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PAGINA 1 Gestione della popolazione di persico reale (Perca fluviatilis) nel Lago di Varese Quaderni della Ricerca n° 120 Ottobre 2010

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Gestione della popolazione di persico reale

(Perca fluviatilis) nel Lago di Varese

Quaderni della Ricerca

n 120 Ottobre 2010

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INDICE

PRESENTAZIONE DELLASSESSORE DELLE REGIONE LOMBARDIA Pag.4

PRESENTAZIONE DELLASSESSORE DELLE PROVINCIA DI VARESE Pag.5

PREMESSA Pag.6

1. INTRODUZIONE Pag.7

1.1 Linee di intervento attuate nel progetto e piano delle attivit Pag.7

1.2 Area di studio Pag.9

1.2.1 Qualit delle acque Pag.10

1.2.2 Zooplancton e zoobenthos Pag.16

1.2.3 Fauna ittica Pag.19

1.2.4 Decremento del pescato nel Lago di Varese Pag.21

1.3 Il persico reale Pag.24

1.4 Pesca e sfruttamento del persico reale Pag.27

1.5 Allevamento del persico: stato dellarte Pag.28

2. STUDIO DELLAUTO-ECOLOGIA DEL PERSICO NEL LAGO DI VARESE Pag.33

2.1 Attivit di campo Pag.33

2.2 Raccolta dei campioni e analisi del pescato Pag.33

2.3 Studio dellaccrescimento ponderale Pag.36

2.4 Determinazione delle classi di et e dellaccrescimento lineare Pag.38

2.5 Determinazione dello spettro alimentare Pag.42

2.6 Possibile competizione con specie alloctone Pag.46

2.6.1 Pesce gatto e gardon Pag.47

2.6.2 Ampiezza di nicchia e competizione interspecifica Pag.48

2.6.3 Possibile impatto del pesce siluro sul persico

nel Lago di Varese Pag.54

2.7 Biologia della riproduzione del persico nel Lago di Varese Pag.60

2.7.1 Calcolo della fecondit e dellindice gonado-somatico Pag.60

2.7.2 Et di prima maturazione sessuale Pag.63

2.7.3 Studio della deposizione in ambiente naturale Pag.63

2.7.4 Stima dello stock di riproduttori e del tasso di

mortalit annuale Pag.75

3. DESCRITTORI FISIOLOGICI MOLECOLARI DELLO STANDARD DI VITA DEL PERSICO

NEL LAGO DI VARESE Pag.90

3.1 Lipossia Pag.90

3.2 Sperimentazione Pag.92

3.2.1 Risultati ottenuti Pag.93

PAGINA 3

4. ALLEVAMENTO DEL PERSICO Pag.98

4.1 Riproduzione controllata e schiusa delle larve Pag.98

4.1.1 Primo svezzamento e gestione dello stock Pag.100

4.1.2 Accrescimento avannotti 2007-2010 Pag.103

4.1.3 Mortalit delle larve Pag.105

4.1.4 Qualit delle larve Pag.108

4.1.5 Efficienza di predazione Pag.112

4.2 Allevamento in risaia set-aside Pag.121

4.3 Allevamento in accumulatore di plancton Pag.124

4.3.1 Monitoraggio delle acque Pag.130

5. CONCLUSIONI Pag.136

5.1 Ciclo biologico del persico nel Lago di Varese Pag.143

5.2 Dimensionamento di una struttura per la produzione di avannotti e

giovanili di persico Pag.151

6. BIBLIOGRAFIA Pag.153

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PRESENTAZIONE DELLASSESSORE DELLA REGIONE LOMBARDIA

La pesca nei laghi lombardi ha storicamente rappresentato

unimportante risorsa economica per le popolazioni locali che

attorno allacqua hanno organizzato la loro vita sociale e di

lavoro. Le specie ittiche dei laghi lombardi, oggi purtroppo

ridotte a produzioni di nicchia ma ancora molto ricercate sulle

tavole dei ristoranti pi esclusivi, possono e meritano di tornare

ad essere un elemento di arricchimento del territorio e di forte

richiamo turistico. Ci sar possibile solo se sapranno superare

in qualit e sicurezza i prodotti ittici importati.

In questottica il progetto di ricerca PERLAVAR, cofinanziato

da Regione Lombardia, mira ad individuare e programmare

interventi di recupero per ristabilire una gestione equilibrata della risorsa alieutica,

fondamentale per la pesca e per lambiente. Oggetto di studio stato, in particolare, il

ciclo biologico del persico reale nel Lago di Varese. Si tratta infatti di una specie che, oltre

a stimolare illustri cuochi e palati raffinati, costituisce un anello fondamentale nella catena

trofica dei laghi lombardi.

La ricerca ha evidenziato i problemi che affliggono la popolazione di persico reale ed ha

sperimentato interventi di recupero per questa preziosa risorsa. I ricercatori hanno studiato

il ciclo biologico del persico reale nel Lago, valutandone la consistenza della

popolazione, la fertilit e la crescita. I dati ottenuti sono serviti per elaborare interventi

mirati, inclusi ripopolamenti, impiegando tecniche efficaci e poco costose.

A fianco dell'allevamento intensivo del persico in acque ricircolate, con risparmio di

acqua e di energia, sono state sperimentate con successo anche altre soluzioni integrate

con attivit agricole.

Il progetto quindi fornisce indicazioni utili per programmare interventi finalizzati alla

gestione della pesca nel lago di Varese.

Giulio De Capitani

Assessore allAgricoltura Regione Lombardia

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PRESENTAZIONE DELLASSESSORE DELLA PROVINCIA DI VARESE

La Provincia di Varese, con lintento di tutelare e valorizzare il

patrimonio ittico di cui dispone, spesso sostiene specifici progetti che

vedono la collaborazione di diversi soggetti tra cui le Universit, le

Amministrazioni Regionali e Locali e le Associazioni. Limportanza del

Progetto, che ho il piacere di presentare, deriva dalla necessit e dalla

volont espressa dalle Istituzioni Regionali, Provinciali e dallUniversit

dellInsubria, di gestire in modo ragionato la risorsa ittica del Lago di

Varese, ed in particolare la popolazione di persico reale. Nella comunit ittica del Lago, il

persico ha da sempre rappresentato una grande risorsa economica per la pesca

professionale ed una fonte di soddisfazione per quella dilettantistica. Oltre a ci, il persico

lunico percide autoctono delle acque interne italiane e risulta un fondamentale

regolatore nella catena trofica lacustre.

Tale specie, una volta molto abbondante nel Lago, ha subito dalla fine degli anni 70 un

forte decremento e la popolazione esistente ha raggiunto dimensioni decisamente

preoccupanti, che hanno spinto i vari Enti pubblici coinvolti ad intraprendere uno studio

sperimentale sulla specie per poter definire possibili strumenti di recupero e di

conservazione.

Sono certo che il libretto divulgativo qui presentato possa costituire un efficace veicolo di

promozione delle attivit scientifiche realizzate nellambito del progetto PERLAVAR e

contestualmente, un utile strumento di recupero di una cos importante risorsa ittica del

Lago di Varese, quale, appunto, il persico.

Bruno Specchiarelli

Assessore allAgricoltura Gestione Faunistica Commercio della Provincia di Varese

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Il Progetto Perlavar-07 pu essere considerato la prosecuzione di un lavoro sperimentale,

iniziato precedentemente dallUniversit degli Studi dellInsubria. E stato finanziato

prevalentemente dalla Regione Lombardia e co-finanziato dalla Provincia di Varese

(Settore Politiche Agricole e Gestione Faunistica) dallAssociazione Varese Europea e

dalla stessa Universit dellInsubria. Il progetto volto ad un approfondimento della

conoscenza della biologia e dellecologia del persico reale nelle acque del Lago di

Varese. Esso anche complementare ad altre attivit di tutela e di sostegno gi

intraprese dalle Amministrazioni Provinciale e Regionale, relative a specie come

lalborella, il luccio e la trota. Il progetto si pone pertanto in un quadro di iniziative

finalizzate alla tutela ed alla valorizzazione delle comunit ittiche autoctone

caratteristiche delle acque interne della Regione. Elaborato e condotto dallUnit di

Acquacoltura e Biotecnologie Animali del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze

Molecolari dellUniversit degli Studi dellInsubria di Varese, ha visto la collaborazione di

alcune importanti realt locali operanti sul bacino lacustre. Innanzitutto la Cooperativa

Pescatori del Lago di Varese che ha contribuito in modo determinante alla riuscita del

progetto e lAssociazione APD Tinella72 che ha concesso lutilizzo dellimpianto

ittiogenico di Groppello (Va), collaborando cos alle attivit di campo e di allevamento

del persico.

Premessa

del persico nel Lago di Varese

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Nel Lago di Varese, il persico reale ricopre grande importanza sia per lequilibrio della

catena trofica, sia come risorsa economica e ricreativa per le comunit di pescatori,

professionisti e dilettanti che vi operano. Gli anni 70 ed 80 hanno visto unimportante

fenomeno di eutrofizzazione del Lago, in conseguenza del quale la sua comunit ittica ha

subito un forte decremento, culminato con levidente scomparsa dellalborella (Alburnus

alburnus alborella) ed una drastica diminuzione della popolazione di persico reale. Da

qui, la necessit di avviare uno studio mirato a valutare lo stato della popolazione di

persico presente, ed individuarne i problemi, sviluppando una strategia di gestione della

pesca comprendente interventi correttivi, sia di tipo amministrativo che di tipo biologico,

finalizzati al recupero della risorsa alieutica e della biodiversit.

1.1 LINEE DI INTERVENTO ATTUATE NEL PROGETTO E PIANO DELLE ATTIVIT

Dati gli obiettivi del progetto, comprendenti il monitoraggio della popolazione di persico

reale e la progettazione di una strategia di gestione della stessa, gli studi si sono orientati

su alimentazione, riproduzione e sopravvivenza della specie nello specifico habitat

lacustre.

Figura 1.1: Il Lago di Varese, visione aerea.

Parallelamente al lavoro su campo, finalizzato allo studio dellauto-ecologia della specie,

sono state condotte sperimentazioni di laboratorio per verificare alcune fasi critiche dello

sviluppo larvale e della risposta alle principali noxae ambientali. Sono inoltre state

1. Introduzione

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sviluppate e sperimentate tecniche di allevamento finalizzate ad un programma di

ripopolamento attivo. Nel corso di oltre tre anni di lavoro, sono state sperimentate alcune

delle pi comuni tecniche di allevamento (gabbie galleggianti, vasche a ciclo aperto,

risaie, ecc.), oltre a tecniche pi avanzate, utilizzando a questultimo scopo lo stabulario

ittico del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze Molecolari (DBSM).

Lo studio sul persico in ambiente naturale ha permesso di raccogliere dati sullintera

comunit ittica del Lago e sul suo stato di salute. Le informazioni via via ottenute sono

state utilizzate per miglioramenti successivi al programma di ricerca.

