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6 Il Sole 24 OreMercoledì 17 Febbraio 2016 N. 47
L’ANALISI
Giorgio Pogliotti
Qualità del lavoromigliorata graziea flessibilitàe decontribuzione
La corsa all’incentivo scattata a dicembre, ultimo mese utile per
beneficiare dello sgravio contributivo pieno, dimostra che l’operazione Jobs act ha dato i suoi frutti, nonostante la crisi. I 272mila rapporti di lavoro stabili instaurati in un mese sono il segno di quanto sia rilevante per le imprese il “fattore” costo del lavoro, e di come sia stato accolto con favore dagli imprenditori il sensibile alleggerimento del cuneo fiscalecontributivo.
Il mix tra contratto a tutele crescenti (in vigore dal 7 marzo 2015) e decontribuzione triennale, ha modificato la composizione dell’accesso al mercato del lavoro, con un impatto sulla qualità dei contratti. Ve le ricordate le polemiche ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi, proseguite con il governo Monti, sulle percentuali bulgare degli avviamenti al lavoro con contratti precari? Su 100 nuove assunzioni solo 1520 avvenivano con il contratto a tempo indeterminato. Questa percentuale non è stata scalfita dalla legge Fornero, nonostante l’irrigidimento delle norme sulle partite Iva, ed una prima modifica dell’articolo 18. Ieri l’Inps ci ha spiegato che nel 2015 la percentuale di lavoro stabile sul totale delle nuove assunzioni (nel campione Inps) rappresenta il 40,9%. Nel 2014 era il 31,7%. Il tutto dopo che il decreto Poletti nel 2014 ha liberalizzato le causali per i contratti a termine per tutti e 36 mesi di durata, e dopo la riformadel mercato del lavoro che ha ridisegnato le tipologie contrattuali, partendo dal nuovo contratto a tempo indeterminato, che sta tornando ad essere il canale di ingresso privilegiato nel mondo del lavoro. Allentando le tutele alla conservazione del posto di lavoro, attraverso le modifiche all’articolo 18, il governo ha puntato a rendere i contratti stabili più appetibili per le imprese. Ed ha investito nell’operazione una gran quantità di risorse: nel 2015, a fronte di una previsione di 1 milione di assunzioni, era stato preventivato un costo di 1,9 miliardi di euro. Una cifra insufficiente, visto che complessivamente nel 2015 sono stati instaurati 1,4 milioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato dalle imprese, che beneficiano della decontribuzione triennale. Toccherà al ministero
dell’Economia trovare le risorseaggiuntive necessarie che dovrebbero ammontare secondo le prime stime dei tecnici di Palazzo Chigi intorno ai 2 miliardi di euro sui 3 anni, ipotizzando che tra il 10 e il 15% dei contratti firmati quest’anno cessino fisiologicamente in uno degli anni successivi.
Restano i problemi cronici del nostro mercato del lavoro, evidenziati solo due settimane fa dall’indagine Istat, relativa sempre allo scorso dicembre: abbiamo ancora pochi occupati, con il tasso di occupazione fermo al 56,4%, complice un tasso di occupazione femminile stabile al 47,1% che è tra i più bassi d’Europa. Abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile assai elevato: al 37,9%, in discesa, ma ancora sui livelli massimi della Ue. Ed un numero di inattivi (14 milioni) rimasti fuori dal mercato del lavoro perchè scoraggiati che resta stabilmente su valori molto alti. Alla rimozione di queste enormi criticità dovrà essere rivolta l’azione del governo nei prossimi mesi.
C’é da chiedersi cosa bisognaaspettarsi dal 2016, considerando che per quest’anno la spinta dell’incentivo è un’arma “spuntata”, essendo lo sgravio contributivo più limitato, sia per l’importo (decontribuzione al 40% con un tetto di 3.250 euro annuo), che per la durata (biennale). Dopo il record di contratti a tempo indeterminato stipulati a dicembre, potrebbero esserci contraccolpi negativi soprattutto nei primi mesi del 2016. Ma è il quadro economico ricco di incertezze a pesare di più. Perchè solo in presenza di una ripresa solida dell’economia, di una ripartenza dei consumi interni, le imprese saranno spinte ad assumere come ai livelli precrisi.
