomo sapeva che l’autobus era ripartito, scarsamente colmo di individui ma decisamente affollato di pensieri. Un altro profondo respiro, questa volta inspirando dal naso: condotto nasale, trachea, bronchi, bronchioli, alveoli e poi di nuovo lo stesso percorso, ma a ritroso. Se si fosse concentrato sarebbe quasi riuscito a percepire distintamente i singoli atomi di ossigeno che entravano negli alveoli e da lì, si immettevano in un piccolo capillare, poi in una venuzza e infine in una grossa vena pulsante. Giunti al cuore sarebbero stati spinti nuovamente in circolo raggiungendo in breve tempo il cervello, la fonte di tutto. Semplici atomi, poi complessi e incontenibili pensieri. Il tutto miliardi di volte al giorno. Esausto, si accarezzò la barba nel senso contrario con il dorso della mano, alzando leggermente il mento, cercando di convincere i propri pensieri a cambiare direzione e a focalizzarsi su cosa fosse necessario fare. Con un leggero tremito del volto, avvicinò le spalle al mento, sistemò la sciarpa intorno al collo e rialzò il bavero del cappotto, cercando di proteggersi dall’aria pungente. Con un enorme sforzo, si concentrò e stabilì di trovarsi a pochi km da casa, indirizzò i propri piedi nella giusta direzione e poi riprese a rimuginare, distogliendo ogni attenzione da ciò che lo circondava.
Lo stridore metallico lo colse impreparato; un sussulto percorse le sue membra. Si trovava di fronte a una porta, alla porta di casa sua. Ma… come ci sono arrivato? Già, l’autobus, la strada, ora ricordo…Si sfilò la sciarpa e la appese con infinita lentezza all’appendiabiti. Poi si soffermò a osservare le proprie mani che sostenevano la stoffa con delicatezza.Come quelle della donna, della ragazza o del vecchio sull’autobus erano emblema del loro stato d’animo così, sicuramente, anche quelle dell’uomo ne rappresentavano i suoi sentimenti.Erano mortalmente candide, attraversate da grosse vene bluastre lunghe e sottili, fragili come le ali di una farfalla, un soffio di vento e sarebbero volate via,. Tremavano impercettibilmente. Le dita longilinee e quasi evanescenti erano sormontate da unghie curate che trattenevano la sciarpa, fluttuante nella corrente generata dalla porta aperta. Sembrava che le sue mani stessero per dissolversi nel Tutto che le circondava.Turbato dalla loro bellezza mortale, distolse lo sguardo e si sfilò il cappotto.Ma le mie mani sono pur sempre cellule e quindi concreti atomi. A tutto ciò che è materia si può dare una formula. Qual è, quindi, la formula chimica della loro bellezza mortale?Un sordo tonfo e la porta si chiuse, trattenendo all’interno tutti i suoi umani dubbi.
Agnese Anzani 3F
Pickford osservava il cielo notturno denso di stelle dalla balconata della stanza dalla quale era uscito, tentando di contarle. Non potevano essere finite, ciò avrebbe implicato la limitatezza del cosmo o peggio l'esistenza di un vuoto sconfinato, e lui non aveva neanche idea di quale delle due effettivamente potesse essere peggio; tuttavia enumerarle era divenuto quasi un tic inconscio in lui, in certa misura non era differente dal contare le pecore la sera: in entrambi i casi lo scopo non è averne una lista bensì usarle come diversivo.
« Signor ispettore, ci sono tutti » disse qualcuno da oltre la portafinestra alle sue spalle.
« Molto bene » commentò Pickford « Si va in scena ».
Quando rientrò si rese subito conto che la sua platea era molto ridotta rispetto a quante erano le sue attese: aveva di fronte appena una quindicina di lord inglesi contro gli oltre cinquanta che si aspettava « Nessun altro? ».
« No. Abbiamo meticolosamente passato in rassegna tutte le registrazioni. Questi sono gli unici che soddi-sfano i criteri da lei richiesti ».
« Parli come mangia, signor Donald » borbottò l'ispet-tore « Sapete tutti perché siete qui, suppongo ». Il si-lenzio che seguì all'affermazione diede a Pickford l'im-pressione di trovarsi di fronte a gente che il giorno pri-ma doveva essere rimasta a casa per malattia.
« Perché hanno rubato la collana della moglie di Wil-liam Defoe dall'esposizione di questa mattina » pro-ruppe di colpo un uomo alto e magro da un angolo della stanza, in prossimità della porta principale.
« Ma bene » sorrise beffardamente l'ispettore avvici-nandosi al suo interlocutore « Abbiamo già un sospet-tato? ».
« A dire il vero io non faccio parte della cerchia dei convocati » si schermì l'altro di rimando « Sono qui per portare il thè come maggiordomo ».
« Non è un po' tardi per il thè? ».
« Sì, lo è ».
« Ah, ok » Pickford si riportò al centro della sala « Ad ogni modo, come puntualizzato dal nostro theoforo, siete qui perché siete sospettati di essere responsabili di quest'efferato furto ».
« Ehm, signore, si dice tedoforo » intervenne l'assi-stente di prima « Sa, thèdos, la fiamma e tutto il re-
sto... ».
« Era un gioco di parole, Donald, non si ridicolizzi in pubblico » Pickford sospirò rassegnato all'idea di avere un aiutante di quel calibro « Riprendendo il discorso, adesso esporrò l'ipotetica dinamica dei fatti. Questa mattina la collana si trovava proprio nella stanza adia-cente a questa, sotto una pesante teca di vetro, al riparo da eventuali furti. Questo pomeriggio lord Smith affer-ma di aver trovato un furgoncino sospetto, parcheg-giato maldestramente appena sotto il palazzo dell'e-sposizione. Inutile specificare che esso stonava decisa-mente con il resto dei lussuosi mezzi di trasporto ap-postati nel medesimo luogo. Dico bene, lord Smith? ».
Un uomo dall'altro capo della stanza accennò in assen-so e l'ispettore proseguì nel suo racconto « Temendo si trattasse di un'autobomba sono stati immediatamente chiamati gli artificieri, che non hanno però riscontrato la presenza di alcun ordigno. In compenso, ben nasco-sta, vi era proprio la collana rubata in precedenza pro-prio lo stesso giorno. E qui giungiamo al nodo centra-le: chi è il proprietario di quel furgoncino e, di conse-guenza, il ladro della collana? ».
Non appena Pickford ebbe terminato di parlare prese piede un insistente vocio tra tutti i presenti: alcuni era-no indignati che si sospettasse di loro, altri lamentava-no di avere una vita impegnata e quindi di non poter presenziare a tali velleitarie riunioni, altri ancora deri-devano le forze dell'ordine colpevoli di aspettarsi che l'autore si facesse avanti spontaneamente. Volarono persino numerosi « perbacco! » all'indirizzo dei più svariati compagni di convocazione.
L'ispettore zittì imperiosamente tutte le voci « Silen-zio, caz–– volevo dire, acquietatevi miei lord. Presto vi sarà tutto chiaro, lasciate che vi esponga il mio filo lo-gico. Prima di tutto, sarete interessati a scoprire perché proprio voi vi trovate qui. Ma prima, gradirei che pro-vaste a rispondere a questa domanda: qual è la più grande debolezza dei lord inglesi? ».
D'istinto uno dei presenti si alzò e scattò verso Pickford con il pugno stretto, fermato tuttavia nella corsa da Donald che lo afferrò e lo strinse per evitare che aggre-disse l'ispettore, invitandolo poi a sedersi.
« Qualcuno qui è sciovinista, uh? Peggio dei franc–– sì, che c'è Donald? ».
