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  • GEOMETRIA RIEMANNIANAAPPUNTI

    Daniele Corradetti

    26 settembre 2015

  • Capitolo 1

    Nozioni Preliminari

    Quando si parla di variet riemanniana parliamo di uno spazio che localmente si com-porta come Rn (variet topologica), su cui possiamo portare il calcolo differenziale(variet differenziabile) e infine che ha un prodotto scalare sempre definito positivoper ogni punto della variet (variet riemanniana). Il prodotto scalare ci permettedi poter definire angoli, misurare lunghezze ovvero di poter fare geometria ovveromisurare lo spazio.

    Per prima cosa in questo processo dobbiamo assicurarci che il nostro spazio si com-porti almeno topologicamente comeRn. Questa richiesta soddisfatta richiedendo cheil nostro spazio M sia una variet topologica.

    1.1 Variet topologiche

    La definizione di variet topologica risiede nella richiesta di avere uno spazio che daun punto di vista topologico sia simile aRn. Questa richiesta si sviluppa nel richiedereche localmente lo spazio M sia isomorfo a Rn (che esistano delle funzioni invertibilida Rn a M e viceversa), che sia di Hausdorff (e quindi con punti separabili da insiemiaperti), e infine che abbia una base numerabile di aperti (condizione che ci serve perpoter estendere a livello globale ci che troviamo a livello locale con una partizionedellunit) .

    Definizione 1. Una variet M di dimensione n o n-variet uno spazio topologico con iseguenti requisiti:

    (i) M di Hausdorff(ii) M localmente Euclidea di dimensione n(iii) M ha base numerabile di insiemi aperti.

    Da un punto di vista logico il fatto che M sia uno spazio localmente euclideo certamente la nozione pi importante. Cosa vuol dire che sia localmente euclideo?Semplicemente che per ogni punto p M esiste un insieme aperto U a cui il punto pappartiene e tale che U omeomorfo a un aperto diRn. Un omeomorfismo non altroche una una funzione continua con inversa continua a sua volta. Un omeomorfismotra U M e A Rn vuol dire che da un punto di vista topologico possiamo leggerelintorno del punto p come un aperto di Rn questa la motivazione dietro la richiestaal punto (ii).

    Potendo leggere ogni intorno di un punto come un aperto di Rn, ci manca di po-ter separare i punti di M fra di loro con due aperti, ovvero di chiedere che M sia diHausdorff cio la richiesta al punto (i).

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  • CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 2

    Infine la richiesta al punto (iii) si motiva perch pur avendo uno spazio di Hau-sdorff che localmente si comporta come Rn se non avessimo una base numerabile diaperti che ricopre lo spazio ci sarebbe impossibile estendere a livello globale i risultatiche riusciamo a trovare localmente.

    Esempio 2. Ogni sottoinsieme aperto diRn dotato della topologia di sottospazio, una variettopologica M.

    Questo esempio logico perch le propriet (i) e (iii) sono ereditarie mentre la (ii) naturalmente realizzata.

    Esempio 3. Altri esempi sono il cerchio S1 e la sfera S2 che sono una 1-variet e una 2-variet.

    Questi esempi cominciano ad essere interessanti perch nonostante S1 sia localmen-te omeomorfo a una retta e quindi aR1 mentre S2 sia localmente omeomorfo a un pianoe quindi a R2, le propriet topologiche dei primi sono differenti da quelle dei secondidato che Sn compatto mentre Rn non compatto e quindi globalmente non possonoessere omeomorfi.Osservazione 4. Prendiamo un attimo delle superfici lisce in R3 e consideriamole comevariet di dimensione 2. Molto spesso lomeomorfismo conR2 pu essere trovato sem-plicemente a partire dal vettore normale alla superficie quando questo esite. In questocaso prendiamo il piano ortogonale al vettore normale, ovvero prendiamo il vettoretangente nel punto alla superficie, e poi operiamo una proiezione della superficie diR3 sul piano tangente ottenendo cos lomeomorfismo cercato con R2.