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Emergenza lavoroI DATI DELL’INPS
Part timeOltre il 40% delle nuove assunzioni a tempo indeterminato è con contratto part time
VoucherNel 2015 venduti 115 milioni di «buoni»,incremento del 66% rispetto al 2014
Il confronto. In caso di risoluzione di un rapporto a tempo indeterminato il bonus non compensa i costi
I mini-sconti vincono senza licenziamentiMaria Carla De CesariEnzo De Fusco
pNel dibattito sui risultati ai fini dell’occupazione stabile delmix fra Jobs act e decontribuzione può essere utile analizzare il costo del lavoro per un contratto a tempo indeterminato e per un contratto a termine. Dai numeri emerge come il tempo indeterminato non risulta, dopo la parentesi dello sgravio fino a 8.060 euro dello scorso anno, particolarmente avvantaggiato rispetto a un contratto a termine.
Il confronto sui costi vienecondotto in un periodo triennale e viene messo in evidenza, in particolare, l’onere in caso di risoluzione. I numeri considerati non sono esaustivi nel rappresentare il costo del lavoro, che èstato inciso, dallo scorso anno,anche dalla possibilità di dedurre ai fini Irap l’onere per i contratti a tempo indeterminato e,
da quest’anno, in misura parziale, anche dei contratti a termineper i lavori stagionali. Tuttavia, il confronto condotto sul parametro dei costi in caso di risoluzione del contratto costituisce una delle principali variabiliche potrebbero spingere gli imprenditori a preferire un contratto all’altro. Le aziende, infatti, devono fare i conti con l’incertezza della congiuntura economica e per questo motivo si tende a conservare una quota dicontratti flessibili che possono essere interrotti agevolmente e senza costi aggiuntivi laddovesi dovesse realizzare una contrazione dei ricavi. Anche senzasituazioni “patologiche” dal punto di vista economico, non va scoraggiata a priori la dinamicità del mercato del lavoro.
Nel corso del 2015 il datore dilavoro – visti i vantaggi della decontribuzione fino a 8.060 europer tre anni ha “rischiato”, con
ti alla mano, la conversione del contratto a termine (o di una collaborazione) in un tempo indeterminato, oppure ha assuntodirettamente con questa formula. I costi del recesso da uncontratto a tempo indeterminato (agevolato) avviato nel 2015, però, erano quasi sempre minori rispetto alla agevolazione stessa.
Tuttavia, nel 2016, l'esonerocontributivo è molto più contenuto: scende da tre a due anni, con un massimo del 40% dei contributi, sino a 3.250 euro.
Il confronto sui costi è statocosì effettuato tra un contratto atempo indeterminato a tutele crescenti che beneficia, per il2016 e il 2017, del vantaggio dell’esonero contributivo e un contratto a termine che può essere attivato senza motivazione neiprimi tre anni di durata. Il periodo osservato è, appunto, di tre anni e l’ipotesi considerata è
una retribuzione media lorda annua di 25mila euro.
Il risultato del primo annomette in evidenza un minor costo del contratto a tempo indeterminato poco superiore a 3.300 euro. Se, però, il datore di lavoro dovesse avere l’esigenzadi interrompere il contratto nello stesso periodo il risultato sarebbe ribaltato: il contratto a tempo determinato avrebbe un minor costo che può sfiorare i 5.500 euro. Il maggior costo è determinato sostanzialmente da due fattori: l’indennità risarcitoria dovuta per i licenziamenti illegittimi (o dovuta come esito del tentativo di conciliazione) eil ticket sui licenziamenti (che va a finanziare la disoccupazione Naspi). Queste due voci annullano il maggior onere del contratto a termine, che è soggetto all’aliquota extra dell’1,4%ma non ha sostanzialmente necessità di giustificazione e deve
semplicemente rispettare i limiti quantitivi di legge (non superare il 20% dei tempi indeterminati) o stabiliti dai contratti, anche aziendali.
L’indennità risarcitoria, in caso di licenziamento per i datori di lavoro che occupano oltre 15 dipendenti, è pari a due mensilità di retribuzione per ogni annodi servizio, con un minimo di quattro mensilità (la misura si dimezza in caso di conciliazione o di aziende fino a 15 dipendenti). Anche il ticket sui licenziamenti è commisurato all’anzianità aziendale: 490,10 euro per anno. Per i lavoratori in forza da 36 mesi o più il tetto è fissato in 1.470,30 euro.