Piano delle attivit attuate nel progetto PERLAVAR-07

Accanto alle principali linee di azione, durante lo svolgimento del progetto sono state

intraprese anche attivit di divulgazione e sensibilizzazione, coinvolgendo le comunit di

pescatori, i comuni rivieraschi ed i cittadini in un programma di informazione circa le reali

problematiche relative alla pesca nel Lago di Varese ed alla necessit di recuperare la

risorsa come una fonte di ricchezza per lintero territorio.

ATTIVIT DEL PROGETTO

Studio dellauto-

ecologia della

specie nel lago di Varese

Riproduzione

controllata e

ripopolamento

Divulgazione dei

risultati

Sensibilizzazione degli Enti,

delle Associazioni e del

pubblico sul tema della

pesca responsabile

Divulgazione dei risultati

ottenuti:

Seminari per i corsi di

laurea e dottorato

Conferenze locali e

nazionali

Pubblicazioni divulgative

e specialistiche

Workshop

Studio della riproduzione in

ambiente naturale e

controllato

Monitoraggio della dieta

Studio dellaccrescimento

Individuazione di possibili fenomeni di competizione

con specie alloctone

Creazione di una zona di

bandita di pesca

Stima dellimpatto della

pesca sulla specie

Creazione di uno stock di

riproduttori catturati in

ambiente naturale

Applicazione di diverse

tecniche per la produzione

di larve e post-larve

Prove di accrescimento in

vasche a terra o gabbie

galleggianti

Produzione di giovanili e

sub-adulti per il ripopolamento

Obiettivo Sviluppo di un modello per la gestione sostenibile della popolazione di persico

reale nel Lago di Varese

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1.2 AREA DI STUDIO

Il Lago di Varese un corpo lacustre di modeste dimensioni, collocato tra le colline

moreniche della zona nord-occidentale subalpina lombarda. Di origine glaciale, si

formato su depositi morenici e alluvionali di vario spessore, anteriori all'ultima glaciazione

Wrmiana.

Il suo bacino imbrifero si estende su di un'area piuttosto eterogenea per una superficie

complessiva di 110 km2, giace su rocce calcaree, raramente affioranti, le quali

conferiscono al Lago una buona capacit tamponante ed elevata alcalinit (Tabella

1.1).

Figura 1.2: Mappa batimetrica del Lago di Varese.

Il bacino delimitato verso Nord dal gruppo montuoso del Campo dei Fiori e verso Ovest

da una serie di colline di modesta altezza che costituiscono lo spartiacque con il Lago di

Monate; a Sud la linea di displuvio segnata dalle colline tra il Lago di Comabbio e

l'abitato di Vergiate, mentre ad Est la delimitazione del bacino imbrifero attraversa la citt

di Varese (Lami, 1986).

Il Lago poco profondo (Figura 1.2) ma caratterizzato da sponde molto ripide; il volume

dell'epilimnio rappresenta il 64% del totale, collocando il Lago tra quelli naturalmente

predisposti all'eutrofia, come indicato dal rapporto di Thieneman (Lami, 1986).

Gli unici due immissari significativi sono il Canale della Brabbia, che riversa nel Lago di

Varese le acque in uscita dal Lago di Comabbio ed il Torrente Tinella che nasce dal

Campo dei Fiori e sfocia in zona Groppello di Gavirate; l'unico emissario il Fiume

Bardello, che origina dalla punta occidentale del Lago per sfociare poi nel Lago

Torrente Tinella

Fiume Bardello

Canale Brabbia

Max prof. 26 m

Torrente Tinella

Fiume Bardello

Canale Brabbia

Max prof. 26 m

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Maggiore. In base al rapporto tra il volume del Lago e la portata media dell'emissario, il

tempo teorico di ricambio calcolato in 1,9 anni. Il bacino imbrifero del Lago

caratterizzato da una densit di popolazione piuttosto elevata, di circa 700 abitanti km-2

(Crosta, 1999). In esso si trovano 24 comuni, caratterizzati da un discreto sviluppo

industriale ed unattivit agricola trascurabile.

Tabella 1.1: Principali caratteristiche del Lago di Varese.

Latitudine (N) 45 48'

Longitudine (E) 08 45'

Altitudine (m s.l.m.) 238

Superficie (km2) 14,8

Perimetro (km) 24

Profondit massima (m) 26

Profondit media (m) 10,7

Volume di acqua (m3) 0,1x109

Fosforo totale (g l-1

) 90-100

Livello trofico naturale (g l-1

)* 20 (MEI = 0,27)

Indice MEI attuale 5,77

Trasparenza media (m) 3

Tempo di ricambio acqua (anni) 1,9

Classificazione OECD eutroficoOECD = Organization for Economic Cooperation and Development

* Valutato medinate applicazione dell'indice MEI (indice morfoedafico).

L'applicazione del MEI permette di definire gli obiettivi di qualit di un determinato bacino

1.2.1 Qualit delle acque

Di seguito riportiamo alcuni dati relativi alle caratteristiche chimiche e fisiche delle acque

del Lago di Varese, pubblicati da ARPA-Varese nel 2009, relativi al monitoraggio

effettuato nel bacino tra il 2008 e il 2009.

I dati mostrano ancora delle criticit soprattutto durante il periodo compreso tra la

primavera e lautunno dove si osserva una marcata stratificazione delle acque, che

comporta un accumulo di nutrienti e forte ipossia negli strati profondi.

- Temperatura

Il Lago di Varese mostra una forte stratificazione termica delle acque soprattutto durante i

mesi estivi. Nel mese di luglio 2008 la differenza tra temperatura superficiale e ipolimnica

stata di 11,3C. La stratificazione raggiunge il suo massimo in agosto con una differenza di

14,6 C tra ipolimnio ed epilimnio. La stratificazione resta evidente anche nel mese di

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settembre per poi diminuire fino alla completa isotermia durante i mesi invernali (Figura

1.3).

Figura 1.3: Andamento della temperatura delle acque del Lago di Varese nel 2008 (Arpa, 2009).

- Ossigeno

Uno dei prinicipali problemi legati alleutrofizzazione la scarsit di ossigeno presente

negli strati profondi con presenza di sacche anossiche che spesso possono interessare

anche strati di acqua prossimi alla superficie. La concentrazione di ossigeno disciolto nel

Lago di Varese, strettamente regolata dal regime termico del corpo idrico. Dopo la

formazione del termoclino, da maggio a novembre, nello strato epilimnico lossigeno

disciolto pu raggiungere di giorno concentrazioni molto elevate, con frequenti fenomeni

di sovrassaturazione (fino al 150%), dovuti a massive fioriture algali. Al contrario, negli strati

profondi, si verificano frequenti condizioni di anossia totale con percentuali di saturazione

inferiori al 10% per tutto il periodo estivo in cui presente il termoclino. Durante il periodo

invernale in tutta la colonna dacqua, la concentrazione di ossigeno non supera

comunque il 70% del valore di saturazione, a causa del rimescolamento degli strati

ipolimnici con quelli epilimnici (Zaccara et al., 2007). I dati raccolti mostrano, durante la

stratificazione, un sensibile calo della concentrazione di ossigeno a partire da 4 metri di

profondit (Figura 1.4). Secondo i dati ARPA gi alla fine del mese di maggio si osserva

una forte differenza tra le concentrazioni di ossigeno dello strato epilimnico ed ipolimnico

(16,2 mg l-1 pari ad una sovrassaturazione del 164% fino a 4 metri di profondit mentre sul

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fondo si trovano 0,36 mg l-1 pari al 2% di saturazione). Soltanto nel mese di dicembre,

grazie alla diminuzione della temperatura delle acque ed il progressivo rimescolamento

della colonna dacqua, la concentrazione di ossigeno torna ad essere omogenea nella

colonna (in media 4,73 mg l-1, 39% sat.) (Figura 1.4).

Figura 1.4: Andamento delle concentrazioni di ossigeno nella colonna dacqua del Lago di Varese nel 2008

(Arpa, 2009).

- pH

Anche il pH, ha mostrato un andamento paragonabile a quello della temperatura e

dellossigeno disciolto (Figura 1.5). Durante il periodo di stratificazione dellacqua si

osservano valori di pH pi elevati nei primi metri della colonna ed un progressivo

abbassamento del pH allaumentare della profondit. Durante il mese di luglio per

esempio, si passa da un massimo di 8,7 a 3 metri di profondit ad un minimo di 7,5 sul

fondo.

Il valore di pH molto elevato nello strato epilimnico indubbiamente dovuto allelevata

produzione primaria ed al conseguente utilizzo della CO2 libera da parte del fitoplancton.

Labbassamento del pH nello strato ipolimnico invece da attribuirsi allambiente

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riducente che si viene a creare in condizioni di ipossia/anossia. Solo nel mese di dicembre

si osservano valori omogenei di pH in tutta la colonna dacqua ( 7,5).

Figura 1.5: Andamento del pH nella colonna dacqua del Lago di Varese nel 2008 (Arpa, 2009).

- Azoto ammoniacale e nitroso

Anche lazoto considerato un agente eutrofizzante in quanto insieme al fosforo un

nutriente fondamentale per la crescita algale.

Azoto ammoniacale (N-NH3)

Nel Lago di Varese, lazoto ammoniacale, mostra minori concentrazioni nellepilimnio

rispetto che allipolimnio durante il periodo di stratificazione delle acque cos come

avviene per il fosforo. Nel mese di luglio si passa da un minino di 0,04 mg l-1 fino a 4 metri di

profondit ad un massimo di 0,5 mg l-1 vicino al fondo (Figura 1.6). In superficie si assiste ad

una riduzione significativa dellazoto ammoniacale grazie alla nitrificazione che permette

il passaggio alla forma ossidata (N-NO2-).

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Azoto nitroso (N-NO2-)

Durante il monitoraggio del 2008, le concentrazioni di nitrito si sono mantenute al di sotto

di 0,01 mg l-1 in quasi tutta la colonna dacqua con un aumento delle concentrazioni

vicino al fondo. Il valore massimo riscontrato da Arpa stato nel mese di giugno con 0,11

mg l-1 a 20 metri di profondit (Figura 1.6).

Figura 1.6: Andamento dei principali composti dellazoto (mg l-1) in superficie, a met della colonna e vicino

al fondo (Arpa, 2009).

- Fosforo

Il fosforo considerato uno dei principali agenti eutrofizzanti, interviene infatti in molti

processi biologici ed uno dei principali nutrienti usati dalle alghe durante il loro ciclo

vitale. Sulla base del suo Indice Morfoedafico (MEI), il Lago di Varese dovrebbe contenere

una concentrazione naturale di fosforo pari a 21 g P l-1, cui corrisponderebbe un livello

trofico naturale di oligo-mesotrofia (OLL, 2004).