« Signor ispettore, qui non gradiscono essere parago-nati ai francesi. Sarebbe meglio, ehm, sorvolare sull'ar-
La cosa si fa intrigante
gomento. Dovrebbe sapere anche lei che gli inglesi so-no molto nazionalisti ».
« Ah, molto bene. Tornando a noi, la risposta è qua-rantad–– volevo dire il thè, miei cari » Pickford gettò uno sguardo divertito al theoforo di prima « Gli inglesi ne sono ossessionati, si può dire che siano feticisti nei suoi confronti. Non solo i lord ma tutti gli anglofoni non mancano di bere la loro quotidiana tazza alle cin-que del pomeriggio. E qui sta il punto: come potrete forse ricordare proprio a quell'ora, periodo in cui si sti-ma sia stata sottratta la collana, era stata indetta una pausa nelle esposizioni per ritrovarsi in sala da pranzo a bere thè. Tutti i partecipanti a questo convegno di am-miratori di Defoe vi hanno preso parte, eccettuati voi ».
Vi fu un vociare sommesso per qualche istante di gente che accampava le scuse più varie per giustificare la pro-pria assenza, ma di nuovo Pickford lo soffocò « Silen-zio, caz–– volevo dire, acquietatevi miei lord. Non ho ancora finito: appurata la ragione per cui siete stati riu-niti qui, c'è ora da esaminare il dettaglio che risolverà rapidamente questo caso. Lord Smith, le spiace infor-mare i presenti riguardo la modalità di parcheggio del furgoncino? ».
« Naturalmente. Era in senso opposto a quello di tutte le altre auto della strada ».
« Questo può voler dire solo una cosa: il ladro in que-stione ha guidato nel senso sbagliato » questa afferma-zione sorprese all'incirca tutti « Qui a Londra si guida rimanendo sul lato sinistro della strada, ma ciò avviene solo nel Regno Unito: nel resto del mondo il lato cor-retto è quello destro, ed esso è anche il lato che è stato seguito dal furgoncino per parcheggiare in quell'insoli-ta posizione. Il nostro colpevole è per forza uno stra-niero in visita per partecipare al convegno evidente-mente non abituato a guidare tenendo la sinistra. E qui arriviamo a lei, lord Polovskji ».
L'uomo, indicato platealmente da Pickford, per qual-che istante non reagì; dopodiché sorrise e replicò « Ben arguito, signor ispettore. C'è però un fatto di cui non ha tenuto conto ». Detto ciò rimosse il suo volto gommoso per rivelare un paio di folte ciglia e una lun-ga chioma bionda.
Pickford rimase totalmente attonito, indietreggiando in direzione di Donald per consultarsi con lui. Fu a quel punto che salì in cattedra lord Smith, uomo curioso e uso a fumare – una delle due l'avrebbe certamente condotto alla morte un giorno « Direi che quest'ulti-ma rivelazione parla da sé, signori ».
L'ispettore osservò quello che poco prima era solo un prezioso testimone e che ora lo stava rimpiazzando nello show con innaturale timore « Smith, che va di-cendo? ».
« Questa persona è ovviamente coinvolta nell'irrisolto caso della scomparsa delle pin-up aperto ormai da anni, e certamente andrà condotta in centrale per ulteriori accertamenti » Smith osservò l'imputato nuovamente « Tuttavia è una donna. Come tutti ben sanno le don-ne sono incapaci di guidare, quindi secondo la ricostru-zione dei fatti operata dal signor Pickford lei è scagio-nata in automatico ».
L'ormai ex-Polovskji si sedette soddisfatta sulla propria poltrona mentre gli altri spettatori commentavano la piega che l'insolito mistero stava prendendo.
« Ciononostante » proseguì l'uomo nella sua arringa « questo caso è tutt'altro che da archivio. Sono convinto che qualcuno qui dentro sappia qualcosa che noi anco-ra non sappiamo ».
Dopo pochi secondi di quiete soprannaturale si alzò in piedi un signore sulla quarantina, visibilmente nervoso e preoccupato per la futura rivelazione e restio a condi-viderla con il mondo.
« Ah, lord Brown. Prego, parli pure ».
« Penso di sapere chi è stato. Se vuole posso farlo en-trare, non credo abbia ancora abbandonato il palazzo ».
« Ma naturalmente. Signor Donald, lo scorti per evitare che tenti la fuga ».
I due lasciarono la stanza per ritornare dopo pochi mi-nuti. Al flebile comando di lord Brown « entra » attra-versò la porta il nuovo uomo. Smith lo squadrò da ca-po a piedi, dal volto di purosangue con immense narici al collo che riprendeva sembianze umane al comunissi-mo corpo. I presenti si ritrassero sconvolti mentre il sospetto respirava con vigore trattenendo tuttavia qualsivoglia nitrito che potesse in qualche modo tra-dirlo o spaventare ulteriormente gli altri invitati, che frattanto avevano ripreso a consultarsi tra loro visibil-mente sconvolti.
L'ispettore, con coraggio, prese la parola rivolgendosi a lord Brown « E questo cosa dovrebbe significare? Chi è questo... coso, e da dove salta fuori? ».
Smith, ancora impassibile, estrasse la propria pipa per-sonale e armeggiò con il tabacco fino ad accenderla « La cosa si fa intrigante ».
Alessandro De Gennaro 4c
“Spam”, click destro, cestina. “Spam”, click destro, ces-
t ina. “Spam”, c l ick destro, cest ina.
Secondo indirizzo, posta in arrivo: nessun nuovo mes-
saggio. Il ragazzo sospira e chiude il portatile. Nella
stanza cala il buio, la luce dello schermo era la sola luce
ad illuminare la stanza. Rimane seduto alla scrivania,
davanti al computer chiuso, nell’oscurità. Respira con
gli occhi chiusi, ha il respiro di chi sta per piangere.
Prende fiato profondamente e si alza. Entra in bagno,
accende la luce e rivolge uno sguardo triste allo spec-
chio. “Perché?”, pensa ad alta voce. “Perché, perché,
perché, perchè sei così stupido?”. Ha gli occhi rossi, si
appoggia al lavandino e fa scorrere l’acqua fredda.
“Come fa lei a sapere che sei tu se non usi il tuo ac-
count?!”. Acqua fredda. “Però potrebbe almeno ris-
pondere”. Invece alle mail anonime del ragazzo non è
arrivata mai una sola risposta. Ritorna verso la scriva-
nia asciugandosi la faccia. L’unica stanza funziona da
cucina, sala da pranzo, camera da letto e studio; una
libreria in acciaio scherma la zona notte dai fornelli.
Lancia l’asciugamano bagnato sul divanetto, riapre il
computer.
Apre una seconda volta il secondo account, quello
anonimo, posta in arrivo: nessun nuovo messaggio.
Apre il primo, posta in arrivo: 1 nuovo messaggio. È
Enrico, il suo “aggancio” nella redazione della rivista,
che gli dice che l’ultimo componimento è piaciuto al
direttore che ha deciso di dedicargli una rubrica; in
post scriptum chiede quale è il suo segreto, poi ha
messo un’emoticon che strizza l’occhio.
La notizia è una buona notizia, ma il ragazzo riesce a
malapena a sorridere. Il sorriso scompare quando con-
trolla per un’ultima volta prima di spegnere la seconda
m a i l : n e s s u n n u o v o m e s s a g g i o .
A Enrico risponderà domattina, pensa svestendosi, ac-
cetterà l’offerta. Continuerà a scrivere le poesie e al-
meno così qualcuno le continuerà a leggere. Sorride
amaro, per la seconda volta, nel buio solitario del suo
monolocale. La luce ha appena iniziato a filtrare della
tapparella abbassate, il ragazzo è seduto alla scrivania,
si è svegliato molto presto con un impulso irrefrenabile
a scrivere. Scrive poesie d’amore. Il ragazzo scrive solo
poesie d’amore, solo poesie d’amore per una ragazza.
