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Gennaio 2016 Zona 508 Trimestrale Dagli Istituti di pena BrescianiAutorizzazione del Tribunale di Brescia n.25/2007 del 21 giugno 2007 Zona 508 il trimestrale DAgli Istituti di pena Bresciani Affettività: Parole dirette al cuore Speciale: la vita e la fiducia, due valori di grande importanza “Oltre le sbarre” voci dal carcere in onda su Radio Bresciasette Mini Palla al Piede: Premio Artistico Letterario A.C.T onlus

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Affettività:

Parole dirette

al cuore

Speciale:

la vita e la

fiducia,

due valori di

grande

importanza

“Oltre le

sbarre”

voci dal

carcere

in onda su

Radio

Bresciasette

Mini Palla al

Piede:

Premio

Artistico –

Letterario

A.C.T onlus

2

Autorizzazione del Tribunale di

Brescia n.25/2007 del

21 Giugno 2007.

Direttore responsabile:

Marco Toresini

Editore:

Act

(Associazione Carcere e Territorio)

Vicolo Borgondio, 29 —Brescia

Redazione amministrativa:

c/o Act

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Massimiliano, Safet, Giusep-

pe, Irina, Manuel, Adriano,

Giovanni, Alexandru, Roberto,

Ismael, Rinaldo, Giambattista,

Roberto, Carlos, Carlo, Matar,

Franco, Lulzim, Francesco,

Gianfranco, Pjeter, Daniela,

Lucia, Laura, Camilla, Rober-

ta, Federica, Giulia, Alessan-

dra, Francesca, Marta, Andre-

a, Virginia, Enrica, Chiara.

Editoriale 3

Rubrica: Affettività 9

Rubrica: Viaggi 16

Speciale:

La vita e la fiducia

17

“Oltre le sbarre”

voci dal carcere

21

Mini Palla al Piede 24

Rubrica: Poesie 29

Ricette 33

Oroscopo 34

Sommario

3

EDITORIALE

La fede che unisce anche dietro le sbarre

C’è un articolo in questo numero di Zona 508 che più di altri, di questi tempi, merita di esse-

re letto. Il titolo è “La mia fede” e racconta la storia di Matar, detenuto musulmano

all’interno di un carcere con qualche problema come quello di Canton Mombello. Nelle set-

timane successive ai tragici eventi di Parigi, alle stragi perpetrate nel nome di un dio, per lo-

giche che fanno sfociare il messaggio religioso nella rivendicazione politica, l’istanza di fede

nella guerra religiosa, Matar ci racconta che anche in situazioni estreme come quelle di un

carcere un altro modello è possibile. Quello di un mondo in cui si può parlare di aiuto al

prossimo, perdono, amore e, soprattutto, rispetto. Rispetto per le altre religioni che, in un

carcere, sanno anche condividere spazi comuni, l’unica stanzetta della socialità che il giove-

dì ospita il catechismo dei cattolici e il giorno successivo la preghiera dei musulmani. Un bel

messaggio di speranza quello che in queste pagine di Zona 508 ci consegna Matar, proprio

nelle settimane in cui chi ha il compito si sorvegliare e prevenire evidenzia come le carceri

italiane rappresentino un potenziale pericolo per la radicalizzazione delle idee, per la trasfor-

mazione della fede in strumento di guerra terroristica e rivalsa.

“Quando sei una persona di fede non ci sono barriere, c’è un solo unico dio” ci racconta Ma-

tar contraddicendo un immaginario che vuole la religiosità professata in silenzio, covata den-

tro l’animo come si cova l’odio per il prossimo. “Per raggiungere dio non importa che reli-

gione professiamo, impariamo tutti insieme ad amarci e rispettarci: la vita è un dono unico

viviamola” ricorda Matar. Viviamola e condividiamola al di la delle convinzioni religiose di

ciascuno, oltre le difficoltà oggettive degli spazi angusti di un carcere. Nelle settimane in cui

gli eventi spesso ci spingono a guardare con sospetto il “diverso” (per razza o religione), a

temere che al disagio dei luoghi si aggiunga la radicalizzazione delle coscienze, la bella testi-

monianza di Matar, che si ostina, nonostante tutto e nonostante tutti, a chiamare i compagni

fratelli siano essi cristiani o musulmani, è un bel segno di speranza. Un bel raggio di luce, un

bel seme che può dare solo buoni frutti. Basta aspettare.

Marco Toresini

4

Cari amici di Zona 508,

è un piacere scrivervi queste righe, voi vi

meritereste anche di più; il vostro impegno

con noi reclusi è una delle 8 meraviglie del

mondo, il vostro progetto fa capire che quan-

do si vuole si può.

È vero che ci sono tante calamità in giro ma

gente buona ce n’è ancora; avete dimostrato

con affetto e amore per il vostro lavoro che

umanamente non ci sono confini e questo è

molto importante perché così coinvolgete

gente come noi che spesso crediamo che il

buio si combatta con il buio.

Tramite questi incontri piano piano superia-

mo pregiudizi che a volte nemmeno cono-

sciamo.

Approfitto per chiedervi scusa a nome di tutti

noi che a volte siamo insensibili o pesanti,

forse per nostra ignoranza ma ci trattate u-

gualmente con pari dignità.

Per tutto quanto

grazie.

Vi auguriamo

buon Natale e

un anno nuovo

sereno, anche

alla vostra fami-

glia.

Carlos

Oggi voglio dedicare questo

mio scritto a coloro che da

anni vengono qui, all’interno

delle 4 mura, per trascorrere

un po’ del loro tempo in no-

stra compagnia, condividen-

do i nostri problemi, le no-

stre gioie, semplicemente la

nostra vita, passato, presente

e, chissà, futuro.

Di certo qualche loro cono-

scente si sarà chiesto “ma

che ci va a fare in quel posto

in mezzo ai delinquenti, gen-

te che dovrebbe solo restare

sola?”, mi gioco un anno di

carcere che questi commenti

vengono fatti!

Ma loro puntualmente ven-

gono, e io sono consapevole

che siano persone impegna-

te: chi lavora, chi studia, chi

studia e lavora, e il sabato

mattina è una giornata solita-

mente dedicata alla casa, le

spese, la pulizia…

Loro vengono e la pulizia in

qualche modo la fanno qui,

come una gomma virtuale ci

aiutano a cancellare un po’

di quelle righe storte che ci

sono dentro di noi; le righe

rappresentano i passaggi del-

la vita e avremmo tutti biso-

gno di qualcuno che ci aiu-

tasse, semplicemente parlan-

do, indirizzandoci a mettere

su carta i nostri pensieri,

un sorriso.

Insomma, io dedico a

loro il mio plauso, un

abbraccio sincero e di

gratitudine; è chiaro, sto

parlando di tutti i nostri

volontari di Zona 508.

Grazie.

Gianfranco

5

C'era una volta un branco di

lupi che erano messi un po'

male perché non mangiavano

da parecchio tempo. Il vec-

chio capo branco però tran-

quillizzava tutti, e chiedeva

ai suoi compagni di avere

pazienza e aspettare, tanto

prima o poi sarebbero passati

branchi di cinghiali o di cer-

vi e loro avrebbero fatto una

caccia ricca e si sarebbero

finalmente riempiti la pancia.

Un lupo giovane, però, che

non aveva nessuna voglia di

aspettare, si mise a cercare

una soluzione rapida al pro-

blema. Decise di uscire dal

bosco e di andare a chieder il

cibo agli uomini. Il vecchio

lupo provò a fermarlo, disse

che se lui fosse andato a

prendere il cibo dagli uomini

sarebbe cambiato e non sa-

rebbe più stato un lupo. Il

giovane lupo non lo prese sul

serio, rispose con cattiveria

che per riempire lo stomaco

non serviva a niente seguire

regole precise: l'importante

era riempirlo. Detto questo,

se ne andò verso il villaggio.

Gli uomini lo nutrirono coi

loro avanzi e ogni volta che

il giovane lupo si riempiva lo

stomaco pensava di ritornare

nel bosco per unirsi agli altri,

però poi lo prendeva il sonno

e lui rimandava ogni volta il

ritorno, finché dimenticò

completamente la vita di

branco, il piacere della cac-

cia, l'emozione di dividere la

preda coi compagni. Comin-

ciò ad andare a caccia con gli

uomini, ad aiutare loro anzi-

ché i lupi con cui era nato e

cresciuto. Un giorno, durante

la caccia, un uomo sparò ad

un vecchio lupo che cadde a

terra ferito. Il giovane lupo

corse verso di lui per portar-

lo al suo padrone e mentre

cercava di prenderlo coi den-

ti si accorse che era il vec-

chio capo branco. Si vergo-

gnò, non sapeva cosa dirgli.

Fu il vecchio lupo a riempire

quel silenzio con le sue ulti-

me parole: “Ho vissuto la

mia vita come un lupo de-

gno, ho cacciato molto e ho

diviso con i miei fratelli tan-

te prede, così adesso sto mo-

rendo felice. Invece tu vivrai

la tua vita nella vergogna, da

solo, in un mondo a cui non

appartieni, perché hai rifiuta-

to la dignità di lupo libero

per avere la pancia piena. Sei

diventato indegno. Ovunque

tu andrai, tutti ti tratteranno

con disprezzo, non appartieni

più né al mondo dei lupi né a

quello degli uomini... Così

capirai che la fame viene e

passa, ma la dignità, una vol-

ta persa, non torna più”.

Diego,

cugino di Giuseppe

La perdita della dignità degli uomini che seguono una via sbagliata

attirati da falsi benefici

Dietro le sbarre

Notti pazze senza dormire

Giorni poveri senza luce negli oc-

chi

Dietro i cancelli

Il cuore è affogato dalle lacrime

Questa mancanza

Questo dolore

Questa tristezza

Non mi abbandonano mai.

Lulzim

Non demordo

Sono nudo e crudo ma profondo

Mi farò sentire in tutto il mondo

Mi sento debole ma non demordo

Sono un animale pulcino o cinghiale

Sono fragile, a volte ti mordo.

Fuori diluvia e splende il sole

Escono lo stesso le parole

Nella mia terra non ci sono germogli

Dove nascono fiori che tu cogli

Con la testa sclero

Se non riesco a concludere il pezzo

A volte mi odio, perfino di disprezzo

Nella vita tutto ha un prezzo.

Ismael

6

Non è vero che in carcere,

ovvero a Canton Mombello,

non esiste un campo da cal-

cio. Vero, è di cemento e i

ragazzi lo trasformano in un

Maracanà! Ma, chiudendo

gli occhi, immagino così la

partita della mia vita… Con

fantasia e un po’ di ricordi la

racconterei così.

Premetto: i nomi e luoghi so-

no un riferimento casuale.

Questo è il mio modo di eva-

dere da queste quattro mura,

spero che non mi arrestino

per evasione!!

