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77 Premessa A lla guida della abolita diocesi di Montefiascone - che com- prendeva le località di Arlena di Castro, Capodimonte, Cel- leno, Fastello, Gradoli, Grotte di Castro, Latera, Marta, Piansano, San Lorenzo Nuovo, Tessennano, Valenta- no, Villa Fontane e, per oltre quattro- cento anni, Corneto-Tarquinia - si sono avvicendate, nel corso dei seco- li, alcune figure di cardinali-vescovi di grande merito e personalità. Alla grandeur del cardinale Aldrovan- di, diplomatico pontificio, giurista e in- traprendente amministratore che per soli due voti non venne eletto papa, troviamo, a far da contraltare, la gran- de erudizione di Giuseppe Garampi, storico, esperto numismatico e amico del Muratori, che schedò i fondi do- cumentarî dell’Archivio Vaticano; o Laudivio Zacchia, membro della com- missione cardinalizia nel secondo pro- cesso contro Galileo Galilei; e certa- mente Marco Antonio Barbarigo, fon- datore di uno dei più prestigiosi semi- nari dell’Italia centrale. Ma indubbiamente sorprendente, e difficile da collocare, si rivela la spre- giudicata e ambiziosa personalità del cardinale francese Jean Siffrein Mau- ry, “tormentato” vescovo di Montefia- scone e Corneto, dal 1794 al 1814, e per un breve periodo, anche se illegit- timamente, di Viterbo. Le origini Jean-Siffrein Maury era nato, da povera ed oscura famiglia, il 26 giugno 1746 a Valréas, in territorio ecclesiastico del Dauphiné, appartenente alla Comtat- Venaissin; quella regione della Proven- za che Filippo il Bello aveva concesso al papa Clemente V affinché la corte papale si trasferisse ad Avignone. Zelo per lo studio, ottima memoria, spi- rito vivace e grande desiderio di farsi strada gli permisero di distinguersi fin dalla giovinezza. A tredici anni entrò nel seminario di Saint-Charles ad Avi- gnone, terminando gli studi di teologia in quello della Sainte-Garde a Saint- Didier. A diciannove, contro il volere del padre, “fuggì” a Parigi dove, con di- spensa speciale per l’età, nel 1769 fu ordinato sacerdote. In seguito, grazie alle doti intellettuali e alle straordinarie qualità di oratore, riuscì ad ottenere, in pochi anni, una serie di incarichi di crescente presti- gio. Lettore nella Camera di Parigi; vicario generale del vescovo Léon- François-Ferdinand de Salignac; cano- nico del capitolo di Lombez; priore di Lyon; panegirista all’accademia di Saint Louis du Louvre; abate titolare dell’abbazia di Frénade. Fino, al di là di ogni aspettativa, ai più ambiziosi traguardi: predicatore di corte della famiglia reale a Versailles (1775), e membro dell’Académie Fran- çaise (1785), una delle più esclusive istituzioni francesi rigorosamente composta da quaranta membri. Nel 1787 passò alla vita politica attiva L oggetta la estate 2016 L dalla Tuscia Giancarlo Breccola Montefiascone Il cardinale Jean Siffrein Maury o dell’Ambizione Della avventurosa vita di un vescovo di Montefiascone e Corneto I più importanti difensori del Terzo stato “I PADRI DELLA LIBERTÀ: Petion, Mirabeau e Robespierre” I più importanti personaggi della Rivoluzione francese “Bailly, Lafayette, Marat, Maury, Mirabeau, Necker, Orléans, Pétion, Robespierre” (stampa del 1794 circa) I più importanti difensori dei Nobili e del Clero LORO SONO NOSTRI AMICI: Cazales, Maury e Malouet”

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Premessa

Alla guida della abolita diocesidi Montefiascone - che com-prendeva le località di Arlenadi Castro, Capodimonte, Cel-

leno, Fastello, Gradoli, Grotte diCastro, Latera, Marta, Piansano, SanLorenzo Nuovo, Tessennano, Valenta-no, Villa Fontane e, per oltre quattro-cento anni, Corneto-Tarquinia - sisono avvicendate, nel corso dei seco-li, alcune figure di cardinali-vescovi digrande merito e personalità.Alla grandeur del cardinale Aldrovan-di, diplomatico pontificio, giurista e in-traprendente amministratore che persoli due voti non venne eletto papa,troviamo, a far da contraltare, la gran-de erudizione di Giuseppe Garampi,storico, esperto numismatico e amicodel Muratori, che schedò i fondi do-cumentarî dell’Archivio Vaticano; oLaudivio Zacchia, membro della com-missione cardinalizia nel secondo pro-cesso contro Galileo Galilei; e certa-mente Marco Antonio Barbarigo, fon-datore di uno dei più prestigiosi semi-nari dell’Italia centrale.Ma indubbiamente sorprendente, edifficile da collocare, si rivela la spre-giudicata e ambiziosa personalità del

cardinale francese Jean Siffrein Mau-ry, “tormentato” vescovo di Montefia-scone e Corneto, dal 1794 al 1814, eper un breve periodo, anche se illegit-timamente, di Viterbo.

Le originiJean-Siffrein Maury era nato, da poveraed oscura famiglia, il 26 giugno 1746 aValréas, in territorio ecclesiastico delDauphiné, appartenente alla Comtat-Venaissin; quella regione della Proven-za che Filippo il Bello aveva concessoal papa Clemente V affinché la cortepapale si trasferisse ad Avignone.Zelo per lo studio, ottima memoria, spi-rito vivace e grande desiderio di farsistrada gli permisero di distinguersi findalla giovinezza. A tredici anni entrònel seminario di Saint-Charles ad Avi-gnone, terminando gli studi di teologiain quello della Sainte-Garde a Saint-Didier. A diciannove, contro il voleredel padre, “fuggì” a Parigi dove, con di-spensa speciale per l’età, nel 1769 fuordinato sacerdote.In seguito, grazie alle doti intellettualie alle straordinarie qualità di oratore,riuscì ad ottenere, in pochi anni, unaserie di incarichi di crescente presti-gio. Lettore nella Camera di Parigi;

vicario generale del vescovo Léon-

François-Ferdinand de Salignac; cano-

nico del capitolo di Lombez; priore di

Lyon; panegirista all’accademia di

Saint Louis du Louvre; abate titolare

dell’abbazia di Frénade.

Fino, al di là di ogni aspettativa, ai più

ambiziosi traguardi: predicatore di

corte della famiglia reale a Versailles

(1775), e membro dell’Académie Fran-

çaise (1785), una delle più esclusive

istituzioni francesi rigorosamente

composta da quaranta membri.

Nel 1787 passò alla vita politica attiva

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dallaTusciaGiancarlo

Breccola

Montefiascone

Il cardinaleJean Siffrein Mauryo dell’AmbizioneDella avventurosa vita di un vescovo di Montefiascone e Corneto

I più importanti difensori del Terzo stato “I PADRI

DELLA LIBERTÀ: Petion, Mirabeau e Robespierre”I più importanti personaggi della Rivoluzione francese“Bailly, Lafayette, Marat, Maury, Mirabeau, Necker,Orléans, Pétion, Robespierre” (stampa del 1794 circa)

I più importanti difensori dei Nobili e del Clero“LORO SONO NOSTRI AMICI: Cazales, Maury e Malouet”

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come consigliere del guardasigilliLamoignon, all’epoca impegnato in unprogetto di riforma giudiziaria. Rifor-ma imposta dai grandi disagi socialiche la Francia stava vivendo, e chetrovarono il loro naturale esito in queldrammatico sconvolgimento, destina-to a segnare la civiltà occidentale, chefu la Rivoluzione Francese.