Alla ragazza poi le manda, con la seconda mail, in
forma anonima. Le manda anche a Enrico, che le pub-
blica sulla rivista. Ma al ragazzo non interessa pubbli-
carle, e risponde con poco entusiasmo all’offerta di
Enrico, al ragazzo non interessano altro che la sua poe-
sia e la ragazza di cui la sua poesia parla: reindirizza
allo spam tutte le mail che arrivano al primo indirizzo e
non aspetta altro che le mail che non arrivano al sec-
ondo. Ma ora, scrivendo, il ragazzo è felice, pensa che
questa sarà la volta buona, questa volta lei gli rispon-
derà, lei capirà quanto lui la ami, quanto lui la abbia
sempre amata. Scrivendo vede il riflesso di lei sul suo
schermo, lei che sta leggendo la sua poesia e sorride, e
ha un sorriso bellissimo. Adesso sta per parlare, apre la
bocca e pronuncia la prima parola. Punto. La poesia è
finita. Il ragazzo si riversa sulla sedia, gocce di sudore
gli rigano la fronte. È felice. Si alza e si dirige verso la
porta, sta per aprire quando si blocca. Guarda nello
spioncino, controlla che il corridoio sia vuoto. Ha paura
di incontrarla, la stessa paura che ha di usare la sua
vera mail. Controlla sempre dallo spioncino prima di
uscire, lei abita il monolocale di fianco, si sono incon-
trati qualche mese fa. Solo per pochi secondi, ma che
sono rimasti impressi nella memoria del ragazzo in
maniera indelebile; lei lo ha salutato, ha sorriso im-
barazzata ed è scomparsa nell’appartamento.
"E, giunto al fin della licenza, io tocco" (o spammo…)
Cyrano De Bergerac
AND THE
WINNER IS...
Il vostro giornalino preferito presenta il racconto
vincitore del premio Mario Santi, il concorso letterario
organizzato dalla scuola in ricordo di Mario Santi, alunno
del Volta, aperto a tutti i giovani scrittori.
Posta in-desiderata
La seconda volta si sono scontrati per caso in corridoio
all’università, dove non si erano mai notati prima, e
hanno sorriso senza sapere cosa dire.
Ha iniziato lei il discorso: “Sai, siamo vicini di casa”
“Sì…”
“E andiamo anche alla stessa facoltà…”
“Già…”
“Beh magari ci potremmo vedere o sentire qualche
v o l t a , b u s s a q u a n d o t i p a r e . ”
“Ok…”
“Oppure puoi mandarmi una mail.”
Si sono scambiati gli indirizzi e salutati. Lui si è nas-
costo subito dopo l’angolo, ed è rimasto fermo schiac-
ciato contro il muro; ma ha preferito solo immaginarla
voltata verso di lui all’altra fine del corridoio, non è
riuscito a prendere il rischio di guardare indietro e
trovarla girata, o non trovarla più.
“Non ti ha risposto, quindi?”
“No”
“Nemmeno una volta?”
“Nemmeno”
“Ma ti conosce? Sa chi sei?”
“Si, cioè no, in un certo senso, però è complicato da
spiegare”
“Ma come può essere complicato?”, l’amico del ra-
gazzo si alza dalla sedia, “Mi dici che sei innamorato,
che non dormi la notte, non fai altro che scrivere e
scrivere poesie su di lei, e poi mi dici che non vi cono-
scete neanche.”
Il ragazzo rimane seduto al tavolo, presta poca attenzi-
one alle domande dell’amico, è rimasto alzato tutta la
notte precedente in attesa di una risposta.
“Ma sì, ci conosciamo, comunque non è questo il prob-
lema.”
L’amico batte le mani sul tavolo di legno: “Però la
ami!”.
“Sì!, sì la amo…”
“Senti io non ci capisco niente, so solo che non devi
lasciarti abbattere così, devi ricominciare a uscire, devi
tornare in università, saranno due mesi che non ti
vediamo pi..”
“Ma sì! Hai ragione!” esclama il ragazzo, saltando in
piedi.
“Ecco questo è lo spirito, usciamo!” Si alza anche
l’amico.
“Macché uscire! Devo scrivere, scrivere ancora, scriv-
ere di più, una poesia ancora più bella! Questa è la
volta! Lo sento,
è la volta!”
“Cosa? Che volta? Senti basta con le stramberie, us-
ciamo ti prego!”
“No, no, senti, grazie della visita, ma io ora devo scriv-
ere, ci sentiamo!”
Il ragazzo accende il computer e si zittisce, nella stanza
per qualche minuto si sente solo il rumore della tast-
iera, dita che battono velocemente sulla tastiera del
computer.
L’amico del ragazzo è rimasto in piedi davanti al tavolo,
imbarazzato: “Allora io vado”. Battiti in risposta.
L’amico da qualche secondo fermo, nel corridoio alla
porta dell’appartamento, quando esce dalla porta di
fianco una ragazza. Si dirigono verso l’ascensore. Lui
preme il pulsante di chiamata.
Ragazza carina. Prende coraggio: “Abiti qui?”.
“No”, guarda le porte di metallo.
“Neanche io, un mio amico abita qui. In visita a par-
enti?” Arriva l’ascensore, i due entrano.
“No, un’amica anche per me: problemi di cuore”, si
gira verso di lui e sorride.
“I peggiori per molti.”
“Vero”, si rigira verso le porte metalliche.
“E il tuo intervento ha avuto successo?”
“Spero, alla fine si è calmata.”. Le porte dell’ascensore
si aprono al pianoterra.
Lui la guarda attentamente e la ascolta distrattamente.
“È tutto per un tipo che ha incontrato in università, ma
lui non sembra prenderla neanche in considerazione. Si
sono parlati una sola volta e poi non si sono più sentiti.
Non lo vede più neppure in università ora, sembra sia
sparito.”
“Aha”, lui continua a guardarla mentre camminano
verso l’uscita.
“Come se non bastasse uno stalker ha iniziato a inta-
sarle la mail. Lei si limita a rigirarle nello spam ma io le
ho consigliato di chiamare la polizia. Prima ne abbiamo
aperta una, c’era una poesia d’amore! Ti rendi conto?
In giro c’è della gente davvero malata.”
Si ferma, e lo guarda, aspettando una risposta.
L’amico del ragazzo ricambia lo sguardo, senza dire
nulla. Apre la porta d’ingresso del condominio:
“Malata… Sì.”. Guarda di nuovo la ragazza. Davvero
carina.
“Ti va un caffé?”.
Simone Paci 4G
I momenti scorrere non sembravano; vittime, antichi fusti immobili.
I tic-toc d'orologio tormentavano gli animi di agnelli innocenti e nobili.
Il panico affiorava negli sguardi dei sacrificati pel sopravvivere dei restanti, ignobili e codardi
che appunti non han mai voluto scrivere.
Ora i condannati terrorizzati sono tornati in mezzo ai propri amici,
per il voto alcuni traumatizzati.
Ma adesso tocca anche ad altri infelici: dal dado o dalla carta son vocati
e davanti al professor paion dei mici.
Andrea Locaspi 3G
POESIE
Lorenzo Miano 4
H
Guardai il quadrante dell'orologio, poi spostai lo sguar-do alla strada davan� a me. Mi trovavo so�o il tendone an� pioggia davan� l'ingresso di un ristorante del cen-tro. Ero arrivata lì cinque minu� prima ed ora aspe�avo il mio ragazzo. 'Probabilmente il traffico è rallentato a causa della pioggia' pensai. Mentre con�nuavo ad aspe�are, mi si avvicinò un ragazzo alto, biondo scuro, con i capelli un po' arruffa�, due intensi occhi verdi ed un volto che a prima vista trovavo intelligente e curioso.