Le acque del Lago, fin dai primi anni 60 hanno mostrato segni di forte deterioramento a

livello qualitativo, per la presenza di scarichi civili ed industriali non depurati che hanno

dato origine nel corpo idrico ad una condizione di ipertrofia ([PT] >400 g l-1). Il fosforo,

noto come fattore limitante per la crescita algale nelle acque interne, lelemento che

controlla la produttivit primaria dellecosistema lacustre quindi un suo eccessivo apporto

causa di fenomeni di elevata produzione primaria o di eutrofizzazione, i quali a loro

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volta possono influenzare negativamente la sopravvivenza e lo sviluppo delle biocenosi

acquatiche. Una ridotta concentrazione di P potrebbe tuttavia comportare una riduzione

della produzione planctonica con una conseguente ridotta crescita di alcune specie

ittiche.

Il Lago di Varese stato segnalato tra i primi casi di eutrofizzazione sul territorio italiano.

Sono del 1960 le prime segnalazioni di Volleweider sul problema, tuttavia alla fine degli

anni '70 la qualit delle acque lacustri era ulteriormente peggiorata. Il costante

incremento demografico delle aree circostanti, la conseguente forte antropizzazione del

bacino imbrifero, lassenza di un'adeguata gestione dei carichi organici inquinanti in

ingresso nel Lago (Canziani e Crosa, 2005), erano allorigine del problema.

Nel 1967 venne presentato un progetto di intervento che prevedeva la costruzione di due

rami di un collettore circumlaquale, dove dovevano essere convogliati tutti i reflui urbani

e industriali prodotti nel bacino imbrifero, raggiungendo cos l'impianto di depurazione

previsto sul Comune di Bardello. Tale progetto fu realizzato soltanto nel 1986 e l'attivazione

del sistema di collettamento, per altro non ancora del tutto completato, avvenuta solo

quando il Lago aveva ormai raggiunto una condizione di forte ipertrofia. Le elevate

concentrazioni di nutrienti sono ancora depositate sul fondo del bacino, ma in ogni caso,

il monitoraggio del fosforo disciolto nelle acque mostra da alcuni anni una progressiva

diminuzione.

Come riportato da Arpa, le concentrazioni di ortofosfato (P-PO4) e fosforo totale (PT) tra

dicembre e febbraio sono pressoch costanti in tutta la colonna dacqua con una

concentrazione media di 86,1 g l-1 (PT). Nei mesi successivi, una volta iniziata la

stratificazione delle acque, si osserva una significativa variazione delle concentrazioni di

fosforo tra zona eufotica e zona fotica. Con laumento dellattivit fotosintetica, infatti, la

concentrazione di fosforo tende a diminuire nellepilimnio, mentre a causa del rilascio di

ortofosfato dal sedimento dovuto alle basse concentrazioni di ossigeno ed allattivit di

batteri che degradano la materia organica si osserva, nellipolimnio, un forte aumento

delle concentrazioni con un massimo di 329 g l-1 nel mese di ottobre (Figura 1.7). Il Lago

pertanto ancora da catalogarsi, per via delle sue concentrazioni di fosforo (80-100 g P l-1)

in uno stato di eutrofia. La causa delle concentrazioni ancora elevate di fosforo da

individuare nelle fognature ancora esistenti e nel rilascio dai sedimenti. Infatti quando

lossigeno sul fondo scende al di sotto del 10% di saturazione, si verifica un rilascio di

fosforo dai sedimenti argillosi che stimato in 3-5 tonnellate / anno.

Confrontando la situazione attuale con quella pregressa, si riscontra tuttavia un netto

miglioramento; infatti lo stato di ipertrofia in cui si trovava il Lago negli anni passati ormai

contenuto in condizioni di eutrofia. Lobiettivo finale calcolato secondo la metodica

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proposta dal PRRA (Piano Regionale di Risanamento delle Acque), da raggiungere entro il

2018, risulta di circa 32 g l-1 di fosforo, cui corrisponderebbe uno stato naturale di oligo-

mesotrofia. Sbaglia tuttavia chi vuole ricondurre alla concentrazione di P tutti i problemi

sanitari del Lago, quali la sua balneabilit, altrimenti dovuti ad un elevato carico

microbico alimentato da scarichi fognari non depurati che ancora insistono in alcuni

comuni costieri.

Figura 1.7: Andamento del fosforo totale (PT) nella colonna dacqua del Lago di Varese nel 2008 (Arpa, 2008).

1.2.2 Zooplancton e Zoobenthos

- Zooplancton

Lo zooplancton un anello fondamentale della catena alimentare in tutti gli ecosistemi

acquatici, costituendo tra laltro lalimento principale dei pesci nelle fasi giovanili. Il

substrato alimentare dello zooplancton rappresentato principalmente dal fitoplancton,

batteri e solidi sospesi, come di altri organismi zooplanctonici. Secondo Lalumera (2003), la

comunit zooplanctonica del Lago di Varese costituita da 26 Taxa dei quali 15

appartengono al Phylum dei rotiferi, 7 appartengono al sottordine dei Cladoceri e 4 alla

sottoclasse dei Copepodi (Tabella 1.2). Anche in questo caso le popolazioni presenti sono

comunque tipiche di acque eutrofiche. La densit di tali organismi varia durante lanno

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essendo strettamente legata al ciclo stagionale del fitoplancton e la massima

abbondanza si verifica durante la primavera e la prima parte dellestate.

Il Phylum dei rotiferi rappresentato sia da specie planctoniche che sessili diffuse in

tutti gli ambienti acquatici, con dimensioni variabili tra 150 m e 2.000 m. Devono il

loro nome alla corona di ciglia presente nella zona apicale del corpo, la quale serve

a creare un vortice dacqua che indirizza lalimento (fitoplancton e detrito organico)

verso lapparato buccale. Questultimo munito di un organo trituratore, detto

mastax, in grado di triturare la parete delle alghe unicellulari. I rotiferi risultano molto

importanti nella catena trofica acquatica in quanto costituiscono lalimento base

dei primissimi stadi larvali dei pesci (Braioni e Gelmini, 1983).

Gli zooplanctonti dominanti nel Lago di Varese appartengono al Phylum degli artropodi,

classe dei crostacei brachiopodi. Essi sono rappresentati dagli ordini dei Cladoceri e dei

Copepodi ed entrambi costituiscono la fonte di alimentazione diretta dei pesci

planctofagi e degli avannotti in genere.

Ai Cladoceri appartengono specie di piccole dimensioni (0,2-4 mm), hanno il corpo

latero-compresso, trasparente e costituito da un capo (cephalon) di cui non

visibile la segmentazione, da un torace (pereion) ben segmentato solo nel genere

Leptodora e da un corto addome. La funzione motoria espletata dalle antenne

trasformatesi in organi motori. I Cladoceri sono tipici degli ambienti dacqua dolce e

la loro dieta prevalentemente fitofaga (i.e. Daphnia sp.) anche se alcuni generi

sono predatori (i.e. Leptodora sp.) (Margaritora, 1983).

I Copepodi costituiscono un gruppo di specie molto comune sia nelle acque dolci

che marine ed hanno dimensioni comprese tra 0,5 e 1 mm. A differenza dei

Cladoceri, nei Copepodi, la segmentazione del corpo pi visibile e le specie che

vivono nella regione pelagica dei laghi hanno una colorazione tendente al verde.

Lalimento principale di cui si nutrono i Copepodi costituito da fitoplancton,

protozoi e detrito organico, (Stella, 1982).

- Zoobenthos

La comunit bentonica risulta alterata a causa dei fenomeni di anossia stagionali a livello

del fondale. I gruppi dominanti della fauna bentonica sono forme larvali di insetti e vermi

acquatici, in particolare larve e pupe di Ditteri, Oligocheti, molluschi e crostacei.

Lordine dei Ditteri principalmente rappresentato dalle famiglie dei Chironomidi e dei

Chaoboridi, caratterizzate dallintero ciclo larvale e pupale in ambiente acquatico.

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Le specie appartenenti ai Chironomidi, sono cosmopolite ed hanno colonizzato una

grande variet di ambienti; alcune risultano molto abbondanti in laghi eutrofizzati,

poich sono in grado di accumulare grandi quantit di pigmenti respiratori che

permettono loro di sopravvivere anche a prolungati periodi di anossia. Il corpo di

forma tubolare, privo di pseudopodi e presentano una colorazione rossa (Lencioni et

al., 2007). Quelli che vivono in ambienti lentici sono soprattutto filtratori di

fitoplancton e di solidi sospesi, oppure raschiatori (Ferrarese e Rossaro, 1981).

Anche le specie appartenenti ai Chaoboridi sono cosmopolite e vivono nelle acque

lentiche di molti ambienti, spesso le pupe vengono confuse con quelle dei

Chironomidi dai quali differiscono per i corni toracici ad imbuto, palette natatorie

molto sviluppate e per la loro trasparenza. Inoltre i Chaoboridi sono predatori di

organismi planctonici che catturano con lausilio di antenne prensili modificate.

Tabella 1.2 Principali specie zooplanctoniche del Lago di Varese (Lalumera, 2003).

Phylum/Ordini Specie

Keratella cochlearis

Keratella quadrata

Testudinella sp.

Filinia longiseta

Filinia opoliensis

Kellicotia longispina

Poliarthra sp.

Conochilus sp.

Asplanca priodonta

Synchaeta pectinata

Pompholix sulcata

Brachionus angularis

Ascomorpha ovalis

Triocherca sp.

Daphnia galeata

Daphnia cucullata

Diaphanosoma sp.

Bosmina longirostris

Chydorus sphaericus

Leptodora kindtii

Eudiaptomus padanus padanus

Mesocyclops leukarti

Termocyclops crassus

Cyclops vicinus vicinus

Rotiferi

Cladoceri

Copepodi

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Tra i vermi acquatici, la sottoclasse degli Oligocheti (Phylum degli Anellidi),

rappresentata nel Lago di Varese soprattutto dalla famiglia dei Tubificidi; tra questi

troviamo specie che, come nel caso dei Chironomidi, sono in grado di resistere a

periodi prolungati di anossia grazie agli alti livelli di pigmenti respiratori nel liquido

ematico.

Il Phylum dei molluschi rappresentato soprattutto da gasteropodi come Viviparus

ater e Phyza sp. e da bivalvi come Unio pictorum (autoctona) e Dreissena

polimorpha (alloctona).

Tra i crostacei bentonici, troviamo due specie alloctone di Decapodi immesse negli

ultimi anni, Orconectes limosus e pi recentemente anche Procambarus clarkii.

