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GIORGIO ROSATO, giornalista escrittore, è una delle firme più ap-prezzate in Italia nel settore del fo-togiornalismo e del reportage.Abruzzese di nascita, ma romano diadozione e per formazione cultura-le, ha iniziato giovanissimo a viag-giare intorno al mondo con la sua in-separabile reflex a tracolla racco-gliendo migliaia di immagini nei piùremoti angoli della Terra: dal Saharaall’Himalaya, dalle Ande all’ArtideCanadese, dalla Polinesia alla Gran-de Barriera Corallina australiana. Finora ha visitato 52 paesi in tutti e cinque i con-tinenti (oltre ad essere uno dei primi giornalisti europei a recarsi in Vietnam dopola fine della guerra) e il suo archivio fotografico raccoglie oltre 15.000 diapositive.Dall’80 all’83 ha collaborato presso le maggiori riviste di turismo (Gente Viaggi, Tut-toturismo, Atlante, Weekend, etc.) e le più autorevoli testate di fotografia (tra cuiReflex e Fotografare) e del settore automobilistico (Quattroruote, Gente Motori eAutomobilismo).Nell’82 è chiamato dalla Longanesi per collaborare alla stesura dell’opera “Scuo-la di Fotografia”, contribuendo alla realizzazione di sette volumi.Nell’83 consegue il diploma di giornalismo presso l’Istituto Superiore di Giorna-lismo e Tecniche Audiovisive dell’Università di Camerino. Ha svolto inoltre un’in-tensa collaborazione con la RAI come consulente nel settore dei viaggi-avventu-ra e del trekking.Con il materiale fotografico prodotto nel corso dei suoi viaggi ha anche realiz-zato 3 mostre fotografiche, organizzate con il patrocinio del Comune di Roma:“Un obiettivo intorno al mondo” (’82), “Un obiettivo sulla natura” (’83) e “Lacondizione femminile nei paesi del Terzo Mondo” (’87).Ha frequentato la Scuola di Sopravvivenza diretta da Jacek Palkiewicz e nell’84è stato finalista alle selezioni del Camel Trophy, classificandosi tra i primi 30 su unteam di oltre 45.000 candidati.Dall’84 all’85 è stato redattore del mensile Caravanning, collaborando contem-poraneamente al quotidiano Reporter come responsabile della pagina del turi-smo.Nell’86 ha lavorato nei periodici musicali Ciao 2001, Hallò e Music, intervistandonumerose rockstar internazionali tra cui Madonna, Mick Jagger e David Bowie.Nell’estate dell’87, sponsorizzato dalla Philip Morris e patrocinato dal WWF, haguidato la famosa “Fitzcarraldo Expedition”, la prima spedizione italiana nel cuo-re dell’Amazzonia peruviana, in una regione ancora inesplorata, raggiungendotra mille insidie il misterioso istmo di Fitzcarraldo (la cui storia è stata portata sul-lo schermo dal celebre film interpretato da Klaus Kinsky e Claudia Cardinale).

L’Autore

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Dall’88 al ’90 è stato capo-redattore del prestigioso mensile di politica ed eco-nomia TOP Magazine.Dal ’91 ha fondato e dirige l’agenzia giornalistica “EXPLORER”, una strutturamultimediale specializzata nella produzione di audiovisivi, libri, video e reporta-ge di viaggio.Dal ’93 ha collaborato al mensile Autoruote 4x4 occupandosi di tecnica di guida,prove, itinerari, turismo e accessori.Nel 1994 ha vinto il premio giornalistico “Un carburante per il futuro”, assegna-to dal Consorzio Italiano GPL Autotrazione.Nel biennio 1997-98 ha curato una serie di Corsi di Guida in fuoristrada per la Po-lizia di Stato, realizzando 6 video e un libro.Nell’inverno 1998 ha guidato la spedizione “Sahara-Challenge Magnum-Pirelli”,attraversando il Grand Erg Orientale con un solo veicolo off-road.Dal gennaio 2001 è Direttore Responsabile di Autoruote 4x4.

La sua bibliografia completa è la seguente: GRAN BRETAGNA OGGI ........................................................................Edizioni Leti PIANETA 2000 ........................................................................................Edizioni Leti STARBENE IN VIAGGIO ..........................................................................Edizioni Leti IL PARADISO DEI CARAIBI .....................................................................Edizioni Leti MAL D’AFRICA .......................................................................................Edizioni Leti COLOMBIA ..................................................................................................Calderini VIAGGIO & SALUTE ......................................................................................Edipress MANUALE DEL PLEIN-AIR ...........................................................................Calderini LA MEDICINA DELLA VACANZA .................................................................Calderini GUIDA AL SAHARA ...........................................................................................Odos GUIDA AL VENEZUELA ......................................................................................Odos MANUALE DI FOTOGRAFIA ........................................................................Calderini GUIDA AL CANAVESE ..................................................................................Demetra PROFESSIONE REPORTER ............................................................................Demetra MANUALE DI GUIDA IN FUORISTRADA (2000) ..........................................MagnumSCUOLA DI FOTOGRAFIA: IL PAESAGGIO ..................................................DemetraSCUOLA DI FOTOGRAFIA: IL RITRATTO .....................................................DemetraTORINO LUOGHI D’INCANTO .....................................................................Demetra40 ITINERARI OFF-ROAD ..............................................................................GraphotL’ARTE DI AVERE UN’AMANTE ....................................................................LinghamMANUALE DI GUIDA IN FUORISTRADA ..........................................................NissanL’ARTE DI AVERE UN’AMANTE ....................................................................LinghamSTORIA DEL FUORISTRADA ..........................................................................ExplorerMANUALE DELL’OFF-ROAD.........................................................................CalderiniLANCIANO: I LUOGHI DELLA FEDE......................................................New ExplorerAttualmente vive e lavora a Torino.

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Pubblicato su Mondo Fuoristrada per gentile concessione della New Explorer

Fotografie: Giorgio Rosato, Archivio New Explorer, Archivio Mondo Fuoristrada

© Copyright 2000 by EXPLORER© Copyright 2001 by NEW EXPLORERCorso Grosseto, 202 - TorinoTel. (0)339.1004588 - Fax (0)11.2203441E-mail: [email protected]à letteraria riservata - Printed in Italy

La riproduzione con qualsiasi processo di duplicazione delle pubblicazioni tutelate dal diritto d’autore è vietata e penalmente perseguibile (Art. 171della Legge 22 aprile 1941, N. 633). Quest’opera è protetta ai sensi della legge sul diritto d’autore e delle Convenzioni internazionali per la protezionedel diritto d’autore (Convenzione di Berna, Convenzione di Ginevra). Nessuna parte di questa pubblicazione può essere quindi riprodotta, memoriz-zata o trasmessa con qualsiasi mezzo ed in qualsiasi forma (fotomeccanica, fotocopia, trasmissione elettronica, etc.) senza l’autorizzazione scritta del-l’editore. In ogni caso di riproduzione abusiva si procederà d’ufficio a norma di legge.

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Considerata a ragione come l’espressione tecnologica più caratteristica e si-gnificativa del XX secolo, l’automobile ha radicalmente stravolto il sistema deitrasporti, innescando a sua volta uno stile di vita completamente diverso daquelli precedenti. La sua diffusione in ogni angolo del mondo risulta ormai tal-mente consolidata da farne un bene di consumo a prova di qualsiasi recessio-ne; alcuni economisti di fama mondiale, inoltre, hanno ipotizzato che il gradodi benessere di un paese altamente industrializzato è strettamente connessoallo stato di salute della sua industria automobilistica. E tra le attuali tipologieche caratterizzano le moderne industrie automobilistiche, una delle più dina-miche e tecnologicamente avanzate è rappresentata proprio da quella dei mez-zi a quattro ruote motrici. L’affascinante storia dei fuoristrada inizia all’alba delNovecento, praticamente a ridosso della nascita dell’automobile, quando ilconcetto di off-road non era ancora legato all’avventura o al tempo libero, macostituiva praticamente una scelta obbligata. In assenza di strade, e in alcunicasi anche di piste carrabili, l’esigenza di poter disporre di un veicolo in gradodi assicurare un’adeguata mobilità in qualsiasi condizione ambientale si rivelòinfatti determinante nell’indirizzare le tipologie della nascente industria auto-mobilistica. Con l’avvento dei conflitti mondiali e, soprattutto in occasione del-la Seconda Guerra, il fuoristrada compie un gran balzo tecnologico in avantiadottando soluzioni che ancora oggi, seppur continuamente migliorate, costi-tuiscono gli elementi fondamentali della sua struttura. Ripercorrendo le pagi-ne più significative che hanno accompagnato la nascita della maggior parte deiveicoli a quattro ruote motrici (apparsi sui mercati di tutto il mondo) abbiamoseguito uno schema che, seppur ispirato necessariamente ad una classificazio-ne cronologica, è comunque riconducibile a quei modelli che sotto svariatiaspetti hanno fatto la storia del fuoristrada. Dai primi modelli a trazione inte-grale che solcavano le polverose piste tracciate agli inizi del XX secolo, fino al-le attuali ed ipertecnologiche 4x4 in grado di avventurarsi in assoluta tranquil-lità attraverso i deserti e le giungle più inaccessibili, disimpegnandosi tuttaviaaltrettanto bene anche nella normale viabilità di tutti i giorni. Nel corso dellanostra ricerca abbiamo cercato di scandagliare la maggior parte dei modellidella produzione internazionale ma, data la vastità dell’argomento, non èescluso che qualcuno sia sfuggito alla nostra disamina. Per gli appassionati piùattenti potrebbe essere uno stimolante punto di ricerca e di suggerimenti, perampliare ulteriormente la prossima edizione della prima “STORIA DEL FUORI-STRADA” pubblicata in Italia.

L’Autore

Introduzione

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Lo scorso anno alla presentazione della prima edizione della “STORIA DELFUORISTRADA”, avvenuta in occasione del Salone dell’Auto di Torino, la no-stra iniziativa è stata accolta subito con ampi consensi sia da parte degli ap-passionati del settore che dalle aziende automobilistiche e dagli operatoriimpegnati nella produzione e nella distribuzione di ricambi e accessori. Lostesso successo di vendite, costante nell’intero arco dell’anno, è andato benoltre le più rosee previsione dell’Editore che quest’anno per l’edizione 2001ha deciso di impegnarsi in uno sforzo notevole per proporre un volume an-cora più ricco e completo di informazioni, ulteriormente arricchito di imma-gini a colori.

Quest’anno la “STORIA DEL FUORISTRADA” si presenta infatti conben 320 pagine al cui interno i lettori più affezionati potranno indivi-

duare un’ideale suddivisio-ne in due sezioni: una primaparte, comprendente in pra-tica gli argomenti della pri-ma edizione (opportuna-mente aggiornati e rivisitatinella immagini), e una se-conda parte completamentenuova.

Quest’ultima contiene iprincipali eventi che hannocaratterizzato il mondo delfuoristrada nel corso del2000, dal Salone di Ginevra alMotorshow di Bologna, oltrealle tradizionali “pillole” eall’appendice dedicata allacronistoria dei vari modelli.Grazie a tutti i lettori chehanno decretato il successodella passata edizione e arri-vederci al prossimo anno.

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Prefazione alla seconda edizione

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Capitolo 1DALLE ORIGINI ALLA NASCITA DELLA LAND ROVER pag. 11

Capitolo 2DALLA LAND CRUISER ALLA JIMNY pag. 27

Capitolo 3 DALLA RANGE AL TRAMONTO DELLA CAMPAGNOLA pag. 39

Capitolo 4MADE IN ITALY: DALLA LAMBORGHINI ALLA MAGNUM pag. 51

Capitolo 5GLI ANNI DEL BOOM pag. 63

Capitolo 6L’OFF-ROAD SCOPRE LE JOINT-VENTURE pag. 73

Capitolo 7IL FUORISTRADA METTE L’ABITO DA SERA pag. 87

Capitolo 8LE NUOVE PROPOSTE PER IL TERZO MILLENNIO pag. 109

Indice

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1907: L’ITALA TRIONFA ALLA PECHINO-PARIGI pag. 15

IL SAHARA A MOTORE pag. 26

ASSALTO ALLA GIUNGLA pag. 41

UN CAMION INTORNO AL MONDO pag. 43

NINO CIRANI: UNA VITA PER L’OFF-ROAD pag. 50

PANDA 4X4: AVVENTURE NEL MONDO pag. 67

FITZCARRALDO EXPEDITION pag. 72

RENAULT RACOON: OFF-ROAD AD ASSETTO VARIABILE pag. 78

PEUGEOT TOUAREG: UNA 4X4 ELETTRICA PER IL FUTURO pag. 86

1997: IL SORPASSO DI “LIGHT TRUCK” 4X4 NELLE VENDITE USA pag. 96

LEXUS STORY pag. 103

CRONISTORIA DELLA RANGE ROVER pag. 107

GIRO DEL MONDO IN CROSS COUNTRY pag. 122

CROSS COUNTRY STORY pag. 128

la storia in pillole

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Dalle origini alla nascitadella Land Rover 1900-1948

CAPITOLO 1

Le origini e l’evoluzione dei veicoli a trazione integrale sono legate inevita-bilmente alla storia dell’intera mobilità a motore che, fin dalla seconda metà delXIX secolo, ha caratterizzato gli albori della moderna era industriale.

Non c’è da stupirsi quindi che i primi, seppur alquanto rudimentali, sistemi ditrazione integrale, siano apparsi sui treni prima ancora che l’automobile fosse in-ventata.

I primi tentativi di cui si hanno notizia risalgono addirittura al 1824 quandodue inglesi, Timothy Burstali e John Jill, costruirono una carrozza a vapore aquattro ruote motrici. Questo veicolo, dal peso complessivo di circa 7 tonnellatee in grado di raggiungere una velocità massima di poco superiore ai 35 Kmh.,venne sottoposta ad una serie di numerosi test tra il 1826 e il 1827. Nessun pro-blema fu riscontrato nel corso delle prove su rotaia, ma il progetto venne benpresto abbandonato nel 1827 in seguito all’esplosione di una caldaia.

Molti anni dopo dall’altra parte dell’oceano l’americano Emmett Bandelier,un agricoltore dell’Indiana con particolari attitudini per la meccanica, progettòun motore a vapore per un veicolo a quattro ruote motrici (1883) che avrebbedovuto equipaggiare i mezzi utilizzati nelle maggiori fattorie della zona. Que-sto motore conteneva numerose soluzioni tecniche altamente innovative perl’epoca, ma il suo ideatore non riuscì purtroppo a ricavarne un prototipo fun-

zionante.L’agricoltore dell’Indiana lasciò

cadere il brevetto verso la fine del1883 e alcuni anni dopo Henry Fordutilizzò alcune delle soluzioni tecni-che di Bandelier nella produzionedelle sue prime automobili.

Il primo veicolo a trazione integra-le della storia è una 4x4 elettrica rea-lizzata tra la fine del secolo scorso el’inizio del ‘900 dall’austriaca Lohnerin collaborazione con un giovanissi-mo tecnico che rispondeva al nome diFerdinand Porsche. Era il 1898 quan-do la Lohner (azienda leader in Euro-pa nella costruzione di carrozze che, apartire dal 1896, si specializza nellaLohner-Porsche 4x4

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produzione di automobili elettriche) assume il giovane Porsche, allora ventiquat-trenne, per affidargli un ambizioso progetto destinato alla realizzazione di una4x4 elettrica. Il 19 settembre del 1900 la Lohner-Porsche 4x4 è pronta e viene con-segnata ad un facoltoso cliente inglese. Questa vettura (battezzata “La ToujoursContente”), con carrozzeria scoperta a 4 posti, era equipaggiata in pratica di unmotore per ogni ruota e disponeva di una serie di accumulatori (situati al centrodel veicolo) il cui peso complessivo sfiorava i 1.800 Kg. che sviluppavano una po-tenza, notevole per l’epoca, di 100 CV. Dopo i primi entusiasmanti test, la vetturavenne ampiamente modificata nel tentativo di battere il record mondiale di velo-cità (105.12 Kmh.) conquistato in Francia, ma riuscì a raggiungere soltanto gli 80Kmh.

Tre anni più tardi, al Salone di Parigi del 1903, debutta invece l’olandeseSpyker 50 HP, la prima vettura da competizione a quattro ruote motrici con mo-tore a benzina; dotata di trazione integrale permanente e differenziale centra-le, la Spyker 50 HP era equipaggiata con un propulsore a 6 cilindri in linea di 8.681cc. (50 CV a 1.400 giri al minuto, 75 Kmh.), raffreddato tramite due radiatori a“V”; la trasmissione era assicurata da un albero cardanico collegato direttamen-te alla scatola del cambio da dove, tramite due alberi di trasmissione, veniva tra-sferito il moto ai due differenziali.

Negli stessi anni negli Stati Uniti un altro costruttore, Charles Cotta diRockford (Illinois) sviluppò un veicolo equipaggiato con un motore a vapo-re che, grazie ad un sistema di trasmissione a catena, riusciva a distribuire latrazione su tutte e quattro le ruote. Non esistono dati sul numero di veicolicostruiti da Cotta che nel primo anno di produzione (1902) pubblicizzò la suavettura anche sulla più famosa rivista dell’epoca (Automobile Trade Jour-nal). L’anno successivo Cotta vendette il progetto e il brevetto della sua au-to (considerata a tutti gli effetti come la prima 4x4 americana) alla

Spiker 50 HP

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Milwuakee Four-Wheel Drive Wagon Company che costruì una piccola seriedi auto e camion 4x4 fino al 1907.

Sempre nell’ambito dei camion 4x4 un’altra azienda americana, la CoupleGear Freight Company di Grand Rapids (Michigan) avviò nel 1904 la produzionedi camion elettrici a quattro ruote motrici e sterzanti; la gamma completa era ba-sata su tre modelli (da 1, 2 e 5 tonnellata come capacità di carico) la cui velocitàmassima era compresa tra i 10 i 13 Kmh.

Nello stesso anno anche in Europa iniziano ad apparire i primi modelli di ca-mion a quattro ruote motrici quando la Austro-Daimler (divisione austriaca del-la German Daimler Company, antesignana della Daimler-Chrysler) costruì una li-nea di camion 4x4 di media e alta portata destinata alle forze armate; il telaio ela meccanica di questi veicoli verranno successivamente utilizzati per la realizza-zione dei futuri mezzi blindati destinati all’Esercito Austriaco.

In alcuni casi tuttavia la realizzazione di veicoli a trazione integrale rimaseconfinata alla fase di prototipo, come avvenne per quello costruito nel 1905 daCharles Van Winkle di San Joachin (California); si trattava di una piccola 4x4 daturismo il cui progetto venne ceduto ad un’azienda di recente costituzione (laStockton Four Drive Auto Company) che abbandonò l’idea prima ancora di av-viare la produzione.

Una sorte analoga toccò anche al camion sperimentale a quattro ruote motrici esterzanti realizzato nel 1906 dalla American Motor Truck Company, sebbene il pro-totipo venne utilizzato in seguito (1911) dalla stessa azienda per avviare una produ-zione limitata di camion 4x4 di varia portata (1, 2, 3, 5 e 10 tonn.) disponibili con mo-tori a 2 e 4 cilindri.

Ad un’altra azienda americana, la Duplex Power Car Company, si deve la rea-lizzazione di quello che viene considerato come il primo veicolo commerciale 4x4,realizzato nel 1908; questo mezzo, denominato “Model B”, era un piccolo ca-mioncino (3/4 tonn.) che restò in produzione per due anni, prima di essere sosti-tuito dalla nuova versione (1913).

Ancora la Mercedes, nel 1907, costruì una serie limitata di una piccola 4x4 aquattro ruote sterzanti, destinata alle amministrazioni coloniali stanziate in Afri-ca orientale; questo veicolo, molto spartano nell’allestimento e completamentediverso dalle auto Mercedes fino ad allora cotruite, era equipaggiato con un mo-tore a benzina che sviluppava 45 CV.

Nel 1908 si verifica negli Stati Uniti un evento che ha grande risonanza anchesul Vecchio Continente, noto nelle cronache della storia del fuoristrada come lo“sfondamento americano”. Due macchinisti del Wisconsin, Otto Zachow e Wil-liam Besserdich, costruirono un veicolo a quattro ruote motrici che segnò il de-butto della prima scatola dello sterzo integrata direttamente nell’assale ante-riore. I primi test iniziarono nell’ottobre dello stesso anno ed evidenziarono sor-prendenti prestazioni nell’utilizzo off-road, e il nuovo fuoristrada riuscì a supe-rare i terreni più accidentati nei pressi di Clintonville (Wisconsin) attraverso i qua-li nessun veicolo a motore allora in circolazione riusciva ad avventurarsi.

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La nuova versione (1909) del fuoristrada creato da Zachow e Besserdich risultòulteriormente perfezionata rispetto al modello precedente, suscitando un cre-scente clamore negli ambienti automobilistici americani. Grazie al potente mo-tore a 4 cilindri, in grado di erogare 45 cavalli, questo veicolo rappresentava lamassima espressione tecnologica in fatto di prestazioni fuoristradistiche per una4x4. A tale proposito venne battezzata affettuosamente “Battleship” (nave daguerra) poiché niente riusciva a fermarla nel corso delle prove effettuate nelleproibitive condizioni ambientali intorno a Clintonville. In seguito i due macchi-nisti-costruttori si associarono con la Badger Four Wheel Drive Auto Company,sperando di offrire all’America un’auto 4x4 adatta a muoversi in ogni tipo di ter-reno con qualsiasi condizione di tempo. La Badger iniziò la regolare produzionedi veicoli e con l’entrata nel gruppo di Walter A. Olen, un avvocato di Clinton-ville che assunse il comando della compagnia, mutò il nome dapprima in FourWheel Drive Auto Company (1910) e in seguito semplicemente in FWD. Le pre-stazioni del FWD 4x4 erano talmente elevate rispetto alla concorrenza che la Ca-sa costruttrice offriva un premio di 1.000 dollari (una cifra ragguardevole perquei tempi) a qualsiasi auto che fosse riuscita a seguire una Battleship attraver-so il percorso off-road di prova per almeno 15 minuti; centinaia di auto si ci-mentarono nell’impresa, ma nessuna riuscì a star dietro alla “nave da guerra” diZachow e Besserdich.

Dopo aver prodotto soltanto sette auto da turismo a quattro ruote motrici, laFWD si rese conto che il mercato non era ancora pronto ad accogliere un veico-lo del genere, constatando tuttavia che i tempi erano maturi per il mercato deicamion 4x4.

Ben presto alla FWD iniziarono a prendere in considerazione l’idea di entrarein questo settore, soprattutto dopo la richiesta dell’Esercito Americano (che al-l’epoca aveva una flotta di 12 camion) di effettuare una serie di test impegnati-vi su percorsi off-road con la Battleship.

I vertici dell’Esercito avevano alcune riserve in merito alle capacità di carico delveicolo, ma avviarono lo stesso le prove per valutare la fattibilità del progetto.

L’Esercito acquistò una FWD 4x4 e, dopo i test di guida in condizioni ambien-tali esasperate, effettuò alcune modifiche alla carrozzeria: al veicolo venne ta-gliata la parte posteriore dell’abitacolo, trasformandolo in pratica in un pick-upcon l’aggiunta di un ampio pianale di carico. Era nato lo Scout Car 4x4, un auto-carro leggero a trazione integrale in grado di assicurare una capacità di carico diuna tonnellata e mezza. All’inizio del 1912 lo Scout Car venne sottoposto ad unaserie di prove per otto settimane consecutive, nel corso delle quali percorse cir-ca 2.500 chilometri superando con un ampio margine, soprattutto nel traino de-gli armamenti attraverso le pozze di fango, gli altri tre veicoli selezionati per i te-st.

Dopo il successo dei test effettuati presso l’Esercito Americano, la FWD de-butta nel 1912 con il primo vero modello di camion 4x4 di 3 tonnellate che si can-didava a consolidare ulteriormente la fama conquistata nell’ambiente militare.Questo obiettivo venne raggiunto con la partecipazione ad alcune manovre mi-

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1907: l’Itala trionfa al raid Pechino-ParigiLa storia dei veicoli a

trazione integrale,seppur influenzata ini-zialmente dal mondoagonistico, rimane tutta-via strettamente legataalla nascita e all’evolu-zione dell’automobile,soprattutto in funzionedella sua naturale voca-zione itinerante che, findai primi anni del Nove-cento, ha creato le pre-messe per lo sviluppo deiprimi raid intercontinen-tali che rappresenteran-no l’ideale terreno d’a-zione dei primi modelli4x4. Una pietra miliare nelcampo dei grandi viaggi

in automobile è senz’al-tro la mitica Pechino-Pa-rigi (16.000 Km., di cui12.000 in fuoristrada)realizzata nel 1907 dalprincipe Scipione Bor-ghese e dal giornalistadel Corriere della SeraLuigi Barzini. Protagoni-sta della spedizione fu laItala, un’auto di produ-zione interamente italia-na che, pur essendo dota-ta di sola trazione su dueruote motrici, si disimpe-gnò con estrema disinvol-tura anche sui percorsioff-road (all’epoca lestrade erano praticamen-te inesistenti in molte zo-ne). Fu proprio in questa

occasione che si eviden-ziò per la prima volta lanecessità di poter dispor-re di un veicolo in gradodi affrontare, seppur neilimiti delle tecnologie al-lora disponibili, qualsiasitipo di percorso. Esigen-za ulteriormente appale-satasi in seguito alle pri-me trasferte automobili-stiche nell’Africa medi-terranea e, soprattutto,all’indomani della con-clusione del primo con-flitto mondiale: entram-be le situazioni suggeri-rono ad alcune tra lemaggiori case automobi-listiche l’ideazione deiprimi veicoli 4x4.

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litari con una flotta di 12 camion 4x4 (tra cui anche alcuni FWD Scout Car) che se-guì una missione della Guardia Nazionale da Dubuque, nello Iowa, fino a Sparta(Wisconsin).

Il successo dei camion fuoristrada della FWD è legato in parte anche a quellatendenza che caratterizza l’intero mercato automobilistico nel primo decenniodel secolo scorso quando, con l’approssimarsi del primo conflitto mondiale, laproduzione di automobili evidenziò una netta flessione (intorno al 1910) a fa-vore di quella dei camion.

Tra le numerose aziende che adeguarono la produzione verso i mezzi pesan-ti vi fu anche la Walter Automobile Company (fondata a New York nel 1902), ap-prezzata per le sue berline di lusso (famosa la Walmobile, prodotta fino al 1909),che realizzò il primo camion 4x4 nel 1911 dopo aver mutato la ragione sociale inWalter Motor Truck.

Nel 1913 un’altra azienda americana, la Thomas B. Jeffery Company esordìcon un prototipo di camion 4x4 (2 tonn.) a quattro ruote sterzanti, battezzato“Quad”, entrato regolarmente in produzione a partire dal 1914. Con lo scoppiodella Prima Guerra mondiale, appena innescata in Europa, questo veicolo vennesubito “arruolato” presso gli eserciti russi, inglesi e francesi, dove si comportò al-trettanto bene come in quello americano. Nel 1916 l’azienda venne ceduta allaNash Company e il Quad assunse la denominazione di Nash Quad.

Il nuovo camion venne costruito e venduto in un gran numero di esemplaridurante la Prima Guerra mondiale, ma le vendite iniziarono ad affievolirsi pro-gressivamente a partire dal 1919 fino a quando, nel 1928, il Nash Quad uscì diproduzione.

Da ricordare nel 1914 l’apparizione del camion Renault EG, che segnò l’in-gresso della Casa francese nel settore dei veicoli a trazione integrale; si trattavadi un grosso e pesante camion destinato al trasporto di cannoni, equipaggiatocon un motore da 7.2 lt. in grado di sviluppare 45 CV e una velocità massima di15 chilometri orari. Oltre alle quattro ruote motrici, ognuna delle quali sterzan-ti, disponeva di ruote gemellate che assicuravano una notevole motricità su qual-siasi tipo di terreno.

Nel 1915 la General Motors Truck costruì un prototipo sperimentale di un ca-mion 4x4 da 2 tonnellate che non entrò in produzione prima della metà degli an-ni Trenta, mentre due anni più tardi la Oshkosh Motor Company (azienda crea-ta da alcuni soci del Wisconsin Duplex e della FWD) realizzò un nuovo prototipodi camion 4x4 battezzato Old Betsy. Questo veicolo, caratterizzato da un inno-vativo design, pneumatici speciali e differenziale centrale autobloccante, era di-sponibile nelle versioni da 1 a 3 tonnellate. Il modello di serie, chiamato ModelA, entrò in produzione nel 1918 e all’epoca rappresentava il più avanzato camion4x4 esistente al mondo.

Quattro anni dopo arriva sul mercato americano un’altra azienda automobi-listica, la American Coleman di Littleton (Colorado), che produce il primo camion4x4 nel 1925. Specializzata soprattutto in veicoli a trazione integrale di grossa

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portata, la Coleman entrò nel mercato dei fuoristrada leggeri nel 1947 con unveicolo derivato da un Chevy trasformato in un 4x4; la produzione di fuoristradacessò nel 1956 e nel 1986 la Coleman si ritirò dal mercato.

Anche la popolarissima Ford T ha avuto (1923) una versione a quattro ruotemotrici, realizzata grazie a uno speciale kit di trasformazione messo a punto dauna piccola azienda americana.

Tra le aziende europee, una delle prime a scendere in campo nel settore deltrasporto pesante a trazione integrale fu la Citroen (da sempre all’avanguardia

in fatto di tecnologie innovative in campo automobilistico) che, agli inizi deglianni Venti, realizza il semicingolato Kegresse. Questo veicolo, a metà strada traun’automobile e un carro militare, era caratterizzato da una struttura ibrida chevedeva l’adozione di due grossi cingoli nel retrotreno abbinati ad un tradiziona-le avantreno a ruote sterzanti.

Dotato di una motricità impressionante in qualsiasi condizione ambientale, ilsemicingolato Kegresse si impone ben presto anche nel settore dell’avventuraportando a termine quattro importanti spedizioni che segneranno una pietra mi-liare nella storia dell’esplorazione automobilistica: dopo aver concluso la primatraversata sahariana (1922-23), il fuoristrada della Citroen percorre tutta l’Afri-ca, da Algeri fino al Madagascar (“crociera nera”, 1924-25), l’Asia Centrale (“cro-ciera gialla”, 1931-32) e l’Alaska (“crociera bianca”, 1934).

Nel frattempo negli stessi anni in Francia è ancora la Renault a mettere a pun-to un progetto per un veicolo espressamente progettato per l’utilizzo in fuori-strada, battezzato Six 10 CV, che dopo aver superato brillantemente una serie diseveri test di collaudo viene avviato alla produzione di serie; anche in questo ca-

Citroen-Kegresse

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so si tratta di un mezzo particolare (ancora lontano dai fuoristrada tradizionali),dotato di tre assi sui quali veniva adottato lo schema di trazione 6x4 (sei ruote dicui 4 motrici). Negli anni successivi (a partire dal 1923) viene sviluppata un’ulte-riore versione, battezzata MH, che nelle intenzioni della Renault doveva rappre-sentare la risposta alla “crociera nera” della Citroen; per qualche tempo i camionRenault a 3 assi, adeguatamente attrezzati per il deserto, portarono in giro inlungo e in largo per le piste sahariane i facoltosi viaggiatori provenienti da ogniangolo dell’Europa.

A poco a poco la tipologia dei veicoli a trazione integrale inizia a diffondersianche in altri paesi europei e, tra questi, è soprattutto la Germania (grazie anchealla collaborazione con l’austriaca Steyer e la cecoslovacca Tatra) ad acquisire ve-locemente le tecnologie più avanzate dell’epoca.

Nel 1922 la Mercedes-Benz avvia la produzione di fuoristrada leggeri destinatialle forze armate con il modello Gelandewagen 1 (G1), allestito su un telaio mol-to robusto a tre assi di cui due motrici (4x6); seguirono diversi altri modelli finoall’abbandono della gamma con il G4, una versione 6x6 ancora più potente pro-dotta in una serie molto limitata (57 modelli in tutto) destinata ad alcuni alti uf-ficiali del III Reich tra cui lo stesso Hitler.

Della Mercedes G4 vennero realizzate due versioni: una a 6 ruote motrici e una,la più diffusa, con trazione solo sui due assi posteriori; lunga complessivamente5.4 metri, alta 1.8 e larga 1.89, la G4 era equipaggiata con un motore a 8 cilindriin linea di 5.019 cc. che erogava una potenza massima di 100 CV a 3.400 giri, cam-bio a 4 velocità e differenziali bloccabili. Per quanto riguarda le prestazioni, laMercedes G4 a 3 assi si disimpegnava con una certa disinvoltura sui percorsi off-road non particolarmente impegnativi (grazie all’altezza minima da terra di 23.3cm.), mentre su strada consentiva di raggiungere una velocità massima di 65 Kmh.con un consumo di 4 km./lt. (3 Km./lt. in fuoristrada).

Tra i 4x4 leggeri, uno dei veicoli che meglio di qualunque altro esprimeva lasintesi della più alta tecnologia dell’epoca fu senz’altro la BMW Typ 325, un fuo-

Mercedes G 3 assi

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ristrada a cinque porte con carrozzeria torpedo (soft-top) destinata soprattuttoad un utilizzo militare.

Il progetto iniziale, avviato nell’ambito di una più ampia pianificazione mili-tare tesa a dotare le truppe della Wehrmacht di un veicolo da trasporto agile eveloce, venne battezzato con la sigla “le.gl.Einch.Pkw.(4x4)”, acronimo della de-nominazione completa “leichter gelandeganging Einheits Personenkraftwagen4x4” (auto fuoristrada leggera standardizzata a quattro ruote motrici). Realiz-zato in collaborazione con un’altra azienda tedesca (Stoewer), il primo prototi-po venne presentato nel 1936 e l’anno dopo la BWM (coadiuvata da una terzaazienda, la Hanomag) iniziò la produzione di serie della 325 che in circa tre annivenne prodotta in oltre 3.200 unità.

Il propulsore adottato per tutte le versioni era un 6 cilindri in linea (2.000 cc. 50CV a 3.759 giri/min.) in grado di fornire prestazioni molto brillanti; dal punto di vi-sta fuoristradistico la BMW 325 era equipaggiata, oltre alle quattro ruote sterzan-ti (il volante poteva agire, a scelta, su 2 o 4 ruote), di trazione integrale perma-nente, sospensioni a ruote indipendenti e tre differenziali bloccabili.

Gli elevati costi di produzione si tradussero purtroppo anche in un prezzo as-sai elevato necessario per acquistare una BMW 325 che alla fine degli anni Tren-ta veniva a costare 6.000 marchi (circa il doppio di una Kubelwagen, venduta a2.782 DM); ciò provocò una progressiva flessione nelle forniture all’esercito te-desco che ben presto, soprattutto nel corso della motorizzazione delle truppe im-pegnate nell’invasione della Russia, iniziò a sostituire la 325 con la più economi-ca Kubelwagen fino a quando (1940) la produzione venne definitivamente ab-bandonata.

Sempre nel 1937 ritorna alla ribalta della produzione di 4x4 ancora una voltala Mercedes con la realizzazione della 35 che, oltre a rappresentare il primo vei-colo a quattro ruote motrici prodotto dalla stella a tre punte, era dotata di 4 ruo-te sterzanti con comando idraulico. Questo dispositivo assicurava alla Mercedes35 una sorprendente versatilità anche nei passaggi più impegnativi, evenienzapiuttosto ricorrente nel corso delle operazioni belliche cui era destinata; equi-paggiata con un propulsore a 4 cilindri (2.000 cc., 50 CV a 2.500 giri/min.), rag-giungeva una velocità max di 80 Kmh.

Il fiore all’occhiello della produzione tedesca alla vigilia del secondo conflittomondiale rimane comunque la mitica Kubelwagen, caratterizzata dalla stessameccanica che equipaggerà alcuni anni dopo il famoso Maggiolino e una car-rozzeria particolarmente spigolosa (da cui la denominazione kubel=tinozza). Laprima versione è ancora a due ruote motrici, ma ben presto verrà introdotto an-che un modello a trazione integrale, affiancato successivamente da una trasfor-mazione anfibia, la Schwimmwagen; anche quest’ultima, con carrozzeria chiusa(simile alla struttura di uno scafo) ed elica retraibile, era dotata di trazione inte-grale inseribile, due differenziali bloccabili e una prima marcia ridotta, molto cor-ta, che consentiva di superare pendenze fino al 60%.

La Schwimmwagen era equipaggiata con il tradizionale motore VW di 1.131 cc

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(25 CV) che consentiva una velocità massima di 80 Kmh. su strada, mentre in acqua(in condizioni di calma piatta e senza correnti) poteva raggiungere i 10 Kmh.

Tra il 1942 e il 1945 la Volkswagen produsse tuttavia anche una serie limitata di4x4 con la tradizionale carrozzeria del Maggiolino; questo modello, opportuna-mente modificato anche nelle sospensioni e nell’adozione di grossi pneumatici tas-sellati, era siglato con il numero 87 e venne costruito in 564 esemplari.

Tra il 1949 e il 1944 viene allestita in Francia una versione a quattro ruote mo-trici della Bugatti, denominata Tripper SG6/41; questo veicolo, costruito in circa1.000 esemplari, era equipaggiato con motore Opel a sei cilindri o con motoreTatra a otto cilindri (SG7).

Nello stesso periodo all’altro capo del mondo, sul fronte asiatico, la Mitsubi-shi metteva in cantiere la PX 33 (riproposta in una versione remake verso la metàdegli anni Ottanta, su telaio e meccanica del Pajero).

