Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012

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Nel mezzo del mattin a una cert'ora Ci ritrovam sul banco 'l Giornalotto che d'allegrezza sempre ci rincora. Ahi quanto è duro dir com'in un botto La classe si lancio’ su quel malloppo Che venne in un istante malridotto; Tanti sono, che pochi più son troppo. Ma si per dar cagion del gran raduno Cantero’ l'istoria di un tal gruppo. Noi ci riuniam di sette giorni uno E siam garanti della giusta carta Che parola non toglie ad alcuno. Lo giornal nostro, o caro Volta, In veritat'è tuo: sia da te fatto Ché nostra libertà non venga tolta. Questo'l sogno, che rimanga intatto. Questo'l comandamento che ci guida. Questo'l motivo pria e anzitutto. Ma non pensiate voi a nostra sfida, com'immune di una temibil fiera che tant'è usual quant'essa è infida Quest'è la mite sprovveduta pecora, che pria d'ogni pensier sceglie lo gregge e se n'accoda senz’aver remora E di tali paure l'uom'affligge, da gettarlo in quella selva folta ch'in breve volger l'arbitrio distrugge. Percio’ noi promettiam con mente adulta che sol di libertà saremo servi e mai ci presterem a trama occulta Bando ai faziosi, dunque, ed ai protervi; mettiamci all'opra con la mente sgombra, col cuor sereno e con ben saldi i nervi. Il Direttore Alessandro Luciano IIIG Il Giornalotto è fiero di introdurre a partire da questo numero una novità che speriamo apprezzerete: la Bacheca - uno spazio riservato a chiunque voglia scrivere (anche anonimamente, o firmato come classe) un annuncio, un’idea, un messaggio segreto, un’osservazione, una lamentela, una citazione una dichiarazione amorosa... Tutto ciò che verrà ritenuto idoneo (non oensivo) verrà pubblicato sul prossimo numero cartaceo del Giornalotto. Andate a dare un occhiata in atrio e... Divertitevi! L’Ovina Tragedia

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Il secondo numero del Giornalotto dell'anno scolastico 2011/2012

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Nel mezzo del mattin a una cert'oraCi ritrovam sul banco 'l Giornalottoche d'allegrezza sempre ci rincora.

Ahi quanto è duro dir com'in un bottoLa classe si lancio’ su quel malloppoChe venne in un istante malridotto;

Tanti sono, che pochi più son troppo.Ma si per dar cagion del gran radunoCantero’ l'istoria di un tal gruppo.

Noi ci riuniam di sette giorni unoE siam garanti della giusta cartaChe parola non toglie ad alcuno.

Lo giornal nostro, o caro Volta, In veritat'è tuo: sia da te fatto

Ché nostra libertà non venga tolta.

Questo'l sogno, che rimanga intatto.Questo'l comandamento che ci guida.

Questo'l motivo pria e anzitutto.

Ma non pensiate voi a nostra sfida,com'immune di una temibil fiera

che tant'è usual quant'essa è infida

Quest'è la mite sprovveduta pecora,che pria d'ogni pensier sceglie lo gregge

e se n'accoda senz’aver remora

E di tali paure l'uom'affligge,da gettarlo in quella selva folta

ch'in breve volger l'arbitrio distrugge.

Percio’ noi promettiam con mente adultache sol di libertà saremo servi

e mai ci presterem a trama occulta

Bando ai faziosi, dunque, ed ai protervi;mettiamci all'opra con la mente sgombra,

col cuor sereno e con ben saldi i nervi.

Il Direttore Alessandro Luciano IIIG

Il Giornalotto è fiero di introdurre a partire da questo numero una novità che speriamo apprezzerete: la Bacheca - uno spazio riservato a chiunque voglia scrivere (anche anonimamente, o firmato come classe) un annuncio, un’idea, un messaggio segreto, un’osservazione, una lamentela, una citazione una dichiarazione

amorosa... Tutto ciò che verrà ritenuto idoneo (non offensivo) verrà pubblicato sul prossimo numero cartaceo del Giornalotto. Andate a dare un occhiata in atrio e... Divertitevi!

L’Ovina Tragedia

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Il   liceo   classico   di   Reggio   Calabria,   a  dispetto  del  luogo,  non   è   certo  a   rischio  sismico.   Nulla,   infatti,   può   smuovere   il  complesso  ed   intricato  gioco  di  pompose  ipocrisie   e   nascoste   virtù,   su   cui,   a  quanto   pare,   da   sempre   si   regge.   Non  fraintendetemi,   non   possiamo   di   certo  lamentare   una   situazione   disastrosa;  eppure,   agli   occhi   di   chi   da   tempo   l‘ha  vissuta,  appare  tristemente  immutabile.  

Sappiamo   bene   che   i l   mezzo   di  sopravvivenza   di   una   scuola   è   il  prestigio,   che   procaccia   nuovi   alunni   e  convince   i   genitori,   che   muove   i   fondi  scolastici   e   genera   note   positive   sui  curricula   degli   insegnanti.   Per   questa   e  altre  ragioni,  seppur  con  molte  eccezioni,  i l   l iceo   classico   reggino   sembra  p o s s e d e r e   u n a   c o n n o t a z i o n e  aristocratica,   sin   dai   tempi   in   cui   solo   i  notabili   lo   frequentavano.   Tali   notabili,  ancora  oggi,  perduti  forse   i  blasoni,  sono  ormai   scelti   per   virtù   economiche   e  popolarità   mondana,   per   formare   una  classe   dirigente   studentesca,   poco  soggetta   a   mutamenti .   Qualcuno  potrebbe   accusarmi   di   esagerare,  tuttavia  è  pur  vero  che  alcuni  personaggi  possono  snocciolare  le  rose  dei  candidati  alla   rappresentanza   d’istituto   e   della  consulta   e   prevederne   ogni   anno   i  vincenti,   prima   ancora   che   siano  

presentate  le  liste!  Da  ciò  capite  bene  che  tali  rappresentanti,  una  volta  eletti,  sono,  in  parte  o  del  tutto,  inafJidabili.    

Di  certo  la  collaborazione  fra   le  classi  ed  in  special  modo  fra  le  sezioni,  non  è  delle  migliori.   Dovete   sapere   che   per   lunga  tradizione   solo   la   sezione   C   sembra  essere  degna  di  vera  attenzione,  sebbene  siano  prese  in  considerazione  anche   la  A  e   la   B.     Per   motivi   storici   che   esulano  dalla   mia   comprensione   si   vocifera   che  tali   sezioni   abbiano   sempre   accolto   gli  insegnanti   e   gli   allievi,  migliori,   ospitati  per   altro   nelle   migliori   e   meglio  conservate   aule   di   tutto   l’istituto,   che  conservano   ancora   addirittura   le   greche  ornamentali   sui   pavimenti.   Inutile   dire  che   tali   aule   sono   state   da   sempre   le  mete   preferite   di   ispettori   e   messi  regionali,   che   non   hanno   forse   mai  varcato   le   soglie   del  piano   seminterrato  o   del   distaccamento.   Anche   i   voti   in  queste  sezioni  sembrano  valere   in  modo  diverso   rispetto   alle   altre.   Un   sette   è  considerato   quanto   un   nove   preso   in  sezioni   “minori”,   un   progetto,   un  elaborato,   una   iniziativa   sono   più  gradite,  se   trovano   nelle   sezioni   “auree”  la   loro   origine.  Vero   è   che   io  non   faccio  parte   di   tali   sezione   e   la   mia   visione  potrebbe   apparire   distorta   e   parziale:  

BENVENUTI  AL  SUDPer  la  prima  volta  il  Giornalotto  “emigra”  e  va  a  trovare  i  fratelli  del  Sud,  al  Liceo  Classico  

Tommaso  Campanella  di  Reggio  Calabria.  Speriamo  possiate  apprezzare  questa  nuova  rubrica,  che  tenta  di  raccogliere  voci  e  opinioni  dall’altra  estremità  dello  Stivale,  per  un  sano  e  costruttivo  dialogo  oltre  il  pregiudizio.  E  come  iniziare,  se  non  parlando  di  ciò  che  da  più  vicino  ci  tocca:  la  

Scuola?

Buona  lettura

La Scuola in Punta allo Stivale

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prendetela  come  vi  pare;  questo  è  ciò  che  ho  da  dire.  

Penso   che   qualsiasi   liceo   italiano,   in  modi  diversi,  sia  affetto  dal  problema  del  fumo   nei   bagni.   Da   noi   la   cosa   è   stata  semplicemente   ignorata,   Jinché   alcuni  temerari  non  hanno  scritto  un  articolo  di  protesta   contro   il   fumo   nei   bagni,  quando  ormai  la  situazione  era  diventata  insostenibile.   Non   sappiamo   però  giudicare   cosa   accadrà   quest’anno:   la  dirigente   scolastica,   infatti,   è   cambiata;  dobbiamo   quindi   lasciare   alla   nuova  arrivata  almeno  il  beneJicio  del  dubbio.  È  tuttavia   notevole   che   ci   faccia   visita  molto   spesso   e   si   preoccupi   sempre   di  sapere   come   sta   procedendo   l’anno  s c o l a s t i c o .   Da   a l unn i   d i l i g en t i  rispondiamo     “bene”,  ma,  appena  uscita,  ci  ricordiamo  dei  termosifoni  inattivi,  fra  l e   s emp r e   p i ù   um id e   mu r a   d i  

cartongesso.   La   situazione   è   ancora  tollerabile,   ma   non   si   possono   fare  previsioni  su  quanto  lo  sarà.

Per   il   resto,   la   situazione   è   abbastanza  normale,   se   normale   si   può   deJinire   lo  stato   di   decadenza   pedagogica   e  strutturale   in   cui   versa   l’intera   scuola  italiana   da   lungo   tempo.   Il   milanese  Giorgio   Gaber   diceva,   a   proposito  dell’Italia,   che   “tutto   è   calcolato   e   non  funziona   niente”.     Le   tante   qualità   degli  studenti   più   attivi   non   sono   tenute   nel  dovuto   conto,   e   si   sperperano   tempo   e  risorse   in   attività   spesso  infruttuose.  Ma  se  c’è  rimasto  qualcosa  di  non  calcolato  e  funzionante,   è   forse   una   sana   e  autocritica  indignazione.

Antonino Calabro’

a cura di Alessandro Luciano IIIG

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Freddo e umido al campo da Rugby.

Giornata uggiosa come tante, in questo

paese. I Lasswade Colts hanno appena

superato la linea dei 22 metri. La palla

fangosa rimane intrappolata nelle mie

mani grazie a un qualche intervento dei

padri celesti, e inizio a correre. Tre piloni

innanzi a me. “Sulla sinistra, man,

profondo!” – un grido. Un’ombra schizza al

mio fianco. Passo la palla.

Nessuno presente a ricevere l’ovale.

Ma qualcuno c’era.

Nah, forse solo un’anima. Niente mani per

afferrare la palla.

“There are so many different worlds,

so many different suns,

and we have just one world

but we live in different ones”

Paffin a caccia di sardine infestano le

falesie.