Questo è il mio fantacalcio!

Domenica mattina ore 8.00 il

coach John P.G.B raduna la

sua squadra al campo della

palestra; un silenzio fatto di

sguardi tra giocatori ed alle-

natore. Questo prese la paro-

la e disse: “Ragazzi, oggi

dobbiamo vincere sia per la

classifica che per la squadra,

ok?” – “Ok” risposero in co-

ro.

“Ragazzi, ripassiamo qualche

tattica: in porta, oggi, ho in-

tenzione di metterci te, Ben,

per il primo tempo e poi te,

Paul, nel secondo. Avete

qualcosa da obbiettare?”.

Ben disse: “Se questi sono

gli ordini non ho problemi,

dipende cosa ne pensa

Paul!”, questo a sua volta

rispose: “Se è così, va bene

anche per me.”

“In difesa ci vai tu, Laky, a

sinistra, e Denny, a destra;

più avanti Kevin, Adam, poi

William a sinistra, tu, Jack a

destra e spostati più avanti.

Bobby e Anthony, i due play

maker, gli attaccanti John e

Martin… Questa sarebbe la

mia tattica, cosa ne pensa la

squadra? Il capitano sarai tu,

William, ricorda che sarai il

responsabile del comporta-

mento di tutti, okay?” –

“ O k a y

m i s t e r ! ”

r i s p o s e

William.

“Verranno

fatte due

sostituzioni

nel primo

tempo e

due nel

s e c o n d o

t e m p o :

Paul e Hans nel primo,

Timmy e David nel secondo,

va bene ragazzi?” – “Bene

mister!” risposero in coro.

“Ora facciamo un po’ di corsa

per il fiato e per scaldare un

po’ i muscoli. Forza! Corre-

re, correre! Muoversi, luma-

che! Correre! Saltare! Velo-

ci, più veloci! Non ho mai

visto delle lumache così!

Voi non siete una squadra,

ma delle donnicciole incin-

te!”

“Ben!!”

“Sì, mister?”

“Cerca di stare più attento,

occhi sulla palla e chiudi lo

specchio della porta!”

“Okay, bene” rispose Ben.

“Paul! Paul, accidenti, muovi

quelle gambe! Scattare, s c a

t t a r e!!!! Veloci, veloci!

John, maledizione, tira di

anticipo e tira forte! STOP!

Andate tutti in cerchio e se-

detevi ed ascoltatemi: questo

pomeriggio abbiamo la parti-

ta con la squadra prima clas-

sificata ed è la più forte. Se

non abbiamo fiato ed un rit-

mo costante, perderemo que-

sta partita. Ragazzi, ascolta-

te, per me vincere è una sod-

disfazione perché vorrebbe

dire che ho fatto bene il mio

lavoro di allenatore. Ma

quello che per me conta di

più siete voi e il vostro futu-

ro; siete una grande squadra

affiatata, sono contento che

andiate d’accordo tutti quan-

ti e questo è lo spirito di sa-

crificio giusto per la squadra.

Ricordatevi: l’unione fa la

forza! Ascoltate sempre il

punto debole degli avversari:

ad esempio, lentezza, disac-

cordo col compagno, assen-

za momentanea, acciacchi…

Questi punti deboli saranno

invece la nostra forza. Avete

capito? Ci sono domande?”

“No!” risposero in coro.

“Facciamo 10 minuti di pau-

s a , p o i c o n t i n u i a m o

l’allenamento. Ok ragazzi?”

“Ok” risposero.

Intanto che i ragazzi erano in

pausa, l’allenatore mise qual-

che birillo in fila con una

bandierina in mezzo.

“Ragazzi, cominciamo gli

allenamenti, formate delle

coppie. Poi vi spiegherò che

tipo di allenamento sarà. Ho

bisogno di un portiere vicino

La partita dellamia vita…episodio 1

7

Una famosa canzone dei Caraibi dice:

“loque he hacen la maz grandes maldades esto son los hombre que las mujerez quieren

maz” (coloro che fanno le più grandi malvagità, questi sono gli uomini più amati...).

Questo principio misterioso della legge degli effetti contrari è uno degli esempi con cui si

può esprimere, raffigurare il non-logico ossia l'effetto contrario alla causa,

quello non voluto da chi lo promuove...

Fortunati coloro che ne comprendono i meccanismi e possono sfruttarne gli effetti, come se

per essere considerati dei savi, bisogna possedere una mente contorta.

Le persone normali, razionali, appartengono al mondo degli sprovveduti in paragone ai “sub

-contrari”.

Ora è facile capire perchè la menzogna è divenuta la verità, in questo secolo.

E perchè chi si azzarda a dire il vero viene immediatamente considerato il re dei bugiardi.

Buona parte della popolazione, sembra gradire che gli vengano sistematicamente dette men-

zogne, racconti che stimolano la loro immaginazione, dato che la verità, nella maggior parte

dei casi, si limita al semplice, troppo facile per essere creduto.

Non si può più dire la verità, è tassativamente proibito dall'evoluzione delle nuove genera-

zioni, secondo la nuova severa legge della menzogna, l'unica a fornire veri strabilianti risul-

tati, laboriosamente sviluppati da menti dalla comprovata capacità in linea con la legge dei

contrari.

Albertus Magnus Trismegistus

La legge dei contrari

alla bandierina, il primo par-

te dalla prima posizione col

pallone ai piedi e deve fare

la gimkana fino al birillo,

uscire e tirare verso la ban-

dierina, poi verso la porta

dove il portiere dovrà parare

sia il primo che il secondo

tiro. Parte la prima coppia, le

altre si susseguono quando

quella precedente arriva al

quinto birillo. Alla prima

tornata in porta ci sarà Ben,

al ritorno Paul.”

Dopo l’allenamento, final-

mente un po’ di riposo.

“Basta ragazzi” – disse

l’allenatore – “riposate, siete

andati bene, sono contento!

Avete uno spirito di squadra

e di sacrificio notevole! Bra-

vi a tutti!!”

“Grazie mister!” risposero in

coro.

“Andate a farvi una doccia,

lo meritate. Ah, ci vediamo

alle 11.30 in sala. Buona

giornata.”

Tornato in ufficio il mister

riceve una telefonata…

…TO BE CONTINUED

Giambattista

8

La mia fede

Oggi voglio utilizzare il mio spazio su Zona 508 per parlarvi della mia fede.

Sono musulmano praticante e seguo il Corano, le prime cose che insegna sono la pace,

l’aiuto al prossimo, il perdono e l’amore e il rispetto delle altre religioni.

Lo spazio per la preghiera per me è relativo, l’importante è poterlo fare.

A parte la mia stanza, con gli altri fratelli musulmani ci troviamo nella saletta ricreativa che

condividiamo a giorni alterni con i nostri fratelli cristiani, perché siamo tutti fratelli.

Giovedì è il giorno dedicato agli incontri di catechesi, venerdì per la preghiera musulmana.

Quando sei una persona di fede non ci sono barriere, c’è UN SOLO E UNICO DIO.

La strada che prendiamo per raggiungere un obiettivo è dettata dalle nostre radici; la cosa

importante per dare un senso alla nostra vita è le fede che ci aiuta ad arrivare al traguardo

della consapevolezza e abbattere i pregiudizi.

Per raggiungere DIO non importa che religione professiamo, impariamo tutti insieme ad a-

marci e rispettarci; la vita è un dono unico: viviamola.

Matar

9

AFFETTIVITÀ

Lievi e sommersi ricordi riaffiorano tempe-

stosi, ora che le ombre della notte mi avvol-

gono, più forte, ma lontano echeggia quel

suono, papà! Il ricordo più greve e lontano

attanaglia il cuore e si espande sulle stanche

membra, ormai esauste del tempo che sem-

pre più lento scorre. Rammento i nomi, ma

lievi, e lontano i vostri visi mi sfiorano la-

sciandomi in ansimanti lacrime. Questo che

uomo fu, non può ricordare più, né Amor

né dignità. È solo la certezza della notte,

nera, austera che mi avvolgerà.

Vi Amo,

Papà Manuel

Carissima mamma,

oggi è il tuo compleanno e sono qui a scriverti e ringraziarti di tutto quello che hai fatto per

me e per le mie sorelle e di quello che stai facendo per i miei figli, tuoi nipoti.

Mamma, so che tu hai avuto un’infanzia difficile (non avevi nemmeno una bambola per

giocare), sei cresciuta velocemente rispetto ad ogni bambina perché dovevi badare ai tuoi

fratelli più piccoli.

La tua vita non è stata facile, ti sei ritrovata a crescere da sola le tue figlie. Non avevi ap-

poggi né economici, né psicologici, ma la tua determinazione ti ha fatto sempre andare a-

vanti.

Mamma, io sapevo che tu volevi il meglio da me, ma come vedi non è stato così.

Spero che riuscirai a perdonarmi e farò di tutto per non deluderti più. Voglio dedicarmi di

più ai miei figli, come mi hai insegnato a fare tu.

Mamma, ti invidio per la forza che hai avuto quando abbiamo perso la nonna. Ora che an-

che io sono mamma non posso immaginare di perderti, credo che morirei. Spero di riuscire

a diventare la figlia che avresti voluto.

Nonostante le tue raccomandazioni ho fatto i tuoi stessi sbagli ma, per fortuna, sono ancora

in tempo per cambiare vita; mamma, nei momenti per me duri mi sei sempre stata vicina,

non mi hai mai abbandonato e so che mai lo farai, per questo ti sono grata e tutta la vita

non mi basterà per ringraziarti.

Ringrazio Dio che fino ad oggi sei ancora con me, al mio risveglio sei tu la prima persona

che porto nel cuore, oltre ai miei figli!

Sei la migliore mamma del mondo, anche se gli altri ti giudicano per la vita che hai fatto,

ma nessuno sa cosa tu ti porti nel cuore e forse neanche io lo so, perché se lo sapessi pro-

babilmente non avrei commesso i tuoi stessi errori e sicuramente ti avrei fatta soffrire di

meno.

Mamma, vorrei dirti tante cose, ma preferisco dirtele a quattr’occhi, perché sai bene che

quando si scrive si costruiscono i castelli ed io questo non lo voglio.

Preferisco “fare” i fatti ed essere veramente la figlia che tu vuoi.

Ora concludo qui, ma sappi che ti amo e sei la mia vita.

Non dimenticarlo mai, mamma.

Tu sei per me una madre, un padre, una cara amica.

Irina

Al mio cucciolo

10

Ciao Duda,

giungo a te, mia adorata,

augurandoti la felicità che

meriti, spiegandoti ancora

un po’ di me, di noi.

Cara Duda,

quando leggerai questa mia,

una parte di te sarà ancora

un po’adirata con me.