Gli Stati generali e l’AssembleacostituenteL’8 agosto 1788, nel tentativo di rag-giungere un accordo tra le classi so-ciali, Luigi XVI aveva convocato gliStati generali. A questi, inaugurati il 5maggio 1789, l’abate Maury era pre-sente in veste di deputato del cleroper la circoscrizione di Péronne.I lavori dell’assemblea, tuttavia, si“incepparono” subito sulla fondamen-tale questione del sistema di votazio-ne. In base alla consuetudine - che pre-vedeva un voto per ognuno dei treordini - Clero e Nobiltà avrebberosempre avuto la maggioranza nei con-fronti del Terzo stato. I delegati di que-st’ultimo, che rappresentavano lamaggioranza della popolazione, si

opposero con determinazione perottenere il voto “a testa”.Il 20 giugno 1789, dopo sei settimanedi stasi, i rappresentanti del Terzostato, esasperati, si proclamaronoAssemblea nazionale, attribuendosi ilpotere esclusivo di legiferare in mate-ria fiscale (giuramento della pallacor-da) e, il 9 luglio 1789, si proclamaronoAssemblea nazionale costituente.Con questo clamoroso atto proclama-vano automaticamente decaduti gliStati generali che venivano sostituitida una Assemblea sulla quale il re nonaveva alcun potere. Il gesto rivoluzio-nario spaventò Luigi XVI il quale, purmostrandosi rispettoso della nuovasituazione - ordinando ai nobili e alclero di riconoscere l’Assemblea co-stituente e di partecipare alle sue riu-nioni - richiamò a Versailles 2000 sol-dati, facendo così intendere di esserepronto a intervenire con la forza. Que-sto fatto fomentò la collera del popoloche esplose, il 14 luglio dello stessoanno, con la presa della Bastiglia, sim-bolo dell’Ancien Régime.E così, il sangue scorrendo per la cittàdi Parigi, l’abate Maury; che - avea mag-giore loquacità che intrepidezza, [cosìin una cronaca dell’epoca] si affrettòad abbandonare il suo posto. Col nastrosulla testa e l’uniforme sul dorso, protet-to dai colori della rivoluzione che com-batteva, stava per uscir dal regno, allor-ché riconosciuto a Peronne sotto il suotravestimento, venne arrestato. La qua-lità d’aristocrate lo comprometteva, iltitolo di deputato lo protesse. Reclama-to dall’assemblea di cui era membro,ritornò sano e salvo a Parigi a riprende-re le sue funzioni di rappresentante.Rientrato nell’assemblea, il Maury ri-prese il proprio incarico svolgendoloin maniera appassionata, tanto darisultare il più coraggioso e abile ora-

tore della destra. Divenne quindil’antagonista per eccellenza del leg-gendario Mirabeau, rappresentantedel Terzo stato, con il quale si cimen-tò in furiosi duelli oratorî.Honoré Gabriel Riqueti de Mirabeauera un uomo imponente, brillante ora-tore, celebre per le sue battute. Erabruttissimo e diceva: “Questa è la miaforza, quando scuoto il mio terribile gru-gno non c’è nessuno che osi interrom-permi”.Uno dei pochi che osava farlo, e congrande energia, era proprio il “nostro”Maury, il quale, da buon reazionario,si oppose all’abolizione della nobiltà,alla vendita dei beni nazionali, difesel’autorità del papa su Avignone e at-taccò la costituzione civile del clero.In sostanza gli “eroi” dei due schiera-menti - quello conservatore monarchi-co-clericale e quello rivoluzionario po-polare - furono proprio Maury e Mira-beau i quali, grazie al loro ruolo deter-minante, acquisirono grande notorie-tà e considerazione. Quest’ultimaspartita, naturalmente, a seconda deigruppi d’appartenenza. È comprensi-bile come sul Maury, che incarnavaperfettamente i due grandi nemici del-la Rivoluzione - chiesa e aristocrazia -e che costituiva lo strenuo difensoredell’Ancien Régime, convergessero ilrancore e la rabbia delle grandi massedella borghesia e del proletariato; eche lo stesso divenisse il bersaglioprincipale della satira rivoluzionaria edel sarcasmo popolare.

La satiraNel sito internet della Bibliothèquenationale de France, consultabile al-l’indirizzo http://www.bnf.fr, esiste u-

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L’abate Maury rappresentato come “La Rabbia ol’Avvocato degli Aristocratici”

“Il ritorno dell’Abbate Maury da suo Padre”

“Danza aristocratica. Lui non sa su quale piedeballare” Caricatura anonima del 1790 che mostral’abate Maury su una corda tesa sorretta da undiavolo mascherato da buffone, a sinistra incorag-giato da due aristocratici e a destra ostacolato dadue membri del terzo stato.

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na grande quantità di documentazionerelativa al Maury, tale che il suo tratta-mento richiederebbe gli ampi spazi diuna pubblicazione monografica.In questo contesto mi limiterò a ripor-tare - fondate o fantasiose che fossero- qualcuna delle accuse che la satirarivoluzionaria gli rivolgeva, e certeespressive didascalie delle illustrazio-ni satiriche, da alcune delle quali, peresempio, affiora il suo impetuoso ecollerico temperamento.

LA RABBIA

“La rabbia soffia dalla sua bocca el’Inferno è nel suo cuore...”“L’Arrabbiato o l’Avvocato degli Ari-stocratici: Di Dio che lo fa vivere /Maury difende i diritti / Facendo delsuo meglio / Esalta le sue leggi / Maperde il suo latino e mi sorprende /Perché in mezzo al frastuono / Nellastanza non si sente / Dio stesso quan-do parla”.

IL TRADIMENTO

Maury veniva accusato, tra l’altro, ditradimento nei confronti delle sue ori-gini. Così in alcune vignette è rappre-sentato mentre viene frustato dalpadre calzolaio: “Decreto control’Abate Maury - Punizione di J. F.Maury e ira di suo padre: Infame ari-

stocratico… tu hai rinnegato il Terzostato!”In un’altra, mentre il padre punisce ilfiglio e dice: “È un peccato figlio, iocredevo di fare qualcosa di te, ma misono reso conto che sarai sempre unaristocratico”, la madre alla finestraapprova l’azione del marito esclaman-do “Bravo, bravo…”.

MAURY “DIAVOLO” TRA I DIAVOLI

“Il 13 aprile 1790 due diavoli volantihanno fatto una sfida per defecare sul-l’umanità la cosa più puzzolente. Uno‘caca’ l’abate Maury, l’altro diventapallido e lascia d’Eprémesnil e tutta lasua cabala”.E ancora: “Il diavolo per fare un regaloagli uomini ha pensato a tre personemolto esperte; una in cavilli, un’altrain menzogne e l’ultima nel tradimen-to”. Nel disegno l’esperto in menzogneè, naturalmente, il Maury”.“Soffro le conseguenze del mio tradi-mento. Due diavoli contro di me e lamia cospirazione…”

LA DISCESA ALL’INFERNO

In altre immagini troviamo l’Abatedirettamente all’inferno: Condannadefinitiva della nobiltà all’inferno ove sievidenziano i principali mostri [tra cuiil Maury].E poi, in una stampa successiva, sivede che nemmeno il diavolo lo sop-porta e quindi lo caccia dall’inferno:Empio errante, tormento degli uomini,fuorilegge di Dio e cacciato dall’Inferno,carburante eretico, non venire più amettere discordia tra i tuoi confratelli…Del resto la discesa agli inferi, temaricorrente nei testi teatrali leggeri ebrillanti, varie volte coinvolse ilMaury. Come nel burlesco L’infernalroi des Enfer, ou les Amour, de l’abbéMaury avec Proserpine, dove il prota-gonista, per l’appunto il Maury, dive-nuto l’amante di Proserpina, avvelenaBelzebù e quindi ne prende il postocome re dell’Inferno. O come in unanonimo vaudeville nel quale il nostroAbate, in veste di postiglione, traspor-ta il papa nel regno infernale.

LA SESSUALITÀ

Ma oltre all’amore infernale, il Mauryfu coinvolto, con vignette satiriche,sarcastiche pièces letterarie e ferocipamphlet, in altre storie di genere lus-surioso. Come, ad esempio, nelle Vieprivée des ecclesiastiques dove silegge: “L’abate Maury, divenuto gran

signore, grosso beneficiario, perprima cosa cerca di godere; non pregapiù, non scrive più, striscia meno; tuttii suoi sfrenati gusti per la dissolutez-za, e il suo temperamento focosamen-te lussurioso trovano una nuova ener-gia da questa crescita di fortuna e dibenessere”.E ne Les confédérés vérolés: “Dal pulpi-to al gioco d’azzardo, dalla bisca all’al-tare, Maury non ha fatto che un saltodalla chiesa al bordello”.In una stampa del 1790: “L’eloquenteMaury abbandonando l’altare, da verolibertino, si fa frustare in un bordello”E ancora ne “L’abate Maury sorpresoda padre Duchêne nello spogliatoiodella Badessa”; ne “Il matrimonio del-l’abate Maury con la Badessa di Mon-tmartre”; ne “L’abate Maury ripudiatodalla Negra all’indomani del loromatrimonio”; ne “Scappatelle lussurio-se di J. F. Maury, sacerdote indegnodella Chiesa Cattolica”.