Giovani che siedono in cerchio vicino ad

alberi rigogliosi. Giovani politici. Qui, riuniti

a sognare un mondo migliore, una

Norvegia migliore. Un meeting simile a un

sacco di altri in Europa; comuni ragazzi

che hanno aperto i propri occhi e cuori.

Giovani che si sono coinvolti in un partito,

per essere ascoltati, per spiegare le

proprie opinioni.

Voglio ripeterlo, gente comune.

Ancora lì in cerchio, i membri del partito

laburista. Dibattono, uno di loro si alza e si

dirige verso gli alberi per pisciare. Un’urina

bianca scalda l’humus gelato.

E’ improvviso. Bum. Bum. Bum.

E la terza Chimera si rimbocca le maniche.

Zac, primo filo tagliato. Zac, seconda vita

spezzata. ... Zac, novantadue uccisioni.

E a poche Iarde di distanza, sulla scogliera,

i paffin continuano imperterriti la loro

brutale caccia.

Sondre Kjoren, 17.

16 Luglio. Eccitazione? Forse di piu’. Sta

per andare all’estero per 10 mesi. Scot-

land. Dalkeith. Emozionato all’idea di

conoscere nuovi compagni di avventure,

non solo scozzesi, magari anche un amico

dall’Italia . Voglioso di lanciarsi con lo

slang e visitare la terra degli Highlanders.

Voglioso di vivere un’esperienza che

potrebbe cambiare per sempre la sua

vita.

22 Luglio. Entusiasmo a parte, la vita di

Sondre continua. Essere un membro del

Partito Laburista implica alcune attività.

Oggi, sveglia alle 5 di mattina, direzione

Utoya. Un incontro per decidere le nuove

date delle proteste.

Bum. La terza Chimera non si dimentica di

tranciare il suo fragile filo.

FER CALEDONIA HONOUR TAE YE,

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Le nuove organizzazioni terroristiche (Al

Quaeda, nuovi Nazisti …) compiono

attentati in ogni zona del mondo.

La maggior parte di questi atti di violenza

ha ragioni prettamente sconosciute alla

maggior parte della gente e allo stesso

modo autori ignoti.

La mia domanda è: ha senso?

Un’organizzazione criminale dovrebbe

nascere con l’intento di raggiungere un

qualche fine. La Mafia italiana è nota in

tutto il mondo come una delle

organizzazioni criminali più importanti da

distruggere. I suoi obiettivi sono molteplici,

principalmente il monopolio del traffico di

narcotici.

Ma fino ad ora nessuno ha compreso quali

siano gli obiettivi di questi nuovi gruppi

criminali. Dobbiamo ritenere che queste

organizzazioni siano fondate col semplice

scopo di uccidere?

La tragedia di Utoya ha coinvolto il mondo

intero. È stata l’occasione per il gruppo

criminale che attuò questo attentato per

spiegare a tutti i governi chi questa

organizzazione sia e quali siano i suoi

obiettivi. Perché una strage di queste

proporzioni, l’uccisione di 92 persone

innocenti, sicuramente aveva l’intento di

dimostrare qualcosa. Ciononostante,

neppure questa volta nessuna

informazione.

Qualcuno si domanda riguardo a eventu-

ali destinatari di cotali attentati.

Ma possiamo solo rispondere con altre

domande.

Qualcuno ha asserito che il killer fosse

solamente un malato di mente, un pazzo.

Naturalmente nessuno nutre dei dubbi al

riguardo. Ma appunto perché non era in

grado di ragionare con la propria testa

deve essere stato mosso da

un’organizzazione.

Probabilmente un’organizzazione di

stampo neonazista. E cosa vuole questa?

Silenzio. Un’altra volta.

Ma onestamente non sto scrivendo per

incazzarmi sulla natura sconosciuta di

questa organizzazione criminale. Scrivo

perché c’è qualcosa di sbagliato. Prima

che alcuna persona nel mondo sapesse

dei fatti di Utoya, il sogno di Sondre è stato

distrutto. E non solo il suo sogno, la sua

anima, La sua famiglia, il suo sorriso… e le

vite di molte altre persone.

Il risultato di questo attentato parla anche

per molti altri: 92 persone che volevano

migliorare il mondo morte e il movente di

questo gesto è ancora quasi ignoto.

Secoli fa ci fu l’impero romano. I soldati di

questa impress ionante potenza

conquistarono grandi popolazioni ed

enormi territori. Durante le guerre i soldati

romani erano invincibili e uccidevano i

nemici senza pietà alcuna.

Ma non un bambino delle popolazioni

nemiche fu ucciso, non una donna

toccata, non un anziano oltraggiato.

Al contrario, ora persone innocenti

muoiono senza una vera guerra, senza

ragione, ingiustamente.

Siamo sicuri di stare evolvendo?

Governi e Servizi Segreti forse stanno

cercando di aumentare la nostra

sicurezza… o forse hanno a che fare con

queste organizzazioni criminali.

Ma la gente comune non può saperlo.

Solo un’immagine. La gente continua a

morire, mentre sullo sfondo Governi e

organizzazioni terroristiche giocano una

partita a poker. Qualcuno bluffa. Forse.

Una partita che non sembra finire senza

altri spargimenti di sangue.

Firmata, un mondo impazzito.

Farvel (Addio) , Sondre

Francesco Melloni IV F, Dalkeith, Scotland

Trad. Daniele Florean IV F

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Il rubinetto si aprì e sgorgò un getto di acqua limpida, fresca, cristallina. Quanti aggettivi per la semplice unione di idrogeno e ossigeno. H2O. Ecco cos’era quella sostanza. Semplice H2O, la prima molecola che si fa studiare ai ragazzi sui banchi di scuola. Così semplice e pure così complessa, origine di tutto, origine della vita. La vita, quattro lettere per indicare la cosa più difficile da spiegare…qual è la sua formula? Tutto ha una formula, ogni singola cosa che ci circonda è fatta di atomi, che si legano e formano molecole, che a loro volta costituiscono cellule e particelle…cioè materia, concretezza, realtà. Anche noi siamo fatti di atomi; atomi e H2O. Noi potremmo avere una formula. A tutto può essere data una formula, perché tutto è fatto di materia. Ma alla vita no. Come anche ai pensieri, ai sentimenti, alle parole…“Mi scusi ha finito con il lavandino? Sa vado un po’ di fretta…”Fretta. E quale sarebbe la formula della fretta?Si allontanò sgocciolando le mani. “Prego, faccia pure”. Uscì, gettò alcuni spicci sul bancone del bar e si buttò all’aperto. L’aria gelida, ossigeno, azoto e una miriade di altre sostanze, gli entrò nei polmoni: bronchi, bronchioli, alveoli e poi indietro alveoli, bronchioli e bronchi.Di nuovo i pensieri si addensarono nella sua testa.Come fanno tutti questi atomi a non legarsi insieme, quelli delle mie cellule con quelli dell’aria, dando vita al caos? Cosa li spinge a rimanere così? La Natura, perfetta e razionale, che ordina metodicamente il Tutto trasformandolo in materia. La Natura, altro dilemma, come la vita. Che fatica trovare tutte queste risposte…le parole, le lettere si accavallano nella testa, ricordi immagini, suoni, profumi…tutto immagazzinato e stipato nel

cervello, la cosa più inimmaginabile e perfetta che esista.

Con una mano sollevò il lembo della giacca che sbatacchiava sulla sua coscia, infilò la mano nella tasca

anteriore dei pantaloni, inclinando leggermente spalla e testa dal

lato opposto, affinché il p ropr io bar icent ro

cadesse comunque entro l’ombra del suo

c o r p o . E s t r a s s e sigarette e accendino.

Appoggiò il sottile cilindro di carta e tabacco sulle labbra. Click. Il CH4 contenuto nell’accendino aveva iniziato la sua combustione generando una flebile fiamma gialla e bluastra percossa dal vento. Il tabacco prese subito fuoco, trasformandosi poi in fumo che usciva dalla sua bocca. CH4, fiamma, fumo e poi ancora aria. Che meraviglia! Quattro elementi così diversi che si t r a s fo rmano l ’ uno ne l l ’ a l t ro, generando un’emozione, un sentimento, così umano e imprevedibile: il piacere fugace della nicotina che entra in circolo. Chissà cosa sta succedendo ora nel cervello, il supremo organo, autore di tutto ciò che è pensiero, emozione e irrazionalità. Ah!! Ecco ancora quel tornado di immagini, suoni e ricordi che mi pervade e lascia intorpidito.Una lunga ruga corrugò la sua fronte, gli occhi ebbero un guizzo. Poi tutto tornò come prima.Perché è così complicato vivere? È così difficile non porsi domande di questo tipo. L’astratto, il concreto, il razionale e l’irrazionale, la Natura la scienza la religione si mischiano e si accumulano nel cervello, comunque costituito da semplici atomi. Come può allora raccogliere pensieri astratti che di certo non sono formati da nulla di tangibile?“Desidera?”. Senza accorgersene i piedi si erano spostati l’uno davanti all’altro portandolo di fronte a un’edicola. Sfilò le mani leggermente intorpidite

PAROLE SU CAR TApremio speciale concorso Mario Santi

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dalle tasche del cappotto e ribatté “Sì, allora…due biglietti urbani, grazie.” Estrasse due monete dalla solita tasca anteriore dei pantaloni e le posò sulla mano dell’edicolante, con distaccata noncuranza. Poi intascò i biglietti e si allontanò.Accidenti! Ecco a cosa mi portano i miei folli e inconcludenti ragionamenti. Non mi accorgo nemmeno di dove sto andando e…ma che ore sono? Già le sei…un altro pomeriggio bruciato. La mia vita cerebrale mi distoglie da quella reale. E il tempo fugge via. Un lampo ed è mattina, un altro ed è passata una settimana, poi ancora un mese, un anno e tutta la vita. Unico collante delle mie giornate: il ronzio prodotto dai miei pensieri. Come fanno dei semplici atomi, come quelli che formano i miei neuroni, a generare tempeste emotive? Cosa li differenzia dalle molecole di H2O o CH4? “Biglietto, prego” Ma cosa…?Il suo volto sconcertato e sorpreso, contratto in modo da sembrare quasi disumano, si volse verso il controllore, che indietreggiò terrorizzato dalla folle tempesta interiore che quei lineamenti rivelavano. Pareva che dell’uomo fossero rimasti solo i pensieri, proiettati sulla maschera scavata e anonima del viso.Passato quell’attimo tutto tornò come prima.“Sì, scusi, un secondo…”. Egli estrasse il pezzo di carta e lo infilò nella mano dell’uomo che lo sovrastava. Quest’ultimo, poi, dopo un’occhiata veloce al biglietto, si girò e allontanò in fretta, gettando ancora rapidi sguardi all’uomo seduto, che si rigirava il foglietto in mano, fissando fuori da finestrino, con sguardo assente, qualcosa di terribile e misterioso che in realtà era dentro di lui. Gli occhi rivelano molto delle persone, come anche le mani. E infatti in quel momento nella sua testa era in corso una delle consuete tempeste di immagini, ricordi e suoni.Non ho più il controllo di me, impegnato come sono nel cercare di discernere scienza e sent iment i , atomi e pensier i , razionale e irrazionale…devo, devo…Gettò uno sguardo tutto intorno a sé, come per

