Giocando s'impara - La Terra delle Cinque Pietre

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N ella terra di Petrapenta, la terra delle cinque pietre, attraversata dalla Gravina di Matera (una fenditura di roccia solcata da un torrente, le cui pareti sono incastonate da un mosaico di fossili), un pastore, durante la pastura, trovò in una grotta molte ossa di animali. Numerosi erano gli astragali, ossia le rotule delle zampe anteriori delle pecore e delle capre. I n quel luogo, il silenzio era rotto soltanto dal canto delle rane; su un ramo di lentisco, la lucertola attendeva di colpire la preda. A Petrapenta, lungo il costone di pietra calcarea, una grande grotta custodiva, da secoli, il racconto pittorico realizzato da anacoreti venuti da lontano...

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Ricordi e antiche suggestioni di giochi semplici

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Nella terra di Petrapenta, la terra delle cinque pietre, attraversata dalla Gravina di Matera (una fenditura di roccia solcata da un torrente, le cui pareti sono incastonate da un mosaico di fossili), un pastore, durante la pastura, trovò in una grotta molte ossa di

animali. Numerosi erano gli astragali, ossia le rotule delle zampe anteriori delle pecore e delle capre.

In quel luogo, il silenzio era rotto soltanto dal canto delle rane; su un ramo di lentisco, la lucertola attendeva di colpire la preda. A Petrapenta, lungo il costone di pietra calcarea, una grande grotta custodiva, da secoli, il racconto pittorico realizzato

da anacoreti venuti da lontano...

Sulle pareti bucherellate, troneggiavano il Bene e il Male, la Luce e le Tenebre, le triarchie degli Arcangeli e degli Apostoli; le Madonne in estasi emergevano tra la fioritura dei papaveri che annunciavano la primavera cristiana. In quel luogo il verde si fondeva con il grigio della pietra; i licheni sembravano

cristalli dai bagliori marini.

Quelle strane ossa erano servite per accendere la fantasia dei giovani, a partire dall’antica Grecia, per il gioco delle cinque “rogne”.

“Una ulteriore testimonianza del gioco degli astragali, risalente alla metà del V secolo a.C., proviene da una sepoltura maschile afferente alla fase finale di Siris, colonia greca ubicata nel

territorio di Policoro, che precede Herakleia. ”

(Sport e giochi nella Basilicata antica - Alfonsina Russo ).

Questo gioco divenne ben presto molto conosciuto; poiché era difficile trovare le rogne, queste furono sostituite con le cinque pietre.Aristofane ha tramandato il Pentalithoi, il gioco delle cinque pietre, arrivato sino all’era della televisione.

Le ragazze materane utilizzarono gli astragali per prevedere il futuro, facendoli rotolare su un piano e scoprire così se il destino avesse deciso o meno l’incontro con il moroso. Se l’astragalo, rotolando, fosse rimasto piatto, non si sarebbe avverato il desiderio; se, invece, l’osso

fosse rimasto ritto sul lato, la fortuna sarebbe stata dalla parte della giovanetta. Non era facile far avverare la richiesta; spesso l’attesa impegnava lungamente le “vacandie”.

Per rompere la solitudine, le ragazze escogitarono il gioco del lanciare in alto cinque astragali cercando di fermarli sul dorso della mano, sino a quando non rimanevano tutti e cinque sulla loro mano affusolata.

Col tempo, le cinque pietre radunavano sempre più “u uagnin” in una gara di abilità. Erano lanciate sopra “u squalon”, se ne prelevava una e la si lanciava in alto, cogliendo l’altra che era per terra; continuando, si lanciava in alto la pietra e l’abilità

consisteva nel prenderne due in pugno prima che la pietra ricadesse. Così con tre pietre, con quattro, sino a quando non si riusciva a prendere quelle rimaste sul pavimento. Alle cinque pietre vinceva chi aveva una buona presa e riflessi pronti.

A ll’imbrunire le cinque pietre erano lucide di desideri e davano energia. Seduta sulla “chiancodda” la nonna gioiva nell’osservare il candore gioioso del gruppo, intento al gioco più semplice del mondo.