È passato ormai molto tem-

po da quel giorno, poteva

sembrare un brutto scherzo,

MA era realtà, cruda, dura

realtà, così, come oggi lo è,

Mia cara. La mia anima vo-

la scortata da tutta la felicità

che mi hai donato, ogni

giorno vivo avvolto in essa

e così m’addormento.

La vita è meravigliosa, Du-

da, ce ne accorgiamo quan-

do se ne va, in punta di pie-

di; ma la vita si gusta con

l’appetito di tutti i giorni. In

alcuni momenti ci ha fatto

dubitare di ogni cosa, ma,

Amore mio, non darti per

vinta. Dal giorno in cui ti ho

conosciuta ho visto nei tuoi

occhi quella luce che fa di te

una donna tanto diversa dal-

le altre! Ti ho vista cadere e

rialzarti, stringendo i denti,

là, dove qualsiasi donna a-

vrebbe pianto, lasciato.

Questo coraggio è la tua

forza, ma anche la tua debo-

lezza; stai attenta, le emo-

zioni sono fatte per essere

condivise: io ci sono.

La forza, il coraggio, sono

come due asce, possono ri-

torcersi contro chi le usa

male, io lo so! Le donne

hanno diritto di piangere;

anche gli uomini conoscono

l’infelicità. In questo mo-

mento non sono lì, con te,

per rispondere alle tue do-

mande di donna: è ormai

giunto, da tempo, il momen-

to di essere mamma, e lo

sai. In questo viaggio che ti

aspetta non perdere mai il

tuo spirito, non dimenticarti

i sogni, saranno il gusto ed

il profumo delle tue mattine.

Hai conosciuto un altro mo-

do d’Amare: è nato Mauro.

Dividilo con me, permetter-

mi d’Amarti perché io lo so

fare, lo voglio fare. I sogni

vissuti in due diventano i

ricordi più belli. La solitudi-

ne è un giardino dove

l’anima appassisce, i fiori

che vi crescono non hanno

profumo; io lo so, lo so be-

ne! L’Amore ha un gusto

meraviglioso, ricorda che

per ricevere bisogna dare,

ricorda che per poter Amare

bisogna essere se stessi. La-

scia che anche io ti Ami.

Tesoro, sii felice, sii fedele

alla tua coscienza, alle tue

emozioni, permettimi di vi-

vere con te la vita, anche se

sono rinchiuso in questa

scatola dai mille muri, dalle

mille sbarre e poche porte;

lascia che ti accompagni in

questa vita, non ne abbiamo

che una.

Sii responsabile di te stessa

e di quello che Ami. Sii de-

gna, Ama e lasciati Amare,

ricorda le ore trascorse con

il nostro Amore, lascia che

te ne regali altre, nostre.

Queste sono cose semplici,

ma non lasciare che le per-

sone inasprite snaturino

quegli istanti magici per

noi, che li sapremo vivere.

Quei momenti hanno i no-

stri nomi, Amore; sta solo a

noi viverli. Amore mio, il

tempo rimargina ogni ferita,

anche se non risparmia

qualche cicatrice. E ancora,

i genitori sono montagne

che proviamo a scalare tutta

la vita, ignorando che un

giorno saremo noi ad avere

quel ruolo, stai tribolando,

lo so, ma non sei sola, volta-

ti e guardami, sono qui vici-

no a te, come sempre, anche

quando non potevi immagi-

narlo, quando mi hai odiato!

Non c’è niente di più diffici-

le che allevare un bambino.

Trascorriamo la vita intera a

dargli tutto quello che pen-

siamo sia giusto, pur sapendo

che non smettiamo mai di

sbagliare, ti tengo sempre

con me Amore, sei la più

bella donna del mondo. Dio

solo sa quanto vorrei vivere

il mio tempo con te, standoti

vicino, coccolarti! Se tu solo

potessi immaginare, se sa-

pessi il vuoto che provo

all’idea di non vederti al

mattino quando apri gli oc-

chi, la notte quando riposi,

non sentire il suono della tua

voce quando mi chiami.

Questo pensiero mi fa più

male del carcere che ormai

In questo viaggio

che ti aspetta non

perdere mai il tuo

spirito, non

dimenticarti i

sogni, saranno il

gusto ed il

profumo delle tue

mattine.

11

Cara mamma, passano gli anni

e sempre più vedrai allontanarmi;

com’era bello quando ero piccino

bastava chiamarti e tu arrivavi

pronta ad ascoltarmi,

ora sono un uomo

ma non so come comportarmi.

Sul mio volto una folta barba mi è

compagna

in questo giorno di ottobre

dove cerco il tuo calore e amore.

Passeranno tanti altri giorni,

un po’ freddi e alcuni caldi,

ma non riempiranno quello sguardo di affet-

to

che ero pronto a svelarti

perché ora tu mi manchi.

Franco

da anni mi ha portato via da

te, da voi. Mi scuso per le

mie debolezze. Amore mio,

farò del mio meglio, il me-

glio con i miei pregi ed i

miei difetti; sei l’unica don-

na che ho Amato, che Amo,

siete voi la mia vita, ciò che

di più bello mi è capitato,

più forte, vero! Prego per-

ché un giorno tu possa capi-

re quanto sia vero e profon-

do il sentimento che provo

per te, per voi, capirai molte

cose. Il mio più grande or-

goglio è quello d’essere tuo

marito, lasciati Amare. Nul-

la è impossibile, solamente i

limiti del nostro spirito defi-

niscono certe cose come in-

concepibili. Spesso è neces-

sario risolvere alcune equa-

zioni prima di accettare un

nuovo ragionamento, qual-

cosa che ci ha fatto male, e

ancora ce ne fa! Ora posa il

viso sulla mia mano e lascia

che ti accarezzi così, dolce-

mente.

Ormai da tempo mi sveglio

nella notte provando un sen-

so di solitudine, le mie lab-

bra sono agonizzanti d’una

tristezza inverosimile. Ab-

bandonato alla solitudine

che forse non merito.

Manuel

Per Rinaldo

Io ti sposerò 100 volte, ti amo e sei la mia forza.

Ti sposo con o senza le fedi,

l’importante è sposarci.

Sei l’uomo della mia vita,

l’ho sempre saputo, fin dall’inizio.

Quindi sposiamoci subito!

Ti amo troppo…

Antonella

12

Ciao Angelo, compagno di cella, di pas-

seggio, di scuola. Tu non ci hai mai lascia-

to.

Tutti noi ricordiamo il giorno in cui te ne

andasti liberante, quel 31 dicembre 2013

che coincideva con la fine dell'anno vec-

chio e l'inizio di quello nuovo, per questo

motivo ti dissi che era un buon presagio,

un buon inizio. Ti dissi anche di fare un

brindisi a noi, non solo all'anno nuovo, ma

soprattutto un brindisi alla libertà.

Non mancavi mai di scriverci sotto le fe-

ste. In quegli scritti c'era sempre un ricordo

di quel famoso brindisi. Ci piace pensare

che è anche per questo che hai aperto la

vineria, dove all'inaugurazione oltre agli

amici c'erano anche le onnipresenti profes-

soresse.

Noi e le professoresse non volevamo cre-

dere a quello che i media nazionali diceva-

no in primo tempo. Tu morto ammazzato,

non era vero, quanto è vero che sei stato

ucciso da quel malessere che si insinua

dentro di noi. Come dei reduci abbiamo

vissuto in trincea, in quel Canton Mombel-

lo che ora grazie all'Europa è più vivibile.

Come esiste la sindrome del reduce di

guerra, esiste anche quella del reduce del

sistema penitenziario; purtroppo Tu ne sei

stato vittima.

Ma noi che nella speranza abbiamo sempre

trovato forza, vogliamo darti un ennesimo

appuntamento, non più soggetto ad un giu-

dizio terreno, ma ad una giustizia divina,

che sicuramente è più equa della giustizia

terrena che è forte con i deboli e debole

con i forti.

Ci incontreremo nell'aldi-

là per quel famoso brin-

disi. E se mancherà il vi-

no faremo un'ennesima

istanza. Penso che un mi-

racolo il buon Dio lo farà

per noi poveri reduci.

Nell'attesa di questo, ti

ricordiamo Tutti con af-

fetto, una parte di te sarà

sempre con noi, caro a-

mico.

Ti salutiamo tutti quanti,

ivi compreso tutto il cor-

po docente.

Giovanni

È molto affascinante amare e sbagliare, è

triste guardare la luna tra le sbarre,

è difficile capire dalla realtà qual è il sogno

della mia vita.

Mi mancano il tuo sorriso, il tuo sguardo,

ti vorrei vicino a me, ma ora sei via…

Solo il rimpianto mi fa compagnia…

Ma la speranza vince, sei la mia vita!

I tuoi occhi brillano tanto da scaldare il

mio cuore;

con il tuo sguardo mi sento felice, con te

mi sento felice;

con te mi sento sicura di amare, di sperare,

di immaginare un mondo senza sofferenze,

senza lacrime, senza dolore: tu vicino a me

ti senti sicuro, come idem io.

Grazie, amore mio, che mi dai la forza di

andare avanti,

grazie a Dio, che mi ha portato un angelo

nel mio cammino: ero senza speranze!!!

Irina

All’amico Angelo

Lettera d’amore

13

Il complesso di superiorità è da temere come quello di inferiorità: chi ne è colpito pensa di

poter rimediare alle proprie insicurezze imponendosi sugli altri.

Chi fa il superiore cerca, con il tono di voce e una pseudo sicurezza ostentata dai suoi at-

teggiamenti, di farti dubitare di te; ma è facilmente sventato dato che la vera forza non è

esibirsi e non viene esibita.

Non bisogna mai mettersi in competizione con chi vuole comandare e averla sempre vinta,

è un suo problema e deve rappresentare solo una perdita di tempo il voler instaurare un di-

alogo o una conversazione con questi elementi che hanno bisogno di sentirsi qualcuno, al

punto che potrebbero anche essere d'accordo con la tua opinione su di un fatto, ma dicono

di “no” pur di vincere una discussione. Nella maggioranza dei casi si mimetizzano nella

falsa umiltà, ma vengono facilmente riconosciuti, dato che ci si accorge che non ascoltano

nemmeno cosa dicono gli altri!!!

Ecco la tecnica immaginativa per sventarli e ignorarli, per far fiorire la propria sicurezza e

autostima e difendersi dai super sicuri di sè e dai loro trucchi per far sentire il prossimo

inferiore: è sufficiente non offrirsi in pasto a questi soggetti, avendoli smascherati e ricono-

sciuti.