riprendere possesso di

qualcosa che aveva perso. Scrutò attentamente tutti gli altri passeggeri. Di fronte a lui, alla distanza di un metro e 14 cm, sedeva una donna, 30 o 40 anni, molto curata. Ma un evidente dettaglio la tradiva: le m a n i , p i c c o l e e t o z z e s i m u o v e v a n o incessantemente, borsa, fazzoletto, poi tasca, caramella, cellulare e poi ancora borsa... la stessa frenesia si verificava anche negli occhi, piccoli e scuri come quelli di un roditore. Era lampante, la donna aveva problemi sentimentali, probabilmente tradiva il marito con il suo migliore amico e ora, non avendolo ancora confessato, era tartassata dall’angoscia. Il migliore amico, ecco il terribile cruccio del malinconico adolescente seduto nei primi posti della vettura. Si era accorto di provare proprio per lui, lo stesso ragazzo con cui aveva condiviso tutta la sua breve vita, un sentimento diverso e più complesso, forse il temuto amore. Lo stesso amore, oppure profondo affetto, che la madre, appoggiata appena al lato sinistro del giovane, provava per la figlia che purtroppo le aveva voltato le spalle, abbandonandola e lei, come una pianta senza acqua stava lentamente appassendo. Lo sottolineavano le sue mani, prematuramente rugose e secche, prive del lavoro di madre che le avevano temprate solo alcuni anni prima. Ora assomigliavano a quelle del vecchio spento, accasciato sul rettangolo di plexiglass che divideva a metà la vettura, il quale osservava affranto la fede infilata all’anulare, probabilmente ultimo ed effimero ricordo della donna, ormai morta, con la quale aveva condiviso l’intera vita. Su quest’ultimo gravava lo sguardo severo dello scrupoloso impiegato, ritto di fianco alla porta, un braccio teso e la mano saldamente appoggiata alla maniglia dell’autobus. Forse nel suo sguardo, fermo e affilato come la sua persona, si poteva scorgere un po’ di compassione nel riconoscere nel vecchio la stessa espressione stanca ma finalmente felice che apparteneva anche al suo anziano padre. E poi, infine, ancora l’uomo attraversato e avvolto dai grovigli di pensieri che invadevano l’abitacolo.Mi sembra quasi di vederle, tutte le loro riflessioni, che fluttuano e galleggiano qui, intorno a me, in mezzo alla miriade di atomi che compongono l’aria che respiro. Questi ultimi, seppur possano sembrare emblema del caos, sono allineati e costruiti secondo la perfetta regola della Natura. I primi, invece, si allungano e deformano in modo puramente irrazionale, attraversando l’ossigeno, l’azoto e i legami che li uniscono, adagiandosi in mezzo a tutto ciò che li circonda come la goccia d’inchiostro che lasciata cadere nell’acqua si

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diffonde formando spettacolari anelli e nuvole bluastre. A volte mi sembra addirittura che i loro pensieri mi avviluppino in una morsa letale e mi penetrino addirittura nel cervello andando a sommarsi alla confusione che già lì regna. Ah, ecco un’altra volta! La tempesta delle mie idee mi sta travolgendo!Si alzò di scatto, le rotule scivolarono veloci sul menisco e tibia e femore si trovarono allineati. Stupefatto dalla perfetta meccanica del suo corpo mosse alcuni passi verso la porta e si preparò a scendere senza sapere né dove fosse né perché lo avesse fatto. La pura irrazionalità del pensiero. Restò immobile, facendo una leggera pressione sui talloni, verso l’interno della curva che l’autobus stava percorrendo, per neutralizzare la forza centrifuga e ristabilire il proprio baricentro in mezzo ai piedi e, quindi, mantenere l’equilibrio. Il mezzo iniziò a decelerare. Stesso procedimento, ripetuto nuovamente, ma questa volta l’uomo spinse il suo corpo verso il fondo del veicolo. Sì fermò. Egli si avvicinò alla porta e scese, con un breve saltello, dopo aver calcolato l’altezza del gradino, la distanza dal marciapiede e le altre varianti per poter ricadere perfettamente sul selciato. Un tonfo, un rombo. Anche senza girarsi l’uomo sapeva che l’autobus era ripartito, scarsamente colmo di individui ma decisamente affollato di pensieri. Un altro profondo respiro, questa volta inspirando dal naso: condotto nasale, trachea, bronchi, bronchioli, alveoli e poi di nuovo lo stesso percorso, ma a ritroso. Se si fosse concentrato sarebbe quasi riuscito a percepire distintamente i singoli atomi di ossigeno che entravano negli alveoli e da lì, si immettevano in un piccolo capillare, poi in una venuzza e infine in una grossa vena pulsante. Giunti al cuore sarebbero stati spinti nuovamente in circolo raggiungendo in breve tempo il cervello, la fonte di tutto. Semplici atomi, poi complessi e incontenibili pensieri. Il tutto miliardi di volte al giorno. Esausto, si accarezzò la barba nel senso contrario con il dorso della mano, alzando leggermente il mento, cercando di convincere i propri pensieri a cambiare direzione e a focalizzarsi su cosa fosse necessario fare. Con un leggero tremito del volto, avvicinò le spalle al mento, sistemò la sciarpa intorno al collo e rialzò il bavero del cappotto, cercando di proteggersi dall’aria pungente. Con un enorme sforzo, si concentrò e stabilì di trovarsi a pochi km da casa, indirizzò i propri piedi nella giusta direzione e poi riprese a rimuginare, distogliendo ogni attenzione da ciò che lo circondava.

Lo stridore metallico lo colse impreparato; un sussulto percorse le sue membra. Si trovava di fronte a una porta, alla porta di casa sua. Ma… come ci sono arrivato? Già, l’autobus, la strada, ora ricordo…Si sfilò la sciarpa e la appese con infinita lentezza all’appendiabiti. Poi si soffermò a osservare le proprie mani che sostenevano la stoffa con delicatezza.Come quelle della donna, della ragazza o del vecchio sull’autobus erano emblema del loro stato d’animo così, sicuramente, anche quelle dell’uomo ne rappresentavano i suoi sentimenti.Erano mortalmente candide, attraversate da grosse vene bluastre lunghe e sottili, fragili come le ali di una farfalla, un soffio di vento e sarebbero volate via,. Tremavano impercettibilmente. Le dita longilinee e quasi evanescenti erano sormontate da unghie curate che trattenevano la sciarpa, fluttuante nella corrente generata dalla porta aperta. Sembrava che le sue mani stessero per dissolversi nel Tutto che le circondava.Turbato dalla loro bellezza mortale, distolse lo sguardo e si sfilò il cappotto.Ma le mie mani sono pur sempre cellule e quindi concreti atomi. A tutto ciò che è materia si può dare una formula. Qual è, quindi, la formula chimica della loro bellezza mortale?Un sordo tonfo e la porta si chiuse, trattenendo all’interno tutti i suoi umani dubbi.

Agnese Anzani 3F

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Pickford osservava il cielo notturno denso di stelle dalla balconata della stanza dalla quale era uscito, tentando di contarle. Non potevano essere finite, ciò avrebbe implicato la limitatezza del cosmo o peggio l'esistenza di un vuoto sconfinato, e lui non aveva neanche idea di quale delle due effettivamente potesse essere peggio; tuttavia enumerarle era divenuto quasi un tic inconscio in lui, in certa misura non era differente dal contare le pecore la sera: in entrambi i casi lo scopo non è averne una lista bensì usarle come diversivo.

« Signor ispettore, ci sono tutti » disse qualcuno da oltre la portafinestra alle sue spalle.

« Molto bene » commentò Pickford « Si va in scena ».

Quando rientrò si rese subito conto che la sua platea era molto ridotta rispetto a quante erano le sue attese: aveva di fronte appena una quindicina di lord inglesi contro gli oltre cinquanta che si aspettava « Nessun altro? ».

« No. Abbiamo meticolosamente passato in rassegna tutte le registrazioni. Questi sono gli unici che soddi-sfano i criteri da lei richiesti ».

« Parli come mangia, signor Donald » borbottò l'ispet-tore « Sapete tutti perché siete qui, suppongo ». Il si-lenzio che seguì all'affermazione diede a Pickford l'im-pressione di trovarsi di fronte a gente che il giorno pri-ma doveva essere rimasta a casa per malattia.

« Perché hanno rubato la collana della moglie di Wil-liam Defoe dall'esposizione di questa mattina » pro-ruppe di colpo un uomo alto e magro da un angolo della stanza, in prossimità della porta principale.

« Ma bene » sorrise beffardamente l'ispettore avvici-nandosi al suo interlocutore « Abbiamo già un sospet-tato? ».

« A dire il vero io non faccio parte della cerchia dei convocati » si schermì l'altro di rimando « Sono qui per portare il thè come maggiordomo ».

« Non è un po' tardi per il thè? ».

« Sì, lo è ».

« Ah, ok » Pickford si riportò al centro della sala « Ad ogni modo, come puntualizzato dal nostro theoforo, siete qui perché siete sospettati di essere responsabili di quest'efferato furto ».

« Ehm, signore, si dice tedoforo » intervenne l'assi-stente di prima « Sa, thèdos, la fiamma e tutto il re-

sto... ».

« Era un gioco di parole, Donald, non si ridicolizzi in pubblico » Pickford sospirò rassegnato all'idea di avere un aiutante di quel calibro « Riprendendo il discorso, adesso esporrò l'ipotetica dinamica dei fatti. Questa mattina la collana si trovava proprio nella stanza adia-cente a questa, sotto una pesante teca di vetro, al riparo da eventuali furti. Questo pomeriggio lord Smith affer-ma di aver trovato un furgoncino sospetto, parcheg-giato maldestramente appena sotto il palazzo dell'e-sposizione. Inutile specificare che esso stonava decisa-mente con il resto dei lussuosi mezzi di trasporto ap-postati nel medesimo luogo. Dico bene, lord Smith? ».

Un uomo dall'altro capo della stanza accennò in assen-so e l'ispettore proseguì nel suo racconto « Temendo si trattasse di un'autobomba sono stati immediatamente chiamati gli artificieri, che non hanno però riscontrato la presenza di alcun ordigno. In compenso, ben nasco-sta, vi era proprio la collana rubata in precedenza pro-prio lo stesso giorno. E qui giungiamo al nodo centra-le: chi è il proprietario di quel furgoncino e, di conse-guenza, il ladro della collana? ».

Non appena Pickford ebbe terminato di parlare prese piede un insistente vocio tra tutti i presenti: alcuni era-no indignati che si sospettasse di loro, altri lamentava-no di avere una vita impegnata e quindi di non poter presenziare a tali velleitarie riunioni, altri ancora deri-devano le forze dell'ordine colpevoli di aspettarsi che l'autore si facesse avanti spontaneamente. Volarono persino numerosi « perbacco! » all'indirizzo dei più svariati compagni di convocazione.