Sul fronte americano intanto, proprio a causa delle difficoltà emerse durantela guerra nell’ambito della movimentazione delle truppe e del trasporto pesante,si rafforza l’esigenza di poter disporre di un veicolo a quattro ruote motrici che,oltre a spiccate doti di versatilità e robustezza, fosse caratterizzato anche da unpeso particolarmente contenuto in grado di assicurare un’estrema mobilità suqualsiasi tipo di percorso e, non ultimo, risultasse aviotrasportabile con relativa

Schwimmwagen

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facilità. Fino ad allora i veicoli a quattro ruote motrici realizzati in America eranorappresentati in massima parte da camion 4x4 e, nonostante l’avvio della produ-zione di alcuni marchi (famosi i camion GMC e Dodge 4x4 costruiti tra il 1934 e il1939) destinati ad un grande avvenire nel settore della mobilità a trazione inte-grale, si avvertiva l’esigenza di poter disporre di un fuoristrada leggero.

A tale scopo venne bandito un concorso dallo Stato Maggiore dell’EsercitoAmericano per la realizzazione di un progetto dal quale sarebbe scaturito un vei-colo con queste caratteristiche. Numerose furono le aziende contattate (135), masolo tre risposero all’appello e tra queste risultò vincitrice la Willys Overland Inc.che, nel 1940, presenta il primo prototipo della Jeep (che entrerà ufficialmentein produzione nel 1941), denominato MB, che riscuote immediatamente un cla-moroso successo in tutto il mondo con ben 637.747 esemplari prodotti (359.851dalla Willis e 227.896 dalla Ford, su licenza). Circa l’origine del nome vi sono di-verse ipotesi che ancora oggi non mettono d’accordo tutti gli appassionati, mala più accreditata sembra essere quella che fa risalire la parola jeep alla contra-zione dei vocaboli “general” e “purpose”, GP (traducibile approssimativamentecome “per tutti gli scopi”) utilizzati all’epoca della presentazione del veicolo.

La Jeep era caratterizzata da una meccanica molto semplice (motore a 4 cilin-dri di 2.199 cc., in grado di sviluppare 60 CV a 4.000 giri) e da un’estrema versa-

PX 33

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tilità, dimostrata dal successivo sviluppo di versioni semi-cingolate, 6x6, anfibie ecorazzate, oltre al prototipo a 4 ruote sterzanti.

La versione anfibia, battezzata “Seep” (Seagoing Jeep) venne sviluppata dal-la Marmon Herrington Co. in collaborazione con l’allora affermato studio nau-tico Sparkman & Stephens; lunga 4.65 metri e larga 1.6, la Seep pesava 1.500 Kg.(540 in più della normale Jeep), poteva superare una pendenza massima del 45%e raggiungeva una velocità di 80 Kmh. su strada (8 Kmh. in acqua). La sua pro-duzione, avviata nel 1942, prevedeva la realizzazione di 12.778 esemplari, mavenne sospesa l’anno successivo quando erano state costruite circa 6.000 mac-chine.

La notevole pianificazione di motorizzazione militare avviata dagli Stati Uni-ti si estese tuttavia anche nel settore della produzione dei truck di 3/4 tonnella-te a trazione integrale che nel 1942 portò alla nascita della Beep, nota anche co-me la “Gippona”. Realizzata dalla Dodge Division della Chrysler Corporation che,in collaborazione con la Ford, aveva presentato il prototipo di un truck da 3/4tonnellate, la Beep era disponibile in diversi allestimenti di carrozzeria (torpedo,station wagon, pick-up, ambulanza, autobotte, etc.) e, a partire dal 1943, venneintrodotto anche un modello 6x6 (portata una tonnellata e mezza).

Jeep MB

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Entrambe le versioni erano equipaggiate con un motore a 6 cilindri di 3.786cc. in grado di sviluppare 92 CV a 3.200 giri, con cambio a 4 velocità, sospensionia balestre longitudinali e freni a tamburo; l’adozione del riduttore era invece di-sponibile solo sulla versione 6x6. Per i vertici dell’esercito a stelle e strisce venneinoltre allestita una speciale versione della Beep, denominata “Truck Command”,munita di verricello anteriore e in grado di superare una pendenza massima del60%.

Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale un altro veicolo che svolse un ruo-lo particolarmente significativo nella movimentazione delle truppe europee fula Steyr 1500, realizzata dall’austriaca Steyr (un’antica fabbrica di armi, fondatanel 1864, che iniziò la produzione di motori per l’aviazione durante il primo con-flitto mondiale avviando la realizzazione dei primi autoveicoli nel 1920). La Steyr1500, nata dopo la fusione aziendale con un altro marchio nazionale (AustroDaimler Puch) avvenuta nel 1934, è una grossa torpedo a quattro ruote motriciad 8 posti (V8, 3.517 cc.) prodotta in oltre 12.000 esemplari.

Con la fine della guerra il mito della Jeep non va in pensione, ma continua adiffondersi in tutto il mondo grazie alla produzione avviata su licenza in diversipaesi sudamericani (Argentina e Brasile), orientali (Giappone, India, Corea eTaiwan) e mediterranei (Spagna, Turchia, Egitto e Israele).

L’esigenza di poter disporre di un fuoristrada adeguato ai più disparati im-pieghi operativi nel corso delle operazioni militari legate alla Seconda GuerraMondiale veniva comunque avvertita anche dalle forze armate di quei paesi che,non allineandosi con alcun schieramento, si erano dichiarati neutrali. Uno di que-sti nella vecchia Europa era la tranquilla Svezia che, ritenendo forse non moltocredibile un simile atteggiamento in condizioni di disarmo, decise di mostrare co-munque i muscoli anche nel settore della mobilità delle truppe avviando un pro-getto destinato alla produzione di nuovi veicoli appositamente realizzati per l’u-tilizzo off-road.

Naturalmente fu la Volvo, la maggiore azienda nazionale, ad impostare unanuova berlina a trazione integrale. Era il 1943 quando venne varato il primo pro-totipo della Volvo PV 801/802, entrata in produzione l’anno dopo e costruita fi-no al 1946 in oltre 200 esemplari. Equipaggiata con un motore di 3.670 cc. (6 ci-lindri, 86 CV), il fuoristrada della Volvo, pur assicurando prestazioni di tutto ri-spetto, evindenziò diverse lacune negli impieghi più gravosi, sia per l’eccessivalunghezza del passo che per alcuni problemi legati alla carburazione e sistema dilubrificazione che si manifestavano soprattutto in presenza di forti pendenze.

Sempre nel 1943 apparve anche la Gaz 67, la prima autovettura russa militare dafuoristrada dalle modeste prestazioni e fortemente ispirata (stilisticamente e mec-canicamente) alla Bantam; questo modello, utilizzato prevalentemente sul territo-rio nazionale, verrà ulteriormente sviluppato dieci anni dopo (1953) con il debuttodella Gaz 69, antesignana delle attuali Uaz attualmente ancora in circolazione.

Il 17 luglio del 1945 la Willis è la prima azienda automobilistica statunitense a presen-tare il nuovo modello del dopo-guerra, riveduto e corretto per un utilizzo in abiti civili.

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Nasce così la Jeep “Universal” che viene posta in vendita al prezzo di 1.090 dol-lari, affiancata a partire dal 1946 dalla prima station wagon a due porte intera-mente realizzata in carrozzeria metallica; nel 1947 sono oltre 100.000 le Jeep ci-vili prodotte (ca. 25.000 quelle esportate nel mondo).

Negli stessi anni la Dodge lancia sul mercato americano la Power Wagon, unodei più famosi pick-up 4x4 mai apparsi negli Stati Uniti; entrata in produzionenel 1946, la Power Wagon verrà costruita in larga scala fino al 1971 pur conti-nuando ad essere prodotta in una serie limitata fino al 1978.

Ancora pochi anni e, nel 1948, debutta sulla ribalta internazionale la miticaLand Rover che, continuando la tradizione avviata con la Jeep, presenta una car-rozzeria decisamente innovativa per l’epoca interamente realizzata in alluminio(l’acciaio industriale era stato quasi tutto assorbito dalla produzione bellica); inbreve tempo la Land Rover si afferma in tutto il mondo, divenendo in pochi an-ni il simbolo della mobilità a motore in fuoristrada.

Il progetto “Land Rover” (land = terra e rover = vagabondo) venne avviato al-l’inizio del 1947 e i primi prototipi vennero allestiti a tempo di record nello stes-so anno; non essendo ancora perfettamente messo a punto il telaio progettatodalla Rover, venne utilizzato il telaio di una Jeep Willis sul quale venne assem-blata la carrozzeria in alluminio e altre componenti prelevate dalle berline diproduzione Rover. Il motore era un quattro cilindri di 1.389 cc. in grado di svi-luppare 48 CV, mentre la trasmissione integrale permanente era abbinata ad untradizionale cambio stradale sul quale era montato un riduttore di nuova pro-

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Land Rover I Serie

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gettazione. Superati i primi test di collaudo, la Rover approva la delibera (il 4 set-tembre del ‘47) per la realizzazione della prima preserie (50 veicoli) per affron-tare l’ormai imminente esordio.

Il debutto ufficiale avviene il 30 aprile del 1948 presso i padiglioni del Salonedell’Automobile di Amsterdam, dove viene presentata la prima Land Rover 80,così denominata in riferimento alla lunghezza del passo (80 pollici) corrispon-dente a 2,032 metri.

L’immediato successo riscosso fin dalla sua prima apparizione viene inoltre ul-teriormente confermato dalle crescenti ordinazioni che arrivano ben presto daogni angolo del pianeta e la stessa famiglia reale ne subì il fascino. Re Giorgio V,dopo averla provata a lungo nei dintorni del castello di Balmoral, ordinò diversiesemplari per le varie residenze di corte e anche alcuni personaggi della politicarestarono affascinati dal nuovo fuoristrada (famosa la foto del grande statistaWinston Churchill immortalato, con il suo immancabile sigaro, al fianco dellaLand Rover).

L’azienda di Solihull venne ben presto subissata di ordinazioni e, per evaderela crescente mole di richieste, la Land Rover decise di avviare la produzione su li-cenza in numerosi paesi europei. Tra questi i più tempestivi furono il Belgio (do-ve la Land assunse il nome di Minerva), la Germania (che la mise in produzionecon il nome di Tempo) e la Spagna dove ancora oggi viene costruita con il mar-chio Santana.

Già nel 1956 la Land Rover veniva allestita in 30 nazioni diverse grazie all’a-dozione di numerose componenti che, abbinate a kit di montaggio preassem-blati, venivano importate direttamente dalla Gran Bretagna. Nel 1958 debutta laII Serie, mentre la III Serie verrà introdotta nel 1971.

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Il Sahara a motoreNella lunga e avventurosa

storia dell’esplorazioneautomobilistica del Sahara iveicoli fuoristrada hannosvolto naturalmente un ruo-lo di primo piano nel pro-cesso di antropizzazionedelle aree meno esploratedel più grande deserto delmondo, sebbene i primi ten-tativi di penetrazione a mo-tore siano stati compiuti contradizionaliveicoli adue ruotem o t r i c i .Agli inizidel Nove-cento infat-ti alcuni ari-s t o c r a t i c if r a n c e s isbarcaronosulle costedell’Algeriap o r t a n d oper la prima volta un veico-lo a motore tra gli abitantidell’Africa mediterranea.Nei primissimi anni del se-colo viene organizzato ilprimo Circuito delle OasiTunisine (1901, Gaetan deMeaulme) e il raid Algeri-Touggourth (1902, HenryCrawhez), mentre qualcheanno più tardi (1916) è ilgenerale francese Leperri-ne a raggiungere l’oasi diOuargla effettuando inventi giorni un tragitto di800 chilometri.Per la prima traversatacompleta del Sahara (in di-rezione nord-sud) bisognaattendere il 1920 quandoun altro militare francese,Lucien Fenouil, realizza una

spedizione con 23 camionFiat 15-ter con l’intento diallestire una serie di puntidi appoggio per gli aerei inprocinto di compiere la pri-ma trasvolata del deserto.Tre anni dopo entra diretta-mente in scena la primagrande casa automobilisti-ca europea quando la Ci-troen organizza la famosa“Crociera delle sabbie”

(1923) che raggiunge la mi-tica Timbunctù, seguita aruota dalla Renault (1925)con l’allestimento di unaspedizione che collega leregioni sahariane tra l’Al-geria e il Niger. Sempre laRenault (con il modello 10CV) porta a termine la pri-ma traversata del continen-te, con la spedizione “Tran-safrica” (1925) lungo la rot-ta Bechar-Città del Capolungo un itinerario di18.000 chilometri, ripeten-do l’impresa nel 1930.Un’altra azienda francese,la Berliet, specializzata nel-la produzione di camion,realizza tre spedizioni lun-go la rotta Algeri-Gao-Al-

geri (1926-1932-1941) euna quarta nel 1959 (Spedi-zione Tenèrè) allestita peraprire una nuova pista traDjanet e il lago Tchad. Tra lespedizioni italiane, una del-le più importanti del passa-to è stata senz’altro quellarealizzata dalla Fiat, conuna Campagnola, che nel-l’inverno ‘51-52 effettua ilraid Algeri-Città del Capo in

11 giorni sta-bilendo il re-cord mon-diale dellat r a v e r s a t adel conti-nente africa-no. Negli anniS e t t a n t avanno se-gnalate inol-tre l’iniziati-va “RaidA f r i q u e ”

(1973) della Citroen, nelcorso della quale una caro-vana di 60 vetture 2 CVcompie l’intera traversatadel Sahara da Tunisi adAbidjan in Costa d’Avorio ela “Crociera delle Sabbie”(1975-76) della Saviem cherealizza l’intera traversataWE del Sahara, da Dakar adAswan; un nuovo collega-mento in linea diretta dalNiger (Timbuctù) al lagoTchad viene aperto (1977)con la spedizione “Fiat-Ca-stiglioni” (ribattezzata“Dall’acqua all’acqua”),realizzata dagli esploratoriitaliani Angelo e AlfredoCastiglioni a bordo di ca-mion Fiat 75 PC 4x4.

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Dalla Land Cruiseralla Jimny 1950-1969

CAPITOLO 2

Pochi anni dopo il debutto della Land Rover si affaccia nel mondo del fuori-strada anche l’industria del Sol Levante quando, nel 1950, l’Esercito Americanosi rivolge alla Toyota per la realizzazione di un veicolo che fosse particolarmen-te resistente, forte e indistruttibile per i suoi soldati di stanza in Giappone.

In realtà la Toyota aveva già avviato, nel corso della Seconda Guerra Mondia-le, un progetto per la realizzazione di un veicolo 4x4 (1/4 tonn.) battezzato AK-10 che entrò in produzione solo a conclusione del conflitto.

Dopo la commessa statunitense i tecnici della Toyota si rimettono al lavoro enell’arco di sei mesi fu allestito il primo modello BJ che, quattro anni più tardi,verrà commercializzato come Land Cruiser riscuotendo un grande successo inogni angolo del mondo (negli Stati Uniti arriverà nel 1958 con la sigla FJ-25) ri-velandosi, soprattutto sulle piste sahariane, come la più temibile rivale della LandRover.

Va sottolineato inoltre che in quegli anni l’industria automobilistica giappo-nese, allineandosi ad un’esigenza del resto avvertita da molte case costruttrici eu-

Toyota BJ

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ropee e americane, era molto più attenta alle richieste provenienti dal settoremilitare che non alle esigenze del mercato civile.

Non riuscì a sottrarsi a questa tendenza neanche la Nissan (nata nel 1933 aYokoama) che, proprio all’indomani della conclusione della Seconda GuerraMondiale, riceve dall’Esercito imperiale l’incarico di studiare un fuoristrada simi-le alla Jeep basandosi su alcuni esemplari sequestrati alle truppe americane cat-turate nel Pacifico. I vari progetti vennero tuttavia ben presto abbandonati, enon solo nell’ambito delle 4x4, per cui la Nissan si dedicò esclusivamente alla pro-duzione dell’autocarro 180 (avviata agli inizi degli anni Quaranta). Con l’avven-to degli anni Cinquanta inoltre iniziava a surriscaldarsi di nuovo la situazione po-litica in tutto l’Estremo Oriente e gli stessi Stati Uniti, presagendo il ruolo nontrascurabile delle forze armate nipponiche nelle turbolenze che si stavano inne-scando in Vietnam e Corea, premono nuovamente sulle case automobilistichegiapponesi invitando la Nissan a rispolverare i progetti relativi alla produzionedi 4x4.

Dopo una serie di prototipi realizzati sulla falsariga della Jeep, la Nissan pre-senta nel 1951 la Patrol 4WD 60 che, com’era prevedibile, ricordava molto da vi-cino la gloriosa fuoristrada americana del ‘41.

Nel panorama europeo la Renault lancia nel 1951 la Colorale Prairie, una ma-stodontica station-wagon 4x4 destinata sia al trasporto agricolo che alla movi-mentazione nelle colonie francesi africane. La notevole altezza minima da terra,seppur penalizzando l’accesso nell’abitacolo, assicurava ottime prestazioni nel-l’utilizzo in fuoristrada ma il veicolo (allestito anche versione pick-up, con porta-

Nissan Patrol 4 WD 60

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ta fino a 500 Kg.) ebbe uno scarso successo nelle vendite a causa del prezzo ele-vato e delle modeste prestazioni, lontane da quelle assicurate da Jeep e Land Ro-ver.

Agli inizi degli anni ‘50 finalmente anche la produzione italiana, seppur tar-divamente dopo alcune esperienze nel settore dei camion militari, si cimenta nelcampo dei fuoristrada; sia l’Alfa Romeo Matta che la Fiat, infatti, partecipano alconcorso indetto dal Ministero della Difesa per la realizzazione di un veicolo mi-litare leggero e nascono così la Matta e la Campagnola.

L’Alfa Romeo Matta, così battezzata dall’ingegner Antonio Alessio, all’epocadirettore generale dell’Alfa, per le sue eccezionali doti di robustezza e l’estremaversatilità evidenziata (fino ad allora inedita) nell’utilizzo off-road di un veicolo,era caratterizzata da un avantreno a ruote indipendenti e un tipo di allestimen-to che, seppur adattabile ad impieghi civili, rimaneva tuttavia circoscritto in unambito prettamente militare. I primi studi iniziarono nel gennaio del ‘51 e giànell’aprile dello stesso anno era pronto il primo prototipo per i collaudi; il primomodello di serie uscì dalle catene di montaggio di Napoli nel marzo del ‘52. L’Al-fa Romeo Matta, prodotta complessivamente in 2.200 esemplari prima di usciredi produzione del ‘53, fu protagonista di un’importante spedizione amazzonicanel Mato Grosso e in un’edizione della Mille Miglia si concesse persino il lusso dibattere una Fiat Campagnola.

Assai simili erano le caratteristiche tecniche della Fiat Campagnola D, ilcui debutto avviene alla Fiera del Levante di Bari del 1951 dove viene pre-sentato il modello “D” con motore a benzina (1.901 cc., 19 CV, 100 Kmh.), dacui deriva anche la versione militare denominata A.R. 51 (Autovettura Rico-gnizione 1951); a partire dal ‘53 la Campagnola viene costruita anche nellaversione con motore diesel (1.901 cc., 40 CV, 85 Kmh.) e le successive versio-ni (A.R. 51 B, A.R. 55 e A.R. 59) resteranno in produzione fino al 1973: la pro-duzione complessiva è stata di 39.076 veicoli, di cui 7.783 diesel.

Grande agitazione sul mercato tedesco nel 1954 quando tre grosse aziende na-

Fiat Campagnola D - Nuova Campagnola

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zionali (Auto Union, Goliath e Porsche) presentano i prototipi per una 4x4 milita-re destinata alla Bundeswehr (l’esercito tedesco). Il prototipo Goliath era equi-paggiato con motore anteriore a due tempi a 3 cilindri (886 cc., 40 CV) e tre annidopo verrà riproposto con un motore a quattro tempi più potente (1.093 cc., 50CV) e la trazione integrale abbinata alle marce ridotte. La Porsche presenta unprototipo dalla linea a cuneo molto moderna, equipaggiato con un motore raf-freddato ad aria di 1.488 cc. (50 CV) e differenziale posteriore autobloccante; dueanni dopo esordisce un secondo prototipo Porsche 4x4 con motore di 1.582 cc.

Entrambi questi modelli furono scartati dai vertici della Bundeswehr che pre-ferirono il terzo prototipo realizzato dalla Munga D.K.W., battezzato Munga inriferimento alla corrispondente sigla dell’idioma tedesco “Mehrzweck UniversalGelandewagen mit Allradantrich” (veicolo universale da fuoristrada a quattroruote motrici).

Anche la Munga (analogamente al prototipo della Goliath) disponeva di unpropulsore a due tempi (3 cilindri in linea, raffreddato ad acqua) di 896 cc. in gra-do di sviluppare 38 CV a 4.200 giri. Dotata di trazione integrale permanente emarce ridotte, la Munga era disponibile solo nella versione con carrozzeria aper-ta e consentiva di superare una pendenza massima del 60%. Nel 1957 venne in-trodotta una versione leggermente più potente (40 CV), mentre tra il ‘54 e il ‘56apparvero anche alcune versioni con motore da 980 cc. (44 CV).

Nonostante le prestazioni limitate e i consumi non proprio contenuti (17lt./100 Km. in fuoristrada), la Munga riscosse un discreto successo nelle commes-se militari e rimase in produzione fino al 1968 (oltre 50.000 gli esemplari conse-gnati alla Bundeswehr) registrando un certo numero di vendite (ca. 500 veicoli)anche nella versione civile.

Negli stessi anni (1954), nella Corea del Sud, la Ssang-Yong avvia la produzio-

Porsche 4x4

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ne di una 4x4 (costruita su licenza Jeep) destinata alle forze armate.Da segnalare nello stesso periodo l’entrata in produzione della GAZ 69, un vei-

colo russo con motore anteriore longitudinale (2.430 cc., 65 CV), disponibile sianella versione torpedo (4 porte, 5 posti) che nell’allestimento pick-up (con cas-sonetto posteriore e 8 posti); prodotta dal ‘52 alla fine degli anni Sessanta, la Gaz69 era destinata soprattutto per equipaggiare le forze armate del Patto di Var-savia, ma riscosse un discreto successo anche nell’impiego civile.

Nel ‘56, pur mantenendo lo stesso nome, assunse la denominazione ufficialedi Uaz 69 fino a quando, uscita di produzione, venne sostituita dalla Uaz 469 ilcui prototipo iniziale risale al 1961.

Sulla scena europea riappare intanto la svedese Volvo che, rispolverando ilprogetto della PV 801/802 che aveva esordito dieci anni prima, lancia sul merca-to delle 4x4 militari la nuova TP 21. Questo modello, seppur derivato dalla pre-cedente versione, presenta tuttavia numerose innovazioni tecnologiche cheavrebbero dovuto eliminare i difetti della prima Volvo a trazione integrale. Lanuova TP 21, oltre al passo accorciato e ad una maggiore altezza minima da ter-ra (ulteriormente esaltata dall’adozione di ruote maggiorate), presenta ancheuna carrozzeria più contenuta nelle dimensioni, ma sempre a 4 posti, e un mo-tore leggermente incrementato nella potenza (da 86 a 90 CV). Inedito anche ilnuovo frontale che non contribuisce comunque ad alleggerire le linee molto du-re e squadrate del veicolo (i connazionali continuano a chiamarlo “sugga”, chein svedese significa “scrofa”, pervia del lungo muso). La Volvo TP21 venne prodotta tra il 1953 e il1958 in 720 esemplari nel suo alle-stimento base, oltre a numerosealtre versioni introdotte negli an-ni successivi. Tra queste ricordia-mo la Volvo P 2104 Special (a 7 po-sti, presentata nel 1954 e rimastasolo allo stadio di prototipo) e laVolvo 6x6 P 2204/TL 22, prodottain 857 esemplari tra il 1954 e il1958.

Lo scarso successo nelle vendi-te, nonostante l’elevato standardqualitativo sempre all’altezza del-la Volvo e l’affidabilità nelle pre-stazioni, è riconducibile essenzial-mente a motivi politici dovuti pro-prio alla condizione di neutralitàdella Svezia. I contrapposti blocchi militari che si stavano formando in Europa in-fatti (da un lato la Nato e dall’altro il Patto di Varsavia), tendevano a dotare i pro-

Volvo TP 21

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pri eserciti con veicoli già ampiamente collaudati (soprattutto Jeep, Land Rovere Gaz), mentre per esigenze di trasporto più pesanti erano disponibili sul merca-to dell’usato i robusti e mastodontici Dodge americani, “reduci” della SecondaGuerra Mondiale e molto accessibili nel prezzo.

L’ultima versione fu la 4x4 L 2034, nota come “Valpen” (“cucciolo”), che de-cretò la definitiva uscita di scena della Volvo dal settore dei fuoristrada.

A proposito dei veicoli americani è proprio la Dodge a lanciare nel 1957 unnuovo camioncino 4x4, equipaggiato con motore a 8 cilindri, affiancato ben pre-sto da alcune versioni espressamente realizzate per l’uso civile (Town Wagon eTown Panel); nello stesso anno la Chevrolet lancia lo Chevy 3100, un altro pick-up 4x4 destinato a riscuotere un grande successo sul mercato americano.

Un altra tappa significativa del fuoristrada americano porta la firma della Fordche, nel 1959, lancia sul mercato due nuovi modelli di pick-up 4x4, l’F-100 e l’F-250, entrambi destinati a svolgere negli anni successivi un ruolo fondamentalenella storia dell’off-road a stelle e strisce.

Nella prima metà degli anni Cinquanta si afferma inoltre, per un breve pe-riodo, anche la Austin Champ prodotta dalla British Motor Corporation; dopo larealizzazione dei primi prototipi, debuttano una versione civile (1952) e una mi-litare (1953), ma dopo alcuni anni la produzione viene abbandonata nel 1956.

Maggiore fortuna ebbe invece un’altra interessante 4x4 di origine americana,la M 422, anch’essa destinata alle forze armate impegnate sul fronte vietnamita.Nota come la “Jeep dei Marines” e affettuosamente ribattezzata “Mighty Mite”(piccola forzuta), la M 422 nasce dall’esigenza di equipaggiare il corpo dei Mari-nes con un nuovo veicolo che fosse particolarmente adatto alle operazioni mili-tari nella giungla. Il primi prototipi vennero realizzati nel 1953 dalla Mid Ameri-ca Research Corporation, equipaggiati con motore Porsche raffreddato ad aria a4 cilindri (44 CV), con cambio a tre marce e trazione integrale permanente.

Dopo una lunga serie di collaudi, nel 1959, inizia la produzione di serie da par-te dell’American Motors e la M 422 viene equipaggiata con un motore proget-tato e costruito dalla Casa americana (un 4 cilindri a V interamente realizzato inalluminio e raffreddato ad aria), con trazione anteriore inseribile. La Mighty Mi-te, costruita in circa 4.000 esemplari, rimane in produzione fino al 1963.

Chiudono la panoramica dei principali fuoristrada europei degli anni Cin-quanta la Gipsy della Austin e l’Halflinger dell’austriaca Steyr. Caratterizzata dauna linea compatta e abbastanza originale nel frontale, la Gipsy introduce nel1958 la novità delle sospensioni a quattro ruote indipendenti abbinate per la pri-ma volta a dei silent-block di gomma; equipaggiata con cambio a 4 velocità e tra-zione anteriore inseribile, era disponibile sia nella versione a benzina (2.199 cc.,62 CV) che a gasolio (2.178 cc., 55 CV). La Gipsy venne sostituita dalla Austin del-la II Serie nel 1960 (MK II, 72 CV), affiancata anche dalla versione a passo lungo.Dal 1958 al 1968 la Gipsy venne prodotta in oltre 17.000 unità e un numero li-mitato di esemplari venne importato anche in Italia.

L’Halflinger della Steyr debutta nello stesso anno della Gipsy e, pur disco-

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standosi dalla tradizionale tipologia dei fuoristrada più diffusi, riscuote un certosuccesso grazie alla carreggiata ad ampiezza limitata (largo 1.35 mt.) che la ren-devano particolarmente adatta per un utilizzo lungo le mulattiere alpine. Equi-paggiata con un motore bicilindrico raddreddato ad aria di 643 cc. (22 CV a 4.500giri, 75 Kmh.), era dotata di trazione anteriore inseribile, bloccaggio dei diffe-renziali e nell’utilizzo in fuoristrada superava pendenze massime del 65%.

Tra le proposte originali apparse sul mercato dei veicoli a trazione integrale,ed in particolar modo delle piccole vetture derivate dalla produzione di serie, vasegnalato il debutto nel 1958 della Citroen 2 CV a quattro ruote motrici.

Strettamente derivata dalla 2 CVdi serie, la versione 4x4 della stori-ca utilitaria francese, battezzata“Sahara”, era caratterizzata dall’a-dozione di due motori raffreddatiad aria di 425 cc. (13.5 CV a 4.500 gi-ri), sempre derivanti dal modello diserie, montati sull’avantreno ante-riore e su quello posteriore; la velo-cità massima raggiungibile sfioravai 100 Kmh., mentre la pendenzamassima superabile si aggirava at-torno al 45%.

Negli anni Sessanta (mentre in Romania la Aro avvia la produzione di una 4x4,denominata M 461, analoga alla Gaz 69) anche la Ford torna in prima linea nel

Austin Champ

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settore delle auto a quattro ruotemotrici, con la Mutt M 151, un fuori-strada equipaggaiato con un propul-sore a quattro cilindri (2.319 cc.) ingrado di sviluppare 71 CV a 4.000 gi-ri al minuto.

Esaurite le vicende nel corso delsecondo conflitto mondiale, l’eserci-to americano si ritrova di nuovo alfronte (dopo circa cinque anni) nellaguerra di Corea. La Jeep, fino ad al-

lora leader indiscussa della mobilità militare a stelle e strisce, inizia a dimostrarei primi acciacchi per cui l’U.S. Army avverte l’esigenza di poter disporre di un nuo-vo veicolo nel settore dei mezzi per supporto tattico.

Nel 1951 la Ford riceve la commessa per lo studio di una nuova vettura che, ol-tre ad esprimere migliori prestazioni, potesse anche candidarsi ad erede dellaJeep.

Il primo prototipo viene presentato nel 1952 ma, dopo lunghi quanto inter-minabili collaudi, la produzione di serie della M 151 viene avviata solo nel 1959.Il nome Mutt deriva dalla sigla Military Utility Tactical Truck (veicolo militare perimpiego tattico) e il battesimo di fuoco avverrà poco dopo nel corso delle primeavvisaglie della guerra in Vietnam.

Nel 1964, dopo 35.000 veicoli prodotti, debutta la versione M 151 A1 (ca.100.000 esemplari) rafforzata nelle sospensioni posteriori e dotata di un kit perl’impiego nelle regioni polari. Equipaggiata con un motore a 4 cilindri di 2.319cc. (71 CV a 4.000 giri), la M 151 era dotata di un cambio a tre marce abbinato adun “primino” per l’utilizzo in fuoristrada, mentre l’inserimento della trazione an-teriore poteva effettuarsi anche in marcia; le prestazioni su strada consentivanouna velocità massima di 106 Kmh., con una pendenza massima superabile del60%. L’ultima versione ulteriormente rimaneggiata (Mutt 151 A2) esordisce il 26gennaio del 1970.

Contemporaneamente alla produzione della M 151 realizzata dalla Ford, nel1959 la American Motor Corporation lancia, come già ricordato, sul mercato la“Mighty Mite” conosciuta con la sigla M 422.

Costata alla A.M.C. cinque lunghi anni di studio per lo sviluppo del prototipo,la Mighty Mite era destinata soprattutto alle truppe aviotrasportate e da sbarco;il motore a 4 cilindri raffreddato ad aria (1.775 cc., 55 CV a 3.600 giri) era dotatodi cambio a 3 marce più il classico “primino”, mentre la velocità massima rag-giungibile era di 96 Kmh.

Nel 1961 la Renault lancia sul mercato la R4, una piccola vettura destina-ta a restare nella storia dell’automobile che verrà prodotta fino al 1993, con-quistando un ruolo di rilievo (assieme alla Mini e alla 2CV della Citroen) nel-la nicchia delle auto “evergreen”.

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La Renault 4 inoltre ebbe anche un discreto successo nell’ambito del fuoristra-da grazie alla trasformazione della Sinpar, un’azienda francese specializzata nel-la trasformazione di veicoli di serie che elaborò diverse versioni a quattro ruotemotrici. La prima Renault 4 Sinpar 4x4 esordì nel 1966 in versione pick-up, riscuo-tendo ottimi risultati nel Rally des Cimes nonostante le modeste prestazioni assi-curate dal suo propulsore di soli 850 cc.; le principali modifiche realizzate dallaSinpar riguardavano l’adozione di una scatola di rinvio collocata anteriormente alcambio originale, un dispositivo per l’innesto della trazione integrale sul cruscot-to, un nuovo retrotreno e una serie di modifiche estese alle sospensioni, al serba-toio di carburante e alla ruota di scorta.

Sempre nel 1961 un’azienda americana, la International Harvester, scuote ilpanorama mondiale della produzione di 4x4 con la presentazione della Scout,un fuoristrada che per la prima volta offre qualcosa (un minimo di comfort) chenessun veicolo off-road aveva finora preso in considerazione.

L’arrivo sul mercato dell’International Scout rappresentò inoltre uno dei mag-giori incentivi per lo sviluppo del Bronco da parte della Ford e, probabilmente,svolse un ruolo determinante anche nella gestazione del Blazer e della Range Ro-ver. Successivamente la Scout riscosse un notevole successo per molti anni grazieanche all’introduzione di nuove versioni (come la Scout 80 del ‘64) fino a quan-do, nel 1980, uscì definitivamente di produzione in seguito ad una serie di vicis-situdini aziendali.

Sempre nel 1961 la Ferguson (un’azienda inglese di Coventry specializzatanella produzione di organi di trasmissione) realizza un prototipo a quattro ruo-

Renault 4 TL

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te motrici (una station-wagon carrozzata da Michelotti) decisamente originale eall’avanguardia per l’epoca. Equipaggiata con un motore boxer a quattro cilin-dri (2.200 cc., 100 CV) la Ferguson SW 4WD disponeva di trazione integrale per-manente, cambio automatico e dispositivo di bloccaggio di frenata. Questo vei-colo non entrò in produzione, ma diversi elementi della sua innovativa tecnolo-gia vennero adottati qualche anno più tardi (1966) sulla Jensen Interceptor FF(equipaggiata con motore Chrysler) che rimase in produzione fino al 1971.

Verso la fine del 1961 approda in America la Nissan Patrol che, grazie alle suequalità di robustezza e affidabilità, ebbe un buon impatto nel mercato america-no riscuotendo un discreto successo nelle vendite.

Con la presentazione del Ford Bronco, il cui debutto risale alla fine del 1965,il settore dei veicoli ricreazionali leggeri a quattro ruote motrici subisce una ra-dicale trasformazione d’immagine che, inevitabilmente, si tradusse anche in unapiù massiva penetrazione di mercato.

Il Bronco non era esattamente un camioncino simile a quelli fino ad allora ap-parsi sul mercato, né rientrava nella tradizionale tipologia delle station-wagon.La sua peculiarità essenziale era quella di sintetizzare al meglio le caratteristichedi entrambe le categorie, estendendone inoltre la versatilità d’utilizzo grazie al-l’adozione delle quattro ruote motrici. Quando appare la versione successivaequipaggiata con un motore V8, agli inizi del 1966, il Bronco è il primo fuori-strada americano a montare un simile propulsore su una 4x4 compatta; una nuo-va versione a 6 cilindri viene introdotta nel 1966 e nel 1977 questo modello escedi produzione.

Nel 1967 la Jeep lancia sul mercato la famosa Commando, un fuoristrada com-pletamente diverso nell’impostazione rispetto ai tradizionali modelli della Casaamericana. Lunga 4.43 metri, la Commando monta un motore V6 di 3.802 cc. (100CV a 3.600 giri) e viene allestita con carrozzeria station-wagon a 2 porte con tet-to rigido asportabile.

L’anno dopo debuttano sul mercato italiano la Ranger, una piccola vettura aquattro ruote motrici su meccanica Fiat 600 (presentata già nel ‘66 al Salone diTorino nella versione a due ruote motrici), e la Yeti; quest’ultima, allestita su mec-canica Fiat 850, rimase però confinata alla fase di prototipo nonostante le sue in-teressanti caratteristiche tecniche (quattro ruote motrici e sterzanti).

Sul finire degli anni Sessanta esordisce in Giappone un altro fuoristrada de-stinato a fare epoca quando la Suzuki avvia il progetto per una 4x4 leggera ri-servato al mercato interno delle vetture di piccola cilindrata.

Era il 1968 e la Suzuki, dopo una serie di prototipi destinati a mettere a pun-to le caratteristiche del nuovo veicolo, avvia la produzione di una limitata pre-serie della Jimny. Questo veicolo, estremamente leggero (600 Kg.) e compattonelle dimensioni (il passo misurava appena 1.93 mt.) e dotato di una straordina-ria maneggevolezza, era inoltre estremamente semplice dal punto di vista mec-canico.

Il motore a due tempi, raffreddato ad aria, era un bicilindrico di 360 cc. in gra-

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do di sviluppare 25CV consentendo alveicolo una velocitàmassima di circa 80Kmh.

Anche la carrozze-ria, seppur ispiratanelle linee essenzialia quella della Jeep,era molto semplice espartana con le por-tiere in tela e il vetroanteriore ribaltabileanterior-mente sulcofano motore.