Albertus Magnus Trismegistus

Il complesso di superiorità

La paura fa parte del nostro DNA, fa parte

della nostra vita, è quel momento di adrena-

lina in cui il cuore ti batte a mille: uno di

questi momenti l’ho vissuto quando avevo

15 anni. Fumavo e, per non essere scoperto

dai miei genitori, li depistavo: mi pulivo le

mani con l’erba, nel percorso verso casa,

mangiavo, non solo l’erba, ma anche le fo-

glie degli alberi. Facevo di tutto per non

essere scoperto perché avevo paura che non

mi facessero uscire a giocare con gli amici,

dopo che avevo finito i compiti. Questa era

una delle mie paure. Anni sono passati, ero

un bambino, ora sono genitore anche io ed

ho paura del futuro che arriverà. A volte,

parlando con mia moglie, di-

scutiamo di tutte le cose che

faremo per il futuro dei nostri

figli, ma io dico di non aver

paura, si può combattere non

facendo gli stessi sbagli che ho

fatto nel passato.

Un’altra paura che ho è quella

di non prendere, accettare os-

servazioni, voglio che tutto

esca alla perfezione.

Non so se ci sia un uomo che

non ha paura di qualcosa, per-

ché a volte la paura ci salva.

Nella Divina Commedia di Dante, quando

egli percorre una strada buia ed incontra

lungo il cammino tre animali, vuole tornare

indietro perché ha paura di continuare a

camminare nell’oscurità; affrontando la pa-

ura è riuscito a raggiungere il Paradiso.

Mi fa pensare che ognuno di noi ha dei pec-

cati in tutta questa strada percorsa, arriverà

il momento di affrontare i tre animali di

Dante ed ognuno di noi avrà il suo posto

perché Dio c’è: bisogna aver paura, ma, a

saperci convivere, essa ti aiuta.

Vivo nel peccato, ma penso come un ange-

lo.

Alex

La paura

14

Viviamo in un “mondo sommerso”, dove ci

sono regole non scritte da rispettare. Io pen-

so che sia difficile trovare un giusto termine

per tutto quello che vediamo e affrontiamo

qui dentro.

C’è chi la chiama PALESTRA DI VITA,

chi la vive come un posto dove espiare i

propri peccati, l’unica cosa sicura è che sai

quando entri ma non sai quando esci, per-

ché non puoi mai sapere cosa ti riserva gi-

rono per giorno la quotidianità carceraria.

Noi viviamo di una stretta solidarietà tra

noi detenuti che tante volte si manifesta an-

che contro le guardie, perché qui siamo

davvero tutti nella stessa barca e se non

vuoi affondare è meglio remare tutti nella

stessa direzione; anche perché altrimenti

rischi che i tuoi stessi compagni tutto ad un

tratto ti anneghino.

Ci sono, a volte, situazioni che sarebbe bel-

lo far sapere al mondo esterno. Qui dentro

ho visto gente aiutarsi come fuori non ho

mai visto, persone che da duri, come vo-

gliono apparire, piangono davanti ad un

film o magari, paradossalmente, quando se

ne vanno.

Immaginereste delle ragazze che fanno vo-

lontariato tra di noi come facessero parte

della famiglia senza nessuna guardia a pro-

teggerle? …Alla fine non siamo proprio

come ci dipingono, che ne dite?

La maggior parte delle volte il vero IO vie-

ne fuori in contesti che non ti immaginere-

sti. E pensare che quando entri pensi che la

cosa più importante sia il doversi guardare

le spalle e invece io ho trovato grandi amici

navigatori, come me, che adesso mi guarda-

no le spalle.

Rinaldo

Mondo sommerso

Il lupo e la pecora

Vivere quotidianamente la realtà detentiva mi rende difficile esprimere le sensazioni più pro-

fonde dei miei sentimenti, dal punto di vista valutativo dell’essere in tutti i sensi.

Come poter quantificare il giusto dall’ingiusto dal momento in cui non sono mai stato né

sono parte integrante né marginale di questo “mondo” di degrado di valori e della morale di

esseri umano, del decoro… Principi ineliminabili che permettono di porre le fondamenta del-

la vita stessa; senza i quali, per l’appunto, la vita e il vivere perdono il loro significato e va-

lore.

Nulla e nessuno mi potrà ridare ciò che è stato distrutto per sempre, ossia la credibilità, la

stima ed il rispetto che il prossimo nutriva per me; ora regna il pregiudizio, difficile da estir-

pare... Che pena!!!

Oramai credo sia tardi, sono passati troppi anni ed ho già raggiunto un’età situata sulla disce-

sa della vita...

Nella migliore delle ipotesi mi rimane una manciata di anni da vivere come uomo “libero” e

non possiedo più verdi pascoli, essendo divenuto preda del “lupo”.

Ferito, ma ancora vivo, affronterò “l’epilogo” con la forza che mi distingue, facilitato dal

non avere più lacrime da versare.

Albert Magnum Trismegistus

15

Sapete cosa spinse a fare la mente malata di

Hitler? Prendere 100 neonati naturalmente

ebrei, metterli in un ospedale, e permettere

solamente alle infermiere di nutrirli e pulirli

dopo i bisogni, con il divieto assoluto di

prenderli in braccio e soprattutto di parlar-

gli; questo allo scopo di vedere che lingua

avessero parlato.

Ci pensate alla crudeltà? E sapete che lin-

gua hanno poi parlato? Nessuna chiaramen-

te, perché dopo circa tre mesi sono morti.

Sapete il perché? Perché non hanno ricevu-

to amore.

Un’infermiera americana, in un ospedale,

accudiva una bimba sorda e muta appena

nata: i genitori, all’inizio, non avevano idea

di come comportarsi, ma l’infermiera, a

causa della prolungata degenza della bimba

in ospedale, la teneva sempre in braccio e le

dava piccoli tocchi sulla schiena. Un giorno

lei la toccò e la bimba, più volte, le batté i

ditini sulla sua mano e così proseguì fino ad

instaurare un tipo di alfabeto morse, fatto di

battiti e ribattiti. La bimba crebbe e dopo

anni incominciò a parlare e sentire.

Incredibile cosa possa fare l’amore! Eh sì,

quei piccoli tocchi e le coccole sono gesti

d’amore: l’amore per guarire, perché

l’amore è il secondo gesto istintivo che ab-

biamo dopo il respiro.

Lo possiamo manifestare in tanti modi ed a

tante persone, tutte quelle che ci sono vici-

ne. Uno sguardo deciso, una carezza, un

abbraccio, un bacio ed il gesto bellissimo di

fare l’amore con chi ami.

Non possiamo vivere senza amore, è il sen-

so della vita, secondo me.

Compiamo quei gesti ogni qualvolta qual-

cuno ce li chiede e ogni volta che ne sentia-

mo il bisogno.

Non arriviamo mai a dire o pensare:

“Cavolo, però quella volta dovevo…”,

“Cavolo, però quella volta facevo me-

glio…”.

L’amore è un nobile sentimento, viviamolo

e diciamolo!

Perché la sola pronuncia evoca in noi vibra-

zioni positive che ci fanno stare bene, è un

mantra per la nostra anima ed il nostro cuo-

re.

Gianfranco

L’amore

L’amore ha le ali

L’affetto due cuori

L’azione e i polmoni

E poi esistono i colori

Per dipingere tutti insieme

Questo mondo trasparente

Così l’anima si vede…

Carlos

16

VIAGGI

Della mia Cuba solo fiori

posso raccontare. Non posso

dire che non abbia bevuto

dei sorsi amari, ma col tem-

po e un po’ di senso, ho ca-

pito che va bene anche così.

Logico, a tutti piace il facili-

smo o la democrazia, come

di solito dicono, ma potete

chiedere a qualsiasi persona

che sia passata da noi, se

non l’abbiamo trattata come

a casa. Di sicuro ci sono

delle eccezioni, capita ovun-

que, ma la maggior parte ne

esce soddisfatta.

Sono tanti i misteri

dell’arcipelago, tante le con-

fusioni, ma di una cosa sia-

mo fieri: della nostra storia.

Bianchi, neri e mulatti, gen-

te che ha perso la vita per

un’idea, per un sogno rea-

lizzato di indipendenza.

L’America ha ritardato mol-

to il nostro sviluppo, nel

mondo ci accusavano di ter-

rorismo: può essere anche

vero, ma quanto abbiamo

subito per la fantasia del

sogno americano? Certo che

se io fossi stato al posto di

chi ha perso milioni con la

rivoluzione, avrei fatto lo

stesso. Ma alla fine devo

dire “grazie” a Fidel Castro

che ci ha reso migliori dan-

doci l’istruzione, cure medi-

che, un posto da abitare per

chi non lo aveva e, piano

piano, tra mille polemiche,

ha tentato di darci una vita

umile ma dignitosa. Magari

è tutto un trucco, ma io la

vedo così.

Poi a Cuba ho avuto mia

figlia Sulay e non c’è cosa

al mondo che io voglia di

più.

La mia esistenza la devo a

quell’isola baciata da Dio e

i miei veri amici sono quasi

tutti là; purtroppo tanti oggi

non ci sono più, ma al solo

dire “sono cubano” mi viene

il ricordo di tanti momenti

indimenticabili, per sempre.

Ho sentito dire: “Cuba è una

dittatura” e “Quel posto è il

paradiso dei politici e turi-

sti”, ma soprattutto di gente

che ha udito qualcosa.

Mi passano tanti pensieri

per la testa, finché non inco-

mincio a ridere dei miei ri-

cordi.

Tutto questo che vi dico non

è niente in confronto alla

realtà, ma ho voluto descri-

vere il mio Paese a modo

mio, come l’ho visto e come

mi piace, ma come diceva il

generale Antonio Maceo:

“Quien intente apoderarse

de nuestra tierra, recojera

el polvo annegado en san-

gre si no parece en la con-

tiegna. Si decechan menudo

pedados llaga se mi bande-

ra algun dia nuestros

muertos algando los brazos

la sabran defender toda-

via”.

(Chi intende appropriarsi

della nostra terra, racco-

glierà la polvere bagnata nel

sangue, se non muore nella

guerra.

Se un giorno spezzeranno la

nostra bandiera in tanti pez-

zi, i nostri morti la sapranno

innalzare ancora).

Carlos

La mia Cuba

17

SPECIALE

La vita!!! Bel dilemma, per

quanto riguarda ciò che ho

vissuto fino a poco o “tanto

buon” tempo fa.

La mia esperienza è come

tante, piena di situazioni

belle, dolorose e di soffe-

renza che ritengo siano lo

stimolo e l'elisir della pace

interiore, dal momento che

ho lasciato scorrere la mia

vita senza rifiutarla, viven-

domela!!!

Ora mi trovo a vivere una

nuova vita, non tanto este-

riore, dal momento che so-

no in carcere, ma sto viven-

do una rinascita interiore.

Sì, ho vissuto una grande

delusione, mi sono sentito

un fallito per l'ennesima

volta ricadendo in un reato.