L'ispettore zittì imperiosamente tutte le voci « Silen-zio, caz–– volevo dire, acquietatevi miei lord. Presto vi sarà tutto chiaro, lasciate che vi esponga il mio filo lo-gico. Prima di tutto, sarete interessati a scoprire perché proprio voi vi trovate qui. Ma prima, gradirei che pro-vaste a rispondere a questa domanda: qual è la più grande debolezza dei lord inglesi? ».

D'istinto uno dei presenti si alzò e scattò verso Pickford con il pugno stretto, fermato tuttavia nella corsa da Donald che lo afferrò e lo strinse per evitare che aggre-disse l'ispettore, invitandolo poi a sedersi.

« Qualcuno qui è sciovinista, uh? Peggio dei franc–– sì, che c'è Donald? ».

« Signor ispettore, qui non gradiscono essere parago-nati ai francesi. Sarebbe meglio, ehm, sorvolare sull'ar-

La cosa si fa intrigante

Page 10: Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012

gomento. Dovrebbe sapere anche lei che gli inglesi so-no molto nazionalisti ».

« Ah, molto bene. Tornando a noi, la risposta è qua-rantad–– volevo dire il thè, miei cari » Pickford gettò uno sguardo divertito al theoforo di prima « Gli inglesi ne sono ossessionati, si può dire che siano feticisti nei suoi confronti. Non solo i lord ma tutti gli anglofoni non mancano di bere la loro quotidiana tazza alle cin-que del pomeriggio. E qui sta il punto: come potrete forse ricordare proprio a quell'ora, periodo in cui si sti-ma sia stata sottratta la collana, era stata indetta una pausa nelle esposizioni per ritrovarsi in sala da pranzo a bere thè. Tutti i partecipanti a questo convegno di am-miratori di Defoe vi hanno preso parte, eccettuati voi ».

Vi fu un vociare sommesso per qualche istante di gente che accampava le scuse più varie per giustificare la pro-pria assenza, ma di nuovo Pickford lo soffocò « Silen-zio, caz–– volevo dire, acquietatevi miei lord. Non ho ancora finito: appurata la ragione per cui siete stati riu-niti qui, c'è ora da esaminare il dettaglio che risolverà rapidamente questo caso. Lord Smith, le spiace infor-mare i presenti riguardo la modalità di parcheggio del furgoncino? ».

« Naturalmente. Era in senso opposto a quello di tutte le altre auto della strada ».

« Questo può voler dire solo una cosa: il ladro in que-stione ha guidato nel senso sbagliato » questa afferma-zione sorprese all'incirca tutti « Qui a Londra si guida rimanendo sul lato sinistro della strada, ma ciò avviene solo nel Regno Unito: nel resto del mondo il lato cor-retto è quello destro, ed esso è anche il lato che è stato seguito dal furgoncino per parcheggiare in quell'insoli-ta posizione. Il nostro colpevole è per forza uno stra-niero in visita per partecipare al convegno evidente-mente non abituato a guidare tenendo la sinistra. E qui arriviamo a lei, lord Polovskji ».

L'uomo, indicato platealmente da Pickford, per qual-che istante non reagì; dopodiché sorrise e replicò « Ben arguito, signor ispettore. C'è però un fatto di cui non ha tenuto conto ». Detto ciò rimosse il suo volto gommoso per rivelare un paio di folte ciglia e una lun-ga chioma bionda.

Pickford rimase totalmente attonito, indietreggiando in direzione di Donald per consultarsi con lui. Fu a quel punto che salì in cattedra lord Smith, uomo curioso e uso a fumare – una delle due l'avrebbe certamente condotto alla morte un giorno « Direi che quest'ulti-ma rivelazione parla da sé, signori ».

L'ispettore osservò quello che poco prima era solo un prezioso testimone e che ora lo stava rimpiazzando nello show con innaturale timore « Smith, che va di-cendo? ».

« Questa persona è ovviamente coinvolta nell'irrisolto caso della scomparsa delle pin-up aperto ormai da anni, e certamente andrà condotta in centrale per ulteriori accertamenti » Smith osservò l'imputato nuovamente « Tuttavia è una donna. Come tutti ben sanno le don-ne sono incapaci di guidare, quindi secondo la ricostru-zione dei fatti operata dal signor Pickford lei è scagio-nata in automatico ».

L'ormai ex-Polovskji si sedette soddisfatta sulla propria poltrona mentre gli altri spettatori commentavano la piega che l'insolito mistero stava prendendo.

« Ciononostante » proseguì l'uomo nella sua arringa « questo caso è tutt'altro che da archivio. Sono convinto che qualcuno qui dentro sappia qualcosa che noi anco-ra non sappiamo ».

Dopo pochi secondi di quiete soprannaturale si alzò in piedi un signore sulla quarantina, visibilmente nervoso e preoccupato per la futura rivelazione e restio a condi-viderla con il mondo.

« Ah, lord Brown. Prego, parli pure ».

« Penso di sapere chi è stato. Se vuole posso farlo en-trare, non credo abbia ancora abbandonato il palazzo ».

« Ma naturalmente. Signor Donald, lo scorti per evitare che tenti la fuga ».

I due lasciarono la stanza per ritornare dopo pochi mi-nuti. Al flebile comando di lord Brown « entra » attra-versò la porta il nuovo uomo. Smith lo squadrò da ca-po a piedi, dal volto di purosangue con immense narici al collo che riprendeva sembianze umane al comunissi-mo corpo. I presenti si ritrassero sconvolti mentre il sospetto respirava con vigore trattenendo tuttavia qualsivoglia nitrito che potesse in qualche modo tra-dirlo o spaventare ulteriormente gli altri invitati, che frattanto avevano ripreso a consultarsi tra loro visibil-mente sconvolti.

L'ispettore, con coraggio, prese la parola rivolgendosi a lord Brown « E questo cosa dovrebbe significare? Chi è questo... coso, e da dove salta fuori? ».

Smith, ancora impassibile, estrasse la propria pipa per-sonale e armeggiò con il tabacco fino ad accenderla « La cosa si fa intrigante ».

Alessandro De Gennaro 4c

Page 11: Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012

“Spam”, click destro, cestina. “Spam”, click destro, ces-

t ina. “Spam”, c l ick destro, cest ina.

Secondo indirizzo, posta in arrivo: nessun nuovo mes-

saggio. Il ragazzo sospira e chiude il portatile. Nella

stanza cala il buio, la luce dello schermo era la sola luce

ad illuminare la stanza. Rimane seduto alla scrivania,

davanti al computer chiuso, nell’oscurità. Respira con

gli occhi chiusi, ha il respiro di chi sta per piangere.

Prende fiato profondamente e si alza. Entra in bagno,

accende la luce e rivolge uno sguardo triste allo spec-

chio. “Perché?”, pensa ad alta voce. “Perché, perché,

perché, perchè sei così stupido?”. Ha gli occhi rossi, si

appoggia al lavandino e fa scorrere l’acqua fredda.

“Come fa lei a sapere che sei tu se non usi il tuo ac-

count?!”. Acqua fredda. “Però potrebbe almeno ris-

pondere”. Invece alle mail anonime del ragazzo non è

arrivata mai una sola risposta. Ritorna verso la scriva-

nia asciugandosi la faccia. L’unica stanza funziona da

cucina, sala da pranzo, camera da letto e studio; una

libreria in acciaio scherma la zona notte dai fornelli.

Lancia l’asciugamano bagnato sul divanetto, riapre il

computer.

Apre una seconda volta il secondo account, quello

anonimo, posta in arrivo: nessun nuovo messaggio.

Apre il primo, posta in arrivo: 1 nuovo messaggio. È

Enrico, il suo “aggancio” nella redazione della rivista,

che gli dice che l’ultimo componimento è piaciuto al

direttore che ha deciso di dedicargli una rubrica; in

post scriptum chiede quale è il suo segreto, poi ha

messo un’emoticon che strizza l’occhio.

La notizia è una buona notizia, ma il ragazzo riesce a

malapena a sorridere. Il sorriso scompare quando con-

trolla per un’ultima volta prima di spegnere la seconda

m a i l : n e s s u n n u o v o m e s s a g g i o .

A Enrico risponderà domattina, pensa svestendosi, ac-

cetterà l’offerta. Continuerà a scrivere le poesie e al-

meno così qualcuno le continuerà a leggere. Sorride

amaro, per la seconda volta, nel buio solitario del suo

monolocale. La luce ha appena iniziato a filtrare della

tapparella abbassate, il ragazzo è seduto alla scrivania,

si è svegliato molto presto con un impulso irrefrenabile

a scrivere. Scrive poesie d’amore. Il ragazzo scrive solo

poesie d’amore, solo poesie d’amore per una ragazza.

Alla ragazza poi le manda, con la seconda mail, in

forma anonima. Le manda anche a Enrico, che le pub-

blica sulla rivista. Ma al ragazzo non interessa pubbli-

carle, e risponde con poco entusiasmo all’offerta di

Enrico, al ragazzo non interessano altro che la sua poe-

sia e la ragazza di cui la sua poesia parla: reindirizza

allo spam tutte le mail che arrivano al primo indirizzo e

non aspetta altro che le mail che non arrivano al sec-

ondo. Ma ora, scrivendo, il ragazzo è felice, pensa che

questa sarà la volta buona, questa volta lei gli rispon-

derà, lei capirà quanto lui la ami, quanto lui la abbia

sempre amata. Scrivendo vede il riflesso di lei sul suo

schermo, lei che sta leggendo la sua poesia e sorride, e

ha un sorriso bellissimo. Adesso sta per parlare, apre la

bocca e pronuncia la prima parola. Punto. La poesia è

finita. Il ragazzo si riversa sulla sedia, gocce di sudore

gli rigano la fronte. È felice. Si alza e si dirige verso la

porta, sta per aprire quando si blocca. Guarda nello

spioncino, controlla che il corridoio sia vuoto. Ha paura

di incontrarla, la stessa paura che ha di usare la sua

vera mail. Controlla sempre dallo spioncino prima di

uscire, lei abita il monolocale di fianco, si sono incon-

trati qualche mese fa. Solo per pochi secondi, ma che

sono rimasti impressi nella memoria del ragazzo in

maniera indelebile; lei lo ha salutato, ha sorriso im-

barazzata ed è scomparsa nell’appartamento.

"E, giunto al fin della licenza, io tocco" (o spammo…)

Cyrano De Bergerac

AND THE

WINNER IS...

Il vostro giornalino preferito presenta il racconto

vincitore del premio Mario Santi, il concorso letterario

organizzato dalla scuola in ricordo di Mario Santi, alunno

del Volta, aperto a tutti i giovani scrittori.

Posta in-desiderata

Page 12: Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012

La seconda volta si sono scontrati per caso in corridoio

all’università, dove non si erano mai notati prima, e

hanno sorriso senza sapere cosa dire.