Per limitare almassimo gli ingom-bri esterni vi eranoinoltre solo tre postipoiché, a lato del sedile posteriore, era stata inserita la ruota di scorta. La SuzukiJimny entrerà regolarmente in produzione in tutto il Giappone a partire dal 1970(con la siglia LJ 10), divenendo in pochi anni uno dei più diffusi 4x4 nel settoredei fuoristrada leggeri.

Quattro anni dopo viene lanciata sul mercato australiano la nuova versone (LJ50) con un motore maggiorato (540 cc.) a 3 cilindri. Nel 1977 debutta sul merca-to nazionale la LJ 80 (800 cc., 4 cilindri) che, l’anno successivo, rappresenta la pri-ma Suzuki 4x4 esportata in Europa.

Nel 1969, prima dell’avvento sul mercato della Range Rover, la General Motorslancia il glorioso Blazer realizzato (come già ricordato) sulla scia delle innovazio-ni stilistiche e d’utilizzo introdotte dall’International Scout e dal Ford Bronco,spingendosi ancora oltre in quanto a design e tecnologia. Decisamente più gran-de nelle dimensioni sia della Scout che del Bronco, il Blazer nasce come un camionfuoristrada di mezza tonnellata ed ha il suo asso nella manica nella soluzione for-nita del tettuccio amovibile che, una volta montato sul veicolo, lo trasformava inuna comfortevole station-wagon.

Suzuki Jimny

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Dalla Range al tramontodella Campagnola 1970-1979

CAPITOLO 3

Tra i variegati movimenti d’opinione e i bizzarri fenomeni di costume che han-no contrassegnato i “favolosi” anni Sessanta, sembra che una delle questioni piùtravagliate sia stata quella scaturita da uno strano malessere di alcuni nobili pos-sidenti inglesi. Un’inquietudine appalesatasi soprattutto nel corso dei week-endalla dimora rurale immersa nelle highland (o durante le trasferte motorizzate cheprecedevano la cerimonia della caccia alla volpe) quando gli aristocratici più av-venturosi erano costretti a subire, loro malgrado, lo scarso comfort offerto daglispartani fuoristrada dell’epoca rappresentati in massima parte dalle Land 88 e109.

Per ovviare a questi fastidiosi elementi di turbativa i progettisti della Rover fu-rono costretti a rimboccarsi le maniche, avviando la progettazione di un nuovoveicolo che in breve tempo avrebbe rivoluzionato l’utilizzo delle 4x4, oltre ad ini-ziare quella che (senza alcun ombra di dubbio) può essere considerata come l’e-ra moderna del fuoristrada.

Siamo nel 1970 e l’azienda di Solihull, ancora una volta, con la presentazionedella Range Rover, riesce ad imprimere un’altra pietra miliare nella storia del fuo-ristrada.

In realtà l’idea di realizzare un veicolo che, oltre ad esprimersi al meglio inqualsiasi situazione off-road, fosse in grado di disimpegnarsi con altrettanta di-sinvoltura anche su strada e nelle lunghe marce di trasferimento su asfalto, è as-sai più remota e si era insinuata tra i progettisti della Land Rover (indipendente-mente dalle aspettative dei baronetti) fin dai primi anni di attività dell’Azienda.

Era infatti il lontano 1950, appena due anni dopo il debutto al Salone di Am-sterdam, quando venne avviato il progetto di un nuovo veicolo denominatoRoad Rover caratterizzato da dimensioni maggiori rispetto alla classica Land;questo veicolo, rimasto allo stadio di prototipo, era caratterizzato da una car-rozzeria tipo station-wagon, con rifiniture molto curate e assai simili a quelle diun’autovettura. Neanche il prototipo successivo, realizzato nel ‘57 e battezzatoRoad Rover Serie II, ebbe uno sviluppo nella produzione di serie e venne ben pre-sto abbandonato.

Ancora una volta i progettisti della Rover si resero conto che per sfornare unnuovo modello, in grado di affermarsi su tutti i mercati mondiali, doveva attin-gere ispirazione dalla produzione americana. Analogamente a quanto era giàavvenuto per la nascita della Land Rover (uno dei primi prototipi era realizzato

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su telaio della Jeep Willis), anche per la Range Rover si rivelò determinante l’in-fluenza della produzione fuoristradistica americana degli anni Sessanta.

A tale proposito nel 1965 viene organizzata una “spedizione esplorativa” negliStati Uniti alla quale partecipano alcune eminenze grigie dell’azienda di Solihull,con l’intento di individuare un modello che potesse fornire la giusta ispirazione perla nascita di quella che sarebbe diventata la futura Range Rover. Vennero studiatein quell’occasione alcune tra le più note staion-wagon americane e le ultime no-vità nel settore dei fuoristrada (erano appena uscite la Jeep Wagoneer e la FordBronco), sebbene alla Rover fossero indirizzati più verso una grossa giardinetta adue ruote motrici ed erano piuttosto freddini nei confronti di una 4x4.

La scelta definitiva verso questa seconda soluzione scaturì dall’adozione delpropulsore 3.5 V8 della General Motors, di cui la Rover aveva acquistato i dirittidi costruzione su licenza. Un motore così potente richiedeva un asse di trasmis-sione molto robusto che, solo se abbinato a una trazione integrale permanente,avrebbe espresso al meglio le sue potenzialità senza penalizzare le prestazionidel veicolo.

Tornati in patria, i responsabili della Rover si misero subito al lavoro e nel ‘67 eragià pronto il primo modello statico, che continuava ancora a chiamarsi Road Rover.L’anno successivo erano pronti i primi due prototopi marcianti che, per depistare laconcorrenza (e soprattutto i giornalisti), vennero battezzati con il nome Velar.

Nel settembre del ‘69 altri due prototipi vengono spediti con il massimo riser-bo in Algeria, per essere sottoposti ad una serie di massacranti test sulle pistesahariane in condizioni ambientali esasperate e nell’estate successiva arriva fi-nalmente il momento del grande debutto.

Il 17 giugno del 1970 il veicolo siglato come progetto Land Rover 100 inch Sta-tion Wagon viene presentato alla stampa internazionale, con il nome definitivodi Range Rover, nella campagna della Cornovaglia occidentale.

Dal punto di vista meccanico, oltre al potente propulsore a benzina (3.500 cc.,8V) va segnalata l’innovativa introduzione della trazione integrale permanentee l’adozione del terzo differenziale centrale; per la prima volta nella produzio-ne Land Rover, le tradizionali balestre vengono sostituite con le sospensioni amolle elicoidali, mentre la mole del veicolo (seppur contenuta rispetto a quelladelle principali concorrenti americane) e la potenza del motore (che consentivaalla Range di raggiungere i 180 Kmh.) richiesero l’adozione dei freni a disco,montati inizialmente solo sull’asse anteriore e in seguito su tutte e quattro leruote.

Ma sono soprattutto l’impostazione generale e il grado di rifiniture, curatissi-me fin nei minimi particolari, a creare la differenza. Seppur ispirata alle volumi-nose 4x4 a stelle e strisce, la Range segna una svolta radicale nell’immagine delfuoristrada, fino ad allora abbinata inevitabilmente ad un grado di rifiniture ead un tipo di utilizzo che penalizzavano sensibilmente il comfort.

Per il lancio mondiale della Range Rover venne organizzata una mega-spedi-zione nell’istmo mesoamericano, nella giungla di Panama, con l’ambizioso pro-

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Assalto alla giunglaTra le numerose spedi-

zioni che hanno lascia-to una traccia indelebilenella storia del fuoristra-da, una delle più incredibi-li ed entusiasmanti è rap-presentata senz’altro dalla“British Trans-AmericasExpedition”, organizzatanel 1971-72 dalla Roverper il lancio mondiale del-la Range. Due Range Ro-ver, supportate da una se-rie di veicoli di appoggio eda un team altamente ad-destrato dell’Esercito in-glese, sono partite nell’in-verno del 71 da Ancorage,in Alaska, per affrontarel’intero percorso della Pa-namericana (circa 23.000Km.) fino ad Ushauia, si-tuata alle estreme propag-gini meridionali della Ter-ra del Fuoco. L’ostacolomaggiore della spedizione

era rappresentato da queltratto di giungla pana-mense noto come “ElTapòn (il tappo) del Da-rien”, esteso su una lun-ghezza di circa 400 chilo-metri e al cui interno nonesisteva alcuna pista off-road transitabile.L’intera traversata è stataportata a termine tra milledifficoltà in 96 giorni, dal17 gennaio al 23 aprile del‘71, conquistando un pri-mato ancora oggi attualepoiché da allora nessunaspedizio-ne è mairiuscita aripeterel’impre-sa.Per supe-rare l’in-t r i c a t agiungla

del Darien, i componentidella “British Trans-Ameri-cas Expedition” (alla qualeera aggregata anche un’é-quipe di scienziati per stu-diare la fauna, la flora e al-cune popolazioni indioslocali) hanno dovuto apri-re la pista a colpi di mace-te e dinamite tra la vege-tazione, superare tratticon ponti di fortuna, tra-sportare i veicoli su gom-moni e difendersi da inset-ti e serpenti velenosi.

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getto di attraversare la Serrania del Darien, un intricato labirinto di vegetazioneimpenetrabile che interrompeva il tragitto della Panamericana impedendo l’ac-cesso via terra in Colombia.

Due Range Rover, appositamente allestite e affidate ad una squadra specialeguidata da un ufficiale dell’Esercito inglese, riuscirono ad attraversare per la pri-ma volta l’intero tratto di giungla in 3 mesi grazie alla perfetta organizzazionetecnica e al grande spiegamento di mezzi (numerosi i portatori impegnati adaprire la pista a colpi di macete e motosega).

Con l’arrivo sul mercato della Range Rover (la cui linea, a parte l’introduzio-ne del modello a quattro porte realizzato nel 1981, rimarrà immutata per qua-si venticinque anni) anche gli appassionati dell’off-road, oltre ai baronetti in-glesi, scoprono che si possono affrontare sterrati e mulattiere viaggiando co-modamente seduti come su una berlina di lusso, all’interno di un abitacolo per-fettamente isolato acusticamente con un elevato grado di comfort che avevaben poco da invidiare ai fuoristrada di provenienza americana. Ed è proprio da-gli States che, nella metà degli anni Settanta, avrà inizio l’avventura di un nuo-vo veicolo, la Jeep Cherokee, ancora oggi continuamente rinnovato e apprez-zato in tutto il mondo.

La storia della Cherokee ha inizio nel 1974, con la presentazione di un modelloa tre porte di grosse dimensioni (lungo 4.6 metri e largo 1.9), analogo alla col-

Range Rover

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Un camion intorno al mondoNel settore dei fuori-

strada pesanti, unadelle maggiori spedizionieffettuata in 4x4 rimaneancora oggi il giro delmondo in camion, realiz-zato dal giornalista Da-niele Pellegrini tra il 17agosto del 1976 e 10 apri-le del 1979.Nel corso del lunghissimoviaggio attraverso tutti e

cinque i continenti, il ca-mion Pigafetta (così bat-tezzato in onore dellostoriografo vicentino chenel XVI secolo accompa-gnò Magellano nella pri-ma circumnavigazionedel globo) ha percorso cir-ca 184.000 chilometri at-

traverso 48 paesi superan-do ogni genere di diffi-coltà.Dalle sterminate pisteasiatiche che si addentra-no nella favolosa catenaafgana (allora percorribi-li senza problemi) ai de-serti centrali dell’Out-back australiano; daglispazi desolati delle dunedel Kalahari alle sabbie

roventi del Sahara; dalleintricate fangaie dellagiungla amazzonica allevertiginose altezze dellacatena andina. Dal puntodi vista meccanico, il Pi-gafetta era allestito su uncamion Fiat 75 PC 4x4 sulquale era montata una

cellula abitativa che, sep-pur grossolana nelle do-tazioni e nelle rifiniture,consentiva l’alloggia-mento dei tre uomini del-l’equipaggio (Pellegriniera accompagnato dalpadre Lino, anch’egligiornalista, e dal pilota dirally Cesare Gerolimet-to). Equipaggiato di unrobusto verricello monta-

to sul paraurti anteriore,il camion Pigafetta eradotato di un grosso ser-batoio di carburante (800lt.) e di taniche di scortasul tetto che assicurava-no un’autonomia com-plessiva di circa 2.000 chi-lometri.

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laudata Wagoneer apparsa per la prima volta nel 1962 e ampiamente rivisitatanella linea e nelle motorizzazioni nel 1972 (V6 di 4.983 cc. con 195 CV, V8 di 4.983cc. con 145 CV e V8 di 5.900 cc. con 185 CV). Anche i motori della Cherokee nonscherzano in quanto a potenza: il propulsore fornito nella versione base è un 6cilindri in linea di 4.235 cc. in grado di sviluppare 112 CV a 3.500 giri, ma a ri-chiesta sono disponibili anche tre motorizzazioni a 8 cilindri assai più potenti(4.900 cc. da 177 CV, 5.900 cc. da 198 CV e 6.600 cc. da 238 C). La trazione è po-steriore (anteriore inseribile) e il cambio a scelta tra manuale (a 3 o a 4 rapporti)e automatico (a tre rapporti). Tre anni dopo, nel 1977, viene introdotta la nuovaversione a 5 porte (come nella gamma Wagoneer) e due anni dopo, con la pre-sentazione della Jeep Cherokee Chief, si ha la prima metamorfosi di look.

Il nuovo modello ha subito un profondo e accurato restyling, si presenta me-glio rifinito nei particolari ed equipaggiato con un motore ad 8 cilindri di 5.900cc. che sviluppa 121 CV a 3.450 giri; i fantasmi scaturiti dalla crisi energetica cau-sata dall’embargo arabo dell’autunno del ‘73 non sono tuttavia ancora del tut-to dissolti per cui, per l’utenza più attenta ai consumi di carburante, viene pro-posta anche una versione con un propulsore meno assetato (4.200 cc. a 6 cilindri)e con una potenza più contenuta (solo 98 CV ad appena 3.200 giri al minuto).Con l’avvento degli anni Settanta inoltre, la Jeep assume anche un nuovo asset-to societario in quanto la vecchia Kaiser Jeep Corporation (titolare del marchiofin dalla nascita, nel 1940) viene acquisita il 5 febbraio del 1970 dalla A.M.C.(American Motors Corporation) per 70 milioni di dollari.

Nel 1974 viene presentato il prototipo di un nuovo fuoristrada, battezzato VCL(Véhicule de Commandement et Liaison=veicoli da comando e collegamento), chenelle intenzioni dei costruttori (un consorzio formato da Fiat, Man e Saviem) do-veva essere destinato alle forze armate di Italia, Germania e Francia. Estremamen-te compatto nelle dimensioni (4.05 mt. di lunghezza per 7 posti), il VCL era una fuo-

Daihatsu Rocky

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ristrada anfibio equipaggiato con un motore a quattro cilindri di 1.995 cc. (75 CVa 4.600 giri al minuto), molto maneggevole ed estremamente versatile nell’utiliz-zo in fuoristrada. Contrariamente alle ambizioni dei paesi della Nato promotoridell’iniziativa (il piano iniziale prevedeva la realizzazione di 50.000 esemplari, deiquali 30.000 alla Germania Federale e 10.000 ciascuno all’Italia e alla Francia), ilprogetto relativo al VCL venne abbandonato verso la fine del 1975 a causa dei co-sti elevati e del disinteresse (soprattutto italiano) dei vertici militari.

Sia la Germania che l’Italia raccolsero tuttavia parte dell’eredità tecnologicaacquisita con questo prototipo che, direttamente o indirettamente, offrirà sva-riati punti per la successiva realizzazione della Volkswagen Iltis (versione aggior-nata della classica Munga) e della nuova Fiat Campagnola che adotterà (propriocome la VCL) le sospensioni a barra di torsione.

Il 1974 vede anche il debutto della nuova Fiat Campagnola, destinata a sosti-ture i vecchi modelli degli anni Cinquanta, usciti di produzione l’anno preceden-te. L’esordio ufficioso, quasi in sordina, è affidato alla passerella primaverile delSalone di Belgrado, mentre la presentazione ufficiale avviene verso la metà digiugno in Italia. Equipaggiata con un motore derivato dalla 132 (un quattro ci-lindri di 1.995 cc. che sviluppa 80 CV), la nuova Campagnola presenta un’ampiadotazione accessoristica e, a partire dal ‘76, sarà disponibile anche nella versione“Lunga” e “Hard Top”, con la carrozzeria integralmente metallica.

Nella primavera del 1974 viene presentata la Daihatsu Taft F10, un piccolo fuori-strada equipaggiato con un motore a benzina di 1.000 cc. (58 CV) caratterizzato dadimensioni molto contenute (lungo 3.32 mt.) abbinate a straordinarie doti di robu-

Uaz Marathon

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stezza. Questo modello, che nell’arco di circa dieci anni verrà proposto in numero-se versioni, riscuote molto successo anche sul mercato italiano. Tra i vari allestimen-ti vanno segnalati la Taft F20 (1976) con motore 1.600 (66 CV), la Taft “Gran”che de-butta al Salone di Ginevra del ‘78 sottoposta ad un primo restyling. Con la Taft F55viene fornita anche la motorizzazione diesel da 2.5 lt., con dimensioni adeguate al-la nuova motorizzazione (la lunghezza sale a 4.27 mt.). Due anni più tardi, sempreal Salone di Ginevra, debutta la Taft F20 L che, pur essendo firmata nel design dauno stilista italiano (Michelotti), non arriverà sul nostro mercato. Nel 1982 la Daihat-su presenta due nuove versioni, una all’inizio dell’anno (la F20 LK3) e una nel mesedi novembre, la Taft 2.8 diesel (77 CV); quest’ultimo modello rappresenta l’ultimamotorizzazione adottata sulla Taft che uscirà di produzione nel 1983. Al Salone diTokyo dello stesso anno la Daihatsu presenta il prototipo Rugger che verrà lanciatol’anno successivo in tutto il mondo (Italia compresa) con il nome di Rocky.

Sempre negli anni Settanta un’altra casa giapponese, la Suzuki, sviluppa unnuovo veicolo fuoristrada denominato Jimni 410 Q, disponibile sia con motore a3 cilindri di 540 cc. con 28 CV, che con un 4 cilindri di 970 cc. in grado di erogare45 CV, di dimensioni particolarmente contenute, ideato soprattutto per i paesidel Terzo Mondo.

Questo veicolo (al quale abbiamo già accennato), antesignano della successi-

Lada Niva

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va serie SJ (oltre un milione gli esemplari venduti in tutto il mondo), e anche del-l’attuale Vitara, ebbe invece un grosso successo nei paesi occidentali, ed in par-ticolar modo in quelli europei, proprio grazie ai suoi ridotti ingombri che lo ren-devano particolarmente adatto ad un utilizzo off-road su piste e mulattiere par-ticolarmente impervie e con spazi limitati.

Negli stessi anni, grazie soprattutto al prezzo contenuto e all’economia d’uti-lizzo, si affermano su mercati comunitari anche alcuni veicoli provenienti dal-l’Europa orientale i cui portabandiera sono rappresentati dalla spartana Uaz(1973) e dalla piccola Lada Niva che, ancora oggi, difendono discretamente le lo-ro quote di mercato. La Lada Niva, prodotta negli stabilimenti di Togliattigrad,esordisce nel 1976 e arriva in Italia nel 1981 nella versione a benzina (con un mo-tore di 1.568 cc. di derivazione Fiat) e nel 1984 nella versione a gasolio (con unmotore Peugeot di 1.905 cc.).

La metà degli anni Settanta registra il ritorno alla grande della Volkswagen nelsettore del fuoristrada che, dopo i fasti del passato (Kubelwagen e Schwimmwa-gen), inaugura il nuovo corso dei veicoli a trazione integrale con l’Iltis.

Sull’onda dei grossi successi commerciali conseguiti con alcune vetture di nuo-va produzione come la Golf e la Passat (di cui la Iltis adotta il motore), espres-sione e sintesi di alcune significative esperienze maturate da gloriosi marchi qua-li NSU, Audi e DKW (acquisiti dalla Volkswagen nel corso degli anni Sessanta), l’A-zienda di Wolfsburg si propone proprio con la Iltis di confermare anche nel set-tore dell’off-road il trend positivo registrato con le vetture stradali.

Progettata soprattutto per un utilizzo militare, la Volkswagen Iltis è equipag-giata con un motore di 1.714 cc. (75 CV a 5.500 giri a minuto), trazione posteriore(anteriore inseribile) e cambio a 5 marce. Nonostante l’eccezionale robustezza deltelaio e della meccanica e le sorprendenti prestazioni sia su strada che in fuori-strada (la pendenza massima superabile del 77%), la Iltis aveva dei costi di realiz-zazione proibitivi che si ripercuotevano negativamente sul prezzo di listino ta-gliandola fuori dal mercato per l’utenza civile. Complessivamente vennero pro-dotti circa 10.000 esemplari, la maggior parte dei quali (8.800) assorbiti dall’Eserci-to tedesco, e solo un migliaio furuno venduti ai privati. Sulla scia di questi risulta-ti qualche anno dopo la Volkswagen cedette licenza e diritti di costruzione ad un’a-zienda canadese (Bombardier) specializzata nella produzione di veicoli militari.

Nel frattempo una grande azienda europea, la Daimler-Benz, stava seriamen-te prendendo in considerazione l’idea di tornare in grande stile nel mondo deifuoristrada dopo l’esordio degli anni Venti con la G1. Tutto nacque dal naufra-gio di un ambizioso progetto, denominato “Programma Jeep-Europe”, che siproponeva di dotare tutte le forze armate del Vecchio Continente (ed in parti-colar modo le truppe della Nato) con una 4x4 che, oltre ad essere particolarmenteversatile in qualsiasi condizione d’utilizzo, anfibio ed aviotrasportabile, fosse an-che sviluppato da un progetto comune affidato a tutti i paesi della Nato.

Il fallimento dell’iniziativa indusse la casa di Stoccarda a prendere la decisio-ne di avventurarsi nella realizzazione di un nuovo fuoristrada e il primo passo, in

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linea con il pragmatismo dei tecnici Mercedes, fu quello di passare al setaccio l’in-tera produzione allora disponibile valutando al tempo stesso le esigenze e le ri-chieste della clientela sia civile che militare. Venne individuato nella Land Rover88 il veicolo più adatto a superare la maggior parte delle situazioni di guida off-road e, mediante un’attenta analisi, vennero sottolineati quei parametri che, adetta della Mercedes, potevano essere ulteriormente perfezionati.

Il nuovo veicolo, riprendendo la denominazione dell’antenata degli anni Qua-ranta, venne battezzato semplicemente Gelandewagen (in tedesco significa“vettura fuoristrada”) e in base alle più severe specifiche militari richieste dalleforze armate europee doveva soddisfare alcune esigenze molto particolari; tra

Mercedes G

Papamobile

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queste era prevista una garanzia di almeno 25 anni contro la corrosione (sia perla carrozzeria che per il telaio), mentre per una valutazione attendibile della re-sistenza meccanica il veicolo avrebbe dovuto superare un test di 15.000 Km. per-corsi a pieno carico in condizioni di guida off-road particolarmente impegnative.

Nel bienno 1975-76 vennero allestiti i primi prototipi della Mercedes 230 G,equipaggiati con un motore a benzina a quatro cilindri (2.307 cc., 102 CV) ed ini-ziarono i severi collaudi indispensabili per superare le rigide normative di accet-tazione militare. Per quanto riguarda invece la strategia commerciale, la Merce-des preferì avviare la produzione della serie Gelandewagen in un nuovo stabili-mento, appositamente costruito a Graz in Austria; questa struttura, nelle inten-zioni della Casa di Stoccarda, doveva essere in grado di assicurare una produzio-ne che, seppur quantitativamente contenuta, fosse in grado di garantire un ele-vato standard qualitativo (parametro che ancora oggi, grazie anche alle nume-rose operazioni di assemblaggio effettuate quasi tutte a mano, costituisce unodei punti di forza dell’intera gamma Mercedes).

Tra il 1977 e il 1978 lo stabilimento Steyr-Daimler-Puch di Graz venne ulte-riormente ampliato e l’anno successivo la Mercedes G era pronta per il debutto.Alla 230 si affiancò ben presto un’altra versione a benzina con alimentazione ainiezione, la 280 GE (2.746 cc., 156 CV), e due a gasolio; queste ultime, denomi-nate 240 e 300 GD, erano inoltre disponibili sia a 4 (2.399 cc., 72 CV) che a 6 ci-lindri (2.998 cc., 88 CV).

Il sistema di trazione integrale (inseribile sull’asse anteriore) prevedeva un ri-duttore a due rapporti sincronizzati, con cambio a 4 velocità abbinato alla pos-sibilità di bloccare entrambi i differenziali.

Agli inizi del 1979 torna alla ribalta la Renault 4L Sinpar 4x4 che, sfidando tut-ti i pronostici, conquista il secondo posto assoluto alla Parigi-Dakar con una vet-tura affidata ai fratelli Marreau, ottenendo un risultato all’epoca clamoroso. Ol-tre alle tradizionali modifiche adottate dalla Sinpar sulla trasformazione 4x4 del-la Renault 4, questo modello era equipaggiato con un motore della Renault 5 TS(1.300 cc.) in grado di sviluppare un’elevata coppia; la definitiva consacrazionedella Renault nella mitica maratona africana avverrà tre anni dopo (1982) quan-do i fratelli Marreau conquistano la vittoria assoluta alla Pargi-Dakar a bordo diuna R 20 Turbo 4x4 che sbaraglia tutta la concorrenza, comprese le vetture allo-ra più quotate e preparate come la Mercedes G e la Range Rover.

Nell’ottobre del 1979 ha inizio l’avventura della Subaru nel settore dei veico-li a trazione integrale, con la presentazione della Leone 4WD, una 4x4 equipag-giata con motore a quattro cilindri (1.800 cc., 75 CV, 160 Kmh.) disponbile nelleversioni berlina, coupè, pick-up e station-wagon; quest’ultima dispone anche diriduttore e consente di superare in prima ridotta pendenze massime prossime al68%. Da allora la Subaru ha invaso i mercati di tutto il mondo con la sua produ-zione di vetture a quattro ruote motrici fino ad arrivare, ai nostri giorni, con unagamma di 5 modelli (Justy, Impreza, Legacy, Outback e Forester) disponibile in unampio assortimento di versioni.

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Nel novembre del 1979 la Fiat lancia sul mercato quella che sarà l’ultima ver-sione del suo fuoristrada, con la presentazione della Nuova Campagnola, equi-paggiata con motori diesel Sofim di 2.000 (60 CV) e 2.500 cc. (72 CV). Entrambi imodelli sono disponibili nelle versioni hard-top (lunga e corta) e torpedo (lungae corta) e possono superare pendenze di oltre il 100%, mentre la velocità massi-ma non supera i 120 Km. Seppur presente sul mercato in una serie di allestimen-ti particolari, realizzati dalle firme più prestigiose del design, e spesso alla ribal-ta in manifestazioni agonistiche di risonanza internazionale, o impegnata in al-cuni raid africani, la Campagnola non riesce tuttavia a conquistare il grosso pub-blico degli appassionati di off-road, soprattutto per la continua e variegata of-ferta di proposte che arrivano a getto continuo sul mercato dalle case europeee, in particolar modo, da quelle giapponesi che intuirono con straordinario tem-pismo le mutate esigenze dell’utenza off-road, sempre più attenta (oltre che al-le prestazioni) alla linea e al comfort. Neanche nella successiva fase degli anni delboom l’Azienda torinese seppe fiutare (analogamente a quanto avvenne nell’84per il settore delle monovolume, all’epoca del debutto dell’Espace della Renault)l’enorme potenziale del mercato dei fuoristrada e la Campagnola, quasi abban-donata a se stessa, si ritrovò a misurarsi con modelli tecnologicamente semprepiù avanzati e raffinati nell’estetica. Iniziò quindi una lenta eutanasia di uno deimodelli più importanti e prestigiosi della produzione italiana degli ultimi de-cenni fino a quando entrambi i modelli della Nuova Campagnola Diesel usciran-no definitivamente di produzione nel 1987.

Nino Cirani: una vita per l’off-road

Agli inizi degli anniSessanta, quando gli

unici fuoristrada circolan-ti dalle nostre parti erano(tranne rare eccezioni) leCampagnola in dotazio-ne alle forze armate, c’e-ra già qualcuno in Italiache affrontava le piste e ideserti di tutto il mondoa bordo di una Land Ro-ver. Il suo nome era NinoCirani (1926-1998) e laprima avventura che lovede protagonista nel1962 è la traversata daMilano a Ceylon (138giorni, 31.000 Km.) suuna Land Rover 88, bat-tezzata “Aziza 1” (dall’a-rabo aziza=carina). Alcu-ni anni dopo, nel 1965, èla volta dell’Africa, che

viene traversata da Cittàdel Capo fino al Cairo (ot-to mesi e mezzo, 53.000Km.) a bordo di una LandRover 109 (Aziza 2). Tral’estate del ‘68 e la prima-vera del ‘69 Cirani porta atermine quella destinataa diventare la sua mag-giore impresa: la traver-sata dell’intero continen-te americano, da nord asud, a bordo di una nuo-va Land Rover 109 (la mi-tica Aziza 3), che si tra-sforma in un vero e pro-prio viaggio da record: incirca 11 mesi vengonopercorsi 102.000 chilome-tri dall’Alaska fino allaTerra del Fuoco, attraver-so 18 paesi e 64 controllidoganali. Negli anni suc-

cessivi Nino Cirani conti-nua instancabile la sua at-tività di raidman a trazio-ne integrale intorno almondo, effettuando cin-que ricognizioni nelSahara (1972-73-74-76-79), una nuova traversatain Asia (1975) e in Africa(1977) e il periplo dell’Au-stralia (1978), della Nuo-va Zelanda (1978) e dell’I-slanda (1980).

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Made in Italy: dallaLamborghini alla Magnum 1980-1984

CAPITOLO 4

Sul finire degli anni Settanta un’altra azienda italiana, apprezzata più per laproduzione di bolidi granturismo da 300 all’ora che non per la sua vocazione fuo-ristradistica, decide di tentare la sfida nel mondo dell’off-road avviando un pro-getto che, seppur destinato ad esaurirsi nell’arco di pochi anni, lasciò un’im-pronta indelebile nel settore dei veicoli a trazione integrale.

Stiamo parlando della Lamborghini che, nel 1977, realizzò il prototipo di unfuoristrada il cui utilizzo (oltre che in ambito militare) avrebbe dovuto soddisfa-re le esigenze dei ricchi sceicchi sauditi. Il veicolo, battezzato Cheetah, venne pre-sentato al Salone di Ginevra ed era equipaggiato inizialmente con un motore po-steriore V8 Chrysler le cui caratteristiche, sia in affidabilità che in robustezza,sembravano garantire un ampio margine di funzionalità anche nelle più esaspe-rate condizioni operative nelle quali si muovevano gli eserciti che gravitavanonel golfo Persico.

Lamborghini LM 002

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Questo motore venne però presto abbandonato e la Lamborghini produsseun secondo prototipo equipaggiato con un propulsore AMC, anch’esso destina-to ad essere sostituito.

A causa di una serie di svariati problemi infatti, tra cui numerose beghe lega-li, derivanti soprattutto da alcune “somiglianze” troppo marcate tra la Cheetahe un veicolo militare americano, i primi prototipi non ebbero alcun seguito.

La Lamborghini si orientò quindi nello sviluppo di un veicolo interamente“fatto in casa”, per cui nell’82 debuttò un nuovo prototipo 4x4 (LMA) che mon-tava per la prima volta sotto il cofano un poderoso V 12.

La versione definitiva della Lamborghini LM 002 debutta nel 1985 suscitandoun enorme scalpore anche al di là dei confini nazionali. I suoi numeri infatti era-no tutti da record: dal frazionamento del motore (12 cilindri) alla cilindrata(5.167 cc.), dalla mostruosa potenza erogata (455 CV) al prezzo astronomico (240milioni) al quale viene posta in vendita.

La prima versione, commercializzata nel 1986, era equipaggiata con motoreaspirato (l’iniezione elettronica era disponibile solo per il mercato americano),ma a partire dal 1989 viene introdotta anche sul mercato italiano la versione coniniezione elettronica che (mantenendo lo stesso 12 cilindri della Countach) haconsentito un lieve incremento di potenza (salita da 450 a 455 CV).

Equipaggiato di trazione posteriore (e anteriore inseribile manualmente), laLamborghini LM-002 disponeva inoltre di cambio a 5 rapporti e riduttore, abbi-nati ai tre differenziali tutti autobloccanti (al 25% quello anteriore, al 75% il cen-trale e il posteriore); in condizioni particolarmente esasperate quello centrale po-teva anche essere bloccato meccanicamente.

Eccezionale nelle prestazioni su strada, la LM-002 esprime a una buona mo-tricità (ingombri permettendo) anche nell’utilizzo off-road, grazie ai valori degliangoli di attacco (50°) e di uscita (45°) e a quelli relativi alla pendenza massimasuperabile (120°) e all’inclinazione laterale (45°).

Ma la LM-002 a causa di una serie di problemi alla carrozzeria e, probabil-mente, penalizzato dal prezzo, non riscosse quel successo auspicato dai tecnicidella Lamborghini e uscì definitivamente di produzione nel 1991.

Con l’arrivo degli anni Ottanta le vendite di fuoristrada subiscono un sensibi-le incremento sui pricipali mercati mondiali e anche in Italia le immatricolazioni(nell’85 supereranno la soglia dei 45.000 veicoli) raggiungono cifre da primato,grazie all’esplosione di quella che può essere considerata una vera e propria mo-da che, non di rado, ha sconfinato persino nell’ambito del fenomeno di costume.Anche l’enorme vitalità dimostrata dalle maggiori aziende costruttrici ha contri-buito non poco a tale affermazione, grazie ad un continuo e assortito afflusso dinuovi modelli provenienti soprattutto da ogni angolo d’Europa.

Nel nostro continente infatti l’offerta è particolarmente ricca proprio agli ini-zi degli anni Ottanta quando, a fianco dei modelli più famosi, appaiono diversifuoristrada le cui alterne fortune hanno determinato in tempi più o meno brevila sparizione dell’azienda costruttrice o la loro importazione in Italia. Tra questi

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ricordiamo un’interessante versione della Citroen Mehari 4x4 (602 cc., 29 CV) edella Peugeot 504 4x4 (motore diesel di 2.304 cc., 68 CV), la Cournil 2300 (moto-re Peugeot diesel di 2.304 cc., 67.4 CV), la Portaro 260 (un fuoristrada costruitoin Portogallo su licenza della romena Aro, equipaggiato con motore Daihatsudiesel di 2.530 cc., 72 CV), lo Scoiattolo Super (motore Fiat a benzina di 652 cc.,24 CV) e la Zaz 969 M (motore a benzina di 1.196 cc.); tra le elaborazioni costo-se, caratterizzate da abitacoli lussuosi, meccanica potenziata e accessori a profu-sione, vanno ricordate la Moretti Sporting (allestita su meccanica della Fiat Cam-pagnola), la Monteverdi Safari (motore V8 di 5.653 cc., 165 CV), la Wood &Pickett Sheer Rover (restyling della Range) e la Sbarro 4x4, un fuoristrada deri-vato dalla Mercedes G disponibile sia nella versione a due assi (Windhound) chein quella a tre assi (Windhawk, 6x6. 4.500 cc.).

In America continua intanto la costante evoluzione della Cherokee e, nel1981, l’American Motors Corporation presenta la nuova Jeep Cherokee Brou-gham, una versione lusso particolarmente arricchita nelle finiture; le potenzevengono nuovamente incrementate e il V6 (4.200 cc.) sviluppa ora 112 CV, men-tre per il V8 (5.900 cc.) la potenza erogata sale a 157 CV. In questo periodo tuttii veicoli Jeep sono commercializzati in Italia dalla Renault, in base all’accordo dicooperazione firmato il 5 febbraio del 1980 tra la Casa francese e l’AMC: la Re-nault diviene comproprietaria dell’American Motors Corporation con il 46.4 delpacchetto azionario.

La Nissan nel frattempo, stimolata dal successo nelle vendite degli ultimi an-ni (dalle 10.000 Patrol del ‘74 si arriva alle 20.000 del ‘80), presenta proprio nel1980 la nuova Patrol Safari, introducendo per l’occasione due nuove motorizza-zioni: oltre alla nuova versione V6 (4 lt.), le nuove Nissan sono ora equipaggiatecon un 6 cilindri a benzina (2.8 lt., 120 CV) e un 6 cilindri diesel aspirato (3.3 lt.,95 CV), abbinato successivamente al turbocompressore (110 CV).

Ma la novità di maggiore rilievo del nuovo decennio arriva sul mercato mon-diale dall’Estremo Oriente quando la Mitsubishi, nell’autunno del 1981, presen-ta al Salone di Tokyo la prima versione della Pajero. Dopo una lunga produzio-ne, durata circa trent’anni, per il mercato giapponese di alcuni modelli di jeepcostruiti su licenza dell’American Motors Corporation, la Casa nipponica decidedi scendere in campo con un proprio veicolo ispirandosi per il nome a quello diuno dei felini più diffusi della Patagonia.

Ispirata alla nuova filosofia dell’utilizzo “comodoso”, inaugurata dieci anniprima dalla Range Rover, la Mitsubishi Pajero riscuote subito un vasto e crescen-te successo sia in Europa che in America, grazie alla sua linea accattivante e allesue caratteristiche tecniche.

