Giorgio Agamben. Posture | Doppiozero

7/23/2019 Giorgio Agamben. Posture | Doppiozero

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li ultimi anni della guerra, mentre era internato in un campo di prigionia, Emmanuel Lvinas comincia a scrivere quello che

rr il suo primo libro,Dallesistenza allesistente, pubblicato nel 1947. Non facile misurare la novit e il singolare, quasi feroce

gimentoche qui riceve lontologia del suo maestro di Friburgo, Martin Heidegger. Lessere non pi un concetto,

sperienza sordida e crepuscolare, che si coglie tra il sonno e la veglia, negli stati di fatica e di insonnia, nel bisogno e nella

sea e, innanzitutto, nelle posture e nelle imposture del corpo. Nella stanchezza, in cui la coscienza sembra allentare la presa e

si disdire il suo abbonamento allesistenza, in realt ancora lessere che appare, in un evasivo ritardo rispetto a se stesso e

e in unintima lussazione. Si dinoccolato e spostato e quindi mi sfugge e non riesco a afferrarlo: ma c. Per questo la faticaa riposo nel sonno senza trovarlo e scivola cos suo malgrado nellinsonnia, quando si veglia senza che vi sia altro da vegliare se

il fatto brutale di esserci.

veglia anonima. Nellinsonnia non sono io che veglio la notte, la notte stessa che veglia. Lessere non qui dono, luce,
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uncio, apertura: una presenza rivoltante a cui sono, per, irrimediabilmente inchiodato, qualcosa che non posso assumere

menti che abbandonandomi a una postura che anche gi sempre impostura. Questo starmene rannicchiato sul letto, questo

(non-mio) coincidere integralmente e senza riserve con la mia giacitura, questo mio (non-mio) non essere altro che insonne

ura: sdraiato, bocconi, supino, su un lato con le gambe fetalmente ripiegate questo e nientaltro lessere. Poich

sumibile, posso solo addossarmelo; poich impossibile o troppo brutalmente possibile, non posso dirlo, ma solo giacerlo

ricare deriva etimologicamente da collocare).

Esausto, Gilles Deleuze, pur senza farne il nome, cerca di andare al di l della fenomenologia puntigliosamente descritta da

nas. E lo fa, secondo la precisa intuizione di Ginevra Bompiani, non tanto cercando di dar corpo al pensiero, quanto di daresiero al corpo, di esporre un corpo che porti impresso nella sua stessa postura il pensiero. Cio non soltanto risolvendo, come

nas, lontologia, la dottrina dellessere, in una dottrina delle posture, ma cercando una postura che la faccia finita con lessere,

saurisca fino allultimo la possibilit.Lesausto come i film per la televisione di Beckett che commenta non si stanca di

bare questunica domanda: Come si esaurisce una possibilit, che cos una possibilit esausta?

atta, per Deleuze, di fare i conti con Heidegger, una delle sue due bestie nere in filosofia (Io sono il solo filosofo francese,

va ripetere, che non mai stato n heideggeriano n marxista). Egli sapeva, infatti, che il primo a aver messo lessere in una

ura era stato proprio Heidegger, la cui analitica dellessere si apre proprio con la celebre costatazione di una implacabile

itura: Lessenza dellesserci giace [liegt] nellesistenza. Lesserci stato gettato nel mondo, ma si direbbe che, una voltaato, non cade in piedi, ma sdraiato (liegensignifica innanzitutto essere sdraiato). In Heidegger, tuttavia, questo riposare

essere nellesistenza si traduce immediatamente in un primato della possibilit. Che lessenza giaccia, stia distesa nellesistenza

ifica che il mondo si apre per luomo in possibilit, che tutto gli si presenta come un possibile modo di essere a cui gi sempre

egnato. In quanto giace presumibilmente desto e supino (Heidegger non sembra far molto caso del sonno) nellesistenza,

erci inesorabilmente consegnato alla possibilit: giacere potere. Se allessere sdraiato dellessere corrisponde in questo senso

rimato del possibile, occorrer allora immaginare una postura che esaurisca integralmente e senza riserve ogni possibilit.

mmettere, cio, su che cosa si pu ancora fare quando tutto diventato impossibile e su che cosa c ancora da dire quando non

possibile parlare.

sta postura lo stare seduti. Deleuze critica sempre senza nominarne lautore le tesi di Lvinas sulla stanchezza e sul suo

mo nesso con il giacere. Lo stanco sembra non disporre pi di alcuna possibilit, ma, in verit, egli ha semplicemente esaurito la

cit di metterla in atto, non la possibilit come tale. Lesausto, invece, esaurisce tutto il possibile. [] Mette fine al possibile, al

di ogni stanchezza, per continuare a finire. Per questo non gli si addice lo stare sdraiato: Sdraiarsi non mai la fine, lultima

la, la penultima, e si rischia di essere abbastanza riposati, se non per alzarsi, almeno per girarsi o strisciare. Lesausto, come

acht und Trame, resta seduto al suo tavolo, con la testa china appoggiata alle mani, mani sedute sul tavolo e testa seduta sulle

i.