Ha iniziato lei il discorso: “Sai, siamo vicini di casa”

“Sì…”

“E andiamo anche alla stessa facoltà…”

“Già…”

“Beh magari ci potremmo vedere o sentire qualche

v o l t a , b u s s a q u a n d o t i p a r e . ”

“Ok…”

“Oppure puoi mandarmi una mail.”

Si sono scambiati gli indirizzi e salutati. Lui si è nas-

costo subito dopo l’angolo, ed è rimasto fermo schiac-

ciato contro il muro; ma ha preferito solo immaginarla

voltata verso di lui all’altra fine del corridoio, non è

riuscito a prendere il rischio di guardare indietro e

trovarla girata, o non trovarla più.

“Non ti ha risposto, quindi?”

“No”

“Nemmeno una volta?”

“Nemmeno”

“Ma ti conosce? Sa chi sei?”

“Si, cioè no, in un certo senso, però è complicato da

spiegare”

“Ma come può essere complicato?”, l’amico del ra-

gazzo si alza dalla sedia, “Mi dici che sei innamorato,

che non dormi la notte, non fai altro che scrivere e

scrivere poesie su di lei, e poi mi dici che non vi cono-

scete neanche.”

Il ragazzo rimane seduto al tavolo, presta poca attenzi-

one alle domande dell’amico, è rimasto alzato tutta la

notte precedente in attesa di una risposta.

“Ma sì, ci conosciamo, comunque non è questo il prob-

lema.”

L’amico batte le mani sul tavolo di legno: “Però la

ami!”.

“Sì!, sì la amo…”

“Senti io non ci capisco niente, so solo che non devi

lasciarti abbattere così, devi ricominciare a uscire, devi

tornare in università, saranno due mesi che non ti

vediamo pi..”

“Ma sì! Hai ragione!” esclama il ragazzo, saltando in

piedi.

“Ecco questo è lo spirito, usciamo!” Si alza anche

l’amico.

“Macché uscire! Devo scrivere, scrivere ancora, scriv-

ere di più, una poesia ancora più bella! Questa è la

volta! Lo sento,

è la volta!”

“Cosa? Che volta? Senti basta con le stramberie, us-

ciamo ti prego!”

“No, no, senti, grazie della visita, ma io ora devo scriv-

ere, ci sentiamo!”

Il ragazzo accende il computer e si zittisce, nella stanza

per qualche minuto si sente solo il rumore della tast-

iera, dita che battono velocemente sulla tastiera del

computer.

L’amico del ragazzo è rimasto in piedi davanti al tavolo,

imbarazzato: “Allora io vado”. Battiti in risposta.

L’amico da qualche secondo fermo, nel corridoio alla

porta dell’appartamento, quando esce dalla porta di

fianco una ragazza. Si dirigono verso l’ascensore. Lui

preme il pulsante di chiamata.

Ragazza carina. Prende coraggio: “Abiti qui?”.

“No”, guarda le porte di metallo.

“Neanche io, un mio amico abita qui. In visita a par-

enti?” Arriva l’ascensore, i due entrano.

“No, un’amica anche per me: problemi di cuore”, si

gira verso di lui e sorride.

“I peggiori per molti.”

“Vero”, si rigira verso le porte metalliche.

“E il tuo intervento ha avuto successo?”

Page 13: Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012

“Spero, alla fine si è calmata.”. Le porte dell’ascensore

si aprono al pianoterra.

Lui la guarda attentamente e la ascolta distrattamente.

“È tutto per un tipo che ha incontrato in università, ma

lui non sembra prenderla neanche in considerazione. Si

sono parlati una sola volta e poi non si sono più sentiti.

Non lo vede più neppure in università ora, sembra sia

sparito.”

“Aha”, lui continua a guardarla mentre camminano

verso l’uscita.

“Come se non bastasse uno stalker ha iniziato a inta-

sarle la mail. Lei si limita a rigirarle nello spam ma io le

ho consigliato di chiamare la polizia. Prima ne abbiamo

aperta una, c’era una poesia d’amore! Ti rendi conto?

In giro c’è della gente davvero malata.”

Si ferma, e lo guarda, aspettando una risposta.

L’amico del ragazzo ricambia lo sguardo, senza dire

nulla. Apre la porta d’ingresso del condominio:

“Malata… Sì.”. Guarda di nuovo la ragazza. Davvero

carina.

“Ti va un caffé?”.

Simone Paci 4G

I momenti scorrere non sembravano; vittime, antichi fusti immobili.

I tic-toc d'orologio tormentavano gli animi di agnelli innocenti e nobili.

Il panico affiorava negli sguardi dei sacrificati pel sopravvivere dei restanti, ignobili e codardi

che appunti non han mai voluto scrivere.

Ora i condannati terrorizzati sono tornati in mezzo ai propri amici,

per il voto alcuni traumatizzati.

Ma adesso tocca anche ad altri infelici: dal dado o dalla carta son vocati

e davanti al professor paion dei mici.

Andrea Locaspi 3G

POESIE

Page 14: Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012

Lorenzo Miano 4

H

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Guardai il quadrante dell'orologio, poi spostai lo sguar-do alla strada davan� a me. Mi trovavo so�o il tendone an� pioggia davan� l'ingresso di un ristorante del cen-tro. Ero arrivata lì cinque minu� prima ed ora aspe�avo il mio ragazzo. 'Probabilmente il traffico è rallentato a causa della pioggia' pensai. Mentre con�nuavo ad aspe�are, mi si avvicinò un ragazzo alto, biondo scuro, con i capelli un po' arruffa�, due intensi occhi verdi ed un volto che a prima vista trovavo intelligente e curioso.

Mi guardò, sorridendomi e disse semplicemente: “Vogliamo entrare?”.

Non so come mai ma era come se sen�ssi di dover en-trare con questo sconosciuto. Invece lo guardai e dissi: “Guarda, � stai sbagliando, io sto aspe�ando il mio fi-danzato.” “Lui non verrà.” mi disse “allora?” finì, guar-dandomi. Feci un passo verso di lui ed entrai incuriosita e al contempo rilu�ante, mentre lui teneva la porta. Il ragazzo mi seguiva, fece un cenno al maître, come se si conoscessero da una vita e questo ci accompagnò ad un tavolo rotondo per due. Ci sedemmo, fissai il ragazzo davan� a me con aria interroga�va. “Chi sei? Come � chiami?” chiesi io subito, “Questo non ha molta impor-tanza” mi disse lui, enigma�co.

Il maître ritornò da noi, accese la candela che si trovava nel centro del tavolo e ci porse due menù.

In un silenzio un po' imbarazzante li sfogliammo. Quan-do chiusi il mio, il ragazzo mi disse: “Vuoi prendere il file�o al pepe verde vero? Poi stai già pensando al �ra-misù.”. Lo guardai sorpresa, aveva esa�amente indovi-nato ciò che avevo intenzione di prendere... “C... come hai fa�o? Tu... tu leggi il pen... pensiero?”. Lui rise, pro-babilmente diver�to dalle mie domande, quindi mi dis-se: “No no... semplicemente tu oggi devi prendere que-ste due pietanze” “Come... come DEVO prendere ques� due pia8?” “Ti spiego...” iniziò lui con un sorriso sulle labbra “ma prima, ordiniamo!” concluse, proprio men-tre il maître si stava avvicinando a prendere le ordina-zioni.

Lui prese un riso�o, io quello che “dovevo” prendere; il maître se ne andò e il ragazzo tornò a parlare: “Inizialmente devi sapere che sono poche le persone che sanno le cose che � sto per dire... probabilmente resterai sorpresa ma quello che � sto per dire è la veri-tà.” Io annuii, quindi con�nuò così: “Devi sapere, oggi il tuo ragazzo non verrà a questo appuntamento, fra cin-que minu� avrà un incidente, in questo momento sta parcheggiando a due isola� da qui e, come � ho de�o, fra cinque minu� una macchina guidata da un drogato ricercato dalla polizia lo inves�rà. Ma questo sarà il suo ul�mo omicidio. Il sacrificio del tuo fidanzato è necessa-

rio: se non venisse arrestato, l'uomo che inves�rà il tuo ragazzo, dopodomani ucciderà dodici persone e ne feri-rà cinque sparando all'impazzata in una piazza so�o l'effe�o di stupefacen�.”

Ero semplicemente sconvolta, l'unica cosa che riuscii a dire fu: “Tu... tu... mi stai dicendo che fra pochi minu� il mio ragazzo morirà?!”. Non mi disse niente, ma mi guardò con occhi tris�... non c'era bisogno di parole...

Il maître ci portò la prima portata, interrompendo quei secondi di imbarazzante silenzio.

“Ma ora... parliamo di te...” iniziò lui, io lo guardai spa-ventata ma mi rassicurò con un debole sorriso quindi con�nuò: “Tu, se non sbaglio stai studiando fisica all'u-niversità vero?” “Non credo tu abbia bisogno di confer-me, vero?”. Gli sorrisi in modo sarcas�co, lui mi rispose con uno sbuffo. “Oggi in questo ristorante tu hai ordina-to del �ramisù... Tu sai che nel �ramisù c'è il mascarpo-ne?” Io annuii. “Beh, sai che il mascarpone è preparato con le uova crude...” Io iniziai a capire, un'espressione spaventata si dipinse sul mio volto, lui se ne accorse e mi rassicurò con un altro dei suoi sorrisi: “No, non mori-rai oggi... però finirai all'ospedale... Perché DEVI finire all'ospedale oggi...” Lo interruppi chiedendogli: “Cosa succede se mi rifiuto di mangiare quel �ramisù?” “È scri�o che oggi finirai all'ospedale, quindi se � rifiu� a mangiarlo, in qualche altro modo ci finirai in quel le�o... Ma tu�o ciò è necessario per un fine più... più... più grande, ecco.” Stavo per interromperlo, ma lui mi bloccò con una mano. Il maître venne a prendere i pia8 ormai vuo�. “Non interrompermi, � prego... Ti dico solo che all'ospedale conoscerai una persona nella tua stanza d'ospedale. Se lo vuoi sapere diventerà tuo marito, comunque dopo aver lasciato l'ospedale farete coppia fissa per tu�a la vita, in par�colar modo nel vo-stro lavoro di ricercatori che vi porterà a raggiungere una delle più importan� scoperte dell'umanità. DOVETE incontrarvi, capito?”

Il maître ci portò il dolce: per lui una torta di mele e per me il fa�dico �ramisù.

Guardai il mio dolce. Era... era... era des�no che io lo mangiassi. 'Ti hanno appena de�o che farai una delle più importan� scoperte della storia... Non morirai...'

Mentre la mia mente era in subbuglio, il ragazzo aveva già finito la sua fe�a di torta e si era alzato... Stava per andarsene quando io gli dissi: “Mangerò il �ramisù... ma tu, � prego, dimmi... Chi sei?”

Mi sorrise ancora, i suoi occhi verdi incontrarono i miei: “Solitamente mi chiamano... Des�no.”