1.2.3 La fauna ittica

Come in tutti i corpi idrici isolati, anche nel Lago di Varese la composizione della

comunit ittica autoctona o naturale, risalente ai periodi antecedenti la forte

antropizzazione, era indiscussamente il risultato di un equilibrio raggiunto tra specie

ricoprenti differenti nicchie ecologiche che nel corso dellevoluzione del Lago avevano

trovato tra di loro un compromesso ecologico. Tale composizione naturale tuttavia

non ci nota con certezza e possiamo solamente tentarne una ricostruzione sulla base

delle caratteristiche del Lago e delle poche testimonianze scritte, oltre che della memoria

dei pescatori pi anziani. Gi nel corso del XIX secolo furono introdotte alcune specie

alloctone, quali il persico sole ed il persico trota. Nel XX secolo poi, fin dagli anni 50,

iniziato un drastico decremento delle popolazioni di salmonidi, particolarmente esigenti,

seguito dalla diminuzione di tutte le altre specie sensibili agli stress ambientali, quali il

persico ed il luccio (Esox lucius) che per il ruolo di predatori terminali autoctoni sono

particolarmente vulnerabili. Alla fine degli anni 80 risale la scomparsa dellalborella

(Alburnus alburnus alborella), la cui popolazione mostrava per, gi da almeno un

decennio, i primi segni di sofferenza sulla base delle informazioni sul pescato. Lattuale

composizione del popolamento ittico, pu essere valutata dallanalisi dei dati relativi al

pesce sbarcato dai pescatori professionisti della Cooperativa Pescatori Lago di Varese. In

Tabella 1.3 sono riportate le informazioni note sulla composizione, abbondanza e

tendenza recente per la comunit ittica del bacino (Puzzi et al., 2001, Ceccuzzi, 2008).

Questa ormai per lo pi caratterizzata da popolazioni ciprinicole limnofile

particolarmente tolleranti come la scardola (Scardinius erythrophtalmus), la carpa

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(Cyprinus carpio), la tinca (Tinca tinca), il gardon (Rutilus rutilus) ed il carassio (Carassius

carassius).

Tabella 1.3: Composizione, abbondanza, recente tendenza e origine delle specie che compongono la

comunit ittica del Lago di Varese.

Nome scientifico Nome comune Abbondanza* Origine** Tendenza***

Acipenser (sp.) Storione A

Anguilla Anguilla Anguilla A

Alburnus alburnus alborella Alborella A

Carassius carassius Carassio ALL

Cyprinus carpio Carpa A

Cobitis taenia Cobite A

Esox lucius Luccio A

Ictalurus melas Pescegatto ALL

Ictalurus punctatus Pescegatto americano ALL

Lepomis gibbosus Persico sole ALL

Leuciscus cephalus Cavedano A

Lota lota Bottatrice A

Micropterus salmoides Persico trota ALL

Perca fluviatilis Persico reale A

Rutilus rutilus Gardon ALL

Rutilus erythrophthalmus Triotto A

Salmo (trutta) trutta Trota fario A

Scardinius erythrophthalmus Scardola A

Silurus glanis Siluro ALL

Sander lucioperca Luciperca ALL

Tinca tinca Tinca A

Orconectes limosus Gambero americano ALL

Procambarus clarkii Gambero della Louisiana ALL

** Origine: A = autoctona All = alloctona

*** Tendenza: Aumento Diminuzione Stazionario

* Abbondanza: molto elevata elevata poco abb. rara

Particolarmente interessante la presenza, seppure sporadica, della trota fario di ceppo

atlantico (Salmo (trutta) trutta) che negli ultimi anni, anche grazie ad una campagna di

semina, viene significativamente catturata nel Lago sia dai pescatori dilettanti che dai

professionisti. La sua presenza potrebbe essere legata a qualche delimitata zona di

risorgiva in Lago, in grado di mantenere temperature e concentrazioni di ossigeno idonee

a questa esigente specie, anche nel periodo estivo. La comunit ittica del Lago di Varese

stata modificata in maniera profonda anche a causa delle immissioni, accidentali o

volontarie, delle numerose specie alloctone che attualmente rappresentano

numericamente oltre un terzo delle specie presenti, ma che dal punto di vista energetico

rappresentano un carico ben superiore. Il peggioramento della qualit delle acque ha

contribuito alla definitiva affermazione di specie ittiche euriecie quali il gardon (R. rutilus)

immesso nel Lago da pescatori dilettanti ed il carassio (C. carassius), specie invasiva

presente nel bacino fin dagli anni 90. Questultima specie, essendo particolarmente

resistente allanossia, diventata in breve tempo una delle componenti pi abbondanti

della comunit, sia in termini numerici che di biomassa. Oltre al carassio ed al rutilo, la

sempre pi evidente presenza di predatori quali il siluro (Silurus glanis), il lucioperca

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(Sander lucioperca) ed il pesce gatto (Ictalurus melas), a costituire motivi di squilibrio della

comunit ittica. Tali modificazioni rappresentano un danno ingente non solo dal punto di

vista faunistico-naturalistico, ma anche dal punto di vista economico, a danno della

pesca professionale che si era sviluppata nei secoli scorsi e che costituiva ormai una

componente importante nellequilibrio del Lago oltre che delleconomia locale.

Figura 1.8: Andamento della presenza di specie alloctone nel Lago di Varese (OLL, 2004 modificato).

La Figura 1.8 riporta il trend della presenza di specie alloctone nel Lago di Varese. Alla fine

del XIX secolo, la presenza di specie alloctone poteva essere ascritta al persico sole, al

persico trota, oltre che a qualche ciprinide. Come si pu osservare, la percentuale di

specie aliene dagli anni 90 ad oggi, aumentata quasi del 20% rappresentando ormai

circa il 40% del popolamento ittico del bacino.

1.2.4 Decremento del pescato nel Lago di Varese

Fino agli anni 70, la popolazione di pesce persico del Lago di Varese, era ancora molto

abbondante e rappresentava unimportante risorsa economica per la locale comunit di

pescatori professionisti. La Figura 1.9, mostra il progressivo decremento del pescato

professionale registrato dal 1957 al 1985 (per via dellinconsistenza delle catture, non sono

stati aggiornati i dati di pesca negli anni successivi fino al 2003).

Come si pu osservare, gi dalla seconda met degli anni 60, pur rimanendo

praticamente invariato lo sforzo di pesca, si assistito ad un sensibile decremento delle

catture: dal 1965 al 1985 la diminuzione stata vicina all86% e la biomassa totale delle

catture passata, dagli 80.000 kg del 1965, a circa i 13.000 kg del 1985. Le prime specie

che hanno subito questa forte diminuzione sono state lalborella, fondamentale specie

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foraggio per il mantenimento degli equilibri della catena trofica, quindi il luccio ed il

persico.

Figura 1.9: Andamento del pescato professionale nel Lago di Varese dal 1973 al 1983 e dal 2003 al 2006

(Provincia di Varese 2007 rapporto interno, Ceccuzzi, 2003).

Per quanto riguarda il persico e lalborella, la Figura 1.10 mostra che gi a partire dai primi

anni 70 (1973), entrambe le specie mostravano i primi segni di decremento, fino ad

arrivare verso la fine degli anni 80 allapparente scomparsa dellalborella dal bacino con

un minino storico, relativo alla cattura di persico, nel 1985 con 175 kg. La condizione di

eutrofizzazione del bacino che ha comportato un drammatico stravolgimento della rete

trofica, stata la principale causa del cambiamento della composizione della comunit

ittica del Lago.

Figura 1.10: Andamento del pescato professionale di persico e alborella del Lago di Varese fino al 1985

(Provincia di Varese 2007 rapporto interno).

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Inoltre, la presenza sempre pi massiccia di specie alloctone, ha contribuito

allimpoverimento di alcune delle componenti fondamentali della catena trofica che fa

capo al persico.

Da uno studio sulla popolazione di pesce gatto presente nel Lago di Varese (Ceccuzzi,

2003), ed in base ai dati raccolti nel corso del progetto PERLAVAR stato possibile

ricostruire il trend del pescato dal 2003 al 2006, riportato nella parte destra del grafico in

Figura 1.9. Laumento della biomassa di pesce catturato va ascritto per lo pi ad una

crescita demografica di due specie invasive: il pesce gatto (Ictalurus melas) ed il carassio

(Carassius carassius) prive di interesse commerciale. La Figura 1.11 mostra la composizione

del pescato professionale nel 2003 e nel 2006.

Figura 1.11: Pescato professionale del 2003 e del 2006 nel Lago di Varese (Cooperativa Pescatori, 2006).

Le specie prevalentemente catturate sono state: carassio 60,3% (35 t), pesce gatto17,3 %

(19 t), scardola 14,65 % (8,5 t), altre specie come il persico, il luccio, tinca e languilla

rappresentano solo il 7,75 % (4,5 t). A partire dal 2006 tra le specie rinvenute si osservata

la presenza sempre pi massiccia del gardon (Rutilus rutilus) e del siluro (Silurus glanis).

Quindi lincremento del pescato professionale osservabile dal 2003 al 2006 (Figura 1.8),

dovuto principalmente alla sempre maggiore presenza di specie alloctone che come

detto in precedenza, rappresentano circa il 40% della fauna ittica presente nel bacino.

Purtroppo non si hanno a disposizione dati riguardanti il pescato di lucioperca (S.

lucioperca), specie molto apprezzata e di elevato valore economico. La sua presenza

risultata abbondante durante i primi anni del 2000 per poi diminuire drasticamente tra il

2005 ed il 2007, probabilmente a causa di un eccessivo sfruttamento sia da parte della

pesca professionale che dilettantistica.

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1.3 IL PERSICO REALE (PERCA FLUVIATILIS)

Phylum: Cordata

Subphylum: Vertebrata

Super classe: Gnathostoma

Classe: Osteitti

Sottoclasse: Actinopterygii

Ordine: Perciformes

Famiglia: Percidi

Genere: Perca

Specie: Perca fluviatilis (Linnaeus, 1758)

- Morfologia

Il corpo del persico ha una forma ovale compressa lateralmente anche se in individui pi

anziani tende a comparire una certa gibbosit subito dopo il capo.

La colorazione verde pi o meno accentuata sulla parte dorsale, mentre i fianchi

tendono allargento o al dorato e sono percorsi in senso verticale da 6-9 striature nerastre.

La testa relativamente piccola e presenta una bocca abbastanza sviluppata, munita di

numerosi piccoli denti, in posizione mediale. Come in tutti i Percidae, la pinna dorsale

doppia. La parte anteriore, di colore grigio, munita di raggi spiniformi aguzzi e nella

parte terminale presenta unappariscente macchia nera. La pinna dorsale posteriore ha

invece un colore tendente al grigio-giallastro e presenta solo raggi molli. Tutte le altre

pinne sono di colore arancione-rossastro e non presentano raggi spiniformi. Il persico pu

raggiungere una taglia massima di 50 cm ed i 3kg di peso (Gandolfi et al., 1991).