cosa significa, allora, sedersi? Qui il linguaggio viene provvidamente in soccorso al pensiero. Nelle lingue indoeuropee, lo stare

uti associato allidea di inoperosit, di sospensione di ogni attivit. Dal latino sedeoderivano cos desidiae desidiosus, che

ificano linerzia, lo starsene seduti senza far niente, e sedare, che significa far cessare, mettere fine a unoccupazione o a un

imento. Per questo, nel Nuovo Testamento, Cristo si siede alla destra del Padre solo quando ha portato a compimento

nomia della salvezza (avendo compiuto la redenzione dei peccati, si sedette alla destra della Maest Hebr. 1,3). Quando

presentato in atto di governare il mondo, comePantocrator, Cristo invece rappresentato in piedi. Lo stesso vale per il potere

ano: nel momento in cui siede sul trono, il re inattivo, immobile effigie della gloria e non del governo (con una caratteristica

rsione, nel nostro mondo, in cui tutto rovesciato, il lavoro legato invece allo stare seduti davanti a uno schermo).


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tare seduti la cifra dellesaurimento di ogni possibile azione, la postura dellesausto che riuscito a sloggiare lessere dalla sua

ora nella possibilit. Per questo una figura dellesausto , in Deleuze, lo studio. Come lo studente in Kafka o in Melville, che

e in una camera dalla volta bassa, con i gomiti sulle ginocchia e la fronte fra le mani, chi studia non intende concludere nulla.

me il talmudista (talmudsignifica studio) chiosa e rovista le prescrizioni della Torah fino a renderle inapplicabili, cos loioso rimugina e sbriciola le sue possibilit di ricerca una dopo laltra, infinitamente. Lo studio ha gi esaurito ogni possibile

zzazione, perch in se stesso interminabile e inesauribile.

me pensare, allora, una possibilit esausta? Non si tratta in alcun modo di una possibilit che sia stata integralmente realizzata

atto e di cui non resti pi nulla. Una tale condizione definisce piuttosto, lo abbiamo visto, la condizione dello stanco, di chi si

andona sdraiato alla sua spossatezza. Veramente esausta solo quella possibilit che si portata come talenellatto e per questo

ha pi alcuna possibilit di essere messa in atto e realizzata. una possibilit che non precede latto per esaurirsi in esso, ma lo

alca e perdura al di l di esso.

ssibile che nelle sue instancabili e stravaganti letture, Deleuze abbia incrociato i trattati di quei logici medievali che hannosato in modo radicalmente nuovo la relazione fra la potenza e latto, la possibilit e la sua realizzazione. Uno di questi Roberto

ssatesta, il geniale autore di quelDe luceche doveva esercitare una non trascurabile influenza su Dante. Un primo modo egli

ve in cui possiamo immaginare il compimento (perfectio) di ci che in potenza nellatto quando esso cessa di essere in

nza per diventare un atto perfetto. Vi per un altro modo ai suoi occhi pi interessante in cui la perfezione, avvenendo,

erva il possibile nella sua imperfezione (salvat ipsum in imperfectione). Sia lesempio di qualcosa che pu diventare bianco

isibilis, biancheggiabile): secondo il primo modo, questa possibilit si realizza e compie nella bianchezza (albedo), in modo

oggetto non pi biancheggiabile, ma solo e definitivamente bianco (album). Nel secondo caso, invece, la perfezione del

cheggiabile lo salva nellatto come biancheggiabile. Non pu certo sorprendere che, come esempio di questa possibilit che si

erva come tale nellatto, Alberto Magno menzioni il mimo e la danza: Levoluzione circolare [volutatio] che compiono i mimi

erfezione del volubile [volubilissignifica: che gira] in quanto essi sono volubili e la danza delle donne che ballano il

pimento del loro essere abili alla danza e della loro potenza di tripudiare e danzare in quanto potenza [perfectio earum

abilium sive potentium tripudiare et choreizare secundum quod in potentia sunt].


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i evidente che lopposizione potenza/atto, possibile/reale stata neutralizzata, che, come lostinata dabbenaggine dello

ente, anche il tripudio della danzatrice presenta una figura dellessere che ha veramente esaurito tanto le sue possibilit che le

realizzazioni. E, con queste, anche le sue posture o imposture. La figura ultima dellessere non la postura, ma il gesto. Esso

pone n impone nulla espone soltanto. Come nei film di Beckett, nellincessante andirivieni di Quado nel sognatore seduto di

ht und Trame, la postura si congeda e dissolve in un gesto. E come, nel gesto del danzatore, il danzabile non diventa mai

zato, cos, nel gesto del vivente, il vivibile non diventa mai vissuto, ma resta vivibile nellatto stesso di vivere.

sto testo di Giorgio Agamben la postfazione all'edizione nottetempo de L'esausto di Gilles Deleuze.

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