Giorgio Bondì 3H

Appuntamento col destino

Page 17: Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012

L'autunno è tempo di manifestazioni. Tre (al momen-

to in cui scrivo), il 7 e il 14 ottobre e il 4 no-

vembre, hanno infiammato il cosiddetto “autunno

caldo”. Le manifestazioni sono basate su motiva-

zioni forti e propositive. In breve. Il governo,

data la necessità del pareggio di bilancio nei

prossimi anni, sta operando massicci tagli alla

spesa pubblica. La manifestazione contesta le scel-

te relative ai settori in cui ridurre i finanzia-

menti obiettando che i tagli all'istruzione sono

controproducenti per la crescita del paese tanto

richiesta per uscire dalla crisi. Propone quindi

una ricetta alternativa indicando da quali settori

prendere i fondi necessari all'azzeramento del de-

ficit.

Sono totalmente d'accordo con le basi delle prote-

ste: tuttavia ritengo che questi scioperi autunnali

siano stati, in gran parte, privi di significato.

Da quando sono in prima, ogni anno le manifestazio-

ni avvengono a periodi fissi; inizio ottobre, fine

novembre-inizio dicembre, gennaio-febbraio e a vol-

te a marzo. Nessuna più avanti nell'anno scolasti-

co. Questa cadenza così scandita e preordinata, che

prescinde dai contenuti delle leggi riguardanti

l'istruzione, fa pensare alle proteste più come un

rito che come un atto volto a cambiare lo stato

delle cose. Le manifestazioni diventano tali perché

purtroppo hanno un dannatissimo pregio: sono diver-

tenti. Molti degli studenti vanno in manifestazione

perché il corteo offre notevoli divertimenti e op-

portunità per “balzare” un giorno di scuola, coa-

lizzarsi contro un nemico comune e staccare dalla

quotidianità. Tuttavia se questi comportamenti di-

ventano i motivi più o meno occulti per protestare,

l'intera protesta perde di significato; la manife-

stazione non è più uno strumento di rivendicazione

di diritti e di espressione di opinioni ma si ridu-

ce a semplice occasione di divertimento e di svago

che gli studenti si prendono.

Secondo me, la manifestazione ha senso solo se è un

“atto d'amore” nei confronti della scuola

stessa, intesa sia come istituzione sia come edifi-

cio fisico. Lo studente che protesta è interessato

al buon funzionamento della scuola, cerca di avere

un'istruzione di qualità rispettando l'istituzione

scolastica in tutte le sue parti buone e contri-

buendo a migliorare le sue parti peggiori.

Qui però si delinea l'ipocrisia nella gran parte

degli studenti (me compreso) che protestano per mi-

gliorare la scuola e non solo per “balzare”. Ognu-

no di noi infatti compie ogni giorno piccoli atti,

impercettibili, che umiliano la scuola, le tolgono

dignità. Quando sporchiamo le classi in cui studia-

mo, ridicolizziamo una lezione, imbrattiamo i muri,

partecipiamo scarsamente alle iniziative di appro-

fondimento, stiamo contribuendo a svilire l'istitu-

zione, a mortificare la scuola che cerchiamo di di-

fendere in manifestazione. Una protesta forte e ra-

dicata contro i tagli deve anche fondarsi su questi

piccoli gesti di attenzione verso l'istituzione te-

stimoniando che, nonostante il continuo svilimento

della scuola da parte dello Stato, noi continuiamo a

rimanere attaccati all'istituto in aperta controten-

denza con la riforma da poco introdotta.

Così la manifestazione, sostenuta da un coerente

comportamento quotidiano, sarebbe presa sul serio,

non più inascoltata perché rituale privo di signifi-

cato. Diventerebbe un momento per esprimere la no-

stra indignazione verso le politiche scolastiche

attuali e porterebbe valore al dibattito politico,

arricchendolo con le posizioni di chi la scuola la

vive tutti i giorni e la rispetta. Porterebbe i ri-

flettori sul “problema scuola” e forse il cittadi-

no comune che non la frequenta, a partire dall'esem-

pio di chi la frequenta e la valorizza, prenderebbe

coscienza della grande importanza della scuola stes-

sa e farebbe pressione affinché migliori e continui

a divulgare cultura e a formare futuri cittadini.

Stefano Schmidt 3G

La Rivoluzione

©Matteo Barcaro 3^A

Page 18: Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012

I neozelandesi sono figli di galeotti e puttane,

direbbe mio nonno.

In realtà non andò proprio così, principalmente

perché quella è l’Australia, nonostante per noi

siano un po’ la stessa cosa.

Fatto sta che, reduce da quattro mesi nella terra

dei kiwi, Australia e Nuova Zelanda hanno smesso

di essere rispettivamente quel coso grosso in

basso a destra della cartina e quella cosa piccola

che è talmente in basso e talmente a destra che

nella cartina non c’è proprio.

Non se si vi capiterà mai di andare in Nuova Ze-

landa, e se succederà sicuramente vi sarete scor-

dati di questo articolo. Cazzi vostri, perché que-

sta è la guida alla sopravvivenza per l’italiano me-

dio nella terra dei kiwi.

Iniziamo dal principio. Vi trovate sull’aereo, clas-

se Economy (se siete nella Business girate pure

pagina, siete ricchi, non avete bisogno di una stu-

pida guida).

Dicevamo, classe Economy, che in parole povere

significa che non dormirete un minuto, ed ecco,

che mentre invano cercate di trovare la posizione

rem che faccia sì che vi risveglierete solo a de-

stinazione, inizierà a ronzarvi nella testa una

semplice domanda: “Ma perché cazzo ho scelto di

andare in Nuova Zelanda?”. Le possibili risposte

sono due. Se avete dei prof pronti a torturarvi al

vostro ritorno, la risposta è: “Perché sono un i-

diota”, altrimenti non lo so, visto che a me andava

benissimo la risposta numero uno.

Fortunatamente sulla tv dell’aereo la scelta è va-

sta, dai famosissimi classici cinesi, alle registra-

zioni dei concerti di band cinesi, fino ai documen-

tari sui cine... sugli animali, fatti dai cinesi.

Durante il viaggio lo scalo a Singapore è

d’obbligo, dove potrete intrattenervi giocando a

rugby dentro l’aeroporto, rischiando di farvi ar-

restare, o farvi stritolare i piedi dalla macchina

massaggiatrice che vi lascerà liberi solo quando

vuole lei. Lo scalo a Dubai è invece consigliato ai

deboli di stomaco, che non gradiscono noddles e

pesce fritto alle 6 di mattina e salviette calde

dall’odore putrefatto.

Fatto sta che prima o poi, salvo attacchi terrori-

stici, sarete arrivati in Nuova Zelanda, dove vi

aspetta, subito dopo l’atterraggio, la prima sor-

presa. Quel manto di neve che copriva tutto è in

realtà un gregge infinito di pecore (per chi non lo

sapesse il rapporto persone-pecore li è 1 a 8).

La seconda sorpresa teoricamente avreste già

dovuto metterla in conto, ma assimilarla è tutta

un’altra cosa, tutti parlano inglese. Mi spiego me-

glio, tutti parlano inglese per davvero ed è quello

il momento in cui ti accorgi che forse parli meglio

latino (no dai, non diciamo cazzate).

Da quando sarete usciti dall’aeroporto, quello che

succederà di voi è difficile da dire, se non che

sicuramente cederete al fascino tamarro della

tuta della Canterbury, che proverete a calciare

un pallone da rugby con risultati pessimi e che

diventerete delle palle a furia di mangiare

fish’n’chips.

Vi lascio però qualche accorgimento che potrà

risultarvi utile:

-Non tappate i tubetti di dentifricio, ma soprat-

tutto non chiedete perché.

-Ogni Kiwi conosce la parola “vaffanculo”, quindi

se dovete dirgli qualcosa facendo finta di chiede-

re l’ora siate più originali (gay non è una buona

idea).

-L’uso dell’espressione “fucking kiwi” è molto

sconsigliata, se non volete tro-

varvi schiacciati da un’intera

squadra di rugby.

-Fate un salto al Cosmic Cor-

ner. Un nome, un proget-

to.

-Poca confidenza coi Ma-

ori, soprattutto con

quelli che vi chiedono se

avete mai accoltellato qual-

cuno.

-Ricreation è una materia scolastica e non è un

false friend.

-“Sweet as” non vuol dire che avete un bel culo.

-Se vi offrono della “pizza with pineapple” vi

stanno offrendo veramente la pizza con l’ananas.

Kiwiland

Pietro Fasola IV H

Page 19: Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012

A metà giugno dell’estate scorsa tu� i fan della saga di

Harry Po�er sono anda� in fibrillazione per... una

schermata vuota. Ecco cos'era Po�ermore all'inizio di

tu�o.

I diversi si� dedica� a Harry Po�er e ai suoi fans

invitavano ad una caccia al tesoro virtuale sul sito

“Secret Street View” per avere informazioni sul nuovo

proge�o della Rowling dedicato al celebre maghe�o.

Risol� gli enigmi si o�eneva l’indirzzo web del

misterioso sito “Po�ermore”.

Su Twi�er nel fra�empo si rivelava che il 23 giugno ci

sarebbe stato un annuncio ufficiale della scri�rice che

avrebbe raccontato il nuovo proge�o.

Per un mese e mezzo il web si è scatenato cercando di

scoprire cosa fosse Po�ermore: un MMORPG, un Social

Network, un nuovo libro (cosa subito smen�ta),

un'enciclopedia online intera�va, uno store online per i

libri, una caccia a tesoro nel mondo reale collegata con

JKR Rilancia

Il pomeriggio del 20 ottobre stavo comodamente leggendo un

libro sdraiato sul mio letto. Alle 18:30 circa mia madre è tornata

a casa e mi ha detto: “Ma lo sai che è morto Gheddafi?”. “No”,

ho risposto disinteressato in quanto pienamente assorto nella

lettura. Era vero, non lo sapevo, quel giorno non avevo toccato

né televisione né altro, e inizialmente la notizia non ha suscitato

in me grande interesse. Poi la mia lettura ha incominciato a

essere ostacolata, pensavo fosse perché, come al solito, mi

stavo addormentando. Invece no, quella volta il mio cervello

aveva deviato completamente la sua attenzione, indirizzandola

alla morte del dittatore libico. “Voglio saperne il più possibile” ho

pensato, e incredibilmente decisi di vedere interamente e atten-

tamente un telegiornale, nonostante la mia riluttanza a sentire

di continuo notizie orribili. Così mi sono alzato dal letto e sono

deambulato verso un televisore, ho acceso il suddetto e ho

messo sul Tg3, l’unico in onda in quel momento e, francamen-

te, l’unico serio insieme al Tg di La7, su cui sarei approdato più

tardi. Purtroppo sono arrivato tardi ed erano passati ad altre

notizie. Allora ho atteso la fine sperando in qualche aggiorna-

mento, ma sono rimasto deluso, parlavano dello stato d’animo

nelle file dei ribelli e non della dinamica della morte del dittato-

re, di cui ero molto più interessato. Ho aspettato così l’inizio del

Tg di Mentana, mia ultima spiaggia per scoprire cos’è succes-

so. Dopo qualche minuto è partita la trasmissione, Mentana ha

fatto la solita brevissima scaletta delle notizie del giorno e ha

m a n d a t o i t i t o l i .