In caso di recesso nel secondo anno la situazione migliora grazie al fatto che il datore di lavoro ha comunque beneficiatodell’esonero contributivo nel primo anno. Ciò nonostante, in caso di recesso, il contratto a tempo indeterminato coontinua a essere più oneroso delcontratto a termine per circa 2.600 euro (senza conciliazione). Nel caso di recesso al terzo anno, con esonero contributivoormai terminato, la differenza èdi circa 7mila euro.
A questo punto bisognerà vedere quale sarà la scelta del Governo per rendere il contratto a tutele crescenti più economico degli altre tipologie.
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Effetto sgravi, +764mila contratti stabili nel 2015Renzi: merito del Jobs act, avanti tutta - A dicembre il doppio di assunzioni di novembre
Claudio TucciROMA
pIl 2015 si è chiuso con 764mila contratti a tempo indeterminato in più, frutto di oltre 2,4 milioni di nuovi rapporti stabili attivati (comprese le trasformazioni di apprendisti e contratti a termine) e di circa 1,7 milioni di cessazioni. L’esonero contributivo “pieno” (8.060 euro l’anno, per tre anni) invigore fino allo scorso dicembre ha prodotto i suoi effetti: i rapportistabili che hanno beneficiato dell’incentivo fiscale sono stati poco più di 1,4 milioni (il 61% del totale dei nuovi contratti stabili), con un’accelerazione in corrispondenza di dicembre quando hannosuperato quota 272mila (più del doppio rispetto ai mesi di ottobre e novembre).
L’Osservatorio Inps ha evidenziato che i contratti a tempo determinato, liberalizzati a marzo 2014 con il decreto Poletti, tengono (+375mila rapporti netti, rispetto ai +327mila del 2014), mentre il ricorso all’apprendistato si assottiglia sempre più (il saldo 2015 di questo contratto, ormai rimasto l’unico a contenuto formativo, chiude a +44mila unità, contro il +76mila del 2014). Prosegue la forte crescita dell’utilizzo dei voucher, semplificati dal Jobs act: nel 2015 ne sono stati venduti quasi 115milioni, + 66% rispetto al 2014.
L’andamento delle tipologiecontrattuali nel settore privato nel 2015 fa emergere una maggiore stabilità dei rapporti d’impiego:la percentuale dei nuovi contratti attivati/variati a tempo indeterminato sul totale delle assunzioni/trasformazioni è salita al 41% rispetto al 32% del 2014. Per i giovani fino a 29 anni questa quota è passata dal 24,5% al 33,6% dello scorso anno. Complessivamente, nel 2015 si è registrato un saldo po
sitivo tra nuove attivazioni e cessazioni di quasi 606mila posizionidi lavoro (sia nel 2014 che nel 2013 il saldo era stato negativo, rispettivamente, per oltre 47mila e per 101mila rapporti di lavoro).
Soddisfatto il premier MatteoRenzi: «Per mesi ci hanno detto che il Jobs Act era una prevaricazione, una violenza, e che avrebbeportato solo precarietà. Si sbagliavano, non è così. Avanti tutta». Sulla stessa lunghezza d’onda il
responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, che ha sottolineato come «i dati Inps confermino che il 2015 si chiude con un balzo inavanti nel numero di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, che raggiunge un aumento netto superiore agli 800mila rapporti dilavoro, considerando che nel 2014erano calati di 52mila unità, mentre nel 2015 hanno superato le cessazioni di ben 764mila rapporti dilavoro. La spinta degli investimenti nel 2016 e la riforma della contrattazione daranno un’ulteriore stimolo a questa trasformazione del nostro mercato del lavoro per superare definitivamente ildualismo». Quanto ai nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato, sono stati circa 1,9 milioni nel 2015 (contro 1,2 milioni del 2014e 1,3 milioni del 2013), la gran parteattivati dalle aziende del Nord Ovest (512mila), seguono Sud (455mila) e Centro (405mila). Le assunzioni stabili full time si sono
attestate al 60%, una percentuale in linea con gli anni precedenti (il restante 40% è a parttime). I contratti a tempo indeterminato hanno riguardato principalmente operai (1,3 milioni), seguiti da impiegati (528mila), tra le fasce d’etàprevale quella tra 30 e 39anni (344mila) e da 40 a 49 (304mila). Quanto ai settori, i nuovi rapportidi lavoro a tempo indeterminato sono stati siglati soprattutto nel commercio (650mila).