LE MINACCE

Oltre a costituire il bersaglio primariodella satira, Maury era anche vittimadi inevitabili minacce materiali. Comequando, nonostante l’immunità parla-mentare, per salvarsi fu costretto atravestirsi da granatiere: “Il giorno del

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“Il 13 aprile 1790 due diavoli volanti hanno fattouna sfida per defecare sull’umanità la cosa più puz-zolente. Uno ‘caca’ l’abate Maury, l’altro diventapallido e lascia d’Eprémesnil e tutta la sua cabala”

“L’Abbate Maury cacciato dall’Inferno”

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13 aprile 1790, l’abate Maury esce dalnumero 22 di via Sant’Anna, in abito diGranatiere, ove si era rifugiato per evi-tare il furore popolare”.O quando, dopo una discussione sugliassegnati (gli assegnati erano buonifruttiferi garantiti dalle terre confisca-te emessi per far fronte alle necessitàdel Tesoro) “Alcuni miserabili, avendogridato al suo sortire dall’assemblea:Alla lanterna l’abate Maury! Questisenza punto scomporsi si avvicinò adessi e disse: Ebbene, eccovi l’abateMaury: e quando voi l’avrete messoalla lanterna ci vedrete per questo piùchiaro?”“Alla lanterna” era il grido con cui alprincipio della rivoluzione francese sieccitava il popolo ad impiccare ai lam-pioni i cittadini sospetti di essere degliaristocratici.La minaccia della lanterna, nonostanteil sangue freddo del Maury, divenneulteriore argomento di dileggio: “Pic-colo scherzo fatto all’Abate Maury e aMirabeau. Questi perfidi si si sono riu-niti in un hotel, ma alcuni patriotihanno decorato il battente della portacon un buon strato di materiale fecale.È ben disgustoso per l’abate, ma èsempre meglio di essere alla lanterna”.La satira colpiva spesso con le stesseaccuse Maury e Mirabeau in quantoquest’ultimo, che morirà il 2 aprile1791, era sospettato di doppio gioco a

favore della famiglia reale. Poi si sco-prirà, giustamente.

L’inizio del terroreCon l’incalzare degli eventi, la situa-zione stava comunque divenendo piùpesante. “All’uscire da una seduta, icongiurati l’attendevano sulla soglia.Maury li vide e, senza punto turbarsi,mosse alla loro volta. Grida ostili tur-binavano intorno a lui che procedevaverso l’uscita senza la minima colleracontro quel popolaccio sovrano. Pro-fittando di tanto schiamazzo e di tantaconfusione, gl’incaricati a ciò tentaro-no di eseguire il mandato ricevuto.Uno di essi lo spinse con forza mentreun altro lo urtava in senso contrario. Ilrobusto abbate rimase dritto e fermotra quelli urtoni. Il colpo di farlo anda-re per terra era fallito; quando il capodei congiurati, furioso di vedersi sfug-gire la preda, tratto di sotto al farsettoun coltellaccio affilato, si lanciò su dilui, gridando: “Dov’è l’abbate Maury?voglio mandarlo a dir messa all’infer-no”. Maury, ricordatosi delle armi cheun amico gli aveva collocato nellatasca, pronto come un lampo leestrasse e, puntando le due pistole infaccia al manigoldo che gli si avventa-va sopra: “Prendi se hai cuore - disse -ecco le ampolle per servirla”. L’altrospaventato diè indietro, perdendosiprudentemente tra la folla, mentre che

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“Il giorno del 13 aprile 1790, l’abate Maury esce dal numero 22 di via Sant’Anna, in abito di Granatie-re, ove si era rifugiato per evitare il furore popolare”

“L’originale è vivo. Il suo ritratto desta invidia”

questa, stupita da quell’eroismo tran-quillo e cambiata in un batterd’occhio, batteva le mani a colui cheprima voleva morto”.Ma a parte gli aneddoti, più o meno diparte, i tempi stavano cambiando, e lastessa figura del Maury, come elemen-to capace di agitare l’opinione popola-re, stava perdendo d’interesse. Servi-va, per trascinare le masse, un simbo-lo più forte e minaccioso e quindi,dalla primavera 1791, la stampa satiri-ca e popolare iniziò a preferire le figu-re del re e della regina. Da quel mo-mento la coppia reale iniziò ad essereridicolizzata con lo stesso tipo di sati-ra precedentemente utilizzata control’Abate.L’evolversi sempre più cruento deifatti rivoluzionari e il successivo scio-glimento dell’Assemblea Costituente,avvenuto il 30 settembre, complicòulteriormente le cose in quanto tutti iparlamentari persero l’immunità econtemporaneamente, sotto le galle-rie del palazzo Reale, iniziarono a cir-colare liste di proscrizione. Maury neebbe una copia che conteneva il suonome e che prometteva una forte ri-compensa a chi ne avrebbe consegna-to la testa. Nei primi giorni di ottobre,prudentemente, decise di abbandona-re Parigi.

(fine della prima parte)

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di gloria e che è stato trattato dai principi con tutta la bontàdell’orgoglio riconoscente. Questo cardinale in petto nondeve tardare a prendere la strada dell’Italia per arrivare alson chapeau.

E ugualmente trionfale risultò il viaggio da Coblentz aRoma, dove venne accolto affettuosamente da Pio VI che,chiamandolo mio caro Maury, lo informava sulla suanomina a cardinale in pectore. Consacrato vescovo il 1maggio 1792, e designato arcivescovo di Nicea, Mauryrappresentò la Santa Sede alla dieta tedesca di Francofor-te. Il 21 febbraio 1794, in considerazione dell’ardore e delcoraggio mostrati nella difesa degli interessi della Chiesa,ricevette la porpora cardinalizia col titolo della SS. Trini-tà su Monte Pincio e, successivamente, la nomina avescovo della diocesi di Montefiascone e Corneto. Pro-prio mentre Siffrein viveva questi momenti di gloria, inFrancia due suoi fratelli venivano condannati a morte el’intera famiglia proscritta, per la più implacabile di tuttele vendette. Il sacerdote Jean Jacques Fidèle Maury fuinfatti giustiziato ad Avignone, il 13 marzo 1794, comefuggiasco politico; il commerciante di legname Jean Pier-re Maury a Orange, il 10 luglio 1794, come controrivolu-zionario.

Vescovo di Montefiascone e CornetoNell’agosto del 1794, Maury fece il suo ingresso a Monte-fiascone animato dalle migliori intenzioni. Rimase perònegativamente sorpreso nel prendere atto dello stato dideclino di quel seminario che tanto aveva sentito elogia-re: al primo giunger che facemmo in questa Diocesi, avem-mo pur troppo il rammarico di trovar questo Seminario intal decadenza, che, oltre esser i giovani ridotti ad uno scar-sissimo numero di soli trentatré, era in istato di doversiaffatto chiudere per mancanza di sussistenza, attesa larimarcabil somma di scudi mille e cinquecento che avevadi sbilancio.La critica situazione, per un carattere ambizioso e risolu-to come quello del Maury, costituì una sfida e quindi - tra-scorsi tre anni durante i quali non uscì mai dal territoriodella diocesi - grazie a una serie di provvedimenti e rego-lamenti finalizzati a migliorare la parte economica e disci-plinare del seminario, e al recupero di molte direttive delBarbarigo passate in dimenticanza, poteva affermare: alpresente pertanto abbiamo la consolazione d’aver pagatotutti i suoi debiti con le nostre economie e bonificazioni, edi vederlo risorto nella disciplina, negli studi, nella quantitàpiù che doppia dei giovani che vi concorrono da ogni partee nell’economico, a segno che quantunque siansi accresciu-te di gran lunga le spese di un miglior trattamento, e permaggior comodo della gioventù, e di altre per provvederbiancheria, e far delle necessarie riparazioni, ciò nonostante possiamo rallegrarci, attesa la nostra economica

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GiancarloBreccola

Montefiascone

Da Parigi a Roma

Abbandonata la Francia, Maury, via Tournai-Bru-xelles, raggiunse Coblenza, centro tedesco soste-nitore della monarchia francese ove si erano sta-biliti i fratelli di Luigi XVI: Louis Stanislas Xavier

conte di Provenza e Carlo conte d’Artois. In quello cheera divenuto il quartiere generale dell’emigrazione, sistava progettando un’invasione della Francia, appoggiatada Austria e Prussia, per riportare Luigi XVI al potere.L’accoglienza fatta a Maury fu, in quell’occasione, vera-mente principesca.