Mi guardò, sorridendomi e disse semplicemente: “Vogliamo entrare?”.
Non so come mai ma era come se sen�ssi di dover en-trare con questo sconosciuto. Invece lo guardai e dissi: “Guarda, � stai sbagliando, io sto aspe�ando il mio fi-danzato.” “Lui non verrà.” mi disse “allora?” finì, guar-dandomi. Feci un passo verso di lui ed entrai incuriosita e al contempo rilu�ante, mentre lui teneva la porta. Il ragazzo mi seguiva, fece un cenno al maître, come se si conoscessero da una vita e questo ci accompagnò ad un tavolo rotondo per due. Ci sedemmo, fissai il ragazzo davan� a me con aria interroga�va. “Chi sei? Come � chiami?” chiesi io subito, “Questo non ha molta impor-tanza” mi disse lui, enigma�co.
Il maître ritornò da noi, accese la candela che si trovava nel centro del tavolo e ci porse due menù.
In un silenzio un po' imbarazzante li sfogliammo. Quan-do chiusi il mio, il ragazzo mi disse: “Vuoi prendere il file�o al pepe verde vero? Poi stai già pensando al �ra-misù.”. Lo guardai sorpresa, aveva esa�amente indovi-nato ciò che avevo intenzione di prendere... “C... come hai fa�o? Tu... tu leggi il pen... pensiero?”. Lui rise, pro-babilmente diver�to dalle mie domande, quindi mi dis-se: “No no... semplicemente tu oggi devi prendere que-ste due pietanze” “Come... come DEVO prendere ques� due pia8?” “Ti spiego...” iniziò lui con un sorriso sulle labbra “ma prima, ordiniamo!” concluse, proprio men-tre il maître si stava avvicinando a prendere le ordina-zioni.
Lui prese un riso�o, io quello che “dovevo” prendere; il maître se ne andò e il ragazzo tornò a parlare: “Inizialmente devi sapere che sono poche le persone che sanno le cose che � sto per dire... probabilmente resterai sorpresa ma quello che � sto per dire è la veri-tà.” Io annuii, quindi con�nuò così: “Devi sapere, oggi il tuo ragazzo non verrà a questo appuntamento, fra cin-que minu� avrà un incidente, in questo momento sta parcheggiando a due isola� da qui e, come � ho de�o, fra cinque minu� una macchina guidata da un drogato ricercato dalla polizia lo inves�rà. Ma questo sarà il suo ul�mo omicidio. Il sacrificio del tuo fidanzato è necessa-
rio: se non venisse arrestato, l'uomo che inves�rà il tuo ragazzo, dopodomani ucciderà dodici persone e ne feri-rà cinque sparando all'impazzata in una piazza so�o l'effe�o di stupefacen�.”
Ero semplicemente sconvolta, l'unica cosa che riuscii a dire fu: “Tu... tu... mi stai dicendo che fra pochi minu� il mio ragazzo morirà?!”. Non mi disse niente, ma mi guardò con occhi tris�... non c'era bisogno di parole...
Il maître ci portò la prima portata, interrompendo quei secondi di imbarazzante silenzio.
“Ma ora... parliamo di te...” iniziò lui, io lo guardai spa-ventata ma mi rassicurò con un debole sorriso quindi con�nuò: “Tu, se non sbaglio stai studiando fisica all'u-niversità vero?” “Non credo tu abbia bisogno di confer-me, vero?”. Gli sorrisi in modo sarcas�co, lui mi rispose con uno sbuffo. “Oggi in questo ristorante tu hai ordina-to del �ramisù... Tu sai che nel �ramisù c'è il mascarpo-ne?” Io annuii. “Beh, sai che il mascarpone è preparato con le uova crude...” Io iniziai a capire, un'espressione spaventata si dipinse sul mio volto, lui se ne accorse e mi rassicurò con un altro dei suoi sorrisi: “No, non mori-rai oggi... però finirai all'ospedale... Perché DEVI finire all'ospedale oggi...” Lo interruppi chiedendogli: “Cosa succede se mi rifiuto di mangiare quel �ramisù?” “È scri�o che oggi finirai all'ospedale, quindi se � rifiu� a mangiarlo, in qualche altro modo ci finirai in quel le�o... Ma tu�o ciò è necessario per un fine più... più... più grande, ecco.” Stavo per interromperlo, ma lui mi bloccò con una mano. Il maître venne a prendere i pia8 ormai vuo�. “Non interrompermi, � prego... Ti dico solo che all'ospedale conoscerai una persona nella tua stanza d'ospedale. Se lo vuoi sapere diventerà tuo marito, comunque dopo aver lasciato l'ospedale farete coppia fissa per tu�a la vita, in par�colar modo nel vo-stro lavoro di ricercatori che vi porterà a raggiungere una delle più importan� scoperte dell'umanità. DOVETE incontrarvi, capito?”
Il maître ci portò il dolce: per lui una torta di mele e per me il fa�dico �ramisù.
Guardai il mio dolce. Era... era... era des�no che io lo mangiassi. 'Ti hanno appena de�o che farai una delle più importan� scoperte della storia... Non morirai...'
Mentre la mia mente era in subbuglio, il ragazzo aveva già finito la sua fe�a di torta e si era alzato... Stava per andarsene quando io gli dissi: “Mangerò il �ramisù... ma tu, � prego, dimmi... Chi sei?”
Mi sorrise ancora, i suoi occhi verdi incontrarono i miei: “Solitamente mi chiamano... Des�no.”
Giorgio Bondì 3H
Appuntamento col destino
L'autunno è tempo di manifestazioni. Tre (al momen-
to in cui scrivo), il 7 e il 14 ottobre e il 4 no-
vembre, hanno infiammato il cosiddetto “autunno
caldo”. Le manifestazioni sono basate su motiva-
zioni forti e propositive. In breve. Il governo,
data la necessità del pareggio di bilancio nei
prossimi anni, sta operando massicci tagli alla
spesa pubblica. La manifestazione contesta le scel-
te relative ai settori in cui ridurre i finanzia-
menti obiettando che i tagli all'istruzione sono
controproducenti per la crescita del paese tanto
richiesta per uscire dalla crisi. Propone quindi
una ricetta alternativa indicando da quali settori
prendere i fondi necessari all'azzeramento del de-
ficit.
Sono totalmente d'accordo con le basi delle prote-
ste: tuttavia ritengo che questi scioperi autunnali
siano stati, in gran parte, privi di significato.
Da quando sono in prima, ogni anno le manifestazio-
ni avvengono a periodi fissi; inizio ottobre, fine
novembre-inizio dicembre, gennaio-febbraio e a vol-
te a marzo. Nessuna più avanti nell'anno scolasti-
co. Questa cadenza così scandita e preordinata, che
prescinde dai contenuti delle leggi riguardanti
l'istruzione, fa pensare alle proteste più come un
rito che come un atto volto a cambiare lo stato
delle cose. Le manifestazioni diventano tali perché
purtroppo hanno un dannatissimo pregio: sono diver-
tenti. Molti degli studenti vanno in manifestazione
perché il corteo offre notevoli divertimenti e op-
portunità per “balzare” un giorno di scuola, coa-
lizzarsi contro un nemico comune e staccare dalla
quotidianità. Tuttavia se questi comportamenti di-
ventano i motivi più o meno occulti per protestare,
l'intera protesta perde di significato; la manife-
stazione non è più uno strumento di rivendicazione
di diritti e di espressione di opinioni ma si ridu-
ce a semplice occasione di divertimento e di svago
che gli studenti si prendono.