Equipaggiato con un motore a quattro cilindri (1.997 cc., 110 CV per la ver-sione a benzina, 2.346 cc., 75 CV per quella diesel), il nuovo fuoristrada giappo-nese debutta inizialmente nella sola versione torpedo hard-top, a 2 porte e 5 po-sti. Il Pajero arriva in Italia dopo circa un anno, in compagnia di altri modelli nip-ponici tra cui segnaliamo le Nissan Patrol Safari con motore a benzina (la versio-

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ne diesel debutterà nell’83) e Patrol Station Wagon, la Daihatsu Taft, la Isuzu Ro-deo Bighorn e la Toyota Land Cruiser Station Wagon; quest’ultima (disponibileanche nella versione diesel con motore a 4 cilindri da 3.431 cc. con 98 CV) riscuotemolto successo in Africa e in Nord America nella versione a benzina, equipag-giata con un 6 cilindri in linea (4.230 cc.,140 CV) grazie alle sue prestazioni e al-l’ampia disponibilità di spazio assicurata dalle sue dimensioni ( lunga 4.75 mt., al-ta 1.79 e larga 1.80) che, nel fuoristrada impegnativo, evidenziavano i limiti im-posti dall’elevato sbalzo posteriore.

Sempre sul mercato asiatico appare un’altra vettura che, seppur senza mai ap-prodare sul mercato italiano, suscita qualche interesse tra gli appassionati dei 4x4spartani ed essenziali fino all’estremo. E’ la cinese Peking BJ 212, un fuoristradaespressamente costruito per l’impiego militare, rivelatosi abbastanza lento e ru-moroso anche nelle versioni civili (prive di qualsiasi grado di comfort) approdatein alcuni paesi satelliti della Cina; due le versioni disponibili (a 2 e 4 porte) concarrozzeria torpedo, entrambe equipaggiate con un motore a quattro cilindri a

Mitsubishi Pajero

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55 Toyota Land Cruiser SW

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benzina (2.445 cc., 75 CV).Per le forze armate dell’Occidente, più esigenti in materia di comfort e pre-

stazioni maggiori, arriva invece la Peugeot P 4, nata dalla collaborazione tra Peu-geot e Mercedes per fornire alle Forze Armate Francesi un fuoristrada militare dielevate prestazioni; questo veicolo è in pratica un Mercedes G equippagiato conmotore Peugeot (2.000 a benzina o 2.300 diesel).

Anche l’Esercito Italiano, in vista dell’uscita di scena della Fiat Campagnola, èalla ricerca di un nuovo fuoristrada costruito (o perlomeno assemblato) nel no-stro Paese, sebbene i ripetuti tentativi attuati in diverse occasioni non siano maiapprodati a nulla per l’assoluta latitanza di nuovi fuoristrada nostrani. Uno deiprimi tentativi di questa ricerca risale all’estate del 1982 quando apparve l’AstraL1, un fuoristrada compatto (era lungo appena 2.3 mt.) ed estremamente leg-gero (ca. 600 Kg.) equipaggiato con un motore Volkswagen Maggiolino di 1.600cc. (47 CV).

Dotato di trasmissione idrostatica, l’Astra L1 disponeva di una pompa colle-gata direttamente al motore che, azionando quattro turbine idrauliche (ciascu-na collegata ad una ruota) realizzava una trazione integrale permanente. La car-rozzeria era costituita da due scafi con intelaiatura in alluminio e pannelli di re-sina che potevano inclinarsi separatamente su ciascun lato del veicolo assicuran-

Peking BJ 212

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do la massima motricità delle ruote.Il ridotto peso del veicolo (che lo rendevano comunque facilmente aviotra-

sportabile e paracadutabile) e la limitata scorta di cavalli disponibili garantivanotuttavia un discreto margine di portata (600 Kg.) e di capacità di traino (1.000Kg.). Nonostante l’estrema versatilità in fuoristrada, assicurata dalla totale as-senza di sbalzi anteriore e po-steriore, da una notevole altezza minima da terra(variabile da 33 a 38 cm.), una capacità di guado di 50 cm. e una pendenza mas-sima superabile del 100%, questo veicolo rimase confinato allo stadio di proto-tipo.

Sul mercato italiano arrivano inoltre due modelli che, per alcuni anni, riscuo-teranno un certo successo nella fascia più economica, come le rumene ARO 10.1(equipaggiata agli inizi degli anni ‘80 con motore Renault a benzina a 4 cilindridi 1.289 cc., 54 CV, e con un diesel Indenor di 1.905 cc., 65 CV) e ARO 240 (co-struita dall’aprile ‘72 (motore Aro a benzina di 2.495 cc. con 80 CV, diesel Peu-geot di 2.112 cc. con 64 CV e turbodiesel Peugeot di 2.304 cc. con 80 CV) e la por-toghese UMM 494 2.3, costruita da un’azienda di Lisbona (la Uniao Metalo Me-canica) ed equipaggiata con motore diesel Peugeot (4 cilindri, 2.304 cc., 66.5 CV).

Sul mercato americano esce intanto il Bronco II con il quale la Ford cerca di rin-novare il lungo successo riscosso da questo puledro purosangue (il nome derivada una celebre razza di cavalli americani) che, nelle ambizioni della Casa di Dean-born, lancia la sfida ai 4x4 europei e giapponesi.

Il Bronco II, pur mantenendo l’impostazione generale e le caratteristiche ge-nerali del modello precedente, presenta dimensioni più contenute e una moto-rizzazione più vicina ai tradizionali standard europei; il propulsore è infatti un6V di 2.800 cc. abbinato a un cambio a quattro marce.

Tra le curiosità apparse in questo periodo nel panorama europeo va segnala-ta una singolare realizzazione di un’azienda tedesca (Rheimaner Maschinen undArmaturenbau GmbH) che, nel 1983, debutta al Salone di Ginevra con un fuori-strada anfibio denominato Amphy Ranger.

Questo veicolo, che alla versatilità di un fuoristrada abbinava anche la naviga-bilità in acqua, era caratterizzato anche da una linea particolare che rifletteva lesue ambizioni nautiche, con una prua accuratamente carenata e rialzata, una no-

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tevole altezza da terra e una carrozzeria pick-up che di profilo lo faceva assomi-gliare vagamente a un gozzo.

Equipaggiato con un motore a quattro cilindri di derivazione Ford di 1.954 cc.,in grado di sviluppare 74 CV a 5.200 giri, poteva montare a richiesta anche un V6di 2.772 cc. (99 CV) e disponeva di trazione posteriore (anteriore inseribile). In ac-qua la trazione era assicurata da un’elica ribaltabile elettricamente che consenti-va di raggiungere una velocità massima prossima ai 13-18 Kmh. con un’autonomiavariabile tra le 2 e le 3 ore.

Lunga complessivamente 4.8 metri, larga 1.83 e alta 1.95, la Amphy Ranger èstata senz’altro la 4x4 anfibia di medie dimensioni più famosa della produzionedegli ultimi anni, sebbene il suo particolare tipo di utilizzo ne abbia condiziona-to sensibilmente il successo su vasta scala.

Per quanto riguarda le prestazioni stradali, la velocità massima era di 120Kmh. nella versione con motore a 4 cilindri e di 140 in quella a 6 cilindri, mentrenell’utilizzo off-road (pur evidenziando ottimi valori negli angoli di attacco diuscita grazie alla sua linea idrodinamica) non consentiva prestazioni di partico-lare rilievo fuoristradistico.

Decisamente più performante, e mastodotico, è invece l’anfibio Iveco 4x46640G lanciato nell’estate del 1983 per sostituire la precedente versione (Fiat 4x46640A) in servizio presso i maggiori enti di protezione civile da una decina d’an-ni. Rialzato di circa 20 centimetri e potenziato nella motorizzazione (diesel di3.499 cc., 195 CV) rispetto al vecchio modello, l’Iveco 4x4 6640G ha una massa su-periore alle otto tonnellate e raggiunge su strada una velocità massima di 100Kmh. (11 Kmh in acqua).

Amphy Ranger

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Dotato di cambio automatico a 3 marce e differenziali anteriore e posteriore bloc-cabili, può superare una pendenza massima del 60% e marciare lungo inclinazionilaterali fino al 30%, assicurando inoltre una portata utile di due tonnellate e un tra-sporto per 14 passeggeri (più 3 persone in cabina). La propulsione in acqua, diversa-mente dal sistema ad elica adottato sul modello precedente, è assicurata da un idro-getto di nuova concezione che grazie ad un sistema orientabile sui 360 gradi facilitasensibilmente anche le manovre di attracco offrendo una spinta trasversale.

Nella fase di collaudo (fra l’aprile dell’82 e il marzo dell’83) l’Iveco 4x4 6640Gè stato protagonista di una storica spedizione in Amazzonia guidata dal coman-dante Jacques-Yves Cousteau avente lo scopo di esplorare l’intero bacino del Riodelle Amazzoni; oltre al veicolo anfibio dell’Iveco, la spedizione ha utilizzato peri trasporti terrestri anche un camion fuoristrada Iveco 6x6.

Oltre al fenomeno dei fuoristrada anfibi, un’altra tipologia che si affermò perun breve periodo verso la metà degli anni Ottanta è rappresentata dai 4x4 blin-dati, destinati soprattutto agli istituti di sorveglienza o al trasporto valori. In Ita-lia i fuoristrada più famosi lanciati in questo settore nel 1983 sono stati il Guar-dian Mark della ASA (Advanced Security Agency) di Milano e l’RM 82 prodottodalla carrozzerria Repetti e Montiglio di Casale Monferrato in provincia di Ales-sandria; entrambi i modelli, disponibili con diversi allestimenti di blindatura e ar-mamento, derivavano dalla Fiat Campagnola a benzina nella versione Hard Top.

Nella storia del fuoristrada va ricordato inoltre l’apparizione sul mercato diuna piccola vettura a quattro ruote motrici che, seppur destinata soprattutto adun uso prevalentemente stradale, evidenzierà una discreta versatilità anche nel-l’utilizzo off-road. Si tratta della Fiat Panda 4x4, che fa la sua prima apparizionealla fine di giugno del 1983 come un’ulteriore versione del collaudato modello adue ruote motrici lanciato dalla Casa torinese tre anni prima. Concepita come un

Fiat Panda 4x4

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fuoristrada leggero, la Panda 4x4 viene prodotta in collaborazione con l’austria-ca Steyer (cui è affidata la trazione integrale) ed equipaggiata con un motore abenzina a quattro cilindri di 965 cc. (48 CV). Per ottimizzare le prestazioni off-road (in assenza di riduttore) e favorire il disimpegno nei passaggi più difficili èstato adottato un rapporto della prima molto corto, mentre il telaio è statorinforzato rispetto alla versione normale. Sempre nell’ambito delle piccole 4x4,anche se si tratta in questo caso di un fuoristrada vero e proprio, nell’estate del1983 viene presentata in Giappone la nuova versione della Toyota Blizzard (lan-ciata nel 1980); questo veicolo, destinato soprattutto al mercato nazionale, è inpratica una riedizione della nuova Rocky della Daihatsu e rappresenta il model-lo che va a sostituire la Taft F 10; equipaggiata con motore diesel di 2.446 cc. (lostesso della Hi-Lux), sviluppa 83 CV a 4.000 giri al minuto.

Nel 1984 la Chrysler presenta la Nuova Jeep Cherokee, a 3 e 5 porte (nota ne-gli USA come “model year ‘84), nel nuovo look che, seppur con diversi restyling,sopravvive ancora oggi. Decisamente più compatta dei precedenti modelli ( lun-ga solo 4.20 metri, larga 1.76 e alta 1.63) la Nuova Jeep Cherokee si rivela conte-nuta anche nella cilindrata grazie al suo propulsore di 2.500 cc. a 4 cilindri (106 CVa 4.800 giri). Nello stesso anno si sveglia anche il mercato italiano con l’arrivo sul-la passerella del Salone di Torino della Magnum Vip 2.5, realizzata a tempo di re-cord ad appena un anno dall’allestimento del primo prototipo. Realizzata daun’azienda del cuneese (allora Rayton-Fissore, oggi Magnum Industriale) leadernel settore degli allestimenti speciali per carrozzeria, la Magnum (motore SofimTD di 2.499 cc. in grado di sviluppare 90 CV) rappresenta ancora oggi (stesso mo-tore, ma con 120 CV, 150 Kmh.) l’unico porta-bandiera della produzione nazionalenel settore dell’off-road. Nonostante le sue dimensioni ( lunga 4.57 metri, larga2.01 e alta 1.78) presenta delle prestazioni fuoristradistiche di tutto rispetto e lasua linea, seppur immutata dall’epoca del suo esordio, rimane ancora estrema-mente piacevole e particolarmente valida dal punto di vista aerodinamico.

Nel panorama internazionale dell’off-road il 1984 segna un’altra tappa fon-damentale nella storia del fuoristrada poiché da alcune indiscrezioni salta giàfuori un nome che sette anni dopo, in occasione della Guerra del Golfo, diverràper un breve periodo il veicolo a trazione integrale più famoso del mondo. Avre-te già capito che stiamo parlando dell’Hummer, il mastodontico fuoristrada scel-to dall’U.S. Armed Forced per sostituire la Jeep come mezzo tattico nella cate-goria H.M.M.W.V. (High Mobility Multi-purpose Wheleer Vehicle=veicolo a ruo-te multiruolo ad alta mobilità).

Equipaggiato con un propulsore a 8 cilindri di oltre 6 litri, l’Hummer presentauna linea molto squadrata e possente che, abbinata alle sue dimensioni ( lungaquasi cinque metri e larga due metri e venti), le conferisce un aspetto veramen-te imponente e mastodontico. Dotato di trazione integrale permanente e cam-bio automatico questo veicolo, nonostante gli ingombri, si rivelerà estremamen-te versatile nell’utilizzo off-road grazie alla notevole altezza minima da terra (41cm.) e alle elevate pendenze superabili (massima 60%, laterale 40%).

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61Magnum Classic

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Verso la metà degli anni Ottanta è da segnalare inoltre la commercializzazio-ne di 4x4 Nissan con il marchio Datsun e l’entrata in scena della spagnola Ebro,anch’essa legata alla Casa giapponese. Per alcuni anni la Ebro costruirà su licen-za Nissan, negli stabilimenti di Barcellona, la versione europea della Patrol equi-paggiata inizialmente con un motore a quattro cilindri (2.8 lt., 76 CV) prodottoin Spagna ma di progettazione Perkins. Successivamente venne adottato anchecon il tradizionale 6 cilindri 3.3 litri della Nissan quando, a partire dal 1988, mutòla propria ragione sociale in Nissan Motor Iberica acquisendo il diritto di com-mercializzare i propri veicoli su tutti i mercati europei con il marchio Nissan.

Hummer

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Gli annidel boom 1985-1990

CAPITOLO 5

Nella seconda metà degli anni Ottanta il fuoristrada vive, soprattutto in Ita-lia, uno dei momenti più entusiasmanti e gloriosi della sua storia. Sono gli annidelle immatricolazioni d’oro e, oltre ai concessionari e ai rivenditori specializza-ti, si afferma sul mercato anche quella singolare categoria di operatori, nota co-me “importatori paralleli”, presso i quali a volte possibile acquistare (spesso aprezzi inferiori) un fuoristrada giapponese o americano prima ancora del loro ar-rivo in Italia attraverso i canali tradizionali.

Nonostante l’immediato successo iniziale (bilanciato dalle polemiche solleva-te dalla tradizionale rete di vendita), svariati problemi e una scarsa attenzioneall’utenza nell’after-market e nell’assistenza, hanno in seguito ridimensionato inmaniera considerevole il fenomeno.

Ma questi sono anche gli anni dei saloni specializzati e delle esposizioni riser-vate esclusivamente ai fuoristrada e alle auto a quattro ruote motrici. In Italia lamanifestazione più importante del setto-re fu senza dubbio l’Expofuoristrada diTorino che, nella prestigiosa sede di Tori-no Esposizioni ha presentato dall’83 al ‘91le novità più interessanti della produzio-ne mondiale.

Una delle edizioni di maggiore succes-so dell’Expofuoristrada fu proprio l’edi-zione del 1985, che vide la partecipazionedi 140 espositori in rappresentanza di 12nazioni, con oltre 100.000 visitatori pro-venienti da ogni parte della penisola.

Proprio nel corso di questa edizione laRover presentò la nuova Land 90 con mo-tore V8 (3.528 cc., 115 CV), mentre dalGiappone arrivò la nuovissima Isuzu Troo-per (I Serie) che aveva debuttato l’annoprecedente al Salone di Tokyo.

La Isuzu Trooper TD monta un motorea 4 cilindri (2.238 cc., 75 CV), ha la trazio-ne anteriore inseribile e la carrozzeria sta-tion-wagon a 3 porte.

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Suzuki Vitara

Daihatsu Feroza SsangYong Korando

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Nello stesso anno arriva inoltre in Italia la nuova Toyota Land Cruiser BJ (II Se-rie), equipaggiata con un 4 cilindri a gasolio di 3.431 cc. in grado di erogare 124CV a 3.400 giri al minuto; con la presentazione di questo modello (che subirà unulteriore restyling nell’89) va definitivamente in pensione la mitica BJ (I Serie) ap-parsa nei primi anni ‘50.

L’anno successivo viene presentata negli Stati Uniti la Jeep Wrangler, destina-ta a sostituire le ormai obsolete CJ 7 le cui caratteristiche tecniche, seppur con al-cune migliorie, erano ancora ispirate ai modelli dei primi anni Cinquanta. Nean-che la Wrangler (4 cilindri a benzina di 2.464 cc. in grado di erogare 105 CV a 5.600giri al minuto) si presenta in realtà come un veicolo rivoluzionario, ma gli sforzievidenziati dal suo look moderno e aggressivo (pur riallacciandosi ai modelli chel’hanno preceduta) la rendono estremamente gradevole e adatta al pubblico piùgiovane. Al suo arrivo in Italia, nell’ottobre dell’89, riscuote un certo successo gra-zie anche alla rete vendita della Renault Italia che, in quegli anni, curava l’impor-tazione della Jeep sul territorio nazionale.

Le vecchie Jeep continuano comunque a difendersi ancora bene in alcune par-

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ti del mondo dove sono numerose le aziende che utilizzano le carrozzerie dellegloriose CJ3 e CJ4 per assemblare dei fuoristrada la cui produzione, in alcuni ca-si, riesce anche a varcare la soglia dei confini nazionali. Uno degli esempi più si-gnificativi è rappresentato dall’indiana Mahindra che, nel 1986, presenta la CJ340 D, un fuoristrada disponibile con propulsori a gasolio Perkins o Peugeot(2.112 cc., 75 CV); quest’ultima versione viene importata in Italia per alcuni annidalla Four Drive di Torino che realizza anche un prototipo con motore a benzinaFord (1.993 cc., 130 CV), derivato direttamente dalla Scorpio.

Nel 1987 debutta al Salone di Tokyo la nuova Nissan GR (Grand Raid), un fuo-ristrada di grosse dimensioni (lungo 4.2 metri, largo 1.93 e alto 1.81) equipag-giato con tre diverse motorizzazioni: un 6 cilindri diesel aspirato (4.2 lt., 125 CV),un 6 cilindri a benzina (4.2 lt., 145 CV) e un 6 cilindri diesel turbocompresso (2.8lt., 116 CV) che diventerà la versione di maggiore successo sulle Nissan Patrol ven-dute all’interno dei mercati comunitari.

Appena un anno dopo, nel corso dell’estate 1988, la Suzuki presenta l’atte-sissima Vitara con l’impegnativo compito di bissare sul mercato le fortunate im-prese della richiestissima Samurai. La Vitara centrò in pieno l’obiettivo confer-mando il primato della Suzuki nel settore dei fuoristrada leggeri. Fin dalla suaimmediata commercializzazione, la Suzuki Vitara riscuote un ampio successo dipubblico attestandosi per diverse stagioni al vertice delle vendite di fuoristrada

in Italia e, nel corsodegli anni, la gam-ma si estende pro-gressivamente connuovi modelli. Allaoriginale versione a3 porte (1.590 cc.,74 CV) si affiancanosuccessivamente imodelli a 5, porte apasso lungo, equella cabrio (de-nominata OpenAir), mentre nel ‘94viene introdotta lanuova motorizza-zione a 16V (la po-tenza sale a 98 CV)e, due anni dopo,esordiscono i nuovimotori 2.0 V6 (di-sponibile sulla SW5P, sviluppa 136 CV)

Nissan GR (Grand Raid)

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e l’attesa versione a gasolio; quest’ultima disponibile sulla Vitara 1.9 TD SW 5P(1.905 cc., 75 CV) e sulla Vitara 2.0 TDi SW 5P (87 CV).

Sempre nel settore delle piccole 4x4, verso la fine dell’88 arriva in Italia un al-tro fuoristrada giapponese, la Daihatsu Feroza, che si propone come una dellepiù temibili concorrenti della Suzuki Vitara. Nata da una lunga esperienza fuori-stradistica della Daihatsu (un’azienda del gruppo Toyota), la Feroza raccoglie l’e-redità di precedenti modelli ampiamente affermati sul mercato nipponico (comela Taft o la Rocky) e abbastanza conosciuti anche in Italia.

La nuova Feroza presenta una linea molto filante e pulita, con carrozzeriahard-top (in fibra di vetro) a 3 porte, ed equipaggiata con un motore a benzinadi 1.589 cc. (16V, 95 CV a 5.700 giri al minuto) con alimentazione elettronica.

Nello stesso anno inizia l’importazione in Italia della Korando, che aveva esor-dito come una delle vetture ufficiali ai recenti giochi olimpici di Seoul. Costruitanella Corea del Sud dalla Ssangyong, la Korando (considerata come una replicadella Jeep) dispone di un motore Isuzu diesel di 2.238 cc. che sviluppa 61 CV; sulmercato asiatico è disponibile anche nella versione a benzina, con due motoriz-zazioni (4 cilindri da 2.000 cc. e 6 cilindri da 4.200 cc.).

Nel biennio ‘88-89 il panorama italiano è interessato dalla sporadica appari-zione di una nuova azienda dall’assetto societario assai complesso, la Ali CIEM-ME, che debutta ufficialmente nel settore del fuoristrada. Nostante le grandi am-bizioni (ca. 4.000 veicoli l’anno) e un discreto successo nelle vendite (agevolatoda un prezzo competitivo), sparirà nel giro di pochi anni, travolta forse da que-gli stessi meccanismi, strettamente legati ad alcune forze politiche della regionenella quale era sorta l’azienda, dai quali era scaturita la sua rapida crescita. Do-po una stretta collaborazione con la ARO rumena, la Ali CIEMME aveva venduto1.980 veicoli nell’86 (su un totale di 19.000 unità assorbite dal mercato italiano)e 1.980 nell’87 (su un totale di 25.000).

Il 1989 segna l’anno della grande ristrutturazione e la Ali CIEMME, con l’i-naugurazione del faraonico stabilimento di Piazzano di Atessa, in provincia diChieti, avvia la produzione in proprio di due nuovi fuoristrada denominati OFF4WD e Pick-Up Sport Limited Edition.

Entrambi i modelli sono equipaggiati con motori Volkswagen a 4 cilindri di1.600 cc., disponibili nelle versioni a benzina (74 CV), diesel (54 CV) e turbodiesel(70 CV); modeste le prestazioni in fuoristrada, nonostante la trazione integrale(inseribile sull’asse anteriore) e le marce ridotte, sia per la scarsa potenza eroga-ta dai motori che per la ridotta altezza da terra. La produzione cessa verso la fi-ne del ‘92.

Tra le altre meteore a trazione integrale, protagoniste di un’apparizione (e re-lativa immediata scomparsa) ancora più fulminea, tra la fine degli anni Ottantae la prima metà degli anni Novanta, vanno segnalate inoltre la Biagini e la IATO.

La Biagini, nata come una divisione della ACM con sede ad Atessa in Abruzzo,produsse per un breve periodo un fuoristrada di piccole dimensioni battezzatoPass; questo veicolo, derivato direttamente dalla Volkswagwn Golf a trazione in-

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Panda 4x4: avventure nel mondoAd appena pochi anni

dalla sua presenta-zione la Fiat Panda 4x4,grazie al notevole sup-porto fornito dalla Casatorinese, inizia a far ca-polino anche nel mondodell’avventura a motorepartecipando ad un’edi-zione della Parigi-Dakar,affidata a Paolo Conte-giacomo, e al raid Pari-gi-Pechino sulle ormedella mitica Itala delprincipe Borghese cheaveva effettuato la stes-sa traversata nel 1907. Apartire dal 1985 un touroperator specializzatoun viaggi-avventura lan-cia una nuova formuladi raid turistici, denomi-

nata “I raid del corag-gio”, la cui novità è rap-presentata proprio dal-l’utilizzo delle Panda4x4. La prima spedizio-ne, che vede impegnata50 vetture, attraversatutto il Sahara da Tunisifino ad Abidjan, in Costad’Avorio, lungo un itine-rario di oltre 7.000 Km.Nell’86 è la volta del“Raid del coraggio” inAustralia, da Sydney aPerth (8.800 Km. traOutback e barriera co-rallina) e nell’87 la caro-vana si trasferisce inIslanda per effettuare ilperiplo dell’isola (2.700Km.), nel corso del qualeviene realizzata anche la

prima traversata auto-mobilistica del ghiac-ciaio Vatnajokull. Dopola spedizione in Amaz-zonia era previsto unraid in Cina (1989), ma idisordini del 4 giugno inpiazza Tienanmen a Pe-chino fanno saltare iprogrammi. Negli annisuccessivi il clamore ini-ziale suscitato dai “Raiddel coraggio” inizia pro-gressivamente a scema-re fino a quando, so-prattutto per i problemieconomici dovuti allatroppo disinvolta gestio-ne del tour operator cheorganizzava i viaggi, iraid con le Panda 4x4vanno in pensione.

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tegrale da cui differiva soprattutto per l’assetto rialzato e un look particolar-mente aggressivo (e grossolano), era equipaggiato con un motore a benzina di1.781 cc. (72 CV/5.400 giri).

La IATO allestì uno stabilimento a Nusco, in provincia di Avellino, e assemblòalla meglio tre modelli di scarso successo caratterizzato da una linea abbastanzaordinaria e da tre diverse motorizzazioni Fiat: due a benzina, la IATO 1600 SPI(1.585 cc.) e la IATO 2000 CHT (1.999 cc.) e uno a gasolio, la IATO 2000 TD (1.929cc.).

Nel 1988 si affaccia alla ribalta europea un altro veicolo russo, la Volin 696 co-struita dalla Luaz, equipaggiato con un motore Ford di 1.117 cc.,49 CV, che peralcuni anni verrà regolarmente importata in Italia a partire dalla fine dell’89.

Sul versante americano viene presentata a Los Angeles, agli inizi dell’89, laLaforza V8 4.9i che rappresenta in pratica la vesione a stelle strisce della italia-nissima Ma- gnum. Seppur equipaggiata con un potente motore Ford V8 a ben-zina (4.942 cc.) in grado di erogare 185 CV, la Laforza presenta telaio, carrozze-ria ed interni della Magnum, spediti direttamente in California dall’Azienda ita-liana di Cherasco; una serie di problemi inerenti alla distribuzione sul territorioamericano e, soprattutto, il prezzo non competitivo negli States, hanno pur-troppo decretato l’insuccesso dell’iniziativa.

Nell’ottobre del 1989 viene presentata in Giappone la Nissan Terrano, un al-tro fuoristrada destinato a riscuotere ampi successi anche sui mercati europei. In

Laforza V8

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Italia arriverà entro l’anno successivo la sola versione diesel a 3 porte (2.663 cc.,99 CV), ma entro il ‘91 la gamma dei Terrano disponibili si arricchirà anche deidue modelli turbodiesel (a 3 e 5 porte) e delle versioni a benzina 2.4 SW 3 P (2.389cc., 103 CV) e 3.0 SW 5 P (2.960 cc., 148 CV).

Nel settore dei pick-up arriva sui nostri mercati la Toyota Hi Lux 2.4 DoubleCab (2.446 cc., 83 CV), che riscuote un discreto successo in Italia per la sua estre-ma versatilità che ne consente l’utilizzo, oltre che nel tempo libero e nelle diver-se attività legate all’aria aperta (tra cui la possibilità di montare una cellula abi-tativa per la trasformazione in camper), anche in svariati impieghi lavorativi.

Sul fronte europeo arriva invece un’altra grossa novità sul finire degli anni Ot-tanta quando la Land Rover presenta in anteprima mondiale al Salone di Fran-coforte (1989) un nuovo veicolo, battezzato Discovery, che arriverà sul nostromercato nei primi mesi del 1990. Nelle intenzioni dell’azienda di Solihull la Di-scovery dovrebbe inserirsi tra la classica Land e la lussuosa Range, e nasce so-prattutto con l’intento di rosicchiare quote di mercato ai 4x4 dagli occhi a man-dorla che, proprio in quegli anni (siamo a cavallo tra la fine degli anni ‘80 e gliinizi del ‘90), spadroneggiano un po’ ovunque sui mercati europei e nordameri-cani.

Toyota Hi Lux Double Cab

Land Rover Discovery Nissan Terrano

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La nuova Land Rover Discovery (4 cilindri a gasolio di 2.495 cc., 113 CV) è di-sponibile nelle versioni SW (a 3 e 5 porte) e può essere equipaggiata anche colcambio automatico.

Con l’apparizione della Discovery, inoltre, la Rover introduce anche una radi-cale trasformazione nella denomizione del più classico e glorioso modello dellagamma. Le tradizionali Land Rover 90 e 110 diventano infatti da questo mo-mento Defender 90 e 110 e, per sottolineare ulteriormente l’evoluzione del nuo-vo veicolo, la Defender eredita direttamente dalla Discovery anche il nuovo pro-pulsore TDi ad iniezione diretta, con un sensibile incremento della potenza (108CV contro 86) che, oltre a migliorare le prestazioni stradali e le condizioni di uti-lizzo nell’off-road, dovrebbe agevolare anche la penetrazione sui mercati nor-damericani.

Ed proprio dagli States che, agli inizi del ‘90, esplode il “caso” Hummer che,seppur presente da qualche anno, mette a rumore tutto il mondo dell’off-road.L’AMC M998 infatti, appena un anno dopo, nel gennaio del ‘91, si esibirà sui te-leschermi di tutto il mondo nel corso delle evoluzioni nel deserto del Kuwait du-rante la missione americana nella Guerra del Golfo. Mastodontico sia nelle di-mensioni (lungo 4.7 mt. e largo 2.19) che nella motorizzazione (è equipaggiatocon un motore Chevrolet a 8 cilindri di 6.270 cc.), l’Hummer rimane tuttavia con-finato nelle sterminate praterie yankee, sebbene diversi esemplari siano appro-dati anche in Europa (e in Italia), soprattutto tra i collezionisti di veicoli militari.

Nel frattempo erano arrivate in Italia le nuove Isuzu Trooper II Serie (MetalTop e Metal Top SE) con le nuove motorizzazioni TDi 2.8 (2.771 cc., 106 CV), laToyota Runner (disponibile sia nella versione col V6 a benzina di 3 litri, presen-tata nel 1989 al Salone di Francoforte, che in quella equipaggiata col 4 cilindri agasolio di 2.5 litri) e la Isuzu Campo Sportcab Pick-up LS con motore a gasolio di2.499 cc. in grado di sviluppare 76 CV; tutte le novità della Isuzu (l’azienda giap-ponese è uno dei marchi della General Motors, una multinazionale che, oltre al-l’Isuzu, raggruppa anche Opel, Cadillac e Bedford) vengono presentate in ante-prima europea proprio in Italia in occasione della rassegna primaverile di Exo-pofuoristrada ‘90.

Non arriverà invece sui nostri mercati (almeno attraverso i canali ufficiali) unaltro fuoristrada della stessa casa giapponese, la Isuzu MU (Misterious Utility),che aveva debuttato nell’autunno precedente all’ultima edizione del Salone diTokyo. A metà strada tra un pick-up e una hard-top, l’Isuzu MU è una 4x4 com-patta ed estremamente versatile, equipaggiata con un motore a benzina a 4 ci-lindri la cui cilindrata (2.559 cc., 120 CV) penalizzò (per motivi fiscali) la sua dif-fusione, oltre che in Italia e in molti paesi europei, sullo stesso mercato giappo-nese. Creato espressamente per il ricco mercato americano, questo veicolo eragià in vendita negli USA (dove appare anche una versione station-wagon a 5 por-te, battezzata Rodeo, con motore 6 cilindi a V di 3.135 cc. erogante 120 CV) conil nome di Amigo, ma la sua storia non è destinata ad esaurirsi tanto presto. Sen-tiremo infatti di nuovo parlare dell’Isuzu Amigo poiché, nel giro di circa un an-

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no, costituirà la base di partenza per un nuovo ed interessante progetto dal qua-le scaturirà uno dei fuoristrada più noti e venduti su tutti i mercati europei neiprimi anni Novanta. Da segnalare inoltre in questo periodo la presentazione, alSalone di Ginevra del ‘90, del pick-up Volkswagen Taro 2.4i 4x4, disponibile nel-le versioni Double Cab e Normal Cab, dotato di motore a benzina a 4 cilindri(2.366 cc., 114 CV); entrambe le versioni non verranno importate in Italia, dovearriverà invece un modello analogo privo di trazione integrale.

Hummer

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Fitzcarraldo ExpeditionTra le numerose aree

ancora semi-esploratepresenti all’interno del-l’Amazzonia, una dellepiù affascinanti e selvag-ge è rappresentata dallagiungla presente in terri-torio peruviano. E’ quiche nell’estate del 1987 sisvolta la “Fitzcarraldo Ex-pedition”, ideata e realiz-zata da Giorgio Rosatograzie alla sponsorizza-zione di una multinazio-nale americana del tabac-co (Philips Morris) e al pa-trocinio del WWF.Gli scopi della spedizione,oltre a quello di raggiun-gere via terra il mitico ist-mo di Fitzcarraldo (la cuistoria è stata portata sulloschermo nel film di Her-zog, interpretato da KlausKinsky), prevedevano an-che un accurato censimen-to dell’avifauna amazzo-nica (oltre 2.000 specie diuccelli sono state indivi-duate da Barry Wilker,

l’ornitologo di fama inter-nazionale dell’Universitàdi Birmingham aggregatoalla spedizione). Nel corsodella “Fitzcaraldo Expedi-tion” (la prima spedizioneitaliana a spingersi nelParco Nazionale delManù, sul rio Gran Madrede Dios) è stata utilizzataper la marcia di avvicina-mento al villaggio di Ata-laya una Toyota Land Crui-ser BJ 80. Capolinea dipartenza è stata la città diCuzco, non lontana daMachu Picchu, da dove imembri della spedizionesi sono messi in viaggio al-la volta dell’Amazzoniaperuviana. Sono stati per-corsi complessivamenteoltre 2.000 Km, di piste(ed altrettanti in canoalungo i maggiori affluentidel Rio delle Amazzoni),mentre sulle Ande è statatoccata la quota di 4.600metri nei pressi del Passodelle 3 Croci.

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L’off-road scoprele joint-venture 1991-1994

CAPITOLO 6

Con l’arrivo degli anni Novanta inoltre il mondo dell’off-road è interessato daun altro fenomeno, quello delle joint-venture, che proprio grazie alle sinergie in-staurate tra diverse case costruttrici darà origine a nuovi veicoli che, seppur tramille difficoltà, riusciranno ad affacciarsi sul mercato per alcune stagioni racco-gliendo tiepidi consensi.

Anche il mercato italiano, sempre tempestivo nel raccogliere mode e tenden-ze esterofile, non è immune a questo fenomeno e uno dei casi più emblematiciè rappresentato senz’altro dal Freeclimber della Bertone il cui debutto in gran-de stile avviene nell’estate dell’89. Il Freeclimber è un fuoristrada di eleganti am-bizioni che utilizza carrozzeria ed impostazione meccanica della Daihatsu Rockyabbinate a propulsori BMW, mentre l’allestimento generale e le accurate finitu-re sono realizzati dalla Bertone. I motori disponibili, tutti a 6 cilindri, sono rap-presentati da una versione a gasolio (2.5 litri) e da due a benzina (da 2 e 2.7 li-tri). L’anno successivo debutta anche la versione Cabrio e tre anni dopo, nell’e-state del ‘93, viene presentato il Freeclimber 2.

Nel ‘91 viene presentato un altro fuoristrada di piccole dimensioni, il Rocsta,

Freeclimber Bertone

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prodotto nella Corea del Sud dalla Asia Motors (con propulsore Hurricane dellascuderia Mitsubishi). Ispirato stilisticamente alla Jeep, questo veicolo presenta di-mensioni molto contenute e una meccanica semplice e affidabile ed è disponibi-le sia nella motorizzazione diesel (2.184 cc., 72 CV) che nella versione a benzina(1.789 cc., 85 CV), entrambe a 4 cilindri.

Agli inizi del 1991, nel mese di marzo, anche la Opel annuncia il suo ingressonel settore del fuoristrada anticipando il lancio della Frontera che arriverà sulmercato a fine anno. Prodotta negli stabilimenti della ISKBC Vehicles (la joint-evnture costituita dalla General Motors e dalla Isuzu a Luton, in Inghilterra), in-teramente ristrutturato nell’84 con un investimento di oltre 200 milioni di mar-chi, la Opel Frontera nasce da un complesso progetto di cooperazione interna-zionale. Telai, componenti delle sospensioni e dell’assale posteriori sono prodot-ti in Gran Bretagna, mentre i motori arrivano dagli appositi stabilimenti Opel inGermania; i gruppi della trasmissione e del cambio, le sospensioni anteriori, i fre-ni e il cruscotto provengono invece direttamente dal Giappone.