Al suo arrivo a Coblenza, dove è venuto a salutare i principi,seicento signori francesi si erano disposti su due file per far-gli un picchetto d’onore e, vedendolo, lo avevano applaudi-to. Il corrispondente del Moniteur lo vede comunque soffe-rente e il 10 novembre scrive da Magonza: “Si attendono oral’abate Maury e M. Condé. Per quanto riguarda l’abateMaury, vi dirò che ha trascorso a Coblentz ventiquattro ore

Il cardinale Jean Siffrein Mauryo dell’AmbizioneDella avventurosa vita di un vescovo di Montefiascone e Corneto

(parte seconda, dal numero precedente)

Il cardinale Jean Siffrein Maury, vescovo di Montefiascone e Corneto, in un quadro conservato presso la cattedrale di Montefiascone

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amministrazione, ed altri sovvenimenti da Noi ben volon-tieri somministrati, di aver pareggiato lo sbilancio in addie-tro avvenuto senza che resti gravato il Seminario di qualun-que anche più piccolo debito esigibile, e senza alcunaimprestanza, e di aver circa duemila scudi di capitale incontante.Del resto la determinazione e il carattere esigente delMaury affiorano anche dalla Visita pastorale che lo stessocelebrò nel 1794 - poco tempo dopo il suo ingresso nelladiocesi - dalla quale risulta come non vi fu altare, o tova-glia, o candeliere o pianeta di cui non decretasse lo scarta-mento o almeno una riparazione. Per contro, la sua intel-ligenza, lo zelo, la sua disponibilità, la coinvolgente ora-toria delle omelie sempre pronunciate in italiano, eranoriuscite a conquistare l’ammirazione del clero e dei fedelidella diocesi.Come quando, già dal primo anno del suo episcopato,aveva introdotto la novità della cerimonia della celebra-zione della prima Comunione in forma solenne e colletti-va. L’usanza - che era nata in Francia verso la fine del XVIIsecolo in un contesto fortemente devozionale, individua-lista e intimista - in Italia non era praticata. Così ne parlanelle sue memorie, in occasione dell’esordio del rito nellacattedrale di Montefiascone, lo stesso Maury: “Ho stabili-to la stessa cerimonia in tutta la diocesi. Ovunque, l’inno-vazione è stata accolta con gioia e con plausi generali; iparroci sono stati ben felici di averla istituita sul modello diquella celebrata nella città vescovile”.A livello più pratico, tra l’altro, intervenne su un aspetto

della cultura contadina. Memore della “scoperta”, avve-nuta soltanto una decina di anni prima in Francia, dellepotenzialità nutritive della semisconosciuta e sottovalu-tata patata, continuamente consigliava ai contadini localidi seminare patate, in quanto alimento economico e ingrado di migliorare la qualità della loro vita. Né trascurò l’urbanistica del paese, direttamente interes-sandosi alla ristrutturazione della strada detta della Ban-dita, del belvedere di Borgheriglia e all’abbellimento deglistessi luoghi con la messa a dimora di molti olmi.

Il salotto franceseMa al di là dell’attività pastorale, il profondo divario tral’ambiente sociale e culturale di Montefiascone e quellodella Parigi della Rivoluzione - o anche della stessa Romapapalina - dovette essere fortemente avvertito dal Mauryil quale, in qualche modo, rimediò costituendo a Monte-fiascone una minuscola enclave francese composta daprelati e intellettuali che avevano abbandonato la Franciaper motivi politici. Fra questi vi erano alcuni famosi pro-fessori della Sorbona, che Maury pensò di impiegarecome insegnanti nel seminario di Montefiascone. Nominòquindi l’abate Amanzio Dièche professore di teologia dog-matica; l’abate Jérôme-Claude Gandolphe professore diteologia morale; l’abate Pietro Piquet, suo antico mae-stro, rettore del seminario; l’abate Louis Reboul vice-ret-tore. Tra gli altri nomi vi erano anche quelli dell’abateCoster; dell’abate Foullon; del marsigliese abate Claude-Jean-François de Mandolx, futuro vescovo d’Amiens;dell’abate Jacques Desfrançais Picansel; del parroco diRochetaillée Jean Marie Felix Mayet, che era stato suocollega agli stati generali come rappresentante del sini-scalcato di Lione.Circa dieci/quindici francesi che - alloggiati presso ilpalazzo vescovile, i conventi, il seminario e la famigliaCernitori - tutti i giorni, dopo i pasti, spesso presi incomune, si radunavano e parlavano degli studi e dellapatria lontana, intrattenendosi in conversazioni estrema-mente piacevoli presiedute dal cardinale. Cenacolo sog-getto a oscillazioni dinumero in quanto laresidenza del vescovocostituiva una tappaper gli emigrati di pas-saggio. La casa di miozio - racconta il nipo-te del cardinale - erafrequentata da tutti iviaggiatori illustri e, insostanza, costituival’albergo dei compa-trioti, i quali eranosempre certi di essereaccolti con cordialità,qualunque fosse laloro opinione politica.Egli ha avuto anchel’onore di ricevere piùvolte il signor cardina-le di York - l’ultimodegli Stuarts - monsi-gnor il duca di Berry e

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Jean Marie Felix Mayet, parroco di Rochetaillée, collega di Maury agli Stati Generali come rappresentante del siniscalcato di Lione

L’abate Jérôme-Claude Gandolphe professore di teologia morale presso il seminario di Montefiascone

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Sua Maestà il re di Sardegna. I genitori del cardinale diYork, Henry Benedict Maria Clement Stuart, si erano spo-sati a Montefiascone, il 1 settembre 1719, nello stessopalazzo in cui poi avrebbe risieduto il Maury (vedi la Log-getta n. 46, set-ott 2003, p. 25).

La Repubblica RomanaMentre il Maury viveva il suo “dorato” isolamento, glieventi incalzavano e il 10 febbraio 1798 le truppe di Napo-leone, guidate dal generale Louis Alexandre Berthier,invasero Roma dando inizio all’occupazione francesedella città. Il 15 febbraio fu dichiarato decaduto il poteretemporale di Pio VI e proclamata la repubblica Romanaispirata al modello francese. Pochi giorni dopo, 20 febbra-io 1798, il papa fu preso prigioniero e allontanato dallacittà. Maury, che s’illudeva di essere scampato alla pro-scrizione, dovette amaramente ricredersi quando seppeche il generale Berthier, pochi giorni dopo aver occupatoRoma, lanciava un proclama speciale contro di lui dichia-rando confiscati i suoi beni. Dalla prigionia di Siena, PioVI, tramite monsignor Spina, lo consigliò di lasciare infretta la sede vescovile per non correre rischi. Così, pru-