Secondo me, la manifestazione ha senso solo se è un
“atto d'amore” nei confronti della scuola
stessa, intesa sia come istituzione sia come edifi-
cio fisico. Lo studente che protesta è interessato
al buon funzionamento della scuola, cerca di avere
un'istruzione di qualità rispettando l'istituzione
scolastica in tutte le sue parti buone e contri-
buendo a migliorare le sue parti peggiori.
Qui però si delinea l'ipocrisia nella gran parte
degli studenti (me compreso) che protestano per mi-
gliorare la scuola e non solo per “balzare”. Ognu-
no di noi infatti compie ogni giorno piccoli atti,
impercettibili, che umiliano la scuola, le tolgono
dignità. Quando sporchiamo le classi in cui studia-
mo, ridicolizziamo una lezione, imbrattiamo i muri,
partecipiamo scarsamente alle iniziative di appro-
fondimento, stiamo contribuendo a svilire l'istitu-
zione, a mortificare la scuola che cerchiamo di di-
fendere in manifestazione. Una protesta forte e ra-
dicata contro i tagli deve anche fondarsi su questi
piccoli gesti di attenzione verso l'istituzione te-
stimoniando che, nonostante il continuo svilimento
della scuola da parte dello Stato, noi continuiamo a
rimanere attaccati all'istituto in aperta controten-
denza con la riforma da poco introdotta.
Così la manifestazione, sostenuta da un coerente
comportamento quotidiano, sarebbe presa sul serio,
non più inascoltata perché rituale privo di signifi-
cato. Diventerebbe un momento per esprimere la no-
stra indignazione verso le politiche scolastiche
attuali e porterebbe valore al dibattito politico,
arricchendolo con le posizioni di chi la scuola la
vive tutti i giorni e la rispetta. Porterebbe i ri-
flettori sul “problema scuola” e forse il cittadi-
no comune che non la frequenta, a partire dall'esem-
pio di chi la frequenta e la valorizza, prenderebbe
coscienza della grande importanza della scuola stes-
sa e farebbe pressione affinché migliori e continui
a divulgare cultura e a formare futuri cittadini.
Stefano Schmidt 3G
La Rivoluzione
©Matteo Barcaro 3^A
I neozelandesi sono figli di galeotti e puttane,
direbbe mio nonno.
In realtà non andò proprio così, principalmente
perché quella è l’Australia, nonostante per noi
siano un po’ la stessa cosa.
Fatto sta che, reduce da quattro mesi nella terra
dei kiwi, Australia e Nuova Zelanda hanno smesso
di essere rispettivamente quel coso grosso in
basso a destra della cartina e quella cosa piccola
che è talmente in basso e talmente a destra che
nella cartina non c’è proprio.
Non se si vi capiterà mai di andare in Nuova Ze-
landa, e se succederà sicuramente vi sarete scor-
dati di questo articolo. Cazzi vostri, perché que-
sta è la guida alla sopravvivenza per l’italiano me-
dio nella terra dei kiwi.
Iniziamo dal principio. Vi trovate sull’aereo, clas-
se Economy (se siete nella Business girate pure
pagina, siete ricchi, non avete bisogno di una stu-
pida guida).
Dicevamo, classe Economy, che in parole povere
significa che non dormirete un minuto, ed ecco,
che mentre invano cercate di trovare la posizione
rem che faccia sì che vi risveglierete solo a de-
stinazione, inizierà a ronzarvi nella testa una
semplice domanda: “Ma perché cazzo ho scelto di
andare in Nuova Zelanda?”. Le possibili risposte
sono due. Se avete dei prof pronti a torturarvi al
vostro ritorno, la risposta è: “Perché sono un i-
diota”, altrimenti non lo so, visto che a me andava
benissimo la risposta numero uno.
Fortunatamente sulla tv dell’aereo la scelta è va-
sta, dai famosissimi classici cinesi, alle registra-
zioni dei concerti di band cinesi, fino ai documen-
tari sui cine... sugli animali, fatti dai cinesi.
Durante il viaggio lo scalo a Singapore è
d’obbligo, dove potrete intrattenervi giocando a
rugby dentro l’aeroporto, rischiando di farvi ar-
restare, o farvi stritolare i piedi dalla macchina
massaggiatrice che vi lascerà liberi solo quando
vuole lei. Lo scalo a Dubai è invece consigliato ai
deboli di stomaco, che non gradiscono noddles e
pesce fritto alle 6 di mattina e salviette calde
dall’odore putrefatto.
Fatto sta che prima o poi, salvo attacchi terrori-
stici, sarete arrivati in Nuova Zelanda, dove vi
aspetta, subito dopo l’atterraggio, la prima sor-
presa. Quel manto di neve che copriva tutto è in
realtà un gregge infinito di pecore (per chi non lo
sapesse il rapporto persone-pecore li è 1 a 8).
La seconda sorpresa teoricamente avreste già
dovuto metterla in conto, ma assimilarla è tutta
un’altra cosa, tutti parlano inglese. Mi spiego me-
glio, tutti parlano inglese per davvero ed è quello
il momento in cui ti accorgi che forse parli meglio
latino (no dai, non diciamo cazzate).
Da quando sarete usciti dall’aeroporto, quello che
succederà di voi è difficile da dire, se non che
sicuramente cederete al fascino tamarro della
tuta della Canterbury, che proverete a calciare
un pallone da rugby con risultati pessimi e che
diventerete delle palle a furia di mangiare
fish’n’chips.
Vi lascio però qualche accorgimento che potrà
risultarvi utile:
-Non tappate i tubetti di dentifricio, ma soprat-
tutto non chiedete perché.
-Ogni Kiwi conosce la parola “vaffanculo”, quindi
se dovete dirgli qualcosa facendo finta di chiede-
re l’ora siate più originali (gay non è una buona
idea).
-L’uso dell’espressione “fucking kiwi” è molto
sconsigliata, se non volete tro-
varvi schiacciati da un’intera
squadra di rugby.
-Fate un salto al Cosmic Cor-
ner. Un nome, un proget-
to.
-Poca confidenza coi Ma-
ori, soprattutto con
quelli che vi chiedono se
avete mai accoltellato qual-
cuno.
-Ricreation è una materia scolastica e non è un
false friend.
-“Sweet as” non vuol dire che avete un bel culo.
-Se vi offrono della “pizza with pineapple” vi
stanno offrendo veramente la pizza con l’ananas.
Kiwiland
Pietro Fasola IV H
A metà giugno dell’estate scorsa tu� i fan della saga di
Harry Po�er sono anda� in fibrillazione per... una
schermata vuota. Ecco cos'era Po�ermore all'inizio di
tu�o.
I diversi si� dedica� a Harry Po�er e ai suoi fans
invitavano ad una caccia al tesoro virtuale sul sito
“Secret Street View” per avere informazioni sul nuovo
proge�o della Rowling dedicato al celebre maghe�o.
Risol� gli enigmi si o�eneva l’indirzzo web del
misterioso sito “Po�ermore”.
Su Twi�er nel fra�empo si rivelava che il 23 giugno ci
sarebbe stato un annuncio ufficiale della scri�rice che
avrebbe raccontato il nuovo proge�o.