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- Distribuzione

Il persico rappresenta lunico percide autoctono delle acque interne dellItalia

Settentrionale ed una specie in grado di adattarsi a numerosi ambienti, dai grandi laghi

ai fiumi di pianura ricchi di vegetazione acquatica ed ostacoli sommersi. In Italia, lareale

di distribuzione originario era limitato al settore nord-orientale del distretto Padano-Veneto

(Ticino, Po, Adige, Isonzo, laghi prealpini), ma nel corso degli anni la specie stata

introdotta anche nellItalia centrale e meridionale, in alcuni casi con grande successo.

- Ecologia

La specie ha abitudini gregarie, pi marcate negli stadi giovanili, vivendo in branchi molto

numerosi che stazionano in acque basse nel periodo estivo per poi portarsi in profondit

durante i mesi invernali. Nei primi due anni di vita la dieta costituita essenzialmente da

zooplancton ed invertebrati bentonici; dal secondo anno di vita si nutre di piccoli pesci,

indirizzando successivamente la dieta alla completa ittiofagia.

- Biologia riproduttiva

La riproduzione della specie, nei laghi prealpini, avviene tra la seconda met di aprile e la

seconda met di maggio, quando la temperatura dellacqua compresa tra 12 e 14C.

In ambiente naturale la maturit sessuale solitamente raggiunta dal secondo anno di

et per i maschi e dal terzo anno per le femmine. Il persico non mostra dimorfismo

sessuale tranne che durante il periodo riproduttivo, quando le femmine gravide di uova

presentano il ventre gonfio e la papilla urogenitale sporgente ed i maschi espellono

sperma, se maneggiati.

La femmina, depone le uova in un unico nastro ovarico (di forma cilindrica cava) sulla

vegetazione acquatica o su rami sommersi. Questo, in base alle dimensioni della

femmina, pu contenere dalle 5.000 alle 120.000 uova. I nastri ovarici vengono deposti su

substrati lontani dal fondale, per permettere una migliore ossigenazione delle uova ed

evitarne il collassamento (Figura 1.12). Le uova hanno un diametro compreso tra 1,0 e 2,0

mm in relazione alla taglia della femmina; dopo la fecondazione e lidratazione il

diametro aumenta raggiungendo dimensioni comprese tra 1,9 e 2,8 mm. La misura delle

larve alla schiusa dipende dalla popolazione di origine e dalla taglia dei riproduttori,

normalmente presentano una lunghezza compresa tra 4 e 5 mm ed un peso inferiore ad 1

mg (0,4-0,8 mg).

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Dopo il riassorbimento del sacco vitellino (5-8 giorni), la larva in grado di catturare prede

con dimensione inferiore a 190 m (Tamazouzt et al., 1998). Malgrado il persico alla stadio

giovanile ed adulto abbia abitudini carnivore, la taglia delle larve risulta molto piccola

( 6 mm), paragonabile a quella di piccoli ciprinidi come ad esempio lalborella.

Figura 1.12: Nastro ovarico di persico deposto su rami sommersi, (foto: Claudia Imperiali).

Tabella 1.4: Principali caratteristiche ecologiche del persico reale.

Temperatura 4-31C

Ossigeno 1,3-13,5 mg/l

Salinit

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1.4 PESCA E SFRUTTAMENTO DEL PERSICO REALE

La quantit di pesce persico pescato nei bacini idrici europei, diminuita negli ultimi anni

a causa di molteplici fattori, tra i quali:

Degradamento della qualit degli habitat naturali

Sovra-sfruttamento delle popolazioni selvatiche da parte della pesca

professionale e sportiva

Crescente competizione con specie alloctone

Crescente cattura da parte di avifauna ittiofaga protetta

Negli ultimi venti anni, la domanda di persico da parte dei consumatori ha

potenzialmente superato lofferta, tanto da stimolare lo sviluppo di fasi di allevamento

intensivo. Secondo le stime riportate dalla FAO nel 2007, la quota di persico catturato

durante il 2005 in tutti i 25 stati membri dellUnione Europea ammonta a 21.555 t, mentre

pur disponendo di limitate informazioni sulla domanda da parte dello stesso mercato,

alcuni dati fanno riflettere, visto che, la sola Svizzera importa fino a 5.000 t di filetto di

persico allanno (Watson, 2008), mentre in Nord Italia il consumo si aggira intorno alle 750 t

per anno e la domanda, costantemente in crescita, viene spesso soddisfatta in modo

fraudolento, mediante fornitura di filetti appartenenti a ben altre specie.

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Paese Produzione pesca (t) Produzione acquacoltura (t)

Finlandia 13.102

Russia 5.161 170

Estonia 1.100

Polonia 829

Germania 396

Svizzera 281

Svezia 210

Olanda 140 15

Lituania 64

Italia 63 ?

Danimarca 55 15

Grecia 30

Romania 28 4

Rep. Ceca 26 18

Ucraina 25 68

Belgio 25

Bulgaria 13

Slovacchia 6

Irlanda 25

Macedonia

Slovenia 1 5

Totale 21.555 320

1.5 ALLEVAMENTO DEL PERSICO: STATO DELLARTE

Negli ultimi anni, le buone prospettive di mercato e la ricerca di nuove specie candidate

per lacquacoltura, hanno fatto crescere in Europa linteresse verso il pesce persico, sia

per quanto riguarda la produzione di filetto per il consumo umano, sia per la produzione

di giovanili destinati a programmi di ripopolamento (Craig, 2001). La Tabella 1.5 riporta le

produzioni annuali di pesce persico in Europa derivanti dalla pesca e dallacquacoltura

(Watson, 2008).

Tabella 1.5: Quantitativi di pesce persico prodotto dallacquacoltura e dalla pesca in Europa nel 2005, dati

riportati dal rapporto FAO del 2007 (Watson, 2008).

Come si pu osservare, anche se la situazione attuale vede un aumento della produzione

di persico in acquacoltura (320 t/anno), la produzione derivante dallattivit di pesca

risulta ancora molto elevata (21.555 t/anno). Resta in ogni caso il fatto che anche se la

quantit di persico allevato risulta ancora limitata, essa rappresenta una produzione di

nicchia di notevole interesse commerciale. La produzione in Italia, anche se presente,

rappresenta ancora una produzione di nicchia molto limitata, spesso effettuata a latere

di altre colture o in policoltura estensiva, di cui non si hanno dati di produzione attendibili.

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- Riproduzione controllata

Esemplari adulti di pesce persico mantenuti in cattivit, possono ovulare

spontaneamente, sia in presenza che in assenza di substrati adatti alla deposizione (es.

rami sommersi). Per questo motivo, la cattura di riproduttori selvatici in ambiente naturale,

pochi giorni prima del periodo riproduttivo, unattivit praticata da parte di molti

allevatori per la produzione di larve in cattivit. La deposizione pu avvenire

spontaneamente in vasche nelle quali sono presenti entrambi i sessi. La percentuale di

fertilizzazione delle uova varia mediamente tra il 6570% ma pu raggiungere anche il 90-

100%. anche possibile praticare la fecondazione artificiale a secco con i nastri ovarici,

controllando la deposizione da parte delle femmine e la fertilizzazione mediante

spremitura diretta dei maschi sopra gli stessi nastri. Con questo metodo si possono

ottenere percentuali di fecondazione superiori a quelli della fecondazione naturale (80-

97%). La riproduzione semi-naturale, in ambiente controllato, comunque preferita in

quanto evita la manipolazione dei riproduttori (Craig, 2001).

- Incubazione delle uova

I nastri di uova vengono comunemente incubati su fili di supporto o altri tipi di substrati (sia

artificiali che naturali), allinterno di trogoli di acciaio inox che garantiscono una

sufficiente ossigenazione delle uova; in alternativa possono essere usati vasi di Zug o

McDonald, nei quali il nastro libero di fluttuare nella corrente idrica ascensionale che si

crea al loro interno. Il numero di uova presenti in un nastro pu essere stimato effettuando

un rapporto fra il peso totale del nastro dopo lidratazione e il peso medio delle uova.

Nastri prodotti da grosse femmine (1,5 kg) possono essere lunghi anche 2,5 m e contenere

pi di 120.000 uova (Craig, 2001). II tempo dincubazione delle uova temperatura-

dipendente ed i dati disponibili indicano un intervallo compreso tra 90 e 243 gradi/giorno

(GG)1 dal momento della fertilizzazione alla schiusa. Thorpe (1977) e. Kestemont et al.

(1999) hanno osservato che allinterno di uno stesso nastro, ad una temperatura di 15 C

tra le prime uova che si schiudono e le ultime passano circa 5 giorni, che si riducono a 3

se la temperatura di 19 C.

1 I gradi giorno (GG) sono una misura atta ad indicare il regime termico cui un organismo sottoposto. Il

valore si ottiene moltiplicando la temperatura media giornaliera dellambiente di incubazione per il numero di

giorni. Ad esempio 10 giorni di tempo per la schiusa ad una temperatura media di 14C corrispondono a 140

GG.

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- Allevamento dei primi stadi vitali

La taglia delle larve risulta molto piccola ( 6 mm), paragonabile a quella di piccoli

ciprinidi come ad esempio lalborella. Le piccole dimensioni alla nascita hanno a lungo

limitato lo sviluppo di tecniche di larvicoltura adatte a questa specie. A partire dagli anni

90 per, linteresse cresciuto al punto che sono state sviluppate diverse metodologie di

allevamento, sia con tecniche estensive che intensive. Le principali problematiche che si

devono affrontare per lo svezzamento larvale sono cos riassunte:

- Le piccole dimensioni dellapertura buccale e dellintestino

- La dipendenza da prede vive

- La difficolt nellaccettare una dieta formulata in polvere o in micropellet,

durante la fase di svezzamento

- La fragilit propria delle larve

- Il cannibalismo

A causa di queste problematiche, nella maggior parte degli allevamenti europei si

preferito, fino a pochi anni fa, adottare tecniche di allevamento estensivo o semi-

intensivo allevando il persico in laghetti fertilizzati, vasche allaperto o gabbie galleggianti.

Ultimamente lapplicazione della tecnica dellallevamento con ricircolo dellacqua (RAS),

dove le condizioni ambientali sono stabili, ha permesso di raggiungere ottimi risultati

anche con questa specie.

- Allevamento in vasca out-door e in-door

Lallevamento del persico in vasca sicuramente una delle tecniche pi diffuse,

presentando molti vantaggi rispetto allallevamento in laghetti o in gabbie galleggianti.

Tale metodo permette infatti un migliore monitoraggio delle condizioni di allevamento, un

maggiore controllo delle malattie, delle parassitosi e del cannibalismo.