Mi sono sentito morire den-

tro. Dopo tre mesi, all'inter-

no del carcere mi sentivo in

uno stato catatonico. Quan-

do facevo i colloqui dicevo

a mia mamma, ai figli e alla

fidanzata che andava tutto

bene, ma mentivo. Ogni

volta che li vedevo mi sen-

tivo mortificato.

Poi il desiderio di voler star

bene, vivere ciò che sono,

che sento. Non tanto per me

all'inizio e questo è stato lo

stimolo... Dopo un po' di

tempo mi sono guardato

dentro. La sera quando o-

gnuno di noi fa i conti con

se stesso, guarda i suoi pen-

sieri più intimi, ho sentito

una pace indescrivibile, una

sensazione unica e bella

che non volevo più lasciare.

Percepivo due spazi dentro

di me: una luce ed un buco

nero. Le cose pesanti e do-

lorose se ne andavano nel

buco nero dopo averle sen-

tite, guardate. La luce mi

dava forza, pace, come se

sorridessi dentro di me, co-

me se fossi nato una secon-

da volta... Sono tutt'ora in-

credulo di come mi sento

VIVO, perché questo è il

vivere che mi è concesso,

senza presunzione.

La vita che voglio è questa:

la serenità e la pace che ho

scoperto.

Ora sorrido dentro nono-

stante la situazione in cui

mi trovo, l'impotenza che

ho sempre incontrato nel

sorridere. Il mio passato ora

non riesce a scalfirmi, mi

può solo arricchire se lo

guardo, se lo sento. Perché

ora lo ascolto con occhi di-

versi, e poi lo lascio andare.

Non so quanto io sia riusci-

to a trasmettere ciò che vi-

vo perché le parole non so-

no emozioni, ma so che ora

sto bene con me stesso, vi-

vendo con i miei pregi, i

miei difetti e le mie emo-

zioni.

Adriano

La vita che vorrei è la vita che sto cercando

di vivere dopo essere arrivato finalmente

alla tenera età di 52 anni a capirne il senso.

Non è infatti la ricerca del benessere, del

denaro, del potere che mi interessa. Questo

porta solo alla solitudine e l’uomo non è

fatto per vivere da solo. Siamo stati creati

per essere fratelli e per aiutarci, non per di-

struggerci.

L’invidia, la cattiveria, l’avarizia sono parte

di noi ma accantonarli, alla fine, è l’unica

soluzione.

Il superfluo porta ad avere bisogno di altro

superfluo perché niente ci soddisfa, se non

per qualche secondo dopo averlo conquista-

to.

Si può vivere con il necessario e cedere il

superfluo rendendo felici i bisognosi e, nel-

lo stesso tempo, trovare finalmente brevi

attimi di felicità.

La vita che vorrei è nel segno dell’amore,

della pace e della serena convivenza.

Credo fermamente che per questo non sia

mai troppo tardi e spero che, come è stato

per me, ci sia per tutti ad un certo punto

della loro vita questo momento di riflessio-

ne.

Ognuno deve fare la sua parte, tutti insieme

cambieremo il mondo.

Anche i grandi sogni a volte si realizzano.

Carlo

La vita che vorrei

18

Prima di riporre la fiducia in un’altra perso-

na dovremmo imparare ad averla in noi

stessi. Dovremmo esserci sempre compor-

tati in modo che l’altra persona non abbia

mai sentito tradita la fiducia riposta in noi.

Ci sono diversi tipi di fiducia: la fiducia di

un genitore verso il proprio figlio, la fiducia

di un figlio verso il proprio genitore sono

due tipologie di fiducia tra due persone che

condividono questa meravigliosa avventura

chiamata vita.

Mi voglio concentrare su quest’ultima, vis-

suta da qui all’interno di un istituto, mentre

l’altra metà ne è al di fuori, dove la vita

procede a pieno ritmo.

Per prima cosa si deve riflettere su cosa si

era creato mentre si condivideva la vita fuo-

ri.

Se si aveva riposto la fiducia l’uno

nell’altra e se questa fiducia è stata rispetta-

ta.

Fiducia dá fiducia, genera e merita fiducia.

Ma uscendo da questo ingorgo fiduciario

voglio dire ad un mio compagno, che tanto

grande e forte è di natura, ma sotto certi

aspetti tanto debole ed insicuro, di vivere la

propria storia con più serenità, PERCHÈ

alla fine le cose vanno come devono anda-

re, non bisogna mai forzare la natura e mai

fare progetti a lungo termine. Pianificare sì

ma con parsimonia. Ogni pensiero negativo

produce altro pensiero negativo, così si di-

venta schiavi della mente che continuerà a

produrre e moltiplicare brutti pensieri.

Ma noi abbiamo un dono che é più forte

della nostra mente: é la nostra anima, é noi

stessi.

Perciò, caro amico, ad un pensiero brutto

regala un pensiero bello, esso produrrà un

altro pensiero bello ed energia positiva, di-

pende tutto da te.

Se c’é l’ amore esso difenderà il rapporto

con unghie e denti e la fiducia riposta non

ne verrà scalfita.

Mai opprimere l’altra metà soprattutto a

causa delle nostre insicurezze, la vita va

lasciata vivere, semplicemente e liberamen-

te così come ci é stata donata.

Ricordiamo sempre e con serenità che nes-

suno é di nessuno.

Gianfranco

La fiducia

Fidarsi è regalare fiducia

Sì, la fiducia va regalata ad altre persone ma, a dire la verità, va anche acquistata nel tempo

con molta onestà.

Fidarsi significa lasciarsi andare nelle mani degli altri, ma non fidarsi è molto meglio.

Pjeter

19

Mi fido di te - Jovanotti

Case di pane, riunioni di rane

vecchie che ballano nelle cadillac

muscoli d'oro, corone d'alloro

canzoni d'amore per bimbi col frack

musica seria, luce che varia

pioggia che cade, vita che scorre

cani randagi, cammelli e re magi

forse fa male eppure mi va

Di stare collegato

di vivere di un fiato

di stendermi sopra al burrone

di guardare giù

la vertigine non è

paura di cadere

ma voglia di volare

Mi fido di te

mi fido di te

mi fido di te

mi fido di te

io mi fido di te

ehi mi fido di te

cosa sei disposto a perdere

Lampi di luce, al collo una croce

la dea dell'amore si muove nei jeans

culi e catene, assassini per bene

la radio si accende su un pezzo funky

teste fasciate, ferite curate

l'affitto del sole si paga in anticipo prego

arcobaleno, più per meno meno

forse fa male eppure mi va

Di stare collegato

di vivere di un fiato

di stendermi sopra al burrone

di guardare giù

la vertigine non è

paura di cadere

ma voglia di volare

Mi fido di te

mi fido di te

mi fido di te

cosa sei disposto a perdere

mi fido di te

mi fido di te

io mi fido di te

cosa sei disposto a perdere

Rabbia stupore la parte l'attore

dottore che sintomi ha la felicità

evoluzione il cielo in prigione

questa non è un'esercitazione

forza e coraggio

la sete il miraggio

la luna nell'altra metà

lupi in agguato il peggio è passato

forse fa male eppure mi va

Di stare collegato

di vivere di un fiato

di stendermi sopra al burrone

di guardare giù

la vertigine non è

paura di cadere

ma voglia di volare

Mi fido di te

mi fido di te

mi fido di te

cosa sei disposto a perdere

eh mi fido di te

mi fido di te

mi fido di te

cosa sei disposto a perdere

20

L’azzurro che ispira

Mi sono innamorato dei tuoi occhi

Del tuo sguardo che trafigge

Con la forza di una freccia

Di lauro e oro

Come quella dell'arco di Eros

Povero il mio cuor

Che ahimè ne fu trafitto.

Albertus Magnus Trismegistus

Libertà del corpo e dei piedi

Lo sbarco nell’isola coincideva con l’addio alle scarpe. I piedi uscivano dai lacci come due

prigionieri che ottenevano di colpo il rilascio. All’inizio, incerti e abbagliati, esitavano e ri-

sentivano le asprezze del suolo, il rovere delle pietre, poi ispessivano la suola e potevano

correre sugli scogli.

Libertà erano i mari intorno e la messa a fuoco dell’orizzonte sgombero.

Infine il rientro in città a fine stagione rimetteva il corpo in esilio.

I piedi scalzi e allargati rientravano con sforzo e resistenza nelle scarpe.

Equivalente di manette ai polsi.

Infilandole mi staccavo dall’isola e dal suolo della libertà.

Luciano

21

Festa e libertà

Era un giorno di festa, era un giorno in cui

ci sentivamo liberi: non è facile trovare

giornate felici in un carcere, ma quella era

una giornata dove tutto era possibile. Si po-

teva evadere, sentirsi liberi, comunicare con

l’esterno senza limiti… Quel giorno si tra-

smetteva da dentro!

Cosa inimmaginabile fino ad allora, chi

l’avrebbe mai pensato? Una trasmissione

radio da dentro un carcere. Preso

dall’euforia del momento ho cominciato a

sognare: se devo essere onesto, lo faccio

spesso nella solitudine di una cella o tra i

libri, ma questa volta era speciale.

Sognando e parlando con i “normali”, chi

vive all’esterno delle mura carcerarie, mi

sono accorto che non eravamo troppo di-

stanti, che c’era voglia di fare qualcosa di

speciale in tutti i presenti all’evento. La no-

stra voce avrebbe potuto volare libera

nell’etere e gridare al mondo chi siamo e

quanto siamo vicini, abbattere le barriere,

arrivare “OLTRE LE SBARRE”… A chi

non piacerebbe un sogno così?!

Preso dal coraggio, iniziai a raccontare tutto

ciò che mi passava per la mente alla perso-

na che più mi piaceva, la mia musa ispira-

trice, Maddalena Damini; mettevo tutto me

stesso e cercavo di trasmettere la nostra vo-

glia di fare, il tempo era poco e non volevo

perdere un’occasione così preziosa.

La facilità con la quale era andata in onda la

trasmissione del concerto quel giorno, mi

aveva fatto scattare la scintilla che aveva

acceso, in chi mi sapeva ascoltare, la miccia

di una potenziale bomba mediatica: un pro-

gramma radio dal carcere.

Passata la sbronza di libertà del giorno pri-

ma, nei giorni seguenti, cominciai a parlare

del mio progetto anche ai miei compagni, i

fratelli detenuti che tanta compagnia porta-

no e che con le loro critiche aiutano. Piano

piano la voce corre e arriva fino alla

Dott.ssa Gioieni, Direttrice del carcere di

Canton Mombello.

Il meccanismo si metteva così in moto e,

con una serie di lettere scritte alla cara

Maddalena, riesco a non farmi dimenticare

e vengo preso sul serio; la grande esperien-

za di Maddalena nel settore unita alla teme-

rarietà della Dott.ssa Gioieni si mettono in

moto.