dentemente, fece, e quando, pocheore dopo la sua fuga, giunsero a Mon-tefiascone i dragoni francesi per arre-starlo, non trovandolo, sfogarono laloro rabbia con atti vandalici contro ilpalazzo vescovile. Tra l’altro, furonodanneggiate molte delle statue chedecoravano il giardino dell’episcopio.Maury, che inizialmente si era direttoa Siena per raggiungere il papa, vistal’impossibilità di tale incontro, dirottòverso Firenze. Ma neanche lì trovò,come sperava, una situazione tranquil-la in quanto un ministro del direttoriofrancese che si trovava in città, venutoa conoscenza del suo arrivo, si espres-se in questi termini: Che ci fa qui l’ab-bate Maury? Attende che io lo facciaammanettare per mandarlo in Guiana?A quel punto il Granduca di Toscana loesortò a spostarsi verso un luogo piùsicuro e, per eludere i rischi che pote-vano scaturire dal viaggio, si ricorse aun espediente. La Segreteria di statotoscana finse di dover inviare a Viennaun corriere accompagnato dal propriocameriere e quindi i loro passaportifurono legalizzati dal ministro france-se senza sospetto. I due viaggiatori,uno dei quali era naturalmente Mauryin veste di domestico, partirono allavolta di Venezia ove giunsero senzaessere riconosciuti. Qui Maury, lonta-no dai territori controllati dai suoiconnazionali, poteva vivere tranquilloseguendo lo sviluppo degli eventi. Il 29 agosto 1799 morì in Francia, aValence, l’esiliato Pio VI; venti giornidopo i francesi abbandonarono Romamettendo termine all’effimera Repub-

blica Romana; il 14 marzo del 1800, nel conclave di Vene-zia, venne eletto papa, anche grazie al decisivo ruolodello stesso Maury, Barnaba Niccolò Maria Luigi Chiara-monti con il nome di Pio VII; al suo ingresso a Roma, avve-nuto il 3 luglio dello stesso anno, era presente ancheMaury, che qualche mese dopo sarebbe rientrato nellasua sede vescovile a Montefiascone.

Il ConcordatoEra l’anno in cui Napoleone, dopo aver vinto la battagliadi Marengo, aveva pubblicamente espresso la convinzio-ne che la religione costituiva un indispensabile sostegnoper lo Stato, esternando quindi la volontà di riconciliarsicon la Santa Sede. Il negoziato che si aprì fu lungo e labo-rioso. Per volere di Napoleone i lavori iniziarono a Pariginel novembre 1800, ma si riuscì a ratificare l’accordo soloil 15 luglio 1801, cioè dopo l’arrivo del segretario di statovaticano Consalvi.La Francia e il papato avevano raggiunto, con tutti i com-promessi del caso, un modus vivendi, ma questo noncomportava il fatto che la Rivoluzione, nella veste deisuoi epigoni, avesse perdonato la persona che tanto

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I dragoni francesi che dovevano arrestare Maury, non trovandolo, sfogarono la rabbia con atti vandalici contro il palazzo vescovile di Montefiascone danneggiando molte delle statue che decoravano il giardinodell’episcopio

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l’aveva avversata. Il ministro plenipotenziario franceseFrançois Cacault, di stanza a Roma, aveva così dichiarato:La cattiva condotta del cardinal Maury, non mai smentitafin dalle origini della rivoluzione, è nota a tutti. Il primoconsole ordina di dichiarare che l’accoglienza che gli si faa Roma e l’asilo che gli si accorda negli Stati della Chiesanon possono conciliarsi col desiderio che Sua Santitàmostra di vivere in buoni rapporti con il governo francese.Invero è sorprendente come il papa non abbia ancoraallontanato da sé un uomo conosciuto come il più accanitonemico di Francia.Questa presa di posizione da parte dei francesi comportòun forzato e diplomatico allontanamento di Pio VII daMaury; separazione che, per quest’ultimo, implicò unasorta di esilio a cui si aggiunse la proibizione di prosegui-re il suo epistolario con Luigi di Borbone, pretendente altrono di Francia.Nel 1802, a una sua richiesta per potersi recare a Roma, ilcardinale Consalvi gli comunicava che i francesi si oppo-nevano alla sua venuta, anche d’un’ora a Roma, e che ilpapa non poteva permettergli di uscire. Da parte sua, PioVII, che non se la sentiva di discacciare dal suo Stato unCardinale e dalla sua chiesa un Vescovo, non trovava comepoter giungere a tali passi. La scelta meno incresciosa era dunque quella di tenerloemarginato a Montefiascone, anche perché Maury ormainon aveva più l’autorità per intervenire, direttamente oindirettamente, nelle scelte politiche e religiose dellacapitale.Ma anche la situazione a Montefiascone era peggiorata. Ilcenacolo di professori e prelati francesi, grazie ai pattidel concordato, era tornato in patria, “abbandonandolo”e costringendolo a cercare nuovi insegnanti in sostituzio-ne. Il bilancio economico del seminario - forse a causadella sua prolungata assenza - era poi tornato in passivi-tà. In una lettera al rettore Meconi, inviata da Tarquinia il22 marzo 1804, Maury scriveva: Sono rattristato, non menoche sorpreso, in sentire da V. S. che il seminario manca didanaro [...] manifestamente poi apparisce lo squilibrio fral’entrata e l’uscita, e che la seconda supera di molto laprima [...] penso di più di scemare il numero dei Professori,il ruolo dei quali forma uno sbilancio enorme. A combattere la solitudine e la noia certamente gli resta-vano le visite di importanti personaggi in transito perMontefiascone, come il duca e la duchessa di Chiablese,nobili che poi comprarono Capodimonte; o come il diret-tore dell’Accademia di Fran cia Siré; o Carlo Emanuele redi Sardegna; e anche del conte Ava ray, ministro di Luigidi Borbone. A questo proposito Maury scriverà al futurore: Ho avuto, Sire, la consolazione di avere presso di me,nella mia solitudine, per due giorni, il conte Avaray.Altre soddisfazioni poteva trarre dalla sua collezione diquadri - poi rimasta nel palazzo vescovile di Montefiasco-ne - che coprivano il periodo della pittura del paesaggiodi Roma dalla fine del Seicento agli inizi dell’Ottocento.Ma, per un temperamento ambizioso come quello diMaury, tutto questo era veramente poco.

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(fine della seconda parte)

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Il ministro plenipotenziario francese François Cacault, di stanza a Roma, avevadichiarato che “La cattiva condotta del cardinal Maury, non mai smentita findalle origini della rivoluzione, è nota a tutti…

Il 27 febbraio 1804 Maury scrive per l’ultima volta a Koblenz al futuro re Luigi XVIII: “Il papa mi ha fatto avvertire di non scrivere più di affari politicia chi si sia, dichiarandomi che egli, ove io mi comprometta, sarà costretto asacrificarmi. Sono sorvegliato assai; sono in piena disgrazia…”

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dalla TusciaMontefiascone

Il cardinale Jean Sifrein Mauryo dell’ambizioneDella avventurosa vita di un vescovo di Montefiascone e CornetoLa cause de la monarchie était perdue…

Ecosì, mentre la parabola ascendente di Napoleonecontinuava inarrestabile, a Montefiascone, comple-tamente ignorato nella sua solitudine, Maury termi-

nava per la seconda volta la sua vita politica; tutte le am-bizioni, tutti i suoi desideri erano costretti a restare lontanidalla scena del mondo.La sgradevole situazione era maggiormente avvertita dal

Cardinale a causa della diversa fortuna che segnava i duepersonaggi, i quali, pur essendo in posizioni ideologica-mente opposte, per ambizione e capacità, si scoprivano in-vece in grande sintonia.Un primo “cedimento” verso il nuovo potere francese -

certamente favorito dai rapporti concordatari tra Bonapartee la Santa Sede - si percepisce in una lettera a Luigi XVIIIdel 20 settembre 1803, nella quale Maury si esprime inquesti termini.

A Roma sono in completa disgrazia e non otterrò mai ilpermesso di andarvi per seguire i miei affari. Bonapartevi regna dispoticamente [...] l’anno scorso sono riuscitoad evitare di fargli gli auguri per le feste, omaggio che ilPapa gli fa pervenire da tutto il Sacro Collegio. Ma credoche quest’anno non riuscirò ad allontanare da me l’amarocalice [...] e supplico Vostra Maestà di inviarmi disposi-zioni in merito, che io, comunque siano, rispetterò fedel-mente.