Come detto in precedenza, le larve di persico alla nascita hanno unapertura buccale

molto piccola e dipendono da una dieta composta da prede vive almeno per i primi 20

giorni di vita (Tamazouzt et al., 1998). Nella maggior parte dei casi le larve vengono

alimentate con zooplancton (es. nauplii di Copepodi), raccolto direttamente in bacini

fertilizzati posizionati vicini allallevamento. Il plancton viene poi suddiviso per dimensione

attraverso una serie di setacci. In mancanza di ci le larve possono essere allevate

utilizzando colture artificiali di rotiferi come Brachionus calyciflorus o nauplii di Artemia

salina che permettono ottime performance di accrescimento ed elevati tassi di

sopravvivenza. Le larve di persico infatti, possono catturare nauplii di Artemia (420-480

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m) gi quando hanno raggiunto una lunghezza di 6 mm, raggiungendo percentuali di

sopravvivenza anche del 70% rispetto allo stock iniziale (Kestemont et al., 1996).

Pur essendo disponibili mangimi di elevata qualit nutrizionale, formulati per larve con

apertura buccale molto piccola (< 200 m), questi non possono essere utilizzati come cibo

starter per il pesce persico in quanto difficilmente accettati. In numerose prove, effettuate

in cattivit, utilizzando mangime artificiale fin dalla nascita, le percentuali di

sopravvivenza si sono mostrate molto basse, non superando il 20-30% (Tamazouzt et al.,

1998). Sono stati effettuati molto studi per determinare la temperatura ottimale di

allevamento del pesce persico, risultata essere compresa tra 21 e 23 C (Mlard et al.,

1996). Larve e post-larve di persico per sopravvivono difficilmente agli sbalzi termici, di

conseguenza, la maggior parte degli allevamenti che effettuano svezzamento in vasca

utilizzano sistemi RAS dove le condizioni ambientali possono essere grandemente pi

stabili. Le condizioni di temperatura variabile che caratterizzano le vasche allaperto, con

ricambio continuo di acqua, consentono sopravvivenze talvolta molto limitate.

- Gabbie galleggianti

Lallevamento di pesce in gabbie galleggianti praticato in modo sempre pi diffuso, sia

per specie marine che dacqua dolce, grazie ai limitati costi dellinvestimento. Il pesce

persico una specie che si presta ad un tipo di allevamento in ambienti confinati (gabbie

galleggianti, vasche, ecc.) grazie alle sue abitudini gregarie, alla relativamente bassa

aggressivit e alla dieta opportunistica (Fontaine et al., 1996).

- Pond fertilizzati

Anche se lallevamento in laghetti fertilizzati ampiamente praticato in acquacoltura,

soprattutto nella porzione orientale dellEuropa, solo recentemente il persico stato

allevato per scopi commerciali o di ripopolamento con questa tecnica. Storicamente

nelle policolture estensive il persico stato considerato una specie invasiva a causa

della sua forte competizione alimentare con altre specie allevate (i.e carpa, tinca, ecc..)

e la predazione attiva verso le classi giovanili di talune specie. Lallevamento in laghetti

fertilizzati di giovanili di persico destinati ad aziende che effettuano ingrasso e

commercializzazione per consumo umano tradizionalmente praticato in Francia, in

Irlanda e nella Repubblica Ceca. Nel Nord della Francia, alcuni allevatori producono

persico in monocolture, oppure in policoltura in laghetti di grandi dimensioni, abituando

progressivamente gli stock allevati ad accettare una dieta formulata in vasca o

PAGINA 32

direttamente nei laghetti. In Irlanda, lallevamento di giovanili di persico in laghetto una

tecnica relativamente nuova, in parte a causa della predominanza di allevamenti

dedicati ai salmonidi ed in parte alla limitata tradizione e familiarit con le tecniche di

acquacoltura estensiva. Nella Repubblica Ceca invece, la produzione di giovanili ed

adulti di persico avviene sia in monocoltura che in policoltura, assieme alla carpa. In

Italia, a parte in rari casi di policoltura, non sono ad oggi noti esempi di allevamento del

persico con questa tecnica.

Accanto alla produzione di giovanili di persico, eventualmente abituati ad accettare una

dieta formulata, lallevamento in laghetto include anche il mantenimento di uno stock di

riproduttori e la produzione di pesci di taglia commerciale per la vendita diretta al

consumatore. Tra i vantaggi dellallevamento del persico in laghetti fertilizzati, il pi

importante la grande rusticit che caratterizza gli stock e che li rende molto indicati in

programmi di ripopolamento.

PAGINA 33

2.1 ATTIVIT DI CAMPO

Nellambito dello studio, da marzo 2007 fino a giugno 2010 stata effettuata una

campagna di campionamento del persico nel Lago di Varese, mirante a tre principali

obiettivi:

Studio dellauto-ecologia della specie;

determinazione della struttura di popolazione (et, taglia media, rapporto tra sessi,

ecc..);

monitoraggio della riproduzione in ambiente naturale, mediante posizionamento di

substrati riproduttivi artificiali (fascine) in diverse zone costiere del Lago.

2.2 RACCOLTA DEI CAMPIONI E ANALISI DEL PESCATO

Con frequenza mensile ed in collaborazione con la Cooperativa Pescatori del Lago di

Varese, sono state effettuate pescate mediante reti branchiali, cio reti passive. Nella

fattispecie stata utilizzata la perseghera una rete regolamentare con maglia da 25

mm, 50 metri di lunghezza e 1,2 metri di altezza. Per i campionamenti sono state scelte 3

zone del Lago (Figura 2.1) in base alla profondit, alla tipologia del fondale ed alle zone

dove i pescatori professionisti posano solitamente le reti:

Zona 1) Gavirate-Biandronno

Zona 2) Cazzago Brabbia-Bodio

Zona 3) Schiranna-Calcinate del Pesce

Sui campioni catturati sono state eseguite le seguenti operazioni:

misurazione della lunghezza totale, standard e della circonferenza (cm);

determinazione del peso (g);

prelievo di gonadi maschili e femminili per il calcolo dellindice gonado-somatico e

della fecondit assoluta e relativa;

prelievo degli stomaci per il successivo esame, in laboratorio, dei contenuti stomacali.

2. Studio dellauto-ecologia del persico

del persico nel Lago di Varese

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Figura 2.1: Zone di posa delle reti per i campionamenti ittici.

I soggetti catturati (n = 240) presentavano una lunghezza totale compresa tra 14,5 e 29,5

cm ed unet compresa tra 1 e 7 anni. La lunghezza massima osservata nei campioni di

sesso femminile, stata di 29,5 cm e quella minima di 10,5 cm (media pesata = 20,5 cm).

Nei campioni di sesso maschile invece, la lunghezza massima osservata stata di 27,5 cm

e la minima di 10 cm (media pesata = 18,8 cm). Come si pu osservare in Figura 2.2, la

maggior parte dei campioni catturati con la maglia da 25 mm, ha unet compresa tra

2+ e 4+. Inoltre, sulla totalit dei campioni, circa il 60% risultato di sesso femminile, il

rimanente 40% risultato composto da maschi e soggetti con sesso indeterminato. Altri

Autori riportano in popolazioni naturali di persico, un rapporto tra sessi solitamente

60F:40M, (Goubier et al., 1983; Negri, 1999). Il fatto che le femmine siano preponderanti

nel pescato, potrebbe tuttavia dipendere, almeno nel nostro caso, dal metodo di

cattura, infatti il minore accrescimento dei maschi rispetto alle femmine potrebbe

renderne pi improbabile la cattura. Lefficienza di cattura della maglia utilizzata (25 mm)

pi bassa per persici con lunghezza minore di 17 e maggiore di 23 cm. Le reti branchiali

infatti, presentano due limiti di selezione: il punto di selezione minima corrisponde alla

circonferenza massima del pesce, mentre il punto di selezione massima corrisponde alla

circonferenza opercolare. Pesci con una circonferenza massima maggiore del perimetro

della maglia non vengono catturati, lo stesso vale per pesci piccoli che riescono a

passare attraverso le maglie stesse (Negri, 1999). In Figura 2.3 riportata la relazione tra la

lunghezza del pesce e la sua circonferenza massima. La misura della circonferenza e

della lunghezza dei campioni ha quindi permesso di valutare la selettivit della maglia da

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25 mm. La relazione mostra che le lunghezze selezionate dalla rete sono proporzionali alle

circonferenze massime dei campioni (a 10-14 cm di circonferenza massima corrispondono

esemplari con lunghezza compresa tra 18 e 23 cm). Non sono mancati, soprattutto

durante i mesi estivi, esemplari di taglia maggiore o minore accidentalmente impigliati

nella rete.

Figura 2.2: Selezione della maglia da 25 mm utilizzata durante i campionamenti sul Lago di Varese.

Figura 2.3: Relazione tra lunghezza totale dei campioni (cm) e la loro circonferenza massima (mm).

PAGINA 36

2.3 STUDIO DELLACCRESCIMENTO PONDERALE

La relazione lunghezza-peso stata calcolata separatamente per i due sessi tramite la

seguente equazione allometrica:

Pt = a Lt b

dove: Pt il peso del pesce in grammi, Lt la lunghezza totale del pesce in centimetri.

Dall'analisi dei dati biometrici, sono state ricavate le curve riportate in Figura 2.4. Le

equazioni di entrambe le curve, mostrano un coefficiente di regressione pari a 0,98.

Lesponente b assume, in genere nelle equazioni allometriche, un valore prossimo a 3 nel

caso in cui la specie ittica in esame presenti un accrescimento isometrico. Il persico tende

ad accrescersi maggiormente in larghezza che in lunghezza e nella maggior parte dei

casi lequazione mostra valori superiori a 3. Nel nostro caso i valori di b sono risultati pari a

3,3 per le femmine e 3,1 per i maschi, valori tipici di specie con accrescimento allometrico

(Allen, 1938). Le femmine, a parit di et, hanno una lunghezza totale maggiore rispetto a

quella dei maschi. Come verr riportato in seguito, ci potrebbe essere dovuto al fatto

che i maschi mostrano una maturazione sessuale precoce (dal primo anno di et) rispetto

alle femmine (dal secondo o terzo anno di et). Tutto ci, si tramuta in un enorme

vantaggio, dal punto di vista energetico, per le femmine. Infatti, queste ultime potranno

sfruttare lintero budget energetico, per la crescita somatica, per un pi lungo periodo di

tempo; viceversa i maschi dovranno investirne una grossa fetta del bilancio energetico

per la maturazione del testicolo gi dal primo anno di et, mostrando cos un minore

accrescimento in lunghezza ed in peso (Craig, 2001; LeCren 1951). Tuttavia la differenza

in crescita tra i sessi potrebbe anche trovare altre spiegazioni su basi endocrine. La

relazione lunghezza-peso viene calcolata di solito per raggiungere due obiettivi: primo

per individuare lalgoritmo che relaziona lunghezza e peso, secondo per poter misurare le

variazioni di peso in relazione alla lunghezza, nellarco dellanno. Si possono cos osservare

i cambiamenti nella condizione del pesce, solitamente analizzata tramite il calcolo

dellindice di condizione k della specie in studio:

k = Pt x 100/ (Lt)3

Dove il peso espresso in grammi e la lunghezza in centimetri.