Con non poche problematiche, ma senza

mollare, le nostre eroine riescono ad abbat-

tere tutti gli ostacoli fino ad ottenere i per-

messi necessari per cominciare le registra-

zioni.

E’ subito scelto un pool di persone detenu-

te, capaci di scrivere e di trasmettere le pro-

prie esperienze, riuscendo a raccontarsi a

cuore aperto, senza limiti e ben coordinati

da Nicolò Govoni. Diamo così corpo ad una

serie di puntate con temi diversi, dove in

prima battuta ci raccontiamo, facendo così

conoscere agli ascoltatori chi siamo e per-

ché siamo in carcere, spiegando il perché di

tale programma ed esponendo tutte le varie

difficoltà che una persona incontra dopo un

periodo di detenzione.

Il vero senso della nostra trasmissione è

proprio questo: sensibilizzare chi dovrà ac-

cettare il reinserimento di persone dopo una

Oltre le sbarre”, voci dal carcere in onda il venerdì dalle 12.00 alle 13.00 (in replica il sa-

bato dalle 18.00 alle 19.00) su Radio Bresciasette

22

detenzione, uomini o donne che dopo aver

pagato il conto con la giustizia vogliono

mettersi in gioco e ricominciare a vivere

con dignità. Persone che non vogliono sen-

tirsi escluse o marchiate solo perché ex-

detenuti, persone che, se accompagnate da

un corretto programma di riabilitazione,

possono ancora dare tanto alla nostra socie-

tà. Il senso è proprio fare capire a chi ascol-

ta che c’è tanto dentro ognuno di noi; è sta-

tisticamente provato che la reclusione non è

occasione di riscatto, che non si deve pensa-

re al carcere come punizione ma, piuttosto,

come parte integrante della società.

E’ bello che questo parta proprio da Can-

ton Mombello, un carcere al centro di una

città tanto attiva come Brescia, una città

sempre in movimento che, però, nasconde

la sua parta buia all’interno di mura e alte

e vecchie di cent’anni. Forse, ascoltando

la voce di chi vive dentro queste mura, la

città, che ha sempre risposto alle richieste

d’aiuto, si aprirà ad esperimenti di reinse-

rimento che potranno portare

all’abbassamento della recidiva.

C’è tanta potenzialità dentro, non tutti i

reclusi vogliono rimanere esclusi; se ben

indirizzate le persone possono dare molto

a chi le ascolta oltre le sbarre. Vorremmo

fare capire che non devono avere paura

che possano essere messe in libertà per-

sone pericolose, vorremmo ricordare

che molti di noi sono reclusi solo perché

un sistema giudiziario si è dimenticato

di noi e perché segregare significa esor-

cizzare la paura.

Il nostro progetto è molto ambizioso, ma

non irrealizzabile! Con la trasmissione

“OLTRE LE SBARRE” vogliamo risve-

gliare l’attenzione.

Per rendere l’idea basta pensare che Can-

ton Mombello è una Casa Circondariale,

ciò significa avere un via vai continuo di

persone con la conseguente difficoltà nel

mantenere la sinergia tra le persone dete-

nute che danno voce al programma. No-

nostante tutto, però, non si fatica a trovare

nuovi elementi che subito entrano in sin-

tonia con il resto del gruppo e che riesco-

no in poche parole e sincere ad esprimere

quello che pensano, le speranze e la voglia

di riscatto.

Ci auguriamo che “OLTRE LE SBARRE”

non sia una stella cometa che passa ogni

secolo, ma che lasci un segno, o meglio,

che duri nel tempo, che il sogno si trasfor-

mi in concreta realtà. Il nostro impegno è

proiettato verso un futuro più remoto pos-

sibile, speriamo di aprire una porta di dia-

logo che riesca a migliorare le cose.

Francesco, uomo detenuto che non smette

mai di sognare la libertà

Dalla puntata del 23 Ottobre 2015

CHI SONO E PER CHI TRA PASSA-

TO E PRESENTE

Ciao, sono Francesco, come tanti altri ho

avuto un passato senza troppi pensieri: la

scuola, poi le avventure da adolescente.

Tutto andava bene, direi, brillante e rego-

23

lare, come per tanti altri; la fortuna di in-

contrare una donna speciale e la gioia più

grande di avere un figlio, con un lavoro

ben retribuito.

Tutto andava bene fino a quando un male-

detto giorno d'estate mi ritirano la patente,

mio principale mezzo di sostentamento,

essendo io un camionista.

Inizialmente non badavo a cosa stava suc-

cedendo, con le tasche piene dei miei ri-

sparmi, trascorrevo il tempo, come se fossi

in vacanza, perdendo purtroppo il contatto

con la realtà, diventando sempre più abuli-

co e apatico.

Ho sempre avuto dei piccoli vizi che, però,

cominciavano a diventare sempre più

grandi e sempre più pesanti. Consumavo

droghe per riempire la giornata e in poco

tempo mi son ritrovato tossicodipendente.

Più mi drogavo, più svuotavo i conti in

banca, e la paura di restare in " bolletta"

mi ha portato ad inventare nuove fonti di

guadagno, fonti alternative e con mezzi

illegali.

Così si apre la parentesi buia della mia vi-

ta: cattive frequentazioni, mancanza di

contatto con la realtà e scarsa valutazione

delle conseguenze. Dentro di me mi dice-

vo che si trattava solo di droghe leggere e

non avrei fatto del male a nessuno, ma,

questa parentesi, se pur breve, ha cambiato

la mia vita. Pochi mesi dopo tutto si inter-

rompe con un tonfo: l'arresto di qualche

amico, che mi fa improvvisamente tornare

alla realtà, rendendomi conto dei rischi

corsi.

Disorientato e nel panico più totale, cerco

di recuperare la mia vita, ma senza obietti-

vi precisi e continuando a drogarmi. Caddi

in una fortissima depressione , non è facile

togliersi "la scimmia dalle spalle"…La

cocaina dalla testa!!!!

Per amore di mio figlio riprendo in mano

la mia vita e riesco a smettere; pensavo di

averla fatta franca, di aver scontato le mie

pene in famiglia; ormai libero dalla catena

della Droga, mi

son ritrovato in

manette, come un

sasso lanciato

con la fionda.

Con la galera è

arrivata la consa-

pevolezza del

reato commesso;

circa otto mesi di

isolamento, 24

ore al giorno nel-

la solitudine più

totale, nessuno

con cui parlare: lì ho ritrovato me stesso,

piantandola di raccontarmi bugie, recupe-

rando i rapporti persi e trovando stimoli

diversi dalla droga, come leggere libri.

Oggi , tra le mura di Canton Mombello mi

attivo continuamente affinché la mia car-

cerazione e quella di altri sia meno peno-

sa, con piccole attività di gruppo, in cui

noi detenuti possiamo trovar quello stimo-

lo che ci fa andare avanti e pensare al no-

stro futuro.

La speranza e la gioia di rimettermi in gio-

co viene da dentro e sono fiero di essermi

ritrovato, di essere vivo proprio come

quando in passato a casa c'era qualcuno

che mi aspettava: fra tutti, mio figlio, colui

al quale devo la vita.

Francesco

La speranza e la

gioia di rimettermi

in gioco viene da

dentro e sono fiero

di essermi

ritrovato, di essere

vivo proprio come

quando in passato

a casa c'era

qualcuno che mi

aspettava.

24

REGOLAMENTO

Art1.

L’Associazione Carcere e Territorio Onlus indice il presente concorso dal titolo “Mini Pal-

la al Piede” con il compito di diffondere tra i giovani una cultura della legalità.

Art2.

Il concorso è indirizzato ai ragazzi dai 9 ai 10 anni, frequentanti le ultime due classi della

scuola primaria.

Art.3

La partecipazione al Concorso è libera e non richiede una quota d'iscrizione.

Art.4

È possibile partecipare al concorso con:

1) Uno scatto fotografico originale e inedito, accompagnato da una didascalia testuale di

max 200 caratteri.

L’opera dovrà recare, chiaramente indicato, il nome dell’insegnante referente, la Scuola di

provenienza e la classe che ha svolto l’elaborato.

2) Produzione di un manifesto originale/disegno inedito, accompagnato da una didascalia

testuale realizzato con tecnica a piacere.

Il manifesto/disegno dovrà ispirarsi al tema della legalità.

L’opera dovrà recare, chiaramente indicato, il nome dell’insegnante referente, la Scuola di

provenienza e la classe che ha svolto l’elaborato.

3) Un testo che racconti “cos’è la legalità per me”.

L’opera dovrà recare, chiaramente indicato, il nome dell’insegnante referente, la Scuola di

provenienza e la classe che ha svolto l’elaborato.

Gli elaborati dovranno essere spediti all’indirizzo dell’Associazione entro i termini stabili-

ti.

Art.5

Il bando di concorso sarà inviato a tutte le scuole primarie di Brescia e Provincia e pubbli-

cato in vari siti e social network.

PREMIO ARTISTICO-LETTERARIO A.C.T.Onlus

“Palla al piede”

RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE PRIMARIE

DI BRESCIA E PROVINCIA 1° edizione

a.s. 2015/2016

PALLA AL PIEDE

25

Art.6

Ciascuna Istituzione scolastica provvederà a registrare la propria adesione al concorso per

mezzo della scheda allegata (ALL A) .

Art.7

Un’apposita Giuria sarà nominata, e a suo insindacabile giudizio, indicherà i vincitori nelle

singole categorie come di seguito riportate.

Art.8

La premiazione avverrà nel mese di maggio 2016

Art.9

1° premio: KIT di materiale didattico del valore di 150 euro

2° premio: KIT di materiale didattico del valore di 100 euro

3° premio: KIT di materiale didattico del valore di 50 euro

Art.10

Tutti gli elaborati devono essere pronti per la consegna entro e non oltre il 22 aprile 2016

con l’indicazione del Concorso, il contenuto e il nominativo del mittente, autorizzazione alla

pubblicazione e proiezione degli elaborati e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali

(art.13 L.675/96 e s.m.i.).

Gli elaborati consegnati, ricordiamo, non verranno restituiti.

Si ricorda, inoltre, che la partecipazione al concorso prevede che, ciascun autore e/o gruppo

di autori, autorizzi, senza richiesta di onere alcuno, l’Associazione Carcere e Territorio

all’utilizzo, nella misura e nella forma ritenute necessarie, i testi letterari e le opere artistiche

partecipanti al concorso in oggetto.

Art.11

La partecipazione al Concorso implica la completa accettazione del presente regolamento.

26

Progetto mini Eco

Educazione civica e Costituzione per i più piccoli.

Il progetto mini Eco ha come obiettivo quello di formare i ragazzi delle scuole primarie sul

tema della regola e dei principi cardine del vivere in un contesto sociale.