Per un mese e mezzo il web si è scatenato cercando di
scoprire cosa fosse Po�ermore: un MMORPG, un Social
Network, un nuovo libro (cosa subito smen�ta),
un'enciclopedia online intera�va, uno store online per i
libri, una caccia a tesoro nel mondo reale collegata con
JKR Rilancia
Il pomeriggio del 20 ottobre stavo comodamente leggendo un
libro sdraiato sul mio letto. Alle 18:30 circa mia madre è tornata
a casa e mi ha detto: “Ma lo sai che è morto Gheddafi?”. “No”,
ho risposto disinteressato in quanto pienamente assorto nella
lettura. Era vero, non lo sapevo, quel giorno non avevo toccato
né televisione né altro, e inizialmente la notizia non ha suscitato
in me grande interesse. Poi la mia lettura ha incominciato a
essere ostacolata, pensavo fosse perché, come al solito, mi
stavo addormentando. Invece no, quella volta il mio cervello
aveva deviato completamente la sua attenzione, indirizzandola
alla morte del dittatore libico. “Voglio saperne il più possibile” ho
pensato, e incredibilmente decisi di vedere interamente e atten-
tamente un telegiornale, nonostante la mia riluttanza a sentire
di continuo notizie orribili. Così mi sono alzato dal letto e sono
deambulato verso un televisore, ho acceso il suddetto e ho
messo sul Tg3, l’unico in onda in quel momento e, francamen-
te, l’unico serio insieme al Tg di La7, su cui sarei approdato più
tardi. Purtroppo sono arrivato tardi ed erano passati ad altre
notizie. Allora ho atteso la fine sperando in qualche aggiorna-
mento, ma sono rimasto deluso, parlavano dello stato d’animo
nelle file dei ribelli e non della dinamica della morte del dittato-
re, di cui ero molto più interessato. Ho aspettato così l’inizio del
Tg di Mentana, mia ultima spiaggia per scoprire cos’è succes-
so. Dopo qualche minuto è partita la trasmissione, Mentana ha
fatto la solita brevissima scaletta delle notizie del giorno e ha
m a n d a t o i t i t o l i .
Finalmente ho scoperto cos’era successo: Gheddafi è stato
ucciso mentre cercava di fuggire da Sirte, la sua ultima rocca-
forte, mentre era in un tunnel. Pare che le sue parole quando
l’hanno trovato siano state: “Non sparate”, poiché era ferito alle
gambe. Non si sa chi o cosa l’abbia ucciso, anche se pare gli
abbiano sparato nonostante le sue suppliche, si sa però che
stavano correndo all’ospedale per curarlo quando è morto.
L’aver scoperto che la morte del rais può essere stata un’ese-
cuzione mi ha lasciato un senso di disgusto, in quanto odio il
fatto che venga uccisa della gente, chiunque essa sia, perché
credo che non si debba mai privare una persona della sua vita,
e in questi casi, ci sono altri motivi per lasciarli vivere. Già molti
dittatori sono stati uccisi appena catturati, basti pensare a Mus-
solini, che è stato pure appeso per i piedi in piazzale Loreto.
Nonostante tutto ciò che è stato fatto dal fascismo, resta un
gesto veramente disgustoso, perché a quel punto si passa dalla
parte del torto con la massima ignominia.
Poi ho ripensato a ciò che ho sentito al Tg, al fatto che l’esecu-
zione potrebbe essere stata fatta per far andare i segreti del
dittatore con lui nella tomba. Non avevo minimamente pensato
a questa eventualità, sono sempre stato, e forse lo sarò per
sempre, uno stupido ragazzo che crede nel fatto che i potenti
agiscono per il bene di tutti, non per fare in modo che possano
rimanere sempre al proprio posto, anche se, mi rendo conto
che se qualcuno vuole fare il bene di tutti deve cercare di stare
il più possibile di stare al proprio posto (non fraintendetemi, ciò
non vuol dire che Berlusconi deve rimanere dov’è, scusate l’in-
terruzione). Sentire queste parole mi ha fatto sentire ancora più
male, per i motivi di cui sopra, e non sono riuscito a trattenere
un accenno d’ira nel pensare che qualcuno abbia tolto Ghedda-
fi dalla punizione che meritava per pararsi il posto, altra dimo-
strazione che la gente comune non può sapere determinate
c o s e .
Intanto mia madre stava preparando la cena, ho apparecchiato
la tavola, mi sono sistemato per vedere la replica del Tg e fare
un’analisi più accurata. Così ho sentito per la seconda volta le
notizie, ma le mie opinioni non sono cambiate, sono rimasto lo
stesso di prima, un po’ più arrabbiato con il mondo, ma pur
sempre lo stesso, e ne sono rimasto abbastanza lieto, era me-
glio evitare di pensarci. Così ho incominciato a mangiare impe-
gnando la testa con il cibo, argomento molto più interessante e
importante di un dittatore. “Meglio così” ho pensato di nuovo.
Andrea Piazza IF
20 ottobre
un gioco online?
La risposta? Po�ermore rappresenterà un’esperienza di
le�ura completamente nuova, alla quale
contribuiranno gli stessi le�ori, che perme�erà ai fan di
tu�o il mondo di addentrarsi nel mondo di Harry
Po�er, scoprendo ulteriori de�agli sulla storia e i suoi
personaggi. Sarà inoltre il sito ufficiale dove poter
scaricare gli ebook e gli audiobook digitali ufficiali e
dove inoltre troveremo molte informazioni sul mondo
del maghe�o che JKR aveva tenuto segrete; sarà
completamente gratuito e disponibile in italiano.
Po�ermore, dice la Rowling nel comunicato ufficiale,
sarà aperto a tu� a par�re da o�obre, [apertura ora
rimandata a data da des�narsi - n.d.a] ma ad alcuni
fortuna� sarà offerta la possibilità di entrare in
anteprima per contribuire a creare l’esperienza.
Basterà… Seguire il gufo. Buona fortuna!
La Rowling ci lascia così, con questa frase sibillina e un
secondo appuntamento fissato per il 31 luglio, giorno
del compleanno del maghe�o.
Quel giorno milioni di fan hanno le�eralmente intasato
il sito per scoprire quale fosse la sorpresa dell'autrice:
la sfida della Piuma Magica. Risolvendo un quesito
numerico legato ad alcuni de�agli presen� nei libri si
o�eneva il link per accedere alla pagina di iscrizione.
Dal 31 luglio al 6 di agosto, tu� i fortuna� che sono
riusci� a trovarla (tra cui me n.d.a.), hanno avuto
l'opportunità di iscriversi al sito e di accedervi in
anteprima.
Finalmente, il 15 agosto, vengono spedite le prime mail
di benvenuto che perme�evano di entrare nel sito...
Purtroppo per evitare che entrassero tu� insieme le
mail sono state scaglionate in diverse se�mane (la mia
ad esempio è arrivata il 9 se�embre).
Ecco quindi che arrivo alla recensione vera e propria...
Quando entri in Po�ermore � trovi a vivere come un
personaggio l’intera vicenda di Harry. Ogni libro (per
ora è possibile giocare solo con La Pietra Filosofale) è
suddiviso in capitoli e ques� sono suddivisi in
“momen�”. Disegni, immagini che rappresentano quel
momento. Ciò che devi fare in ques� momen� è
raccogliere ogge� (da u�lizzare poi nel gioco come libri
di incantesimi o ingredien� per pozioni) ma sopra�u�o
raccogliere le informazioni sui personaggi, sugli
ambien� e così via che la Rowling ha pubblicato qui per
la prima volta (come la storia della Prof.sa McGrani�).
Se pensate che il gioco risul� essere noioso vi
sbagliate… Sicuramente non è un gioco d’avventura in
terza persona ma non si può dire che manchi
l’intera�vità.
Da quando Harry scopre di essere stato ammesso a
Hogwarts il gioco si vitalizza molto: seguiamo Harry a
Diagon Alley e anche noi compriamo tu�o il necessario
per la scuola, seguendo le indicazioni della le�era di
Silente. Una delle par� migliori è il Test della Bacche�a
che ogni personaggio esegue da Olivander, il
fabbricante di bacche�e, per farsi scegliere dalla
propria (la mia ad esempio è di legno di Cipresso, lunga
dieci pollici e tre quar�, con nucleo in piuma di fenice).
Dopo aver acquistato tu�o il necessario ci si reca quindi
a King’s Cross e si raggiunge Hogwarts.