L’impostazione meccanica generale della Frontera deriva da un progetto Isu-zu (nel quale non è difficile riconoscere la silhouette della Amigo), ma lo stylinginterno ed esterno è stato finalizzato espressamente alle esigenze e ai gusti delmercato europeo; l’obiettivo della Opel è quello di inserirsi nel mondo dell’off-road (nel corso degli anni ‘80 il mercato europeo dei veicoli a quattro ruote mo-trici è aumentato quasi del 700%) con un mezzo in grado di esprimere, in unaperfetta simbiosi, un livello di comfort automobilistico abbinato ad eccellentiprestazioni in fuoristrada.

I modelli disponibili al momento dell’esordio sono rappresentati dalla versio-

Opel Frontera

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ne Sport a passo corto, con carrozzeria hard-top a 2 porte e dalla versione Sta-tion-Wagon 4 porte a passo lungo; le motorizzazioni, tutte di casa Opel, preve-dono per la Sport un 2 litri a benzina (115 CV) e per la Station-Wagon sono di-sponibili un motore a benzina da 2.4 litri (125 CV) e un turbodiesel intercoolerda 2.3 litri (100 CV). Alcuni anni dopo, verranno adottati motori di 2.8 litri, uti-lizzati fino all’estate del ‘96 quando sotto il cofano delle Opel Frontera viene in-stallato il collaudato Sofim turbodiesel da 2.5 litri.

A partire dal ‘91 inoltre la Mercedes introduce nella sua ormai collaudatagamma di fuoristrada della serie G l’innovazione della trazione integrale per-manente; inedito anche il sistema di bloccaggio in sequenza dei tre differenzia-li (anteriore, centrale e posteriore), mentre per quanto riguarda le motorizza-zioni vengono introdotti nella gamma due nuovi propulsori; un 6 cilindri a ben-zina (2.960 cc., 125 CV) e un 4 cilindri a gasolio (2.996 cc., 113 CV).

Nello stesso anno la Mazda lancia sul mercato americano la Proceed Marvie,una 4x4 di spiccata vocazione automobilistica che, nonostante l’assetto di impo-stazione tipicamente stradale, si rivela estremamente versatile nell’utilizzo off-road; equipaggiata con un 4 cilindri a benzina con 12 valvole (2.605 cc., 120 CV),la Mazda Proceed Marvie è dotata di cambio manuale a cinque marce con ridut-tore e rappresenta una delle prime sport-utility nipponiche approdate in USA.

Sempre nel ‘91 arrivo sul nostro mercato il nuovo Mitsubishi Pajero, comple-tamente rinnovato nella linea e nelle motorizzazioni, dopo il restyling della II Se-rie dell’84 (la cilindrata dei turbodiesel passa dagli originari 2.346 cc. ai 2.477 cc.)e della III Serie dell’87 (la motorizzazione è immutata ma vi sono notevoli mi-gliorie estetiche, nonostante la linea sia rimasta praticamente invariata rispettoal primo modello dell’81).

Il nuovo Pajero è invece completamente diverso, con un look molto grintosoe accattivante caratterizzato dalla scomparsa di spigolosità e linee nette nel di-segno della carrozzeria, che cedono il passo a profili morbidi e più arrotondati,in sintonia con le nuove tendenze stilistiche che si vanno affermando tra la mag-gior parte dei costruttori mondiali.

Un’altra novità interessante che debutta al Salone di Tokyo del 1991 è la co-reana Sportage (approdata in Italia nel ‘94), presentata dalla Kia Motors comeuna sport-utility wagon che assicura il comfort di una berlina, lo spazio di unamonovolume e la robustezza di un fuoristrada, in grado di garantire al tempostesso una notevole maneggevolezza grazie alle sue contenute dimensioni (l’in-gombro “fuori tutto” è di soli 4.33x1.79 mt.). La nuova Kia Sportage (2 litri a ben-zina in grado di sviluppare 128 CV a 5.300 giri al minuto) è caratterizzata da unalinea scaturita da una serie di lunghi studi nella galleria del vento che ha con-sentito di raggiungere valori estremamente interessanti (Cx 0.39), senz’altro no-tevoli per un veicolo off-road.

Con la presentazione della nuova versione turbodiesel (1996) disponibile intre allestimenti (2.0 TDI, 2.0 TDI Comfort e 2.0 TDI Top), la Kia Sportage viene acostituire una vera e propria gamma (grazie anche alla versione con il cambio au-

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Kia Sportage

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tomatico, adottato solo sui veicoli a benzina). Anche nel caso della Kia Motors,come abbiamo visto in altre occasioni (Peugeot-Mercedes, Opel-Isuzu, Bertone-BMW-Daihatsu, etc.), registriamo una importante joint-venture tra l’azienda co-reana e la Karmann GmbH per la costruzione, a partire dal 1994, della Sportagein Germania.

Sempre nel 1991 un’altra importante azienda sudcoreana, la SsangYong av-via una joint-venture con la Mercedes-Benz in base alla quale l’Azienda di Stoc-carda (che nel ‘92 acquisisce il 5% della SsangYong) fornisce la tecnologia di tut-te le componenti meccaniche (motori, cambio e trasmissioni) dei fuoristrada pro-dotti dall’Azienda coreana. La prima realizzazione di questa nuova collabora-zione d’impresa è la Musso, un veicolo a trazione integrale entrato in produzio-ne nell’agosto del ‘93 (in Italia il debutto ufficiale avviene al Salone di Torino del‘96) lanciato dalla SsangYong come “una berlina granturismo trasformabile infuoristrada”.

L’innovativa linea della Musso nasce dal moderno Centro Stilistico della Mus-so, in Inghilterra, ed esprime un profilo particolarmente aerodinamico (Cx 0.42)che consente di raggiungere velocità elevate (190 Kmh.) in condizioni di assolu-ta sicurezza. Per quanto riguarda le motorizzazioni, la Musso è equipaggiata conpropulsori Mercedes-Benz (costruiti su licenza) ed è disponibile nella versione V6a benzina (3.199 cc., 220 CV) e in due modelli V5 turbodiesel (2.299 cc. da 80 CVe 2.877 cc. da 100 CV).

Nell’estate del ‘92 la Isuzu inizia la commercializzazione in Europa del BighornIrmsher, un fuoristrada di grosse dimensioni ( lungo 4.66 mt., alto 1.84 e largo1.74) in grado di fornire prestazioni eccezionali grazie ai potenti motori che equi-paggiano sia la versione turbodiesel ad iniezione diretta (3.059 cc., 125 CV a 3.600giri) che quella a benzina (V6 3.200 cc., 24 valvole, 193 CV a 5.600 giri); entram-bi i modelli sono dotati di cambio manuale a 5 marce (con riduttore e trazioneanteriore inseribile), ma è disponibile anche una versione con cambio automati-co per la motorizzazione a benzina, leggermente depotenziata (177 CV a 5.200giri).

Nella primavera successiva, al Salone di Ginevra del ‘93, c’è aria di collabora-zioni internazionali anche da parte della Renault che presenta in anteprima mon-diale un fuoristrada ipertecnologico battezzato Racoon.

Pur trattandosi di un progetto assimilabile alla categoria delle concept car, laRenault Racoon è un veicolo anfibio ipermobile in grado di muoversi a proprioagio sia in acqua che su qualsiasi tipo di terreno.

Realizzata assieme ad alcune aziende leader a livello europeo nella fornituradi acciai speciali, la Racoon presenta un telaio interamente realizzato in acciaioad alto coefficiente di elasticità; sorprendenti le doti di leggerezza (pesa circa il30% in meno rispetto agli acciai convenzionali), abbinate ad un’elevata robu-stezza che assicura la massima resistenza in qualsiasi condizione di utilizzo.

La carrozzeria comprende la scocca (sono in acciaio anche la superficie ester-na e il rivestimento interno) e l’ampia vetratura che, oltre ad assicurare una no-

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Renault Racoon: off-road ad assetto variabileEstranea al concetto di

auto da rally o veicoloda raid, né tantomeno as-similabile ad eventuali ap-plicazioni di tipo militare,la Racoon anticipa unanuova categoria di veicoli4x4 che non conosce osta-coli. Le sue peculiarità co-struttive, abbinate alle so-fisitcate soluzioni tecnolo-giche adottate, la rendo-no praticamente inarre-stabile nella marcia off-road; soprattutto grazie alcarattere polivalente del-le sue sospensioni che assi-cura un’estrema versati-lità nelle prestazioni sufondi sconnessi e acciden-tati.Le sospensioni della Ra-coon sono formate infattida due elementi dinamiciche consentono di ottene-re variazioni dell’assetto(e della distanza dal suolo)con una notevole escur-sione in altezza. Azionatida martinetti idraulici, ibracci dell’assetto control-lano la distanza dal terre-no e, grazie alla loroescursione massima di 200mm., permettono di varia-re l’altezza da terra da unminimo di 300 mm. (nella

marcia normale) ad unmassimo di 500 mm. (infuoristrada).L’escursione delle sospen-sioni (azionata diretta-mente dal posto di guida),permette inoltre di con-trollare anche l’assetto delveicolo al profilo del terre-no. Oltre alle due posizio-ni base (alta e bassa) infat-ti, c’è la possibilità di varia-re l’assetto del veicolo inaltre tre posizioni:1) attivazione dei duebracci anteriori o dei dueposteriori, allo scopo di di-minuire l’incidenza nega-tiva (picchiata) o positiva(cabrata) della carrozzeriain salita o in discesa;2) attivazione dei duebracci laterali (sia a destrache a sinistra) per attenua-re gli effetti della penden-za laterale (soprattuttonei passaggi di massimainclinazione);3) attivazione simultaneadei quattro bracci allo sco-po di adattare in manieraottimale la posizione delleruote alle asperità del ter-reno. In quest’ultimo casoil pilota può adattare conestrema precisione la va-riazione di assetto, grazie

a quattro potenziometri acursore che consentono dimodificare in ogni istantela posizione di ogni singo-la ruota rispetto al pianoorizzontale.

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tevole visibilità su ogni lato, viene anche a formare le superfici apribili di acces-so al veicolo.

Il propulsore, montato posteriormente in posizione longitudinale, è un V6 bi-turbo di 2.963 cc. in grado di sviluppare 262 CV a 6.000 giri al minuto che tra-smette la trazione integrale permanente mediante un cambio a sei rapporti.

Ideato per privilegiare il comfort e la sicurezza piuttosto che le prestazioni ve-locistiche, questo motore ha una distribuzione variabile che favorisce la coppianecessaria sia per la ripresa in autostrada che nei passaggi a bassa velocità su ter-reni particolarmente impegnativi.

Grazie inoltre ad un’apposita trasmissione a cinghia dentata, il V6 della Ra-coon aziona anche due idrogetti che consentono al veicolo di muoversi agevol-mente in acqua ad una velocità di 5 nodi (9.26 Kmh.); due eliche intubate (e do-tate di griglie di protezione) generano un flusso d’acqua fra le entrate poste sot-to lo scafo a tenuta stagna e le uscite degli idrogetti alloggiate nella scudo po-steriore.

Per quanto riguarda la fase di progettazione, lo studio della Racoon è statoavviato nel novembre del 1991 dall’équipe di Patrick Le Quèment, direttore delDesign industriale, in collaborazione con la Direzione Prodotto, Ricerca e Studiavanzati Renault; verso la fine del 1992 il progetto era pressoché ultimato nellesue linee essenziali e nel dicembre dello stesso anno la Racoon debuttava in mar-cia.

Oltre alle eccezionali doti fuoristradistiche, la Racoon assicura inoltre un ec-cellente comfort di marcia sia grazie alla sua linea avveniristica che alle molte-plici soluzioni di alta tecnologia, adottate per migliorare la sicurezza nella mar-cia; tra queste figurano il sistema ad ultrasuoni per detergere l’acqua dall’ampiasuperfice vetrata convessa (sprovvista dei tradizionali tergicristalli), i potenti fa-ri di ricerca orientabili (abbinati ad un telecamera ad infrarossi) per la marcia not-turna e il sistema di basculaggio delle vetrature (apribili con un telecomando dal-l’esterno e da un pulsante interno) che consente l’accesso al veicolo.

Un altro esempio di joint-venture viene proposto nel 1993 dalla Nissan, in oc-casione della presentazione della Terrano II che sostituisce la precedente versio-ne. Il nuovo fuoristrada giapponese infatti, completamente rinnovato nello sty-ling, presenta una linea disegnata dall’I.DE.A. Institute di Torino, è stato proget-tato in Inghilterra (dal Nissan Technology Center) e viene costruito in Spagna dal-la Nissan Motor Iberica. La Nuova Terrano II si allinea perfettamente alla nuovafilosofia costruttiva prevalente negli ultimi anni, caratterizzata da profili menoaggressivi e un look più automobilistico e aerodinamico (Cx 0.44), senza tuttaviapenalizzare la robustezza del telaio e della meccanica.

La scocca, la lunghezza e il passo sono diversi nelle due versioni a 3 e 5 porte,mentre per quanto riguarda le motorizzazioni (a 4 cilindri) sono disponibili sia ilpropulsore a benzina di 2.380 cc. (124 CV) che il turbodiesel di 2.663 cc. (100 CV).Con la realizzazione della Terrano II, la Nissan avvia inoltre (ed qui la vera joint-venture) un classico esempio di collaborazione con la Ford dalla quale scaturirà

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un altro fuoristrada denominato Maverick.La Ford Maverick, anch’essa costruita negli stabilimenti della Nissan Motor

Iberica, è in realtà una Terrano II con un marchio diverso e verrà tenuta a batte-simo in anteprima mondiale nel film “Jurassick Park” di Spielberg (è la 4x4 chescorrazza i protagonisti tra i dinosauri preistorici).

Restando nella produzione dell’Estremo Oriente, nell’ottobre del 93 diversenovità arrivano sulla passerella del Salone di Tokyo, dove debuttano la Nissan Mi-stral (derivata direttamente dalla Terrano, è destinata esclusivamente al merca-to giapponese) e la Nissan Rasheen (1.500 cc. e trazione integrale permanente)che si fa notare per il design leggermente retrò che si discosta dalle linee tradi-zionali della normale produzione. La rassegna giapponese vede inoltre il debut-to della Honda nel settore dell’off-road con due modelli che, seppur commer-cializzati nel mercato asiatico con il marchio Honda, sono in realtà scaturiti dauna serie di joint-venture con altre aziende. Nel primo caso si tratta della HondaCross Road, versione giapponese della Land Rover Discovery equipaggiata perl’occasione con il V8 di 3.5 lt. (166 CV, 170 Kmh.) e nel secondo caso della HondaJazz; quest’ultima, scaturita da un accordo tra Honda-Isuzu, è una versione su-per-accessoriata della Opel Frontera Sport.

Particolarmente vivace e dinamico inoltre il panorama delle nuove propostenel settore delle concept car a trazione integrale, che annovera diversi modelli.

Nissan Terrano II

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Nissan Terrano MY 2005

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Tra questi, vanno segnalati le Isuzu Vehicross e XU-1, le Mitsubishi Lynx e PajeroFiel d-Guard e la Daihatsu Multi Personal 4.

La Isuzu Vehicross (sarà l’unica 4x4 concept ad approdare alla produzione diserie) equipaggiata con un 4 cilindri (1.588 cc.) sovralimentato e turbocompres-so, caratterizzata da una emissione particolarmente ridotta degli idrocarburi in-combusti (inferiore persino al già contenuto standard in vigore sul mercato ame-ricano); dotata di trazione integrale permanente, la Isuzu Vehicross presenta unalinea molto futuribile, che si discosta sensibilmente dalla normale produzione,abbinata a dimensioni estremamente contenute (lunga meno di 4 metri, con unpasso di 2.51 mt.).

Ancora più esasperati i profili e il look della Isuzu XU-1, più grande (è lunga4.46 mt.) e più potente nella motorizzazione (V6 di 3.165 cc.); da segnalare dalpunto di vista estetico le ruote di grande diametro e le portiere apribili verso l’al-to.

Anche le proposte della Mitsubishi sono rivolte al futuro, sia per quanto ri-guarda l’allestimento che le innovazioni tecnologiche introdotte su alcune con-cept car estremamente avveniristiche. La prima, battezzata Lynx, presenta unalinea molto slanciata e un assetto rialzato abbinato a dimensioni molto conte-nute ( lunga appena 3.29 mt.); equipaggiata con un 4 cilindri a doppio albero con

Isuzu Vehicross

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5 valvole per cilindro, sviluppa 64 CV a 3.500 giri e presenta un’aria molto sba-razzina grazie all’originale soluzione del parabrezza in due elementi separati(l’unica concessione alle tipologie tradizionali rappresentata dalla collocazioneesterna della ruota di scorta nella parte posteriore).

La seconda concept targata Mitsubishi è la Fiel d-Guard, una particolare evo-luzione del collaudatissimo Pajero che, oltre ad aver subito una radicale trasfor-mazione stilistica, è in grado di affrontare i percorsi off-road più impegnativi, so-prattutto nell’attraversamento di corsi d’acqua dove rivela una capacità di gua-do di 80 centimentri.

Riservata ad un utilizzo prevalentemente urbano è invece la Multi Personal 4della Daihatsu, una vetturetta a trazione integrale (1.589 cc.) con cambio auto-matico a 4 rapporti caratterizzata da un abitacolo molto flessibile che può esse-re modificato in funzione del numero degli occupanti.

Ma la vera novità del Salone di Tokyo nell’ambito della produzione di serie(destinata soprattutto ai mercati nord-americani e medio-orientali) viene ammi-rata nello stand Toyota, dove viene presentato l’imponente Mega Cruiser (lungaaddirittura 5 metri) che, nelle intenzioni della Casa nipponica, dovrebbe esserela risposta giapponese al gigante americano Hummer.

Dotata di cambio automatico e trazione integrale permanente, la Toyota Me-ga Cruiser è equipaggiata con un propulsore a 4 cilindri turbodiesel (4.104 cc.,155 CV) e presenta un originale (seppur non inedito) sistema di sterzatura este-so anche alle ruote posteriori, in controfase con le anteriori, che assicura un rag-gio di sterzata di appena 5.6 metri.

Ma poiché spesso gli estremi si toccano, la Toyota esordisce pochi mesi dopoanche nel settore delle 4x4 stradali quando, nel marzo del ‘94, presenta la pic-cola RAV 4 (1.998 cc., 4 cilindri a benzina, 129 CV, 170 Kmh.), dotata di trazioneintegrale permanente e bloccaggio del differenziale centrale azionabile elettri-camente.

Infrangendo una tradizione che sembrava ormai ampiamente collaudata trala maggior parte delle aziende del Sol Levante, la Toyota sceglie l’Europa, ed inparticolare la passerella del Salone di Ginevra, per l’anteprima mondiale dellaRAV 4 (Ricreational Active Vehicle), il nuovo fuoristrada della casa giapponeseprogettato e costruito tenendo presente soprattutto le esigenze del mercato eu-ropeo.

Nella primavera del ‘94 la General Motors presenta la nuova Blazer S-10 (di-sponibile sia nelle versioni con passo corto a 3 porte che in quella lunga a 5 por-te) e un’inedita versione pick-up serie “S”. Tutti i modelli, commercializzati con imarchi Chevrolet e GMC, si distinguono per il robusto telaio a longheroni contraverse abbinato ad un avantreno a ruote indipendenti con bracci trasversali,barre di torsione longitudinali e barra stabilizzatrice. Equipaggiate con un mo-tore V6 di 4.300 cc. in grado di sviluppare 156 CV, le nuove Blazer assicurano pre-stazioni molto brillanti su strada (170 Kmh., con un’accelerazione da 0 a 100 Kmh.di circa 12 secondi) e una buona versatilità nell’utilizzo off-road.

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Al top della tipologia dei lussuosi pick-up a trazione integrale si colloca un’al-tra interessante novità “made in USA”, rappresentata dal Dodge Ram 1500 4x4Laramie SLT che costituisce una delle proposte più raffinate e interessanti del set-tore. Equipaggiato con un impianto frenante dotato di dischi autoventilanti an-teriori, ABS, airbag lato guida, barre anti-intrusione alle portiere e cambio auto-matico rinforzato a quattro rapporti, il Dodge Ram 4x4 ha la trazione anterioreinseribile tramite la stessa leva che aziona il riduttore.

Per quanto riguarda le motorizzazioni, la gamma dei motori assicura un’am-pia scelta di propulsori che nelle versioni a benzina comprende un V6 di 3.9 lt.(175 CV), un V8 di 5.2 lt. (220 CV), un V8 da 5.9 lt. (230 CV) e un V10 da 8 lt. (300CV). Tra le versioni a gasolio è disponibile un V8 turbodiesel con intercooler di5.9 lt. (175 CV a 2.500 giri) sul modello equipaggiato con cambio manuale a cin-que marce; lo stesso motore, leggermente depotenziato (160 CV a 2.500 giri) èmontato inoltre anche sul modello con cambio automatico.

UAZ 3160

Range Rover mod. 94 Toyota RAV4

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Rimanendo nelle dimensioni extralarge, ma trasferendoci nel panorama del-la produzione europea, va segnalato nello stesso periodo l’arrivo sul mercato ita-liano della Land Rover Defender 110 Pick-up. L’abitacolo, a doppia cabina, con-sente di ospitare fino a sei persone e l’ampio cassone posteriore assicura una ca-pacità di carico di 1391 Kg. Dall’Europa dell’Est arriva la proposta della nuovaUAZ 3160 che, nonostante le ambizioni della Ulianovskiy Automobilnyl Zavod(Fabbrica Automobili di Ulyanovsk), è destinata purtroppo a rimanere nella fasedi prototipo a causa della pesante crisi ecomonica conseguente alla frantuma-zione dell’impero sovietico.

Continuando la tradizione della gloriosa, anche se datata, Uaz 469B (in pro-duzione da oltre vent’anni), la Uaz 3160 non è il prodotto di una semplice ope-razione di design, ma rappresenta un nuovo modello sotto tutti i punti di vista.

La linea, radicalmente stravolta rispetto alla tradizione Uaz, si ricollega a quel-la delle 4x4 più moderne, con linee morbide e arrotondate, ed è caratterizzatadall’assenza di grondine e dal terzo finestrino laterale situato in corrispondenzadel bagagliaio. Dal punto di vista meccanico la nuova Uaz 3160 è equipaggiatacon sospensioni a molle elicoidali (che hanno sostituito le vecchie balestre) sia an-teriormente che posteriormente e monta un motore a benzina a quattro cilindricon iniezione; per il mercato interno era prevista una versione a carburatore concilindrata leggermente maggiorata (2.900 cc.) per compensare la perdita di po-tenza che non supera comunque gli 85 CV. Piuttosto lenta su asfalto e nei per-corsi misto-veloci, ma estremamente affidabile nel fuoristrada, la Uaz 3160 do-veva essere esportata anche in America ma non mai uscita dalle linee di mon-taggio.

Dall’altra parte dell’oceano arrivano intanto le prime indiscrezioni sullo sbar-co “made in USA” della Mercedes, con l’avvio della costruzione degli stabilimentia Tuscaloosa (Alabama). Le notizie sono ancora frammentarie e le riviste specia-lizzate pubblicano i primi bozzetti di alcuni pick-up e di un elegante 4x4 a passocorto che, alcuni anni dopo approderà (opportunamente rielaborata), sui mer-cati di tutto il mondo nella gamma della Classe M.

Echi di novità e anticipazioni arrivano anche dal mercato giapponese quando,già nella seconda metà del ‘94, iniziano a circolare le prime voci sulle future no-vità della Honda e della Mitsubishi.

Per la Honda si tratta di un esordio assoluto, dopo le precedenti “escursioni”off-road del marchio effettuate con la Crossroad (vesione giapponese della LandRover Discovery) e la Jazz (Isuzu Amigo-Opel Frontera), ma ci vorrà ancora qual-che anno per arrivare alla versione definitiva della CR-V.

Assai più rapida sarà invece la gestazione della Mitsubishi Pajero Mini, un pic-colo fuoristrada caratterizzato da dimensioni estremamente ridotte ( lungo 3.29mt., largo 1.35 mt. e alto 1.63 mt.) e un propulsore a quattro cilindri di soli 659cc. che sviluppa 54 CV a 5.400 giri; destinato esclusivamente al mercato interno,questo modello sarà affiancato da un’altra versione leggermente più grande (3.5metri) e potente nella motorizzazione (1.095 cc., 80 CV a 6.500 giri).

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Peugeot Touareg: una 4x4 elettrica per il futuro

Presentata a sorpresaal Salone di Ginevra

del 1997, la PeugeotTouareg ha suscitatouna grande curiositàper la nuova concezio-ne e le soluzioni inediteadottate per la primavolta su un veicolo aquattro ruote motrici.La Peugeot Touaregrappresenta infatti unaoriginalissima quantosingolare 4x4 a trazioneelettrica. Vagamenteispirata nella linea aidune-buggy degli anniSettanta, questo bizzar-

ro veicolo si proponeessenzialmente comeuna concept car che in-tende riconciliare ilconcetto di automobilecon quello del rispettoper l’ambiente. Carat-terizzata da una carroz-zeria monoscocca in fi-bra di carbonio, verni-ciata in uno smaglianteblu elettrico (sul qualespicca il rosso vivo degliinterni), la Touareg èuna tutto-terreno sco-perta a 2 posti il cuilook futuribile si pre-senta decisamente inu-

suale per un’auto aquattro ruote motrici.Lunga 3.5 mt., larga1.93 e alta 1.31, la Toua-reg dispone di un pro-pulsore elettrico (35.5kW) situato in posizio-ne centrale e consentedi raggiungere una ve-locità massima di ca.115 Kmh. Tra le dota-zioni di bordo è inseritoinoltre un gruppo elet-trogeno che permettela ricarica delle batte-rie, assicurando un’au-tonomia di 300 Km. con15 litri di carburante.

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Il fuoristrada indossal’abito da sera 1995-1998

CAPITOLO 7

Con il debutto della nuova Range Rover, presentata in anteprima nell’autun-no del ‘94, viene archiviato un altro capitolo riguardante i miti inossidabili cheavevano segnato le tappe fondamentali nella storia del fuoristrada moderno.

A solo un anno dal traguardo dell’ambizioso anniversario delle nozze d’ar-gento, la vecchia Range viene mandata (forse troppo frettolosamente) in pensio-ne. La nuova ammiraglia dell’azienda di Solihull, seppur impeccabile nella linea eaffidabile in fatto di motore e prestazioni, accentua ulteriormente il solco trac-ciato nel 1970 dalla prima Range Rover. Anche in questo caso comfort e abitabi-lità sono fuori discussione, ma si è passati da un salotto ad un vera e propria sui-te a quattro ruote motrici che ha fatto arricciare il naso ai driver più ortodossi; nélasciava alcun ombra di dubbio l’esclusiva fascia di mercato (il modello più carocosta oggi oltre 120 milioni) dei potenziali acquirenti.

Ormai il concetto del fuoristrada puro la cui immagine, sia chiaro, non dev’es-sere necessariamente legata ad un veicolo scomodo e spartano che avanza comeuna lumaca in autostrada, è definitivamente sparito dalle tipologie offerte da unmercato in continua evoluzione. Anche l’industria giapponese, sempre tempe-stiva nel recepire le nuove tendenze, non rimane a guardare e tra i primi colossiimpegnati a rispolverare la produzione figurano la Toyota e la Mitsubishi.

Entrambe le aziende presentano, tra il ‘95 e il ‘96 le nuove versioni dei rispet-tivi modelli di punta ma mentre la Mitsubishi si limita ad equipaggiare con dueinedite motorizzazioni (2.8 Turbodiesel Intercooler e 3.5 V6 Benzina) l’ormai col-laudatissimo Pajero, la Toyota lancia sul mercato internazionale la nuova ed ele-gante versione della Land Cruiser.

Equipaggiata con propulsori di grande potenza, sia nella motorizzazione abenzina (4.477 cc., 151 CV) che nelle versioni diesel (2.982 cc. da 92 CV; 4.164 cc.da 125 CV), anche la nuova Toyota Land Cruiser è ormai lontana anni luce dallagloriosa BJ che per decenni aveva conteso lo scettro sui mercati di tutto il mon-do alla Land Rover. La stessa linea del veicolo ha poco o nulla a che fare con i mo-delli precedenti e, forse anche per la progettazione CAD (adottata ormai dallamaggior parte dei costruttori), si allinea un po’ troppo sfacciatamente ad alcunimodelli già in circolazione.

Nel 1995 inoltre, in occasione del Salone della Val d’Isere, suscita molto cla-more la mastodontica Mega Track, una 4x4 prodotta da un’azienda artigianafrancese specializzata in prototipi con tecnologie d’avanguardia abbinate ad undesign moderno, caratterizzato da linee molto innovative.

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Mercedes AAV

Mega Track

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La Mega Track si distingue dagli altri fuoristrada innanzitutto per la sua linee,che la fanno assomigliare ad una delle tante GT presenti sul mercato. In realtà lesue dimensioni imponenti (è lunga oltre 5 metri e larga 2.25) e la sua monu-mentale silhouette, oltre a farla apparire come un vero “mostro” di potenza, leconferiscono un aspetto maestoso al cui confronto anche un comune fuoristra-da (una Defender è lunga 3.86 mt. e larga 1.79) sembra un’auto in miniatura.

L’idea originale risale al 1987 quando alla Mega, dopo una fase di rodaggionella produzione di 4x4 di piccole dimensioni, prende forma l’ipotesi di realizza-re un coupé sportivo a quattro ruote motrici. Le caratteristiche del veicolo dove-vano assicurare un utilizzo ottimale su qualsiasi tipo di percorso, dalla pista allosterrato, in condizioni di massima affidabilità e a qualsiasi velocità. Un progettoambizioso, ma che nei giro di sei anni ha portato alla realizzazione del modellodefinitivo, presentato in anteprima assoluta nella primavera del ‘95.

Per la motorizzarione, la scelta è caduta sul 12 cilindri Mercedes di 6 litri, mu-nito di cambio automatico, in grado di sviluppare una potenza di 395 CV a 5.200giri al minuto. La velocità massima, nonostante la generosa scorta di cavalli, è li-mitata a 250 Kmh., mentre la trazione integrale permanente ripartisce la coppiaal 34% sull’asse anteriore e al 66% su quello posteriore. Le sospensioni automa-tiche consentono un’escursione in altezza di oltre 20 centimetri.

Da segnalare l’adozione di freni surdimensionati (4 dischi da 376 mm.) e del-le gomme Michelin 285/55x20 anteriori e 325/50x20 posteriori, appositamentesviluppate e realizzate per la Mega Track.

Il costo di questa 4x4 da sogno si aggira attorno ai due milioni di franchi (sia-mo intorno ai 600 milioni di lire) e assicura una accessoristica di prim’ordine checomprende condizionatore a regolazione elettronica, sedili anteriori regolabilielettricamente, videoretromarcia, volante regolabile in altezza e profondità, si-stema audio-video Blaupunkt, impianto CD e telefono cellulare GSM.

Per quanto riguarda invece l’andamento del mercato, il bienno ‘95-96 rap-presenta un periodo di grande ripresa per il numero di immatricolazioni di 4x4sul mercato nazionale. Siamo ancora lontani dalle cifre della prima metà deglianni ‘80, ma i segni di ripresa sono inequivocabili: nel ‘95 le vendite raggiungo-no le 29.568 unità (1.7% del totale delle immatricolazioni in Italia), che salgonoa 35.452 nel ‘96 (2.06%): il primo posto nella hit parade spetta in entrambi i ca-si al Pajero (3.770 unità nel ‘95, 5.387 nel ‘96), mentre la postazione d’onore vie-ne conquistata dall’Opel Frontera nel ‘95 (3.167 unità) e dalla Nissan Terrano IInel ‘96 (3.524 unità).

Da segnalare inoltre, sempre nel ‘96, l’apparizione al Salone di Ginevra dellaMercedes AAV, un prototipo interamente realizzato negli stabilimenti america-ni della casa di Stoccarda, che suscitò ampi consenti tra il pubblico e molta cu-riosità tra gli addetti ai lavori. La Mercedes AAV (All-Activity-Vehicle) venne pre-sentata come un precursore dei futuri veicoli a trazione integrale per il tempo li-bero che sarebbero stati lanciati sul mercato americano nel ‘97, per approdaresui mercati europei a partire dalla primavera dell’anno successivo.

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Estremamente innovativa nella linea, molto dinamica e dal look particolar-mente accattivante, la AAV esprime e sintetizza al meglio quel concetto di vei-colo multiuso e polivalente che, nei fuoristrada dell’ultima generazione, sembraessere la tendenza prevalente a cui si ispirano la gran parte delle aziende auto-mobilistiche attualmente impegnate nella produzione di veicoli a trazione inte-grale.

Ed proprio nel sistema di trazione integrale adottato dai progettisti che laMercedes AAV rivela uno dei suoi maggiori punti di forza; per la prima volta in-fatti appare in un veicolo 4x4 una trazione integrale permanente basata su unsistema di trazione a comando elettronico, in grado di assicurare un’ulteriore sta-bilità in condizioni esasperate di guida.

Il cuore del sistema è basato su un microcomputer integrato nel meccanismodi trazione integrale che riconosce, in base a segnali emessi da microsensori, loslittamento di ogni singola ruota riducendo in presenza di situazioni critiche lacoppia del motore fino a quando l’aderenza delle ruote non abbia raggiuntonuovamente un valore ottimale.

Purtroppo la AAV, come capita alla maggior parte delle concept car, non arri-verà sul mercato nella grintosa veste esibita sulla passerella del debutto e daràorigine, riveduta e corretta, alla prestigiosa Classe M che nel 1998 viene insigni-ta del titolo di “Migliore Fuoristrada del mondo” dalla più autorevole rivista au-tomobilistica tedesca, emergendo con grande distacco dalle altre vetture dellacategoria.

Il lancio europeo avviene nel corso del Salone di Francoforte del 1997 dove laClasse M (che ripropone il sistema di trazione integrale con gestione elettronicainvece dei bloccaggi differenziali) si presenta con due motorizzazioni a benzina:la ML 230 (2.3 cc., 4 cilindri, 110 CV, 180 Kmh.), espressamente realizzata per ilmercato europeo ed equipaggiata con cambio manuale a 5 marce, e la ML 320(3.2 cc., V6, 160 CV, 180 Kmh.), con cambio automatico.

La continua ricerca stilistica e prestazionale che, lo ribadiamo ancora una vol-ta, ha radicalmente stravolto le tradizionali tipologie di veicoli off-road venen-do a creare una serie di veicoli per i quali si resa necessaria persino la coniazionedi neologismi (sport utility, all terrain, family wagon, etc.) sempre più ricorrentinella recente produzione di fuoristrada. In alcuni casi tuttavia la ricerca ha pro-dotto delle concept-car molto raffinate che, nonostante la silhouette futuribile,non è escluso che possano quanto prima rimpiazzare la produzione di serie di al-cuni dei modelli più in voga attualmente in produzione. Un esempio significati-vo è quello della Jeep che negli ultimi anni ha stupito tutti con la presentazionedei rivoluzionari prototipi Icon (1997) e Jeepster (1998), destinati a raccogliere lapesante eredità della mitica Jeep alle soglie del terzo millennio.

La “Jeep Icon”, come ha dichiarato John E. Herlitz (Vice Presidente della Chry-sler Corporation), “rappresenta un’eplorazione creativa verso una nuova gene-razione di Jeep Wrangler. E’ solida, costruita come un truck e le sue capacità so-no state ulteriormente valorizzate”.

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Mercedes Classe M

Jeep Icon

SsangYong Musso

SsangYong KJ

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Pur trattandosi di un prototipo, la Jeep Icon costituisce indubbiamente unadelle proposte più affascinanti di fine secolo e, fin dal primo approccio, appareevidente il grosso sforzo realizzato dai progettisti della Chrysler. Riproponendola Wrangler del Duemila, sono riusciti infatti ad ottenere un look estremamentecompatto e aggressivo, grazie soprattutto al sovradimensionamento dei paraur-ti, dei pneumatici e dei passaruota. Tra gli altri interventi, è stata allargata la car-reggiata (12.7 cm.) e aumentata l’escursione della ruota da otto a dieci pollici(20.3 a 24.5 cm.), mentre la lunghezza è stata ridotta di 12.7 cm. L’elemento prin-cipale risiede comunque nel fatto che la Jeep Icon (2.4 lt., 5 marce, ABS e freni adisco sulle 4 ruote) ha la carrozzeria realizzata in un corpo unico, con una gab-bia di protezione integrata in alluminio.

Appena un anno dopo la Jeep Icon, la Chrysler presenta al Salone di Detroit(e dopo pochi mesi a Givevra) la Jeepster, un’altra innovativa proposta per il fuo-ristrada del terzo millennio. Direttamente elaborata dal Centro Stile Jeep, la Jee-pster si propone di coniugare stilisticamente le peculiarità di un normale fuori-strada con le linee di una vettura sportiva.

Il risultato scaturito da questo singolare esperimento è una linea estremamen-te accattivante e insolita nella quale, pur essendo riconoscibili i tratti (seppur sfu-mati) della classica Jeep, sono evidenti tutte le tendenze stilistiche che probabil-mente ritroveremo sulle 4x4 della prossima generazione. Equipaggiata con unmotore a 8 cilindri da 4.7 litri a 32 valvole (lo stesso allora in dotazione sulla GrandCherokee), la Jeepster è dotata inoltre di trazione automatica a quattro rapporti(Quadra Trac) e presenta un assetto variabile in funzione dell’utilizzo su strada (al-tezza minima da terra 14.6 cm.) e dell’impiego in fuoristrada (24.6 cm.).