Per raggiungere tale scopo l'Associazione Carcere e Territorio Onlus ha attivato un proget-

to, che consta di due incontri, ciascuno di due ore, tenuti da volontari con una formazione

giuridica e psicopedagogica.

Il primo incontro è incentrato sul tema della “norma” e della “regola” e per catturare

l'attenzione dell'auditorio/classe si apre con un brainstorming, scrivendo alla lava-

gna i concetti che i ragazzi stessi elaborano collegandosi alla parola regola. In un

secondo momento si divide la classe in sottogruppi e si assegnano delle semplici

regole affinché i ragazzi comprendano, anche attraverso il gioco, la difficoltà del

rispetto delle stesse e l'importanza del rispetto delle norme in una “formazione so-

ciale”.

Nel secondo incontro ci si addentra nel testo costituzionale, sia sotto il profilo storico,

che contenutistico. Per “raccontare” la Carta Fondamentale della Repubblica Italia-

na ai più piccoli sono state scelte modalità svariate, tramite sussidi multimediali, sia

slides e immagini che filmati. In particolar modo si affronta:

L'origine della Costituzione (in modo schematico dalla caduta del fascismo al Referen-

dum del 2 Giugno del 1946);

Gli ideali ad essa sottesi (di democrazia, di libertà, di solidarietà, di giustizia, di ugua-

glianza e il principio delle autonomie locali);

Le caratteristiche della Costituzione (votata, rigida, lunga, scritta);

La struttura della Costituzione (principi fondamentali, parte prima, parte seconda, di-

sposizioni transitorie e finali).

Lettura e comprensione dell'art.3-19-27 e 32 della Costituzione.

27

L’ANIMA RINATA

Sbarre ghiacciate e un lettuc-

cio modesto.

Li vedeva ogni maledetto

giorno da ormai dodici anni.

Un pasto povero, condito di

disperazione e quanto basta-

va di vergogna. Sua moglie

gli sorrideva e gli carezzava

la testa con qualche chiazza

pelata. Ormai l’unica cosa

che riuscivano a condividere

erano le loro lacrime salate,

non le esaurivano mai. Il

rimorso e la rabbia verso se

stesso l’avevano fatto dima-

grire parecchio. Amava

sua moglie come non amava

nessun altro al mondo e, di

conseguenza, odiava le sbar-

re possenti che lo separava-

no da lei. Stringevano i loro

cuori e li stritolavano sempre

più. Quel giorno era l’unico

della settimana in cui gli era

concesso di parlare alla natu-

ra solo uscendo per un’ora

nei giardini mal tenuti della

prigione.

Le lacrime pesanti di dolore

divenivano zampilli d’acqua

pura, provenienti dalla sua

anima sporca.

Cercava di tenerli stretti den-

tro, perché la gioia non era

solita passare a trovarlo.

Dodici anni prima aveva uc-

ciso un uomo. Si ricordava

un coltello, un flash dietro

l’altro gli offuscava la men-

te. Pianti, forse i suoi, forse

dell’uomo. Un’enormità gli

era crollata addosso come un

palazzo di quarantasette pia-

ni. Non sapeva cosa fosse

quella massa invisibile che

da quel momento non lo a-

vrebbe lasciato mai. Lui era

un assassino. Lo era stato.

Adesso era solo un uomo

con un brutto passato e una

moglie che lo amava ancora

e che soffriva per lui. Era

pentito. Ma ciò che aveva

fatto rodeva dentro di lui,

che pensava come sarebbero

andate le cose se… La mo-

glie, il suo sorriso caldo e

calmo. Gli intiepidiva quel

pallone sgonfio che era or-

mai diventato il suo cuore.

Floscio ma ancora in grado

di percepire e ricordare, an-

che se a volte avrebbe prefe-

rito non farlo.

Si ripeteva sempre che man-

cavano solo sette mesi alla

libertà. Pure Elsa, la moglie,

glielo diceva. Ma sarebbe

stata libertà fin dove? Fino

al punto di vangare nei ricor-

di e chiudersi per sempre in

un guscio infrangibile. No.

Non voleva. Sarebbe stata

libertà con Elsa perché loro

si amavano e lei era l’unica

che lo comprendesse since-

ramente. Sette mesi e avreb-

be potuto rivedere la loro

casetta in legno di acacia.

Avrebbe potuto ancora sfre-

garsi le scarpe infangate sul-

lo zerbino con scritto

“Benvenuti” a caratteri cubi-

tali. Voleva cingere Elsa con

il braccio attorno alle sue

spalle, chiederle scusa e dir-

le che la amava. E sarebbero

state le parole più sentite

della sua vita. Ma la prima

cosa che avrebbe fatto, appe-

na uscito di lì, sarebbe stata

andare alla tomba della sua

vittima e scusarsi con lui

che, era sicuro, l’avrebbe

sentito.

Il coraggio l’avrebbe trova-

to, anzi, già ce l’aveva. Non

era propriamente coraggio,

era desiderio, era giustizia,

passione. Aveva conosciuto

la vita e la morte nella sua

stessa esistenza e non si ca-

pacitava del motivo. Ora si

sentiva spesso un fiore: un

ciclamino. Il preferito dei

due coniugi. Stava fiorendo

ancora, dopo un lungo tem-

po in cui era appassito.

Qualcosa, qualcuno, gli ave-

va dato gentilmente da bere,

goccia a goccia, sperando in

una rinascita che si stava

verificando davvero.

Sette mesi erano già passati

meglio del solito. Elsa era

venuta a prenderlo vestita

bene, era graziosa. Aveva

messo prima un piede fuori,

poi l’altro, inspirato e poi

l’aveva detto ad Elsa. Nono-

stante tutto le aveva detto

che la vita era bella. Stella – IA – Liceo Musicale

Gambara

Palla al Piede

28

UN AMICO DI PRIGIONE

Quella che racconto è la storia di Mar-co, un ragazzo cresciuto nella periferia della città con i suoi genitori e i nonni. Marco è un ragazzo molto solitario e timido che sogna sin da quando era piccolo di avere un amico con il quale condividere i suoi sogni, non avendo fratelli né un compagno di giochi e pas-seggiate. Purtroppo a causa della sua timidezza anche a scuola è sempre solo, tutti lo evitano e lui soffre molto. Un giorno, però, la sua vita viene scon-volta; di prima mattina si presentano a casa sua due poliziotti che, senza spie-gazioni, lo prelevano e lo portano in caserma e da lì lo trasferiscono in un carcere con suo stupore. Marco è scioccato, capisce che si tratta di uno scambio di persona, ma a causa della sua timidezza non si difende e non rea-gisce discolpandosi. La prima notte trascorsa in carcere è per lui un vero incubo: le ore non pas-sano con la solitudine che gli fa da ami-ca, lo soffoca. Il mattino seguente arriva nella sua cel-la un signore di mezza età, che lo fissa con aria indifferente. Marco è sempre più impaurito. Dopo l’imbarazzo iniziale i due cominciano a chiacchierare; il si-gnore gli racconta che lui è in carcere da parecchi anni e che, pian piano, si è adeguato alla vita da recluso. Passano i giorni e Marco e il suo compagno di cella entrano sempre di più in confiden-za,entrambi si raccontano la loro vita, capiscono di avere molte cose in co-mune. Le loro giornate sono scandite da chiacchiere, passeggiate nell’ora d’aria, giochi di carte, di società; guardano la televisione e molto altro. Per la prima volta il ragazzo sente di aver trovato un amico, una persona ca-pace di ascoltarlo con interesse; non si è mai sentito così capito ed apprezza-to, libero di esprimere i suoi sentimenti

e le sue emozioni! Passano mesi e mesi e Marco, nono-stante tutto, nonostante la reclusione, sembra un’altra persona: ride, parla, scherza come non aveva mai fatto, persino i suoi genitori che lo vanno a trovare stentano a riconoscere il figlio: la serenità che leggono nei suoi occhi è una cosa del tutto nuova. Il ragazzo aveva cercato per tutta la vita un amico, una persona semplice e leale che lo capisse e stentava a cre-dere di averlo trovato proprio in una circostanza così assurda come la pri-gione, tanto che quando gli comunica-no che può tornare a casa, invece di sentirsi sollevato, è molto triste. Abbraccia forte il suo amico di cella, promettendogli che la loro amicizia non finirà mai. Marco è incredulo, non avrebbe mai pensato che da un’esperienza così brutta si sarebbe potuto realizzare il suo sogno più grande… Trovare un amico.

Martina - I B Liceo musicale Veronica Gambara

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Vorrei essere come una rondine

Che con un battito di ali mi porti lontano

Dove gli spazi mi regalano tramonti di una bellezza immensa

Sulle ali del vento che corre

Uno spazio che tra cielo e terra non ha confini

Aspettando che la primavera mi riporti nei luoghi

Dove la mia via è nata e cresciuta

Nei tormenti più pesanti

“Libertà” dissi un giorno

Ma la reclusione come una gabbia

Mi ha spezzato le ali

Ormai non voglio più,

Sento che la capacità di volare è finita

In un luogo scuro, morto.

Giambattista

E nei tini...

Il freddo, la nebbia e freddo

Giorni lunghi e amari dopo un lungo inverno

Fremono le viti

La rugiada avvolge in silenzio

I primi tralci verdi

E di colori di autunno

Profumo di mosto

Grappoli d’uva matura

Nei tini avremo buon vino.

Giambattista

Il pagliaccetto

Ridi pagliaccio a tratti

si legge sul tuo viso

solchi del tuo cammin.

Appari e scompari ma entrambi

viviam.

Oh, caro amico mio, non

abbandonarmi.

La vita è così bella

insieme a te.

Ti prego manifestati di più. Una foglia d’autunno

Ti stacchi dal lembo materno,

cadi e oscillando

in balia del vento ti lasci

cullare, scendi verso ter-

ra

con quell'aria di gioia

soffice e delicata ti lasci

cadere e tocchi, la madre

terra

in mezzo a quell'arcoba-

leno

di colori che sono la vita

pronta per un'altra sta-

gione

e ti posi.

30

Riflessioni di catechismo

Questo mi ha indotto a questi pensieri

e riflessioni.

Secondo il mio parere ci sarebbe

da ampliare di più

il catechismo perché

è una vera crescita dell'individuo.

Riflessioni settimanali

L'essere con la consapevolezza

di aver sofferto, e di aver

toccato il fondo di

qualcosa, ma della vita in se stessa...

così puoi amare te stesso...

amando te stesso...

puoi amare gli altri...

come te stesso.

Riflessioni sulla luce

La luce è essere in

comunione con te

stesso

e gli altri, perché

noi siamo

Figli di Dio, e in

automatico qual-

siasi

cosa che fai, ti dà

gioia

felicità ecc. ecc.

Tu equilibrio sag-

gio donna

tu verità d'amore

paziente e calma

nonostante a volte vieni

orgogliosamente provocata,

minacciata... Resti

sempre la stessa.