In tutto nel 2015 ci sono state 5,4milioni di assunzioni. Di queste ben 1,1 milioni si sono concentratein Lombardia (+14,8% rispetto al 2014, sopra la media nazionale all’11,1%). Significativo, sempre nella regione lombarda, il peso del tempo indeterminato: i contratti stabili siglati lo scorso anno sono stati 364mila (32% del totale), in crescita del 52% su base annua (contro il 47% fatto segnare dall’Italia). Bene anche il Lazio, con 658.061 assunzioni fatte nel 2015, ilVeneto con 447.545, e l’Emilia Romagna, con 433.803; e tutte questeRegioni con un aumento a doppiacifra dei rapporti stabili.
La riduzione del precariato «èuna promessa che è stata mantenuta ha detto Marco Leonardi, economista alla Statale di Milano,e neo consigliere sui temi occupazionali del premier, Renzi . Ora lavoreremo a un progetto che renda il tempo indeterminato strutturalmente meno costoso del tempo determinato, anche allo scadere degli incentivi». Il passaggio dai contratti non standard ai contratti stabili «è positivo ha replicato Cesare Damiano (Pd) . Ma va considerato che la quantitàdi lavoro aggiuntivo continua a essere limitata rispetto alle esigenze del Paese, e in particolare, delle giovani generazioni».
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LA PAROLACHIAVE
Decontribuzione
7È lo sconto che consente la riduzione del costo del lavoro dipendente. La legge di stabilità 2015 aveva previsto, per i contratti a tempo indeterminato stipulati fino a dicembre scorso, l’esenzione contributiva nel limite di 8.060 euro l’anno per tre anni per ogni assunzione stabile. La manovra di quest’anno ha confermato lo sgravio ma in una versione “light”: lo sconto, sempre per le assunzioni stabili, nel corso del 2016 è stata ridotta al 40% con un tetto fino a 3.250 euro annui, per una durata di due anni
LOMBARDIANel 2015 in Lombardia 1,1 milioni di assunzioni (+14,8% sul 2014). Contratti a tempo indeterminato in crescita del 52%
LE NUOVE ASSUNZIONI NEL 2015 Var. netta dei rapporti di lavoro stabili
L’EFFETTO AGEVOLAZIONENuovi rapporti stabili con la decontribuzione della Stabilità 2015
Nuovi rapporti di lavoro
Apprendisti trasformatia tempo indeterminato
Cessazioni1.870.959 1.684.911
Trasformazionea tempo indeterminatodi rapporti a termine492.729
85.352
80.180
272.512
G F M A M G L A S O N D
TOTALE 2015
1.442.726
Variazione netta
764.129
L’osservatorio
I numeri. I contratti netti aggiuntivi sono stati 186mila ma le trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato hanno sfiorato quota 500mila
Lo sprint degli assunti trainato dalle stabilizzazioniROMA
pGli oltre 764mila contratti a tempo indeterminato in più nel 2015 confermano una prima inversione di tendenza nelle scelte assunzionali delle imprese che, grazie alla decontribuzione piena e alJobs act, stanno ricorrendo maggiormente rispetto al passato ai rapporti stabili (perché più convenienti e con meno rigidità si pensi che nel 2014 il saldo dei contratti “fissi” è stato negativo: 52.137 unità).
Ma come si compone questonumero, a prima vista ampio, di contratti a tempo indeterminato in più sottoscritti lo scorso anno? In realtà, entrando un po’ più nel dettaglio, si vede che i contratti netti aggiuntivi sono stati solo 186.048. Un risultato comunque da sottolineare visto che l’anno prima, cioè il 2014, facevano regi
strare un preoccupante 451.256. Il grosso dei 764mila contratti a tempo indeterminato in più è datodalle trasformazioni: +492.729 di contratti a termine in contratti stabili (nel 2014 erano quasi 330mila)
e +85.352 apprendisti stabilizzati altermine del periodo formativo.
Insomma, con tutti i caveat e lecautele del caso, l’effetto del combinato disposto Jobs act più decontribuzione si vede «tanto più spiega Pietro Reichlin, economi
sta alla Luiss di Roma che la ripresa in termini di Pil delude e abbiamo un ampio bacino di cassintegrati da assorbire».
Il nostro mercato del lavoro, visto quindi dai dati Inps, mostra un miglioramento da un punto di vista qualitativo (c’è maggiore stabilità, dal 7 marzo scorso, sia pure nella nuova versione “a tutele crescenti”).