Sul versante europeo è ancora la meccanica Mercedes a stupire, con un’ardi-ta elaborazione stilistica realizzata dal Gruppo Henri Heuliez, in collaborazionecon la Heuliez Torino, che nel ‘97 presenta il coupé Intruder. Si tratta di una con-cept-car (la linea rappresenta una sintesi inedita tra un coupè roadster e una 4x4)allestita su telaio e meccanica della Mercedes G (3.199 cc., V6, 155 CV) caratte-rizzata da una linea estremamente filante e aerodinamica abbinata a prestazio-ni in fuoristrada di tutto rispetto, sia per quanto riguarda la capacità di supera-re pendenze sino all’80% che nei valori degli angoli di attacco (35° anterior-mente e 30° posteriormente) e della distanza minima da terra (30 cm).

L’insieme della trasmissione si compone di un cambio automatico a 4 rappor-ti e di una scatola di trasferimento a 3 alberi con differenziali interposti blocca-bili al 100%.

Per quanto riguarda i veicoli di serie, la produzione degli ultimi anni è ormaistoria recente e ha visto un’ampia gamma di nuovi modelli immessi sul mercatocon una costante regolarità. Nel 1996, oltre alla nuova Jeep Wrangler, sono so-prattutto le aziende giapponesi e sudcoreane a sfornare novità e rivisitazioni dimodelli già in produzione; tra queste vanno segnalate la Suzuki (SX-90 e VitaraWagon con motore turbodiesel), la SsangYong (KJ e Musso Special), e la Kia(Sportage Cabrio e Turbodiesel).

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La Suzuki X-90, pur presentandosi come una tre volumi, rappresenta una per-fetta simbiosi tra una vettura “targa a due posti” e le polivalenti prerogative diuna compatta tutto terreno. Ideata per assicurare la massima versatilità in qual-siasi condizione d’utilizzo, dall’impiego cittadino ai percorsi in fuoristrada, dallelunghe trasferte autostradali ai tragitti misto-veloci, la X-90 è dotata inoltre diun tettuccio asportabile che consente di passare rapidamente dalla configura-zione chiusa a quella aperta; è sufficiente azionare l’apposita leva di sblocco pertogliere le due parti trasparenti che compongono il tetto che, una volta rimosse,possono essere stivate nell’apposito vano del baule.

Dal punto di vista meccanico, la Suzuki X-90 è equipaggiata con un motore a4 cilindri di 1.590 cc. (16 valvole con iniezione multi-point) che sviluppa una po-tenza massima di 96 CV a 5.600 giri/min.); per l’impiego in fuoristrada è disponi-bile la trazione anteriore inseribile e i rapporti ridotti.

La SsangYong KJ si presenta come un veicolo caratterizzato da una linea che,pur essendo leggermente retrò nei suoi tratti essenziali, risulta tuttavia grade-vole e non priva di una certa componente aerodinamica. Soprattutto per quan-to riguarda il muso tondeggiante, delineato dal generoso profilo del cofano mo-tore alleggerito in parte dalle fiancate laterali dei passaruota (sulle quali si ap-poggia con un taglio netto) e dalla depressione presente nella parte centrale po-steriore. Equipaggiata con trazione integrale permanente, la SaangYong KJ haesordito in due versioni denominate E 23 e E 32, identiche nelle dimensioni (lun-ghezza 4.25 mt., larghezza 1.85 mt., altezza 1.84 mt.) e nel tipo di cambio (a ri-chiesta sia il cambio manuale che automatico). Diverse invece le motorizzazioni,entrambe a benzina, fornite sulla KJ E 23 (4 cil., 2.295 cc., 110 CV, 5.300 giri/min.)e sulla KJ E 32 (6 cil., 3.199 cc., 162 CV, 5.500 giri/min.).

Nel 1997 la SsangYong presenta una nuova versione della KJ, denominata Ko-rando, mentre la Daihatsu lancia la Terios, un fuoristrada “tascabile” lungo ap-pena 3.84 metri, equipaggiato con un motore di soli 1.296 cc. che sviluppa 83 CV.Presentata al Salone di Ginevra del ‘96 come prototipo con la sigla MS-X97, laDaihatsu Terios rappresenta uno dei fuoristrada più piccoli e versatili attual-mente presenti sul mercato dei veicoli a quattro ruote motrici.

Particolarmente maneggevole e a proprio agio su qualsiasi tipo di percorso,grazie al servosterzo e al ridotto diametro di svolta (9.4 mt.), la Terios è dotatadi trazione integrale permanente, ABS, doppio airbag, impianto di climatizza-zione, autoradio con lettore di cassette e differenziale autobloccante sul retro-treno, oltre ad una vasta gamma di numerosi altri accessori.

Ma la grossa novità dell’anno è comunque la Honda CR-V, già ammirata comeprototipo al Salone di Ginevra dell’86, dopo il debutto in anteprima mondiale sulmercato giapponese nell’ottobre del ‘95.

L’Honda CR-V (Compact Recreational Vehicle) è equipaggiata con un nuovo 4cilindri in linea di 2 litri (1.973 cc.) a 4 valvole per cilindro, in grado di sviluppare128 CV a 5.500 giri. Oltre a segnare il debutto della casa nipponica nel settoredelle 4x4, la nuova Honda a trazione integrale si propone inoltre l’ambizioso

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compito di fornire un approccio diverso nell’ambito dell’utilizzo del fuoristrada.Questo obiettivo, che in pratica si prefigge di coniugare in maniera ottimale ilcomportamento stradale di una berlina di lusso con le condizioni di aderenza ingrado di superare qualsiasi ostacoli nei tragitti off-road, si basa soprattutto sulsofisticato sistema di trazione, denominato Real Time 4 WD Dual Pomp, che in-serisce automaticamente le quattro ruote motrici. Grazie a due pompe idrauli-che la coppia di trazione-propulsione è suddivisa mediante un ripartitore che, inbase alle difficoltà di aderenza, consente di trasferire la trazione anche sull’asseposteriore (la ripartizione varia in base alle condizioni del fondo dal 100% al-l’anteriore e 0% al posteriore a una condizione del 50% sui due assali).

Per quanto riguarda il cambio, presente sul modello d’esordio solo nella ver-sione automatica, è ora disponibile anche nella versione meccanica a 5 marce.

Ricordiamo ancora una volta, comunque, che la Honda CR-V, pur segnandol’ingresso ufficiale del colosso giapponese nel mondo dei fuoristrada, non rap-presenta il primo veicolo off-road commercializzato con il marchio Honda. Alcu-ni anni prima infatti, in occasione del Salone di Tokyo del ‘93, erano gi apparsidue veicoli con lo stesso marchio realizzati grazie ad accordi di collaborazionecon altre case automobilistiche come la Honda Jazz (Isuzu MU) e la Honda Cross-Road (Land Rover Discovery).

Nei primi mesi del 1998, debutta l’attesissima Freelander della Land Rover lecui tiepide prerogative fuoristradistiche sono ulteriomente sottolineate dall’as-senza del riduttore, mentre dall’infaticabile mercato del Sol Levante arrivano al-cune interessanti novità dalla Suzuki, con la nuova Grand Vitara, dalla SsangYong(Korando Cabrio) e dalla Nissan che, oltre al nuovo Patrol GR, presenta un’inedi-ta versione pick-up (Double Cab Navara).

Per la Suzuki il lancio della Grand Vitara ha coinciso inoltre con la festa di com-pleanno in occasione del trentesimo anniversario della Casa nipponica nel setto-re dei veicoli a trazione integrale (era il 1968 quando venne avviato il progettodella mitica Jimny), che cade tra l’altro a dieci anni esatti dalla presentazione del-la Vitara.

Leggermente sovradimensionata rispetto alla Vitara a passo lungo ( lunga4.195 mm., larga 1.780 e alta 1.740), la nuova Grand Vitara 5 Porte è disponibilein due diverse motorizzazioni a benzina da 2 litri (4 cilindri, 16 valvole, 94 CV, 150Kmh.) e da 2.5 litri (6 cilindri, 24 valvole, 106 CV, 165 Kmh.). Entrambi i modellipossono essere equipaggiati sia con il tradizionale cambio a 5 rapporti che conla trasmissione automatica, oltre al nuovo selettore che consente di passare dal-la normale trazione sulle due ruote alla trazione integrale (Drive Select 4x4).

Arrivato in Europa in occasione del Salone di Ginevra, il nuovo Nissan DobleCab Navara è stato presentato ufficialmente nell’estate del ‘98 a Praga, arrivan-do in Italia nel mese di settembre in occasione della Fiera del Levante di Bari.

Sempre dall’Estremo Oriente arriva in Europa la Tata Safari, un’interessante4x4 a 5 porte presentata in anteprima mondiale al Salone di Ginevra, che affiancala già consistente gamma di fuoristrada finora prodotti (Pick-up, Sport e Van).

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Land Rover Freelander

Suzuki Grand Vitara Honda CR-V

Hyundai Galloper Nissan Double Cab Navara

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1997: il sorpasso dei “light truck” 4x4 nelle vendite in USA

L’automobile è diventa-ta ormai un bene di

consumo a prova di qual-siasi crisi economica. Eanche le esigenze legatealla mobilità individuale,ampiamente esaudite dalpunto di vista tecnologi-co e dalla diffusione deiveicoli in ambito familia-re (ogni componente di-spone oggi di una “pro-pria” auto), ha determi-nato lo spostamento del-l’attenzione dell’utentein procinto di acquistareun nuovo veicolo versoquei parametri definiti

come sovrastrutturali. Inaltre parole si è attiratisoprattutto nei confrontidi una gratificazione diordine estetico ed emoti-vo che, assai spesso, si as-socia anche ad desideriodi esibire un personalestile di vita e (non di ra-do) anche il proprio “sta-tus”.Sulla scia di queste consi-derazioni anche il veicolooff-road è stato ben pre-sto risucchiato nel vorticedella moda e, seppur pri-vilegiando ancora nel suoutilizzo la passione e il di-

vertimento, rende sem-pre più indissolubile il le-game esistente tra la pro-duzione dei nuovi model-li e le varie tendenze chesi vanno affermando daalcuni anni a questa par-te.Ad esaltare ulteriormen-te questo fenomeno èstata inoltre la crescenteimportanza assunta negliultimi anni, soprattuttonelle società più evolutee industrializzate, dellesvariate attività legate altempo libero. Ecco spie-gata, in estrema sintesi,

Taxi 4x4 a New York

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la nascita e il successodelle sport-utility regi-strate a partire dallametà degli anni Novantasul mercato statunitense,da sempre patria indi-scussa di tutte le mode edi ogni fenomeno di co-stume.La consacrazione definiti-va si è avuta nel 1997quando, per la prima vol-ta nella storia del panora-ma automobilistico ameri-cano, l’esplosione dei “li-ght truck” (termine cheraggruppa sia le sport-uti-lity che i pick-up 4x4) èstata talmente intensache la produzione ha su-perato per la prima voltaquelle delle tradizionalivetture stradali. Rispettoall’anno precedente infat-ti, quando i “light trucks”si erano attestati sulle

5.658.812 unità (48.3%del mercato) contro i6.055.939 veicoli stradali(51.7%), nel 1997 la pro-duzione dei fuoristradaUSA raggiunge quota6.013.084 (50.5%) contro i5.885.200 (49.5%) di auto-mobili.La fetta più grande diquesta grossa torta spet-ta al pick-up F 150 dellaFord, con 746.111 unitàvendute, seguito dai mo-delli Chevrolet (553.729),dal Ford Explorer(383.852), dal DodgeRam (350.257) e dal FordRanger (298.796).L’anno d’oro per le azien-de americane è conferma-to inoltre dal controllodell’85% del mercato del-le sport-utility e dei pick-up che si traducono in in-troiti economici di tutto

rispetto; nei primi novemesi del ‘97 le tre grandiCase di Detroit (Chrysler,Ford e General Motors)hanno guadagnato com-plessivamente circa 12 mi-liardi di dollari, pari a21.800 miliardi di lire.Questo sorpasso dei 4x4ha scatenato gli appetitidi molte aziende anchelontano dai clamori deisaloni specializzati, comenel caso della Cadillac (di-visone di lusso della GM)che, allarmata forse dalsuccesso di altri modellinazionali e stranieri (co-me la Lincoln Navigator ela Lexus RX 300, i SUV dilusso dei marchi Ford eToyota) ha dichiaratoproprio in questa occa-sione di voler entrarequanto prima nel settoredelle sport-utility.

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Presente sul mercato delle quattro ruote dal 1945 la Telco, società automobili-stica del gruppo TATA (con i suoi 9 miliardi di dollari di fatturato rappresenta ilmaggiore gruppo industriale presente in India) ha fatto registrare nella stagio-ne ‘97 un numero di vendite di oltre 215.000 veicoli divenendo la principaleazienda automobilistica indiana. Caratterizzata da una linea moderna e aerodi-namica, nella quale prevalgono i profili arrotondati delle ultime tendenze stili-stiche, la nuova Tata Safari presenta un profilo abbastanza compatto a dispettodelle sue dimensioni (è lunga 4.650 mm., larga 1.819 e alta 1.918). Espressamen-te progettata per i mercati internazionali, la Tata Safari a 5 porte è arrivata inItalia entro la fine del ‘98, inizialmente equipaggiata con un motore turbodieselcon intercooler (2 litri, 90 CV, 125 Kmh.) e, a partire dalla primavera del ‘99, an-che nella versione a benzina (2 litri, 16 valvole, 134 CV, 145 Kmh.); tutti i model-li Tata, a partire dal 1995 (anno in cui approdarono le prime versioni Pick-Up eVan a due ruote motrici), sono importati e distribuiti sul territorio nazionale dal-la Melian Italia, un’azienda di Rovere in provincia di Trento specializzata nel set-tore degli importatori e dei rappresentanti ufficiali di casa automobilistiche stra-niere.

Sempre nell’edizione ‘98 del Salone di Ginevra vengono presentate inoltrel’ultima versione della Opel Monterey e la nuovissima Honda J-WJ.

Lanciata nel 1992 la Monterey (si tratta in pratica dell’Isuzu Tropeer con il mar-chio Opel) si presenta completamente rinnovata dal punto di vista estetico, po-sizionandosi al vertice della gamma dei fuoristrada Opel abbinando al comfortdi una berlina di lusso un’estrema mobilità nella guida in fuoristrada.

I punti di forza della nuova Monterey sono rappresentati dai nuovi propulso-ri bialbero a 4 valvole per cilindro: un V6 a benzina di 3.2 litri (177 CV) e un tur-bodiesel a 4 cilindri di 3.1 Lt. (114 CV) ad iniezione diretta “common rail”, con 4valvole per cilindro; sulla versione a benzina è disponibile anche la trasmissioneautomatica a 4 rapporti invece del normale cambio manuale a 5 marce. Sulle nuo-ve versioni il passaggio di trazione dalle 2 alle 4 ruote motrici (e viceversa) puòavvenire anche con il veicolo in marcia (al di sotto dei 100 Kmh.); a tale scopo èsufficiente utilizzare l’apposito pulsante situato sul cruscotto che agisce elettro-nicamente sulla trazione. Dal punto di vista della sicurezza, oltre all’airbag latoguida e alle barre antisfondamento inserite nelle quattro porte, sono stati adot-tati dei rinforzi in corrispondenza delle soglie, dei montanti e delle maniglie del-le porte.

La Honda J-WJ è 4x4 concept che nelle intenzioni della Casa nipponica si pro-pone di bissare il successo della ormai affermata CR-V. L’idea stavolta quella diuna 4x4 leggera e compatta, con una linea estremamente innovativa in perfettasintonia con le nuone tendenze stilistiche affermatesi negli ultimi anni.

Equipaggiata con un motore a 4 cilindri di 1.500 cc., la Honda J-WJ Conceptpresenta dimensioni molto contenute (è lunga 3.95 metri, larga 1.78 e alta 1.77)e dispone di un sistema automatico di trazione (Real Time 4WD) che assicura l’in-serimento automatico delle quattro ruote motrici ogni qualvolta le condizioni

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Magnum V.A.V.

stradali lo richiedano. Presentata solo come prototipo, la Concept J-WJ (che de-butterà sul mercato l’anno successivo come Honda HR-V) è equipaggiata inoltrecon ABS e doppio airbag, ed dotato di un sosfisticato sistema di navigazione.

Ancora dal mercato asiatico, ma stavolta dalla Corea del Sud, esordisce unanuova ed interessante proposta nata dalla collaborazione tra la Mitsubishi e laHyundai, battezzata Galloper. Sia i modelli a passo corto che a passo lungo, de-rivano in pratica dalle precedenti versioni della Mitsubishi Pajero uscite di pro-duzione, completamente rivisitate in numerosi particolari estetici. La HyundaiGalloper presenta un look molto gradevole e accattivante che, ben presto, ri-scuote in discreto successo nelle vendite grazie anche a un prezzo che, seppur al-lineato alla concorrenza, consente tuttavia di risparmiare alcuni milioni rispettoai 4x4 di maggiore prestigio. I modelli per il mercato nazionale sono tutti equi-paggiati con motore turbodiesel con intercooler da 2.5 litri (101 CV a 4.000 gi-ri/min.).

Sul versante italiano arrivano finalmente due interessanti novità realizzatedalla Magnum Industriale che, in occasione dell’edizione ’98 del Salone dell’Au-to di Torino, ha presentato (a quattordici anni dal debutto, risalente all’84) lanuova versione stradale della Magnum e la Magnum V.A.V., allestita per impie-ghi militari. Dopo una lunga assenza dai saloni specializzati la Magnum Indu-striale, completamente rigenerata dopo il recente riassetto societario, rappre-

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senta ancora oggi l’unico portabandiera della produzione italiana nel settore deifuoristrada e si appresta a vivere una nuova ed entusiasmante giovinezza graziead una gamma di veicoli completamente rinnovata sia nell’estetica che nelle mo-torizzazioni. La nuova Magnum è stata completamente ridisegnata sia nelle li-nee esterne che negli allestimenti interni, che presentano un ulteriore tocco dieleganza grazie ai nuovi colori e alla pelle pregiata scelta per le tappezzerie e ilcruscotto; numerose le innovazioni che hanno interessato diverse componentidel veicolo, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza; l’impianto frenante siavvale ora di un nuovo sistema che prevede i freni a disco anche sull’asse poste-riore, mentre sono disponibili il doppio air-bag e l’ABS.

Per quanto riguarda le motorizzazioni, la nuova Magnum può essere equi-paggiata con un propulsore turbodiesel con intercooler da 2.500 cc. (150 CV) econ due motori a benzina da 2.800 cc. (185 CV) e da 5.000 cc. (V8, 225 CV).

La nuova Magnun V.A.V. (Veicolo Attacco Veloce) utilizza in pratica le stessotelaio e le componenti meccaniche della versione stradale, abbinate ad una ra-dicale trasformazione che ha interessato sia la carrozzeria che l’allestimento ge-nerale del veicolo. La linea, essenziale e priva di fronzoli come si addice ad unfuoristrada destinato ad impieghi militari, si presenta estremamente compattanonostante le dimensioni ed è stata appositamente progettata per soddisfare lepiù svariate esigenze operative (prevista anche una versione blindata). Sotto ilcofano della Magnum V.A.V. alloggiato un motore turbodiesel con intercooler di2.800 cc. (122 CV).

Nella seconda metà dell’anno inizia la commercializzazione della nuova Mer-cedes G 500, equipaggiata con un poderoso propulsore a cilindri di 4.966 cc., ingrado di sviluppare 300 CV a 5.700 giri.

Capace di esprimere una straordinaria accelerazione (da 0 a 100 Kmh. in 7 se-condi), la Mercedes G 500 consente di raggiungere una velocità massima di circa200 Kmh. ed assicura prestazioni stradali da granturismo, grazie anche all’ado-zione di pneumatici ribassati.

Superlativo anche il disimpegno nella guida off-road, grazie alla trazione in-tegrale permanente e ai differenziali (anteriore e posteriore) autobloccanti, af-fiancati al differenziale centrale ripartitore, anch’esso bloccabile.

La serie G 500, equipaggiata solo con cambio automatico a 5 rapporti (+RM), èdisponibile in tre differenti versioni: Cabrio, Station-Wagon Corto e Station-WagonLungo. Nonostante la presentazione avvenuta a stagione avanzata e il prezzo nonindifferente, che supera la soglia dei 150 milioni, la nuova G 500 riscuote un incre-dibile successo nelle vendite (superiore a qualsiasi aspettativa) posizionando que-sto modello ad una quota prossima al 70% del venduto della Casa di Stoccarda.

Tra i nuovi arrivi autunnali apparsi sulla scena internazionale (oltre alla SuzukiJimny) per sfidare il mercato del ‘99, le novità più interessanti sono rappresen-tate dalle nuove versioni della Opel Frontera (disponibile in Italia entro la finedell’anno) e della Jeep Grand Cherokee (che arriverà sul nostro mercato nella suc-cessiva primavera), e dalla piccola Mitsubishi Pajero Io.

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Opel Frontera

Jeep Grand Cherokee 99

Suzuki Jimny

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A sette anni dal debutto nel settore dell’off-road, la Opel Frontera si ripren-senta al vasto pubblico dei suoi estimatori completamente rivisitata (la carreg-giata ora allargata di 6 cm. e anche il passo, sulla Sport, è stato allungato di 13cm. assicurando una migliore abitabilità) e con una linea ancora più moderna eaggressiva, nonostante le linee addolcite che strizzano l’occhio alle sport-utilitydi maggiore successo. Le novità di maggiore rilievo sono comunque rappresen-tate dai nuovi propulsori tra cui spicca il turbodiesel da 2.2 litri a 16 valvole coniniezione diretta in grado di sviluppare 115 CV; tra i motori a benzina sono di-sponibili una versione aggiornata del 2.2. 16 valvole da 136 CV e un potente 3.2V6 che eroga 205 CV. Diverse novità anche per quanto riguarda la trasmissione(dotata di un selettore 2WD-4WD a gestione elettronica, azionabile in marcia fi-no ai 100 Kmh.), che può essere abbinata anche ad un cambio automatico sia nel-la versione diesel che in quella a benzina.

Con la nuova Grand Cherokee “model year 1999” la Chrysler manda definiti-vamente in pensione la vecchia versione (risalente al ‘92), allineandosi anche inquesto caso alle nuove tendenze del mercato (ancora una volta rivolto alle sport-utility) senza tuttavia penalizzare troppo quelle spiccate prerogative fuoristradi-stiche da sempre evocate dal marchio Jeep. Per il mercato europero la nuovaGrand Cherokee, dopo alcuni adeguamenti nell’allestimento e nelle specifichetecniche, verrà prodotta negli stabilimenti austriaci di Graz.

Il restyling della carrozzeria ha reso estremamente più filante tutta la linea,caratterizzata da un parabrezza più inclinato e da proiettori più moderni; le di-mensioni, pur mantenendo invariato il passo, sono sensibilmente aumentate (èpiù lunga di 11 cm., più alta di 5.5 e più larga di 4), mentre le attitudini stradalisono sottolineate da una leggera riduzione (2.5 cm.) dell’altezza minima da ter-ra. Per il mercato italiano sono previste tre motorizzazioni, due a benzina (da 4.0e 4.7 lt.) e una turbodiesel, equipaggiata con il nuovo motore VM 3.2 litri a 5 ci-lindri.

Il nuovo mini Pajero “io” (battezzato, non a caso, con un nome italiano comebuon auspicio per la successiva joint-venture con la Pininfarina di cui sarà il pro-tagonsita) è riservato esclusivamente al mercato giapponese dove fa il suo eser-dio sul finire dell’estate ‘98.

Lungo appena 3.68 metri, è equipaggiato con un motore da 1.8 litri GDI adiniezione diretta a benzina e viene fornito di serie con cambio automatico e ri-duttore.

Arriva invece subito in Europa, in occasione del Salone di Parigi, la SuzukiJimny (a trent’anni esatti dal debutto della sua celebre e omonima antesignana)con l’obiettivo di raccogliere la gloriosa eredità della Samurai.

Estremamemte contenuta nelle dimensioni (lunga 3.62 mt. e larga 1.6) e com-patta negli ingombri, la nuova Jimny pur essendo un fuoristrada a tutti gli effetti(dotata di trazione integrale, inserible, e marce ridotte) si propone anche comebrillante “city car” per il normale utilizzo quotidiano nel traffico metropolitano.

Completamente rinnovata nel look rispetto al vecchio modello, la Jimny di og-

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Lexus StoryLa decisione della Lexus

di entrare nel mercatodelle sport-utility 4x4 ri-sale all’aprile del 1995,quando venne annuncia-to per gli inizi del ‘96 laprima vettura a trazioneintegrale. In realtà la sto-ria della Lexus inizia mol-ti anni prima, nel lonta-no 1983 quando i verticidella Toyota iniziano astudiare la possibilità diavviare un nuovo proget-to per realizzare un’autodi lusso che fosse in gra-do di sfidare le più pre-stigiose vetture presentisul mercato.Nel luglio dell’85 eranopronti i primi 450 prototi-pi marcianti, frutto del la-voro di 60 designer, 24team di ingegneri (con1.400 ingegneri e 2.300tecnici) e 220 lavoratori disupporto. Nel gennaio del1988 il logo Lexus venneintrodotto per la primavolta al Los Angeles AutoShow e l’anno successivole prime due vetture(Lexus LS 400 e ES 250) de-buttano al Detroit AutoShow.Nel 1996 (nello stesso an-no in cui viene festeggia-to il traguardo delle500.000 vetture vendute)esordisce sul mercato laLX 450 e la Lexus entraufficialmente nel mondodelle sport-utility. Il suc-cesso è travolgente e ap-pena due mesi dopo ilsuo debutto, nel marzodel ‘96, la Lexus Lx 450balza al vertice delle ven-dite delle sport-utility

del segmento di lusso,sorpassando persino laRange Rover.Nel febbraio del ‘97 de-butta la concept SLV(Sport Luxury Vehicle) alChicago Auto Show dalcui progetto solo duemesi più tardi si delineauna nuova vettura di se-rie che verrà posta in ven-dita nella prima metà del1988 col nome di RX 300.Nel dicembre del ‘97 vie-ne presentata al Los An-geles International AutoShow la nuova LX470, ri-visitata nella linea edequipaggiata con so-

spensioni idropneumati-che e un nuovo motoreV8 e finalmente, al NorthAmerican InternationalAuto Show di Detroit(gennaio 1998) debuttala RX 300 con la quale laLexus posiziona sul mer-cato delle sport-utility lasua vettura a trazione in-tegrale. Entrambi i mo-delli (LX 470 eRX 300) sono poste in ven-dita a partire dal marzodel 1998 attraverso le 174

concessionarie presentisul mercato americano. LaRX 300, oltre a contribui-re in maniera determi-nante ad un ennesimo in-cremento delle vendite,riscuote anche alcuni si-gnificativi riconoscimenti,come il titolo di “MostAppealing Luxury SportUtility Vehicle”, assegna-to dal J. D. Power and As-sociates Appeal Study, equello di “Sport-Utility ofthe Year” attribuito dallarivista Motor Trand; que-st’ultimo testimonia inol-tre la crescente popola-rità delle SUV sul mercato

americano poiché per laprima volta il premio“Truck of the Year” è sta-to suddiviso da MotorTrend in due riconosci-menti distinti (truck esport-utility).Nel 1999 la Lexus, oltre acelebrare il 10° anniversa-rio dall’inizio della com-mercializzazione sul mer-cato americano, festeg-gia anche il primo milio-ne di veicoli venduti negliStati Uniti.

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gi presenta un frontale molto originale per un fuoristrada, con due gruppi otti-ci quadrangolari di generose dimensioni, una mascherina a cinque fori e un am-pio paraurti avvolgente che si raccorda con il profilo dei due fascioni laterali. Ilmotore, un quattro cilindri di 1.298 cc. ad iniezione elettronica (80 CV a 6.000 gi-ri/min.), è interamente realizzato in alluminio e dispone di un cambio manuale a5 velocità. Il sistema Drive Action 4x4 permette alla Jimny di passare dalle 2 alle4 ruote motrici anche durante la marcia del veicolo, in rettilineo e a velocità in-feriori ai 100 Kmh. Molto curata la dotazione di serie nell’ambito della sicurez-za, che comprende tra l’altro i freni a dischi anteriori (con servofreno a depres-sione), cinture di sicurezza con 3 punti di ancoraggio e pretensionatori, barre la-terali antintrusione e doppi airbag; a richiesta è disponibile anche il sistema ABS.

Sulla passerella parigina debutta inoltre, a dieci anni esatti dall’esordio, lanuova Land Rover Discovery, completamente rinnovata nel look ed equipaggia-ta per la prima volta con un motore a 5 cilindri (2.495 cc., 138 CV a 4.200 giri).

L’inedito propulsore turbodiesel (denominato Td5) comune a tutte le versionidella gamma, tra cui spiccano i due allestimenti previsti per il mercato italiano(Td5 Luxury e Td5 Vogue). La carrozzeria è più lunga di 15 centimetri rispetto almodello precedente e, oltre a conferire al veicolo una linea più slanciata e pro-porzionata, assicura un’ampia disponibilità di spazio nella zona posteriore; ciòha consentito inoltre di poter disporre, nella versione a 7 posti, di due sedili ag-giuntivi fronte marcia (completi di poggiatesta ancorati al tetto tramite un sup-porto pieghevole), o di ampliare ulteriormente il vano di carico del bagagliaionella versione a 5 posti.

Numerose le sofisticate innovazioni adottate per migliorare la maneggovo-lezza e la tenuta di strada su percorsi asfaltati, come l’ACE e l’SLS, due sistemi dicontrollo della dinamica del mezzo tecnologicamente avanzati che (assieme allacarreggiata maggiorata) contribuiscono ad aumentare la stabilità e il comfort dimarcia.

Il sistema automatico di stabilizzazione trasversale ACE (Active CorneringEnhancement) è formato essenzialmente da un attuatore, situato su ogni assale,che indurisce la corrispondente barra di rollio contrastando in maniera ottimalel’inclinazione laterale (responsabile del rollio) che si innesca in seguito all’acce-lerazione laterale impressa al veicolo nel corso di una curva affrontata a velocitàsostenuta.

L’intero sistema gestito da un computer che valuta la forza da imprimere agliattuatori basandosi su una serie di parametri diversi, tra i quali i segnali prove-nienti da sofisticati accelerometri, in funzione delle svariate condizioni stradali. Sufondi sconnessi il sistema ACE viene prontamente attivato, mentre su percorsi ret-tilinei con fondi regolari resta idraulicamente inoperativo, permettendo quindi al-le sospensioni di ammortizzare al meglio (a tutto vantaggio del comfort di mar-cia) ogni eventuale sobbalzo.

L’ACE è in funzione anche della velocità per cui nell’off-road particolarmenteimpegnativo, dove solitamente l’andatura è assai contenuta, non viene attivato;

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Land Rover Discovery

Range Rover Autobiography

gli assali sono liberi di oscillare consentendo quindi alle ruote una perfetta ade-renza al terreno. Nel caso però la velocità dovesse risultare eccessiva il sistemaACE, superata una determinata accelerazione laterale, diminuisce progressiva-mente la sua azione realizzando una sorta di meccanismo di feed-back che ripri-stina l’equilibrio dinamico del veicolo.

Per un’altrettanto elevata stabilità longitudinale entra invece in azione il si-stema di sospensioni autolivellanti SLS (Self Levelling Suspension), ideale com-plemento funzionale del sistema ACE, che equipaggia l’asse posteriore.

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Analogamente al dispositivo adottato sulla Range Rover (presenti su entram-bi gli assi), le sospensioni autolivellanti aumentano (o diminuiscono) la loro pres-sione in funzione del carico grazie a particolari elementi elastici pneumatici acontrollo elettronico; un apposito telecomando consente inoltre di abbassare osollevare le sospensioni posteriori anche dall’esterno, agevolando in questo mo-do sia le operazioni di carico e scarico, che l’eventuale allineamento tra il ganciodi traino e il timone di un rimorchio.

Fornito di serie sulla versione Vogue, è disponibile come optional sulla Luxury,mentre il sistema ACE è optional su entrambe le versioni.

Fedele inoltre alla consuetudine in base alla quale molte delle innovazioni tec-nologiche adottate sulla Discovery vengono prima o poi trasferite anche sulla De-fender, la Land Rover lancia sul mercato anche la nuova Defender Td5 che arrivain anteprima in Italia in occasione del Motorshow di Bologna, mentre la sua com-mercializzazione viene avviata nei primi mesi del ‘99.

Praticamente identica nella linea e nell’estetica alla classica Defender a quat-tro cilindri, la Td5 viene ora equipaggiata con il nuovo propulsore montato sul-la nuova Discovery, anche se leggermente depotenziato (122 CV contro 138).

Il nuovo motore a 5 cilindri 2.5 litri Storm rientra ampiamente nei limiti fissati dal-la normativa sulle emissioni allo scarico (ECD2) entrata in vigore in Europa nell’otto-bre 1998, senza rendere necessaria il ricorso ad eventuali dispositivi catalizzatori.

Tra le altre novità, oltre al sistema ABS e al controllo elettronico della trazio-ne (ETC), entrambi disponibili a richiesta, la Defender Td5 è dotata di sistema an-tisinghiozzo ASC (Anti Shunt Control) che modula la risposta nei cambi di marciae nella guida off-road, e di comando rapido dell’acceleratore TFC (Fast ThrottleControl) che ottimizza la risposta del motore al comando dell’acceleratore in ba-se alla selezione dei rapporti del riduttore, indipendentemente dall’utilizzo del-la gamma veloce o della gamma lenta. In situazioni di emergenza entra in azio-ne un particolare dispositivo (“Limp Home”) che, ogni qualvolta si verifica unavaria ai sensori principali cui è affidata la gestione dei sistemi elettronici di bor-do, entra automaticamente in azione posizionando il motore ad un regime di1.200 giri al minuto; ciò consente di proseguire la marcia senza problemi fino adestinazione o al centro di assistenza tecnica più vicino.

Entro il ‘98 inoltre l’Azienda di Solihull, in perfetta sintonia con la filosofia del“fuoristrada in abito da sera”, presenta la nuova Range Rover Autobiography (inItalia arriverà all’inizio del ‘99), una versione estremamente raffinata ed elegan-te dell’indiscussa ammiraglia dell’Azienda di Solihull.

Riservata agli appassionati di off-road della fascia più alta ed esclusiva di mer-cato, la Range Rover Autobiography è equipaggiata con una dotazione accesso-ristica talmente sofisticata da far quasi invidia al sultano del Brunei.

Partendo dal modello base (si fa per dire) 4-6 HSE, la Land Rover è riuscita acreare un veicolo ultra-esclusivo caratterizzato da una serie di optional che ren-dono la Range ulteriormente raffinata e sontuosa il cui prezzo d’acquisto vienequasi a sfiorare i 180 milioni.

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Cronistoria della Range Rover1970: Presentazione della Range Rover con carrozzeria a 2 porte (V8, 3.5 lt., ali-

mentazione a carburatori).1981: Primo allestimento in versione Luxury; prima versione a 4 porte.1982: Viene introdotta, a richiesta, la versione con cambio automatico.1983: Nuovo cambio manuale a 5 marce.1984: Il modello Luxury assume la denominazione Vogue ed entra nella normale

produzione di serie.1985: Introduzione del modello V8 con alimentazione elettronica. Nuova trasmis-

sione automatica a 4 velocità.1986: Viene introdotta la versione diesel (4 cil., 2.4 lt.).1987: La Range Rover approda sul mercato USA.1988: Presentazione della Range Rover Vogue SE. Cessa la produzione di propul-

sori V8 a carburatori.1989: Aumento della cilindrata sia per il V8 a benzina (3.9 lt.) che per la versione

diesel (2.5 lt.); vengono introdotti per la prima volta l’ABS, il differenzialecentrale con giunto viscoso e il riduttore con trasmissione a catena silen-ziosa.

1990: Introduzione delle sospensioni antirollio.1992: Presentazione della Vogue LSE, modello top della gamma Range Rover, equi-

paggiata con motore V8 di 4.2 litri; introduzione delle sospensioni pneuma-tiche, del nuovo turbodiesel intercooler e dell’iniezione diretta di 2.5 litri(Tdi).

1993: Viene avviato ilprogramma Au-tobiography.

1994: Debutto dellaRange Rover di se-conda generazio-ne, equipaggiatacon due motoriV8 a benzina (4.0e 4.6 lt.) e con ilturbodiesel BMWa 6 cilindri (2.5 lt.).

1999: P re sentaz ionedella versione Li-mited Edition“Linley”, la più costosa (ca. 300 milioni) Range Rover mai commercializzata.

2000: La Land Rover festeggia i 30 anni della Range Rover la speciale versione“30th Anniversary Edition”.

2001: Debutta al Salone di Ginevra una nuova versione in edizione limitata dellaRange Rover, battezzata “Westminster”, ulteriormente arricchita nella do-tazione accessoristica e prodotta in soli 400 esemplari. Nel frattempo au-mentano sulle riviste specializzate le indiscrezioni sulla nuova Range Rover,la cui presentazione attesa entro la fine dell’anno.

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La super-ammiraglia inglese può essere ora equipaggiata con navigatore sa-tellitare (11.928.000) dell’ultima generazione, body-kit in tinta con la carrozze-ria (3.050.000), vetri oscurati (2.215.000), kit video e tv (24.419.000) compren-dente videoregistratore e 2 monitor integrati nei poggiatesta anteriori, interniin radica (3.238.000) e volante rifinito in radica e pelle (2.028.000).