Qui ci si trova subito di fronte ad un altro test: quello
dello Smistamento ad opera del Cappello Parlante e si
leggono altre informazioni sulla propria casa (io sono
finito in Corvonero).
Si con�nua quindi ad esplorare il resto dei momen� che
compongono il libro finché non si raggiunge la fine. Non
pensiate che però Po�ermore sia finito qui: mentre si
aspe�a La Camera Dei Segre� (che sarà disponibile da
Gennaio) ci si può cimentare nella pra�ca degli
incantesimi, nella preparazione di pozioni (dopo aver
comprato tu� gli ingredien�) e nei duelli tra maghi.
Anche se l'esperienza si conclude brevemente le mie
aspe�a�ve non sono rimaste affa�o deluse: la grafica è
curata in ogni de�aglio, i disegni e i colori sono
splendidi e in ogni capitolo c'è almeno un nuovo scri�o
della Rowling con dei suoi appun� o “pensieri”.
Il sito non è perfe�o: per prima cosa, gran parte
dell’utenza ha rilevato l’assenza di musica e inoltre ci
sono alcune funzionalità che non sono ancora state
a�vate ma che con l’apertura ufficiale del 31/10
[ricordo che è stata rimandata a data da des�narsi] si
spera verranno avviate; l’ul�ma pecca consiste nei
nickname. Non è possibile scegliere il proprio (per una
ques�one di protezione dei minori come è so�olineato
nel sito) e quindi al momento dell’iscrizione te ne
vengono propos� cinque, uno più bru�o e complicato
da ricordare dell’altro (ecco, il mio è
CercatoreCastello123, completamente in italiano, e poi
con l’123 è più facile)
In conclusione: per un fan accanito è la manna, ma
anche per coloro che sono sempre sta� affascina� dal
mondo della Rowling è un o�mo prodo�o
L'emozione quando ricevi la le�era per Hogwarts, la
felicità alla vista della propria bacche�a e la tensione
durante lo smistamento (non Serpeverde, non
Serpeverde…!) sono veramente indescrivibili e rendono
Po�ermore un altro colpaccio di JKR.
Giorgio Bondì 3H
L╆è burlà giò┻ Credevo e temevo che non l╆avrei mai potuto scrivere. In fondo io, come tanti altri che leggeranno questo articolo, ho sempre vissuto in un╆ Italia oscurata dall╆ ombra del Cavaliere Nero. È incredibile pensare che il 12.11.11 potrebbe segnare finalmente la fine di un╆epoca┸ di quest╆epoca┻ Sono passati 17 anni da quel fatidico 26 gennaio in cui un palazzinaro milanese, un imprenditore, come lui stesso si definisce, decise di scendere in politica┻ A risentire ora l╆ audio messaggio di quel giorno colpisce l╆immobilità del nostro bel Paese in questi ultimi 17 anni. Nulla è cambiato. Berlusconi prometteva un Paese pulito, come oggi le tasche dei suoi cittadini, accentrato sull╆individuo┸ UN solo individuo┸ lui stesso┸ intendeva, e sulle imprese. Forza Italia avrebbe dovuto essere un collante per il Paese disgregato ed esaltare i valori della famiglia; Berlusconi è sempre stato, in effetti, il papy preferito di Noemi, Ruby e uno stuolo di altre escort┻ Inoltre l╆Italia avrebbe dovuto primeggiare in Europa e nel mondo┼guardiamoci ora zimbello di tutti, derisi addirittura dai Primi Ministri Sarkozy e Merkel, burattini in mano dei mercati e dell╆euro┻ Riascoltando ora le sue parole, quelle di un eccellente oratore che ha incantato milioni di persone per quasi un ventennio, sembrano vuote, una presa per i fondelli, uno scherzo di pessimo gusto; e invece sono la storia degli ultimi due decenni, la storia di noi nati negli anni ╅ごか┻ L╆è burlà giò┻ Finalmente┻ Ma malgrado tutto┸ questo non è un momento di felicità. Innanzitutto la disfatta di Berlusconi non è stata dettata dalla vittoria di un╆opposizione unita, forte e compatta ma dagli umori troppo altalenanti dei mercati e dall╆avvicinamento eccessivo al famoso baratro, in cui ci stava trascinando l╆ego gigantesco del nostro ex-Premier, troppo orgoglioso per abbandonare la cadrega. La decisione definitiva di dimettersi
è┸ infine ┸ stata dettata dall╆ immensa generosità che il Cavaliere prova per il ╉Paese che ama╊┻ Insomma una concessione del grande imperatore, non una necessità chiesta a gran voce da tutti, sia dai fedelissimi che dalle opposizioni. Non sento di poter affermare che questa sarà l╆ultima immagine significativa che ci rimarrà dell╆ex-Premier. Sguardo fisso, mascella contratta, mano protesa a un saluto che, non se ne rende nemmeno più conto, non è rivolto alle folle urlanti dei suoi sostenitori ma e quelle fischianti dei suoi avversari. Temo che non tornerà, con la testa bassa, in Padania, da imprenditore, a imbottirsi sino a scoppiare di viagra per poter fare tutto il bunga-bunga che vuole. Non ci sarebbe gusto senza far perdere la faccia a un╆intera nazione┻ Ma non è di Berlusconi che ho più paura. Sono gli italiani che mi spaventano e mi terrorizzano. L╆italiano medio non ha memoria a lungo termine. Capace che dopo 17 anni di Silvio ma sei mesi di governo Monti che, si spera, porti un riassestamento dell╆economia┸ gli italiani abbiano il coraggio di rieleggerlo ancora, per una quinta volta. Mussolini governò 7.572 giorni, Berlusconi 3.336; non vorremo far raggiungere al Cavaliere quel triste primato?!
(SPERIAMO) ADDIO
Agnese Anzani 3F
“repente turba germanorum
apparuit imo colle. Germani
pedites non caligas induebant,
sed alterum calceum, qui Sandalum
ab illa gentis nomatus est.