    1.2 Coordinate locali

    Un elemnto molto importante quando abbiamo a che vedere con le variet il concettodi coordinate. Le coordinate ci dicono come leggere un punto della variet M comepunto in un aperto di Rn. Le coordinate dunque non sono altro che gli omeomorfismidegli insiemi aperti U di M con gli insiemi aperti A di Rn. Notare che il fatto che siaun omeomorfismo ci permette di avere anche una funzione continua 1 che va daRnalla nostra variet M.

    Questi omeomorfismi hanno delle componenti che per ogni punto q possiamo chia-mare x1(q), ..., xn(q) e possiamo chiamare le coordinate del punto q M

    : U M A Rnq 7 (q)

    q(x1(q), ..., xn(q))

    1.3 Nozioni e notazioni importanti di calcolo differenzia-le

    Prendiamo una funzione F da Rn a Rm

    F : A Rn RmPossiamo definire F come differenziabile nel punto x0 se approssimabile a una

    funzione lineare in un intorno ovvero se tale che:

    limh0

    F(x) F(x0) L(x0)h h = 0

  • CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 3

    In questo caso lapplicazione L(x0) la matrice Jacobiana della funzione

    L(x0) =

    F1x1 . . .

    F1xn

    ... . . ....

    Fmx1 Fmxn

    In questo caso il differenziale della funzione L(x0)h = dF(x0). A questo punto

    dobbiamo distinguere alcuni casi speciali:

    m = 1 allora la funzione a valori reali e f : Rn R il differenziale semplicemente il gradiente della funzione

    f (xo) =(

    f1x1 , . . . ,

    f1xn

    ) Rn

    n = 1 allora la funzione una curva c(t) : R Rm e il differenziale sem-plicemente il vettore che indica la velocit della curva

    c(to) =

    c1t...

    cmt

    t0

    Rm

    Osservazione 5. Le righe dello Jacobiano sono vettori nello spazio tangente dello spaziodi partenza, mentre le colonne sono vettori nello spazio tangente di quello darrivo. Lerighe appartengono al duale dello spazio di partenza mentre le colonne al duale dellospazio di arrivo (da confermare).

    Teorema 6. (Criterio di differenziabilit) Una funzione differenziabile in un punto haderivate parziali continue nel punto.

    Infine un elemento importante regola sul differenziale di funzioni composte che sitraduce in una moltiplicazione matriciale fra Jacobiani:

    Theorem 7. Se abbiamo che H = G F allora il differenziale di H semplicemente dato dallamoltiplicazione delle matrici Jacobiane dH(x0) = dG(F(x0))dF(x0)

    1.4 Spazio Tangente

    Il problema dello spazio Tangente in Rn rispetto ad altre variet differenziabili cheinRn abbiamo un modo canonico per identificare un vettori appartenenti a Spazi Tan-genti in punti diversi. Semplicemente per ogni punto p dello spazio Euclideo possia-mo immaginare un vettore partente da quel punto e che fa parte dello Spazio TangenteTp(Rn) del punto p.

    Il punto cardine che tramite una traslazione posso riportare questo vettore a unvettore di Rn in modo canonico e quindi sommare, sottrarre e comparare vettori ap-partenenti a Spazi Tangenti in punti differenti. Questo non pu essere fatto canonica-mente su altre variet come ad esempio su una Sfera dove la traslazione del vettore drisultati differenti a seconda del percorso che faremo nel trasportare il vettore.

    Un modo pi generale per definire lo Spazio Tangente quello di identificare ivettori tangenti con le derivate direzionali corrispondenti, ovvero se prendiamo unvettore v di componenti:

    v = (v1, ..., vn)

  • CAPITOLO 1. NOZIONI PRELIMINARI 4

    Possiamo associare ad esso una Derivazione (ovvero semplicemente una derivatadirezionale) che un funzionale che associa ad ogni funzione la sua derivata direzio-nale secondo il vettore v e la calcola nel punto

    Dv : C(M) R

    Dv f (x) = i=1..n

    vi fxi (x)

    Da un certo punto di vista possiamo pensare i vettori tangenti come degli operatorifunzionali Dv =

    i=1..nvi

    xi