Dal punto di vista meccanico anche la versione Autobiography, in coinciden-za dell’introduzione del modello Range Rover 1999, è equipaggiata con la ver-sione evoluta del motore V8, denominata “Thor” (disponibile solo sulla versionecon cambio automatico). Il nuovo sistema di gestione elettronica (Bosh Motro-nic) e il collettore di aspirazione più efficiente assicurano una potenza e una cop-pia più elevata, abbinate ad una concomitante riduzione delle emissioni di sca-rico; tra le altre migliorie apportate in questa motorizzazione che, oltre ad ab-bassare i costi di gestione assicurano una maggiore longevità del V8 “Thor”, van-no segnalate inoltre le candele al “doppio platino” a lunghissima durata, le bo-bine di accensione sdoppiate e i cavi di alta tensione provvisti di rivestimento si-liconico.

Sul versante della sicurezza, vanno segnalati inoltre l’introduzione degli air-bag laterali e il controllo elettronico della trazione (presente dal ‘94 solo sulleruote anteriori) esteso ora su tutte e quattro le ruote.

Per la Land Rover il 1998 si conclude con un bilancio decisamente positivo (ap-pannato solo in parte dalle pesanti flessioni registrate sul versante delle vetturestradali) sul mercato italiano. Per la prima volta infatti, viene superato il tettodelle 10.000 unità vendute, attestandosi al primo posto nella hit-parade dellevendite sul nostro mercato.

Incrementando sensibilmente la quota dell’anno precedente (7.150), la RoverItalia ha venduto nel ‘98 in Italia 10.238 veicoli battendo, seppur di stretta misu-ra, la più diretta inseguitrice (la Mitsubishi, con oltre 9.500 veicoli immatricolati,si è classificata al secondo posto). Il modello più gettonato dell’anno è stato ilFreelandar, con 4.010 unità.

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Le nuove proposteper il terzo millennio 1999-2000

CAPITOLO 8

Con l’arrivo del 1999, data fatidica che anticipa l’arrivo del terzo millennio,di-venta incandescente il dibattito intorno al fuoristrada del 2000. Addetti ai lavori, ca-se costruttrici, designer e guru del marketing, si affannano nel cercare di delineareil più verosimilmente possibile quali possano essere gli scenari e le future tipologiedel veicolo a trazione integrale. Negli ultimi anni l’industria automobilistica si è sbiz-zarrita in una ricca e assortita terminologia che ha dato origine ad una vera e pro-pria babele semantica, non priva di qualche confusione, all’interno delle varie tipo-logie off-road. RAV (Ricreational Active Vehicle), AAV (All Activity Vehicle), SUV(Sport Utility Vehicle), SAV (Sport Activity Vehicle), SUT (Sport Utility Truck), CR-V(Compact Recreational Vehicle), HR-V (High Recreative Vehicle), MPV (Multi Purpo-se Vehicle), MAV (Multi Activity Vehicle), SSU (Super Sport Utility) e HMMWV (HighMobility Multipurpose Wheeld Vehicle), sono soltanto alcune delle svariate sigle chehanno accompagnato le maggiori novità prodotte intorno alla seconda metà deglianni Novanta dai maggiori costruttori di 4x4. Anche all’inizio del 1999 i riflettori ditutto il mondo sono puntati sulla passerella americana di Detroit dove, ai primi digennaio, sfilano tra gli stand dell’Auto Show le principali attrazioni e le novità dimaggiore rilievo pronte a invadere i mercati internazionali.

Tra le novità della normale produzione di serie, già ampiamente anticipata sul fi-nire dell’anno precedente con una serie di numerose indiscrezioni accompagnatedalle solite immagini “rubate”, il pezzo forte del Salone di Detroit è rappresentatodall’anteprima mondiale della BMW X5.

Definita come la prima Sports Activity Vehicle, la BMW X5 sembra (almeno all’a-proccio iniziale) più destinata ad allargare le qualità di sportività e comfort delle tra-dizionali berline BMW su percorsi sterrati o fondi sconnessi, che non inseguire am-bizioni fuoristradistiche vere e proprie.

Le stesse caratteristiche del veicolo, che rispetto al tradizionale ponte rigido e altelaio a longheroni dei normali fuoristrada è dotato di carrozzeria portante, lascia-no ben pochi dubbi sul tipo di utilizzo cui è destinata la X5. Comfort e prestazionisono in linea con la migliore tradizione BMW, grazie all’adozione di un sofisticatosistema di controllo delle sospensioni definito DSC (Dynamic Stability Control), il cuiimpianto integra tutte le funzioni di ABS con CBC (Cornering Brake Control), DBC(Dynamic Brake Control) e ASC (Automatic Stability Control).

Dal punto di vista fuoristradistico, la BMW X5 è equipaggiata di trazione inte-grale permanente (senza riduttore) che, in condizioni normali, invia il 62% dellacoppia al ponte posteriore e il 38% a quello anteriore; per affrontare le discese ri-

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pide c’è l’ormai classico dispositivo HDC (Hill Discent Control), mentre in sostituzio-ne dei differenziali autobloccanti interviene il sistema automatico ADB (AutomaticDifferential Brake). La X5 è costruita negli stabilimenti americani di Spartanburg(Carolina del Sud) e, stando alle prime anticipazioni, dovrebbe essere equipaggiatasia con motori a 6 cilindri in linea che nella versione V8; quest’ultima inoltre è for-nita di serie con sospensioni autolivellanti.

Ma il vero fiore all’occhiello dell’Auto Show di Detroit porta ancora una volta lafirma della Chrysler che, dopo gli exploit degli anni precedenti, riesce ancora unavolta a distanziare (seppur nell’ambito delle concept car) la concorrenza presen-tando in anteprima mondiale la Jeep Commander.

Quasi in sintonia col vecchio adagio “non c’è due senza tre”, la Chrysler stupiscedi nuovo appassionati e addetti ai lavori con una nuova e ipertecnologica conceptcar.

Dopo l’innovativa Jeep Icon (1997) e l’avveniristica Jeepster (1998), ecco appro-dare al Salone di Detroit del 1999 la Jeep Commander, il nuovo gioiello realizzatodalla Chrysler. Diversamente da qualsiasi altro fuoristrada finora prodotto, la JeepCommander è equipaggiata con due motori elettrici azionati da pile a combustibi-le (alimentate a metanolo) in grado di creare corrente autonomamente assicuran-do una trazione integrale permanente.

Per quanto riguarda l’estetica la Jeep Commander presenta un look molto high-tech e raffinato che ben si armonizza con la carrozzeria in fibra di carbonio; l’ado-zione di questo materiale consente di risparmiare fino al 40% in termini di peso,mentre sui costi di fabbricazione il risparmio oscilla tra il 10 e il 50%, senza contareche è riciclabile al 100%.

Tra le numerose particolarità presenti nell’ampia dotazione accessoristica vannosegnalati gli specchietti retrovisori dotati di tergicristalli e specchi convessi a 180°, ingrado di eliminare ogni zona d’ombra, e un elaborato computer di bordo. Que-st’ultimo, oltre a fornire dati GPS, consente inoltre di accedere ad Internet e di ot-tenere informazioni meteo, stradali, telefoniche, indirizzi e-mail e una serie di rag-guagli sulla diagnostica del veicolo; in caso di furto inoltre, una macchina fotogra-fica inserita nel cruscotto trasmette elettronicamente l’immagine del guidatore al-la polizia.

Oltre alla Jeep Commander la produzione americana, sempre estremamente di-namica e particolarmente prolifica in occasione del Salone di Detroit, ha presenta-to nella metropoli americana una vasta gamma di novità nella maggior parte deipadiglioni dei marchi più prestigiosi (Dodge, Ford, Lincoln, Chevrolet e Hummer).

Altrettanto ardita e innovativa come proposta per il fuoristrada del terzo mil-lennio è il Dodge Power Wagon, una 4x4 realizzata dalla Daimler Chrysler come so-luzione estrema (ma altamente sofisticata) della più tradizionale tipologia pick-up.Considerato erroneamente a prima vista come un semplice esercizio stilistico, sep-pur molto raffinato ed esclusivo, il Dodge Power Wagon presenta un look estre-mamente accattivante che ha suscitato una straordinaria ammirazione fin dalla suaprima apparizione. La classica linea del pick-up è stata completamente rivisitata in

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BMW X5

Jeep Commander Lincoln Blackwood

Dodge Dakota Quad Cab Hummer TT4

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chiave moderna, nonostante le linee retrò che si ricollegano senza troppa enfasi aicanoni stilistici dei vecchi modelli Dodge degli anni Quaranta.

Decisamente all’altezza dell’intero progetto il propulsore scelto per il DodgePower Wagon, sotto il cui cofano è alloggiato un 6 cilindri turbodiesel di 7.2 litri ingrado di sviluppare 250 CV; questo motore è stato inoltre particolarmente studia-to per ridurre al minimo l’inquinamento ambientale, grazie all’utilizzazione di unnuovo carburante di sintesi (privo di zolfo e derivati del metano), e ad un nuovo si-stema Common rail che riduce le emissioni di ossido di azoto.

Sempre con il marchio Dodge debutta a Detroit il nuovo Dakota Quad Cab, unpoderoso pick-up che grazie all’allestimento a doppia cabina assicura una notevoleabitabilità interna senza penalizzare (visto le sue dimensioni) le capacità di caricodel voluminoso cassone posteriore; tra le motorizzazioni previste, entrambe a ben-zina, figurano un V8 Magnum (4.7 lt., 245 CV) e un V6 (3.9 lt., 175 CV).

In occasione del Salone di Detroit la Chevrolet ha inoltre aggionato la sua vastagamma di fuoristrada, tra cui il nuovo pick-up Silverado a doppia cabina e un’ela-borata versione del classico Tahoe, presentato nella versione allungata; battezzatocome Suburban, questo veicolo supera la lunghezza di 5 metri e viene proposto siacon la trasmissione integrale permanente che con quella inseribile. La maggione no-vità della produzione ‘99 della Chevrolet riguarda comunque il nuovo motore V8da 5.3 litri che, nonostante la lieve riduzione di cilindrata rispetto al vecchio pro-pulsore finora montato sul Tahoe (5.7 lt.) sviluppa una potenza maggiore (270 CVcontro 255). Tra le taglie “mini”, da segnalare la versione speciale della Geo Trucker,battezzata ZR2, ennesima elaborazione della Vitara nata dalla joint-venture traChevrolet e Suzuki destinata al mercato americano. Anche la Ford ha puntato le suecarte sui pick-up, soprattutto per quanto riguarda la gamma F 150 (da anni ai ver-tici nella hit-parade sul mercato americano) che ha visto l’introduzione del nuovomodello 2000 Crew Cab a doppia cabina, disponibile solo con cambio automatico;enorme nelle dimensioni ( lungo 5.4 metri) ed estremamente spazioso e conforte-vole, può essere equipaggiato con due motori V8 da 4.6 o 5.6 litri. Più contenutonelle dimensioni invece il Ford Explorer Sport Trac, un pick-up a doppia cabina lun-go meno di 5 metri ed equipaggiato con cambio automatico e motore V6 da 4 litri(204 CV).

La tendenza “made in USA” a fondere la tipologia dei pick-up con quella dellesport-utility ulteriormente confermata dalla concept Lincoln Blackwood, un ele-gante pick-up (già visto il mese prima al Los Angeles), anch’esso a 4 porte, derivatodalla altrettanto lussuosa Navigator, caratterizzata da un cassone in alluminio inte-ramente rivestito in legno e dotato di un hard-top idraulico (sollevabile a 45°) conribaltina a doppia anta. Equipaggiato di navigatore satellitare e cambio automati-co, la Lincoln Blackwood monta un motore V8 di 5.4 litri.

Aria di novità anche per l’austero Hummer che, dopo aver conquistato le roven-ti sabbie dei deserti del Golfo (e combattuto in mezzo mondo), si ripropone nel ‘99in una versione ulteriormente evoluta equipaggiata con il controllo elettronico del-la trazione TT4 che, affinando la già sofisticata trazione integrale permanente mes-

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sa a punto dai progettisti della AM General, ottimizza il sistema frenante per tra-sferire la coppia alle ruote con minore motricità.

Tra le aziende giapponesi, sempre più diffuse sul mercato americano, interessan-ti novità sono approdate a Detroit dalla Nissan, dalla Toyota e dalla Mitsubishi, men-tre un’altra presenza significativa della produzione asiatica è stata quella della co-reana Hyundai.

La proposta della Nissan, prodotta direttamente negli stabilimenti americani del-la Casa giapponese, è una sport utility dalle dimensioni molto contenute e dalla li-nea compatta, battezzata Xterra, equipaggiata inizialmente con un motore V6 da3.3 lt. (179 CV) e un 4 cilindri da 2.4 lt. (143 CV).

Nell’ambito delle concept car la Nissan presenta anche una nuova interpreta-zione del pick-up, denominata SUT (Sport Utility Truck), con carrozzeria a doppiacabina e portellone posteriore sollevabile come su una normale station-wagon;questa soluzione, del tutto inedita finora su questa tipologia di 4x4, offre ampiepossibilità di carico rispetto ai normali pick-up una volta ribaltato il sedile posterio-re. Equipaggiato con un motore V6 di 3.3 litri in grado di sviluppare 170 CV, la Nis-san SUT dotata di cambio automatico a 4 rapporti con riduttore a due rapporti, fre-ni a disco e ABS.

Nello stesso segmento si cimenta anche la Toyota che propone la Tundra, un pick-up a doppia cabina di grosse dimensioni, equipaggiato con un motore V8 di 4.7 li-tri (245 CV) che per la prima volta nel suo segmento risponde appieno alle norma-tive antinquinamento LEV (Low Emission Vehicle).

Controcorrente invece la Mitsubishi che lancia a Detroit l’avveniristica SSU (Su-per Sport Utility) realizzata nei modernissimi stabilimenti americani di Cypress, inCalifornia, sede di uno dei più avanzati centri di progettazione della Casa giappo-nese. Pur trattandosi di una concept car, la Mitsubishi SSU presenta numerose solu-zioni innovative che non escludono una futura produzione di serie. Il veicolo, ca-ratterizzato da una linea decisamente originale e insolita, offre un’ampia abitabi-lità a cinque persone e un elevato grado di comfort (grazie all’assenza dei montan-ti centrali che agevola l’accesso ai sedili posteriori), assicurando una velocità massi-ma prossima ai 240 Kmh.; dotato di trazione integrale permanente, equipaggiatocon un motore V6 biturbo di 2.5 litri a 24 valvole capace di sviluppare 310 CV, abbi-nato ad una trasmissione automatica a cinque rapporti.

Completamente “made in Usa” nonostante le origini asiatiche è anche la nuo-vissima Hyundai Santa Fe, il modello che segna il debutto della Casa coreana nel set-tore delle sport-utility. Interamente progettata dalla Hyundai presso il centro stileamericano di Fountain Valley, dove ha sede lo Hyundai California Design, la Hyun-dai Santa Fe presenta una linea grintosa ma abbastanza tradizionale che si ricolle-ga a quella di molte station-wagon presenti sul mercato; notevoli le prestazioni as-sicurate dal potente motore V6 (realizzato in alluminio) di 3.0 litri, abbinato alla tra-zione integrale permanente e al cambio automatico a 4 rapporti con gestione elet-tronica. Per quanto riguarda la produzione europea infine, al Salone di Detroit (ol-tre alla BMW X5) debutta anche la ML 55, la nuova ammiraglia della Classe M Mer-

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cedes che, seppur presentata come prototipo, ha suscitato molto interesse per le sueprestazioni quasi da record; la ML 55 è infatti equipaggiata con un motore V8 di 5.5litri, in grado di erogare 340 CV, che assicura accelerazioni notevoli (da 0 a 100 Kmh.in 7 secondi) e una velocità di punta prossima ai 240 Kmh.

Sempre dal mercato americano, e proprio da Detroit dove ha sede la fabbricadella Cadillac Division, arriva in Europa la Escalade (già presentata verso la fine del‘98), un sontuoso modello di 4x4 con la quale la Cadillac fa in suo ingresso in gran-de stile nel settore delle maxi-fuoristrada di lusso. Con questo veicolo la General Mo-tors (proprietaria del marchio) si propone di attestarsi tra le posizioni di vertice del-le sport-utility di grosse dimensioni destinate alla fascia più alta del ricco mercatoamericano.

Un mercato nel quale l’attesa per una 4x4 tagata Cadillac è già proiettata allaprimavera del 2001, nel corso della quale dovrebbe arrivare (stando alle voci e alleindiscrezioni fatte circolare negli ultimi anni) un fuoristrada più compatto e del tut-to inedito. Nel frattempo la General Motors, utilizzando la tecnologia acquisita suveicoli ormai ampiamente collaudati (come lo Chevrolet Tahoe o il GMC Yukon) hanotevolmente anticipato i tempi per il suo debutto nella supernicchia dei fuoristra-da da sogno. In questo territorio la Cadillac Escalade prende le distanze sia dalle piùdirette concorrenti di casa (come la Lincoln Navigator ad esempio) che sulle avver-sarie d’oltreoceano di produzione giapponese (Lexus) o anglosassone (Range Ro-ver).

Imponente nelle dimensioni ( lunga 5.11 mt., larga 1.96 e alta 1.89), la Escaladepresenta un grado di finiture e una cura dei particolari che non teme confronti (neisedili, oltre ad ogni tipo di regolazione elettrica possibile, è inserito persino un sup-porto lombare vibrante per massaggiare la schiena!), assicurando sempre il massi-mo comfort in qualsiasi condizione di guida e velocità (max 180 Kmh.).

Impostata sulla tradizionale carrozzeria station wagon a 5 porte, la Cadillac Esca-lade è equipaggiata con un 8 cilindri (anteriore e longitudinale) a V di 5.733 cc. ingrado di sviluppare 258 CV a 4.600 giri. La trazione (posteriore, anteriore inseribile)è abbinata ad un cambio automatico a quattro velocità, con riduttore a due rap-porti che (compatibilmente con le dimensioni del veicolo) consente prestazioni di ri-lievo anche nella guida off-road; sicura e decisa anche la frenata, nonostante il pe-so del veicolo (2.528 Kg.) e la presenza dei dischi autoventilati solo sui freni ante-riori.

Archiviato il clamore delle prime anticipazioni sfilate sulla passerella a stelle e stri-sce di Detroit, i riflettori internazionali si spostano sul Salone di Ginevra. Giunto perl’ultimo appuntamento del secolo alla 69a edizione, il Salone di Ginevra rappresentada molti anni un preciso punto di riferimento per la produzione mondiale, sia in virtùdella particolare strategia commerciale (ancora oggi rappresenta l’unica rassegna in-ternazionale a svolgersi con cadenza annuale) che grazie all’assenza di un’industriaautomobilistica nazionale; quest’ultimo punto inoltre, allontanando il sospetto dieventuali favoritismi, pone praticamente le maggiori aziende in una sorta di terrenoneutrale al cui interno tutti possono misurarsi in condizioni di parità rispetto alla con-

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correnza. Una concorrenza sempre più agguerrita che negli ultimi tempi ha dato ilvia a una serie di fusioni e alleanze che hanno completamente ridisegnato il pano-rama automobilistico mondiale sia tra i grandi nomi (Chrysler-Daimler e Ford-Volvo)che tra le aziende asiatiche (Hyundai-Kia e Daewoo-SsangYong). Sul fronte europeoinoltre la BMW proprio a Ginevra ha ribadito che non è in alcun modo intenzionataa vendere (né a cedere), nonostante le pesanti perdite nel settore delle autovetture,la Rover. Tra le novità presenti a Ginevra (oltre al debutto europeo della BMW X5 edella Jeep Commander), l’evento di maggior interesse rappresentato dall’anteprimamondiale del Mitsubishi Mini Pajero Pinin.

Dopo tante indiscrezioni e smentite, sia dalla Mitsubishi che dalla Pininfarina, euna serie di notizie filtrate col contagocce, è apparso finalmente l’attesissimo Paje-ro Pinin che, nelle intenzione di entrambi i partner, dovrebbe introdurre una nuo-va concezione di sport utility compatta per il fuoristrada e la citta. Filosofia ulte-riormente sottolineata dalla presenza al Salone di Ginevra di due prototipi che, sep-pur simili nelle caratteristiche tecniche, presentano un look diverso in funzione deltipo di utilizzo. Il primo, elegante e sobrio nelle linee, è identificato con la sigla“City-size Refinenment” e si presta ad un utilizzo prevalentemente urbano, mentreil secondo, battezzato “Off-road Excitement” strizza l’occhio agli appassionati difuoristrada e si presenta con un look molto aggressivo e grintoso.

Estremamente compatto nelle dimensioni (lungo 3.7 mt., largo 1.6 e alto 1.6), ilPajero Pinin è equipaggiato con il nuovo motore GDI (Gasoline Direct Injection) abenzina di 1.8 litri ad alto rendimento che riduce notevolmente i consumi; la tra-zione integrale adotta l’esclusivo sistema Mistubishi Super Select 4x4 che consentedi selezionare quattro modalità di guida, di cui due riservate alla guida off-road.

Concepito in Giappone e sviluppato appositamente per le esigenze del mercatoeuropeo, in collaborazione con la Carrozzeria Pinifarina, il Pajero Pinin (dotato di si-stema di navigazione con display a cristalli liquidi) verrà prodotto a partire dal me-se di luglio nei nuovi stabilimenti di Bairo Canavese per arrivare sul mercato entroil mese di settembre; entro la fine del ‘99 è prevista la produzione di 11.000 veicoliche, a partire dal 2000, dovrebbe attestarsi sulle 35.000 unità annue. Tra le altre no-vità apparse al salone ginevrino vanno segnalate inoltre altri tre interessanti mo-delli rappresentati dalla Suzuki Grand Vitara 3P, dalla Status & Class Contender XGe dalla Mercedes ML 430.

A un anno esatto dal debutto della Grand Vitara a 5 porte, presentata al Salonedi Ginevra del ‘98, la Suzuki amplia la gamma con un’inedita versione a 3 porte delcollaudato modello (già approdato in Europa in occasione del Salone di Birminghamche precede di poco sul calendario quello svizzero).

Decisamente più compatta nelle dimensioni rispetto al precedente modello, lanuova Grand Vitara 3P assicura un’eccellente flessibilità in fuoristrada, ulterior-mente esaltata dal nuovo Drive Select che consente di passare tranquillamente inmarcia dalle 2 alle 4WD e viceversa. In ogni istante è possibile adattare lo stile di gui-da alle svariate condizioni di marcia senza alcuna perdita di trazione; l’unica pre-cauzione alla quale attenersi è quella di effettuare entrambe le operazioni al di sot-

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to dei 100 Kmh., mentre per l’inserimento delle marce ridotte è necessario che il vei-colo sia fermo.

L’altra novità dello stand Suzuki è stata la Grand Vitara a 5 porte equipaggiatacol nuovo propulsore Doch V6 da 2.5 litri a 24 valvole, che assicura un elevato rap-porto peso-potenza grazie all’ampio utilizzo dell’alluminio (usato per la realizza-zione della parte inferiore della coppa dell’olio, il monoblocco cilindri, la testata ela copertura della testata).

Per quanto riguarda le motorizzazioni, sul mercato italiano verrà importata laversione equipaggiata con un motore a benzina da 1.600 cc a 16 valvole (sul mo-dello presentato a Ginevra c’era un 2.0 litri), mentre bisognerà attendere qualchetempo per l’arrivo della nuova versione a 5 porte con il motore V6 da 2.5 litri.

Alle soglie del terzo millennio il mondo dell’auto, e quello del fuoristrada in par-ticolare, vuole anche riuscire ad abbinare il meglio dell’alta tecnologia espressa og-gi nell’industria delle quattro ruote motrici con la migliore tradizione artigianaleeuropea, con l’intento di offrire un veicolo esclusivo in ogni particolare riservato aduna ristretta fascia di utenza. Questi, in sintesi, gli ambiziosi obiettivi della Status &Class (fondata a Ginevra nel ‘96), una ditta svizzera che ha scelto proprio la passe-rella di casa per il debutto europeo del Contender XG, presentato in anteprimamondiale al Gulf 4x4 & Off-road Show svoltosi a Dubai nel novembre ‘98.

Allestito su telaio e meccanica del Mercedes Benz G, il Contender XG è il primocoupé off-road ad essere prodotto di serie che, grazie ad una serie di caratteristicheesclusive, si propone di ampliare le potenzialità delle normali sport-utility grazie algeneroso propulsore di 3.2 litri (V6, 215 CV) che consente velocità di punta prossimeai 200 Kmh.

Dotato di trazione integrale permanente, bloccaggio dei differenziali, marce ri-dotte e cambio automatico a 4 velocità, il Contender XG assicura prestazioni fuori-stradisitiche di tutto rispetto grazie alla notevole altezza da terra e all’ampiezza de-gli angoli di attacco e uscita. Tra gli accessori forniti di serie figurano il sistema di na-vigazione satellitare estraibile (lo schermo a cristalli liquidi può essere utilizzato an-che come schermo tv-color) e impianto stereo multi-CD integrato nella parte po-steriore dell’abitacolo.

Destinato soprattutto ai ricchi mercati arabi che gravitano attorno al Golfo Persi-co, il Contender XG è già disponibile sul mercato; per averlo basta sborsare 270.000dollari.

Direttamente da casa Mercedes arriva invece a Ginevra la nuova Classe ML 430che, nel prossimo futuro, rappresenterà il modello di punta dell’intera gamma sulmercato europeo.

Il potente propulsoere a 8 cilindri (4.300 cc., 272 CV) è in grado di fornire un’ac-celerazione da 0 a 100 Kmh. in soli 8 secondi e 4 decimi, con una velocità di puntadi 210 Kmh.

In occasione del Salone di Ginevra viene inoltre ufficializzato l’accordo Daewoo-SsangYong (quest’ultima diventa un marchio del gruppo Daewoo Motor Company)per cui anche i fuoristrada Musso e Korando si presentano con il nuovo logo (in Ita-

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Mazda B2500 Cab Plus Mitsubishi Mini Pajero Pinin

Kia Sportage Cabrio Renault Scenic Rx4

Status & Class Contender XG

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lia comunque continueranno a chiamarsi SsangYong); sostanzialmente invariati ri-spetto ai modelli già noti, i 4x4 Daewoo mantengono sia i motori che gli organi ditrasmissione basati sul know-how Mercedes.

Assente a Ginevra invece il nuovo pick-up della Mazda, il B 2500 Cab Plus, che ar-riva subito dopo su tutti i mercati europei. Sottoposto ad un lieve restyling, è equi-paggiato con un motore diesel di 2.5 lt. (78 CV nella versione aspirata, 110 con il tur-bo), la nuova Mazda B 2500 è dotata di trazione integrale azionabile elettricamen-te ed è omologata come autocarro (versioni a 2,4 e 5 posti). Elevato il livello di si-curezza, assicurato dalla presenza del doppio airbag e dalle barre di protezioni la-terali.

Nello stesso periodo arrivano in Italia anche i nuovi pick-up della Isuzu (SpaceCab, Crew Cab e Single Cab),equipaggiati con motori turbodiesel ad iniezione di-retta a quattro cilindri, di 2.5 lt. (76 CV) per la Single Cab e la Space Cab, e di 3.1 lt.(109 CV) disponibile sia sulla Space Cab e sulla Crew Cab, entrambi caratterizzati daun’elevata coppia ai bassi regimi e da una ridotta emissione dei gas di scarico.

Nel frattempo un’altra casa giapponese sale alla ribalta della scena economicainternazionale quando (il 27 marzo del 1999) viene annunciato l’accordo Nissan-Re-nault.

Più che un accordo, si tratta in realtà di una vera e propria acquisizione che salvadalla bancarotta la Nissan, un’azienda la cui mole di debiti (oltre 35 mila miliardi) ave-va già messo in fuga altri pretendenti come Ford e Daimler-Chrysler. Per la Renaulttutto è stato più facile grazie alla pesante presenza dello stato francese che control-la il 42% del capitale, e dovrà impegnare nell’operazione 10.000 miliardi per sotto-scrivere l’aumento di capitale della Nissan divenendo il primo azionista con il 35%delle azioni.

L’accordo Nissan-Renault sancisce inoltre di fatto la nascita del quarto polo au-tomobilistico mondiale che si attesta su una quota di mercato pari al 9.1%.

All’ottavo posto della hit-parade dei big dell’auto si trova invece la Honda (4.3%)che, diversamente da molte altre aziende giapponesi gode di ottima salute e nonha bisogno al momento di alcun partner, né di joint-venture. La Honda infatti si ri-vela altamente competitiva grazie ad una produzione globale annua di oltre settemilioni di motori per auto, moto e imbarcazioni. Nel settore dell’off-road inoltre laHonda, nonostante sia approdata solo di recente nel mondo dei veicoli a trazioneintegrale con la CR-V, ha ulteriormente consolidata la sua posizione mettendo a se-gno un altro colpo ben centrato con l’introduzione della HR-V.

La storia dell’Honda HR-V (High Recreative Vehicle) ha inizio nell’autunno del ‘97con la presentazione al Salone di Tokyo della Honda Concept J-WJ, una 4x4 legge-ra e compatta caratterizzata da una linea molto innovativa.

Equipaggiata con un motore a 4 cilindri di 1.500 cc., la Honda J-WJ presenta di-mensioni molto contenute ( lunga 3.95 metri, larga 1.78 e alta 1.77) e dispone di unsistema automatico di trazione (Real Time 4WD) che assicura l’inserimento auto-matico delle quattro ruote motrici ogni qualvolta le condizioni stradali lo richieda-no.

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In Europa la vediamo alcuni mesi dopo in occasione del Salone di Ginevra del ‘98,dove costituisce la principale attrazione degli stand della Honda. La successiva evo-luzione della J-WJ porta in meno di un anno alla realizzazione della versione defi-nitiva della Honda HR-V che viene presentata in anteprima europea in Italia in oc-casione del Motorshow di Bologna nel dicembre del ‘98. Appena quattro mesi do-po, nel marzo ‘99 arriva sul mercato italiano riscuotendo subito un notevole suc-cesso nelle vendite grazie alla sua immagine sbarazzina e al buon rapporto qualità-prezzo.

Sulla HR-V il motore è stato leggermente aumentato nella cilindrata (1.6 lt., 105CV a 6.200 giri) e, come nella precedente versione Concept, il veicolo presentaun’ampia e assortita dotazione di serie che comprende tra l’altro l’ABS e il doppioairbag. Estremamente versatile su strada (consente una velocità massima di oltre160 Kmh.) e sugli sterrati veloci, l’Honda HR-V evidenzia i suoi limiti sui percorsi fuo-ristrada particolarmente impegnativi (manca il riduttore) e nell’abitabilità genera-le (l’accesso ai sedili posteriori si rivela alquanto difficoltoso).

Nella primavera del ‘99 arriva inoltre in Italia anche la nuova Kia Sportage Ca-brio, assieme ai modelli della nuova gamma, completamente rivisitata nell’esteticae migliorata nei dettagli, pur mantenendo invariate le motorizzazioni.

Dopo un 1998 molto travagliato, nel corso del quale la Kia ha rischiato di esseretravolta dalla bufera economica che ha investito l’intero Sud-Est asiatico, l’Aziendasud-coreana ha superato brillantemente la pesante crisi. La proprietà, in minimaparte controllata dalla Ford, era frazionata tra numerosi azionisti nessuno dei qua-li in grado di risollevare le sorti del marchio.

Con l’acquisizione della Kia Motors da parte della Hyundai (da sempre conside-rata come il principale rivale storico) che ha rilevato il pacchetto azionario di mag-gioranza la situazione si avvia verso la normalizzazione e la produzione, pur conti-nuando con i due marchi ben distinti, consolida l’ottimo stato di salute dimostratonegli ultimi anni dalla Kia soprattutto sul mercato americano. Sul fronte di casa no-stra inoltre, l’acquisizione da parte della Hyundai determina il passaggio della KiaMotors Italia nel gruppo Koelliker che diventa così uno dei poli più attivi e consoli-dati in Italia nel settore dei 4x4.

Tra le novità riservate al mercato coreano la Kia presenta inoltre una nuova ver-sione allungata della Sportage a 5 porte che, pur avendo la carrozzeria estesa nellaparte posteriore di 30.5 cm., mantiene lo stesso passo delle versioni a 3 porte e a 5porte standard.

La Sportage allungata, pur assicurando un notevole aumento di volume nelle di-mensioni del bagagliaio, mantiene inoltre la stessa lunghezza massima (mt. 4.43) del-la normale versione a 5 porte grazie all’assenza sul portellone posteriore della ruotadi scorta; quest’ultima è stata collocata sempre esternamente, ma sotto il pianale ga-rantendo quindi un’ulteriore disponibilità di spazio all’interno del bagagliaio.

Oltre ai tradizionali nuovi arrivi, i primi mesi del 1999 fanno registrare anche ilritorno (dopo alcuni anni di assenza) dell’Isuzu Trooper, importato per la prima vol-ta in Italia dalla General Motors nella metà degli anni Ottanta.

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Il nuovo Isuzu Tropper le cui linee estetiche, non nuovissime (risalgono al ‘91) siricollegano naturalmente all’Opel Frontera, sebbene lo stesso veicolo (Monterey) siaprodotto anche con il marchio Opel. Il principale punto di forza della nuova IsuzuTrooper 3.0 TDI S (versione che costituisce il modello di accesso alla gamma), è il fa-moso motore Isuzu a 4 cilindri (16 valvole) di 3 litri; questo propulsore uno dei pri-mi Common rail ad essere montato su una 4x4 e la notevole potenza erogata (156CV) distanzia notevolmente diversi modelli della concorrenza (sia la Toyota LandCruiser 3.0 TD che la Mitsubishi Pajero 2.8 TDI sviluppano 125 CV), sulla quale è inol-tre avvantaggiata anche da un prezzo più contenuto. La nuova gamma Isuzu for-mata da due modelli di carrozzeria (a 3 e 5 porte) e da due diversi allestimenti, men-tre per quanto riguarda le motorizzazioni (oltre a quella a gasolio) è disponibile an-che una versione a benzina; in questo caso si tratta di un 6 cilindri di 3.5 litri a 24 val-vole che sviluppa 215 CV a 5.400 giri. Da segnalare che l’intera gamma di Isuzu Troo-per non è importata in Italia come in passato dalla General Motors (propietaria delmarchio Isuzu), ma dalla Midi Europe di Cerea in provincia di Verona.

Tornando nell’ambito delle celebrazioni dei modelli che hanno fatto la storia del4x4, dopo i 50 anni della Land Rover (festeggiati nella primavera del ‘98), scocca an-che per la Mercedes Benz una ricorrenza importante quando la Casa di Stoccardataglia il traguardo dei 20 anni della Serie G.

Dal 1979 al 1999 sono state prodotte negli stabilimenti di Graz circa 140.000 fuori-strada della Serie G (il 95% ancora in circolazione) venduti sui mercati di tutto il mon-do con il marchio Mercedes e con quello Steyer-Puch in alcuni paesi europei (Svizze-ra, Austria, Slovenia, Serbia, Croazia, Grecia e Macedonia). Le stesse vetture sono inol-tre costruite su licenza per le forze armate in Francia (equipaggiate con motore Peu-geot) e in Grecia, dove la produzione si è attestata sulle 1.000 unità all’anno.

A vent’anni dalla sua presentazione la Mercedes G mantiene ancora una posi-zione invidiabile sul mercato (ulteriormente rafforzata dopo il clamoroso successodella G 500 presentata nel ‘98) con un trend produttivo di 17-22 vetture al giorno,in crescita del 10% ed estensibile fino a 45 unità con un ciclo di assemblaggio basa-to su due turni. Da segnalare comunque una leggera flessione negli ultimi anni del-le commesse militari che, in un passato recente, assorbiva fino al 50% degli ordinitotali mentre nel biennio 1998-99 si sono attestate su una quota di circa il 25% del-la produzione complessiva di Mercedes G.

Ancora oggi il fuoristrada tedesco, nonostante l’introduzione della nuova Clas-se M, rappresenta uno dei 4x4 più versatili e affidabili dell’intera produzione mon-diale. Le sue caratteristiche, seppur affinate nel corso di questi venti anni per quan-to riguarda numerosi particolari tecnici, sono ancora oggi validissime sotto ognipunto di vista; tra queste, oltre all’eccezionale demoltiplicazione delle ridotte (ab-binate a un riduttore a due velocità sincronizzate), va segnalata soprattutto la pos-sibilità (straordinaria nella guida off-road) di bloccare entrambi i differenziali aiponti.