Romanorum manu circumventa,
nostri milites novo et tremendi
viso territi fuerunt. Germani
enim caligas cum calzae
induebant.” Questo frammento del “De Bello Gallico”, finora sconosciuto ai non addetti ai lavori, altro non è che il primo avvistamento confermato di indossamento di calzini da parte dell’uomo. Cesare racconta quello che pare un comune episodio di guerra, un Proelium come tanti sono descritti nel tomo indigesto del n a s u t o c o n d o t t i e r o , m a improvvisamente compare la novità: i guerrieri germani attuano il primo esempio di
guerra psicologica dell’umanità. Il manipolo non è sopraffatto con le armi bensì col terrore che il sandalo indossato con i calzini induce in ogni essere umano mediterraneo. Essendo il De Bello una trattazione etnografica ante litteram oltre che cronaca di guerra, l’autore ci fornisce ( i r r i d e n d o l a ) u l t e r i o r i informazioni a proposito di questa usanza che è definita “Turpissima et nefas”. A sconcertare il romano medio dell’epoca doveva essere principalmente l’olezzo che emanava da questi nuovi indumenti, intessuti in pesante lana di capra germanica. Le legioni di stanza sul Reno tuttavia trovarono il nuovo uso adatto alla vita militare, e il
numero di legionari calzanti calzini (mi si perdoni il gioco di parole) aumentò sempre di più - niente di meglio di un paio di calzettoni in lana per affrontare una lunga veglia notturna sul confine orientale! – ma i centurioni e gli ufficiali più tradizionalisti avversarono tale pratica e la osteggiarono con una lunga anche se inefficace serie di regolamenti militari. Attraverso i secoli bui del m e d i o e v o s i p e r d o n o l e testimonianze su tale pratica, anche se in “De furore normannorum” il venerabile Beda descrive alcuni “Longa pedalina” indossati sotto gli stivali dai guerrieri nordici, spesso più di un paio sopra l’altro. Per avere un’altra citazione certa dell’uso di calzini dobbiamo aspettare un altro autore dal lungo naso (Che calzini e olfatto siano in qualche mistica maniera collegati è tuttavia ancora da confermare), il sommo poeta Dante. Non tutti sanno infatti che alla descrizione che il Vate fiorentino da’ di Caronte nel canto terzo mancano due terzine, ritenute dai commentatori troppo umoristiche e per questo non autentiche: Tanto egli turpe fu al noi torsi
Ch’io in tema al suol caddi supino E con maggior tema m’accorsi
Ch’un sandal portava col calzino
Sì com’usan quei fili d’orsi che dimora avevano in Berlino
Il calzino attraverso i secoli Una trattazione storico plausibile del prof. Rolf Dean Eelian
Ordinario di storia della calzatura presso l’università di Uppsala Traduzione di daniele florean 4 F
Dante descrive qui senza possibilità alcuna di errore nell’interpretazione la calzatura del nocchiero infernale, e la sua reazione non è meno disgustata di quella dei soldati romani. Egli definisce “figli d’orsi” i tedeschi Berlinesi, probabilmente contadini, e ne cita chiaramente l’usanza sopravvissuta nei secoli di portare sandali e calzini. Il buon gusto italico è in questo frammento ancora una volta confermato: non a caso il poeta toscano colloca tale calzatura nell’inferno! Altre fonti, questa volta veneziane, e più precisamente un libro mastro della compagnia commerciale “Antonio e Marco Floriàn” citano i calzini, affermandone però la diffusione tra tutte le classi sociali. Al giorno 13 maggio a.D. 1359 è infatti segnato “ricevuto gran ordene di tela di lana (trenta
bracci) per farne calzetti dal
borgomastro di Lucerna. Lasiati in
aconto fiorini quindici buoni di
oro svizzero” Il calzino trova poi grande diffusione in tutta Europa, sotto forma tuttavia di calzamaglia. Bisogna aspettare il seicento/settecento affinché a questo nobile indumento sia restituita la sua dignità. Basta osservare un qualsiasi ritratto di nobili dell’epoca per accorgersi delle calze mostrate con fierezza sopra le scarpe con fibbia! I calzini non smettono tuttavia di turbare le coscienze dei popoli, e s p e c i a l m e n t e d e i p o p o l i d’oltreoceano. Lewis e Clarck nella loro spedizione verso la costa americana del pacifico impressionarono molti capi indiani con le loro “gambe di serpente”: l’ingenuità dell’indigeno intuì subito la funzione di seconda pelle del calzino, ma a parte come attrazione per le lunghe sere
d’inverno nei fumosi wigwam di pelle di bisonte, l’indumento non prese mai piede tra gli indiani ( i l g i o c o d i p a r o l e è involontario). Nel ventunesimo secolo molti interrogativi rimangono ancora aperti: primo fra tutti, dove finiscono i calzini tra la lavatrice e lo stendino? È esperienza comune infatti che i calzini, rigorosamente in numero dispari, tendano a scomparire durante e dopo il lavaggio. C’è chi ipotizza che questi capi di abbigliamento siano in realtà esseri pan dimensionali senzienti, che mirano alla conquista del mondo. Queste sono pure illazioni, prive di fondamento. Secondo studi recenti il calzino tende a seguire leggi proprie (come le cattive notizie) che gli permettono di alterare il continuum spazio temporale, con conseguenti salti di durata variabile nel passato o nel futuro, o gli consentono (un po’ come Kitty degli X-men) di regolare l’effetto tunnel e passare attraverso gli oggetti solidi in particolari condizioni di magnetismo o a seconda delle fasi lunari. Pare superfluo aggiungere che lo studio del calzino (pedalinologia) con tutte le sue diramazioni (fisica del calzino, archeo-calzinologia, filosofia della calza eccetera) è ormai una scienza in forte espansione nel mondo accademico e con questo articolo alla sua comparsa ufficiale davanti al mondo intero.
Daniele Florean IV F
Bacheca Dulce et decorum est pro Giornalotto mori!
LA CARTA NEMICO PUBBLICO NUMERO
UNO
Non mi ricordo cosa dovevo
dirvi ma ve lo dico lo stesso.
–Prof. Albera
Mi fate venire voglia di
ritirarmi in un monastero. –Prof Margaritescu
Due che fanno sesso sul dancefloor,
voglio dire, potete farlo ovunque
d'accordo, ma non davanti a me.
–Tedesco su Homecoming
«Mi
son
o se
mpr
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iest
o: m
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iro
a co
stru
ire
qu
adra
ti
sull
'ipot
enu
sa?»
–W. V
aldi
«Il primo postulato di Bohr
in sostanza dice che le orbite
degli elettroni sono stabili. E
uno dice: ma che cazzo di
postulato è!?»
L'eugentica di per sé non è male, poi se la usano per fare bambini biondi e azzurri è un altro discorso. –Prof Stretti
«Se l
e donne g
overn
asse
ro il
mondo n
on avre
mm
o più
guer
re;
solo
un m
ucchio
di p
aesi
offesi
che n
on si p
arlan
o più
.»
Insomma, Amleto in questo pezzo si
sta chiedendo semplicemente “Should I
stay or should I go now?”
–Florean
«La vita è come una scaletta di un pollaio: corta e piena di merda.»
Questa l'abbiamo messa così tante volte che dovremmo scrivere
“La scaletta del pollaio è come la merda, corta e piena di vita."
–Paci
La vita è troppo breve per
passarla su Facebook. –Renzo Averia
«Prof mi dispiace, ma non sono riusciuto a studiare l'Ariosto
a causa della verifica di Matematica e del dentista.» «Ma non avete il compito di matematica.»
«Se è per questo non avevo neanche il dentista.»
“Mamma ma la nonna ha detto
niente sesso prima del matrimonio!”
“E tu dagliela a uno sposato!”
I politici sono come i pannolini: vanno cambiati spesso e per la stessa ragione. –Alessandro Luciano
Alu
nn
o i
n r
ita
rd
o:
Pro
f, d
evo
pre
nd
ere
il f
ogli
etto
ver
de?
Pro
f: A
qu
est'
ora
ser
vire
bb
e q
uel
lo r
oss
o!
“Ehi, quanto manca
alla fine dell'ora?”
“2 minuti e 3 robusti…”
Berlusconi ha un ego
gigantesco. Ma cos'è?
Un egomostro?
–Maurizio Crozza
–Io sfrutto la fisica!
–Sisi, la schiavizzi proprio!
È un viale ALBERAto.
42
Invalidi
Alessandro Luciano 3G
Mein Führer Mauro Albera
Monaci Amanuensi
Il Ciclostile
La Servitù di una volta La Signora delle Fotocopie
We are the World le minoranze nel mondo
Ebbrei Federico Lombardi 4G
Comunisti Daniele Florean 4F
Biondi
Filippo Agalbato 5C
Miopi Giorgio Bondì 3H M
essicani
Giada Carioti 3E
Alternativi
Agnese Anzani 3F Obbesi Robert Ballante 3A
Ricchioni Andrea Piazza IF
Onesti Viola Dadda 2I
Zingari
Leonard
o de C
astro
3G
Cattolici Davide Skenderi 4G
Ricchi
Alessandro de Gennaro 4C
Poveri
Lucas Li B
assi 3G
Italiani Corrado Mauriello 2G
Idealisti Stefano Schmidt 3G
Canguri Austra
liani
Lorenzo Miano 4H
Altoatesini Pietro Fasola 4H
Islamici
Amalia Castoldi 1F