giornaliero, da rinnovare in continuazione. - ereticamente.net · Ma è del canagliume politico che...

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Giacinto Reale https://www.ereticamente.net/2013/11/canaglie.html di Giacinto Reale Confesso una speciale simpatia per le “canaglie”: “canaglie politiche”, innanzitutto, ma non solo. Ci metto dentro anche certa ligera milanese e non solo degli anni cinquanta (le “tute blu” di via Osoppo, c on l’ex partigiano Ugo Ciappina, la banda di Paolo Casaroli, ex “Decima Mas”, con il vice Romano Ranuzzi -rifiutato perché troppo giovane dalla GNR, se ne era andato tra i partigiani, assetato di avventura- che si suicida dopo la cattura del capo per non cadere nelle mani della polizia), e Albert Spaggiari con la sua ascia bipenne al collo, mentre restano fuori lo psicopatico anarco-comunista Pietro Cavallero e i burini ammanigliati col potere e coi Servizi di “Roma criminale” . Insieme a loro, con un accostamento che potrà apparire singolare, i “maledetti delle lettere”, da Rimbaud a Celine, da Kerouac a Bukowski, e anche gli scanzonati cazzottatori delle “serate futuriste” o un insospettabile Dostoievskij… passioni di gioventù. Ma è del canagliume politico che voglio parlare, di quel canagliume che viene fuori nei momenti di storia “eccezionale” e che, se le cose vanno bene, diventa “fulgido esempio”, mentre se vanno male resta nell’inferno della delinquenza politica, quando non comune. In Italia, il suo momento di gloria fu lo squadrismo fascista, al quale arrivò per il tramite dell’arditismo di guerra e della palestra fiumana… Camillo Pellizzi lo testimonia efficacemente: “(all’epopea squadrista hanno partecipato) fior di canaglie… sì, dico canaglie; di quelle a cui la storia avvenire costruisce dei monumenti. Banditi, come quelli che posero le prime pietre di Roma, pirati, come quelli che iniziarono la Repubblica Veneta o la potenza Britannica, avventurieri come i Paladini dell’epopea cavalleresca, come certi nobili delle Crociate. Sublimi canaglie che si redimevano in un principio di passione etica, in una fiamma di spirito collettivo, in una disciplina anche interiore di obbedienza e sacrificio” (Camillo Pellizzi, “Problemi e realtà del fascismo”, Firenze 1924). È un fenomeno che si trova solo in campo fascista: le “canaglie” che pure vi furono dall’altra parte (e ve ne furono, eccome) erano diverse: ciniche, spietate e “ideologiche” fino al parossismo, come Franco Moranino, Giuseppe Marozin e Adriano Venezian, o manovali della violenza al servizio del comunismo come Vittorio Vidali. Per i fascisti era diverso: in loro lo scatenamento dell’energia primordiale era istinto puro, vocazione personale, arricchita e nobilitata dalla presenza di due elementi altrove non riscontrabili: la fedeltà al Capo (prima ancora che all’idea) e la disponibilità a gettare sul piatto della bilancia innanzitutto la propria vita, con sprezzante indifferenza. Sono queste, in fondo, le caratteristiche che più mi attraggono, perché in me, cresciuto alla cartesiana scuola della ragione, sono appena presenti: fedeltà al capo, sì, però… con quanti distinguo; offerta della vita: sì, certo, ma in circostanze estreme, non come se fosse un gioco

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Giacinto Reale https://www.ereticamente.net/2013/11/canaglie.html

di Giacinto RealeConfesso una speciale simpatia per le “canaglie”: “canaglie politiche”, innanzitutto, ma non solo. Ci metto dentro anche certa ligera milanese e non solo degli anni cinquanta (le “tute blu” di viaOsoppo, con l’ex partigiano Ugo Ciappina, la banda di Paolo Casaroli, ex “Decima Mas”, con il viceRomano Ranuzzi -rifiutato perché troppo giovane dalla GNR, se ne era andato tra i partigiani,assetato di avventura- che si suicida dopo la cattura del capo per non cadere nelle mani dellapolizia), e Albert Spaggiari con la sua ascia bipenne al collo, mentre restano fuori lo psicopaticoanarco-comunista Pietro Cavallero e i burini ammanigliati col potere e coi Servizi di “Romacriminale”.

Insieme a loro, con un accostamento che potrà apparire singolare, i “maledetti delle lettere”, daRimbaud a Celine, da Kerouac a Bukowski, e anche gli scanzonati cazzottatori delle “seratefuturiste” o un insospettabile Dostoievskij… passioni di gioventù.Ma è del canagliume politico che voglio parlare, di quel canagliume che viene fuori nei momenti distoria “eccezionale” e che, se le cose vanno bene, diventa “fulgido esempio”, mentre se vanno maleresta nell’inferno della delinquenza politica, quando non comune. In Italia, il suo momento di gloria fu lo squadrismo fascista, al quale arrivò per il tramitedell’arditismo di guerra e della palestra fiumana… Camillo Pellizzi lo testimonia efficacemente:“(all’epopea squadrista hanno partecipato) fior di canaglie… sì, dico canaglie; di quelle a cui la storiaavvenire costruisce dei monumenti. Banditi, come quelli che posero le prime pietre di Roma, pirati,come quelli che iniziarono la Repubblica Veneta o la potenza Britannica, avventurieri come i Paladinidell’epopea cavalleresca, come certi nobili delle Crociate. Sublimi canaglie che si redimevano in unprincipio di passione etica, in una fiamma di spirito collettivo, in una disciplina anche interiore diobbedienza e sacrificio” (Camillo Pellizzi, “Problemi e realtà del fascismo”, Firenze 1924).È un fenomeno che si trova solo in campo fascista: le “canaglie” che pure vi furono dall’altra parte (eve ne furono, eccome) erano diverse: ciniche, spietate e “ideologiche” fino al parossismo, comeFranco Moranino, Giuseppe Marozin e Adriano Venezian, o manovali della violenza al servizio delcomunismo come Vittorio Vidali.Per i fascisti era diverso: in loro lo scatenamento dell’energia primordiale era istinto puro, vocazionepersonale, arricchita e nobilitata dalla presenza di due elementi altrove non riscontrabili: la fedeltàal Capo (prima ancora che all’idea) e la disponibilità a gettare sul piatto della bilancia innanzitutto lapropria vita, con sprezzante indifferenza.