Finalmente ho scoperto cos’era successo: Gheddafi è stato

ucciso mentre cercava di fuggire da Sirte, la sua ultima rocca-

forte, mentre era in un tunnel. Pare che le sue parole quando

l’hanno trovato siano state: “Non sparate”, poiché era ferito alle

gambe. Non si sa chi o cosa l’abbia ucciso, anche se pare gli

abbiano sparato nonostante le sue suppliche, si sa però che

stavano correndo all’ospedale per curarlo quando è morto.

L’aver scoperto che la morte del rais può essere stata un’ese-

cuzione mi ha lasciato un senso di disgusto, in quanto odio il

fatto che venga uccisa della gente, chiunque essa sia, perché

credo che non si debba mai privare una persona della sua vita,

e in questi casi, ci sono altri motivi per lasciarli vivere. Già molti

dittatori sono stati uccisi appena catturati, basti pensare a Mus-

solini, che è stato pure appeso per i piedi in piazzale Loreto.

Nonostante tutto ciò che è stato fatto dal fascismo, resta un

gesto veramente disgustoso, perché a quel punto si passa dalla

parte del torto con la massima ignominia.

Poi ho ripensato a ciò che ho sentito al Tg, al fatto che l’esecu-

zione potrebbe essere stata fatta per far andare i segreti del

dittatore con lui nella tomba. Non avevo minimamente pensato

a questa eventualità, sono sempre stato, e forse lo sarò per

sempre, uno stupido ragazzo che crede nel fatto che i potenti

agiscono per il bene di tutti, non per fare in modo che possano

rimanere sempre al proprio posto, anche se, mi rendo conto

che se qualcuno vuole fare il bene di tutti deve cercare di stare

il più possibile di stare al proprio posto (non fraintendetemi, ciò

non vuol dire che Berlusconi deve rimanere dov’è, scusate l’in-

terruzione). Sentire queste parole mi ha fatto sentire ancora più

male, per i motivi di cui sopra, e non sono riuscito a trattenere

un accenno d’ira nel pensare che qualcuno abbia tolto Ghedda-

fi dalla punizione che meritava per pararsi il posto, altra dimo-

strazione che la gente comune non può sapere determinate

c o s e .

Intanto mia madre stava preparando la cena, ho apparecchiato

la tavola, mi sono sistemato per vedere la replica del Tg e fare

un’analisi più accurata. Così ho sentito per la seconda volta le

notizie, ma le mie opinioni non sono cambiate, sono rimasto lo

stesso di prima, un po’ più arrabbiato con il mondo, ma pur

sempre lo stesso, e ne sono rimasto abbastanza lieto, era me-

glio evitare di pensarci. Così ho incominciato a mangiare impe-

gnando la testa con il cibo, argomento molto più interessante e

importante di un dittatore. “Meglio così” ho pensato di nuovo.

Andrea Piazza IF

20 ottobre

Page 20: Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012

un gioco online?

La risposta? Po�ermore rappresenterà un’esperienza di

le�ura completamente nuova, alla quale

contribuiranno gli stessi le�ori, che perme�erà ai fan di

tu�o il mondo di addentrarsi nel mondo di Harry

Po�er, scoprendo ulteriori de�agli sulla storia e i suoi

personaggi. Sarà inoltre il sito ufficiale dove poter

scaricare gli ebook e gli audiobook digitali ufficiali e

dove inoltre troveremo molte informazioni sul mondo

del maghe�o che JKR aveva tenuto segrete; sarà

completamente gratuito e disponibile in italiano.

Po�ermore, dice la Rowling nel comunicato ufficiale,

sarà aperto a tu� a par�re da o�obre, [apertura ora

rimandata a data da des�narsi - n.d.a] ma ad alcuni

fortuna� sarà offerta la possibilità di entrare in

anteprima per contribuire a creare l’esperienza.

Basterà… Seguire il gufo. Buona fortuna!

La Rowling ci lascia così, con questa frase sibillina e un

secondo appuntamento fissato per il 31 luglio, giorno

del compleanno del maghe�o.

Quel giorno milioni di fan hanno le�eralmente intasato

il sito per scoprire quale fosse la sorpresa dell'autrice:

la sfida della Piuma Magica. Risolvendo un quesito

numerico legato ad alcuni de�agli presen� nei libri si

o�eneva il link per accedere alla pagina di iscrizione.

Dal 31 luglio al 6 di agosto, tu� i fortuna� che sono

riusci� a trovarla (tra cui me n.d.a.), hanno avuto

l'opportunità di iscriversi al sito e di accedervi in

anteprima.

Finalmente, il 15 agosto, vengono spedite le prime mail

di benvenuto che perme�evano di entrare nel sito...

Purtroppo per evitare che entrassero tu� insieme le

mail sono state scaglionate in diverse se�mane (la mia

ad esempio è arrivata il 9 se�embre).

Ecco quindi che arrivo alla recensione vera e propria...

Quando entri in Po�ermore � trovi a vivere come un

personaggio l’intera vicenda di Harry. Ogni libro (per

ora è possibile giocare solo con La Pietra Filosofale) è

suddiviso in capitoli e ques� sono suddivisi in

“momen�”. Disegni, immagini che rappresentano quel

momento. Ciò che devi fare in ques� momen� è

raccogliere ogge� (da u�lizzare poi nel gioco come libri

di incantesimi o ingredien� per pozioni) ma sopra�u�o

raccogliere le informazioni sui personaggi, sugli

ambien� e così via che la Rowling ha pubblicato qui per

la prima volta (come la storia della Prof.sa McGrani�).

Se pensate che il gioco risul� essere noioso vi

sbagliate… Sicuramente non è un gioco d’avventura in

terza persona ma non si può dire che manchi

l’intera�vità.

Da quando Harry scopre di essere stato ammesso a

Hogwarts il gioco si vitalizza molto: seguiamo Harry a

Diagon Alley e anche noi compriamo tu�o il necessario

per la scuola, seguendo le indicazioni della le�era di

Silente. Una delle par� migliori è il Test della Bacche�a

che ogni personaggio esegue da Olivander, il

fabbricante di bacche�e, per farsi scegliere dalla

propria (la mia ad esempio è di legno di Cipresso, lunga

dieci pollici e tre quar�, con nucleo in piuma di fenice).

Dopo aver acquistato tu�o il necessario ci si reca quindi

a King’s Cross e si raggiunge Hogwarts.

Qui ci si trova subito di fronte ad un altro test: quello

dello Smistamento ad opera del Cappello Parlante e si

leggono altre informazioni sulla propria casa (io sono

finito in Corvonero).

Si con�nua quindi ad esplorare il resto dei momen� che

compongono il libro finché non si raggiunge la fine. Non

pensiate che però Po�ermore sia finito qui: mentre si

aspe�a La Camera Dei Segre� (che sarà disponibile da

Gennaio) ci si può cimentare nella pra�ca degli

incantesimi, nella preparazione di pozioni (dopo aver

comprato tu� gli ingredien�) e nei duelli tra maghi.

Anche se l'esperienza si conclude brevemente le mie

aspe�a�ve non sono rimaste affa�o deluse: la grafica è

curata in ogni de�aglio, i disegni e i colori sono

splendidi e in ogni capitolo c'è almeno un nuovo scri�o

della Rowling con dei suoi appun� o “pensieri”.

Il sito non è perfe�o: per prima cosa, gran parte

dell’utenza ha rilevato l’assenza di musica e inoltre ci

sono alcune funzionalità che non sono ancora state

a�vate ma che con l’apertura ufficiale del 31/10

[ricordo che è stata rimandata a data da des�narsi] si

spera verranno avviate; l’ul�ma pecca consiste nei

nickname. Non è possibile scegliere il proprio (per una

ques�one di protezione dei minori come è so�olineato

nel sito) e quindi al momento dell’iscrizione te ne

vengono propos� cinque, uno più bru�o e complicato

da ricordare dell’altro (ecco, il mio è

CercatoreCastello123, completamente in italiano, e poi

con l’123 è più facile)

In conclusione: per un fan accanito è la manna, ma

anche per coloro che sono sempre sta� affascina� dal

mondo della Rowling è un o�mo prodo�o

L'emozione quando ricevi la le�era per Hogwarts, la

felicità alla vista della propria bacche�a e la tensione

durante lo smistamento (non Serpeverde, non

Serpeverde…!) sono veramente indescrivibili e rendono

Po�ermore un altro colpaccio di JKR.

Giorgio Bondì 3H

Page 21: Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012

L╆è burlà giò┻ Credevo e temevo che non l╆avrei mai potuto scrivere. In fondo io, come tanti altri che leggeranno questo articolo, ho sempre vissuto in un╆ Italia oscurata dall╆ ombra del Cavaliere Nero. È incredibile pensare che il 12.11.11 potrebbe segnare finalmente la fine di un╆epoca┸ di quest╆epoca┻ Sono passati 17 anni da quel fatidico 26 gennaio in cui un palazzinaro milanese, un imprenditore, come lui stesso si definisce, decise di scendere in politica┻ A risentire ora l╆ audio messaggio di quel giorno colpisce l╆immobilità del nostro bel Paese in questi ultimi 17 anni. Nulla è cambiato. Berlusconi prometteva un Paese pulito, come oggi le tasche dei suoi cittadini, accentrato sull╆individuo┸ UN solo individuo┸ lui stesso┸ intendeva, e sulle imprese. Forza Italia avrebbe dovuto essere un collante per il Paese disgregato ed esaltare i valori della famiglia; Berlusconi è sempre stato, in effetti, il papy preferito di Noemi, Ruby e uno stuolo di altre escort┻ Inoltre l╆Italia avrebbe dovuto primeggiare in Europa e nel mondo┼guardiamoci ora zimbello di tutti, derisi addirittura dai Primi Ministri Sarkozy e Merkel, burattini in mano dei mercati e dell╆euro┻ Riascoltando ora le sue parole, quelle di un eccellente oratore che ha incantato milioni di persone per quasi un ventennio, sembrano vuote, una presa per i fondelli, uno scherzo di pessimo gusto; e invece sono la storia degli ultimi due decenni, la storia di noi nati negli anni ╅ごか┻ L╆è burlà giò┻ Finalmente┻ Ma malgrado tutto┸ questo non è un momento di felicità. Innanzitutto la disfatta di Berlusconi non è stata dettata dalla vittoria di un╆opposizione unita, forte e compatta ma dagli umori troppo altalenanti dei mercati e dall╆avvicinamento eccessivo al famoso baratro, in cui ci stava trascinando l╆ego gigantesco del nostro ex-Premier, troppo orgoglioso per abbandonare la cadrega. La decisione definitiva di dimettersi

è┸ infine ┸ stata dettata dall╆ immensa generosità che il Cavaliere prova per il ╉Paese che ama╊┻ Insomma una concessione del grande imperatore, non una necessità chiesta a gran voce da tutti, sia dai fedelissimi che dalle opposizioni. Non sento di poter affermare che questa sarà l╆ultima immagine significativa che ci rimarrà dell╆ex-Premier. Sguardo fisso, mascella contratta, mano protesa a un saluto che, non se ne rende nemmeno più conto, non è rivolto alle folle urlanti dei suoi sostenitori ma e quelle fischianti dei suoi avversari. Temo che non tornerà, con la testa bassa, in Padania, da imprenditore, a imbottirsi sino a scoppiare di viagra per poter fare tutto il bunga-bunga che vuole. Non ci sarebbe gusto senza far perdere la faccia a un╆intera nazione┻ Ma non è di Berlusconi che ho più paura. Sono gli italiani che mi spaventano e mi terrorizzano. L╆italiano medio non ha memoria a lungo termine. Capace che dopo 17 anni di Silvio ma sei mesi di governo Monti che, si spera, porti un riassestamento dell╆economia┸ gli italiani abbiano il coraggio di rieleggerlo ancora, per una quinta volta. Mussolini governò 7.572 giorni, Berlusconi 3.336; non vorremo far raggiungere al Cavaliere quel triste primato?!