Luigi XVIII, in data 22 ottobre, concesse il suo permesso,sottolineando che certamente la lettera di auguri che Mauryavrebbe inviato a Napoleone non lo avrebbe scandalizzatopiù di quando lo aveva visto indossare il nastro tricoloredella rivoluzione. Il re si riferiva a un episodio avvenuto il14 luglio 1790, festa della Federazione a celebrazione delprimo anniversario della presa della Bastiglia, quandoMaury, su richiesta della regina Maria Antonietta, si eradecorato con un nastro tricolore.Il primo dicembre 1803, Maury scrive quindi a Napo-

leone: Cittadino Primo Console, il mio costante amore perla patria, la mia grande ammirazione per il console che lagoverna così gloriosamente, mi ispirano gli auguri più sen-titi per chiedere al cielo la sua salute e la sua felicità.3 Labreve lettera, che prosegue fino alla fine con lo stesso tonoadulativo, è in sostanza la capitolazione di quel carattereesuberante, divorato dalle passione delle grandi imprese edelle tenzoni oratorie, che logorato dalla noia del piccolopaese, cedeva al demone dell’ambizione.Poco tempo dopo Maury riceveva da Roma una nuova

intimazione a cessare l’epistolario con il re. Nella sua ultimalettera a Luigi XVIII, datata 21 febbraio 1804, scriveva

quindi: Il papa mi ha fatto avvertire di non scrivere più diaffari politici a chicchessia, dichiarandomi che, se io dovessicompromettermi, egli sarebbe nell’impossibilità di salvarmi.Sono fortemente sorvegliato e a Roma in piena disgrazia.

Con Napoleone

Tre mesi dopo, 18 maggio 1804, il Senato francese proclamòNapoleone Imperatore dei francesi. Il passaggio di Maurynelle file bonapartiste è segnato dalla lettera di felicitazioni,inviata il 22 agosto 1804, che si caratterizza per la sottilefinezza diplomatica con la quale il transfuga costruisce, persé e per gli altri, un coerente alibi morale a giustificazionedel suo “tradimento”.

Io sono Francese Sire e voglio esserlo per sempre. Perso-nalmente ho sempre apertamente dichiarato che il governodi Francia dev’essere, sotto ogni rapporto, essenzialmentemonarchico [...] Nessun francese ha dunque il diritto adapplaudire più di me la restaurazione d’un trono ereditarioin patria, in quanto ho sempre pensato che tutte le altre

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(terza e ultima parte dai numeri precedenti)

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forme di governo comporterebbero una continua e inevi-tabile anarchia. Alla fine della nostra rivoluzione mi ri-trovo quindi a difendere gli stessi principi che ho sempredifeso dall’inizio della mia vita. In questo momento, Sire,avverto vivamente la fortuna di essere fedele e coerente aimiei saldi principi.

Intuendo l’importanza di queste affermazioni e il disappuntoche avrebbero causato presso i suoi oppositori, Bonaparteordinò che la lettera venisse pubblicata, come un bollettinodi vittoria, su Le Moniteur Universel. È quindi comprensi-bile come, in occasione della cerimonia di incoronazione are d’Italia, il ministro di Napoleone lo invitasse alla ceri-monia che doveva avvenire a Milano, aggiungendo ancheche, nel caso l’invito non fosse giunto in tempo, l’imperatoresi sarebbe fermato a Genova “facendo quindi metà strada”nella speranza che il cardinale “avrebbe fatto l’altra metà”. In risposta a questo ineludibile appello, Maury partì da

Montefiascone arrivando a Genova il primo luglio di quel-l’anno 1805, e lì incontrò per la prima volta l’eroe il cuinome era risuonato per tutta Europa. Napoleone, che sapevaessere un grande seduttore, in quell’occasione si impegnòper affascinare il celebre rivale di Mirabeau. “Dopo cinqueminuti di conversazione – racconterà in seguito – rimasiabbagliato e fui completamente conquistato dalla sua per-sonalità”. Tra l’altro il Primo ministro gli offrì subito la ca-rica di senatore e l’onorificenza della Legion d’Onore, cheperò Maury non accettò. E anche l’Imperatore, che avrebbevoluto “attaccarlo appeso al suo carro” e portarlo in Franciacome una conquista, si dovette accontentare della promessadi un suo prossimo viaggio a Parigi. Nel frattempo, l’ac-cordo tra il papato e la Francia stava mostrando i suoi limitiin quanto Napoleone pretendeva di strumentalizzare il Papaper i propri scopi, cercando di costringerlo a schierarsi dallapropria parte contro le coalizioni europee. Trascorse cosìquasi un anno prima che Maury, sollecitato dal ministrodel culto Portalis, si decidesse a lasciare la sua diocesi, aquel punto anche con l’informale incarico di mediatore neicritici rapporti tra Napoleone e il Pontefice: “J’observerai,je m’informerai, et je ferai de mon mieux a Paris pourservir Rome”.

Il ritorno in Francia

Partito da Montefiascone verso la fine dell’aprile 1806,giunse a Parigi il 26 maggio ricevendo una accoglienzastraordinaria: “Sono stato ricevuto magnificamente dallaCorte e dal popolo. Spero che il viaggio non deluda le mieaspettative. Non avrei mai pensato che, dopo un’assenzacosì lunga, a Parigi fossero rimasti tanti sentimenti e tantointeresse nei miei confronti”. Una delle nipoti che lo avevaaccompagnato nel viaggio puntualizza: “Mio zio non puògirare per Parigi neanche in carrozza senza che dei curiosilo riconoscano e che il popolo testimoni la sua gioia nel ri-vederlo gridando Viva l’abate Maury! Quindi, per evitaregli affollamenti, non può passeggiare e non può officiare innessuna chiesa”.

Nel frattempo i rapporti tra la Chiesa e l’Imperatore sta-vano ulteriormente deteriorandosi e il 17 giugno 1806,pochi giorni dopo l’arrivo di Maury a Parigi, il cardinaleConsalvi fu costretto a dimettersi dall’incarico di Segretariodi Stato. Questo fu il severo, e discretamente fazioso, com-mento di Maury: “Credo che Roma si stia perdendo senzasalvezza, senza voler comprendere l’esempio europeo dicedere all’inevitabile predominio della Francia [...] e senzacomprendere che il nostro principale interesse spirituale eil nostro primo dovere di coscienza ci obbliga a non perderciper nostra colpa [...] tutto quello che succede dovrebbeaprire loro gli occhi, Questa cecità mi fa tremare. E non sidegnano nemmeno di chiedere un mio parere. Noi ci siamosalvati una prima volta per miracolo, ma se ricadremo nel-l’abisso, il prodigio non avverrà di nuovo”.Del resto, le molte attenzioni che Napoleone gli rivol-

geva non potevano lasciarlo insensibile. Merita ricordare,tra l’altro, che il 20 settembre 1806 di quell’anno Bona-parte lo aveva nominato primo cappellano del principeGirolamo, suo fratello, e che il 23 ottobre dello stessoanno era stato selezionato per far nuovamente parte dellaAcadémie Française, dalla quale, nel 1803, lo aveva ra-diato lo stesso Napoleone. Maury aveva molto soffertoper questa eliminazione e all’epoca aveva dichiarato: “Ionon ho mai desiderato niente al mondo così costantementee così vivamente quanto di essere membro della AcadémieFrançaise [...] la mia spoliazione è completa, devo ras-segnarmi al destino”.In occasione del suo nuovo ingresso sorse comunque una

questione. Quella se accordargli o meno la pretesa qualificadi monsignore, in quanto l’utilizzo di un titolo risultava incontrasto con i criteri di parità che vigevano in quel “san-tuario delle lettere”. Per dirimere la questione fu interpellatolo stesso Napoleone che, naturalmente, si espresse a favoredel suo protetto. E al consigliere di Stato che sarcasticamentegli domandava quanto pensasse di valere per pretendere diaffermare la sua superiorità all’Académie, Maury, ripren-dendo una celebre affermazione di sant’Agostino, rispose“Poco se mi considero. Molto se mi confronto”.Comunque, nonostante le lusinghe del potere e della

nuova celebrità - il 30 agosto aveva infatti confessato “èmolto probabile che io non torni presto in Italia” - Maurynon aveva dimenticato la cattedra di Montefiascone allaquale, teoricamente, sarebbe invece dovuto tornare in tempibrevi. Così, il 6 settembre 1806, scriveva al nipote: “Dì alRettore che ho acquistato per la biblioteca del mio semina-rio [seguono i titoli delle opere] libri ben rilegati, stampatia Parigi e editi dai Benedettini di San Mauro. Questo è ildono che è scaturito dal mio viaggio a Parigi. In meno diun anno, credo di aver arricchito il mio seminario dei mi-gliori libri che sono in circolazione. Questo regalo mi costa300 scudi romani”.Ma gli eventi incalzavano e l’11 ottobre 1806, con il ri-

fiuto del Papa di accordare l’investitura canonica ai vescovidesignati per le sedi vacanti nel Regno d’Italia, si conclusedi fatto il concordato. Nell’autunno 1807 lo Stato pontificio