Tale coefficiente dipende da vari fattori, quali ad esempio:

PAGINA 37

La morfologia corporea: un individuo con un corpo affusolato avr un coefficiente k

inferiore rispetto ad un individuo della stessa specie con una corporatura pi robusta.

I processi riproduttivi: in prossimit della riproduzione la presenza di gonadi mature

comporta un aumento del valore di k, soprattutto nelle femmine.

Lo stato nutrizionale e di benessere: un individuo di una determinata specie, in buone

condizioni di salute e con elevata disponibilit di nutrimento, tender ad accumulare

pi energia nei tessuti, rispetto ad un individuo della medesima specie sottoposto a

stress o con scarse disponibilit alimentari.

Figura 2.4: Relazione lunghezza-peso per il pesce persico del Lago di Varese (blu = maschi, rosso = femmine).

Lindice di condizione k stato calcolato in tutti gli individui catturati, per ogni mese di

campionamento e mostra un valore medio simile per entrambi i sessi: 1,40 per le femmine

e 1,14 per i maschi. In accordo con Le Cren (1951) i valori di k tendono ad aumentare con

let per entrambi i sessi. Landamento annuale dei valori di k raggiunge un picco, nel

periodo pre-riproduttivo corrispondente al mese di febbraio (Figura 2.5). Valori elevati di k

si osservano per entrambi i sessi, anche durante il periodo estivo, quando le temperature

elevate e labbondanza di alimento nel Lago permettono un veloce accrescimento e la

formazione di elevate quantit di lipidi nella cavit intraperitoneale, con conseguente

aumento delle dimensioni addominali. Viceversa, durante i mesi invernali, come in tutte le

specie eteroterme, il persico si alimenta occasionalmente e tende a stazionare sul fondo

del bacino; di conseguenza i valori di k tendono a diminuire. Laccrescimento del persico

infatti non continuo, risultando massimo tra i mesi di giugno e agosto, mentre appare

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ridotto dal mese di novembre, fino alla primavera (Alessio et al.,1991). Oltre al regime

termico del bacino, il fattore di condizione dipende da molteplici variabili che possono

influenzare il tasso di accrescimento del pesce, quali disponibilit di cibo, fenomeni

gerarchici, cambiamenti ambientali, periodo di sviluppo delle gonadi, disponibilit

stagionale delle risorse alimentari, parassitosi ed eventi patologici.

Figura 2.5: Andamento del coefficiente di condizione nel persico del Lago di Varese; a) femmine, b) maschi.

2.4 DETERMINAZIONE DELLE CLASSI DI ET E DELLACCRESCIMENTO LINEARE

La crescita nei pesci non costante nel tempo, subendo rallentamenti in corrispondenza

di scarsa disponibilit di cibo o di basse temperature che rallentano l'attivit metabolica.

Nelle regioni temperate, le variazioni nel ritmo di crescita sono legate alla marcata

stagionalit climatica e vengono memorizzate a livello di tutte le strutture ossee (otoliti,

scaglie, ossa opercolari, vertebre e raggi ossei delle pinne pettorali) nelle quali la

deposizione dei sali minerali avviene con formazione di zone circolari concentriche dette

"circuli".

Figura 2.6: a) Punto di prelievo delle scaglie durante i campionamenti; b) esempio di scaglia ctenoide.

a b

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Sia nelle scaglie che nelle ossa, i circuli possono essere pi o meno distanziati tra loro a

formare delle bande di addensamento (corrispondenti alla stagione di crescita lenta o

invernale), alternate a bande con circuli pi diradati (corrispondenti al periodo compreso

tra primavera ed inizio dellautunno).

La regione formata da due bande stagionali successive, corrisponde quindi ad un anno

completo di vita ed definita "zona annuale". Il confine tra una zona annuale e quella

successiva, prende il nome di annulo. Nel nostro caso, oltre alle scaglie, prelevate al di

sotto della linea laterale vicino alla pinna pettorale (Figura 2.6), sono state utilizzate, per la

definizione delle classi di et, anche le ossa opercolari.

Nellopercolo (Figura 2.7) le zone pi opache nelle quali i circuli sono poco evidenti

corrispondono alla stagione a rapido accrescimento (primavera-estate), mentre le zone

pi trasparenti, ben marcate tra una zona estiva e laltra, rassomiglianti ad un rilievo

dellosso, sono le zone ad accrescimento lento (inverno) (Le Cren, 1947).

Figura 2.7: Visione di un osso opercolare allo stereomicroscopio (20x), le frecce in nero indicano le zone ad

accrescimento lento invernale (annuli).

Una volta determinata let dei soggetti catturati, stato possibile calcolare il tasso di

accrescimento lineare della popolazione di persico nel Lago di Varese. Lo studio

dellaccrescimento lineare consiste nel determinare la relazione tra le dimensioni

corporee e let del pesce. Lequazione di von Bertalanffy (VBGF) utilizza dati di taglia e

di et e si basa sulla seguente espressione:

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Lt = L [1- exp( -k (t-t0)]

dove: Lt la lunghezza totale del pesce al tempo t; L la lunghezza di un pesce ad et

teoricamente infinita (in termini matematici l'asintoto della curva descritta

dall'equazione); k un parametro di curvatura che misura la velocit con cui la curva

tende all'asintoto; to un parametro dal significato matematico, che in teoria definisce

l'et alla quale il pesce ha una lunghezza pari a zero. Lequazione di von Bertalanffy

applicata ai dati raccolti risulta:

entrambi i sessi: Lt = 33,17 (1-e -0,228 (t-1,34));

maschi: Lt = 32,85 (1-e -0,20 (t-1,56));

femmine: Lt = 35,52 (1-e -0,187 (t-1,71)).

La Figura 2.8, mostra la relazione lunghezza-et per il pesce persico del Lago di Varese,

calcolata attraverso il modello di von Bertalanffy. La curva non mostra il plateau previsto

dal modello, probabilmente perch durante i campionamenti non sono mai stati catturati

esemplari con et superiore a 7 anni. Per ogni classe di et, si osservata unelevata

variabilit delle lunghezze. Questo potrebbe dipendere da due principali fattori: innanzi

tutto dalla diluizione temporale della riproduzione, a causa della quale pesci nati allinizio

della stagione riproduttiva avranno pi tempo per accrescersi rispetto a quelli nati alla

fine della stessa. In secondo luogo, le femmine di persico mostrano un accrescimento

maggiore rispetto ai maschi.

Figura 2.8: Relazione lunghezza-et per il pesce persico del Lago di Varese (Lt = 33,17 (1-e -0,228 (t-1,34))).

Per poter confrontare laccrescimento del persico nel Lago di Varese con quello di altri

laghi, stato calcolato lindice (Pauly e Munro, 1984) secondo la formula:

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= Log (k) + 2Log (L)

dove k e L sono i parametri calcolati dalla formula di von Bertalanffy. Laccrescimento

del persico dipende da complesse interazioni tra temperatura dellacqua (Le Cren 1958;

Coble, 1966), densit della popolazione (Rask, 1983), condizioni trofiche del bacino e

disponibilit di alimento (Craig, 1978; Rask 1983). La Tabella 2.1 riporta i parametri

dellequazione di von Bertalanffy (VBGF) calcolati per alcune popolazioni di persico

europee, reperiti in letteratura ed i relativi valori di . Come si pu osservare la

popolazione di persico del Lago di Varese tra quelle che mostrano il pi elevato tasso di

accrescimento con una L pari a 33,17 cm ed un di 2,39.

Tabella 2.1: Tassi di accrescimento del persico in alcune localit europee.

Bibliografia

Sito L k ' L k ' L k '

Slapton Ley; Enghilterra* 25,00 22,00 Craig, 1974

Lago Pounui; Nuova Zelanda** 34,80 0,20 2,39 24,80 0,25 2,18 Jellyman, 1980

Fiume Po, Italia 18,76 0,408 2,15 Alessio et al., 1991

Lago Trasimeno; Italia* 26,67 0,405 2,46 Lorenzoni et al., 1993

Lago Ijssel, Olanda* 29,40 0,93 1,43 Machiels & Wijsman, 1996

Lago di Como, Italia** 24,60 0,42 2,40 19,00 0,61 2,34 Negri, 1999

Lago Lugano, Italia* 48,23 Puzzi et al., 2001

Lago Langtjern, Norvegia** 19,52 0,33 Heibo & Vllestad, 2002

Lago Ainijrvi; Finlandia** 31,06 0,028 1,43 Tolonen et al., 2003

Lago ngersjn; Svezia** 35,34 0,19 2,37 27,58 0,24 2,27 Heibo & Magnhagen, 2005

Lago Stcksjn, Svezia** 32,38 0,16 2,23 23,34 0,27 2,17 Heibo & Magnhagen, 2005

Lago Trehrningen, Svezia*** 28,14 0,18 2,15 20,71 0,27 2,07 Heibo & Magnhagen, 2005

Lago Piediluco; Italia* 49,09 0,128 2,49 Pedicillo et al., 2008

Lago di Varese* 33,17 0,102 2,39 35,52 0,187 2,37 32,85 0,200 2,34 Questo studio, 2010

* Ambiente eutrofizzato ** Ambiente mesotrofico *** Ambiente oligotrofico

Tutti i sessi Femmine Maschi

I valori di riportati, mostrano una variazione in relazione alla latitudine; per latitudini

inferiori, il tasso di accrescimento del persico sembrerebbe maggiore rispetto a zone nord-

centro-europee. Inoltre, confrontando i valori di k dellequazione (VBGF), che descrivono

quanto velocemente la popolazione in esame si avvicina alla L, si osserva che nelle

regioni europee meridionali il valore pi elevato, indicando una maggiore velocit di

accrescimento. Questo fatto confermato anche da Tesh (1955) il quale, attraverso uno

studio effettuato su numerose popolazioni di persico presenti in Europa ha definito cinque

diversi tipi di accrescimento per la specie: a) molto buono: pesci di 2 anni con lunghezza

(Lt) maggiore di 20 cm; b) buono: pesci di 3 anni con lunghezza (Lt)maggiore di 20 cm; c)

moderato: pesci di 3 anni con lunghezza (Lt)maggiore di 16 cm; d) scarso: pesci di 3 anni

con lunghezza (Lt) minore di 16 cm; e) molto scarso: tutti i pesci con lunghezza (Lt) inferiore

a 16 cm. In base ai dati raccolti si pu osservare che nel Lago di Varese laccrescimento

molto buono rispetto agli standard definiti da Tesh; infatti, la lunghezza totale dei

persici di 3 anni di et maggiore di 20 cm. Questo rapido accrescimento potrebbe

dipendere sia dalle condizioni trofiche che termiche del Lago di Varese. Hartman (1974)

ha osservato che nel Lago di Costanza (Germania) il tasso di accrescimento del persico

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aumentava in relazioni alle condizioni di eutrofizzazione del bacino. Egli suggerisce che

lincremento di invertebrati acquatici, in relazione allaumento della produttivit delle

acque, permette una maggiore presenza di alimento per la fauna ittica che si riflette poi

sulle performance di accrescimento.