(SPERIAMO) ADDIO

Agnese Anzani 3F

Page 22: Giornalotto N° 2 A.S. 2011/2012

“repente turba germanorum

apparuit imo colle. Germani

pedites non caligas induebant,

sed alterum calceum, qui Sandalum

ab illa gentis nomatus est.

Romanorum manu circumventa,

nostri milites novo et tremendi

viso territi fuerunt. Germani

enim caligas cum calzae

induebant.” Questo frammento del “De Bello Gallico”, finora sconosciuto ai non addetti ai lavori, altro non è che il primo avvistamento confermato di indossamento di calzini da parte dell’uomo. Cesare racconta quello che pare un comune episodio di guerra, un Proelium come tanti sono descritti nel tomo indigesto del n a s u t o c o n d o t t i e r o , m a improvvisamente compare la novità: i guerrieri germani attuano il primo esempio di

guerra psicologica dell’umanità. Il manipolo non è sopraffatto con le armi bensì col terrore che il sandalo indossato con i calzini induce in ogni essere umano mediterraneo. Essendo il De Bello una trattazione etnografica ante litteram oltre che cronaca di guerra, l’autore ci fornisce ( i r r i d e n d o l a ) u l t e r i o r i informazioni a proposito di questa usanza che è definita “Turpissima et nefas”. A sconcertare il romano medio dell’epoca doveva essere principalmente l’olezzo che emanava da questi nuovi indumenti, intessuti in pesante lana di capra germanica. Le legioni di stanza sul Reno tuttavia trovarono il nuovo uso adatto alla vita militare, e il

numero di legionari calzanti calzini (mi si perdoni il gioco di parole) aumentò sempre di più - niente di meglio di un paio di calzettoni in lana per affrontare una lunga veglia notturna sul confine orientale! – ma i centurioni e gli ufficiali più tradizionalisti avversarono tale pratica e la osteggiarono con una lunga anche se inefficace serie di regolamenti militari. Attraverso i secoli bui del m e d i o e v o s i p e r d o n o l e testimonianze su tale pratica, anche se in “De furore normannorum” il venerabile Beda descrive alcuni “Longa pedalina” indossati sotto gli stivali dai guerrieri nordici, spesso più di un paio sopra l’altro. Per avere un’altra citazione certa dell’uso di calzini dobbiamo aspettare un altro autore dal lungo naso (Che calzini e olfatto siano in qualche mistica maniera collegati è tuttavia ancora da confermare), il sommo poeta Dante. Non tutti sanno infatti che alla descrizione che il Vate fiorentino da’ di Caronte nel canto terzo mancano due terzine, ritenute dai commentatori troppo umoristiche e per questo non autentiche: Tanto egli turpe fu al noi torsi

Ch’io in tema al suol caddi supino E con maggior tema m’accorsi

Ch’un sandal portava col calzino

Sì com’usan quei fili d’orsi che dimora avevano in Berlino

Il calzino attraverso i secoli Una trattazione storico plausibile del prof. Rolf Dean Eelian

Ordinario di storia della calzatura presso l’università di Uppsala Traduzione di daniele florean 4 F

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Dante descrive qui senza possibilità alcuna di errore nell’interpretazione la calzatura del nocchiero infernale, e la sua reazione non è meno disgustata di quella dei soldati romani. Egli definisce “figli d’orsi” i tedeschi Berlinesi, probabilmente contadini, e ne cita chiaramente l’usanza sopravvissuta nei secoli di portare sandali e calzini. Il buon gusto italico è in questo frammento ancora una volta confermato: non a caso il poeta toscano colloca tale calzatura nell’inferno! Altre fonti, questa volta veneziane, e più precisamente un libro mastro della compagnia commerciale “Antonio e Marco Floriàn” citano i calzini, affermandone però la diffusione tra tutte le classi sociali. Al giorno 13 maggio a.D. 1359 è infatti segnato “ricevuto gran ordene di tela di lana (trenta

bracci) per farne calzetti dal

borgomastro di Lucerna. Lasiati in

aconto fiorini quindici buoni di

oro svizzero” Il calzino trova poi grande diffusione in tutta Europa, sotto forma tuttavia di calzamaglia. Bisogna aspettare il seicento/settecento affinché a questo nobile indumento sia restituita la sua dignità. Basta osservare un qualsiasi ritratto di nobili dell’epoca per accorgersi delle calze mostrate con fierezza sopra le scarpe con fibbia! I calzini non smettono tuttavia di turbare le coscienze dei popoli, e s p e c i a l m e n t e d e i p o p o l i d’oltreoceano. Lewis e Clarck nella loro spedizione verso la costa americana del pacifico impressionarono molti capi indiani con le loro “gambe di serpente”: l’ingenuità dell’indigeno intuì subito la funzione di seconda pelle del calzino, ma a parte come attrazione per le lunghe sere

d’inverno nei fumosi wigwam di pelle di bisonte, l’indumento non prese mai piede tra gli indiani ( i l g i o c o d i p a r o l e è involontario). Nel ventunesimo secolo molti interrogativi rimangono ancora aperti: primo fra tutti, dove finiscono i calzini tra la lavatrice e lo stendino? È esperienza comune infatti che i calzini, rigorosamente in numero dispari, tendano a scomparire durante e dopo il lavaggio. C’è chi ipotizza che questi capi di abbigliamento siano in realtà esseri pan dimensionali senzienti, che mirano alla conquista del mondo. Queste sono pure illazioni, prive di fondamento. Secondo studi recenti il calzino tende a seguire leggi proprie (come le cattive notizie) che gli permettono di alterare il continuum spazio temporale, con conseguenti salti di durata variabile nel passato o nel futuro, o gli consentono (un po’ come Kitty degli X-men) di regolare l’effetto tunnel e passare attraverso gli oggetti solidi in particolari condizioni di magnetismo o a seconda delle fasi lunari. Pare superfluo aggiungere che lo studio del calzino (pedalinologia) con tutte le sue diramazioni (fisica del calzino, archeo-calzinologia, filosofia della calza eccetera) è ormai una scienza in forte espansione nel mondo accademico e con questo articolo alla sua comparsa ufficiale davanti al mondo intero.

Daniele Florean IV F

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Bacheca Dulce et decorum est pro Giornalotto mori!

LA CARTA NEMICO PUBBLICO NUMERO

UNO

Non mi ricordo cosa dovevo

dirvi ma ve lo dico lo stesso.

–Prof. Albera

Mi fate venire voglia di

ritirarmi in un monastero. –Prof Margaritescu

Due che fanno sesso sul dancefloor,

voglio dire, potete farlo ovunque

d'accordo, ma non davanti a me.

–Tedesco su Homecoming

«Mi

son

o se

mpr

e ch

iest

o: m

a ch

i è

che

va i

n g

iro

a co

stru

ire

qu

adra

ti

sull

'ipot

enu

sa?»

–W. V

aldi

«Il primo postulato di Bohr

in sostanza dice che le orbite

degli elettroni sono stabili. E

uno dice: ma che cazzo di

postulato è!?»

L'eugentica di per sé non è male, poi se la usano per fare bambini biondi e azzurri è un altro discorso. –Prof Stretti

«Se l

e donne g

overn

asse

ro il

mondo n

on avre

mm

o più

guer

re;

solo

un m

ucchio

di p

aesi

offesi

che n

on si p

arlan

o più

Insomma, Amleto in questo pezzo si

sta chiedendo semplicemente “Should I

stay or should I go now?”

–Florean

«La vita è come una scaletta di un pollaio: corta e piena di merda.»

Questa l'abbiamo messa così tante volte che dovremmo scrivere

“La scaletta del pollaio è come la merda, corta e piena di vita."

–Paci

La vita è troppo breve per

passarla su Facebook. –Renzo Averia

«Prof mi dispiace, ma non sono riusciuto a studiare l'Ariosto

a causa della verifica di Matematica e del dentista.» «Ma non avete il compito di matematica.»

«Se è per questo non avevo neanche il dentista.»

“Mamma ma la nonna ha detto

niente sesso prima del matrimonio!”

“E tu dagliela a uno sposato!”

I politici sono come i pannolini: vanno cambiati spesso e per la stessa ragione. –Alessandro Luciano

Alu

nn

o i

n r

ita

rd

o:

Pro

f, d

evo

pre

nd

ere

il f

ogli

etto

ver

de?

Pro

f: A

qu

est'

ora

ser

vire

bb

e q

uel

lo r

oss

o!

“Ehi, quanto manca

alla fine dell'ora?”

“2 minuti e 3 robusti…”

Berlusconi ha un ego

gigantesco. Ma cos'è?

Un egomostro?

–Maurizio Crozza

–Io sfrutto la fisica!

–Sisi, la schiavizzi proprio!

È un viale ALBERAto.

42

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Invalidi

Alessandro Luciano 3G

Mein Führer Mauro Albera

Monaci Amanuensi

Il Ciclostile

La Servitù di una volta La Signora delle Fotocopie

We are the World le minoranze nel mondo

Ebbrei Federico Lombardi 4G

Comunisti Daniele Florean 4F

Biondi

Filippo Agalbato 5C

Miopi Giorgio Bondì 3H M

essicani

Giada Carioti 3E

Alternativi

Agnese Anzani 3F Obbesi Robert Ballante 3A

Ricchioni Andrea Piazza IF

Onesti Viola Dadda 2I

Zingari

Leonard

o de C

astro

3G

Cattolici Davide Skenderi 4G

Ricchi

Alessandro de Gennaro 4C

Poveri

Lucas Li B

assi 3G

Italiani Corrado Mauriello 2G

Idealisti Stefano Schmidt 3G

Canguri Austra

liani

Lorenzo Miano 4H

Altoatesini Pietro Fasola 4H

Islamici

Amalia Castoldi 1F