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si rifiutò di partecipare alla coalizione contro l’Inghilterrae si oppose all’aumento del numero dei cardinali francesi;nel 1808, rifiutò l’investitura canonica ai vescovi nominatinelle diocesi dell’Impero. Il duplice conflitto spirituale e temporale trovò un brutale

sbocco nella soppressione degli Stati pontifici e nell’impri-gionamento del papa. Grandi i cambiamenti nei rapportitra la Chiesa e la Francia, dunque, tanto che dovettero ali-mentare qualche perplessità nel nostro cardinale il quale,l’8 luglio 1808, comunicò la sua intenzione di tornare inItalia: “Sono assolutamente deciso a partire nei primi giornidel mese di settembre. Vi manderò una bella cassa di libriper il seminario di Montefiascone. Una simile raccolta dilibri, rara in Italia, dovrà formare uomini, a patto che ven-gano usati e non siano rubati. Da quando manco, il diavoloè padrone assoluto del seminario”.

Arcivescovo di Parigi

Proprio in quei giorni moriva Jean-Baptiste de Belloy-Mo-rangle, arcivescovo di Parigi, e Napoleone – che in unprimo tempo aveva pensato di nominare come successoreil cardinale Joseph Fesch, suo zio uterino il quale, non ap-provando la politica ostile del “nipotastro” contro il ponte-fice nel gennaio del 1809 aveva rifiutato la nomina - sirivolse a Maury in questi termini.

“Signor cardinale, per mostrarvi la mia stima, vi nominoarcivescovo di Parigi”“Sire, vogliamo assistere ai funerali della religione?”“Certamente no, io voglio la religione. E per farvi con-vinto, domandatemi qualsiasi grazia e io l’accorderò”“Sire, io domando la liberazione del papa e dei cardinali”“Signor cardinale, voi siete un uomo d’onore, ma debborifletterci”

Certamente la riflessione non distolse Napoleone dal-l’azione se poco tempo dopo, con decreto del 18 giugno1810, lo stesso sopprimeva quelle diocesi italiane che nongli avevano prestato giuramento di ubbidienza. Tra queste, Viterbo, che fu accorpata, certamente non a

caso, a quella di Montefiascone. E un altro occhio di riguardo per la nostra cittadina Na-

poleone lo ebbe quando, con un decreto speciale, volle chealla sola Montefiascone fossero risparmiati dal Demanio ibeni della Cattedrale, del vescovado e del Seminario e Col-legio; e di più che gli alunni di questo iniziati nella via ec-clesiastica fossero esenti dalia leva.Il 14 ottobre 1810, volente o nolente, con decreto del mi-

nistro dei culti Bigot de Préameneu, Maury venne nominatoarcivescovo di Parigi e, due giorni dopo, amministratoredella diocesi. Il quello stesso giorno, il neo arcivescovo ri-tenne doveroso scrivere al Papa per comunicare l’accaduto.

Santo Padre, due giorni fa sua Maestà Imperiale e Realemi fece improvvisamente chiamare nel suo studio per an-nunciarmi che mi aveva nominato arcivescovo di Parigi[...] Io non mancai di ricordare a Sua Maestà che ero ve-scovo di Montefiascone e Corneto e che non potevo ab-bandonare le mie chiese senza l’autorizzazione di VostraSantità. L’imperatore mi ha risposto che nel momento incui otterrò l’istituzione canonica di questo arcivescovato,non dovrò far altro che obbedire agli ordini di Sua Maestà[...] Nella certezza che Vostra Beatitudine sarà convintadella sincerità di tutti i miei sentimenti, non mi resta cheimplorare molto rispettosamente la sua benedizione apo-stolica…

La risposta di Pio VII fu perentoria.

Non avremmo mai creduto che voi aveste accettato dal-l’imperatore la nomina di cui ci avete parlato; né creduto

Ex libris con stemma del cardinale MauryBiblioteca del seminario di Montefiascone

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avremmo giammai che voi ce l’aveste annunciata con al-legrezza di animo, come cosa che non poteva esservi piùgradita [...] dopo aver tanto coraggiosamente ed eloquen-temente sostenuto la causa della chiesa cattolica nel-l’epoca tempestosa della francese rivoluzione, voi nonarrossite di collegarvi con gli oppressori di questa stessachiesa [...] Ma per altro chi v’ha sciolto da quei nodi spi-rituali che vi legano alla chiesa di Montefiascone? [...] Cheabbiate adunque a dimettere sull’istante questa ammini-strazione, Noi non solo ve comandiamo, ma ve lo scon-giuriamo…

Qualche giorno dopo, con un breve da Savona, il Papaesautorava Maury di tutti i poteri, dichiarando nullo e senzaeffetto qualsiasi atto che, scientemente o inconsapevolmente,avesse compiuto. Maury, in seguito, negò di aver ricevuto queste comuni-

cazioni, e quindi - non si capisce se in buona o in cattivafede – rimase a Parigi. In realtà qualche scrupolo di co-scienza doveva averlo se più volte aveva dichiarato a Na-poleone che lui poteva accettare il titolo di amministratorecapitolare, ma non quello di arcivescovo. A questo proposito lo stesso Bonaparte, alla presenza dei

ministri di polizia Joseph Fouché e René Savary, un giornogli aveva detto: “Signor cardinale, bisognerà che voi ab-bandoniate il vostro titolo di amministratore capitolare. Iovi ho nominato arcivescovo di Parigi, e bisogna prendereil titolo”. E Maury, a cui non mancava la prontezza di spi-rito: “Sire, con il titolo di amministratore capitolare hotutto il potere; se accetto quello di arcivescovo, non neavrò più alcuno”.Durante il soggiorno parigino, Maury finì anche di rive-

dere l’ultima versione del suo Essai sur l’éloquence de lachaire - Saggio sulla l’eloquenza del pulpito - opera cherappresenta il culmine della sua attività letteraria.

Due volte nella polvere…Ma intanto per Napoleone, e di conseguenza per i suoi so-stenitori, i tempi stavano drammaticamente cambiando.Dopo la disastrosa campagna di Russia (1812) e la sconfittadi Lipsia (1813), una coalizione internazionale si era direttaverso Parigi per conquistarla militarmente. L’esercito giunsealle mura di Parigi verso la fine del marzo 1814, e l’ultimogiorno dello stesso mese Talleyrand offrì ufficialmente lechiavi della città allo Zar che comandava l’armata. Unamico disse a Maury che, se non voleva esporsi alle rap-presaglie e alle violenze degli alleati vittoriosi, sarebbe do-vuto fuggire. “Non ho avuto paura delle lanterne e dei pu-gnali della rivoluzione e certamente non tremerò davanti aiCosacchi” ribatté il cardinale.Il 5 aprile, con un ulteriore voltafaccia, aderì alla decisione

del capitolo della cattedrale di deporre l’Imperatore; ilgiorno dopo, 6 aprile, Napoleone abdicò. Il 3 maggio, mentre Luigi XVIII inneggiato salvatore

della Francia faceva il suo ingresso a Parigi, Pio VII, a in-

saputa dello stesso Maury, lo sospendeva da ogni eserciziodi giurisdizione episcopale sulle chiese di Montefiascone eCorneto, nominando Bonaventura Gazola, già vescovo diCervia, amministratore apostolico di quella diocesi. IntantoMaury, nella speranza di poter ristabilire i rapporti con laCasa Reale, aveva chiesto udienza al conte d’Artois, fratellodel re e luogotenente generale nel regno; ma questi, oltre anon riceverlo, gli fece intimare dal commissario di poliziadi lasciare Parigi e di tornare in Italia.Maury differì la partenza e, da una comunicazione del

cardinale Consalvi al cardinale Pacca, sappiamo che cercòdi discolparsi con fogli giustificativi, sostenendo di nonavere alcun torto, giacché egli era stato sempre per la mo-narchia e se aderì a Napoleone, questo fu una necessariasequela dell’essere stato messo sul trono dalla nazione, enon da lui.Ma l’ordine di lasciare l’arcivescovato e Parigigli fu perentoriamente ribadito e così, in data 16 maggio,scriveva al nipote.