Dando sempre affetto,

amore e comprensione

mi accompagni ugualmente

nella vita a volte tortuosa.

Mi sei sempre a fianco

nonostante io uomo

non ne sia degno.

Ma che bel dono ci hai dato, Dio.

Tutti i giorni sem-

pre uguali

aspettando ogni dì

il sorgere

del sole...

e come ogni sorgere del sole...

aspettiam il tramontar...

e così… via...via…

trascorriamo giorni

fatti solo

di sofferenza e dolore...

sofferenza che mi valuta...

dolore che mi tempra...

aspettando quel dì che un

giorno verrà...

una speranza più radicale,

una fede più profonda

per camminare nella luce di Dio.

Riccardo

31

THOMAS STEARNS ELIOT

da Ritratto di signora

Ora che i lillà sono in fiore

Lei tiene un vaso di lillà nella sua stanza

E ne contorce uno tra le dita, parlando.

«Amico, amico mio, tu non lo sai, non sai

che cosa è la vita, tu che la tieni

tra le tue mani»,

(lentamente torcendo gli steli del fiore)

«La lasci scorrere da te, la lasci fluire,

la giovinezza è luce, non conosce

rimorso,

sorride alle cose che non può vedere».

Io, naturalmente, sorrido,

continuo a bere il tè.

«Eppure in questi tramonti d’estate

che in qualche modo richiamano

la mia vita sepolta,

in primavera,

mi sento infinitamente in pace

e il mondo

mi appare meraviglioso nei ricordi».

CHARLES BAUDELAIRE

Il ritratto (da I fiori del male)

Di tutto il fuoco che arse per noi due.

Di quei grandi occhi così teneri e accesi,

di questa bocca dove affogò il mio cuore,

di questi baci potenti come un dittamo,

di quegli impeti più vivi che raggi,

che resta, anima mia? È orribile:

nient’altro

che un disegno a matita sbiadito,

a tre colori,

che come me muore in solitudine,

e che il Tempo, vecchio ingiurioso,

con la sua rude ala ogni giorno erode…

Nero assassino della Vita

nella mia detenzione tu non potrai mai

uccidere

chi fu la mia gioia e la mia gloria.

JOHN DONNE

Il suo ritratto

Eccoti il mio ritratto, prendilo; anche

se dico addio

il tuo abiterà nel mio cuore, dove abita

l’anima.

Tu e io, sarà

di più, più di prima.

Quando ritornerò, flagellato dal tempo,

questo dirà ciò che ero: e tu dirai,

le sue ferite mi raggiungono? Il mio

valore svilisce?

O arriveranno alla mia mente

Che giudica,

così che ora amerebbe meno ciò che

un tempo amava vedere?

Quello che in lui era bello e delicato,

era soltanto diventato forte quanto basta.

I poeti di Verziano

32

Ingredienti per quattro persone:

500g di lasagne all'uovo,

burro q.b.,

cipolla,

200g di polpa di manzo tritata,

sale q.b.,

brodo,

2 spicchi d'aglio,

2 vasetti di yogurt,

olio.

Fate sbollentare le lasagne in acqua salata.

Fate cuocere in un tegame una noce di burro

e la cipolla finemente tritata e salatela non

appena questa avrà preso colore. Aggiunge-

te poi la polpa di manzo. Bagnate con un po'

di brodo e lasciatela cuocere a fuoco mode-

rato per 15 minuti.

Mettete nel mortaio i 2 spicchi d'aglio e pe-

stateli per ridurli in poltiglia, aggiungete

mano a mano lo yogurt e 2 cucchiai d'olio

d'oliva.

Sbattete il composto con una forchetta per

amalgamare il tutto.

Componete le lasagne con strati di polpa di

manzo e yogurt (il quale sostituisce egregia-

mente la besciamella).

Provate per credere.

Giovanni

Piatto tradizionale rumeno:

Sarmale

Per la preparazione di questo piatto servono

cipolla, riso, carne di maiale macinata, pas-

sata di pomodoro, foglie di verza o vite,

prezzemolo, dado star di legumi, sale, pepe,

carne affumicata a scelta.

Per 5 persone:

3 cipolle

500gr carne macinata di maiale.

200 gr riso

1 verza tenera o 20/30 foglie di vite

sale q.b.

pepe q.b

1 dado in polvere

350 gr carne affumicata a scelta

500 gr passata di pomodoro

Per iniziare trita la cipolla e falla friggere in

pentola a temperatura moderata con 75 gr di

olio di semi. Quando la cipolla è quasi cotta

aggiungi il riso mescolando in continuazio-

ne per evitare che non si attacchi. Dopo 10

minuti aggiungi la carne macinata, aggiusta

di sale e pepe e infine aggiungi prezzemolo

e dado in polvere. Mescola bene e lascia a

riposare. Nel frattempo fai ammorbidire le

foglie di verza o di vite in acqua bollente.

Quando le foglie sono ben maneggiabili

stendile sul palmo della mano e metti al cen-

tro il composto che abbiamo preparato pri-

ma (cipolla, foglie, carne ecc.). Arrotola il

composto nella foglia e chiudi con attenzio-

ne le estremità per evitare che si aprano du-

rante la cottura.

Metti le foglie in pentola, una ad una, dopo

di che aggiungi uno strato di carne affumi-

cata e infine aggiungi il sugo di pomodoro e

l'acqua. Metti il Sarmale sul fuoco a tempe-

ratura bassa, 100/120 gradi per circa un'ora.

Quando sono pronte si possono mangiare

con polenta, panna da cucina o pane. Ac-

compagnatele preferibilmente con un vino

rosso della casa.

Buon appetito

Alex E. Ivlin

Lasagne allo yogurt

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Ariete: la voglia di lanciarvi in nuove sfide non vi manca, ma attenzione agli sforzi perché la

schiena potrebbe risentirne. Approfittate di questa straordinaria vitalità per mettere in cantie-

re un progetto che vi sta a cuore. L’importante è avere spazi tutti per voi ed ogni tanto ricor-

datevi che il dialogo è sempre la soluzione più costruttiva.

Toro: l’inizio di questo anno non è del tutto a vostro favore. Troppe cose lasciate in sospeso

non vi lasceranno tanto spazio e non riuscirete a prendere le decisioni importanti, ma basta

un po’ di relax e arriverà il quinto mese dove vi attende la Venere con il sorriso. L’anno fini-

rà con grandi soddisfazioni nel campo della giustizia.

Gemelli: la situazione di questo segno è molto complicata, a causa delle delusioni passate.

Lasciatevi andare e vivete il presente, senza farvi influenzare dai ricordi. Tenacia e pazienza

sono le vostre migliori virtù. Attenzione ai cibi piccanti, potrebbero provocare infiammazio-

ni.

Cancro: le vostre finanze non conoscono crisi, cogliete al volo le nuove possibilità di guada-

gno. Approfittate di Giove in buona posizione di questo primo periodo dell’anno che vi sarà

di grande aiuto. Nel secondo periodo, gli astri non saranno favorevoli e gli avvocati prima

indagano sulla disponibilità delle riserve.

Leone: avete raggiunto un equilibrio fisico e mentale invidiabile. Cercate di mantenerlo con

tanto sport e sane dormite. A breve potrebbero presentarsi occasioni irripetibili senza che

neanche ve ne accorgiate.

Vergine: le relazioni pubbliche procedono di buona previsione. Non esitate ad investire par-

te dei vostri risparmi. Non trascurate l’alimentazione e bevete molta acqua naturale.

Bilancia: la sfortuna vi accompagna per tutto l’anno. Ma state tranquilli, le casse non ne ri-

sentiranno. I progetti in corso vi impegneranno più del solito. Tenetevi occupati con attività

creative.

Scorpione: se avete qualche questione in sospeso meglio risolverla subito, per evitare di in-

gigantirla più del dovuto. Non è un anno positivo per i cambiamenti in campo lavorativo; è

meglio riflettere prima di tentare.

Sagittario: lasciatevi alle spalle il passato e fate spazio al presente. Non è il momento di ri-

parare gli sbagli effettuati in passato. Ci sono in vista interessanti opportunità nel settore

dell’istruzione.

Capricorno: ci sono alti e bassi, ma nel complesso le cose si avviano verso un percorso fatto

di fiducia. Le vostre incertezze ed i troppi impegni, tutti insieme, si fanno sentire. Non la-

sciatevi prendere dal panico, agite almeno ogni tanto, così diventerà tutto più facile, anche

per gli altri.

Acquario: ottime notizie per chi, da tempo, sta attraversando una lunga pausa; le condizioni

sono favorevoli e la vita prende il ritmo. Armatevi di coraggio! Energia e positività non vi

mancano, tutto compreso. Quest’anno è il vostro anno, auguri!

Pesci: non tirate troppo la corda o rischierete di spaventare la preda prima ancora di averla

catturata. La vostra carriera potrebbe subire una svolta, preparatevi dunque a ricevere un i-

natteso riconoscimento.

Saio

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35

Se vuoi contattare la redazione invia una mail a:

[email protected] ; ti risponderanno le redazioni di Zona508.

“Caro

amico ti scri-

vo…”

“ Caro amico

ti scrivo…”

SI RINGRAZIANO: Per la collaborazione

Le Direttrici del Carcere

La polizia penitenziaria

Gli educatori ed educatrici

E tutti quelli che hanno

collaborato alla stesura del giornale

Sportello di

Segretariato

Sociale:

ACT Vicolo Borgondio 29,

Brescia

030/291582

Orari: Dal Lunedì al

Venerdì,

dalle 9.30 alle 12

(su appuntamento)

VOL.CA Via Pulusella 14

Orari

Lunedì dalle 9 alle 12

dalle 17 alle 19;

Martedi 9.00-17.00;

Mercoledi, giovedi,

venerdi 9.00-12.00

Hai mai sentito parlare di Act? www.act-bs.it

L’Associazione Carcere e Territorio di Bre-

scia è orientata alla promozione, sostegno e

gestione di attività che sensibilizzino

l’opinione pubblica riguardo alle tematiche

della giustizia penale, della vita interna al

carcere e del suo rapporto con il territorio.

Promuove e coordina intese interistituzionali

e collaborazioni, sui problemi carcerari, tra

l’amministrazione penitenziaria, la magistra-

tura, le amministrazioni, le forze politiche, le

organizzazioni del privato sociale e del vo-

lontariato.

Promuove e realizza le iniziative che favori-

scono, all’interno del carcere: l’assistenza

socio-sanitaria, l’organizzazione di attività

sportive, ricreative, formative, scolastiche,

culturali e lavorative, l’organizzazione di

percorsi di formazione professionale e di

progetti sperimentali per l’inserimento lavo-

rativo dei detenuti, il reinserimento sociale

del detenuto al termine della pena.

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