Sono queste, in fondo, le caratteristiche che più mi attraggono, perché in me, cresciuto allacartesiana scuola della ragione, sono appena presenti: fedeltà al capo, sì, però… con quantidistinguo; offerta della vita: sì, certo, ma in circostanze estreme, non come se fosse un gioco

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giornaliero, da rinnovare in continuazione.

E poi, dico la verità: i piccoli borghesi con aria da intellettuale mi annoiano: so già in anticipo quelloche diranno e quello che faranno; i loro percorsi di pensieri, sentimenti ed azioni possono essere imiei… guardarmi allo specchio è un gioco che non mi è mai piaciuto… Vuoi mettere, l’imprevedibilità dei ragionamenti, delle intuizioni, dei comportamenti di una“canaglia”, abituata a muoversi come un lupo in territorio ostile, sempre, che ostile sente questomondo.Provo a fare qualche nome, con un’avvertenza: mi limiterò al periodo dello squadrismo fascista, chepoi, all’epilogo, quelli che vengono normalmente individuati come i “cattivi” (sì, perché la “canaglia”è cattiva per definizione, anche se capace di generosità sconosciute ai “buoni”) avevano dalla lorouna copertura di ufficialità, rappresentavano –comunque- l’ordine e l’autorità, che sono, però, ipeggiori nemici delle “canaglie”: Albino Volpi e Franco Colombo a Milano, Piero Brandimarte a Milano, Bruno Frullini, UmbertoBanchelli e Amerigo Dumini a Firenze, Tommaso Beltrani a Ferrara, Arconovaldo Bonaccorsi aBologni; i primi nomi che mi vengono a mente, perché destinati in seguito a “fama” nazionale, macon loro tanti altri, le molte centinaia di ex squadristi finiti al confino perché incapaci diirreggimentarsi, i dissidenti di sempre, le incorreggibili teste matte.E ci metto pure – e forse sbaglio, perché magari era tutto fuorché una “canaglia”- Giulio Taiti,settantenne macellaio di Forte dei Marmi, che, all’avvicinarsi del fronte, lascia ai familiari, prima diandarsene al Nord con la sua Brigata Nera, un biglietto, nel quale dice di “compiangerlo solo sefosse morto tra due lenzuola. Se una pallottola lo avesse colpito con le scarpe ai piedi, dovevanoallora far festa e seppellirlo con la camicia nera” (così in Dongo, l’ultima autoblindo, di FloridoBorzicchi, Roma 2009). Il suo desiderio sarà realizzato: cadrà a Dongo, colpito nella scalcinataautoblindo di Pavolini.

Mi pare sia stato La Rochelle a scrivere “I falliti, che gente adorabile, sono loro che danno colore almondo”; e sono d’accordo: le “canaglie” sono sempre anche dei “falliti”….un impiegato o unbottegaio “canaglia”, nel senso che ho detto, non può esistere

E proprio dallo scrittore francese muove Maurizio Serra, acuto ed intelligente indagatore dipersonaggi, fatti ed idee “contro”, per arrivare al Malaparte che si accompagna a Dumini nellaFirenze squadrista (testimonierà anche a suo favore al processo Matteotti) e si entusiasma diBonaccorsi nella Spagna in guerra:“Certo, è difficile non entrare in contato con Dumini quando si dirige i sindacati fascisti di Firenze,ma da qui a legarsi a lui ce ne corre. E qui arriviamo ad un nodo psichico non secondario.Malaparte… prova anche una certa attrazione per i bassifondi. Un altro personaggio di questogenere che incontreremo in seguito sarà Arconovaldo Bonaccorsi… È nota la tendenza di certiintellettuali in cerca di virilità a far causa comune con la teppaglia. Drieu, che soffriva di questocomplesso autodistruttivo, ne ha dato un’interpretazione quasi psicoanalitica nei Cani di paglia.Ma è difficile capire quali meccanismi potessero scattare in un uomo sano, indifferente al vizio e cheaveva già sufficientemente provato la propria forza fisica e morale nella grande guerra, come Curzio.Eppure, l’incanaglirsi a buon mercato lo seduce” (Maurizio Serra, Malaparte vite e leggende,Venezia 2012).Ho finito, ma vi devo una spiegazione: queste due paginette non sono il frutto occasionale di qualcheora di insonnia, no: hanno un’origine precisa: il ritrovamento tra le vecchie carte di quello scatolonesenza fondo che ognuno di noi conserva in soffitta, di due paginoni del Secolo d’Italia del gennaio1990, con il racconto del figlio di Telesio Interlandi –una “canaglia” del pensiero come poche- sulle

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vicende ultime del padre all’epilogo della RSI… ne parlerò prossimamente.