Con l’arrivo dell’estate ‘99 (il 6 luglio) sbarca ufficialmente sul mercato la nuovaMitsubishi Pajero Pinin, presentata in anteprima mondiale alcuni mesi prima al Sa-

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Giro del mondo in Cross CountryNel corso della 70ª edi-

zione del Salone diGinevra è stato presen-tato in anteprima assolu-ta, nello stand Volvo, ilgiro del mondo in solita-rio a bordo di una CrossCountry ideato dal gior-nalista svedese ChristerGerlach.Consumato driver-glo-betrotter, Gerlach (55anni) ha realizzato la suaprima avventura nel lon-tano 1972 quando a bor-do di una Citroen da 32CV attraversò per la pri-ma volta il deserto delSahara. Da allora le sueimprese nel settore deiraid automobilstici lohanno portato in lungoe in largo per il mondoattraverso 67 nazioni intutti i continenti.Il primo giro del mondoin solitario lo ha portatoa termine tra il 1988 e il1989, impresa che gli val-se l’iscrizione nel famoso“Guinness dei primati”.Negli anni successivi haeffettuato (sempre in so-litario) la traversata daCapo Nord fino a CapoAgulhas, a sud di Cittàdel Capo (Sudafrica), equella dell’intero conti-nente americano; que-st’ultima, compiuta nel1998 dall’Alaska alla Ter-ra del Fuoco, è stata ef-fettuata a bordo di unaVolvo V 70 Cross Coun-try.Il nuovo giro del mondoha preso il via nell’aprile2000 da Stoccolma, perconcludersi nuovamente

nella capitale svedesedopo circa quattro mesidi viaggio.L’itinerario si è snodatoattraverso Europa, NordAfrica e Medio Oriente,Turchia, Iran, Pakisthan,India e Nepal; dopo averattraversato la Malesia ela regione del “Triangolod’oro” in Thailandia, laVolvo Cross Country è ar-rivata a Singapore da do-ve la vettura è stata im-barcata alla volta del-l’Australia. Nel frattem-po il tachimetro è salito aquota 18.000 chilometrie, dopo una lunga tra-versata oceanica verso ilNord America, il viaggioè ripreso dalla Californiaper proseguire verso ilMessico e raggiungerequindi New York.Dalla “Grande Mela”un’ennesima trasfertavia mare riporterà Gerla-ch e la sua Volvo in Euro-pa per giungere nuova-mente a Stoccolma, ca-polinea terminale dellaspedizione, dopo averpercorso complessiva-mente circa 40.000 chilo-

metri. Nell’era dell’infor-mazione globale unaparticolare attenzione èstata posta nell’allesti-mento a bordo del veico-lo delle più sofisticatetecnologie che sarannoin grado di assicurareuna comunicazione intempo reale su tutte lefasi del viaggio. Graziead un trasmettitore GPS èstato possibile seguire suInternet la posizione del-la Cross Country di Gerla-ch accedendo sul sitowww.V70XCTour.volvo-cars.com, mentre un si-stema di telefonia satelli-tare (abbinato ad uncomputer portatile e aduna telecamera digitale)ha permesso la trasmis-sione su Internet di reso-conti e immagini delviaggio. Nessuna modifi-ca invece per quanto ri-guarda la Volvo CrossCountry, perfettamentedi serie, che era equipag-giata solo con due tani-che di benzina, due ruo-te di scorta, proiettorisupplementari e alcuneparti di ricambio.

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lone di Ginevra. Con un vernissage in grande stile, alla quale interviene dal Giap-pone anche Katsuhiko Kawasoe, presidente della Mitsubishi Motors Co., viene lan-ciato il nuovo fuoristrada nel nuovissimo stabilimento di Bairo Canavese a circa 40chilometri da Torino. Esteso su una superficie complessiva di 150 mila metri quadrati(di cui 20.000 coperti), questo impianto rappresenta la massima espressione tecno-logica della moderna industria automobilistica e potrà produrre (una volta avviatoa pieno regime) oltre 60.000 vetture all’anno; alla realizzazione del Pajero Pinin la-vorano complessivamente 600 persone (450 nella nuova sede e 150 negli stabili-menti Pinifarina di Grugliasco, alle porte di Torino).

Sviluppato su una versione già ampiamente collaudata in Giappone (Pajero Io),il Pajero Pinin assorbirà circa la metà dei volumi produttivi del gruppo torinese e l’in-tero sviluppo del progetto ha richiesto un investimento globale di circa 140 milionidi dollari (100 per la Mitsubishi e 40 per la Pininfarina).

Come anticipato in occasione dell’anteprima al Salone di Ginevra di quattro me-si prima, è prevista entro la fine dell’anno la realizzazione di circa 11.000 veicoli,mentre entro il 2000 la produzione (e le relative previsioni di vendite) dovrebbe at-testarsi attorno alle 35.000 unità annue.

Previsioni del resto abbastanza attendibili sia in considerazione della penetra-zione su diversi mercati europei (dopo l’Italia il Pajero Pinin verrà venduto in Spa-gna, Germania, Portogallo, Gran Bretagna, Austria, Belgio e Svizzera), sia in rap-porto al successo registrato dal Pajero Io che in Giappone ha venduto in un anno55.000 pezzi.

Ma l’arrivo in Italia di Katsuhiko Kawasoe, a due anni dal precedente viaggio del‘97 (in occasione dell’accordo con la Pininfarina), suscita molto interesse sui mediaper l’annuncio (reale o presunto, ancora non è chiaro) di un accordo con la Fiat pro-prio in merito alla realizzazione di un nuovo veicolo fuoristrada. All’indomani del-la cerimonia inaugurale dello stabilimento di Bairo Canavese infatti, il presidentedella Mitsubishi si reca al Lingotto per incontrare l’amministratore delegato PaoloCantarella.

Già in occasione della presentazione del Pajero Pinin, Kawasoe anticipa che so-no in corso trattative con la Fiat per siglare esclusivamente collaborazioni di tipocommerciale che, almeno per il momento, non includono alcuna forma di aziona-riato incrociato, né la possibilità di fusione con la Fiat o con altre Case.

L’8 luglio i maggiori quotidiani annunciano in prima pagina quello che ormai vie-ne definito il “patto Fiat-Mitsubishi”, definito come un accordo di collaborazionetecnica finalizzato allo sviluppo e alla realizzazione di un veicolo fuoristrada a quat-tro ruote motrici. Da indiscrezioni poco malcelate si lascia intendere che la Fiat cu-rerà il design e lo stile della nuova 4x4, mentre la Mitsubishi si prenderà carico deltelaio e della meccanica di base.

Per quanto riguarda i tempi, la produzione del nuovo veicolo dovrebbe iniziarenei primi mesi del 2001 negli stessi stabilimenti Pininfarina di Bairo Canavese, con unaprevisione di 30.000 mezzi all’anno. L’investimento complessivo dell’operazione è sti-mato attorno ai 250 miliardi, con un impegno per la Fiat di 120 milioni di Euro.

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Per quanto riguarda le caratteristiche del futuro fuoristrada Fiat-Mitsubishi, vie-ne solo anticipato che si tratterà di una sport-utility (tipologia che sembra ormai de-stinata a conquistare spazi sempre più ampi nella produzione mondiale di veicoli aquattro ruote motrici) disponibile sia nella versione a 3 che a 5 porte.

Con l’accordo Fiat-Mitsubishi, anche se ancora allo stato embrionale, continuanel mondo delle quattro ruote (e del fuoristrada in particolare) quel processo di glo-balizzazione che negli ultimi anni ha radicalmente stravolto il panorama automo-bilistico mondiale. Anche in questo caso la produzione nipponica ha svolto sempreun ruolo di primo piano, impegnandosi in prima persona (oltre che nelle joint-ven-ture) anche in impianti di assemblaggio in diversi paesi europei e americani, chehanno rappresentato un provvidenziale toccasana nella dilagante crisi congiuntu-rale che ha dovuto affrontare il Giappone negli ultimi anni (come dimostra il recenteaccordo Nissan-Renault). Le industrie nipponiche sono inoltre presenti da anni in Eu-ropa, come testimoniano gli stabilimenti in Gran Bretagna della Toyota (Burnaston)e della Isuzu (Luto), quelli spagnoli della Nissan Motor Iberica (Barcellona/Avila) do-ve vengono realizzati la Patrol e la Terrano, e quelli portoghesi (Villa Franca) dellaMitsubishi dove viene costruito il Pajero.

Tornando alla produzione europea, la Rover ripropone una nuova versione del-l’esclusiva Range Autobiography ulteriormente arricchita nella già ampia dotazio-ne accessoristica che, viste le origini e l’epoca della presentazione, potremmo defi-nire (parafrasando una commedia giovanile di Shakespeare) come un autentico “so-gno di una notte di mezza estate”.

Il 21 luglio infatti nel cuore della campagna inglese del West Sussex, a circa 40chilometri da Londra, viene presentata alla stampa mondiale nel corso del “Sum-mer Press Event” organizzato dalla Land Rover il nuovo programma Autobiographyche rappresenta la massima espressione tecnologica e qualitativa della Range Ro-ver.

Dal 1994 (anno dell’introduzione del nuovo modello) ad oggi sono state pro-dotte oltre 120.000 Range Rover, con un trend di mercato in continua ascesa; in al-cuni paesi europei inoltre, a parte il segmento dei fuoristrada, la Range ha riscossoampi consensi anche nel settore delle auto di lusso facendo registrare volumi di ven-dite superiori a quelli di alcune berline della fascia più alta.

Per il 1999 la gamma Range Rover, notevolmente migliorata sotto tutti gli aspet-ti, è equipaggiata con un motore V8 sostanzialmente perfezionato, controllo dellatrazione sulle quattro ruote, airbag laterali e una serie di migliorie interne che ren-dono ancora più esclusivo l’elevato standand qualitativo del suo allestimento.

Da segnalare anche la consueta adozione del dispositivo EAS (Electronic Air Su-spension), un sistema di controllo direzionale ad alta tecnologia che assicura uncomfort di guida impareggiabile. Va ricordato a tale proposito che la Land Rover èstata la prima azienda automobilistica impegnata nel settore dei 4x4 ad introdurrenel 1982 il sistema EAS su una vettura a quattro ruote motrici (Range Rover ClassicLSE). Dodici anni dopo, in occasione del lancio della nuova Range, il sistema EAS èstato ulteriormente potenziato e perfezionato a tal punto da ottimizzare al massi-

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mo le prestazioni ottenibili sui modelli della nuova gamma. Il cuore del sistema èrappresentato da una pompa ad aria abbinata ad un serbatoio e da due unità dicontrollo (una elettronica e una di controllo sul cruscotto), che consentono una re-golazione su cinque diverse posizioni. La gamma delle altezze di guida comprendecinque livelli, da “access” (accesso) ad “extended” (esteso) che possono essere sele-zionati sia automaticamente che tramite un apposito selettore manuale, assicuran-do una perfetta sintonia delle sospensioni del veicolo alle più diverse situazioni diguida su strada e alle condizioni off-road più esasperate.

Collocando il selettore sulla posizione “access”, il veicolo si abbassa al minimo li-vello di altezza consentendo l’ingresso e l’uscita dall’abitacolo con la massima faci-lità; il sistema EAS consente inoltre di viaggiare sempre in condizioni di perfettaequilibratura del veicolo indipendentemente dalle condizioni di carico.

Per quanto riguarda l’andamento del mercato anche i primi sei mesi del ‘99, ana-logamente all’annata precedente, fanno registrare dati molto positivi per la RoverGroup sia sul mercato americano che in Europa. Negli Stati Uniti, dove la Range Ro-ver è stata introdotta nel 1987, si è avuto un incremento nelle vendite del 50%, men-tre in Gran Bretagna la Freelander ha conquistato il 40% del suo segmento. Nellostesso periodo in Italia si è avuto un aumento del 92% rispetto al ’98, con circa 8.800veicoli Land Rover immatricolati da gennaio a giugno, corrispondenti ad una quo-ta del 46% del mercato nazionale. Incoraggianti anche i dati relativi alla Range Ro-ver, che registrano nella prima metà dell’anno un volume di vendite di poco supe-riore alle 150 unità, tra cui oltre 30 modelli nella versione Autobiography (4.6 lt.).

Considerata come la punta di diamante dell’intera produzione Rover nel settoredelle 4x4, l’Autobiography (oltre ad essere un fuoristrada che si colloca tra le posi-zioni leader nell’ambito dei più lussuosi veicoli a trazione integrale) rappresenta unesclusivo programma di personalizzazione appositamente creato per soddisfare an-che le più esigenti richieste della clientela della gamma Range Rover. Con la nuovaversione, che mantiene la denominazione “Autobiography”, è possibile ora sce-gliere sia il colore della carrozzeria che quello degli interni della vettura, entrambinelle combinazioni (e nelle sfumature) adatte alla propria personalità.

Il programma Autobiography comprende infatti una gamma di 25 colori selezio-nati e offre una possibilità di scelta praticamente illimitata poiché ogni colore (in ba-se alla scelta effettauta è possibile conferire alla vettura un look sportivo o classico)può essere anche selezionato nella tonalità desiderata. Altrettanta cura viene postanel trattamento artigianale della carrozzeria di una Range Rover destinata a trasfor-marsi in Autobiography. Ogni veicolo viene completamente smontato e, una volta ri-mossi i pannelli principali, il cofano e le portiere, si passa alla complessa fase della ver-niciatura. Questa prevede l’applicazione manuale di 6 mani di vernice multistrato, se-guite da 3 di colore base e 3 di vernice trasparente, dopodiché si procede al processodi lucidatura (anch’essa eseguita a mano) che può interessare sia la vettura completa(cerchi inclusi) che essere effettuata mantenendo i classici dettagli in nero tipici dellaRange Rover; per un ulteriore tocco di personalizzazione è possibile inoltre applicarel’esclusivo badge posteriore, con la scritta Autobiography, placcato in oro 18 carati.

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Anche gli interni dell’abitacolo offerti dal programma Autobiography non sonoda meno rispetto alla carrozzeria, con un’ampia dotazione di rifiniture in legno diradica e pelli pregiate applicate al cruscotto, al tunnel centrale, al volante e alle por-tiere. Gli interni in pelle, come nel caso della carrozzeria, consentono una vasta scel-ta per quanto riguarda la gamma di colori, sia nella scelta delle tinte che nelle to-nalità e negli abbinamenti che, a seconda dei gusti, possono essere contrastanti ocomplementari. Per i più esigenti si possono avere anche i sedili posteriori riscalda-ti, una speciale consolle (inserita nello schienale dei sedili anteriori) permette l’al-loggiamento di vari accessori quali fax, frigorifero, minibar e umidificatore, mentreper salvaguardare al massimo la privacy all’interno dell’abitacolo è possibile sce-gliere i colori dei cristalli tra una gamma completa di colori.

Dal punto di vista tecnologico il programma Autobiography equipaggia la Ran-ge Rover con sistemi modernissimi e all’avanguardia nel campo dell’elettronica. Trale dotazioni fornite figurano l’impianto TV, TV-Video e navigazione satellitare chesi avvale di tre schermi (uno collocato sulla consolle centrale e due nei poggiatestadei sedili anteriori) che possono essere utilizzati sia per la proiezione di programmiTV (o video) che per la visualizzazione delle informazioni della navigazione; un ap-posito dispositivo di sicurezza assicura inoltre la commutazione dello schermo an-teriore (durante la marcia) sulle informazioni riguardanti la navigazione. La diffu-sione sonora è garantita invece dal normale sistema audio Range Rover o, in alter-nativa, da sosfisticate cuffie a raggi infrarossi.

Il sistema di navigazione, all’avanguardia tra i migliori modelli presenti sul mer-cato, consente di pianificare il tragitto ottimale verso la destinazione desiderata gra-zie ad una serie di informazioni provenienti da vari input.

Oltre ai sensori di velocità (posti sulle ruote del veicolo) e alla bussola giroscopi-ca di bordo, il sistema di navigazione utilizza i dati provenienti dalla rete satellitareGPS (Global Positioning System) e da un CD-ROM contenente i database dei datistradali (sono disponibili CD a copertura della maggior parte delle nazioni europee,del Giappone e degli Stati Uniti).

Realizzata dalla divisione Land Rover Special Vehicles, la Range Rover Autobio-graphy è disponibile presso la normale rete dei concessionari Land Rover; per il fu-turo è in programma comunque la creazione di una serie di punti vendita specializ-zati, denominata “Autobiography Studios”, il primo dei quali è stato aperto inKuwait nel 1998.

La Range Rover Autobiography è un’auto esclusiva anche nel prezzo che, in ba-se alla dotazione accessoristica adottata, può arrivare a sfiorare quasi i 300 milionidi lire.

Con la presentazione della Autobiography nel West Sussex, la Rover Group va invacanza disertando il Salone Internazionale 4x4 della Val d’Isere, dove partecipa so-lo tramite un concessionario locale dell’Alta Savoia.

Giunto nel 1999 alla sua sedicesima edizione, il Salone della Val d’Isere fotogra-fa come sempre lo stato di salute dell’intero panorama europeo dell’off-road, no-nostante diverse aziende non le riconoscano forse quell’importanza che merita.

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Land Rover Range Rover MY 2006

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Cross Country Story

Introdotta per la prima volta sul mercato nel 1997, la Volvo Cross Country hariscosso fin dalla sua immediata commercializzazione un ampio successo di

vendita, costituendo nel 2000 circa il 18% delle immatricolazioni della V70.Analizzando alcuni dati relativi alle vendite nei segmenti nei quali si posizio-na la Volvo Cross Country si evidenziano cifre incoraggianti sia nel settore del-le station wagon a trazione integrale che in quello delle sport-utility. Nel pri-mo caso, a parte la lieve flessione registrata tra il ‘96 e il ‘97 (quando si pas-sati dalle 1.963 alle 1.312 unità), si avuto un costante aumento negli ultimidue anni (2.590 unit nel 1998 e 3.880 nel 1999) e per il 2001 le previsioni ipo-tizzano il superamento del tetto delle 5.000 station wagon immatricolate. Sul mercato italiano inoltre le SW 4x4 di grandi dimensioni rappresentano il18% dell’intero segmento (il 57% costituito da modelli a benzina).Per quanto riguarda il mercato italiano delle SUV la progressione nelle vendi-te stata costante negli ultimi cinque anni (19.969 nel 1995, 24.266 nel 1996,26.308 nel 1997, 29.844 nel 1998 e 34.888 nel 1999), con una previsione per il2001 di oltre 40.000 unità; in questo caso la diffusione di modelli a benzina siattesta sul 15%.Considerando che la Volvo Cross Country si posiziona a cavallo tra i duesegmenti, gli esperti di marketing della Casa svedese prevedono per il pros-simo anno una penetrazione di mercato prossima al 4% del totale delle SWe delle SUV, corrispondenti a circa 340 unità.

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In Francia il mercato delle 4x4 gode ottima salute (solo le riviste specializzate so-no 7 contro le 3 diffuse in Italia) e le previsioni di vendite di fuoristrada per il 2000dovrebbero attestarsi (analogamente a quanto auspicato per il mercato italiano equello spagnolo) attorno alle 60.000 unità; il positivo trend di crescita inoltre lasciasupporre che, seppur lentamente, la Francia si sta avvicinando ai valori della Ger-mania e della Gran Bretagna dove ogni anno il mercato fa registrare rispettiva-mente un incremento di 80.000 e 100.000 veicoli nuovi immatricolati.

La novità di maggiore rilievo del Salone (presentata in anteprima mondiale pro-prio da un’azienda nazionale) è la Renault Scenic Rx4, definita come la “prima com-patta 4x4 monovolume” e con la quale la Casa francese entra ufficialmente nellanicchia delle sport-utility. Questo settore, nato come un fenomeno peculiare delmercato statunitense, si è ampiamente diffuso anche in Europa a partire dalla metàdegli anni Novanta, con un incremento del 5% annuo negli ultimi anni che ha fat-to registrare punte del 25% tra il ‘97 e il ‘98).

Dopo sei anni di assenza dal mondo delle quattro ruote motrici (nel ‘93, anno incui apparve la concept car Racoon, cessò anche la commerciailzzazione del marchioJeep), e a 17 dalla clamorosa vittoria ottenuta alla Parigi-Dakar (1982-Renault 20Turbo 4x4), la Renault rientra in grande stile nel settore dei veicoli a trazione inte-grale.

La nuova Scenic Rx4 si candida a diventare una delle più agguerrite concorrentidella sua categoria (alla quale appartengono la Toyota RAV 4, la Honda CR-V e laLand Rover Freelander), grazie all’ampia abitabilità interna e alla notevole versati-lità assicurata dai potenti propulsori. A tale proposito sono disponibili due motori,uno a benzina (2.0 lt., 16V, 140 CV) e un Common rail diesel (1.9 lt., 105 CV).

Dotato di un sistema di trasmissione integrale permanente, sviluppato dalla Re-nault in collaborazione con lo specialista austriaco Steyer-Puch, la Scenic Rx4 è equi-paggiata inoltre di controllo elettronico della trazione; dopo l’annunciata presen-tazione ufficiale al Frankurt Motor Show, la nuova SUV della Renault dovrebbe ar-rivare sul mercato nella prima metà di gennaio del 2000.

Tra le altre novità apparse al Salone della Val d’Isere vanno segnalate l’antepri-ma mondiale della nuova Opel Campo Pick-Up (equipaggiata con un turbodieselda 2.5 litri ad inezione diretta da 76 CV sulla versione con cabina singola e un die-sel da 3.1 lt. da 109 CV su quella a doppia cabina) e della nuova Mitsubishi L 200(equipaggiata con la nuova trasmissione Easy Select che consente di passare dallatrazione 4x2 alla 4x4 fino a velocità inferiori ai 100 Kmh.) la cui presentazione uf-ficiale è prevista per l’autunno in occasione del Salone di Francoforte, mentre peri 20 anni della Mercedes, la Casa di Stoccarda ha presentato una versione specialedella G 500.

Sul finire dell’estate, tra la fine di agosto e i primi di settembre, la Nissan pre-senta in anteprima assoluta la nuova Terrano II per l’anno 2000, scegliendo comescenografia la splendida cornice del paesaggio islandese dove viene convocata perl’occasione tutta la stampa specializzata europea.

A metà settembre si svolge la 58a edizione del Salone di Francoforte (IAA - In-

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ternationale Automobil-Ausstellung), considerato come l’ultimo importante ap-puntamento del secolo per gli appassionati del mondo dell’automobile.

La rassegna del ‘99 si apre decisamente all’insegna dei record, a partire dalle no-vità presentate in antprima mondiale (51), oltre ad 8 prime europee e 38 tedesche.

Da segnalare inoltre nella sconfinata area dei dieci padiglioni della Fiera di Fran-coforte (250.000 mtq., comprese le aree espositive all’aperto), la presenza di circa1.200 espositori provenienti da 43 paesi diversi.

Nel settore dei fuoristrada, da sempre presenti in maniera significativa a Fran-coforte, hanno debuttato numerose novità all’ombra della Messeturm tra cui un’an-teprima mondiale assoluta, rappresentata dalla Land Rover Project SVX, e svariatealtre proposte che complessivamente hanno portato a 12 il numero delle novità dei4x4. Tra queste ultime, molto interesse hanno suscitato l’anteprima europea dellaLexus RX e del- la Lincoln Blackwood, oltre alla nuovissima Mercedes ML 55 realiz-zata dalla AMG; quello degli allestitori rappresenta, soprattuto nel mercato tede-sco, un settore molto vitale e dinamico che ha presentato al Salone di Francofortele ultime novità dei marchi Brabus, Bertrand, Edag e Delta 4x4.

Nell’ambito della normale produzione di serie, sono arrivate dal Giappone lanuova Honda HR-V a 5 porte e la versione cabrio della Suzuki Jimny, mentre la LandRover ha presentato la Freelander Commercial; la produzione europea era inoltrerappresentata anche dalla Renault Scenic Rx4 che i francesi, come sempre naziona-listi ad oltranza, avevano già presentato il mese prima in occasione del Salone in Vald’Isere.

Derivata direttamente dall’ultima Defender Td5, la Land Rover Defender Project SVXpropone un’interpretazione ulteriormente spinta del concetto di fuoristrada, introducen-do una nuova tipologia che si colloca a metà strada tra il prototipo e il 4x4 agonistico.

Il propulsore adottato per questo modello, pur derivando direttamente dal nuo-vo 5 cilindri turbodiesel Td5 che equipaggia le Defender dell’ultima generazione, èstato sensibilmente potenziato per quanto riguarda il programma elettronico; ciòha consentito un incremento del 25% della coppia che raggiunge ora (anche al disotto dei 2.000 giri) i 375 Nm. (contro i 300 della Defender).

La particolare attenzione posta dalla Rover nei confronti di un utilizzo off-roadestremo è testimoniata dall’adozione, su entrambi gli assi, di differenziali auto-bloccanti maggiorati a comando pneumatico la cui attivazione è regolata da un ap-posito pulsante situato sul cruscotto. Quando i differenziali sono bloccati, il sistemadisattiva automaticamente l’ETC (Electronic Traction Control).

La gestione ottimale della marcia su qualsiasi tipo di terreno è inoltre agevolatadalle innovative molle elicoidali che assicurano una corsa a doppia rigidezza asso-ciata all’ammortizzatore pressurizzato, alimentato da un accumulatore separato. Atale proposito un ruolo non trascurabile viene svolto anche dai cerchi in lega da 20pollici e dai pneumatici tuttoterreno a scolpitura speciale.

Su questi ultimi è possibile montare anche il sistema di gonfiaggio CTIS (CentralTyre Inflation System), in grado di utilizzare il compressore e l’accumulatore di pres-sione dei bloccaggi dei differenziali.

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Per quanto riguarda la gestione elettronica, la Defender Project SVX è equipag-giata di serie con ABS a quattro canali (appositamente adattato per l’utilizzo off-road), EBD (Electronic Brake Distribution), ETC (Electronic Traction Control) agentesu tutte le ruote e HDC (Hill Descent Control).

Da segnalare inoltre le nuove soluzioni adottate per la realizzazione del telaio edella carrozzeria, entrambi ampiamente rivisitati in funzione di un utilizzo off-roadparticolarmente impegnativo.

Il telaio, completamente sottoposto a galvanizzazione per immersione, presenta unpianale interamente protetto da lastre e può essere abbinato a un argano elettricosmontabile.

La carrozzeria, identica nelle sue linee essenziali a quella della normale Defen-der Td5, presenta i passaruota allargati, un imponente paracolpi anteriore in allu-minio e le porte (anteriori e posteriore) completamente smontabili.

Una particolare attenzione è stata posta anche nell’ambito della sicurezza, conl’adozione di un grosso roll-bar a gabbia (sulla quale è montato uno snorkel in gra-do di consentire un’estrema profondità di guado), mentre entrambi i sedili sono sta-ti appositamente studiati per l’off-road e sono rivestiti di materiale idrorepellentee dotati di appigli integrati e cinture di sicurezza a bretella a quattro punti.

Completamente diversa nella concezione (e nel target) è invece la Lexus RX pre-sentata dalla Casa giapponese come la versione europea del modello statunitenseRX 300 che, a partire dall’autunno 2000, sarà disponibile su tutti i mercati comuni-tari.

La RX 300 ha riscosso ampi consensi negli USA toccando nel corso del ‘98 la rag-guardevole cifra delle 40.000 unità vendute (38% del totale Lexus) divenendo unadelle sport-utility di maggiore successo. Combinando lo styling e l’abitabilità di unastation-wagon con la versatilità di una vettura a trazione integrale, la Lexus RX(equipaggiata con un V6 da 3 litri) si propone come “un’alternativa al fuoristradaconvenzionale” in grado di soddisfare appieno le aspettative di quella fascia diutenza alla ricerca di un fuoristrada di lusso. Ideata in Europa presso il centro di pro-gettazione europeo della Toyota (EPOC), la Lexus RX monta ruote da 19 pollici ap-positamente realizzate e presenta un assetto ribassato (l’altezza massima di ca. 20cm. inferiore rispetto ai normali fuoristrada) che sottolineano ulteriomente le pro-porzioni distintive e dinamiche dell’automobile tradizionale.

L’interno, elegantissimo e in linea con l’elevato standard qualitativo del veicolo,presenta sedili rivestiti in pelle nera combinata a particolari cuciture in rilievo. I se-dili anteriori sono inoltre dotati di riscaldamento e regolazione elettrica, mentrequelli posteriori (oltre ad essere reclinabili singolarmente) possono scorrere avantie indietro di 12 cm. in funzione dello spazio richiesto per i passeggeri o del caricodel bagagliaio.

Nell’elegante cruscotto sopra il cambio sono alloggiati i comandi dello stereo (l’im-pianto CD automatico a 6 dischi è situato nel cassetto portaoggetti) e un display in gra-do di controllare le funzioni audio, il sistema di riscaldamento e climatizzazione, oltreai vari dati riguardanti il computer di bordo e il sistema di navigazione satellitare.

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Altrettanto lussuosa e raffinata è la concept car Lincoln Blackwood, esposta inanteprima europea al Salone di Francoforte e apparsa per la prima volta all’AutoShow di Los Angeles nel dicembre ‘98.

Ideata sull’onda del successo riscosso sul mercato americano dalla sport-utilityNavigator, la Lincoln ha deciso di approfondire ulteriormente l’idea di coniugare ilcomfort di una berlina di lusso con la versatilità di una SUV.

Equipaggiata con un potente motore V8 di 5.4 litri, la Lincoln Blackwood pre-senta una linea estremamente originale grazie al vano pick-up totalmente integra-to all’abitacolo e ricoperto da oltre 6 metri quadrati di wenge (un legno scuro, den-so e striato, proveniente dall’Africa centrale).

Il legno wenge viene sigillato con una resina epossidica chiara che, oltre a svol-gere un’efficace protezione nei confronti degli agenti atmosferici, evidenzia la na-turale bellezza della sua grana; ed è proprio la combinazione tra il legno di colorescuro e la lamina di metallo laccata in nero ad aver ispirato la scelta del nomeBlackwood.

L’interno dell’abitacolo, oltre ad allinearsi al già elevato standard qualitativo del-la Lincoln Navigator, è ulteriormente impreziosito dall’aggiunta di inserti in legnowenge sul volante e sul quadro degli strumenti, mentre i quattro sedili sono rivestitidi pelle nera “Connolly”.

Le reazioni del pubblico nei confronti di questo veicolo sono state talmente en-tusiaste, fin dalla sua prima apparizione nei saloni statuinitensi, che la Ford MotorCompany ha deciso di avviare la produzione di una versione di questa concept cartipicamente americana presso gli stabilimenti di Kansas City entro la fine del 2000.

Molto assortita al Salone di Francoforte ‘99 è stata anche la proposta di veicoliMercedes, sia per quanto riguarda i modelli ufficiali (ML 55 AMG e ML 270 CDI) chequelli presentati da alcuni allestitori.

La ML 55, nata dall’acquisizione della Mercedes-AMG GmbH (società specializ-zata nell’elaborazione sportiva di autovetture di lusso) da parte della Daymler-Chry-sler AG che dall’inizio del ‘99 possiede ne possiede il 51%, rappresenta il modellopiù potente e esuberante della Classe M.

Considerata come il nuovo “model year 2000”, la ML 55 AMG è equipaggiata conun motore V8 (erogante una potenza di 347 CV) che, abbinato ai nuovi dettagli este-tici e agli attraenti elementi nel design della carrozzeria, contribuiscono a definireun nuovo segmento top nella gamma dei fuoristrada più esclusivi.

Gli ingegneri della Mercedes-AMG hanno modificato l’otto cilindri di cinque litridella Classe S impiegando pistoni di alluminio, speciali iniettori d’olio ed efficientialberi a camme ripresi dallo sport automobilistico.

Queste modifiche, abbinate all’aumento di volume di cilindrata a 5.5 litri, con-sentono di raggiungere un’erogazione di coppia massima di 510 Nm, che si svilup-pa già a partire dai 2.800 giri al minuto; la ML 55 è in grado inoltre di accelerare dazero a 100 Kmh. in soli 6.9 secondi e raggiunge una velocità massima di 232 Kmh.

I pneumatici larghi (285/50 R18) e il sistema ESP (Electronic Stability Program), uni-ti alla trazione integrale e all’assetto modificato degli assali, garantiscono un elevato

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Land Rover Project SVX

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grado di sicurezza in qualsiasi condizione di marcia sia su strada che nell’utilizzo off-road.

Con la nuova ML 270 CDI la Mercedes propone invece per la prima volta un mo-dello diesel nella Classe M che viene equipaggiata con un cinque cilindri di nuovaconcezione con numerose particolarità tecniche tra cui la più moderna iniezione di-retta Common rail, quattro valvole per cilindro, turbocompressore VNT ed inter-cooler. La Casa di Stoccarda equipaggia inoltre con un nuovo cambio manuale a 6marce il motore in grado di erogare 163 CV, sviluppando una coppia massima di 370Nm già tra i 1.800 e i 2.600 giri al minuto (valore che sale addirittura a 400 Nm neimodelli con cambio automatico a 5 marce, disponibile a richiesta).

L’elevata capacità di ripresa a bassi regimi del cinque cilindri è dovuta soprattut-to all’utilizzo del turbocompressore con turbine a geometria variabile VNT (Varia-ble Nozzle Turbine), che modifica la sezione di passaggio in relazione al valore d’e-sercizio del motore, sviluppando di conseguenza la corretta pressione di sovrali-mentazione. Da segnalare inoltre i consumi contenuti, in perfetta sintonia con ilnuovo ciclo di marcia europeo, che richiedono 9.4 litri di carburante ogni 100 chilo-metri (9.3 nella versione con cambio automatico).

Tra le versioni speciali realizzate dai maggiori allestitori presenti sul mercato te-desco vanno segnalate quelle della Brabus (Classe M e G), disponibili sul mercato, edue interessanti prototipi pick-up allestiti sulla Classe M dalla Edag (Scout) e dallaBertrandt (Bertrandt Competence Car).

Apparso già all’ultima edizione del Salone di Ginevra, l’Edag Scout è la prima ri-visitazione della Classe M in versione pick-up; estremamente compatto nella linea,questo veicolo si propone di trasferire nella produzione di serie i concetti del più raf-finato design applicato ad un mezzo destinato prevalentemente ad un utilizzo neltempo libero; la parte posteriore, completamente aperta, presenta due raccordi la-terali che armonizzano il profilo con l’abitacolo e un piccolo spoiler (esteso tra i duegruppi ottici posteriori) nel quale sono inseriti i retronebbia.

Più grintosa e accattivante è invece la linea del Bertrandt BCC le cui forme ri-chiamano più da vicino un tradizionale pick-up a quattro ruote motrici, con robu-ste pedane laterali e bull-bar anteriore con portatarga incorporato; il cassone, ac-cessibile mediante portellone ribaltabile, è interamente rivestito in alluminio e pre-senta su entrambi i lati due supporti cromati di ancoraggio.

Tornando alla normale produzione di serie, la Honda ha presentato la versionea 5 porte dell HR-V, più lunga di 10 centimetri rispetto al precedente modello a 3porte, che offre un notevole incremento in fatto di comfort e stivaggio dei bagagli.Il modello HR-V 5P assicura inoltre gli stessi elevati standard di sicurezza (attiva epassiva) del modello a 3P, grazie alla tecnologia Honda New Safety Body, che per-mette anche alle vetture di piccole dimensioni di rispondere agli standard di sicu-rezza internazionali, oltre a minimizzare i danni ai pedoni in caso di impatto acci-dentale.

Per la “Joy Machine” la Honda ha presentato inoltre anche un nuovo motore di1.6 lt. (124 CV), simile a quello che equipaggia la Civic, che può essere montato su

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Lexus RX

Honda HR-V 5P

Opel Campo Pick-up Nissan Terrano II-2000

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entrambe le versioni. Abbinato a un cambio manuale a 5 marce e ad un sistema ditrazione integrale 4WD Real Time (un dispositivo elettronico che utilizza tutte leruote motrici solamente quando si necessita di una trazione supplementare). Sia sulmodello a 3P che sulla 5P il nuovo motore Honda della HR-V consente di raggiun-gere una velocità massima di 170 Kmh.

Alla fine di novembre la Kia Motors Italia lancia sul mercato nazionale la nuovaSportage Cabrio a 2 porte, nella versione definitiva per i mercati europei. In realtà diquesta versione si parlava già dall’inizio dell’anno, soprattutto dopo l’enorme suc-cesso di vendita registrato negli Stati Uniti, per cui la presentazione ufficiale avvienequando la stampa specializzata aveva ampiamente avuto modo di testare il veicolocon largo anticipo.

La linea, pur rimanendo sostanzialmente invariata nella zona anteriore, è carat-terizzata dalla parte posteriore della carrozzeria completamente ridisegnata conl’adozione di una capote facilmente amovibile e sostenuta da un robusto roll-bar inacciaio cromato sul quale sono ancorati i supporti delle cinture di sicurezza. Anchenella nuova versione Cabrio della Sportage la Kia è rimasta fedele all’ormai ampia-mente collaudato propulsore che equipaggia la cinque porte.

Il motore, collocato in posizione longitudinale anteriore, è il classico quattro ci-lindri a benzina di due litri con testata a 16 valvole in grado di sviluppare 128 CV a5.400 giri. Oltre ad essere più corta di circa 30 centimetri (4.025 mm. contro 4.335)della tradizionale Sportage, la Cabrio presenta anche un passo decisamente ridot-to (2.360 mm. contro 2.650) che assicura una marcia in più sui percorsi misto-veloci.Diversamente da molte altre sport-utility presenti sul mercato la Kia Sportage Ca-brio, grazie alla presenza del riduttore, assicura prestazioni da vero fuoristrada conuna buona coppia e un’eccellente elasticità del motore; l’unico limite nell’off-roadestremo è rappresentato dall’altezza minima da terra che, seppur superiore ai 20cm., richiede una certa cautela su pietraie e mulattiere molto accidentate.

Per il lancio ufficiale sul mercato italiano la Kia sceglie la passerella del Motor-show di Bologna che, come al solito agli inizi di dicembre, rappresenta il classico ap-puntamento di chiusura della stagione.

Poche come di consueto le novità di rilievo presenti alla rumorosa kermesse bo-lognese, dove debuttano per l’Italia la nuova Nissan Terrano II, la Freelander Com-mercial e la Range Rover Autobiography con motore 2.5 TD.

Nello stand della Isuzu fa la sua prima apparizione in Italia l’avveniristica Vehi-cross (ancora nella versione a 2 porte), già in vendita negli Stati Uniti, il cui arrivosul nostro mercato non è previsto purtroppo in tempi brevi.

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Mercedes ML 55 AMG

Mercedes Classe M Brabus V12

Classe M Edag Scout Classe M Bertrandt BCC