Costretto a tornare nella mia diocesi, partirò senz’altro do-mani mattina con una vettura che dovrebbe giungere almio monte, salvo imprevisti, in ventisei giorni al massimo.Conto quindi di arrivare sabato 11 giugno, nella settimanadel Corpus Domini. Mio fratello ha già avvertito Marenghidi preparare tutto per quel giorno, in modo che oltre allastanza tua e a quella di Modesta, ci siano due letti matri-moniali e due per i domestici. E inoltre che ci sia tuttol’occorrente a che il mio cuoco Luigi riesca a prepararmiin due ore un pranzo di grasso, perché da un anno nonposso più mangiare di magro.

Maury, che ancora non sapeva di essere stato destituito dalPapa, si mise dunque in viaggio. Il 4 giugno, da Bologna,informava il nipote che prevedeva di arrivare a Firenze il6, a Radicofani il 10 e a Montefiascone il 16. Ma proprio a Radicofani, da voci di popolo, venne a sa-

pere della sua estromissione. Decise quindi di non fermarsia Montefiascone, e così la comunicazione ufficiale gli venneconsegnata quando si trovava già a Viterbo, alloggiato allalocanda dell’Angelo. Proseguì comunque verso Roma, ove arrivò domenica

19 giugno, e dove sarà poi accusato – come risulta da duerequisitorie del 30 gennaio e del 4 marzo 1815 - di mal go-verno e varie irregolarità nell’amministrazione della diocesi,di disobbedienza al S. Padre per aver accettato la sede arci-vescovile di Parigi, di servilismo verso Napoleone, di varieproposizioni presenti nelle sue opere favorevoli e conducentiallo scisma.

La fine

Le vicende di Maury, pur volgendo alla fine, dovevano ri-servargli un ultimo colpo di scena. Il 20 di quel mese dimarzo 1815, Napoleone, dopo essere fuggito dall’isolad’Elba, entrava a Parigi alla testa di un esercito regolare di140.000 uomini e di una forza di circa 200.000 volontari.Nella notte precedente Luigi XVIII era fuggito dalla città

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con una piccola scorta e, due giorni dopo, Pio VII avevaabbandonato Roma per sottrarsi alle minacce che il ritornodi Napoleone in Francia, e il passaggio nello stato Pontificiodelle truppe napoletane di Murat, potevano rappresentare.

Appresa la notizia, Maury chiese di conoscere gli ordinidel papa. Gli fu risposto che non ce n’erano [...] Certa-mente, se avesse voluto, sarebbe stato facile per lui tornarea Parigi, e quindi la “Giunta di Stato”, che a Roma gover-nava in nome del Sovrano Pontefice, mandò a dire al papache il cardinale rialzava la testa e sognava, parlandonespesso, di tornare in Francia. “Per maggior sicurezza” il12 maggio, nel mezzo della notte, con un grande apparatomilitare, il cardinale fu arrestato e rinchiuso a CastelSant’Angelo [...] nella cella che era stata del ciarlatano Ca-gliostro, dove non c’era nemmeno un letto, e che gli fu as-segnata a mo’ di oltraggio.

Maury rimase prigioniero per tre mesi e mezzo senza chenessuno comunicasse con lui o lo interrogasse. Fu il “vec-chio amico” cardinale Consavi che, rientrato a Roma di ri-torno dal congresso di Vienna, il 26 agosto lo fece liberare.Ma ormai una specie di lebbra copriva il suo corpo di sfor-tunato prigioniero, e si era anche ammalato di scorbuto.Il 25 marzo 1816 su pressione dello stesso Consalvi, e

certamente a malincuore, rassegnò le sue dimissioni da ve-scovo di Montefiascone e Corneto, ottenendo così il formaleperdono di Pio VII.

I contemporanei raccontano che quando il Papa preseatto del suo degrado fisico, rimase profondamente impres-sionato: Sua Santità si rivolse a lui con parole tenere e af-fettuose, garantendogli tutte le sue attenzioni e sollecitan-dolo a prendersi cura della sua salute.Ripristinata la posizione di cardinale, entrò a far parte

della Congregazione dei Vescovi e dei Regolari ove ebbenuovamente modo di distinguersi per eloquenza e luciditàintellettuale.21

Nel suo “Usi, costumi e pregiudizi del popolo di Roma” Luigi Za-nazzo riporta una storiella intitolata Tre ggenerali francesi. In re-altà i tre non erano generali: Cacault, come abbiamo visto, erail ministro plenipotenziario di Napoleone a Roma; Saint-Malotstava per Gabriel Cortois de Pressigny vescovo di Saint-Malo am-basciatore a Roma; l’ultimo era il nostro Maury

“Per maggior sicurezza” il 12 maggio 1815, nel mezzo della notte, con un grande apparato militare, il cardinale fu arrestato e rinchiusoa Castel Sant’Angelo

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dalla Tuscia

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In una delle sue ultime passeggiate nei paraggi del Colosseodisse ai suoi accompagnatori: “Vedete quanto tempo ci vuoleper fare un uomo! La nostra vita non è che una lunga infanzia,e quando la nostra educazione è terminata, quando potremmoessere qualche cosa, improvvisamente arriva la morte”.E la morte per Maury arrivò il 10 maggio 1817. Alcuni dicono a causa dello scorbuto, altri per complica-

zioni renali, altri invece raccontano che pochi giorni primadella sua morte, credendosi di essere stato avvelenato;prese un Contro-Veleno, di un potentissimo liquore; cheimmediatamente, gli cagionò un grandissimo male, che ori-nava sangue; onde in ore 24. Morì dopo preso il detto ve-leno. Sepolto a Santa Maria in Vallicella, nessuna memoriasi legge sulla sua tomba. Una ne lasciò però Pasquino, in considerazione del fatto

che “Sua Eminenza morì di un male che in poche ore gliputrefece il viso; onde fu d’uopo coprirglielo con una ma-schera di cera: Qui giace Maury, Gallo porporato, che vivoo morto fu sempre mascherato”.

Ma il commento più conciso e ironico su questo incredibilepersonaggio lo ha dato Charles Villette nelle sue lettere: SiMaury n’était pas, il faudrait l’inventer! (Se Maury non cifosse, bisognerebbe inventarlo).

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PER APPROFONDIRE

Bollettino delle leggi e decreti imperiali pubblicati dalla consulta straor-dinaria negli stati romani, vol. IX, Roma 1810.La Civiltà Cattolica, vol. IX, serie XVIII, Roma 1903.Bergamaschi, Pietro, Vita del Servo di Dio Card. Marc’Antonio BarbarigoVescovo di Montefiascone e Cor-neto, voll. 2, Tipografia Poli-glotta Vaticana, Roma 1919.Maury, Louis Siffrein, Vie duCardinal, Paris 1828.Poujoulat, Jean-Joseph-Fran-çois, Le cardinal Maury, sa vie,ses ouvres, Parigi 1859.Ricard, Antoine, Correspon-dance diplomatique et mémoiresinédits du Cardinal Maury, t. II,Lille 1891.Ricard, Antoine, L’abbé Maury,Paris 1887.

“Il Vitello D’oro - Grande fosti, ma, anche vivendo, Mori piccio-letto” nella vignetta Maury è rappresentato con due volti a sim-boleggiare il suo opportunistico voltafaccia

Si Maury n’était pas, il faudrait l’inventer!Anche in questa immagine Maury è ritratto con il tipico “rabat”alla francese simile a un bavaglino

dalla tuscia_Miscellanea 17/01/2017 19:56 Pagina 86