Giocando a spaccachionk, l’abilità consisteva nel lancio della moneta. Nello scegliere i mattoni con un reticolo di riquadri non perfetti, si sperava che la moneta si fermasse al centro. La verità della vittoria veniva decisa dal palmo della mano, che doveva unire le due falocch:

la distanza diveniva la misura del gioco.

La settimana si viveva saltellando: uno, un salto; due, due salti; al centro, divaricando le gambe per raggiungere la meta…

Il giorno risvegliava il gioco; alla controra si sceglieva il muro per battere le monete; la fuggetta raccoglieva il

prezzo della gara.

Rimanendo fuori dal gruppo, la gara non era cruenta, ma non si partecipava al gusto della vittoria.

Il salto con la corda spinge a ritmare una filastrocca: saltando saltando, si compone l’armonia dei numeri che formano le rime.

U puccil e la stascedda : un pezzo di ramo appuntito ai lati è il proiettile che non uccide ; se viene battuto con la stascedda, la forza che s’imprime spinge alla meta prescelta.

Il gesto della vittoria nasce dalla forza reale; il conflitto stabilisce il prezzo della gara.

Nel gioco l’azzardo è insidioso: a tentare si è trascinati a scoprire il fondo; nella mischia rumina la vendetta.Il senso di colpa del baro è insistere nel bleffare pur nella colpevolezza, che nega il compromesso alla purezza della vittima.

I bimbi costruiscono castelli di sabbia lungo la risacca: lo sciabordio dell’onda li distrugge; il gioco continua, immaginando la favola del cavallino marino.Cinque un patto, quattro una generosità, tre una superstizione, due una solidarietà, uno affidarsi al fato e tentare la sfida.

Gioca il pipistrello nel cono di luce: il suo volteggiare ingigantisce l’ombra, intimorendo con le sue grandi ali, che si trasformano in vele di un battello.

Il cerchio trascina la corsa: nella scanalatura del cerchione s’inventa una pedalata diversa; la scelta soddisfa la fantasia del bambino che corre verso il suo destino.

I ragazzi del futuro giocheranno nello spazio: avranno un satellite come palla e le stelle diventeranno dei birilli; nella competizione, chi perderà la racchetta la

raccoglierà nella stratosfera...

I pesci giocano con le bollicine, le anatre rincorrono le triglie, le rondini corrono i cento metri, l’uomo cronometra il tempo della natura.L’estro del gioco è estrarre dagli astragali il destino della donna, ereditato dai Greci e approdato junt o vicinonz dei Sassi.

Rapido è il lancio du strimm’l, la trottola, che buca la pietra e spacca la scangiatora. L’ingegnoso cerchio – u ritidd - impone la presa che arrossa il palmo della mano; fulmineo il gioco il cui sibilo della trottola è il canto della gara.

Sul muro, furioso è il prezzo della sfida; con impeto gioioso finisce l’accanimento al gioco.

Sull’altalena – u tront - la ragazza si dondola come un bronzo sacro; una filastrocca l’accompagna volando come na palomma nel cielo azzurro. Il petto si apre al vento e sembra uno zampillo che sprigiona miele.

Non si è voluto descrivere i giochi: si è voluto immaginare la gioia che sprigiona il giocare.

La fuga dalla solitudine fa rincorrere la meta per poter essere felici.

Il gioco è come una bolla di sapone, che scoppia portandoti nel mondo dei sogni.

“Giocando s’impara - La Terra delle Cinque Pietre”

testi di Franco Palumbodisegni di Giuseppe Palumboricordando Leonardo Sinisgalli, poeta lucano

Glossario

Rogn: astragaloVacandia: ragazza da maritoUagnin: ragazziSqualon: marciapiedeChiancodda: sgabelloSpaccachionk: centrare il mattoneFalocch: grosso bottoneControra: pomeriggio d’estateFuggetta: piccola concaJunt o vicinonz: dentro il recintoU piccil e la stascedda: rametto appuntito ai due lati e la racchettaStrimm’l: trottola in legnoScangiatora: piccola trottola non perfettaU ritidd: il cerchio dove si svolge il gioco