Questi numeri però non stannoancora segnando una crescita robusta dell’occupazione visto che l’Istat due settimane fa ha stimato,come consuntivo 2015, 109mila occupati in più rispetto al 2014, frutto di 135mila contratti a tempo permanenti in più, di 112mila contratti a termine in più e di una contrazione di 138mila autonomi.
Certo, si tratta di due osservatori diversi: l’Inps analizza i flussi deicontratti (vale a dire i movimenti
dei rapporti di impiego che non coincidono con i numeri dei lavoratori visto che la stessa persona può essere coinvolta in una pluralità di movimenti) e solo per i dipendenti del settore privato (escluso lavoro domestico e agricolo). Il dato Istat invece è campionario e riguarda l’intero stock del mercato del lavoro, compresi gli autonomi.
Non c’è dubbio che le due fonti,nella differenza dei campioni di riferimento, restano distanti; e quindi sarebbe auspicabile un miglior coordinamento nel rilascio dei dati sul lavoro tra le diverse amministrazioni (ministero del Lavoro, Inps, Istat).
In ogni caso, la limitata crescitadegli occupati (intesi come teste, enon come contratti) ha diverse spiegazioni. Intanto, «il giro di vite su false collaborazioni e partite
Iva ha segnato una riduzione del lavoro autonomo non genuino riversandolo nell’area del lavoro stabile, a termine o indeterminato evidenzia l’economista del Lavoro, Carlo Dell’Aringa . C’è poi l’aumento delle trasformazioni dei rapporti a termine in stabili complice l’esonero contributivo pieno». Entrambi questi due fenomeni hanno un “impatto zero” da un punto di vista strettamente quantitativo, ma rilevano sul versante del miglioramento della qualità dell’occupazione.
Non va poi dimenticato il pesodella cassa integrazione, che nel 2015 si è ridotta di oltre il 35 % a livello tendenziale, a testimonianza di come le imprese, soprattuttodel settore industriale, in attesa della ripresa, più che procedere a nuove assunzioni, fanno lavorare di più le persone messe a orario ridotto a causa della crisi.
G. PogCl. T.
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IL CONFRONTO
Il dato Istatn L’istituto di statistica due settimane fa ha stimato come consuntivo 2015 109mila occupati in più rispetto all’anno precedente (aumento di 135mila contratti stabili e 112mila a termine e contrazionedi 138mila autonomi)
Doppio osservatorion La distanza tra le rilevazioni Inps e Istat dipende dai criteri utilizzati: il primo prende in considerazione i flussi dei contratti e solo per i dipendenti del settore privato, mentre il dato dell’Istituto di statistica è campionario e riguarda l’intero stock del mercato del lavoro, autonomi compresi
TREND IN MIGLIORAMENTOSono stati stabilizzati anche 85mila apprendisti. La Cig si è ridotta del 35%, segno che le imprese hanno utilizzato di più i lavoratori a orario ridotto
Importi in euro
Il confronto
Retribuzione lorda annua Costo I anno Costo II anno Costo III annoTutele crescenti 25.000 31.309 31.309 34.297
Tempo determinato 25.000 34.647 34.647 34.647
Differenza - -3.338 -3.338 -350
Retribuzione lorda annua Costo I anno Costo II anno Costo III anno
Tutele crescenti 25.000 40.133 37.285 41.591
Tempo determinato 25.000 34.647 34.647 34.647
Differenza - 5.485 2.638 6.944
I VANTAGGI DEL CONTRATTO CON ESONERO CONTRIBUTIVO
COSTI DEL RECESSO
Assunzioni, cessazioni e nuovi contratti
2013 2014 2015Assunzioni (nuovi rapporti di lavoro)A tempo indeterminato 1.300.740 1.273.750 1.870.959A tempo determinato 3.190.262 3.365.593 3.353.649Apprendistato 229.351 231.084 184.196Cessazioni Da tempo indeterminato 1.754.721 1.725.006 1.684.911Da tempo determinato 2.905.907 3.038.083 2.978.264Da apprendistato 160.927 154.973 139.658 Nuovi rapporti netti di lavoroA tempo indeterminato -453.981 -451.256 186.048A tempo determinato 284.355 327.510 375.385Apprendistato 68.424 76.111 44.538
L'ANDAMENTO IN TRE ANNI
Fonte: elaborazione su dati Inps