Oltre a ci, il Lago di Varese un corpo dacqua poco profondo (profondit media 10,7

m) e durante la stagione estiva, nelle acque epilimniche la temperatura supera

normalmente i 20 C, raggiungendo anche valori compresi tra 25 e 28 C tra luglio e

agosto (Canziani e Crosa, 2005). Come riportato da Ferguson (1958) e Hokanson (1977),

questo range di temperature molto vicino alloptimum fisiologico della specie, che

compreso tra 21 e 25,4 C. Inoltre una serie di esperimenti dimostrano che la temperatura

ottimale alla quale il persico mostra il maggiore tasso di crescita 23 C (Mlard et al.,

1996). Di conseguenza le caratteristiche del bacino, le temperature moderatamente

elevate durante il periodo estivo e lelevato livello di trofia delle acque potrebbero essere

i principali fattori che permettono al persico di mantenere buone performance di

accrescimento nel Lago di Varese.

2.5 DETERMINAZIONE DELLO SPETTRO ALIMENTARE

I campioni di apparato digerente prelevati (n = 215) e conservati in formalina al 4%, sono

stati osservati in laboratorio allo stereoscopio. Per il riconoscimento delle categorie

alimentari e la classificazione in laboratorio, sono stati utilizzati appositi manuali: Guide

per il riconoscimento delle specie animali delle acque interne Italiane (Consiglio

nazionale per le Ricerche, 1977-1983). Per lanalisi dello spettro alimentare stato utilizzato

il metodo Frequency of occurrence method riportato da McCormack (1970); mediante

il quale il numero di individui appartenenti a ciascuna categoria di alimento viene

determinato per ogni stomaco ed espresso come percentuale sul totale delle categorie

osservate.

In base al grado di riempimento, gli stomaci sono stati divisi in 6 diverse categorie: vuoti,

5%, 10-20%, 30-60%, 70-80%, 90-100%. Come mostrato in Figura 2.9, sulla totalit dei

campioni catturati, si osservata una forte preponderanza di stomaci vuoti (n = 69).

Questo potrebbe dipendere dal fatto che spesso, soggetti immagliati in reti branchiali, a

causa del forte stress, espellono il contenuto stomacale.

In Figura 2.10 sono riportate le principali categorie alimentari osservate durante lanalisi

dello spettro alimentare del persico. Come si pu osservare, le categorie maggiormente

rappresentate, sia in termini di frequenza di comparsa che di abbondanza relativa,

durante tutto larco dellanno, sono quelle dei Chironomidi e dei Chaoboridi. In alcuni

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casi queste due famiglie di Ditteri, rappresentavano lunica categoria alimentare

presente negli stomaci. Ci potrebbe dipendere sia dalla loro grande abbondanza nel

bacino che dal loro ciclo vitale. Infatti, soprattutto i Chaoboridi presentano un

comportamento misto platonico-bentonico, spostandosi nella colonna dacqua, in

relazione alle condizioni di ossigenazione delle acque ed allo stadio vitale raggiunto. Le

pupe, prima della schiusa, migrano verso la superficie dellacqua in folti gruppi,

facilmente individuabili e predabili da parte del persico.

Figura 2.9: Percentuale di riempimento degli stomaci analizzati.

Anche lo zooplancton ben rappresentato negli stomaci analizzati: Daphnia cucullata,

D. hyalina, Leptodora kindtii e Cyclops abyssorum sono le specie maggiormente predate

dalla specie nel bacino. Dati di letteratura attribuiscono una vera e propria pressione

selettiva del persico sulle componenti della fauna zooplanctonica, in tutti gli stadi vitali, da

larva a pesce adulto, anche se non mancano fluttuazioni stagionali legate ai cicli vitali

delle specie (McCormack, 1970; Gumaa, 1978a). Anche nel nostro caso lo zooplancton

stato osservato in tutte le classi di et dei persici catturati.

Da giugno in poi, tra le categorie alimentari osservate negli esemplari con et > 2+,

spiccano per importanza giovanili di scardola (S. erythrophthalmus), di gardon (R. rutilus) e

di gambero americano (O. limosus) (Figura 2.10). Secondo Alessio et al. (1991), littiofagia

sarebbe il principale orientamento trofico del persico nel bacino del fiume Po e tale

tendenza aumenterebbe con la taglia. Secondo lAutore, le specie ittiche maggiormente

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predate dal persico sono in ordine di importanza: alborella (Alburnus a. alborella), persico

sole (L. gibbosus) cavedano (L. cephalus) e scardola (S. erythrophthalmus).

Figura 2.10: Principali categorie alimentari osservate nella dieta del persico del Lago di Varese, 2008-2009.

%

di com

pars

a

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Durante le fasi di accrescimento, nel persico avvengono due shift ontogenetici,

accompagnati sia da una differenziazione delle categorie di alimento predate sia da

cambiamento a livello morfologico (Hjelm et. al, 2000). La dieta dei persici 0+ per lo pi

dominata dallo zooplancton. Al primo shift i persici si cibano in maniera preponderante di

macroinvertebrati bentonici. Le maggiori capacit evasive di questa categoria di prede,

richiedono un aumento significativo dellapertura buccale, una compressione laterale del

corpo ed un maggiore sviluppo delle pinne pettorali, elementi che garantiscono unalta

precisione di manovra e di puntamento della preda. Il secondo shift ontogenetico

avviene solitamente in persici con et compresa tra il primo ed il secondo anno di vita e

comporta un passaggio allittiofagia. Ci richiede un corpo pi affusolato ed un

peduncolo caudale robusto al fine di poter dare una buona spinta propulsiva durante la

cattura delle preda. Anche le dimensioni dellapertura buccale aumentano in modo da

consentire unazione di suzione dellacqua ed un tempo di handling (tempo che

intercorre dalla cattura allingestione) ragionevolmente agevole.

Nel Lago di Varese, mancando lalborella, littiofagia del persico risulta ritardata o

comunque meno evidente ed osservabile per lo pi nei mesi estivi ed allinizio

dellautunno, quando il persico preda avannotti o giovanili di scardola e gardon (2-8 cm).

Queste due specie, per via del loro veloce accrescimento non sarebbero molto adatte

per il persico che ha una accrescimento lento e dimensioni della cavit buccale

relativamente grandi. La Tabella 2.2 riporta un confronto tra laccrescimento dellalborella

e della scardola in Italia settentrionale. Come si pu osservare, a parit di et, la scardola

mostra una dimensione superiore rispetto allalborella. Il persico quindi pu accedere a

questa risorsa solo in quei mesi dellanno in cui sono presenti le classi giovanili della specie

(estate ed autunno).

Tabella 2.2: Confronto del tasso di accrescimento della scardola e dellalborella in Nord-Italia. (Puzzi et al.,

2001).

Specie Et 0+ Et 1+ Et 2+

Scardola (S. erythrophthalmus ) 58 1214 > 15

Alborella (A. a. alborella ) 34 68 810

Classi di lunghezza (cm)

Lalborella invece mantiene dimensioni ridotte anche durante la fase adulta (4+, 10-12

cm) rappresentando la specie foraggio per eccellenza nei laghi pre-alpini. La mancanza

dellalborella, nel Lago di Varese potrebbe quindi risultare un fattore limitante

laccrescimento del persico, soprattutto durante la fase adulta. La mancanza della

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specie foraggio inoltre potrebbe innescare fenomeni di predazione intraspecifica

(cannibalismo) che viene spesso osservata in popolazioni naturali di persico (Le Cren et

al.,1977). Nel nostro caso, avannotti o giovanili di persico non sono mai stati osservati negli

stomaci analizzati, probabilmente grazie allelevata produttivit ed alla conseguente

abbondanza di macroinvertebrati bentonici; tuttavia la presenza di cannibalismo non

pu essere esclusa.

In conclusione, il persico pu essere definito una specie opportunista, infatti, le categorie

alimentari osservate, dipendono per lo pi dalla loro abbondanza in ambiente naturale e

seguono una certa stagionalit. Curioso comunque il fatto che, malgrado le

problematiche che il persico del Lago di Varese incontra nella ricerca delle prede ittiche,

la sua crescita, confrontata con quella di altri laghi, risulta comunque elevata. Ci

potrebbe appunto dipendere dallo spiccato opportunismo e da una certa plasticit della

sua dieta.

2.6 POSSIBILE COMPETIZIONE INTERSPECIFICA CON SPECIE ALLOCTONE

Le specie alloctone sono definite come non naturalmente appartenenti ad un

determinato ecosistema, venendone per a far parte attivamente o passivamente

(Delmastro, 1986). Lintroduzione in ambiente naturale di specie alloctone, una

questione di rilevante interesse viste le motivazioni che spesso spingono a questo tipo di

pratiche faunistiche. Occorre qui sottolineare che limmissione di specie alloctone in

ambiente naturale sempre causa di squilibri nellecosistema, inoltre raramente i risultati si

dimostrano di qualche utilit. Equindi opportuno distinguere due categorie principali di

immissioni: immissioni volontarie ed immissioni involontarie.

Le immissioni volontarie possono essere effettuate per vari motivi, tra i quali il valore

economico-commerciale, specialmente per quanto riguarda le specie pi richieste dal

mercato per il consumo umano e che possono garantire una buona produzione. Un'altra

causa di immissioni volontarie la biomanipolazione, una pratica sempre pi diffusa nella

gestione ecologia delle acque: si sfruttano le potenzialit di determinate specie ittiche e

le interazioni con altre specie animali e vegetali, per esercitare unazione di controllo sulla

comunit, per risolvere particolari problemi ecologici o sanitari. Unaltra motivazione per le

immissioni di specie ittiche alloctone rappresentata dal fattore estetico-ornamentale

che pu spingere a popolare le acque pubbliche, oltre a laghetti privati ed agli acquari

degli appassionati, di specie alloctone. E cos che sono comparsi il persico sole (Lepomis

gibbosus), ed il classico pesce rosso (Carassius auratus) (Giussani, 1997).

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Le immissioni involontarie sono generalmente causate da negligenza, carenze ed

inadeguatezze legislative e/o di vigilanza. Si possono cos rinvenire nelle acque interne,

specie che possono avere un impatto devastante sulle popolazioni autoctone oltre che

sugli interi ecosistemi locali, causando danni talora irreversibili. Purtroppo a questo

proposito si deve registrare uneccessiva intraprendenza di alcune associazioni di

pescatori che intervengono nella gestione della fauna ittica, attuando ripopolamenti non

autorizzati, che rappresentano un possibile fattore di rischio ecologico. Molto spesso luso

di pesci esca (acquistati liberamente sul mercato) o le immissioni a scopo di

ripopolamento di "pesce bianco" non meglio ident